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LA BlIO^A NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PKBXXO »’A»NO€IAXIO.\'E
Torino, per un anno . . . L. C »
» per sei mesi ...» 4 »
Per le provincie e l’estero franco- sino
ai confini, un anno . . L. 7 20
per sei mesi , » 5 20
La direzione della BUONA NOVELLA è
in Torino, casa Bellora, via del Valentino, n" 12, piano S».
Le assuciazioni si ricevono da Cahlotti
Bazzarini e Comp. Editori Librai ia
Torino, sotto i portici di Po, n“ 5‘J.
GU AssociaH delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla ditta sopradetta.
L’Evangelo in Toscana, — Libertà dei culti (articolo quarto) Obbiezioni. — Uua
rappresentazione teatrale. — Rivista critica. Della Stampa poMticO-religiosa. —
Notizie religiose : Firenze. — Svizzera. —^Inghilterra. — Ungheria. — Cronachetta politica. —
Ii’£V.41VGEIiO IIV TOSCAIVA.
I progressi che l’Evangelo va facendo in quella parte d’Italia non
sono più un mistero per nissuno sopratutto dacché il Governo, coll’ opporvisi per mezzo della violenza, si è
tolto r incarico di manifestarli e di
corroborarli.
Fra le vittime non poche di quella
stolta persecuzione, è da annoverarsi
un nome caro all’ Italia , quello del
conte Pietro Guicciardini, discendente
in linea diretta del nostro immortale
storico. La lettera che , nell’ atto di
lasciare Firenze, da dove lo sbandiva
uu decreto governativo, egli dirigeva
ai suoi fratelli di fede in quella capitale, mentre merita un posto ragguardevole fra i documenti che serviranno
alla storia del risorgimento italiano;
mentre ci porge bello esempio di quella
energia di convinzioni di cui abbiamo
tanto a lamentare ai dì nostri l’assenza, gioverà inoUre potentemente a
chiarirci sulla vera indole di quel ino-
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viniento, cui interessi diversi si sono
sforzati di snaturare, calunniandolo.
Ed egli è a questo triplice riguardo
che ci siamo indotti a porre i principali passi di tal lettera sotto gli occhi
dei nostri lettori.
Chi ama suo padre e sua madre più di
me, non è degno di me-, e chi non prende
la sua croce e mi segue non t degno di me.
Chi avrà perduto la vita per amor mio la
troverà. — Matt. X. 37 — 39. Marc. X.
29, 30.
CARI FRATELLI
NEL SIGNORE GESÙ’ CRISTO
Sono oltre due anni che io. sono stato
fon alcuni di voi ricercando e meditando
insieme le sante Sciilture, per conoscere
cd ottenere con preghiera la fede che salva
in G. C. noslro Signore.
I più di voi si sono aggiunti a mano a
mano alle nosire adunanze, non chiamati
da alcuno, ma piuttosto sospinti da divino
volere a ricercare la verità.
Ma le potestà superiori ed i governi
vogliono spesso contrastare al Signore, il
(juale benché sia il |)iù forte, permette talvolta che i suoi servi siano condotti in afflizione, perche la lor fede sia posta alla
prova, il suo santo Nome sia confessato
davanti agli uomini, e sia resa gloria all’Altissimo. Atti IV, 1-31. Atti. V. 17-<i2.
1. Pietro IV, 12-lC.
Non è dunque da fare maraviglia, se
siamo presentemente sottoposti a persecuzione, e se la forza esteriore impedisce
di'predicare e di ascoltare il Vangelo, e
che perfino la stessa Bibbia possa essere
nelle mani di tutti.
Fra un gran numero di nostri coiicitta
dini voi sapete, che io pure fui sottoposto
a questa specie di rinnovala inquisizione,
che intende a vincolare le persone e le coscienze, Ma poiché dirimpetto a Dio e nella
mia posizione sociale non credetti doverla
comportare, ho presa la risoluzione d’abbandonare piuttosto volontariamente questo paese infelice, affine di riacquistare la
mia libertà d’ azione , e di soddisfare ai
miei doveri e sentimenti di coscienza.
Or sapendo quanto interesse avete preso
per me, mi piace, per debito di gratitudine, e per corrispondenza di simpatia di
lasciarvi questa lettera d’addio, la quale
insieme col foglio unito, che é un ricordo'
di ciò che mi avvenne giorno per giorno,
vi servirà a farvi comparire abbastanza
giustificato il parlilo che ho preso.
A voi poi che conoscete meglio che
ogni altro il profondo deH’animo mio, a
cagione dei vincoli comuni nel Signore
nostro, mi è grato ancora di rivolgere la
mia parola per chiamarvi in testimonio
dell’ intolleranza del romanismo e del
dispotismo, che mi hanno spinto al duro
passo di abbandonare la mia cara patria,
mentre ho e posso avere la convinzione,
che non ho fatto torto ad alcuno; che
non ho preso certamente l’altrui; ho rispettato le leggi; ho dato l’esempio ed ho
esortato ad obbedire le autorità; ho parlato di quel SacriGzio il cui sangue fu
sparso in remissione dei peccati; non ho
avuto vergogna d’agire secondo la volontà di Dio, anche quando la foga dei
tempi trascinava i più fuori della retta
via; non ho mai bramalo nè ricchezze né
onori; non vi ho oflerto nè oro, nè argento,
né lusinghe di sorta per trarvi alla fede
in G. C.
Così nel lasciare questa patria terrestre,
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neirabbandotiare ogni interesse di questo
mondo, e i dolci legami di famiglia, e i
coDforti delle amicizie, e le sante conversazioni che ho avute con tutti voi, mi
sento sotto la protezione e la potenza del
mio Dio, godo la pace della coscienza e
la certezza della vita eterna, non perchè
io mi faccia degno di questo, ma perchè
Cristo è la risurrezione e la vita. Giov.
XI. 25.
A conforto poi di voi che rimanete,
posso esortarvi a rassicurare voi stessi,
perchè il Signore sarà con voi anche per
l’avvenire, e vi darà anche per l’avvenire,
come ha dato pel tempo passato i mezzi
di edificarvi e di confermarvi nelle santa
verità: e di ciò potete esser sicuri, ricordandovi che Cristo stesso è quel buon
Pastore, che ha dato la vita per le sue
pecore, e che egli le pascolerà del continuo colla sua divina parola. Sai. XXIII.
Giov, X. 1 — 29.
E mentre io mi propongo di accompagnarvi in ogni luogo con la preghiera,
affinchè da taluno non siano alterati i
miei sentimenti cristiani, e voi stessi possiate averne qualche edificazione, io voglio presentemente dichiararvi ia mia
professione di fede, la quale ritengo secondo l’insegnamento del Signore per
mezzo delle Sante Scritture.
Io credo che vi è un solo Dio, Padre,
Figliuolo e Spirito Santo, il quale ha
fatto il Cielo e la Terra, e tutte le cose
che sono in essi. Deut. VI. 4. Esod. XX.
1 — 6. I Giov. V. 7.
Credo che Iddio creò l’uomo perfetto a
sua somiglianza; e che però la gloria di
Dio deve essere il primo dovere dell’uomo. Gen. I. 26, 27, 31. Ecc. VII. 20
Prov. XVI. 4.
Credo che la perfezione dell’uomo consista nell’amare Iddio sopra ogni cosa e
il prossimo come se stesso. Deut. Vi. 5.
Matt. XXII. 37 —39.
Credo che l’uomo sedotto dal maligno
peccò d’orgoglio e di disubbidienza; e
che tutti gli uomini nascono soggetti al
peccato e alla morte, e per giusta condanna di Dio sono privati della vita eterna. Gen. III. S, f), 13, 22-24. Rom. 111.
10-18. Rom. V. 12-21.
Credo che l’uomo non può rimeritare
da se stesso la grazia di Dio, nè fare, nè
coadiuvare alla sua salvazione dagli affetti del peccato, perchè le sue opere
sono sempre imperfette, e non possono
essere accettabili dalla giustizia e purità
di Lui. Rom. 111. 9—12, 23, 2i. Giob.
XIV. 4. IV. 17 — 19.
Credo che la Santa Ribbia, la quale è
la Parola di Dio, ispirata per mezzo dei
Profeti e degli Apostoli, sia la sola regola della Fede e delle nostre azioni, li.
Tim. III. 16. Rom. XV. II. Piet. I. 21.
Credo che Iddio ci abbia rivelato la
sua Parola in modo intelligibile; che
anzi Egli abbia eletto le cose stolte di
questo mondo per svergognare le savie;
che ci insegni ogni cosa per mezzo dello
Spirito Santo. Sam. XIX. 8. 9. Luca X.
21. I. Cor. L 17. Ili. 18-20.
Credo che Gesù Cristo, l’unigenito Figlio di Dio, ha presa carne umana, è
morto per la nostra redenzione, ed è risuscitato per la nostra giustificazione.
Rom. IV. 25, Giov. I. 14. HI. 16, 36. XI
25, 26. Att. X, 43, XVI, 30, 31.
Credo che Gesù Cristo è l’unico mediatore fra Dio e gli uomini; per cui,
quelli che ricercano la grazia di Dio, bisogna che vadano a Lui, quai vittima che
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ha dato il suo sangue per la purificazione
degli uomini I. Tim. II. 5. Ebr. II. 17.
18. IX. U, 15. II. Cor. V. 18 — 21.
Giov. III. 1/1 — 18.
Credo che Gesiì Cristo sia presentemente in Cielo sul trono, e alla destra
del Padre, qual Sacerdote in eterno per
la sua chiesa, presentando le nostre preghiere della fede, e i nostri rendimenti di
grazie. Ebr. X. 12. Col. III. 1. I. Giov.
II. 1. Ebr. VII, 13, 18. VIII. 1 — 4.
XIII. lo. 16.
Credo che ia fede nel Sacrifizio di G.
C., il quale sopportò sulla croce la punizione dei nostri proprii peccati, una volta
per sempre, è necessaria alla nostra salvezza. Mar. XVI. 16. Giov. III. 18, 56.
V. 24. VI. 40. Rom. III. 28. IV. S. Ebr.
IX. 22, 25—28, X. 10, 12, l, Piet. II.
24.
Credo che la fede è dono di Dio, che
non si acquista con prezzo, e non si merita. Ef. Il, 8 — 10. l, Piet. 1, 18, 19,
1. Tim. I, 9.
Credo che quelli che hanno la vera fede, sono morti al peccato, e risorti a
nuova vita. Rom. Vili. 1. Col. 1. 4-6.
Col. III. 9-17.
Credo che le nostre buone opere, e le
nostre buone azioni, sebbene non ci meritino la vita eterna e il perdono dei
peccati, sono però la conseguenza, la
prova però e la testimonianza della vera
fede che è in noi, per la quale ci sentiamo puri, e giustificati, e santificati in
Gesù-Cristo. Luca XV. II. 10 Jac. II. 17.
Giov. XV. 8, Rom. VI, 11,
Credo che quelli che hanno creduto in
G, C. nostro Salvatore, devono essere battezzati nel nome del Padre del Figliuolo
e dello Spirito Santo; essendo il battesi
mo il segno e il sigillo che siamo morti
al peccato e risorti a nuova vita in Cristo
Gesù. Mar. XVI. 16. Matt. XXVIIl. 19.
Rom. VI, 3. 4, ^ol. II, 11, 12.
Credo che i veri Cristiani debbano
rompere il pane e bevere il vino insieme,
in memoria della morte del Signore Gesù,
finché Egli venga, in testimonianza della
fede comune nel Sacrifizio espiatorio da
esso compiuto, I, Cor. XI. 25—26, Alt,
II. 42, 46, XX, 7,
Credo che Gesù-Cristo è il solo capo
della Chiesa. Ef. I, 22. Col. I. 18. Matt.
XXIIL8-10,
Credo nella comunione de’Sanli, e che
i fedeli e fratelli nel Signore son membra d’un sol corpo, che è la chiesa di
Dio. Ef IV. 1 —6. 14—16.
Credo che i Santi resusciteranno alla
venuta del Signore in gloria, e che i cattivi resusciteranno dopo che il Signore
avrà regnato i mille anni sopra la terra;
che i primi riceveranno il premio in vita
eterna, e i secondi la pena eterna nell’inferno. I. Tess. IV, 13 —18. Matt. XXIV.
3-36, Lue. XXI. 8 — 11.
Tali sono, miei cari, gli articoli principali e fondamentali della fede, i quali,
per la grazia del Signore, io ritengo insieme eoa ogni altra cosa che sia insegnata nella Bibbia. Io vi prego a meditarli
riscontrando le citazioni per conoscerne
maggiormente lo Spirilo, poiché io intendo che tutto debba esser provalo dalla
Parola I, Tess. V, 21. Is. Vili. 10.
Or nessuno sia passivo nella ricerca
della propria salvezza. Iddio nelT ultimo
giorno non chiamerà al rendiconto i mallevadori , cioè non il minislro, non il
confessore, non il vescovo, non il papa;
ma ciascuno sarà giudicato per conto
5
- Itì!)
proprio. Però ciascuno esamini se stesso,
se veramente è membro di Cristo, e se è
lavato nel suo sangue prezioso. L’essere
anatema e scomunicato dagli uomini non
vuol dir niente; quel che occorre è d’esser uniti, e una medesima cosa col Signore : quel che occorre è d’esser trovati
fedeli, e aspersi del sangue dell’Agnello.
Anzi è bene che noi stessi ci scomunichiamo, 0 ci separiamo dagli infedeli,
onde non partecipare al loro peccato, e
non essere consenzienti neppure con la
nostra presenza a quello che fanno, li
Cor. V. 10 II Tess. III. 14. II, Cor. VI.
14-18, Ef. V. 11.
Perseverate fino alla fine nella fede,
sicuri che non sarete svergognati. S’egli
è possibile, in quanto è in voi vivete in
pace con tutti gli uomini; procurate cose
oneste nel cospetto di tutti, non siate
vinti dal male, anzi vincete il male per il
bene. Siate sottoposti alle potestà superiori , perciocché conviene di necessità
essere loro soggetti (Rom- XII. 18-21.
XIII. 1), ricordando però di non sacrificar
mai la coscienza illuminata dalla Parola
di Dio, e che in molte circostanze converrà obbedire a Dio anzi che agli uomini, come voi già sapete. Atti V. 29.
Io lascio questo luogo raccomandandovi a Dio e alla Parola della sua grazia,
che Iddio voglia fare servire alla vostra
edificazione, e a darvi l’eredità unitamente che a tutti i santi. Pregate per me.
Io parto per terra lontana, aspettando
che il Signore m’insegni ove devo fermarmi. Forse non ci dovremo più rivedere in questo mondo, ma saremo però
uniti nella vila futura, allorquando potremo contemplare il nostro Iddio a faccia
a faccia, senza alcun velo; quando saremo
guidati dall’Agnello alle pasture, c alle
vive fonti d’acqua; quando Iddio asciugherà ogni lagrima. Ap. VII. 17. A lui
sia la benedizione, l’onore e la gloria nei
secoli de’secoli; cosi sia! La misericordia di Dio Padre, la grazia del Signore
Gesù, e la comunione dello Spirito Sanio
sia con lutti voi; così sia!
Firenze, li 3 maggio 1851.
l’osiro fratello nel Signore
P. Guicciardini.
lilBERTA UEI CLliTI.
{Arlicoio quarto).
Oltitiezionl.
* Toute stipcrslUion cache une cer
taine ÌDcràdulitó.,|cai’ die accuse
rini|iiiÌ8sance ilo IVsprit à s’clever jusqu’au nioade surnaturel
et Jivio; le Jìtìd véritable cat
oié; on luì substitue une réalité
terrestre. l>c môme, toute incrédulité cache une superstition.
£llc se fait des idoles; elle
cherche dans le monde ce qui
n’est qu’en Dicuj clic se sonniet aux éléments du monde.
Néakdeb
L Le obbiezioni de’ filosofi contro
la libertà di coscienza e di culto non
sono più le anticlic dei giuristi, che
invocavano la intolleranza come necessaria a mantenere l’onnipotenza
della sovranità civile; non sono più
nè manco quelle dei Volteriani, che
predicavano tolleranza per tutti, fuorché pel culto papale, che per essere
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di sua natura intollerantissimo non
si può mai tollerare senza pericolo
che minacci la tranquillità del governo e del popoloj ma ci vengono oggi
da una scuola nata e potente in Germania, che da più anni studia a fondare il culto dell’Umanità. Secondo
questa scuola Iddio non esiste, e i
popoli che lo hanno fin (¡ui adorato
sotto differenti forme mitologiche ,
come l’Eute supremo, autore dell’Universo, si sono sempre ingannati; e
oggi la prima volta i filosofi, esaminando ben addentro la genesi delle
umane idee, hanno scoperto che sotto
il velame delle taute religioni state in
onore fin qui, l’uomo ha sempre adorato se stesso, deificando la sua intelligenza, e le sue idee, e identificandosi coll’universo mondo. Egli
credeva che fuori di lui e fuori del
mondo in un ordine tutto trascendente e trasumanato esistesse un
Ente, maggiore infinite volte di sè, e
in quella vece cotesti filosofi hanno
dovuto convincersi che non esisteva
ch’uiia fedele immaginedeU’Universo,
qual era concepito o foggiato da lui ;
cotalchè s’ingannava mettendo fuori
di sè ciò che possedeva in sè, come
s’inganna il villano che specchiandosi
al fonte, crede veder neH’iinagine riflessa un altro sè, e uon vede che sè.
Questa orgogliosa filosofia che ha,
secondo essa sogna, spezzato il trono
della Divinità, e posto sull’altare la
Umanità, unico Dio die ella riconosce, è dichiarata nemica di qualunque
religione; e tutte egualmente le condanna per grossolani errori, e vuole
che sieno tutte perseguitate a morte,
come quelle che per sessanta e più
secoli hanno fatto bamboleggiare la
razza umana, e impediscono tuttavia
il regno della scienza, che sola è degna di venir ascoltata dall’uomo.
Avendo noi dunque sostenuto la libertà di coscienza che necessariamente inchiude la libertà dei culti,
non ci brigheremo delle obbiezioni
con cui l’oppugnavano scuole di filosofìe già morte, ma sì vogliamo rispondere a quelle di cotesta vigente
filosofia germanica. E come le troviamo tutte compendiate in breve discorso dal professore Giuseppe Ferrari nella sua Filosop,a della Rivoluzione pubblicata in due volumi colla
data di Londra, le verremo esponendo colle sue stesse parole, rilevandone
la debolezza e la insussistenza. Il
Sig. Ferrari è nome chiaro in Italia
fin da quando prese in Milano a sferzare e confondere l’albagia di non so
qual imberbe pedante in difesa del
nostro immortai Vico, della cui recondita filosofia spiegò con dottrina
e verità qual fosse la mente e il senso.
Egli è anche chiaro in Francia, avendo letto per più anni filosofia a buon
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concorso di giovani uella citili di
Strasburgo. Or egli pare invaghito del
nuovo sistema di filosofia germanica,
e nella parte terza dell’opera citata al
capitolo VII, Sezione 111, insegna die
la libertà dei culti è un iagauno, o
come egli dice un equivoco, anzi una
contradizion positiva da non doversi
tollerare. Adduciamo le sue testuali
parole col soggiungervi le nostre osservazioni e risposte, nonché quaiclie schiarimento che possa fare all’uopo.
II. Ferrari. « Una religione è una
soluzione piena, intera del problema
del destino; essa abbraccia il presente,
il passato, l’avvenire; essa comprende
l’uomo, lo stato, l’umanità; essa spiega, essa dirige tutto ; nulla havvi che
si sottragga al suo impero »
Osserv. e Risposta. « Qui siamo
perfettamente d’accordo (a).
[aj Certamente un indiano, unChinese,
un Turco, un Ebreo e un Cristiano imparano ciascuno dalla religione propria
in che sodo nati, da quale divinità dipendono, come la denno servire in vita, e
qual premio aspettarne dopo morte, qgnuno alla sua maniera, ma tutti alla
fine sanno il de.stino che li attende; e
perciò ha ragione l’autore, quando per
religione intende un sistema di credenze
che sveli all’uomo il destino della vita, e
lo fornisca di precetti e di lumi che lo
diriggano io tutte le sue azioni interiori
ed esteriori verso di sè, verso gli altri e
verso nio.
III. Ferrari. « Mal conosce il prete
chi suppone ch’ei possa sfarsi nella
sua chiesa circoscritto allo sue cerimonie ; il prete regna sulle coscienze,
e ogni cosa è subordinata alla coscienza ; il prete è un magistrato morale , e ogni cosa è subordinata alla
morale. Datemi la vostra coscienza,
vi lascio tutti i tesori della terra: li
crederete vostri, e io ne sarò il padrone n.
Oss. e Ri.<ip. Tutto ciò chequi dice
il signor Ferrari è verissimo, se parla
della Teocrazia, dove la rellgioue è
governo, e di conseguenza il prele,
ossia il ministro della religione, è
magistrato imperante, che non si contenta d’insegnare, ma impone la religione ai popoli a lui soggetti. È
anche verissimo, se parla di un sistema di religione gesuitica, la quale si
prefigge per fine, non l’onore di Dio
e della Religione, ma 1’ impero del
mondo. In questo caso la religione
pel prete non è più un ministero morale per istruire i popoli nella riverenza di Dio, ma è un mezzo, un
istromento, un’arma che gli deve servire ad ottenere l’ambilo impero. E
si capisce allora come il prete, arrivato che sia a impadronirsi dello coscienze, possa facilmente usurpare
anche il dominio di tutti i beni terreni.
Ma parlandosi della religione separata
affatto da qualsivoglia ingerenza po-
8
litica di governo, e per savie istitu zioni civili, ristretta ai soli, solissimi
esercizii di culto, qual timore potremo aver mai che il prete obblighi
la coscienza di nissuno a cedergh i
proprii tesori ? (6)
(b) Ai tempi apostolici usavano i primi
fedeli di vendere quanto possedevano, e
consegnarlo agli Apostoli perchè lo dividessero cogli altri. Era una specie di
vita comuae, dove lo spirito di carità
aveva cancellato il mio e il tuo, ed ogni
cosa era di nissuno e di tutti; Ma quel
metodo di vita durò pochissimo, perchè
possibile fra pochi, non era fra molli, e
vuoisi considerare come una gloria e
uno splendor primitivo del cristianesimo,
non mai come un precetto evangelico.
Certo è che nissuno degli Apostoli abusò
in proprio vantaggio di quelle offerte
spontanee, ma intesi com’erano alla predicazione d«! Vangelo lasciavan la cura
ai diaconi eletti dal popolo di riceverle e
distribuirle. Nel Medio Evo, dopo la irruzione dei barbari, purtroppo i preti e i
raonaci padroneggiando quelle grossolane
coscienze finirono a padroneggiare anche
le borse, e l’Inghilterra, e la Germania,
e la Francia, e l’Italia non erano che divise in tanti Monasteri, o Abbazie ricchissime, che si cibavano i prodotti del suolo.
Cogli Abbati facevano a metà i Vescovi
che d'ordinario erano Abbati anch’essi,
e cogli abbati e coi Vescovi entravano a
parte i Romani Pontefici, che a poco a
poco in nome di s. Pietro assunsero la
tutela e infine la proprietà dei beni vescovili e monastici. Quelle usurpazioni
però erano effetto della corruzione dei
tempi, e condannate allora come son oggi
dal santo Evangelo, dove Cristo dichiara
d’essere dal sen del Padre venuto fra gli
uomini in cerca d’anime da salvare, non
di fondi, e poderi e tesori da possedere.
Passati quei tempi d’ignoranza, ognuno
conosce quanto giovò la Rifórma del secolo XVI a sradicare del tutto, ove fu ricevuta, quei scandalosi disordini; e oggi
dal Papato infuori, niun’altra Chiesa ne
dà lo spettacolo. E prima pur che avesse
principio la Riforma, ci sia concesso qui
d’osservare che una piccola porzione di
fedeli, ascosi nelle valli del Piemonte, si
teneano la Diomercè lontani da quelle cupidigie, vivendo fuori d’ogni soggezione
di abbati, di vescovi e di pontefici. In
verità dove la religione anche cristiana
viene amministrata con viste umane, ambiziose e terrene, di leggieri trabocca
in religion d’interesse, e la direzione delle
coscienze fa scala ad usurpare i più sacri
diritti di proprietà. Basti citare la storia
del regno de’ Gesuiti nel Paraguai : vi
andarono a predicare il Vangelo, e finirono col farsene assoluti padroni, e vi
esercitarono la sovranità per più anni,
dai sudori e dalle fatiche e dai frutti di
quegl’infelici.americani, traendo a milioni
l’oro che spendevano a corromper l’Europa. Questi vituperi però non son del
Vangelo, ed il pastore veramente evangelico è pronto sempre a porre pel gregge
di Cristo la vita, non mai a smungerne
con mano avara il latte, nè tosarne la
lana. Egli è l’uomo che sull’ esempio di
Cristo passa spargendo benefizii, non invidiando nè agognando le sostanze di
altrui.
IV. Ferrari. « La hbertà di una
religione è il suo impero; il suo primo dovere è di regnar sopra di sè,
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di giudicarsi da sè, di propagarsi, di
insegnare; in altri termini, di comandare.
Oss. e Risp. Naturalmente ogni
religione essendo peli’ uomo un sisistema di atti virtuosi, compiuti in
ossequio della Divinità, o libera o no,
regna necessariamente sulla coscienza
de’ suoi, ne giudica i portamenti, ne
istruisce la mente, e conosciuta che
venga agh stranieri, può talmente innamorare di sè, che anche senza il
concorso della sua volontà si propaghi. Se questo basta per costituire
un’autorità che comanda, noi diremo
che ogni religione, alla sua maniera,
comanda, come comandano tutte le
virtù morali e civili, che c’impongono
obblighi e riguardi, da cui, vivendo
in società, non possiam dispensarci » (c).
(c) 11 ineccanismo introdotto nella pratica del cristianesimo dal papato del
Medio Evo, e ferocemente conservato nei
paesi cattolici papali anctie dopo la Riforma, dal tribunale sanguinoso della Inquisizione, e sostenuto anche oggi dal
gesuitismo, ha indotto parecchi pubblicisti, giureconsulti e filosofi a considerare
come pericolosa pei governi e pei popoli
la libertà conceduta alla religion cristiana. Imperciocché vedendo che le dottrine del cristianesimo— come s’insegnano
dai Gesuiti, e sono state applicate a rigor
di logica nei mezzi tempi, con tante immunità pretese dai preti, e cou tanti diritti usurpati dai papi, e con tante vittime
sgozzate dal fanatismo inquisitoriale —
hanno partorito danni e dolori senza fine,
a mille generazioni di viventi, si sono
affrettati a invocare dalle autorità governanti leggi e rigori non (come consigliava
umanità e giustizia) contro lo spirito invasore del papato e del gesuitismo, ma
contro ogni libertà religiosa. Parve ad
essi che pace e tranquillità pubblica non
possano godere i governi, se non inceppino la libertà di coscienza. Eppure non
è libertà dove, o il prete faccia da governo, come saviamente osserva il chiar.
Prof. Montanelli nelle sue questioni italiane (ì), 0 il governo da prete. Per ovviare a questi due disordini, il primo
commesso da’ papi nel Medio Evo, ed
oggi tentato dai gesuiti in ogni angolo
d'Europa che li riceve, il secondo suggerito ai governi da improvvidi scrittori,
unico rimedio è la libertà di coscienza.
A questa fa guerra il sacerdozio politico,
ambizioso di trasformarsi in governo, o
d’identificarsi con quello, a patto però
che egli comandi, e questi ubbidisca.
Dunque non si tolleri alcun sacerdozio
politico; ogni ministero di religione si
eserciti liberamente nel tempio, e non nei
tribunali e nei gabinetti : si lasci alla
coscienza individuale d’ognuno la libertà
della scelta fra la verità e l’errore', il
bene ed ii male, seeondoché gli detti la
voce interiore. Il sacerdozio politico vuole
che la voce interiore ceda alla sua, e ci
impone opinioni e credenze a forza, giuBtificandole con mezzi violenti, se le ricusiamo, 0 non le preferiamo alle proprie.
Noi invocando la soppressione d’ogni sa
(1^ Quetlioni italiane^ Toriao presso la Ti*
pogìrafia Subalpina.
10
cerdozio politico invochiamo per noi e
pertutti la libertà di coscienza, e assicuriamo pubblicisti, giureconsulti e filosofi
che nissun cullo ammesso liberamente
nello Stato, a solo patto cbe non diventi
mai sacerdozio politico, nè s’ingerisca in
faccende governative, potrà mai ambire
nè raggiungere l’impero civile. Possiamo
tutti vederne la prova negli Stati Uniti
d’America, e nella Gran Bretagna. Ivi
Presbiteriani, Episcopali, Papali, Ebrei,
Quacqueri, Metodisti, Atei, ecc. ecc. vivono tutti sotto la protezione delle leggi
ugualmente tranquilli e liberi, Ognuno
insegna, ognuno predica, ognuno stampa
senza che mai sognino d’impedirsi l’un
l’altro, nè abbian fra loro contese di privilegi; e quando alcuno cambia culto, non è
mai che venga nè insultalo, nè diffamato,
nè calunniato, come far sogliono i gesuiti
e i papali da noi. Così fece il corrispondente anonimo dell’Armonia riguardo i
convertiti di Thuisy, come abbiam riferito a pag, 92; così riguardo ai convertiti Irlandesi ha fatto il primate arcivescovo Cullen, come abbiamo riferito a
pag. 115,
UNA
RAPPRESESÌTAZIONE TEATRALE.
Domenica sera al pubblico che frequenta il teatro Conginano fu regalato un
dramma voltato dal francese, intitolato
Calvino, in cui, a quanto ci venne riferito,
l’illustre Riformatore fa la parte non solo
d’un inquisitore, d’un despota, ma del
più scapestrato fautore d’immoralità, di
libertinaggio e di licenza che abbia esistite mai. —Noi che i Santi alla romana
non li ammettiamo, e che ci sentiamo affatto liberi, mentre lodiamo un uomo
qualunque per il bene ch’egli ha fatto, di
rimproverarlo del male che disgraziatamente si sarebbe frammischiato a quel
bene, siamo pronti a riconoscere (seguendo anche in ciò le istruzioni della Bibbia), che, nella vitadel gran Riformatore;
non tutto è da imitarsi, come non tutto
è da imitarsi nella vita d’un David, d’un
Pietro, d’un Ago>itino, d’un Gerolamo;
che vi sono anzi dei fatti molto rincrescevoli, sopratutto giudicandoli colle nostre idee moderne, assai diverse da quelle
d’allora. Ma che quell’uomo che in Ginevra riformò non solo la'dottrina, ma ancora i costumi, e per sola potenza dello
spirito fece di una città sconosciuta e
piccola, una fra le più colle e le più
celebri città d’Europa, che quell’uomo,
dico, venga presentato come fautore di
libertinaggm e di licenza, ecco ciò che
non possiamo capire, tanto è grossolano
l’inganno , e soverchia la violenza che
si fa alla storia. In un collegio dei Gesuiti ove la storia s’insegni col manuale
del P. Loriquet, o fra gli abituati d'una
sagrestia ove ogni storia diventa leggenda,
una tal rappresentanza starebbe ottimamente. Ma sulle scene d’un secondo teatro di una capitale, alla presenza di un
colto,pubblico, e sopratutto quando si ha
la pretensione di fare del teatro una
scuola di moralità, permettere che venga
siffattamente sfigurata la storia, e si vilipendano uomini cui possono bensì i curiali romani chiamare eretici, ma che in
fin dei conti furono uomini grandi per le
loro geste.,... ecco ciò che supera assai
la nostra debole imaginativa. D’ altronde
noi non siamo ì soli nè anche i primi a la-
11
gnarci di uu tal fallo. Un giornale di provincia, difensore ooslantc e coraggioso
della libertà unita colla moralità, la Stella
di Pinerolo, lamentando al pari di noi,
cbe 0 d’un sapiente ed iniziatore di libertà
civile si faccia un inquisitore, un tiranno», soggiunge queste nobili parole ;
« Queste sfacciate menzogne è ben giusto
che sieno colpite dal giornalismo liberale, perchè fanno onta agli artisti che le
rappresentano, cd al pubblico che le soiTre
senza riprovarle ». Che dire poi, se si rifletta che un cotal dramma venne posto
in iscena alcuni giorni dopo la circolare
ministeriale sulle rappresentanze teatrali?
RIVISTA CRITICA
Della stampa religioso-politica.
Genova. — Settimane sono, noi trascrivendo un brano d’una circolare di Mons.
arciv. di Firenze, diretta al diletto clero
e popolo, per eccitarli ad " adunarsi per
tre giorni.. . appiè della gran Vergine «
che poco prima, appena invocata, aveva
allontanato da Firenze l’improvvisa inondazione che la minacciava, ci facemmo
lecito di domandare, su qual pas.so della
sacra Scritlura, si fosse Mons. di Firenze
appoggiato per dettare una tal circolare.
Quella domanda innocentissima , come
ognun vede, ha fatto entrare nelle furie
il Cattolico di Genova.
« A coronare, egli esclama, la guerra
« insensata ed atroce che lo spirito di
« setta, sotto specie di libertà, muove tra
noi al cattolicismo, mancavaancor queK sfa, la sistematica impugnazione della
K potenza e del culto di quella Verginee
« Madre, la quale in quest’oscura valle...
« sola dopo Gesù è speranza ai miseri,
« consolazione agli alllilli, pietoso e scm« pre aperto rifugio ai peccatori ». K
dopo tre colonne ancora, presso a poco
su quel medesimo tuono, dopo averci
regalato i soliti e graziosi epiteli di seguaci di Valdo, di saccentuni e di paterini, il religioso giornale terminava col
prometterci un successivo articolo, in cui
« col favor della Vergine » scenderebbe
in lizza ad affrontarci. « Èssi, diceva egli,
ci dotnandano un passo della Scrittura.
L’avranno; e tale che, ove siano di buona
fede, più non ammette risposta »;
11 passo infatti è venuto—sebbene dopo
tre altre colonne che si sarebbero, a parer nostro, potute risparmiare, poiché,
non trattavasi in esse, che di tradizione,
di Concilio Tridentino, e di una filastrocca
di santi, più o meno conosciuti, s. Nilo,
s. Massimo, s. Proclo, s. Fulgenzio ecc.
tutte cose e persone che non aveano cbe fare
colianostrarichiesta—ma ci duole di dover
dire al Cattnlico, che egli non ci ha soddisfatto punto, punto. Griderà egli, come
è probabile, alla « malafede », all’«eresia
litigiosa, arcigna e straniera al linguaggio del sentimento ? » Lecito a lui di farloj
ma noi ripeteremo sempre che, senza
malafede, senza mal vezzo di litigare, il
passo eh’ egli ci ha portato, non ci soddisfa punto. Perchè? perchè non vi ha
in esso neppur l’ombra di ciò che vorrebbe che vi fosse. Ciò per ora. Un’altra
volla ci spiegheremo più a lungo su tal
materia, facendo però in modo che il pio
desiderio del Cattolico di farci cadere
nelle mani del Fisco, che con tanta perseveranza invoca a nostro riguardo, non
si adempia.
12
—11 medesimo giornale nel suo primo
articolo di martedì, intitolato : la Buona
Novella e la Scomunica, afTerma di saperci altamente grado dell’esserci (col
trascrivere il brano della circolare di M.
Vicario Generale, che fulminava la scomunica contro I nostri lettori) fatti noi
stessi « annunziatori della proibizione cui
soggiacciamo » , e dell’ avere noi con
questo « reso un servigio alla religione,
traendo d’inganno chi ancora ci poteva
leggere in buona fede ». Noi, alla nostra
volta, soddisfattissimi che non abbianogli
scrittori del Cattolico trovato altro da ridire
sul noslro articolo; soddisfattissimi ancora di aver loro porto motivo di essere
contenti di noi, non ci vogliamo astenere dal
ringraziarli caldamente dei continui sforzi,
con cui si adoperano a procacciarci associali.
Nel medesimo articolo , ci conferma
il periodico genovese quel che già ci avea
lasciato indovinare, cioè che l’episcopato
intiero del Regno abbia protestato presso
il Governo contro la nostra umile esistenza, additandoci qual «giornale eterodosso,
tromba dommatica (!) ed officiale del protestantesimo, che si spande (quella tromba?) per insultare alle nostre credenze » :
fatto cotesto che, se fa poco onore alla
sapienza ed al liberalismo dell’Episcopato
piemontese, ne fa tanto più aljGoverno, il
quale non si lasciò imporre da quelle lagnanze, sebbene venute da alto, anzi
seppe mantenere illesi i diritti di cittadini che sebbene non abbiano la facoltà
di parlare ex-cathedra, non sono perciò
meno zelanti di chiunque, del bene e
della prosperità della patria comune.
—Sempre il medesimo foglio si affatica a
provare conlro le teorie del Risorgimento
di Torino, che non tutti i giuramenti obbligano in coscienza, perchè, secondo
lui, si danno giuramenti flessibili, e sono
quelli che promettono di mantenere le
date costituzioni ai popoli. Non avremmo
mai sospettato di dover leggere simili
stravolgimenti morali in un foglio che si
dà per religioso.
Irlanda. I cattolici qui sono in guerra
fra loro, dice VArmonia. Non vanno d’accordo sulla scelta del Segretario della
Socielà che s’intitola di difesa cattolica.
Questa nacque dopo il bill, proposto dal
ministro Russel, e approvato dal Parlamento contro la erezione di sedi vescovili
fatta dal Papa nel Regno Unito della
Gran^Brelagna, dove niun atto di giurisdizione gli è permesso dalle leggi fondamentali dello Stato. Il primate arcivescovo
d’Armagh sostiene la nomina del signor
Wilberforee inglese, e gli altri non lo
vogliono, e intanto la Società non cammina.
Altra guerra si fa per la nomina del
dottor Newman a 'presidente della Università cattolica che si vorrebbe fondare, e per tal contrasto ancor non si
fonda.
Finalmente si battono pel Concilio di
Thurles, approvalo dal Papa, ma non
dal consenso unanime dei vescovi. Questo
concilio decretò che gl’irlandesi callolici
non dovessero frequentare le scuole dei
Reali Collegi, dove sono indistintamente
ammessi professori e scolari protestanti
e cattolici. Molti vescovi non credono di
doverlo ammettere, e non ostante la decisione di Roma, permettono ai loro diocesani di mandare liberamente i figliuoli
alle scuole di quesli collegi che chiamano
misti.
13
Tutta questa guerra però non è che
una fantasmagoria : i cattohci restano
sempre nella unità cattolica: non si scandalizzino i buoni, dice l’emonio, e non
trionfino i malvagi ; perchè chi vuol sapere, chi sieno i cristiani in guerra, li
vada a vedere nei protestanti, che essa
chiama (con tanta amabilità!) instabili, varianti e tra loro combattenti. I dispareri
fra i cattolici sono effetto della piena libertà che godono sotto la tutela della
Chiesa, laddove i dispareri fra i protestanti sono l’effetto dell’essere divisi in
tante sette. I cattolici anchedivisi in mille
opinioni diverse rimangono sempre nella
unità della chiesa, la quale i protestanti
non hanno. A leggere la lunga digressione
che abbiam qui compendiata dall’^nnonia, bisogna conchiudere che i protestanti hanno sempre torto, e i cattolici
anche quando non hanno ragione, non
debbono avere mai torto. Noi scansandoci,
secondo il solito, dalle vane polemiche,
ci contentiamo d’osservare che i protestanti convengono tutti nel ripetere la
eterna salute dai meriti infiniti di Cristo,
che ci vengono imputati per mezzo della
fede. In questo punto, che è l’essenziale,
(perchè da questo dipende la salute dell’anima) vanno tutti d’accordo, e siano
Anglicani, Presbiteriani , o Quacqueri ;
sieno di Stocolma, d’Amsterdam, di Francoforte, di Strasburgo, di Ginevra, della
Cina, delle Indie, o dell’Africa sono così
strettamente uniti in Cristo, che formano
quella vera unità di spirito, in cui consiste la Chiesa evangelica fondata da
Cristo, e il cui compimento lo avremo
tutti nella benefica unione con Dio nei
cieli. Nè deve ciò da noi imparar VArmonia, ma sibbene dalla bocca infalli
bile del Redentore, che la dovrà giudicare al par di noi. Ecco le divine parole,
a nostra istruzione registrate nel capo
xvu di s. Giov. V. 21. — « Io non prego
per lo mondo, ma per coloro che tu mi
hai dati ; perciocché sono tuoi. E tutte
le cose mie sono tue, e le cose tue sono
mie: ed io sono in essi glorificato. Ed io
non sono più nel mondo, ma costoro son
nel mondo, ed io vo a le ; Padre santo
conservali nel tuo nome, tu me li hai
dati, acciocché sieno una stessa cosa
come noi... lo prego non solo per costoro, ma ancora per quanti crederanno
in me per la loro parola, acciocché tutti
sieno una stessa cosa, come tu, o Padre,
sei In me, ed io sono in te, ed essi ancora sono una stessa cosa in noi»; Queste
parole pronunciate dal Redentore prima
d’incamminarsi al Getsemani pel gran sacrificio d’espiazione e di salute, assicurano i protestanti tutti, che tenendosi
ferrai nella fede lor palesata dal santo
Evangelo, non periranno, perché uniti a
Cristo, sono cosa di Cristo, e consegnati
alla protezione di Cristo, non hanno bisogno, per salvarsi, di ricorrere alla protezione di nissunissima Chiesa in particolare, e divisi In cento Chiese, formano
pur sempre l’unica Chiesa di Cristo, a cui
solo aderiscono, mediante la fede in lui.
Indarno VArmonìa lì accusa, perché non
fanno parte della sua Chiesa, la quale,
senza questa medesima fede in Cristo,
non potrà mai salvare nissuno.
IVOTIZIE RElilCÌlOSE
Firenze. La signora Luisa Amalia Paladini ha pubblicato un manuale per le
14
giovinette italiane, dove, suiresempio di
S. Girolamo, raccomanda alle madri ed
alle figlie la lettura della Bibbia, come
un mezzo efficacissimo di consolazione
nelle tante amarezze che circondano la
vita. Per cosi savio consiglio l’è toccato
un rimprovero dalla Civiltà Cattolica che
vi riconosce un soffio segreto di protestantesimo.
—Processo dei coniugi Madiai. Stando
alleultimenotiziepervenuteci pare che non
si debba aspettare la fine di quel processo
prima del mese di marzo. Intanto il signore
e la signora Madiai sono sempre prigioni
di corpo, sebbene liberi di spirito, e più
che liberi, allegri e trionfanti. «Sì, scrivea
quest’ultima ad una sua amica, si mia
cara signora, se ella ba qualche sentimento
di alletto per me, preghi caldamente per
i prigioni, che dimenticando se medesimi, non sentano se non una santa gioia
che sia, per mezzo di loro, il nome di
Dio glorificato». — Potrebbero scrivere
così i loro persecutori ?
Svizzera. Il seguente articolo leggesi
neWAvenir, giornale di Losanna :
« I Cattolici romani che abitano a Nyon
e nei dintorni, hanno testé pubblicato una
memoria in favore della libertà dei culti,
a cagione della cappella di Nyon. Ognuno
si ricorda come il consiglio di Stato vodese, calpestando la costituzione federale,
facesse chiudere detta cappella. Fu indarno che i cattolici di quella località, appoggiati da buon numero di protestanti, si
richiamarono contro quest’atto arbitrario.
La loro « memoria « verrà ella più favorevolmente accolta? Noi lo bramiamo per
rispetto, alla giustizia, e alla libertà
dei culti, e NusimE affatto per simpatia
che ci sentiamo per un culto che giudichiamo non conforme alle Scritture. Noi
protestiamo con tutte le forze contro l’intolleranza del goveriio vodese, e deploriamo che uno Stato che si chiama protestante, trascorra ancora ai traviamenti
di tanti governi di paesi cattolici ». —Su
questo articolo faremo due brevi osservazioni; la prima, che i cattolici di cui propugna sì lealmente i diritti il giornale che
abbiamo citato, sono presso che lutti stranieri-, la seconda che gli srittori di quel
giornale son tutti ministri evangelici. Ciò
premesso, si faccia il confronto tra questa
condotta e quella d’altri ministri della religione del nostro paese, quando si trattava d’innalzare un tempio in cui non
forestieri, ma cittadini piemontesi, che
non appartengono alla chiesa della maggioranza, potessero offrire il loro culto a
Dio, e poi si giudichi!
Fnghtlterba. — Domenica sera (18
gennaio p. p.) a s. Paolo Bermondey,
nella città di Londra, trenta convertiti
incirca abbandonarono pubbicameute la
Chiesa romana, per unirsi alla Chiesa
evangelica. Il dottore Armstrong che officiava, predicò sulle seguenti parole di s.
Paolo ai Calati v. 1: usiate adunque fermi
nella libertà a cui Cristo ci ha affrancati
e non siate di nuovo ristretti sotto il
giogo della ser«iii* », e si soffermò specialmente sulla servitù, in cui i preti
romani tenevano per l’addietro que’ neofiti, esortandoli a non riconoscere ormai
altro Signore che Colui che gli aveva riscattati a costo del suo sangue, ed altro
direttore di coscienza che la sua santa e
sola infallibile Parola. Giova notare ohe
Bermondey è uuo dei quartieri della ca-
15
pitale, ove il cattolicismo spiega i maggiori sforzi, onde procacciarsi proseliti.
Ungheria. — Slato delta Chiesa Evangelica in quel paese: Sopra una popolazione (li 12,000,000 d’abit., l’Ungheria annovera non meno di .'5,000,000 di evangelici. Questo numero era anticamente
assai più grande, ma persecuzioni inaudite, e che durarono più o meno violenti
fino al regno di Giuseppe II, lo ridussero
a quell’avanzo. Quando soppraggiunsero
gli avvenimenli del 1848, il governo provvisorio (a capo del quale era Kossuth,
membro egli pure della chiesa evangelica) , volendo farli scordare degli antichi patimenti, offerse un salario ai
loro pastori generalmente poveri. Ma
questi lo res|)insero all’ unanimità dicendo : « Cristo che ci ha fatto trovare
Il quanto ci era temporalmente necessan rio durante lunghi secoli di persecu« zione, non ci abbandonerà al presente.
" Prima o poi, come compenso del favore
« offertoci, il governo s’immischierebbe
« per certo nei reggimento interno della
« nostra chiesa. Non possiamo, come
« fece Esaù, vendere il nostro dritto di
« primogenitura per un piatto di lentie« chio ». Ma bastava che l’offerta fosse
stata fatta, bastava la simpatia che generalmente i Maggiari, fra i quali sono
quasi tutti gli evangelici, aveano mostrata per la causadell’iudipendenza, perchè
la reazione si credesse in obbligo di farne
scontare loro il fio. Il maresciallo Haynau,
valendosi del pretesto dello stato d’assedio, ha fatto ciò cbe non era stato fatto
mai nei tempi più duri, egli ha messo a
soqquadro la costituzione delle cbies«
evangeliche, togliendo al popolo le sue
adunanze, la nomina dei suoi pastori
insieme con molti allri privilegi goduti
dai fedeli nelle comunioni evangeliche.
I direttori di queste hanno protestalo
presso l’imperatore. Comincia la protesta
con queste energiche ma strazianti parole:
<t Graziosissimo imperatore ! Quando è
« strapieno il cuore, traboccano le parole.
K II nostro cuore è ripieno di dolore e di
« amarezza, perciò la nostra bocca non
« sa proferire cbe lagnanze acerbe. Noi
« non domandiamo da V. M. favori tem« porali. Membri di quel regno di Cri« sto il quale non è di questo mondo;
« chiamati a dirigere inostri fratelli, ad
« adoperarci in quel regno, non appetia
* mo altri beni fuorché i spirituali: la
(I spirituale libertà, la schietta profes« sione della nostra fede, tutti beni nel
« godimento dei quali siamo oggi impe(' diti, e che anche ci vengono negati
« dalla civile potestà». Respingendo il
pretesto dello stato d’assedio come cagione di tali misure i petizionari soggiungono: « La fede e l'anima non ponno
« andar soggette alla potenza dell’armi.
* I principii della fede nè s'impongono,
« nè si proibiscono, né si cancellano per
« mezzo della forza; e non fia mai che
« Cristo ed il suo regno possano essere
« posti in istato d’assedio ! » — Varrà
ella tanla nobiltà di linguaggio? Varranno
ragioni sì potenti a far sì che giustizia sia
resa agli evangelici dell’Ungheria ? Ciò
sapremo fra poco.
CROXACIIETTA POLITICA.
Piemonte. Una petizione dcll’ex-rettore
della Compagnia di S. Paolo al Senato,
domandando che sieno tutelati i diritti di
16
detta compagQia, venne decretata d’urgenza, dietro la domanda del senatore di
Castagnetto. — Alia Camera dei Deputati
dopo votata la legge sulla sicurezza pubplica, votata parimente la legge sulle giubilazioni degli officiali in aspettativa o
riformati, ed esaminate alcune modificazioni apportate dal Senato alla legge sulla
privativa postale, si cominciò nella tornata di mercoledì la discussione del progetto portante modificazioni all' attuala
legge sulla stampa.
— Si dà per certo che il professore
Nuytz passerà dalla cattedra di diritto
canonico a quella di diritto romano, rimasta vacante per la nomina del titolare Sig.
Tonello alla carica di consigliere di Stato.
Svizzera {Vaud). Il gran Consiglio,
malgrado l’opposizione di vari consiglieri
di Stato, ha deliberato di rimandare a
questo, con raccomandazione, una petizione dei cattolici domiciliati a Nyon, che
chiedevanoohefosselororestituitalalibertà
deiresercizio pubblico del proprio culto.
Francia. 1 decreti spettanti alla famiglia d’Orleans sono stati sfavorevolmente
accolti da quasi tutti i partiti. Gli stessi
operai che sulle prime vi si mostravano
favorevoli, ora cominciano a biasimarli.
Dietro la loro pubblicazione parecchi membri della commissione consultiva, fra i
quali il signore de Montalembert e gli
altri corifei del partito cattolico hanno
data la loro demissione. I fogli inglesi di
ogni colore giudicano quei decreti colla
massima severità.
— Una circolare del minislro degl’intimi a lutti i prefetti ingiunge loro di fare
uscire immediatamente di prigione e ren
dere alle loro famiglie, tutte quelle persone arrestate dopo il 2 dicembre, la cui
liberazione non può portare pericolo alla
società.
— Il signor Dupin ha dato la sua demissione del posto che occupava da molli
anni, di procuratore generale presso la
Corte di cassazione.
—11 Senato ed il Consiglio di Stato sono
intieramente organizzati. Nel primo composto per ora di 84 membri, si annoverano; 4 cardinali, 5 marescialli, 2 ammiragli, 18 generali, 3 vice-ammiragli, 5
membri dell’istituto, 3 membri della banca
di Francia, S magistrati. — Nulla è ancora stabilito rispetto alla data delle elezioni del corpo legislativo.
— Un decreto del Presidente ristabilisce i titoli di nobiltà aboliti dalla Costituente del d848.
Lnghilterra. Ordini di armamenti insoliti sono dati ovunque e perfino nei possedimenti d’Europa, d’Asia e d’America.
Le crociere, le stazioni marittime saranno
tutte rinforzate, gli arsenali riforniti.
— La coalizione degli operai macchinisti sta per sciogliersi: le hanno fatto
quasi del tutto difetto le simpatie del
pubblico.
Errata Corrige, Al N“. 11 pagina
1S3, la colonna a sinistra, ultima linea,
invece di giustifiche le rebbenazioni leggasi giustificherebbe le nazioni; ed alia
pagina 164, colonna a destra linea 27
invece di Intanto leggasi in Portogallo.
fi
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Bacchetta gerente.
Torino, — Tip, Sociale degli Artisti.,