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Anno VI
numero 14
del 3 aprile 1998
L. 2000
Spedizione in a. p. 45%
art. 2 comma 20/B iegge 662/96
Filiale di Torino
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UN PROFETA
«Dio è luce e in lui non c’è tenebra»
I Giovanni 1, 5
A TON è semplice decidere oggi che
2 V cosa rimane del messaggio di un
profeta contemporaneo forgiato nell’
azione e nel rischio costante della propria vita; della sua lotta contro le tenebre di un sistema ingiusto, che faceva
del nero una vittima. «Lottò per un
mondo libero dall’intolleranza razziale
e colmo di fede, speranza, amore e giustizia. Osò sognare un giorno migliore
mentre lo circondava un incubo. Osò
avere fede, e sacrificare la sua vita per
un futuro»; queste parole di James Melvin Washington sono forse la migliore
espressione di quanto il messaggio di
Martin Luther King sia ancora vivo.
L’antecedente diretto della segregazione
razziale in America fu il colonialismo
europeo. Il colonizzatore si credeva una
sorte di «padre» che doveva portare i
benefici della sua cultura e religione
cristiana al nero e all’indiano, i quali
dovevano corrispondere alla bontà del
«padre» bianco con la sottomissione allo sfruttamento economico. Il razzismo
è partito da questa idea della supremazia bianca e ha portato a un sistema
iniquo fondato sulla relazione dominio-sottomissione e sulla diseguaglianza a tutti i livelli. Lo schiavismo è la
forma assoluta del colonialismo.
La teoria della supremazia della razza bianca era considerata una legge
ài natura, istituzionalizzata nel costume sociale e nelle vita politica. La Costituzione americana ordinava che cessasse il coinvolgimento nella tratta internazionale di schiavi africani (1808),
ma non poneva limiti, all’interno del
paese, alla pratica dello schiavismo. Gli
schiavi, intanto, aumentavano di numero a causa delle nascite; nel censimento del 1860 c’erano 32 milioni di
bianchi e 4 milioni di schiavi afroamericani. Negli Usa la guerra civile decise
non solo l’unità del paese, ma anche lo
status del «negro» e il suo destino politico e culturale. Tra il 1877 e il 1896 si
costruì negli Usa il sistema di apartheid americano chiamato «Jim
Crow». Tutto era «segregato ma uguale», almeno in teoria perché, nella pratica, uguali erano soltanto le tasse. La
segregazione razziale nel paese della libertà non era un innocuo costume sociale, era una violenta e sistematica aggressione che costrinse gli afroamericani nei ghetti, nell’emarginazione, nella
povertà. Era la vittoria delle tenebre del
razzismo sulla luce dell’uguaglianza e
della solidarietà fra gli esseri umani.
Martin Luther King nacque nel
cuore di tenebra del paese di «Jim
Crow». Nacque discriminato e visse segregato in tutti gli aspetti della sua vita
per un solo motivo; il colore della sua
pelle. Visse umiliato, oppresso, senza
onore, costretto a piegarsi mentre la
sua anima piangeva l’orgoglio calpestato, la dignità negata. Mentre la costituzione del suo paese dichiarava che
era uguale, che aveva in teoria gli stessi
diritti del bianco. L’effetto più devastante di «Jim Crow» si produceva, secondo lo stesso King, nell’anima del nero: la vittima pensava che la segregazione fosse giusta. La presa di coscienza
di questo giovane afroamericano seguì
un lungo e complicato percorso che culminerà nel Crozer Theological Seminary di Chester, Pennsylvania, dove si
laureò nel 1951. La presa di coscienza
dell’oppresso non riguarda soltanto la
consapevolezza della propria oppressione e la sua ingiustizia, ma anche il
desiderio di combattere la tenebra, di
riscattare la propria vita e quella collettiva per portarle alla luce della libertà
di Dio. A 30 anni dalla sua scomparsa
questo messaggio continua a essere attuale e a sfidare tutte le chiese cristiane.
Martin Ibarra
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
I 4 aprile di trentanni fa un killer uccideva il pastore battista Premio Nobel per la pace
Il messaggio di Martin Luther King
In un sermone tenuto due mesi prima della sua morte^ aveva parlato delhdstinto del tamburo
maggiore»: primeggiare va bene, ma nell'amore e nella giustizia, nella verità e nell'impegno
MASSIMO APRILE
IL4 aprile 1968 a Memphis, Martin Luther King jr., mentre si affacciava a un balcone del Lorraine
Hotel, fu ucciso da un killer appostato poco distante. Si concluse in
questo modo il pellegrinaggio di un
uomo vissuto per la causa della libertà del popolo afroamericano a
cui apparteneva, ma anche per offrire un’occasione di liberazione al
popolo americano bianco ancora
afflitto dal virus patogeno del razzismo, definito fino ad oggi il «peccato originale» degli Stati Uniti. Molto
è stato detto e scritto di quest’uomo
la cui fede evangelica si è incarnata
in un contesto di terribili conflitti,
identificati dapprima nelle discriminazioni razziali e poi, negli ultimi
anni, anche in quelli prodotti dal
militarismo e dalla povertà.
Io lo voglio ricordare attingendo
a un suo sermone, predicato nella
sua chiesa di origine, la «Ebenezer
baptist church», esattamente due
mesi prima della sua morte. In
questo sermone in cui commenta
Marco 10, 35-45 (la richiesta dei figli di Zebedeo di sedere accanto a
Gesù nel suo regno) Martin Luther
King, con toni che lasciano intendere il suo presagio di morte imminente, parla del suo funerale, che
avrebbe poi avuto luogo proprio in
quella chiesa il 9 aprile successivo.
«Se qualcuno di voi dovesse essere presente al mio funerale, sappia
che non voglio una liturgia lunga. A
chi avrà l’incarico di pronunciare il
discorso funebre dite di non parlare
troppo. Ecco cosa desidero che si
dica. Dite loro che non facciano
menzione che ho ricevuto il premio
Nobel per la pace, non è importante. Né che ho ricevuto tre o quattrocento riconoscimenti di altro tipo,
non è importante. Dite a chi parlerà
di non menzionare dove ho studiato. Quello che vorrei che qualcuno
dicesse è che Martin Luther King jr.
ha dato la sua vita per servire gli altri; che Martin Luther King jr. ha
cercato di amare il prossimo. Voglio che si dica quel giorno che cercai di essere obiettivo sul problema
della guerra. Voglio che si dica quel
giorno che cercai di sfamare gli affamati. Voglio che si dica in quel
giorno, che cercai durante la mia
vita di vestire gli ignudi. Voglio che
si dica in quel giorno, che cercai
durante la mia vita di visitare i prigionieri. Voglio che diciate che cercai di amare e servire l’umanità. Sì,
se volete dire che fui un tamburo
maggiore, ditelo pure. Dite che fui
un tamburo maggiore per la giustizia; che fui un tamburo maggiore
per la pace; che fui un tamburo
maggiore per l’equità...».
È proprio su questa ultima espressione che voglio soffermarmi.
Il sermone ricco come sempre di
immagini è sostenuto da un tono
appassionato (ne esiste una registrazione sonora). Esso era appunto, intitolato «The drum major instinct» (L’istinto del tamburo maggiore). King sosteneva in questa
meditazione che l’istinto di primeggiare, di ricevere apprezzamenti, di
«aprire la parata» è connaturato
nella vita degli umani e regola anche i rapporti tra i popoli. King fa
una carrellata di esempi negativi
che indicano come questo istinto,
vissuto in maniera perversa, sia alla
base della civiltà dei consumi americana sempre protesa mediante la
pubblicità a far credere alle persone
che l’uso di un prodotto le renda
esclusive, uniche, vincenti. Egli
constata la tragedia di troppi che,
dominati da questo istinto, vivono
al di sopra delle loro possibilità fino
ad andare in rovina.
Osserva King che perfino il razzismo si è alimentato di questo istinto, inducendo milioni di bianchi
poveri e sfruttati a vivere della magra consolazione di sentirsi superiori per la pigmentazione della loro pelle, senza capire che la lotta
degli afroamericani era anche la loro. E così via, fino ad arrivare al
conflitto tra le nazioni con una denuncia forte della guerra del Viet
nam e alla guerra fredda con particolare riguardo alla corsa al nucleare. Ma, osserva King, questo
istinto, il medesimo dei figli di Zebedeo, non viene moralisticamente condannato da Gesù. Al contrario viene assunto, rivendicato. Gesù non disse; «Ma come vi permettere di farmi questa domanda?».
No, al contrario, egli disse in sostanza: «Ah, ho capito, volete essere importanti. Volete aver peso.
Giustissimo. Se volete essere miei
discepoli lo sarete».
Gesù però diede un nuovo ordine di priorità. E disse: «Certo non
buttate via questo istinto; è un
istinto buono, se non lo distorcete
e non lo traviate. Non buttatelo
via.,.». Solo l’essere grandi viene
ridefinito alla luce della Parola:
«Chi vuole essere grande tra voi, si
farà vostro servitore». Basta questo
nuovo ordine di priorità a trasformare un istinto distruttivo, in un
istinto che trasforma i discepoli in
campioni di giustizia e pace, come
anche King desiderò essere ricordato. Mi colpisce molto questo approccio di IQng che proprio mentre intuisce la vicinanza della sua
fine non predica la rinuncia ma il
diritto ad amare se stessi, a ricercare Tautoaffermazione, e perfino
l’istinto a primeggiare, a essere
importanti.
La chiesa è stata per troppo tempo il luogo nei quale si è predicata
la rinuncia, l’abbandono, la mortificazione di sé. Tutto ciò quando
non ha prodotto dei veri e propri
disturbi della personalità, specie
nei più deboli, ha comunque concorso spesso a stabilire una comunità di mediocri. «Dunque se volete
dire che sono stato un tamburo
maggiore, ditelo pure... - concluse
King - Sì, Gesù voglio essere seduto
alla tua destra e alla tua sinistra, ma
non per ragioni egoistiche. Voglio
sedere alla tua destra o dal lato migliore, non per motivi di governo
politico o per ambizione, ma voglio
essere là nell’amore e la giustizia e
la verità e l’impegno verso gli altri,
così che possiamo fare di questo
vecchio mondo un nuovo mondo».
Diritti dei migranti
Iniziata la campagna
per la Convenzione Onu
Il 20 marzo è iniziata a
livello mondiale la campagna per la promozione della Convenzione
delle Nazioni Unite sulla
protezione dei diritti di
tutti i lavoratori migranti e del loro familiari.
L’Italia ha avuto un ruolo importante nell’elaborazione di questa
Convenzione, approvata
quasi all’unanimità daiTAssemblea generale
delTOnu il 18 dicembre
1990. Fondamento della
Convenzione è il riconoscimento del migrante come soggetto titolare dei diritti umani fondamentali. Per entrare
in vigore questa Con
venzione dovrà essere
varata da almeno 20 paesi dell’Onu. Le seguenti nazioni l’hanno già
ratificata: Bosnia-Erzegovina. Capo Verde, Colombia, Egitto, Marocco, Filippine, Seychelles, Sri Lanka e Uganda.
La maggior parte delle
organizzazioni internazionali di chiese, inclusi
il Consiglio ecumenico
delle chiese, la Conferenza delle chiese europee, la Conferenza delle
chiese del Pacifico e la
Federazione delle chiese evangeliche in Italia,
sostengono ufficialmente la ratifica della Convenzione. (nev)
150° dell'Emancipazione
Gli avventisti
ringraziano i valdesi
«Le chiese awentiste,
in occasione del 150°
anniversario delle Patenti di grazia di Carlo
Alberto, ringraziano il
popolo valdese per la
sua viva testimonianza
di fede»; è il testo di una
targa offerta a Roma il 24
marzo da una delegazione dell’Unione delle
chiese awentiste italiane
al moderatore della Tavola valdese, Gianni Rostan, alla presenza anche
dei presidenti della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia,
dell’Opera della chiese
metodiste, dell’Unione
cristiana evangelica battista. «Consegnamo que
sta targa - ha dichiarato
il pastore Mazza, presidente dell’Unione avventista - come segno
della nostra riconoscenza per l’impegno espresso dai valdesi a favore
della libertà religiosa in
secoli di persecuzioni
ma anche di testimonianza e di predicazione
dell’Evangelo». «L’incontro - ha dichiarato il moderatore Rostan - ha mostrato ancora una volta
la grande attenzione delle chiese awentiste nella
collaborazione con le altre chiese evangeliche e
nella testimonianza su
alcuni gravi problemi del
nostro paese». (nev)
I PROTESTANTI E I MIRACOLI
«Gli europei ci hanno preso a bordo
dell'euro - scrive Andrea Bonanni sul Corriere delle sera del 26 marzo -. Ma non si
fidano. Per metà sono protestanti, e non
credono ai miracoli. Per metà sono cattolici, e di finti miracoli ne hanno visti anche troppi». Il processo di unificazione
europea sta facendo conoscere agli italiani l'esistenza del protestantesimo come
cristianesimo diverso e alternativo che ha
contribuito a produrre società più oneste,
efficienti e serie della nostra. Peccato che
coloro che si occupano di comunicazione
di massa continuino spesso a diffondere
la solita vulgata controriformistica.
Dopo Enzo Biagi che dichiara di non
essere calvinista perché crede alla redenzione dell'uomo (perché Calvino e i calvinisti no?), ora Andrea Bonanni ci informa
che i protestanti non credono ai miracoli.
Ma i protestanti, come i cattolici peraltro,
non credono ai finti miracoli. Soprattutto
non li ricercano con pratiche di religiosità
deviata, come se Dio stesse solo nel sensazionale, né si affidano «ai santi in paradiso» per questioni che richiedono soprattutto impegno e responsabilità umana. Come la costruzione di una società civile degna di questo nome. (e.b.)
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 3 APRILE I99R
«Quando Gesù ebbe
fjreso l’aceto, disse:
È compiuto! E
chinato il capo,
spirò. Allora i
Giudei, perché i
corpi non
rimanessero sulla
croce durante il
sabato (poiché era
la Preparazione e
quel sabato era un
gran giorno),
chiesero a Pilato che
fossero loro spezzate
le gambe e fossero
portati via. I soldati
dunque vennero e
spezzarono le
gambe al primo, poi
anche all’altro che
era crocifisso con
lui; ma giunti a
Gesù, lo videro già
morto e non gli
spezzarono le
gambe, ma uno dei
soldati gli forò il
costato con la
lancia e subito ne
USCI sangue e acqua.
Colui che lo ha
veduto, ne ha reso
testimonianza, e la
sua testimonianza è
vera; egli sa che dice
il vero, affinché
anche voi crediate.
(...)
Dopo queste cose
Giuseppe
d’Arimatea, che era
discepolo di Gesù,
ma in segreto per
timore dei Giudei,
chiese a Pilato di
poter prendere il
corpo di Gesù e
Pilato glielo
permise. Egli
dunque venne e
prese il corpo di
Gesù. Nicodemo, che
in precedenza era
andato da Gesù di
notte, venne
anch’egli, portando
una mistura di
mirra e d’aloe di
circa cento libbre.
Essi dunque presero
il corpo di Gesù e
l’avvolsero in panni
di lino con gli
aromi, secondo il
modo di seppellire
in uso presso i
Giudei. Nel luogo
dov’era stato
crocifisso c’era un
orto, e in quell’orto
un sepolcro nuovo,
dove nessuno era
stato ancora
deposto. Qui posero
dunque Gesù...»
(Giovanni 19, 30-35;
38-42)
«Io ero morto...»
(Apocalisse 1, 18)
«IO ERO MORTO...»
Il pittore della Riforma ha espresso la durezza di quel corpo irrigidito, di quella
vita spenta che solo l'intervento sovrano di Dio risusciterà dopo quel lungo sabato
GINO CONTE
HO molto esitato a scegliere questa illustrazione e
questo testo: in questo macabro
tripudio di sindoni, non vorrei
davvero portare acqua a quel
mulino. E tuttavia.. .
Nei nostri luoghi di culto, anche in quelli in cui è visibile una
croce, non c’è il Crocifisso: è una
delle prime differenze che nota
un visitatore, e che gli facciamo
notare, osservando che la comunità si raccoglie attorno al Risorto, al Vivente. Non ci sarebbe fede, non ci sarebbe comunità cristiana se Gesù non fosse stato risuscitato, se il Cristo non fosse
vivente e vivificante.
Morto e sepolto
Tuttavia quella croce rimasta vuota ha trattenuto,
per un poco, un cadavere. Non
è stata e non è un simbolo, che
magari diventa un ciondolo.
Era un patibolo; e fi attaccato,
Gesù è morto: atrocemente.
Senza indulgere al macabro
sanguinolento, non ci è lecito
eludere quel morto, dall’ora
nona. La «teologia della croce»
non è un’espressione astratta;
l’ombra della croce si staglia su
tutto ciò che Gesù ha detto, ha
fatto, è stato; la rigidezza di
quel cadavere tormentato gela
l’entusiasmo per lui, la fiducia
in lui e in quel che ci ha mostrato di Dio, il Padre.
«Qui deposero dunque Gesù...». In quel giardino, in quel
sepolcro nuovo, intatto. C’è
quasi una nota, se non idillica,
serena; vien fatto di pensa- re a
un nostro cimitero arioso,campestre, e a un funerale
come si deve. Ma non è stato così, nella fretta di quella sera. È
avvenuto clandestinamente e i
più, quelli che avrebbero dovuto
esserci, non c’erano. Spariti, dispersi; atterriti, disperati. E anche quei due che, seguaci clandestini o incerti, si compromettono ora con coraggio, non vanno, non possono andare oltre le
ultime onoranze a un morto.
Non facciamo anche noi, nei
confronti di Gesù, quello che talvolta qualcuno fa nei confronti
di una persona deceduta, specie
se cara? «Non voglio vederla, voglio ricordarla viva». Credo che
in fondo noi ricordiamo, pensiamo la passione di Gesù, il suo
morire, ma è come se la nostra
riflessione e la nostra adorazione si fermassero a quello che ora
chiamiamo il «Venerdì santo»;
rifuggiamo dal pensare, dal contemplare Gesù morto.
Anche il sabato, lo chiamiamo
«santo», quasi ad esorcizzare,
già tutti proiettati verso la domenica di Pasqua, quelle ore
(poche o molte, fa differenza?)
nelle quali Gesù è stato l’Emmanuele, «Dio con noi», fino a questo punto; defunto, deposto in
una tomba. Eppure non è solo
su questo sfondo terribile, cupo,
che Pasqua può sempre di nuovo tornare ad essere per noi non
il fatto naturale e risaputo, l’ordinaria amministrazione della
convinzione e della vita cristiana, ma l’attonita, quasi incredula esplosione di gioia per l’inconcepibile risurrezione: perché
Dio ha l’ultima parola, parola di
vita, lui che sembrava azzittito
dal rigore della morte?
bro, è Ippolit a parlare così davanti a questa visione: «Quando
guardi quel corpo straziato, ti
viene una domanda particolare:
se era quello il corpo (e doveva
essere proprio così) che videro i
suoi discepoli, sopratutto i suoi
futuri apostoli, le donne che lo
avevano seguito e assistito vicino alla croce, che credevano in
lui e lo adoravano, come potevano essi credere, guardando un
cadavere ridotto così, che quel
martire sarebbe risorto? Viene
spontaneo pensare che se la
morte è così terribile e se sono
così potenti le leggi della natura,
come è possibile sconfiggerle?
Come fare a sconfiggerle se non
ci è riuscito neppure colui che
aveva superato le leggi della natura durante la sua vita? (...) Le
persone che circondavano il
morto, che non appaiono nel
quadro, quella sera dovevano
essere in un terribile stato di ansia e turbamento che aveva distrutto tutte le loro speranze e la
loro fede in un colpo solo».
Come noi,
fino a questo punto con noi
sua «divinità», il suo ministero e
la sua passione hanno un «lieto
fine» noto e assicurato: rna un
Gesù simile non è più il «perfetto
esempio di fede» (Ebrei 12, 2)
che i suoi testimoni hanno conosciuto e annunciato. E il suo
non è più quel cadavere, morto
di una morte che più «ebraica»
(cioè tragicamente totale) non
potrebbe essere; simile a quello
che tutti noi prima o poi saremo.
Invece Gesù ha accettato, ha voluto, per conto del Padre, essere
fino in fondo con noi, TEmmanuele, appunto, in questa situazione-limite.
Per amor nostro Gesù è sprofondato nella morte; per natura
irreparabile. Davanti a lui, prima di lui, non c’era stato nessun battistrada. Noi, se crediamo l’Evangelo, abbiamo la sua
risurrezione, la parete compatta
e impenetrabile è incrinata, anche se in un punto solo, e filtra
la luce; ma per Gesù no, la parete era ancora compatta, impermeabile, aveva «solo» (solo?!) la
fiducia in Dio, il Padre, la sua
promessa. E come gli si era abbandonato in vita, gli si è abbandonato nella morte.
Preghiamo
Il mondo conta molte creature crocifisse. Di unico,
in questa croce, c’è Colui che vi è inchiodato. Per spezzare i nostri cuori duri, ci voleva un Dio crocifisso.
La menzogna crocifigge la verità, l’odio crocifigge
l’amore. Santità intollerabile. E dall’alto di quella croce
lo sguardo di Dio che smaschera tutto questo. Contemplare la croce, subire quello sguardo che condanna
e libera, che penetra le profondità insospettate del mio
essere.
Signore, dacci il coraggio di contemplarTi. Di lasciarci guardare da Te. Finché questo sguardo ci smascheri del tutto e scendano su di noi la tua grazia e la
tua pace.
E si schiuda anche per noi il mistero di una vita offerta.
Suzanne de Diétrich
(da L’heure de l’élévation. A l’écoute de Saint-Jean,
Neuchâtel, 1966, p. 184 s)
«Quel quadro potrebbe
far perdere la fede»
Ho ripensato a tutto questo
scorrendo un volumetto*
pubblicato di recente: una serie
di immagini della Passione
commentate in modo sobrio e
acuto. Mi ha colpito sopratutto
una di quelle immagini: il Cristo
morto di Hans Holbein, uno dei
grandi pittori della Riforma. Le
raffigurazioni della «deposizione» del corpo di Gesù sono numerose ma il quadro di Holbein,
conservato a Basilea e riprodotto qui sopra, è profondamente
diverso. Si può capire che Dostoevskij, colpito e sconvolto da
questa tela, abbia messo sulle
labbra del principe Myskin, il
protagonista del suo romanzo
L’idiota, queste parole: «Quel
quadro potrebbe anche far perdere la fede». E più avanti, nel li
S ì, il corpo di Gesù, raffigurato con sobrio e tanto più
sconvolgente realismo, è davvero un cadavere abbandonato su
un banco d’obitorio. Con i segni
del supplizio, gli occhi aperti
nella fissità irrigidita della morte. Niente di magniloquente,
nessuna drammaticità come ad
esempio, per chi l’ha presente,
nella pur grandiosa e terribile
Crocifissione di Matthias Grünewald; solo il silenzio, il gelo irreparabile della morte, la solitudine terribile del cadavere.
«Ecco l’uomo», aveva detto Filato, «ecco il vostro re». Ecco
l’Inviato, il Figlio di Dio. Un corpo senza vita, su un banco d’obitorio, con i primi segni della putrefazione. Questo hanno visto i
discepoli, almeno quelli che non
erano fuggiti, a sera di quel giorno atroce, mentre nella città si
avviava la grande festa esaltante.
Questo hanno avuto negli occhi,
nella mente, in quell’interminabile sabato, rintanati come bestie ferite nella loro grande speranza, e ferite a morte.
Forse pensiamo alla morte di
Gesù come a un penoso, orribile
momento, ma tutto sommato
come a un momento di «passaggio»: una tremenda prova del
fuoco, ma superabile e superata.
Siamo sempre segretamente un
po’ «doceti», l’umanità di Gesù è
per noi sempre riassorbita dalla
Dopo^ solo dopo
CI sarà, il mattino di Pasqua.
Ma solo dopo quel lungo sabato cominciato ebraicamente
la sera del venerdì. Il lungo sabato di quel cadavere straziato del
suppliziato, abbandonato nel rigor mortis su quel banco d’obitorio, o sia pure in una tomba
fresca e nuova in mezzo a un
giardino. Il pittore della Riforma,
nutrito dalla Bibbia, lo propone
alla nostra contemplazione, non
certo estetica!, alla riflessione,
all’adorazione. Non ci sono fantasie di anime immortali, uscite
di sicurezza di possibili reincarnazioni; c’è la durezza di quel
corpo irrigidito, di quella vita
spenta, finita. E ci vorrà l’intervento sovrano di Dio perché
quel «È compiuto» con cui Gesù
spira, non sia un patetico sospiro vanamente velleitario e illuso.
Verrà, quell’intervento. Ma
non è bene, non è «giusto» che
saltiamo troppo facilmente quel
corpo, quel sabato: «santo» di
una santità molto particolare e
che certo non ha nulla a che fare
con il nostro fine settimana festivo e relativi progetti turisticogoderecci.
(*) Maurizio Ciampa: Nove croci. Immagini della Passione. Morcelliana, Brescia, 1997.
Note
(Terza di una serie
di quattro meditazioni)
omiletiche
Conciso, il racconto gio.
vannico presuppone noto
quello sinottico, specie
marciano, e si concentra
sull'interpretazione, correggendo, con rnano leg.
gera, inesattezze ed errori: il quarto evangelista
dispone di fonti proprie e
la sua cronologia è considerata la più esatta. Combatte, come tutti gli scritti
giovannici, un cristianesimo di tipo gnostico, che
considerava apparente
l'umanità del Cristo (secondo Ireneo, Basilide,
gnostico «cristiano» del il
sec., sosteneva che al momento della crocifissione
il Cristo si fosse misteriosamente scambiato con
Simone di Cirene e avesse
assistito, «ridendo» (I) al
supplizio di questi sotto le
sue sembianze, sfuggendo così ai suoi nemici ingannati!).
È Gesù a portare la trave orizzontale della croce;
i pali sono già rizzati, sul
Golgota, «fuori della porta» (cfr. Ebrei 13, 12). Il titulus trilingue (l'aramaico
indigeno, il latino giuridico, la koiné commerciale
greca, affinché l'ecumene
sappia) è anche maligna e
feroce vendetta del procuratore contro gli ebrei
che hanno voluto usarlo
forzandogli la mano.
«Ho sete». «Lui che può
dare un'acqua bevendo la
quale non si ha più sete
(4, 13), è costretto adesso
a chiedere il refrigerio
che si dava ai suppliziati»
(E. Balducci). Era stato flagellato a sangue, aveva
portato, stremato, la trave pesante e subiva il tormento atroce della croce,
il morire lentamente
soffocati per il peso del
corpo appeso e, se l'agonia durava, si aggiungeva
l'infezione tetanica. Sete,
terribile. L'issopo ricorda
che nella notte pasquale
era servito a spruzzare del
sangue dell'agnello le case ebree per preservarle
dal flagello mortale. Secondo Giovanni Gesù
muore nell'ora in cui nel
tempio inizia il «sacro macello» degli agnelli da
consumarsi la sera nel pasto pasquale. Anche Paolo
10 dice: «Cristo, la nostra
Pasqua, è stato immolato» (1 Cor. 5, 7). E come
voleva il rito ebraico per
l'agnello pasquale (Es. 12,
46), a Gesù non viene
spezzato alcun osso. Il
crurifragio, lo spezzare le
gambe ai condannati serviva ad affrettarne la
morte (qui, terribile ironia, a fini di... purità rituale!): non potendosi più
sostenere almeno un poco sulle gambe, il corpo
del suppliziato, afflosciandosi, affrettava la morte
per soffocamento. Ma Gesù è già morto. La fonte è
11 testimone oculare: vera
morte di un vero uomo,
contro ogni fantasia docetico-gnostica. Sangue e
acqua: se, come molti ritengono, c'è qui uno degli indiretti, velati accenni
giovannici alla cena e al
battesimo, si osserva che
gli gnostici praticavano i
battesimo (purificatorio)
ma rifiutavano la cena appunto perché negavano
la morte espiatrice, reale
del Cristo.
I fedelissimi sono spaiW
e sono due «nicodemiti»
a rendere, compromettendosi, quelle che sono
comunque onoranze funebri. «Il mondo è stato
giudicato e la condanna e
stata eseguita sul servo di
Ihvh. Il sepolcro in cui tu
deposto il corpo di Gesù e
l'immersione dell'agàp®
nello sceòi, negli infetL
nella pura assenza di Di°’
La parola non parla, la '^ice non splende, la sorger)
te d'acqua viva è ioar'id|'
ta. Tutto è compiuto, di
cono i seguaci del sine
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Colonia Vaidense: sessione primaverile del Comitato esecutivo Cevaa
La Cevaa fra i valdesi del Rio de la Piata
l'incontro del Comitato con la Mesa vaidense è stato molto fraterno e ha permesso
di gettare le basi per future collaborazioni. Verso una «Carta» della Comunità
FRANCO TAGLIERÒ
La sessione primaverile del
Comitato esecutivo della
Cevaa si è svolta quest’anno
nel quadro del Sinodo della
Chiesa valdese del Rio de la
piata. La Mesa vaidense aveva infatti invitato l’organo
esecutivo della Comunità a
presenziare alle celebrazioni
del 150“ anniversario della
eroacipazione valdese: così il
variegato gruppo internazionale ha potuto partecipare al
falò e alle altre manifestazioni di Colonia Vaidense. Questo ha permesso di rinforzare
il senso di vicinanza e di solidarietà tra la Chiesa valdese e
la Cevaa e viceversa: rincontro con la Mesa è stato infatti
molto fraterno e ha permesso
di mettere le basi per future
collaborazioni.
Ma l’occasione ha soprattutto permesso un contatto
diretto con i responsabili
dell’iniziativa presso gli aborigeni del Chaco argentino, i
Tobas. I rappresentanti evangelici di questa popolazione
discriminata, disseminata in
un vasto territorio tra Argentina, Paraguay e Brasile, erano presenti a Colonia Vaidense e la numerosa delegazione
ha avuto alcuni intensi momenti di informazione e di
discussione prima con il Sinodo e poi, insieme al gruppo
di accompagnamento, con
l’esecutivo della Cevaa.
Il Comitato esecutivo non
ha però lavorato solamente
sul progetto riguardante i Tobas. In cinque intensissime
giornate di lavoro, svoltesi
presso il confortevole Centro
Emmanuel di Colonia Vaidense, sono state poste le basi per lo svolgimento del
Alcuni membri della «Mesa vaidense» davanti al Centro Emmanuel
prossimo Consiglio, che avrà
luogo a fine giugno in Svizzera e che affronterà il delicato
tema della riorganizzazione
della Comunità. Nel 1999, in
occasione della tornata elettorale che rinnoverà le cariche direttive della Comunità,
si terrà la prima Assemblea
generale, la quale, con cadenza triennale, dovrebbe diventare il luogo della programmazione e della riflessione sui temi missionari generali, lasciando le questioni
amministrative a un Comitato esecutivo allargato e più
rappresentativo dell’attuale.
L’obiettivo del rinnovamento
della struttura comunitaria è
da una parte quello di ridurre
le spese di funzionamento e
dall’altra di permettere al Segretariato parigino di lavorare con più tranquillità su programmi triennali.
Il Consiglio dovrà dunque
affrontare alcune questioni di
fondo che soggiacciono alla
trasformazione della struttura: tra queste è certamente
importante la riapertura all’affiliazione da parte di altre
chiese, organismi, movimenti.
Nel 1987 era stato deciso un
periodo di «moratoria», nel
quale la Comunità non avrebbe accettato altre chiese nel
suo seno. Ora è probabilmente giunto il tempo di riprendere questa pratica: alcune
chiese, come la Chiesa presbiteriana del Sud Africa che ha
stretto un patto di collaborazione con la Chiesa presbiteriana del Mozambico, battono alla porta.
Ma su quali basi si accettano nuove adesioni alla Comunità? Ecco il problema: si pensa di abbordare questo nodo
scrivendo per cominciare la
«Carta» della Comunità, che
dovrebbe essere accettata da
tutte le chiese che, sono entrate a suo tempo e che entre
ranno in futuro nella Cevaa.
Oltre ai consueti argomenti
di routine (borse di studio,
envoyés, finanze, comunicazione) ampio spazio è stato
dato alle informazioni provenienti dalle Chiese membro.
In Gabon la Chiesa evangelica ha iniziato la faticosa fase
della ricostruzione, che necessita di aiuti cospicui sotto
il profilo delle risorse umane
e finanziarie: una preziosa
collaborazione dovrebbe venire nei prossimi mesi dal lavoro di Jacques Terme, già
presidente della Cevaa, inviato appositamente in Gabon per la riorganizzazione
della chiesa.
Nel Pacifico, mentre la
Chiesa evangelica della Nuova Caledonia sta vivendo momenti di trepidazione per
l’imminenza delle votazioni
che dovrebbero portare il
paese ad una prima forma di
indipendenza dalla Francia,
la Polinesia sta curandosi
dalle ferite provocate da una
serie di cicloni, che hanno arrecato gravi danni anche alle
strutture della Chiesa evangelica. Altre chiese, come
quella evangelica del Camerún, stanno tenendo proprio
in questo mese i loro Sinodi
con la prospettiva di cambiamenti costituzionali non indifferenti. Anche la Chiesa
metodista del Togo, come già
è successo per quella del Benin Tanno scorso, è in una fase di ristrutturazione e la
Conferenza è chiamata a
prendere importanti decisioni. Infine la Chiesa evangelica del Lesotho, con un nuovo
giovane presidente, si lancia
in una nuova visione missionaria che vuole coinvolgere
maggiormente le donne.
È morto il 30 gennaio scorso in Gran Bretagna all'età di 88 anni
Lessile Newbigìn, una vita dedicata alla causa delPEvangelo
Nato nel 1909 a Newcastleupon-Tyne (Gb), in una famigliapresbiteriana, durante gli
studi universitari a Cambridp, Newbigin cominciò a collaborare attivamente con il
Movimento cristiano studentesco e di lì a poco, mentre si
trovava in Scozia, ne divenne
il segretario. Quello fu il penodo in cui la sua visione
ueU’unità cristiana cominciò
ad ampliarsi. All’età di 38 anni fu scelto e inviato come
vescovo della Chiesa di Sco' ^13 nell’India meridionale.
Prima di recarvisi, però,
Newbigin completò con ottinjo profitto i suoi studi teolopci al Westminster College di
Lambridge, sotto la direzione
1 John Oman.
, In India, Newbigin lavorò
1 jnizialmente nella zona di
Jj3dras, per poi spostarsi a
I Radura e a Ramnad, dove
“Holse con reale impegno e
Suicapone il compito di
^3ngelista, e con molta semolata quello di vescovo. Pri, ® di tornare in patria, nel
“9, si era anche specializ^to nella lingua Tamil, di cui
13 diventato un esperto cooscitore. Il suo rientro coinse con un nuovo incarico,
j I lo di Segretario generale
tp ^°P®iglio missionario ininazionale (Ime); fu sotto
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Jziò nell’immediato dopoto ifoando prese parte
I vicepresidente ai lavori
I „1*3 Commissione «Fede e
3tituzione», e che proseguì
Lessile Newbigin
nel 1954, quando fu presidente della Commissione che
doveva elaborare il tema generale della seconda assemblea di Evanston (Illinois,
Usa): «Cristo, la Speranza del
mondo», per poi concludersi
nel 1961, con la sua nomina a
Segretario generale aggiunto
del Cec a Ginevra.
Nonostante il suo impegno
ecumenico, i quattro anni
successivi non furono tra i
più felici della sua vita: evidentemente, Newbigin si trovava più a suo agio come pioniere in un campo di missione che in uffici burocratici di
stampo ecumenico. Nel 1965,
tuttavia, fu richiamato come
vescovo in India, e rimase a
Madras fino al 1974, allorché
tornò definitivamente in Iiighilterra, con tanto di onorificenza di «Comandante dell’ordine deU’impero britannico» . Di lì a cinque anni si
trovò impegnato in un servizio di insegnamento teologi
co presso i Selly Oak Colleges
di Birmingham. Fu in quel
periodo che Newbigin prese
garbatamente le distanze
dalla Chiesa di Scozia, per
identificarsi decisamente con
la Chiesa riformata unita (alla
quale nel frattempo si era associata anche la Chiesa presbiteriana d’Inghilterra), della cui Assemblea generale fu
moderatore negli anni 19781979. Dal 1980 al 1988 Newbigin fu pastore di una piccola chiesa nei pressi della prigione di Winson Green.
Nonostante gli innumerevoli impegni che caratterizzarono la sua vita, Newhigin
riuscì a dedicare del tempo a
ricevere dottorati honoris
causa da ben sei università, e
alla pubblicazione di una decina di libri, di cui tre anche
in italiano: La Chiesa missionaria nel mondo, Paoline,
Roma, 1966; Una religione
autentica per un mondo secolarizzato, Cittadella, Assisi,
1968; L’Evangelo in una società pluralistica, Claudiana
Editrice, Torino, 1995. A proposito di Newbigin, sul giornale londinese The Times del
31/01/98, si legge che «la sua
combinazione di potenza
spirituale, acume intellettuale e zelo evangelico, unitamente a un profondo impegno ecumenico, ne ha fatto
una delle eminenti figure britanniche sulla scena cristiana
mondiale della seconda metà
del secolo».
Tuttavia non va dimenticato che, profondamente deluso dalle tendenze manifestate dall’ecumenismo in questi
ultimi anni, Newbigin arrivò
a lanciare dichiarazioni di
fuoco a loro riguardo, affermando, per esempio, che le
chiese «nel loro desiderio di
integrarsi con il mondo moderno, hanno partecipato al
suo sprofondamento» (da
Arm, del 28/8/95). Sicuramente, Lesslie Newbigin sarà
ricordato, non soltanto come
uno dei principali modelli
missionari della sua generazione, ma anche come uno
dei più insigni lavoratori nella causa della riunione della
chiesa cristiana, (g.p.)
(tratto da Ideaitalia, notizie
e comunicazioni dall’Alleanza
evangelica italiana, n. 2, marzo 1998)
Dal Mondo Cristiano
f Spagna: protesta degli evangelici
per la chiusura di Radio Amistad
MADRID — Proteste in Spagna per la chiusura ordinata dal
governo della catena radiofonica di Radio Amistad, un network
privato legato alla Chiesa di Dio in Spagna, una chiesa di irnpostazione fondamentalista che non fa parte della Federazione
delle entità religiose spagnole (Ferede), ma che la Ferede si è
fortemente impegnata a difendere, giacché le 17 stazioni della
rete erano operanti da anni prima dell’entrata in vigore di una
nuova legge che prevede la concessione di una licenza (non
concessa a Radio Amistad) e si teme che il giro di vite governativo possa colpire altre radio evangeliche spagnole. (nev/alc)
Germania: a Expo 2000 ci sarà
un «padiglione cristiano» allestito dall'Ekd
FIANNOVER — A Expo 2000, la grande esposizione mondiale che a Hannover, in Germania, celebrerà il nuovo millennio, ci sarà anche un «padiglione cristiano», allestito dalla
principale chiesa evangelica tedesca (Ekd). Sarà proprio
all’ingresso dell’esposizione e presenterà due sezioni: una
dedicata alla meditazione con riunioni di preghiera ogni
mezz’ora e una destinata a spiegare il «senso» del cristianesimo con conferenze, musica, esposizioni d’arte. Expo 2000
sarà aperta dal 1° giugno al 31 ottobre del 2000 e si prevede
un’affluenza di oltre 40 milioni di visitatori. (nev/eni)
I Belgio: incontro annuale delle Federazioni
protestanti dei paesi latini
BRUXELLES — Si è svolto a Bruxelles il 12 e 13 marzo, presso la sede della Chiesa protestante unita del Belgio, l’annuale
incontro delle Federazioni protestanti dei paesi latini, a cui ha
partecipato anche una rappresentanza della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia. L’incontro è stato occasione per
uno scambio sui programmi di lavoro delle diverse federazioni, e per una riflessione comune sui cambiamenti in atto all’interno degli organismi ecumenici internazionali. (nev)
«La Salvezza», tema della sessione del Sae
LA MENDOLA — Sarà «la Salvezza» il tema della prossima
sessione di formazione ecumenica del Segretariato attività
ecumeniche (La Mandola, 25 luglio-1° agosto). Lo comunica
il primo numero di «Sae notizie», che distribuisce in allegato
un volumetto con le relazioni e le mozioni presentate alla
sessione dell’anno scorso che aveva come tema «L’ecumenismo di fronte al dialogo interreligioso». (nev)
Il cristianesimo nella Corea del Nord
SEOUL (Corea del Sud) — La presenza awentista nel paese
risale al 1904, con il missionario awentista Im Ki Pam che
giunse per la prima volta nella cittadina di Chinnampo (ora
nella Corea del Nord). La Chiesa crebbe sia nel Nord che nel
Sud del paese fino alla seconda guerra mondiale. Durante la
guerra di Corea (1950-1953), molti awentisti scapparono nel
Sud, anche se alcuni rimasero nel Nord. Secondo il mensile
Korean Newsreview, ci sono 520 «chiese-case» e 12.000 cristiani nella Corea del Nord. La commissione consultiva della
libertà religiosa del Dipartimento di Stato americano ha annunciato recentemente che le chiese-case stanno crescendo
nella Corea del Nord sebbene siano proibite tutte le attività
religiose. La relazione della commissione segnala inoltre che
la mancanza di pastori e la politica di persecuzione del governo sono i fattori alla base della crescita delle chiese-case in
Corea del Nord. Secondo fonti del Nord, il defunto dittatore
Kim II Sung e la sua famiglia sono di fatto deificati: «Kim II
Sung è l’unico Dio della Corea del Nord», affermano alcune
fonti del dissenso interno. Almeno 700 coreani del Nord hanno defezionato e hanno chiesto asilo politico alla Corea del
Sud. Non è facile per loro divenire cristiani perché sono normalmente confusi dalla società democratica così diversa da
quella da cui provengono che non riconosceva la possibilità di
credere in Dio. I cristiani del Sud cercano di avvicinarli con
gentilezza e comprensione, tenendo conto delle differenze
culturali e cercando di aiutarli nei loro bisogni più profondi.
Tra i 700 che vivono ora nel Sud, tre giovani studiano teologia;
due di questi studiano all’Università di Sahmyuk, un’istituzione awentista. Nel 1997 due famiglie del Nord (14 persone) sono arrivate nella Corea del Sud con delle barche. Una delle
due famiglie, la famiglia Kim, ha deciso di diventare cristiana
come gli antenati che erano awentisti. Oggi gli awentisti in
Corea del Sud sono 145.000, con 670 chiese. (bia)
Le chiese d'Oriente e d'Occidente hanno date diverse
Verso una data comune della Pasqua cristiana
Molti autorevoli rappresentanti di diverse chiese
hanno suggerito di cercare di
armonizzare la data della Pasqua fra le diverse tradizioni.
Lo scorso anno, vi è stata ad
Aleppo (Siria) una consultazione fra il Consiglio ecumenico delle chiese e il Consiglio delle chiese del Medio
Oriente. In quelToccassione è
stato rilevato che il problema
della celebrazione della Pasqua in date diverse è interpretabile come un sintomo
della mancanza di unità delle
Chiese cristiane, che l’astronomia moderna potrebbe
aiutare a cancellare.
Per la data della Pasqua le
Chiese d’Oriente e d’Occidente si riferiscono a quanto stabilito dal Concilio di Nicea nel
325: la Pasqua deve essere celebrata la domenica successiva al primo plenilunio dopo
l’equinozio di primavera. Si
arrivò a stabilire date diverse
perché non ci si accordò sul
calcolo del plenilunio.
Ad Aleppo si è suggerito
che, a partire dal 2001, la data
della Pasqua sia fissata tenendo conto delle conoscenze moderne dell’astronomia,
senza rinnegare i principi
stabiliti a Nicea. Poiché le osservazioni astronomiche sono influenzate dal luogo geografico da cui sono effettuate.
si è suggerito di prendere come luogo di osservazione Gerusalemme, là dove Gesù è
stato crocifisso ed è risorto.
Questa proposta è stata inviata alle chiese di tutto il
mondo, insieme con una tabella che indica la domenica
in cui, secondo il nuovo calcolo, dovrebbe essere celebrata la Pasqua i primi 25 anni del XXI secolo.
Nev agenzia stampa
notizie evangeliche
abb. L. 60.000-ccp 82441007
intestato a Nev - Roma
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 3 APRILE 199S VENI
A colloquio con lo scultore di origine ebraica e viennese che da tempo vive e lavora intorno a Milano
La vicenda umana e di fede di Harty Rosenthal
Il nazismo costringe la famiglia a riparare nella Francia che di lì a poco subirà il governo Pétain. Dopo la guerra si
dedica agli studi scientifici, ma scopre anche Parte italiana. Nasce così un'originale carriera imprenditoriale e artistica
Harry Rosenthal nasce a
Vienna nel 1922 da famiglia ebrea benestante. La
sua vita scorre tranquilla fino
al 1939, quando arrivano i
nazisti. Il padre capisce che
deve allontanarsi prima che
la situazione volga al peggio e
si trasferisce a Parigi, dove il
giovane Rosenthal studia il
francese e si iscrive al liceo.
Non c’è il tempo di radicarsi,
di fare amicizie, lo spettro del
nazismo arriva anche a Parigi. Inizia così una serie di
spostamenti, favoriti da amici, che portano la famiglia a
approdare in un paesino vicino a Nizza, con l’incarico per
il padre di direttore di una
fabbrica di materiali elettrici
a Montecarlo. A partire da
queste brevi note abbiamo
chiesto all’artista qualche ricordo di quegli anni.
- Come ha vissuto questa
prima parte così travagliata
della sua vita?
«Ne ho un ricordo confuso,
come di uno sfondo su cui si
colloca il periodo di Nizza.
Finalmente avevo avuto occasione di farmi un amico, di
quegli amici che incidono
una traccia profonda, tale da
segnare tutta la vita. Si tratta
di Noël-Emile Laurent, che
conobbi salendo suUo stesso
autobus per andare a scuola.
Parlavamo un po’ di tutto,
ma essendo il mio nuovo
amico studente di belle arti,
il discorso cadeva spesso
sull’arte».
- Parlavate anche della situazione politica? Ricorda
qualcosa di quel governo Pétain di cui si parla molto oggi
a causa del processo a Papón?
«Eravamo costretti a seguire gli eventi pena il rischio
della vita. Ricordo che Hitler
aveva chiesto al governo
francese di consegnare un
certo numero (forse 50.000)
di ebrei. In linea con questo
impegno mi colpì in particolare un’azione in cui la polizia francese (tutti e solo francesi) arrestò tanti bambini da
riempire un treno. C’era fra
questi un mio amico di 16
anni che, smontando una finestra del gabinetto, riuscì a
fuggire. I bambini furono poi
liberati in una stazione successiva dai partigiani con la
loro prima azione. In ogni caso questa fu l’operazione più
iniqua contro gii ebrei, ma ci
fu indubbiamente una costante persecuzione da parte
del governo di Vichy. Chambon-sur-Lignon, un villaggio
quasi tutto protestante, diede
asilo e nascose un migliaio di
bambini, molti dei quali fuggiti dal treno di cui dicevo
prima e fra questi il mio amico scappato».
- Lei con la sua famiglia
non ebbe problemi col governo Pétain?
«Certo che li ebbi. La situazione divenne presto insostenibile, particolarmente dopo
il ritiro delle truppe italiane,
che proteggevano noi ebrei
come potevano. Un giorno
un amico della polizia francese ci avvertì di fuggire in
fretta pena la deportazione.
Grazie ai passaporti falsi che
lui stesso ci fornì riuscimmo
a scappare, muovendoci poi
quasi continuamente, pur restando in Francia».
- Come venne in contatto
con il mondo protestante e
con l’annuncio dell'Evangelo?
«Attraverso lo scoutismo
protestante, che mi consentì
di conoscere il pastore Gagnier, una persona di straordinaria umanità, che non esitava a correre gravi rischi per
salvare i perseguitati dal regime filonazista. La sua figura e
le sue parole mi portarono alla conversione. In seguito feci
in ambiente protestante una
esperienza eccezionale, entrando a far parte di un gruppo teatrale evangelico che si
mise in giro per tutta la Francia. Ci volle una gran dose di
incoscienza, dato il costante
pericolo di essere arrestato,
ma allora sentivo che quella
era la mia vocazione. In effetti non ebbi problemi; la fine
della guerra mi trovò a Annecy e mi recai subito a Parigi iscrivendomi alla facoltà di
Ingegneria dell’Università».
- Quando scattò la scintilla
che la portò a coltivare la
scultura accanto a una professione così diversa come
quella dell’ingegnere?
«Fu nel 1947, in occasione
di un viaggio in Italia. Il mio
amico Noël-Emile Laurent e
io ci recammo in Italia e, grazie alle lettere di presentazione del mio amico, visitammo
i musei e monumenti più importanti. Discutemmo a non
finire sull’asservimento degli
artisti alla chiesa e al potere,
sull’autonomia di Michelangelo e dì pochi altri. Rimasi
profondamente segnato dall’umanesimo italiano, soprattutto Masaccio, e dai suoi
precursori, come Giotto. Il
mio amico Noël-Emile diceva
che avevo la fortuna di non
essere influenzato dall’accademismo di cui lui faticava a
liberarsi. Al mio ritorno feci
le mie prime, piccole sculture
in terracotta».
- Quando si trasferì in Italia e quale fu l’occasione?
«Dopo la laurea lavorai per
una decina d’anni in aziende
che producevano apparecchiature radiotelevisive. Nel
frattempo mio padre si era
recato in Italia e aveva creato
una piccola azienda produttrice di materiali elettrici. Nel
«Il grido» a Rozzano e, nella foto sotto, «San Giorgio e ii drago»
1959 mi chiamò a collaborare
con lui e iniziò la mia vicenda
imprenditoriale. Avvalendomi della mia preparazione
trasformai l’azienda indirizzandola a produrre materiali
di alluminio trattati elettrochimicamente, da utilizzare
nella produzione di semiconduttori. Oggi presiedo una
società che ha in Italia uno
stabilimento con 29 dipendenti, negli Usa una consociata con 100 dipendenti e
un’altra in Norvegia con 60
dipendenti. La base di questa
crescita è stata la specializzazione in alta tecnologia, che
ci consente di esportare in
tutto il mondo, compreso l’Estremo Oriente».
- Come si e sviluppata la
sua attività artistica accanto
a quella imprenditoriale?
«Dopo le prime sculture ho
proseguito la mia personale
ricerca lavorando la terracotta e sviluppando un mio stile
che incontrava però un limite
nel tipo di materiale trattato.
Nel 1966 ebbi occasione di
conoscere il prof. Francesco
Coccia, dell’Accademia di
Belle Arti di Roma, che mi
consigliò di indirizzarmi sul
bronzo. Frequentando una
delle migliori fonderie per
sculture, casualmente localizzata vicino alla sede del
mio stabilimento, appresi le
tecniche per l’utilizzo di questo materiale e tentai le prime esperienze, che mi permisero di creare le forme esili, segnate da fili, associate
talvolta alle superfici lucide a
specchio, che hanno poi definito il mio stile attuale, su cui
si innesta anche l’uso di altri
materiali, come il vetro».
- Lei ha lavorato parecchio
(tra l’altro gratuitamente) per
la Chiesa cattolica, sia per le
alte gerarchie che per le parrocchie. Ricordo per esempio
un bastone pastorale in argento per Ú papa, che fu poi
donato da lui al santuario
della Madonna di Chestokowa, sei o sette «vie crucis»
per chiese della Brianza o di
Milano, una «Madonna con
bambino» per la chiesa di
Sant’Angelo in Rozzano, «San
Francesco e Santa Chiara»
per la Nuova Chiesa di Ponte
Sesto in Milano, il bassorilievo «San Giorgio e il drago»
per la chiesa di San Giorgio in
Cesena e altri ancora. Come si
stabilì questa collaborazione
e come si concilia con la sua
visione protestante della fede?
«Nel 1968 tenni la mia prima mostra importante a Parigi presso la G^erie “La palette bleue”. Vennero parecchi
giornalisti italiani, che pubblicarono un Cristo per me
particolarmente significativo.
Poco dopo mi telefonarono
da Cesena per chiedermi se
ero disponibile a fare qualcosa per una chiesa nuova che
sorgeva al posto di una torre
malatestiana crollata. Accettai e feci il bassorilievo di
“San Giorgio e il drago” utilizzando per la prima volta la
vetroresina Quel lavoro ottenne un notevole successo
talché fui poi chiamato per
molti altri lavori, che mi fece
ro conoscere anche in am
bienti laici da cui ottenni va
rie commissioni per monu
menti anche in luoghi pub
blici, come l’omaggio a Mi
chelangelo”, ispirato alla
Cappella Sistina, che decora
l’entrata dell’Ufficio italiano
del turismo a Londra o la medaglia commemorativa del
50° anniversario dell’Gnu che
mi fu commissionata dall’ex
segretario Boutros Ghali in
500 esemplari numerati da
distribuire ai capi di stato.
Per quanto riguarda la mia
impostazione teologica protestante non ho trovato eccessivi problemi. Quando
rappresento un santo per me
è un credente con la sua fede
di fronte al Signore, Pietro è
un apostolo di Gesù e non
tiene in mano le simboliche
chiavi: cerco insomma di andare alla radice della fede,
superando così anche le differenze dottrinali in un messaggio di sola misericordia e
speranza».
- Come riesce a conciliare il
suo lavoro di imprenditore
con la sua attività così pregnante di artista? Non le verrebbe voglia di piantare il lavoro e dedicarsi a tempo pieno all’arte?
«La conciliazione è molto
difficile. Fortunatamente
dormo poco e faccio scultura
di sera o di notte. L’idea di
abbandonare il lavoro non
mi sfiora perché dal mio lavoro dipende l’occupazione
di tante persone e poi, in fondo, sento così di essere un
uomo più completo, di mantenere continuamente accesa
la mia sensibilità, di essere
costantemente aperto a cercare vie nuove per comunicare agli altri ciò che provo. In
altre parole sento di essere
intimamente, profondamente vivo e capace di trasmettere agli altri i miei pensieri, la
mia fede, la mia speranza».
L'evoluzione di una personalità artistica fra le più interessanti della cultura contemporanea
Una spiritualità che si esprime nella tensione delle forme e dei materiali
Pagina a cura di
Paoio Fabbri
La vicenda artistica di
Harry Rosenthal inizia
con piccole sculture in argilla,
in cui l’influenza di Michelangelo risulta evidentissima nella corposità delle membra e
nella posizione dei corpi, da
cui emerge una ricerca interiore, un rovello, cbe si proiettano all’esterno con una chiarezza e una incisività che rinviano a una influenza di Rodin, sottomessa comunque
alla lezione del grande umanesimo italiano. Nei lavori
successivi i corpi perdono di
volume, si riducono fino quasi a implodere su se stessi, allontanandosi sempre più da
un verismo sostanzialmente
estraneo alla vena poetica di
Rosenthal, per assurgere al
ruolo di simboli di una umanità che percorre la propria
storia di violenza in violenza,
ma anche di gioia in gioia,
sorretta dalla consapevolezza
che in fondo al percorso si
troverà il compimento della
promessa del Signore, su cui
poggia la sua speranza.
Così il «Cristo in croce»,
con quel corpo appena accennato, elimina da se stesso
il più piccolo cenno di sofferenza personale, per diventare il punto focale della sofferenza di tutta l’umanità, che
da lui attende un riscatto. In
quest’opera mirabile c’è potente l’influsso della «Pietà
Rondanini», in cui l’ultimo
Michelangelo ha superato i
canoni del manierismo per
evolvere a uno stadio in cui il
corpo tende ad astrarsi dalla
propria condizione e forma
terrena per diventare un’entità spirituale di cui la pietra è
segno. Così nella «Via crucis»
della chiesa di San Giorgio in
Cesena i corpi sono ridotti
quasi a segno grafico ma,
proprio in questa essenzialità
assoluta, trovano una incisività che travalica il fisico per
proiettare nello spettatore la
dolcezza dell’incontro con le
donne che seguivano Gesù,
l’inerme dignità dell’uomo di
fronte alla giustizia umana,
l’atroce brutalità della crocifissione. Il tutto in una sequenza che, con il suo ritmo
incalzante, diventa rappresentazione della vicenda
umana che, nell’uomo e dio
Gesù, trova la sua espressione
e la sua speranza.
L’incontro con il bronzo
consente a Rosenthal nuove
possibilità espressive, che
però sviluppano i canoni
estetici già precedentemente
tracciati, in cui i corpi sono filiformi simboli dell’uomo e
della donna, di cui rappresentano i sentimenti e i problemi con gli andamenti fluttuanti del proprio corpo. C’è
in più una ricerca maggiormente insistita del ritmo, della musicalità, che talvolta prevale sulla stilizzazione delle
forme per proiettarle verso
l’astratto, senza mai scivolare
totalmente nell’informale. I
corpi stretti diventano più
ariosi in questa ricerca di ritmo e si sviluppa un intenso
dialogo tra spazio e materia.
Le linee sinuose dei corpi dialogano con lo spazio, che talvolta viene escluso talaltra fagocitato o circuito dalla materia entrando a far parte integrante della scultura. Le superfici si sfaccettano, si raggrumano, si raggrinziscono.
introducendo un nuovo elemento espressivo, che pare
voglia richiamare le infinite
sfumature del colore. Con il
bronzo diventano possibili
anche opere di notevoli dimensioni, come la scultura
«Insieme» (m. 2,80, presso la
facciata della ditta Becromal
a Quinto Stampi, Milano), in
cui la coppia di esseri umani,
uno dei soggetti fondamentali di Rosenthal, guarda al
futuro protendendosi in
avanti, mentre lo spazio entra nei loro corpi, disegnando una dignità che rammenta le potenti figure di Masaccio, da cui vengono influenzate un po’ tutte le figure del
nostro autore.
Un caso a sé, tecnicamente
parlando, è costituito dal
«San Giorgio e il drago» di
Cesena, in cui il drago in vetroresina suggerisce più che
incarnare «Il Maligno», le forze del male che opprimono
costantemente l’uomo e si
trovano di fronte un piccolo
essere sulla cui spada immacolata si concentra la forza
dell’amore di Dio, consentendo di prevedere la vittoria
in quel combattimento apparentemente impari. Disperata ma non disperante è invece «Il grido», opera che non
esito a definire uno dei capolavori dell’arte scultorea contemporanea. Lo spazio entra
fra le mani protese verso il
cielo e pare erodere anche la
testa che non c’è, annullata
dall’orrore di una umanità
tormentata da guerre, torture, vessazioni di ogni genere,
annichilita da ciò che l’uomo
è capace di fare all’uomo. Ne
«Il grido» ci sorso le urla strazianti di Auschwitz, i lamenti
sordi dei gulag, lo strascicare
testardo delle madri di Plaza
de Mayo, il silenzio agghiacciante dei villaggi dopo le
stragi dei fondamentalisti
islamici algerini. C’è una sofferenza sbigottita che varca le
soglie del tempo e si rivolta al
creatore facendo sue le ulti- |
me parole di Gesù sulla ero- ,
ce: «Eli lama sabactani».
Nelle sue ultime opere Rosenthal introduce un elemento nuovo, un anello,
sempre in bronzo ma lucido,
che si contrappone alle superfici rugose che caratterizzano le figure. Volta a volta
questo anello è una porta, un
buco da cui evadere, una fascia avvolgente. È sempre u
gioco delle linee con lo spazio, che questa volta viene
definito come luogo, da parte di una immensità che diventa luogo destinato a accogliere un evento. Quest’ultimo perde così la sua connotazione temporale per proiettarsi al di là delle dimensioni note. In questo senso,
cioè nel porre l’uomo
fronte a una soglia, al di
della quale sta un mori
ignoto da esplorare, si po
inserire l’ultimo Rosentn
nel filone postmoderno, fa
salva la tensione escatologi
che pervade la sua poetica
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Cultura
PAG. 5 RIFORMA
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etica.
Scala di Milano l'opera di Modest Musorgskij
«Chovanscina», storia e spiritualità
Vari musicisti hanno realizzato diverse «concertazioni», ma la versione preferita
dal maestro Gergiev è quella di Shostakovic, più aderente al pensiero dell'autore
_______PAOLO FABBRI________
Era prevista come seconda opera di una trilogia la
Chovanscina, centrata sul finire del ’600, quando sale al
trono Pietro il Grande. Una
trilogia iniziata con il Boris
Godunov e destinata a completarsi con un’opera sulla rivolta del capopopolo ribelle
Pugacev nella seconda metà
del 700. Il compositore russo
Modest Musorgskij ebbe però
solo il tempo di terminare
Chovanscina senza due brevi
parti nel secondo e nel quinto
atto e senza concertarla. Al
completamento e alla concertazione si applicarono poi
Rimskij-Korsakov, Stravinskij,
Ravel e Shostakovic. La prima
edizione completa fu quella
di Rimskij-Korsakov (1883),
due anni dopo la morte del
compositore, e fu quella utilizzata anche per la prima
rappresentazione. L’intervento di Rimskij, anche se motivato da grande stima verso
Musorgskij, fu però viziato
dal fatto che egli lo riteneva
geniale ma tecnicamente dilettante; vennero così eliminati tutti gli scostamenti dalle
forme armoniche tradizionalmente accettate, volute invece da Musorgskij per enfatizzare, puntualizzare, commentare particolari situazioni, facendo aderire quanto
possibile la musica a un verismo letterario che si esprimeva nella riflessione su aspetti
secondari della storia russa,
ma visti sullo sfondo dei
grandi avvenimenti e soprattutto dei grandi movimenti
popolari da cui emerge l’anima rassa.
Era un verismo che nasce
II monastero delle grotte di Pskov finito di fortificare aii’epoca deiio
zar Pietro ii Grande
va anche dalla ricerca attenta
e scrupolosa sui miateriali
storici disponibili, che si conclude con la stesura personale del libretto, in cui l’autore
rinuncia a forme ritmiche
consuete per adottare spesso
una prosa quanto mai efficace. Stravinskij, credente, dà
all’ultimo atto un’impronta
mistica che contrasta con la
laicità dell’autore. L’interprete più fedele dello spirito di
Musorgskij appare perciò
Shostakovic, la cui versione è
stata utilizzata dal maestro
Valéry Gergiev nell’allestimento presentato alla Scala
di Milano nel quadro delle
manifestazioni musicali e
culturali del festival «Le notti
bianche di San Pietroburgo a
Milano». Precisa però il mae^
stro Gergiev: «...abbiamo preferito non usare la musica
composta da Shostakovic per
completare il secondo e il
Nuovi poveri negli Stati Uniti
I senza casa e il Santo
di «Fort Washington»
RENZO TURINETTO
Sono schizofrenico, sento le
voci.
-Anche Giovanna D’Arco le
sentiva, ma l'hanno chiamata
santa, non schizofrenica. E
perfino Mosè, che però di voci
tie sentiva una sola, eppure
seriza di lui oggi non avremmo le trasmissioni cristianogiudaiche...
Eh sì, George B. Shaw scrisse appunto il dramma Santa
Giovanna e vide in lei la prilla donna protestante. Qui
Matthew è un giovane fotografo cacciato di casa dalla
speculazione edilizia e costretto a condividere i non*^oghi dei barboni. Mite,
paurito, fragile, lo aiuta
lerry, reduce nero del Vietnam ridotto in malora da un
socio debosciato, lo protegge
nome un figlio dalle aggressioni nelle strade e nel grande
Librerie
CLAUDIANA
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noligiosa piazza Cavour, 32;
‘el. 06/3225493
edificio dei senzatetto di New
York (il Fort Washington
Men’s Shelter). Si ingegnano a vivere onestamente, lavano i vetri delle auto, ma se
piove addio guadagni. Quando Matthew massaggia dei
nuovi amici neri che non possono permettersi cure a pagamento, i loro dolori muscolari
si attenuano. Così con un po’
d’acqua piovana lo battezzano come riconoscimento di
un dono; Sarai schizofrenico,
ma per noi sei anche un santo,
come Giovanna...
Titolo originale del film è
infatti II Santo di Fort Washington (1993). Qualche patetismo non tradisce l’incisivo spaccato sui nuovi poveri
negli Stati Uniti, dove pure la
morte è impietosa per gli homeless (senza casa); Matthew
è ucciso per rapina e la sua
bara insieme con altre tutte
uguali viene interrata in una
fossa comune. Protagonisti
sono il nero Danny Glover visto in svariate pellicole; e il
misurato Matt Dillon, invece
poco utilizzato, forse fuori
dallo star-system.
Si segnala questo film per
due motivi: mostra il volto
inquietante della medaglia,
dignità offesa, umanità brutalizzata eccetera, la normalità impedita, per quanto ordinaria possa essere (e farlo
vedere non è mai inutile):
poi perché nella melassa televisiva è una delle rare proposte rispettabili, che quasi
sempre passano all’ora del
vampiro (15 marzo. Rete 4,
alle ore 23). Ah, la tv!
quinto atto. La soluzione che
abbiamo adottato per il secondo atto è una di quelle
prese in considerazione da
Musorgskij: una lunga nota
sostenuta. Per la conclusione del quinto atto, abbiamo
ripetuto la frase finale del
coro». Una scelta che dà al finale un tono intensamente
drammatico e complessiva^
mente convincente.
Nella Chovanscina si scontrano il moderno razionalismo da una parte e la
profonda spiritualità della
tradizione russa dall’altra,
ma nell’arte di Musorgskij
lo scontro assume un significato più generale ed è difficile non provare un profondo
brivido di commozione
quando il corteo dei monaci
sfila verso le fiamme: è difficile non pensare a Dolcino, a
Jan Hus, ai valdesi vessati e
torturati, bruciati vivi in no
me di Gesù Cristo da una
chiesa che all’epoca disponeva di poteri simili e non
tollerava dissidenti.
La musica di Gergiev aderisce alla scena come l’aria circonda il corpo delle persone,
a volte una brezza a volte un
vento impetuoso, sempre lasciando appena emergere la
voce. I complessi del Teatro
di Kirov di San Pietroburgo,
con Larissa Diadokova in
Marfa, Putilin in Saklovityi,
Paata Burchiladze in Ivan
Chovanskij, Michael Kit in
Dosifej, hanno offerto tutti
uno spettacolo di altissimo livello, con una ottima scenografia tradizionale illuminata
da costumi veramente splendidi. Grazie quindi alla Società del Quartetto e al Teatro
alla Scala per averci offerto di
godere questo festival, che
costituisce uno dei momenti
più alti della stagione musicale milanese. In occasione
dell’allestimento alla Scala è
uscita per le edizioni Ariele di
Milano una nuova traduzione del libretto per cura di
Laura Micheletti.
La vicenda su cui si basa l'azione
Intrighi e tradizioni cristiane
nella Russia del XVII secolo
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CHOVANSCINA
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Questa vicenda si sviluppa
quando sul trono dello zar
siedono contemporaneamente i due figli di primo e secondo letto di Aleksej Romanov:
Ivan (malaticcio e minorato)
e Pietro (il futuro Pietro il
Grande), sotto la reggenza di
Sofja, sorella di Ivan e prima
donna a assumere in Russia
un incarico pubblico di primo piano. Capo della guardia
imperiale, mal pagata e gozzovigliante soldataglia, è Ivan
Chovanskij, rozzo boiaro (nobile) sostenitore della reggente ma schierato con il vasto e
forte movimento dei «vecchi
credenti», appoggiato dal popolo e composto dagli ecclesiastici che si erano opposti
alcuni decenni prima alla
riforma, concernente soprattutto aspetti rituali, del patriarca Nikon, che mirava a
allineare la chiesa russa sulle
posizioni di quella greca (giudicata più corretta interprete
delle scritture), che vuole affermare con ogni mezzo il
proprio potere.
Quella di Chovanskij è una
durezza, nella repressione
della dissidenza, che genera
opposizione e rifiuto da parte
del popolo, che vede nelle innovazioni soprattutto l’aspetto autoritario e si ribella
appoggiando i conservatori
con la conseguenza di un
conflitto destinato a non
estinguersi sino al periodo
stalinista. SoQa si faceva consigliare invece dal principe
Golicyn, colto e attratto dalla
cultura occidentale, anche se
non privo di amore per la
grande tradizione russa. Egli
infatti intrattiene rapporti
con la chiesa luterana, presente grazie ai numerosi diplomatici e mercanti residenti a Mosca e S. Pietroburgo.
In questo contesto, dove gli
intrighi modificano la storia,
si sviluppa la vicenda sentimentale del principe Andrej
Chovanskij, il quale dapprima è amante ricambiato di
Marfa, intensa e passionale
figura di indovina che si converte a Cristo e diventa seguace di Dosifej, il monaco
leader dei vecchi credenti,
pur non riuscendo a dimenticare il bel principe; poi viene
preso d’amore per Emma,
giovane luterana, che lo rifiuta perché innamorata del
proprio fidanzato. È stato
scritto di quest’ultima figura
che sarebbe insipida, mentre
in realtà essa è semplicemente appena tratteggiata e appare come una donna dotata
di principi saldi al punto che
invece di soccombere preferirebbe morire.
La vicenda amorosa, già di
per sé tormentata, diventa
tragedia con l’intrigo ordito
dal boiaro Saklovityj, che
scrive al giovane zar Pietro di
una congiura che Ivan Chovanskij starebbe organizzando contro di lui. Pietro, che
già da anni stava organizzando un suo personale esercito
addestratissimo, coglie l’occasione e marcia su Mosca. Il
principe Ivan Chovanskij viene ucciso a tradimento da un
sicario di Saklovityj, Golicyn
viene esiliato fra il compianto
del popolo, la reggente viene
costretta al convento. Il principe Andrej e Marfa si rifugiano nel convento di Dosifej,
ma purtroppo le idee del vincitore non sono favorevoli ai
vecchi credenti e i suoi metodi di governo certamente non
sono più tolleranti di quelli
dei suoi predecessori. Prima
di venire sterminati i monaci
scismatici, a cui si aggiungono Andrej e Marfa, si immolano in un rogo.
SEMINARI Un seminario di studio alla Facoltà valdese di teologia
La storia del nazionalismo e la necessità del suo superamento
CRISTINA ARCIDIACONO
Ameno di un anno dal
mercato unico europeo
si impone l’esigenza di una
riflessione sull’essenza del
nazionalismo e sulla possibilità e necessità di un suo superamento. La sacralizzazione delle identità nazionali è
stato il punto di partenza di
un breve ciclo di lezioni tenute presso la Facoltà valdese di teologia dal prof. Alberto Gabella che, attraverso un
percorso di analisi storica, ha
mostrato come alternativa al
modello chiuso e esclusivista
del nazionalismo un modello
di.federalismo aperto alla
pluralità delle identità e teso
verso l’acquisizione di una
cittadinanza universale.
Il nostro secolo è pervaso
dalla crisi di identità in ogni
campo; dall’arte astratta alla
letteratura la figura umana si
disgrega, scompare. Basta
pensare a Joyce, a Kafka, a Pirandello. Le identità nazionali diventano sempre più chiuse. L’eredità che la Rivoluzione francese ci ha lasciato non
è espressa solo dal volto dei
diritti umani e civili, ma anche da quello del culto nazionale, per cui la nazione diventa il valore più alto a cui
riferirsi, un’istituzione indivisibile e inalienabile: il cittadino diventa parte di un essere
collettivo, la patria, per la
quale nasce e muore nelTannullamento di sé.
Le due guerre mondiali
hanno accentuato i caratteri
sacri che l’identità nazionale
viene ad assumere: la nazione
acquista un’anima, diventa il
vertice della spiritualità del
paese, il cittadino ha con essa
un rapporto affettivo, viscerale. Il linguaggio stesso diviene
idolatrico; si parla di coscienza nazionale, spirito nazionale, altare della patria. Le frontiere diventano sacre. Il colonialismo e l’imperialismo
avranno il nazionalismo come sovrastruttura ideologica.
Hannah Arendt (1906-1975),
ebrea di famiglia borghese, è
stata la prima politologa che
ha saputo denunciare lo
stretto legame tra nazionalismo, colonialismo, imperialismo e razzismo. La Arendt
studia a fondo il modello britannico: osserva che la borghesia nazionale trova nello
stato nazionale colonialista la
propria emancipazione e legittimazione, individuando
nelTimperialismo un soddisfacimento del capitale superfluo e della manodopera
disoccupata. Il nazionalismo
britannico è meno sfacciato
all’interno del proprio territorio: si tratta di un’amministrazione che difende la legalità ma che non predica il
razzismo. Il nazionalismo è
incapace di rispettare le minoranze: lo stato diviene un
«individuo centralizzato» che
concentra tutti i poteri e impone un’identità massificata.
A fronte di un nazionalismo
che nega ogni identità individuale, e che è stato alla base
del conflitto totale della seconda guerra mondiale, il
prof. Gabella ha presentato
come necessario superamento dello stato nazionale un
modello di federalismo che si
presenta aperto a identità
plurime e a una diversa cultura mondiale dei diritti. Già la
globalizzazione dell’economia produce reti economiche
e di comunicazione che travalicano ogni confine, dando
luogo a una sorta di virtuale
cittadinanza mondiale e evidenziando così la crisi degli
stati nazionali. Nazionalismo
e federalismo si presentano
come antitetici: l’etnocentrismo tipico del nazionalismo
che porta all’esasperazione
l’io egocentrico e razzista trova un suo superamento nell’idea di inclusività, di riconoscimento della propria incompletezza che caratterizza
il federalismo.
All’interno del dibattito che
è seguito alle lezioni è stato
rilevato come alcune esperienze di federalismo si siano
mostrate contraddittorie: basti pensare ai contadini del
Chiapas o del Brasile. La perplessità che può emergere
quando si parla di «cittadinanza universale» o di eliminazione delle frontiere sta nel
timore che ciò avvenga, co
me del resto accade, esclusivamente a livello di vertici finanziari (le multinazionali,
ad esempio) o tecnologici e
delle comunicazioni: quanti
paesi del Sud del mondo
hanno la possibilità di offrire
servizi informatici al pari degli Stati Uniti o delle altre potenze mondiali?
Se guardiamo alla situazione italiana, dove federalismo
rischia di essere confuso con
desideri di secessione, dove i
migranti sono considerati come potenziali nemici da eliminare se non si vuole essere
eliminati, è legittimo chiedersi se un processo di federalismo non necessiti in primo luogo di un movimento
dal basso, che parta cioè
dall’educazione sociale e
dall’istruzione pubblica, teso
al riconoscimento delle differenze e all’accoglienza reciproca piuttosto che a un
semplice adeguamento ai
modelli politico-amministratici presi da riferimento.
1995: manifestazione dei serbi di Bosnia a Pale
6
PAG. 6 RIFORMA
Vita
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A colloquio con Salvatore Spinelli e Patrizio Draetta
«Fiumi di vita»
Una comunità pentecostale di Napoli che nel 1994 ha
aderito alla Federazione delle chiese evangeliche in Italia
ANNA MAFFEI
La realtà delle chiese evangeliche in Italia, e non solo in Italia, è una realtà variegata e in continuo movimento. Anche l’ultima assemblea
della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia (Fcei) ha
scelto di affrontare il tema
che riprendeva il versetto di
Isaia «Allarga le tue tende e
rinforza i tuoi paletti» nel
senso del fare sempre più
spazio agli altri nel rispetto
della diversità di ciascuno.
Non a caso uno dei gruppi di
lavoro più affollati di quell’assemblea si interessava proprio dei rapporti fra chiese federate e chiese che non sono
(ancora?) parte della federazione. Questo della diversità,
ma anche della frammentazione del mondo evangelico è
un tema che dovrebbe forse
essere maggiormente oggetto
della nostra comune riflessione. Soprattutto quando diversità e frammentazione coincidono con mancanza di dialogo e atteggiamento di reciproca diffidenza. C’è una comunità, membro della Fcei
dal 1994, che ha fatto di questo tema una delle priorità
della propria attuale esperienza. Si tratta di una chiesa
pentecostale di Napoli che ha
un nome suggestivo, «Fiumi
di vita». Abbiamo incontrato
due suoi responsabili. Patrizio Draetta e Salvatore Spinelli, a cui abbiamo chiesto di
spiegarci questo singolare
ruolo che la loro chiesa ha
scelto di svolgere.
«Pensate per un momento dicono - alla scena che si visse secoli fa a Babele: “Passami
un mattone...’’, e gli arrivava
un vasetto. E quello: “Ho detto un mattone” “Ma cosa devi
fare con un pentolone?”, e così via. Immaginiamo la scena
allucinante e la confusione! E
anche il fuggi fuggi generale
alla ricerca di qualcuno che
potesse capire e interpretare
per gli altri quanto si diceva.
Quanto narrato in Genesi 11
si può anche rapportare alla
nostra epoca. Quante volte
anche il nostro parlare diventa “altra lingua” per l’interlocutore? In quel racconto antico gli uomini allontanatisi da
Dio hanno cominciato a parlare nei suoi confronti “un’altra lingua” e allo stesso modo,
allontanatisi gli uni dagli altri,
hanno cominciato a parlarsi
Salvatore Spinelli della chiesa «Fiumi di vita»
in altre lingue e, senza interpretazione, a dividersi. Nella
lettera ai Corinzi l’apostolo
Paolo diceva: “Chi parla in altre lingue, preghi di poter interpretare”. L’interpretazione
è un carisma profondo e veramente pochi lo esercitano.
Il mondo delle chiese protestanti storiche e quello delle
chiese pentecostali sono a
volte realtà dove si parlano
lingue diverse. Ci sono diffidenze reciproche e non si trovano occasioni e neppure un
linguaggio comune per comunicare. Noi viviamo questa particolare esperienza di
fare parte della Federazione
delle chiese evangeliche e di
partecipare a raduni di chiese
pentecostali (non delle Assemblee di Dio). Ebbene in
tutti e due gli ambiti dove noi
siamo presenti, pur nella modestia della nostra giovane
esperienza appena ventennale, crediamo di poter svolgere
una funzione di interpreti.
Ovviamente non da soli e con
molta umiltà».
- In che cosa consiste in
pratica questo ruolo?
«Noi crediamo che nella
comunione, la strada che abbiamo scelto di percorrere
entrando a far parte della Federazione, ci sia una grande
opportunità di arricchimento
reciproco. Nelle chiese storiche c’è la storia, e una maggiore consapevolezza della
cultura protestante. Nelle
chiese evangelicali si vive più
della pratica dell’Evangelo. A
volte si affrontano concretamente problemi gravi delle
famiglie come la delinquenza
e l’indigenza. E nelle chiese
pentecostali abbiamo come
priorità assoluta quella dell’evangelizzazione. La nostra
esperienza può portare alla
realtà pentecostale un po’ di
più la consapevolezza dell’aspetto culturale e socio-politico delle cose e far capire
l’importanza di questi aspetti
proprio per la testimonianza.
Magari le chiese protestanti
storiche possono ritrovare
l’entusiasmo dell’evangelizzazione».
- Ci sono comunque dei
grossi ostacoli alla comunicazione. Uno di questi è la maniera così diversa di considerare tutta la problematica etica. In ultima analisi la differenza che crea incomunicabilità mi sembra sia la maniera
di leggere la Bibbia e applicarla alla realtà e alla vita
della chiesa. Mi sembra che
affrontare in modo diverso il
rapporto uomo-donna o lo
studio della Bibbia non scalfisca di per sé il carattere carismatico del movimento.È
proprio necessario che il pentecostalismo si sposi con il
fondamentalismo biblico?
«Ci sono questioni etiche
che sono controverse anche
nel mondo pentecostale stesso: il fumo, l’andare a mare o
no. Credo però che ci siano
molte paure che impediscono il cammino. Una di queste
paure è quella della cultura
teologica. Bisogna cominciare piano piano, scegliere delle precedenze. Bisogna affrontare le questioni di cultura biblica e teologica prima,
quelle etiche vengono dopo,
di conseguenza. Dovunque
andiamo noi diciamo che
siamo fieri di far parte della
Federazione e parliamo di
questa nostra esperienza a
tutti. Molte cose passano poi
nei rapporti interpersonali. È
un lavoro che certamente ha
tempi lunghi, ma è bene
averlo cominciato».
Fac simile di lettera
Protestate con noi contro
il disservizio postale
Reclamare serve. Un nostro abbonato, a forza di protestare (inviando ripetutamente delle
lettere secondo lo schema che riportiamo sotto) per i ritardi con cui gli poste consegnano il nostro settimanale, ha ottenuto dalla Direzione provinciale del Comune in cui risiede un accurato controllo sul transito e sul recapito della sua copia del settimanale Riforma. Speriamo
che serva per migliorare il servizio, che un po’ dappertutto continua a essere molto spesso un
vero e proprio disservizio.
- Spett.le Direzione provinciale P.T. di.
- Spett.le Direzione dei servizi postali
viale Europa 147
00144 ROMA
e per conoscenza
Spett.le Riforma
via S. PioV 15
10125 TORINO
Con la presente intendo reclamare poiché il/i numero/i.............della pubblicazione
«Riforma» consegnato dall’editore all’Ufficio postale di Torino via Reiss Romoli 44 int. 11, in
data (il mercoledì che precede la data di pubblicazione, che è di venerdì) mi è/sono stato/i recapitato/i solo il giorno.............con un ritardo fortemente pregiudizievole per l’uti
lizzo di tale pubblicazione ovvero per la sua lettura in termini di puntualità.
Non è la prima volta che si verifica questa inefficienza nella consegna del settimanale,
inoltre più volte il recapito di alcuni numeri non è stato effettuato.
Chiedo risposta motivata e assicurazioni scritte sull’adempimento regolare della consegna
e sull’eliminazione dei ritardi nei futuri recapiti.
Distinti saluti
Lo spostamento alla domenica non è una buona soluzione
Le festività vanno celebrate nel giorno giusto
KLAUS LANGENECK
Gli ultimi numeri di Riforma hanno contenuto
molti articoli sui festeggiamenti del XVII Febbraio 1998
nelle varie chiese e anche
qualche articolo sulla Giornata mondiale di preghiera
delle donne. Non voglio entrare nel merito dei programmi svoltisi nelle varie chiese,
fa piacere leggere come le
chiese siano riuscite a coinvolgere la popolazione nei
vari luoghi fino ai più alti
ranghi. Quello che mi preme
è un altro punto, che mi sembra piuttosto problematico: il
XVII Febbraio non è il 15 febbraio e neanche il 22; la Giornata di preghiera delle donne
è celebrata ih tutto il mondo
il primo venerdì di marzo e
non la domenica dopo. Certo, questi spostamenti sono
comodi, specialmente per le
chiese della diaspora, dove la
gente ha difficoltà a liberarsi
dagli impegni lavorativi per
una festa protestante durante
la settimana. Le feste protestanti non hanno la lobby che
hanno le feste cattoliche o le
feste nazionali. Ma a mio avviso questo non può scusare
la nostra cattiva abitudine.
Noi non possiamo spostare
le date a nostro comodo senza appiattire la festa stessa. Il
XVII Febbraio non è una domenica intorno al 17 febbraio, ma è un giorno preciso.
Allora cerchiamo di dare a
questo giorno l’importanza
che gli spetta secondo la nostra storia. È un giorno feriale? Non facciamo il culto al
mattino, ma la sera, non facciamo un pranzo comunitario ma una cena, ma il 17 febbraio. Noi a Riesi abbiamo
fatto quest’anno così, e l’esperienza è stata molto bella.
Forse ancora più problematico è lo spostamento della Giornata di preghiera delle
donne. In nessun paese del
mondo la Giornata di preghiera delle donne è festiva,
ma in tutti i paesi del mondo
le donne cristiane si riuniscono il primo venerdì di marzo
intorno alla liturgia preparata
dalle donne di un paese specifico. Che senso ha che le
donne e le chiese in Italia
spostino questa preghiera alla domenica? In questo modo
distruggono proprio l’idea
base della Giornata mondiale, cioè il fatto che nello stesso giorno le donne dei più diversi paesi del mondo leggano gli stessi testi biblici, si
confrontino con gli stessi
problemi, che forse sono i loro problemi, forse i problemi
delle sorelle di un altro paese,
rivolgano a Dio le stesse preghiere. A Riesi abbiamo fatto
il culto serale venerdì 8 marzo con la liturgia preparata
dalle donne del Madagascar,
invitando le lavoratrici del
Servizio cristiano, le donne
del gruppo ecumenico, amiche. Eravamo 40-50 persone,
e abbiamo avuto il grande
vantaggio che Manta Rabemananjara, una giovane donna del Madagascar, ci ha guidato nella preghiera e ci ha
raccontato il suo paese e la
vita delle sue donne.
Il problema dell’Ascensione è, come sanno bene le
chiese del 2° circuito valdese,
un mio vecchio pallino, risvegliato dal fatto che al Servizio
cristiano abbiamo tradotto
ultimamente il mese di maggio per l’edizione 1999 di Un
giorno, una Parola. Ci è stato
suggerito di spostare le indi,
cazionl per il culto dellT
scetisione alla domenica do.
po. È un fatto che io continuo
a considerare scandaloso che
in Italia, paese in cui fino,
poco tempo fa una chiesa cri.
stiana era considerata reli.
gione di stato, le feste cristo,
logiche come il Venerdì San.
to e l’Ascensione non siano
giorni festivi e le feste mariane invece sì. Ma questo fatto
deve condizionarci conte
evangelici? Soltanto perché
in Italia l’Ascensione non è
più giorno festivo, non pos.
siamo seguire Tanno liturgico
e ricordare l’Ascensione di
Gesù esattamente 40 giorni
dopo Pasqua, secondo il racconto degli Atti degli Apostoli? Possiamo tenere il culto
soltanto la domenica?
Ritengo pertanto che noi
evangelici italiani dovremmo
riflettere su questa, a mio avviso cattiva, abitudine di spostare le date delle ricorrenze
del nostro anno liturgico, poiché proprio gli accenti parti
colati che noi abbiamo nel
nostro anno liturgico evange-,
lico esprimono in qualche'
modo la nostra identità confessionale e spirituale. Forse
avremmo addirittura bisogno
di una riflessione approfondita sul senso dell’anno liturgico come strutturazione della
nostra predicazione, come
strutturazione della vita della
comunità. Noi evangelici italiani siamo poco disciplinati
in questo senso, ma mi chiedo se con la nostra mancanza
di disciplina non sprechiamo!
un grande patrimonio spiri-l
tuale che arricchirebbe la vita'
delle nostre comunità e ci colloca nella comunione con le
chiese sorelle nel mondo.
ANGROGNA— La domenica di Pasqua sarà confermato Gìaimi Rivoira.
BOBBIO PELLICE — La domenica delle Palme saranno battezzati Luca Charbonnier e Federica
Melli; saranno confermati Gian Paolo Cairus e Maairico Geymonat.
LUSERNA SAN GIOVANNI — La domenica delle Palme saranno battezzati o confermati: Ivati
Cabiddu, Denis Caffarel, Eric Cairus, Cristian Catalin, Wilmer Danna, Paolo Favat, Marco
Maurino, Denise Paschetto, Micheia Paschetto, Alessia Tomasini.
MASSELLO — Quest’anno sarà battezzato Eiiseo Pons.
PERRERO-MANIGLIA— Saranno battezzati la domenica delle Palme Marco Tron e Sara Tron.
POMARETTO — La domenica delle Palme saranno confermati Barbara Afasia, Andrea Barai,
Erika Breuza, Ivo Genre Bert, Pablo Giraud, Paolo Grill, Diego Lageard, Federico
Paschetto, Serena Peyrot e Sabrina Ribet e sarà battezzata Valeria Tron.
PRAMOLLO — Domenica 5 aprile sono previste le confermazioni di Juri Plavan, Patrick Martinat, Romina Long. Al culto partecipa la Corale.
PRAROSTINO — Durante il culto della domenica delle Palme, Samantha Pagetto, Luca Gay,
Luca Paschetto, Daniele Pastre confermeranno il loro battesimo; insieme a questi catecumeni saranno ammesse a far parte della comunità Lorena Miegge e Adelaide Di Guglielmo
• È mancato Ernesto Paschetto, della borgata Gay. Alla famiglia va la simpatia della chiesa.
RORÀ — La domenica delle Palme saranno confermati: Massimo Ribotta, Silvia Rivoira, Michele Tourn, Anna Elisa Tourn Boncoeur.
SAN GERMANO — La domenica di Pasqua saranno accolti alla Cena del Signore Daniela Baimas, Romina Mallica, .Andrea Martinat, Elisa Rivoira, Ingrid Rivoira, Gino Robert.
• In questo primo periodo dell’anno ben tre bambini sono venuti ad allietare altrettante fa'
miglie della comunità. Diamo dunque il più caldo benvenuto a Lara Giustetto, di Tiziano f
Marina Forneron; Sara Micol, di Andrea e Luciana Plavan; Gabriele Mioci, di Claudio e Pa®' |
la Meynier. Il Signore benedica insieme con questi piccoli le loro famiglie. i
• Vogliamo dire ancora il nostro sentito ringraziamento al pastore Giorgio Botichard p®',
Tapprezzatissimo messaggio rivoltoci in questo speciale XVII Febbraio, giorno in cui ancW
la nostra comunità ha celebrato con viva partecipazione la festa della libertà. C’è da augf'
tarsi che le varie manifestazioni non rimangano solo un bel ricordo in ognuno di noi ma
vano da stimolo per vivere veramente la libertà secondo TEvangelo.
• Domenica 22 marzo ci siamo riuniti in Assemblea per discutere il bilancio consuntivo ’9'® |
preventivo ’98, che è stato approvato all’unanimità. Sono stati anche eletti i deputati a««
Conferenza distrettuale e al Sinodo. Per la Conferenza Franco Avondet, Annali*
Coucourde, Nella Meynier Long (supplenti Renato Ribet e Roberta Beux); per il Sinodo CI*'
ra Bounous, Rosanna Pireddu Fornerone (supplenti Renato Long e Giorgina Giacone).
• Purtroppo non sono più tra noi Emilia Bounous ved. Chambon (Miette) deceduta alj'A®'
dove era ospite da ormai lungo tempo, e Susanna Long spentasi all’età di 73 anni id*
dale di Pinerolo. Alle famiglie in lutto esprimiamo la nostra più fraterna e sincera simp3'‘
con la ferma certezza della resurrezione in Cristo Gesù nostro unico Signore.
SAN SECONDO — La domenica delle Palme saranno confermati Chantal Barra, Stefania Coi*
son, Fabio Poet, Alessia Tron.
TORRE PELLICE — La domenica delle Palme saranno battezzati Silvia Peyronel e Matteo S*
lusso; saranno confermati Luca Agli, Francesca Baridon, Samantha Bertin, Ma“
Costabel, Silvia Davit, Emanuele Ivol.
• L’Evangelo della resurrezione è stato annunciato ai funerali di Delio Benech, Guido V
squet, Romolo Bonato, Antonio Mura, Piero Paschetto, Germana Toscano Bonjour
VILLAR PELLICE — La domenica delle Palme saranno battezzati o confermati: Luca Blesuz
AH
>A.iru\ M. — i^ci uv-iiv. j. mille daiaiiiiu udiiCiLAaLi u euiiiciiiiaii. l-uv« ^
nalisa Bonjour, Elisabetta Bonjour, Emanuelle Caruso, Christian Geymonat, Elisa Verne
VILLAR PEROSA — La Domenica delle Palme sarà battezzata Gisella Rochon e saranno o
mati Manuela Barus, Ivan Costantino, Patrick Coucourde e Valentina Long.
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VILLASECCA — La domenica delle Palme sarà battezzato Michele Griglio.
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Fondato nel 1848
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PINEROLO: NUOVO VOLTO PER LA STAZIONE
Sono state effettuate lunedì sera le premiazioni dei vincitori del concorso di idee per il rifacimento della stazione
ferroviaria di Pinerolo proposto dalla Provincia di Torino.
«L’obiettivo - ha ricordato la presidente della Provincia,
Mercedes Bresso - era quello di offrire una soluzione che
rendesse passante la stazione e nello stesso tempo intermodale». I progetti sono stati illustrati dai rispettivi realizzatori (al primo posto sono stati valutati ex aequo tre elaborati)
che hanno sottolineato l’importanza di rivalutare la stazione nel contesto urbano. Pare che anche le Fs abbiano accolto positivamente la proposta, ipotizzando anche le possibili
fonti finanziarie per realizzare l’opera.
DESI
VENERDÌ 3 APRILE 1998
ANNO 134 - N. 14
LIRE 2000
L? Italia è in Europa. Io sono un pastore valdese
alle valli valdesi e provengo
da un paese dell’Unione europea; un europeo in Italia, dunque. Lo storico 25 marzo 1998
tornavo da un incontro con altri pastori stranieri a Napoli.
Arrivato a Torino, gli ultimi
treni o pullman per le Valli
erano ormai partiti. Un parente, cittadino italiano, mi viene
a prendere con la sua auto.
È Luna di notte, gi troviamo a pochi chilometri da casa, sulla strada provinciale fra
Bricherasio e Luserna. Due
carabinieri ci fermano per un
controllo di routine. Uno di
loro si rivolge all’autista dicendo che vuole vedere un
documento di «questo ragazzo». Il ragazzo, cioè il sotto
AUTORITA E ISTITUZIONI
IN EUROPA?
WINFRID PFANNKUCHE
scritto, replica che «questo
ragazzo» è anche un signore,
e consegna la propria carta di
identità tedesca. Il rappresentante dell’ordine pubblico
sembra guardare con dispetto
il documento, lo dichiara non
sufficiente e chiede un passaporto tedesco. Io spiego che
per un cittadino dell’Unione
europea è sufficiente avere
con sé la carta di identità. Dico poi al carabiniere di infor
marsi su questo problema da
un suo superiore...
«Il capo sono io - trionfa il
mio interlocutore - scenda
dalla macchina». Alle tante
domande, do tutte le risposte
richieste. Alcune mie informazioni avute in precedenza
si scontrano con quelle dell’ufficiale; ad esempio sull’
obbligo di un europeo residente in Italia di avere anche
una carta di identità italiana
oppure sul dover far trascrivere la propria patente di guida.
Si placano gli animi e l’ufficiale cerca di suscitare la mia
comprensione con le difficoltà
della sua missione che lo porterebbe spesso a destreggiarsi
fra «slavi, albanesi e polacchi». Infine mi invita a parlare
l’indomani mattina col suo
«capo». Ma chi è allora il «capo»? Chi è l’autorità? Per me,
protestante, è sempre in qualcosa di scritto, cioè qualcosa
che tutti possano leggere e capire. Per avere maggiore chiarezza nel colloquio col «capo»
il giorno dopo, chiedo il nome
del rappresentante e portavoce
della legge. Dopo un profondo
silenzio veniamo congedati da
un «Buonasera, allora» del carabiniere di servizio...
Cinema a Pinerolo
In anteprima
«La maschera
di ferro»
A Pinerolo è stato proiettato
in anteprima nazionale, giovedì 26 marzo, il film «La
maschera di ferro», diretto da
Randall Wallace e interpretato da Leonardo Di Caprio, Jeremy Irons, John Malkovich,
Gerard Dépardieu e Gabriel
Byrne. La decisione, caldeggiata dal Comune di Pinerolo,
è stata presa in onore della
realtà storica (anche se non ha
spazio nella fiction) che vede
questo fantomatico personaggio a lungo prigioniero della
fortezza di Pinerolo nella seconda metà del XVII secolo.
H cinema Italia era stracolmo.
«Con questa iniziativa - ha
detto il sindaco, Alberto Barbero - abbiamo voluto manifestare r attaccamento dei pinerolesi alla loro storia e al
contempo far conoscere la
città all’esterno». Ma chi era
la leggendaria maschera di
ferro? Un mistero che nei secoli ha prodotto le più svariate
ipotesi; da Molière, drammalargo anticlericale, al sovrintendente delle finanze di Francia Nicolas Fouquet, poi accusato di malversazione e imprigionato a Pinerolo: «Più probabilmente - ha spiegato lo
storico Alessandro Barbero
durante la presentazione del
film - era invece un prigionieio qualunque, come emerge
dalla voluminosa documentazione a nostra disposizione».
Certo Alexandre Dumas nel
suo Visconte di Bragelonne
3veva immaginato un’ipotesi
più suggestiva, anche se fantastica; che la maschera di
ferro fosse un gemello di Luigi XIV, fatto sparire per non
creare problemi nella successione al trono. Il film, che dal
fomanzo di Dumas è tratto, si
inserisce di buon grado nella
serie di fumettoni di produzione americana un po’ melodrammatici e un po’ semplimsti, di cui ci resta solo la
niallnconia per il D’Artagnan
della nostra infanzia.
La ditta produttrice di macchine per cartiere intenderebbe razionalizzare l'organizzazione e gli stabilimenti
Aria di crisi e posti a rischio alla Beloit di Pinerolo
________DAVIDE ROSSO________
Alla Beloit Italia c’è attesa
e preoccupazione, soprattutto fra i dipendenti della
produzione, dopo le voci
sempre più insistenti di ristrutturazione che giungono
dalla sede centrale in Usa;
nella migliore delle ipotesi
una simile soluzione comporterebbe un taglio, secondo la
proposta avanzata dalla dirigenza dello stabilimento di
Pinerolo, di circa 130 posti
nello stabilimento italiano.
La Beloit è una multinazionale che produce macchine
per cartiera e che ha stabilimenti oltre che negli Stati
Uniti e in Italia anche in
Francia, Spagna e Polonia;
ora sembra decisa a procedere
a una razionalizzazione della
propria produzione in Europa, come ha fatto sapere recentemente il nuovo direttore
generale del gruppo, senza
puntare per altro il dito contro
uno stabilimento in particolare. La cosa ovviamente dovrebbe riguardare in un modo
o nell’altro tutti gli stabilimenti del gruppo, ma le voci
che circolano indicano in particolare, e negativamente dal
Lo stabilimento Beioit di Pinerolo
punto di vista dell’impiego,
quello italiano.
Alla Beloit di Pinerolo poi
si respira aria di crisi da anni
ormai con la chiusura della
fonderia, che risale già a
qualche anno fa, il lavoro affidato a ditte esterne, il personale messo in cassa integrazione (in questo periodo sono
circa una sessantina) e altri
segnali chiari per i dipendenti
di una situazione non facile,
oltretutto vista anche la mancanza spesso di rapporti chiari e immediati con l’azienda.
Oggi a tutto questo si aggiunge un’ipotesi di ristrutturazione (che nasce da una proposta
avanzata dalla direzione italiana sulle basi dei dati provenienti da uno studio in merito
commissionato a una ditta
esterna), che vedrebbe colpito
il settore della produzione,
officina e carpenteria in particolare, che verrebbe chiuso
con un ridimensionamento di
130 unità tra operai e quadri,
su un totale complessivo di
550 persone circa. L’idea che
sembra stia alla base di que
sta eventuale decisione dell’azienda sarebbe quella di
trasformare lo stabilimento di
Pinerolo in un punto di assistenza post vendita, che sviluppi soprattutto il servizio ai
clienti e la manutenzione.
I dipendenti ovviamente
soffrono questa situazione di
incertezza. «La ditta ci deve
dire qualcosa di preciso - dicono alcuni dipendenti - perché la gente deve sapere che
cosa l’aspetta». In questo periodo tra l’altro alla Beloit
non c’è rappresentanza sindacale anche se le elezioni dei
rappresentanti «dovrebbero
avvenire tra un mese, forse
meno se ci sarà accordo - dice Marco Selvaggini, della
Fiom - seguendo il normale
iter che abbiamo già avviato.
Siamo intanto in attesa di
sentire quanto dirà la delegazione inviata dalla direzione
generale, che dovrebbe arrivare dagli Usa la prossima
settimana e portare alcune risposte sulla questione della
ristrutturazione». L’incontro
per altro non è dato per certo
e alcuni anzi avanzano seri
dubbi in proposito. «La trattativa - dice Enrico Tron, della
Firn - dovrà essere condotta
Giustamente il prof. Augusto Armand-Hugon nella sua Storia dei
valdesi osserva che la famosa emancipazione del valdesi del 1848 non fu propriamente una loro conquista e meno ancora un magnanimo dono del tentennante Carlo Alberto, ma «il frutto di un
nuovo spirito, di una più matura sensibilità civica in uomini aperti e coraggiosi;
essa fu il segno del progresso inevitabile
della civiltà». Si avviava cioè quel lento
e faticoso processo che, dalla Rivoluzione francese in poi, doveva condurre i
popoli al passaggio da sudditi a cittadini. Questo nuovo spirito di natura prettamente laica contagiò gli uomini più sensibili e aperti anche di matrice cattolica,
come il Gioberti che scriveva: «I valdesi
furono talvolta crudelmente perseguitati
e giova a noi cattolici di confessarlo
pubblicamente, acciò niuno ci accusi di
connivenza con gli errori dei secoli scorsi». Il ministro Roberto d’Azeglio fu
IL FILO DEI GIORNI
DON RINALDI
ALBERTO TACCIA
uno dei principali promotori della concessione dei diritti civili agli ebrei e ai
valdesi. Le dirigenze ecclesiastiche cattoliche continuarono ad avversare la
«perniciosa emancipazione dei protestanti», ma una petizione a favore di tale
emancipazione rivolta a Carlo Alberto
nel 1847 fu firmata da oltre 600 tra i
personaggi più ragguardevoli tra cui
molti membri del clero. Tra questi ultimi don Lorenzo Rinaldi, che due anni
dopo doveva essere nominato vescovo
di Pinerolo: egli seppe dare prova di
grande apertura e tolleranza. Così scrive
di lui don Morero, in un breve testo di
storia cristiana del Pinerolese: «Rivolgendosi ai superiori del seminario disse:
si educhi il chierico, fin dai primi anni, a
fuggire quella intolleranza che rende così indulgenti verso se stessi e cotanto severi verso gli altri».
Inoltre Rinaldi accolse e ordinò presbiteri alcuni seminaristi espulsi dall’arcivescovo di Torino per avere preso parte a manifestazioni di sapore liberale e
risorgimentale e, in relazione alla definizione dell’infallibilità del papa al Concilio Vaticano I del 1870, assunse per motivi di opportunità posizione contraria.
Tornando al ’48 numerosi furono pure
i parroci presenti ai grandi banchetti patriottici, inneggianti con i valdesi alla libertà e alla fraternità. E se qualcuno ritiene di invitare un parroco al pranzo comunitario del 17 febbraio, non pensi di
fare alcunché di straordinario né di ecumenicamente originale!
secondo noi non a livello
aziendale e in una sede opportuna». La preoccupazione
dei lavoratori rimane comunque quella di conoscere il
proprio futuro e le reali intenzioni dell’azienda, anche perché per molti di loro potrebbe
voler dire cercare un nuovo
impiego e quindi ricollocarsi
su un mercato del lavoro che
non è dei più rosei, anche se
si tratta per la maggior parte
di lavoratori con un alto grado di qualificazione e di professionalità.
Qui si inserisce un secondo
aspetto; le conseguenze per il
mondo del lavoro pinerolese
derivanti da una ristrutturazione nei termini di chiusura
della produzione, sia dal punto di vista di perdita di professionalità sia dal punto di vista
dell’indotto che ora gravita
intorno alla Beloit. Negli anni, dicono i vecchi operai, si è
pensato troppo spesso alla Beloit in termini semplicemente
di multinazionale con tutto
quello che questo comportava; «non si è pensato che ogni
stabilimento deve avere una
sua identità», anzi si è andati
nella direzione contraria con
la standardizzazione degli stabilimenti e la loro «uniformazione», guardando però spesso solamente ai benefici e non
alle conseguenze che questo
poteva avere.
Ai lettori
Le abbiamo provate e le
stiamo provando tutte, ma le
poste italiane continuano a
vanificare il nostro lavoro con
ingiustificabili ritardi nella
consegna del giornale che
noi spediamo puntualmente
a Torino ogni mercoledì.
Ma anche gli abbonati possono aiutarci, e aiutarsi, scrivendo la loro protesta direttamente alle poste. Utilizzate
il fac simile che pubblichiamo
a pagina 5 di Riforma. In
questo modo diversi nostri
abbonati hanno già ottenuto
il controllo dell'intero percorso della consegna.
8
PAG. Il
^1
E Eco Delle ¥vlli ^ldesi
venerdì 3 APRILE igo. ^ER[
Foto di gruppo al corso di pesca del 1997
CORSO DI PESCA — La Società pescatori sportivi valle del
Penice organizza il secondo corso di pesca e conoscenza
deU’ambiente fluviale: si tratta di 4 incontri teorico-pratici
(sabato 4 aprile e sabato 18 aprile dalle ore 15 alle 18 più
due uscite sul fiume da concordare con i partecipanti). Il
corso è gratuito e riservato ai ragazzi nell’età della scuola
dell’obbligo; per le uscite sul fiume è necessaria la licenza
di pesca, che ha un costo ridotto per i minori di 14 anni. Per
informazioni rivolgersi a Top Pesca, via Michele Bravo a
Pinerolo (tei. 795450) o ai numeri 932309, 953085, 90523.
CONCORSO DI POESIE — Il circolo Pablo Neruda anche
per il 1998 organizza il premio nazionale di poesia «Pablo
Neruda», 16“ edizione. Le sezioni prevedono il tema libero,
il tema fisso, la lingua piemontese, la raccolta di dieci poesie inedite; la presentazione degli elaborati scade il 31
maggio. Chi fosse interessato al bando può richiederlo
all’associazione Pablo Neruda, via Marro 4, Pinerolo oppure telefonare allo 0121-323246 ore 17-19, sabato 10-11.
SAN SECONDO DISCUTE DI EDILIZIA — Il Comune di
San Secondo ha stabilito di effettuare alcune riunioni pubbliche su temi inerenti l’edilizia, a partire dalla proposta di
variante n. 2 al piano regolatore per passare al futuro
dell’ex casa Gallea e agli effetti della legge Bassanini nelle
procedure edilizie. Le assemblee pubbliche si terranno al
centro ricreativo degli Aitali, martedì 7 aprile, all’agriturismo «Il tiglio» di Miradolo mercoledì 8 aprile e presso la
sala riunioni del municipio lunedì 20 aprile; tutti gli incontri
inizieranno alle 21. Interverranno, oltre agli amministratori
comunali, anche i tecnici incaricati dal Comune.
BOBBIO: LA SCUOLETTA DI VIA MOLINO — Il Concistoro della Chiesa valdese di Bobbio Pellice ha deciso di
aprire una sottoscrizione con lo scopo di raccogliere fondi
per il rifacimento del tetto della scuoletta sita in via Molino. Qualche anno fa il tetto ha ceduto, rendendo inabitabile il primo piano della scuoletta. Sono stati fatti dei lavori
di tamponamento, ma rimane sempre il rischio che la pioggia possa farlo cedere ulteriormente, cosa che provocherebbe il deterioramento dell’edificio. E, comunque, senza
il rifacimento del tetto la scuola rimane inutilizzabile. Per
fare la propria offerta ci si può rivolgere al pastore Mazzarella o a un membro del Concistoro.
IL 4 APRILE SI PRESENTA IL CIRCONDARIO — Saba-,
to 4 aprile, alle 11,30, la presidente della Provincia di Torino Mercedes Bresso inaugurerà la sede del nuovo circondario di Pinerolo in via dei Rochis 12. Subito dopo la presidente illustrerà agli amministratori locali le prospettive di
riforma per gli enti locali e il funzionamento dei circondari.
DUE NUOVE COMMISSIONI CONSILIARI IN PROVINCIA — Il Consiglio provinciale ha approvato all’unanimità
l’istituzione di una «Commissione speciale temporanea», che
dovrà provvedere alla revisione dello Statuto, del regolamento del Consiglio e della direttiva sulle nomine sulla base delle nuove norme legislative e per favorire un bilanciamento di
poteri tra esecutivo e Consiglio. La Commissione, che decadrà alla conclusione dei lavori, è composta dal presidente
Elio Marchiato e dai consiglieri Paolo Ballesio (Popolari),
Valeria Galliano (Pds),_ Gian Luca Vignale (An) e Arturo
Calligaro (Lega Nord). È stata poi istituita una «Commissione speciale sperimentale temporanea», la prima del genere in
Italia, deputata a controllare l’attuazione del programma generale di governo e gli atti di indirizzo del Consiglio.
Tesi & Delmastf(5‘^<i
presenta alla Vostra cortese attenzione
%%
la precisione svizzera... gTBRNPl ^
la tecnica... i diamanti..
l'incredibile.. le perle...
Tesi » Delmasli#«, via Trieste 24. Pinerolo (TO), tei : (012 lì 39,75.50
Una conversazione del pastore Fulvio Ferrario a Angrogna
I valdesi e la politica
FEDERICA TOURN
Chi amministra la cosa
pubblica svolge un ministero e opera in nome di Dio.
Così pensava e predicava Lutero, che si trovava a vivere
in una società interamente
cristiana in cui cioè la chiesa
e la società civile coincidevano. Ed era una rivoluzione,
perché secondo la Chiesa cattolica Dio governava sì chiesa e stato, volendo usare un
termine moderno, ma l’imperatore esercitava il suo potere
su delega del papa: secondo
la Riforma invece, i ministri
attraverso cui Dio agisce sono non gli ecclesiastici ma le
autorità politiche che rispondono del loro operato direttamente a lui. Lutero, sulla base
di Romani 13, mette* in evidenza l’autonomia dei due
ambiti, quello civile e quello
ecclesiastico, lasciando in
eredità ai secoli a venire la liberazione della politica dalla
«longa manus» dell’autorità
religiosa.
Certo questo modo di concepire la struttura politica come voluta da Dio così com’è
favoriva una visione statica e
in ultima analisi conservatrice
della forma di governo; inoltre la netta separazione fra
chiesa e stato faceva sì che
non fosse permesso agli ecclesiastici mettere parola nelle faccende politiche (il rispetto della non ingerenza si
è tradotto a volte nella storia
in clamorosi silenzi della
chiesa evangelica dinanzi ad
atti delittuosi dello stato, come nel caso delle leggi razziali in Germania: si protestò
per il divieto a ebrei convertiti di fare i pastori ma non si
disse nulla sulla privazione di
diritti civili degli ebrei stessi).
In Svizzera, nelle città libere, in presenza di un mondo
meno feudale e già dedito ai
commerci, quest’autonomia
del politico dall’ecclesiastico
viene anche difesa: si nota
l’estrema importanza data al
ministero dei «signori della
città», in virtù del fatto che la
responsabilità delTesercizio
dell’autorità civile non è definita dal carattere di questo o
di quell’uomo ma dal rapporto con Dio. Ma il presupposto
continuava ad essere che tutti
fossero cristiani. Con la secolarizzazione questo viene meno: il potere politico non si
concepisce più come ministro
di Cristo, ma la posizione del
protestantesimo non cambia
perché il fatto che Dio governi tramite l’autorità civile è
del tutto indipendente da
quello in cui crede la suddetta
autorità.
Di qui il lealismo verso lo
stato tipico della mentalità
protestante, che predilige il
buon fine comunque esso
venga raggiunto. Quanto alla
forma di governo da adottare
si guarda all’assemblea di
chiesa, in cui l’ascolto collegiale favorisce il discernimento del volere dello Spirito. Quindi, per analogia, anche nel potere politico si opta
per una forma di governo collegiale, la democrazia: invenzione umana, fra tutti i sistemi di governo il meno peggio, originale frutto della presenza protestante nella storia,
anche se a noi oggi tanto originale può non sembrare più.
Con queste parole il pastore
Fulvio Ferrario, storico del
pensiero della Riforma, ha
concluso la conversazione sul
tema «I valdesi e la politica»,
che si è tenuta nella sala unionista di Angrogna il 25 marzo.
A introdurre la serata era stato
il pastore di Angrogna, Franco
Taglierò, che ha poi ceduto il
posto di moderatore dell’incontro al pastore Giorgio
Tourn, che aveva il compito di
«tradurre» gli spunti di riflessione offerti da Ferrario nella
non semplice realtà locale. Interessante la riflessione sulla
distinzione fra illecito giuridico e illecito morale: quando si
crea un conflitto, ha spiegato
Ferrario, o si opta per l’obiezione di coscienza (come nel
caso del rifiuto del medico a
operare l’interruzione di gravidanza) oppure si arriva a
commettere reato per fermare
quello che si ritiene ingiusto
(un caso per tutti, il tentativo,
fallito, di Bonhoeffer e dei
suoi di uccidere Hitler). Inevitabile poi che nel dibattito
emergessero le recenti vicissitudini angrognine: fra gli altri
Marco Rostan, consigliere
«uscente» di Angrogna, ha ribadito l’importanza di riprendere l’abitudine al confronto
tipico delle nostre assemblee
di chiesa, ottima palestra di
crescita civile che porta poi i
suoi frutti anche nell’amministrazione pubblica. Giorgio
Tourn, consigliere comunale a
Rorà, ha ricordato come con
la nuova legge diventa fondamentale approntare nuove forme di democrazia allargata in
modo da riequilibrare il potere di gestione del sindaco, e
ha concluso manifestando la
solidarietà di tutti i Comuni
delle valli agli angrognini,
«che non devono sentirsi soli
con i loro problemi».
Partecipato dibattito a Pinerolo sulla «terapia Di Bella>
Prendersi cura del paziente
MARIO SOLIGO
CICLISMO — Si svolgerà domenica 5 aprile il 1° «trofeo Centro vacanze Bobbio Pellice» di ciclismo riservato agli allievi
su un percorso di 54 km. La partenza verrà data da Bricherasio alle 15 mentre l’arrivo a Bobbio è previsto alle 16,30.
Sabato 28 marzo si è tenuto
a Pinerolo al Teatro-incontro un dibattito sulla cura
Di Bella, organizzato dall’Associazione per la ricerca biomedica. Riflettere su alcuni
interrogativi posti dalla vicenda può aiutare a fare un po’ di
chiarezza e contribuire alla
crescita di una cultura .scientifica corretta. La vicenda Di
Bella, nata a furor di popolo o
meglio a furor di discutibile
modo di fare informazione, è
stata condizionata da «un’interferenza politico-giuridica
che ha sviato il significato del
problema condizionandone
anche gli sviluppi e rendendo
la parte più debole, il malato,
ancora più debole».
Così introducendo le relazioni, Fon. Merlo ba invitato
la comunità scientifica a fare
chiarezza. 11 dott. Giovanni
Mathieu, primario di Medicina all’Agnelli di Pinerolo, ha
rilevato come la prima confusione sia stata fatta tra i singoli risultati positivi sulla cura Di Bella e evidenze scientifiche generalizzabili. Da
questo conflitto è nata la necessità di una sperimentazione .secondo le regole universalmente accettate dalla comunità scientifica, per dare
risposte chiare alle aspettative
della popolazione e per provare l’utilità di una terapia
impiegando così le risorse in
modo idoneo e utile per la salute dei cittadini (etica della
sperimentazione e delle risorse). 11 prof. Bertetto, presidente della Commissione oncologica regionale, ha illu
strato come è iniziata la sperimentazione in Piemonte, dove le domande di ammissione
sono state 2.899. Poiché a
ciascuna Regione è stato attribuito un numero di pazienti
da inserire nei protocolli in
proporzione alla percentuale
di morti per cancro, nella nostra Regione 178 ammalati
potranno accedere alla sperimentazione.
L’assessore regionale alla
Sanità, D’Ambrosio, ha disposto che tutti coloro che
hanno presentato domanda
saranno visitati e, se rispondenti ai requisiti richiesti dai
protocolli, verrà loro somministrata, previo consenso
informato, la cura Di Bella.
Quindi no alla «distribuzione
selvaggia» di somatostatina.
Dalle relazioni, oltre alle considerazioni tecniche, sono
emerse alcune problematiche
che dovranno essere approfondite. Alla base di tutta la
vicenda vi è una grave carenza di cultura scientifica per
responsabilità di chi fa formazione e di chi fa informazione. Questo ha portato a
confondere, come ha sostenuto il dott. Giuseppe Ventriglia, medico di base, tra «diritto alla salute, libertà di cura, somministrazione di cure
di non provata efficacia» e a
rivolgere a istituzioni non
competenti (magistratura e
forze politiche) quesiti tecnici
che riguardano la salute.
11 punto cruciale, sottolineato da tutti i relatori, è l’emergere di una richiesta che
«fare salute» non sia solo un
fatto tecnico, ma significhi
occuparsi globalmente della
persona. L’ammalato «chiede
di essere capito, informato
correttamente e con parole
comprensibili per essere messo in grado di scegliere liberamente e di fare un’alleanza
terapeutica con il medico». Il
medico può e deve agire secondo le conoscenze e secondo coscienza, intendendo per
coscienza un’etica professionale e non eventuali convinzioni personali sull’utilità di
terapie di non provata efficacia. Fughe verso «terapie alternative» per il medico potrebbero contrastare con il
principio di scienza e coscienza, mentre per l’ammalato rappresentano una chiara
domanda di aiuto alla quale
non è stata data un’adeguata
risposta. A tutti gli operatori
sanitari è dunque chiesto di
riscoprire che «il vero segreto
della cura del paziente è prendersi cura del paziente».
SCUOLE DOMENICALI
1“ CIRCUITO
Sabato 4 aprile, alle 20,30, nel
tempio di Torre Pellice, spettacolo di Pasqua delle scuole
domenicali del 1° circuito.
CULTO ALL'OSPEDALE
Giovedì 9 aprile, alle 16,30,
culto pasquale all'ospedale di
Torre Pellice a cura della chiesa di Villar Pellice.
AGAPE
CAMPO Di PASQUA
Si svolgerà dal 9 al 14 aprile il
campo Pasqua donne sul tema «Sentire il movimento,
muovere il sentimento».
Marchio di qualità inconi
La vai Susa rj(
e il Pinerolese
montagne doc
«Montagne doc» è il marchio di qualità con cui si pre.
senta l’Atl 2 vai Susa e Pine,
rolese, una delle nuove agenzie di accoglienza turistica locale della Provincia di Torino (le altre due sono l’Atl di
Torino e provincia e l’Atl del
Canavese e valli di Lanzo).
Sono strutture miste, a carattere pubblico e privato, previste dalla medesima legge, la
75/96, che ha abolito le Api;
la Provincia è socio di maggioranza relativa, ma le porte
sono aperte a chiunque voglia
mettere idee e risorse a disposizione dell’accoglienza turistica sul territorio. In particolare l’Atl 2, presentata il 24
marzo a Palazzo Cisterna a
Torino, ha al momento attuale 28 soci pubblici e 31 privati ma non nasconde la necessità di coinvolgere altri imprenditori per avviare un progetto comune. «11 richiamo
pressante è all’unità di intenti
- ha detto infatti il presidente
dell’Atl vai Susa e Pinerolese, Luigi Chiabrera - perché
il turista ha bisogno di offerte
serie e complessive e di servizi efficienti».
Un’ottima occasione per
mettere alla prova le forze
della neonata Atl potrebbe essere la candidatura di Torino
e provincia alle olimpiadi del
2006: «I compiti organizzativi e il ruolo dell’Atl sarebbero strategici», ha spiegato la
presidente della Provincia,
Mercedes Bresso. Sul fronte
dei servizi, ribadisce Chiabrera, «il problema più urgente è
rappresentato da un’insuffì
ciente struttura alberghiera,
che le olimpiadi potrebbero
avviare verso la tanto sospirata ristrutturazione».
Oltre ai progetti per il futuro, Luigi Chiabrera ha illustrato quello che è già stato
messo in piedi: un bollettino
neve diffuso a livello nazionale due volte la settimana,
una generale riorganizzazione a livello di collegamento informatico tra i vari uffici dell’Atl, e un sito Intemd
(www.montagneDoc.it) disponibile fin d’ora per informazioni e prenotazioni su tutto il territorio. In futuro attraverso questo sito sarà anche
possibile acquistare direttamente servizi tramite carta d
credito, mentre sono già a di;
sposizione pagine web peri
soci che vogliano illustrare la
propria attività. Due volte
l’anno, prima dell’estatee
defl’inverno, uscirà anche
Montagne Doc stagioni, una
rivista stampata in 200;
300.000 copie con la sintesi
delle offerte disponibili su
territorio.
Certo non è facile armonizzare due zone così diverse pet
offerta e frequentazione come
la vai di Susa e il Pinerolese
A questo proposito Chiabrei^
ha esortato a non concentrar
tutta l’attenzione sulle zone
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Identità e testimonianza:
queste le due parole su cui
si era invitati a riflettere: parole di estrema importanza
proprio in questi giorni di celebrazioni e commemorazioni e quant’altro, il tutto per i
150 anni trascorsi dal fatidico
’48. E quale sede migliore se
non un incontro ecumenico
per discuterne insieme? Già,
«rché la testimonianza, si è
detto più volte nel corso della
giornata di domenica al tempio di Pinerolo, prevede sempre e comunque il dialogo tra
le parti, comprende il mettersi in gioco..
Un incontro di giovani resta un terreno privilegiato
per lo scambio di idee, oppure dell’opposizione a ogni
costo. Questo non vuol dire,
per carità, coprire il tutto con
un velo triste e opaco di
uniformità: le differenze ci
sono e non vanno certo annullate. Ma la fedeltà alla linea non va mantenuta per
partito preso. Pur con tutte le
difficoltà del caso, si era soltanto al secondo incontro e
forse ci si conosceva ancora
un po’ poco; i giovani valdesi e i cattolici e della Comunità di base, hanno provato a
ragionare sul senso di identità e conseguentemente sulla
testimonianza. La relazione
di Anne Zeli del mattino è
stata un’ottima introduzione
al dibattito nei gruppi: l’identità deve essere un concetto volto al futuro e al rapporto con gli altri, non un rifugiarsi sterile e ostinato in
se stessi e un arroccarsi intorno al proprio passato.
Nei gruppi si è sottolineata
l’importanza di avere un bagaglio interiore che sia però
pronto ad accettare nuovi stimoli e nuove idee; si è parlato dei propri percorsi di fede,
delle proprie scelte di vita:
veri e propri crocevia e punti
nevralgici della propria identità. L’identità è prima di tutto coerenza del dire con il fare, coerenza delle importanti
dichiarazioni di principi con
le piccole azioni nella vita
quotidiana: come fare allora
testimonianza? Testimoniare
vuol dire «semplicemente»
comportarsi secondo i principi e i dettami della propria
fede oppure agire dichiarando apertamente la propria cristianità e in qualche modo la
propria diversità dagli altri?
Difficile riportare le esperienze di ognuno ai discorsi
astratti intorno ai concetti.
Nel pomeriggio si è passati
alla visione di uno spezzone
da «L’oro di Napoli» di De
Sica, in cui la protagonista è
costretta, imprigionata nella
identità impostale dal suo
ruolo sociale, a rinnegare la
propria libertà di azione. In
questo caso estremo, l’identità è una costrizione che non
permette di scegliere. La situazione di ognuno di noi è,
fortunatamente, ben diversa;
la nostra identità non deve legarci, incatenarci al nostro
piccolo o grande zoccolo duro datoci dall’ambiente in cui
siamo immersi ogni giorno.
Apriamo la nostra mente e
confrontiamoci, senza perdere coscienza di noi stessi;
rincontro, a volte lo scontro,
non è così terribile, non fa
così male: «Per grazia di Dio
io sono quello che sono» (I
Corinzi 15, 10).
Alberto Taccia, pastore della Chiesa valdese, da due anni in emeritazione, ha ricevuto l’incarico di presiedere
l’associazione di volontariato
«Arcobaleno-contro il disagio
e l’indifferenza»: per cercare
di capire qualcosa di più di
questo gruppo di recente formazione, gli abbiamo rivolto
alcune domande.
- In che cosa consiste l’associazione di cui lei è presidente e quali obiettivi si propone?
«L’associazione ha lo scopo principale di sostenere e
affiancare l’attività del Seri, il
Servizio tossicodipendenze,
di Torre Pellice mediante azioni di informazione, prevenzione, sensibilizzazione,
sostegno alle persone e alle
famiglie cadute nella piaga
della droga, e di organizzare
le attività di aggregazione sociali e culturali. La nostra attenzione è rivolta a tutte le situazioni del disagio sociale
come l’alcolismo o le malattie mentali, e in questo operiamo in stretto rapporto con
altre associazioni. Si tratta di
combattere insieme l’indifferenza e l’isolamento di cui i
soggetti e le loro famiglie sono circondati».
- Come funziona questa
collaborazione?
«Stiamo sviluppando un
progetto di stretto collegamento e di collaborazione tra
le varie associazioni esistenti,
per un’azione comune contro
il medesimo nemico, la situazione di disagio umano di
molti e l’indifferenza della
maggior parte delle persone».
- Quali sono gli strumenti
con cui intendete operare?
«Il primo obiettivo è la
creazione di una sede comune, che diventi luogo di incontro per i vari gruppi e
punto di riferimento per la
popolazione, che disporrebbe
così di un unico indirizzo a
cui rivolgersi. Metteremo in
comune un telefono, “Sos disagio”, con una presenza a
turno di volontari e una segreteria telefonica per ricevere appelli e richieste che verranno di volta in volta smistate ai gruppi interessati. Un
comune bollettino di informazione su cui ogni associazione trova il suo spazio per le
proprie comunicazioni. Personalmente sto compiendo un
giro di visite in tutte le chiese
valdesi e cattoliche della vai
Pellice per incentivare la sensibilizzazione della gente ai
problemi del disagio sociale e
incrementare le adesioni di
nuovi volontari».
- Come riuscite a conciliare l’unità organizzativa con la
diversità delle associazioni?
«Ogni associazione mantiene la propria identità e specificità e, dove esiste, il proprio
collegamento regionale o nazionale. L’autonomia dei
gruppi non viene per nulla limitata, anzi le singole caratteristiche sono maggiormente
valorizzate e ampliate con la
collaborazione reciproca e
l’uso di strumenti comuni, tra
l’altro con un bel risparmio.
C’è anche l’intenzione di ampliare un’attività artigianale
di legatoria a favore degli
utenti dei servizi che si occupano delle situazioni di disagio, per il recupero di capacità manuali e la creazione di
momenti di aggregazione e di
socializzazione intorno a un
progetto “tangibile”».
la».
Senso unico
alternato
Una scenetta buffa. O soltanto squallida? Nei giorni
scorsi, durante i perenni «lavori in corso» che affliggono
la strada fra Pinerolo e Torre
Pellice, è stato piazzato un
semaforo per il senso unico
alternato. Ogni volta che passavo di lì ho visto ripetersi la
medesima scena: quando
scattava il verde, il flusso
dall’altra direzione continuava inalterato e riuscivo ad avviarmi solo al momento in cui
già scattava il giallo. Ma die|ro di me si infilava una serie
interminabile di auto che continuavano imperturbabili con
il rosso. Come risultato, per
ogni direzione il tempo a disposizione rimaneva all’incirca lo stesso, ma contro la legge e all’opposto di quel che
sarebbe stato logico.
Cpnfesso di aver talvolta riso, un po’ divertita e un po’
irritata da quel che mi pareva
pna perdita di tempo, quando
ii cuginetto svizzero faceva
diligentemente lo stop per
oon so più quanti secondi prilla di immettersi su un rettilineo deserto in entrambe le direzioni per una decina di chii lometri. Oggi, di fronte all’atleggiamento opposto, in quella che molto tempo fa De
Amicis aveva definito la Ginevra italiana, vorrei tanto
ohe imparassimo tutti a comportarci come il mio cuginetlo svizzero, e non soltanto da''nnti ai semafori rossi.
Lo stesso circolo diabolico,
ahimè, si rinnova dappertutto:
cerchiamo di pagare meno di
quel che dovremmo e lo stato, il comune, il commerciante per non rimetterci alzano le
aliquote e i prezzi. Così paghiamo più o meno quel che
ci tocca, ma con la squallida
quanto illusoria soddisfazione, da una parte e dall’altra,
di essere stati i più furbi. Impareremo un po’ per volta a
comportarci da cittadini coscienti e non da sudditi disobbedienti?
Magna Linota - Pinerolo
Faccio il tifo
per i pesci
Giovedì 11 luglio 1996 il
sindaco di Frali, Franco Grill,
firmava la concessione edilizia per la centralina idroelettrica nella zona di Bout da
Col. «Il rilascio della concessione - diceva - è un atto dovuto, Regione e Forestale
hanno dato l’autorizzazione,
il Piano regolatore ce lo permette e i residenti di Pomieri
hanno dato l’ok». Inoltre dichiarava, in un articolo comparso sul n. 29 de L’eco del
elusone del 18 luglio 1996:
«Non viene abbattuto alcun
albero e proprio per garantire
la sopravvivenza del patrimonio ittico attuale abbiamo ottenuto che venisse rilasciata
una quantità d’acqua doppia
rispetto a quella prevista dalla
legge (80 litri al secondo contro i 40 richiesti come “deflusso minimo vitale”)».
Oggi 19 marzo 1998 leggo
sul L’eco delle valli valdesi,
nell’articolo «La Provincia riscontra una grave inadempienza», che tecnici della
Provincia in data 10 febbraio
’98 nel torrente Germanasca
hanno individuato una portata
d’acqua di appena 32 litri al
secondo.
Ora il disciplinare prevede
che si debba lasciare defluire
una portata minima di 80 litri
al secondo e che l’esercizio
della centrale venga sospeso
se la portata del torrente sia
uguale o inferiore a quel valore minimo. Quindi mi domando: perché la centrale è ugualmente in funzione? Porsi certe
domande vuol dire mantenere
«alta» l’attenzione sugli argomenti che difendono concretamente l’ambiente. La salvaguardia del territorio ha bisogno di iniziative concrete. Visto che non sono state prese in
considerazione: a) l’alterazione dell’assetto idrogeologlco
e ambientale della zona in
questione, con evidenti pericoli per la sottostante area
abitata; b) Linquinamento
acustico che il funzionamento
a regime della centrale comporta; c) la grave alterazione
di una zona di importanza naturalistica e paesaggistica con
conseguente compromissione
di un bene di fruizione turistica di rilevante ripercussione
economica.
Spero venga presa in seria
considerazione la sopravvivenza del patrimonio ittico
attuale. Non appartengo a alcuna associazione di pescatori, ma se la salvaguardia del
territorio in cui vivo passa attraverso la salvaguardia delle
trote, farò il tifo per loro.
Marina Zancanaro - Frali
Piemonte
Censimento
degli alpeggi
È uscito L’elettrificazione
degli alpeggi in Piemonte.
Censimento 1995-1996: il volume raccoglie i dati rilevati
elaborati dal settore Infrastrutture rurali, con l’aiuto dei Comuni e delle Comunità montane, sulla consistenza degli alpeggi piemontesi. Il lavoro ha
fotografato la situazione delle
strutture e delle infrastrutture
presenti nelle nostre montagne (fabbricati, strade, acquedotti), con un preciso riferimento all’approvigionamento
di energia elettrica. In particolare si voleva conoscere il numero di alpeggi in cui l’attività agricola viene svolta in
mancanza di energia elettrica.
Il censimento effettuato ha
consentito di rilevare oltre
1.500 alpeggi privi di elettricità. Accanto a questo numero
elevato sono però emersi altri
dati più confortanti. In particolare risulta che un numero
sempre crescente di stili sono
elettrificati mediante fonti rinnovabili di energia (idroelettrica o fotovoltaica).
Risultati oltremodo interessanti hanno dato le correlazioni tra le produzioni di latte, metodi di mungitura e
elettrificazione dei siti di produzione. 11 volume può essere richiesto al settore Infrastrutture rurali e territorio,
corso Stati Uniti 21, 10128
Torino (tei. 011-4324347, fax
011-4324603, e-mail agrienergia@galactica.it).
Nellé
Chiese Valdesi
ANGROGNA — Giovedì 9, alle 21, culto a Pradeltorno; venerdì
10, alle 21, culto al Serre. Riunione martedì 7 ai Jourdan.
BOBBIO PELLICE — Domenica 5 aprile, alle 10, culto con confermazioni e battesimi. Venerdì 10, ore 21, culto nel tempm con
Santa Cena. Riunione quartierale martedì 7 alle 20 al Podio.
LUSERNA S. GIOVANNI — Domenica 5, alle 10, culto con confermazioni e battesimi. Giovedì 9, culto di commemorazione
dell'ultima cena, al tempio alle 21. Venerdì 10, alle 21 nel tempio, culto liturgico; partecipano i ragazzi del 3° catechismo.
massello — Venerdì 10 e domenica 12, culto alle 11. Riunione quartierale a Porte mercoledì 8 alle 14.
PERRERO-MANIGLIA — Giovedì 2 aprile, alle 20,30, nei locali
della Chiesa valdese, secondo incontro ecumenico con la locale Chiesa cattolica. Domenica 5 culto unico a Perrero alle
10,30 con battesimi; giovedì 9 culto liturgico a Perrero alle
20.30. Riunioni quartierali; martedì 7 aprile all'Eirassa alle
20.30, giovedì 9 aprile alle 14 alle Grangette. Martedì 7 aprile incontro dell'Unione femminile.
PINEROLO — Domenica 5 aprile culto delle Palme alle ore 10.
Giovedì 9 aprile alle 20,30 culto con celebrazione della Cena
del Signore a cura dell'Unione femminile. Venerdì alle 10 culto a cura della Corale alle 20,30.
POMARETTO — Domenica 5 culto alle 10 (per i catecumeni l'appuntamento è alle 9,30); interverrà la corale. Giovedì 9 alle
20 30, culto con Santa Cena. Venerdì 10, alle 20,30, culto con
Santa Cena a Inverso Clot. Riunioni quartierali: verierdi 3
aprile all'Inverso Paiola alle 15, lunedì 6 aprile alle 20 ai Masselli, mercoledì 8 aprile alle 20,30 alla Lausa.
PRALI — Domenica 5, alle 10,30, culto; venerdì 10, alle 10,30
culto con partecipazione della corale.
PRAMOLLO — Giovedì 9 aprile culto alle 20,30 con Santa Cena.
Venerdì 10 alle 20,30 incontro della corale.
PRAROSTINO — Domenica 5 aprile alle 10 culto delle confermazioni con partecipazione della corale.
RORÀ — Venerdì 10 aprile, alle 21, culto nel tempio; domenica
5 alle 10 culto con confermazioni. Giovedì 2 ultimo incontro
per le conversazioni sulla storia valdese nella saletta Morel.
SAN GERMANO — Giovedì 2 aprile alle 14,30 riunione quartierale alla Costabella, venerdì alle 14,30 ai Ciampetti. Domenica 5 culto alle 10 con confermazione dei catecumeni del IV
anno. Giovedì 9 aprile alle 20,30 culto tenuto dall'Unione
giovanile. Venerdì Santo, alle 20,30, culto a cura della corale.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: venerdì 3 aprile alla Ravadera, martedì 7 ai Simound. Studio biblico lunedì 6 aprile
alle 20,45 al presbiterio su «La decisione radicale». Marco 9,
38-50. Domenica 5 aprile alle 10 culto nel tempio del centro
con battesimi e confermazioni. Giovedì Santo 9 aprile alle 21
culto con Santa Cena nel tempio del centro, con la partecipazione della corale. Martedì 7 aprile alle 15 al presbiterio
Franco Taglierò parlerà degli ultimi lavori del Consiglio Cevaa e del progetto di Azione Apostolica comune fra gli indios
TOba del Chaco (Argentina).
VILLAR PELLICE — Martedì 7 aprile incontro di riflessione biblica su «L'enigma della preghiera non esaudita» alle 21 nella
saletta del Concistoro, introduce Gianni Genre. Sabato 4 aprile, ore 21, nella sala unionista; spettacolo della filodrarnmatica di Bobbio Pellice. Riunione quartierale venerdì 3 ai Ciarmis.
Domenica 5, alle 10, culto con confermazioni e battesimi.
VILLAR PEROSA — Venerdì 3, alle 20,30, culto.
VILLASECCA — Domenica 5 culto con il battesimo dell'unico catecumeno di quest'anno; venerdì 10, alle 10, culto ai Chiotti.
Incontro dell'Unione femminile giovedì 9 aprile alle 14,30.
Riunioni quartierali: martedì 7 al Serre Giors alle 20, mercoledì 8 aprile alle 14,30 ai Trossieri, alle 20 a Trussan. Il 9 aprile,
alle 14,30, l'Unione femminile incontrerà la prof. Elena Pascal
1
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10
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E Eco Delle Vai.i.ii
Torre Pel lice
PALLAMANO
Un 3S incostante perde il
casa con il Pinasca nel campionato under 15 di pallamano; il primo tempo si è concluso sul 10-10 ma il Lusema
non è in giornata. Infatti,
aH’inizio del secondo tempo
le magagne vengono fuori:
Giachero è sotto tono, Demichelis distratto, Davide Rivoira e Odetto a volte paiono
assenti dalla partita. Stefano
Rivoira cerca di dare ordine
alla manovra ma a sua volta
cade in errori banali. Non bastano così Zola e Revel, su
buoni livelli; la differenza c’è
e il Pinasca porta a casa i due
punti con un break a metà ripresa e, malgrado un recupero negli ultimi minuti la partita finisce così 20 a 16 per gli
ospiti. Perde anche il 3S Pinerolo nella categoria under
18 (17-21) ma il Città Giardino non ha avuto vita facile. I
pinerolesi sono stati sempre
all’inseguimento ma il risultato non è mai stato troppo
pesante; bravi a contenere in
difesa, i ragazzi di Comoglio
hanno avuto qualche difficoltà in fase realizzativa. Bene, come al solito, il portiere
Barberis a cui si deve in buona parte il contenimento del
punteggio; da rivedere Parisi
il quale, giunto al campo in
ritardo, è stato espulso in pratica al primo fallo. Domenica
5 aprile ultimo incontro del
campionato con 3S-Vercelli,
partita chiave per confermare
l’attuale terzo posto.
GINNASTICA ARTISTICA
La formazione ginnastica
del 3S si è piazzata al decimo
posto nella fase regionale del
campionato ragazze a Biella;
la formazione, guidata da Silvia Sbarato, era composta da
Katia Gerardi, Federica Giannatasio, Simona Gioviali, Tatiana Miegge, Chiara Rivoira
e Francesca Ughetto Monfrin.
Discreto anche il 13° posto,
su 32 squadre, ottenuto dalla
formazione allieve.
PALLAVOLO
Le squadre pinerolesi in B2
tornano dalle rispettive trasferte senza punti; in particolare per il Body Cisco in B2
la situazione non è facile poiché la salvezza non è certo sicura. Sabato i pinerolesi sono
stati battuti a Novi per 3-0;
male anche le ragazze del Cerotti battute dalla Sanmartinese Novara per 3-0. Importante
successo invece per il Magic
Traco in B1 femminile nella
sfida salvezza col Pisa: il 3-0
dice di una Magic capace di
allontanarsi dalla zona calda
del fondo classifica. Dopo le
formazioni femminili e maschili ragazzi e juniores, anche la quinta squadra del 3S
impegnata nei campionati
giovanili si è qualificata per i
play off. Dopo avere nettamente superato il Body Sistem per 3-0 il 3S ha superato
anche l’Arte e mestieri con
analogo punteggio. Il prossimo turno è previsto con il
Valli di Lanzo. Fra le allieve
il Magic Traco Pinerolo ha
superato il 3S per 3-0; nel
campionato allievi il 3S Pinerolo ha superato per 3-0 sia
l’Arte e mestieri che il San
Paolo mentre in T divisione
femminile il 3S è stato battuto dalla Koiné per 3-2.
CORSA SU STRADA
Prima nel settore giovanile,
T come società più numerosa, sei primi posti assoluti;
questo il bilancio del gruppo
sportivo Comunità montana
vai Chisone e Germanasca
nella 1“ prova di corsa su
strada Uisp disputatasi domenica 29 marzo a Venaria Reale. Monica Ghigo ha vinto fra
le esordienti, Dalila Carlin fra
le ragazze (Francesca Ferrerò
2“); David Pascal ha vinto fra
i ragazzi, Valentina Richard
fra le cadette (Sabina Chiurato 3“), Stefano Bresso si è imposto fra i cadetti, Andrea
Barrai fra gli allievi. Sul podio anche Luana Avondet, T
fra le allieve. Cristiano Micol
e Simone Bertalotto, 2° e 3°
fra le promesse.
Mostra
fotografica
alla Galleria
Resterà aperta fino al 19
aprile la mostra fotografica di
Gabriella Peyrot presso la Civica Galleria di arte contemporanea «Filippo Scroppo» di
Torre Pellice. Si tratta della
seconda fotografa che espone
nell’ambito della rassegna
«Valli e valdesi» che proseguirà per tutto il 1998, con altri tre fotografi che hanno dedicato le loro opere al mondo
valdese. Gabriella Peyrot, tórrese di nascita e romana di
adozione, ha seguito un percorso formativo che, partendo
dagli studi di architettura e
passando attraverso incontri
significativi con la fotografia
quale strumento di testimonianza politica dei fermenti
sociali degli Anni 70, la ha
condotta dapprima alla creazione di una società di ricerca
audiovisiva, e poi alla fondazione di una società di consulenza, progettazione e produzione editoriale che realizza
programmi interattivi. La mostr racconta in oltre quaranta
immagini, quasi tutte in bianco e nero, il mondo valdese
sia nei primi piani sia nei paesaggi (questi ultimi a colori).
Il 4 aprile si apre a Porte di Pinerolo la rassegna di musica folk
Cantavalli numero dodici
Giunge alla dodicesima
edizione «Cantavalli», la rassegna di musica popolare che
annualmente percorre le valli
Chisone e Germanasca, portando ogni sabato in una località diversa gruppi fra i più
affermati nel settore, italiani
e stranieri.
Quest’anno la rassegna, organizzata dall’associazione
culturale «La cantarana» in
collaborazione con gli assessorati alla Cultura della Comunità montana valli Chisone
e Germanasca e della città di
Pinerolo, e con le Pro Loco
delle due valli, si presenta il 4
aprile alla palestra comunale
di Porte con una serata inaugurale a ingresso libero dedicata al bai folk, momento di
agpegazione e di festa nello
spirito che da sempre ha caratterizzato la manifestazione.
Fin dagli inizi infatti «Cantavalli» ha trovato nella formula
«concerto-ballo» uno dei suoi
punti di forza, e anche quest’
anno naturalmente le serate
saranno di norma divise in
due parti; dopo il concerto il
pubblico sarà coinvolto nelle
danze tradizionali delle valli
occitane di questo e dell’altro
versante delle Alpi, diventando da spettatore protagonista.
Alla musica da ballo sarà
inoltre specificamente dedicato un altro degli appuntamenti in programma: sabato 16
maggio a Perosa Argentina
due fra i più rinomati suonatori dell’area occitana, Silvio
Peron e Gabriele Ferrerò (organetto e violino) presenteranno la loro prima incisione,
un cd sulle danze più diffuse
nell’area occitana, dalla vai
Vermenagna alla vai Chisone.
Sempre sullo stesso tema, ma
con un orientamento anche
verso le nuove composizioni e
i canti in patuà, il gruppo del
Cuneese «Senhal», che chiuderà la rassegna a Pomaretto
sabato 20 giugno.
Il calendario dei concerti
contiene altre sorprese, all’insegna della varietà di approccio e di impostazione nella riproposta del materiale tradizionale e della diversità rispetto alla musica che normalmente ci propinano i mass
media: due nuove formazioni
italiane, originali e coinvolgenti, «Per le vie dell’Oltregiogo», gruppo che combina
musicisti alessandrini, liguri e
lombardi (Perrero, 18 aprile)
e «Tandarandan», sei giovani
dell’entroterra di La Spezia
che presentano il repertorio
tipico della Lunigiana, dal
passo appenninico della Cisa
fino ala costa delle Cinque
Terre (Massello, 13 giugno).
Quest’anno un’attenzione
particolare è riservata alla
musica francese, con ben
quattro proposte, ben diversificate: il duo di accordéons
formato da Emmanuel Pariselle & Christian Maes (San
Germano Chisone, 2 maggio); la musica zigana interpretata con raffinatezza e virtuosismo, in uno stile che risente delle tecniche manouche perfezionate dal chitarrista Django Reinhardt, dal trio
di Grenoble «Tsirba» (Pragelato, 9 maggio); la musica di
matrice celtica dei bretoni
«Dremmwel», per cui si riapre la chiesa del Forte di Fenestrelle (6 giugno), nuova
tappa verso un pieno recupero e riutilizzo di una delle più
suggestive strutture militari
delle Alpi; e infine a Pinasca
(30 maggio), «Biscam Pas»,
musica occitana dalla città
costiera di Séte nel Languedoc, strutturata intorno agli
strumenti a fiato popolari
(oboi, flauti, cornamuse) tipici della zona.
Per chiudere questa panoramica, i due concerti più «esotici»: la musica delle Higland
scozzesi con il duo Rory
Campbell & Malcolm Stitt
(Inverso Pinasca, 2^ aprile),
due fra i più promettenti giovani suonatori della grande
cornamusa delle regioni del
Nord della Gran Bretagna, e
dallo Zimbabwe il trio della
cantante Stella Chiweshe (Pinerolo, 23 maggio), grande
specialista della mbira, la musica basata sulle sonorità intense di questo tipo di sanza
dell’Africa meridionale, sorta
di xilofono dalle lamelle di legno percosse con i pollici, che
nella cultura locale viene considerato strumento magico,
evocatore degli spiriti dei defunti della comunità shona.
Il biglietto d’ingresso è fissato a 10.000 lire. Per informazioni rivolgersi alla Comunità montana valli Chisone e
Germanasca, tei. 81190 (interni 127 o 132).
Parassi no a Torino
Gipo toma
a cantare
Messa da parte l’esperienza politica, Gipo Farassino
torna a cantare, con un nuovo
album. Ridatemi Amapola
(Rti Music), in cui ritorna al
mondo di «barriera» che gli è
caro, quella Torino di periferia con i bar e i campi di bocce e i quartieri dove tutti si
conoscono e dove gli piace
ambientare le sue storie, magari volendo citare a bassa
voce la grande letteratura piemontese di Pavese e Fenoglio.
Le 14 composizioni di questo
cd sono firmate da Gipo e dal
suo collaboratore di un tempo, Giovanni Moretto.
Gipo è stato cantante e contrabbassista, e ha affrontato
anche il teatro facendo cabaret e commedie musicali, e lavorando anche al fianco di
Macario in «T’iass mai fait
pareri». Tra gli altri successi
raccolti da Gipo Farassino ricordiamo gli spettacoli Soa
ecelenssa ’d Porta palass, Gipo a so Piemont, Le miserie
’d monsù Travet di Bersezio,
Il blues delle cicche, dedicato
a Cesare Pavese. Il cantautore
torinese di via Cuneo ha tuttavia anche scritto numerosi testi teatrali, come «L’ultimo
Cesare», «Turin bel cheur»,
«Un bagno per Virginio».
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2 aprile, giovedì — TORRE
PELLICE:Alla biblioteca della
Casa valdese, alle 15,30, per
l’Unitrè, conferenza dottor
Ronco, ortopedico, e del dottor
Fedele, veterinario, su «Le patologie degenerative dell’apparato scheletrico nella terza età.
Il latte come alimento di qualità
certificato nella prevenzione»
2 aprile, giovedì — BRI
CHERASIO: Alle ore 21, alla
scuola media, incontro sul tema
«La Tv di fronte al bambino:
una fata o una strega?»; intervengono lo psicologo Maurizio
Martucci e il giornalista Rai
Daniele Cerrato.
2-3 aprile — TORRE PELLICE: Alla Bottega del possi
bile incontro sul tema «Domici
Ilarità e handicap: il centro
diurno, strumento della rete di
opportunità».
3 aprile, venerdì — FERRERÒ: Nella sala della Pro
Loco primo incontro, alle 20,45
della rassegna «Aspettando
l’estate ’98»; verrà presentato
l’opuscolo «Tuttinsieme, antiche forme cooperativistiche e
comunitarie in vai Germanasca», realizzato dalle scuole
elementari di valle. Intervengo
no i cori Eric Boucle e Eiminal.
3 aprilp, venerdì — PINEROLO: Alle 21, nella chiesa di
San Giuseppe, concerto del
gruppo «Art Ensemble», clari
netto, violino e pianoforte.
3 aprile, venerdì — TORRE PELLICE: Alla Bottega
del possibile, alle 21, incontro
sul tema «M. K. Gandhi: che
cosa rimane del suo program
ma?»; incontro con Giuseppe
Barbiero, dell’Istituto italiano
di ricerca per la pace.
3 aprile, venerdì — TORINO: Al Centro congressi Torino incontra convegno sul tema
«Il futuro del Piemonte nell’Unione europea» dalle 14,30.
3 aprile, venerdì — LUSERNA SAN GIOVANNI;
Air Auditorium della scuola
media, alle 20,45, il gruppo territoriale sui problemi alcolcorrelati organizza un incontro su
«Dopo aver bevuto un bicchiere in più ci mettiamo alla guida?», con il dottor Maurizio
Martucci del Sert di Torre Pellice e Massimo Sutera, ispettore
capo della polizia stradale.
4 aprile, sabato — TORRE
PELLICE: Nella sala Paschetto del Centro culturale valdese,
alle 17, inaugurazione della
mostra del pittore Pino Mantovani dal titolo «Un autoritratto
e dieci incisioni». L’esposizione resterà aperta fino al 19 aprile con il seguente orario: giovedì, sabato e domenica ore 1518, i restanti giorni ore 14-17.
4 aprile, sabato — LUSERNA SAN GIOVANNI: Nella
chiesa del Sacro Cuore alle 21
serata a cura del Civico istituto
musicale «A. Corelli» di Pinerolo a favore dei bambini di
Cernobil, con la partecipazione
del coro polifonico femminile,
l’orchestra da camera dell’istituto Corelli. Il ricavato servirà
a finanziare l’ospitalità di 30
bambini bielorussi in vai Pellice il prossimo autunno.
4-5 aprile — BAGNOLO:
Al teatro Silvio Pellico, alle 21,
sia sabato che domenica, in
scena «I racconti di Sarajevo»
di Ivo Andric, regia e prosa di
G. Cardascio. Ingresso lire
15.000 intero, 12.000 ridotto.
6 aprile, lunedì — PINEROLÒ: Nella sala al pianoterra
del seminario vescovile, alle
20,45, incontro sul tema «Clima, uomo e vegetazione: il
contributo della paleoecologia»
con il professor Renato Nisbet.
6 aprile, lunedì — TORRE
PELLICE: Alle 21 è convocato il Consiglio comunale; in
esame, tra l’altro, i criteri per le
sanzioni amministrative sui tributi comunali.
7 aprile, martedì — TORRE PELLICE: Alle 20,45,
presso la sede della Comunità
montana vai Pellice in corso
Lombardini 2, il Movimento federalista europeo organizza un
incontro sul tema; «Europa e
immigrazione» con la parteci
pazione del prof. Claudio Grua
segretario regionale del Mfe, è
del prof. Gino Lusso, geografo
7 aprile, martedì — TORl^
NO; Alle 21, nella sala confo!
renze della Galleria civica d’arte moderna, incontro sul tema
«Gli spazi del segreto come
spazi di potere: maschere e
controllo sociale nelle culture
africane» con la doti. Giovanna
Parodi di Passano.
9 aprile, giovedì — LU
SERNA SAN GIOVANNI;
Alle ore 15, nella sala mostre
del municipio, su iniziativa deil’Auser e del sindacato pensionati della Cgil, Giovanni Borgarello illustrerà la proposta di
costituzione del parco naturale
della vai Pellice.
9 aprile, giovedì — Presso
la sede della Comunità montana, dalle 9 alle 12 e dalle 13
alle 16, giornata di formazione per direttori di presidio residenziale dedicata al tema
«Vecchi stereotipi e nuove prospettive per l’adulto anziano»
con la dott. Alessandra Risso.
:rvizi
VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica;
DOMENiCA 5 APRiLE
Fenestrelie: Farmacia Grippo
Via Umberto I 1, tei. 83904.
Ambuianze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica;
notturna, prefestiva, festiva;
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 5 APRILE
Bobbio Peiiice: Farmacia Via Maestra 44, tei. 92744.
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricheraslo, tei. 598790
TORRE PELLICE — Il ci
nema Trento ha in programma,
giovedì 2 e venerdì 3, ore
21,15, Viola bacia tutti; sabato, 20,30, domenica, 17 e 20,30,
lunedì ore 20,30 Titanic.
PINEROLO — La multisala Italia propone, alla sala
«5cento», La maschera di
ferro feriali 19,45 e 22,20, sabato 19,45 e 22,30, domenica
14,45, 17,15, 19,45 e 22,20.
Alla sala «2cento» è in visione
Qualcosa è cambiato (2 premi
Oscar); feriali 19,45 e 22,20,
sabato 19,45 e 22,30, domenica 14,45, 17,15, 19,45 e 22,20.
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redazione Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
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Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Una copia L. 2.000
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Risso.
ribrino: i valdesi dal Risorgimento alla Repubblica
Un percorso dì libertà
Coinè, dal 1848 ad oggi, la storia di una minoranza religiosa
si intreccia continuamente con la storia del nostro paese
Con una conferenza del
prof. Daniele Garrone, della
Facoltà valdese di teologia, si
è conclusa il 19 marzo la serie
di dieci incontri settimanali
su: «Da presenza tollerata a
voce di libertà: storie e idee
dei valdesi dal Risorgimento
alla Repubblica». Garrone ha
concluso ripescando e intrecciando testimonianze e
analogie del cammini, paralleli e distinti, delle minoranze valdese ed ebraica. Il corso
è stato aperto dal prof. Umberto Levra, dell’Università
di Torino, che ha scandagliato Tonda lunga della Rivoluzione francese, «ouverture»
a quelT«anno dei miracoli»
che è stato il 1848. Il pastore
Giorgio Tourn ha illustrato la
teologia valdese tra razionalismo e pietismo tra la fine del
700 e la metà dell’800. Più
tecnico e giuridico l’intervento del prof. Giansavino Pene
Vidari, dell’Università di Torino, che ha presentato lo
Statuto Albertino come avvio
del processo costituzionale
italiano. In effetti una carta
che è stata sostanzialmente
in vigore per cento anni qualche pregio doveva pur averlo.
Il prof. Massimo Salvadori, dell’Università di Torino,
ha tracciato la parabola della
costruzione dell’Italia tra risorgimento e moti socialisti.
11 pastore Mauro Pons ha
presentato la vicenda valdese
a cavallo tra i due secoli. Il
Il prof. Garrone nel corso della sua conferenza
professor Giorgio Rochat,
dell’Università di Torino, nel
corso di due lezioni, ha collocato la Chiesa valdese tra le
due guerre e successivamente ne ha analizzato i comportamenti durante il fascismo e
la resistenza. Nicola Tranfaglia, preside della facoltà di
Lettere dell’Università di Torino, ha ripercorso il cammino della Repubblica italiana
suddividendolo in vari periodi: la ricostruzione e il centrismo (sino al 1963), l’epoca
del centro-sinistra (19631976), l’epoca del «compromesso storico» e il pentapartito (1976-1993), la crisi di
tangentopoli, il crollo dei
grandi leader, crisi e transizione del nostro tempo.
Il corso si è tenuto sempre
Incontro di riflessione a Cosenza
l'uomo sofferente di fronte
alla Parola di Dio
DINO MAGRI
Giovedì 19 marzo presso
l’Istituto nazionale di riposo e cura per anziani (Inrca) di Cosenza è stato organizzato un incontro sul tema:
«L’uomo sofferente e la parola di Dio», per la presentazione di un’iniziativa particolare
e speriamo non unica. Il prof.
Marcello Crivellini, commissario straordinario degli istituti, ha deliberato di mettere
3 disposizione dei degenti
una copia della Bibbia o del
Corano. Nella sua lettera circolare si può leggere: «La salute è uno stato di equilibrio
delicato e complesso, determinato dai fattori più diversi.
Curare la salute di uomini e
donne non significa solo applicare conoscenze scientiflohe e mediche approfondite.
Significa anche tutelare esigenze psicologiche, religiose
e untane, avere attenzione alla loro vita e alle loro abitudiui. rispetto dei loro convincititenti ed equilibri (...). Organizzare sanità e ricerca è essere sensibili alle esigenze fisiche e culturali dei cittadini,
tluanto meno nella stessa misura di come lo si è stati sempre verso quelle economiche
e normative di chi vi opera».
Per quanto riguarda la Bibula la scelta è caduta sulTedi^ione interconfessionale in
lingua corrente. Questa ini
Regala
un abbonamento
ziativa ha suscitato ampi consensi tra le diverse realtà religiose presenti a Cosenza.
«Non è giusto che solo una
voce possa essere sentita attraverso gli altoparlanti negli
ospedali, ma che ogni degente possa ricevere il conforto
attraverso la lettura del Libro
che è alla base della propria
fede». Questo è quanto ha dichiarato il dott. Roberto Bianchini, dirigente coordinatore
delTInrca di Cosenza, nel suo
intervento che ha introdotto i
lavori dell’incontro del 19
marzo alla presenza di degenti e personale medico. Sono
seguiti i contributi dello scrivente, pastore della Chiesa
valdese di Dipignano e Cosenza, di Serafino Roberto,
anziano della Chiesa awentista del 7° giorno, del prof. Salvatore Santoro, presidente
della commissione diocesana
per Tecumenismo e il dialogo
deU’arcidiocesi di Cosenza, di
Pietro Monaco, presidente
del Consiglio della Chiesa valdese di Cosenza, e dell’arcivescovo di Cosenza, mons. Dino
Trabalzini, che hanno trattato
diversi aspetti del rapporto
dell’uomo e della donna con
Dio durante la malattia e la
sofferenza. Di diverso genere
l’intervento del dott. Hesham
Almolla, musulmano, che ha
posto in evidenza il particolare rapporto dei musulmani
con il Corano. Qualcuno Tha
definita una piccola iniziativa, ma molto importante se si
considera che non è limitata
airinrca di Cosenza ma si
estende a tutte le strutture
analoghe presenti in altre località. La speranza è che questo passo compiuto nel privato possa trovare un seguito
anche presso le strutture pubbliche, dove le esigenze psicologiche e religiose di tutti/e
dovrebbero essere rispettate.
in due sessioni, pomeridiana
e serale, per permettere a tutti la partecipazione. Mediamente ogni volta oltre cento
persone hanno seguito questo itinerario storico e teologico, organizzato dai pastori
Pons e Platone, che si è rivelato densissimo e utile per capire anche la nostra identità
sia di protestanti che di italiani. Intanto, nell’atrio del tempio valdese di corso Vittorio
Emanuele, rimane aperta al
pubblico (sabato pomeriggio
e domenica mattina) sino a
metà aprile la mostra su «I
valdesi e il Risorgimento»
inaugurata il 22 febbraio. Per
scolaresche e gruppi occorre
prenotare la visita tramite la
segreteria della Chiesa valdese (011-6692838). (g.p.)
; Dipignano
Comunità
riunite per il
XVII Febbraio
Domenica 15 febbraio le
comunità valdesi di Dipignano e Cosenza si sono riunite
per ricordare il 150“ anniversario delle Lettere Patenti. È
stata una giornata particolare
durante la quale il prof. Ermanno Genre ha tenuto il
culto e, nel pomeriggio, dopo
l’agape, una conferenza sul
tema: «1848-1998: la libertà
religiosa in Italia». Genre ha
esposto le tappe più significative della nostra storia dopo il
17 febbraio 1848, data che segnava per i valdesi la possibilità di uscire dal ghetto dove
erano stati costretti a vivere.
Alla conferenza hanno assistito anche fratelli e sorelle
del Segretariato attività ecumeniche di Cosenza che hanno contribuito al dibattito
con interventi e domande. La
giornata si è conclusa con
l’accensione del falò e il canto
del Giuro di Sibaud, un canto
che in questa parte di Calabria è sentito particolarmente ricordando le vicende di
Guardia, San Sisto e Montalto. Anche qui i valdesi, come
ripete una strofa del giuro,
hanno sofferto, pianto e amato, anche questa è la nostra
patria. Sabato 22 febbraio si è
tenuta una recita su Francesco Scornaienchi, il fondatore
della Chiesa valdese di Dipignano. È stato possibile rivivere l’esperienza dell’incontro con la parola di Dio, (la
vera ricchezza) e della conversione di Francesco che,
tornato a Dipignano dopo
aver cercato invano un lavoro
all’estero, fu costretto a scontrarsi con l’incomprensione e
l’ostilità non solo del paese e
del prete, ma anche della famiglia. Una dura lotta che
però lo vide vincitore grazie al
sostegno della fede che lo accompagnò per tutta la vita.
^2^ Scicli
La vita
quotidiana
degli immigrati
EDUARDO FALLA_
Nel 1990 a Scicli è iniziato un lavoro di mensa a
favore degli immigrati che
venivano al mercato il martedì a vendere le proprie mercanzie. Questo lavoro di volontariato che veniva svolto
nei locali attigui alla comunità del S.S. Salvatore è iniziato grazie alTimpegno del
pastore John Hobbins che è
riuscito a coinvolgere alcuni
membri della comunità metodista e gruppi di volontariato cattolico. Inoltre abbiamo avuto il sostegno della
Caritas cittadina e del comune di Scicli che ci hanno fornito i locali per poter aprire
un Centro culturale a Donnalucata (frazione balneare di
Scicli) denominato «La sorgente» in cui gli immigrati
hanno la possibilità di riunirsi e di poter stare insieme.
La mensa del martedì, ormai soppressa in quanto sono venuti a mancare i fondi
della Caritas, ha avuto lo scopo di far stare assieme marocchini, tunisini e senegalesi e di fraternizzare con loro.
Credo che dopo tanti anni
questo scopo è raggiunto: infatti abbiamo avuto anche la
possibilità di svolgere un’attività teatrale con il contributo dei marocchini. Nei locali
del centro «La sorgente» gli
immigrati possono discutere
i loro problemi quotidiani e
richiedere il disbrigo di pratiche grazie all’aiuto di personale che vi lavora sia volontariamente che con un piccolo stipendio. Alcuni anni
addietro con il contributo
della Regione siciliana abbiamo aperto anche un centro
di prima accoglienza con
dieci posti letto, che però è
durato soltanto un anno. A
Donnalucata nel 1994 è stata
aperta una moschea alla cui
inaugurazione hanno partecipato alcuni della comunità
metodista e i rappresentanti
dei gruppi di volontariato e
della Caritas cittadina. Esperienza molto positiva in cui
abbiamo avuto la gioia di assistere ad un incontro di preghiera degli islamici e alla fine della serata abbiamo cenato assieme. Inoltre da un
anno circa nei locali del centro in Donnalucata si svolge
una scuola di arabo con personale specializzato. È l’unica scuola del genere in tutta
la Sicilia.
Nel 1997 abbiamo avuto la
possibilità, sempre grazie al
contributo del Comune, di
poter aprire a Scicli un altro
Centro culturale denominato «La sorgente» sempre per
poter dare la possibilità a
tutti gli immigrati di potersi
riunire. In questi locali viene
svolta una scuola di arabo
per i figli degli immigrati e
una scuola di italiano sempre per i bambini che frequentano le scuole di Scicli.
Abbiamo in vista di poter organizzare un incontro di
donne arabe in modo da fare
poi un bazar in cui vendere i
loro prodotti artigianali.
Il lavoro che abbiamo iniziato con i fratelli cattolici e i
fratelli marocchini, senegalesi, tunisini e portato avanti
con molta gioia ci ha fatto
crescere e diventare più maturi. L’unico rammarico che
mi resta, come responsabile
del gruppo, è che la nostra
comunità non si è sentita
coinvolta pienamente. Però
il lavoro ha dato i suoi frutti.
Infatti a Palermo in occasione della visita di Chiara Lubich, responsabile del movimento dei focolarini, (gennaio 1998) abbiamo avuto la
possibilità di raccontare la
nostra piccola esperienza a
migliaia di persone.
Il Poliambulatorio prefabbricato e, nella foto in basso, la cerimonia
di consegna
La Fcei per le zone terremotate
Le attrezzature mediche
per Serravalle in Chienti
Il 5 marzo, nel Comune di
Serravalle in Chienti (Macerata), devastato dal terremoto
dell’autunno scorso, è stato
inaugurato il nuovo Poliambulatorio comunale. Si tratta
di una struttura prefabbricata
in legno, donata dalla Fondazione «La Stampa-Specchio
dei tempi», legata al quotidiano torinese «La Stampa»; l’arredo interno e le attrezzature
sono state invece donate dalla Federazione delle chiese
evangeliche in Italia.
Alla presenza delle autorità
civili, del comandante provinciale dei carabinieri, del
vescovo di Camerino, e di altre personalità della regione
il sindaco di Serravalle, Venanzo Rofichetti, ha espresso
il ringraziamento della propria cittadinanza. Umberto
Cuttica, presidente della
Fondazione La Stampa-Specchio dei tempi, ha illustrato
le finalità dell’organismo torinese e ha sottolineato la serietà e l’efficienza con cui la
popolazione di Serravalle ha
reagito al tragico evento.
Successivamente l’ingegnere Gian Carlo Corazza, presidente della Fondazione
«Marconi» di Bologna, ha illustrato il progetto di «tele-medicina» e di «tele-consulto»
patrocinato dalla Fondazione
medesima in collaborazione
con l’Azienda sanitaria locale.
Per la Fcei, assente per indisposizione il presidente pastore Domenico Tomasetto, è
intervenuto il pastore Luca
M. Negro, che ha sottolineato
l’impegno e la sollecitudine a
favore delle popolazioni dell’Umbria e delle Marche colpite dal sisma. Era presente il
diacono Francesco Sagripanti, della Chiesa valdese di Perugia, che ha curato i contatti
fra Fcei e Comune di Serravalle in Chienti, soprattutto
in collegamento con Paolo
Bernabucci, coordinatore,
per il Comune stesso, del volontariato che ha operato sul
territorio.
Presidente il pastore Paolo Spanu
Servizio e dialogo per
le chiese cristiane di Milano
Il pastore battista Paolo
Spanu è stato eletto il 24 marzo presidente del Consiglio
delle chiese cristiane di Milano, organismo ecumenico di
recente costituzione a cui
aderiscono 12 chiese (cattolica, protestanti, ortodosse, anglicana, vecchio-cattolica) del
capoluogo lombardo. L’assemblea del Consiglio, riunita
presso la Chiesa valdese di via
F. Sforza, ha inoltre eletto vicepresidente il teologo ortodosso romeno padre Traian
Valdman e segretaria-tesoriera la laica cattolica Mariuccia
Pietragrande.
È stato deciso che la sede
ufficiale del Consiglio sarà
presso l’Arcivescovado di
Milano, in piazza Fontana.
«La nomina a presidente del
Consiglio delle chiese cristiane di Milano - ha dichiarato
il pastore Spanu - è stata da
me accolta come un’opportunità per offrire un servizio
alle chiese impegnate nel
dialogo e nell’agire ecumenico di questa città. Come ho
dichiarato nell’indirizzo rivolto aH’assemblea che mi
ha eletto, confermo che l’impegno di tutti noi deve essere consapevole e fiducioso,
come fu il comportamento
dei discepoli di fronte all’invito di Gesù: “Passiamo all’altra riva” (Marco 4, 35).
Consapevole, perché la via
del discepolato è la via della
croce; fiducioso, perché il Signore è colui che ci accompagna sedando i venti e calmando il mare. L’altra riva,
per le nostre chiese, è quella
della testimonianza resa con
amore e nel pieno spirito
dell’unità».
12
PAG. 8 RIFORMA
mmmmmmsmm
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 3 APRII F
Ivrea: un dibattito con il vescovo Pietro Ciachetti
Speranze del dialogo ecumenico
Il « Testo comune» sui matrimoni interconfessionali è esempio
CINZIA CABUGATI VITALI
Lf IJ marzo scorso, in una
I Scia cittadina, davanti a
un numeroso pubblico, si è
svolta una conferenza a due
voci dal titolo: «Dall’intesa sui
matrimoni al futuro: speranze
e prospettive nel dialogo ecumenico». L’oratore cattolico è
stato mons. Pietro Giachetti,
vescovo di Pinerolo, e quello
evangelico il pastore valdese
Gregorio Plescan in sostituzione del pastore Alberto Taccia, impossibilitato a intervenire. Entrambi gli oratori hanno sottolineato fortemente il
fatto che il «Testo comune
per una indicazione pastorale
per la celebrazione dei matrimoni interconfessionali» è il
primo accordo ufficiale tra
Chiesa cattolica e Chiesa valdese, ed è un accordo importante che tratta di temi di teologia pratica.
Il pastore Plescan ha ricordato le diverse difficoltà del
percorso ecumenico date da
secoli di disprezzo e ignoranza reciproca, da secoli di storie così radicalmente separate prima e dopo il ghetto e
dalla situazione storica di per
sé complessa. Ha poi ripercorso le tappe della sfida ecumenica che hanno portato al
documento attuale e ha concluso elencando quattro punti importanti del documento:
la parità di «ruolo» per i preti
e i pastori, la limpidezza della
Monsignor Pietro Giachetti
prassi; la differenza di «lettura» del matrimonio da parte
delle due chiese; l’ammissione esplicita della presenza di
tensioni nella scelta del matrimonio interconfessionale
specialmente rispetto all’educazione dei figli.
Mons. Giachetti ha invitato
a leggere il documento per
conoscere il contenuto del
testo firmato il 16 giugno
1997 dai rappresentanti cattolico, valdese e metodista.
Ha poi ricordato la laboriosa
gestazione del documento
che a partire dal 1989 ha richiesto alle due commissioni
numerosi incontri, sempre
aperti da una preghiera, improntati a fiducia reciproca e
finalizzati all’esame dei problemi, partendo dalla parola
di Dio, per capirsi e arrivare a
una conclusione positiva.
Dopo aver letto alcuni brani
dei commenti al documento
del Cardinal Ruini, del moderatore Gianni Rostan e del
pastore Paolo Ricca, Giachetti ha concluso insistendo sulla divulgazione del testo in
particolare nelle parrocchie
cattoliche perché diventi
davvero una indicazione pastorale per la celebrazione
dei matrimoni.
Nel corso del lungo dibattito gli oratori hanno risposto
alle molte domande e sono
stati affiancati da don Mario
Polastro, che ha parlato specialmente delle questioni
pratiche e delle sue esperienze personali nella celebrazione dei matrimoni.
Quali
Un convegno che ha coinvolto gli evangelici genovesi
i libertà a 150 anni dallo Statuto?
ERMINIO PODESTÀ
E Ottimamente riuscito Rincontro nella sala consiliare della Provincia di Genova
sul tema «1848-1998: a 150
anni dallo Statuto Albertino
quali libertà?». Davanti a una
platea gremitissima dopo che
gli organizzatori di questa
manifestazione (Gabriella Airaldi, assessore alla Cultura
della Provincia di Genova,
Adriano Bertolini, presidente
della Federazione delle chiese
evangeliche della Liguria,
Giuseppe Momigliano, rabbino capo della comunità ebraica di Genova) hanno presentato lo scopo di questo incontro sottolineando l’importanza di quanto è avvenuto
150 anni fa perché si è trattato
di un radicale cambiamento
del tenore di vita per ebrei e
valdesi, ha preso la parola
Giorgio Tourn, storico e pastore valdese, il quale ha risposto alla domanda: «Quale
libertà?». Tourn ha sottolineato il fatto che prima del 1848
la realtà protestante in Italia
non esisteva. I valdesi, seguaci della riforma, erano bloccati nelle Valli e non potevano in nessun modo oltrepassare i confini del Piemonte.
Non avevano nessuna relazione con il popolo italiano.
Non erano liberi neppure di
gestire se stessi. Poi è arrivato
Carlo Alberto, figura ambigua
e cattolicissima, il quale,
stretto fra coscienza e passione popolare, è stato costretto
a promulgare le famose Lettere Patenti, il 17 febbraio
1848, con cui veniva concessa ai protestanti la libertà civile. Per quanto riguarda la libertà religiosa tutto rimaneva
invariato: basti pensare che
nel 1857 il protestante ligure
Cereghino fu arrestato perché diffondeva Bibbie.
Quindi dal 1848 al 1948,
con Tawento della Costituzione repubblicana in cui è
stata concessa libertà di culto
ai protestanti, gli stessi hanno scritto pagine di persecuzione, in special modo al
tempo del fascismo. Comunque la libertà è come la manna che veniva raccolta e
mangiata nel deserto ogni
giorno dal popolo ebreo, perché il giorno dopo marciva.
La libertà è un dono del Signore che va custodito e rinnovato ogni giorno; è una
conquista quotidiana.
Giulio Disegni, giurista e vicepresidente della comunità
ebraica di Torino, ba presentato il problema degli ebrei:
ha detto che bisogna ricordare quattro date, molto importanti: 17 febbraio 1848, la libertà civile concessa ai protestanti; 29 maggio 1848, la libertà civile concessa agli ebrei
con cui finiva l’emarginazione
totale; 1938, inizio del periodo
della persecuzione razziale
nazifascista contro gli ebrei.
in cui gli stermini erano
all’ordine del giorno. Infine il
1948: la Costituzione repubblica mediante la quale venivano sanciti dei punti chiave
a favore della libertà agli
ebrei, pur nella contraddizione dei Patti Lateranensi. Nel
1998, 50 anni dopo, si vivono
momenti di soddisfazioni per
una libertà che sembra essere
garantita, ma che deve essere
continuamente difesa.
Al termine di questo incontro il presidente della Federazione delle chiese evangeliche della Liguria ha presentato la proposta di costituire a
Genova un laboratorio per
garantire la libertà degli altri.
Tale iniziativa è stata favorevolmente accolta da tutti i
presenti in special modo dagli ebrei. Si tratta ora di rendere esecutiva l’intenzione.
di collaborazione e di metodo fra cattolici, metodisti e valdesi
W. Genova
Paulo Pereira
calciatore che
prega il suo Dio
Alcuni giorni fa sul Secolo
XIX di Genova è apparso un
articolo con il titolo «Pereira
in campo come predicatore».
Nanni Basso diceva che il
calciatore del Genoa Paulo
Pereira avrebbe approfittato
della trasferta rossoblu a Cagliari per fare da relatore a
un incontro sul tema «Come
conoscere Gesù» in programma alle 20 nella sala convegni deOa Casa dello studente
di Cagliari. Questa manifestazione è stata organizzata
dal pastore della Chiesa libera di Cagliari collegata con la
Chiesa dei Fratelli di Strasburgo, Renzo Scanu, che da
25 anni svolge il suo ministero pastorale e offre la sua testimonianza evangelica a
Nuoro, Sassari e appunto Cagliari e raggruppa circa 200
persone.
Di ritorno da Cagliari a Pereira, che tra l’altro attualmente è relegato in panchina
e a volte non viene neppure
convocato, abbiamo chiesto
le sue impressioni sull’incontro: «È stata un’esperienza interessantissima - ci ha detto
-: erano presenti circa cento
persone. Io ho esordito dicendo che noi abbiamo due
vite; la vita carnale e la vita
dello spirito. Quando seguiamo la vita carnale andiamo
incontro a una serie di disordini che ci mettono in crisi e
ci fanno star male. Quando
seguiamo la vita dello spirito
allora acquistiamo una tranquillità interiore che ci dà forza per continuare un cammino che piace al Signore. Poi
ho detto che i soldi, il successo non offrono la felicità. Anzi
spesso succede che i ricchi
sono più tristi degli altri. Solo
Gesù ci può offrire una felicità autentica che supera tutte le gioie del mondo.
Infine ho presentato il mio
attuale momento. In questo
periodo non sono più titolare, mentre l’anno scorso ho
disputato tutte le partite e
sono stato un punto fermo
della squadra. Ma io non mi
preoccupo e non mi avvilisco. Ringrazio, anche in questi momenti difficili il Signore, perché il Signore non va
lodato solo quando va tutto
bene, ma anche nei periodi
della prova. Io ho seminato
queste parole in Sardegna:
ora è il Signore che deve raccogliere. Però in questi giorni
ho già ricevuto alcune lettere
di chi era presente all’incontro e ha dichiarato di essere
stato confortato e stimolato
dalle mie parole.
E di questo devo ancora
ringraziare Gesù Cristo».
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TORINO
Agenda
3 aprile M
* * * ♦ . ^jjjt^Wi
Alle ore 21 nella chiesa battista di via Vite4
concerto di Pasqua della corale evangelica di Torino.
4 ^rile
TORINO
Alle ore 15,15, nel salone valdese di corso Viti
torio Emanuele 23, il teologo Gino Conte, il prof. Giotl* . -.li
.^ninì p il tpnloan r*ottnlirT\ X/faiirilìr» nuoco/-»
Spini e il teologo cattolico Maurilio Guasco discutono a i
tema: «Italiani e protestamesimo:_un incontro itnpossil)i|^g sulla
le?», a partire dal libro di Giorgio Tourn (Claudiana). Sati ?• orchi
presente l’autore. j:
giito» Qi
TORINO — Alle ore 17, nella chiesa battista di via Passa ito eiab'
laequa, si tiene un convegno a 30 anni dall’uccisione¡i comtnii
Martin Luyher King. Intervengono Mauro Pons e Nanii; »ro. Ta
Sdio. Alle 16 mostra fotografica; alle 19 proiezione diuM|Bo da r
videocassetta e canti spiritual. '
NAPOLI — Alle ore 19, presso la sala Maria Cristina del
monastero di Santa Chiara, la Chiesa battista di via Foriae
il centro francescano «Oltre il chiostro» organizzano umi
conferenza -concerto dal titolo; «Testamento di speranza, i
in occasione dei 30 anni dalla morte di M. L. King. Intei.l,
vengono Paolo Naso, direttore di «Confronti», il pasto»
Massimo Aprile e padre Giuseppe Reale, con partecipazio. ®'^°P°
np fipì rnrn TnharaHìci Hirpttri Hai m Parirá T allo 8flD6rt3 C
ne del coro Ipharadisi diretto dal m. Carlo Leila.
5 aprile
ROMA — Alle ore 16, in via Giusti 12, il Sae organizzai®
incontro sul tema; «Tutta la creazione renda lode a Dioi,
nell’ambito del ciclo su; «Il cammino ecumenico: lasciaisì
trasformare dallo Spirito». Intervengono Carmine Di Santi
e Traian Valdman.
fidenti
Vatican
ibraismc
irché «I
m cordi
me dell
iperta (
chi
fi aprile J*
f petti
,la<
«rriconc
dalla SI
iiesa si i
Ivo che
, .^iane e
'ionio è,
'folci ne
illachie:
le non e
diesa di
diesa è (
NAPOLI —Alle ore 17,30, all’Istituto Goethe (Riviera di*"
Ghiaia 202), l’Associazione Partenia organizza una confe '’,, j
renza di Jacques Gaillot sul tema; «Il Dio degli esclusi». ^¡Jt^ta
TRIESTE —Alle ore 18,30, nella chiesa dei Padri Cappucci-deume
ni di Montuzza (Sant’Apollinare martire) si tiene la cele- gto da t
brazione ecumenica della Pasqua. e i
BOLOGNA— La Comunità ebraica e il Centro culturale ™
protestante «A. Gavazzi» organizzano alle ore 21 un dibat-MntP^i
tito sul tema: «La libertà religiosa in Italia. Una testimo-sandre 1
manza ebraica e protestante a 150 anni dalle “Patenti di ». ma I
grazia” di Carlo Alberto», presso il Centro sociale della Co- ®ime pt
munirà ebraica (via Gombruti 9). Intervengono il rabbino »-Poht
Alberto Sermoneta e il pastore Giovanni Anziani. Modera ®anac
l’avvocato Francesco Berti Arnoaldi Veli. che pari
cheprer
loro? Fc
I barino
TORINO — Alle ore 20, presso la parrocchia di Santa Tere- bocca (
sina (corso Mediterraneo 100), si tiene un incontro ecume- stanno)
;ati dei
li, della
ianza d
7annle ' I
r uyiw I
nico di Pasqua sul tema: «Le sette parole della croce»
10 aprile 1
' * Bo ser
TORINO —Alle ore 21, nella chiesa battista di via Viterbo, Éiesa
si tiene il culto del Venerdì Santo, in comune fra le chiese
evangeliche torinesi.
Radio e teleiìisione |
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9,30 circa. Domenica 5 aprile (replica lunedì 13): «Ricordare Martin Luther
King; Un incontro sul Giubileo a Gerusalemme; Bambini di
Cernobil a Rio Marina; Incontri (rubrica biblica).
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica devi
inviare i programmi, per lettera ofax, quindici giorni prime
del venerdì di uscita del set
L'int
AL
SPECIALE protestantesimo
DOMENICA 12 APRILE
Culto evangelico di Pasqua
Diretta in Eurovisione dalle ore 10 alle 10,45 su Raidue
dalla chiesa protestante di Watermael-Boitfort (Belgio)Predica la pastora Judith van Vooren
Interventi musicali di Patrick Surmont (organo), André
Thome (tromba), Olivier Van den Berghe (flauto).
9e
gioventù evangelica
SOTTOSCRIZIONE 1998
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cumulativo GE/Confronti................. 90.000
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via Porro Lambertenghi, 28
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I Fid
suscitati
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fuori d
Principii
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llità. Puj
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“fanti, r
13
^RlLEj^.lppnì 3 APRILE 1998
Commenti
PAG. 9 RIFORMA
1
' via Viteij,
arino.
A proposito del documento vaticano sulla Shoah e l'antisemitismo
I peccati sono solo dei «figli» della chiesa?
/{nche in questo caso sembra che i meriti (dei papi) e i peccati (dei figli) siano
(jen distinti. Intanto nella Chiesa cattolica aumenta l'autorità dottrinale del papa
li corso Vit
rof. Giorgi;
sentono sj
impossibL
liana), sJ
via
5||| uatobe rapisarda
giornali hanno dato ampio
gsalto al documento vati,0 sulla Shoah. Salta subito
li occhi che questo docu■nto, di circa 12 pagine, è
— -assa. Mio elaborato da un’apposixisioneifeommissione in 11 anni di
rs e Nanni
One di uji|
histina del
via Foriat
izzano un,
^speranza, ■
dng. Intel
iforo. Tanto tempo, ci viene
to da mons. Duprey, vicebidente della Commissio; vaticana per i rapporti con
Èbraismo, è stato necessario
Lché «un documento che
an corrisponde alla maturami ,n, ¿ne della chiesa intera non
il^ ®evalore». Dunque 11 anni
Il pasto»40 anni dalla
g dopo oltre 40 anni dalla
¿perta dei campi di stermi_b, la chiesa non era matura
Ilr’riconoscere gli errori legati alla Shoah. Ma di quale
liesa si sta parlando? I laici,
ilvo che nelle chiese presbilàriane e la Chiesa cattolica
lo è, non hanno un gran
0old nei pronunciamenti
¿ella chiesa. Dunque la chiesa
||ie non era pronta dovrebbe
¿sere la chiesa docente, la
,èiesa dei vescovi. Ma questa
diiesa è oggi pronta?
Il documento viene presentato dalla stampa come
écumento vaticano, elaboato da un’apposita commisifone e firmato dal papa. Ansata una volta i vescovi»non
1, uiuai.aimpaiono, certo faranno
estimo- ssntirc la loro voce in seguiitentidiS' tna l'impressione è che
ella Co- hnne pastori vadano a rilenrabbino #)- Potrebbe essere altrimenti
Modera '^una chiesa che ha un papa
che parla per tutti i cattolici e
che prende iniziative per tutti
loro? Porse no. La chiesa, ci
hanno detto, parla con la
bocca del papa. Ma se così
stanno le cose, perché i pecbati dei silenzi, delle omlssio
■ à, della pavidità, della man
ianza di spirito profetico so
no sempre dei «figli della
Wterbo, diiesa», mentre 1 meriti sono
Î chiese
rtecipazio.
anizza n
le a Dioi,
): lasciarsi:
Î Di Santi
ìiviera di
la conte
usi».
iappuccie la cele
culturale
un dibat
ta Tereecume
die 7,27 sul
licazionee
I, appunta
due a cura
Italia, tra1 replica, il
ca. Domertin Luther
Bambini di
ibrica deve
orni primo
Un sopravvissuto alla Shoah
sempre del papa al punto
che, nonostante la contraddittorietà del personaggio, si
cerca di beatificare Pio XII?
Certo è che le responsabilità
individuali esistono e non
possono essere scaricate sugli altri: plaudiamo alla conclusione del processo a Priebke e Hass, ma è anche vero
che chi reclama per sé il ruolo di guida non può stare indietro senza squalificare gli
spiriti profetici che rischiano
la propria vita.
Come protestante non ho
mai visto il papa come infallibile, né come successore di
Pietro, né come vicario di Cristo. Le evidenze della storia e
della cronaca, non ultima il
grande ritardo con cui si esce
dall’ambiguità nel dialogo
con gli ebrei, e con un documento che presta il fianco a
diverse critiche sui silenzi e le
responsabilità, mi dicono che
ci vorrebbe una fede contraria a ogni evidenza per credere una di queste tre cose.
Tuttavia il documento vaticano si presta a alcune considerazioni di ampia portata.
Dal punto di vista ecumenico, particolarmente nel dialogo tra cattolici e protestan
ti, aricorché appaia corretto
rispettare gli assetti interni
alle singole chiese, è importante conoscere chi è il vero
interlocutore, chi si fa carico
delle responsabilità. Siamo
quasi al chiaro per quanto riguarda le responsabilità etiche personali, non altrettanto per quanto riguarda le responsabilità dottrinali istituzionali. Nei diversi stadi del
dialogo e degli interlocutori
(laici, chierici, vescovi, papa),
per quanto riguarda le questioni dottrinali, spesso si ha
l’impressione di girare a vuoto, perché non si riesce a parlare con il diretto interlocutore, ma sempre con un sostituto, che attende di sentire
l’intima parola da qualcuno
che sta più in alto.
Questo depotenzia le singole responsabilità e la portata del dialogo stesso. Se ciò è
vero per gli aspetti dottrinali,
lo è anche per gli aspetti etici
che sottostanno agli ordini
gerarchici. Le singole persone sottoposte a gerarchie forti, salvo a rischiare grosso,
difficilmente possono intraprendere azioni dirompenti.
Lo si è visto tra i teologi della
liberazione (Boff), della con
testazione (Franzoni), della
ricerca (Kung), per non citare
che i più noti. Ma che ne sarebbe oggi di un atteggiamento di contestazione del
Concordato, dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole a spese dello
stato, del coinvolgimento di
molti cattolici in politica, in
partiti che tentano di risuscitare la vecchia De?
Anche dal punto di vista del
dialogo ebraico-cristiano è
importante affermare che il
1998 non è l’anno zero in tema di confessione di peccato,
di ricerca di dialogo, di abbandono dei preconcetti, di
valorizzazione del patrimonio
comune, di riscrittura di diversi aspetti teologici centrali,
di ascolto e di affermazione
dei diritti degli ebrei. È importante affermare che il dialogo
ebraico-cristiano non si riduce a ebraico-cattolico, perché
il contributo teologico che i
protestanti hanno dato e possono dare non va né sottovalutato né ostacolato.
Tornando ai ritardi, bisogna ricordare che sull’agenda
delle chiese vi sono questioni^
che non possono attendere
cinquant’anni prima di essere
affrontati a chiare lettere. Tra
queste vi sono il sessismo, affrontato ma certo non ancora
risolto dal Decennio di solidarietà con le donne lanciato
dal Cec, la povertà galoppante di quattro quinti dell’umanità, le nuove schiavitù minorili, la difesa del creato, i nuovi processi di alienazione e di
perdita dei diritti, gli investimenti economici e culturali
per combattere l’analfabetismo e l’esclusione dai processi decisionali. Deplorare i
ritardi vuol dire stabilire ordini dei lavori precisi e darsi
delle scadenze rispettose delle attese di chi ha il diritto di
avere delle risposte.
.Personaggi diversi, convinzioni opposte, ma ugualmente ferme
L'incontro di Giovanni Paolo II e di Fidel Castro a Cuba
itesimo
qua
u Raidue
Belgio).
ALFREDO SONELLI
^CONTRO del papa e di
I Fidel Castro a Cuba ha
suscitato molte reazioni di diversa natura, positive o negative, secondo i diversi punti
“1 vista. Personalmente, al di
mori di considerazioni di
principio, mi hanno colpito le
jpersonalità dei due uomini, le
j pro vicende e le loro mentaita. Pur vivendo in tempi e
’roghi diversi, hanno avuto
^Perienze giovanili analope. Wojtyla proviene da una
figlia popolare e cresce in
jP ®®biente e in un periodo
1 sofferenza per il suo popo■ invasione nazista e occuP^ione sovietica. La sensibili'® por i drammi umani che
oaratterizza hanno il loro
000
000
000
000
000
ndamento psicologico in
p, ^*0 esperienze della fanj zza e della gioventù,
j .’'ohe Fidel Castro viene
fp popolo e condivide le sofdel popolo. La situainnìl^ Cuba è certamente
p I 0 diversa da quella della
onia, ma fame, sfrutta5i ignoranza colpiscono
iji Prrre con manifestazioni
lo ’rrolta parte del popo
ni *^,sira mentalità si svilupl’j P’rr profondamente sotto
fw rjrrenza dell’esperienza
della lettura di libri.
iD(j V.ir^ornbi gli uomini sento,ber missione di li
'L®’^’one per i loro popoli,
'te onori nascono certez
ijj^Profondamente contraI ti, ma soggettivamente di
uguale radicalità. Wojtyla trova la sua certezza nella tradizione cattolica del suo popolo: è Cristo la base della sua
certezza. Forse sarebbe meglio dire che è la nera Madonna di Czestochowa, perché la
devozione a Maria caratterizza tutta la sua pietà e, diventato papa, collocherà sullo
stemma l’espressione di questa devozione con le parole
«Totus tuus» (tutto tuo). Il suo
impegno è contro il comuniSmo ateo per confermare la
sua gente nella fede cattolica
che era già stata il baluardo
della stessa indipendenza culturale del suo popolo.
Per Fidel Castro avviene
tutto il contrario: il cattolicesimo è stato il fattore negativo per il suo popolo, prima
con le oppressioni dei conquistatori, poi con l’appoggio
dato all’oppressione capitalista. Castro trova nel marxismo il fondamento della sua
certezza: è la speranza comunista che lo sostiene; non si
tratta più dello stalinismo,
superato da Kruscev, ma
sempre dell’ideale leninista
dell’uomo nuovo socialista,
fattosi comunitario. Castro
riesce quindi a portare il popolo alla rivoluzione, senza
fermarsi dinanzi alle difficoltà
interne e esterne. È molto
aiutato dall’Urss e dal clima
di guerra fredda che garantisce lo svolgimento autonomo
degli opposti sistemi, rna anche quando l’Urss crolla, la
sua fede non viene meno.
Lo svolgersi delle vicende
dei due uomini è estremamente diverso: Castro rimane
presidente di un piccolo stato
assediato dal potente vicino
americano; Wojtyla diventa
papa e riesce a polarizzare attorno alla sua figura Occidente e Oriente. Il suo desiderio
di operare per la liberazione
dell’uomo si traduce nei suoi
vari interventi a denuncia
delle ingiustizie e delle miserie che gravano su gran parte
dell’umanità. Tuttavia le sue
certezze di base condizionano la sua opera, e spesso egli
dà l’impressione di indirizzare il suo potere più alla difesa
dei suoi principi che alla ricerca reale dei rimedi: al centro del suo messaggio sembra
posta la conservazione della
tradizione cattolica preconciliare piuttosto che le istanze
concrete dei popoli. Avviene
che folle enormi lo applaudano, ma ben pochi lo seguono.
Il suo agire è fortemente
contrastante: profondamente
conservatore per quanto riguarda la dottrina e la prassi
tradizionali della Chiesa cattolica, apre prospettive nuove e impensate nei rapporti
esterni. È protagonista: è
sempre lui che decide e fa,
ma spesso ciò che egli fa apre
prospettive nuove che egli
forse non immagina. Per ultimo è la sua lettera Ut unum
sint che pone in concreto e
con urgenza a mtte le chiese
il problema del papato. È il
momento in cui forse la sua
I protestanti e la scuola italiana
Bisogna impegnarsi per
rilanciare la scuola pubblica
certezza vacilla, anche perché le forze fisiche vengono
meno e il dissenso interno
nella Chiesa cattolica diventa
sempre più forte.
Questi due uomini dai percorsi così diversi, ma fortemente sorretti dalle proprie
certezze si incontrano, desiderano incontrarsi proprio
nel momento in cui la realtà
dei fatti fa vacillare le loro
certezze. Dai loro discorsi
sembra prevalere la difesa
delle proprie posizioni: entrambi hanno di che lamentarsi reciprocamente e insieme difendono i propri interessi. Wojtyla chiede la libertà
d’azione delle strutture ecclesiastiche, Fidel Castro cerca
la sicurezza del suo potere. Ma entrambi sentono il
dramma della povera gente,
l’aggravio degli embarghi, il
peso del debito internazionale. Incontrando Castro a Cuba il papa ha avuto l’occasione più propizia per parlare
particolarmente al grande
potere oggi più che mai responsabile nel mondo, gli
Usa, e nello stesso tempo ai
cattolici americani, i meno
docili al suo governo.
Personaggi diversi, convinzioni opposte, ma ugualmente ferme; forse il loro incontro
avrà un’incidenza inaspettata
e positiva sul piano dei rapporti tra i popoli. Me lo auguro. Qualche lettore potrebbe
chiedere: e lo Spirito Santo
non c’entra? Sì che c’entra,
ma come solo lui lo sa.
BRUNO GAMBABDELLA
IL dibattito sulla scuola
pubblica italiana deve essere, a mio parere, al centro
della riflessione culturale dei
protestanti italiani in questo
particolare momento della vita politica e sociale del nostro
paese. La netta presa di posizione del Sinodo valdese nel
1997, la lettera inviata al ministro della Pubblica istmzione dal presidente della Fcei,
l’articolo sul n. 10 di Riforma
hanno messo in luce, con tutta evidenza, le problematiche
legate al tema dell’istruzione
pubblica in Italia. Sappiamo
che è inutile chiedere ai cattolici di rinunciare a un Concordato che fa parte della nostra Carta costituzionale e a
tutti i privilegi che a questo
sono legati (gli insegnanti di
religione nominati dalle curie
ma pagati dallo stato, per
esempio), ma dobbiamo ribadire con forza che andare oltre ciò che la storia ci ha obbligato a tollerare non è nemmeno ipotizzabile.
La Chiesa cattolica, se fosse
davvero interessata a rapporti fraterni con i protestanti e
con gli ortodossi, dovrebbe
rinunziare a certe recenti
pretese (leggi finanziamento
pubblico alla scuola privata)
che sta avanzando, spesso
con l’arroganza di chi sa di
poter utilizzare un potere
contrattuale nei confronti
delle autorità civili del nostro
paese. Secoli fa due scismi,
quello ortodosso e quello
protestante, hanno diviso
la cristianità anche perché
molti credenti non hanno accettato l’egemonia sulle coscienze che un vescovo romano aveva intenzione di
continuare a esercitare.
Bisogna ribadire, nel corso
degli incontri periodici che si
tengono con i fratelli cattolici,
che i protestanti italiani ritengono una seria minaccia per
l’ecumenismo le richieste
che, sempre con maggior forza, la Conferenza episcopale
e lo stesso Giovanni Paolo
II avanzano al governo per
giungere a una equiparazione
di fatto tra scuola pubblica a
privata. Sono convinto che
molti cattolici «di base» potrebbero condividere queste
considerazioni. Le chiese evangeliche non possono e
non devono rinunciare a questo baluardo di libertà e un
impegno in tal senso deve essere chiesto alla classe dirigente di questo paese e a chi
deve prendere decisioni di
primaria importanza.
Non mi sorprendono, e in
un certo qual modo non mi
sento di criticare, le posizioni
degli ex democristiani che
solo nelle sacrestie e nei corridoi curiali possono trovare
legittimazione morale dopo i
disastri della Tangentopoli
nostrana. Trovo però avvilente il ruolo che stanno svolgendo le forze politiche democratiche e di sinistra nel
nostro paese. I liberali di
confessione «aziendalista»,
gli ex e i post comunisti, gli
ambientalisti devono probabilmente saldare il conto per
l’appoggio ricevuto in cam
pagna elettorale dalle gerarchie cattoliche (si pensi alle
pubbliche prese di posizione
di molti vescovi e agli editoriali di Avvenire), così come i
vari decreti sulla rottamazione hanno premiato gli industriali per la loro non belligeranza. Indubbiamente manca oggi in Italia una forza politica veramente laica, pluralista, democratica (penso con
rimpianto al vecchio Partito
d’azione) che possa combattere a favore di quei valori nei
quali non si riconoscono solo
i protestanti, ma tutti quegli
italiani che non credono in
un’educazione di parte, in
una non-educazione nei fatti.
Personalmente non credo
che gli evangelici italiani siano disponibili a rottamare le
loro coscienze di cittadini per
qualche riconoscimento presidenziale in più sulla loro
tolleranza, sul loro senso civico, sulla loro fedeltà e lealtà
verso le istituzioni di un paese che li ha spesso solo tollerati, se non addirittura emarginati. Ancor meno mi interessano i riconoscimenti lascivi e tendenziosi con i quali
certi cattolici, tra una richiesta di scuse e un’altra, cercano di convincere i cittadini
italiani, protestanti e non,
sulla fondatezza costituzionale delle loro richieste, volte
a garantire per tutti la possibilità di una scelta educativa
per i propri figli.
Lo stato deve scegliere senza riserve la strada del rilancio della scuola pubblica.
L’aumento del numero di
alunni per classe, l’indegno
trattamento dei docenti non
di ruolo, la mancanza di investimenti e la cancellazione di
interi istituti nelle zone più
disagiate del paese stanno facendo pensare a una scelta
«americana» già operata dal
primo governo di centro-sinistra della storia repubblicana.
Una scuola pubblica di serie
B per i poveracci, per gli atei,
per le minoranze religiose.
Una scuola privata di serie A,
all’avanguardia, senza disfunzioni, finanziata da tutti i
cittadini (poveracci, atei e
evangelici compresi), armata
di acquasantiere e di docenti
ben indottrinati, pronta alla
nuova crociata contro la secolarizzazione, per il ripristino dell’egemonia culturale
cattolica in Italia.
Come cristiano, come protestante, come cittadino, come insegnante, come liberal
mi vergognerei di vivere in
un paese così. Organizziamo
incontri, dibattiti nei quali
presentare i nostri documenti e le nostre riflessioni. Chiediamo agli intellettuali laici,
ai credenti delle altre fedi religiose, a coloro i quali credono ancora possibile difendere e rilanciare una scuola
laica e pluralista di partecipare a un vasto movimento
di opinione che può partire
dall’impegno dei protestanti
ma non deve essere solo protestante. Chiedo a tutti i fratelli di non perdere la loro
capacità di indignarsi e di
contribuire a una battaglia di
democrazia e libertà in questa disastrata Italia.
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14
PAG. 10 RIFORMA
^^NERDÌ 3 APRILEJ^O 0ERDÌ
Riforma
Anche l’Italia nell’euro
Carlo Vicari
L’Italia ce l’ha fatta! Siamo anche noi parte del consesso dei paesi dell’euro. Un obiettivo fino a due anni fa ritenuto dai più assolutamente irraggiungibile è stato invece
realizzato grazie a una forte volontà politica certo, ma
ancor di più grazie all’impegno e ai sacrifici che gli italiani hanno saputo affrontare. Due finanziarie di peso e una
tassa sull’Europa, accolte con molte proteste ma anche
con la grande consapevolezza della necessità dello sforzo
da compiere e dell’assoluta necessità dell’obiettivo, sono
state profondamente sentite dalle famiglie che nella
maggior parte dei casi hanno dovuto rivedere le proprie
politiche di spesa e di bilancio.
Giunti ora a questo traguardo possiamo rilassarci? Certo no. I parametri imposti da Maastricht sono stati raggiunti tutti meno uno: U debito pubblico che è ancora al
121,6 del Prodotto interno lordo (contro il 60% previsto
dal trattato) ci costringerà a stringere la cintola ancora
per un po’ di anni. Siamo come una famiglia che, dopo
anni di sprechi e di spese ben superiori alle proprie entrate, è riuscita finalmente a porre ordine nel proprio bilancio e a produrre anche un certo risparmio, ma che deve ancora rimborsare debiti pari al reddito di oltre un anno. Non c’è proprio da abbassare la guardia. Saremo
quindi costretti a soffrire ancora a lungo? Non ci verrà
nessun beneficio e nulla cambierà?
Sacrifici e benefici andranno di pari passo, anzi alcuni
benefici si avvertono tutto sommato già da ora. In due
anni l’inflazione è scesa di 3,7 punti percentuali, il tasso
ufficiale di sconto del 3,5% e i tassi di mercato di una percentuale anche superiore. Ciò vuol dire da un lato che il
denaro che abbiamo in mano vale di più, dall’altro che
un debito (per esempio un mutuo a tasso variabile per
l’acquisto della casa) ci costa di meno. Siamo insomma
un po’ meno poveri (saremmo forse troppo ottimisti se
dicessimo più ricchi). Vigfiando a che questo circolo virtuoso che stiamo avviando non si fermi bruscamente, i
benefici andranno.prevalendo sempre più sui sacrifici.
Che cosa cambierà quindi nella nostra vita di tutti i
giorni? Nell’immediato poco o nulla, ma vediamo quali
sono le prossime tappe del cammino verso l’euro. Innanzitutto il 2 maggio di quest’anno verranno fissati i cambi
bilaterali e irreversibili tra le monete che fanno parte
dell’euro, creando di fatto già una moneta unica ancorché denominata in 11 modi diversi, in quanto non esisteranno più variazioni nei cambi. Il 1“ gennaio 1999 con
l’avvio della «fase transitoria» la nuova moneta comincerà a essere utilizzata «contabilmente» quale unità di
conto tra le banche centrali, aziende di credito e nelle industrie, ma sul mercato ci saranno ancora le monete nazionali. Continueremo pertanto ad avere nel portafogli le
nostre vecchie lire. Tuttavia l’euro interesserà anche i
privati cittadini poiché sarà possibile avere conti bancari
nella moneta europea e le nuove emissioni di titoli di
Stato saranno in euro e in euro saranno convertiti i titoli
di Stato già in possesso delle famiglie e del sistema economico. I commercianti saranno infine invitati a esporre
i prezzi in moneta nazionale e in euro mentre le banche
esporranno un doppio tariffario delle operazioni.
Dal 1° gennaio 2002 con la «fase definitiva» saranno distribuite le banconote e le monete metalliche in euro che
conviveranno per sei mesi con le monete nazionali, permettendo così ai cittadini europei di prendere dimestichezza con la nuova moneta. Infine entro il 30 giugno
2002 le banche centrali ritireranno dalla circolazione e
distruggeranno le vecchie banconote e le vecchie monete
nelle divise nazionali che dal 1" luglio non avranno più
valore legale, talché l’euro sostituirà definitivamente e
per tutti gii usi le divise nazionali. Si avvieranno a quel
momento i cambiamenti più profondi, psicologici e comportamentali, che faranno inevitabilmente di ognuno di
noi cittadini di due entità entrambe forti e complementari, quella nazionale e quella europea.
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Luisa Nitri, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
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1998
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con II n. 176 del 1® gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 13 del 27 marzo 1998 è stato consegnato per l’inoltro
postale all’Ufficio CMP Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino
mercoledì 25 marzo 1998.
Polemiche per l'anticipo sul quattro per mille
Il finanziamento dei partiti
Come in tutta Europa, è opportuno che anche in Italia ci sia
un sostegno pubblico dei partiti, purché sia equo e limpido
MARCO ROSTAN
Lf IMPORTANTE atto con
I cui il Capo dello Stato ha
rinviato al Parlamento la legge sul finanziamento pubblico dei partiti ha, intanto, provocato la positiva decisione
di svolgere su tale argomento
una apposita seduta che potrà essere seguita in televisione dagli italiani martedì 7
aprile. In tal modo, sulla spinosa questione del finanziamento ai partiti ci sarà al Senato una discussione pubblica. Finora tutto si era svolto
un po’ nell’ombra e in una
eccessiva riservatezza.
La gran maggioranza degli
italiani si è a suo tempo espressa contro il precedente
sistema di finanziamento
pubblico; la nuova legge affida l’entità del finanziamento
alla scelta dei cittadini, mediante l’apposita busta allegata alla dichiarazione dei
redditi. Si è avuto l’impressione che i partiti volessero i
soldi, ma si vergognassero a
chiederli: vergogna in parte
comprensibile dopo Tangentopoli e nel ragionevole dubbio che il sistema dei fondi
neri non sia del tutto scomparso. Così pochissime sono
state le discussioni organizzate dai partiti con i loro elettori e per lungo tempo le famose buste non si trovavano.
Siccome però i soldi fanno
comodo, si è arrivati a due
decisioni negative: il Parlamento ha approvato un anticipo di 110 miliardi nel 1998
(in attesa che vengano esaminate le scelte dei cittadini, le quali potrebbero anche
destinare di meno, e allora?);
si sono costituiti, esclusivamente per godere del finanziamento, tanti gruppi politici, alcuni piccolissimi: l’elenco attuale ne contempla ben
44, alla faccia del sistema bipolare e del superamento
della proporzionale! E siccome la legge che Scalfaro ha
bocciato è stata approvata da
tutti, è difficile rispondere a
chi sostiene che, quando si
tratta di prendere i soldi, tutti
i partiti sono uguali.
Come protestanti riteniamo che gli atteggiamenti
qualunquistici in politica
portino al peggio: chi non
vuole i partiti, spesso non
vorrebbe neppure il Parlamento. E dove non ci sono i
partiti, governano gruppi più
o meno oscuramente finanziati che difficilmente si fanno carico dei lavoratori, dei
pensionati e della disoccupazione. È dunque probabile
che predisporre forme di sostegno pubblico e trasparente alla politica sia opportuno:
Un signore elegante transita una sera con la sua
Mercedes in una stradina alla
periferia di Novi Ligure nota
per le sue passeggiatrici.
L’uomo fa salire sulla sua auto un giovane transessuale
sudamericano e si intrattiene
con lui in luogo appartato.
Scoperto da due metronotte,
l’uomo non trova altra soluzione se non quella di uccidere a colpi di pistola i due
agenti e di ridurre in fin di vita il giovane venezuelano.
Quindi fugge con la sua Mercedes. È accaduto la notte di
lunedì 23 marzo. Un episodio
tristissimo di cronaca nera,
come ne succedono tanti.
Ciò che lascia sconcertati è
la reazione tanto violenta e
sproporzionata di fronte al
fatto di essere scoperto in atteggiamento equivoco. Non
si tratta certo della paura della pena: al massimo poteva
del resto è così in tutti i paesi
europei, sia pure in diverse
forme. Ma accettato il principio, si ricerchi la soluzione
più limpida.
Anche a proposito dell’otto
per mille le nostre chiese, dopo lungo e sofferto dibattito,
sono comunque pervenute a
una decisione che rifiuta il
meccanismo iniquo predisposto per la Chiesa cattolica,
secondo il quale anche chi
non firma nessuna casella
partecipa comunque al suo
finanziamento; che accetta la
destinazione dell’otto per
mille non per il puro mantenimento delle chiese ma per
dei progetti ben definiti sui
quali si fa il rendiconto: quello fatto dalla Tavola valdese è
esemplare. Per esempio: il sistema dell’anticipo può essere accettato solo se i soldi effettivamente indicati dai contribuenti con l’apposito modulo coprono l’anticipo; sarebbe inoltre preferibile che i
cittadini potessero scegliere a
quale partito devolvere una
parte delle tasse; sarebbe ancora meglio se questi soldi
non fossero una parte delle
tasse già dovute allo stato, ma
soldi dei cittadini sui quali si
possa applicare una conveniente deflscalizzazione.
Inoltre, per sostenere democraticamente la politica, si
potrebbero aumentare le facilitazioni finanziarie per determinate attività dei partiti,
dai dibattiti all’informazione,
o chiedere loro di presentare
delle iniziative di interesse
generale per ottenere il finanziamento, lasciando ai militanti e agli iscritti l’onere del
mantenimento della «struttura». In questo modo forse ci
sarebbe un «dimagrimento»
dei partiti, il che non sarebbe
per niente negativo, e i partiti
sarebbero spinti a rilanciare
l’attività politica a livello alto,
a interpretare il loro ruolo come fondamentale strumento
di espressione e di confronto
tra le diverse idee e idealità
dei cittadini, a ridare dignità
alla politica, facendola prevalere sulla tecnica amministrativa e sulla mera organizzazione di interessi e di potere.
A tali condizioni molti cittadini potrebbero anche convincersi che è opportuno esprimersi a favore di un sostegno
economico equo e limpido.
PIERO bensì
rischiare un’ammenda per
atti osceni in luogo pubblico.
È proprio il fatto stesso di essere stato scoperto che ha
sconvolto la mente di
quell’uomo al punto di trasformarlo in assassino. È un
copione che si ripete spesso
anche senza giungere, per
fortuna, a questo triste e
cruento epilogo. Persone conosciute e rispettate, magari
anche ottimi padri di famiglia, professionisti stimati:
appena si alza il velo della lo
ro rispettabilità, salta fuori
un uomo diverso, dai comportamenti inaccettabili.
Non affrettiamoci tuttavia a
esprimere giudizi o condanne: nessuno di noi, per principio, è del tutto al riparo da
queste cose. Dentro ciascuno
di noi vive una tendenza al
male che, in circostanze favorevoli, può scatenarsi.
Non c’è bisogno che ce lo
dica la psicoanalisi: lo ha detto l’Evangelo già 2.000 anni fa
e senza mezzi termini. Gesù
atetaiMCMnoLfi;
laRepubUka
Donne nella chiesa
Nicola Tranfaglia, nella pagina dei commenti del lo
marzo, valuta criticamente
un intervento del pontefice a
proposito della condizione di
inferiorità e oppressione in
cui viene tenuta la donna in
alcuni paesi islamici. Se è vero che tali condizioni in Afghanistan «rappresentano
uno dei molti aspetti di barbarie che contrassegnano il
nostro tempo» e dunque è legittimo stigmatizzarle come
ha fatto il papa in occasione
dell’8 marzo, tuttavia «se il
discorso affronta il tema della
parità tra uomo e donna, allora le contraddizioni del Papa e della Chiesa cattolica
emergono con forza. Come fa
il papa polacco - si chiede lo
storico torinese - a chiedere
parità e integrazione tra uomo e donna in Afghanistan e
nel mondo intero, se la Chiesa cattolica vieta ancora oggi
alle donne di esercitare il sacerdozio e tanto meno di
ascendere ai gradi superiori
della carriera ecclesiastica
(...)? Ci sono confessioni cristiane (la protestante, l’anglicana) che hanno aperto rile
donne la strada su questo
punto fondamentale della
parità tra i sessi».
COBRIERE DELLA SERA
La Bibbia sconosciuta
La Bibbia sembra in quest
ultimi anni conoscere una vera e propria fortuna editoriale. Ranieri Polese intervista in
proposito (5 marzo) Carlo Ossola, docente di Letteratura
italiana, che rintraccia nella
storia i segni di un interesse
rinnovato le il testo della rivelazione cristiana. Ma intanto
Polese sottolinea che «La sua
[della Bibbia, ndr] cancellazione in Italia si consumò
nell’epoca della Controriforma. Spaventata dal diffondersi del protestantesimo, che rivendicava il principio del libro esame dei testi sacri, la
Chiesa romana approdò al divieto assoluto di leggere e
possedere traduzioni in italiano della Bibbia». Fra le conseguenze, spiega Ossola, «una
chiesa che non si interroghi,
dal libro del Genesi all’Apocalisse, sulle ragioni prime e ultime della storia, finisce pe(
ripiegarsi ad amministrare i
fenomeni di una pietà popolare che, nell’era della secolarizzazione, si riduce spesso al
culto locale, alla devozione
dei santuari...».
il
dichiara: «Dal cuore vengono
pensieri malvagi, omicidi,
adultèri, fornicazioni, furti,
false testimonianze, diffamazioni» e l’apostolo Paolo
commenta: «lo so che in me,
vale a dire nella mia carne,
non abita alcun bene; poiché
in me si trova il volere, ma
modo di compiere il bene,
no». È dunque una via senza
uscita? No, di certo! Gesù Cristo ha dato la sua vita perche
noi fossimo liberi. Credere m
lui non significa avere alcune
nozioni religiose, ma significa
accettare il giudico della croce sulla nostra vita e riceverne istante dopo istante la forza liberatrice.
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curata dalla Federazione dei
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Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
0t., Come tutte le Carte costituzionali, anche la nostra fu frutto di compromesso
l;i Costituzione italiana e i valori della cultura cattolica
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ingenerale, la replica di
.jujeppe Piacentini (Riforma
^el 23-1-98) è informata a
labilissimo taglio retorico.
Li òttimamente congegnale concatenate, prive di ri¿intri fattuali, volte peraltro
j^ttimare la situazione generale italiana drammaticamente connotata, da un lato,
edauna diffusa, quanto in^llerabile ingiustizia dall’albo, da un primato cattolico
(jiéha precedenti solo nei senili bui. La Costituzione, afferma Giuseppe Piacentini,
0ce dal rifiuto del fascismo,
jja si dimentica di ricordare
elle lo Stato fascista fu espressamente approvato dalla
Chiesa cattolica, non solo e
non tanto tramite i Patti Lateunensi, quanto piuttosto con
l'aidclica di Pio XI, «Quadrammo anno». La Costituzioprosegue Giuseppe Piasentini, è «il frutto preziosisàmo di tutto un popolo». Ma
non è questo il punto, bensì si
tratta rii prendere atto che ci
,hi una parte non meno «pre
• ilìaci
aosissima di tutto il popolo»
iche, nell’Assemblea costi■ mente, si oppose alla vigente
Costituzione, prevedendo il
collasso morale e, quindi, politico a cui essa avrebbe condotto. Tra gli oppositori delle
norme chiave contenute nei
«Principii Generali», torno a
ricordare: Benedetto Croce,
Pietro Nenni, Piero Calamandrei e, sulla questione gravis
sima della regionalizzazione
dello Stato, la stupenda opposizione dell’allora Pei.
La solidarietà, come altre
parole, quali la libertà, la giustizia, la pace, ecc., non possiede affatto un significato
univoco. Quest’ultimo dipende dalla filosofia del trascendente che la sorregge. Così
esistono una solidarietà comunista (stalinista, maoista,
ecc.), fascista, nazista, cattolica, protestante, illuministica.
Quella costituzionale, enunciata in linea di principio,
dall’art. 2, è di matrice cattolica ed è volta a negare l’esistenza dei diritti naturali
dell'uomo.
La sussidiarità è «un valore
cristiano», sostiene Giuseppe
Piacentini. Ma quale cristianesimo? Quello della Riforma
o quello del «Catechismo della Chiesa cattolica», quello
del Concilio Vaticano II che,
tramite la «Dei Verbum», si riporta al Concilio di Trento e,
dunque, alla negazione radicale dell’area della Riforma? È
Giuseppe Piacentini stesso a
rispondere: quello di La Pira,
profondamente avverso alla
cultura dei diritti naturali
dell’uomo, fautore del pluralismo cattolico, conseguenza
immediata e diretta dell’assolutismo pontificio e del relativo principio di sussidiarità.
Che l’art. 7 della vigente
Costituzione disegni uno stato confessionale cattolico.
uno stato vale a dire in cui la
sovranità politica risiede nella Città del Vaticano, è fuori
discussione e può essere negato o sulla base di una ingiustificabile ignoranza, ovvero,
sulla base di una retorica politico-religiosa asservita agli
interessi della chiesa di Roma. In mezzo secolo non si è
trovato il modo di far votare
la Costituzione, per altro, dopo avere informato il popolo
italiano sui suoi reali contenuti. La ragione, allora, non è
quella indicata da Giuseppe
Piacentini bensì risiede nel
fatto che tale Carta è octroyée,
è, vale a dire, un’autolimitazione del Recthsstaat, dello
stato che vive per i propri fini
strumentalizzando, di conseguenza, la base sociale. Rinvio, al riguardo, da un lato, al
fondamentale articolo di Piero Calamandrei [Repubblica
pontificia, in Scritti politici,
La Nuova Italia, Firenze) che
definiva lo stato disegnato
dalla vigente Carta costituzionale mera prosecuzione, in
peggio, dello Stato fascista;
dall’altro al materiale bibliografico contenuto nel mio libro La concezione della giustizia nella vigente Costituzione, Esi, 1988.
In questo testo, sia detto
per inciso, è anche tracciato
l’itinerario del protestantesimo verso la realizzazione dello stato garante, itinerario di
cui non vedo testimonianza
nel protestantesimo italiano.
Il popolo italiano non ha ancora maturato un’etica religiosa autonoma. L’etica cattolica è propria dello Stato
Vaticano e di una esigua minoranza del popolo italiano
stesso.
Più in generale, l’unificazione morale del popolo italiano si è tentato di costruirla
sulla base di testi normativi:
lo Statuto albertino, il Codice
civile, il Codice penale, la vigente Costituzione. In tal modo si è invertito il processo di
formazione delle fonti primarie del diritto vigente nella società, dovendo esse essere la
conseguenza, e non la causa,
della acquisita personalità
morale della base sociale. Invece di essere quest’ultima a
investire il vertice della propria personalità etica e politica, è il vertice politico che investe la base della propria.
«Quale morale a questo
punto?», si domanda Giuseppe Piacentini. Rispondo:
quella del protestantesimo
storico, vale a dire quello di
Lutero, di Calvino e, conclusivamente, di Williams, incentrata, per quanto riguarda la
costruzione dello stato, sulla
sovranità religiosa e politica
della base sociale e sul primato del Decalogo (per riferimenti bibliografici, rinvio
senz’altro al mio testo)
Alberto Donati-lievi (Pg)
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■ il riformatore
Roger Williams
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à popo
1 secola
Caro direttore,
leggendo l’articolo apparso
su Rifórma in data 6 marzo
(«1848-1998: valdesi per la libertà») ho preso nota che il
^sindaco di Torino nel suo discorso al teatro Carignano si
è giustamente riferito alla figura di Roger Williams definendolo «riformatore inglese
battista». Mi congratulo con
il sindaco per aver ricordato
questa figura importantissima della storia della libertà
religiosa.
Inmérito vorrei offrire una
piccola ma importante precisazione: Williams nacque in
Inghilterra ma divenne battista soltanto dopo il suo arrivo
m America. È stato in Amerinn che ha potuto realizzare il
suo sogno di una netta separazione tra stato e chiesa.
Mliams viveva a Londra dojve si faceva degli amici neli ambiente puritano e comin
ciava a nutrirsi dei principi
puritani. Trovandosi sempre
più a disagio nella sua patria
a causa delle sue opinioni
non conformiste, decise di
emigrare all’America e giunse
a Boston, sede della Massachusetts Bay Colony, in febbraio 1631, all’età di 30 anni.
Ben presto si trovò a disagio nella colonia puritana
sempre a causa delle sue opinioni religiose. Finì per essere processato e poi bandito
dalla colonia. Costretto a girare nei boschi selvaggi che
allora circondavano Boston
riuscì a sopravvivere grazie
agli indiani che lo accolsero.
Nel 1636 comprò dagli indiani della tribù Narragansett un
pezzo di terreno e fondò la
città di Providence, Rhode
Island. Diede il nome Providence (Provvidenza) alla città
perché attribuì la sua sopravvivenza a Dio tramite il soccorso degli indiani/pagani
che lo accolsero dopo che i
buoni cristiani della colonia
lo cacciarono. Nel 1638 si fece ribattezzare e poi ribattezzò alcuni altri simpatizzanti organizzando la prima
pesso
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Fuori collana è appena uscito
M
La Bibbia delle donne
volume II
da Ester ai Deuterocanonici
pp. 304, L. 36.000
Ilépo il successo del primo volume ecco ora il secondo che
conclude l’analisi dei libri dell'Antico Testamento, compresi
meuterocanonici o apocrifi.
pOhclude il volume un saggio sul® vita quotidiana delle donne nel
Periodo della Bibbia ebraica. Lo
pàuardo competente delle donnenterpreti ci consente di esplorare
'8nimo e la psicologia di donne
Vissute circa 3.000 anni fa e di
^prendere il ruolo che la Bibbia
^ giocato nel determinare le conP«ioni di vita di uomini e donne
”®l nostro tempo, grazie all’in“dénza che le Scritture esercitano
Phcora oggi.
m mmeditnee
Claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
http://www.arpnet.it/-valdese/claudian.htm
Chiesa battista nell’America
a Providence, ove tuttora un
imponente chiesa e comunità continua la sua testimonianza. Però dopo un breve
periodo Williams si ritirò dalla comunità battista e da allora si qualificò «Seeker» (ricercatore, cioè della verità).
A Providence Williams riuscì
a fondare «la prima colonia
nell’America basata sul principio della separazione tra
chiesa e stato e il primo governo nel mondo che abbia
rispettato la piena libertà religiosa» (William Warren
Sweet, The Story ofReligion
in America]
Negli Anni 60 avevo cura
della comunità metodista italiana della città di Providence
mentre frequentavo la Facoltà teologica metodista
dell’Università di Boston e
quella comunità godeva della
libertà evangelica e della libertà del culto di cui l’America e il mondo è erede grazie
alla testimonianza di Roger
Williams.
«Giustificazione e Concilio di
Trento», Riforma del 20 febbraio), e non un appiattimento teologico, di dubbia
caratura. Come ricorda Maja
Koenig rifacendosi a Karl
Barth, la Riforma è una decisione.
Maria Fabro - Genova
I prìncipi
dei battisti
Robert J. Mollar - Padova
La Riforma è
una decisione
Fio letto su Riforma una serie di interventi a proposito
della Dichiarazione cattolicoluterana sulla giustificazione
(Gino Conte, 21 novembre
1997; Eberhard Jùngel, 6 febbraio 1998; Gino Conte e
Maja Koenig, 20 febbraio).
Sto rileggendo le pagine che
Vittorio Subilia, nel testo La
giustificazione per fede (Paideia, 1976) dedica al Concilio
di Trento e alla chiesa giustificante (pp. 84-116). Sono
d’accordo con l’articolo di
Gino Conte del novembre
1997: «Come al tempo della
Riforma, anche oggi la comprensione cattolica e quella
protestante sono radicalmente alternative».
Con profondo rispetto leggo l’intervista al prof. Eberhard Jùngel, docente di Teologia sistematica a Tubinga
che, come luterano, ribadisce il giudizio di Gino Conte:
«Non c’è consenso sulla giustificazione», e produce una
analisi della «Dichiarazione».
Personalmente chiedo un
ecumenismo «appassionato
ma rigoroso» (Gino Conte,
Ho seguito con grande interesse e tormento il dibattito
riguardo la convenienza o
meno di accedere al sistema
dell’otto per mille per quanto
riguarda le chiese aventi parte nell’Ucebi. C’è stato un
convegno di studio, tenutosi
lo scorso dicembre, al quale
partecipai come delegato di
chiesa. E vero che l’idea d’introitare danaro pubblico sarebbe una comodità per la
nostra Unione ma... teniamo
pure conto che un’eventuale
accettazione del sì ci farebbe
perdere il carattere di comunità battiste.
Riporto quanto scrive il pastore Piero Bensi in un libro
pubblicato nel 1981 [Conosciamo i fratelli. Corso breve
di ecumenismo): «(...) la chiesa non può accettare nessun
finanziamento da parte dello
stato; è la comunità dei credenti che deve provvedere
con i propri mezzi a tutte le
proprie spese. Se accetta danaro dallo stato, ne accetta
anche i condizionamenti e
non è più una comunità libera, non è più “battista”».
Ho pure appreso leggendo
Riforma che c’è una pastora
battista che battezza e benedice i neonati negli ospedali
quale gesto di «amore ecumenico». Mi sembra che le chiese aventi parte nell’Ucebi rischiano di avventurarsi in un
sentiero contrario ai principi
battisti e di incamminarsi attraverso un sentiero che conduce a una visione ecclesiologica «costantiniana», che personalmente non condivido.
Nuovo telefono
Fondo Di Solidarietà
conlo.corrente postale n. 11234101
intestato a La Luce, via San Pio 15, 10125 Torino
Chiuso il capitolo del nostro contributo per la scolarizzazione a Tirana, cominciano a giungere le offerte
per la scuola elementare di
Dassa Zoumé nel Benin, in
Africa Occidentale. È possibile che un progetto che riguarda l’istruzione crei meno
emozione che un appello per
un disastro o un cataclisma
naturale. Non dimentichiamo però che l’istruzione, se è
un’azione a lungo termine e
di cui non si vedono effetti
materiali immediati, costituisce il fondamento per il futuro di tutta la società. Come
altri credenti hanno aiutato il
popolo valdese nel secolo
scorso e come dalle Valli le
scuole hanno accompagnato
l’evangelizzazione in tutta
l’Italia, ora noi possiamo (o
dobbiamo) aiutare fratelli e
sorelle in popoli che vivono
nella situazione in cui vivevamo un secolo fa.
BILANCIO 1997
In cassa il 1-1-1997:
3.654.331
Interessi 1996: 35.588
Offerte 1997: 4.575.000
Totale: 8.264.919
Inviate per Vitasoa
(Madagascar): 5.000.000
Tassa bollo sul ccp: 108.000
In cassa il 31-12-1997:
3.156.919
Totale: 8.264.919
OFFERTE PERVENUTE IN
GENNAIO-FEBBRAIO 1998
100.000: Olindo Bufalo;
Lydia Podio; A. C.
50.000: NN San Germano.
Totale gennaio-febbraio:
350.000
Incassa: 3.156.919
Totale entrate: 3.506.919
Inviate per progetto
scuola Tirana: 3.000.000
Imposta di bollo: 18.000
Restano in cassa: 488.919
Totale uscite: 3.506.919
Di fronte alle sofferenze
Possiamo ancora pregare?
JOLANDA SCHENK
Angelo Costa - Genova
POSSIAMO ancora pregare
dopo Auschwitz? E la domanda che molti si sono posta e che Oscar Cullman, nel
suo libro sulla preghiera, ci
ripropone. Si può credere
nell’esistenza di un Dio onnipotente e amoroso quando si
e sperimentata la potenza satanica che si e fatta larga nel
mondo? Dov’è il Dio onnipotente? Cullman ci dà delle risposte su cui riflettere e insiste, parlando della vittoria di
Cristo sulle forze del male,
sul «già» e il «non ancora»
della manifestazione di questa vittoria. E in tutta la sua
così lucida esposizione continua a sottolineare che Dio
vuole che noi preghiamo.
A me la domanda si è posta
in maniera più personale. Io,
che vivo in questo mondo occidentale così sazio e tuttavia
(persino se forse ho solo
quello che a me sembra il puramente necessario) vivo, nel
complesso, una vita comoda,
posso ancora pregare Dio che
aiuti gli affamati, i disoccupati, gli ammalati, i terremotati
ecc? Io che, in fondo, sto bene, credo ancora nel Dio d’amore? Il mese scorso, seduta
comoda in una poltrona, ho
visto un film. L’orgoglio di un
padre. La situazione di un
padre disoccupato, troppo
orgoglioso per accettare
l’aiuto di chicchessia, e dei
due figli che fisicamente e
psichicamente vivono un vero dramma è delineata con
molta delicatezza, ma forse
proprio per questo sconvolge
molto più delle innumerevoli
sofferenze piuttosto lontane,
che «tanto non posso risolvere». Parlo di me, donna sazia
e protetta: con che animo
posso rivolgere la preghiera,
sia pur di lode e ringraziamento, a un Padre, verso di
me così amoroso, lasciando
semplicemente che lui risolva i problemi degli altri? Con
che animo posso pregare?
REA
La nostra redattrice Marta
D’Auria si è laureata il 27
marzo in Lingue e letterature
straniere moderne, indirizzo
europeo, presso l’Istituto
universitario orientale di Napoli, discutendo una tesi in
Lingue e letteratura inglese.
A lei vanno gli auguri di tutta
la redazione.
Partecipazioni
«Dio ci consoia in ogni
nostra afflizione»
2 Corinzi 1,4
Gli amministratori, I redattori e i
collaboratori di «Riforma» partecipano al dolore del consigliere di
amministrazione della «Edizioni
protestanti srl» Claudio Cervi per
la scomparsa della moglie
Ginia Battiston
Torino, 25 marzo 1998
RINGRAZIAMENTO
< Venite a me voi tutti che siete
travagliati e aggravati,
ed io vi darò riposo»
Matteo 11,28
Silvana e Bruno con le rispettive famiglie e I familiari di
Alberto Baridon
La Casa delle diaconesse di
Torre Pellice comunica il
proprio nuovo numero telefonico: 0121-952811.
riconoscenti, ringraziano tutte le
persone che hanno dimostrato il
loro affetto in questa dolorosa circostanza.
Un particolare ringraziamento
rivolgono alla direzione e al personale tutto dell’istituto Pro Senectute di Luserna San Giovanni,
ai pastori Gianni Genre e Mario
Berutti e ai volontari della Cri di
Torre Pellice Barbara, Claudio e
Fabrizio.
RINGRAZIAMENTO
«L’anima mia s'acqueta
in Dio solo: da lui
viene la mia salvezza»
Salmo 62, 1
Rosalia Long e i familiari di
Ernesto Paschetto
ringraziano tutti coloro che hanno
espresso la loro simpatia partecipando al dolore per la scomparsa
del loro caro.
Prarostino, 25 marzo 1998
RINGRAZIAMENTO
I familiari del caro
Roberto Bounous
riconoscenti, ringraziano tutti coloro che con presenza, fiori, scritti, offerte, parole di conforto e opere di bene hanno preso parte al
loro dolore.
Villar Pellice, 3 aprile 1998
Un ringraziamento particolare
al dr. Ventriglia, ai medici e personale del reparto Cardiologia
dell’Ospedale civile di Pinerolo, al
past. Paolo Ribet, al sig. Claudio
Tron e al sig. Enzo laiti.
Pinerolo, 2 aprile 1998
I necrologi si accettano
entro le 9 del lunedì. Tel.
011-655278 e (fax) 657542.
1
16
PAG. 12 RIFORMA
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Intervista a Clément Janda, nuovo segretario della Ceta
Credo fortemente alle possibilità di successo
della teologia della ricostruzione in Africa)
«
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Ponte General Belgrano, tra Resistencia e Corrientes
Impressioni di viaggio nelTArgentina di fine secolo - 6
Liberarsi del peccato originario justicialista
ADRIANO BOANO
Apparentemente la
presenza della polizia è
soffocante, ma gli argentini a
cui abbiamo indicato i poliziotti all’ingresso delle città,
delle provincie, prima dei
ponti (massiccia nei pressi
del Ponte Belgrano tra Resistencia e Corrientes, spiegabile con il fatto che il Paraná
è una via di traffici illeciti dal
Paraguay), dovunque nelle
città, ci hanno rassicurato,
dicendo che non è la Polizia
provinciale a intimorire,
quanto quella federale; e comunque, forse per leggerezza, non si ritiene possibile un
ritorno della dittatura. Per
terrorizzare è sufficiente il ricordo di ciò di cui si è dimostrato capace l’esercito: un
episodio raccontatomi è esplicativo. Per agevolare l’oblio del periodo di torture, le
caserme in cui queste avvenivano vengono demolite o destinate a funzioni diverse, per
evitare pellegrinaggi come ad
Auschwitz e continuare l’opera di rimozione revisionista. Uno dei posti di polizia è
stato riciclato come parcheggio coperto. Il protagonista
dell’agghiacciante esperienza
è un uomo che per due anni
fu desaparecido e subì le violenze dei militari in quella caserma a pochi passi da dove
la moglie attendeva sue notizie: ora si è trovato a riparare
l’auto proprio in quel garage.
Una sera scomparve la luce,
mentre lui era dentro e lo
stesso terrore lo colse, impedendogli ogni movimento: fu
la moglie allarmata dal ritardo a consentirgli di rincasare.
Agresti in Buenos Aires Viceversa coglie a pieno il rapporto che questo paese stabilisce nei confronti dell’autorità: indifferenza allarmata,
ma anticipa la speranza che
ha voluto introdurre nel pur
tragico finale con la reazione
violenta del pugile, che assistendo all’esecuzione del
bambino a difesa della proprietà privata, non riesce ad
evitare di gonfiare di pugni lo
sceriffo assassino.
Purtroppo è solo una speranza: in ogni rapporto con
una divisa si nota quella inesauribile pazienza che si indovina nei volti di ciascun
passeggero costretto a defatiganti attese negli aeroporti e
che non si altera mai, neanche di fronte ai più palesi disservizi; probabilmente la
sudditanza inculcata dalla ingombrante presenza dei militari nella storia argentina è
cagione di questo atteggiamento di sopportazione, teso
a frapporre invisibili barriere
nello scorrimento parallelo
della vita civile, che alla presenza di un’autorità tende a
rendersi il meno visibile possibile, anziché protestare: qui
le ribellioni sono state soffocate nel sangue, a nord (l’Erp
organizzato nei primi Anni 70
nella provincia di Santiago)
come nelle mattanze del Sud
(la rivolta anarchica dei minatori e dei pastori di Rio
Gallegos nella Patagonia del
’21 fu l’ultima delle ribellioni
al latifondo): e probabilmente la brutalità della repressione rimane nei cromosomi,
appiattendo le scelte sul male
minore, dal quale non ci si
aspetta nulla.
L’Ulivo argentino a questo
proposito è ì’Alianga tra Verdi, moderati e Radicali di
Alfonsin, che deluse le legittime aspettative della componente progressista quando appoggiò l’amnistia per
gli assassini del regime. Infatti di tutti quelli con cui ho
parlato, dalla coppia di awo
cati di Mendoza al taxista
«imprenditore», che però riceve i soldi e gli ordini per le
corse dal servizio Manuel
Tienda Leon (impresa che
detiene il monopolio dei trasporti terrestri verso e all’interno degli aeroporti), dalla
neolaureata porteños operatrice turistica precaria, al
giovane impiegato fuegino,
all’anziano croato albergatore (ex ustascia?)... Nessuno
immagina ci siano reali possibilità di cambiamento e
spesso si fa risalire lo scetticismo al peccato originario
justicialista, ovvero l’incapacità del paese di liberarsi
della demagogia populista, e
alla collusione dei sindacati,
resi innocui da Menem dopo
l’appoggio da loro offerto alla sua prima elezione.
(continua)
L’Africa sta male. Dopo circa 40 anni di indipendenza,
tutto sembra destinare questo continente a un futuro
cupo: guerre, colpi di stato
militari, insuccessi della democrazia, abisso economico.
Disillusione e disperazione
soffocano la voce delle chiese. Eppure Clément landa,
anglicano sudanese, 56 anni,
nuovo segretario generale
della Conferenza delle chiese
di tutta l’Africa (Ceta), continua a credere al ruolo indispensabile delle chiese e dei
cristiani per far uscire il continente dalla sua attuale situazione.
- Che cosa risponde a coloro che dicono che la 6“ Assemblea della Ceta era all’insegna
della speranza e che la 7« si è
conclusa con una presa d'atto
di fallimento?
«Ad Harare, nel 1990, di
fronte ai movimenti che emergevano in tutto il continente dopo la caduta del muro di Berlino, simbolo della
fine della bipolarizzazione
del mondo, affermavamo che
si stava aprendo una nuova
era per TAfrica e che era giunta l’ora di rispondere alle grida di libertà delle popolazioni. Sette anni più tardi, possiamo dire che il bilancio è
amaro. La speranza suscitata
dai cambiamenti politici è
stata tradita. Ciononostante,
osiamo affermare la nostra
fede in un futuro migliore per
il quale ci impegniamo a lavorare. Non vogliamo e non
dobbiamo lasciare alcuna
possibilità alla disperazione e
all’“afropessimismo". Sappiamo di essere scossi ma
non abbattuti. Senza speranza non c’è vita possibile».
- Quale sarà la politica della Ceta in questo campo du
II Cec invita le chiese membro a premere sui governi
No all'Accordo multilaterale sugli investimenti
Konrad Raiser, segretario
generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), ha
messo in guardia le 332 chiese membro dell’organizzazione contro i pericoli inerenti
al progetto di Accordo multilaterale sugli investimenti
(Ami), attualmente in fase di
negoziazione nell’ambito
dell’Organizzazione di cooperazione e di sviluppo economico (Ocse). Su richiesta del
Comitato esecutivo del Cec,
Raiser ha inviato il documento informativo sull’Ami, presentato all’ultima sessione
del Comitato (17-20 febbraio
98) a tutte le chiese membro
del Cec. Nella lettera di accompagnamento, Raiser qualifica di «allarmanti» il contenuto e le implicazioni di quel
documento. Ha scritto inoltre
alle chiese membro del Cec
nei 29 paesi dell’Ocse per dare seguito a un’altra richiesta
del Comitato esecutivo che
ritiene che queste ultime
hanno responsabilità particolari da assumere su questa
questione.
«L’accordo - scrive Raiser avrà conseguenze di grande
portata, non solo nei paesi
che partecipano ai negoziati
e che saranno i primi firmatari dell’accordo, ma anche
nei paesi del Sud (...) che non
fanno parte dell’Ocse. L’Ami,
che dovrebbe diventare il
quadro internazionale nel
quale si situeranno gli investimenti esteri diretti, viene
negoziato da rappresentanti
dei paesi delTOcse, senza alcuna partecipazione dei rappresentanti della maggior
parte dei paesi del mondo.
Inoltre l’accordo, così come
si presenta attualmente, po
trebbe rappresentare una minaccia per la creazione di comunità durevoli. Vi sono fondati motivi di preoccupazione per le conseguenze di quel
testo sull’ambiente, sulle
condizioni di lavoro e sui diritti della persona umana».
Nel ricordare alle chiese
membro che i rappresentanti
dei paesi membri delTOcse si
riuniranno a Parigi i 27 e 28
aprile prossimi per proseguire la discussione sull’accordo, Raiser precisa che il Comitato esecutivo ha pregato
insistentemente le chiese
membro del Cec nei paesi
delTOcse di informarsi sulla
questione e sulla posizione
dei loro governi, nonché sulla
posizione delle organizzazioni sindacali e padronali nei
loro rispettivi paesi. Chiede
quindi loro di rivolgersi ai governi e di «spingerli ad adottare un quadro per gli investimenti internazionali che
sia equilibrato e che tuteli gli
interessi delle persone, delle
comunità e dell’ambiente».
' Tony Addy e Eduard Dommen, coordinatori del lavoro
del Cec sulTAmi, ritengono
che a motivo dei pericoli che
presenta l’attuale proposta,
TOcse non dovrebbe insistere
per giungere alla firma dell’accordo. «L’interesse del
Cec per la questione - spiegano - proviene dal lavoro
che esso sta facendo per trovare soluzioni di ricambio ai
processi dannosi della mondializzazione, in particolare
nei campi degli investimenti,
del commercio e delle transazioni finanziarie. La mondializzazione, così com’è
concepita oggi, porta all’emarginazione e all’esclusione
nonché alla distruzione
dell’ambiente. Pensiamo che
occorra elaborare un quadro
multilaterale che consenta di
controllare gli investimenti
esteri diretti, e non TAmi che
dà alle società multinazionali
il diritto di imporre la loro
volontà al resto del mondo».
Secondo TAmi, gli investitori stranieri devono essere trattati altrettanto bene, e perfino
meglio delle società nazionali;
i governi nazionali e locali
non possono limitare gli investimenti stranieri, qualunque
sia la loro forma e qualunque
sia il settore nel quale intendono piazzarsi, ad eccezione
della difesa; i governi non
possono neanche imporre
condizioni per favorire l’occupazione locale, per controllare le speculazioni sui cambi o
per esigere un periodo minimo di investimento.
Inoltre TAmi dà alle società
multinazionali il diritto supplementare di fare causa ai
governi e alle autorità locali
quando ritengono che le disposizioni delTAmi non siano
state rispettate. «Ancora una
volta - continuano Addy e
Dommen -, i cittadini vedranno lesi i loro diritti democratici perché non potranno più pronunciarsi sul
modo in cui auspicano che
vengano condotti gli affari
nei loro paesi. Speriamo che
altre chiese si aggiungeranno
a quelle dei paesi membri
delTOcse per chiedere ai loro
governi di ritirarsi dalTAmi
così come si presenta attualmente, e che le chiese dei
paesi non membri delTOcse
esorteranno i loro governi ad
opporsi al progetto di accordo». (Servizio stampa Cec)
tante il suo mandato?
«A Addis Abeba le chiese
hanno ribadito il loro impegno a riappropriarsi della Ceta. Si sono impegnate a pagare le loro contribuzioni per
permettere alla Ceta di funzionare normalmente. Per
me questo è un messaggio
molto forte. Quando si sa che
T80% delle chiese non ha pagato la propria quota, tale
impegno è molto significativo. Esso esprime la volontà
delle chiese di dare alla Ceta i
mezzi della sua azione nel
continente. Se questo si realizzerà, finanzieremo i programmi decisi a Addis Abeba.
Si tratterà di coinvolgere
maggiormente le chiese nella
prevenzione e nella risoluzione dei conflitti e delle guerre
civili, di lottare per la cancellazione del debito dei nostri
paesi, di lavorare al ripristino
delle relazioni rotte. I paesi
che escono dalla guerra o da
situazioni conflittuali (Angola, Ruanda, Burundi, ex Zaire,
Congo, ecc.) non hanno soltanto bisogno di soldi per ricostruirsi. Ci vuole un lavoro
paziente, profondo, e programmi specifici per portare
le popolazioni di questi paesi
a mettersi insieme per edificare un futuro comune».
- Quali ruoli potrebbero
giocare le chiese in questo
programma ampio e ambizioso?
«Parlando della crescita
delle chiese in Africa, qualcuno ha detto un giorno: “La
Chiesa in Africa è lunga 5 km
e profonda 5 cm”. Forse si
tratta di una battuta, ma abbiamo bisogno di chiese teologicamente forti e saldamente impegnate. Che cristiani siamo? Cristiani che
non esitano a prendere armi
per ammazzarsi? Dov’è il valore della vita cristiana in
questi atti orrendi? Le chiese
devono lavorare al radicamento della fede dei loro
membri, ponendo l’accento
sulla formazione teologica
dei pastori».
- Da qualche tempo in Africa si parla della teologia della
ricostruzione. Ci può essere ricostruzione senza liberazione
e senza riconciliazione?
«La liberazione e la riconciliazione si ritrovano nella
ricostruzione. La teologia
della ricostruzione è l’affermazione di un futuro migliore. Significa dire con il profeta Neemia: “Ricostruiamo”.
Non lasciamoci morire di disperazione: alziarnoci per ricostruire TAfrica. È un invito
ad ogni uomo e a ogni donna a investirsi al proprio livello in un lavoro di ricostruzione. L’Africa non è un caso
disperato, come si tende a
lasciar credere, ma per questo è necessario che ognuno
(compresi i capi di stato, gli
industriali e i finanzieri)
prenda il proprio lettino e
cammini, perché nessuno
verrà da fuori per costruire
TAfrica al posto nostro. Questo presuppone che ci sia un
clima di pace e di fiducia».
- Ma questo rimane un di.
scorso teorico... bisogna esse^
realisti!
«Sono realista; sto parlai),
do di quello che noto e dico
cose che sono nella sfera del
possibile. Ma bisogna che gli
africani riconoscano i pro^
valori. Quale personalità viene riconosciuta agli africani?
Negli aeroporti, essi sono li
bersaglio di tutti i controlli. D
doganiere africano è più severo con il proprio fratello
africano che non con il passeggero europeo; in Europa o
negli Usa gli africani vengono
guardati con diffidenza,
africani viene di solito rico
nosciuto solo un valore spor
rivo e anche in questo caso
per sfmttare meglio il loro ta
lento a fini commerciali. La
teologia della ricostruzione s
oppone ad ogni negativismo
Essa vuole essere una teoio
già che libera dalTalienazio
ne mentale, culturale, intei
lettuale e spirituale e chiede
il riconoscimento dei nostri
valori. Credo fortemente alle
sue possibilità di successo».
- Come pensa di fare per liberare le menti e farle evolvere?
«È un lungo processo per il
quale bisogna lavorare sodo.
Ma non possiamo aspettare
di essere completamente liberati di tutto prima di cominciare a reagire; non c’è
mai liberazione totale, non la
vedrà da nessuna parte; siamo ancora allo stadio del
consumo, non produciamo
granché senza l’aiuto esterno. È ora di capire, a livello
tecnologico e scientifico, il
modo e il sistema di educazione prevalenti nel mondo
per adattarvi la nostra creatività. Per motivi politici ed
economici, molti quadri africani di alto livello vivono fuori del continente. Penso che
coinvolgendoli maggiormente nella riflessione e offrendo
loro un minimo di sicurezza
e di garanzia, essi si impegneranno più di quanto facciano ora nella costruzione di
un futuro comune a tutti», i
- Ha un messaggio per le ^
chiese del Nord?
«Mi sembra che alcune
chiese nel Nord impongano
troppo le loro prospettive
teologiche sulle chiese africane. Fin dall’inizio delle missioni di evangelizzazione in I
Africa, i missionari hanno insegnato la santità della vita e
altri valori come la monogamia e i codici di buona condotta sociale che aprono le
porte del paradiso. Molti africani hanno cominciato a
sentirsi a disagio nelle chiese
e le hanno lasciate per via di
insegnamenti inadatti alla
cultura africana. Oggi queste
stesse chiese dicono che si
può divorziare, risposarsi e
perfino celebrare il matrimonio degli omosessuali. Divorziare e risposarsi è soltanto
una forma di poligamia in serie. Le chiese del Nord non
devono tentare di imporre
una visione universale della
teologia». (infocevaa/sppi
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Nel 1993, rifugiate liberiane in Ghana hanno costruito la Casa dell®
(Foto Acnur)
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