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Anno 113 — N. 15
9 aprile 1976 — L. 150
Spedizione in abbonamento postale
I Gruppo /70
BiiiUCiECA, VAL0ESE
10066 TOiiRE PEILICE
deUe valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
if?-- ■
__________MEDITAZIONI PER IL TEMPO DI PASQUA
Un uomo senza aureola
MARCO 14; 66-72
« Ed essendo Piétro giù nella corte, venne una delle due serve del sommo sacerdote; e veduto Pietro che si scaldava, lo
riguardò in viso e disse: Anche tu eri con
Gesù Nazareno. Ma egli lo negò, dicendo;
Io non so, né capisco quel che tu dica. Ed
uscì fuori dall’antiporto, e il gallo cantò.
E la serva, vedutolo, cominciò di nuovo a
dire a quelli ch’eran quivi presenti: Costui è di quelli. Ma egli daccapo lo negò.
E di nuovo di lì a poco, quelli ch’erano
quivi, dicevano a Pietro: Per certo tu sei
di quelli, perché poi sei galileo. Ma egli
prese ad imprecare ed a giurare; Non conosco quell’uomo che voi dite. E subito
per la seconda volta, il gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli
aveva detta: Avanti che il gallo abbia cantato due volte, tu mi rinnegherai tre volte. Ed a questo pensiero si mise a piangere ».
« Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono »: queste parole acquistano ora il loro
pieno significato. L’ultimo che ancora non
è fuggito tradisce colui che ha seguito (con
un certo coraggio, va pur detto!) fin nel
cortile del palazzo sacerdotale.
E tutto si compie in modo così sciatto e
meschino! Chissà, se Pietro fosse stato arrestato pure lui ed ora fosse posto sotto
interrogatorio in maniera ufficiale, da parte
del sommo sacerdote, a fianco di Gesù, forse terrebbe testa al suo inquisitore con una
coraggiosa confessione. Ma giù in cortile
tutto procede in modo così banale, tra servi e serve che aspettano infreddoliti. Una
parola tira l’altra e una serva attacca Pietro
scherzando: « Anche tu... >>. Probabilmente
è l’occasionale, beffarda banalità dell’accusa con cui si vuole solamente prendere in
giro Pietro che fa di lui un traditore.
SCHERMAGLIA VERBALE
Sappiamo bene come vanno queste cose!
Nulla è più penoso di simili piccole schermaglie verbali. Esse ti tolgono la tua sicurezza e il tuo coraggio ben più facilmente
che se le cose fossero serie e pericolose!
Nella maggior parte dei casi il nostro falli
L'America dei «golpe»
In Argentina come in Cile? L’America Latina è scossa da un nuovo ’golpe’.
Il 24 marzo è scattata l'operazione "Ariete” e Jorge Videla, un generale di 50
anni, ha sciolto il parlamento di Buenos Aires, ha sospeso le attività dei partiti politici, ha bloccato con un rocambolesco inseguimento Isabelita Peron, sta
dando la caccia a tutti i ’montoneros’ e son stati già arrestati più di due mila
oppositori. Solo la Colombia, il Venezuela e la Guyana possono dirsi ancora,
ma sino a quando non si sa, paesi liberi dell'America Latina. Videla ha occupato il potere con le armi ma difficilmente con una politica basata esclusivamente sulla repressione (abolizione del diritto di sciopero, carri armati nelle
fabbriche...) riuscirà a frenare la spinta infiezionistica che ha ormai toccato
il 600% annuo. La dittatura militare in America Latina si sta dunque allargando nonostante la dimostrata incapacità dell'esercito, in questo caso argentino,
di governare il paese (il generale Lanusse dopo sette anni di dittatura militare
ha restituito nel '12 il potere ai civili). Ora dopo una parentesi peronista la
borghesia ha lasciato il posto al "partito militare" che appena entrato alla Casa
Rosada ha ricevuto subito l’assenso da Washington.
(Nostro servizio a pag. 3)
ntento si manifesta non nelle grandi occasioni, in quelle decisive, ma in quelle insignificanti, apparentemente senza importanza.
La serva ripete la sua accusa dopo che
Pietro si è spostato nell’ingresso del cortile,
accanto a quelli che si scaldano intorno al
fuoco. E allorché Pietro si avvicina l’accusa si ripete ancora.
Come si fa, quando si è iniziato a mentire, a tirarsi indietro dal laccio che ci si è
teso da soli? Non rimane che continuare a
mentire ostinatamente, andando in collera
se non si è creduti. Pietro cominciò a imprecare e a giurare.
È straordinario come l’evangelista ci racconta questo incidente che avrebbe potuto
essere lasciato cadere. È sempre così nella
Bibbia: gli uomini di Dio non vengono mai
descritti con l’aureola, al contrario essi vengono sempre presentati per quello che sono
in realtà: uomini come noi, falliti come noi,
traditori come noi. Ciò è tanto più sorprendente data la posizione di prestigio che Pietro ha avuto nella comunità primitiva, tanto che la chiesa cattolica (storicamente peraltro a torto) lo considera il primo papa.
PIETRO RINNEGA GESÙ'
Pensate: Vapostolo-guida di Gerusalemme, il presunto primo papa uno che rinnena Gesù.
Tre volte Pietro rinnega Gesù!
Tre volte Pietro rinnega il Signore. E
questo Signore dopo la resurrezione chiede
per tre volte: « Simone, figlio di Giovanni,
mi ami tu?» (Giov. 21: 15-17). Questa
triplice domanda del risorto è il modo in
cui Gesù perdona colui che lo ha rinnegato.
E se Pietro risponde: « Signore tu sai ogni
cosa », è implicita in queste parole la confessione: «Tu sai anche come io ti ho rinnegato ». Ma nello stesso tempo Pietro pensa anche: «Tu sai anche che ciò nonostante
io ti amo ». Il risorto sa e perciò gli dice:
« Pasci le mie pecore ».
Se il Signore sa tutto, l’uomo non ha più
bisogno di simulare davanti ai suoi simili.
Se il Signore sa ogni cosa e tuttavia non ci
respinge, possiamo essere autentici e non
cercare di abbellirci o di abbellire gli altri.
Possiamo anche noi non avere paura di
quello che siamo e perdonarci a vicenda.
La diplomazia con cui per esempio si scrive la storia della chiesa o la suscettibilità
che si manifesta qua e là nella chiesa per
reagire ad ogni critica o per uscire ad ogni
costo indenni da errori o da tradimenti, non
sono solo penose in sé, ma sono un pesante esempio di mancanza di fede e di rinnegamento.
UNA DOMANDA DECISIVA
Allorché il gallo canta per la seconda
volta e Pietro si ricorda dell’ammonimento
di Gesù, abbandona il gioco e si mette a
piangere.
Ah, se almeno i galli cantassero per farci piangere! Ma i galli non cantano. Al loro posto abbiamo la parola della Bibbia.
Abbiamo questa storia, il cui senso è che
dobbiamo identificarci con il suo protagonista, con Pietro. Se lo facciamo, se vediamo in Pietro il prototipo dei nostri rinnegamenti, scopriamo che non è affatto Pietro e
non siamo nemmeno noi i protagonisti della
storia, ma che è LUI! Lui, il risorto che
chiede ai suoi rinnegatori: « Mi ami tu? ».
Questa domanda penetra i fallimenti e i rinnegamenti: essa cerca la risposta della fede
in mezzo alle situazioni penose e umilianti.
Così il risorto sta davanti a noi con il suo
interrogativo: « Mi ami tu? ».
Kurt Marti
La questione
deU'aborto
Al momento in cui scriviamo non si sa
ancora come proseguirà alla camera la
votazione degli articoli della legge sulPaborto. L’articolo primo, che abolisce le
vecchie norme del periodo fascista, tuttora
in vigore, era stato votato da tutti i partiti. Quei deputati dello schieramento laico
che se n’erano rallegrati troppò presto,
non sapendo con quali avversari avessero
a che fare, sono stati tanto più delusi dal
risultato del voto sull’art. 2 della legge,
passato con i voti democristiani e missini. Nel secondo articolo l’interruzione volontaria della gravidanza continua a venir considerata un reato, non punibile
soltanto quando sia stata denunciata una
violenza sessuale oppure « quando l’aborto
sia commesso per impedire un reale pericolo per la vita o un grave danno per la
salute della donna, medicalmente accertati e non altrimenti evitabili ». Sarebbe
stato il colmo se l'aborto fosse stato punibile anche in questi due casi.
I laici non l’hanno spuntata. Si resta
nell’ambito del ’’penale", mentre l’interruzione volontaria della gravidanza dovrebbe esser vista sotto una luce tutta diversa, come un problema di previdenza e
di assistenza sociale.
È difficile dire se il voto degli altri articoli si farà sempre con la stessa maggioranza democratico-missina oppure se la
D.C. vorrà un altro tipo di accordo. Per
ora, comunque, la vittoria cattolica è im
fatto difficilmente smentibile e la questione dell’aborto non è uscita dalla sfera del
codice penale, il che già pregiudica lo spirito dell’intera legge. Facendo poi passare aH’unanimità l’art. 1 che abolisce i vecchi articoli del codice fascista, i democristiani hanno già spuntato l’arma del referendum che — se mai si farà — non vedrà più la contrapposizione netta con i
laici, come il referendum sul divorzio e
quindi avrà un significato tutto diverso.
La iD.C. ci è cascata una volta, ma non
due; ed i suoi consiglieri vaticani non sono certo degli ingenui di primo pelo.
Comunque la questione dell’aborto non
potrà esser risolta né poco né tanto senza
educazione sessuale e diffusione dei mezzi
anticoncezionali. Va ricordato nero che
fino a pochi anni fa le libere informazioni
su questi punti in Italia erano vietate dalla legge e che solo la lotta popolare e
laica ha capovolto la situazione. Purtroppo restano dei residui importanti della
vecchia mentalità clericale. Così parlare
di educazione sessuale fa ancora sempre
paura e nel complesso siamo molto indietro su questo punto.
La piaga degli aborti clandestini continuerà dunque come prima. Ma questo è
solo uno dei tanti mali che affliggono la
società italiana. C’è il male che è frutto di
uno sviluppo incontrollato, che ha fatto
crescere le città senza pensare a chi ci
doveva abitare, che riduce la gente in baracche come nel Belice, che lascia senza
lavoro centinaia di migliaia di padri di
famiglia e di giovani. La piaga degli aborti è un aspetto di questa società che si è
creata per la logica della speculazione che
i governi non hanno arginato. Ed il futuro non ci preannuncia niente di meglio.
Solo la mentalità borghese pensa che a
tener lontani da noi tutti questi mali basti la polizia e la buona coscienza farisaica. I credenti dovrebbero sapere che a
loro viene richiesto un impegno diverso
per un altro tipo di società.
Sergio Rostagno
IN QUESTO NUMERO
■ Esegesi biblica 2
■ Argentina oggi 3
■ Pagina storica su Ugo
Janni 4
■ Dalle nostre chiese 5
■ Cronaca delle Valli 6-7
2
9 aprile 1976
a colloquio
con I lettori
Da parte di alcuni lettori ci è giunta
disapprovazione per il breve flasch su
Zaccagnini in ultima dello scorso numero. L'intenzione non era certo di offendere e ironizzare sui sentimenti di Zaccagnini come uomo, non è nello stile del
nostro settimanale,. ma semplicemente
di far notare che dietro il volto umano
e commosso di un uomo si nasconde la
grinta di un partito che strumentalizza
anche t più nobili sentimenti dei suoi
per altri fini.
In merito alla presentazione che abbiamo fatto nello scorso numero del pròulema pastorale, Adelchi Ricca ci scrive,
lamentando che si sia in qualche modo
svilito il suo intervento.
Egli ci attribuisce anche dei pensieri
e dei sentimenti che siamo ben lungi dall'avere. Se la prende pure con i borghesi
ma se c'è nella borghesia valdese una categoria di persone che è stata vicina ai
contadini è tutto sommato ancora quella
dei pastori. Comunque ognuno valuti come ritiene dover fare. Pubblichiamo a
p. 6 il suo scritto.
In risposta al suo intervento abbiamo
ricevuto questa valutazione dei giovani
di Prarostino.
Leggendo l’articolo del nostro fratello Adelchi Ricca su « L’Eco » n. 11, 1976, abbiamo
notato la netta contrapposizione tra clero e laicato, dove il primo viene considerato come classe attiva ed il secondo come classe passiva. Questa divisione non soltanto non ci pare valida,
ma la consideriamo una critica non costruttiva
nei confronti di persone che sono impegnate in
im’attività che noi non definiremmo « depositaria della verità » semmai uno stimolo alla ricerca ed al confronto suUa verità.
Vorremmo sapere se eliminando la figura del
pastore ridaremo, secondo lei, attività a tutte
le membra passive oggigiorno esistenti nelle nostre comunità... Non sarà il progressivo qualunquismo ed indifferenza che si sta impadronendo del « laicato » a render passive le membra,
piuttosto che la presenza del pastore? (...) Se
come a noi pare lei vuole l’autogestione della
chiesa non vediamo come questa possa attuarsi
se lei, di fatto, esclude la collaborazione laica
e ci propone come sola alternativa la « sclericalizzazione » della chiesa. (...)
Ricca definisce la ’classe’ pastorale come
classe privilegiata dal, lato finanziario, considerando però il fatto che un pastore percepisce
un salario inferiore ad un operaio specializzato
non ci sentiremmo di tranciare certi giudizi.
Chi sono i veri proletari oggi? Facendo un
sondaggio tra gli operai deUe nostre zone, vediamo ohe Io scopo principale della maggioranza è quello di farsi la casetta arredata con tutti
i conforts (TV-Stereo-Week-end domenicale, au
to); una mentalità piccolo-borghese. Mentre le
persone veramente impegnate a livello sociale c
politico son sempre troppo poche e, purtroppo,
sempre le stesse. Forse i proletari, in senso realmente marxista, li troviamo fra i contadini
delle nostre zone per tutte le diflicoltà che hanno. Siamo d’accordo con Ricca quando dice che
la fede è essenziale ma non neeessariamente deve scaturire o vivere d’ignoranza. Anzi riteniamo che la preparazione teologica dovrebbe diffondersi di più tra la gente perché non crediamo ehe la teologia — come dice Ricca sia
una « dotta elucubrazione » ma uno strumento
essenziale per una retta comprensione dell’Evangelo e della società in cui si esprime l’Evangelo.
Gruppo stampa-FGEI - Prarostino
TORINO: la posizione
ESEGESI BIBLICA
Creata per seconda,
sedotta per prima
Dal dibattito in corso fra associazioni
ospedaliere pubbliche e private, organismi sindacali medici e Regioni (di cui
vari giornali si fanno portavoce), emergono diverse posizioni — anche contrastanti — specie in merito all’incompatibilità dell’esercizio della professione medica presso le case di cura, prevista dalla legge di riforma ospedaliera.
La commissione direttiva dell’Ospedale evangelico valdese di Torino desidera
sotto questo profilo ribadire la propria
linea di azione non « concorrenziale », ma
di affiancamento all’attività pubblica del
settore.
Com’è noto, il nostro Ospedale appartiene alla Tavola valdese ed è gestito dalla Chiesa di Torino tramite una commissione. In conformità alle decisioni sinodali ed a quelle della comunità di Torino, quest’opera ha avuto nel corso degli
ultimi anni una costante evoluzione, anche coll’apporto di tutte le sue componenti, amministrativa, sanitaria e sindacale.
Nel 1969 il nostro Ospedale è stato
classificato « Generale di Zona » con decreto del Ministero della Sanità; con
questo atto si è scelto l’inserimento nella programmazione pubblica ospedaliera, formulata dal piano regionale.
Successivamente, nel 1972, si è avuto
il decreto ministeriale di equiparazione
dei servizi e dei titoli acquisiti dal personale a quelli degli altri ospedali generali di zona amministrati da ESiti ospedalieri.
In armonia ed in coerenza colla sopra
ricordata linea di azione, l’Ospedale evangelico valdese ha formalmente recepito
nei suoi ordinamenti la più receiftd léglslazione in merito al personale ospedaliero medico — al centro delle attuali polemiche — adottando quegli atti deliberativi che ne confermano appunto la scelta di collaborazione nel campo della pubblica assistenza, pur nella salvaguardia
della propria autonomia amministrativa.
Paolo in I Cor. XI ricorda indirettamente che la donna fu creata per seconda,
dopo l’uomo, per essergli utile; e in II
Cor. 11: 3 ricorda che il serpente sedusse
Èva — non Adamo, non la coppia! Le
Pastorali abbinano questi due argomenti
per insegnare alle donne la sottomissione
e il silenzio (I* Tim. 2: 13-14). Si direbbe
dunque che gli uomini del N.T. (forse
non solo loro) si rifacevano più volentieri
al secondo racconto della creazione (Gen.
2-3) che al primo in cui la coppia sembra
creata da 'Dio con un unico atto creativo (Gen. 1).
Per quest’ultimo articolo della serie ho
chiesto al prof. J. Alberto Soggin di commentare per noi questo fatto.
B. C.
L’autore dell’epistola parte da un concetto bene attestato nel tardo Giudaesimo e non sconosciuto fuori dall’ambiente ebraico, cioè che l’anteriorità cronologica costituisce un elemento di primato
anche in altri campi. Così alcuni padri
della Chiesa più antica cercavano di dimostrare che Mosè è superiore a Socrate
ed a Platone, per il solo fatto di essere
vissuto prima. Il carattere per lo meno
strano di questa argomentazione si manifesta quando vediamo, ad es., che ad
essere coerenti, gli animali, in quanto
creati prima della donna, dovrebbero essere anch’essi ad essa superiori. Su questa base, dunque l’uomo sarebbe superiore
alla donna, ed è interessante osservare
che l’autore dell’epistola non sembri avere altre corde al proprio arco: altrimenti,
si deve opinare, avrebbe scelto un argomento più convincente, più ovvio, meno
soggetto a possibili controversie anche allora.
^ Rimane un altro problema: come mai
l’autore sembra ignorare l’affermazione
di Gen. 1: 27, secondo il quale « l’uomo »
è stato creato « maschio e femmina », non
ammettendo quindi altra differenza tra i
due che non sia quella della loro complementarietà? La risposta è abbastanza
semplice; noi sappiamo oggi che Gen. 1:
1-2, 4a e 2: 4b-3: 24 sono due racconti paralleli, anche se con notevoli diversità di
dettaglio, dello stesso avvenimento: la
creazione. Ma anticamente si credeva (e
lo credevano anche gli autori del N.T.) che
TRIBUNA LIBERA
Evangelici e Cristiani per il Socialismo
Nel suo articolo Girardet sviluppava
più o meno il ragionamento seguente:
la riscoperta della libertà evangelica da
parte di molti Gruppi cattolici di base
si è andata storicamente concretando nel
rifiuto della collusione della Chiesa di
Roma con il potere attuale (sul piano
politico e su quello della strenua difesa
della ricchezza come mezzo di potere) e
nella conseguente scelta del modo socialista di cambiamento della società, come
l’unico oggi storicamente disponibile per
ottenere la liberazione degli umili e rompere l’attuale oppressione del potere.
Di qui l’opportunità, anche per le nostre
Chiese, di adeguarsi a tale visione storica, ottenendosi in tal modo il doppio risultato di favorire da im lato, con l’avvento del socialismo, la liberazione degli oppressi e di aiutare dall’altro i c.p.S.
a rompere il prepotere che la Chiesa di
Roma esercita direttamente ed indirettamente sulla società attuale.
Se questa schematizzazione è sostanzialmente corretta, sembra possibile osservare che si constata in essa una certa
confusione tra differenti problemi.
Chi di noi ha avuto occasione di svolgere attività politica concreta non ha di
norma trovato particolari difficoltà a collaborare in tale attività con persone di
origine culturale diversa da quella protestante, fossero esse di formazione cattolica o marxista o illuminista. Ed a tale
attività (quella svolta durante la Resistenza è esemplare al riguardo) ha potuto, senza problemi, portare il suo contributo, nel concreto «politico» e nella
impostazione culturale « protestante ».
Ma non gli è mai stato chiesto, né mai è
stato offerto, un apporto specialmente
« cristiano » ad una attività che si svolgeva sul piano storico e per la quale il
fatto di essere cristiano aveva un senso
nelle motivazioni e nel «modo» di agire, ma non nell’azione in sé.
Oggi Girardet chiede alle nostre Chiese di «compiere opere di giustizia» (e
tale richiesta non è nuova ma è sempre
attuale) e chiede loro di compierle appoggiando il movimento C.p.S.
Le nostre Chiese (e molte altre del resto) hanno per molti anni creduto che
le loro « opere di giustizia » potessero limitarsi a soccorrere le vittime delle ingiustizie sociali (così, il metodismo di
Wesley, l’Esercito della Salvezza, gli
ospedali di Schweizer e via dicendo) senza far caso alle origini di tali ingiustizie.
Dopo Barth questo discorso è in larga
parte superato ed il Consiglio Ecumenico, Martin Luther King, e molte altre
forze e movimenti hanno cercato e cercano di portare la loro testimonianza al
livello della lotta alle cause delle ingiustizie, superando quello della assistenza
alle vittime di esse. Questo pare un dato
acquisito in modo abbastanza ampio e
generale, ferma rimanendo la diversa valutazione del fatto politico, che non per
tutti è solo quella che si concreta nella
soluzione socialista. Ma pare di poter
dire che tutti coloro che così operano ed
hanno operato, cercano sempre di privilegiare il particolare apporto che il fatto di essere cristiani deve permettere di
concretare (se cos’; non fosse non si capisce più perché dovremmo essere cristiani). Ora nella componente cattolica,
che è ancora la massima parte dei C.p.S.,
appare che tale apporto c’è, e chiaro, ma
di matrice strettamente cattolica più che
cristiana. Non si tratta di darsi a rigorose analisi teologiche, ma solo di ascoltare le dichiarazioni non equivoche che
da quella parte vengono ■ ad ogni momento. ^se non sono « un’alternativa su
base cristiana al sistema cattolico ufficiale », ma una alternativa cattolica ad
un altro modo di essere cattolici. Esse
comportano il rischio di sostituire ad un
integralismo, per così dire, di destra un
integralismo di sinistra; ad una Chiesa
Romana legata al potere capitalista, una
Chiesa Romana legata al potere socialista. Se Girardet, ed altri con lui, credono utile questa battaglia, la combattano;
nessuno per questo lo sentirà meno fratello, visto che non è in questione la sua
Fede, ma solo il suo modo di testimoniarla e di viverla.
Ma il compito delle Chiese cristiane,
e protestanti in ispecie, dovrebbe, mi pare, essere un altro. Nella società attuale
e nelle future società socialiste (come in
quelle di tale ideologia già realizzate)
esistono ed esisteranno violenze ed ingiustizie che vanno combattute (e così dovranno sempre esserlo) al lume dei nostri principi. La parola « individualismo »
non ha molta fortuna oggi; e diciamo allora che spetta soprattutto a noi cristiani e protestanti cercare nella libertà la
responsabilizzazione dell’uomo e cercare
nella società il rispetto della sua «persona » : una società nuova per un uomo
nuovo.
Questa è la nostra battaglia che qui ed
oggi significa lotta a quella cultura controriformista che permea ancora di sé
non solo la Chiesa di Roma, ma anche
molti altri Gruppi cattolici e non. Che
si insista sulla intermediazione sacerdotale tra l’uomo e Dio o su quella del Partito tra l’uomo e i suoi problemi; e che
si creda nel Vescovo buono da sostituire
a quello cattivo, oppure nel Partito guida della Classe e a sua volta guidato dai
vari « Migliori », la radice culturale cattolica sembra unica. Questa sembra la
mentalità che le nostre Chiese dovrebbero combattere. Ed è chiaro che se in essa troveranno alleati i C.p.S. tanto meglio, ben sapendo però che la nostra battaglia di fondo è un’altra e che la loro
non la copre del tutto.
Niso De Michelis
il secondo racconto non fosse che la spiegazione in dettaglio del primo, che, cioè,
alcuni elementi, trattati nel primo racconto in forma soltanto generica, fossero
trattati in dettaglio dal secondo, per es.
quello della crèàÉone dell’uomo. In realtà abbiamo a che fare con due concezioni
notevolmente diverse: in Gen. 1: 27 l’uomo esiste soltanto in quanto « maschio e
femmina », sicché le due parti nel matrimonio hanno uguale dignità; in Gen. 2: 7
invece viene prima creato il maschio; seguono le piante nel giardino, poi gli animali ed infine la donna. Ma non sappianio se al momento della redazione finale
di questo passo (probabilmente più antica di quella del precedente, dato che la
si colloca normalmente alla fine del X, inizio del IX sec. a. C.) tale divario cronologico nella creazione implicasse anche una
differenza qualitativa.
Sembra abbastanza probabile che una
tale differenza non esistesse: in Gen. 2;
24 è infatti l'uomo che lascia la propria
famiglia per unirsi alla moglie, e non questa che lascia la propria famiglia. È interessante che nell'Ebraismo dell'Epoca
non vi siano tracce di una problematica
analoga.
Sembra dunque che l’autore dell’epistola abbia voluto legittimare una prassi esistente nella propria comunità con argomenti quanto mai dubbi, probabilmente
perché non ne aveva altri a disposizione,
sicché tale prassi rientra in quegli elementi senza dubbio scritturali, ma che non
hanno più corso necessariamente nella
Chiesa, perché superati in Cristo: tra gli
altri le norme rituali delTA.T.
J.A.S.
Nella trasmissione « Protestantesimo » di giovedì 1/4 è stato affrontato il problema degli
obiettori di coscienza.
Già dal 1949-50 si è iniziato a parlare del
servizio civile e in tutti questi anni qualehe
passo avanti è stato compiuto. Gli Avventisti hanno fatto domanda ed in seguito ottenuto il servizio civile perché le finalità che
questi si proponevano di raggiungere erano
esclusivamente religiose; mentre per ciò che riguarda i Battisti ed i Valdesi questo non
è stato possibile in quanto hanno ritenuto che
le ragioni per cui questi ultimi si ritenevano
obiettori di coscienza fossero soprattutto sociali
anziché religiose.
Si è anche detto che la percentuale di obiettori nei testimoni di Geova è molto alta : si
aggira infatti sull’80%.
È quindi intervenuta la prof.sa Marcella Gay
la quale ha fatto presente che il Pastore Rivoir
si occupa del problema per quanto riguarda i
Valdesi ed i Battisti.
Infine si è detto che la Tavola Valdese organizza dei corsi per preparare gli obiettori dì coscienza al servizio civile consistente in campi
di lavoro di vario genere.
In sostanza, una trasmissione condotta in modo intelligente che ha chiarito tante cose su
uno dei fronti in cui è impegnato l’evangelismo
italiano.
Travers Ro.ssella
Informazione Claudiana
In seguilo alla separazione amminìtratìva dalla Libreria di Torino e al trasloco in nuovi
uffici nello stesso caseggiato la
CLAUDIANA EDITRICE
comunica :
— il nuovo numero di telefono: 68.98.04
— il nuovo numero del conto bancario : 6295
presso Istituto S. Paolo - Ag. 2 - Torino.
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(2/21641) restano immutati.
Orario di Ufficio: 8,20-12,30; 14,30-18. Sabato chiuso.
3
9 aprile 1976
ARGENTINA: fine della
esperienza democratica
KENYA
L'Argentina è stata governata da una
dittatura militare dal 1955 al 1973. Questi
furono anni di dure lotte da parte del
popolo argentino e, soprattutto, della
classe operaia che aveva come centro di
coesione il movimento .peronista; in seguito a questa lotta i militari avevano
dovuto ritirarsi e lasciare aperta la via
perché il popolo argentino scegliesse democraticamente la propria guida; questa
è stata naturalmente identificata nel Peronismo, con lo stesso Peron eletto a capo del paese.
Ora, dopo esattamente 3 anni, sono tornati a prendere le redini del paese i militari, con la loro tipica forma di presa di
potere in America Latina, il « golpe ».
Cos’è successo in questi 3 anni perché
il paese cadesse nuovamente nella dittatura militare? È difficile da spiegare in
due parole senza cadere in equivoci. Bisognerebbe esaminare a fondo la storia
argentina a partire dal 1945, e occorre,
comunque, tener presente che il movimento peronista era già stato al potere
negli anni che vanno dal '45 al '55, e anche questo periodo era terminato con
un sanguinoso golpe militare.
Qui possiamo soltanto dire brevemente che il governo peronista con alla sua
testa Maria Estela Martinez in Peron
(Isabel), dopo la morte del leader, aveva
perso totalmente di credibilità nei confronti di quel popolo che lo aveva portato alla direzione del paese. Questo governo mediante il culto della personalità del suo capo cercava di unire tutto il
popolo argentino nel cosiddetto « Patto
Sociale » tentando di far andare d'accordo padroni e operai, grossi industriali
e disoccupati, latifondisti e braccianti, al
fine di portare l’Argentina ad una posizione economica in grado di competere
con il mercato internazionale e le grandi
potenze (lo slogan di Peron era: « Argentina Potenza ») limitando l’intrusione del grosso capitale straniero. Tutto ciò
con una grossa dose di utopismo e misticismo che molti storici argentini hanno
definito nazista, visti i rapporti di Peron
con l’esercito tedesco durante la II Guerra Mondiale.
La mancanza da parte di Peron di una
chiara analisi economico-politica (a causa degli anni d’esilio o per suo interesse
personale?), che gli avrebbe chiarito i legami fra il capitale nazionale e quello
estero, legami impossibili da sciogliere e,
d’altro lato, la chiarificazione di questa situazione da parte della classe operaia durante lunghi anni di lotta, ha portato il
paese ad una totale anarchia economica,
con una fuga di capitale mai vista prima.
I militari che, come ho detto prima, non
si erano dati per vinti ma solo ritirati
nelle caserme, ben coscienti della situazione hanno programmato di entrare nuo
vamente in gioco. Perché non l’hanno fatto prima visto che si parlava di golpe già
alla fine del ’74? Perché sapevano che intervenire in quel momento ancora troppo
vicino alla sconfitta del ’73 e col popolo
ancora fiducioso nel governo peronista,
avrebbe potuto significare una nuova
sconfitta, stavolta forse definitiva; hanno
quindi aspettato che il governo si screditasse e cadesse da solo, in modo di far
apparire il movimento dei militari come
una specie di zattera di salvataggio. I militari hanno ricevuto una spinta anche dal
trionfo delle dittature nei paesi vicini
(Uruguay, Brasile, Paraguay, Bolivia e Cile), in particolar modo in Uruguay, la cui
esperienza si avvicina più di tutte le altre
al loro modo di agire: eliminazione sistematica della guerriglia, della sinistra, dei
capi sindacali, ecc.
D’altra parte dobbiamo dire che a causa della sua situazione geografica l’Argentina era il centro delle operazioni di resistenza dei cinque paesi limitrofi e vi si
poteva trovare un grande numero di rifugiati politici ed emigrati; ciò faceva in
modo che ci fosse la necessità per le dittature vicine di un capovolgimento della
situazione politica argentina. È difficile
provare l’aiuto dato dai governi vicini ai
militari argentini, ma possiamo dire che
Bordaberry, Geisel, Pinochet, Stroesner e
Banzer hanno dato il loro beneplacito alla
dittatura e che i loro paesi, insieme con
il Perù e la Spagna, sono stati i primi a
riconoscere ufficialmente il governo militare.
Cosa succederà alla sinistra e alle forze progressiste argentine (fra queste,
quelle della chiesa)? Pensando alla triste
esperienza uruguayana e benché la classe
operaia argentina sia una delle più forti
deH’America Latina, si può dire che subirà ima persecuzione tremenda e sistematica con raggravante che per gli argentini
non esiste un paese vicino su cui contare,
mentre i paesi limitrofi avevano usato
l’Argentina come loro rifugio.
Perciò tutte le denuncie a livello internazionale sono estremamente urgenti perché occorre evitare, per ciò che è possibile, altre vittime deH’imperialismo internazionale.
Per finire dirò che a quattro giorni dal
golpe sono state imprigionate 4.000 persone, che vanno ad aggiungersi all’eguale
numero di persone arrestate durante l’ultimo anno del governo di Isabel nel disperato tentativo di mantenere 1’« ordine
pubblico ». R. A.
In Africa orientale esistono delle Chiese ortodosse con una lunga tradizione,
cioè radicate da molto tempo in ambiente africano. Nel 1965 le Chiese del Kenya,
Uganda e Tanzania si sono collegate nella « African Greek Orthodox Church »
(AGOC), che dal 1972 è retta da tre vescovi ausiliari africani. Ufficialmente, essa costituisce l’arcidiocesi di Irinupoli,
provincia del Patriarcato di Alessandria.
Non esiste una statistica precisa dei
suoi membri: l’arcivescovo di Irinupoli
parla di 70.000 membri, ma il segretario
del’AGOC, residente a Nairobi, calcola
invece che siano 250.000. Il maggior numero si trova in Kenya, dove da sette
anni si è pure formato un movimento
della gioventù ortodossa africana.
La liturgia usata in questa Chiesa è
quella greco-ortodossa, cantata in lingua
bizantina, adattata ai ritmi africani.
Anche questa Chiesa compie un grande sforzo per giungere a un’espressione
originale della teologia e della vita di fede. Sta per essere terminata la costruzione di un moderno seminario a Kawangware, vicino a Nairobi, che dovrebbe
contribuire a rialzare il livello teologico
piuttosto modesto degli altri seminari
africani. La costruzione è stata possibile
grazie a un cospicuo dono dell’arcivescovo Makarios di Cipro. Si spera che l’attività del nuovo centro di studi possa aiutare a superare l’attuale crisi di vocazione. La Chiesa del Kenya conta 80 parrocchie, ma ha soltanto 33 preti.
MADAGASCAR
Le chiese e la rivoluzione malgascia
« La rivoluzione socialista è filmica
scelta possibile... La grande maggioranza della popolazione (l’85%) operaia e
contadina, costretta a vivere in condizioni di estrema povertà e proletarizzazione, tende alla radicale trasformazione
della società » ( Carta della rivoluzione
malgascia).
Oggi il popolo del Sud del Madagascar
ha conquistato, dopo sessant’anni di lotte, anche sanguinose, dopo la morte violenta di 3.000 tra uomini e donne nel ’71
e l’incendio di tutti i villaggi del’altipiano
dell’Androy, il diritto di parlare e decidere liberamente. Il radicale cambiamento di regime, avvenuto nel maggio del ’72,
è stato ufficialmente accettato dalla chiesa. Quella cattolica per il momento non
si è ancora troppo sbilanciata; quella
protestante del Nord (FJKM) ha approvato con più entusiasmo il nuovo corso
politico al punto d’inviare alcuni pastori
nelle « fokon’olona », le nuove cooperative rurali.
« Bisognava abolire delle gravi ingiustizie che impedivano il miglioramento
del livello di vita, la chiesa è stata quindi
solidale con il popolo, nel suo sforzo di
emancipazione, come l’acqua col riso»;
così dicono alcuni dirigenti ecclesiastici.
Tuttavia la « Carta della rivoluzione »,
pubblicata nell’agosto del ’75, comincia
ad inquietare la gerarchia cattolica, nonostante essa affermi sul capitolo religione: «le religioni, lungi dall’essere contrarie alla nostra scelta socialista, s’identificano nello spirito dell’eguaglianza e
della giustizia espresso dalle masse ». Privilegiate dai precedenti regimi le chiese
non finiranno per perdere la loro influenza nell’attuale situazione? La domanda,
che è stata posta da due inviati del settimanale francese Réforme, non è priva
di senso.
La paura del comunismo
Infatti il movimento popolare sta facendo balzi da gigante specialmente dopo
la proclamazione, attraverso referendum
popolare, della Repubblica democratica
malgascia. È sempre soggiacente all’interno della chiesa cattolica, a livello di
gerarchia, la paura del comunismo che si
NOTIZIARIO AFRICANO
Lambaréné
La discussione intorno all’ospedale
Schweitzer a Lambaréné, già vivace durante la vita del medico della giungla,
continua. Il problema in gioco è profondo, come avverte chiunque discorra con
africani su questioni sanitarie e farmaceutiche. Da un lato, è evidente la necessità di sempre maggiore qualificaizione
del personale e di specializzazione scientifica e tecnologica: questo nessuno lo discute, anche se non è sempre facile realizzarlo. D’altro lato, però, nella « scientificità » dell’approccio occidentale al malato e alla malattia, anche quando seduce
e abbaglia l’africano, vi è pure qualcosa,
che contrasta con la sua mentalità e la
sua cultura, con il suo rapporto con la
natura. Ad esempio, non sono pochi coloro che cominciano a rifiutare — ma è ancora possibile? — l’alluvione consumistica dell’industria farmacologica occidentale con le sue speculazioni; chi, cioè, considera la diffusione di farmaci occidentali
una delle tante forme di ricerca spasmodica di nuovi mercati per i prodotti industriali, e vorrebbe opporvi un ritorno alla
farmacopea indigena, basata sulla conoscenza di erbe e piante, naturalmente liberata dall’ipoteca magica e asservitrice
dello stregone. Anche fra i cooperatori europei si fa strada questa presa di coscienza. In una corrispondenza di uno di essi,
riportato nel bollettino del DEFAP (il dipartimento missionario del protestantesimo francese), leggiamo ad esempio:
« Quest’anno in Africa ho modificato pa
recchio il mio modo di concepire l'attività medica. Credo sempre meno alla nostra medicina europea individualistica.
Qui lottiamo quotidianamente per sviluppare una medicina più comunitaria. Purtroppo la nostra medicina tradizionale,
più prestigiosa (ma quanto più costosa
e meno efficace), si è già imposta anche
qui: e cercando di mutarla, ci scontriamo con una incomprensione totale. La
gente dei villaggi interpreta il nostro lavoro come una volontà di mantenere il
loro paese nell’ignoranza e di evitare che
si elevino a un livello europeo. Capisco
queste reazioni, ma continuo a pensare
che dobbiamo lottare nella linea intrapresa ».
Rhodesia
In numero crescente studenti africani
varcano la frontiera rhodesiana verso il
Mozambico o verso il Rotswana, aumentando le fila dell’African National Council. È un segno di più della crisi crescente in Rhodesia, dove le differenze politiche interne, i problemi economici e sociali sono stati acuiti e avvelenati dagli
avvenimenti esterni: la rivoluzione politica in Mozambico e in Angola e la recessione economica mondiale.
Questo esodo studentesco è uno dei
maggiori problemi che si trova di fronte
la Chiesa di R.hodesia. Alcune centinaia
di studenti di scuole protestanti hanno
varcato la frontiera. Altri sono stati arrestati e condannati a pesanti pene di car
cere, da 3 a 10 anni. « È la crema degli
studenti che se ne va, — ha detto un
professore della scuola metodista di Tegwani — l’anno prossimo sarebbero entrati tutti all’università ». Il fatto è che, pur
qualificati per l’università, pochi riusciranno a frequentarla e saranno limitate
le possibilità di raggiungere un posto di
responsabilità ben pagato. Un altro osservatore rhodesiano nota : « Pensano che
sia venuto il momento della rivoluzione.
Non è necessario essere comunista, per
pensarlo. Non tutti sono anti-bianchi né
hanno idee precise circa la guerriglia.
Molti saranno delusi, ma sentono di non
avere scelta. Sono presi fra due forze e la
pressione aumenta ogni giorno, da entrambe le parti ».
La decisione del presidente mozambicano Machel di chiudere la frontiera con
la Rhodesia — una misura pre-conflittuale — non potrà che accentuare questa situazione. g. c.
CEvAA
PERSONALE SANITARIO CERCASI
Dall’elenco di richieste di collaboratori diffusa
dalla CEvAA per il 1976 risulta che le Chiese
della Comunità cercano un medico, un’infermiera ostetrica che collabori pure alla formazione
del personale, un infermiere ostetrico che diriga
un centro sanitario in montagna, un responsabile
per la formazione del personale di lavanderia-lingeria per un ospedale, due infermieri (-e) con conoscenza di malattie tropicali per un ospedale
di 100 letti. g. c.
è espressa sino al 1972 attraverso una
pesante propaganda. Un punto a favore
comunque c’è ed è rappresentato da Didier Ratsiraka, il nuovo capo di Stato,
che dichiara apertamente di essere cattolico.
Nel Sud i cristiani sono soprattutto
membri della chiesa luterana d’origine
americana, la quale aveva sino a questi
ultimi tempi l’uso di espellere dalle sue
fila tutti i pastori o catechisti sospetti di
« fare politica », anche se non si trattava
che di protestare — accanto ad un popolo in maggioranza non-cristiano — contro gli abusi del potere coloniale o dei
regimi successivi. Nel 1936 M. Mànja Jaona, oggi presidente del MONIMA, una
delle più consistenti formazioni politiche
del paese, (la sigla del quale può essere
tradotta con « Il Madagascar ai malgasci») fu espulso dalla chiesa. O ancora,
con il pastore Mahatoto, mobilitato nel
1939, appena uscito dalla scuola teologica, fu prigioniero in Slesia, evase, terminò la guerra nelle forze francesi libere. Nel 1947, al suo ritorno in patria fu
imprigionato, perché segretario per il
Sud del MDRM, quel movimento nazionalista che sollevò il paese durante un
anno e fu represso nel sangue. Dopo tre
anni di prigionia, fu escluso dalla sua
chiesa ; reintegrato più tardi divenne
membro del Monima, fu deportato nel ’71
e di nuovo espulso dalla chiesa. Oggi, è
pastore e presidente del Sinodo, per volontà dei cristiani della regione, che avevano lasciato la chiesa in gran numero,
fino al mag.gio del ’75 quando i missionari diedero definitivamente le consegne.
Ma quali sono le grandi novità apportate dalla « Carta della rivoluzione *? Esse si avvertono soprattutto nel nuovo indirizzo impresso all’economia. Nel Madagascar di oggi la priorità è data all’agricoltura.
Città e campagna
Attraverso il recupero delle terre coloniali e attraverso prestiti elargiti dalle
banche (ormai tutte nazionalizzate) si
tende a creare delle cooperative di produzione e raccolta senza più passare attraverso le compagnie straniere che acquistavano a prezzi irrisori. Attualmente
tutti gli sforzi son volti al non importare più del riso; l’alimento base del paese. Con i risparmi sui costi dell’agricoltura (la costituzione di un nuovo surplus) si cercherà di far decollare l’industria leggera, mentre non si prevede, ancora, la creazione di un industria pesante. Questo permetterebbe di rallentare l’afHusso delle masse rurali nei centri
urbani. Al proposito la ’’Carta” prevede
l’invio di studenti nelle campagne, uomini e donne, affinché « si formino in
contatto con il mondo rurale » e possano contribuire al progresso culturale, sanitario e tecnico del mondo contadino.
Un’idea, insomma, che viene dalla vecchia Cina.
(g. P.)
4
UGO JANNI, UN TEOLOGO ANTICONFORMISTA?
Fra modernismo e riforma
Ugo Janni è stato un protagonista minore, ma anche troppo rapidamente dimenticato, della storia religiosa contemporanea.
Le ragioni di questo oblìo, al quale hanno
però parzialmente ovviato in'anni recenti
alcuni richiami alla sua esperienza sia da
parte evangelica che cattolica (ricordo i
saggi di Renzo Bertalot in Ecumenismo
protestante nel 1968, e di Antonio Ghilardi su « Oikoumenikon » nel 1973), sono
diverse e riconducibili probabilmente alla
singolarità del personaggio e alla sua involontaria solitudine; una condizione storicamente comprensibile, come cercherò di
chiarire ripercorrendo sommariamente le
tappe più significative del suo itinerario
spirituale e culturale.
Lo Janni ebbe dalla madre un’educazione cattolica e alla madre, che visse e morì
nella Chiesa Romana, rimase sempre profondamente unito da affinità spirituali mai
rimosse. L’esemplare natura risorgimentale
del suo anticattolicesimo giovanile lasciò
tracce profonde negli sviluppi successivi del
suo pensiero. La Chiesa Vecchio Cattolica
aveva definito un suo preciso patrimonio
dogmatico ed una sua autonomia pratica
all’incrocio fra l’Ortodossia e l’Anglicanesimo. Quel patrimonio, riplasmato da una
personale elaborazione, divenne il fondamento della sua ecclesiologia anche quando fu indotto a cercare rifugio nella Chiesa
Valdese.
LE RAGIONI DI UNA SCELTA
Ci furono in questa adesione ragioni ■
pratiche ed ideali che è bene chiarire. Le
poche decine di membri della sua chiesa di
Sanremo avevano bisogno di appoggiarsi
ad un organismo più robusto. Fino ad un
determinato momento la piccola comunità
si richiamò all’anticlericalismo di tradizione risorgimentale e i suoi membri poterono
accettare aiuti economici conseguenti agli
ideali spiritualisti coltivati da un’ala della
borghesia locale. L’ingresso della piccola
comunità nella Chiesa Valdese, nel 1900,
fu motivata dalla particolare concezione che
lo Janni ebbe del Valdismo. Il Valdismo e
l’Arnaldismo erano stati, secondo lui, nel
Medio Evo, i germi autentici di una possibile riforma religiosa e civile genuinamente italiana; nella Chiesa Valdese, erede di
quell’antica tradizione, egli vide uno straordinario humus per la sperimentazione e
per la diffusione dei suoi ideali di riforma
ecclesiastica, su cui si innestavano, frutto
dei tempi, il nazionalismo politico e, frutto
delle sue personali acquisizioni culturali, il
patriottismo religioso, con l’accento posto
sulla funzione delle chiese nazionali.
Tutto ciò inquadrato in una concezione
della Chiesa Cristiana come unico organismo universale i cui tre grandi rami, Cattolico Romano, Ortodosso e Riformato, non
sono che i frutti di divisioni storiche destinate a sparire. Pluralità accidentale di chiese, quindi, sulla sostanziale unità del ceppo cristiano, il cui dogma era quello definito dalla indivisa chiesa primitiva e dai
suoi primi concilii ecumenici.
L’adesione dello Janni alla Chiesa Valdese era quindi condizionata dall’accettazione del Valdismo più come un « movimento » di riforma della chiesa italiana,
con nobili ed eroiche tradizioni cristiane,
che come « chiesa ».
Non vorrei essere però frainteso. Lo Janni accettò onestamente e sinceramente la
disciplina della sua nuova chiesa; domandò però, ed ottenne, di non dover rinnovare l’ordinazione sacerdotale ricevuta dal
vescovo vecchio cattolico Herzog e di rimanere stabilmente a Sanremo. Anche la
fedeltà all’ordinazione da parte di un vescovo conservata in una chiesa presbiteriana è un segno della sua strategia unificatrice; egli scorgeva infatti nel pastorato evangelico una dignità e una funzione non dissimili da quella dei vescovi ^ Non rinunciò
però nella Chiesa Valdese al suo apostolato
tendente a far ricuperare quella che considerava la ricchezza della tradizione cristiana e quindi anche valori che gli parevano essere stati custoditi dal cattolicesimo
e trascurati dalla Riformai La sua chiesa
doveva porsi come strumento esemplare di
UN INEDITO
..fortemente protestante..
Sanremo, 21 marzo 1931
Gentilissima Signorina,
Grazie della sua lettera in data 19 corrente. Il suo accenno alla sua propria posizione teologica mi suggerisce di richiamare la sua attenzione (perché non ricordo se lo feci sufficientemente nell’altra lettera) sul fatto che io pur essendo
molto alieno dal liberal-protestantesimo, non sono un protestante ortodosso nel
seiìso che si dà a questa parola dalla gente vecchio stile nel nostro campo, cioè
nel senso dei « fondamentalisti » americani. Teologicamente io son un « modernista» nel senso di Tyrrell e di Buonaiuti. Il mio modernismo va più avanti del
V. ^^^^’ptfnaggio alla scienza ed ai risultati certi della critica.
Il liberal-protestantesimo di ieri è, secondo me, reticente dal punto di vista scientifico quando, per esempio, distingue nei Vangeli dei frammenti che reputa storici
e SUI quali fonda la sua religione, da altri che reputa leggenda ecc. ed a cui non dà
valore. Penso che tutte le pericopi anche di Marco, non sono mera storia, ma rifacimento della Comunità primitiva attraverso la sua visione di dati storici. Lei sa,
pero, che cosa io penso della natura di questa visione la quale ha un valore religioso positivo rannodantesi all'ispirazione; sicché religiosamente tutto il Vangelo è
vero. Ma ho fatto questo rilievo solo affinché io non rischi di passare logicamente
per un... fondamentalista agli occhi suoi. Molto ortodosso sono invece nella fede,
e Lei sa quale sia per me il fondamento della credenza obbiettiva.
Giacché ho la penna in mano insisto nel chiarire che il vecchio cattolicismo
non interessa il mio movimento di pensiero religioso come Comunione costituita
ma conte valore religioso-teologico di carattere universale; il mistero della Chiesa,
t mezzi di grazia, il senso della tradizione (ubique, semper, ab omnibus) come
foridamento della canonicità delle Scritture e come aiuto a capire il vero senso
delle Scritture nel loro momento dommatico, penso che i Riformatori tennero la
stessa posizione, ma che l'impulso della Riforma ai valori soggetti vi fece rimanere
un po neWombra quell’altro aspetto della posizione della Riforma stessa; ne seguì che ptu fardi esso fu perduto di vista. Si tratta di rivendicare e rimettere in
valore m seno al protestantesimo quell’aspetto della Riforma che per me è essenziale ad essa. L’idea vecchio-cattolica fa precisamente questo; ed è perciò che ha
valo^ universale, e diritto di cittadinanza nel recinto protestante.
Coi più distinti omaggi mi creda. Devotissimo suo
Ugo Janni
P.S. - Non credo vi sia necessità che io aggiunga altro sulla mia idea pancristiana. Credo risulti chiaro dal mio libro La Santa Chiesa Cattolica che il mio
non è un pancristianesimo sentimentale, ma che esso poggia sopra una concezione
teologica dell attuale unità della Chiesa nel patrimonio dogmatico; unità affetta
da malessere per causa delle incomprensioni, delle visioni unilaterali, e di alcune
degenerazioni marginali delle sue Chiese.
Cè della gente qui in Italia (nella mia Chiesa) che non capisce come la mia
rivendicazione di quei tali valori vecchio cattolici della Riforma sia coerente col
mio protestantesimo. Si può avere un concetto ovvero un altro della mia posizione
teologica considerata in sé, ma io mi indigno quando la si vuol far passare come
estranea al protestantesimo. Io sono fortemente protestante. Nel protestantesimo
«anno cittadinanza tante scuole di pensiero diverse e contrarie. Io rivendico il
aintto di cittadinanza alla mia nel protestantesimo. Questo è un punto al auale
tengo immensamente. ^
Questa lettera, inedita, fu scritta da Janni alla signorina Lydia von Auw, pastore ne] cantone di Vaud, che manteneva in quegli anni intensi contatti con il mondo modernista italiano.
purificazione della cristianità italiana e della sua forma ecclesiastica tradizionale. Questo fu lo scopo centrale del movimento da
lui promosso destinato ad incontrare una
certa curiosità, non poche ostilità e, in genere, scarsa comprensione.
Lo Janni fu un uomo di fede che visse
nel punto d’incontro di diverse esperienze
cristiane, ma fu contemporaneamente un
intellettuale che sofferse la crisi culturale
del suo tempo, fra Fedissi del positivismo
e l’emergere del neo-idealismo, cercando
una soluzione cristiana.
L'UOMO ECUMENICO
Nel tramonto dell’Italia umbertina i prevalenti temi del rapporto tra Stato e Chiesa
nascondevano ancora le sotterranee tensioni religiose e le implicazioni sociali, concrete e non retoriche, di un emergente cristianesimo democratico propenso al rinnovamento culturale.
Nei primi scritti del giovane teologo non
emersero idee particolarmente originali e
soltanto nel 1905 un suo saggio di piccola
mole. Il problema dell’evangelizzazione in
Italia, lo rivelò come voce degna di attento ascolto. Il suo pensiero si sviluppò poi
per sistemazioni successive, sia dei presupposti teorici che delle proposte pratiche,
orientati alla riforma globale del pensiero
cristiano e della vita religiosa organizzata.
Il Catechismo filosofico del 1907, con le
sue risonanze rosminiane e I valori cristiani e la cultura moderna del 1913, furono
due tappe fondamentali di questa meditazione.
Essi vanno esaminati alla luce delle contemporanee vicende del mondo cattolico,
che lo Janni seguì con assidua partecipazione dalle pagine della « Rivista cristiana ».
Se delle proposte sociali dell’esperienza democratico cristiana egli accolse un non meglio definito solidarismo, più sentita fu la
adesione al riformismo religioso e civile,
proposta da un’ala del modernismo cattolico, quella meno radicale.
I modernisti, esclusi quelli che avevano
lasciato la Chiesa o ci vivevano come degli estranei in attesa di una rivoluzione più
che di una riforma; gli apparvero come i
possibili ricostruttori di un cattolicesimo
romano disposto al dialogo, precursori di
quella chiesa che, in successivi scritti si delineò come il luogo geometrico delle speranze dei cristiani separati. Per costruirla
ciascun cristiano avrebbe dovuto lavorare
all’interno della propria chiesa con pazienza, senza stancarsi di pregare e senza lasciarsi tentare dal desiderio di abbandonare la battaglia o di accorciare i sentieri di
Dio. A tutti gli operatori dell’unità cristiana lo Janni chiedeva di convincersi che
un’unità sostanziale già esisteva; occorreva prenderne coscienza e renderla palese a
tutti.
UNA VOCE INDIPENDENTE
La sua attività pancristiana conobbe momenti di entusiasmo ed amarezze. Nel primo dopoguerra i segni di uno spirito nuovo .quali le Conversazioni di Malines e la
Conferenza di Losanna del 1927, furono
contrastati dalla permanente rigidezza della Chiesa di Roma, di cui fu documento caratteristico l’enciclica Mortalium ánimos
del 1928. Ugo Janni non cessò mai di combattere con il suo mensile «Fede e vita»,
con articoli ed opuscoli raccogliendo le sue
meditazioni nei volumi: Teosofia del 1932,
e Ultra meditazione sul tema, che gli fu
caro, del destino ultraterreno dell’uomo.
Non si può dimenticare il suo dissenso, sul
plano squisitamente teologico, dal pensiero
rivoluzionario di Barth, la cui interpretazione di Dio come assoluta trascendenza contrastava con il sereno equilibrio fra trascendenza e immanenza che egli aveva proposto come intuizione autenticamente cristiana del divino.
Mi auguro di poter portare un modesto
contributo alla riscoperta dell’opera di quest’uomo non comune in un saggio, che accompagnerà la pubblicazione di suoi inediti, sulla rivista « Fonti e documenti per la
storia del modernismo ».
Alessandro Zussini
* U. Janni : « Di alcuni problemi relativi al
ministero nella chiesa cristiana e specialmente
alFanzianato nella chiesa valdese », Torre Pellice 1916.
- Preghiere per i defunti, liturgia. (Sinodo
del 1905).
Una vita
operosa
Figlio di un garibaldino che fu per tre'
anni prigioniero nelle carceri borboniche, Ugo Janni nacque a L'Aquila il 10
settembre 1865, fu chiamato Ugo in memoria di Ugo Bassi. Avvicinatosi nell'adolescenza alla Chiesa Metodista Wesleyana, orientò i suoi studi, dopo qualche
perplessità, verso la teologia ed aderì a.
un ramo del Vecchio Cattolicesimo, che
faceva capo ad Enrico di Campello, a
G. B. Bavarese e a Filippo Cicchitti Soriani col nome di Chiesa Cattolica Riformata. Prosegui e concluse la sua formazione presso la facoltà di teologia vecchio-cattolica di Berna. Sempre a Berna,
nel 1889, fu ordinato sacerdote dal vescovo vecchio-cattolico Herzog.
Invitato a Sanremo con il Campello per
una serie di conferenze vi trovò accoglienza favorevole e decise di rimanere.
Fra il 1890 e il 1901 lo Janni si servì per
la sua pronaganda del periodico « Il Labaro della riforma cattolica ». La Chiesa
Vecchio Cattolica gli apoariva già allora
come un'oasi di pace in cui lavorare per
l'unione delle chiese cristiane.
Nel 1900 ottenne di entrare a far parte, con la sua piccola comunità, della
Chiesa Valdese. Fra il 1905 e il 1907 curò la costruzione del tempio Valdese di
Sanremo e dell'oratorio annesso alle
scuole evangeliche.
Sanremo fu il rifugio definitivo della
sua vita ; di qui egli partì per tenere
conferen;?e in varie città italiane e qui
svolse, nel corso della prima guerra
mondiale, attività di apostolato religioso
e patriottico fra i soldati e la popolazione civile.
Intensa fu la sua attività in favore della Federazione Italiana degli Studenti per
la cultura religiosa che, con intenti interconfessionali, cercava di radunare i giovani che rifuggivano dall'ormai decadente positivismo per proporre loro ideali
religiosi culturalmente aggiornati. « Fede e vita », organo di quell'Associazione, fu diretto a più riprese dallo Janni
che, nell'ultimo scorcio della sua vita, ne
fece il principale organo per la diffusione del suo pensiero pancristiano. Ebbe
la ventura di incontrare e di scegliere
maestri e compagni di strada chè influenzarono il suo pensiero ma dai quali accolse, in piena autonomia di elaborazione, idee che organizzò con forte capacità
di sintesi. Qui è possibile citare soltanto
qualche nome. Fra i maestri Loyson, Michaud, Martensen, Secrétan ; fra i compagni di strada, quasi tutti i fautori di
rinnovamento religioso nell'Italia del primo 900, Geremia Bonomelli ed Ernesto
Buonaiuti. Personaggi molto diversi con
cui egli lavorò al suo progetto di Chiesa
che, nell'unità e nella diversità, doveva
trovare una ragione di forza anziché un
motivo di debolezza. Non va dimenticata
infine la sua opera per il rinnovamento
della liturgia e dell'innologia evangelica,
anch'essa portata avanti con intenti ecumenici.
Ugo Janni si spense a Sanremo il 30
luglio 1938.
5
9 aprile 1976
FELONICA PO
ROMA/« IL LAVORO NELLA CHIESA
Culto interrotto I DIPENDENTI LAICI A CONVEGNO
Domenica 21 marzo, primo giorno di
primavera! A Pelonica Po, nella saletta
dove ci si riunisce nei mesi invernali, il
culto si svolge regolarmente e il sermone
viene ascoltato in silenzio, come sempre.
A un certo punto il pastore, per ancorare il Vangelo alla vita quotidiana, tenta un esempio per evidenziare l’egoismo
umano, il nostro egoismo, con la speranza di spingere l’uditorio alla riflessione
e alla ricerca di soluzioni individuali p
sociali meno egoistiche.
Citando il filosofo Hobbes che diceva
« L uomo è ciò che mangia » nota che se
presa « cum grano salis » questa costatazione è giusta : l’uomo è ciò che mangia: ha bisogno di cibo per vivere; ma
l’uomo è ciò che consuma; ha bisogno di
vestiti per vestirsi, di scarpe per camminare, di combustibile per scaldarsi e per
spostarsi in questo mondo. Gesù non ha
rimproverato all’uomo di avere fame:
quando la folla era affamata le ha dato
da mangiare. Ma siamo diventati persone che non consumano più con saggezza
e iiconoscenza quel che è necessario, ma
degli spreconi! La nostra è una civiltà
dello spreco! Mentre nel mondo molta
gente non ha neppure la bicicletta noi
siamo costretti a mandare in demolizione auto che ancora potrebbero funzionare. Egli ha anche letto un giorno su
certi giornali la proposta di organizzare
il trasporto delle auto vecchie nei paesi
sottosviluppati per rivenderle a chi è più
povero di noi.
Non sarebbe meglio cercare di avere
un’economia diversa che cerchi di consentire a tutto di consumare quello che
è necessario, e Ano in fondo, senza spreco e senza l’idea di cedere agli altri soltanto i nostri avanzi o i nostri scarti?
È vero che oggi si parla di riconversione industriale, ma si ha l’impressione
che questo serva in molti casi a camuffare operazioni finanziarie che fanno
sborsare miliardi allo stato per continuare a produrre e fabbricare esattamente
o quasi lo stesso e le stesse cose di prima, e come prima.
A questo punto però il pastore non
ha più potuto continuare, non ha potuto dire che se non si cambia di mentalità, se non vi è una vera « conversione »
non si potrà andare che di male in peggio. Il predicatore non può dire che il
rifiuto^ dell’invito evangelico a spartire
con gli altri i beni di questo mondo non
può che portarci alla rovina. Non può
dirlo perché è interrotto bruscamente da
una esclamazione: «Basta con la politica ! ». « Non vogliamo che in chiesa si
faccia sempre politica». Alcuni altri fanno eco affermando che solo i «politici»
devono interessarsi di politica ecc. ecc.
Dato l’ambiente familiare il predicatore si dichiara disposto a discutere il terna fede e politica se basta un accenno
di sfuggita nel corso del sermone per far
sorgere quasi un putiferio. Si può discutere quando si vuole e come si vuole, all’ora del culto o in altra sede e in altre
ore. Del resto qualcuno aveva già proposto dei culti seguiti da discussioni.
Qualcuno si dichiara favorevole e approva anche quanto detto dal predicatore perché non si può scindere vita privata e pubblica, fede e politica, Evangelo e impegno sociale.
Ma l’ora del pranzo si avvicina e per
non terminare « il culto » in coda di pesce si canta l’ultimo inno e conclude secondo la consueta liturgia, perché già
molta gente si sta alzando e si prepara
ad uscire.
Sarà questo culto un momento di crisi
positiva per la comunità? Non lo sappiamo ma ce lo auguriamo. Aggiungiamo
ancora che quello stesso sermone, predicato a Mantova nel pomeriggio, con lo
stesso esempio, non ha suscitato alcuna
reazione negativa. Anzi ha messo in moto una conversazione impegnata come
accaduto altre volte.
Bruno Costabel
Giovani del IV Circuito
Il 15 aprile si terrà a Viering, in Val
d’Aosta, presso il centro evangelico, un
incontro dei giovani del IV circuito (TO,
Ivrea, Aosta, Susa, Coazze).
Il programma della giornata, con inizio alle ore 10, prevede una breve relazione di ogni gruppo sulle attività giovanili svolte ed un esame delle prospettive future.
L’incontro vuole essere soprattutt»
un’occasione per scambiare esperienze e
conoscersi meglio.
Partenze da Torino in pullman. Piazza
Carlo Felice alle ore 7.15 - rientro, stesso
luogo, alle ore 21.
Prenotazioni e informazione presso G.
Platone, via Petrarca 44, tei. 650.5287 ,To.
Tutti sono cordialmente invitati.
Sabato 3 e domenica 4 aprile, si è svolto a Roma un incontro di studio, promosso dalla FGEI e dal Servizio Sociale della
FCEI, sul tema: « Il lavoro nella chiesa ».
Scopo di questo incontro era di riunire
i dipendenti laici che operano nella chiesa onde avere un primo scambio di informazioni sulle esperienze di lavoro vissute direttamente da queste persone. Questo perché le varie situazioni di lavoro esistenti nella chiesa sono estremamente diverse l’una dall’altra sia sotto il profilo
normativo che retributivo, sia nella impostazione che nei rapporti di lavoro. Si
trattava quindi; 1) di capire la natura del
problema e definire le caratteristiche del
lavoro nella e per la chiesa; .2) di verificare
alcune definizioni generali sulla base di
due esempi concreti non esaurienti delle
diversità di situazioni di lavoro, ma significative (servizio RAI-Stampa evangelica
della FCEI, Istituto Gould); 3) di stimolare la costituzione di un gruppo che assicuri continuità al lavoro lanciato con il
convegno e fornisca un’ampia documentazione sul problema.
All’incontro erano presenti una trentina
di persone, tutti dipendenti laici. Purtroppo non erano rappresentate alcune delle
maggiori opere della chiesa (nessun dipendente della CIOV, un solo dipendente
delle varie opere della Sicilia - Centro
Diaconale di Palermo). Vi erano invece
dipendenti dei convitti di Pomaretto, Torre Penice, Firenze, Roma Centocelle, della
Claudiana di Torino, degli Uffici della Tavola Valdese a Roma, della Casa di riposo
di Luserna, del Servizio Rai-Stampa evangelica della FCEI, dell’asilo per l’infanzia
di Rivoli.
Il convegno è iniziato con una lunga
relazione di Giorgio Peyrot che, risalendo
ad una indagine fatta dalla Tavola Valdese nel 1955 su questo problema, ha messo
in evidenza il fatto che allora come oggi
vi è un’enorme diversità tra le varie situazioni lavorative. Ogni opera é nata e va
avanti per conto proprio, senza che ci sia
un effettivo coordinamento unificante tra
di loro. Da qui le notevoli disparità esistenti tra un lavoro e l’altro nell’impostazione, nel trattamento del personale, nei
rapporti di lavoro tra dipendenti e direzioni, ecc. Inoltre, si rileva che nella stragrande maggioranza dei casi, il lavoro
nella chiesa è solo opera dei laici, mentre
il lavoro pastorale viene considerato separato da quello laico. La partecipazione
all’indirizzo del lavoro, che esiste per i
pastori, non è altrettanto evidente per i
laici i quali spesso si trovano ad esplicare un lavoro deciso e impostato da altri.
In molte situazioni, non vi è una cogestione nel lavoro, per cui diversi dipendenti,
assunti in nome del servizio, si sentono di
fatto utilizzati come semplice forza-lavoro
che non ha diritto di partecipazione alla
finalità del lavoro (ciò vale soprattutto per
i dipendenti non credenti, ma anche per
quelli evangelici quando vi è una evidente
disparità di ruoli e di responsabilità tra
fratelli). Dalle relazioni fatte dai presenti
sul proprio lavoro è emersa la differenza
di situazioni tra dipendenti veri e propri
(segretarie e dattilografe della Tavola, dipendenti della Claudiana, ecc.) e altri dipendenti che godono di maggior autonomia (dipendenti giornalisti del servizio
Rai della FCEI, direttori dei convitti).
Inoltre vi è una differenza qualitativa nel
tipo di lavoro svolto: c’è chi ha da fare
solo con delle cose, chi solo con delle
persone, per cui in un caso vi è alienazione, neH’altro gratificazione. Da qui nasce
il problema dell’equità tra le mansioni
svolte e quindi l’esigenza dell’intercambiabilità dei ruoli. Anche qui, c’è molta
diversità nei rapporti di lavoro, a seconda della mentalità delle varie opere, mentalità che nasce da determinate posizioni
teologico-politiche.
Come si vede, questo primo approccio
al problema del lavoro nella chiesa mette
in luce la complessità delle situazioni e
delle loro contraddizioni. Si tratta di evidenziare chiaramente tali contraddizioni
rispetto all’Evangelo, e di cercare di superarle con una seria e approfondita riflessione teologica e politica. A questo
scopo è stata costituita una commissione
che, in vista di un prossimo convegno più
allargato, dovrà:
a) utilizzare il materiale uscito da questo convegno (servendosi della rivista Diakonia, per es.);
b) fare una ricognizione delle varie
situazioni di lavoro nella chiesa;
c) stimolare il maggior numero di
persone che diano contributi di riflessioni
sul problema.
Jean-Jacques Peyronel
X Circuito
Teologia e socialismo Monitori del V Circoito
Venerdì 19 marzo ha avuto luogo in
Firenze l’Assemblea-incontro del X Circuito.
Dopo il culto condotto dal fratello
Giordano Senesi di La Spezia con riflessione su Romani 1:16, il sovrintendente
Alfredo Scorsonelli ha aperto i lavori,
che, nella mattinata sono stati dedicati
ad una rassegna delle condizioni e del
lavoro delle chiese e dei gruppi del circuito.
Prima della sospensione per l’agape
fraterna, ottimamente preparataci ’in loco’, l’assemblea ha deciso di approfondire i problemi inerenti l’insegnamento
catechetico riprendendo una deliberazione della Conferenza dell’ex IV distretto
valdese del giugno 1975. Inoltre, in vista
di maggiore interessamento per la diffusione della nostra stampa e maggiore
presenza regionale in essa, l’assemblea
ha impegnato le comunità a segnalare
al Consiglio di Circuito i nomi dei corrispondenti regolari per il nostro giornale.
Alla ripresa pomeridiana il past. Giovanni Lento ha introdotto il tema « La
evangelizzazione oggi », partendo dalle
proposte di alcuni teologi che sono stati
assillati dal problema della mediazione
delTEVangelo all’uomo contemporaneo.
La riduzione della figura del Cristo,
alla quale oggi assistiamo, costituisce
per G. Lento un grave ostacolo all’evangelizzazione, priva della sua forza intrinseca: in molta predicazione Cristo non
appare più il Signore vivente di cui testimonia il Nuovo Testamento e che costituisce la sua speranza e la sua attesa.
Lento, quindi, ha indicato nel recupero
della dimensione totale del Cristo e nella ricerca di un linguaggio che, sganciato dalle categorie di pensiero dei teologi
d’oltr’Alpe, si situi culturalmente nel nostro ambiente, una via per la mediazione dell’e vangelo oggi.
All’introduzione del past. Lento è seguita un’ampia conversazione nella quale
sono intervenuti numerosi partecipanti.
Sul problema della preparazione di
speciale materiale atto all’evangelizzazione, l’assemblea ha ritenuto che esso possa essere convenientemente redatto di
volta in volta nelle località in cui si effettui speciale azione evangelistica e sui
temi sui quali essa sarà basata.
Il sovrintendente ha concluso l’incontro sottolineando come l’evangelizzazione debba essere « incarnata ». Incarnata
in chi e nelle comunità che la svolgono;
ed ’incarnata’ nella realtà delle condizioni di coloro e dell’ambiente verso cui la
parola evangelizzatrice è rivolta.
Terminando, vogliamo ridire il nostro
vivo ringraziamento alla Direzione ed al
Personale del Gignoro.
« Teologia e socialismo in Karl Barth »
è il tema del secondo incontro che il
Centro « P. Andreetti » di San Fedele
d’Intelvi ha organizzato nel quadro di
una serie dedicata ai problemi centrali
del dibattito teologico attuale. Con questo tema si intendeva soprattutto affrontare il dibattito suscitato da F. W. Marquardt, con la sua tesi di un fondamentale orientamento socialista in tutto il
pensiero di K. Barth.
La discussione, molto animata come è
nelle abitudini di S. Fedele, è stata introdotta da B. Rostagno, in sostituzione
di Paolo Pioppi, impossibilitato a partecipare a causa di un impegno in Germania.
Barth non ha identificato Regno di Dio
e socialismo. Egli ha tuttavia preso molto sul serio il marxismo, cui ha consacrato un’analisi molto attenta nella Dogmatica, e nel suo pensiero vi sono certamente degli elementi marxisti, come il
peso riconosciuto alle determinazioni
economiche nella storia della Chiesa. Non
è però il socialismo a fondare una fede
nella realizzazione progressiva del Regno
di Dio, ma è al contrario la fede nel Regno di Dio che permette di riconoscere
in un ordinamento di tipo socialista una
possibile parabola del Regno. Barth ha
riconosciuto pure la realtà della lotta di
classe; ma ha affermato che il compito
della comunità cristiana è di non assolutizzare questa lotta, ma di indicare che
in Cristo la situazione degli uni e degli
altri è trasformata.
Quaranta monitori hanno partecipato
al Convegno di Vallecrosia il 27 e 28 marzo promosso dal V Circuito valdo-metodista (Liguria e Piemonte Or.). Scopo
dell’incontro era quello di presentare il
nuovo materiale che verrà adoperato dalle Scuole domenicali a partire dal prossimo anno. I lavori introdotti dal past.
Valdo Benecchi e dal dott. Franco Girardet son partiti dalla domanda : « è
ancora valido fare la Scuola Domenicale?». Dopo l’esegesi del sesto capitolo
del Deuteronomio, il dibattito si è incentrato da un lato sulla trasmissione
della fede, (solo Dio la suscita e la dona), dall’altro sull’importanza della critica biblica.
Girardet, dopo un’introduzione che ha
preso in esame le attuali linee di sviluppo della pedagogia, ha presentato il nuovo metodo e materiale, allestito dal
« Servizio », che verrà inviato alle Scuole Domenicali nel prossimo settembre.
I monitori presenti hanno deciso di ritrovarsi presto; prossimo appuntamento al collettivo teologico che si terrà a
Borgio Verezzi il 22/23 maggio.
MILANO
TARANTO
Recentemente, Paolo Condola ha trascorso alcune settimane a Taranto, in
quella che egli — malgrado ne viva lontano da tanti anni — continua a considerare la « sua » città. Soprattutto, in
quella che egli considera sempre la sua
comunità evangelica e che, come sempre,
lo riceve con gioia ed affetto.
La ragione per spendere due righe su
questo soggiorno più che sugli altri, sta
nel fatto che una domenica, durante il
culto, è stata invocata la benedizione del
Signore sulle nozze del fratello Condola
e della sua compagna Elsa Comba, già
registrate civilmente a Torre Pellice.
La comunità tarantina, che in quell’occasione ha gioiosamente circondato gli
sposi, desidera ancora esprimere a tutt’e
due il proprio affetto, la propria simpatia, il proprio augurio. E li assicura di
accompagnarli col proprio pensiero, nella certezza della grazia di Cristo.
• In occasione della Domenica della Facoltà di Teologia, l’il aprile il culto sarà presieduto dal pastore Paolo Ricca.
• Sempre TU aprile avrà luogo la consueta riunione della « domenica della
diaspora nord-Milano » presso i locali
della Chiesa Metodista di Via Porro Lambertenghi 28. Dopo l’agape fraterna (prenotarsi telefonando al n. (02)68.86.612),
alle ore 14.15 il pastore valdese Paolo
Ricca e lo psicologo prof. Cesare Musatti introdurranno sul tema: «Un problema scottante : l’omosessualità ». Seguirà un dibattito.
• L’incontro di Pasqua della Lega Femminile avrà luogo martedì 13 aprile alle
ore 15.30. Dopo una meditazione, sarà
proiettato il film « I figli degli altri ».
• Il Culto con S. Cena del Venerdì Santo alle ore 21 sarà tenuto dal pastore
Thomas Soggin, mentre il pastore Neri
Giampiccoli presiederà il culto di Pasqua con S. Cena alle ore 10.45.
• Nelle giornate di sabato 24 (dalle ore
19.30) e di domenica 25 aprile presso il
« Centro P. Andreetti » a San Fedele
d’Intelvi si terrà un convegno dei monitori della Lombardia.
6
allB valli oggi
Spirito
di crociata
Il 10 marzo 1967 la Regione Piemonte
proponeva un disegno di legge (n. 82) sulle « norme relative agli interventi regionali per favorire l’esercizio del diritto allo
studio », proposta che intende decentrare
anche nel settore scolastico interventi e
responsabilità. Nella relazione introduttiva infatti si dice: « con la nuova legge si
intende indirizzare ed incentivare i Comuni a consorziarsi per gestire i servizi secondo criteri conformi alla divisione del
territorio regionale in modo da realizzare una maggiore funzionalità ed economicità dei servizi stessi » (i servizi di cui
si parla sono scuolabus, servizi mensa,
ecc.). Questa proposta di legge, assai ben
impostata, ha però toccato un tasto delicato: essa infatti prevede degli interventi
soltanto a favore della scuola statale e degli Enti territoriali locali, fatta eccezione
per le scuole materne che continueranno
ciu essere ftnunzidte, previa cotivenziorie
che garantisca « parità di trattamento anche economico e di insegnamento rispetto
alle scuole materne statali e di Enti locali
territoriali ».
Sono bastati 5 giorni perché la DC presentasse una controproposta di legge in
difesa delle sue innumerevoli scuole private: il 16 marzo era pronta la legge regionale n. 83. Richiamandosi alla Costituzione (è sernpre interessante notare in
quali contesti questo richiamo venga proposto! ) l’art. 1 intende « garantire l'effettiva parità di trattamento tra gli alunni delle scuole statali e quelli delle scuole
non statali parificate... ».
Senza entrare in merito al contenuto
dei vari articoli della proposta di legge
regionale e della controproposta democristiana, vale la pena considerare le reazioni susñtate nel pinerolese.
Innanzitutto, falsando dichiaratamente
i fatti, certa stampa (es: Il Pellice) ha informato la gente affermando che la Regione « ha tolto tutti i contributi alle
scuole private»; di qui il terrore diffuso
in molte famiglie delle valli che sono state spinte a firmare petizioni contro la Regione. Questa situazione si è verificata soprattutto a Perosa-Pomaretto. Le cose
sono andate diversamente in Val Pellice
in quanto il Consiglio di Istituto della
scuola media valdese ha assunto una posizione diversa, non confondibile con
quella degli istituti privati cattolici in
mezzo ai quali si è fatta invece pizzicare
anche la Scuola Latina di Pomaretto. Il
Consiglio di Istituto della media valdese
di Torre infatti chiede soltanto la modifica del comma c) dell’art. 3 che i lettori
possono controllare qui accanto.
Occorre proprio ricordare che nulla è
stato deciso e che la Regione, con correttezza, ha inviato ai comuni, alle Comunità Montane, a tutti gli organi collegiali
scolastici, la bozza di proposta di legge
per una consultazione?
Le posizioni quindi sono molto diversificate e non è certo possibile fare un
« fronte unito », senza distinzioni, come
sembra far credere la dichiarazione pubblicata in prima pagina de « Il Pellice ».
Come si può sostenere che « I genitori ed
insegnanti degli allievi di tutte le scuole
non statali del Circondario di Pinerolo »
protestano contro la Regione, quando non
risulta vi sia stata una consultazione neppure fra gli insegnanti? (questo me lo ha
confermato, per esempio, la preside della
Scuola Media Valdese di Torre).
Il pres. del Consiglio di Istituto della
media valdese di Torre, arch. Longo, che
ho intervistato, ha voluto dichiaratamente prendere le distanze da questo tipo di
crociata, dichiarando che, come amministratore, apprezza molto il contenuto del
la proposta di legge regionale che conce
de una volta di più agli enti locali respon
sabilità di gestione diretta. Ha anche ag
giunto che la Giunta della Comunità Mon
tana, dopo aver preso visione della pro
posta di legge, ne ha dato parere favore
vole.
L’incontro promosso dalla Regione pres
so la biblioteca di Pinerolo sabato 3 apri
le ha visto un fitto schieramento DC ve
nuto a sostenere le « scuole libere » (que
sta la nuova trovata democristiana per in
dicare le scuole private). L’assessore Bon
tempi che presiedeva l’incontro ha comunque assicurato che sì terrà conto dei
suggerimenti emersi, dall’una e dall’altra
parte.
Il suggerimento dell’Eco del Chisone di
affrontare la questione in modo « sereno »
e « critico » è senza dubbio accettabile:
purché questo non significhi un ulteriore
cedimento verso la politica scolastica della
DC. La Regione sembra comunque disponibile per una soluzione morbida.
E. Genre
- cronaca
MINISTRI E MINISTERO
Risposta ai predicatori della Val Pellice
«I predicatori del 1° Circuito (Val Pellice) » scrivono ne « L'Eco - La Luce » del
19 marzo un articolo contro certe idee
che essi gratuitamente mi attribuiscono,
e contro i Riformatori, dal titolo La chiesa ordina i suoi ministri, ma chi ti riconosce è lo spirito. Sembra un’accusa contro di noi, ma i Riformatori, ed io con
loro, abbiamo sempre e fortemente affermato questa sovranità dello Spirito Santo. I predicatori dicono che io ho scritto
« una lezione sui ministeri e in particolare sul ministero della Parola nella Chiesa,
citando ampiamente i Riformatori... ».
Consentono su quello che ho detto nella
prima parte della predicazione come anima della chiesa, ma, dicono, « il nostro
consenso cessa quando si passa al secondo momento del discorso, cioè l'identificazione del ministero della Parola con i
ministeri ordinati ».
La prima parte era un’introduzione in
cui esprimevo il mio pensiero sulla predicazione, la seconda era « la lezione »
non « sui ministeri », ma « sul ministero
della Parola nel pensiero della Riforma ».
Era il riassunto del corso che sto svolgen
do su questo argomento alla Facoltà teologica.
Si. sarebbe dovuto avvertire questo passaggio e non attribuirmi pensieri e giudizi che non sono miei. Questa confusione
poteva essere facilmente evitata a) perché ho espresso la critica all’organizzazione dei ministeri nelle chiese della Riforma in una prolusione in Facoltà nel
novembre 1960 (vedi Protestantesimo
1961: Il ministero e i ministeri nella prassi ecclesiastica), b) perché in tutti i corsi
di teologia pratica insisto ripetutamente
che uno dei primi compiti del pastore è
di preparare i membri più adatti della
comunità per i molteplici ministeri locali
(e, salvo uno, tutti i pastori della Valle
del Pellice sono stati miei studenti), c)
perché da cinque anni tengo in Facoltà
corsi serali (dalle 20,30 alle 22) per preparare, insieme agli studenti regolari, numerosi laici delle comunità romane (complessivamente 30 presenti come media
costante) per la catechesi, la predicazione, la cura d’anime, d) perché non ho soltanto insegnato e predicato per 48 anni
(primo incarico della Tavola è del 1928),
ma anche ho orientato così la mia attività
ANCORA SUI PASTORI
Al servizio deiia ciasse borghese
0 dei proietariato?
A. Ricca ci ha inviato, una dopo l’altra, due
lettere di replica: pubblichiamo integralmente
l ultima ricevuta, più lunga e completa della
prima.
Ci limitiamo a far presente che A. Ricca si è
sempre e abbondantemente « espresso » sulle nostre colonne, dimostrando di essere un contadino tutt’altro che « illetterato ».
L’art. di Giorgio Tourn : a Una casta di sacerdoti? » apparso in prima pagina sul o. 14
dell’Eco delle Valli si presta in modo eccellente a darmi lo spunto per esprimere alcune considerazioni in merito all’atteggiamento di certa
parte della borghesia intellettuale nei confronti
della classe contadina. Il problema è generale
e andrebbe impostato sul piano nazionale, intendo però inquadrarlo in un’ottica limitata all’ambito delle nostre valli. Nel suo articolo
Tourn riassume il contenuto di una mia precedente lettera sul problema chiesa-pastorato,
dandovi poi una serie di valutazioni analitiche.
Egli attribuisce al mio scritto un amalgama di
elementi disparati e mal fusi, che vanno dalla
protesta anticulturale, all’individualismo pieti
TORRE PELLICE_____________________
Consiglio di Istituto
dolio modia valdoso
Alla Giunta Regionale
e p.c. Alla III Commissione Permanente
in Sede Referente
Alla I Commissione in Sede Consultiva.
Il Consiglio di Istituto della Scuola Media
Pareggiata Valdese di Torre Pellice, riunitosi in
data odierna, nei locali della scuola, presa visione del progetto di Legge Regionale re. 82 presentato dalla Giunta Regionale in data 10.3.76
avente per oggetto "Norme relative agli interventi regionali per favorire l’esercizio del diritto
allo studio", pur rilevando aspetti positivi per
quanto concerne la delega agli Enti Locali in
materia di assistenza e più in generale l’ottica
con la quale si vuole erogare servizi alia collettività rileva con rincrescimento come tale progetto escluda dall’assistenza, con una disposizione generale, una fascia di scuole private, le quali assolvono non solo un ruolo di surroga, ma di
autentico servizio socioeducativo della Scuola
dell’Obbligo (servizio del tutto gratuito nel nostro specifico caso).
Questo Consiglio chiede che il progetto venga
modificato alVart. 3 per quanto concerne la lettera c) secondo la seguente formulazione: “Tali
interventi sono indirizzati alle Scuole Elementari
e Medie Inferiori statali e non statali”.
(Approvato all’unanimità)..
Torre Pellice, 2 aprile 1976.
« c) fornitura di pubblicazioni per biblioteche
di classe e d’istituto e di altro materiale didattico di uso collettivo e individuale. Il materiale
didattico di uso individuale non consumabile
verrà concesso in prestito d’uso agli allievi delle
scuole medie statali. Tali interventi sono indirizzati alle scuole elementari e medie inferiori
statali ».
sta, all’anticlericalismo, per finire con qualche
traccia di inalisi sociologica classista.
È facile per un intellettuale dare le valuzioni che preferisce, modellare come gli par meglio, magari anche ridicolizzare, gli scritti di
chi non ha lauree, titoli di studio. In altre parole far pesare tutta la propria cultura per liquidare con suflicenza, se non con sprezzo U
pensiero che « l’inferiore » si è permesso di portare alla meditazione del pubblico.
È questo il tipico atteggiamento di gran parte della borghesia intellettuale, nei confronti
del proletariato in genere e dei contadini in
particolare. Per questa gente il contadino è ancora il « villano » del medioevo, lo zotico ignorante che dovrebbe soltanto adoperare la zappa,
e non avere la presunzione di prendere la penna in mano; magari a parole ci si può anche
battere per esso ma in maniera paternalistica,
da capo a gregario, come un’elemosina, un aiuto
benignamente concesso da chi è situato molti
gradini più in alto, e guai se il beneficiato prende la libertà di esprimere concetti che contrastino « l’acculturato », viene subito messo al
suo posto.
Da sempre la popolazione delle classi « inferiori » delle nostre valli, accetta passivamente
questa situazione e la subisce. I nostri contadini, salvo alcune eccezioni, non solo non scrivono sui giornali, ma altresì non prendono la parola, non fanno interventi, nelle pubbliche assemblee, nelle sedi di dibattito, nelle conferenze, in cui siano presenti elementi dell’élite intellettuale. A questo punto si pone l’interrogativo : Perché il contadino delle nostre vallate
non parla? perché spesso subisce le decisioni degli intellettuali, siano essi pastori o laici, cattolici, o valdesi?.
Qui si inserisce tutta la problematica del suo
tradizionale complesso di inferiorità nei confronti del ceto borghese dotato appunto di un
più alto livello intellettuale e perciò stesso accentratoro della cosidetta cultura. Ne consegue
che la cattiva conoscenza della lingua italiana,
la paura di incorrere in errori di sintassi creando una forte remora alle possibilità espressive
dell’agricoltore determinano in lui un blocco psicologico per cui egli preferisce tacere. Oltre a
questo occorre tener pr;p*ente il timore della derisione. Purtroppo è successo più volte, ed io
stesso ho avuto occasione di constatarlo che persone di maggior cultura, abbiano deriso o ironizzato sulle sgrammaticature di chi non riusciva ad esprimersi in maniera forbita come loro.
Vi sono degli intellettuali, bisogna riconoscerlo, che con spirito di dedizione mettono la
loro cultura e le loro capacità al servizio del
proletariato, per tentare di creare una società
migliore, più giusta, ma troppo spesso questa
cultura è stata ed è un’arma atta a dominare
chi sa di meno. Ma ormai è tempo che il nostro contadino si scuota di dosso ogni complesso di inferiorità, ed in qualunque sede o situazione, parli, esprimendosi come può, cercando di
far valere le proprie ragioni, e sia cosciente della propria dignità, e del fatto che esiste un patrimonio, una cultura contadina, la quale pur
avendo forma e sostanza, diverse da quella borghese, non ha nulla da invidiare ad essa, ed è
anche tempo di resistere e dire ben chiaro in
faccia ad ogni intellettuale che pretenda, di
schiacciarci, di liquidarci, con il suo « sapere »
ciò che pensiamo di lui.
Adelchi Ricca
pratica, organizzando tutta l’evangelizzazione di Colleferro e del Basso Lazio sulla
base di un’intensa partecipazione laica,
anche nella predicazione, celebrazione della S. Cena, cura d’anime e disciplina.
Quanto ai documenti di Accra, non sono stati da me discussi. I sottotitoli non
erano miei, ma della redazione. Ho menzionato Accra soltanto nella prima parte
del primo articolo 1) perché volevo mettere in guardia le comunità, che dovevano esaminare quei documenti, da certi
malintesi riguardanti parole e istituzioni,
2) perché ritenevo che le comunità per
discutere i documenti dovevano pur essere un po’ informate sul pensiero della
Riforma. La tradizione non è per noi normativa, ma dobbiamo conoscerla per riceverla con spirito critico. Se la nostra
« successione apostolica » è una successione nella predicazione e nella catechesi,
è pur necessario che sappiamo che cosa
e come hanno predicato quelli che ci hanno preceduto.
I predicatori della Val Pellice vogliono
ricordarmi ancora « il ricupero della coscienza comunitaria che caratterizza il
nostro tempo ». Proprio per le comunità
ho scritto gli articoli in questione, e anche questa « lettera aperta », perché possano avere idee chiare su questa materia
tanto importante. Del resto ho sempre difeso le comunità evangeliche come l’unica
cosa che valga nel protestantesimo italiano. Ho sempre insegnato che la comunità è soggetto responsabile della predicazione e della cura d’anime, e non va
trattata come un semplice oggetto dell’attività pastorale. Ho anche introdotto nel
nostro linguaggio ecclesiastico il termine
« comunità » (Gemeinde) per il suo significato profondo. Prima si usava generalmente dire « chiesa ».
Perché gli studenti in teologia possano
avere vivo questo senso comunitario nel
loro futuro ministero, tengo periodicamente in Facoltà àgapi e culti, nei quali
anche nella liturgia tutto è fatto e detto
dagli studenti stessi (regolari e non), proprio come dai fratelli della comunità di
Colleferro.
È quasi mezzo secolo che dico e ripeto
e pratico queste cose. Con ima certa amarezza nell’animo mi chiedo, se valga ancora la pena di scrivere e parlare di esse.
Valdo Vinay
ViUar Perosa 1-2 maggio
Precgngresso FGEI
Presso la foresteria di Villar Perosa gentilmente concessa, si terrà
ri-2 maggio il precohgresso PGEI
del Piemonte. L’arrivo dei partecipanti è previsto per il pomeriggio
di sabato 1.
Programma: sabato 1 - ore 17:
presentazione dei gruppi ed informazione generale sul Congresso del
prossimo dicembre; ore 18: resoconto del dibattito avvenuto nei
gruppi sulla traccia del documento preparatorio e del questionario;
ore 20 : cena. La serata è da organizzare.
Domenica 2 maggio - ore 10; culto con la comunità di Villar Perosa; ore 12,30: pranzo; ore 14,30;
discussione generale sui temi da
portare in sede di Congresso il 5-8
dicembre prossimo; ore 17,30: chiusura dell’incontro.
N. B. - La Foresteria dispone di
20 posti letto che saranno a disposizione dei partecipanti provenienti fuori dalle valli e per i valligiani
più distanti. Per l’organizzazione
dei pasti (cena - colazione e pranzo) è indispensabile sapere entro è
non oltre il 25 aprile il numero dei
partecipanti.
Da Torino si raggiunge Villar
Perosa in pullman con partenza in
Piazza C. Felice alle 15,15 e 15,45.
(Scendere a Borgo Soullier - fermata a richiesta).
Per le partenze da Villar Perosa:
ore 17,40 con arrivo a Torino alle
18.45. Per le iscrizioni: c/o past.
E. Genre, C.so Gramsci 12, 10066
Torre Pellice, tei. 0121/91.476.
Il costo dell’incontro sarà reso
noto a chiusura del precongresso.
Hanno collaborato: Gino Conte, Giovanni Conte, Ivana Costabel, Dino
Gardiol, Giuseppe Platone, Teofilo
Pons.
7
delle valli
is
ANGROGNA
SAN SECONDO
Il Gruppo-teatro-Angrogna presenterà
nele sere del 17, 18 e 24 aprile uno spettacolo di canti popolari.
Inizio alle 21 presso la sala unionista
del Capoluogo.
FRALI
Indetta dairAmministrazione comunale, ha avuto luogo sabato 27 marzo una
riunione pubblica per discutere alcuni
argomenti di interesse generale. Il sindaco ha illustrato il bilancio del Comune
che chiude in pareggio. La spesa maggiore è rappresentata dai 90 milioni dell’acquedotto Pornellà-Ghigo. I primi due
lotti, già appaltati, vengono a costare 40
milioni, 12 dei quali a totale carico dello
Stato e 28 coperti da un mutuo al 9% ;
il 6% lo paga la Regione e il 3% il Comune di Frali.
L’ultimo argomento è stato il più dir
battuto dai non troppo numerosi presenti perché riguardava un problema molto
urgente: la viabilità nell’abitato di Ghigo. La soluzione proposta consiste nel
vietare il parcheggio al centro della piazza, lasciando uno spazio a disco orario
su due lati e lungo un lato della strada
di Agape. Davanti al municipio, zona di
parcheggio riservata ai servizi.
Si riesaminerà anche il progetto di sistemazione della strada che costeggia
l’argine destro del rio Nido dell’Orso.
Vietando la sosta sulla piazza è però
necessario sistemare altrove le numerose automobili che invadono Frali durante la stagione turistica. Le aree da destinare a parcheggio sarebbero; la piazzetta dietro al municipio, gli spazi vuoti tra
l’argine del rio e la chiesa cattolica, un
altro spazio oltre il ponte di Agape e infine la sponda del torrente Germanasca
fino alla seggiovia.
VILLAR PERORA
Con una decina di punti all’ordine del
giorno ha avuto luogo martedì 30 marzo
la riunione del Consiglio comunale di
Villar Ferosa. Seduta tranquilla dal punto di vista del confronto politico, data
anche la presenza nell’ordine del giorno
di argomenti di ordinaria amministrazione, sui quali maggioranza ed opposizione
hanno facilmente trovato l’accordo.
Uno dei punti principali era la destinazione dell’avanzo di amministrazione accertato alla chiusura dell’esercizio finanziario 1975, che supera i 50 milioni. Fer
legge questi fondi vanno impiegati in
conto capitale, quindi in opere pubbliche. È stato deciso di procedere alla sistemazione di una seconda vasca di deposito dell’acquedotto comunale, per sopperire agli squilibri di pressione che si verificano nella zona alta del paese; si effettuerà l’asfaltatura di alcune strade,
l’illuminazione delle borgate ed alcune
altre opere di secondaria importanza.
Sempre su questo punto, la sinistra ha
sollecitato l’inizio della progettazione per
la sopraelevazione del ’ Foliambulatorio »
già richiesta gli anni scorsi dalle forze
sindacali della BIV.
Il Consiglio ha inoltre deliberato la
concessione in appalto del servizio raccolta immondizie ad una ditta locale e
l’intervento nelle spese di manutenzione
dell’inceneritore dei rifiuti solidi urbani.
SERVIZIO MEDICO
festivo e notturno
Comuni di ANGROGNA - TORRE PELLICE LUSERNA S. GiOV. - LUSERNETTA . RORA'
Dal 10 al 16 aprile 1976
Doti. PRAVATA' SALVATORE
Via Beilonalti, 2 - Tei. 90182 - Luserna S. G.
FARMACIE DI TURNO
TORRE PELLICE
Domenica 11 aprile 1976
FARMACIA INTERNAZIONALE (Dr. Imberti)
Via Arnaud, 5 - Tel. 91.374 - Torre Pellice
Martedì 13 aprile 1976
FARMACIA MUSTON ( Dr. Manassero)
Via della Repubblica, 25 - Tel. 91,328
LUSERNA SAN GIOVANNI
Domenica 11 aprile 1976
FARMACIA VASARIO ( Dott. Gaietto)
Via Roma, 7 - Tel. 90.031
AUTOAMBULANZA
Torre Pellice: Tel. 90.118 e 91.273
VIGILI DEL FUOCO
Torre Pellice: Tel. 91.365 - 91.300
Luserna S. Giovanni ; Tel.90.084 - 90.205
Dieci catecumeni di IV anno hanno lavorato durante questi ultimi mesi per discutere e mettere a punto una dichiarazione di fede sulla base della quale chiedere l’ammissione alla chiesa valdese di
S. Secondo. Il lavoro è ora terminato e
questi Fratelli saranno ammessi in chiesa domenica 11 aprile. Essi sono: Delio
Avondet (Pedaggio, Bricherasio), Flavia
Coisson (Cavoretto), Roberto Durand
Canton (Cavoretto), Paola Gallina (Oavoretto). Sereno Gardiol (Cavoretto),
Silvana Gaudin (Crotta), Stella Gaudin
(Centro), Bruno Monnet (Centro), Ruggero Piola (Brusiti), Piero Ribet (Crotta). Ad essi rivolgiamo il più caldo benvenuto nella comunità e contiamo su di
loro, sul loro slancio giovanile e sul loro
impegno per mandare avanti la testimonianza dell’EVangelo.
• Le attività della Settimana santa sono le seguenti: domenica 11 culto con
confermazione, ore 10.30. Incontro con i
catecumeni e le loro famiglie, ore 15. Giovedì, 15 culto liturgico di Santa Cena,
ore 20.30. Venerdì, 16, culto alle ore 10.30.
Domenica di Pasqua, culto con Santa
Cena, ore 10. Il giorno di Pasqua non vi
sarà scuola domenicale. F. D.
• L’Unione femminile è stata invitata
domenica 28 marzo a trascorrere la giornata presso la comunità di Villar Pellice,
dove ha partecipato al culto, poi ad un
pranzo comune preparato diligentemente da un gruppo di signore e nel pomeriggio all’unione. Un vivo ringraziamento va a tutto la comunità e particolarmente al pastore Micci e alla sua signora per la fraterna accoglienza.
• Le riunioni quartierali nell’ultima settimana di marzo sono state tenute da un
gruppo di giovani studenti del liceo di
Torre Pellice che ci hanno rivolto un apprezzato messaggio e che la comunità
ringrazia.
• Sabato 3 aprile si sono uniti in matrimonio; Olga Peyronel di Pramollo e
Crespo Severino Giovanni di Campiglione Fenile. Ai neo sposi giungano i migliori auguri di tutta la comunità.
• Porgiamo i nostri auguri al piccolo
Diego che è venuto ad allietare la famiglia di Long Enzo e Olga Baret (Ciotti).
Comunità Montana
Val Pellice
Si ricorda a tutti gli agricoltori che a partire
dal 2.3.1976 e fino al 2.3.1977 si ricevono presso questa Comunità Montana le domande per
il premio della C.E.E. relative ai vitelli che
compiranno l’anno di età nel suddetto periodo
di tempo e per i quali sia già stata presentata
la prima domanda alPatto della nascita.
Si pregano perciò gli interessati di presentarsi muniti del numero della fascetta auricolare apposta al primo controllo.
Comunità Montana
Val Chlsono e Germanasca
I] tecnico della Comunità Montana dr. Giancarlo Bounous sarà a disposizione degli agricoltori, per tutto quanto concerne mutui e contributi, leggi, informazioni, nei Comuni della
Comunità secondo il seguente orario;
Giovedì 22 aprile: Pragelato, ore 8, presso
Municipio; Usseaux, ore 9,30, presso Municipio;
Fenestrelle, ore 11, presso Municipio; Perosa
Argentina, ore 14, presso Municipio; Roure, ore
15,30, presso Municipio; Pinasca, ore 17, preso Municipio.
Venerdì 23 aprile: S. Germano Chisone, ore
9, presso Municipio; Porte, ore 10,30, presso
Municipio; Perrero, ore 14, presso Municipio;
Salza di Pinerolo, ore 15,30, presso Municipio;
Massello, ore 16,30, presso Municipio; Prali,
ore 18, presso Municipio.
Giovedì 29 aprile: Inverso Pinasca, ore 14,
presso Municipio; Pramollo, ore 15,30, presso
Trattoria Genzianella, Praz. Ruata; Villar Perosa, ore 17,30, presso Municipio.
Venerdì 30 aprile: Pomaretto, ore 10, presso
Municipio.
La montagna degli sciatori
BORA’
COMUNICATO
Il Comitato promotore della Pro Loco
Rorà, indice una pubblica assemblea per
l’elezione del direttivo, per il giorno 10
aprile 1976 alle ore 17,30, nella Sala del
Consiglio.
Gli interessati sono pregati di intervenire.
Rorà, li 30.3.1976.
Il Comitato promotore
PRAMOLLO
Sula rivista « Abitare » (n. 14, die. 75-genn.
1976), Gabriele Invernizzi esamina, nel suo articolo « La montagna degli sciatori », il fenomeno
di due milioni di cittadini che nei giorni festivi
della stagione invernale nvadono la montagna, e
Timmensa speculazione industriale che si impernia su questo sport.
Questa massa di sciatori è anche convinta di
essere Papportatrice di un nuovo benessere in
quelle valli alpine che altrimenti sarebbero rimaste condannate alPisolamento e alla fame, ma,
a questo proposito conclude con le seguenti osservazioni fattegli dal noto giornalista Giorgio
Bocca :
« Nella stagione 1958-59 il comune di Courmayeur ebbe 18.000 presenze invernali, come a
dire era una stazione minima. Dieci anni dopo, a
BOBBIO PELLICE
• L’amministrazione comunale ha presentato per il dibattito in una pubblica
assemblea, sabato 3 aprile, un suo progetto di polizia rurale. La partecipazione
della popolazione è stata ampia e interessata, confortando sostanzialmente la
amministrazione a proseguire nella linea
proposta. Ora il problema passerà all’esame ufficiale del Consiglio comunale
per venire poi sottoposta all’esame del
Comitato Regionale di Controllo.
Sono previste un certo numero di guardie giurate volontarie con il compito preciso di illustrare agli eventuali contravventori del regolamento, prima di procedere alla contravvenzione, le ragioni
che hanno indotto il comune ad adottare
tale regolamento; la difesa dei diritti dei
lavoratori della terra e la difesa dell’ambiente.
'• Dòmenica pomeriggio una folta assemblea ha accompagnato al cimitero le spoglie del nostro fratello Paolo Cairus, deceduto nella sua abitazione dei Campi all’età di 85 anni. Ai familiari rinnoviamo
l’espressione della nostra simpatia cristiana.
LUSERNA S. GIOVANILI
• Il Concistoro partecipa con la più pro
fonda simpatia cristiana al lutto che ha
colpito le diacene Yvonne Allio e Niny
Boer per la scomparsa della sorella e
zia Maddalena, deceduta presso l’Asilo
valdese all’età di anni 83. e
Doni per l’Asilo
di Luserna San Giovanni
Doni pervenuti nel mese di marzo:
N.N. e N.N. (T.P.) L. 7.200; Armand Hugon Adolfo e figlio, in mem. della moglie Margherita Jourdan (T. P.) 20.000; Conte e Contessa di Serego Alighieri, in mem. della Contessa Lucrezia Guarienti Funduklian 100.000;
un fiore in mem. della Contessa Lucrezia Guarienti Funduklian 10.000; Bellion Matilde, in
mem. di Alberto Favout e Walter Bellion (osp.
A.) 10.000.
Martinat Emanuele e Eglantìna, in mem. di
Paimira Martinat 5.000; Calia Emanuele, in
mem. dei genitori (Mi.) 50.000; Silvia e Olga
Cornelio, in mem. di Giulio Falchi (T. P.) 50
mila; Monti-Long Emilia (osp. Asilo) 30.000;
N. N., in mem. di Angela Campra Bergere 60
mila; Direzione e Maestranze Ditta Cigala e
Bertinatti, in mem. di Angela Campra Bergere
(To.) 100.000.
Concistoro di Villar Pellice, a seguito riunioni quartierali presiedute dalTanz. Dino Gardiol
50.000; Ivonne e Bruno Pasebetto, in mem. dei
cari genitori 15.000; Ivonne e Bruno Pasebetto,
in mem. della madrina Alina Pasebetto 5.000;
Piero e Sandro Pasebetto, in mem. dei cari nonni 5.000; Lilly Martinat, in mem. dei cari genitori 10.000.
Giordan Maddalena, in mem. miei cari e sorella Margherita 10.000; in mem. di Caffarel
Carlo, i nipoti 25.000; Tornato Maria e Pietro,
in mem. di Angela Campra 20.000; in mem.
di Davide Berlin, la moglie e i figli 25.000.
In mem. della sig.ra Bergero Campra Angela,
le famiglie Miglio e Malvicini 10.000; in mem.
di Rostan Giovanni, la moglie ed i figli riconoscenti per le amorevoli cure (T. P.) 50.000;
ì compagni di lavoro di Rostan Italo della RIV
di Airasca in mem. del papà 27.000.
Grazie!
Doni « Eco-Luce »__________________________
Decker Luciano, Milano 5.000; Vidossich Giorgio, Torino 2.500; Jahier Mary, Torre Pellice
2.500; Breuza Enrico Salza 1.000; Possi Renato,
Torino 1.000; Brachet Clotilde, Torino 1.000;
Avondet Bruno, Svizzera 2.500; Gay Vincenzo,
Torino 1.000; Proietti Bounous Irene, Rivoli
1.000; Anelli Michele, Corate 1.000.
Paolo Pregnolato Ida, Milano 2.0Ò0; Bardi Letizia, Firenze 5.000; Ribel Ferrari Anita, Genova 2.000; Americo Maurizio, Tradate 1.000; Duberc Auguste, Francia 2.500; Dale G.J., Inghilterra 5.780; Bertoque Lina, Torre Pellice 500;
Genre Alessio, Frali 500; Grill Enrico, Prali
1.000; Grill Oreste, Prali 1.000.
stazione attrezzata e lanciata, le presenze erano
salite a 239.000, ragion per cui gli introiti delle imposte sul consumo e sul valore locativo si
erano proporzionalmente moltiplicati.. Comune
ricco dunque? No, comune nei guai: le spese
per la raccolta dei rifiuti sono salite da 9 a 30
milioni, quelle per lo sgombero della neve da 7
a 25 e poi è stato necessario costruire acquedotti, fognature, strade, illuminazione, scuole, con
una spesa di 300.000 lire ogni nuovo insediato e con generosi regali ai clienti di passaggio,
i quali pagano le tasse altrove, ma usano i servizi di quassù. Ricchezza per la valle? Andiamoci
piano. Nella Valle di Aosta, che è fra le massime valli turistiche italiane, Tindustria dello sci
e della montagna interessa solo 5.000 persone
sulle 105.000 che vi risiedono, e lo stabilimento
siderurgico della Cogne impiega 7.000 persone e
produce da solo la metà del valore aggiunto della Regione, vale a dire dieci volte più che il turismo. Benessere per i montanari? Sulle prime
si, nei mesi in cui la stazione nasce ci può essere lavoro per tutti i contadini che si trasformano in operai e in inservienti generici. Ma appena la stazione funziona occorrono gli specializzati: camerieri, baristi, segretari d’albergo, direi*
tori sportivi, negozianti che sappiano il loro mestiere. I montanari riescono a diventare operai
specializzati? Si, ma con un salto di generazione
che praticamente travolge e uccide l’intera comunità ».
Sono fatti che le amministrazioni delle nostre
vallate devono tener presenti per non lasciarsi
incantare dagli speculatori che cercano di convincerle che la solo salvezza della montagna sta
nell’attrezzarla in modo da attirare il maggior
numero possibile di turisti.
O. Coisson
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie del compianto
Emanuele Barai
deceduto a Pomaretto il 29.3.1976, ringraziano
profondamente commossi i medici, gli infermieri, il personale dell’Ospedale di Pomaretto per
la sollecita assistenza prestata. Ringraziano inoltre la direzione, il personale, gli ospiti della (iasa di Riposo di S. Germano e tutti gli amici
che lo amarono e gli furono vicini.
RINGRAZIAMENTO
La sorella ed i nipoti del compianto
Angiolo Boni
ringraziano tutti coloro che hanno preso parte
al loro dolore. In modo particolare la direttrice
di « Villa Elisa »; la direttrice, i medici ed il
personale dell’Ospedale Valdese di Torre Pellice; il pastore dott. Sonelli.
Torre Pellice, 6 aprile 1976.
M. et M.me Jean Pons, M. le pasteur et M.me
Jacques Pons, M. et M.me Patrick Leach, et
leurs enfauts, M.lle Aline Pascal, M. et M.ìue
Charles Micol, leurs parents et alliés, font part
du décés de
Madame Emmanuel Pons
née Lydìe Pascal
survenu le 25 mars à Marseille, dans sa 82'
année.
« Je sais que mon Rédempteur est vivant »
(Job 19: 25)
68 rue Auguste-Blanqui - 13006 Marseille
RINGRAZIAMENTO
La sorella Yvonne, la cognata Emilia Ayassot
ved. Allio e i nipoti: Roberto, Niny, Enrico e
Davide con le rispettive famiglie, commossi per
la dimostrazione di simpatia ricevuta in occasione della dipartita della loro cara
Maddalena All'io
ringraziano quanti hanno preso parte al loro dolore, in particolar modo : il pastore Alberto
Taccia, il sig. Livio Gobello, la signora Artus
e tutto il personale dell’Asilo Valdese di S. Giovanni per le cure e assistenza affettuosa prestate.
« Io, per la grandezza della tua benignità,
entrerò nella tua casa » (Salmo 5: 7).
Luserna S. Giovanni, 4 aprile 1976.
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Bounous e Long, commosse per
la grande dimostrazione di affetto in occasione
della scomparsa del marito e padre
Enrico Bounous
Maresciallo dei Carabinieri a riposo
ringraziano tutti coloro che con la presenza o
con scritti hanno voluto partecipare al loro
dolore. ■ r
Particolarmente ringraziano il pastore sig. Giovanni Conte, il Comando della Stazione dei Carabinieri di Villar Perosa in rappresentanza dell’Arma in servizio, le Associazioni dei Carabinieri in congedo di S. Germano Chisone, Pinerolo e Perosa Argentina per le numerose presenze, i medici ed il personale infermieristico
del reparto neurologia dell’Ospedale Civile
E. Agnelli di Pinerolo per le premurose e continue cure prestate al loro caro.
S. Germano Chisone, 28 marzo 1976.
8
DIBATTITO SULLA NQN-VIO LENZA
Il ruolo cIgqIì obiottori di coscionzo
non-violenza si
INIZIATIVE D’AGAPE
Operai francesi
e itaiiani
Vorrei fornire al dibattito sulla non
violenza un contributo di natura pratica: non filosofico, non morale, non religioso.
Per rimanere in Italia ed ora, l’unica
incidenza sociale dei non violenti è quella resa possibile dal « servizio civile alternativo » in base all’ambigua legge del
15/12/1972.
Di questa legge usufruiscono, penso,
meno di 1000 giovani, cioè uno ogni 400500 militari (di leva o di carriera). Essa
penalizza di otto mesi chi « per imprescindibili motivi di coscienza» si dichiara contrario all’uso di mezzi violenti; sia
rispondendo all’esigenza di rendere concorrenziale il servizio armato, sia, purtroppo, interpretando nella maniera più
deteriore la convinzione del senso comune, secondo la quale l’obiettore di coscienza non è che una versione moderna
della santità : per cui solo l’evoluzione
dei tempi impedisce che anziché l’indagine dei carabinieri il candidato obiettore di coscienza non debba subire la graticolazione.
VERSO NUOVI SERVIZI
La distruzione di questa immagine, che
un secolo di coscrizione obbligatoria ed
una millenaria interpretazione trascendente dell’amore cristiano, hanno contribuito a formare, dev’essere uno dei compiti dei non violenti che non vogliono
semplicemente scontare un senso di colpa (psicologico, morale, o religioso).
Ma, secondo me, gli o.d.c. possono assolvere ad un altro compito: quello di
contribuire a creare più pressanti domande di servizi sociali. Non bisogna ridursi a prestare la propria opera presso
enti assistenziali più o meno obsoleti; si
tratta di creare servizi nuovi, che rispondono ad esigenze vecchie: assistenza domiciliare ad anziani ed isolati, centri sociali di zona, assisterla scolastica, alfabetizzazione e ri-alfabetizzazione.
Questi servizi possono essere istituiti
per collocare gli obiettori, ma poi, indipendentemente da questi, dovranno continuare ad agire, rispondendo ad una
reale, realissima, necessità della popolazione.
Quindi, secondo il mio parere, gli o.d.c.
Fondo di solidarietà
Come già annunciato in numeri precedenti, parte delle raccolte del nostro
«foitóo» è destinata agli aiuti richiesti
dal Consiglio ecumenico delle Chiese per
il Guatemala che è stato recentemente
colpito dal terremoto che ha provocato
decine di migliaia di morti e che ha ulteriormente sconvolto questo paese allo
stesso tempo_ sottosviluppato e sfruttato
da.1 neocolonialisino. iGiàr diverse offerte
sono pervenute, per quasi mezzo milione di lire. Inoltre in cassa avevamo ancora un residuo destinato al Sahel che
certi dell’assenso dei sottoscrittori «dirottiamo » per questa nuova urgente iniziativa (ricordiamo che per il Sahel abbiamo già effettuato tre versamenti).
Altra iifiziativa è quella destinata agli
aiuti al Vietnam tramite il pastore Tullio
Vinay. In questi giorni abbiamo raggiunto quota L. 500 mila e provvediamo ad
mviargli detta somma. La raccolta continua.
Infine, l’appoggio al Programma di lotta al razzismo del CEC. .Attualmente vi
sono in cassa poco meno di L. 100 mila.
Ricordiamo ai lettori, questa iniziativa,
volta a dare solidarietà, ma soprattutto
maggior voce alle maggioranze oppresse dalle minoranze razziste.
Ecco intanto l’elenco delle ultime offerte pervenuteci e la situazione aggiornata:
(^. E. Pini L. 10.000; G. Grillo (due vers.)
10.000; P. Corbo (id.) 6.000; B. Rocchi 40.000
E. e M. Bein 10.000; L.P.F. 4.000; Chiesa valdese Bobbio P. 65.180; G. Laetsch 5.000; N.N.
con simpatia 15.000; R. D’Accardi Casini 2.000;
F. e E. Bellion 5.000; C. Besozzi 2.000; G. Carmine 5.000; C. Peyrof 5.000: N. N. 100.000;
D. Lancellotti 5.000; L. Malacrida 5.000; G. Pepe 10.000; U. Pascal 20.000; Amici di Torre P.
30.000; interessi c.c.p. anno 1975, 10.800.
Totale L. 365.060; prec. L. 817.743 = lire
1.182.803. Inviate a T. Vinay L. 500.000. In
cassa L. 682.803.
Ricordiamo che le offerte vanno inviate al
conto corr. postale re. 2/39878 intestato a Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70, Torino, indicando possibilmente la destinazione del versamento.
dovrebbero rifiutare sistemazioni in enti
pietistici e cercare di prestare la propria
opera in collaborazione con comitati di
quartiere, comunità montane, comuni
che a loro volta dovrebbero stimulare
questa collaborazione. Ribadisco che non
si tratta di usare gli o.d.c. per coprire
carenze sociali, ma per evidenziarle e
spingere ad una soluzione.
La creazione di tale domanda per un
lavoro socialmente utile, sembrerebbe
circoscritta agli" o.d.c. ; indicazioni più o
meno simili nascono dal tentativo di eliminare la frattura esistente tra scuola e
lavoro dando vita a forme di impiego
per metà lavorativo (nel settore dei servizi sociali) e per metà di studio, anche
con lo scopo di diminuire l’attuale alto
numero di disoccupati con diploma o
con laurea.
Ritengo molto significativo vedere coinè da una critica a due istituti che presiedono alla formazione dell’uomo sociale — il sistema scolastico e l’esercito
(dove il primo « crea » disoccupati e il
secondo 11 ingabbia) — possano nascere
risposte operative analoghe. E mi parrebbe quindi tanto più anacronistico il
persistere, negli o.d.c. di atteggiamenti
ascetico-assistenziali.
Ho finora volutamente circoscritto il
mio intervento, riducendo il tema della
non violenza a quello dell’obiezione di
coscienza, e di questa occupandomi solo
della sua fase, per cos^ dire, esecutiva, e
non della sua naturale genesi, cioè della
critica aH’esercito in quanto emblema di
violenza — sia nelle sue manifestazioni
fisiche (guerra, repressione...) sia in
quelle « nascoste » di oppressione sociale
( condizionamento, ricatto...).
Definire la violenza può essere più o
meno facile, ma la non violenza non ne
è la semplice negazione; è facile cadere
in contraddizioni che, anziché favorire,
tarpano . ogni stimolo ail’azione. E la
non violenza, secondo me, si realizza solo nell’azióne sociale, che può assumere
forme diverse secondo la situazione cui
si trova di fronte.
L’ESEMPIO DI CRISTO
Se è lecito per esemplificare, a me non
credente, citare un episodio descritto dal
Vangelo, vorrei riferirmi a quello della
cacciata dei mercanti dal cortile del
Tempio (Marco 11: 15-19 - Matteo 2112-17 - Giovanni 2: 13-22). Cristo non cerca di convincere i venditori a sloggiare,
ma sbaracca egli personalmente in malo
modo i banchi del mercato, senza peraltro giungere ad ucciderne i proprietari.
Tale episodio mi pare rispondere, senza' bisogno di postille, a chi parla si di
rivoluzione, ma non violenta.
Per quanto riguarda la lotta contro
l’attuale istituzione militare, penso che
gli o.d.c. ne costituiscano una delle pedine; il campo di battaglia principale rimane all’interno dell’esercito, dove solo
con l’indispensabile appoggio delle organizzazioni popolari, si può pensare di
vincere. Gli o.d.c. possono dare il loro
contributo con un’azione di propaganda
operativa, cercando di demolire con l’esempio quelle incrostazioni « militariste », sovrapposte al naturale spirito antimilitarista popolare, che già in parte
cadono col mutare delle condizioni sociale ed economiche che le hanno favorite.
Davide Babboni
la settimana internazionale
a cu ra di tul lio viola
A COLLOQUIO
CON NOAM CHOMSKY
Linguista di fama internazionale, impegnato nella ricerca scientifica presso
l’MIT ( = Massachussets Institute of
Technology) non meno che nella lotta politica, una delle menti più aperte e più
lucide della sinistra americana, il Chomsky è stato intervistato da Paolo Valesio
de « La Repubblica » (v. il n. 66 di quel
quotidiano, in data 30.3.’76).
Sul cosiddetto « eurocomunismo », formulazione nuova del comunismo, dissidente da quello delTURSS, quale va delincandosi sia in Italia (Il « Compromesto storico » del Berlinguer), sia in Francia («Non più dittatura del proletariato », slogan del Marcháis), sia in altri
paesi dell’Europa occidentale, il Chomsky ha fatto un chiaro discorso. Egli ha
cominciato col dire; « A mio parere, un
vero carnbiamento in senso socialista
(senza violenze e repressioni) può avvenire solo in un paese industriale avanzato. Se ci guardiamo intorno, che cosa vediamo? Per ciò che riguarda l’VRSS, non
capisco che senso abbia parlare di socialismo: fin dai primi anni della rivoluzione, un regime brutalmente autocratico si
è imposto al movimento di massa. Il risultato dell’eliminazione di certe garanzie di libera espressione e di democrazia
borghese (quelle, per intenderci, che
Marx avrebbe voluto, non già eliminare,
ma ampliare e approfondire) lo vediamo,
tra l’aitro, nel livello cui è scesa una parte del discorso dei dissenzienti, come le
ultime dichiarazioni, con punte tra il
grottesco e il mostruoso, di Solgenizin ».
Sulla situazione politica negli USA:
« Qui le garanzie di cui parlavo esistono; ma per ragioni diverse, e su uno
sfondo storico ovviamente differente, il
discorso politico si è terribilmente ristretto^. Non puoi ascoltare nessuna voce anche lontanamente di sinistra sui
mezzi di comunicazione di massa. Il dibattito tra posizioni teologiche realmente
diverse è (oso dire) più ristretto negli
USA che in paesi come la Spagna dove
(dietro la facciata del regime reazionario
e con il rischio delle pene più gravi) esiste una gamma aggiornata di posizioni
politiche: e non solo in termini partitici,
ma anche in termini di lotte sindacali
(mentre^ qui la combattività dei sindacati non è legata a una seria analisi politica) ».
Concordiamo con queste valutazioni
del Chomsky. In particolare concordiamo con la valutazione severa e triste, ma
giusta, su talune recenti dichiarazioni di
Solgenizin.
Ed ecco un’interessante valutazione
sull’Europa e sull’Italia:
«L’Europa invece è l’unico luogo in
cui oggi coesistono le strutture più avanzate del capitalismo industriale e movimenti di massa con grandi tradizioni di
sinistra. In questo momento è nell’Europa occidentale che si hanno le possibilità di un serio sviluppo socialista (...). Io
credo che i gruppi dirigenti di qui siano
abbastanza avveduti per comprendere
che i partiti comunisti europei sono movimenti di massa sì, ma riformisti. Non
credo, insomma, che un’eventuale partecipazione del PCI al governo appaia (al
di là delle dichiarazioni d’obbligo che abbiamo già cominciato ad ascoltare) un
fatto così rivoluzionario da richiedere
una risposta forte. Questi gruppi sanno,
ormai, che cosa accadrebbe: una più onesta amministrazione, un po’ più di efficienza, e così via. Insamma, tutta l’Italia
diverrebbe una sola, grande Bologna. Non
è questo che li inquieta ».
IL SETTIMO GOLPE,
NELL’ULTIMO MEZZO SECOLO
ir È avvenuto, pochi giorni fa, in Argentina. Si ha infatti il seguente elenco
di « colpi di Stato ».
1) (Settembre 1930) Il generale Uriburu depone il presidente radicale Irifuyen.
2) (Giugno 1943) Il-generale Ramirez
assume la direzione d’un governo militare.
3) (Settembre 1955) Il presidente Juan
Domingo Peron viene rovesciato e gli subentra il generale Edoardo Lonardi, rovesciato a sua volta, in novembre, dal generale Aramburu.
4) (Marzo 1962) Le forze armate depongono il presidente Arturo Frondizi e nominano, in sua vece, Josè Maria Guido.
5) (Giugno 1966) Il generale Ongania
rovescia il presidente Arturo Illia.
6) (Giugno 1970) La giunta dei comandanti delle tre armi rovescia Ongania e
designa alla presidenza il generale Roberto Levingston.
7) (Marzo 1976) Il generale Jorge Videla depone Isabelita Peron e diviene
Presidente della Repubblica. (Da « L’Espresso » del 4.4.’76).
’ Ci sembra di capire che la ristrettezza qui denunciata dipenda dal fatto che
non bastano le garanzie di cui sopra: occorrerebbe l’effettiva esistenza di idee da
scambiare.
,,'Dal 12 al 21 marzo si e svolto a Parigi
1 incontro per operai francesi e italiani
organizzato da Agape e dalle Equipes Ouvrreres Protestantes.
Dopo una rapida visita a Parigi (la Parigi storica, la Parigi « dei turisti » degli agghiaccianti quartièri di grattacieli
e uffici che sorgono ad opera delle imprese multinazionali e spazzano via i
vecchi quartieri popolari, distruggendo
progressivamente la Parigi reale, quella
degli operai) i partecipanti all’incontro
SI sono divisi in 4 gruppi, che sono andati a visitare altrettante situazioni: 1) il
comune di Argenteuil, dovè recentemente 1 amministrazione comunale è stata
assunta dalle sinistre e dove particolarmente interessante è stato il confronto
con la situazione, così simile per tanti
aspetti, a quella che esiste a Cinisello
Balsamo; 2) l’incontro con i lavoratori
del « Parisien libéré », un quotidiano che
da molti mesi ha la tipografia occupata
dai lavoratori; 3) la visita al centro di formazione culturale e politica «Culture e
liberté », e infine 4) l’incontro con il consiglio di fabbrica di Dassault.
Il secondo giorno del campo, un membro del PCF, Hènri Lasserre, ha presentato una relazione sulla situazione economica e politica in Francia. Questa relazione, insieme con gli elementi concreti ricavati dalle visite del giorno precedente, ha fornito il materiale della discussione della giornata, in cui si sono
viste le analogie e le differenze tra le situazioni italiana e francese, sia a livello
economico (la funzione delle multinazionali, il livello della crisi della occupazione ecc.) che a livello politico (la crisi della DC e la proposta del C. Storico in Italia, la prospettiva delle sinistre — il « programma comune » in Italia e in Francia).
L’ultimo giorno Eugenio Rivoir ha presentato una relazione sul tema della nuova lettura biblica, cioè del senso, da ritrovare, che ha per i credenti parlare di
Gesù di Nazareth all’interno della realtà
quotidiana in cui la gente vive e lavora.
Anche su questo si è discusso a lungo,
utilizzando anche, per maggiore concretezza, alcuni passi biblici.
I partecipanti hanno tratto un bilancio
positivo dell’incontro, pur lamentando la
eccessiva brevità del campo. L’appuntamento è per Tanno prossimo, ancora ad
Agape; tema proposto: la crisi in Europa e il ruolo delle multinazionali.
Gesti pericolosi
I crocefissi, in Italia abbondano: nelle
chiese, nelle scuole, nelle caserme e tutti
noi ci abbiamo fatto l’occhio. Se ne vedono di tutti i formati e di diversi colori.
Tuttavia nessuno, nonostante il fastidio
che essi provocano specialmente perché
appesi in certi ambienti, poteva immaginare che diventassero pericolosi. Bisognerebbe parlarne con tale Francesco
jFerrari che, secondo un noto settimanale
italiano, ha perso sia la carica di vicesindaco di un paesino in provincia di Brescia, sia la tessera del suo partito (PCI)
per aver staccato un paio di crocefissi
dalle pareti del Comune nel quale lavora.
Non si capisce bene però se ha staccato i croeefissi per aumentare la propria
collezione privata d’antiquariato o se ha
voluto compiere un esemplare gesto di
protesta. Ad ogni modo il gesto ’’scandaloso” risale a sei mesi fa e il vicesindacomangiapreti è ancora in attesa di essere
reintegrato nel partito che lo ha sospeso.
Comitato di Rodaziona: Bruno Bellion, Valdo Benecchi, Gustavo Bouchard, Niso De
AAichelis, Ermanno Genre, Roberto Peyrot,
Paolo Ricca, Giampaolo Ricco, Bruno Rostagno, Giorgio Tourn, Tullio Viola.
Direttore: GIORGIO TOURN
Direttore responsabile; GINO ¿ONTE
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8 luglio 1960
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