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Anno 114 - N. 30
28 tuglio 1978 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
1“ Gruppo bis/70
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE PEIL ICE
delie valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
INTERVISTA A GIORGIO PEYROT
Spagna e libertà religiosa
Il progetto di una nuova costituzione spagnola sta giungendo in porto. Dopo l’approvazione a
larga maggioranza da parte delle Cortes, avvenuta il 21 luglio il progetto passerà al Senato e quindi sarà oggetto di referendum nazionale. Uno dei
punti su cui maggiormente si è discusso è la questione della libertà religiosa e della menzione speciale della Chiesa cattolica.
Se da un lato infatti l’art. 15 del progetto stabilisce che « la libertà religiosa e di culto è garantita per gli individui e le comunità» e che
« nessuna confessione avrà il carattere di religione di stato ». lo stesso articolo afferma che << i
poteri pubblici terranno conto delle credenze religiose della società spagnola e manterranno di
conseguenza le relazioni di cooperazione con la
chiesa cattolica e le altre confessioni ».
Questa menzione speciale della chiesa cattolica è già stato oggetto di un dibattito acceso
tra partiti di destra e di sinistra. Per parte loro le chiese diverse dalla cattolica — informa
il Bureau d’Information Protestant della Federazione protestante francese, hanno ripetutamente insistito perché nessuna chiesa sia speci
ficamente menzionata nella costituzione.
Parallelamente a questo dibattito sulla costituzione, sta andando avanti il progetto di una
nuova legge sulla libertà religiosa che dovrebbe
sostituire quella emanata dal governo franchista nel 1967. Dopo diverse riunioni con i rappresentanti delle diverse confessioni religiose, inclusa la cattolica, — informa lo stesso Bureau d’Information Protestant — la Direzione Gtenerale
degli affari religiosi ha messo a punto un progetto di legge che comprende tre parti: una sui
diritti individuali alla libertà religiosa; una sul
carattere non discriminatorio e non privilegiario delle credenze religiose; e una sui diritti corporativi delle chiese, confessioni religiose o raggruppamenti di fedeli e sui loro rapporti con lo
stato.
Sulla situazione spagnola, sul rapporto tra il
progetto della nuova costituzione e il progetto di
una nuova legge sulla libertà religiosa, e sulla
posizione della Iglesia Evangelica Española (quale è espressa dal documento ' che pubblichiamo
a pag. 5) abbiamo voluto intrattenerci con Giorgio Peyrot che ha seguito da tempo i casi di
Spagna.
— Cosa pensi della situazione
spagnola circa la libertà di religione, a causa della quale le
chiese evangeliche in Spagna
hanno sofferto da tanti anni?
— Sotto il profilo del clima
politico e delle prospettive la situazione è indubbiamente migliorata a seguito dell’avvento
della monarchia succeduta alla
morte di Franco. Si può dire
che con l’avvento graduale, e
forse appositamente graduato,
della democrazia in Spagna, dopo Franco è morto anche il franchismo. Tale situazione politica
di movimento, sul cui futuro
non è il caso di intrattenersi
qui, costituisce un campo aperto per quanto concerne anzitutto i rapporti tra Stato e Chiese
e quindi anche il tema della libertà di religione. Si riscontra
un mutamento reale. L’atteggiamento dei pubblici poteri verso
le Chiese evangeliche è cambiato. Il clima politico stesso nel
suo rinnovamento determina un
modo di avvertire i rapporti
con le minoranze che può essere foriero di validi' sviluppi. Ma
questo non è tutto.
— Tu ti sei già interessato altre volte della situazione spagnola circa la libertà di religione. Cosa noti in particolare di
diverso ora?
— È questa la quarta volta
chB_Tiprendo a considerare con
attenzione la situazione che va
determinandosi in Spagna sotto
il profilo della libertà in tema
di religione. Questa situazione è
— com’è noto — il termometro
per segnare il grado di ogni altra libertà.
Rammento che andai in Spagna la prima volta nel 1956 inviatovi dal WCC in quanto la
polizia aveva allora chiusa la
Scuola teologica evangelica di
Madrid. In concreto non potei
far nulla a favore dei nostri confratelli spagnoli se non illustrare loro e porre cosi, a loro disposizione gli strumenti tattici
operativi di cui ci valevamo allora in Italia nell’azione che si
conduceva in difesa della libertà religiosa in sede di Consiglio
federale. Era il tempo nero della repressione scelbina e dell’irrigidimento democattolico circa
l’applicazione delle leggi sui culti ammessi e di polizia nei nostri riguardi. Mi lusinga il fatto di poter vedere ora che le
due situazioni, l’italiana e la
spagnola, sono entrambe uscite
dal tunnel della repressione in
tema di religione. Speriamo che
duri.
Dopo due visite nel ’62 e '66,
tornai in Spagna per partecipare al Congresso evangelico di
Barcellona dell’ottobre 1969. Fu
una splendida assise. Il clima
era ormai diverso. Si sentiva
nell’aria che il franchismo era
al tramonto. Le Chiese avvertivano che occorreva prepararsi
alacremente per il prossimo futuro. Vedo ora che, alcune di
esse almeno, hanno saputo mettere a profitto le sofferenze del
tempo passato in vista del futuro. È indubbio che la situazione rischia ora di compromettersi nuovamente sul piano costituzionale ; ma certamente le
Chiese evangeliche sono in grado di esprimere con chiarezza il
loro punto di vista dando quel
contributo che esse devono e
possono dare alla ripresa della
vita politica e democratica spa
gnola a tutela della libertà di
tutti. Sono convinto che è quello che avranno fatto in occasione della riunione plenaria che
ha avuto luogo il 3 aprile scorso
al Ministero della giustizia a Madrid.
Una delle ultime assemblee della Iglesia Evangelica Española.
La chiesa testimone
« Non sta a voi di sapere i tempi e i momenti che il Padre ha
riserbato alla sua propria autorità. Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità delia
terra » ( Atti 1: 7-8 ).
— Cosa pensi
più recenti?
degli sviluppi
— Non conosco direttamente
il progetto della nuova costituzione e le relative proposte in
materia di rapporti tra chiese e
stato, anche per il segreto in cui
l’apposita commissione ha lavorato. È noto tuttavia che da
quando si è cominciato a paria
intervista a cura di
F. Giampiccoli
(continua a pag. 5)
In un paese tropicale dove le
ore a metà giornata sono troppo
calde per camminare con comodo, è normale cominciare la giornata prima dell’alba. Si fa sovente Vesperiem.a di uscire nell’oscurità e di camminare in direzione ovest quando né il cielo
né la terra mostrano segni di luce e non si ha niente altro che
una lanterna in mano per avvisarci dei pericoli della strada.
Ma succede che dopo un poco si
incontra un gruppo di persone
che viene nella direzione opposta
e si nota una luce sui loro visi.
Se li si ferma per domandare loro la spiegazione questa è facilmente fornita. «Voltatevi (con
UN INTERVENTO CRITICO A PARTIRE DA UN ATTO CONCRETO
Ministeri, strutture, sacralità
La Chiesa Valdese di Firenze
non ha Anziani; in passato il
Consiglio di Chiesa ne contava
uno o due, poi non ne sono stati eletti altri. Il perché non è
molto chiaro; forse va cercato
nella struttura sociale della Comunità che non ha quartieri, ma
è attualmente una frazionatissima diaspora cittadina e regionale ed è composta da professionisti e lavoratori dipendenti,
cioè ha una struttura sociale del
tutto diversa da quella delle
Valli Valdesi, dove l’Anzianato è
soprattutto legato alla suddivisione quartierale. Approfondendo l’argomento, forse, si troverebbero altre cause, ma sarebbe
necessaria un’analisi che va al
di là dell’intento di questo
scritto.
Se non ci sono Anziani, abbondano i Diaconi. Si possono considerare tre categorie di Diaconi:
I Diaconi « ufficiali », cioè coloro che sono eletti tali dall’Assemblea di Chiesa e fanno parte del Consiglio di Chiesa. (Questa categoria ha la sua struttura stabilita dalla Disciplina ecclesiastica ed ha anche la sua
« sacralità », perché una liturgia speciale dà un carattere « sacro » all’investitura, anche se
ben diverso dal « sacramento
dell’ordine » delle chiese cattoliche. Il « ministero », cioè il carisma e la vocazione dello Spirito ad un determinato servizio.
non sempre è ben chiaro. Talvolta è considerato «, servizio »
un impegno specifico entro la
struttura ecclesiastica (Cassiere,
Segretario, Bibliotecario), ma altre volte — per ragioni diverse — non c’è nulla di questo,
mentre la funzione specifica
esercitata è quella di « consigliere » che nella Disciplina non
è contemplata direttamente.
Seconda categoria di Diaconi
— a Firenze ben numerosa —
è costituita dai membri di chiesa impegnati a pieno tempo negli Istituti. Qui esiste il carisma
specifico, mentre la struttura
non è ben definita; per alcuni
vale il « ruolo diaconale » che
esiste negli elenchi, ma non e
stato mai ben definito. Non esiste « sacralità », perché non c'è
nessuna liturgia che dia un qualche carattere « sacro ». Benché
se ne sia spesso parlato, rimane
sempre nella valutazione generale, qualcosa tra il « sacro » e il
« profano ».
L’ultima categoria di « Diaconi » è costituita dai molti che
sono professionalmente impegnati in attività di servizio, riconosciute tali anche nella società. Sono attività che in antico venivano esercitate da ecclesiastici, ma ora hanno ricevuto
una struttura laica: medici, assistenti sanitari, assistenti socia
li, insegnanti, ecc. Questa categoria di diaconi non è riconosciuta dalla Chiesa, anzi nella
mentalità comune si considerano queste attività come professioni lucrative e non come « vocazioni ». Qui non abbiamo né
« struttura » ecclesiastica, né
« sacralità » e il carisma è considerato estraneo.
Questa situazione di fatto ci
suggerisce alcune considerazioni,
1. Il ministero
Abbiamo ereditato dalla tradizione una certa mentalità ;
una certa struttura. Nonostante
i mutamenti introdotti dalla Riforma, sono rimasti nella chiesa i tre ministeri sui quali si sono strutturate le chiese e che —
nel cattolicesimo in particolare
— sono diventati «sacri» («sa
era gerarchia » del Concilio di
Trento, ma non solo di esso!).
I profondi mutamenti sociali
non hanno inciso granché su
questa definizione dei ministeri,
nonostante tutti gli studi fatti.
Sarebbe necessario trarre le con' seguenze di tanti discorsi e chiarire il senso vocazionale dei vari servizi ai quali i credenti sono chiamati nel mondo. Non si
può continuare a considerare
« ministeri » in senso vocazionale e carismatico soltanto quelli che si trovano all’interno della struttura ecclesiastica dal moAlfredo Sonelli
(Continua a pag. 2)
vertitevil) e guardate nell’altra
direzione. Vedrete allora che la
luce comincia a sorgere nel cielo in direzione est. Ciò che avete
visto non è che il riflesso di questa luce sui nostri visi ». È sicuramente una parabola valida di
ciò che è detto in questo brano
a proposito della testimonianza.
I discepoli saranno dei testimoni, non in ragione dei loro sforzi,
ma perché rifletteranno nella loro vita la realtà del regno che
viene e che pregusteranno nel
dono dello Spirito (...).
Lo Spirito è dato a tutta la comunità. È in quanto membra di
un solo corpo che gli individui
ricevono i loro doni. Strumento
efficace della testimonianza non
sono questi doni particolari, bensì la testimonianza totale che lo
Spirito dà per l’esercizio armonioso di tutti i doni dei membri
che agiscono come membri gli
uni degli altri. Non tutti i membri hanno il dono di evangelizzare, vale a dire il dono per il quale un uomo o una donna è capace di comunicare personalmente
la buona novella a proposito di
Gesù in modo da « renderla vivente » nello spirito di un’altra
persona; è un dono molto prezioso che non è dato a tutti. Altre persone possiedono altri doni — i doni di guarigione, di discernimento ("profezia”), di amministrazione, di amorevole servizio. Quando questi doni differenti sono esercitati in uno spirito di subordinazione e di fiducia reciproca, divengono tutti insieme gli strumenti coi quali lo
Spirito compie il suo lavoro di
condurre gli uomini e le donne
a una nuova nascita per mezzo
della fede in Gesù.
Ho ascoltato testimonianze di
centinaia di uomini e donne che
sono arrivati alla fede in Gesù
per mezzo della fede di qualcun
altro o senza questo mezzo. Ciò
che mi ha colpito ascoltando
queste testimonianze è il fatto
che non c’è alcun modello unico
di conversione; che quasi sempre
non c’è una sola, ma una serie
di esperienze che hanno preparato il cammino per l’esperienza
decisiva che ha condotto alla
conversione; che in numerosissimi casi la persona che ha pronunciato la parola o compiuto
l’atto che ha causato un cambiamento di direzione di un’altra
vita non sapeva che la sua parola o il suo atto aveva avuto
questo effetto; e che bisogna
sempre concludere in ultima
Lessile Newbegin
(continua a pag. 3)
2
L’ASPETTO INTERNAZIONALE ED ECUMENICO DEL SINODO
Lessile Newbegin
28 luglio 1978
Tra gli ospiti del Sinodo segnaliamo una
prsonalità d’eccezione, per la prima volta
tra noi: Lessile Newbegin, già vescovo della Chiesa deirindia del Sud e ora moderatore della Chiesa Riformata Unita.
Nato nel 1909, L. Newbegin ha studiato a
Cambridge ed è stato consacrato pastore
nel 1936 nella Chiesa Presbiteriana di Scozia essendo già orientato verso la missione.
Fu infatti inviato in India come missionario.
Negli armi ’40 le diverse chiese cristiane
dell’India meridionale avevano raggiunto d
milione di membri (ora si avvicinano ai 2
rnilioni) e manifestavano ima forte volontà
di formare una sola chiesa abbandonando
le etichette denominazionali (« anglicana »,
«metodista», ecc.) sentite come ostacoli
per il lavoro di evangelizzazione soprattutto dopo la raggiunta indipendenza dell’India. Nel 1947, quando fu costituita la Chiesa
dell’India del Sud — il cui ordinamento
mantenne dalla tradizione anglicana diocesi
e vescovi (ma con un episcopato elettivo) —
il pastore Newbegin fu eletto vescovo della
nuova diocesi di Madura, una regione con
forte tradizione presbiteriana e, parzialmente, anglicana.
Nel 1959 il vescovo Newbegin fu nominato Segretario Generale del Cònsiglio Internazionale deUe Società Missionarie, l’organismo mondiale di collegamento del lavoro
missionario che aveva iniziato un processo
di integrazione con il Consiglio Ecumenico
delle Chiese. Facendo il «pendolare» tra
gli uffici di New York, Ginevra e Londra,
il Segretario Generale Newbegin diede un
impulso determinante a questo processo
che si è concluso a New Delhi nel 1961 con
la confluenza del CISM nel CEC. Dopo New
Delhi egli è stato il primo direttore del nuovo Dipartimento del CEC «Missione ed
Evangelizzazione ».
Nel 1965 L. Newbegin è stato richiamato
nell’India del Sud come vescovo della diocesi di Madras dove è rimasto fino al 1974,
anno in cui si è dimesso avendo compiuto i
65 anni. Tornato in Inghilterra, è stato chia
mato come docente al gruppo di collegi di
Selly Oak, Birmingham, dove avviene la
preparazione dei futuri missionari dipendenti da diverse società missionarie.
Eletto recentemente per l’anno 1978-79
moderatore della Chiesa Riformata Unita
(risultante dalla fusione delle Chiese Presbiteriana e Congregazionalista), è in questa veste che è ospite del nostro Sinodo accompagnato dalla Signora Helen, nata in
India da genitori missionari irlandesi. I coniugi Newbegin hanno 4 figli e 4 nipotini.
Oltre al suoi lavori per gli organismi ecumenici e missionari, il moderatore Newbegin
ha scritto diversi libri tra cui, tradotti in
italiano : Una religione autentica per un
mondo secolarizzato, Cittadella, 1968, e Cristo valore definitivo: il Vangelo e «le religioni», E.D.B., 1972.
« «
Tra gli altri invitati e ospiti del Sinodo,
segnalati a tutt’oggi, menzioniamo quelli
che rappresentano comitati esteri di sostegno alla Chiesa valdese: Rev. Charles Arbuthnot (A’WAS, ma anche Chiesa Presbiteriana Unita USA), Rev. Norman Birnie
(Com. inglese Waldensian Church Missions),
Sig. Jacques Picot (Com. di Ginevra); i rappresentanti di organismi ecumenici: Past.
Francis Gschwend (EPER), Rev. Glen G.
Williams (KEK), Past. Pieter Bouman
(CESEAR), Past. Fritz Weissinger (Diakonisches Werk e delegato della Chiesa Hessen Nassau), Past. Kruse (Gustav Adolf
Werk), Past. Piero Bensì (presidente FCEI
e UCEBI); i rappresentanti di Chiese e Opere: Rev. Patrick CampbeU (Chiesa di
Scozia), Past. Jean-Paul de Montmollin
(Chiesa riformata di Neuchâtel), Past. Gérard Cadier (Chiesa riformata di Francia),
CHI E’ IL CANDIDATO CHE SARA’ CONSACRATO QUEST’ANNO
Antonio Adamo è nato a Siracusa il 15 ottobre 1949. Nel 1964
va a vivere insieme al padre, che
già da qualche anno si era trasferito a Torino. In questa città
Antonio, che proviene da una famiglia cattolica, fa amicizia con
un suo coetaneo, figlio di valdesi
della comunità di corso Vittorio
Emanuele. Tramite il suo amico
evangelico egli inizia a frequentare le riunioni delTUnione dei
Cadetti di Torino. Il problema
della fede cristiana assume nella
sua vita una posizione dominante. La storia della piccola Chiesa valdese, perseguitata e pur
sempre legata alla sua fede
Antonio Adamo
evangelica, lo affascina e lo inquieta; egli inizia a frequentare
con assiduità i culti e le riunioni
della comunità di corso Vittorio
prima e di corso Principe Oddone dopo. Il suo interesse per
l’Evangelo aumenta ancora di
più quando il padre, uomo molto tollerante e di formazione laica che più tardi si avvicinerà alla fede evangelica, gli rivela che
alcuni cugini che vivono a Pachi
no sono evangelici. Antonio Adamo sente la necessità di fare
qualcosa di concreto per la causa dell’Evangelo, e già in questi
primi anni di soggiorno torinese
matura la decisione di studiare
teologia.
Alla fine del 1966, dopo due anni di scuola serale (di giorno lavorava), si reca a Torre Pellice
dove rimane un anno ospite del
Convitto valdese; Tanno scolasti
TRIESTE
Una mostra significativa
Sabato 1° luglio è stata inaugurata una mostra denominata:
«Tesori delle comunità religiose di Trieste». Resterà aperta
fino alla fine di settembre e sarà visitata, con o^i probabilità, da molte migliaia di persone. Si tratta di una iniziativa
del Comune e dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo
che, in tre stanze, raggruppa una selezione di sculture, dipinti,
oggetti di culto, documenti storici di varia natura che conferiscono alla Mostra un carattere
vario ed interessante.
Le 14 comunità che espongono rivelano subito che Trieste è
un punto di incontro tra popo
li, razze, ideologie, religioni diverse che fanno di questa città
un anello di congiunzione fra
varie culture.
Gli evangelici di Trieste non
hanno, ovviamente, oggetti preziosi da esporre. ’Tuttavia hanno
di buon grado accettato di essere presenti perché vedono in
quella manifestazione un’occasione di testimonianza. Essi, infatti, sono presenti soltanto in
una delle tre sale di esposizione: non in quelle che raccolgono dipinti, oggetti di culto in
metallo prezioso ma in quella,
a carattere storico che, su pannelli disposti con gusto, presenta ai visitatori le varie denominazioni evangeliche, dalle comunità storiche a quelle di più recente costituzione, è una raccolta di notizie e di documenti
particolarmente interessanti.
L’occhio del visitatore è subito attratto da un rarissimo e
semplare della S. Scrittura —
la sola in tutta la mostra — in
lingua ladina che risale al 1815
e che era letta dagli elvetici di
quel tempo. Un altro volume è
la Storia dei Valdesi di Jean Léger tradotta in tedesco a Breslavia nel 1750 ad uso degli
evangelici triestini. Vi è anche
Tatto di fondazione della comunità elvetica che porta la data
del 1782. Interessante anche un
« Avviso ed eccitamento » del
1806 che consiste in un appello
ai giovani per un maggiore impegno nella chiesa.
Alcune notizie storiche pre
sentano inoltre le varie comunità e indicano gli scopi di testimonianza che si propongono ;
predicazione aperta anche ai laici, assistenza ai minimi, spirito
comunitario che va al di là delle differenze denominazionali.
Potrebbe anche sembrare che
gli evangelici si presentino in
una posizione di svantaggio :
nessun tesoro colpisce la fantasia eppure è presente quel tesoro di cui parla la S. Scrittura
quando ci esorta a non ricercare beni materiali, ma il regno
di Dio e la sua giustizia.
U. Beri
co 1967-68 egli lo trascorre presso il Convitto valdfse di Pinerolo.
NelTautunno del 1968 va a lavorare come assistente al Convitto valdese di Pomaretto. Nell’aprile del 1969 avviene la sua
Confermazione nella chiesa di
Pomaretto. Nel frattempo egli
ha avuto modo di conoscere e di
frequentare il centro di Agape,
che lo aiuta nella sua ricerca di
fede. Nel 1970, terminati gli studi
secondari a Pinerolo, si iscrive
alla Facoltà di teologia di Roma.
Durante Tanno accademico 19731974 trascorre un semestre di
studio e di lavoro presso la comunità valdese di Firenze. Per il
suo anno all’estero di reca in
Germania dove frequenta la facoltà di teologia di Tuebingen.
Nel 1977 sposa Carla Negri della comunità valdese di Felonica.
Durante Tanno ecclesiastico 197778 svolge il suo anno di prova a
Torre Pellice come coadiutore
del pastore Giorgio Tourn. Nel
giugno di quest’anno ha concluso i suoi studi teologici presso
la Facoltà Valdese di Teologia di
Roma discutendo una tesi di storia della chiesa su « L’atteggiamento della Chiesa valdese durante la prima guerra mondiale ».
L’esame di fede di A. Adamo
avrà luogo alle ore 9 di sabato
29 luglio, nella Sala Smodale; il
sermone di prova al tempio del
Ciabas lo stesso giorno alle ore
18 e non alle ore 15 come erroneamente indicato sul numero
scorso.
UN OCCHIO ALLA TV E UN ORECCHIO ALLA RADIO
Belle speranze umane
Giovedì 6 luglio il teatro alla
Scala di Milano ha ripresentato il
ballo Excelsior. NelVintenzione dei
suoi creatori^ nel 1881^ doveva essere Vesaltazione del progresso
umano, la glorificazione dei risultati magnifici cui Vuomo era giunto mercé la scienza, il suo ingegno e la sua energia: il trionfo
dell'umanesimo. E insieme a questo la certezza di maggiori glorie
per Vavvenire.
L^esecuzione tecnica ed artistica
delVopera e stata senza dubbio ammirevole, ed altrettanto lo è stata
la trasmissione televisiva e la relativa presentazione, assai intelligente. Ma Vavvenimento mi pare che
contenga, per chi vuol riflettere.
Vopportunità di una considerazione fondamentale. Che cosa potrebbero dire oggi i nostri padri e i
nostri nonni, che accolsero con
tanto favore le numerose rappresentazioni di quesfopera a partire
da quasi centanni fa? Dove sono
andate le loro speranze e i loro entusiasmi, la loro attesa d^un avvenire sempre più abbondante di benessere? Come mai Vumanità si
trova oggi in una situazione così
diversa e così peggiore di quella
che veniva generalmente auspicata
alla fine del secolo scorso ed aWinizio di questo? Che ne è delle « magnifiche sorti e progressive »? Non
dobbiamo noi riconoscere nella differenza fra quello che quasi tutti
aspettavano e quello che oggi viviamo Veffetto del giudizio di Dio?
L uomo cercava il suo benessere e
non la giustizia, voleva stabilire il
suo metodo di vita e non il Regno
di Dio^ che ben pochi, d'altronde,
gli annunziavano allora e gli annunziano oggi.
Risultato: invece della vita, la
morte; invece delVaccrescimento
indiscriminato della gioia a qualunque costo, Vangoscia e la disperazione. Si potrà dire che non è giusto? Cerchiamo invece d'imparare
la lezione, finché siamo in tempo.
Ritorniamo tremanti alVEterno e
alla sua bontà, negli ultimi giorni.
Lino De Nicola
Ministeri,
strutture,
sacralità
Il corteo del culto inaugurale dell’Assemblea di New Delhi, 1961, che delibera l’integrazione tra il Consiglio
Ecumenico delle Chiese e il Consiglio
Internazionale delle Società Missionarie. In testa camminano affiancati i
rispettivi Segretari: W. A. Visser’t
Hooft e Lesslie Newbegin.
Past. J. Risseeuw (Comitato Chiese vallone), Prof. Amedeo Molnàr (Rettore Facoltà teol. Comenius di Praga), Oberkirchenrat Klaus Kremkau (Uff. eccl. affari
esteri Chiesa ev. in Germania), Past. Renzo Bertalot (Società Biblica), Col. Raymond Yarde (Esercito della Salvezza), Prof.
Anseimo Radaelli (Chiesa di Cristo); tra
gli osservatori tre rappresentanti delle Chiese Cristiane Evangeliche (Fratelli): Sigg.
Abele Biginellì (Roma), Giuseppe Barbanotti (Spinetta Marengo), Gian Nunzio Artini (Asti).
Diversi invitati sono accompagnati dalle
consorti o altri familiari. A tutti il cordiale
e fraterno benvenuto tra di noi.
(segue da pag. 1)
mento che la chiesa coincide
sempre meno con la società,
mentre ha verso di essa una
funzione missionaria. Chi opera
nel mondo ed è credente, non
può essere semplicemente uno
che esercita un « mestiere », specialmente quando la sua attività
non è puramente tecnica, ma
richiede l’esercizio di una funzione di annuncio evangelico:
un medico, un insegnante, ecc.
non applicano soltanto una tecnica curativa o educativa, ma
esercitano un servizio che è collegato con la promessa di vita
delTEvangelo. Perciò la varietà
dei ministeri è anzitutto qualcosa che si realizza nella collocazione dei credenti nella società: questo è in realtà il « sacerdozio universale dei credenti ».
In particolare nel quadro ecclesiastico la varietà dei ministeri deve essere recepita seriamente. Se il tradizionale Anzianato o Diaconato non hanno più
riscontro oggettivo nella realtà
attuale delle chiese, è inutile
mantenerli soltanto perché ci
sono stati tramandati, quasi fossero « divine strutture ». Fortunatamente oggi « Monitori » e
« Catechisti » si sentono meno
« tappabuchi » dei pastori e acquistano (o riacquistano?!) il
senso vocazionale. La stessa figura del « consigliere » di chiese dovrebbe essere studiata e
non rimanere come «residuato»
di strutture passate.
2. La struttura
È comprensibile che una Disciplina ecclesiastica regoli le
funzioni che direttamente dipendono dagli organismi che la
chiesa si dà. Evidentemente la
chiesa non può, né deve, legiferare sulle funzioni che si svolgono nella società. Tuttavia la
chiesa non può considerare come « ministeri » soltanto quelli
che essa struttura, né può considerare realmente « ministeri »
quelli che la sua tradizione considera tali. Perciò è necessario
che la struttura stessa si adegui
alla realtà dei ministeri, come si
presentano di tempo in tempo.
La Chiesa Valdese di Firenze ha
lamentato per esempio, che si
dia così poca reale attenzione al
« ruolo diaconale ».
3. Sacralità
La cosa più pericolosa è la
sacralità. Certamente, come si è
detto all’inizio, le nostre chiese
sono molto lontane dalla mentalità cattolica, ma neppure noi
siamo indenni da certe, tendenze
« sacralizzanti ». Si sono espresse tendenze verso un diffondersi
della prassi della imposizione
delle mani ai vari ministeri riconosciuti nella chiesa e questa
tendenza ha la sua logica, ma
anche i suoi pericoli. Il pastore
non è « sacerdos in aeternum »,
come il prete, ma è pastore
sempre. In base a che cosa? Alla vocazione? Al perdurare del
carisma dello Spirito Santo?
Volesse il cielo! Di fatto anche
da noi — tacitamente — lo è perché « consacrato »!
Che il pastore sia tale a pieno tempo e a vita, lo si può capire per ragioni contingenti: ha
una preparazione specifica che
10 impegna totalmente. Ma sarebbe tragico se si volessero
strutturare e « consacrare » a
vita anche altri ministeri tradizionali, quali l’Anziano e il Diacono. Ed è questa la prospettiva
che ci viene presentata oggi, con
11 progetto di nuovo regolamen
to dei ministeri. Proprio quando Anziano e Diacono — nel
senso tradizionale — si rivelano
fuori tempo, si vorrebbero irrigidire le strutture e accrescere
la « sacralità », facendone « ministeri » a vita: un ministero
senza portafoglio?! Avremmo
veramente la « sacra gerarchia,
istituita per disposizione divina,
la quale consta di vescovi, anziani e diaconi » come dice il
canone 6 sul « sacramento dell’ordine » del Concilio di Trento;
Pio IV che Tha sancito esulterebbe, ma Calvino e anche Lutero non sarebbero troppo d’accordo! A. Sonelli
3
28 luglio 1978
RIFLETTENDO SUI COMPITI DELLA NOSTRA MINORANZA IN ITALIA
Perché l'intesa tra Chiesa e Stato
Sul cammino di un nuovo rapporto con lo Stato, si è cercato di assicurare la libertà di predicazione deli’Evangelo, piuttosto che ricercare privilegi e immunità
Anche se il problema dell’intesa Chiesa-Stato non è ancora
concluso, si può tuttavia tentare
di farne il punto.
A me sembra che si possa asserire che se le Chiese valdesi e
■metodiste si sono dichiarate favorevoli a trattare e concludere
l’intesa, dopo aver indicato a suo
tempo nel sistema separatista lo
strumento più adatto per regolare i rapporti tra Stato e Chiese,
è perché, esaminata la situazione nel quadro della storia degli
ultimi 130 anni, è stato riscontrato che le leggi unilaterali
emesse dallo Stato in regime di
separazione erano dello stesso
stampo di quelle parimenti unilaterali emesse in regime giurisdizionalista. E ciò perché in un
paese come il nostro, che non ha
avuto né Riforma, né rivoluzione, tali leggi, di una marca o
dell’altra, di produzione liberaldemocratica, fascista o democristiana, risentivano tutte l’impronta confessionale cattolica; e
pertanto non tenevano in conto
alcuno una presenza evangelica
in Italia, se non per cercar di
limitarne ogni possibile sviluppo
o manifestazione.
La 'mentalità cattolica, nata e
sviluppatasi in Italia con la Controriforma, è quella che ha sempre dominato nel paese non solo
nel campo legislativo, ma anche
sull’azione dell’esecutivo e sui
giudicati della magistratura. Centinaia di esempi stanno a dimostrarlo. Tale mentalità si esprime e si riscontra nei 'Seguenti caratteri. Quando cioè la classe dirigente ad ogni livello centrale,
regionale o comunale — quale
che sia l’argomento considera
to — deve in qualche modo toccare questioni attinenti anche la
religione o la vita ecclesiastica,
nel suo istinto di formazione ed
educazione cattolica, sente che
occorre ascoltare il clero per conoscere come agire nei confronti del « sacro ». E quando nelle
singole fattispecie concrete con i
provvedimenti emanandi sono
stati in qualche modo soddisfatti o rispettati (o quanto meno
non violati, né urtati) gli interessi del clero, ecco che la classe
dirigente reputa che il problema
sia risolto nei riguardi di chiunque, sin tanto che il clero non
sollevi a nuovo qualche altro
aspetto della questione da tacitare. Provvedendo nei riguardi
del clero, quale che sia il colore
politico o la cosiddetta formazione ideologica della classe dirigente al potere in quel momento, si stima di aver non solo risòlto il problema, ma di aver
altresì risposto alle esigenze della Chiesa e di aver tacitato ogni
dovere verso il cristianesimo e
Gesù stesso.
Impensabile quindi che nell’ordine dei fattori sospingenti alla
soluzione dei problemi che concernono in pieno o toccano anche solo di striscio il campo religioso o quello più propriamente
ecclesiastico, venga fatto di pensare all’esistenza nel paese anche
di altre componenti confessionali ohe cattoliche non siano, o che
non siano anch’esse implicitamente tacitate con i provvedimenti che interessano il clero.
Ciò consegue logicamente al
plurisecolare atteggiamento assunto in campo cattolico nei confronti degli altri, visti solo come
eretici, dissidenti o infedeli. Si
rende pertanto impossibile pensare che il dato di una presenza
aliena, non a caso definita a-cattolica, possa avere rilievo giuridico, culturale, sociale o politico
nella vita del paese. Interessi diversi in tali ordini di cose, anche
se oggi non più considerati devianti, restano fuori campo, irrilevanti ed inosservati.
La mancata Riforma e la non
penetrata rivoluzione francese
— giunta in Italia solo sulle armi conquistatrici di Napoleone — hanno di fatto impedito
ogni frattura nel dominio della
mentalità, dell’educazione, della
formazione cattolica delle masse
come delle classi dirigenti. Unica
variante prodottasi: quella della
più totale repulsa, in uno con la
clerocrazia e la religiosità romana, anche dei valori reali del cristianesimo espressi dalla fede e
dalla Rivelazione stessa di Cristo, dato il carattere ancora cattolico dei più accesi anticlericalismi nostrani.
Di conseguenza, non essendo
al momento consentito sperare
in un’alternativa religiosa ed ecclesiastica capace di formare all’impronta gli italici sulla base
di una diversa educazione e di
una differente mentalità orientata ai valori deH’Evangelo, è parso producente, oltre che consono
con il dettato costituzionale, richiamarsi ad uno strumento di
coordinazione dei rapporti StatoChiese. In tal modo si può cercare di dimostrare in termini concreti che vi sono altri interlocutori che è gioco forza ascoltare,
animati da propositi differenti
da quelli cattolici nei loro rap
porti con lo Stato; che vi sono
quindi altri modi, altri criteri,
posizioni diverse che l’Italia ignora, per dare con una legge fatta
a due una soluzione adeguata
agli annosi problemi dei rapporti Stato-Chiese. E ciò perché lo
Stato da solo si è dimostrato incapace, di fronte al fattore religioso ed alle presenze ecclesiastiche, di essere politicamente
neutrale e giuridicamente imparziale, ma è stato solo confessionalista.
Lo scopo perseguito con l’intesa è ovviamente diverso da quello a cui tende un sistema di
coordinazione attuato cattolicamente secondo gli schemi dei
concordati. Anziché perseguire
privilegi, favori, immunità, franchigie, tutte cose che in definitiva esprimono volontà di dominio delle strutture ecclesiastiche
nella società civile e politica, si
è cercato invece di assicurare la
libertà della predicazione dell’Evangelo per tutti coloro che
vi si vogliono adoprare e l’indipendenza, 'da ogni ingerenza statale, delle istituzioni ecclesiastiche che servono da supporto a
tale predicazione, in un quadro
ordinato verso un laicismo che
in' Italia non ha ancora potuto
esprimersi in modo suadente.
Tutte cose queste che in definitiva enunciano l’intenzione, quanto meno, di rendere un servizio
al paese.
È questo il ruolo di una niinoranza che non intende farsi inglobare ed annichilire, ma desidera offrire alla società quel contributo che le spetta di recare.
Giorgio Peyrot
UN BILANCIO DELL’ATTIVITÀ’ DELLA RUBRICA TELEVISIVA
"Protestantesimo”: l'ora e la linea
Estate, tempo di consuntivi e
rendiconti: non è fuor di luogo
che anche la rubrica televisiva
« Protestantesimo » cerchi di
render conto della propria attività o, per lo meno, di rispondere alle domande che più spesso circolano negli ambienti evangelici.
L’orario
La prima riguarda l’orario
della trasmissione. Con l’inizio
del ’78 la rubrica è stata spostata dalla domenica al lunedìi, ed
è stata collocata prima del telegiornale, alle 22,45, con la possibilità di qualche oscillazione,
come spesso capita nei programmi serali. Il passaggio dalla domenica al lunedì ha comportato
anche lo spostamento da dopo a
prima del telegiornale, cioè, per
così, dire, aU’interno della programmazione normale, che solitamente termina appunto con il
telegiornale della sera. È un progresso che conferisce maggior
prestigio e stabilità alla rubrica.
Per molte persone anziane e
anche per moltissimi lavoratori
si tratta però di un orario troppo tardivo. Uno dei grossi difetti di tutta la programmazione è
appunto quello di relegare molti programmi culturali in fasce
di minor ascolto, quasi che le
masse ' popolari non avessero
diritto alla cultura. Questa è da
anni la politica dell’azienda radiotelevisiva, di cui subiamo anche noi le conseguenze.
L’altra critica che si sente a
proposito dell’orario riguarda la
sua variabilità. Fissato nominalmente alle 22.45, è infatti oscillato in questi primi mesi del ’73
tra le 22.30 e le 23.15, con un eccezionale ritardo il 15 maggio,
giorno di chiusura dei seggi elettorali. L’orario ha una notevole
importanza : non solo per gli
spettatori abituali, ma specialmente per il pubblico generale.
Gli indici di ascolto indicano
che alle 22.30 una trasmissione
di PROTESTANTESIMO ha
avuto un milione di spettatori,
invece alle 23.15 si può scendere ad appena 100.000. Per quanto approssimative, queste indicazioni non sono prive di significato. Poche diecine di minuti,
addirittura pochi minuti di ritardo, possono causare una pesante riduzione del pubblico.
Per una minoranza come la nostra, a lungo emarginata dalla
vita sociale e culturale del paese, è estremamente importante
la differenza che corre tra l’apertura offerta da un pubblico
di una certa consistenza, come
il milione delle 22.30, e la chiusura nel gruppo ridotto degli
spettatori delle 23.15. Si può aggiungere che il contatto tra il
protestantesimo e un pubblico
italiano sufficientemente numeroso è importante non solo per
noi, ma per il pubblico stesso.
Infatti, se si esce da un ristretto nazionalismo culturale per
guardare all’Europa, si constata
che noi non siamo una « piccola minoranza in Italia », ma piuttosto i « rappresentanti italiani
di metà della cristianità europea ».
I ritardi hanno fatto nascere
in molti evangelici il sospetto
che vi fosse un atteggiamento
ostile nei nostri riguardi. Normalmente c’è solo la tendenza
delle trasmissioni precedenti a
prolungarsi oltre il tempo stabilito: un inconveniente difficile
da evitare interamente, ma non
impossibile da ridurre in limiti
modesti.
Il contenuto
Nelle loro riflessioni sulla rubrica televisiva « Protestantesimo» gli evangelici italiani si interrogano non solo sull’orario,
ma anche sui contenuti. Chi decide che cosa trasmettere? come si arriva a fissare Torienta
mento della rubrica?
Da quando esiste la trasmissione « Protestantesimo » si nota da questo punto di vista una
evoluzione. Inizialmente e per
parecchio tempo il Servizio
Stampa Radio Televisione della
Federazione (e precisamente il
« gruppo operativo tv » di sei o
sette persone) ha avuto una sorta di amplissima delega da parte delle chiese evangeliche ed ha
cercato autonomamente quei temi che sembravano interessanti
sia per il pubblico « interno » alle chiese, sia per quello « esterno ».
In questo modo però la rubrica tendeva ad avere una conduzione di tipo soggettivo, anche
se di gruppo e non individualista. Il gruppo stesso rischiava
di rimanere staccato dalla realtà delle chiese. Consapevole di
questi problemi chiedeva allora
che la Federazione nominasse
un Comitato (il Comitato del
Servizio, familiarmente detto
« comitatone ») nel quale fossero coinvolte le massime istanze
delle chiese, per definire la finca della rubrica e approvare il
programma di trasmissioni. Attualmente il Comitato è composto dai rappresentanti delle
Chiese Federate, delle Federazioni Regionali e dei membri
del Servizio stesso; sarebbe interessante che vi Si aggiungessero rappresentanti delle Federazioni giovanile e femminile
(FGEI e FDEI). Diversi motivi,
tra cui le distanze geografiche e
la scarsità di tempo, hanno finora impedito a questo Comitato di uscire dallo schema di
molti organismi analoghi, che
cioè discutono e magari modificano le linee proposte dall’esecutivo, ma difficilmente inventano qualche cosa di nuovo. Un
risultato positivo però si è avuto: se non altro si è allargata la
base di consenso e di elaborazione preventiva della rubrica,
anche se è ancora il « gruppo
operativo » che orienta e propone.
Nelle ultime sedute del Comitato, all’inizio di giugno, si è cercato di superare tale situazione
immaginando una nuova formula, in base alla quale le trasmissioni diventassero un’espressione sempre più precisa del messaggio collettivo che il protestantesimo italiano vuol dare al
paese. Si è quindi deciso che il
Comitato, anziché esaminare un
progetto di programmazione
predisposto dal «gruppo operativo », cominciasse prima di tutto a raccogliere (magari con
l’aiuto di esperti) la voce che
emana dal protestantesimo italiano attraverso i suoi giornali
e riviste, assemblee e conve^,
associazioni, istituti teologici e
centri di incontro, e riferirla alla situazione d’oggi. Si cercherebbe cosìi di definire, su una
base obiettiva, che cosa il protestantesimo italiano intende
realmente dire al paese in un
momento preciso. Tale messaggio globale verrebbe poi tradotto in orientamenti generali, in
tematiche specifiche e in contenuti ideologici delle varie serie
di trasmissioni; la scelta dei
soggetti e la realizzazione rimarrebbe naturalmente di responsabilità del «gruppo operativo ».
Questa procedura può sembrare complessa, ma forse è il
modo migliore per far sì che il
Servizio riceva non una delega,
ma un preciso messaggio da interpretare televisivamente, e che
in pari tempo i protestanti italiani, nelle loro assemblee, si
sentano sempre meno come
semplici spettatori della rubrica, e sempre più come gli autori del messaggio che essa dà al
pubblico televisivo italiano; per
ottenere cioè che « Protestantesimo » diventi, come si voleva
fin dall’inizio, sempre meno una
trasmissione per i protestanti e
sempre più una trasmissione dei
protestanti, per gli altri.
Aldo Comba
La chiesa
testimone
(segue da pag. 1)
analisi che era l’opera dello Spirito stesso, e di nessun'altra persona, né di alcuna tecnica particolare o programma, che ha portato alla conversione. Potrei illustrare questo con numerose esperienze concrete.
Quando quelli che sono dotati
in più modi immaginano che sono i loro doni speciali, i loro
’’metodi”, le loro ’’priorità" che
determinano il "successo” o il
fallimento della missione della
Chiesa, allora é questo spirito
insensato di rivalità tra i membri della comunità che Paolo ridicolizza in I Corinzi 12. Ma
quando tutti i membri, riconoscendo che il servizio di coloro
che hanno differenti doni è necessario, si accettano gli uni gli
altri e gioiscono dei differenti
doni che gli uni gli altri hanno
ricevuto, allora tutte le diverse
attività — l’evangelizzazione, la
guarigione, la profezia o il servigio — sono considerate come
fossero il segno dell’opera del solo Spiritoo e tutte insieme lavorano al suo scopo.
Durante la maggior parte del
mio servizio di missionario ho
fatto parte di una équipe che
comprendeva la predicazione diretta dell’ Evangelo, sia nella
Chiesa che nelle strade, l’insegnamento nelle scuole e negli
istituti superiori, il lavoro medico, la missione in luoghi
industriali e rurali, gli sforzi per
migliorare l’agricoltura locale e
domare le inondazioni e la fame e molte altre forme di ministero.. Parallelamente a quesW
lavoro avevamo delle discussioni
ufficiali o ufficiose con uomini
e donne di altre credenze e altre
ideologie. Se queste diverse attività erano compiute con uno spirito di competizione gli uni con
gli altri, o anche di denigrazione
reciproca, allora esse perdevano
il loro valore in quanto prove
della presenza di un solo Spirito.
Ma quando esse erano condotte
con uno spirito di fiducia e lealtà reciproche, servivano a rinforzare gli uni e gli altri in molti modi. Le parole amorevoli pronunciate in un ospedale davano
un carattere credibile a quelle
del predicatore. Il messaggio del
predicatore diventava importante per i problemi che emergevano nell’industria. Il radicamento
di tutte queste attività nella vita
di una comunità cultuale centrata sulla parola e i sacramenti
dell’Evangelo aveva il carattere
di segni indicanti, al di là di essi
stessi, ciò a cui la Chiesa rende
testimonianza nel suo culto. E
così, in modi che nessuno poteva pienamente identificare, lo
Spirito portava uomini e donne
verso quell’istante di rivelatone
in cui erano resi capaci di "vedere” la realtà nascosta dietro a
tutte queste cose: il pregustare
il regno, la potenza e la gloria
di Dio.
La parola « Voi sarete i miei
testimoni » non è un comandamento al quale bisogna obbedire, ma una promessa che deve
essere creduta. La Chiesa che
agisce così sperimenterà che
quésta promessa è mantenuta.
(da una meditazione pubblicata
sul Bollettino delTAlleanza Riformata Mondiale, primavera
1978).
ISRAELE: una legga
antimissione
Il 1° aprile 1978 è entrata in vigore in Israele una legge definita dai
cristiani « legge antimissione ».
Questa legge, presentata dal rabbino Abrahmovitch intacca la libertà
di coscienza della minoranza cristiana.
Si tratta di un cambiamento di legislazione penale che punisce con la reclusione. sino a 5 anni, ogni cambiamento di religione ottenuto con corruzione in danaro o promesse materiali.
Secondo alcuni commentatori la corruzione è già in atto nel momento
stesso in cui dei bambini ebrei sono
ammessi in un asilo-nido cristiano in
quanto potrebbe nascere un « incitamento per la famiglia di questi bambini a convertirsi al cri.stianesimo ».
Il segretario della commissione interreligiosa israelita ha dichiarato: «Se
la stessa legge contro attività ebraiche
sorgesse all’estero sarebbe subito considerata come antisemita ». Le forti
proteste della Federazione delle comunità cristiane in Israele al capo del
governo Begin e al presidente del Parlamento non hanno sinora ottenuto risposta.
4
28 luglio 1978
DALLA SOCIOLOGIA ALLA TEOLOGIA
Protestantesimo e
religione popolare
« ...Morì un socio della Lega,
uno dei contadini più miseri e
si dovette fare una coUetta per
seppellirlo. Mancava il denaro
per pagare il parroco e poiché
questi pretendeva i soldi, Loperfldo consigliò di farne a meno.
E_ per la prima volta il popolo
di Matera vide passare per le
sue vie un cadavere senza alcun accompagnamento religioso ; senza preti, senza ceri, senza croce. Sulla rozza cassa i
compagni della Lega avevano
posto una corona di fiori freschi. Lo scandalo fu enorme e
rimpressione immensa ».
Questo brano, ripreso da un
quotidiano di Napoli del 1902, è
inserito in una delle pagine più
vive del saggio di Miriam Castiglione « protestantesimo e religiosità delle classi subalterne »,
centrato sulla storia del movimento pentecostale in una ristretta zona del Meridione. Questo saggio rappresenta uno studio sociologico su alcuni aspetti della religiosità contadina, ed
è preceduto da due contributi
di carattere pòlitico e teologico,
e cioè dallo studio « critica teologica della religione e religione
popolare» di Henry Mottu e
dall’introduzione di Ermanno
Genre. Ed è proprio in quest’ordine che si consiglia di leggere
le tre parti del libro, vale a dire al contrario.
Infatti, per chi si ponga in
un’ottica evangelica di fronte alla problematica della religione
« popolare », la sociologia non
può che essere xm primo approccio ad un grosso viluppo di
fatti rimasti a lungo, e non per
caso, ignorati o trascurati, e che
pure riguardano la stragrande
niaggioranza della gente. Questo
viluppo, in cui s’intrecciano fede, religione, superstizioni, sopravvivenze pagane, istanze di
protesta sociale e dissenso profetico, giudizio critico sul mondo e ritiro da esso, ecc., viene
colto dal sociologo dall’esterno.
Così, nel saggio della Castiglione i documenti, assai vivi e interessanti, della visione del mondo dei contadini del Sud all’inizio del secolo, ricca di passione
religiosa e di protesta sociale
(vedi la bellissima sequenza citata all’inizio, quasi da film western) sono prima raccontati e
« visti », poi analizzati in un discorso serrato (che offre numerosi spunti suggestivi e parecchia bibliografìa) sul contesto
politico-sociale e sullo sviluppo
storico del movimento pentecostale nel Sud. Quest’indagine,
nonostante lasci un po’ sbrigativamente sullo sfondo aspetti importanti del protestantesimo
nell’Italia meridionale (le chiese battiste, metodiste e valdesi),
in compenso mette in nuova luce anche la realtà contraddittoria del cattolicesimo popolare
meridionale : anche questo è utile, per non continuare a valutare il cattolicesimo in maniera
idealistica, e cioè solo a partire
dalle sue dottrine, quali vengono propagate dal pulpito ed
esposte nei documenti ufficiali.
H secondo saggio del libro,
critica teologica della religione
e religione popolare di Henry
Mottu, espone in parte i risultati di incontri avvenuti a Cartigny tra pastori e teologi italiani, francesi e svizzeri, nei quali emerse un forte interesse per
il pensiero di Gramsci e di
Bonhoefler, rivissuti all’interno
di un preciso impegno politico
e pastorale. È un discorso che
si giova largamente degli strumenti della sociologia religiosa,
ma in un’ottica interna alla vita
delle chiese riformate, nell’ambito delle quali appunto tali
strumenti sono forse ancora lar
gamente ignoti o addirittura
guardati con diffidenza. Mottu
dopo un discorso pieno di pathos, irto di punti interrogativi,
discontinuo, provocatorio, contro i teologi « divenuti adulti »
e il loro sterile intellettualismo,
arriva a quello che mi sembra
il punto più interessante del suo
studio e cioè il riferimento alla
genuina testimonianza bonhoefferiana : « Gesù non chiama a
una religione nuova, ma alla vita ». Si pone qui il problema del
rapporto tra religione e fede: è
un problema squisitamente teologico, ma che comporta grosse
conseguenze politiche. Esso potrebbe essere così, formulato :
una certa interpretazione intellettualistica e borghese delle affermazioni di Bonhoeffer circa
la religione e la fede, ha prodotto un’idea più o meno implicitamente accettata da molti cri
stiani che si pretendono emancipati e « adulti » ; che sia possibile separare la fede (come dimensione « buona » dell’essere
cristiano) dalla religione (come
fatto tendenzialmente « cattivo »
e alienante). Dimenticando che
la fede può essere vista come
« pura » soltanto se assunta a
priori come un dato al di fuori
e al disopra della storia, e che
la religione può essere concepita come esclusivamente « cattiva » e peccaminosa soltanto dall’alto di una teologia razionalistica e da intellettuali, che può
solo emarginare ancor più le
classi subalterne.
Questo non vuol dire, come
viene sottolineato a più riprese, che la religione della gente
perda la sua ambiguità e contraddittorietà per il fatto che le
si aggiunge l’aggettivo «popolare » ; significa che essa esiste e
pone delle istanze che non possono essere eluse dalla « religione colta ».
E dunque, il rapporto tra religione e fede non è un’alternativa, perché «r"atto religioso” è
sempre qualcosa di parziale, la
“fede” qualcosa di totale, un
atto vitale».
Questo rapporto viene esplicitato ancor meglio nella introduzione di Ermanno Genre (che
come ogni buona introduzione
va letta alla fine); in essa si tirano infatti le fila del discorso
sulla religione popolare, vista
sotto le varie angolature (sociologica, politica, teologica), e tra
l’altro si offre una sintesi del
pensiero dei Riformatori e di
Barth, Tillich, Bonhoefler in
materia di religione. Se è vero,
come afferma Barth, che « l’unico uomo che la teologia possa
prendere sul serio è quello che
appare alla luce della rivelazione», allora l’uomo può essere
rivelato a se stesso e prendersi
sul serio solo per questa via, e
quindi considerare la religione
come un aspetto del peccato
umano, e cioè come bisognosa
anch’essa di essere perdonata ed
« assunta dalla rivelazione » come ogni altro aspetto dell’uomo. Uno degli assunti del libro
pare dunque confermato: ci sono le basi per una critica teologica della religione, e quindi anche della religione « popolare ».
RILEGGENDO GANGALE - 5
Revival, saggio sulla storia
del protestantesimo in Italia
dal Risorgimento ai nostri
tempi, è scritto nel 1929;
l’anno del concordato, che
pareva seppellire ogni funzione autonoma, anche culturale, di quanto si scostasse
dal clericalismo in religione
e dalla dittatura in politica.
Revival significa « risveglio» della fede. Ma in Gangale questo termine ha una
precisa sfumatura polemica,
in quanto il risveglio, a differenza della riforma, « non
viene fatto superando o affrontando il razionalismo,
ma evadendo nella rocca
dell’istituzione, della fede,
dell’esperienza intima» (p!
5-6). Il suo libro in cui si descrivono i successivi revivals
che approdano in Italia, è
dunque in realtà un anti-revival. Il periodo considerato va
dal 1818, quando non v’erano
protestanti in Italia se non i
valdesi, al 1927 « due anni
prima della mutata situazione giuridica del protestantesimo» (p. 3), come il Gangale
con prudente chiarezza nota.
Il primo revival esaminato
è in realtà già una somma di
vari risvegli, quello contraddistinto da spiritualità e moderatismo dal Sismondi, con
cui polemizzava il « guelfo »
Revival
Manzoni della «Morale cattolica», quello dell’incandescente ambiente mazziniano protestante esule a Londra, nel
quale « il protestantesimo era
confuso con l’eresia..., il Dio
dei cieli, con un Dio politico » (p. 13), quello più pacato degli esuli politici torinesi
riuniti intorno al Mazzarella, la tendenza dei «Fratelli»
nelle sue prime forme organizzate dal Piero Guicciardini, la chiesa « garibaldina »
del Gavazzi e del Taglialatela, la posizione dei valdesi
che ai vari risvegli si oppone
ma senza riuscire a superarli.
Il secondo « revival » esaminato è quello che Gangale
battezza « metodista », comprendendovi i vari battismi e
metodismi importati in Italia da Gran Bretagna e Stati
Uniti, con le sue tendenze
massoniche moderate di «individui che non furono né disonesti né eroi » (p. 51), e che
contro le tesi estremistiche
che chiedevano in parlamento la soppressione di ogni insegnamento religioso nella
scuola scelsero la massoneria
prudente, senza idee né forza, neppure clientelare, teista
e moralista. «Un esperimento
fallito», commenta il Gangale, aggiungendo che «un esperimento fallito è più che
un esperimento non esperimentato» (p. 53).
Il fallimento dei primi due
revivals, sia in politica, che
in cultura, porta ad una
reazione che è quella del «revival sportivo » dell’YMCA
« il suo settarismo è l’antiset
ta, il suo mito non è il cri
stianesimo ma l’unione dei
cristiani » (p. 60). La crisi
tra protestantesimo e cultura
non è superata: in Jahier essa s’esprime compiutamente;
in lui non muore «la fede
valdese », ma il cristianesimo dei « risvegli », « in Jahier si è solo mostrato in che
modo evapori al contatto della cultura, come da una scatola aperta, il cristianesimo
revivalista» (p. 68).
« Conscientia » è il tentativo, ancora giovane e romantico, di rovesciare la posizione revivalista di cui aveva
sofferto il protestantesimo
italiano post risorgimentale.
Se questo tentativo sia riuscito o meno, resta da vedere.
« Guelfi o ghibellini, miscredenti o credenti, gli italiani
son cattolici» (p. 81); «Conscientia » di fronte a questa
« fatale realtà » agita un’utopia che è ancora un paradosso, ma fecondo: l’utopia del
protestantesimo.
Sergio Ribet
Ma su quali presupposti e con
quali conseguenze? Afferma Ermanno Genre:
« Una critica teologica alla religione popolare da parte cattolica è ancora tutta da costruire:
la tradizione cattolica ha utilizzato e tollerato la religiosità
popolare come leva di consenso, intervenendo soltanto nei
casi di insubordinazione, di disobbedienza alla gerarchia, di
minacciate separazioni dalla
chiesa di Roma. Nel protestantesimo invece (...) la critica teologica alla religione ha una storia ed una metodologia ben de
finite ed il cui punto di riferimento non è la chiesa e nella
chiesa ma la Bibbia». Solo con
questo costante punto di riferimento, mi pare, ha senso la critica anti-istituzionale dei cristiani di base e può crescere la lotta contro ogni forma di alienazione religiosa. E proprio in questa prospettiva, se non vado errato, l’opera è stata composta
e pubblicata.
Saverio Merlo
H. Motto - M. Castiglione, Religione popolare in un’ottica protestante,
Claudiana Ed., Torino 1977, pp. 112,
L. 2.000.
TORINO: OSTENSIONE DAL 27.8 ALL’8.10
Operazione Sindone
« Potremmo chiederci se è proprio il caso di occuparci di queste cose: sono ben altri i problemi che assillano la chiesa, oggi ».
Così afferma l’editore di questo
piccolo volume pubblicato dalla
Claudiana in occasione della
prossima « ostensione » della
Sindone di Torino. Effettivamente fa un brutto effetto doversi
impegnare nella lettura di argomenti che credevamo, forse nel
nostro entusiasmo ottimistico
per i segni di rinnovamento che
animano le chiese cristiane, oramai vecchi e superati. E invece
eccoci di nuovo a dover riprendere, sia pure con toni e argomentazioni diverse, la polemica
sulle reliquie. Che non sia, però,
tutto questo un piano deliberato, inteso ad una certa « normalizzazione » in seno al cattolicesimo ufficiale? Perché, infatti, a
questa manifestazione clamorosa e inauditamente prolungata
(27 agosto-8 ottobre) si dà tanto
risalto? Esiste un collegamento
fra essa, il congresso eucaristico
di Pescara, la Madonna pellegrina, Temarginazione del clero
« avanzato » piemontese e la crociata contro la legge sull’aborto?
Il nostro libretto avvia una serie di interrogativi e propone
parecchie risposte a questi interrogativi. Per questa ragione, e
non tanto per il merito delle informazioni che dà sul fenomeno
Sindone, esso si raccomanda ad
una nostra attenta lettura.
Si articola in due parti. La prima, più lunga e dovuta alla penna del past. E. Ayassot, fa una
dotta e scorrevole disamina di
tutti i "dati” storici e scientifici che vengono prodotti per avvalorare Tautenticità della Sindone torinese. Questa è una parte assai utile, perché documenta
sufficientemente il lettore sulle
incongruenze delle "prove” e sulla loro presunta validità. È un
po’ un peccato che l’autore, invece di seguire un filo cronologico per riassumere la “storia” della Sindone, adotta il sistema
che, in linguaggio cinematografico, isi chiama il “flash-back”. In
tal modo la lettura risulta un po’
difficile, specie per chi non ha
dimestichezza, anche minima,
con la storia europea generale.
La seconda parte, scritta da
Franco Barbero, prete cattolico
operante fra le comunità di base
nel pinerolese, è estremamente
incisiva, anche se un po’ troppo
sintetica. Egli si occupa degli aspetti teologico-pastorali di questa “operazione”. Fa spicco in
questo breve articolo la sensibilità evangelica delle argomentazioni e il rigore teologico che le
caratterizza.
Chi scrive queste righe ha tratto grande vantaggio anche per
se stesso dalle parole di Barbero. Vi sono puntualizzazioni precise: « Alla nostra fede in Cristo morto e risorto, il Vivente,
non interessano le reliquie di
nessun genere » (p. 48); affermazioni sintetiche e illuminanti:
« La presenza del Signore (è) là
dove egli ha voluto a noi rivelarsi, cioè nella testimonianza della sua Parola contenuta nella
Bibbia e nella storia...» (p. 51);
richiami ad un giusto spirito ecurnenico e missionario: « In una
città come Torino, in questa terta piemontese, owe le chiese cristiane hanno la grazia di potersi confrontare per crescere insieme verso l’unità in Cristo,
questo “culto” delle reliquie suona come affermazione vistosa di
ciò che divide... non si è tenuto
in alcun conto l’esperienza di
tutti quegli uomini e quelle donne non-credenti che, impegnati
per un mondo più giusto... avevano cercato di entrare in dialogo con i credenti, superando il
facile slogan della “religione come oppio dei popoli". Non è certo l’ostensione della Sindone,
operazione ad alta percentuale
oppiacea, a far progredire il dialogo e la testimonianza cristiana! » (p. 52).
Come si vede si tratta di una
puntualizzazione precisa e tempestiva. Per questa ragione il
rammarico iniziale dovuto alla
ripresa di battaglie vecchie è superato dalla gioia di ascoltare
chi dall’evangelo trae luce e vera ispirazione.
Paolo Spanu
E. Atassot e F. Barbero, La Sindone: radiografia di una prova. - Ed.
Claudiana, collana Dossier n. 4, pp
63, L. 1.000.
Egregio signor Direttore,
La prego di pubblicare queste mie
note in risposta a quanto scritto dal
sig. Ezio Saccomani, con riferimento
al mio articolo, apparso sul n. 17 de
« La Luce ».
Non ho detto che la politica è sporca né che i cristiani devono astenersene; ho cercato di chiarire la differenza tra condotta cristiana e condotta
politica ed ho affermato che la prima
deve essere privilegiata dai credenti
ed in modo particolare dai pastori.
Il mio interlocutore mi induce a
queste precisazioni. Chi accoglie il
prossimo in casa sua compie un atto
cristiano, il più gravoso e quindi il
più apprezzabile ma anche purtroppo
il più raro; chi fa pressione sul governo allo scopo di far ottenere la casa ai
senza tetto^ compie un atto politico e.
se pure in via mediata, anche cristiano sempre che la ’’pressione'’ sia accompagnata deirindispensabile doveroso contributo pecuniario; chi propugna od anche soltanto approva l'occupazione di case sfitte con la violenza
sì pone fuori dall’insegnamento evangelico e fa politica (a mio giudizio non
buona); vi è poi un altro modo di risolvere il problema della casa, quello
della coabitazione assai in uso nella
Russia sovietica, perché colà, dopo Timmane olocausto di diecine di milioni
di vite umane, incombenti sempre la
pena di morte ed il ((gulag», regna sovrana l’agape di Stato.
Certo la politica può essere sporca
o pulita, ma se consideriamo che i
membri delle comunità statali, in grande maggioranza non soltanto sono pseudo-cristiani ma sono anche cattivi cittadini, inosservanti delle leggi oltre
che dei dieci comandamenti, e mandano solitamente alla direzione della
cosa pubblica persone ancora peggiori,
è evidente che in politica c’è poco spazio per gli uomini di vita integra,
nemici di ogni frode e sdegnosi di
qualsiasi compromesso. Ce lo conferma la vicenda di Giovanni Giolitti, lo
statista che più ha fatto per il progresso democratico del nostro paese e
che, non avendo potuto fare a meno
di operare con persone poco degne,
pur essendo personalmente onesto, è
stato qualificato dai suoi oppositori
(( ministro della malavita ».
I vent’anni di fascismo ed i trenta
dì democrazia cristiana hanno talmente peggiorato la situazione che è
opportuno sorvolare, dato che, nel
momento in cui scrivo, i grandi elettori stanno provvedendo con Tabìtuale sincera entusiasmante procedura all’elezione del presidente della repubblica : purché non sia (( troppo onesto » come è stato scritto in questi
giorni su (( La Stampa », per non far
sfigurare la nazione.
Renato Paschetto
5
28 luglio 1978
NUOVA COSTITUZIONE E LEGGE SULLA LIBERTA’ RELIGIOSA
Cambierà il volto
religioso della Spagna?
(segue da pag. 1)
re di « deconfessionalizzare » lo
stato, la reazione del cattolicesinio spagnolo è stata enorme.
Come al solito in questi casi, il
clero, alto e basso, ha mobilitato le famiglie cattoliche per protestare contro la deconfessionalizzazione dello Stato e specie
del settore scolastico. Il 7 dicembre scorso v’è stato a Madrid un grande raduno dimostrativo a cui sono stati invitati anche i direttori delle due
scuole evangeliche di Madrid.
Ho molto apprezzato quanto ha
detto in tale occasione l’amico
Humberto Capò della Iglesia
evangélica española riaffermando le esigenze della libertà avanti tutto.
— Ma cosa pensi che gli evangelici dovrebbero fare sul piano
costituzionale?
— Ritengo che non devono
stancarsi di proclamare le loro
tesi pubblicamente, senza riserve, nel modo più chiaro e preciso. Anche se la nuova costitu
zione è stata già approvata dalle Cortés, e anche se sarà scontato che nello sviluppo ulteriore del progetto costituzionale le
loro tesi non saranno accolte, è
questo il terreno su cui gli evangelici debbono insistere.
— E sul fronte della legge sulla libertà religiosa?
— Questo è appunto il problema che mi preoccupa: una
nuova legge sulla libertà religiosa non è certo la via maestra
verso la quale uno Stato che
vuol essere libero e democratico deve incamminarsi. Non è
questa neppure la strada su cui
le Chiese evangeliche possono
validamente marciare. Un tale
progetto è ancora il frutto di
una mentalità tipicamente cattolica, mentalità che in Spagna
è per certo più radicata che da
noi, malgrado le avanguardie
cattoliche spagnole dopo il Concilio siano aperte e sotto certi
profili comprensive. Infatti il
problema di fondo non è quello
della libertà religiosa, ma quello dei rapporti Stato-Chiese.
— Perché ritieni prioritario
questo problema e non quello
della libertà?
— Perché il problema della
libertà in tema di religione in
definitiva non è che un risvolto
giuridico del problema politico
riguardante il modo con cui vengono impostati i rapporti tra lo
Stato e le Chiese. Occorre cioè
vedere come lo Stato spagnolo
di oggi intende mantenere o modificare i rapporti in atto con
la Chiesa cattolica. In un paese
come la Spagna, o come l’Italia,
conta anzitutto sapere come si
vuole affrontare questo problema. Il resto — e cioè i rapporti
con le altre Chiese ed il grado
stesso di libertà religiosa da assicurare — è cosa meramente
consequenziale. Se la Spagna
vorrà non più essere uno Stato confessionale in senso cattolico; e non più giurisdizionalista verso le altre Chiese; se imposterà i suoi rapporti con la
Chiesa romana in termini consoni con il rispetto dovuto a
tutte le altre confessioni religiose; allora verrà da sé la soluzione piena e completa del problema della libertà in tutti i campi,
quello religioso compreso. Ma
questa dei rapporti Stato-Chiese
è una questione che va risolta al
momento di varare il testo costituzionale. Se su tale questione la classe dirigente politica
spagnola combina un pasticcio
come si è fatto da noi con l’articolo 7 della Costituzione, le cose si metteranno sicuramente
male per gli spagnoli e per gli
evangelici in specie. Fortuna ha
voluto che da noi han poi fatto
l’art. 8; ma in Spagna non è
detto che avvenga qualche cosa
di simile. Ed è questo che temo.
Per questo affermo che la posta
va giocata sul punto della costituzione e non su quello della
legge sulla libertà.
— Ma la legge sulla libertà
religiosa non potrebbe consentire di compiere quei passi che
sul piano politico non si osereb be forse ancora compiere in sede costituzionale?
— Certamente, ma perché ciò
avvenga occorrerebbe per l’appunto che vi fosse già in Spagna un clima di maturazione politica relativamente al tema dei
rapporti Stato-Chiese (al plurale) che Invece da quanto ne so
non c’è ancora. Pertanto anche
la nuova legge sulla libertà religiosa ' rischia di essere cdme
quella del 1967, una legge cattolica con cui si concede agli altri
un certo grado di libertà, ma
non tutta la libertà di cui godono i cattolici, la loro Chiesa e
le loro istituzioni confessionali.
Mentre una legge sulla libertà
religiosa per avere un senso deve concernere tutti, cittadini e
coraggio e la coerenza di rifiutare l’applicazione della legga
franchista del 1967. È proprio
la coerenza della posizione della
Iglesia evangèlica (sorta dalla
fusione dei riformati e dei metodisti) che merita a mio avviso di essere sostenuta. I dirigenti della Iglesia evangèlica se
si trovano isolati devono tuttavia avere il coraggio di condurre anche da soli la loro battaglia con estrema chiarezza e decisione. Meritano di essere aiutati al riguardo da quanti li comprendono nel loro sforzo. È del
resto la stessa linea che conducemmo noi sin dal 1946; libertà
totale e per tutti di annunciare
l’Evangelo di Cristo; indipendenza delle istituzioni ecclesiastiche che ne costituiscono il
supporto ; rifiuto dei privilegi
quali che essi siano e delle ingerenze da parte dello Stato nel
Spagna evangelica
I cinque principali organismi evangelici in Spagna
sono i seguenti:
— La Union Evangelica Bautista Española (UEBI)
— La Iglesia Evangelica Española (lEE)
— La Iglesia Española Reformada Episcopal (lERE)
— Las Iglesias Evangélicas de Hermanos
-— La Federación de Iglesias Evangélicas Independientes de España (FIEIDE).
Inoltre sono presenti altre denominazioni tra cui
Las Iglesias Pentecostales ed altre Iglesias Independientes non federate. Ad esse vanno aggiunte talune
diramazioni di Chiese estere per la cura dei loro connazionali residenti in Spagna.
nazioni, ma si poteva enunciare
tutto ciò in modo più vigoroso,
più incisivo e penetrante; dando l’impressione che dietro la
dichiarazione v’è tutto un sistema di concepire le cose, un ordine di concetti, un mondo di
riflessione teologica e giuridica,
che viceversa non traspare minimamente. Anzi sotto tale profilo il testo è deludente, quasi
che le Chiese della Riforma non
abbiano in sé una ricchezza anche a questo riguardo. Basta
pensare a Calvino ! È giusto
scartare il concetto di una legge speciale, ma occorre anche
stranieri, cattolici ed altri, le loro Chiese ed istituti, ponendo
tutti sullo stesso piano. La li
bertà o è eguale per tutti o non
c’è. Esiste in sua vece il privilegio da un lato e la emarginazione dall’altro. Da noi è avvenuto
che nel corso della discussione
del progetto dell’articolo 19 della Costituzione nel 1947 i costituenti si accorsero che la norma, pensata solo per gli « acat
tolici », era divenuta una nórma
valida per tutti. In conseguenza
si capii che il limite dell’ordine
pubblico e la limitazione circa
i principi professati, non potevano più andar bene e furono
cancellati entrambi. È da augurarsi che in Spagna capiti qualche cosa di simile. Il nuovo progetto di legge spagnolo rischia
di essere al massimo un provvedimento ispirato a paternalismo
confessionale, per cui non può
essere risolvente.
— Ma le Chiese evangeliche
spagnole cosa ne pensano di
questo progetto?
— Purtroppo le Chiese evangeliche a quanto ne so, non sono tutte concordi sulla via da
seguire, come ho già fatto cenno. A mio avviso la linea della
Iglesia evangélica española appare coerente e chiara a parte
certe questioni di dettaglio ed
alcune incertezze. Gli altri gruppi sono più o meno orientati
sulla linea che assunsero al momento dell’entrata in vigore della legge del 1967; e sembra che
anche la Comisión de defensa
sia sulla stessa linea. Ma la
strada di accontentarsi di una
nuova legge mi sembra riduttiva e tutto sommato inficiata di
utilitarismo e delle conseguenze di un complesso di minoranze e di inferiorità subito per
troppo tempo. È certamente augurabile che con una nuova legge sulla libertà di religione si
potranno ottenere miglioramenti nei confronti del dettato della legge del 1967, ma a me sembra un errore secondare tale
progetto prima che sia varata
la Costituzione. In tale occasione la Spagna dovrà pur assumere una posizione chiara in
tema di libertà religiosa mentre
l’Europa starà ad osservarla.
Penso quindi che sia su questo
terreno che bisognerebbe impegnarsi al massimo rifiutando
per il momento il pis-aller del
progetto di legge speciale.
La Iglesia evangélica española
a suo tempo, a differenza degli
altri gruppi evangelici, ebbe il
le cose religiose ed ecclesiastiche. Queste le istanze che vanno sviluppate anche nell’attuale
situazione spagnola.
— Che ti pare del testo della
risposta data dalla Iglesia evangèlica al Ministero della giustizia?
— A me sembra che il testo
della dichiarazione sia valido
nella sostanza, ma è tuttavia debole, specie nelle argomentazioni e nella forma espressiva. Condivido quanto detto circa i pri
vilegi, le esenzioni, le discrimi
considerare sul piano dei rapporti Chiesa-Stato la specificità
delle Chiese non riconducibile
al carattere delle associazioni
senza o con fine di lucro. Anzi
il richiamo a tali associazioni
nel caso del riconoscimento della personalità giuridica mi ha
sorpreso. La specificità non ha
nulla a che fare con il trattamento di favore, è una questione di emettere norme appropriate o meno. Riscontro piena
chiarezza sul punto della tassa
ecclesiastica, della libera nomina dei pastori, della libertà del
loro ministero. Circa la scuola,
il matrimonio, e la questione
del riconoscimento giuridico
noto invece incertezza sia nei
concetti affermati sia nelle tesi
che si vorrebbero sostenere.
Manca poi totalmente la coscienza che la Chiesa è portatrice di un suo ordine giuridico
proprio, così) come manca un
chiaro atteggiamento contro le
posizioni giurisdizionaliste che
hanno da tempo imperato in
Spagna specie nei riguardi degli evangelici. Si confondono cose che riguardano i rapporti e
la posizione della Chiesa nello
Stato e questioni attinenti problemi di libertà. Il tutto mi pare ancora connotato di timidezza, precarietà. V’è troppo ossequio per l’atteggiamento dello
Stato, non sufficiente presa di
coscienza della propria autentica identità. Tuttavia mi sembra
che questo passo che è stato
compiuto vada incoraggiato o
sostenuto.
— Cosa suggeriresti di fare a
favore delie Chiese evangeliche
in Spagna?
— Occorre prestare loro, e
soprattutto a quanti intravvedono meglio di altri la via da
seguire, tutta la nostra solidarietà operativa. Uno strumento
adeguato già esiste e da anni;
ed è la Conferenza delle Chiese
evangeliche dei paesi latini d’Europa. Stimo che in questo quadro le nostre Chiese sapranno
svolgere la parte che è giusto
attendersi da loro. Avendo conseguito il risultato dell’Intesa
recentemente conclusa le nostre
Chiese hanno dimostrato di aver
acquistato conoscenze ed esperienze che ora possono essere
poste anche al servizio di altri.
Dichiarazione della Iglesia
Evangelica Española
INoi crediamo che la Costituzione deve affermare il principio della libertà religiosa,
senza privilegi né eccezioni in dipendenza
della posizione maggioritaria o minoritaria.
Non è quindi necessario promulgare una legge
speciale sulla libertà religiosa, perché detta legge, per il fatto stesso di esistere, tenderebbe
inevitabilmente a favorire o a recar pregiudizio
alle Chiese nella società. In ogni caso essa stabilirebbe una ingiusta discriminazione tra i cittadini per motivi di religione.
2 Le Chiese non possono né esigere né accettare un trattamento speciale per il semplice fatto che esse sono delle comunità
religiose. Il fatto religioso non è un valore riconosciuto da tutti come positivo nella nostra
società pluralista, e pertanto deve situarsi a
fianco degli altri fenomeni già considerati dalla
legislMione generale. Ogni trattamento speciale agirebbe in detrimento della libertà stessa
delle Chiese, - o sarebbe risentito dalla società
come un trattamento di favore, e perciò stesso,
come ingiusto.
La conseguenza di quanto sopra detto è che:
a) Noi rifiutiamo l’imposta ecclesiastica
che trasformerebbe lo Stato in esattore delle
imposte per le Chiese. Se, ciò malgrado, verrà
richiesta al paese una tassa ecclesiastica, questa deve essere versata volontariamente solo da
coloro che desiderano contribuire al sostentamento della Chiesa accettando tale sistema.
ù) Al momento della celebrazione dei
matrimoni non desideriamo agire come funzionari dello stato civile. Per lo Stato ogni unione
matrimoniale è un contratto civile che deve essere celebrato davanti ai suoi funzionari. Le celebrazioni religiose possono sempre essere aggiunte, se lo si desidera, al contratto concluso
davanti allo Stato, senza modificarlo.
c) Non accettiamo esenzioni fiscali diverse da quelle che sono concesse alle associazioni senza fine di lucro.
d) Desideriamo l’unificazione di tutti i
cimiteri sotto l’egida dello Stato o dei comuni.
e) La scuola deve essere laica — ciò
che non significa antireligiosa — e Pinsegnamento religioso affidato alla responsabilità delle rispettive confessioni religiose, nel quadro
dei programmi scolastici.
3 Riconoscendo il principio della libertà religiosa, lo Stato deve garantire il libero esercizio del culto pubblico e privato, come il
diritto di ogni Chiesa ad organizzarsi secondo
il proprio carattere.
4 Per quel che riguarda gli altri diritti, non
specificatamente inerenti al campo religioso, come i diritti alla libertà di espressione, alle pubbliche manifestazioni ecc. le Chiese devono attenersi alla legislazione generale.
Per il riconoscimento della loro personalità giuridica, esse devono far ricorso alla legge sulle
associazioni ed essere assimilate a delle associazioni aventi fine di lucro. E ciò con tutte le conseguenze comprese quelle fiscali.
51 pastori devono essere designati dalle
stesse comunità che essi servono, e non
dallo Stato. Il diritto alla libertà religiosa
permette ai pastori di assistere i carcerati, i militari ecc. Le associazioni costituite dalle comunità religiose devono avere il diritto di iscrivere
i loro ministri nel sistema di assicurazione sociale, alle stesse condizioni degli altri spagnoli.
6 Noi crediamo che il momento storico che
vive il nostro paese esige di porre l’accento
sulla necessità d’avere una Chiesa libera in
un paese libero, per l’adempimento più fedele
delle loro rispetive missioni.
(Risposta al questionario del Ministero della
Giustizia di Madrid sulla posizione delle confessioni religiose in Spagna - 9.2.1978)
6
28 luglio 1978
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Elite^ popolo,
base
impegnata
Anche l'incontro del Colle della Croce ha, come tutte le cose
umane, la sua storia e la sua tradizione e l’edizione 1978 non è
stata che un anello, fra i tanti,
di una lunga catena che sarà interessante raccontare un giorno.
Il gruppo dei giovani di Torre
Pellice aveva proposto, in previsione dell’incontro, di scriverne
in poche pagine ciclostilate la
storia da offrire ai partecipanti
di quest’anno ma l’impresa è risultata più difficile del previsto
e perciò rimandata. Difficile perché tutti sanno che l’incontro
c'è, c’è stato, e molti vi hanno
partecipato, ma quando si tratta
di sapere quando è iniziato, come, chi lo ha diretto attraverso
il tempo e soprattutto quando si
tratta di avere documenti e fotografìe non si trova più niente o
poco. Sarebbe perciò interessante ed utile che tutti, coloro che
hanno materiale e documenti li
mettessero a disposizione depositandoli, per esempio, nell’Archivio della Tavola in modo che
si possano poi utilizzare.
Tracciare una breve storia dell’incontro al colle della Croce
non è solo interessante per ricordare le cose passate, fare una
paginetta di storia, una « glanure
d’histoire », come quelle che scriveva Jean Jalla, significa anche
fare, in un certo modo, la radiografia della vita valdese alle Valli negli ultimi decenni e di conseguenza scrivere sulla situazione
di oggi. La stessa cosa si può fare con la festa del XV agosto, e
con gli stessi risultati.
Alle origini c’è sempre un
gruppo di impegnati, spesso degli ambienti giovanili, gruppi di
credenti che vogliono esprimere
qualcosa, dare una parola nuova,
indicare una linea, battersi per
una idea. L’idea dell’incontro sulla frontiera negli anni ’33-35 è
teologicamente inquadrata, originale, viva, parla da sola in una
Italia autarchica che si prepara
alla conquista dell’Impero!
Si passa poi all’attività di massa, si coinvolge il popolo. Basterà ricordare il colle gli
anni ’46-’60, quando gli unionisti
valdesi portarono la croce con la
scritta ’’affinché siano uno” (una
croce che non dura però mai più
di un anno, che la valanga distrugge, bella immagine anche
questa). Erano gli anni in cui
non ci si contava a decine ma a
centinaia, gli anni in cui si saliva in duemila. « Alla festa » era
lo slogan e si stentava a farsi
seritire nel gran vociare e nel
canto dei gruppetti dispersi che
solo il richiamo tonante di Arnaldo Geme riusciva a ridurre
al silenzio.
Oggi si è in pochi, ridotti i
francesi per le ragioni che diciamo nell’articolo qui di fianco, ridotti noi perché la gente
si ferma a cantare a valle; chi
sale, sale per sentire e vivere insieme un’esperienza; nel gran
silenzio, si è pochi ma tutti raccolti intorno alla croce e si parla e si ascolta come la domenica
in chiesa, con una partecipazione
totale, responsabile, matura.
Elites battagliere, masse convogliate dal richiamo di cose
nuove, nuclei responsabili: è
davvero questo il cammino delle
nostre chiese alle Valli negli ultimi 50 anni? E una ipotesi che
vale quel che vale, la si può verificare.
Giorgio Tourn
Rifugio Carlo Alberto
Luserna San Giovanni
La tradizionale
Giornata
del Rifugio
avrà luogo nel pomeriggio
di domenica 6 agosto.
Tutti sono cordialmente invitati.
LA LEGGE 382
I poteri degli Enti Locali
e il futuro dei servizi
« La legge 382, i poteri degli
enti locali, il futuro dei servizi ».
Con questo titolo, la rivista Diakonia pubblica nel suo ultimo
numero una documentazione relativa al decentramento regionale che si sta attuando in Italia
pur tra difficoltà di ogni genere.
Ricordiamo a questo proposito
che già la Costituzione Italiana,
entrata in vigore nell’ormai lontano 1° gennaio 1948, prevedeva
la costituzione delle Regioni ed
il decentramento ad esse di tutta
una serie di funzioni con l’intento di responsabilizzare le autonomie locali. Fra queste competenze annoveriamo: nel quadro
della programmazione politica
del territorio « Urbanistica, Foreste, Trasporti locali. Viabilità
locale »; nel quadro dei Servizi
Sociali « Assistenza, Sanità, Diritto allo studio. Istruzione professionale, Assistenza scolastica »; nel quadro infine della politica produttiva di interesse locale, « Artigianato, Turismo,
agricoltura, cave, torbiere ecc. ».
In realtà dovevano trascorrere
ben 24 anni (1972) prima che la
costituzione delle Regioni divenisse un fatto concreto e con esso le prime deleghe ed i primi
finanziamenti.
Ma questo fatto, pur così importante, non era sufficiente se anche dal jmnto di vista
delle leggi e delle competenze
non si faceva pulizia della giungla delle sovrapposizioni di strutture amministrative (statali e regionali) dovuta al mancato scioglimento delle amministrazioni
statali e alla duplicazione delle
responsabilità. Pertanto si rendeva necessario emettere nuove
leggi a completamento. Si giungeva quindi alla promulgazione
della Legge 382 del 22 luglio 1975
(intitolata: « Norme sulTordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione ») per ovviare alla situazione confusa prima accennata. Con questa legge il governo
veniva incaricato di completare
il trasferimento delle funzioni
amministrative previste dall’art.
117 della Costituzione alle Regioni e di trasferire anche quelle
degli Enti pubblici nazionali o
interregionali.
Finalmente, dopo pressioni della sinistra, venivano emanati in
attuazione della delega prevista
dalla legge 382 i DPR del 24 luglio '77 n. 616-617-618 che regolamentano le nuove funzioni delle
Regioni. Indubbiamente questi
decreti, pur con i loro limiti
rappresentano un passo avanti
verso l’attuazione del disegno costituzionale di uno stato che si
articoli per livelli di amministrazione strettamente collegati con
le assemblee elettive. I decreti
assegnano:
Ai Comuni, singoli o consorziati, un ruolo sempre maggiore
neH’organizzazione di servizi globali che rispondano alle esigenze
di benessere del cittadino.
Alla Provincia compiti di programmazione ^ limitatamente alla
localizzazione dei presidi sociosanitari.
Alle Comunità Montane non
AL COLLE DELLA CROCE
Un incontro annuale
da potenziare
Per rincontro di quest’anno il
cronista ricorderà in primo luogo che il tempo è stato favorevole: nebbioso il versante italiano, e perciò salita tollerabile,
splendido il versante francese
con un sole ad intervalli che rendeva comunque sopportabile il
solito vento siberiano che tutti
conoscono.
I partecipanti in numero poco
superiore ai 250, una maggioranza di italiani; questo si spiega
molto facilmente col fatto che la
vallata del Pellice conta un numero assai alto di comunità vaidesi mentre la vallata del Queyras non ha che poche famiglie
isolate. I campi giovanili di boy
scout e della Federazione Studenti, che avevano sede sul versante francese e convogliavano
sempre un numero notevole di
giovani sul colle, sono cessati ed
è venuto a mancare cosi questo
afflusso.
La giornata ha ormai il suo
schema (quando il tempo lo permette e non si fugge a mezzogiorno sotto la pioggia!): mattino culto, presieduto dai due pastori delle comunità contigue
Bobbio e Briançon, con la celebrazione della S. Cena, pomeriggio conversazioni libere. Quest’anno abbiamo ripreso per la
S. Cena la bella formula del grande cerchio in cui ognuno passa
al suo vicino il pane ed il calice.
La liturgia era diretta dal pastore Pivot, la predicazione dal
pastore G. Tourn. Il pomeriggio
generalmente dipende dalle persone casualmente agganciate sul
posto. Quest’anno non è stato
possibile agganciare nessuno, o
non siamo stati capaci di farlo.
Abbiamo trascorso così più di
un’ora e mezza di piacevole conversazione rievocando appunto
la storia dell’incontro con il veterano di questa edizione Domenico Abate (la più giovane partecipante Miriam Bellion di Torre
Pellice ha trascorso placidamente il suo pomeriggio nella sua
coperta succhiandosi il pollice).
Abbiamo così ripercorso le
tappe degli incontri unionisti de
gli anni ’33-34, gli anni del Fascismo, il dopoguerra, gli incontri
di massa, sino ad oggi. Inframmezzato a questa rievocazione
uno scambio di notizie sulle rispettive chiese e comunità ed a
conclusione il grande saluto del
« chant des adieux » mano nella
mano.
Ci è piacevole ricordare nel
contesto deirincontro del Colle
della Croce un atto di onestà ohe
stupisce in questa Italia così
squinternata. Una partecipante
che aveva dimenticato a Villanova il suo portafoglio sul tetto
della macchina l’ha ritrovato nascosto nel motore della vettura:
un gentile biglietto infilato attraverso il finestrino indicava dove
trovarlo; non essendovi indicazioni, come si conviene a persone oneste, non sa chi ringraziare
ma ringrazia.
G. T.
Società
di studi
vaidesi
La seduta annua della Società
avrà luogo, come in passato, la
domenica di inaugurazione del
Sinodo, nell’Aula Sinodale:
Domenica 30 luglio, ore 21
Tavola Rotonda sul tema: Nuovi orizzonti per la storia valdese.
Parteciperanno, fra gli altri,
Claudio Tron e Gianni Bellion.
Seguirà la seduta amministrativa con la relazione del Seggio
uscente e la nomina del nuovo
Seggio.
Il XVIII Convegno di Studi
sulla Riforma ed i movimenti
religiosi in Italia avrà luogo
nei giorni 28-29 agosto.
Il lunedì 28, con inizio alle
ore 15,30 relazioni sul periodo
medievale; martedì mattina relazioni varie e nel pomeriggio
alle ore 15,30 tavola rotonda sul
tema «Modernismo e Protestantesimo in Italia ».
vengono attribuiti nuovi compiti
rna si prevede che là dove il territorio della comunità coincida
con quello dell’Unità locale dei
Servizi (come nel caso della Val
Pellice e della Val Chisone e Germanasca) queste funzioni vengano assunte dalla Comunità
Montana.
Alle Regioni vengono assegnati
importanti compiti nell’emettere Leggi e programmare Servizi.
Ma questi decreti non soddisfano per quanto riguarda la normativa finanziaria necessaria per
una gestione diversa dei servizi:
infatti non vi sono garanzie per
i trasferimenti finanziari alle Re
gioni (che vengono lasciati alle
decisioni dei Ministri del Tesoro e degli altri interessati). E ciò
può pregiudicare l’attuazione
pratica del decentramento.
Inoltre l’attuazione del decentramento si potrà avere solo
quando importanti riforme delTassistenza, del servizio sanitario nazionale, della scuola, dell’istruzione professionale, della
casa, verranno effettuate. I decreti per alcune di queste fissano delle date: la speranza è che
vengano rispettate.
Nel fascicolo di Diakonia appena uscito è presentata una prima documentazione in materia,
al fine di far conoscere la Legge
e le scadenze previste. In un
prossimo fascicolo verranno documentate quali sono le implicazioni della legge per gli istituti e
le iniziative di assistenza che gli
evangelici italiani gestiscono.
Ohi fosse interessato a ricevere il fascicolo (L. 1.000) lo può
richiedere direttamente ad Agape, 10060 Prali. Abbonamento
(anno solare L. 2.500) da versarsi sul c.c. 2/20554 intestato ad
Agape-Prali.
Adriano Longo
Torre Peliice: intervista a Filippo Scroppo
Cosa vedremo alla
XXIX Mostra d'Arte
Quando è tempo di Sinodo è
tempo della Mostra d’Arte Contemporanea di Torre Pellice,
che, come sappiamo, nacque nel
lontano 1949 per iniziativa di
Filippo Scroppo, nostro correligionario, desideroso d’informare anche il pubblico evangelico
— pastori e laici — che si riuniva a Torre per l’annuale raduno sinodale .
Giunta alla sua XXIX edizio
ne, la Mostra da tempo ha superato i limiti regionali oltrepas
sando, per l’impegno delle scelte, anche i confini nazionali. Il
nostro giornale che, fin dal suo
nascere, ha appoggiato la manifestazione, soprattutto per quan
to riguarda «; l’informazione obiettiva sui fatti salienti dell’arte d’oggi», non può non occuparsi anche dell’edizione 1978.
che sta per essere presentata al
pubblico.
Non potevamo avere informazioni più esaurienti, sull’encomiabile impresa culturale, di
quelle che ci ha dato l’amico
Filippo Scroppo, instancabile
organizzatore della rassegna.
A lui abbiamo rivolto le domande seguenti;
— Tu che sei sempre U coordinatore della Mostra, puoi anticipare, per il nostro giornale, il
programma a cui voi del Comitato Artistico vi siete attenuti?
— Ti preciso subito, che a
distanza di qualche settimana
dall’inaugurazione — fissata per
sabato 5 agosto — molto è an
cora da definire della Mostra
stessa, per via deH’allestimento
pratico di essa. La maggior
parte delle opere debbono ancora giungere e occorrerà dar
loro spazi adeguati alla loro dimensione fisica, compresse nelle
otto sale scolastiche di viale
Dante, sempre troppo piccole e
poche per l’avvenimento artistico in continua espansione.
— La linea programmatica...?
— Te ne parlo subito. La manifestazione 1978 poggerà sulle
sale_curate da Marisa Vescovo,
esponente di rilievo della più
acuta critica d’arte contemporanea e apprezzata direttrice della
Galleria d’Arte Contemporanea
di Alessandria. Ha scelto quattordici giovani artisti — sette
donne, sette uomini — associandoli in una esibizione dal titolo
« Alfabeti » — segni e scrittura.
E poi ci saranno otto mostre
personali, dedicate ad altrettanti artisti meritevoli della vistosa segnalazione, che iniziano con
quella di Franco Costa, esponente del Futurismo torinese
tra le due guerre, presentato da
uno scritto, sul catalogo, di
Edoardo Sanguineti; e si chiudono con la personale di Enzo
Maiolino autorevolmente introdotta da Renzo Guasco.
— Non c’è pericolo che la
Mostra risulti troppo orientata
verso l’astrattismo sempre di
difficile lettura per il pubblico
non specializzato?
— Abbiamo sempre voluto evitare ogni unilateralità: in questa rassegna la sala dedicata a
Piero Leddi, chiaro esponente
della realtà pittorica italiana, è
prova irrefutabile della nostra
leale apertura a tutte le più vive correnti dell’arte d’oggi. Riccardo Lanza, presentato da una
bella introduzione di Giorgio
Brizio espone una serie di fotografie di Venezia a cui l’intervento grafico dell’artista non
toglie l’obiettività di fondo. A
proposito di Venezia ci piace
sottolineare che Riccardo Cordero, scultore, e Leonardo Mosso architetto, sono entrambi espositori alla Biennale di Venezia di quest’anno, ma figuraran
no con una sala a Torre Pellice,
il primo con note critiche di
Luigi Cariuccio e Giuseppe
Marchiori, il secondo con un
ampio saggio introduttivo di
Umbro Apollonio.
— Vedremo dunque anche a
Torre ciò che si può vedere alla
Biennale di Venezia? Ci saranno mucche meccaniche, greggi
di pecore o muri di sbarramento
di cui hanno tanto polemizzato
sulla stampa internazionale in
occasione della sua apertura?
— A nome del Comitato Artistico e mio do piena assicurazione, che a Torre certi « facili »
concettualismi non passeranno
perché mai abbiamo inteso oltrepassare le misure della ragione e della «poesia» (impiegando una parola oggi alquanto sospetta di conservatorismo antistorico). A nostro giudizio molta poesia troviamo nelle stesure
colorate di Lucio Bulgarelli presentato da Francesco Prestipino, di Egle Scroppo e Caty Torta rispettivamente introdotte
sul catalogo da scritti di Franco
Torriani e Angelo Dragone.
— Lo scorso anno tu hai esposto dei tuoi dipinti giovanili
in omaggio alla Val Pellice, che
hanno interessato (e sorpreso)
pubblico e critica. Quest’anno
cosa ci farai vedere?
— Anche se recalcitrante, tarò ancora vedere altri dipinti
giovanili ; ma questa volta riguarderanno la figura umana,
a lungo centro delle mie indagini pittoriche prima di passare alle forme astratte.
Assemblea
napia TEV
pie
L’assemblea plenaria annuale del Movimento Testimonianza Evangelica
Valdese, avrà luogo a Torre Pellice nel Tempio dei
Coppieri, domenica 13 agosto alle ore 15,30. Si ricorda che tale assemblea sarà
aperta anche a fratelli non
membri del movimento.
7
28 luglio 1978
CRONACA DELLE VALLI
Convocazione
corpo pastorale
Il Corpo Pastorale valdese e metodista è convocato per
SABATO 29 LUGLIO 1978
alle ore 9 nella Sala Sinodale della Casa Valdese di Torre
Penice con il seguente ordine del giorno;
1) Esame di fede del candidato al ministero Antonio
Adamo ;
2) Esame della traduzione del Nuovo Testamento interconfessionale ;
3) Relazione Commissione mista sulla liturgia;
4) Chiese del Rio de la Piata (quesiti proposti al Corpo
Pastorale).
La riunione del Corpo Pastorale riprende alle ore 15 presso il Tempio del Ciabas fino alle 18, ora in cui avrà luogo il
Sermone di prova del Candidato al ministero.
SERMONE DI PROVA
Il Sermone di prova del candidato al ministero Antonio
Adamo avrà luogo nel Tempio del Ciabas di Luserna San
Giovanni alle ore 18 di sabato 29 luglio. I membri delle chiese
valdesi e metodiste sono invitati a partecipare sia all’esame
di fede, sia al culto.
Conferenza metodista
Sinodo valdese
Il Sinodo Valdese, secondo quanto disposto dall’atto n. 61
della sessione sinodale europea 1977, è convocato per
DOMENICA 3» LUGLIO
I membri del Sinodo Valdese e della Conferenza Metodista sono invitati a trovarsi nell’aula sinodale della Casa Valdese di Torre Pellice, alle ore 15.
La sessione plenaria della Conferenza Metodista è con
vocata a Torre Pellice nell’aula magna del Collegio Valdese,
alle ore 21 di
DOMENICA 38 LUGLIO
Poiché anche quest’anno si avrà una sessione congiunta
del Sinodo Valdese e della Conferenza Metodista, il culto di
apertura con inizio alle 15,30, nel Tempio di Torre Pellice
sarà comune; la prima parte sarà presieduta dal pastore
Valdo Benecchi, designato dal Comitato Permanente Metodista, mentre il predicatore, designato dalla sessione sinodale
europea 1977, sarà il pastore Gino Conte (supplente il pastore
Enrico Corsani). L’Assemblea procederà alla prevista consacrazione al ministero del candidato Antonio Adamo. Tutta la
assemblea è invitata a partecipare all’imposizione delle mani.
Il Presidente II Moderatore
della Conferenza Metodista della Tavola Valdes.?
Sergio Aquilante Aldo Sbaffl
AGAPE: 5® CAMPO FEMMINISTA
La donna e il suo corpo
TORRE PELLICE
• Un numeroso gruppo di fratelli si è ritrovato venerdì, sera
nella Sala Unionista per la conferenza del past. E. Ayassot sul
problema della Sindone; ringraziamo il past. Ayassot per questa sua agile ma densa esposizione della questione, nel breve
dialogo che ha seguito l’esposizione sono stati chiariti alcuni
problemi specifici.
• La nostra comunità è stata
colpita da due lutti con la morte di Arnoldo Rostan e di Caterina Monnst ved. Paschetto.
Ai familiari rinnoviamo la nostra fraterna simpatia. È anche
deceduta nel corso della settimana presso il nostro Ospedale
la sig.na Federica dalla, per lunghi anni insegnante a Vallecrosia nelle nostre scuole, il funerale ha avuto luogo a Bordighera.
• Si ricorda il Bazar che avrà
luogo domenica prossima presso
l’Asilo, in concomitanza con l’apertura del Sinodo.
ANGROGNA
TORRE PELLICE
Conferenze
-dibattito
Venerdì 28 luglio
il prof. Elio' Tortarolo,
primario dell’Ospedale
Valdese di Torre Pellice,
affronterà il tema «Problemi etici e morali posti
dallo sviluppo della scienza medica ». Particolare
attenzione verrà data al
problema delle cure di ammalati gravi ed anziani di
cui non si prevede guarigione.
Venerdì 4 agosto
Il pastore Fritz Weissinger, responsabile del Diakonisches Werk della chiesa dell’Assia, di rientro da
un viaggio, illustrerà «La
situazione delle chiese cristiane in Sudafrica ».
Le conferenze hanno
luogo nella Sala dell’Asilo
Valdese di Torre Pellice,
alle ore 21.
Domenica mattina nel corso
del culto abbiamo salutato la
numerosa famiglia Gooijer che
dopo un soggiorno di riposo a
Casa Pons è rientrata in Olanda. Da cinque anni i Gooijer
frequentano la nostra valle e
questa volta, per rendere tangibile l’amicizia che li lega alla
nostra comunità, hanno portato
un’offerta raccolta in Olanda
proiettando diapositive delle
Valli Valdesi.
SAN SECONDO
Domenica 6 agosto è convocata una Assemblea di Chiesa
straordinaria con il seguente
Ordine del Giorno: prosecuzione della presidenza CIOV del
pastore, richiesta di un coadiutore alla Tavola.
• Da domenica 30 luglio è in
distribuzione la terza busta di
contribuzione per il 1978. Vi preghiamo di restituirla in tempo
ragionevole in modo da poter
far fronte agli impegni con la
Cassa Centrale.
POMARETTO
Al 5° campo femminista internazionale ad Agape, dal 9 al 17
luglio, hanno partecipato un centinaio di donne, in prevalenza
italiane, venute un po’ da tàtte
le parti, dalla Sicilia alle Puglie,
dal Veneto al Piemonte ecc.,:con
una grossa rappresentanza^ di
donne tedesche, più alcune flonne svizzere e francesi. Il tefna:
la donna e il suo corpo. j
Sul lavoro svolto nei ciique
gruppi di discussione, poss¿ solo dire poco più che i titol dei
temi affrontati, perché è inlpossibile, credo, riassumere iij poche righe e trasmettere alle donne che non erano con noi 1; ricchezza degli spunti e dei pi>blemi emersi dal racconto Iella
propria storia, che donne cosi
diverse si sono scambiate per
una settimana. Mi ripromet o, in
seguito, di ritornare sui p oblemi e sulle riñes sioni che il campo ha suscitato specificai lente
per me, come donna crede ite.
Comunque: un primo auppo
ha lavorato su alcuni tetti legati al problema della salue della donna, della critica feiiminista alla medicina e alle 1;r^ie
tradizionali. Solo due esenpi: il
rifiuto del nostro corpo fie viviamo così spesso risulta ipesso
dal nostro rifiuto più geneale ad
accettarci come donne, come
qualcosa cioè che la nosra società tende ad emarginae e ad
amputare; deriva anche (spesso
da un antico condizionanpnto -—
spesso caratteristico di ina impostazione « religiosa » I— per
cui il nostro corpo va icettato
solo nella misura in cuiriesce a
darsi, ad essere accettap da un
altro. Un altro tema, sii cui credo sia necessario contpuare a
riflettere, è il confine trdiponalmente posto tra « normalità » e
« devianza », che dobbimo mettere in discussione non solo per
quanto riguarda il no^o modo
di vivere la sessualità, pa anche
in riferimento a probllmi come
la salute mentale, la pmatizzazione, le paure, eoe. I
Un secondo gruppo ha ricercato essenzialmente sui problemi
della coppia, della crisi dei valori tradizionali e delle censure
che la tenevano in piedi, sui possibili modi alternativi di vivere
i nostri rapporti d’amore e i nostri problemi di convivenza. Su
questo credo, personalmente, che
sia necessario rifiutare soluzioni
belle e pronte ed uguali per tutte, ricette ideologiche o moralistiche, ma invece entrare nel
merito delle contraddizioni e della storia delle singole donne concrete e delle contraddizioni che
un po’ tutte, seppur in forme assai diverse, viviamo in questa
fase storica.
Un terzo gruppo aveva come
titolo: l’espressione corporea. È
quasi impossibile anche solo accennare alla ricerca svolta dalle
compagne del gruppo, proprio
perché la loro ricerca tendeva
ad eliminare o comunque a ridurre al minimo l’uso dello strumento della parola, per comunicare all’interno del gruppo stesso. (DaH’intervento che una donna del gruppo ha svolto in assemblea, vorrei solo accennare
ad un problema che per me è
stato molto importante: le parole, diceva la compagna, ci dividono, perché sempre ci sono
persone più disinvolte o più
competenti. Nel nostro gruppo
siamo riuscite a comunicare alla
pari, senza nessuna forma di gerarcèiizzazione del nostro rapporto, proprio perché abbiamo
superato il momento delle parole. Un quarto gruppo era formato in larga prevalenza da donne
lesbiche, ohe necessitavano di un
lavoro di approfondimento e di
discussione comune dei problemi specifici che le donne lesbiche vivono nella nostra società.
Nella assemblea finale, una compagna tedesca del gruppo ha ricordato come dietro ognuna di
loro c’è una storia di emarginazione, di incomprensione e di
violenza, che spiega anche molte
delle difficoltà di comunicazione
FRALI
Venerdìi 21 luglio ha avuto luogo il funerale del nostro fratello Peyronel Emilio di anni 71
deceduto all’Ospedale Valdese
di Pomaretto.
Ha presieduto il servizio funebre il pastore emerito Coisson
Lamy. Alla famiglia giunga la
nostra fraterna simpatia cristiana.
• Domenica 23 luglio si sono
uniti in matrimonio davanti al
Sindaco, Griglio Sandra di Pomaretto e Alcalino Ilario di San
Secondo.
Che lo Spirito del Signore accompagni i novelli sposi duran
te tutta la loro vita.
■ Hanno collaborato a questo
numero: Antonio Adamo,
Diana Beerbohm, Aimé Bonifas, Dino Ciesch, Franco
Davite, Dino GardioI, Ltdgi
Marchetti, Mitzi Menusan,
Valerio Papini, Sergio Ribet,
Francesca Spano, Giorgio
Tourn, Renzo Turinetto.
Ci sembra giusto apire stavolta la nostra piccola cnnaca con
le notizie degli infermi II 12 luglio Filiberto Pascal d Ghigo è
stato operato al petto t Torino.
È in cura ormai da aluni mesi
(prima era a Pomaretti). Il Signore continui a sosteiarlo nella lunga degenza, mente noi gli
siamo vicini col nostri affetto
fraterno e sincero. Anch Emilio
Peyrot di Ghigo è statooperato
(appendicite). Già soffegnte di
cuore, ora è rientrato £ casa e
gli auguriamo un ottin) recupero. Natalina Rostan '^rill di
Cugno è stata curata a Inerolo
per bronco-polmonite. Spriamo
che anche la sua guarigine sia
completa.
Se conoscete altri amnalati,
per favore fatelo sapere. Intanto dovremmo tutti ravviriire la
preghiera per loro, oggi cgì trascurata ( « C’è qualcuno ta voi
infermo? La preghiera dell fede
salverà il malato e il Signre lo
ristabilirà ». Giacomo 3:1(15).
• Eugenio Bernardini < studente alla Facoltà di teoloia di
Roma. Ora compie il servilo civile ad Agape come obiettee di
coscienza e vuole iscrivers alla
chiesa di Frali. È un gesto orico
di significato per due ragioi: il
periodo di leva, benché sotti forma alternativa, non interrippe
la continuità della testimonmza
nella chiesa e nella societi in
secondo luogo la decisioni di
Bernardini aumenta i legamtra
Agape e la nostra comunità.
• Il pittore Giuseppe Gaiou
di Torino ha « custodito » athe
quest’anno il Museo (1-15 lugo).
Abbiamo vivamente appreztto
la sua discrezione e la sua dix>nibilità. Ci rammarichiamo ivece che il vernissage della ua
esposizione alla galleria La Gingia di Frali sia capitato in m
giorno di fitta pioggia col coniirso perciò di scarso pubblico, qe
però è affluito nei giorni seguiti col bel tempo. Ora la nuca
« custode » è la sig.ra Irma fezocaro. Fer inciso i visitatori el
Museo da maggio al 15 luglio >
no stati circa 800.
• Come ha già ricordato l’En
Luce del 30 giugno, uno dei premi di fedeltà montanara della
Frovincia è andato a Enrico Grill
di Ghigo. Il riconoscimento è
stato ritirato dalla vedova; e ce
ne rallegriamo con lei e la famiglia, purtroppo nel ricordo del
marito e padre scomparso qualche mese fa.
• Il 9 luglio abbiamo ospitato
una serata Occitana organizzata
da Agape. I due gruppetti Lou
Baohas e Sounaires Ousitans
hanno eseguito canti e danze radunando un centinaio di persone.
BOBBIO PELLICE
• I culti delle domeniche 9 e
16 luglio sono stati presieduti
dai pastori Edoardo Micol e Lamy Coisson. La comunità li ringrazia.
• Presso l’Università di Torino si è brillantemente laureato
in agraria il nostro fratello Enzo Negrin. Felicitazioni ed auguri per un lavoro che possa essere servizio per il bene di molti !
ROR A’
e di comprensione che le donne
omosessuali vivono rispetto alle
altre donne.
Infine un ultimo gruppo ha lavorato sul tema della professionalità e della affettività, cioè sui
problemi che le donne che lavorano (spesso essendo obbligate
ad assumere criteri e valori, sul
piano del lavoro, in cui non si riconoscono come donne) vivono
rispetto alla propria affettività;
un esempio tipico, forse, è quello
delle insegnanti, per cui si verifica una separatezza tra le proprie competenze « professionali
e tecniche » e la propria affettività, a cui viene imposta — ma
chissà perché? — il ruolo di madre nei confronti dei bambini
con cui si lavora. Da questo
gruppo è fuoriuscita la proposta
del tema per il campo dell’anno
prossimo, poi approvato dall’assemblea finale del campo: emancipazione e liberazione: modi e
processi di formazione della coscienza di donna e della ricerca
di una nostra identità.
F. S.
Servizio medico
Per il servizio medico notturno e festivo dal 29 luglio al 4
agosto sarà di turno la dott.ssa
Michelin Salomon (tei. 91009).
Doni per l’Asilo
di Luserna S. Giovanni
Doni pervenuti nel mese di
giugno:
L. 10.000: Tamburini Rosa (Livorno);
Paola e Vittorio Bertone, in mem. della
mamma (To); N.N., in mem. di Luigi
Martinat; Ivonne Allio, in mem. del
cav. Francesco Villa (osp. Asilo); Juliette Balmas, in mem. di Luigi Martinat; N.N., in mem. del cav. Villa Francesco; Lea e Franco Bonnet-; Reynaud
Lea (osp. Asilo); in mem. di Odino
Corrado, Lina ed Edmondo Benedetto.
l. 5.000: Pons Remigio e sorelle (S.
Secondo di P.); Unione Femminile di
S. Giovanni, in mem. di Odin Rachele;
E.P.R., in mem. di Luigi Martinat; Juliette Balmas, in mem. di Pina Comba
Fenoglio.
• Venerdì 28 alle ore 21 terzo
incontro-dibattito sul tema: La
Sindone di Torino, una prova
per la fede cristiana? Il dibattito sarà introdotto da due brevi interventi, uno del prof. Gönnet, l’altro di un fratello cattolico in vacanza a Rorà.
• Domenica 23 abbiamo avuto
un culto insieme ad un gruppo
di 50 fratelli tedeschi della chiesa di Pforzheim (Baden), in vacanza al Castagneto di villar
Pellice ; un incontro fraterno
che ci ha arricchiti vicendevolmente.
LAUREA
Vivi rallegramenti a Silvaiia Gribando, che si è brillantemente laureata
in Farmacia presso l’Università di Tt>.
rino, discutendo la tesi « La fibra dieletica ».
DONI PER IL FONDO DI SOLIDARIETÀ'
(2° trimestre 1978)
L. 100.000: Società Dorcas (Torino),
in memoria dèlia sig.ra Evelina Rostan
Taccia.
L. 60.000: N.N.; Goletti Giovanni.
L. 51.810: Comitato di Berna.
L. 50.000: Rivoir Pons Maria.
L. 45.000 : Fournier Berthe.
L. 30.000: Lapisa Franco.
L. 20.000: G.W.B.; Allio Ivonne (in
memoria delia sorella); De Paoli Raffaele.
L. 15.000: Jalla ( Bordighera ).
L. 10.000: Schär Renata; De Paoli
Raffaele (2 versamenti); Bellion Matilde; Odin Olga; Chauvie Elena.
Grazie! !
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Caterina Monnet v. Paschetto
riconoscenti, ringraziano tutti coloro
che nella dolorosa circostanza sono stati loro vicini.
In particolar modo ringraziano il
Sig. Gobello, la Sig.ra Barbiani, il
personale tutto dell’Asilo valdese di
S. Giovanni, la Dott. Seves e il pastore Tourn.
Luserna S. Giovanni, 27 luglio ’78.
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8
8
28 luglio 1978
1
UNA SOLIDARIETÀ’ FATTIVA COL POPOLO NERO OPPRESSO DAL REGIME RAZZISTA DEL SUDAFRICA
Membra di un sol corpo ^impudenza
La Chiesa Metodista di Padova — da cui ci è
pervenuto questo contributo — si occupa da tempo del triste problema della discriminazione razziale in Sud Africa e in particolare del centro metodista a Pietermaritzburg. Nell'ottobre dell’anno
scorso un o.d.g. dell’assemblea di chiesa ha proposto che la chiesa Metodista d’Italia faccia ap
pello alle comuriità bianche della Chiesa Metodista del Sud Africa perché prendano l’iniziativa di
superare concretamente l’apartheid all’interno della chiesa; che si reclutino giovani capaci per l’opera del Centro metodista di Pietermaritzburg; che
venga svolto un lavoro di sensibilizzazione all’interno e all’esterno delle chiese metodiste italiane.
Poco meno di un anno fa il
Comitato Centrale del C.E.C. denunciava in una mozione (vedi
La Luce del 2 settembre 1977)
il razzismo dei governi bianchi
dell’Africa del Sud, dedicando
speciale attenzione al Sud Africa. Lanciava così un appello alle chiese membro affinché si
adoperassero per dimostrare la
propria solidarietà con il popolo
nero oppresso, per rinnovare la
testimonianza cristiana alla popolazione bianca perché si ravveda, e per esercitare una pressione economico-politica sia all’interno che all’esterno di quel
paese.
le Chiese, ecc. È quindi seguito
un film concesso dal C.E.C., «Ultima sepoltura a Dimbaza»
(Last Grave at Dimbaza), che
è stato visto dalle comunità del
Triveneto, di Bologna, di Milano, da gruppi di studenti cattolici a Padova, in due Licei a
Mestre.
Questa informazione di carattere generale è servita ad inquadrare l’opera che nel 1976 è sorta dalla comunità nera di Pietermaritzburg con l’appoggio
del Circuito metodista di Mountain Rise, e che subito si è allargata diventando un lavoro ecumenico e interrazziale.
Proprio nel mese di agosto
dello scorso anno un pastore
nero metodista, sovrintendente
del Circuito di Mountain Rise,
insegnante di etica all’Istituto
di Studi Teologici di Durban, si
è incontrato con la comunità tìi
Padova. Ci è stata così offerta
la duplice occasione di ricevere
informazioni vive e dirette, oltre che sulla situazione del paese, sulla vita delle Chiese nate
e cresciute in un contesto razzista ed ora operanti in regime
di apartheid, e di avere suggerimenti sul come offrire, da questa sponda, un aiuto ai cristiani
che li lavorano.
Perché questa occasione non
morisse in un piccolo gruppo di
persone era essenziale farla conoscere e tentare di allargare il
più possibile il raggio di quanti
potessero venire ad esserne
coinvolti. Ci siamo quindi subito scontrati con l’ostacolo della
disinformazione o con un’informazione parziale e lacunosa, crientata verso ottiche particolari. È stato quindi necessario
preparare, in forma modestissima nel limite delle nostre possibilità, una serie di notizie base
sul paese, la sua composizione
razziale, l’ordinamento politico.
L’intendimento che sta alla
radice di ogni iniziativa di quest’opera, il Community Care
Centre, è di creare la responsabilizzazione comunitaria degli uni verso gli altri, in un libero
dono di sé, per una comune crescita in consapevolezza, dignità,
autonomia, in termini di sviluppo spirituale e materiale insieme. I programmi, a breve ed a
lungo termine, che cercano una
risposta alla condizione del popolo Bantu, coinvolgono le comunità bianche, premono sulla
opinione pubblica e sulle stesse autorità comunali e regionali.
Ricordiamo a questo proposito che la Chiesa Metodista
del Sud Africa raccoglie il più
alto numero di membri comunicanti neri nel mondo, e che
solo la comunità di Pietermaritzburg da cui nasce il Community Care Centre ne conta
più di ventimila.
Vogliamo qui accennare solo
ad alcuni dei programmi sviluppati per tutto il 1977 a tutt’oggi :
— Istruzione pre-scolastica e
scolastica; apprendistato per
nuovi insegnanti; corsi di alfabetizzazione e istruzione
per adulti;
— Laboratori per lavori artigia
nali e produzione di oggetti
utili alla comunità;
— La disoccupazione dilagante
è stata al centro di una serie di attività comunitarie.
Eaccolta di dati, registrazione dei disoccupati, rastrellamento di informazioni sulle
pessibilità di impiego e tramite con le autorità e le indistrie, cura delle famiglie
prive di alcun sostentamentc, cure mediche ed infermieristiche, soluzione del problema degli alloggi, ecc.
Proprio all’inizio di questo
mese di giugno il pastore di
Piete-maritzburg si è fermato in
Italia per qualche giorno, diretto néla Germania Federale dove la Federazione delle Chiese
Evangeliche gli ha chiesto di lavorare per un mese. Egli avrà
COSÌ! nodo di presentare in Europa l’opera cui abbiamo accennato solo a grandi linee. In particolan, le Chiese del Sud Africa hamo individuato nella disoccupazione nera il punto focale (fella strategia razzista; e
quindi il punto su cui far leva
per sgntolare ed annullare quella stesa strategia. A lui è stata
affidata la organizzazione di un
piano d lavoro a vasto raggio.
I cristani del Sud Africa, che
in quesh lotta di fede che costruisce ragioni di vita e di li
bertà nm solo impegnano se
stessi mi espongono la propria
vita, chiìdono ai cristiani nel
mondo lartecipazione ed aiuto
quali menbra dello stesso corpo di Cisto. I modi possono
essere qielli dell’informazione,
della presione politica, dell’offerta di in servizio personale e
gratuito, ifieirofferta in denaro
per i vari programmi, del prendersi pésonale responsabilità
di bimbi neri provvedendo alle
loro nec^sità di studio, e molti
altri.
ebe Rossi Cavazizutti
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio
ViolaJ
il Vietnam sceglie IIURSS
Con la scelta, avvenuta pochi giorni fa, di entrare a far
parte a pieno titolo del COMECON (= Consiglio per la mutua
assistenza economica), il Vietnam si è schierato decisamente
dalla parte sovietica, nell’annosa contesa fra URSS e Cina Popolare.
.« Il Vietnam abbandona infatti il ruolo di osservatore che aveva mantenuto finora in questo
"mercato comune" del blocco sovietico, ruolo che gli aveva permesso di mantenersi un retroterra economico e finanziario potentissimo, senza tuttavia prendere partito nella controversia
fra URSS e Cina, con i rispettivi
modelli contrapposti di costruzione del socialismo.
Per la sua struttura sociale
prevalentemente contadina, per
la sua concezione della guerra
di liberazione come guerra di popolo, per la sua prassi politica
di contare sempre, anche nei
momenti più difficili, sulle proprie forze, e infine per la sua ispirazione terzomondista, il Vietnam era considerato comunemente più vicino al modello cinese. Niente, neppure nei momenti di massima tensione, ha
potuto indurre, in passato, Hanoi ad abbandonare la politica
dell’equidistanza: né il rifiuto
inespresso dei sovietici di fornire (come avrebbero potuto)
gli strumenti militari adeguati
per fronteggiare meglio l’aggressione americana (Mosca avrebbe
voluto accompagnare le armi più
sofisticate con personale militare sovietico); né gli ostacoli opposti dalla Cina al transito degli
aiuti provenienti dai paesi del
. blocco sovietico (prima Pechino
voleva costringere le navi sovie
tiche a forzare il blocco USA dei
porti vietnamiti; poi durante la
fase più tumultuosa dei disordini interni cinesi, le armi sovietiche destinate al Vietnam finirono addirittura, in certi casi, nelle mani di opposte fazioni cinesi); né infine le aperture diplomatiche di Mosca e Pechino agli
USA, proprio mentre l’aggressione americana al Nord-Vietnam
raggiungeva il suo apice.
Sancito infine, nel testamento
politico di Ho Chi Minh, il principio dell’indipendenza e dell’equidistanza, questo sembrava ormai diventato il principio massimo della politica vietnamita. Il
progetto politico per affermarlo
anche dopo la vittoria, era ambizioso ma non irrealistico: la costruzione di una federazione dei
paesi del S.E. asiatico, con una
forte caratterizzazione indipendentista. Dal punto di vista di
Hanoi, solo un progetto del genere avrebbe potuto sconfiggere
definitivamente l’imperialismo americano, l’egemonismo sovietico e la prepotenza economica del
Giappone, garantendo un equilibrio con la Cina, la cui potenza
continuava a destare diffidenza,
specie dopo l’occupazione, da
parte cinese, delle Isole Paracelso, controllate fino al ’74 dal SudVietnam e ricche di petrolio.
Le difficoltà che ben presto si
opposero alla realizzazione di
una confederazione indocinese,
erano maggiori di quanto probabilmente i vietnamiti non prevedessero. Mentre la collaborazione con il Laos faceva consistenti
passi avanti (sollevando preoccupazioni a Pechino per il filosovietismo dei dirigenti laotiani), nel
sud la politica vietnamita si
scontrò con una scelta di campo
dei cambogiani, scelta già consolidata i favore della Cina. Riesploseb vecchie ostilità nazionali, uestioni di frontiera mai
risolté alle quali si sovrappose
lo scàtro tra i diversi modelli
di riastruzione scelti dai rispettivi mppi dirigenti e, in fin dei
conttìtra gli opposti interessi
delt’I^SS e della Cina nella zona.
Pei tino ha visto riaffiorare nel
pericolo di un accerchiache era riuscita a rompe-’f'50 l’India. Un timore non
Ìato, visto che, nell’ambito
trategia militare espansiodell’URSS (che si basa
tutto sul dominio dei ma
tme st vede dai suoi Ínterin Africa), il controllo delisi americane abbandonate
parte meridionale del Viet
Ì offrirebbe alla marina soa il dominio sul mar Cinese
aprirebbe tutto il fianco
tale della Cina. Considerane Pechino prevede realmenpossibilità di un'aggressiovietica, diventano cómprenle pressioni, esercitate su
i, per evitare la concessiobasi militari a quella poche la Cina considera il
emico principale: pressioni
iciate dai vietnamiti come
p varicazioni da parte cinese ».
Da un articolo di Franz
Ktessler sul « Manifesto » del
7 1978).
Ìe questo quadro di fondo cor)onde a verità, come credia, ad esso si possono far risatutte le cause di dettaglio
(je con forza incoercibile, hanno
i rtato il piccolo, valoroso, glosso Vietnam alla grave scelta
questi ultimi giorni.
Il 7 febbraio u.s. il Consiglio
della FCEI spediva la seguente
lettera, a firma del suo presidente, al capo del governo del
Sud Africa:
« Onorevole Vorster
il Consiglio della Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia di cui fanno parte la Chiesa
valdese e metodista, l’Unione
delle Chiese battiste e la Chiesa
luterana, desidera esprimere la
sua viva preoccupazione per le
allarmanti notizie delle morti
avvenute nelle carceri sudafricane, nonché per la sorte di altri
prigionieri o persone messe al
bando tra cui si contano numerose personalità cristiane che operano contro una discriminazione razziale priva di ogni base umana ed evangelica. Chiediamo con insistenza che queste
persone siano restituite immediatamente al loro lavoro e alla
loro testimonianza nella società
sudafricana, in particolare chiediamo la liberazione delle seguenti persone che, secondo le
notizie pervenuteci sono state
colpite da misure restrittive della libertà (seguono 18 nomi di
pastori, preti, laici impegnati
nelle Chiese del Sudafrica) ».
Ed ecco la risposta inviata dal
ministro della giustizia della
Repubblica del Sud Africa la cui
impudenza sorpassa ogni immaginazione :
« Le vostre affermazioni sono
basate su affermazioni distorte.
Nessuna azione penale, persecuzione, arresto o detenzione è
mai stata presa nel Sud Africa
contro chi si è opposto alla discriminazione razziale o ha predicato l’Evangelo. La sottomissione e l’obbedienza dei nostri
governanti alla legge di Dio è
espressamente sancita dal preambolo della nostra Costituzione. L’Evangelo può essere liberamente predicato nel nostro
Paese e d’altronde è ben noto
che la politica del nostro governo tende alla diminuzione di
ogni forma di discriminazione
razziale ».
SULLE CONDANNE DEI DISSIDENTI IN URSS
Ingiustizia è fatta
« Questo processo non ha nulla a che fare con la giustizia » ha
dichiarato Sacharov, dopo la sentenza che ha condannato il dissidente Anatoly Sharansky a tre
anni di carcere a regime speciale
e a dieci anni di lavori forzati.
E la madre dello scrittore dissidente Alexandr Ginzburg, condannato a otto anni di lavori forzati, ha detto: « Non è un reato
criticare il sistema sovietico con
la parola o con degli scritti ».
Ma per l’attuale governo sovietico avere idee diverse da quelle ufficiali è reato, o una particolare forma di « schizofrenia ».
Infatti le cliniche psichiatriche
in URSS sono piene di « malati
di protesta ». « Solo con una coscienza sana il ritorno alla libertà » è scritto su un cartello
so>pra il portone d’entrata alla
clinica di Minsk. « Coscienza sana » significa « obbedienza cieca,
acritica » alle direttive del governo sovietico.
È una realtà più volte denunciata che purtroppo da anni affligge l’Unione Sovietica, tornata
drammaticamente alla ribalta
internazionale con gli ultimi processi e le recenti condanne ai dissidenti Anatoly Sharansky, Alexandr Ginzburg, Viktor Piatkus,
Anatoly Filatov.
Unanimi sono state le proteste
e la riprovazione per questi ultimi fatti: da Washington a Bonn,
da Parigi a Stoccolma, da Londra a Israele. In Italia tutti i partiti hanno espresso la propria
disapprovazione al governo sovietico: la stessa condanna da
parte del Papa e del Partito Comunista.
Sollecitato dalla sezione italiana di Amnesty International, il
nuovo presidente della Repubblica, Pettini, ha compiuto il suo
primo atto politico inviando a
Breznev un messaggio a favore
dei dissidenti sovietici.
E mentre le reazioni internazionali non si sono ancora calmate, e aumenta il disagio per
gli accordi sulla limitazione degli armamenti strategici, altre
due notizie giungono dall’URSS:
una nuova condanna ed un nuovo prcx;esso, segno che il governo sovietico intende continuare
imperterrito per la sua strada.
E stato infatti condannato a dieci anni di campo a regime speciale e cinque di confino il giurista dissidente Lev Lukianenko,
mentre è iniziato il processo ad
Alexandr Podrabinek, il giovane
medico che ha fatto pervenire ad
Amnesty International un documento sulla situazione degli ospedali psichiatrici in URSS.
Lukianenko è il fondatore del
gruppo ucraino per la sorveglianza dell’applicazione degli accordi di Helsinki; con la sua
condanna sono sedici i membri
del gruppo di Helsinki condannati da quando il movimento ò
stato fondato, due anni fa.
L’atto finale della conferenza
di Helsinki impegna gli stati
firmatari a rendere effettivo l’esercizio della libertà e dei diritti umani all’interno dei singoli
stati. L’Unione Sovietica ha firmato l’accordo, ma continua a
calpestare i diritti dell’uomo e
a infrangere i principi di libertà.
« Democrazia e libertà sono
valori insopprimibili e inseparabili dalla nostra concezione del
socialismo — è detto nel documento del Partito Comunista
Italiano comparso neH’'‘Unità”
(li giovedì, 13 luglio — Il socialismo deve rappresentare la più
alta realizzazione di rapporti di
libertà fra i cittadini e lo stato.
Ogni stato ha il diritto e il dovere di difendere la propria sicurezza e le proprie istituzioni, ma
ha anche il dovere di assicurare
che ciò avvenga nel pieno rispetto dei diritti civili e umani dei
cittadini. Questo deve essere tanto più vero per uno Stato socialista. I processi in corso, secondo noi, non rispondono a tale requisito ».
E Adriano Guerra, sull’ultimo
numero di “Rinascita”, mette in
guardia dall’equiparare ogni «socialismo reale » ed ogni « socialismo possibile » con il « socialismo gulag ».
Le sentenze di Mosca infatti,
— come è stato sostenuto in un
dibattito sull’argomento in seno
alla FGCI — portano alla luce la
contraddizione lacerante tra le
grandi conquiste realizzate dai
Paesi del socialismo reale, tra il
valore storico dell’esperienza rivoluzionaria sovietica e le potenzialità inespresse o mortificate
sul terreno della libertà e della
democrazia.
Lietta Pascal
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8 luglio 1960.
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