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Roma, 16 Ottobre 1909
SI pobbliea ogni Sabato
ANNO li - N. 42
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ABBONAMENE
Italia : Anno L. 3,00 Semestre !
Estero: » »5,00 — *■ «
i tJii naiàero separato Cent. 5
I manoscritti non si restituiscono
interessi sociali^ morali e religiosi in Italia
Direttore e iLmministratore : B. Celli, Via Magenta 18, Roma
1,50
3,00
INSERZIONI
Per linea o spazio corrispondente L. 0,15
€ c da 2 a 5 volte 0,10
« € da 6 a 15 volte 0,05
Per colonna intera, mezza colonna, qnartò di colonna e
per avvisi ripetuti prezzi da convenirsi.
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Non siamo anarchici.. Non siamo increduli. Nc
siamo • liberi pensatori », sebbene il nostro
siero sia liberissimo. Siamo credenti, siamo cristiab:
nel più genuino senso della paròla. E tuttavia prem<
immensamente anche a noi di unirci ai cuori p
generosi d’Italia, d’Enropa, del mondo civile tut
quanto, per protestare.
Non abbiam fatto sciopero, perchè non credianfi
che l’ozio sia il miglior modo di protestare ; ma
nostra coscienza di nomini e di cristiani si ribell
Chi era Francisco Ferrer ?
Non ci importa punto di ottenere nè di
risposta a questa domanda. ■. I cU .
Questo diciamo soltanto : perfin al tempo
< dei falsi e bugiardi » non era leòito pur
« flagellare » un cittadino non giudicato, (Vedas
Atti Apostolici XXII, 25) ; e nella Spagna... c
stiana si è disposti a colpire, non di flagello,
di morte un cittadino, senza averlo ascqltatoj prid;
senza regolare processo, senza scrupolose, minuziös*
indagini, senza esaurienti testimonianze! Ma quest
il Medio Evo risuscitato e peggiorato! Questo è
ritorno alla più bestiale barbarie, quando il diritb
deir uomo era disconosciuto e calpestato 1 E quest
avviene alla luce del sole del recolo XX",; in
nazione che pretende esser cbiamaita civile,® che
stima cristiana da sècoli ! . _
Un giornale romano, di questi giorni, poneva
caratteri cubitali a capo della prima pagina que
parole : « Francisco Ferrer sacrificato all’odio
ricale , < j
,-:,Non può essere; che cosi. La «Spagna in* il
più tenebroso del S. Ufflziooe del Gesuitismo;
Spagna è tuttoraMa schiava per eccellenM del
ricalismo vendicativo. Ci ritroviamo evidentement*
innanzi a una reazione papistica, che come
reazione papistica è senza viscere e selvaggia
dirittura. Il liberalismo sta levando il capo nell’i
felice penisola : stanco della tirannide, ha reagito
a Barcelona in ispecie, troppo crudamente,
Ma se i ca|tolici clericali fossero cristiani, compre
derebbero che la reazione, per quanto sanguinari
era scusabile al pensiero del lungo servaggio patito
saprebbero in ogni modo che, se non si può gin
ficar l’assassinio mai, non si deve opporre assassii^i*
ad assassinio.
Fece bene l’Italia, fecero bene l’^Europa e 1’
merica ad alzarsi come un sol nomo gittanda
medesimo grido di protesta. Oh, dunque, la coscien
morale non è morta ancora, parla, grida, si ribella
Dio ne sia lodato ! ^ ^
E venga presto la fine di quel sistema iniquo
si chiama Cattolicismo clericale, parodia crudele
Cristianesimo del Cristo santo mite e amorevò
sempre ; negazione del Cristianesimo ; rovina
Cristianesimo : poiché tanti oggi bestemmiano
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Cristo, perchè lo credono fautore e inspiratore di
uomini che hanno il coraggio di chiamarsi cristiani,
pur valendo meno assai degli antichi pagani;
Per tutte queste considerazioni, e senza inutili
scioperi, anche noi ci uniamo alla coscienza della
maggioranza universale, anche noi protestiamo apertamente, solenneniente !
SMio delle rellgtoii nelle unlieisiti Italiane
Di questo libro inglese, scritto dal past.' Jordan
con la collaborazione del prof. Labanca, la « Luce »
ha già fatto cenno e ha tradotto un brano riferentesi alla Chiesa Valdese. Per Fimportanza dell’argoménto e dietro invito del Direttore, mi accingo a
riassumere questa opera nelle sue parti essenziali.
In questo primo articolo dirò brevemente quale sia
10 stato attuale dello studio della religione nelle università italiane.
E’ noto come la legge del 1873 abbia abolito le
facoltà di teologia nelle Università del regno. Dal
lungo ed elevato dibattito avvenuto allora alla Camera e al Senato risalta però che la maggioranza
dei deputati e senatori non voleva l’abolizione completa e definitiva, ma desiderava una trasformazione
degli studi religiosi ; tant’è vero che il secondo articolo della legge dice che quei « rami d’istruzione
speciali alle facoltà di teologia — in quanto hanno
valore di educazione generale — possono darsi nelle
facoltà di letteratura e filosofia, sul parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione ». *
Il governo italiano, assecondato dalla generale apatia
della na zione, poco si è curato di trasformare lo studio
dei problemi religiosi e d’istituire cattedre ad hoc
nelle Università, facendo cosi il gioco dei, clericali
11 cui insegnamei)to tradizionalista e medioevale è
rimasto senza controllo scientifico. Dal 1873, tre
soli sono stati nelle nostre università i professori
di storia della chiesa. A Napoli, Abignente,
che insegnò soltanto per^^tre anni, e B. Mariano
che onorò la cattedra dal 1885 al 1904. Attualmente,
uno solo è rimasto sulla .breccia, il venerando B.
Labanca che, «in dal 1886, insegna nella Università romana. E’ difficile esagerare l’importanza dell’opera di questi due valentuomini nel campo degli
studi religiosi. Liberi credenti, critici acuti ed imparziali, di cultura vasta e profonda, essi possono
vantare una produzione letteraria e scientifica tale
da onorare qualunque dotto straniero e hanno dato
agli studi religiosi in Italia un impulso fecondo.
Invero, una schiera di professori e di dotti, pur
non occupandosi ufficialmente di scienza delle religioni e non insegnandola dalla cattedra, vi hanno
però recato indirettamente grande contributo, avendo
fatto oggetto dei^loro studi le antiche mitologie o
le religioni dell’Oriente o le sette religiose e le scuole
filosofiche 0 le antichità cristiane o le tradizioni,
gli usi e costumi paesani. Basta citare, in quei campi
còsi diversi, i nomi di Emilio Teza, Carlo Paini,
Alessandro Chiappeìli, Rodolfo Lanciani, Orazio Maracchi, Giuseppe Pitrè, Alessandro D’Ancona, Felice Tocco,' Angelo De Gubernatis, David Castelli,
Leone Caetàni e tanti altri che ometto per brevità,
per dimostrare che in tali studi ritalia occupa degnamente, fi suo posto.
Se molto si fa, indipendentemente dalle cattedre
create dal governo, per promuovere gli studi religiosi, si deve constatare però che la meno studiata
di tutte è la religione cristiana. Ci si occupa molto
oggidì di rieligioni dell’India e il Buddismo specialmente è di moda ; il Di Lorenzo, per es., non manca
mai di servircene nn piatto quando gli capitali destro. L’Islamismo pure attrae più che per Io passato
rattenzione dei dotti ; e Leone Caetani ha intrappreso
la pnbblicazionè degli Annali dell’Islam, monumento
colossale ^ eh e onorerà, quando sia compiuto, non solo
un noibò ma una intera nazione. Tutte queste ricerche e questi studi giovano allo stadio comparato
delle religioni, allargano gli orizzonti intellettuali
e spirituali altresì, facendo vedere come in tutti i
sistemi religiosi o filosofici ci sienò delle particelle
di verità ; però, troppo si -trascura da noi, salvo
poche ' lodevoli eccezioni, lo studio di quella religione
che a tutte le altre sovrasta e di Colui che ha potato
dire senza esagerazione e senza vanteria : « Io sono
la verità ».
Nel campo degli studi cristiani, l’Italia sta alla
retroguardia del movimento contemporaneo, e se non
fosse per l’opera di due o tre scolte solitarie la cui
voce ha 'fin ora echeggiato nel deserto, la sua azione
sarebbe ridotta a zero. L’abolizione delle facoltà teologiche nelle Università e l’incaria persistente del
governo a creare nnove cattedre che il soppresso insegnamento surrogassero con mòderno metodo scientifico, unite aH’indifferenza insanabile del partito liberale e alla strenua opposizione di quello clericale,
costituiscono per noi una debolezza e'un impoveriménto di fronte alíe altre nazioni sorelle, non dico
di quelle protestanti, ma anche di fronte alla Francia, la quale possiede almeno ufficialmente l’«Ecole
pratique des Uaiites Etudes », dove tutte le religioni e specialmente la cristiana sono studiate con
metodi scientifici. Noi non abbiamo niente di simile,
e lo stadio delia religione in tutti i nostri istituti
d’istruzione secondaria e superiore può dirsi praticamente ridotto a zero ; tanto che comincia ad avverarsi la sinistra predizione di Ruggero Bonghi :
i^nostri , studenti (e diciamo pare anche i professori)
sanno chi è Socrate e Platone, ma non sanno chi
è Gesù Cristo.
La domanda insistente, e ripetuta con giovanile
entusiasmo del prof. Labanca che lo Stato stabilisca
in ogni Università una « scuola » per lo studio storico e critico dei dommi e dei riti ecclesiastici, sembra cominci ad incontrare più vasta approvazione.
Ma verrà tradotta in pratica ? E’ quello che l’avvenire ci dirà.
2
LA LUCE
Cómanque^ è tempo che sia tolta la causa della
nostra vergogno^ inferiorità nel campo delle scienze
religiose e in special modo in quello della religione
cristiana.
Ent<Ì|tO Ì^ii/oitr«
PIO 0- MfiMMCfftjlt
Vi sono per l’individuo, coinè per la società, due
vie, dne scopi, due culti. Vi è Dio, e vi è l’idolo.
E sapete voi, secondo il Vangelo, ehe cosa sia l’idolo ?
L’Evangelo dice che vi sono due, signori ai quali
ninno può servire in pari tempo, e quei due signori
sono Dio e il Denaro. « Voi non potete servirea
Dio e al Denaro » (Lue. 16).
Cosi, l’idolo è il Denaro.
Ma, gli è a questo riguardo ehe il mondo ride
déH’Evangelo: i Farisei, ch’erano avari, lo beffavano,
dice il testo sacro. Ed è a questo riguardo che noi
stessi abbiamo bisogno di coraggio per predicare il
Vangelo e per ripetere la gran legge : « Voi non
potete servire a Dio e al Denaro ». Ma il Vangelo
spiéga la legge, e pone il principio della scienza
con una sola parola : ricchessa d’ingiustisia, dice
-egli.
Dunque, ciò che è maledetto, non è il lavoro che
accumula forze rappresentate dalla ricchezza, bensì
l’iniqnità che le distrugge.
Il Denaro, qnell’idolo che non si può servire se
si serve Iddio, è il culto delle ricchezze ingiuste, il
culto delle ricchezze per godere, culto che difatti
infrange le forze del lavoro, e che rovina le genti.
In questo senso adunque, il Denaro è veramente
il grande ed universale sacramento di tutti i culti
falsi e di tutte le idolatrie. Più che il Destino, più
che Giove, è il Signore degli dei e degli uomini.
Egli è evidentemente il Signore di Giove, dio del
potere; di Marte, dio della guerra; di Venere impudica 0 pudica ; di Mercurio, dio dei ladri; dei ven ditori, dei giocatori, ed anche dell’ eloquenza, cioè
della grande moltitudine di coloro che scrivono" e che
parlano. Il Denaro è dunque il grande ìdolo ed il
sacramento di ogni male, ed il più gran nemico
di Dio.
Ora, fino a tanto che gl’individui ed i popoli non
torneranno con fede al culto del vero Dio e non faranno a pezzi l’idolo, ogni progresso di ciascun uomo
e del mondo è assolutamente impossìbile. Nessun
trionfo del re^no di Dio è concepibile. La Giustizia
e la Verità non potranno fare un passo di più.
Calpestar l’idolo è il principio della vita morale,
è il principio e la condizione assoluta di ogni progresso deU’uomù e della società.
Non è senza ammirazione che, aprendo il Vangelo, io trovo che la prima parola del primo discorso
del Salvatore è questa : « Beati i poveri, perciocché
il regno di Dio è loro » (Lue. 6,20).
Altrove, io leggo questa stupefacente condanna :
« E’ impossibile che un ricco entri nel Regno dei
cieli », cioè, è impossibile che l’adoratore del Denaro, che l’nomo il quale non ha vinto qnell’idolo,
entri nel Regno dei cieli, nella Giustizia e nella Verità, e venga giammai alla luce ed alla felicità dell’eterna Giustizia e deU’eterna Verità.
Padre Gratry.
(Versione di G. A. Hngon).
Siamo già in autunno
e parecchi abbonati non ci hanno ancora
pagato r abbonamento 1 Li preghiamo di affrettarsi a spedircelo ; L. 3 per l’interno,
L. 5 per l’estero; da dirigersi a B. Celli,
Via Magenta, 18, ROMA.
pDiinfiPlÌrn contabile corrispondente, trent’anni carUViliiyiillUll riera, attualmente occupato presso primaria Ditta Commerciale in Napoli, desidera lasciare
questa città per qualunque altra del Settentrionale,
preferibilmente della Toscana. — Rivolgersi al sig.
Gaio Gay, Pastore della Chiesa Valdese, Via Scarlatti
N. 201, Vomero (Napoli).
La ‘ Benédizìoné dèlie Uve
Nqn disffiagerff ai nostri lettori, in^,questa stagione
U^.àéqua e-^t^, di piogge autUnnsd^ e di vendemmia,
lega^re la ségpsnte descrizione delia « Benedizione
d^uva », fdt$d dal signor Federiìp Macler, incaricfl& d’affare in Armenia, e attucAriiente in soggiorna
nm'gran coidvt^to di Etghimiazinf a piè deWArarat,
e cei^ro. pjsi^ioso di tutta, la Chiesa Armena. La togliamif dÉt « Témoignag’è“^''. ' ^
, Ho^ assistito oggi (29 agosto), polla Cattedrale di
Etchiiniazin, a una cerimonia interessante. Nella
Chiesa armena si celebra l’Assunzione e in questa
festa di Maria si procède alla « Benedizione dell’uva ». Fino ad oggi non era lecito mangiarne;
da oggi in poi sì permette.
Terminata la messa e tolta la cortina che nasconde
l’altare, si erige davanti a questo ^un tavolato ricoperto di stoffa ricaìnata con gran lusso e sul tavolato deponesi il rituale del giorno, detto « Djachots ».
A piè del tavolato, un prete mette in fila cinque
piatti colmi di grappoli d’ogni specie d’uva e d’ogni
colore, compresa quella raccolta sulla pianta di vite,
che discende in linea retta da quella piantata da Noè,
in quei contorni 1
Compiuti questi preparativi, il vescovo officiante,
in grandi paramenti ecclesiastici rabescati d’oro, si
accosta al tavolato, fiancheggiato da due archimandriti, anch’essi in costume di gran gala, in cui predomina il giallo ed il verde. Il primo archimandrita
0 « vardapet » legge nel libro « Djachots » i passi
seguenti :
« Onora il Signore con le tue facoltà e con le
primizie della tua rendita ». (Prov. Ili, 9).
« Cosi ha detto il Signore : Siccome, quando si
trova mosto nei grappoli, si dice : Non guastarli,
imperciocché vi è della benedizione, cosi farò io per
amor dei miei servitori, per non guastare ogni cosa.
E tarò uscire di Giacobbe una progenie, e di Giuda
dei possessori dei miei monti ; e i miei eletti possederanno la terra, e i miei servitori abiteranno in
essa. E Saron sarà per mandra del minuto bestiame,
e la valle di Acor per mandra del grosso, per lo
mio popolo che mi avrà cercato ». (Isa. LXV, 8 10 ;
e più Ebr. VI, 18 a VII, 8).
Letti questi passi, l’archimandrita si ritira ; l’altro
si fa innanzi e a sua volte, legge :
€ Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo.
Egli toglie via ogni tralcio che in me non porta
frutto ; ma ogni tralcio che porta frutto egli lo rimonda, acciocché ne porti vie più... ». (Giov. XV, 1
fino al vers. 8).
Il secondo archimandrita si ritira e si presenta
il diacono che durante la messa ha tenuto il turibolo. Egli pronunzia la seguente orazione :
€ Vogliamo render grazie per i frutti primaticci
che son posti davanti a noi ; vogliamo pregare il
Signore Iddio affinchè la Sua Benedizione, mediante
il Suo Figlio Unigenito, mediante la Croce dispensatrice della vite, mediante la Sua morte e risurrezione, faccia di quest’uva un cibo per l’anima e per
il corpo, per- mezzo dell’intercessione della sante
madre di Dio, dalla quale abbiamo ricevuto il frutto
della vite e della immortalità, Gesù Cristo, il Signore Onnipotente. Diaci Egli la vite ed abbia pietà
di noi 1 ».
Il vescovo pronunzia quindi dodici volte « Ter
oghormia », cioè * Kyrie eleison », poi legge la preghiera assai lunga del patriarca Nersès Chnorhali
per la benedizione del frutto della vite, quindi il
vescovo e i due « vardapet » officianti cantan tre
volte : « Sia benedetto e purificato questo grappolo
d’uva mediante il segno della Santa Croce e mediante il Vangelo... in nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo, ora e sempre e nel secolo dei
secoli. Amen! ».
Di nuovo il diacono si avvicina al tavolato e dimenando il turibolo sopra i piatti dell’uva, cosi dice :
« Per la Santa Croce, noi imploriamo il Signore,
affinchè, per mezzo di essa. Egli ci salvi dai nostri
peccati e ci faccia vivere per la grazia della sua
misericordia. Che il Signore onnipotente, nostro Dio,
ci faccia vivere e ci faccia grazia! ».
A sua volte ricoinparisce il vescovo tenendo in
mano un piccolo crocifisso d’oro ch’egli fa passare
sopra i grappoli dicendo : « Tu che salvi e sei la
spera^^dei credenti. Cristo Dio nostro, mantieni e
cons^Win pace il tuo popolo credente sotto la protezii^fi duella tua Sante e nobil Croce ; salvalo dai
suoi nemici, visibili ed invisibili ; rendici degni di
gloftficarti, col Padre e con lo-Spirito Santo, ora e
sempre e"nel secolo dei secoli. Amen ! ». Il diacono aggiunge : « Io loderò del continuo il Signore ;
ad ogni ora la sua lode sarà nella mia bocca ». Il
vescovo allora impartisce la benedizione : « Siate
benedetti per la grazia dello Spirito Santo ; andatevene in pace, e ehe il Signor Gesù Cristo sia con
tutti voi. Amen ! ».
La cortina vien distesa davanti all’altere. Un diacono prende uno dei piatti dell’nva, lo porta in sacristía e lo distribuisce ai preti. Un altro piatto si
spartisce fra i diaconi e gli altri officianti. Finalmente un diacono divide fra il popolo i rimanenti
grappoli.
Tutte le mani sì protendono e cercano di afferrare un grappolo intiero, un mezzo grappolo, un
acino, almeno qualche chicco. Tutti contemplano
questo frutto, emblema della prossima vendemmia,
e tutti domandano a Dio che sia abbondante. Poi
gli uni baciano i pilastri della chiesa, gli altri le lastre
del pavimento, poi vanno in processione a baciare il
Vangelo esposto su l’altare di San Gregorio TIlluminatore, e a deporre alcuni « koppeks» nella cassa
delle offerte posta daccanto al Vangelo.
La cerimonia è giunta al fine. Gli uni se ne
vanno sfregandosi ai muri per impregnarsi bene
della santità del luogo ; altri escono da una porta
per rientrar dall’altra, dopo aver fatto per di fuori
il giro della chiesa, sempre sfregandosi ai muri !...
Trad. Y.
^^
UN FATTO^ITOOLARE
Ogni anno all’epoca dell’esame dei coscritti si sapeva
per anticipazione ehe il grado d’istruzione dei singoli
cantoni poteva senza tema di sbagliare misurarsi cosi :
i più istruiti erano i cantoni protestanti, quindi i cantoni misti e in ultimo i catt. romani. All’ultimo esame
però, il cantone che ottenne il primo posto è stato
quello di Obwalden, cattolico sì, ma dove un governo
illumito liberale ed energico lavora da anni ed anni al
rialzamento del livello della pubblica educazione. Questo fatto conferma quello che predichiamo da anni che
le popolazioni catt. romane in quanto a doti naturali
non sono punto inferiori alle altre, ma che, per attenerci all’Italia, se le autorità comunali, segnatamente
nel Napoletano e in Sicilia, volessero, in omaggio alla
legge sulla pub. istr. e in armonia colle autorità governative, occuparsi seriamente delle migliorie da introdursi nelle scuole esistenti e della fondazione di tante
altre dove sarebbero necessarie, la patria nostra potrebbe,
forse in un quarto di secolo, vedere sparire la vergognosa piaga dell’ analfabetismo. Al nostro popolo non
manca ingegno naturale, manca istruzione ed educazione
e a colmare questa lacuna dovrebbero pensare, in un
colle autorità, tutte le persone istruite (che non son
poche) animate da vero amor di patria. Se invece di
spendere ogni anno per luminarie, sparo di mortaretti
colle relative baldorie, sbornie e coltellate, in onore di
madonne e di santi patroni e protettori più o meno
problematici, tutto quel danaro, che mandasi in fumo,
fosse destinato alla fondazione di scuole elementari, o
serali, o di perfezionamento, o alla fondazione di biblioteche popolari, ben presto Osserverebbesi una diminuzione degli analfabeti.
Nei paesi protestanti senza madonne, senza santi,
senza luminarie come in Norvegia, Svezia, Danimarca
un coscritto analfabeta sarebbe cosa da mettersi al
museo preistorico. Nei paesi dì popolazione mista gli
analfabeti, piuttosto rari, sono quasi sempre cattolici
romani (in Germania sono i coscritti polacchi). Da noi,
che all’epoca del Rinascimento eravamo primi fra i primi
oggi per vergogna nostra e danno, abbiamo il 48 per
100 di analfabeti fra i quali, per certo, ci sono degl’ingegni di prim’ordine nei quali non è mancato che un
po’ d’istruzione, per farne, forse, uomini illustri, decoro
della patria, utili all’umana famiglia.
Paolo Calvino.
3
l,..' 1.J *
LÀ LUCE
. ./i'iaaii iJtóittj:
Tempore m|dtantur
Venticinque anni fa ir clero ticinese implorava dal
gran Consiglio una legge‘^che' ptìiiÉettesse di espellere
dal Cantone un pastore' * evkn^lìcb qual perturbatore
della pace religiosa. Oggi quei medesimo pastore lia
per collega nel Comitato locale^ pél rialzamento della
pubblica moralità, un prete redattore del giornale cattolico. aStSS:ii}!
Il comune di- Novaggro“M^Ì>ér^ sindaco un cattolico
convertito al Vangelo, il'ébinune di Castagnola ha per
sindaco un protestante dì'’'Néuchàtel e in seno al consiglio comunale di Lugano 'siedono tre membri della
chiesa evangèlica. Evidèntemènt’é un progresso c’è nelle
relazioni intercònfessionali.' ' ’
E progresso anche hèllé’rèlazidui internazionali. Lo
Hibbert Journal sotto la’itibricà':' Cermany and England
dà cOn speciale compiaèénza iin resoconto di discorsi
pronunziati del Dr. .^«ni^tò'^fB’orgomastro di Amburgo
e dal Dr. Earmclc hèirAula dell’Università di Berlino,
in occasione della 'Visita fatta da una numerosa deputazione del clero inglese "'(pfeti cattolici, anglicani e
pastori indipendènti) alle principali città della Germania. « Le relazioni tra la Germania e l’Inghilterra, disse
il Dr. Burchard, sono di tale importanza per gl’interessi economici e di cultuta di ambedue i paesi che il
cercar di turbarli col suscitare una guerra sarebbe un
delitto dégno della tipTOvazione di ogni cristiano ».
Altrettanto paèifista ’è il Dr. Harnack che vede nella
Coltura della lettératùra é della scienza un potente vincolo di pace tra qnelle due nazioni di comune origine,
sebbene di ediicazione diversa, chiamate a conoscersi
sempre più intimamente ed a reciprocamente stimarsi
ed a far si che le loro relazioni pacifiche costituiscan
l’asse attorno al quale evolverà la politica mondiale. E
il Dean of Wèstminster risponde a Harnack : We thank
him for his noble words. P. Calvino.
FURTO?
E’ di moda il lodare il governo fràncèse per la separazione da esso condotta à compimento tra la Chiesa
e lo Stato, ma per lo più si passano sotto silenzio tutte
le ingiustizie delle quali ei s’è macchiato. Duè protestanti di Parigi, che mi onorarono della loro visita, mi
dicevano ; La nostra chiesa, de l’Etoile, era nostra nel
' 'a,'
senso assoluto della parola. Col nostro danaro è'.stato
pagato il terreno, col nostro danaro pagate le Spèse di
costruzione, dallo scavo delle fondamenta fino aH’ultimo
chiodo del tetto, col nostro danaro le spese di” manutenzione e riparazioni, senza parlare del mantenimento
dei pastori. Lo Stato che non ci ha mai dato^'uh centesimo è venuto, s’è impadronito della hostrà’"éhiesa e
ci ha costretti a sborsare centottanta mila franchi per
concederci il permesso di continuare a celébrarvidl culto.
Il ministro Viviani che ha preteso « avoir éteint les
lumières du ciel » avrebbe anche volentieri spento
ogni sentimento religioso in Francia, se gli fosse stato
possibile. Invece avrà lavorato a preparare il trionfo
della reazione cattòlica. P.' Calvino.
profili di riformaii ifiiliiini
Mattia. Klacio
E’ detto l’illirico, e Gustavo Chiesi nel suo volume
« Italia Irredenta » afferma di luì che fu in Ger
mania uno dei più caldi propugnatori della riforma
predicata da Lutero.
Nacque nel 1520 in Albona piccolo borgo dell’I
stria, di onorata famiglia. Fece i suoi primi studi
a Venezia, ma non ancora ventenne se ne andò in
Germania, attrattovi dal grande movimento della
Riforma. A Vittemberga trovò quello che cercava :
la verità ; e tale fu il suo ardore per la Riforma
che fu detto di lui che arrivò ad essere più luterano dello stesso Lutero. E tale si mostrò nel dissidio che si manifestò tra Lutero stesso, da una
parte e Melantone e i calvinisti e i zvingliadi dall’altra. Questa partecipazione alle lotte fra i protestanti non gli impedi di combattere strenuamente
il papato, sopratutto sul terreno della storia, con
alcuni suoi scritti, celebre fra i quali è rimasto il
« Catalogo dei' testimoni della verità ». Lo Chastel
non esita a dichiarare il nostro Flacio lo storico più
eminente nel secolo XVI,’specialmente pér le sue'
Centurie/,’ in cui, lampeggia l’idea che in ogni
tempo esistette, inyisibilé, talvolta agli uomini, un
piccolo numerò ài testimoni fedeli che trasmettevano
alle nuove generazioni il sacro deposito della cristiana verità, i quali costituiscono la catena autentica della successione apostolica. Nella sua opera di
storico, nota il Comba, fu assai riverente ai Valdesi,
ai quali serbò il posto d’onore, salutandoli avi nella
fede e nella protesta, é"di’più fratellir' Intanto il'
Flacio aveva già occupato parecchie cattedre di teològia, a Vittemberga,Iena.
Visitò pure una vòlta‘là sùà'pàtria, e più specialmente Venezia, ma ritornò, in Gerinania, oramai
disperato nel cuor ^ suo .che la, .Riforma in Italia stesse,
per la nequizia dei tempi e degli uomini,- spegnersi.
A questo proposito è degna di nota la lettera che
scrisse al Doge, lettera di protesta <t giusta, vera,
opportuna». ^ -j i • olu
In Germania'il Flacio continuò la sua vita di pellegrino fra una disputa e 1’ altra, dà una città alr altra. Ebbe, ciò non ostante,-‘ancora il tempo di
pubblicare uu lavoro di critica sacra intitolato: «Chiave
della Sacra Scrittura » nei quale è compendiato il
suo insegnamento universicario intorno alla Bibbia.
Questo lavoro ha reali pregi, e può secondo i critici,
essere paragonato con quelli degli stessi Lutero, Melantone e Calvino, . c.
Dopo altre vicende mori l’anno 1575 a Francoforte sul Meno, ingiuriato, fin sulla sua fossa quasi,
dai suoi nemici. Ma la storia ha reso 'giustizia al*
Flacio riconoscendo in lui il teologo che dopo Lutero
e Melantone ha esercitato nella Chiesa di Gèrmanià
nel secolo XVI in una grandissima influenza.
Lo Hase dice di lui : « Come storico protestante
è un pioniere, ed è ancora importante come investigatore delle Sacre Scritture ». ^
Enpieo iWeyniev ,,
r|- |‘r
Guardate a me!
pf\QIHE PI STORIA
Ultime operazioni della eroeiata del 1488
Come i valdesi di Freissìnière, così quelli dell’Argentière, con non pochi della Vallouise, erahsi
ritirati nella balma o caverna d’Oreac, sopra l’Argentière, coi barbi Limondo e Ludovico. Ma, invitati
dai loro signori feudali e spaventati dagli apparecchi dell’assalto, malgrado le esortazioni dei barbi, eransi arresi ànch’essi. Condotti ad Embrun, furono
tutti fatti abiurare. Uno però, fu arso vivo ad Embrnn perchè relapso, un altro, considerato come il
capo dei ribelli, fu impiccato. Quelli, che erano riusciti a fuggire nelle altre Valli Valdesi, furono dichiarati banditi da tutto il Delfinato, se non si presentavano entro dodici giorni per abiurare.
Con decreto, datato da Angers il 25 giugno, il
re Carlo Vili, dando la sua approvazione a quanto
era stato fatto da Cattaneo e la Palud, ordinava che
si ponessero in vendita i beni dei Valdesi. Ed allora
si poterono vedere, come avoltoi sulla preda, darsi
a comprare per poco o nulla le migliori terre, l’arcivescovo d’Embrun, ì signori feudali, tutti i collaboratori della feroce crociata.
I Valdesi, anche quelli che avevano fatto penitenza,
privati delle loro buone proprietà delle rive della
Duranza e ridotti ai magri pascoli dei valloni laterali, impediti inoltre dai fanatici papisti di Val Luisa
di rioccupare quella valle, dovettero emigrare in
gran numero. Molti, come già è stato detto, erano
fuggiti in Piemonte ; altri andarono ad accrescere le
colonie di Calabria e di Puglia, altri infine si recarono in Sassonia e sul Reno inferiore, dove si può
credere che preparassero il terreno per la Riforma
che scosse tutta la Germania^ alla voce dì Lutero,
meno di un trentennio dopo questi fatti.
GioV. «Jaila i '.
Il nostro lavoro muove dalla croce, non tende ad
essa. Noi operiamo perchè siamo salvati, e non già per
essere salvati. La salvezza è il dono di Dio. Moody.
Durante la primavera, in cui tutto freme di nuova
vita, il patriarca Giacobbe conduceva il suo bestiame
a dissetarsi in abbeveratoi nei quali avea disposto
rami grandi ed in parte scorzati. Le pecore e le
capre bevendo fissavano quei rami e ne venivano
siffattamente impressionate, che figliavano agnelli e
capretti macchiati e variegati. .
L’uccello, che incontra col suo sguardo quello del
serpente, viene come attirato da forza magnetica in
giù, i più vigorosi colpi d'ala non lo possono salvare,
fatalmente finisce nelle fauci del rettile. L’avaro che si avvicina all’abisso è preso da sensi
di paura e d’angoscia ; se in esso fissa rocchio, non
c’è dottrina logica che valga, non c’è dottrina filosofica che redima, è preso dalla vertigine e tirato
miseramente nella voragine. . ,¡
S. Francesco con tutti i sensi, con tutte le forze
dell’anima sua e dello spirito, con tutte le risorse
della sua personalità fissò le piaghe di Gesù e ricevette le stimmate sul suo corpo.
Se guardiamo il male, i precipizi, le malattie, li
deporremo ìn noi, li coveremo e ne saremo tosto la
preda. . ^ ’
D’altra parte avrete notato tutti che se il medico,
entrando dai-un ammalato, Io saluta con sguardo idi
speranza e dis coraggio, gl’infonde con ciò medesimo'
reazioni contro-alla malattia, energie nuove di vi; talità. .
i Rammenié) in questa medesima direzione d’idee il
; seguente racconto riferito non da un credente ma
da un figliò del secolo, dal Montaigne (Essais, efijit.
Garnier, tàpag. 66). Un medico insigne s’ imbatto
in un suo amico, giovine dalle forme atletiche; dalla
mente colta, dallo spirito giocondo; lo pregò di
visitare un signore attempato, ricco ed in fiu di
vita e gli disse : « s’egli fisserà i suoi occhi sulla
freschezza del tuo viso, i suoi pensieri sulla tua
e.suberanza di forze e di allegrezza, berrà mediante
le facoltà visive di tutta la sua persona il tuo stato
florido e. riacquisterà la salute ».
Guarda in su ! disse il capitano di un bastimento
al proprio figlio ch’era salito alla sommità di un
albero e stava in pericolo di cadere a cagione della
tempesta infernale. Guarda in su I gridò nuovamente
colla forza del tuono. Il figlio udì il grido ammonitore, distolse il suo sguardo dagli agitati abissi,
li volse in alto, riacquistò 1’ equilibrio e fu salvo.
Guarda a noi I dissero Pietro e Giovanni allo zoppo
seduto ad una porta del tempio di Gerusalemme.
Nel cuore portavano Dio centro di salute e fonte
di vita eterna, Cristo dispensàtore di forze, e quindi
là potenza di operare core meravigliose. Fissarono
l’ammalato e furono da lui fissati intensamente ; tre
desideri s’incontrarono in un desiderio, tre volontà
si confusero in una volontà, tre preghiere si unirono
armonicamente in una audace preghiera ; tre persone
si toccarono lungamente e fervidamente cogli sguardi
accesi, col proposito intenso di dare, di ricevere la
salute : dal cuore dei discepoli attraverso gli sguardi
passarono nelle membra inferme del mendicante correnti di vita invisibili ma reali, così che egli « d’un
salto » potè rizzarsi ìn piedi e camminare.
Finché Pietro tenne l’occhio fisso nel Signore,
potè camminare senza pericolo sulle onde convulse
del Genezaret. Ma perdette la sua potenza, incominciò a sommergersi, tosto che la sua attenzione
intiera fu traviata, assorbita dalle onde, dai venti
e dai pericoli.
Ditemi, 0 lettori, ìn quale direzione camminano
i vostri desideri, che cosa guardate con avidità di
proposito, con ardori intensi, verso quali realtà visibili od invisibili si protende la vostra personalità
ed io vi dirò che cosa siete e sarete. Ma poiché
tutti mirate alla salute del corpo e deU’anima, nel
nome di Dio io vi grido: in su gli sguardi!
' ■I, ■!.)
Giovanni Grilli
4
LA LUCE
La
Dottrina
La Fede
. Che. cosa dohbiQ'tnO' etudichre adesso.
l — Ia salute in
nostra, salute. F-mpW ;cl|6 non sj,a ay^enuto, è‘come se
quella sal^titp no^ foss^jper ì?.
salute si compia sono necessarie due azioni, concordanti ;
iV'iìòstra e quella dj Dio- Noi dobbiamo ora studiare
questa duplice azione. E comincerenio dalla nostra.
D. — Qual é la parte dell’uomo nèlVopera della
sua salute?'^
!tE. SI riassume in questa parola: la fede.
©. — Che cosa è la ■ fede ?
R. — La fede nel Cristo Salvatore è quell'atto motbIp per cui tutto il nostro essere si orienta verso
Cristo, si unisce a lui col vincolo deU’amore, e si abbandona a lui nella più completa fiducia. Quest atto
morale di tutto l’essere nostro che si slancia verso
Òristo mette capo alla nostra unione organica, vitale con esso lui; segna l’attuazione di questa parola
d^ nostro Salvatore : « Io sono la vite, voi siete i
tralci ». Pel grande atto morale della fede, noi siamo
innestati in Cristo ; e cosi il Cristo non è più soltanto
esteriore a noi, ma diventa interiore all anima nostra
in modo per noi consapevole ; la quale intima comunione
qol Cristo interiore apre per l’anima la via ad un altra
esperienza, {kU’esperieuza espressa in queste parole'
« Non più io vivo, ma Cristo vive in me ».
■ li. •— Qual è il Cristo che è oggetto della fede ?
R. ___Alcuni pensano che debba esserlo esclusiva
mente il Cristo vivente,lspirituale e glorioso immanente
nelle anime nostre. Il Cristoessi dicono “ veritàsostanza, verità forza, verità-vita, il Cristo vivo in noi
yhe ci rivela Dio quale volontà creatrice, amante e
santificante, che ci rende nuove creature, che ci fa
sperimentare in noi potenze divine e misteriose, che
¿òlleva nel nostro interno un popolo di sentimenti, di
^òiioni, di fervori celesti, che suscita impulsi irresistibili alla santificazione.
Tutto questo è la verità. Ma non è tutta la verità.
Il Cristo glorioso immanente nei cuori, non è tale indipendentemente dalla sua vita storica. Il Cristo interiore nell’ anima suppone il Cristo rivelato esteriormente. Se no, esso non è più che un’idear generale ; e
la luce interiore ch’essa rivendica non è più — dice
bene il Frommel — che una luce naturale colorata di
tinte cristiane. La coscienza è stupenda facoltà soggettiva, ma essa rimane mutilata quando le si neghi
l’appoggio obbiettiva L’esperienza intima del Cristo fu
sempre fatta dai cristiani nei penetrali dell’anima senza
senza staccarsi dal Cristo storico. L’esperienza intima
deve aggiungersi alla storia, non sostituirsi ad essa ;
^trimenti schiude le porte al- più sfrenato soggettivismo. In breve : non bisogna dividere o mutilare il Cristo
uno e indivisibile. La fede si appunta verso il Cristo
della realtà che è storico e supra-storico, esteriore ed
interiore. Un Cristo semplicemente storico potrebb’essere oggetto di credenza, non mai di fede : la fede si
ha in una persona o in un essere vivo. Un Cristo
semplicemente esteriore’ non può essere un Cristo vìssuto : ed ai fini della salvezza ei si richiede non soU
tanto un Cristo vivente, ma altresi un Cristo vissuto.
Ma, viceversa, un Cristo semplicemente vivente e vissuto è una chimera se divelto dal Cristo storico, il
quale è la realtà obiettiva della rivelazione e della
grazia, è il tesoro da cui la coscienza deve attingere
la verità e la luce.
Dicendo « Cristo storico », noi non vogliamo parlare — come tanti fanno — di una mera storicità empirica. Perchè il Cristo della storia possa essere il
nostro Salvatore, è necessario ch’egli sìa quello che
realmente è, vale a dire il Verbo dhrinO imniànente
suhtmo modo va. una creatura umane, o, per dirla con
frase equivalente che ad alcuni potrà sembrare’ più
moderna e perciò meglio comprensibile, il divino al
grado massimo d’incarnazione nel mondo, in una creatura che — essendo al vertice nella scala degli esseri
creati — costituisce il massimo accumulatore possibile
del divino nel mondo. Il che significa che il Cristo
storico non va disgiunto dal metafisico.
Tale è il Cristo che s’offre come oggetto alla nostra
fede, il Cristo nel quale possiamb aver fiducia, il Cristo
che salva.^ Un Cristo empiricamente storico, un Cristo
storico integralmente, cioè congiunto al metafisico; ma
che non culmini nel Cristo vivo, glorioso ed immanente
nella coscienza dei fedeli ; un Cristo immanente astratto
dalla rivelazione storica, sono altrettante facce del
c^el^^CfKitpd^la federo,stituire una, qualunque ^i queslje
s^iji^olu ^ce .^^jf%^^o;.p,rjst^qhe le a^bryQcia tutji^jj^
sflàturaré u Cristianesimo. è„ pervertire la fede. . p, „
*’^i’ q^ni SI vedé ene U íatio Orifto a cpl l^a . fede aderisce!* jgdr'^non'èssendo una dotirina',' iniplica una dotti^illa^ è^iitialé, tóndaniènialè,'Vl^eTata. Ládiíttriüa iitíii
è'iiieciidSiioAb unidka^^fqhesta è^'là' teolo'è^fa, è’^tóli qui
notf'^pàrliàiho di teéldgiàf) ma' è la' èspj'essiofie ’pùrà’%
implico* dnb fatto-ìtìlristo : espressione che èJ dato *rivelato.-Dire che la fede ha per termihe il Cristo Figlio Unigenito del Padre è una dottrina. Dire che la
fede deve [appuntarsi sul Cristo risorto, è una dottrina.
Dire che Desù è stato « dato per le nostre offese e
che è risuscitato per la nostra giustificazione » è
enunciare due grandi dottrine. Certo, la dottrina astratta
— lo l'ipetiamo — a nulla serve, essa non è che una
ombra. Ma non si tratta di inseguire una dottrina
astratta. Si tratta di stabilire contatti col fatto Cristo
che è fatto concreto, conoscendolo per quello che egli
è (il che implica uno dottrina) e per gl’insegnamenti
che egli ha dati. E qui notiamo che errano coloro i
quali pretendono separare il fatto dal principio, dicendo
che i principi! sono umani laddove il fatto è divino.
Che altro è il fatto se non un principio in azione ?
Viceversa, un principio che non si annulla conduce al
fatto. Vi sono fatti divini? Dunque vi sono principii
divini. E come si potrebbe sensatamente aver fede nel
fatto Cristo, senza sapere che cosa è il Cristo e quel
ch’egli ha compiuto per noi? V’è dunque nell’oggetto
della fede un elemento dottrinale anteriore alle formule
dommàtiche, non confondibile con le speculazioni teologiche, un elemento dottrinale rivelato e perciò fondamentale ed immutabilè; sebbene' sia doveroso aggiungere che quest’elemento dottrinale non è tutto l’oggetto
, della fede.-Quest’oggetto è il fatto Cristo, il quale è
più complesso, vasto e profondo di tutti i singoli elementi che in essi rientrano.
E’ appena necessario di aggiungere che l’elemento
dottrinale rivelato è l’affermazione della verità, non una
speculazione, un ragionamento, una dimostrazione circa
il come, il perchè ecc. di tale verità.
Si è detto da alcuni che l’ammettere nell’ oggetto
della fede un elemento dottrinale equivalga a pensare
che Dio al giudizio universale, scambio di domandare
quali furono le forze motrici della nostra vita, domanderà quali teorie noi ritenemmo vere. Enorme malinteso 1 Conoscere quel che Cristo è, per poter aderire a
lui è dunque una teoria? Conoscere i principii dà lui
proclamati (poiché Cristo ha proclamati dei principii,
0 signori) conoscerli, dico, per poterli vivere è una
mera teoria? Quale strana confusione di idee e di
parole! Non si tratta punto di pretenderj che nel
giorno del giudizio s’abbia a rispondere dell’avere o
no professate certe teorie astratte. La questione è ben
altra. Qui si tratta di rapporti tra la verità e la vita.
Che cosa saranno le forze motrici della vita se non
si riassumono nella verità? « La verità — dice il
Divino Maestro — vi francherà ». L’agnosticismo rispetto alla verità fa declinare le forze motrici della
vita. La fede dunque è « mediatrice » tra la verità e la
vita. Essa si congiunge alla verità per dare origine
alla vita. Essa ci offre questo risultato: « la verità
diventata forza motrice della vita ».
D. — Avete parlato dell’oggetto della fede, cosa indispensabile ad intendere l’atto della fede. Ma, di
grazia, fermatevi ora a lumeggiare Specialmente quest’atto. ! >
R. — Dicemmo più su che la fede è l’atto morale
con cui tutto il nostro essere si slancia verso Cristo,
aderisce a lui, s’innesta a lui.
Qui aggiungiamo che la fede, data questa sua natura, non riveste la forma esclusiva di alcuna delle nostre facoltà. Non è l’atto del sentimento ad esclusione
della volontà ; non è l’atto della volontà ad esclusione
deirintelletto. ),
La fede è l’anima che si proietta verso Cristo. L'anima è pensiero, sentimento, volontà, azione. Dunque,
la fede è pensiero, sentimento, volontà, azione. Affermate l’uno 0 l’altro di questi momenti in maniera
esclusiva, e la fede diventa incompleta, malata. Circoscrivete la fede nel sentimento ed avrete il pietismo
quietista. Riducetela all’atto mentale, ed ecco un’ideologia astratta, arida ed infeconda. Si esagerila funzione
della volontà, ed ecco lo stoicismo morale.
A comprendere bene come l’atto di fede non possa
appartenere in modo esclusivo a questa o a quella facoltà deU'anima nostra — non al cuore soltanto, non
alla mente soltanto, non alla volontà soltanto —% si rifletta che lo spirito umano è uno, e che in esso non
\ ii ... r
vi sono scompartimenti riservati. Questa unità dello
spirito umanq. rende indispensab^ile lo scambio mutuo
di qnelle"fS'r^e-ètó ‘'sr*c'hU'taanoÌiìféHettó, v
tiinento, per ..istituire l’^sere davvero spkiipale, «rii
aprì il cqore di-Lidia per comprenderò Iq cosjp^
cèdli.i?Wlft diceya.». ,yi; è . dunque, un comprendqye: d^
cqgre^fj«, Iddio tu® tutta Iq. pieu;^
tpp Qpi è lai ¡mente che ama. Ma come ciò senpf
racc,enitato scambio 4i forze ? La Bibbia, lungi dal,l(i§f>i
lare le accennate forze, ne afferma dunque solennen^pnt§
lo scambio dovuto all’unità dello spirito umano di cui
sono forzo. Or la fede — miei lettori — è l’atto della
spirito umano che si estrinseca in esse, e non già l’atto
deU’una o dell’altra di esse.
Ci accade spesso di sentir dire : « L’organo col quale
entriamo in relazione col Cristo non è la mente, ma il
cuore ». Ovvero : « Il Cristianesimo è una verità che
è appresa, fuori dell’intelligenza, dalla coscienza ». Sq
l’oggetto della fede è un Cristo vaporoso, avulso dal
fatto storico Cristo, e immanente nella coscienza anche
di un ateo, e se la fede è cedere a questi interiori impulsi senza sapere nè donde vengano nè dove vadano,
allora i placiti ora menzionati, pur essendo erronei,
hanno qualche senso logico. Ma se nell’oggetto della fede
entra il Cristo della storia, allora quei placiti sono dei
puri non-sensi, poiché il cuore senza la mente, la coscienza fuori dell’intelligenza, non possono conoscere un
« fatto storico ».
Qui accade di aggiungere che l’atto intellettivo è
fondamentale nella vita umana. Chi, per negare questa
fondamentalità, dica : « prima vivo, poi penso », s appaga di parole. Prima di pensare, si può vivere — si
la vita del... mollusco, ma la vita umana non comincia
senza il pensiero. Perciò, il pensiero è fondamentale in
tutte le energie dello spirito umano, e non v’è conoscenza senza un atto mentale. La sensazione, per
esempio, è percepita daU’intelligenza, ed è questa che
con un primo elemento ideale la solleva a cognizione
La coscienza morale senza l’atto della mente è inconcepibile : mirate Tidìota ; intellettualmente incosciente
esso è pure un amorale. Uno dei primordi della volontà
è pure un atto della mente. « Il punto al quale la volontà s’applica direttamente — dice "W. James — è
sempre un’idea. Fare attenzione ad un’idea, ecco l’atto
di volontà, ecco il solo atto volontario interiore che
noi compiamo. Tutto il dramma della volontà è un dramma
mentale ; impedire che l’idea a cui dobbiamo consentire tremoli e sì spenga. Bisogna trattenerla nello spirito finché lo riempia. Allora essa diviene una volizione
motrice. Il misterioso meccanismo che lega tra loro il
pensiero e i centri motori entra in giuoco, e l’atto segue
il pensiero ».
Ora si comprende, a chiaror di meriggio, quanto sia
inconsistente il dire che la fede nel Cristo è atto del
sentimento, della coscienza, della volontà * fuori delr intelligenza, » poiché, fuori dell’intelligenza, non esiste
nè sentimento, nè coscienza, nè volontà 1
E’ appena necessario aggiungere che l’atto mentale
senza di cui la fede non può sorgere, non ha nulla a
che fare coi filosofemi o con qualsiasi cosa ristretta ad
una categoria di privilegiati. No. Qui si tratta semplicemente di questo : della percezione intellettiva del fatto
stòrico Cristo e degl’insegnamenti positivi e storici del
Cristo medesimo.
D. — Ora che avete rivendicata la pienezza dell’atto
della fede e dell’oggetto suo, lumeggiate la virtù saivatrice della fede, ""
R. — Là’ fède, essendo atto mentale, ci fa aderire
alla verità. E la verità è forza liberatrice. La fede, essendo atto del cuore, introduce l’amore nel giuoco delle
forze : « fede operante per amore ». Essa lega al Cristo
l’anima nostra col « vincolo della perfezione » : donde
la penetrazione dell’anima nostra da parte di Cristo e
la trasfigurazione della nostra vita ad immagine di
quella di Gesù. La fede,-essendo confidanza, è la sorgente di quella forza gloriosa che proviene dall’abbandònarsi aU’azione liberatrice del Cristo. Un’immagine
dì tale aspetto della fed) possiamo averla in questo
esempio : Un fanciullo si trova dentro una casa in fiamme,
di cui le uscite sono chiuse. Dalla finestra alla quale
s’è avvicinato egli chiama, e tosto suo padre gli grida :
gettati nelle mie braccia od io ti riceverò. Che cosa fa
il fanciullo ? Crede nella promessa del padre e si getta
nelle sue braccia.
Conchiudo:,Senza la fede è impossibile essere salvati, perchè non v’è salute che nella verità, nell’unione
con la verità, e neU’abbandono della nostra vita all’azione libera'trice della verità.
Gesù disse:*« Io sono la verità ».
B soggiunse : « Venite a me, per avere la vita ».
tt. i.
5
LA LUCE
Güardaodo attorno
(Notereli^^^'e ^
Nella Scintilla giudieiarm di Napoli, A. Morgana
propone che si dia opera più intensa a educare il popolo : « Che cosa fa da nói 1* autorità laica per impedire ai preti di mettere in opera mezzi ohe, attraendo
il popolo, impedisce ad esso di progredire nella vita
civile e lo rinsalda in iquel fanatismo religioso che è
arresto di vita, annullamentp di coscienza? Niente!
O, dico meglio, favorisce le feste religiose e a fianco
ad esse non trova modo di creare feste civili che solo
dovrebbero per il loro contenuto e per le manifestazioni esterne educare le masse ».
Le feste papiste rovinano il popolo ; d’accordo ! Ma
ci vuol altro che scuole e « feste civili » per educare
il popolo!
- •
In un amplissimo articolo pubblicato da la Voce,
Benedetto Croce ritrae la vita e il carattere di Giambattista Vico, che non fu un eroe nella vita religiosa,
sociale e politica, ma sì nella vita filosofica.
Della religione di Jui, il Croce dice : « Tutti gli scritti
del Vico mostrano che nel suo animo sedeva grave,
salda, immota, come colonna adamantina, la religione
cattolica (romana) Vico fu cattolico irreprensibile;
e sottomise sempre, ogni parola che mettesse in istampa
alla doppia censura, pubblica e privata, degli amici
ecclesiastici, e fra zimarre sacerdotali e cocolle fratesche, svolse la sua vita filosofica e letteraria... Il suo
cattolicismo non ebbe nulla della superstizione, cosi
generale e radicata allora, e specie in Napoli, dove in
ogni avvenimento della vita privata e pubblica interveniva, attore e direttore. San Gennaro ; fu cattolicismo di animo e di mente alta, e non fede da carbonaio. Ma neppur contro le superstizioni il Vico assume
le parti di censore ; — pago di non parlarne, come
non si parla delle debolezze di persone e d’istituzioni,
che sono oggetto della vostra riverenza ».
• •
Nella Libertà di Fermo — organo dell’On. Romolo
Murri, si dipingono così i convegni giovanili clericali ;
< Due osservazioni sorgono spontanee nella mente
ad ogni lettura di sbandieramenti clericali giovanili :
la prima è che per ordinario chi vi fa tutto sono i
vecchi-giovani lasciando che i giovani-vecchi stieno
solo a far numero, e ohe chi parla, chi interloquisce,
chi discute sono per solito i preti, come se i secolari
o non ne sieno capaci o non possano farlo ; la seconda
è che degli intervenuti, qualunque ne siali némero^
novantanove su cento vanno al congresso come ad
una giornata di spasso o di parata, e nelle ore delle
relazioni maledettamente sbadigliano, finché non li
svegli qualche applauso artificioso. Dove non dormono
« al banchetio ».
*
» •
L’on. don Romolo Murri, nella Voce, fa a sua volta
una pittura del cattolicismo papale da disgradarne le
pitture di origine... protestante^ Sentite :
< Scrivevo qualche anno addietro e penso anche
oggi : i clericali italiani sono essenzialmente dei servi.
Nè è meraviglia che sia così ; tali, infatti, li rende il
principio fondamentale dell’educazione cattolica, specie
nei paesi latini, da Ignazio di Loyola e dal concilio
di Trento in poi : foggiare gli uomini su di uno stampo
comune, congegnato e fissato in ogni suo minimo particolare dal superiore: e quindi spezzare in essi, dagli
inizi, l’iniziativa e la personalità, insegnare ad essi
non una fede da far propria ma un catechismo che
debbono guardarsi dal discutere o solo dall’esaminare,
teorizzare tutti i casi della vita interiore ed esterna,
perchè in tutti deve entrare il direttore spirituale,
unico responsabile! della condotta del pemtcrata, avere,
così, degli uomini deformati e dimezzati, il cui principio di azione è fuori di essi, nelle mani di un superiore; il quale alla sua volta obbedisce ai pn altro
superiore, sinché si giunge a un uomo che, essendo
sopra tutti, è, ciò non ostante, il più servo di tutti ;
poiché l’assoluta impossibilità di vivere 6 di pensare
o di agire per tanti lo costringe a rimettersi intieramente alla tradizione ed al sistema, cioè al passato,
a quello che è sostanzialmente morto e che quindi, per
mezzo della autorità, mortifica i vivi, e dichiarare suprema virtù'questa uccisione di sé sull’altare del passato, supremo delitto la vita. E così il Cattolicismo
ufficiale è divenuto la più tragica negazione del cristianesimo, se sostanza di questo era l’appello alle più
intime e profonde energie della coscienza, per trarle
a una religione di verità e?di libertà.
Questo stato d’animo si riflette, naturalmente, nella
stampa clericale ».
E Tonorevele tira innanzi mostrando la servilità
della stampa clericale.
• •
Leggevamo testé nel Giornale d’Italia, che, com’è
noto, si pubblica in Roma :
« Da un paio di giorni nella nostra città, e più precisamente nei circoli ecclesiastici, si parla più o meno
vagamente, ma con grandissima insistenza, di fatti
piuttosto gravi avvenuti di recente neU’ambiente stesso
ecclesiasticp, o, come si suol dire più comunemente,
vaticano.
La voce è trapelata e corsa anche in altri ambienti
politici, assumendo, come avviene spesso, gravità di
proporzioni eccezionali, per le esagerazioni incresciose
che molti narratori — 1 quali alla lor volta erano male
informati — si son compiaciuti di creare intorno al
fàtto.
Secondo ci fu riferito, si tratterebbe di un religioso
assai noto e per la sua dottrina e per la sua influenza,
il quale si sarebbe poco tempo fa ribellato decisamente
e bruscamente all’autorità della Santa Sede ed avrebbe
buttata la tonaca alle ortiche. Pare che si tratti di
persona molto ben vista in Vaticano e ben veduta dal
papa stesso, il quale anche per ciò sarebbe contristato
in modo speciale.
Ci vien riferito anzi che non appena gli altri prelati preposti al Vaticano hanno creduto necessario di
informare il papa, questi rimase colpito dolorosamente.
Si dice anzi che Pio X abbia avuto una crisi di pianto
e si sia mostrato e si mostri ancora immensamente
turbato ed afflitto per l’accaduto.
Quanto ai particolari di questa defezione, anzi ribellione, ben poco si sa ; si è detto che ai trattava di
un domenicano, ma da informazioni assunte ciò si
deve escludere assolutamente, si tratta però di un religioso, si dice anzi nientemeno che un procuratore
generale di-un ordine religioso, certo di una persona
autorevole, poiché gran4c è l’impressione negli alti
ambienti ecclesiastici e finalmente si tratta indubbiamente di persona assai seria, che non aveva cercato
di far rumore intorno a sé, e di provocare uñó scandolo per farsi « rédame », poiché nulla finora era trapelato dei suoi dissidi con l’autorità ecclesiastica, che
certamente saranno stati forti e lunghi prima della
brusca rottura ohe ha portato alla ribellione »1 ”
*
• •
Della religiosità del Carducci s’è già tanto parlato ;
ma ne riparla Ernesto Jallonghi in un suo recente
libro. or i A ..
Del Jallonghi stesso Domenico Oliva, nel Giornale
d’Italia, dice:
« Ernesto Jallonghi si sforza essere imparziale, e
spessissimo i suoi sforzi sono coronati da felice successo: ma è molto cattolico, del ohe non gli faccio
rimprovero, e non considera pertanto colla consueta
sua serenità quello che vi potè essere di legittimo,
anzi di necessario nella nostra lunga lotta contro il
papato politico, stretto saldamente a tirannidi forestiere e domestiche, tirannide domestica anch’esso ».
Quanto aila religiosità del Carducci, che sene tieve
pensare? Domenico Oliva risponde:
< Il nostro grande poeta non fu un mistico, non un
credente, non un’anima pia e timorata, non uno spirito che all’idealità ultraterrena si levasse con fremiti
di passione e di desiderio; ma non fu < sempre » il
ribelle dell’« Inno a Satana >, della « Chiesa Gotica »,
delle « Fonti dei Clitumno » : farne un apostolo cristiano sarebbe cosa ridicola, ma eccede colui ohe lo
canonizza santo della massoneria o deli’ateismo. Nella
sua vita densa tanto di lavoro e di opere ebbe diversi
atteggiamenti ogni volta che si pose al cospetto degl’immensi problemi della Fede, di Dio, dell’immortalità ».
•f‘ «
* ^
Pietro Pace « per grazia di Dio e della apostolica
sede arcivescovo di Rodi, vescovo di Malta, alla medesima Santa Sede immediatamente soggetto, del santissimo Signor nostro Pio PP. X prelato domestico,
etc. etc. etc. » ha testé diretto ai « Venerabili fratelli
e figli carissimi » della propria diocesi una pastorale,
in cui si mette cristianamente a fascio il Vangelo, il
Cinematografo immorale e i « cosidetti Cafés chantant»
altrettanto immorali. La pastorale si può riassumere
cosi: Non leggete il Vangelo (edito dai cristiani evangelici) non andate al Cinematografo, non andate ai
Caffè! ' '
I commenti sono inutili !
Salice Piangente
Àununziamo la dipartei^a delilngegnere
Beoiamino Trincbera
liberale e pio cristiano, residente a Ostuni. Egli era
suocero di due nostri carissimi colleghi, del Pastore
Luigi Rostagno capodistretto della Sicilia, e del pastore
Giovanni Rostagno professore di teologia storica alla
Facoltà fiorentina. A questi e a tutti gli altri congiunti,
in lutto, le nostre sincere, profonde, fraterne condo
OLTRE LE ALPI E 1 rWIRl
■ 1 . ■ ■ ;• ■ !■>' • '
Svizzera
Ginevra. —^ Il Gran Consiglio, il 2 ottobre, votò
una legge contro la stampa immorale, legge che modifica l’articolo 211 del Codice Penale.
— Ogni primo e terzo martedì del mese, i pastori.
Frank Thomas e W. Jung daranno un Corso pubblico
per signore e signorine, desiderose di prepararsi all’opera di testimonianza cristiana ; e il Corso comprenderà studii biblici miranti a conferire idee pratiche e
a risolvere qnistioni oggi dibattute, come lo sóieutismo (?), la propaganda cattolica romana, il libero pensiero, il problema della sofferenza, ecc.
Losanna. — Secondo il regolamento del Consiglio comunale di Losanna, il presidente (il Sindaco) — dice
la < Semaine Religieuse » — apre le sedute con una
preghiera, in cni si invoca la benedizione del Signore
sni lavori del Consiglio stesso.
11 consigliere socialista Peytreqnìn ultimamente ha
protestato contro quest’uso.
Gli ha risposto un altro consigliere, un giovane avvocato radicale, in questi termini : < Se non si trattasse che di una formula, bisognerebbe infatti sopinrimerla. Ma se — com’io — si crede all’efficacia di tale
invocazione, se si crede che Dio ci protegga e che ci abbisogni la sua assistenza nella nostra vita e nei nostri
lavori, noi dobbiamo conservare l’uso della preghiera.
Signori liberi pensatori, se non credete alla benedizione di Dio, lasciate tuttavìa ch'essa scenda su coloro
che la desiderano e su di voi medesimi : non vi t¡ farà
alcun male »i ’‘'i
Queste parole — dice la « Semaine Religieuse » —
furono accolte da applausi entusiastici. L’assemblea deliberò di conservar l’uso della preghiera, e la proposta
del consigliere socialista non ottenne che tre voti solamente.
— Nella stessa Losanna, il pastore parigino Saillens
terrà dal 14 al 21 novembre una serie di radunanze
di risveglio.
—- Il 26 settembre fu inaugurata l’esposizione missionaria con un discorso di H. Secretan.
Orbe. — Nel 1911 si celebrerà il 4' centenario del
riformatore di Losanna, Pietro Viret, nato a Orbe nel
1511 e morto nel 1575.
Appenzell. Si è inaugurato nn bel tempio cristiano evangelico.
> Frsuioia
Mazaroet. — Dal 29 ottobre al 2 novembre si adunerà in questa città la 15^ Conferenza nazionale francese delle Unioni Cristiane della Gioventù.
Colombes (Seine). — Vi si è inaugurata una nuova
cappella cristiana evangelica.
La Rochelle. — Si propone d’innalzare nn monumento al Sindaco Giovanni Guitón, cristiano riformato
zelante, avversario di Richelieu, difensore eroico vdella
Roccella (anno 1628).
Clermont. — La « Semaine Religieuse — periodico
cattolico romano di Clermont — pubblica importanti
osservazioni su l’esegesi « ad usnm Delphini
in... 'USO presso ì predicatori papisti, e sn gli sva^poj^
contenuti nella Vulgata, cioè nella versione della Bi^jiA
in latino che i preti . papisti adoperano, quando... Fad|q;
perano.
Mena. — Leggiamo nel « Christianisme au XX
Siècle » :
« Le Unioni Cristiane dei Giovani e delle Giovani
hanno „avuto il .bene di udire un’attraentissima conferenza del signor Prochet, pastore a Torino, sul tem)i:
« La Sicilia e il,.vero carattere dei suoi abitanti ».
Orgeville (Euro). — L’abate Andrea Vral picchia
alla,,.porta del partito socialista, per ottenervi l’accesso. ^
, « L’Humanité >, giornale socialista, diretto dal
Janrès, pubblica in prima pagina del suo nnmero 30 settembre scorso, uu articolo di Compere-Morel favorevole
aU’accettazione di preti nel partito, e nn articolo di
Giovanni Varenne contrario a detta accettazione 1
, Parigi. — Un lunedi si e un lunedi no, da le 8 e 3(4
alle 10 di sera, avrà luogo presso l’Unione della Gioventù del Faubourg Saint-Autoine N. 234, e col concorso, dei signori d’Allens segretario generale, dei^,pastori L. Appia, P. Mathiot e P. Morel un’importante
serie di lezioni sul tema generale: « Gesù e il tempo che
fu suo » ; tema che sarà suddiviso come segue : 1) Il
mondo pagano all’epoca di Gesù Cristo — 2) Il monde
giudaico all’epoca di Gesù Cristo (vita e religione giudaiche) — 3) I tre primi Vangeli — 4) Il quarto Van-
6
6
gelo — 5) La pedagogìa di*<}est —6) I continnatoH
déll’òpèra di Gesù — 7) Alcuni raggnagli su gli Atti
A.postolici e su le Epistole 8) Il mondo giudaico
trasformato da l’Evaugelo (La Chiesa di Gerusalemme)
— d) Il móndo pagano 'trasfermato da l’Evangelo (La
Chiesa di Corinto e la Chiesa di Eoma) — 10)L’Erangelo potente allora e potente adesso. - ^
Germania,
L’Università di Berlino l'ondata il 16 agosto,1809
«1 aperta in ottobre del 1810 — prepara grandi feste
per il suo primo centenario. Tra i 16 professori che
inaugurarono, nel 1810, rinsegiiamento neU’iusIgne Universi tà, era il filosofo Fichte, o il filosofo-teologo Schleiermacher. • x
— L’Unione Cristiana della Gioventù, a Norimberga,
sta costruendo una sala d’adunanze capace di 1500
persone.
— Si crede generalmente — dice il « Semeur Vaudois » f— che il Cattolicismo romano sia meno superstizioso in Germania che altrove. Non è vero. A Treveri, per esempio, si fa vedere la tunica senza cuciture
di Gesù Cristo, la veste dì Msiria, le fasce del Bambino
Gesù, il sudario con cui Giovanni Battista si avvolgeva
il capo.
f Ingliilterra
I Cattolici Eomani, con a capo l’arcivescovo di Westminster e incoraggiati dal carciinal Vannutelli, si propongono dì inalzare presso ìi Tamigi una cappella commemorativa del famoso Congresso Eucaristico dì Londra^
il quale secondo quei signori j—esarebbe stato ¿non
un « trionfo » solamente, ma una « vittoria ! ! ». ü .
—— Enrico Brémont, il gesuita .che coraggiosamente
intervenne ai funerali del padre Tyrrell, è — secondo
il «"Christianisme au XX Siècle » •— una mente col-i
tissima, uno scrittore elegante, un’anima liberale che
sa apprezzare quel che non è Cattolicismo romano, un
fecondo autore dì libri in cui arte fine e psicologia
profonda si consociano bellamente. Tra i, libri del Bré-/
mond si citano ; « Anime religiose », « Studii sul cardinal Newman », « Inquietudine religiosa » (in cui si
studiano Pascal, Lamennais,-G. Eliot, P. Porée mae
stro di Voltaire, il P. Bidón, ecc., ecc.). Il Brémond è
anche collaboratore del « Correspondant » e della
« Eevue des Deux Mondes
— Il testé defunto conte di
— secondo il « Christianisme
completa collezione di Bibbie
LA LUCE
Firenze ,, ' i - '
Il prof. Antonio Nìcati di Firenze ci scrive ;
« Come svizzero devo fare al Journal, che la Luce
citò nel N. 40, pag. 4, terza colonna, un piccolo appunto ; il professor Fórel non è austriaco, ma svizzero
di jMorges (Vaud)."' Il Forel è una gloria svizzera per
la sua campagna contro l’alcoolismo e come medico
alienista ».
— Il medesimo professore ci invia la notìzia seguente:
« Domenica, 17.ottobre, alle ote^ 16, avrà luogo,
piacendo a Dio, sui pratoni della Zecca Vecchia un
pubblico comizio promosso dalla Lega Antialcoolistica
fiorentina. Tra i vari oratori ■ che vi parleranno, ci sarà
il sig. G. E. Méille, pastore della Chiesa Valdese di
Via de’ Serràgli ». ’
Carysfort h* lasciato
au XX Siècle u—- la più
che sia nel mondo; tra
cui parecchie copie della più antica versione della Bibbia
inglese detta dì Wicleff e una copia della famosa Bibbia
di Mazarin, che pòrta la data del 1450 e che fu il primo
libro stampato con caratteri mobili.
](ella penisola è nelle jsole
le
ella
{ile ^
Catania '
Da la Eelazione annua dì qi^
gliamo le seguenti parole :
«r Ci dispiace non aver potnlji
corso di conferenze straordinari
poche conferenze straordinarie
colo, prima del terremoto, e
settimanali nel nostro tempio,
evangelizzazione a non pochi ei
mesi
L’Istituto Evangelico si è ri
1® ottobre, e le aspettazioni ri
di alunni si sono avverate. Le
giunto la cifra, superiore a qu
281 maschi e 194 femmine, toti
fatto che difficilmente i nostri
ceverli tutti, dato il numero e^
nostro personale è stato rìnfoij:
signorine Giuseppina d’Antona
subito date con grande zelo al
chiamate.
Terminate le pratiche d’iscrii
riparazione nelle varie classi, la
passa dal signor Corrado Jalla,
al signor Enrico Tron, che la ci
salutato con gioia ora che è torli
Alla scuola ed al nuovo direttori
ceri per un anno prospero e ben
Licata
Un numero unico intitolato *
ora visto la luce a Licata, E’ un
la cittadella cattolica papale,
allo studente di teologia Morello
fossore Corsani.
dovi
està nostra 'chiesa to
0 quest’ anno tenere il
e in quaresima. Ma le
nel locale in Via Lin
conferenze ordinarie
sono " state ^ mezzo di
j)tranei ».
iuperto come al solito il
iguardo al gran concorso
iscrizioni hanno ragdell’anno scorso, di
476 ; ed é doloroso il
1 nsegnanti potranno ritccessivo di presenze. Il
zato coll’arrivo delle
Eiccobene, che si sono
lavoro a cui sono state
;ione e gli esami di
direzione della Scnolii
che parte per Messina,
liitadinauza concorde ha
mato colla Sua signora,
■e gli auguri più sinledetto. C. J.
Cristianesimo » ha or
Energico attacco contro
uto al pastore Moggia,
all’evangelista prò
IL RlfiMOVjiimENTO
Anno III. Fase. IV.
Il volume s’apre con uno studio di U., ,P. sopra « Il
inisticismo di Plotino ».
Il misticismo a cui' mette capo la dottrina neo-platonica era dal filosofo realmente vissuta. Ma la sua
fame i di Dio non si comprende se non si rannoda al
suo sistema filosofico che ne è la radice. L’eternamente
perfette genera eternamente. Ciò ch’esse genera è eterno
ma inferiore al principio generante: ne è un riflesso.
La prima emanazione dell’Uno è l’Intelligenza, immagine
del primo principio e archetipo dell’uaiverso sensibile.
L’intelligenza produce , l’anima che ha un ufficio di mediazione.' Come anima universale appartiene al mondo
soprasensibile, ma abbraccia puye le singole anime. L’anima universale genera il, mondo corporeo. Le anime
umane discese nei corpi si sono lasciate sedurre dai
sensi 6 dominare dalle passioni. Donde una loro vita
illusoria. La salvezza sta nel ritorno all’ essere vero e
reale. A questo fine l’anima deve, pria di tutto, far ritorno à’sè, è’quindi percorrendo a ritroso il cammino
già percorso nel discendere, sisalire alla suprema divinità. Mediante l’ascesi, Tuomo si libera dalla colpa. Ma
non basta : bisogna che si identifichi con la divinità
facendo a ritroso il calle percorso nel discendere. E
poiché vivere é contemplare, ne segue che nella regione
delle idee dov’é Ja massima intensità contemplativa è
anche il massimo ardore di vita. Ne segue che sonovi
delle anime le quali ascendono libere dai legami del
mondo sensibile, dopo lunga serie di morti e di rinascite. Una liberazione complessiva resta esclusa : resta
là egoìstica salvezza dell’individuo eccezionalmente dotato. Per questo, l’ardore purissimo di Plotino non basta
a vincere in noi un senso irresistibile di solitudine e di
sgomento.
- L A. osserva che a questa desolante concezione il
cristianesimo contrapponeva — svolgendola dalla fede
nella paternità di Dio, e nella divinità del Cristo Eedentore,laconsolatricedottrinadellaComunione dei Santi.
Sulla quale ha belle parole Tertulliano : Jiiter fratres
communis spes, metns, gaudium, dolor, passio, quìa communis Spiritus de communi Patre. Non potest corpus
de unius membri vexatione laetum agere; condoleat
universum, et ad remedium conlaboret necesse est. Eil
barone von Hügel nota che, se pure S. Paolo e S. Giovanni si esprimono talvolta quasi che l’auima individuale raggiunga la sua piena personalità mediante una
diretta relazione con Dio solo, i Vangeli sinottici e, in
fondo anche quel due grandi innamorati dello spirito
di nostro Signore non cessano mai di accentuare l’elemento sociale costitutivo della vita dell’anima e in questo mondo e nell’altro. Il Eeguo dei cieli, l’Anima della
Chiesa costituisce le varie personalità, forma la loro
gioia, ma é anche da queste costituito, esso, il grande
organismo che come tale è il principio e il termine del
pensiero e dell’amore divini.
*
4l ut
Segue K. Vossler con uno studio su « L’amor miotico di Dante e il suo traviamento morale ». Sono pagine tolte dal pennltimo capitolo del 2- volume dell’opera del Vossler La Divina Commedia studiata nella
sua genesi e interpretata, di prossima pubblicazione
presso l’editore Laterza. Eimandiamo il lettore al libro.
Non accade qui — data l’indole del nostro periodico
— rilevare alcun che da tale studio.
*
* *
* Cristo e ¡1 nostro tempo » é il tema del terzo articolo, e questo articolo é un sermone del pastore Cari
Konow di Bergen. Notevole questo pensiero : « Una
delle maggiori forze per l’avvento del Eegno di Dio
sulla terra è il Cristianesimo. A renderlo capace di tal
compito, Dio lo poneva subjto nel mezzo della civiltà;
e questo fu per opera di Pàolo il quale trasportava il
cristianesimo in Grecia ed a Eoma, mentre lo liberava
da tutto il,giure ebraico. In accordo col Vangelo di
Gesù, il Cristianesimo diventava così quella religione
dell’umanità in cui c’è posto solo per quel ch’è d’utilità
universale.;. Sempre è nel mezzo della cultura il posto
naturale del Cristianesimo. Solo cosi può essere realmente nel centro del mondo e arrivare a tutti universalmente e singolarmente ». E qui il pastore si leva
con fòrza contro i cristiani e contro la Chiesa in quanto
essi disprezzano la coltura o la tengono per cosa più
0 meno. priva di valore. A ragione egli insorge cosi.
Ma poi, ci dà subito egli stesso spettacolo di superficialità grande col confondere le teorie teologiche —
scienza del domma — col domma, assioma fondamentale
e fisso, base di ogni progresso teologico; con il far
derivare dalla metafisica la dottrina della Trinità, laddove éiò che dalla metafisica deriva sono soltanto i
conati pet ficcar lo viso a fondo in questa dottrina.
Egli confonde poi l’espiazione con l’idea giuridica del
1 espiazione, e per l’iuaccettabilità di questa respinge a
chiusi occhi quella. Con un colpo di falce egli recide anche
dai Vangeli tutta la parte cosi detta miracolosa. Perchè?
Perchè Ja violazione della legge, che è il modo di agire:
di Dio, èi impossibile. Con la medesima logica, qualche
filosofetto germogliante tra un popolo non ancora a
contatto con la nostra scienza, reciderebbe come apocrifi e leggendari, perchè impossibili, i racconti che
parlassero di comunicazione a distanza per mezzo di
telefom, di telegrafo con e senza fili, o che so io. Il
pastore di Bergen confonde il fatto, cioè le potenti operazioni dei Vangeli in se stesse, con la infantile idea
medievale che s’immagina tali ffitti come soprannaturali,
dimenticando che il soprannaturale non esiste (1). La
scienza superficiale, (paurosamente superficiale) di questi
modernisti-ultra (cattolici-romani o no) è una reazione
contro le sorpassate concezioni della teologia medievale. Ahi, medievale superstite teologia, di quanto mal
sei mabrèi..
Í • * ■
» *
\ iene poi un articolo di Carlo Formichi su « Eazionalismo e pessimismo neH’India antica ». L’A. ragiona
del pessimismo che pervade i classici sistemi filosofici
dell’Mia.. Tra questi sistemi, egli mette in evidenza il
postoche occupano il Sankhga e \o Yoga. Questi, movendo
dal principio che l’essenza della vita è dolore, ripongono il
sommo bene neH’acquisto di una conoscenza che permetta
di discriminare la materia evoluta dalla non evoluta, e
questa daH’anima. Non è lecito parlare di pessimismo nei
sistemi teistici. Questi implicano una finalità della vita
e perciò una concezione ottimistica del mondo. Il vero
pessimismo è essenzialmente ateo, ed atei sono i due
menzionati sistemi. Il Buddismo ripete dal Sankhya le
sue principali teorie. L’A. mette in rilievo la parte originale del Sankhya distinguendola da ciò ch’esse ha di
comune con gli altri sistemi filosofici dell’India : questa parte originale consiste nella dimostrazione dell’esistenza di due principii differenti l’uno dall’altro, cioè
dòU’anima e della materia. Il disgraziato connubio del lo
spirito con la materia genera il'dolore. L’uomo affrancato, in presenza della materia dice: « non sono io »; in
presenza di tutto ciò che può essergli tolto, — gioventù,
salute, parenti — dice : « non mi appartiene » ; e in presenza delle sue contradizioni dice : « non già io : l’anima
mia non conosce contradizioni ; queste appartengono
alla materia ». Pronunziate queste tre proposizioni, il
dolori*’ non ha più presa su di lui. Scientificamente,
quésta filosofia non ha pregio, ma l’A. le attribuisce
un inestimabile valore etico in quanto essa addita un
valore inestimabile nel fondo della coscienza.
He
«
Dopo alcuni pensieri filosofici di Paolo Sarpi, in gran
parte inediti tolti da un’opera, di prossima pubblicazione, di Giovanni Papini, viene una Cronaca filosofica
di G. Amendola, il quale si occupa del libro « I massimi problemi » di B. Variseo. E segue una Cronaca
di vita e di pensiero religioso, in cui si tratta dei seguenti argomenti : Intorno alla personalità del Cristo.
— L’attività scientifica del padre Fonck, — Il medievalismo nella chiesa norvegese. — La scarsezza di clero.
— Giorgio Tyrrell. Chiude il volume una rassegna di
libri e riviste.
_________ ^9® Janni
(1) Nel senso volgare della parola. Il nostro egregio
collaboratore ha dimostrato in precedenti articoli ohe
il soprannaturale, inteso come dev’essere, esiste.
(N. d. D.J.
7
LA LUCE
Studio di storia e di psicolo*
Un pomeriggio, dunque, verso il tramonto, stando
il donnone di Trastevere contenta e tranquilla in casa
sua, facendo un po’ di balza vicino alla finestra, sentì
picchiare all’uscio di basa. Al suo grido di « entrate >
la porta si aperse, entrò una Signora vestita di nero,
col velo calato sul volto. *
Il donnone lasciò la calzetta'e si levò in piedi a quella
subita apparizione.
— Monna Teresa, non v’incomodate — disse la forestiera — io sono Emma Federici e ho da parlarvi.
Avreste la bontà dì ascoltarmi ?
Queste parole dette con tanta disinvoltura e grazia
allo stesso tempo, che subito predisposero il donnone
in favore della giovane. L’abito di lutto e il velo nero
che coprivano la persona dì lei, non potevano velare
abbastanza la bellezza della vlsitatrice.
— In che cosa potrei servirla, signora Federici ? —
disse il donnone. (.o.i if;¡
— Signorina Federici — corresse l’altra.
— Perdoni, signorina Emma. Ho tanto caro di vederla : se ella mi dice che cosa posso fare per lei...
intanto, la prego, si metta a sedere ; qui, vicino a me,
lontana dall’uscio. Bisogna evitare le correnti. Ella
sa il proverbio: aria di fessura, aria di sepoltura.
— Non bado mai alle correnti io...
— Ah ! Ella è giovane ! Beata lei ! Ahoh’io, alla sua
età.» Ebbene ? . !
— Vengo al perchè della mia visita. Io ho una cara
amica, che conosco fino dalPìnfanzia. Ora, questa giovane, alla quale voglio più bene che alla mia stessa
vita, è tutta in lagrime per vostra cagione.
— Per mia cagione? Impossibile!
— Impossibile, voi dite ? Statemi ad udire. Questa
signorina, bella, buona e sulla onestà della quale nessuno ardì mai fiatare, è stata accusata da voi al Tribunale del Santo Uffizio, quasi tenesse una tresca illecita con un sacerdote suo amico che ella conosce
fino quasi dalla nascita. Questa signorina è nella disperazione e il sacerdote è in esigilo... ambedue sotto
un’imputazione infamante. Voi avete commesso questo
delitto, perchè, è un delitto infamare due innocenti!
— Ma ella si sbaglia, signorina — disse il donnone
con enfasi — io non ho infamato nessuno !
—- Non avete accusato un sacerdote? Negatelo se
potete !
— Ma..
— Non c’è ma che tenga, qui. Ditenii, conoscete
D. Ottavio Sìnibaldi ?
— Sì, purtroppo, lo conosco!
— E che avete detto di lui ?
— Non l’ho accusato al Santo Uffizio, io. Mi sono
contentata dì ricorrere al Cardinal Vicario...
— Ah! miserabile! Dunque confessate di averloca
lunniato! Perchè, voi sapete che la colpa a lui attribuita, è un’infame calunnia ! Dite! dite! non è dessa
una calunnia?
La visitatrice, in questo dire, si era levata in piedie tonava col gesto e col metallo indegnato della sua
voce. Il donnone ne fu spaventato, e tentò di scusarsi.
— Mi creda, signora, se io ho accusato ì). Ottavio
gli è perchè mi venne suggerito. Io non volevo...
anzi... quella ragazza... lo so, forse, è innocente anch'essa. Ma, mentre D, Ottavio aveva lasciato iLconfessionale di S. Maria, andava a confessar l’altra al di
là del ponte. È giustizia quésta?
— Ed è carità la vostra, per una miserabile gelosia,
mettere in sospettò presso ì Superiori un sacerdote
innocente, e fargli correre il rìschio di essere sospeso
a divinis ?
— Io voglio bene a D. Ottavio...
— Bell’amore il vostro ! Amore di tigre ohe sbrana
e divora...
— Non sono stata io a pensarlo ! Me l’ha suggerito
una gran dama romana.
— Chi ?
Il donnone esitò a pronunciare il nome domandato. •
— Non occorre che me lo diciate — disse _ la visitatrice — già lo so. È la principessa Qualdi.*
—- A quel che veggo, lei è bene informata.
— So tutto ! tutto 1 e farò giustizia ! farò vendetta !
— Ora veggo di aver fatto male ! — disse con tono
umile il donnone.
— Ah 1 lo vedete ora solamente, non è vero ? Brutta
birbacciona ! schifosa calunniatrice ! E voi fato la pinzocchera, e, se occorre, ricevete ogni mattina la Santa
Comunione, e poi assassinate il prossimo? V’insegnerò io a tener la lingua a casa vostra e a non calunniare gli innocenti ! Vi pagherò io per le vostre
maldicenze ! '
E qui la visitatrice, che aveva insieme una lìngua
lunga e spedita, scaraventò addosso al donnone una
tale filza di titoli non molto lusinghieri, ma" tutti
meritati, che uqo non aspettava 1’ altro. Sembrava
un fuoco di fucileria’ continuato, sotto il quale Monna
Teresa prima resistette un poco, poi avvilitasi, cedette
vilmente e soccombette fra le lagrime e le proteste di
pentimento.
Nè finì qui. La visitatrice, arrabbiatasi per davvero,
fe’ più volte il gesto come se volesse schiaffeggiare
di santa ragione la perfida calunniatrice; e si contenne solo, com’essa disse, per non imbrattarsi la mano
colla schifezza di quel suo faccione. Conchìuse, tuttavia, la sua sgridata col minacciarla di un più severo castigo. (
— E che intendo di lare, signorina? — domandò
con aria costernata il donnone.'
-— Non io, non io, ma D. Ottavio. Egli ha intenzione di citarvi al Tribunale. E farà benìssimo ! Vi
farà cacciar fuori dei soldi, e, se occorre, andare a vedere il sole a scacchi. Voi lo sapete, donna schifosa !
Vi sono leggi, vi sono avvocati... e non per niente !
Chi vi ha insegnato ad uccidere il prossimo ? La pagherete! affé mia, la pagherete!
Queste parole della visitatrice mìsero una paura solenne in cuore al donuone. Pregò, scongiurò, supplicò la sua correttrice ad intercedere per lei presso
D. Ottavio. Poi vedendosi gli sbirri in casa, cominciò ad
urlare disperatamente, mentre sì scusava, imprecava
ed accusava altri del fallo commesso. |
Alle grida del donnone, un mondo di femmine ac-*
corse dagli usci vicini e in un baleno la camera ne
fu piena. Allora la visitatrice cessò dall’ìnveire contro
la sua vìttima, e rivoltasi alle nuove venute spiegò
in poche parole il perchè di quella sua acerba sgridata.
Le comari guardarono Monna Teresa e la sua visitatrice. Quella faceva pietà. Era umiliata, timida, incerta, e piena di paura del minacciato castigo, che
D. Ottavio in verità non aveva pensato mai, ma che
la correttrice aveva aggiunto tutto di suo per dar
forza al suo dire. Questa, invece, era rossa in volto,
con due occhi scintillanti, un’aria fiera e risoluta e
una bellezza viva che eccitava all’amore. Vi era inoltre
nei suoi rimproveri al donnone tanta verità e giustizia ! La simpatia di quelle buone donne non stette
gran pezza in forse. Si buttarono in corpo dalla parte
della punitrice, e oppressero coi loro rimproveri lo
sfortunato donnone.
— Ben vi sta — gridarono — Ben vi sta. Monna
Teresa ! Tutto il santo giorno in chiesa, e poi andate
a calunniare un buon sacerdote e questo fiore di ragazza. Ha fatto bene, signorina ! Le faccia pagare una
grossa multa ! La mandi in galera ! Maledette lìngue !
Così va fatto! Se, quando sparlano di noi, adoperassimo come ha fatto questa bella signorina, affé nostra, che le male lingue non uscirebbero dalla chiostra dei denti ! Brava signorina !
— Non sono io la principale colpevole — barbottò
a stento in mezzo al cicaleccio il donnone. — Io riferii
alla principessa Gualdi quanto mi disse di D. Ottavio Monna Brigida. Essa mi contò ohe la signorina
lurini, e l'Angiolina di Trastevere....
, — Ah! quella vecchia strega di Brigidai — urlarono le donne in coro. — Già, era un miracolo, se non
vi avesse posta essa la sua lingua! È ormai un can
mòrto, e morde ancora ! Signorina faccia una visina
anche a quella megera. Sta di casa qui vicino, numero ventisette, piano terzo. A quest’ora la trova sola,
senza nessuno dei suoi uomini. Vada ! vada ! Quella
vecchiaccia è la peggìor lingua di Trastevere. Dio l’ha
mandata, signorina ! C’era proprio bisogno della sua
lingua senza peli e lesta lesta come il vapore !
Alla visitatrice non parve bene di accontentare i
miti desiderii delle sue ammiratrici. La Brigida la conosceva e con essa non avrebbe potuto mantenere il
suo incognito. E poi, aveva altre maniere di punire,
a suo tempo, anche quella miserabile. Inoltre allora;
aveva qualche altra cosa in mente.
— Orsù ! — disse ella al donnone. — Voglio da voi
due cose. Prima, un certificato di vostro proprio pugno
nel quale, dichiarate sotto la fede del giuramento,
ohe le ciarle messe in giro contro D. Ottavio e quella
pòvera Trasteverina sono calunnie, prive di fondamento.
^ Lo scriverò ! lo scriverò ! non dubiti, signorina 1
— No, subito! subito! Ecco qua, carta,'penna e calamaio. Ho portato tutto con me.
Il donnone non potè sottrarsi alla furia dì quella
giovane. Dovette mettersi al tavolino e scrivere quanto
quella volle da lei.
— Non basta ancora — tornò a dire la visitatrice.
— Voglio anche da voi una lettera d’introduzione alla
principessa Gualdi.
— Harebbe a dire ? — domandò il donnone, che non
Capiva il significato di quella richiesta.
— Mi spiego subito. Voi scrivete ed io detto; Avanti !
Il donnone dovette prendere un altro foglio di carta
e fare esercizio di calligrafia. In mezzo a quei suoi
guai, provava almeno la consolazione di mostrare a
quelle sue comari ohe non aveva del tutto dimenticata l’arte del bello scrivere. Srisse dunque : 'f
Illustrissima Signora Principessa,
È venuta da me la. signorina Emma Federici ch’io
conosco assai bene...
— Altro che conoscerla I — sdamarono, ridendo, le
comari.
Il donnone lanciò tra i denti una impreo3zione a
quelle sguaiate. «
— Zitto là — gridò la visitatrice — non là disturbate. E continuò:
... chio conosco assai bene, a propormi un’opera di
alta carità cristiana. Trattandosi di un affare, pel quale
il Signore, com’io so, ha concesso a V. S. Ill.ma grazie
speciali, le ho suggerito di ricorrere a lei. Gliela raccomando di tutto cuore. La detta signorina è un’ottima persona, e, credo, le resterà affezionatissima.
Prendo questa occasione per riverirla umilmente e
raccomandarmi allo sue orazioni.
Di Vostra Signoria IlLma
Devotisima Serva
Teresa Bongiani.
Quando il donnone ebbe finito di scrivere, pensò un
momento, quindi si volse alla sua punitrice con aria
spaventata.
“ Ma, dica, signorina Emma — disse — non andrà
mica ad ingiuriare la principessa, non è vero ?
— No ! no ! Non la ingiurierò, ve lo prometto : farò
meglio !...
— Dice bene 1 altrimenti, con questa mìa lettera, cj
andrei di mezzo anch’io. I signori' sono potenti ed io
non vorrei aver da fare colla polizìa. i
— State tranquilla! Non dirò una sola parola ingiuriosa gpntro la principessa.
— Non prometta, signorina — alzarono la voce le
comari. — Dica anche alla principessa il fatto suo!
Anzi, parli più chiaro, perchè, alla fin fine, essa è
più colpevole di Monna Teresa.
— No ! no 1 So io quel che farò. Alla principessa non
dirò una sola ingiuria. Ma vi so dire, che le farò soffrire un tale spasimo di cuore, un tale dolore dell’anima che quella scellerata non ha mai provato l’uguale. Soffrirà essa assai più ohe non Monna Teresa.
Adesso, cha mi sono sfogata, non ho più rabbia nè
anche contro di voi ! Addio, Monna Teresa ! Non sparlate del prossimo 1 A buon rivederci :
— No! no! — gridò il donnone — non si faccia più
vedere! Ne ho avuto abbastanza oggi!
La finta Emma Federici, cioè la Bice, lasciò la casa
del donnone col passo di una regina, e col gesto di
una trionfatrice.
Il donnone di Trastevere era un animale, piuttosto
placido: ma in quel giorno memorando, fece tre
fieri propositi : di non dir più male dei preti, di abolire i^ poi famosi convegni del giovedì, e di vendicarsi atrocemente, quando che fosse, di quelle sue comari obe avevano applaudito alla sua nemica.
La storia narrpà un giorno ai tardi nipoti, che dei
suoi tre propositi, il donnone osservò il primo per
circa tre mesi ; il secondo per un sei mesi, e al terzo
venne affatto menq, Il donnone, benché grosso, benché
corpulento, benché muscoloso, era, in fondo in fondo
un animale eminentemente placido. Meglio così I Dìo
volesse che fossero tali tutti i donnonl di questo
mondo.'
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