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Anno 119 - n. 40
14 ottobre 1983
L. 500
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
In caso di mancato recapilo rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pellice.
Sig. FEUJoaim Elio
Vìa Calati
10066 TORBE PELLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
A PROPOSITO DELL'INTERVENTO DI GIOVANNI PAOLO II SULLA CONTRACCEZIONE
A pochi mesi dal viaggio trionfale di papa Wojtyla in Polonia,
il cui esito politico sembrava essere stato l’emarginazione definitiva di Lech Walesa dalla scena politica polacca, l’assegnazione del premio Nobel al leader di
Solidarnosc riapre la questione
polacca nei suoi termini reali ancorché drammatici: al di là della
sua stessa persona, Lech Walesa
continua ad incarnare le aspirazioni di milioni di operai e cittadini polacchi, di fronte ad un
potere rigido, chiuso nella sua
staticità e succube del volere di
Mosca.
Non sorprende che la notizia
sia stata accolta con entusiasmo
in Occidente e con gelida irritazione dal blocco orientale. E’ che
l’azione di Lech Walesa è stata,
fin dall’inizio dei grandi scioperi
dell’estate ’80, caricata di significati che vanno al di là dei fatti:
servo deH’imperialismo USA per
gli uni (URSS), araldo delle libertà occidentali per gli altri
(USA), interprete della dottrina
sociale della Chiesa cattolica e
dello spirito nazionalistico polacco (Wojtyla e gerarchia della
Chiesa polacca), Walesa è stato
indubbiamente strumentalizzato
da ogni parte. E l’assegnazione
del premio Nobel, al di là forse
delle intenzioni degli Accademici di Stoccolma, suona anch’essa
come una strumentalizzazione
anti-sovietica, come un nuovo anello della già lunga catena della nuova guerra fredda tra le due
superpotenze.
Ma ciò non toglie nulla al valore che il Nobel rappresenta per
la lotta della classe operaia polacca. Lo ha detto giustamente
10 stesso Walesa, apprendendo la
notizia: questo premio sancisce
11 riconoscimento delle idee e delle lotte di Solidarnosc, sindacato indipendente di 10 milioni di
lavoratori polacchi. In un momento in cui sembrava prevalere
la « real politik » dei potenti (Jaruzelski, Wojtyla, Andropov), il
Nobel ha comunque l’effetto di
riproporre per intero la sfida
che di per sé rappresenta resistenza di Solidarnosc, sfida che
va al di là della persona di Walesa. Ma Walesa è stato e rimane il simbolo di questa sfida, e
le reazioni diametralmente opposte alla notizia del Nobel non
fanno che confermare il senso
vero della realtà di Solidarnosc
per la società polacca di oggi, e
forse per tutte le società dei paesi dell’Est domani.
Solidarnosc infatti ha già vinto la sua battaglia nell’estate ’80,
anche se probabilmente occorreranno anni prima che questa vittoria si manifesti pienamente.
Prima o poi Jaruzelski (o chi
per esso) sarà costretto a prendere atto della logica della storia del suo paese, perché è una
logica che vive nel cuore del popolo polacco e di fronte alla quale la repressione e la ragion di
stato sono impotenti.
La tattica walesiana della sfld^dialogo, a cui il Nobel conferisce risonanza e valore mondiali, ha in sé la forza della verità.
E la verità — ne siamo certi, noi
credenti — non può essere soffocata.
Jean-Jacques Peyroncl
Il papa sulla via degli antichi eretici
In ogni tempo c’è chi ha sostenuto che in vista del regno il cristiano deve essere ascetico - Il
papa sembra non ricordare che questa strada è stata sbarrata dal Nuovo Testamento stesso
Nella sua recente allocuzione sulla « procreazione responsabile »
Giovanni Paolo II ha affermato che all’origine di ogni persona umana vi è un atto creativo di Dio per cui la capacità procreativa umana è una cooperazione con la potenza creativa di Dio. Una decisione in merito alla venuta all’esistenza di una persona umana, nel senso di limitarla, significa quindi non essere più cooperatori del potere creativo di Dio ma attribuirsi il ruolo di depositari ultimi della
sorgente della vita. In questa prospettiva, ha proseguito papa Wojtyla, « la contracceziore è così profondamente illecita da non poter
mai, per nessuna ragione, essere giustificata. Pensare o dire il contrario, equivale a ritenere che nella vita umana si possano dare situazioni nelle quali sia lecito non riconoscere Dio come Dio ».
Su questa presa di posizione di Giovanni Paolo II abbiamo intervistato Sergio Rostagno, professore di teologia sistematica alla
Facoltà valdese di teologia.
— Cosa pensi dell’ultima rinnovata chiusura del papa a proposito della pillola?
—■ Si tratta dell’opinione di
una persona e come tale la rispetto, dal momento che qualsiasi persona ha il diritto di esprimere liberamente le sue opinioni.
In più il papa è un dirigente ecclesiastico e svolge il suo ministero così come lo intende. In
particolare mi sembra rilevante
il fatto che — lo si vede anche
in questa ultima dichiarazione —
egli cerchi delle motivazioni di
fondo per i comportamenti della
gente tentando di indirizzare uomini e donne ai fondamenti della loro vita, di richiamarli sempre a cose fondamentali e molto
serie. Mi sembra che in questo
debba essere ancor più rispettato
perché mi pare giusto ricercare
queste motivazioni e farlo in un
tempo in cui tanti non lo fanno
e ricevono un po’ ciecamente,
consumisticamente, tutto quello
che il mondo produce.
— Allora ti va bene quello che
dice il papa?
— Assolutamente no! Ho detto
che rispetto la sua opinione e
apprezzo la sua preoccupazione,
ma questo non vuol certo dire
che io ne condivida il contenuto.
E del resto qui sta il primo punto. Se, come abbiamo detto, il
papa ha il diritto di esprimersi
come chiunque e di interpretare
il suo magistero come meglio ritiene, gli altri hanno il diritto —
se sono cattolici hanno anche il
dovere — di discutere le sue affermazioni, di contestarle se non
piacciono e di contrapporne altre in tal caso. Di questo diritto
mi sembra che alcuni cattolici
abbiano fatto uso in Italia commentando sui giornali anche criticamente il discorso del papa.
Bisogna invece notare che i vescovi — che dovrebbero essere
secondo me i primi a dare l’e
PER L’INAUGURAZIONE DEL CENTRO G.L. PASCALE A GUARDIA
Una casa che non hai edificata
E quando l’Eterno, l’Iddio tuo, t’avrà fatto entrare nel paese che
giurò ai tuoi padri, Abrahamo, Isacco e Giacobbe, di darti; quando
t’avrà menato aRe grandi e buone città che tu non hai edificate, alle case piene d’ogni bene che tu non hai riempite, alle cisterne scavate che tu non hai scavate, alle vigne e uliveti che tu non hai piantati, e quando mungerai e sarai sazio, guardati dal dimenticare
l’Eterno che ti ha tratto dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù.
(Deuteronomio 6: 10-12)
Ci sono modi diversi di fare la
storia, cioè di descrivere i fatti
che avvengono. Ne facciamo tutti i giorni l’esperienza. Sappiamo tutti, ad esempio, sotto quali
angolature diverse sia stata descritta e valutata la tragedia del
Jumbo coreano abbattuto dai
missili URSS all'inizio di settembre. Ascoltiamo tutti, ad esempio,
non solo con angoscia ma anche
con confusione quanto accade
nel Libano, tanto è difficile raccapezzarci nell’intrico di accuse,
di ritorsioni, di comunicati e di
prese di posizione contrastanti.
Così è anche della storia con
la s minuscola, della nostra piccola storia personale.
Chi di noi racconta o valuta un
fatto senza essere se stesso, con
le proprie scelte, con le proprie
opinioni, con i propri condizionamenti, con gli ideali da cui si
lascia guidare?
Non è il caso di gridare allo
scandalo, di fare del moralismo
e di dire che la verità non esiste
o viene travisata.
E’ molto piu importante e costruttivo chiedersi perché un fatto venga narrato in un modo e
non in un altro. Oggi cerchiamo
di capire in quale modo uno
scrittore biblico, l’autore del Deuteronomio, racconta un fatto, e
perché lo racconta così. Il fatto
è questo.
Una banda di schiavi riesce a
fuggire dall’Egitto, cioè dal paese in cui è stata lungamente
sfruttata come manodopera a infimo costo per lavori pesanti.
Sfugge agli inseguitori. Vaga per
molti anni in un deserto, sopravvivendo in maniera fortunosa.
Raggiunge Canaan, la invade, la
conquista, vi si stanzia. Gli indigeni sono o distrutti o assimilati.
Gli ex schiavi diventano un popolo, con un re, con un esercito,
con un apparato civile e religioso
di tutto rispetto, raggiungono sicurezza e splendore. Poi inizia la
parabola discendente. Si profila
il declino.
Nel mezzo di questa parabola
discendente, l’autore del nostro
racconto, un predicatore che utilizza bene non solo il, linguaggip
religioso ma anche quello giuridico, scrive la storia del fatto
che ho appena riassunto.
Che cosa ci sarebbe di meglio
che scrivere una storia in toni
trionfalistici, ricordando degnamente gli eroi, sottolineando la
difficoltà delle conquiste, mitizzando personaggi a scopo propagandistico e per tener su il
morale della gente?
Il nostro autore non lo fa.
Egli parla della conquista del
paese nei termini che abbiamo
udito: Israele è venuto in possesso di grandi città che non ave
va edificato, si è insediato in case
piene di ogni bene che non aveva
riempito, si è dissetato da cisterne che non aveva scavate, si è
saziato delle vigne e degli uliveti
che non aveva piantato.
In altre parole, non si è trattato di una conquista. Si è trattato
di un dono. Di più: di una grazia.
E’ la stessa concezione per la
quale in un’altra occasione, parlando in particolare della marcia
nel deserto, non la descrive come
l’epopea avventurosa di pionieri,
ma come un cammino nel quale
Dio ha condotto il suo popolo
per metterlo alla prova; nel quale lo ha nutrito di manna per insegnargli che non si vive solo di
pane; un cammino di quarant’anni in cui il vestito non si è logorato e il piede non si è gonfiato
(8: 2-4). Ancora una volta, ciò
che viene sottolineato è l’iniziativa e la grazia di Dio.
* * fc
Gettiamo ora uno sguardo sulla nostra storia.
Non è stato forse un cammino
di grazia, con tutte le debolezze
e le infedeltà che non dobbiamo
dimenticare, il nostro camminò
di valdesi attraverso il deserto
della derisione, quando non della
persecuzione, della solitudine,
quando non dell’isolamento?
Non è stato un dono di grazia
il potere, dopo otto secoli e più
di una storia sofferta e meravigliosa, ritrovarci insieme in una
giornata come questa?
Veramente, la forza della Chiesa non sta nella sua capacità di
sapersi impiantare in questo
mondo e strutturarsi solidamenSalvatore Ricciardi
(continua a pag. 2)
sempio di questo diritto di critica e di discussione pubblica —
non fanno uso di questo diritto.
Non solo non ne fanno uso, ma
sono quasi obbligati a difendere
le affermazioni del papa. Può
sembrare che il mio sia im discorso ingenuo o provocatorio,
ma è invece un discorso da fare:
la libera discussione dovrebbe
essere una cosa naturale per una
chiesa che si appella — come fa
spesso il papa — alla natura dell’uomo, alle cose naturali. Il rapporto papa-vescovi-chiesa è invece un rapporto di parole e di
ascolto a senso unico e questa
è chiaramente la prima ragione
per cui è inaccettabile questo sistema che è appunto del tutto
innaturale.
E allora che cosa diciamo
nel merito?
— Mi sembra che il papa abbia fatto un errore teologico ponendosi un po’ sullo stesso piano di certi estremisti — presenti anche tra i cristiani — che rifiutano determinate tecniche mediche dicendo che il cristiano si
basa solo su quello che è naturale, secondo natura. Questa via
è già stata battuta all’inizio del
cristianesimo da alcuni movimenti marginali del cristianesimo i quali pensavano che in vista del regno dei cieli il cristiano dovesse essere ascetico o nel
senso di evitare certe contaminazioni, tralasciare certi cibi, certi
atteggiamenti, o nel senso di assumere in positivo altri determinati atteggiamenti. Ma il N. T.
ha già incontrato questo tipo di
atteggiamento e lo ha escluso, lo
ha liquidato. Pensiamo a passi
in cui gli evangeli dichiarano che
Gesù dicendo una tale cosa mette tutti i cibi sullo stesso piano
(Marco 7: 1-23), ai racconti degli
Atti come la conversione di Cornelio (Atti 10), a tutta la polemica di Paolo nella lettera ai Galati. Tutta questa discussione insomma è già avvenuta nel campo del cristianesimo e mi stupisce che il papa in fondo non si
renda conto che sta andando in
una strada che il N.T. ha già
sbarrata.
La seconda cosa da dire è che
il papa si richiama alla creazione
invece che alla redenzione. Questo mi stupisce vieppiù perché
questo, secondo il papa, è l’anno
della redenzione. Da una parte
egli proclama un anno di redenzione e dall’altra su una questione come quella di cui ci stiamo
occupando, non si ricorda della
redenzione e fa un appello molto forte all’ordine della creazione. Il richiamo alla natura e alla cresizione è un riferimento a
qualcosa che in fondo è dietro
di noi, è uno sguardo gettato all’indietro, ha per noi un gusto
archeologico, un suono molto astratto, privo per noi di ogni
concretezza. E invece l’ordine
della redenzione! Questo sì, ha
concretezza per noi: nella redenzione ci siamo dentro, nella redenzione siamo nelToggi orienIntervista a cura di
branco Giampiccoli
(continua a pag. 8)
2
2 fede e cultura
14 ottobre 1983
DIBATTITO SULLA PACE
Dov’è di casa il demonio
Il polemico articolo di Giorgio Spini pubblicato sul n. 37
del 23.9.'83 (« Per quale pace? ») non ha mancato di suscitare
reazioni. Due interventi sono pubblicati in questo numero e
uno attende già il prossimo.
Caro Spini,
leggendo il tuo articolo ospitato
su « La Luce » (n. 37 del 23.9), ne
ricevo un’impressione un po’
sconcertante, soprattutto se penso che l’analisi è fatta da uno
storico... Non intendo polemizzare con te su valutazioni che
hai pieno diritto di trasmettere
ai lettori, anche se penso che
avresti fatto meglio a specificare
con chi te la prendi: è un po’
fumoso limitarsi a dire: «certi
resoconti sulla ’’Luce" e certi interventi al Sinodo », non ti pare?
Poiché la questione è grossa e le
prospettive non sempre chiare,
varrebbe la pena cercare di essere più precisi. Voglio comimque limitare le mie perplessità
sul taglio del tuo intervento ad
alcuni punti.
1) A tuo dire l’impegno per
la pace degli evangelici italiani
non ha saputo creare un consenso significativo e questa tua valutazione la deduci guardando a
quanto è avvenuto in alcuni grossi paesi esteri (USA, Gran Bretagna, Germania fed.). Mi stupisce
im po’ che tu non faccia alcun accenno alla diversa cassa di risonanza che può avere la voce di
poche migliaia di evangelici italici rispetto alle voci di milioni
di persone impegnate in questa
battaglia prima di noi e, giusta
osservazione, con una tradizione
pacifista di limga data. Dire questo alle nostre chiese che certo
non hanno investito tutte le loro
forze nella battaglia per la pace e
la giustizia nel nostro paese, ma
che comtmque hanno trovato su
questo terreno il più grosso mo
tivo di impegno e di testimonianza {questo dicono i resoconti de
« La Luce »), significa perlomeno
penalizzarle. Dall’insieme del tuo
articolo però sembra quasi che
tu le rimproveri di aver fatto
troppo o di essersi incamminate
su una strada sbagliata. Forzatura delle tue parole? E’ possibile;
questa resta però l’impressione
forte che io ne ricavo.
No all’apologià
2) La tua apologia degli USA
non mi sorprende troppo ma un
po’ sì (soprattutto se penso ad
un tuo bel sermone pronunciato
diversi anni or sono in Sinodo
sull’Apocalisse, sulla bestia...). Io
vorrei veramente che tu citassi
qualche testo, qualche intervento sinodale, in cui è detto che il
demonio è di casa negli USA e
soltanto lì. Vorrei che tu citassi
testi e discorsi in cui degli evangelici italiani hanno sostenuto
che i missili americani di Comiso
sono per la guerra e Quelli sovietici sono invece per la pace e
quindi lodevoli. Caro Spini, non
cambiamo le carte in tavola, perché questo è il senso delle tue parole. Gli evangelici italiani hanno
sicuramente molte cose da imparare, non credo però che si siano
posti l’obiettivo del discernimento tra missili buoni e missili cattivi. I tempi della guerra del
Vietnam sono passati, la storia è
andata avanti, e con essa anche
il nostro giudizio critico. Per questo, da anni ormai, parliamo
apertamente e senza difficoltà di
imperialismo sovietico come di
imperialismo americano, e sai
Casa non edificata
(segue da pag. 1)
te, ma nella grazia di Dio che
sa fare cose buone per i suoi figliuoli.
Ed oggi siamo aui. Ad inaugurare un centro di cultura, un museo storico, a memoria delle vicende nostre e di questo paese.
Siamo qui per ricordare, oggi e
anche domani, un passato fatto
di debolezza e di sofferenza, ma
anche di speranza e di lotta, di
fedeltà e di martirio, di predicazione e di sangue.
Che ci sarebbe di meglio se
non richiamare alla nostra memoria (e non solo alla nostra)
tutte queste cose e sentircene orgogliosi e soddisfatti? chi ce lo
vorrebbe impedire?
Ma nell’ottica in cui vogliamo
leggere oggi la nostra storia, questa giornata e questo centro —
con tutta la fatica e la passione
e la tensione che vi abbiamo
messo nel realizzarlo — sono
« una casa che non abbiamo edificato, una vigna che non abbiamo piantato...». Sono un dono
della grazia di Dio. Niente di più,
e neanche niente di meno.
Se così noi lo riceviamo, come
un segno di grazia e una promessa di vita, allora stiamo attenti, perché ne deriva una responsabilità: «guardati dal dimenticare l’Eterno che ti ha tratto dal paese d’Egitto» (v. 12);
non dimenticare, cioè, il Signore
che ti ha fatto grazia e ti ha condotto fino a questo punto.
Che cosa vuol dire « non dimenticarsi », anzi meglio, « ricordarsi » di Dio? Vuol dire un’infinità di cose che non possono es
sere abbracciate tutte neppure
teoricamente.
Vorrei perciò solo tentare di
indicare, per concludere, tre possibili vie per ricordarci di Dio.
1) Usare questa casa che Dio
ci dà non per affermare noi stessi sugli altri e contro gli altri,
ma per cercare di vivere con
gli altri.
Ci sono da abbattere muri (per
fortuna non eccessivamente spessi) di ignoranza, di sospetto, di
diffidenza. Ci sono non dico speranza ma attese e curiosità che
la nostra presenza qui suscita. I
muri saranno abbattuti e le attese saranno soddisfatte nella misura in cui sapremo essere disponibili e fraterni, senza condiscendenze paternalistiche, senza
gloriuzze di rivalsa, ma con la
consapevolezza sobria che tutto
abbiamo ricevuto da Dio per
metterlo al servizio degli altri.
2) Essere, nei modi opportuni, testimoni — non propagandisti — di quel Cristo che è stato
crocifisso non solo per noi ma
per tutti gli uomini; di quel Gesù
Cristo che era scandalo e pazzia
ai tempi di Paolo e che in questo
mondo maturo e scettico, indipendente e disperato, diventa sempre più un personaggio dai contorni sfumati e dal significato incerto.
3) Non fare programmi troppo stretti. Non fissare scadenze.
Non tentare Dio imponendogli i
nostri ritmi e le nostre velleità.
Siamo stati, da sempre, nelle
mani di Dio. Egli non ci ha mai
delusi. Ci ha condotti An qui.
Siamo nelle sue mani anche per
il tempo a venire. Egli saprà
come utilizzarci per la sua gloria.
Salvatore Ricciardi
benissimo che i nostri giudizi
sulla politica dell’Unione sovietica non sono di natura diversa
rispetto . ai nostri giudizi sulla
politica americana, in fatto di
imperialismo e di potere. Se proprio si vuole parlare di demonio
allora diciamo che è di casa nell’uno come nell’altro blocco ed
esorcizzarlo non è compito facile.
Tu mi dirai che questo demonio
è anche dentro di noi e dentro i
movimenti pacifisti, certamente.
Ma allora allarghiamo la prospettiva ed usciamo dai confini
di un discorso apologetico.
La tua apologia degli USA è
quindi fuori luogo e mi rammarico che tu entri nella prospettiva deWapologia mentre invece
dovremmo precisare la nostra
denuncia verso la folle politica
delle grandi potenze. Non è per
caso la tua appartenenza politica
al PSI che ti orienta su questa
strada? Non è certo un male, ma
il riconoscerlo può forse aiutare
a capire meglio il luogo di guardatura politica da cui ti situi. Lo
so anch’io che oggi è quanto mai
difficile difendere le posizioni
(iella politica PSI e del suo segretario-presidente del Consiglio...
3) Infine, ciò che tu denunci
nella tua analisi, cioè la dipendenza leninista dell’ attuale discorso sulla pace, non regge alla
realtà dei fatti. Per certi versi
può forse ancora funzionare per
la generazione del ’68, per la generazione dei tuoi figli (in senso
ampio), ma non funziona più per
la generazione dei tuoi nipoti ed
è questo,caro Spini, il corpo del
movimento per la pace. Tu parli
ai tuoi figli, rimproveri i tuoi figli e non ti accorgi che in realtà
le tue parole sono rivolte ai tuoi
nipoti, alla generazione dei diciottenni e dei ventenni, una generazione che dell’ideologia leninista che tu denunci non sa che
farsene, non l’ha mai letto e rivendica altri interessi di lettura!
Se così è, qual è allora l’obiettivo, la prospettiva del tuo intervento? Che cosa suggerisci alle nostre chiese che intendono
portare avanti il loro impegno
per la pace e la giustizia, che
sono contrarie all’installazione
dei missili a Comiso?
Credi che abbia senso e sia
sufficiente proporre un dibattito
teorico per chiarire il rapporto
tra leninismo e impegno per la
pace a uomini e donne che vivono anche drammaticamente questa realtà che vedono e che toccano con mano ogni giorno?
Io credo che le indicazioni del
nostro Sinodo, certamente discutibili come ogni discorso umano, abbiano comunque indicato
un cammino che va probabilmente in direzione diversa dalla'tua,
ma che resta ancorato alla concretezza. Gli interrogativi restano (e quando mai c’è un impegno, una battaglia senza interrogativi?). Affrontiamoli, però senza andare a caccia di farfalle
quando gli elefanti ci pestano i
piedi!
Ermanno Genre
Tempo
sprecato
Ci voleva la finezza toscana del
Prof. Spini per dire pane al pane
circa la mancanza di entusiasmo
di molti Evangelici italiani nei riguardi dei movimenti per la pace. Sono anni che esortiamo la
Chiesa a non perdere il suo sale,
perché essa deve avere una parola per tutti gli uomini (peccatori) e per tutte le nazioni che è
al di là delle contese storiche. I
tempi sono troppo pericolosi perché sprechiamo altro tempo!
Peggy Bertolino
VERSO IL FUTURO
Caro Direttore,
A proposito di un mio articoio su « La
tragedia paiestinese » (La Luce, 8 iuglio) una ietterà dei prof. Giorgio Pochât (La Luce, 9 settembre) contiene
un duro attacco nei miei confronti, articolato in una serie di accuse alle quali tento di rispondere schematicamente.
1) Le mie « distorsioni propagandistiche » e le mie « vere e proprie falsificazioni » non sono specificate nella
lettera di Rochat, per cui non sono in
grado di rispondere.
2) « non sono mai citati gli Stati Uniti (invece l'URSS gioca il consueto ruolo di cattivo) »: nel mio brevissimo
excursus storico non ho citato nessuna delle grandi potenze; mi sono occupato unicamente delle successive posizioni dei vari movimenti nazionali palestinesi predominanti, rispetto a Israele; l'URSS viene citata per i legami particolari che l'uniscono attualmente alla
Siria (e che l'univano all'OLP) in relazione coll'avvenimento dal quale il mio
articolo traeva lo spunto: la cacciata di
Arafat da Damasco. Non ho preconcetti
dogmatici circa il carattere morale dei
ruoli assunti di volta in volta dalle
grandi potenze.
3) « Israele ha una parte sempre e
soltanto positiva (salvo una blanda critica ai massacri libanesi del ministro Sharon) »: impossibile desumere
dal mio articolo la prima affermazione.
Pur non occupandomi direttamente della
politica israeliana non ho evitato di
sottolineare la corresponsabilità di quest’ultimo (insieme con la Siria) sia
nell’intervento in Libano sia nell'eventuale progetto di spartizione di questo
paese. Circa la mia « blanda critica »
essa è blanda soltanto nella misura in
cui i massacri di Sabra e Chatila non
sono direttamente attribuibili al Ministro Sharon, come sembra affermare
Rochat, ma bensì ai falangisti libanesi; il ministro Sharon è colpevole di
« avere ignorato il pericolo di atti di
vendetta e di stragi che avrebbero potuto essere perpetrati dai Falangisti
contro la popolazione dei campi profughi... », secondo le parole della commissione d'inchiesta Kahane. Tutti gli
ebrei che hanno protestato contro tale
leggerezza sono stati poi profondamente feriti nel vedere in che modo la loro indignazione veniva sfruttata nel
tentativo di accrescere una colpa di
alcuni capi, secondo una dinamica che
l'accusa di « deicidio » ci ha purtroppo
insegnato a conoscere.
4) « Israele ed i suoi alleati hanno
sempre ragione e gli arabi ed i loro
alleati hanno sempre torto »: non l'ho
mai detto.
5) « Come è possibile fare un unico fascio di tutti gli arabi... tutti accomunati nei disprezzo, proprio in
quanto arabi? ». Questa è l’accusa più
grave nei miei confronti. E’ un'accusa
di razzismo. E se fosse vera essa giustificherebbe il mio allontanamento
dalla Chiesa Valdese. Ma su che cosa
si basa? Su niente. Tutt'al più su un
falso sillogismo di questo genere: Boccara attacca l’OLP, quelli deil'OLP sono arabi, quindi Boccara disprezza tutti gli Arabi,
Nella conclusione del mio articolo
sottolineavo che « chi paga sono le
popolazioni palestinesi vittime della politica velleitaria dei loro capi », esprimendo contemporaneamente la mia pietà per la povera gente che soffre ed
un duro giudizio per coloro ohe la guidano da 60 anni.
Certo ad alcuni dispiacerà vedere
nella polvere l’ultimo idolo del '68 che
godesse ancora di una certa popolarità: l'OLP di Arafat. Ma non è forse
più saggio guardare verso il futuro incoraggiando soltanto presso ognuna delle parti in conflitto i veri facitori di
pace? Che non si chiamano né Begin,
né Arafat. Elia Boccara, Milano
VIVERE CRISTO
A proposito dell’articolo « Capire la
risurrezione» (n. 35 del 9.9.’83) un
lettore interviene:
I pensieri esposti nella suddetta pagina sono un chiaro segno della confusione degli spiriti nel nostro tempo,
ma in realtà non sono altro che il ritorno delle antiche eresie quali la gnosi e le varie idee intorno alla risurrezione. Alla base della nostra fede, in
assenza di una personale esperienza
di Dio, c'è la confessione di fede dei
credenti del 1" secolo:
« Cristo è veramente risuscitato » da
cui è nata poi l'afferfnazione: «Cristo
è il Signore (= Adonai) ». Ne segue la
consapevolezza dèlia condizione di peccato da cui nessuno è esente, né uomo né donna. Infine viene la necessità
per la comunità dei credenti di vigilare
affinché la « sana dottrina » venga conservata nella sua interezza. Mi sembra
che al campo di Tramonti si sia fatta
un poco di confusione trasferendo nel
concetto di risurrezione quello che invece è specifico del concetto di .« metanoia », la latina « penitenza », la conversione, in parole di oggi... concetto
evidentemente in disuso, visto che
presuppone il concetto di peccato e
quello dell'etica cristiana. Affermare
che più importante della risurrezione
è essere discepoli di Cristo perché
« mettere in pratica la predicazione di
Gesù è "Risurrezione” » significa prendere l'affermazione di Paolo: « se Cristo non è risorto, vana è la nostra fede », come pretesto per esporre le
proprie idee, e accusare di idolatria
coloro che credono il « fatto » della risurrezione, significa non tener conto
ohe è proprio su questo fatto che avviene la trasformazione della vita dei
primi credenti (I Cor. 15: 1-9; Il Cor.
5: 14-20), trasformazione che non è
semplicemente vivere una vita totalmente aperta ma un « vivere Cristo »
ben delimitato, A Tramonti si è dimostrato ohe non basta « parlare su Dio »
per fare della buona teologia.
Ugo Tomassone, S. Marzano
LA STAMPA E NOI
Caro Direttore,
non ho potuto quest’anno partecipare
al Sinodo come delegato, ma ne ho seguito la maggior parte dalia galleria, il
che mi permette di intervenire sulla
questione del trattamento riservato
dalla stampa al Sinodo, di cui al n.
del 2 settembre della ■■ Luce ». E intervenire con quel tanto di maggior distacco derivante proprio dal fatto che
al Sinodo ho partecipato solo da testimone.
Mi pare che la lamentela di alcuni delegati (a parte la segnalazione di notizie date in anticipo sulle decisioni sinodali, dovuta forse più a problemi
tecnici che a prevaricazioni dell'Ufficio
Stampa, come dimostra il fatto che le
anticipazioni non sono state in genere
falsificazioni) non abbia un gran fondamento. In realtà la stampa di informazione, e ancor più quella di partito,
non può vedere il Sinodo altro che come un fatto che interessa la collettività
non tanto per i suoi valori teologici o
«religiosi», quanto per la incidenza
che le sue decisioni possono avere in
generale sulla vita del paese.
E ciò tanto più quando il Sinodo
impiega la quasi totalità dei suoi lavori
per dibattere i modi di una maggior
presenza delle Chiese nella vita politico-sociale. L'approvazione delle Intese
è ormai un fatto politico, per i suoi evidenti riflessi sulla revisione concordataria; il rilancio meridionalistico lo è
altrettanto, quando viene presentato
come democratizzazione di iniziative, in
larga parte esistenti, per meglio combattere mafia e camorra. Il problema
della pace è totalmente politico, soprattutto quando nella lettera al Presidente del Consiglio non ci si limita a
confermare, al modo di Vancouver, il
rifiuto totale di ogni armamento atomico, ma si suggeriscono anche vie
politiche da seguire nel frattempo per
ottenere migliori risultati dalla Conferenza di Ginevra.
Solo in parte della stampa cattolica
è stato possibile vedere una migliore
comprensione (più a Vancouver che a
Torre Pellice) di quanto di teologico e
biblico c'è dietro le prese di posizione
politiche. Sarebbe difficile chiederlo alla stampa di informazione o a quella di
partito, quando si è sentito definire alla tribuna come « retorica » il richiamo
alla predicazione del Vangelo.
Noi abbiamo bisogno che la stampa
parli di noi; spetta solo a noi dare ai
nostri lavori quel taglio che ne metta
in evidenza non solo le conclusioni politiche, ma la teologia e il rispetto dell'Evangelo che ne sono, o dovrebbero
essere, all'origine.
Molto cordialmente
Niso De Michelis, Milano
3
14 ottobre 1983
fede e cultura 3
PROFILO DEL RIFORMATORE
Dall'angoscia alla pace
Lutero si è trovato alle prese col problema dell’interpretazione del
testo. Come risolverlo? - Un esempio tratto dalla lettera ai Romani
Lutero è sempre stato lettore e
interprete della Bibbia, fln da
prima di iniziare la Riforma,
quando era ancora un monaco
agostiniano cattolico.
Appunto in quanto monaco, e
per ordine dei superiori, era diventato dottore di scienze bibliche ed era stato chiamato all’università di Wittenberg proprio
in quanto professore di Sacra
Scrittura.
Lutero, professore, si trova alle prese con un problema di interpretazione del testo sacro.
E’ interessante, credo, fermarcisi un momento.
Nella lettera dell’apostolo Paolo ai Romani è detto che « nell’Evangelo si rivela la giustizia
di Dio ». Questa frase, a Lutero
sembra incomprensibile, contraddittoria. Evangelo vuol dire buona notizia, giustizia di Dio vuol
dire che Dio punisce i peccatori;
io sono peccatore e Dio mi punisce... che buona notizia è mai
questa? La frase non funziona,
c’è contraddizione. L’apostolo
Paolo non poteva voler dire una
cosa senza senso; ma allora, che
cosa voleva dire?
E’ appunto riflettendo intorno
a questa frase, a questo concetto di giustizia che Lutero si rende conto che la giustizia non è
solo la punizione, ma anche la
grazia. Quando il magistrato concede una amnistia, quando il sovrano o il presidente di uno stato fanno la grazia a un condannato che cos’è: un atto di ingiustizia? o è un’altra forma di praticare la giustizia? E così pure
Dio è giusto non solo quando punisce, ma anche e specialmente
quando fa grazia, quando perdona.
E questa sì è buona notizia,
onesto è Evangelo, è un buon annunzio. Ora sì la frase dell’apostolo Paolo ha un senso.
Al tempo di Lutero, Dio e Gesù erano visti essenzialmente come giudici implacabili, con una
spada che gli esce da un orecchio, o dalla bocca, come nelle
immagini dell’epoca; giudici tremendi, pronti a schiacciare il
peccatore e che occorre placare,
ammansire...
Se invece di essere visto sotto
questa luce punitiva, come nel
cattolicesimo popolare del Medioevo, Dio vien visto come colui che perdona e fa grazia, anche l’atteggiamento verso di lui
cambia: non più lo spavento, ma
la riconoscenza; non più l’angoscia per il castigo che sta per
cascarti addosso e che bisogna
in qualche modo evitare, ma la
gioia per un perdono già ricevuto.
Questo cambiamento ne trascina altri con sé: a ben rifletterci,
la differenza tra la morale protestante e quella cattolica, come
pure le differenze organizzative
tra le due chiese si possono far
risalire in larga misura alla diversa visione di Dio, della sua
giustizia, dell’atteggiamento da
avere dinanzi a lui.
Ora, tutto ciò in Lutero non
nasce da speculazioni cerebrali,
ma nasce dalla lettura attenta e
coscienziosa della Sacra Scrittura.
Ma se Lutero era professore,
era pure uomo di chiesa, predicatore, pastore di anime... e una
reinterpretazione del testo biblico che ti fa passare dall’angoscia alla pace e tocca da vicino i
tuoi rapporti con Dio non poteva lasciarla rinchiusa nei testi
eruditi. Occorre che tutti sappiano queste cose. Occorre che tutti
possano ascoltare queste verità
dalla Sacra Scrittura letta nella
loro lingua... e non neH’incomprensibile latino di chiesa medioevale.
Questo è il motivo che spinge
Lutero, durante il suo forzato
isolamento nel castello di Wartburg nel 1521 e 22, a tradurre il
Nuovo Testamento dal greco in
tedesco. Allora, in realtà, esisteva una serie di dialetti tedeschi,
piuttosto che una lingua tedesca, e Lutero deve quasi crearsi
una lingua, che sia abbastanza
solenne per parlare delle cose di
Dio senza le sciatterie del dialetto, e abbastanza popolare perché la contadina e il garzone la
possano sentire come la lingua
propria, e non una lingua estranea, perché è per loro che Dio
parla.
ROMA 21-22 OTTOBRE 1983
Giornata nazionale
per la pace
Programma delle manifestazioni;
Venerdì 21 ottobre - Piazza Cavour
Ore 17: Inizio della manifestazione - Apertura degli stands Mostre, Proiezione audiovisivi, Gastronomia.
Ore 18-21: Messaggi delle comunità evangeliche - Cori e
canti.
Sabato 22 ottobre - Piazza Cavour
Ore 9.— : Apertura degli stands.
Ore 9.30: Benvenuto alle delegazioni delle chiese.
Ore 10.— : Messaggio a cura della Commissione.
Ore 10.30; Discussione in forum sui seguenti temi;
Bibbia e pace
Educazione alla pace
Comiso
Obiezione di coscienza
Un’apposita équipe si occuperà della animazione dei
bambini.
Ore 12.30: Pranzo.
Ore 14.— : Ci si unirà alla manifestazione nazionale.
La Commissione per la pace e il disarmo invita tutti gli
evangelici ad intervenire alle manifestazioni del 21 e 22. Specifica tuttavia che la giornata del 21 è pensata soprattutto
per le comunità evangeliche di Roma e del Lazio. Presenze
da altre regioni sono quanto mai gradite. In tal caso però è
opportuno prendere contatto con la Sig.ra Lidia Luci (tei.
06/6796817) per accordi circa 11 pernottamento.
Oggi, dopo cinque secoli, non
solo il protestantesimo, ma la
cristianità tutta intera sente il
bisogno di tornare alla Sacra
Scrittura e di nutrire la sua fede
non di leggende medioevali, ma
delle parole stesse di Gesù e degli Apostoli.
E qui veniamo a un altro aspetto della personalità di Lutero, del tutto inaspettato. Egli, abbiamo visto, attribuiva la massima importanza alla Bibbia, eppure era capace di trattarla con
grande libertà.
E’ noto che ad un certo punto
sarebbe stato persino disposto
ad eliminare certe parti della
Scrittura, e specialmente la lettera di Giacomo che egli chiamava 1’« epistola di paglia ». Può parere un atteggiamento contraddittorio: come mai questo Lutero che fonda la fede sulla
Scrittura è poi disposto ad amputarla così?
In realtà non c’è contraddizione, al contrario: al centro della
Bibbia, per Lutero, c’è Gesù Cristo e la sua grazia; e tutte quelle pagine della Scrittura che non
vi si riferiscono direttamente sono marginali e potrebbero addirittura essere lasciate cadere.
Fortunatamente, dobbiamo dire, la Riforma non è giunta ad
eliminare nessuna parte della Sacra Scrittura, e questa continua
così a rimanere un essenziale elemento di unità fra tutti i cristiani.
Ma l’atteggiamento protestante
tipico rimane sostanzialmente
quello di Lutero: al centro della Scrittura c’è Gesù Cristo e
tutte le pagine vanno lette a partire da quel centro.
Ma non tutti i lettori odierni
della Bibbia la leggono così. Alcuni, più letteralisti, sembrano
dire che una pagina vale l’altra,
e che dalle affermazioni centrali
della fede fino alle minute prescrizioni rituali, tutto è ugualmente Parola di Dio e va preso
ugualmente alla lettera. Sono
quelli che vengono chiamati «fondamentalisti ».
Vi è anche un altro modo di
leggere la Scrittura: leggerla come se al suo centro ci fosse la
chiesa: la chiesa con i suoi riti,
le sue tradizioni, i suoi problemi di gerarchia e di autorità, le
sue strutture...
Qui diciamo, no. Il centro della Scrittura — lo rivendichiamo
con Lutero — non è la chiesa,
ma Gesù: Gesù il nazareno, Gesù il falegname, il predicatore, il
condannato di Ponzio Pilato, Gesù che le donne al sepolcro hanno visto risuscitato e che i discepoli hanno proclamato Messia, Cristo, somma e definitiva
rivelazione della misericordia di
Dio.
Questo, e non altro, è il centro
della Sacra Scrittura. E Lutero
ancor oggi ce lo ricorda.
Aldo Comba
Il convento degli agostiniani di Wittenberg, in seguito casa di Lutero — dal recentissimo libro della Claudiana su Lutero (Atkinson,
La parola scatenata).
IN TV LUNEDI’ 31 OTTOBRE
Il Lutero del Gruppo
Teatro Angrogna
Che cosa può offrire, di nuovo, un « Lutero » rivisitato, come si dice oggi, dal Gruppo
Teatro Angrogna?
Apparentemente nulla: la predicazione contro le indulgenze,
Taffìssione delle tesi, la Dieta di
Worms... le stesse tappe, insomma, di ogni biografìa che si rispetti; a volte persino le stesse
frasi, tratte del resto da documenti storici.
Eppure, quanto diverse (ma
altrettanto valide!) le emozioni
suscitate da questo lavoro del
G.T.A. rispetto, per esempio, al
film di Irvin Pichel, proiettato
anche a Torre Pellice in occasione del Sinodo. Diverse sia per
ragioni di forma (recitazione,
ambientazione, costumi) che di
sostanza (insistenza del G.T.A.
su momenti della vicenda personale e storica di Lutero che altri trascurano o minimizzano).
Nessun doppione, dunque, mà
un numero di « Protestantesimo » decisamente inconsueto e,
crediamo, molto interessante.
I testi del lavoro teatrale sono di J. L. Sappé, Giuseppe Platone e Giorgio Tourn. Le riprese sono state effettuate a Staffarda, Pinerolo, Lusema e Pradeltorno. Oltre al G.T.A. hanno
dato la loro collaborazione i
bambini della scuola elementare
di Angrogna e tanti amici di Pinerolo e della Val Pellice. Regia
teatrale di Federico Vallillo e regia televisiva di Sergio Arlotti.
RADIO E TELEVISIONE
Diritto di offesa
La serie di tre conversazioni su Lutero che stiamo pubblicando è stata tenuta alla televisione (e non alla radio
come scritto sul numero scorso) di
lingua italiana della Svizzera.
« ...Oggi la guerra è diventata
un jenomeno tanto comune che
ci si meraviglia che vi sia qualcuno cui essa non piaccia; e la
guerra è tanto pacificamente ammessa che è considerata opinione empia e, vorrei dire, eretica
disapprovare questa cosa che è
la più scellerata e la più miserevole di tutte».
Erasmo da Rotterdam
« Diritto di offesa », l’originale
televisivo con Danny Kaye trasmesso dalla Rai-tv la sera del
23 settembre scorso, meritava di
essere visto e c’è da sperare che
riappaia altre volte sui nostri
schermi.
La storia è semplicissima ed è
ripresa dalla realtà: un gruppetto di neonazisti americani prepara una marcia, con svastiche e
croci uncinate, in una cittadina
degli Stati Uniti in cui vive una
numerosa comunità ebraica, che
conta parecchi scampati ai lager e ai forni crematori.
Dopo una serie di opposizioni
e di processi, la marcia è autorizzata. Tutto qui.
Ma questo telefilm, a differenza
di tanti altri, non porta ad una
conclusione univoca, più o meno
scontata; ti lascia invece di fronte ad una serie di interrogativi
preoccupanti, e proprio per questo è stimolante.
Alla fine, molti dei protagonisti danno la loro versione dei risultati raggiunti, e ognuno di
questi giudizi ci costringe a riflettere.
Non ha forse un po’ di ragione
il neonazista soddisfatto (anche
se alla fine è riuscito a radunare
per la sua marcia solo dodici
persone) perché proprio l’opposizione degli avversari Tha portato alla ribalta della cronaca,
facendo sì che per più di un anno i grandi mezzi di comunicazione si occupassero di lui e delle sue idee?
D’altra parte, come dar torto
alle vittime del nazismo, esasperate dalla sua tracotanza e inorridite, sconvolte, nel veder apparire i simboli della persecuzione
razziale? E Tawocatino ebreo,
che difende la libertà dì parola
anche per i nazisti ed è tacciato
di tradimento dai suoi, ha ragione o torto nel sostenere che le
leggi repressive, coniate per difendere la maggioranza dal delirio di alcuni fanatici, finiscono
sempre col ricadere invece sulle
minoranze deboli ed emarginate?
E come non notare che le grida, gli slogan, i volti della folla
giustamente indignata per la provocazione neonazista somigliano
paurosamente, divise a parte, a
quelli dei loro avversari?
Tutti questi interrogativi ci
toccano anche troppo da vicino:
le leggi antiterrorismo continuano a suscitare discussioni e perplessità, e durante l’ultima campagna elettorale a Pinerolo è stato vietato, per ragioni di ordine
pubblico, un comizio missino.
Molti antifascisti hanno avuto,
come Tawocatino ebreo, forti
dubbi sull’opportunità di una simile iniziativa, o l’hanno recisamente condannata.
Scegliere la strada giusta non
è facile, ma non possiamo fare a
meno di scegliere e film di questo genere ci aiutano a farlo più
lucidamente.
M. G.
4
4 vita delle chiese
14 ottobre 1983
INCONTRO DEI CONCISTORI DEL 1° DISTRETTO
I ministeri deil’anziano e dei diacono
Calendario
sabato 15 ottobre
Un’utile riflessione sul proprio ruolo in un’epoca di profonde trasformazioni social
La Commissione Distrettuale
del 1” Distretto ha organizzato a
Torre Pellice un incontro dei
membri dei Concistori delle
Chiese delle Valli con lo scopo
di avere uno scambio di idee sul
ruolo che anziani e diaconi hanno nelle nostre chiese. La risposta aU’invito della CED è stata
positiva: quasi un centinaio di
persone, circa la metà del numero effettivo di membri di
Concistoro, era presente al dibattito, introdotto da due relazioni di Giorgio TOurn e di Bruno Bellion.
Giorgio Tourn ha dato un’immagine di quello che è stato il
ministero degli anziani nelle
chiese riformate del passato, partendo da un efficace confronto
con la chiesa cattolica, in cui
diacono, anziano e pastore vengono chiamati diacono, presbitero ed episcopo o vescovo. Certo, se la terminologia è slmile,
così non è ner la funzione che
queste persone esercitano in una
0 nell’altra chiesa. Nella chiesa
cattolica è chiara l’impostazione
gerarchica, per cui diacono, presbitero (sacerdote) e vescovo sono su gradini diversi; chi tiene
le redini della conduzione della
chiesa in una certa zona è il vescovo, il prete non è responsabile della linea della sua parrocchia, ma è l’esecutore di ciò che
il vescovo gli permette di fare.
La Riforma ha dichiarato la infondatezza di questa impostazione, ribadendo come i modi di servire i] Signore siano diversi ma
nessuno sia superiore all’altro.
Ecco perché sono sorti i Concistori come riunione di coloro
che hanno diverse responsabilità nella chiesa. Ecco dunque
1 pastori come ministri della Parola, addetti alla predicazione,
e poi gli anziani, ministri addetti all’esercizio della disciplina, e
infine i diaconi, ministri addetti all’assistenza. Nei Concistori
del passato gli anziani avevano
il compito di prendere provvedimenti disciplinari e, dimque,
a loro era affidato l’incarico di
ammettere o no i membri di
chiesa alla comunione, poiché
ad essa si accede solo se si vive
in modo evangelico. Gli anziani
non si occupavano di finanze o
di stabili, erano i diaconi a farlo, ma dei peccati degli uomini,
nel caso in cui fossero evidenti e
scandalosi. Il Concistoro, collegialmente, esercitava poi il controllo disciplinare sugli anziani.
All’inizio dell’anno ecclesiastico
nel quartiere l’anziano accompagnato dal pastore sottoponeva ad esame i membri di chiesa
e sospendeva dalla comunione
chi non si era comportato cristianamente.
La scelta dei membri del Concistoro avveniva in mòdo diverso rispetto ad oggi: ì capi famiglia del quartiere eleggevano a
scrutinio segreto tre persone e
fra queste il Concistoro sceglieva chi avrebbe ricoperto la carica di anziano, salvo obiezioiu da
parte dell’Assemblea di chiesa.
Dopo la memoria storica del
past. Tourn è toccato al past.
Bellion condurre i presenti alla
scoperta degli attuali Regolamenti della Chiesa Valdese che
li riguardano. La Disciplina generale mette sullo stesso piano
tutti i ministeri ed afferma che
ministri non lo si diventa né per
volontà propria né per volontà
della chiesa, ma perché Dio chiama le persone a diventare suoi
ministri: l’Assemblea non elegge, ma riconosce la vocazione di
uno o dell’altro. Un articolo dei
Regolamenti precisa che «Vocazione e ade^ata preparazione
sono i requisiti per esercitare tm
ministero nella chiesa», e qui
si scopre una lacuna che la chiesa non sa colmare: se i pastori
hanno i loro corsi di preparazione al loro ministero, poco o niente viene fatto per preparare in
modo adeguato gli anziani e i
diaconi che pure devono reggere
ed amministrare con i pastori
la chiesa locale. I Concistori hanno il compito di « dirigere le attività ecclesiastiche, esercitare il
ministero pastorale e la disciplina», dunque il ministero pastorale, che è annunzio di Gesù Cristo, è esercitato collegialmente.
Nella liturgia stessa di insediamento è detto che l’anziano deve collaborare con il pastore
per il buon andamento della
chiesa: questa asserzione sembrerebbe dare al ministero pastorale un ruolo più importante,
cosa che non è, e giustamente
nella liturgia del 1972 pubblicata
su ’Diaconia” la collegialità del
ministero è messa molto più in
risalto.
E)opo le due introduzioni, utilisrime, di Tourn e Bellion l’assembìea si è divisa in tre gruppi nei quali la discussione si è
snodata a ruota libera sui problemi che più stanno a cuore
ai membri di Concistoro. Certo
non è stata una discussione che
abbia portato a indicazioni finali di attuazione pratica, salvo forse una richiesta di pubblicazione di opuscoli, del tipo della ormai vecchia « Guida per l’anziano » di Giovanni Miegge del 1942 ;
gli anziani e i diaconi presenti,
piuttosto, si sono confrontati, si
sono scambiati esperienze ed
opinioni, in im clima fraterno di
viva partecipazione. Se spesso
nei Concistori è il pastore a tirare le fila del lavoro tra il silenzio dei suoi collaboratori,
qui al convegno sono gli anziani
che hanno parlato di più. Certo
oggi i Concistori sono diversi da
quelli del 1800, è impensabile che
un anziano eserciti la disciplina,
spesso non riesce neanche a conoscere i membri del suo quartiere. Ne deriva un certo complesso di inferiorità nei confronti degli anziani del passato.
Ma questa impressione di
«non essere capaci ad esercitare come si deve il ministero dell’anziano » va rimossa perché ingiustificata, come diceva il pastore Tourn nelle conclusioni al
convegno. Il Concistoro deve
riassumere la sua autorità e la
sua dignità, poiché si è verificato col passare degli anni un certo appiattimento delle funzioni
dei ministri, bisogna tornare ad
incarichi precisi e ben definiti,
il Concistoro deve parlare un
po’ meno di grondaie ed un po’
più di testimonianza evangelica,
deve darsi tm presidente nonpastore, orientare la chiesa sul
lavoro da compiere.
La maggioranza dei presenti si
è espressa in modo favorevole
circa la regola dei 15 anni come
periodo massimo di permanenza
nel Concistoro: chi decade non
deve sentirsi « tagliato fuori »,
ma continuare a dare il suo contributo prezioso per il buon andamento della vita comunitaria.
A conclusione dell’incontro è
parso opportuno che i Concistori continuino il dibattito, magari
con incontri bilaterali, per poi
incontrarsi nuovamente fra un
anno, ripetendo questa esperienza positiva.
Franco Taglierò
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Quale futuro per lassala di S. Margherita?
TORRE PELLICE — Una ani
mata Assemblea di chiesa ha
discusso del futuro della sala di
Santa Margherita. Dopo l’inchiesta degli anziani Gnone e Rostan risulta che le opinioni sulla
trasformazione in alloggio o sull’utilizzo della sala per attività
varie sono circa al 50%. L’Assemblea dunque ha rinviato ancora
una volta la < decisione, nominando una commissione che presenterà un progetto di attività culturali el evangelistiche che giustifichi il mantenimento della sala, da un decennio inutilizzata.
• Le attività ecclesiastiche
stanno riprendendo vita: giovedì
13 si riunisce la Società Missionaria dei Connieri (casa Bernoulli
ore 15); venerdì 14 la società di
Cucito (ore 15 alla casa unionista). Sabato 15 alle 20.30 ci sarà
la annunciata riunione dei genitori dei giovani nati dal ’70 al ’72
pèr vagliare il progetto di modifica del catechismo. Una avvertenza per i partecipanti alle riunioni serali: frequentemente le
automobili in sosta davanti al
tempio sono oggetto di vandalismo e di furti da parte di ignoti,
consigliamo perciò di non lasciare oggetti di valore nelle vetture incustodite.
• Domenica 16 ottobre avrà
luogo il culto di inizio delle attività: bambini delle scuole domenicali e catecumeni, con i loro
genitori sono tenuti ad essere
presenti.
• Sono deceduti: Adele Marauda ved. Rossi, Enrico Giaime,
Maria Goss ved. Borello, Enrico
Giordan. Alle famiglie nel lutto
la comunità esprime la sua simpatia fraterna.
• Nel mese di agosto si sono
uniti in matrimonio: Sergio
Scroppo e Loredana Secolo, in
settembre Domenico Cossu e Arcangela Leone. Alle nuove coppie i più fraterni auguri di felicità.
Assemblea per
la nomina del pastore
SAN SECONDO DI PINERO
LO — Con il culto di domenica
scorsa il predicatore locale Dino
Gardiol, al quale la Tavola aveva
affidato la cura della nostra chiesa in questi ultimi mesi, ha preso commiato dalla comunità.
A nome del concistoro, l’ariziano Emilio Gardiol lo ha ringraziato per l’impegno e la dedizione con cui egli ha seguito la comunità, attraverso una collaborazione preziosa che ha permesso di superare un momento particolarmente difficile e delicato.
Domenica prossima 16 c.m., all’inìzio del culto sarà presentata, a cura del Circuito, la candidata al ministero Erica Tomassone, designata dalla Tavola alla
cura pastorale della nostra comunità per l’anno ’83/’84.
Essa presiederà il culto di ripresa ed inizierà così il suo anno
di ministero a San Secondo.
Alla sorella Tomassone diamo
fin d’ora il più caldo benvenuto.
• Domenica 23 c.m. è convocata l’Assemblea di chiesa con all’ordine del giorno la relazione
del concistoro sui risultati finora avuti in seguito ai contatti
presi con alcuni pastori disponibili per una eventuale candida
tura. L’Assemblea avrà ampia li
bertà di fare la sua scelta, accettando le proposte del concistoro
oppure proponendo altri eventuali nomi di pastori eleggibili.
Visita daila Germania
ANGROGNA — In questo fine
settimana riceviamo la visita del
Consiglio -di Chiesa di Nohfelden,
villaggio agricolo tedesco. Il nostro Concistoro dopo il culto, bilingue, domenica 16, s’incontrerà
per un’agape nella Sala, organizzata dairUnione Femminile, per
uno scambio d’informazioni ed esperienze con gli « anziani » guidati dal pastore Serritsmann. Accanto a questo incontro si svolgerà una visita approfondita della Valle.
• LDnione Femminile si incontra per programmare le attività
domenica 16 alle 15 presso il
Presbiterio.
• Ci siamo stretti, sabato 8
U.S., intorno ai familiari di Carlo
Gaydou dei Besson deceduto, dopo lunga malattia, a 61 anni. La
speranza del Cristo risorto sia
di incoraggiamento ai familiari.
Ripresa attività
PRAMOLLO — Con l’autunno
iniziano anche tutte le attività
interrotte durante i mesi estivi.
Ecco il calendario dei primi appuntamenti:
• Sabato 15 ottobre alle ore
20.30 si ritroverà la corale per
stabilire il programma di quest’anno; inutile dire che sarebbero necessarie voci nuove!
• Domenica 16 inizieranno le
attività della Scuola Domenicale
e del Catechismo con la partecipazione di bambini, ragazzi e genitori al culto alle ore 10.30. Do
po il culto vi sarà un’agape fraterna a cui tutti quanti potranno
partecipare (basta prenotarsi
presso gli anziani od il pastore);
nel pomeriggio si discuterà su
come organizzare la Scuola Domenicale in modo che possa continuare ad essere un importante
servizio in vista dell’educazione
alla fede dei nostri ragazzi.
Decesso
VILLAR PELLICE — Sabato
pomeriggio, 8 c. m., si sono
svolti i funerali del fratello Giovanni Janavel, deceduto presso
l’Ospedale Valdese di Torre Pellice, all’età di 70 anni dopo lunghe sofferenze. Alla vedova ed a
tutti 1 familiari l’espressione della nostra fraterna solidarietà.
• Un cordiale benvenuto a
Gianfranco Bleynat e a Annerös
Schweizer, che, dopo il loro matrimonio celebrato nel tempio
della Chiesa Valdese di Prali, sono venuti ad abitare nella borgata Teynaud. Giunga a loro il
fervido augurio di felicità e di
ogni benedizione da parte del Signore.
Assemblea di chiesa
FRALI — Si ricorda a tutti
che domenica 16 ottobre, alle ore
10, avremo l’assemblea di chiesa,
che avrà all’ordine del giorno la
relazione sui lavori del Sinodo
’83 ed i problemi di informazione all’interno della comunità e
nella chiesa.
• Martedì 18 ottobre, alle ore
20.30, ci sarà il primo incontro
dei coralisti. Invitiamo tutti coloro che desiderano cantare, ad
unirsi al gruppo già esistente!
n TELEPINEROLO
CANALE 56 - 36
Alle ore :9 va in onda la trasmissione « Confrontiamoci con l'Evangelo ■
(a cura di Marco Ayassot, Attilio Fornerone e Paoio Ribet).
□ FESTA DEL RACCOLTO
LUSERNA S. GIOVANNI — Alle ore
14.30 presso la sala Albarin si tiene
l'annuale festa del raccolto.
domenica 16 ottobre
n ASSEMBLEA DELLE
CORALI
PINEROLO — Alle ore 14.45 si tiene
presso la Chiesa Valdese l'assemblea
delle corali.
Oltre alla relazione della giunta sono
all'ordine del giorno:
— Ordini del giorno della Conferenza
Distrettuale;
— Canzoniere:
— Manifestazione luterana:
— Corsi di aggiornamento e formazione.
Tutte le corali sono Invitate ad inviare alcuni loro rappresentanti.
n CONVEGNO GIOVANILE
1° CIRCUITO
TORRE PELLICE — Alle ore 16 ha inizio il convegno giovanile del 1“ circùito sul tema del « lavoro e occupazione • col seguente programma:
ore 16-19: Discussione, lavoro in gruppi di interesse:
ore 19.30: Cena (i gruppi di Torre Pellice preparano un primo piatto):
ore 20.30; Gara a ping-pong.
Oltre ai membri dei gruppi e ai catecumeni sono invitati tutti i giovani del
r 0 di altri circuiti.
giovedì 20 ottobre
n CORSO DI ANIMAZIONE
BIBLICA
PINEROLO — Alle ore 14.30 presso
la Chiesa Valdese (via dei Mille 1) hanno inizio i lavori del corso di animazione biblica promosso.
sabato 22 ottobre
domenica 23 ottobre
n CORSO DI
AGGIORNAMENTO
PER OPERATORI
E VOLONTARI DELLE
CASE PER ANZIANI
LUSERNA S. GIOVANNI — La Commissione per la Diaconia organizza tra
le 9 e le 17 uno stage di aggiornamento per operatori e volontari delle case
per anziani allo scopo di favorire uno
scambio di informazioni che coinvolga
contemporaneamente ogni struttura per
anziani.
Lo stage di aggiornamento vedrà gli
operatori suddividersi nelle due giornate per permettere a tutti di partecipare e nel contempo non compromettere
Il funzionamento degli istituti.
Tema: L'approccio psicologico e la
cura dell’anziano nelle nostre case di
riposo.
Programma di massima;
Ore 9/12: Introduzione della Dott.
Vougat; Discussione generale.
Ore 12: Pranzo;
Ore 14/17; Suddivisione in 3 gruppi
di lavoro.
— Scambio di esperienze e rilevazione
di problemi comuni;
■— Approfondimento di alcuni specifici
problemi evidenziati e verifica sul
campo di come essi vengono affrontati;
— Conclusioni.
domenica 30 ottobre ~
□ INCONTRO FDEI
PIEMONTE-LIGURIA
SAVONA — Si tiene tra le 10.30 e
le 17.30 l'incontro regionale della FDEI
Piemonte-Liguria presso la chiesa metodista di via Diaz, sul tema « Qualità
della vita e testimonianza evangelica.
E' possibile vivere come creature di
Dio nel nostro tempo ».
Per iscrizioni (entro il 25 ottobre) e
informazioni per i gruppi delle Valli rivolgersi a Katharina Rostagno (telefono
0121/51372).
Per la partecipazione è organizzato
un viaggio in pullman (costo L. 10.000).
Pranzo al sacco.
5
14 ottobre 1983
vita delle chiese 5
PALERMO
Avvicendamento
al Centro della Noce
Con grande concorso di pubblico il saluto a
P.V. Panasela e l’insediamento di S. Aquilante
Domenica 25 settembre, nella
sala di culto del Centro Diaconale Valdese « Noce », alla presenza di un foltissimo e attento pubblico, fra cui autorità straniere,
civili, scolastiche, politiche, rappresentanti della stampa isolana
e operatori della Rai-TV, si è
svolta la cerimonia di commiato
del pastore Pietro Valdo Panar
scia dalla direzione del Centro e
rufRciale insediamento del pastore Sergio Aquilante, in quale, come il predecessore, assumerà
l’incarico della conduzione della
Comunità Valdese-Metodista.
Nel suo sermone di apertura,
il pastore Panasela, con accenti
accorati, si è soffermato sull’attivo bilancio di 25 anni d’intenso
lavoro, che è anche un bilancio
morale. Lo attestano l’incremento dell’Istituto, frutto dello sforzo dei numerosi collaboratori
che si sono avvicendati nel tempo, i sentimenti di stima e di ammirazione, all’esterno, da parte
del mondo laico e progressista.
Il Centro è stato, anche in anni difficili e continuerà ad essere, oltre che una palestra di diakonia, una norta aperta per l’Evangelo. « L’augurio per l’avvenire — ha concluso Panasela —
è che divenga un centro di speranza, un segno dell’amore di
Dio, in questo quartiere, in questa città ».
La sorella Angela Spano ha
poi letto la preghiera del Centro
Diaconale.
Il pastore Enrico Trobia, quale membro del XVI circuito, ha
detto, fra l’altro: « Ho il compito fraterno, assegnatomi dalla
Tavola, di procedere all’insediamento del pastore Sergio Aquilante ». Riferendosi quindi a passi biblici, ha rimarcato l’importanza della comunione fraterna
nella preghiera, nella testimonianza, nel servizio.
Il Moderatore Giorgio Bouchard, nel porgere il saluto della Tavola Valdese, la quale segue con attenzione e amore il lavoro che si svolge alla « Noce »
e nella tormentata città di Palermo, ha avuto espressioni d’affetto per Pina e Pietro Valdo Panasela, come per Lidia e Sergio
Aquilante. E ha aggiunto: « Arrivai qui vent’anni fa. Avevo i
capelli neri e credevo d’essere un
rivoluzionario. Vidi il ’’cortile Cascino”, la ’’casa del Fanciullo” e
poi vidi il Cristo di Monreale.
Ebbi chiara l’immagine d’una società che trovava spazio per il
’’sacro” e non per l’uomo. Il ’’cortile Cascino” e il Cristo di Monreale: stridente antitesi ». Ha poi
tratteggiato la personalità di
Aquilante come uomo di fede, di
pensiero, impegnato, meridionalista. Il Protestantesimo ha una
storia in ogni regione d’Italia,
una storia che annulla le diversità etniche e sociali.
Il pastore H. Gasche, segretario del Diakonisches Werk in
Hessen und Nassau, dopo un
commento al Salmo 34: 8 (« Gustate, vedete quanto l’Eterno è
buono »), ha recato il saluto delle chiese consorelle della Germar
nia. Ha donato quindi al pastore
Panasela un’onorificenza, simboleggiata da un distintivo in oro
che reca l’effigie della croce, ornata d’una corona. In Germania
— ha egli spiegato — è il simbolo della diakonia.
Il saluto di T. Vinay
Il pastore Fritz Weissinger si
è rivolto invece a Tullio Vinay,
presente fra il .pubblico e ne ha
passato in rassegna l’opera, da
quando, tra i furori della guerra,
protesse gli ebrei e ne favorì la
fuga dalTinferno nazista, fino al
giorno in cui si stabilì a Riesi,
paese lacero di miseria e di mafia, e testimoniò TAgàpe. Tullio
Vinay, pacifista senza tregua, senatore della Repubblica, ha ricevuto quindi, dalle mani di Weissinger, la stessa onorificenza. E
ha detto: « Siamo allergici a queste cose. Ma le accettiamo come
segno di affetto e d’amore. Ne
abbiamo bisogno, poiché ’’l’amore copre moltitudini di peccati”.
Tutti no abbiamo bisogno. Se si
guarda indietro, non si è soddisfatti, poiché c’è ben poco dietro
di noi. Un saluto di riconoscenza
a Panascia..., anche per il testo
della predica di oggi: ”H seme
che deve morire”. Forse il peccato è l’istinto di conservazione.
Certo la conservazione è il peccato della chiesa. Il peccato di
conservazione è proprio l’opposto della fede che non ha nulla
da conservare».
Aurelio SbaiB, Presidente della
Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, ha affermato,
tra l’altro, che « le nostre opere
sociali vogliono continuare ad
essere scuole di libertà, accettando la scommessa dell’Evangelo ».
Altri messaggi
Sono seguiti altri messaggi di
saluto a Panascia da parte di Inge Schadler, a nome della Federazione delle chiese evangeliche
della Svizzera, del pastore Rie
Ciardi, quale Presidente della
Commissione Distrettuale, degli
ex collaboratori e collaboratrici,
del Comitato di Berna, di altri
collaboratori della Svizzera, del
dott. Paratore, medico valdese. Il
Preside della scuola media dell’Istituto Giuseppe Bonavir ha
offerto a Panascia una targa ricordo. E ancora, splendidi mazzi di fiori, offerti dalle collaboratrici del Centro Diaconale, hanno ripetuto il saluto a Panascia
che va in emeritazione e il benvenuto ad Aquilante. Altri saluti,
con intonazioni personali, riecheggianti esperienze e ricordi
sono stati manifestati dai dott.
Enrico Ciliari, per la Comunità
Metodista, da Mafalda Bertolino,
a nome del Consiglio del XVI
Circuito, da Lucio Tomasello, pastore della chiesa pentecostale,
da Archimede Bertoiino, pastore
della Comunità Valdese di via
Spezio.
Michele Pantaleone, noto sociologo, coraggioso giornalista,
autore di clamorose pubblicazioni sulla mafia, ha detto: «Prendo la parola con commozione.
Mio padre, repubblicano fervente e scomunicato non era vicino
alla Chiesa cattolica. Nel 1960 Tullio Vinay è venuto a casa mia.
Mi ha chiesto qual era il problema più urgente per la Sicilia. Ed
ho suggerito Riesi. Ho ritrovato
la mia fede cristiana nell’affetto,
nell’amicizia, nel legame umano
con Pietro Valdo e Tullio. Anch’io sono credente, anche se non
apnartengo alla stessa chiesa».
La Rai-TV, terzo Canale, ha ripreso alcune fasi della cerimonia. E’ seguita un’àgape fraterna
cui hanno partecipato circa duecento persone.
Dell’attività di Pietro Valdo Panascia vanno evidenziate due cose: l’onesto e corretto rapporto
con alunni e genitori, ispirato a
piena libertà di coscienza; il costante dialogo con la città, attraverso la stampa e altri mezzi di
diffusione, e particolarmente con
l’associazionismo laico, religioso
o politico, senza discriminazioni
di sorta e condotto con desto
spirito di tolleranza.
Filippo Solito
ASSOCIAZIONE EV. DI VOLONTARIATO
Creato un tramite tra
domanda é offerta
Compiti di collegamento e di riflessione sulla
diaconia per il nuovo importante organismo
L’Associazione Evangelica di
Volontariato è ima realtà. A sei
mesi dal primo convegno si è tenuta a Firenze nei giorni 8-9 ottobre r Assemblea costitutiva
che alla presenza di un notaio
ha approvato lo statuto ed eletto
il Consiglio di amministrazione
nelle persone di Adriano Longo,
presidente; Arlette Ricca in Armoni, vicepresidente; Debora Spi- •
ni, segretaria; Marco Jourdan,
tesoriere e Stefano Meloni, consigliere.
Particolare attenzione l’assemblea l’ha dedicata alla discussione ed approvazione dello Statuto
nell’intento di darsi uno strumento versatile atto a cogliere le situazioni più diversificate che potrebbero presentarsi in futuro.
L’Associazione quindi si pone anzitutto come movimento al servizio sia dei volontari che delle
strutture. Il compito di collegamento fra domanda ed offerta
nazionale ed internazionale, di
promozione e di riflessione sul
significato della Diaconia è molto ampio. Si è già voluto in partenza evitare di creare un ennesimo organismo con proprio ufficio mentre ci si è avviati su una
ipotesi di disponibilità delle persone ed associazioni ad essere
essi stessi un momento di questo collegamento e dibattito.
Questa naturalmente è una
scommessa, si tratterà nei fatti
di verificarne la bontà.
Il Comitato di continuazione,
che ha curato la preparazione del
convegno ha frattanto preparato
dei moduli di adesione all’Associazione e di rilevazione della domanda e dell’offerta sia per i singoli che per le strutture.
Dopo la prima riunione del
Consiglio che si terrà all’inizio di
novembre daremo da queste pagine tutte le indicazioni utili agli
interessati.
L’assemblea ha poi discusso alcuni elementi di un programrha
di lavoro e le norme di comportamento in vista della stesura del
regolamento interno deH'Associazione. In esso, oltre alla definizione di quale tipo di volontariato ci si andrà ad occupare, vengono dati -alcuni criteri per la
selezione dei volontari. Questi,
secondo le categorie in uso in
sede internazionale, sono definiti
a breve termine, fra i 10 e 90
giorni; a medio termine, dai tre
mesi ad un anno; a lungo termine, sino a tre anni. Inoltre, si è
iniziato un dibattito circa le qualità richieste ai volontari e le caratteristiche dell’Ente che accetta questo servizio. Un’ultima parte relativa al trattamento del volontario in servizio e alla convenzione fra l’Associazione che invia
i volontari e gli Enti od organismi che li accettano è solo stata
abbozzata e deve essere costruita in collaborazione con gli enti
stessi.
Quest’ultima parte che è tutta
da sviluppare, costituirà la parte
più consistente- dell’impegno richiesto al Consiglio. I tempi potranno anche essere lunghi, ma
il via è stato dato. A. L.
CORRISPONDENZE
L’eco di Vancouver nelle nostre città
AOSTA ■ IVREA — Un gruppo ecumenico di poco più di venti persone, in maggioranza giovani, partito a piedi da Washington alla Pasqua del 1982,
per raggiungere Betlemme il
giorno di Natale ’83, ha attraversato l’Italia fino a Bari (imbarco per la Grecia il 15 settembre). La prima tappa è stata ad
Aosta il 13 luglio e la terza ad
Ivrea il 15-16 luglio.
Abbiamo vissuto momenti di
profonda fraternizzazione, accomunati da una comune speranza: la fine degli armamenti, l’azione per la pace, la non-violenza.
Ad Aosta il gruppo di marciatori è stato intervistato dal TG 3
e da alcuni giornali locali. Ad
Ivrea è stato circondato anche
da diversi membri impegnati nel
Comitato eporediese per la pace. Non dimenticheremo la testimonianza che questo gruppo ci
ha dato.
Si è svolta ad Ivrea il 7.10 una
assemblea cittadina organizzata
dal locale comitato disarmo e
pace. Tema dell’assemblea era:
Missili americani a Comiso —
Soldati italiani in Libano: quale
pace difendono? Hanno preso
parte all’assemblea Beppe Sicca
del Coordinamento disarmo e
pace di Torino; Ennio Del Priore, pastore della Chiesa valdese
di Ivrea-Aosta. L’assemblea ha
registrato una grande affluenza
di pubblico e gli interventi sono
stati numerosi. Particolarmente
apprezzato l’intervento del pastore Del Priore che ha riferito
delle risoluzioni in tema di pace
emerse da Vancouver e dal Sinodo. Ha sottolineato il legame
tra pace e giustizia ed ha esor
tato alla fiducia nelTefficacia dell’azione di pace.
Festa per la pace
VERBANIA — Nel mese di settembre alcuni membri delle comunità di Intra e Omegna hanno
partecipato alla preparazione della « Festa popolare per la Pace »,
durata tre giorni, organizzata in
Verbania dal Comitato dell’alto
Novarese per la pace e il disarmo. Mostre e spettacoli hanno
interessato il pubblico oltre a un
dibattito colla presenza del Consigliere Provinciale Giuseppe Reburdo, presidente del comitato
per la pace per il Piemonte. Oltre alla proiezione di un film:
« Hiroshima e Nagasaki » è stato
proiettato l’audiovisivo: « E la
chiamano pace! » prodotto dalla
Federazione Evangelica Giovanile
Italiana. Sono stati esposti molti
libri della Claudiana che hanno
suscitato interesse tra il pubblico intervenuto malgrado il maltempo che ha ridotto il buon esito della Festa.
Graditi ospiti
OMEGNA — Sabato 10 settembre abbiamo avuto la gioia
di ospitare nella nostra comunità, tramite il fratello Canfori,
un gruppo proveniente dalla
Chiesa Battista di Milano, accompagnato dai pastori. Dopo il
culto, tenuto dal pastore Inguantì con una riflessione sul tema
’La liberazione dell’uomo’, seguito attentamente da tutti i presenti, il pranzo comunitario ha
riunito un centinaio di fratelli,
e nonostante il tempo veramente inclemente, abbiamo trascorso ore di gioiosa comunione fraterna.
Un nutrito saluto corale ed
una preghiera, hanno concluso
la breve giornata che ci auguriamo di poter ripetere perché ancora una volta abbiamo avuto la
conferma che in Cristo... « Quanto è piacevole che i fratelli dimorino insieme ».
Grazie ai predicatori
FELONICA PO — Ringraziamo le predicai rici, locali o meno: Franca Baviera, Maddalena
Costabel, Norina Negri, e i Pastori Pietro Leutenegger (di Unterstammhein. Svizzera) ed Enrico Corsani che nel corso dell’estate hanno annunciato la Parola alla nostra comunità.
E’ deceduto all’ospedale di Sermide Giordano Bernini. La comunità ha espresso alla Sig.ra
Dirce e ai numerosi parenti la
sua solidarietà nel dolore e nella
speranza con la sua partecipazione al funerale che ha avuto
luogo a Felonica il 1° settembre.
Decessi
COAZZE — Durante l’estate la
nostra comimità è stata dolorosamente colpita, ci hanno lasciato tre dei nostri fratelli. Luigi
Ruifino, Memore Mattone ed Emma Mattone, tutti e tre all’età
di 81 anni. Non soltanto i membri della nostra comunità sono
stati vicini ai loro familiari con
parole di consolazione e di speranza in Cristo, ma c’è stata
una massiccia presenza della popolazione coazzese ai loro funerali che dimostra quanto benvoluti fossero questi tre fratelli.
— Ricordiamo che i culti si celebrano tutte le domeniche alle
ore 10, salvo la seconda domenica di ogni mese quando viene
spostato alle ore 10,30.
— Per la Scuola Domenicale
continueremo a trovarci dopo il
culto.
— Domenica 21 agosto abbiamo avuto la confermazione del
nostro fratello Marco Armoni.
Già da tempo si era trasferito a
Rapallo con i suoi genitori, ma
è stato il suo desiderio di fare
la sua confessione di fede davanti alla comunità che l’ha aiutato
a crescere nella fede.
Incontro B.M.V.
A Rivoli si terrà sabato 15, a
partire dalle 9.30, un incontro tra
l’Associazione de.Ue Chiese Evangeliche Battiate del Piemonte e
l’Assemblea del IV circuito valdese-metodista. La mattinata vedrà i due organismi lavorare insieme in vista di un programma
comune; il pomeriggio, le due
componenti lavoreraimo separatamente,
A S. Giacomo degli Schiavoni,
domenica 16 ottobre, a partire
dalle 10.30 Assemblea del XII
circuito (Abruzzi) e contemporaneamente convegno giovanile.
Inizio comune col culto e termine con informazione reciproca
sulle conclusioni raggiimte.
6
6 prospettive bibliche
14 ottobre 1983
I RISULTATI DEL 3° CAMPO CADETTI DI ECUMENE
Lettura della Bibbia e Santa Cena
La lettura critica della Bibbia
è stato li tema del 3° campo cadetti che si è svolto ad Ecumene
dal 20 al 30 agosto scorso. I cadetti che vi hanno partecipato
erano ragazzi di famiglie sia
evangeliche che cattoliche e provenivano da varie parti d’Italia.
Nei nostri studi siamo partiti
dalla formazione della Bibbia,
mettendo in rilievo come i vari
libri non siano stati scritti in
ordine cronologico, cosi come
noi li abbiamo oggi, e come essi
siano nati dalla esigenza della
trasmissione alle nuove generazioni (Antico Testamento) e alle nuove chiese (Nuovo Testamento) della storia della liberazione di Dio e della salvezza annunziata da Gesù. Abbiamo imparato a trovare episodi, ricordati dai ragazzi, nei libri della
Bibbia e ci siamo resi conto,
confrontando in particolare i
quattro evangeli, che tre di essi
si assomigliano e che il quarto
è un po’ diverso. E’ stato quindi messo in luce il problema dei
sinottici e dell’evangelo di Giovanni. In particolare abbiamo
fatto una lettura comparala dell’istituzione della Santa Cena.
(Questa lettura è servita ai ragazzi come base per la preparazione del culto domenicale; i ragazzi offertisi volontariamente
per questo lavoro sono stati sei,
due evangelici e quattro catto
lici. Ci è sembrato positivo il
fatto che ben quattro ragazzi
fossero cattolici perché voleva
dire che questo nuovo modo di
leggere la Bibbia, nuovo per loro
ma forse anche per molti evangelici, era stato compreso e diremmo anche accettato.
Un questionario
A conclusione del campo i ragazzi più grandi hanno proposto
ai presenti ad Ecumene, adulti
e ragazzi, un questionario sulla
Santa Cena che comprendeva
quattro domande.
Alla prima : « Che cosa rappresenta per la tua fede la Santa
Cena/Comunione? » le risposte
sono state ; « il ricordo del sacrifìcio di Gesù per la salvezza
deH’uomo — la comimione con
Dio e con i fratelli — unione al
corpo di Cristo»; queste risposte non hanno avuto ima netta
distinzione fra evangelici e cattolici, sia fra i ragazzi che fra
gli adulti, anche se le risposte
« unione al corpo di Cristo » sono chiaramente cattoliche.
Le risposte alla seconda domanda : « Ogni quanto tempo
dovrebbe essere fatta la Santa
Cena/Comunione? » hanno rispecchiato per i ragazzi, in massima parte, le abitudini di vita
ecclesiastica delle varie chiese
(prima domenica del mese per
gli evangelici, ogni settimana per
i cattolici), uno dei ragazzi evangelici ha posto il problema della Santa Cena a 10 anni, altri
hanno detto: quando uno se la
sente e tre ragazzi cattolici hanno messo l’accento sul fatto che
prima di fare la Comunione bisogna confessarsi. Le risposte degli adulti sono state nettamente
diverse tra cattolici ed evangelici, i protestanti hanno detto
che non c’è scadenza fìssa ma
che la Santa Cena si fa quando
uno ne sente il bisogno e se si è
in comunione con Dio e con gli
uomini; le risposte dei cattolici
sono andate da ogni giorno ad
almeno una volta l’anno per Pasqua. Uno ha detto che non si
può vivere senza « nutrirsi » di
Cristo.
Alla domanda: quando si è
«degni» di prendere la Santa
Cena/Comunione i ragazzi evangelici hanno risposto : « quando
si capisce ciò che si fa — quando si è in pace con Dio e con i
fratelli — quando ci si sente »,
non c’è stato il minimo accenno
alla confessione, cosa invece necessaria per essere « degni » secondo i ragazzi cattolici. Tre
adulti evangelici ed uno cattolico hanno risposto che non si
è mai degni, perché l’uomo è
peccatore, e di conseguenza si
è sempre degni per la grazia di
Dio. Altri cattolici hanno detto
che si è degni se si è in grazia
di Dio (cioè dopo la confessione), per gli evangelici si è degni
quando si è disposti a riconciliarsi con Dio e con gli altri.
La maggior parte dei cadetti
alla domanda « che cosa cambia
in te dopo la Santa Cena/Óomunione? » non ha risposto o ha
detto che non lo sa; questa risposta era da aspettarsi dai ragazzi evangelici che non hanno
ancora fatto la Santa Cena, lascia un po’ perplessi da parte dei
ragazzi cattolici. Le altre risposte sono state per i ragazzi cattolici « cambiamento personale
nei rapporti verso Dio — senso
di felicità — senso di pace »; per
i ragazzi evangelici « sentirsi più
vicini a Dio e al prossimo » ; una
ragazza ha aggiunto che « possono, o almeno dovrebbero, cambiare i rapporti con gli altri»,
un’altra molto pessimisticamente (o realisticamente) ha detto
che « non cambia niente ». Sul
fatto che non cambia niente sono stati d’accordo anche altri
adulti evangelici, per altri invece aumenta la comunione con
Dio e con i fratelli. Alcuni cattolici hanno risposto mettendo l’accento sul cambiamento del loro
rapporto personale con Dio (si
sentono cioè più sereni) altri invece hanno detto che oltre ad
una nuova comunione con Dio
si ha anche una nuova comunione con i fratelli.
Come abbiamo visto non sempre la distinzione tra evangelici
e cattolici è stata netta, le differenze maggiori si sono avute
quando si è parlato di « corpo di Cristo », peccato e confessione; la cosa non ci ha
meravigliato perché sono problemi sui quali oggi molto si dibatte e sui quali siamo chiamati a riflettere.
Un’esperienza
incoraggiante
L’esperienza fatta in questo
campo cadetti mi incoraggia, e
penso incoraggi anche gli altri
che vi hanno lavorato, a continuare a « studiare » la Bibbia,
a lavorare nelle nostre comunità
ed a fare in modo che veramente in tutti noi cambi qualcosa
dopo la Santa Cena, si possa
cioè essere come Gesù che lava
i piedi ai discepoli; e concluderei con le parole dette da un
ragazzo durante il culto ; « Lavando i piedi ai discepoli Gesù
vuole indicare che il comportamento di coloro che diventano
discepoli deve essere un atteggiamento di umiltà senza superbia, di amore gli uni verso gli
altri. Nell’ultima cena Gesù vuole quindi dimostrare l’importanza dell’amore che deve esserci da parte dei credenti verso
tutti ».
Maria Grazia Palazzino
IL ’’GIOVANE RICCO ” - 1
Or com’egli usciva per mettersi in cammino, Un tale accorse e inginocchiatosi
davanti a iui, gli domandò: Maestro buono, che farò io per ereditare la vita eterna?... (Marco 10: 17).
L’episodio è fra i più noti della tradizione evangelica, ed Oggi ancora il lettore
non può non essere colpito dalla immediatezza della scena, dal mistero del personaggio e dal carattere paradossale della risposta di Gesù. Ai Valdesi il racconto
è particolarmente familiare in quanto sta
alle origini del loro movimento: secondo
una tradizione è infatti questo brano dell’evangelo che convinse Valdo a liberarsi
delle sue ricchezze iniziando una vita di
predicazione itinerante. Non fosse altro
che per questo antico collegamento con
la vicenda valdese e le assonanze che evoca in noi il testo meriterebbe di essere
meditato; ma vi sono più profondi e seri
motivi che spingono a riflettere sulla ricchezza spirituale del nostro testo.
Ritratto provvisorio
Cerchiamo anzitutto di abbozzare un
ritratto provvisorio dell’uomo che interroga (3esù. E’ uno degli innumerevoli personaggi della vicenda evangelica, uno di
quelli che lo ha incontrato o, più esattamente, il cui cammino ha intersecato
quello di Cristo. Un credente, indubbiamente, appartenente alla corrente più viva di Israele, forse addirittura al partito
fariseo; un uomo per cui la religione non
è questione formale, esteriorità, ritualismo ma intima ricerca, appassionato interrogativo interiore. Sia la domanda rivolta a Gesù che la risposta sono precise, chiare, senza incertezze ed approssimazioni; chi è in grado di chiedere con tanta
precisione e rispondere con tanta sicurezza è un uomo che sa quello che cerca e quello che vuole.
La domanda è infatti diversa dalle molte poste a Gesù dai suoi numerosi interlocutori. Non appartiene alla categoria
dei quesiti calcolati, politici, che hanno
lo scopo di metterlo in difflcoità, come
la classica domanda sul tributo da pagare all’Imperatore, ma neppure è una di
quelle domande teoriche, fors’anche molto sentite e serie in quel tempo, ma che
alla luce della rivelazione evangelica ci
paiono oggi profondamente oziose come
quelle riguardanti il digiuno, l’osservanza
delle norme legali.
E’ una domanda non solo vera, autentica, nel senso che nasce dal profondo
della vita, ma si sente che coinvolge la
esistenza di chi la pone. E’ una domanda che definiremmo volentieri di tipo
esistenziale.
a cura di Gino Conte
Il pastore Giorgio Tourn dà il suo contributo a questa rubrica con una serie di
tre stadi biblici sul passo di Marco 10: 17 ss.
Non è però né la prima né l’unica di
questo tipo presente nel racconto evangelico, anzi la maggioranza delle domande
poste a Gesù sono di questo tipo, ma sono diverse, suonano come delle richieste:
appelli, invocazioni, suppliche.
Questo giudeo praticante non chiede
consigli o suggerimenti ma neppure miracoli, non cerca di soddisfare una curiosità
intellettuale ma neppure cerca un intervento divino nella sua condizione di uomo. Quello che chiede a Gesù è più che
un colloquio, uno scambio di vedute, ma
è anche più che un miracolo: è la soluzione al suo problema di israelita praticante: dove sta la salvezza, il senso della
vita, la vita di Lio e con Dio.
Egli esprime questa intima ricerca nel
linguaggio a lui abituale, della comunità
a cui appartiene: cosa si deve fare per
« ereditare la vita eterna ». E pur non
essendo formulata in termini drammatici, la domanda è frutto di una totale
partecipazione, non sembra essere vissuta in termini angosciati ma è certo profondamente sentita, c’è in essa tutto l’uomo.
La risposta di Gesù
Tanto più dunque colpisce la risposta
di Gesù. Ad una prima lettura sembra
giungere da un qualsiasi rabbino del
tempo: cerchi la verità, la salvezza? La
soluzione c’è ed è facile; osserva i comandamenti. Non conoscessimo Gesù! Ma
alla luce della grande, sconvolgente, novità del suo messaggio viene da pensare
ad una presa in giro. Uno cerca la vita
eterna e lui suggerisce i comandamenti!
Vivere nello schema della fede giudaica tradizionale, nella osservanza della legge può essere sufficiente a trovare la vita, la soluzione dei propri problemi? Non
è forse del tutto insuflBciente, visibilmente
insufficiente? Può la legge condurre alla vita?
Sono interrogativi che come credenti
ci poniamo, forse legittimamente, ma che
Gesù non sembra porsi. Egli vive così
integrato nella fede della'sua comunità,
le radici della sua fede personale e del
suo messaggio affondano così profondamente nella rivelazione divina che ne ha
accompagnato il cammino, che l’unica
parola a cui può fare riferimento è quella che ha creato, nutrito, sostenuto Israele.
Il rimandare il suo interlocutore alla
osservanza dei comandamenti non è per
Gesù un ripiego, una accondiscendenza
ma è frutto di intima convinzione, è
in piena coerenza con tutta la sua opera.
La via del Regno, il senso della vita non
sono da inventare, da creare dal nulla,
sono alla tua portata. Nell’obbedienza a
Dio, in un’obbedienza fatta di sottomissione e di amore.
In questa circostanza l’atteggiamento
di Gesù è in piena coerenza con quanto
si dice in Matteo: egli vive per compiere
la legge, per realizzarla, per esprimerne
l’intimo significato, non per distruggerla
con ima nuova « religione ».
Quanta densità teologica dunque, ma
anche quanta problematica in questa dichiarazione di Gesù! Quella che si trova
qui espressa in termini così sintetici è la
questione che ha travagliato le prime generazioni cristiane: quale è il rapporto
fra la legge antica e la nuova, fra Israele
e la Chiesa, fra l’Antico ed il Nuovo Testamento, questione che si poteva ritenere un tempo del tutto superata ma che
ritrova oggi una inattesa attualità.
Professione di fede
L’uomo risponde ed il tono della risposta, così pronto, sicuro di intima convinzione stupisce e rallegra, in un tempo di
incertezze come il nostro: «tutte queste
cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza ». Questa non è solo una risposta
sincera, è una chiara professione di fede:
ho adempiuto la legge sin dal momento
in cui sono entrato nella sinagoga, a 14
anni, come si usava allora. Ho preso con
assoluta serietà la mia professione di fede, diremmo oggi: il mio battesimo o la
mìa confermazione del battesimo.
Una dichiarazione così impegnativa sarà poi sincera? ci viene da chiederci subito, e se lo fosse è possibile?
Tanto più dunque colpisce la risposta
di Gesù; la risposta da un lato, ma altresì la non risposta. Ci si aspetterebbe infatti da parte sua una recisa smentita,
una condanna o per lo meno una distanza critica. Come può un uomo, fosse pure
il più impegnato e fedele pretendere di
aver osservato pienamente la legge? Non
di aver fatto del suo meglio, di essersi
sforzato ma di aver realmente adempiuti
i comandamenti, e tutti (tutte queste cose le ho osservate...).
Noi Evangelici, abituati a sottolineare
le carenze, le deficienze, le mancanze della nostra vita cristiana, nutriti sin dall’infanzia di quel profondo pessimismo antropologico che caratterizzò la Riforma,
siamo particolarmente sensibili alle forme
più segrete e nascoste di orgoglio, autosufficienza, sicurezza di sé e l’interlocutore di Gesù assume ai nostri occhi i tratti
insopportabili del fariseo autosufficiente.
Gesù accetta invece come valida, autentica, questa professione di fede e di impegno, non la contesta, non la smonta,
mostrandone il carattere illusorio, equivoco. Ciò che quell’uomo dice è vero, ha
adempiuto il suo dovere, è vero perché
lo dice lui e va creduto sulla parola.
Sorprendente atteggiamento di Gesù!
Lui che non ha bisogno che i pettegoli
vengano a dirgli come stanno le cose perché « conosce quello che è nel cuore dell’uomo », si fida di una dichiarazione verbale incontrollabile. Non è dabbenaggine
la sua, è serietà, sa che l’uomo è spesso
sincero, molto spesso, anche se la realtà
gli sfugge. Se ha realizzato la sua vocazione, come dice, ha trovato il cammino
della verità, queH’uomo ha già la sua
eredità, la vita eterna, cosa va ancora cercando?
Lo sguardo di Gesù
E’ quello che Gesù si chiede guardandolo fisso. Lo sguardo di Gesù, che bella
traccia per una serie di predicazioni!
Scegliere gli episodi in cui il Salvatore
posa il suo sguardo sulle persone e le cose e penetrando oltre le apparenze le
trasforma, le rinnova, rende loro la pienezza della realtà perduta. Qui però lo
sguardo di Gesù sembra essere molto più
umano, fra il sorpreso e l’incuriosito e
crea una sorta di intesa, di comunione
immediata fra lui ed il suo interlocutore.
Una rapida fulminea intesa, che i discepoli hanno avvertito molto chiaramente
ed è rimasta così viva nel loro ricordo
da costringere Marco a ricordarla: « riguardatolo Giesù l'amò ».
Annotazione singolare. Se si eccettuano
Lazzaro ed il discepolo menzionato da
Giovanni, di nessun personaggio evangelico è detto che Gesù lo abbia amato.
Probabilmente in questo caso va dato al
verbo « amare » il significato più semplice, cotidiano di provare simpatia, essere
attratto.
Ma perché Gesù prova simpatia per
quell’uomo?
Giorgio Toum
7
14 ottobre 1983
ohìettìvo aperto 7
GEMELLAGGIO TORRE PELLICE - GUARDIA PIEMONTESE E INAUGURAZIONE DEL CENTRO G.L. PASCALE
Una “casa valdese”
medioevale per l’oggi
Il Centro G.L. Pascale — non luogo separato per il sacro bensì luogo
d’incontro — è nello stile della nostra storia e della nostra spiritualità
Le giornate trascorse a Guardia, nel contesto del gemellaggio fra quel comune ed il comune di Torre Pedice, hanno
dato a tutti coloro che le hanno
vissute una ricca messe di esperienze e di sensazioni.
Vi sono anzitutto gli elementi
più immediati, che derivano dal
gemellaggio stesso: incontro di
due comunità civih molto distanti come possono essere un borgo di Calabria ed uno piemontese, la scoperta di realtà diverse, gli scambi di impressioni, di
esperienze. L’ospitalità dei Guardioli è stata non solo encomiabile sotto il profilo organizzativo, ma eccezionalmente calda,
partecipe, entusiasta; le ore trascorse sullo sperone del Municipio sabato sera, nel tepore della serata d’autunno, durante la
cena, resteranno momenti indimenticabili per tutti. Il senso e
le aspettative di queste giornate sono state espresse naturalmente in forma pubblica dalle
autorità sia nel saluto di sabato
pomeriggio in piazza, con i tradizionali scambi di doni, sia la
mattina di domenica nella inaugurazione della via Torre Pellice, ma sono certo che rincontro e l’esperienza personale andavano molto più in profondità
di quanto dicessero i discorsi ufficiali.
Vi è poi un secondo livello di
esperienze che come credenti
evangelici è nostro compito sottolineare; in questo quadro di
amicizia e di incontro fra ambienti diversi si colloca l’inaugurazione del centro culturale Giovan Luigi Pascale.
Questa iniziativa è già stata
presentata sul nostro .giornale:
accanto alla storica Porta del
sangue si trova oggi questo piccolo ma suggestivo edificio, con
la scritta in ferro battuto che
si stacca sul muro, un inequivocabile punto di richiamo per chi
arriva sulla piazza del paese.
La costruzione, frutto dell’eccellente restauro di un vecchio
edificio, si struttura a 4 livelli:
sulla piazza un piccolo locale attrezzato con l’occorrente per
offrire l’ospitalità a chi ne avesse bisogno, una sala di conferenze al piano strada con una piccola biblioteca, al primo piano
una mostra storica, che presenta in sintesi la storia valdese,
ed in particolare la vicenda di
Calabria, il sottotetto raccoglie
invece oggetti di vita locale, un
mini museo, aperto ad apporti
ulteriori.
Il centro è stato luogo di incontro nella giornata di domenica per tutti: Guardioli, ospiti
di Torre Pellice ed i numerosi
fratelli evangelici convenuti dalla Calabria, Puglie e Sicilia.
Il culto in apertura di giornata, l’inaugurazione a fine mattinata, presenti le autorità, la tavola rotonda con i proff. Dal
Pino e Gönnet nel pomeriggio,
hanno scandito rincontro.
Un edificio nello stile della nostra storia e della nostra spiritualità, dunque; non una chiesa,
un luogo riservato per funzioni
sacre ma una casa aperta, un
luogo di incontro, la « casa valdese » medievale insomma, nella
sua versione moderna.
A chi ed a cosa servirà il Centro? A tutti coloro che vorranno
utilizzarlo nel quadro di una
attività ispirata al rispetto, alla
serietà ed al bene: ai Guardioli,
se vorranno utilizzarlo come luogo di incontro a-politico ed aconfessionale, a gruppi di ricerca per dibattiti, mostre sulla storia e la spiritualità della regione, agli Evangelici per convegni
ed assemblee.
Il locale è stato naturalmente
troppo esiguo per accogliere il
pubblico numeroso e si è rimediato con degli altoparlanti. Seguito con viva e partecipe at
tenzione il culto, vivace e ricca
di interventi la tavola rotonda,
affollata e televisionata l’inaugurazione, come si conviene; la
piazza di Guardia aperta come
un balcone Sulla valle ed il mare, piena di gente che passeggia,
parla, ascolta, canta gli inni, resterà l’immagine di questa bella
giornata di cui siamo grati a chi
l’ha organizzata ed al Signore
che ce l’ha data.
Giorgio Toum
Nella saia del Centro Gian Luigi Pascale il pastore Giorgio Tourn a
nome della Società di Studi Valdesi rivolge un messaggio ai guardioli
in patois. Sono al suo fianco il pastore Giulio Vicentini in rappresentanza della Tavola Valdese e l’Assessore alla cultura di Guardia
Piemontese, Pisano.
INTERVISTA A VINCENZO SCICLONE
Dairindifferenza all’apertura
— Pastore Sciclone, da quanto
tempo lei è pastore a Cosenza e
come è sorto il suo interesse per
Guardia Piemontese?
— Sono a Cosenza da 13 anni.
Il mio interesse per Guardia Piemontese risale a più di 50 anni
fa, da quando ho letto la Storia
dei valdesi; il capitolo dei valdesi in Calabria mi ha profondamente colpito, un po’ per l’esempio dei martiri; un po’ perché sono siciliano evangelico valdese e mi sono sentito più vicino al popolo calabrese. Da quando sono pastore a Cosenza ho
poi avuto molte occasioni di accompagnare dei turisti a Guardia Piemontese.
— O racconti qualche episodio
particolarmente interessante della sua «attività» di guida turistica.
— Il nome delle vie Pascale,
Usceglio, Porta del Sangue, mi
hanno infiammato nel parlare a
DAL SALUTO INAUGURALE A NOME DELLA TAVOLA VALDESE
Siamo tornati a Guardia
Amici e fratelli di Guardia!
Siamo qui, siamo tornati, dopo lunghissima assenza.
Sempre più pressanti, in questi ultimi anni, sono state le richieste di visitare questo luogo,
anzi questi luoghi, rivolteci da
fratelli valdesi, metodisti, protestanti in genere, nonché da amici che conoscono la nostra storia. Immaginate che cosa ha
provato — quanto a sentimenti
umani e quanto a fede evangelica — quel gruppo di amici e
fratelli, un anno fa, giunti qui
in pullman da lontano, in questa casa ancora tutta da restaurare. riuniti in cerchio, mano
nella mano, dopo qualche minuto di silenzio, nel cantare l’inno
luterano « Forte rocca è il nostro Dio »!
Siamo tornati, siamo qui, amici di Guardia, ma posso anche
aggiungere: di Montalto, di S. Sisto, di Acquappesa. di Fuscaldo,
di Vaccarizzo, dove già trovarono possibilità di insediamento gli
antichi padri.
Siamo qui tra voi, con voi, insieme.
E non lo siamo a forza, se una
vostra scritta sui muri del paese,
una delle tre con le quali ci
avete accolti, suona così: « Benvenuti nel paese fondato dai vostri e nostri avi». Ecco: vostri
e nostri avi. Oggi: voi e noi. Riprendiamo a stare di casa a
Guardia Piemontese. Come siamo contenti!
La vicenda dei valdesi medioevali — vicenda di vita ma anche di fede evangelica — si è intessuta con la storia di questo
vostro paese che da oggi diventa anche un poco nostro, come
ci hanno detto i due sindaci ieri
sera e questa mattina.
Siamo tornati per vivere con
voi mediante questo Centro di
Cultura. Di Giovan Luigi Pascale
sapete. Fu uno dei nostri, imprigionato qui, bruciato a Roma
poco dopo. Il Centro di Cultura
si propone di aiutare a vivere il
nostro presente. E’ incentivo,
stimolo, ricerca per scoprire le
comuni radici storiche, ambientali, per vivere insieme — gli uni
con gli altri. « voi e noi » appunto — il presente.
Questa Casa è vostra!
Aveva bisogno di restauro e
l’abbiamo restaurata. Non ne
abbiamo fatto un’altra casa, diversa dalla precedente. E’ la
stessa di prima, riportata alla
forma originale, anche nei particolari. (Ringraziamo sentitamente gli architetti Papale, Pietramala e Parise che ci hanno guidato in questo lavoro di ripristino).
E’ la stessa casa, dunque. Arco che collega il passato « vostro e nostro » con il presente
che auguriamo altrettanto « vostro e nostro ». Vedrete, amici
e fratelli di Guardia, gruppi di
persone che verranno a farvi visita. Vedrete piccole assemblee
di evangelici che terranno qui i
loro incontri, i loro culti, i loro
convegni di studio. Vedrete uomini di cultura che promuoveranno qui conferenze, tavole rotonde. Vedrete anche — forse —
uomini e donne con le lacrime
agli occhi per la commozione.
Vedrete gente commuoversi, non
tanto per il passato di sangue
che vogliamo dimenticare, quanto piuttosto per il presente, per
la gioia di essere qui a intraprendere un nuovo cammino, di
pace, di fratellanza, di amore —
come hanno ancora detto e ripetuto all’unisono gli oratori che
ieri e oggi hanno parlato — un
cammino di fraternità nel temno e per i problemi di oggi, problemi nella società civile (così
gravi e pressanti) e problemi
nella cristianità intera (così divisa e lacerata).
E’ un cammino nuovo — dicevo — da compiere questa volta
finalmente insieme. Iddio ci aiuti.
Giulio Vicentini
gli ospiti, che si commuovevano,
e sentivo spesso il contrasto tra
la commozione di questi e la indifferenza della gente del posto
qualche volta sospettosa, tanto
che si ritirava in casa e si chiudeva.
— Come e quando ha avuto la
sensazione che si potesse ristabilire una qualche forma di presenza evangelica e a che livello?
— L’occasione l’ho avuta allorquando è venuta una comitiva di
ragazzi svizzeri che hanno parlato in una niazzetta del paese.
C’era il Sindaco Perrone, che mi
ha chiesto se eravamo d’accordo
a mettere su quella piazza una
croce in memoria dei martiri del
1561; io ho risposto di attendere,
perché volevo consultare qualcuno dei nostri. Ed infatti non passò molto tempo che si presero
degli accordi. Da Torre Pellice
venne un lastrone di pietra alpina e nel settembre 1975 si pose
il Cìnpo, che conosciamo, a spese ripartite fra noi e il Comune
di Guardia Piemontese.
Questo è stato l’inizio che mi
ha fatto molto sperare nerché
qualche cosa cominciava a muoversi.
— Che ricordi ha della inaugurazicne del Cippo? Come pensa
che quell’episodio sia stato vissuto dalla popolazione di Guardia e dai valdesi in Italia?
— Il ricordo dell’inaugurazione
del Cippo per me è indimenticabile. Esso è lì come una testimonianza storica, che richiama
alla memoria i fatti del 1561 e
a noi e alla popolazione.
Sia le autorità che i guardioli
hanno preso a cuore e considerano questo Cippo come qualcosa
che fa parte della loro storia. I
valdesi d’Italia lo hanno molto
apprezzato.
— Successivamente alla posa
del Cippo si è notata una maggiore possibilità di contatti con
la popolazione e con le autorità?
— Dopo la posa del Cippo i
contatti sono stati più frequenti,
sia con la popolazione, che facilmente attaccava discorso sulla
sua storia, sia con le autorità
con cui si sono fatte delle cose
insieme. Per esempio: due professori di Cosenza hanno scritto
e girato un documentario storico (un filmino di 8 m/m a colori)
e il Comune e noi lo abbiamo acquistato.
— A livello culturale e pubblicistico, si è registrato un interesse
per la storia valdese?
— A livello culturale e pubblicistico abbiamo preso contatto
con l’Università di Calabria ad
Arcavacata (Cosenza). Due anni
fa, vi sono stati dei seminari sulla storia valdese di Calabria tenuti dal nostro fratello prof. G.
Gönnet, che si sono conclusi con
la visita ai luoghi storici. Haimo
partecipato un bel numero di
, studenti universitari, e il prof,
bai Pino ha fatto da cicerone.
Un’altra occasione l’abbiamo
avuta tramite la Rai-Tv di Cosenza, ch’è venuta a Guardia con
un gruppo di attori, che hanno
recitato alcune scene trasmesse
poi in « Cronache italiane ». Fu
durante questa ripresa, alla quale sono stato invitato a parlare,
che ho lanciato l’idea che si poteva fare un gemellaggio con Torre Pellice: idea che il Sindaco ha
accolto e che si è ora compietamente realizzata.
— Lei è pastore a Cosenza da
13 anni. Ci dica quello che prova
personalmente in una giornata
come questa.
— In una giornata come questa sento una profonda commozione per essere stato strumento
nelle mani di Dio per quello
che abbiamo realizzato nell’arco
di una decina d’anni. Sono riconoscente al Signore per questa
apertura nel paese e per la stima
che hanno molti verso di noi,
impensabile venti anni fa. Senza
nessun compromesso da parte
nostra abbiamo potuto assecondare quel che era per le autorità e per il popolo un bisogno latente di riscoprire la loro storia.
E questo l’abbiamo fatto, con
l’aiuto di Dio e dei fratelli, che
hanno collaborato con noi, in
tutti i sensi.
— Gettiamo uno sguardo al
futuro: quale utilizzazione prevede e suggerisce per il Centro
G. L. Pascale?
— Per il futuro non voglio pensare a grandi cose, come abbiamo fatto si farà, man mano che
il popolo di Guardia cercherà di
approfondire la sua storia e scoprire sempre meglio le sue radici. Il monito di Isaia 51 posto
sul lastrone del Cippo è significativo in proposito: « Considerate
la roccia da cui foste tratti ».
Il Centro G. L. Pascale può divenire un luogo d’incontro, come
si è detto, per studi e ricerche in
comime, non solo fra noi valdesi, ma anche con la popolazione
di Guardia Piemontese.
a cura di
Salvatore Ricciardi
8
8 ecumenismo
14 ottobre 1983
DIGIUNO PER LA VIFA CONTRO LE ARMI ATOMICHE
Il rischio di morire
per la vita degli altri
Sulla via degli eretici
Una vasta eco suscitata all’estero dal digiuno
ziativa che turba ma che nel nostro paese è
Il digiuno « gandhiano » condotto da 13 persone in diverse
parti del mondo (California,
Francia, Germania occidentale,
Canada) interrotto il 14 settembre, con lo scopo dichiarato di
ottenere il congelamento dell’attuale arsenale militare atomico
ha sollevato commenti, reazioni
e dibattiti di rilievo soprattutto
aH’interno del movimento internazionale per la pace. Il nostro
giornale (nel numero del 30 settembre) ha già riferito della presa di posizione della Commissione Pace e Disarmo delle chiese
valdesi, metodiste e battista italiane. In Italia la questione del
digiuno ad oltranza non ha particolarmente interessato la stampa. Ma in Germania, Francia e
in America la scelta di un gruppo internazionale che decide di
iniziare un digiuno ad oltranza
per il bene deU’umanità non solo ha suscitato diversi gruppi di
digiuno solidale ma, dicevo, ha
avviato una vasta riflessione sul
digiuno come mezzo di raggiungimento di precisi obiettivi politici. « E’ strano — nota per esempio Roland Vogd, addetto al Parlamento tedesco — come ci si
senta impotenti di fronte a qualcuno che pratica rm digiuno illimitato mentre si è tutti pronti
a soccorrere qualcuno che si sta
dando fuoco. Anche il digiuno è
un modo di darsi fuoco lentamente ». L’ex cancelliere Willy
Brandt che ha visitato i digiunatori invitandoli a non abbandonare le dimostrazioni pacifiste previste per questo mese ha
aggiunto; «la vostra morte getterebbe nello sconforto l’intero
movimento pacifista».
Per la Francia, attraverso colloqui con il giornalista Régis Debray, i digiunatori hanno chiesto
a Mitterrand un atto di coraggio
nel fermare la corsa agli armamenti nella speranza che le superpotenze facciano altrettanto.
I digiunatori hanno identificato
le potenze nucleari negli USA,
URSS, Francia, Inghilterra e Cina. « Ma perché dovrebbe essere
proprio la Francia — ha notato
Debray — a fare il primo passo? ». « Con questo modo di ragionare — hanno controbattuto
i digiunatori — i sovietici e gli
americani hanno continuato a
potenziare in questi anni l’equilibrio del terrore ».
Anche l’ufficio della Federazione Protestante Francese (il cui
presidente, il pastore Jacques
Maury, ha sovente visitato il
gruppo parigino dei digiunatori)
ha dedicato una seduta di lavoro
all’esame di questo problema votando unanimemente, malgrado
pareri discordanti sulla pratica
del digiimo, una dichiarazione in
cui si chiede alle chiese membro
« di ascoltare il grido d’angoscia
dei digiunatori e di riflettere ancora una volta sulle responsabilità e l’impegno personale dei
cittadini del nostro Paese di
fronte alla minaccia nucleare e
l’ingranaggio della corsa agli armamenti ». Il comunicato della
Federazione francese conclude
invitando i credenti a « pregare
per la ripresa dei negoziati di
Ginevra e per il gruppo di persone che hanno deciso di rischiare la loro vita per questa causa ».
Per il gruppo di digiunatori
americani Ellsberg, già consigliere del Pentagono e oggi convinto
pacifista, ha scritto una lettera
ad Andropov in cui gli si chiede
un gesto di buona volontà: rinunciare ai futuri esperimenti
atomici e distruggere un SS-20
ogni settimana sino a fine dicembre per costringere gli stati
occidentali a modificare l’attuale
politica degli armamenti. Accanto allo smantellamento missilistico delle potenze nucleari
l’obiettivo del gruppo era anche
quello di riuscire a convincere
gli stati interessati ad interrompere ogni esperimento atomico
e quelli connessi e a redigere insieme un trattato d’interdizione
generale e totale degli esperimenti atomici.
Il messaggio
di Philip Potter
Da Ginevra, il giorno prima
che cessasse il digiuno, è giunto
anche il messaggio del segretario del Consiglio Ecumenico delle Chiese pastore Philip Potter.
Dopo essersi richiamato alle prese di posizione della recente assemblea ecumenica di Vancouver in cui si affermava che l’uso
delle armi nucleari è un crimine contro l’umanità (vedi Eco/
Luce del 30 settembre 1983) ha
aggiunto; «E’ la vostra testimonianza insieme a quella di mille
altre azioni per il disarmo che
ha incoraggiato i rappresentanti delle chiese membro del CEC
a impegnarsi sempre di più in
questa direzione. Ma ciò che è
più importante, ciò di cui abbiamo bisogno ora, è il proseguimento della vostra presenza
e del vostro incoraggiamento per
le azioni che potrete' compiere in
futuro. Vogliamo condividere con
voi questa lotta per la vita. La
mia preghiera è che proseguiate questa lotta con noi mettendo
termine al vostro digiuno. Terminare il vostro digiuno per la
per la vita, una inipassata inosservata
vita con la morte accrescerebbe
la disperazione precisamente nei
confronti di coloro che vedono
nella vostra testimonianza nuovi
motivi di speranza. La vostra
azione ha già avuto un prezzo
troppo alto». Com’è noto il 14
settembre Jo Jordan e poi tutti
gli altri digiunatori hanno cessato la loro protesta: «politicamente non si poteva raggiungere molto di più ». Un digiuno che
è durato esattamente 40 giorni
come i digiuni di Cristo, Buddha, Maometto e, ben più antico, quello degli abitanti di Ninive sotto la spinta della predicazione di Giona. Ma è giusto mettere sullo stesso piano il digiuno biblico proteso a conoscere
la volontà di Dio e il digiuno ad
oltranza usato come mezzo di
lotta politica? Il digiuno dei 13
che ha rasentato la morte (l’americana Elukovic negli ultimi giorni non poteva più ingerire liquidi) non è stata forse una forma
di violenza contro di sè?
E’ giusto valutare ogni situazione volta per volta, tenendo
presente che ogni forma di suicidio è disprezzo del dono della
vita che Dio ci ha fatto. Non basta amare il prossimo, bisogna
amare anche se stessi. Ma il digiuno dei 13 non si è concluso
con la morte. E’ arrivato alle sue
soglie ed è rimasto come paradigma d’intere popolazioni affamate dalla corsa agli armamenti.
Perciò è servito a far riflettere,
a scuotere le coscienze di rnolti.
Anche se l’informazione su questa iniziativa non è circolata allo stesso modo a Washington e
a Mosca, a Berlino e a Roma.
Giuseppe Platone
(segue da pag. 1)
tati nella prospettiva del regno
e ci interroghiamo sul senso che
questo ha per noi oggi.
Se quindi il papa proclama
che questo è l’anno della redenzione e però in un caso del genere non se ne ricorda o non fa
uso di questo argomento teologico, questo mi fa impressione
perché denota una contraddizione e una ricerca che non sembra
allora così profonda come vorrebbe essere.
— Ma la pillola cos’è, secondo
te?
— Come altri mezzi che noi
usiamo nella medicina e anche
nella vita quotidiana, è spesso
un male minore rispetto a un
male maggiore. Le scelte di fronte alle quali noi siamo posti non
sono tutte scelte drastiche che
contranpongono il bene al male;
più spesso sono scelte imperfette
in cui siamo chiamati a scegliere
il meno peggio. Di fronte al male che potrebbe essere rappresentato dalla sovrappopolazione
mondiale, o da una famiglia troppo numerosa, non è forse giusto
ricorrere ad un farmaco che rappresenta un male minore? Di
nuovo mi stupisco che il papa
non faccia uso di questo argomento che nella morale classica
era abbastanza conosciuto. Per
esempio Alfonso de’ Liguori ne
tratta, anche se non molto diffusamente, in un articolo della sua
morale. Se questo argomento è
conosciuto e accettato, perché
dunque non usarlo in questo caso? Perché assolutizzare così le
cose? Non c’è qui un indizio che
il papa vuole appunto portare il
discorso all’assoluto e si addentra quindi sempre più nella linea degli eretici già combattuti
dal N.T.?
Tuttavia questo del male minore è un argomento puramente
filosofico e preferirei ritornare
sul piano della teologia.
— Ritorniamo aUora al discorso che avevi iniziato suUa redenzione e sulla prospettiva del re
gno in cui come credenti vogliamo porci.
— Nella prospettiva del regno
di Dio penso che siano preminenti la solidarietà e la speranza.
L’umanità attraversa oggi notevoli problemi, ma noi non siamo
tenuti a disperare di questa umanità. Non si tratta di avere né
sfiducia né fiducia neU’umanità,
bensì di avere fiducia che il travaglio che l’umanità porta non
sia un travaglio completamente
vano al quale debba essere opposta solamente una legge assoluta, un’ascesi. I problemi e i
pericoli sono grandi, perché gran,
di sono i mezzi di cui l’umanità
dispone oggi. Ma io credo alla
possibilità di uscire da questo
tunnel non con un’ascesi, cioè
separandosi dal mondo, uscendo da questa dimensione evolutiva dell’umanità, bensì rimanendovi dentro.
Da un lato quindi c’è la solidarietà che ci è proposta e predicata nel N.T. nei confronti di
quest’uomo, di questa umanità.
Dall’altra, nella dinamica evolutiva in cui viviamo, c’è la speranza che questa evoluzione, per
quanto diffìcile, non sia vana, anche se i problemi che oggi abbiamo di fronte potrebbero indurci a chiederci se tutto non
sia vano. Queste due cose mi
sembrano caratterizzare l’atteggiamento cristiano: l’essere nello stesso bagno con gli altri e
quindi soffrire con gli altri non
essendo esenti dalle sofferenze
del tempo presente, e d’altra parte credere anche alla possibilità
di risolvere in modo positivo i
problemi in cui ci troviamo.
Questo secondo me è il modo di
impostare giustamente il rapporto del cristiano con l’uomo di oggi. Proporre invece un’ascesi,
proporre cioè un assoluto che è
un altro assoluto rispetto all’attesa del regno, è un errore — a
cui sono esposti non solo il papa e i cattolici ma anche molti
evangelici — che personalmente
non ammetto. Proprio perché secondo me è l’errore che è già
stato denunciato e battuto sul
piano del N.T.
Escluso il pastorato
femminile in Polonia
(SPR) — L’ultimo sinodo della
Chiesa Riformata di Polonia ha.
tra ie altre cose, aiscusso la questione dell’ordinazione delle donne per un ministero pastorale.
La questione era stata discussa
nel Sinodo del 1982 e in vari incontri. I delegati si sono espressi contro l’ordinazione delle donne, pur lasciando una porta aperta con ia richiesta che siano le
comunità locali ad esprimersi su
questo argomento. I motivi per
cui la maggioranza dei delegati
ha votato contro il progetto sono la tradizione, motivi di ordine
psicologico e la preoccupazione
dell’opinione pubblica di un paese~~ar~maggi5fànza' cattoìicar~E’
stato comunque riconóicìuto che
non vi sono ostacoli di ordine biblico o teologico, ma si è creduto che per una chie.sa minoritaria in conte.stn cattolico roniano
era preferibile rivòlgere ii proprio impegno su altre questioni,
quali un maggior impegno da
parte dei laici, una migliore formazione per gli studenti in teologia e l’evangelizzazione.
Albania:
14 anni dopo...
(Terre Nouvelle) — 14 anni dopo la proclamazione dell’Albania
come « primo stato ateo del
mondo » là chiesa ortodossa continuirad esistere; '
La rivista greca ortodossa
« Ekklesia » riferisce che particolarmente nel sud del paese la
chiesa vive sempre. Malgrado la
Echi dal mondo
cristiano
a cura di Renato Coisson
chiusura di 2.200 fra chiese, cappelle e monasteri, si possono oggi trovare ancora parecchie comunità di base molto vive.
I giorni delle feste religiose
l’assenteismo sul lavoro registra
le percentuali più alte « per ragioni di salute ». In molte case
si conservano nascoste le icone.
--------—■ '»
Nuova Zelanda:
patto per la pace
(SPR) — L’Assemblea generale della chiesa presbiteriana della Nuova Zelanda ha lanciato un
invito ad un patto speciale in
favore della pace così formulato:
« Noi crediamo in Dio, il Creatore, che rende ogni cosa buona
in Gesù Cristo, il Redentore,
che ci insegna ad amare per mezzo dello Spirito Santo, il dispensatore della vita e non della morte. Di conseguenza noi, membri
della Chiesa Metodista e Presbiteriana della Nuova Zelanda, ci
leghiamo in un patto per:
1 ) prenderci cura della creazione di Dio, per il benessere sociale, la dignità e la pace di tutti; 2) lavorare per mettere fine
alla produzione delle armi da
guerra e per lo smantellamento
urgente e totale di quelle già esi
stenti; 3) vivere per fede e senza paura, rinunciando in particolare alla nostra ricerca del
possesso, dell’impiego o della
minaccia di impiego delle armi
nucleari nel nostro nome; 4) cercare altre forme di difesa, in modo che nessun paese, né alcuna
persona, sia alla mercé degli altri; 5) a non avere riposo prima
che le risorse impiegate ora nella costruzione degli armamenti
vengano convertite all’eliminazione della povertà e dell’ingiustizia; 6) pregare senza posa per
ricevere ispirazione e energia per
questi compiti, per l’amore verso i nostri nemici e perché fioriscano la speranza, la riconciliazione, la giustizia e la pace ».
Spagna: si riorganizza
la Chiesa riformata
(SPR) — La Chiesa Evangelica Spagnola avrà 10 distretti, invece degli attuali quattro, corrispondenti alle dieci regioni in cui
è divisa la Spagna. Questa una
delle decisioni dell’ultimo Sinodo.
E’ stato anche deciso di creare
un dipartimento per le pubblicazioni sotto il nome di Editrice
Pleroma. Il Comitato per i mini
steri avrà una maggiore autonomia di decisione nella formazione e nella destinazione dei pastori cercando di favorire le iniziative in favore dell’evangelizzazione. E’ stato infine deciso che il
Sinodo si riunisca ogni anno, alternativamente con compiti amministrativi e per avere dibattiti
di più ampia portata cui possano partecinare un maggior numero di membri di chiesa in un
incontro ed un dialogo informali.
I regimi militari
nel Terzo Mondo
(Terre Nouvelle) — 54 paesi
sottosviluppati sono sotto regimi dittatoriali militari. Questi
54 paesi detengono sinistri record: 41 di loro figurano fra i
regimi che maggiormente violano
i diritti deH’uomo. La metà fa
parte dei paesi più poveri del
mondo: nessuno di loro sorpassa i 2.000 dollari di reddito annuo per abitante; 27 hanno perfino un reddito inferiore ai 500
dollari anmxi.
L’armamento degli eserciti di
questi paesi proviene in grande
parte dai paesi più ricchi del
mondo. Fra il 1961 ed il 1979 la
Russia ha fatto la parte del leone in questa fornitura vendendo
armi per 32 miliardi di dollari
seguita da USA (27 miliardi),
Francia (3 miliardi) e Germania
Federale (2 miliardi).
D’altra parte gli USA si' sono
mostrati più generosi nell’addestramento dei militari: fra il 1950
ed il 1980 hanno « accolto » più.
di 300.000 uomini mentre la Russia ne ha formati solo 30.000 sul
suo territorio fra il 1955 ed il ’79!
9
14 ottobre 1983
cronaca delleVallì 9
100 LICENZIAMENTI ALLA ISOLANTITE
Proprietà
« Di chi sono le fabbriche? » si
chiedeva venerdì mattina un intervenuto alla assemblea dei minatori della Talco e Grafite, discutendo dei 100 licenziamenti
previsti alla Isolantite.
La gestione e soprattutto la
chiusura delle fabbriche non viene quasi mai fatta coinvolgendo
gli^ operai. Sono in genere gli
azionisti, i membri dei consigli
di amministrazione che decidono
su tutto, anche sul futuro stesso
di centinaia, migliaia di persone.
Gli operai con la contrattazione
sindacale discutono e si accordano sul prezzo della loro prestazione lavorativa e qualche volta riescono ad ottenere informazioni sui piani di sviluppo dell’azienda. Ma oggi, in un periodo
■di crisi economica, i diritti dei
lavoratori vengono sempre piti
disattesi. Viviamo una grossa
contraddizione: da una parte in
sede CEE si parla molto di diritti di infornmzione dei lavoratori, di democrazia industriale,
di cogestione dell’impresa e dall’altra poi, in pratica, quando si
tratta di prendere decisioni importanti quali quella della chiusura di una fabbrica, di centinaia
di licenziamenti, non c’è discussione. A decidere sono solo in
pochi, i proprietari.
Così è successo alla Talco e
Grafite, così succede alla Filseta
dove si vuole licenziare anche
qui un centinaio di persone magari in modo più morbido.
Le fabbriche sono dunque dei
proprietari. Ma le fabbriche senza i lavoratori non sarebbero nulla. La^ Talco e Grafite senza i minatori che estraggono il talco e
lo lavorano, non sarebbe niente,
nemmeno^ una proprietà. Senza i
lavoratori che hanno permesso il
profitto e gli investimenti non si
potrebbe neanche pensare a trasformare l’impresa industriale in
una finanziaria.
Se questo è vero, i criteri della chiusura di una fabbrica non
possono^ essere solo quelli della
redditività, del profitto, ma sono
anche quelli della vita di centinaia di persone e delle loro famiglie. E più in generale quelli
della vita associata di una data
regione.
Si sono domandati coloro che
hanno deciso di fare i licenziamenti alla Isolantite cosa sarà la
vita di quelle intere famiglie che
vi lavorano? Certamente ¡no. Per
loro esiste una netta divisione
tra l’economia e la società. Dei
licenziati se ne deve occupare la
società con meccanismi di solidarietà tratti dalle tasse di tutti
(cioè dalle tasse pagate dai lavoratori dipendenti che sono la
maggioranza di chi le paga).
Ai licenziati ci pensano dunque
gli altri lavoratori occupati.
Ecco un’altra contraddizione:
si fa un gran parlare di ruolo
sociale dell’impresa, dell’economia e poi si vede il problema da
un solo angolo visuale.
Non tutti sono così. Ed è possibile vedere nel lavoro associato e nell’impresa una solidarietà
tra gli uomini. E’ questo il caso
là dove gli imprenditori sono anche lavoratori. Mentre là dove
domina il finanziere, la logica del
profitto, vale la riflessione delVEcclesiaste: « Chi ama l’argento
non è saziato con l’argento... Dolce è il sonno del lavoratore, abbia egli poco o molto da mangiare; ma la sazietà del ricco
non lo lascia dormire ».
Giorgio Gardloi
Si vuole liquidare
la Talco e Grafite?
Airannuncio che la ditta aveva
intenzione di licenziare 100 persone sono scesi coi loro elmetti
a Pinerolo per fare una assemblea nel cortile della sede dell’azienda. Sono i minatori e i lavoratori della Talco e Grafite che
da venerdì scorso hanno iniziato
una lotta per far recedere l’amministratore dell’azienda dalla
decisione di licenziare 100 operai {l’intero stabilimento) della
Isolantite di Pinerolo. Lo stabilimento è da molto tempo in crisi
e gli operai fanno periodi più o
meno lunghi di cassa integrazione da quasi due anni.
La cassa integrazione dovrebbe
essere uno strumento per permettere la ristrutturazione produttiva deH'azienda, dovrebbe
cioè permettere alla direzione e
al consiglio di amministrazione
di adottare tutti quegli accorgimenti tecnici e commerciali per
porre le premesse di una ripresa
produttiva. Niente di tutto questo è avvenuto finora alla Talco
e Grafite (di. cui- Ulsolantite --è
uno stabilimento) e la cassa integrazione è stata utilizzata solo
per ridurre costi dell’azienda.
I soli a muoversi — hanno detto gli operai in assemblea — sono stati i lavoratori della Isolantite che hanno, da soli, adottato accorgimenti tecnici per effettuare in 65 la produzione che
prima facevano in 100. Ma al
consiglio di amministrazione della azienda questo non ha interessato e non si è preoccupato
minimamente di vedere cosa
stesse succedendo ed ha deciso
di chiudere di qui a poco (terminati gli ordini) lo stabilimento.
« Il nostro consiglio di amministrazione non è credibile, non
sta ai patti. Solo il 20 luglio
scorso — dicono gli operai — in
una riunione al comune di Pinerolo, presente il vicesindaco,
l’amministratore Calieri aveva
assicurato tutti che non ci sareb
bero stati licenziamenti. Oggi a
distanza di due mesi Calieri si
rimangia la parola ».
I sindacalisti ribadiscono: « come può essere credibile Calieri
quando parla di ristrutturazione
e si comporta praticamente come il liquidatore dell’azienda?
Alcuni mesi fa è stato chiuso lo
stabilimento di Livorno (50 operai a spasso), alla fine del mese
CONFCOLTIVATORI
Modificare la politica
agricola della CEE
verrà chiuso lo stabilimento della "Terranera” di San Germano,
i minatori della Sardegna sono
in cassa integrazione da due anni,
e gli investimenti promessi in
miniera e allo stabilimento del
Malanaggio non vengono. Gli
operai sono serviti solo come
merce di ricatto per operazioni
finanziarie e di speculazione immobiliare ».
Alla assemblea, cui hanno partecipato le forze politiche e i sindaci dei comuni interessati, il
presidente della provincia Maccari, un po’ demagógicamente,
ha invitato il sindaco di Pinerolo
a rispondere al ricatto con xm altro ricatto: niente valorizzazione
dei terreni della Talco e Grafite
se questa non rispetta i patti.
Ed il sindaco di Pinerolo, grande
amico di Calieri, un po’ teso ha
risposto che avrebbe « verificato » la cosa. La solidarietà dei
partiti e delle istituzioni non è
mancata: la Regione, la Provincia, il Comprensorio i Comuni
hanno promesso iniziative concrete. Ma quali sono i loro poteri? Non molti hanno confessato.
« La vera forza che si opporrà a
Calieri — dicono gli operai —
sarà nel nostro comportamento
e se saremo solidali ».
G. G.
Si stanno svolgendo anche qui
alle Valli delle assemblee di agricòltori per orgauizzaré ima grande manifestazione a Bruxelles
per l’8 novembre prossimo, decisa dalla Confcoltivatori nel
suo ultimo congresso del maggio scorso.
La manifestazione ha in grandi linee i seguenti scopi: chiedere la riforma della politica agraria comunitaria. Come si sa il
nostro paese viene penalizzato
per le eccedenze degli altri paesi; es. il latte, noi paghiamo la
tassa di corresponsabilità pur
essendo deficitàri.
PINEROLO
Parlare della pace
in silenzio
Sabato 8 ottobre 5.000 studenti
hanno sfilato per le vie di Torino per protestare contro l’installazione dei missili Cruise e
Pershing in Europa. La manifestazione indetta dal Comitato
Regionale per la pace e il disarmo voleva anche sottolineare lo
atteggiamento duro e intransigente dimostrato dal governo
Craxi con la decisione di procedere all’installazione dei missili
a Comiso e la repressione delle
manifestazioni pacifiste non violente svoltesi davanti ai cancelli
della base.
Analoghe manifestazioni si sono svolte in altre città del Piemonte.
A Pinerolo il Comitato per la
pace ha deciso di organizzare un
sit-in silenzioso in P.za Pacta
con l’esposizione di una mostra
sugli armamenti, cartelloni dise- .
gnati, foto e giornali. Dopo un
girotondo intorno alla piazza, circa una cinquantina di ragazzi si
sono seduti per terra in silenzio, e sotto lo sguardo incuriosito della gente alcuni hanno disegnato per terra col gesso le
sagome dei corpi con le scritte
«Hiroshima, Libano, Cile...: questa la pace di oggi ».
Ma al di là della cronaca dei
fatti, della riuscita numerica o
meno della manifestazione, vorrei esprimere alcune impressioni. E’ la prima volta che a Pinerolo il Comitato per la pace
tenta di organizzare un incontro con la gente diverso dal solito comizio, dibattito, corteo.
Marce silenziose, sit-in, ore di
silenzio, sono tutte manifestazioni molto lontane dalla nostra
cultura e soprattutto da una tradizione di lotta fortemente politicizzata e non sempre non violenta. E la partecipazione quasi
esclusivamente di giovanissimi
dimostra come sia difficile coinvolgere chi questa tradizione
l’ha vissuta.
Si conosce bene l’uso distorto
che stampa e televisione fanno
della «parola», come sia ambiguo e sottile il significato che
le si può dare. Per questo il Comitato per la pace ha cercato di
comunicare con la gente in modo diverso: con il silenzio, il colore, la fantasia. Ma non per
questo il messaggio è stato meno deciso, politico: in silenzio i
manifestanti hanno detto che i
missili non li vogliono né a Comiso, né in Europa, comunque
vadano le trattative di Ginevra,
che sono contro il riarmo atomico (e anche convenzionale)
dell’est e dell’ovest.
Quest’ottobre vedrà il movimento per la pace ancora impegnato insieme agli altri per la
pace di tutto il mondo. La manifestazione di Roma del 22, sar
rà preceduta e seguita da altre
analoghe che si svolgeranno a
Londra, Stoccolma, Atene, Bruxelles, Colonia, Stoccarda, Amsterdam, Madrid, Parigi, e poi
in USA, Canada, Giappone, Australia, Nuova Zelanda... milioni
di persone. Non è venuto il momento di prendere sul serio questo movimento? E di avere anche più convinzione e coraggio
come chiese e testimoniare la
speranza che ci è data in Cristo
non solo a parole ma nei fatti?
Alberta Revel
Altro motivo sono i montanti
compensativi che-gli altri paesi
ricevono quando esportano certi
prodotti: per cui il latte tedesco
viene mandato in Italia con un
prezzo di 50 lire al litro inferiore al nostro.
La manifestazione di Bruxelles
vuole anche essere un invito al
nostro governo ad essere più deciso nel chiedere la riforma della politica agraria comunitaria
nel senso che ha l’appoggio dei
coltivatori, nel caso contrario si
andrà a manifestare a Roma. Inoltre si chiede al governo un piano straordinario per l’agricoltura, vale a dire: fare delle scelte
prioritarie di programmazione,
scegliere alcuni settori e intervenire in modo radicale; siccorne non ci sono i soldi per finanziare tutto si finisce per polverizzare gli interventi senza risolvere niente. Questa manifestazione viene autofinanziata mediante una sottoscrizione non
solo tra gli agricoltori perché il
problema dell’agricoltura è di
tutti.
Lo slogan della sottoscrizione
è « Se non vieni a Bruxelles,
aiutaci ad andare... ».
Per chi fosse interessato ad approfondire questi problemi, la
Confcoltivatori, zona di Pinerolo, è disponibile con materiale
vario per dibattiti ed incontri.
Ma.Ga.
Parco pubblico
PEROSA — La Comunità
Montana Valli Chisone e Germanasca sì propone di aprire al
pubblico il parco adiacente alla
propria sede.
Prima di consentire il libero
accesso al pubblico, tuttavia è
stato deciso un intervento di
potatura e abbattimento su un
certo numero di alberi, già molto vecchi e trascurati da parecchio tempo.
A lavori ultimati, gli abitanti
di Perosa avranno a disposizione un’altra area verde, ampia e
di facile accesso, oltre al parco
Gay, acquistato alcuni anni fa
dal Comune.
Pranzo per i
75 anni
PRAMOLLO — Domenica 23
avrà luogo presso il ristorante
Gran Truc il pranzo che l’Amministrazione Comunale offre a
tutti gli anziard residenti a Pramollo che hanno superato il 75®
anno di età. E’ un’occasione piacevole per ritrovarsi e trascorrere alcune ore insieme, ricordando magari gli anni della gioventù.
PERRERO
Consiglio Comunaie
La « casa Poet », piccola costruzione di proprietà della Tavola valdese, situata nel centro
storico di Ferrerò, diventerà la
sede della comunità alloggio per
anziani che l’USSL 42 intende
aprire previa ristrutturazione.
Questo progetto, annunziato
nella seduta del Consiglio di
martedì 4 ottobre, rappresenta
senza dubbio un miglioramento
rispetto alla sistemazione, ipotizzata in precedenza, di un alloggio delTex-albergo Regina, che,
per quanto ampio e confortevole,
risultava del tutto insufficiente.
Il comodato al Comune per 50
anni ci pare una soluzione accettabile da parte della Chiesa che
ha scelto di favorire un’opera sociale anziché l’interesse di qualche privato.
È stata anche discussa la proposta di ampliare il cimitero di Ferrerò, costruendo circa duecento
loculi fuori terra. Prima di iniziare la fase operativa, sarà inviata una circolare agli abitanti, per sapere se hanno intenzio
ne di farsi seppellire a caro prezzo; infatti, per l’assoluta mancanza di un regolamento cimiteriale comunale, finora le sepolture erano eseguite alla buona. I
loculi, invece, verranno a costare
sulle 700-800 mila lire. Il tecnico
presente affa seduta ha assicurato che non vi sono ostacoli all’ampliamento del cimitero, anche se ormai inserito nell’abitato, ma questa dichiarazione non
ha tolto le perplessità sull’iniziativa.
Alcune altre delibere riguardavano gli appalti e il finanziamento della strada Chiotti-Villasecca, sulla quale i lavori sono
ricominciati dopo una lunga interruzione.
Infine sono stati istituiti i servizi di trasporto e refezione scolastica per le scuole elementari,
senza modifiche rispetto allo
scorso anno, salvo l’aumento del
costo del pasto che ora sale a
3.468 lire di cui 1.850 a carico
delle famiglie.
L. V.
10
ÍO cronaca delle Valli
14 ottobre 1983'
UNA INIZIATIVA DI CRESCENTE SUCCESSO PROGETTO SPERIMENTALE IN VAL PELLICE
L’autunno in Val d’Angrogna Educazione bilingue
« Le scuole dei quartieri, il
Municipio, le chiese, la piazza
diventano — o ridiventano in
qualche caso — un punto d’incontro aperto a tutti, per qualche ora di riflessione o di svago». Così il bollettino dell’amministrazione del Comune di Angrogna dà avviso delle prossime
manifestazioni dell’« Autunno in
Val d’Angrogna». Di questa iniziativa, ormai tradizionale, abbiamo parlato col sindaco di
Angrogna, prof. Franca Coì'sson.
— Intanto cosa vuol essere
I « Autunno in Val d’Angrogna »?
— Un appuntamento con la
gente per discutere di problemi
locali, fare il punto della situazione, preparare progetti per il
futuro, oltreché l’occasione per
trascorrere insieme qualche ora
piacevole di canto, di teatro, di
festa. Per noi è diventato ’ un
momento irrinunciabile di “partecipazione”, in cui tutti vengono coinvolti per portare il loro
contributo: dal contadino all’intellettuale, dal bambino all’anziano, dal gruppo organizzato al
singolo, dal consigliere comunale all’assessore regionale, invitato per l’occasione a confrontarsi con la. nostra gente, senza discorsi di circostanza.
— Quali saranno i punti ’forti’
del programma?
— Mi è assai difficile rispondere perché, a mio giudizio, tutti gli incontri sono importanti:
infatti ciascuno di essi tratta argomenti diversi. Il nostro obiettivo è appunto avere un momento per tutti e permettere a ciascuno di trovare la ’sua’ serata
o il ’suo’ pomeriggio. Quindi non
posso far altro che rimandare al
programma.
Spopolamento e invecchiamento della popolazione, rassegnazione: è ancora possibile guardare con speranza al futuro della valle d’Angrogna?
— Spopolamento e invecchiamento della popolazione sono fenomeni irreversibili, almeno nelle zone più impervie, più avare
o inaccessibili: ma vogliamo lottare con tutte le nostre forze ed
irnpiegare tutte le nostre capacità per migliorare le condizioni
di vita di chi resta, prima di rassegnarci. Con questo non abbiamo la pretesa né l’illusione di risolvere i problemi, ma vogliamo
almeno affrontarli, discuterli e
cercare insieme possibili soluzioni, forse diverse dal passato.
Quindi non esiste nessuna ricetta ad effetto sicuro per il futuro
di Angrogna, ma finché saremo
tenaci e sapremo confrontarci
con gli altri, e avremo una volontà di reagire per non rassegnarci ad essere dei ’vinti’, rimarrà una speranza.
Di volta in volta il nostro giornale pubblicherà l’elenco dei vari appuntamenti e il nostro augurio è che questo sforzo culturale e politico incida, come è già
stato per il passato, nella crescita democratica di tutta la popolazione.
G. P.
CALENDARIO
DELLE MANIFESTAZIONI
Sabato 15 ottobre, ore 20.45, Tempio Valdese del Serre: Concerto dei
Coro Alpino CAI-UGET di Torino.
Martedì 18 ottobre, ore 20.30, Scuole elementari Chiot dl'Aiga: Incontro-dibattito sul tema: « Le api e l'ambien
te ». Introduce Giovanni Baridon, presidente dell'Associazione apicultori Val
Pelllce.
Venerdì 21 ottobre, ore 20.45, Palestra Scuole Capoluogo: Incontro-dibattito sul tema: « Colle della Vaccera:
un progetto per gli anni '80 », Introduce Valdo Benech, del Comitato Promotore per la valorizzazione turistico-sportiva del colle.
Sabato 22 ottobre, ore 21, Sala del
Capoluogo: « La bello vigno », vecchi
canti del Pinerolese riproposti dal
Gruppo di Musica Popolare di Pinerolo.
Martedì 25 ottobre, ore 20.45, Sala
Consiliare, Capoluogo: Incontro-dibattito sul tema: « Piano Regolatore: come si applicherà ». Introduce l'arch.
Barè estensore del piano.
Venerdì 28 ottobre, ore 20.30, Tempio Valdese, Pradeltorno: Incontro-dibattito con lo scrittore Nulo Revelli
sul tema: « La donna contadina ».
Sabato 29 ottobre, ore 14.30, Scuole
elementari - Capoluogo: Apertura della
Mostra-mercato dei prodotti agricoli e
dell’Artigìanato locale e della mostra:
« Angrogna tra le due guerre » Foto
d'epoca riproposte dal Centro di Documentazione.
Sabato 29 ottobre, ore 20.30, scuola
di Buonanotte: » Oiantoumne 'ncà una »
ricerca e riproposta di canti popolari
con II Gruppo Teatro Angrogna.
Domenica 30 ottobre, al Capoluogo:
ore 9-12 e 14-19: apertura mostre; ore
15: Castagnata e balli popolari sotto
l'Ala.
L'ingresso agli spettacoli previsti nell'arco della rassegna è gratuito.
Baret replica
al Comitato
per la pace
Egregio Signor Direttore,
Ho preso nota di quanto scrivono i Signori del Comitato pace e disarmo Val
Pellice (Eco-Luce del 7/10) e ancora
una volta mi sono rallegrato del fatto
che le notizie pubblicate da » Il Giornale » di Milano non siano altro che
« calunnie velenose, sbalorditive, prive
di alcun fondamento »; gii scriventi sono certamente in grado di documentare queste loro affermazioni categoriche.
Al fine di chiarire eventuali malintesi, mi si consenta ancora di replicare:
1) Non sono un lettore del quotidiano milanese, e questo l'ho già affermato nella mia lettera incriminata, per cui
non mi sono preoccupato di studiarne
le tendenze; comunque, se lo dicono i
Signori del Comitato per la pace, sarà senz'altro u:n c'OiTiale «qualunquista».
2) Non vedo « rosso dappertutto »,
bensì II pericc.o di una chiesa partitica. e anche questo l'ho già affermato
chiaramente: comunismo o qualsiasi altro partito.
3) Gli scriventi ,si dichiarano « impegnati nel movimento per la pace e II
disarmo »: e chi non è per la pace e
il disarmo universale? Non saranno certamente gli ormai anziani reduci delle
formazioni Volontari della Libertà a
non saper apprezzare il valore di questi beni inestimabili.
4) 1 Signori dei Comitato per la pace mi definiscono « un buon valdese
spigolistro » (cioè bigotto, ipocrita): sarà senz altro così visto che il giudìzio
viene espresso da persone che si autodefiniscono « credenti » e che naturalmente rifuggono dal giudicare il
prossimo.
Conclusione: dalle esperienze fatte
attraverso varie lettere inviate all'Eco,
direi che l'epoca che stiamo vivendo
si potrebbe definire « era demagogica »,
era non priva di qualche analogia con
un'altra di funesta memoria: allora bastava parlar male del • regime » per finire al confino, oggi se segnali un articolo sgradito, o non rispetti rigorosamente il dovere di conformismo, o fai
ricorso alla libertà di critica, verrai
senz'altro « confinato » fra gli « spigolistri » o « i nemici dei lavoratori » (vedasi anche lettera aperta diretta al
sottoscritto pubblicata da Eco-Luce del
7.11.'80).
Guido Baret, Pomaretto
La TEV su
pace e pacifismo
SuH'Eco/Luce del 25 febbraio u.s.
un corrispondente scriveva che in vari
paesi europei degli agenti sovietici erano stati espulsi perché ritenuti gli animatori dei movimenti pacifisti. Il redattore dell'Eco/Luce in una nota respingeva l'attendibilità di queste notizie.
Ancora suli'Eco/Luoe del 30 settembre u.s. un pastore aggiungeva: « Nel
modo più netto questo non è assolutamente vero. E' una menzogna e mi domando fino a che punto chi formula tale accusa sia in buona fede ».
Per coincidenza sullo stesso numero
deH'Eoo/Luce un corrispondente ha citato il quotidiano milanese « Il Giornale » secondo il quale « l'Urss spende
annualmente oltre 125 miliardi di lire
per finanziare i movimenti per il disarmo unilaterale ». Anche questa notizia
è stata successivamente smentita dai
pacifisti.
Quelli che fanno affermazioni di questo genere e quelli che le smentiscono sono certamente in possesso di informazioni sicure. Ma noi che apparteniamo alla moltitudine di persone che
non hanno alcun contatto con i servizi segreti, siamo costretti a rimetterci
a quello che leggiamo sui giornali e
non sappiamo a chi prestare fede.
Perciò in tutti noi, che condividiamo
l'anelito universale alla pace, rimane
molta amarezza per non poterci associare di tutto cuore a delle manifestazioni sulle quali rimane un'ombra di
dubbio. Il dubbio che qualcuno possa
avvalersi della nostra ingenua buona
fede nonché deH'auspicio formulato dall'ultimo Sinodo per un disarmo unilaterale, col risultato di privarci di quella
libertà politica per la quale molti hanno sacrificato la loro vita e successivamente per toglierci quella libertà di
predicare l'Evangelo per la quale oggi
molti nostri fratelli in fede sono duramente perseguitati.
Quello che possiamo augurarci è che
qualche passante, interessato dalle
manifestazioni di piazza degli evangelici, sia spinto ad aprire la Scrittura,
meditando le parole del Signore: « Or
voi udirete parlare di guerre e di rumori di guerre: guardate di non turbarvi perché bisogna che questo avvenga, ma non sarà ancora la fine »
(Matteo 24: 7-8). E proseguendo la sua
lettura scoprirà che la vera pace
può essere costruita solo laddove gli
individui trovano in Cristo le ragioni
della loro riconciliazione con Dio e di
conseguenza con gli uomini. E' una via
assai più ardua, ma è l'unica sicura.
Testimonianza Evangelica Valdese
Bagnau o Bagnou?
Signor Direttore,
Bagnau o Bagnou? V. la lettera di A.
S. sull'Eco n. 38.
Ci vorrebbe una ricerca. Anche se
tutti (proprio tutti?) ad Angrogna, o
meglio in quella parte di Angrogna, dicono Bagnou, e così anche suppongo a
Pramollo, è possibile che anticamente
dicessero Bagnau, come, se ho avuto
risposte esatte, dicono e dicevano gli
anziani nel resto della Val Pellice e
nella vicina Prarostino.
Questa volta credo che le carte geografiche militari non c'entrino. Siamo
ai confini fra i due fenomeni - au/ - ou.
Questi confini sono mobili. Se c'è da
fare un riferimento etimologico non è
tanto a un piemontese bagnor quanto a
un ipotetico * Bagnatorium o qualcosa
di simile. E si ricordi che se questo
posto è diventato noto anche molto
lontano dalle Valli Valdesi è per quei
giovani della collina di San Giovanni
che vi salirono tanti anni fa e dicevano Bagnau.
Ma si dica come si vuole, così come si può dire New Orleans, Nuova
Orleans o, come si diceva prima, la
Nouvelle Orléans.
Con i miei saluti.
Gustavo Malan, Torre Pellice
Un anno fa si teneva a Torre
Pellice, promosso dall’amministrazione comunale, un convegno su « Il bambino e la formazione bilingue », con lo scopo di
verificare se in una zona di tradizione plurilingue esistesse ancora questo interesse.
L’amjDia partecipazione di insegnanti, di genitori e l’appassionato dibattito sviluppatosi, dimostravano che questo interesse è
ben vivo talché in sede di con-,
clusioni si manifestava l’idea di
potenziare i corsi della seconda
lingua.
Prendendo spunto da questo
e dall’attenzione con cui in sede ministeriale sono state valutate le iniziative già realizzate,
il circolo di Luserna S. Giovanni
lavorava alla fine del 1982 su una
ipotesi sperimentale di introduzione sistematica della lingua
francese nelle scuole materna
statale ed elementare di Luserna.
Va precisato che nelle scuole
elementari italiane i vigenti ordinamenti non prevedono l’introduzione di una seconda lingua. Solo
in anni recenti (1978) ha preso
l’avvio una sperimentazione di
introduzione di lingue straniere
nelle scuole elementari (progetto
I.L.S.S.E.) e solamente nel 1982
un documento ufficiale, di una
certa rilevanza, ha indicato la
necessità di introdurre nei programmi scolastici la seconda lingua (relazione della Commissione Fassino al ministro della P.I.
per la stesura dei nuovi programmi). Da queste premesse è nato
il « progetto sperimentale » da
presentare al Ministero per l’eventuale autorizzazione.
Quale lingua straniera
inserire nella scuola
Nella scelta il gruppo di lavoro
di Luserna S. Giovanni ha tenuto
conto: del tessuto culturale locale con la tradizione ancora viva (anche se limitata a pochi
casi) della parlata francese, della
vicinanza con la Francia e degli
scambi culturali, delle risorse a
disposizione. Sotto questo ultimo
aspetto, se l’insegnamento deve
essere affidato a un maestro, tale
docente deve conoscere bene la
lingua da impartire. Nel nostro
caso si hanno maestri che conoscono anche bene la lingua francese ma nessuno che conosce
bene la lingua inglese. La scelta
è così stata fatta per la lingua
francese.
Quali obiettivi
Gli obiettivi si possono ricondurre alla necessità di far si che
si possa creare per gradi, negli
alunni, la convinzione che la lingua straniera è un valido strumento per l’espressione dei propri pensieri, sentimenti e azioni
e si possa ottenere l’abitudine ad
esprimersi e pensare anche in
una seconda lingua.
Gli insegnanti
Dalle esperienze nate e sviluppatesi in questi anni emerge chiaramente che l’insegnante della
seconda lingua non può essere
una persona qualsiasi, anche se
competente linguisticamente.
Partendo da questo presupposto e fatte salve le buone conoscenze linguistiche, si è ribadito che il maestro più adatto
per l’insegnamento ai bambini
deve essere cercato fra gli insegnanti della scuola primaria. Per
il nostro progetto sono state individuate due maestre, particolarmente competenti, che, una
per ogni plesso del Comune,
avrebbero insegnato la lingua
francese a tutti gli alunni delle
classi interessate.
Gli alunni
E’ ormai ampiamente riconosciuto che l’età ottimale di inizio
è verso i 4/5 anni. Partendo da
questi dati il progetto prevede
di cominciare l’insegnamento del
francese dalla scuola materna
(con i bambini di 5 anni). Si decide anche che la sperimentazione può essere attuata solo sulleclassi a tempo pieno (36-40 ore
settimanali di attività per gli
alunni).
Gli orari
Per un efficace apprendimento
non si può ridurre l’intervento
a tm’ora settimanale. 11 nostro progetto prevede per ogni
classe quattro lezioni settimanali distribuite in quattro giorni,
con il seguente orario per ogni
lezione: 30’ per gli alunni della
scuola materna, 40’ per la U elementare, 50’ per le classi dalla 2afie 5*. Tutte le classi a tempo
pieno del Comune (5 classi della
scuola di S. Giovanni più 3 di
Capoluogo) e una sezione di
scuola materna sono interessate
alle attività.
Il progetto viene presentato alla fine di dicembre al Ministero
P.I. Viene approvato integralmente e finanziato permettendoci così di partire, con l’inizio di
questo anno scolastico, nella sezione e nelle classi interessate.
Accanto alla soddisfazione del
gruppo di lavoro va registrato
l’ampio consenso delle famiglie
per la scelta operata e per l’avvio delle lezioni.
Le premesse per il lavoro sono positive, i frutti, che si coglieranno nel tempo, speriamo
siano abbondanti.
Marco Armand Hugon
TORRE PELLICE
Riprende
il coiiettivo
ecumenico
Giovedì 20 ottobre riprenderanno gli incontri del Collettivo
biblico ecumenico che è al 4° anno di attività.
Per dare una valutazione sul
suo operato i partecipanti si sono ritrovati la scorsa settimana
al Centro d’incontro di Torre Pellice (sotto i portici del Municipio) dove si tengono quindicinalmente le riimioni.
Dallo scambio franr-r. di un
raffronto di opinioni ^gli studi e le finalità del collettivo sono emersi apprezzamenti da una
parte e dall’altra delle due confessioni, anche per la perseveranza nel lavoro.
A piccoli passi si potrà allargare il gruppo sensibilizzando
altri a questo confronto con la
Bibbia.
Questo studio è valido perché
in un certo modo stimola e costringe sia gli uni che gli altri alla riflessione biblica, facendo maturare in tutti la convinzione
evangelica. Inoltre permette di
conoscerci meglio reciprocamente e ci dà la possibilità di scoprire quali interventi di testimonianza comime si possono fare.
Per ora si continuerà lo studio
dell’ Evangelo di Giovanni dal
cap. 13. Non si esclude successivamente di affrontare delle tematiche, sempre alla luce della
Scrittura come è avvenuto l'anno scorso (Dogmi).
Estendiamo l’invito alle Comunità della Val Pellice, specialmente ai giovani che avranno occasione di colloquiare con altri
giovani per uno scambio di idee
su come affrontare i problemi di
fede nella vita di tutti i giorni.
A. e A. K.
11
14 ottobre 1983
cronaca delle Valli 11
COLLEGIO VALDESE DI TORRE PELLICE
Dove va il Liceo Linguistico
A colloquio con il prof. Roberto Giacqnejjche ha ’’optato” per il Collegio, nel pieno della carriera
Due anni a Parigi come lettore di italiano in un Liceo. Tre
anni presso la Harvard University (USA) in veste di assistente di Latino medioevale. Poi il
ritorno in Italia diviso tra Ivrea
e Firenze nel settore della formazione del personale della Olivetti : ambiente cosmopolita a
contatto, quotidianamente, con
tecnici provenienti dal Canada,
dal Brasile, dalla Nigeria. Ultima tappa: Torre Pedice. Sposato con un’insegnante olandese,
tre figli, vive oggi nelle « case
nuove » dei professori del Collegio Valdese. Roberto Giacone,
nel pieno della carriera, a 36 anni, ha fatto una scelta controcorrente. Prima di parlare del
suo lavoro presso il neonato Liceo Linguistico gli chiediamo il
perché di questa scelta.
— E’ stata una scelta meditata, ma maturata in tempi relativamente brevi, nel giro di qualche mese. Dopo averne parlato
in famiglia e col past. Sonelli ed
aver avuto un colloquio a Torre
Pedice in un brumoso sabato
pomeriggio col past. Tourn, ho
deciso di presentare la mia candidatura alla Tavola quale
« optante » al Collegio. Abbandonare Firenze e quella comunità
valdese mi è spiaciuto molto.
D’altra parte ho cominciato presto ad apprezzare i lati positivi
di Torre...
— In sostanza hai scelto il Collegio come forma di servizio nella Chiesa?
— Si parlava di rilancio del
Collegio e del « Sistema Culturale » (biblioteche, ecc.) di Torre : mi sono detto che era giunto
anche per me il momento di far
qualcosa per la Chiesa, al limite di rischiare di persona e dì
non stare solo alla finestra per
approvare o criticare cosa gli altri tanno. Certo, questa è stata
una scelta personale; il servizio
lo si può rendere anche a tempo parziale e vediamo quanti
nella Chiesa dedicano tempo e
forze per gli altri.
— I risultati « quantitativi » si
vedono: vi sono ora 13 alunni in
seconda e 20 nuovi iscritti quest’anno. Ci sarebbero anzi state
più iscrizioni se i collegamenti
con l’altra valle non fossero cosi,
infedci o se vi fosse a Torre una
struttura convittuale (anche piccola) in grado di ospitare alcuni alunni evangelici e non che
avevano fatto richiesta in questo senso. Questo è un punto dolente, su cui bisognerà ritornare. Infatti un miniconvitto non
significherebbe solo ricettività
maggiore e quindi classi nume
rose tout-court, ma anche una
possibilità di osmosi ed interscambio maggiore con l’esterno,
sia per i ragazzi di valle, sia per
quelli che vengono da fuori (es.
ragazzi della diaspora evangelica italiana, una cui permanenza
ed esperienza a Torre potrebbe
significare una importante traccia nella vita e nei rapporti futuri).
— Il Linguistico riveste, mi
pare, una duplice importanza
sia di carattere istituzionale sia
nei confronti del mondo valdese. E’ così?
II dibattito suU’Eco-Luce a proposito del futuro dell’Istituto,
svoltosi a cavallo dell’81/82, è
stato stimolante. Accanto all’ottimismo di alcuni ed al pessimismo di altri, emergeva comunque abbastanza chiaro un interrogativo di fondo: il senso che
può avere quest’opera, come del
resto tutte le opere della nostra
Chiesa. Quando un Istituto inizia o cessa, di fatto, dì essere
evangelico? E quale peso ha la
tradizione nelle nostre istituzioni? Il Collegio ha 150 anni alle
spalle ed una gloriosa « tradizione » : non ritengo certo che
questo di per sé, sia attualmente un male, ma neppure un bene.
La tradizione non deve mai essere sinonimo di immobilismo,
di « fare così perché si è sempre
fatto così», anche perché lo spirito della tradizione deve essere
continuamente reinterpretato, aggiornato. Altrimenti si cade nel
tradizionalismo, che è fenomeno
deteriore.
— Istituzionalmente, la preparazione che il Liceo Linguistico
offre non ha nulla da invidiare
a quella di un liceo classico o
scientifico: tanto per fare due
esempi, lo studio di storia dell’arte compare fin dal primo anno e per tutti e cinque gli anni,
mentre nel classico è relegato
agli ultimi due; lo studio della
fisica parte anch’esso dal primo
anno e dura per tutto l’arco del
liceo, mentre allo scientifico compare solo al terz’anno. Infatti l’orario del Linguistico è più impegnativo, ma al tempo stesso
più bilanciato ed equilibrato. Vi
è poi lo studio approfondito di
due lingue per cinque anni e di
una terza lingua per tre. E questo mi porta a parlare dell’altro
fattore importante: una buona
conoscenza delle lingue nelle nostre valli è molto importante. E’
come un ponte fraternamente
lanciato verso le numerosissime
comunità evangeliche sparse per
il mondo che vengono alle valli o
che desiderano comunque mantenere i contatti con noi.
— Facciamo ora un primo bilancio della decisione sinodale
di aprire il Ling;uìstico a Torre.
— La scuola italiana si trova
in una fase di transizione per
svariati motivi. E’ finita la crescita tumultuosa della scolarizzazione che ha caratterizzato gli
ultimi trent’anni, se non altro
per il calo delle nascite; si è in
attesa da oltre vent’anini della riforma della scuola media superiore. Chissà se verrà varata in
questa legislatura. In ogni caso
le acque si stanno muovendo :
ad es. alcuni istituti statali più
intraprendenti non sono rimasti fermi ed impassibili in attesa che questa riforma cali dall’alto, ma hanno iniziato da qualche anno delle sperimentazioni
molto serie ed abbastanza innovative per il panorama scolastico italiano. Tanto per fare un
esemnio illustre per tutti, il Liceo Classico Mamiani di Roma
— uno tra i migliori in Italia —
attua dal 1975 in due sezioni un
insegnamento diversificato, ove
di fatto coesistono un liceo classico, scientifico e linguistico.
— Qualcosa di simile potrebbe avvenire anche per il Collegio Valdese?
Il Collegio: una lunga e gloriosa ’’tradizione”. Quali prospettive
offre oggi?
— Esiste al Liceo Classico da
un paio d’anni una cosiddetta
minisperimentazione, basata sull’insegnamento delle scienze fin
dalla 4‘ ginnasio e sul prolungamento dello studio della lingua
fino in 2“ liceo. Si potrebbe passare ad una fase più marcata
di questa tendenza.
di indirizzo prescelto. In pratica
una valorizzazione dei due istituti con un maggior impegno di
lavoro, pur mantenendo inalterato l’insegnamento delle materie istituzionali (quelle che ora
formano il curricolo dei due licei) e di conseguenza anche il
valore legale del titolo di studio
conseguito.
— Ma questo significherebbe
la chiusura di un liceo? E quale?
— Come funziona, in pratica,
lo studio delle lingue?
— Lo studio delle lingue è naturalmente molto curato; oltre
ai professori, le lezioni sono tenute una volta la settimana in
compresenza di lettori, che curano soprattutto il dialogo e la
pronuncia ; a giorni dovrebbe
poi entrare in funzione un videoregistratore, che stiamo acquistando con i proventi di una sottoscrizione lanciata dal Comitato del Collegio la primavera
scorsa. Tra qualche settimana
dovrebbe anche arrivare in dono dalla Germania un laboratorio linguistico a 15 posti. Almeno da questo lato, dovremmo
dunque essere in condizione di
lavorare al meglio.
— Niente affatto. Significherebbe una maggiore integrazione dei due licei esistenti per
quanto concerne le materie comuni (la cosiddetta area comune) ed una maggior specializzazione per quella che sarà l’area
— Ultima questione; l’aggettivo « valdese » del Collegio come
si caratterizza a tuo parere?
— Questa è una domanda che
ci viene rivolta spesso dagli amici stranieri che incontriamo. Ritengo che l’insegnamento anche
al Collegio debba essere rigorosamente laico : non possiamo
LA TUTELA DELLE NOSTRE MONTAGNE
Guardie ecologiche
— La riforma della media superiore è ancora nel cassetto del
governo. Come si presenta il futuro?
Di questi tempi si è sentito
molto parlare di un personaggio
che si può incontrare sulle nostre
montagne: la guardia ecologica.
Se ne è parlato a proposito di
multe sui funghi, di controllo sui
cacciatori, ma non forse su ciò
che sta sotto a queste funzioni.
Le guardie ecologiche, infatti,
attuano un controllo costante
sull’ambiente naturale, la cui cultura si è andata perdendo a causa del deperimento della società
contadina e lo spopolamento alpino degli anni ’60. Manca oggi
ormai quella memoria della natura, conoscenza precisa e particolareggiata della vita di animali,
piante, terreni, colture, erbe, tecniche anche semplici di mantenimento dell’ambiente, che una
volta apparteneva a tutti. Le
guardie ecologiche, con i loro
molteplici compiti (caccia, difesa
ecologica prevista dalla legge 32,
fuoristrada, raccolta piante officinali...) ereditano e vivono questo patrimonio, con molte difficoltà e anche incomprensioni. E
in tempi in cui si parla a proposito e a sproposito di protezione
civile, ci si dimentica che il Italia è del tutto assente una educazione civica di difesa del territorio. Sarebbero necessarie delle iniziative nelle scuole per cominciare a sensibilizzare i più
giovani a capire e tutelare il posto dove risiedono. Un segnale
positivo viene dall’iniziativa delle Comunità Montane della zona
che hanno organizzato dei corsi
per agenti ecologici volontari,
con annesse esercitazioni pratiche.
Certamente il rapporto con la
natura è mediato dal lavoro, dalla fatica umana e non si limita
ad una contemplazione estetica
o folcloristica e la questione ritorna alla funzione del lavoro
agricolo, un settore da sempre
emarginato dalle scelte economiche dei nostri governi, che, tuttavìa, potrebbe diventare fonte di
occupazione e impegno di risorse. Sono battaglie su fronti diversi che in ogni caso, alla base
hanno in comune l’impegno a
ridurre lo sfruttamento intensivo di certe zone a scapito di altre, evitando fenomeni collaterali e gravi come il pendolarismo,
l’emigrazione e la disoccupazione.
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contravvenire ai nostri principi che fanno sì che ci battiamo per una scuola di stato totalmente laica.
Pure il Collegio, come del resto tutte le nostre opere, deve
esprimere ima vocazione diversa: non elargire pronaozioni facili, ma neppure attuare quella
che don Milani definiva «la selezione di classe » oppure la selezione in base al numero. Se
carenze esistono nella scuola,
non devono essere le famiglie a
subirne Ìe conseguenze.
Inoltre ritengo sia possibile
seguire e cercare di inserire di
più gli allievi valdesi nella vita
della loro Chiesa : spingendoli ad
es. ad aderire al tuo invito dalle colonne dell’ultimo Eco-Luce
a diventare collaboratori del
giornale e aiutandoli nella fase
di apprendistato! Questa come
altre attività (collegate alla Biblioteca, alla Società di Studi
Valdesi, ecc.) non sarebbero affatto una perdita di tempo per
loro, ma sperimentazioni pratiche di cose che potranno fare o
di responsabilità che dovranno
assumersi domani nella vita.
Intervista a cura di
G. Platone
GRATIS!
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l’ultimo trimestre del 1983.
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12 uomoesodetà
14 ottobre 1983
______________DOPO IL BLOCCO DEL 26-27 SETTEMBRE
Il Raduno chiude i banenti
Il Raduno internazionale contro la militarizzazione e i missili Cruise
ha concluso tre mesi di intenso lavoro che sarà a lungo ricordato
Un’esperienza che rimarrà a
lungo, nella memoria, nelle idee,
nelle, lotte del movimento per la
paca italiano. Tanto lusinghiero
è il giudizio unanime che l’Assemblea nazionale dei comitati
per la pace tenutasi a Comiso il
28 settembre ha voluto dare delriMAC, il Raduno internazionale contro la militarizzazione e i
missili Cruise che doveva chiudersi ufficialmente due giorni
dopo. La più lunga iniziativa
estiva del movimento per la pace internazionale era stata lanciata il 1” luglio dal Coordinamento Nazionale dei Comitati
per la Pace, dal CUDIP e dal
Campo Internazionale per la Pace di Comiso per « preparare
una strategia di non collaborazione attiva e di azione diretta
nonviolenta contro l’installazione di nuovi missili nucleari in
Europa, a partire da Comiso » e
per « porre con determinazione
la questione dei missili al centro del dibattito politico generale, promuovendo una più attiva
sensibilizzazione della opinione
pubblica e un sempre più airipio coinvolgimento delle forze
sociali, politiche, associazionistiche e di singoli cittadini nella
lotta per la pace, sia a livello
locale, sia a livello nazionale e
internazionale». Sia riguardo a
questi obiettivi, sia per la numerosa e multiforme partecipazione registrata ITMAC — al di là
del momenti difficili che pure
non sono mancati — ha superato le più rosee aspettative.
Quasi tremila persone hanno
dato al Raduno il loro contributo, partecipando alle giornate
più delicate — il 20 e 21 luglio,
il 6, 7 e 8 agosto, il 26 e 27 settembre, quando si trattava di rischiare l’arresto e di subire la
violenza delle forze dell’ordine
davanti ai cancelli della costruenda base missilistica — o lavorando ai servizi (sanità, mensa,
spaccio, pulizie, ricezione), dedicandosi alla raccolta di voti per
il referendum autogestito sulla
installazione dei missili, a Comiso e nelle cittadine viciniori, o
collaborando all’ufficio stampa,
al settore della propaganda e
■ L'Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
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Becehino, Mario F. Berutti, Franco
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Stampa; Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
dell’informazione e via dicendo.
La grande stampa, persino la
radio e la televisione sono state
costrette a dedicare ampi servizi alla questione di Comiso e a
dar voce, sia pure in maniera
spesso strumentale, al movimento per la pace. Lo stesso governo Craxi, che va sempre più delineandosi come uno dei più sordi e antipopolari del dopoguerra
(ne sanno qualcosa gli operai di
Pallanza, a loro volta caricati
dalla polizia mentre protestavano per la chiusura di una fabbrica), proprio a Comiso ha deciso per la prima volta di ricorrere a sistemi repressivi degni
d’altri tempi, che la dicono lunga sull’importanza centrale che
la questione dei missili riveste in
campo politico.
Se da una parte, dunque, si riducono sempre più le speranze
di un accordo internazionale che
arresti la corsa agli armamenti
e dia il via a ima riduzione delle
armi nucleari nel mondo, se mai
come oggi le superpotenze e i
loro alleati hanno usato l’identico linguaggio dell’arroganza e
della violenza, d’altra parte il
numero sempre più grande di
persone che in tutto il mondo
scelgono di scendere in campo
per esprimere direttamente il
loro dissenso e per proporre le
loro soluzioni nel rifiuto di ogni
forma di violenza costituisce un
fattore nuovo ed estremamente
positivo. La lotta va radicalizzandosi, c’è sempre meno spazio
per i tentennamenti, per i « distinguo », per le mezze misure :
o per una pace senz’armi, o per
l’oppressione armata.
26-27 settembre
In questo quadro si è svolta
l’ultima grande iniziativa delrilViAC e Si svolgeranno le prossime iniziative del movimento
per la pace, che culmineranno
nella manifestazione nazionale
del 22 ottobre a Roma. Il 26 e il
27 settembre circa 1200 pacifisti
— quasi tutti italiani — hanno
nuovamente fermato i lavori per
l’ultimazione della base della
morte di Comiso. Nei giorni precedenti l’intera provincia di Ragusa appariva in stato d’assedio : 600 poliziotti e carabinieri
nel solo capoluogo. Un apparato
del tutto ingiustificato per una
manifestazione che — come i
fatti dimostreranno — doveva
svolgersi entro i limiti della democrazia e della nonviolenza.
Altrettanto ingiustificata la violenza alla quale il questore di
Ragusa ha più volte fatto ricorso, a partire dalle 6 del mattino
del primo giorno, per sciogliere
il blocco, prima con gli idranti,
poi con lacriinogeni, manganelli, bandoliere: il trattamento veniva ripetuto ogni volta che qualcuno insisteva per passare. Ciò
nonostante, il blocco ha retto, il
primo giorno sino all’una, il secondo giorno sino alle 8.30, a
causa di una pioggia torrenziale
che, se non aveva dissuaso i mamfestanti dal portare a termine
il loro programma, aveva però
Dalla torretta dell'automezzo della polizia l’idrante spara acqua sui
dimostranti davanti all'aeroporto di Comiso - 26 settembre 1983
tenuto a casa quasi tutti gh operai della base, rendendo vana
ogni ulteriore esibizione di coerenza.
Il blocco di settembre ha rappresentato un passo avanti rispetto a quello di agosto, non
tante per il numero dei partecipanti, quanto per la loro qualità e per il gran numero di adesioni ricevute: consigli di fabbrica, settori sindacali, associazioni cattoliche come le ACLI,
interi comuni erano rappresentati da delegazioni ufficiali. Gli
operai della base, inoltre, hanno aperto -per la prima volta
uno spiraglio di solidarietà nei
confronti del movimento per
la pace, decidendo quasi all’unanimità di non ricorrere alla violenza della polizia per entrare al
lavoro.
Anche questa volta non è mancato il solito gruppetto di evangelici, una trentina di fratelli e
sorelle battisti, metodisti, valdesi provenienti da 9 diverse regioni d’Italia destinati insieme
coi pacifisti veneti e siciliani (le
due regioni più rappresentate)
al punto più « caldo ». Oltre a
questa forma di partecipazione
diretta, si sono rivèlate preziose
le strutture di cui le Chiese evangeliche dispongono nelle imm.ediate vicinanze di Comiso, vale
a dire il Centro giovanile di Adelfia e la Casa di Riposo di 'Vittoria, che messe a disposizione
dei manifestanti hanno complessivamente dato da dormire a un
centinaio di persone.
Nelle prossime settim.ane il
movimento darà vita a iniziative
decentrate in tutte le regioni d’Italia, aH’insegna della disobbedienza civile e in preparazione
alla manifestazione di Roma
contro tutti i missili a partire
da Comiso, per il ritiro immediato dei soldati italiani dal Libano, per il diritto dei popoli a
manifestare contro le scelte dei
propri governi.
Il prossimo appuntamento a
Comiso, per un probabile IMAC
numero due (se si riusciranno a
raccogliere i 15 milioni che rimangono da versare per completare l’acquisto del terreno), è
stato indicato per il periodo delle ferie natalizie, proprio a ridosso della data prevista per
l’arrivo dei missili (31 dicembre).
Bruno Gabrielli
LA TESTIMONIANZA DI UN EVANGELICO DI ROMA
Due giornate a Comiso
Dalla sera di ' ieri, 25 settembre, sappiamo che l’assemblea
deiriMAC (International Meeting
Anti Cruise) ha deciso l’assegnazione del nostro « gruppo di affinità », costituito da evangelici,
proprio al blocco del cancello
« caldo », dove si prevede che la
polizia cercherà di forzare il passaggio. E’ un segno di fiducia in
noi; ma nel nostro piccolo pullman che, alle 3 di notte, ci sta
portando da Adelfia verso la base rnissilistica, c’è meno tranquillità di ieri, quando viaggiavamo cantando « sia la pace con
noi » da Catania verso Adelfia.
Del resto i canti, ieri, ce li hanno disturbati abbastanza presto;
un paio di perquisizioni a fondo
(noi e tutto il bagaglio), molto
prima di arrivare, ci hanno dato
subito l’impressione che la polizia, presente in gran forza, avrebbe fatto sul serio. Oggi, nel bùio,
seduto accanto a me, c’è qualcuno che mi dice con la bella franchezza dei grandi momenti:
« Ezio, ho una paura.,. ».
Lasciato il pullman all’IMAC,
bisogna fare un paio di chilometri a piedi, in ultimo in mezzo ai vigneti, perché la polizia
ha occupato le strade. Nei vigneti dobbiamo darci la mano
per non perderci in mezzo al
gran numero di altri gruppi che
avanzano nella semioscurità, ciascuno verso il posto assegnato.
Finalmente eccoci a due passi
dal recinto del campo missilistico. Ci sediamo nel campo, ai
bordi della strada che dovremo
occupare, di fronte ad una fila
di poliziotti con elmetti, scudo,
manganelli, ecc. Una donna di
Pordenone, del grappo con cui
confiniamo a sinistra mi dice
sorridendo: « Mi sono seduta vicino a te perché hai l’aria di un
buono ». Mi rendo conto che star
vicini è insieme uno dei modi
della lotta nonviolenta e un bisogno antico come l’uomo, nei
momenti difficili.
Alle 6 arriva qualcuno per entrare nella base. E’ il momento
atteso e noi, tutti, occupiamo la
strada seduti in file ordinate,
come stabilito. Ci siamo.,, e non
ci vuole molto per arrivare al
rnomento della triplice intimazione di sgombero da parte della
polizia: « dopo il terzo avviso vi
caricheremo ». Ri.spondiamo......
stando seduti in silenzio. C’è però uno spiritoso che grida: « almeno contate più piano ». Alla
terza intimazione, mentre la torretta dei grande idrante che ci
sta davanti comincia a puntarci
dall’alto, mi alzo il cappuccio
della giacca a vento, mi rannicchio più che posso e mi preparo a quella che sarà la più colossale doccia gelida che abbia
fatto in vita mia. Non si vede
più niente e l’acqua entra dappertutto. Si resiste un po’ ma
poi andarsene^ è inevitabile e si
ritorna nel vigneto. Tremiamo
come foglie; non ho mai visto
tanta gente tremare insieme così. Addio anche ai pic-nic distribuiti dall’IMAC la mattina a ciascuno di noi; centinaia di panini
caduti dai sacchetti di carta fradici segnano la via della nostra
ritirata nel fango della strada.
Intanto l’arrivo delle prime bombe lacrimogene fa il resto. Si
tosse, non ci si vede più dal bruciore; qualcuno invoca dell’acqua. c’è un po’ di smarrimento.
Eppure un istante dopo succede una cosa meravigliosa: dal
fradiciume umano si leva un
canto. Cantiamo, anzi gridiamo
verso la base missilistica, con
tutta la nostra forza e con tut
ta la nostra fede. E’ un momento bellissimo: siamo pieni di
gioia. Siamo di nuovo pronti a
reagire. Il nostro gruppetto si
mette a ballare in tondo, cantando, davanti alle facce impassibili dei poliziotti. Anche l’ottima
organizzazione logistica ci fa coraggio: c’è una tazza di té caldo
per tutti, puntualissima, e acqua
per gli occhi che bruciano viene
distribuita dall’organizzazione sanitaria, e non manca una medicazione per chi si è preso una
manganellata.
Centinaia di panni appesi ai
fili del vigneto e un certo numero di pacifisti in mutande danno
forse la sensazione di un esercito in disfatta; ma io, ora, e
tutti, sappiamo ormai che siamo
pronti a ripetere i blocchi e sopportare tutto quello che sarà
necessario.
Il passaggio di un torpedone
di americani in divisa aggiunge
una nota di rabbia per la loro
tracotanza; ci fotografano come
bestie rare e ci fanno con la mano segno di vittoria perché sono
riusciti a passare.
Intanto viene fatto ogni sforzo
per dialogare con i poliziotti: la
prima fila sembra un parlatorio.
Mi ci provo anche io con un carabiniere a cui chiedo amichevolmente a che ora li hanno fatti
svegliare. Gli dico anche (e sono
sincero) che ho più simpatia per
loro di quanto forse lui crede.
L’ora non me la dice ma un mezzo sorriso me lo fa. Proprio quando tento di passare ad un discorso più impegnativo (la pace e la
vita di tutti) Paolo viene ad informarci, sottovoce, che il consiglio degli speakers, coi grappi
vicini, ha deciso il nostro spostamento attraverso il vigneto,
per bloccare una strada più in
là, dove altri compagni sono stati caricati molto violentemente
in quel momento. Dovremo lasciar passare le auto della polizia ma non gli operai. Ogni volta
che passa una macchina della
polizia applaudiamo e gridiamo:
« bravi, bravi ». Un po’ di ironia
nella lotta nonviolenta ci sta a
puntino. Loro però non scherzano affatto e poco dopo un ennesimo blocco è seguito da un'ennesima carica. Alle 12 ce ne andiamo: una lunga fila stanca e
bagnata, sotto la pioggia. Ma abbiamo la certezza che operai ne
sono entrati pochissimi e abbiamo il diritto di considerare la
nostra azione un successo.
Inutile una cronaca dettagliata dei due giorni. Il giorno dopo
pioveva a dirotto già dalle 3;
eravamo tutti intrisi d’acqua
senza bisogno di idranti e nei
vigneti non si riusciva più a camminare. Ciò che conta è che il
movimento della pace, in questa
occasione sembra aver raggiunto
un livello di maturità di tutto
rispetto. Peccato che la polizia
sia molto più giù, a giudicare
dai nasi rotti e dalle altre cose
che sono successe. Ho visto un
funzionario dare ordini con una
faccia stravolta («bandoliere a
mano»!) e subito dopo roteare
cinturoni verso dimostranti nel
campo che non facevano niente
di speciale.
Fra i dettagli organizzativi un
vero successo i brevi consigli
degli speakers dei grappi vicini
fra loro: decisioni pronte ed efficiente trasmissione delle informazioni. Curati anche i ranporti
con la popolazione e con gli operai, per quanto era possibile.
L’ultimo giorno, in piazza, un
buon numero di abitanti ha applaudito i pacifisti venuti ad informarli.
In complesso due grandi giornate, segnate dalla gioia di vedere tanti insieme capaci di sperare.
Ezio Ponzo*