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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Spett.
BIBLIOTECA VALDESE
TORBE PELLICE •
( Torino)
Settimanale
della Chiesa Valdese
I
Anno xeni - Num. 14
Una copia Lire 4C
ABBONAMENTI
{Eco: L. 1.500 per l’intemo
L. 2.200 per Testerò
« Eco te« Presenza Evangelica >
interno L. 2.500 - estero L. 3.700
Spediz. abb. postale - I Grappo
Cambio d’indirizzo Lire 50
TORRE PELLICE — 5 Aprile 1963
Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
Il Signore delle Palme UUCl
non violenta e non furtiva
(Luca 19: 28-48)
La Settimana Santa può essere paragonata ad una sinfonia che si
apre con una marcia trionfale (le Palme) a cui succede un movimento mosso e tragico (il Venerdì Santo) e che
termina con il canto glorioso di Pasqua.
Ma tra il momento iniziale e quello finale che pure hanno apparentemente una grande somiglianza, vi è
una difl'erenza sostanziale. Le Palme
rappresentano il trionfo esteriore, apItarente di Gesù. Quella stessa folla
che ora applaude non tarderà a volgersi contro di lui e a chiederne la
morte non appena si accorgerà che
Cristo non risponde alle sue aspettative. l.a Pasqua segna il trionfo reale
e decisivo. Molti passi delle lettere
apostoliche si sforzano di esprimere
tutto il significato di questa vittoria
deterrainante del Signore sulla morte,
a pariire dalla quale tutta la realtà e
la vita c la storia hanno un senso. Essa cosiituisce il fondamento di tutta
la fede cristiana perchè segna il successo deiropera di salivezsja d<i Dio
per il mondo.
Ma perchè si potesse passare dal
trionfo appaiente a quello reale, è stato però necessario il Venerdì santo.
11 sacrificio totale, Tannientamento di
sè stesso, la rinunzia alla propria titanica affermazione, è stato l’inevitabile passaggio cui Cristo ha dovuto sottomettersi. Senza la sottomissione compietà alia volontà di Dio, senza il sod
disfacimento della giustizia, non avrebbe piotuto esserci Pasqua. Le Palme e Pasqua sono dunque legate da
un contraddittorio e sottile legame : le
Palme sono la caricatura di Pasqua
ma ne sono anche la parabola. E’ un
equivoco che spinge la folla ad acclamare Cristo, ma un equivoco provvidenziale perchè fa sì che Gesù sia almeno una volta nella sua vita terrena riconosciuto per quello che è veramente: il Re di Israele e del mondo.
In questa unica occasione la sua sovranità nascosta eppure reale è predicata da quelli stessi che la negano!
f *
Dobbiamo allora domandarci: cosa
significa questo per la chiesa di
oggi?
Vi è la tentazione per la Chiesa di
cercare una Domenica delle Palme senza Venerdì santo: vale a dire di volere una affermazione di sè stessa, il
A PALAZZO RICCARDI IN FIRENZE
Celebrato il centenario
di Gian Pietro Vieusseux
Il Cifiiìio evangelico di Cultura ha tenuto il il marzo la commemorazione del
centenario della morte di Gian Pietro
Vieussiux. La nostra iniziativa è stata appoggiat.a dall’amniinistrazione provinciale
fiorentina, che ha messo a nostra disposizione la .Sala delle 4 stagioni in Palazzo
Riccardi, ed ha raccolto l’adesione delle
principali associazioni culturali fiorentine,
del Consolato e della colonia svizzera. La
Wanifestazione si è aperta con la lettura,
fatta dal vice-sindaco e direttore de « Il
Ponte ». E. Enriquez-Agnoletti, del mesWggio della città e delle autorità ginevrine
inviatoci per Poccasione. 11 lungo messaggio tracciava tra l’altro nna rapida storia
delle relazioni tra Ginevra e Pltalia, con
particolare riguardo alla Toscana, ricordando inoltre gli esuli riformatì che vi
trovarono rifugio e che formarono in seguito una colonia italiana molto attiva nella vita culturale e civile di Ginevra. Ripercorreva poi hrevemenle la vita del
Vieusseux, toccando i punti che furono
svolti in forma più approfondita dal discorso del prof. Spini.
Compito del prof. Spini è stata la ricostruzione del sostrato storico, culturale,
religioso su cui si è formato il Vieusseux.
G P. Vieusseux era nato ad Oneglia nei
1779, ma la famiglia faceva capo alla diaspora ugonotta emigrata in Svizzera alla fiuel del XVIP sec. ; nella sua formazione
agirono componenti di natura diversa, un
calvinismo temperato dal contatto col Pro
testainlesimo liberale, il comporsi dei « lumi » delPlIluminismo settecentesco con la
tradizione cristiana, e un radicalismo rousseauiano aderente anolie al retaggio fa
miliare (il nonno aveva partecipato alle
agitazioni democratiche ginevrine del 1781).
Dopo aver messo in luce Pesperienza latgamente europea che il Vieusseux potè far-si fin da giovane, portato dalla sua professione di commerciante fino alla Russia, alla Grecia, a Tunisi, l’oratore è passato a
trattare dei legami ohe il Vieusseux mantenne sempre con gli altri esponenti della
diaspora ugonotta in Italia (Sismondi), del
tessuto religioso che è alla hase della sua
esperienza. La fede del Vieusseux era una
fede attiva, concreta, di tipo fortement.t
pragmatico: una fede misurata coi fatti; la
sua fede si identificava con le virtù morali
c civili ed aveva un interease concreto per
lutti i fatti umani: a questo atteggiamento
è legala la sua passione per l’educazione
popolare in tutte le sue forme. Infine, ricordata la funzione equilibratrice e l’estrema apertura politica di Vieusseux il prof.
Spini, ne lia richiamato la grande coerem
Za eivile-religiosa e Taltualità della sua figura.
Ha preso in seguito la parola il massimo
studioso vivente del Vieusseux, il prof.
Ciampini, che ha trattato delTattività più
propriamente fiorentina e culturale di
(comiima in 2.a pag.)
Parla il prof. Spini. Accanto a lui il prof. Caponetto e il prof. E. Enriquez
Agnoletti, Vicesindaco di
Firenze. Alla manifestazione organizzata dal Centro
Evangelico di Cultura fiorentino hanno dato la loro
adesione il Consolato e la
Colonia Svizzera, in particolare a nome del Cantone
di Ginevra; le Istituzioni
Culturali svizzere; l’Accademia toscana di Scienze e
Lettere ”La Colombaria” ;
la Amministrazione della
Provincia di Firenze; il Gabinetto di lettura ”]. P.
Vieusseux” ; l’Institut Français de Florence; la Società toscana per la Storia
del Risorgimento. La stampa cittadina ha dato rilievo alla manifestazione.
proprio successo come fine a sè stesso. E’ una tentazione che si presenta
a tutte le confessioni, ma non possiamo non constatare che è stato il peccato caratteristico della Chiesa romana
dell’ultimo periodo. Avendo identificato sè stessa con il Regno di Dio e
credendo di essersi assicurata la rappresentanza esclusiva della verità nel
mondo, essa si è sforzata di imporre
la propria supremazia su tutto e su
tutti. Gli aJtoparlan|hi si^'i campanili
che impongono la messa a tutta la popolazione del vicinato, volente o nolente, è un e.sempio solo di tutta una
linea di condotta che parte da una determinata impostazione dottrinale.
Ma una Domenica delle Palme senza Venerdì santo, rischia di rimanere
anche senza Pasqua. Un trionfo di
questo tipo rimane esterno, affidato a
elementi labili ed è destinato a crollare con il cambiare della situazione ambientale. Non è la Vittoria di cui ci
parla l’Evangelo. Il Regno è dato a
chi serve, a chi si sacrifica, non a chi
si vanta e vuole imporsi agli altri.
Se invece guardiamo alle nostre
chiese ci accorgiamo che spesso noi
prendiamo sul serio il Venerdì e la
Pasqua e non abbastanza le Palme. In
altri termini: è necessario che la sovranità di Cristo, nascosta al mondo,
sia tuttavia predicata al mondo. Non
è sufficente che siamo convinti
che Cristo è il Sovrano : dobbiamo anche proclamarlo e vivere come uomini che sanno che Cristo ha vinto. Siamo caduti spesso nell’eccesso opposto
a quello cattolico: non abbiamo voluto imporre ¡1 riconoscimento di Cristo, ma non lo abbiamo neanche proclamato con suffìoente chiarezza, ritenendoci paghi di accettarlo noi e di
averne adornato il giardinetto privato
della nostra vita religiosa. La nostra
testimonianza deve perdere quel certo
sapore di furtivo che spesso ha (quant’. nostri ammalati non osano dichiarare che sono evangelici all’ospedale
comunale o nella scuola!) quasi che
dovessimo scusare] di disturbare e ci
sentissimo un po’ petulanti se facciamo sentire la nostra vocina diversa:
ricordiamoci di essere i messaggeri del
Vincitore, del Re di Gerusalemme e
del mondo. La nostra predicazione
non renderà reale la sovranità di Cristo (essa esiste di per sè stessa, grazie
al Venerdì Santo, nella Pasqua); ma
darà al mondo il segno della sovranità di Cristo. Come allora a Gerusalemme così oggi è necessario che vi siano
nel mondo dei testimoni che gridano :
Ecco il Re che viene! Noi abbiamo
questo compito: di riconoscere il Re
presente nel mondo e di impostare tutta la nostra vita alla luce di questa
certezza. Ogni giorno della nostra vita
sia dunque una Domenica delle Palme (una occasione di testimonianza alla sovranità di Cristo) alla luce del
Venerdì santo e sul fondamento della Pasqua.
Terminando è necessaria ancora una
osservazione. La folla che applaudiva Gesù non era composta di santi e
perfetti : i motivi che la spingevano erano oscuri, contradditori, imprecisi.
Noi possiamo sentire la nostra debolezza, le nostre incertezze, la nostra
fiacchezza spirituale. Ma il compito
trascende le nostre debolezze personali
c ecclesiastiche. Chiamandoci alla testimonianza, Dio ci inserisce nella Sua
opera; non contiamo più noi, ma quello che noi dobbiamo fare in vista della predicazione del suo Regno. Guardiamo non a noi stessi ma al Re vittorioso che viene perchè la nostra incertezza sia Irasfigurata in forza.
Breviario per VUnità
li combaitimento nostro non è contro carne ¡e sangue, ma contro i principati, contro le potestà” scrive l’Apostolo Paolo {Efesini 6: 12), per significare che egli non combaOeva contro
singole persone, ma contro le forze
spirituali contrarie all’Evangelo. La
lotta dei Riformatori contro il papato
va intesa nello stesso senso : non era
cioè diretta contro questo o quel pontefice ma contro un sistema, ”un regna” dice Calvino (Istituziojie Cristiana, libro IV, cap. 2, par. 12). La
nostra odierna opposizione al papato
ha lo stesso significato. Ogni evangelico Sa che c’è papa e ¡mpa: c’è Gregorio Magno, per molti tratti così
profondìamentie evangelico e c’è Alessandro VI Borgia, così scandalosamente indegno anche solo del nome
dì cristiano; c’è Pio Xll, autoritario,
aristocratico e Uuransigente, e c’è Giovanni XXlll, conciliante, popolare e
aperto. Come ogni storia, anche quella dei papi ha le suie luci e le sue ombre. Quando sorse la Riforma, era
tempo di tenebre; oggi molte di quelle tenebre sono .scom/jarse. Eppure la
critica evangelica al ¡rapato rimante sostanzialmente identica, appunto perchè
essa non concerne le persone che via
via occupano il trono ¡rapale, ma investe il sistema nel suo insieme e soprattutto nelle sue radici. Certo, è meglio non solo per la Chiesa di Roma
ma per la Chiesa tutta che ci sia un
buon ¡rapa piuttosto che un ¡ra¡ra in
a cura di Paolo Ricca
degne. Ma il problema è un altro, ben
più profondo e più grave. Il ¡problema è di vedere se il ministero di papa
(indipendentemente dalla persona che
che lo esercita) è un carisma dello
Spirito Santo oppure no, se cioè la figura del papa è teologicamente legittima, in altri termini se è ammissibile
dal punto di vista dell’Evangelo. Il
problema è di vedere se c’è posto,
niella Chiesa di Colui che non aveva
dove posare il capo, per un trono permanente (¡rer quanto spoglio possa essere); il problema è di stabilire come
sia possibile che la figura del papa
lasci almeno lontanamente intravvedere che il Signore della Chiesa (del
quale il papa dovrebbe essere il vicario) è un Signore crocifisso; il problema è di sapere come è ancora possibile che il popolo, applaudendo il
¡mpa e inginocchiandosi davanti a lui
come avviene ogni domenica in Piazza S. Pietro, comprenda che il Dio testimoniato da apostoli e profeti è un
Dio geloso. In realtà noi crediamo che
il sistema papale non solo è fuori dell’Evangelo, ma ne contraddice lo spirito. La Chiesa ecumenica non potrà
perciò che farne a meno.
Il testo odierno è tratto dagli Articoli di Smalcalda, scritti da Lutero nel
1537 per essere presentati a un Concilio ecumenico che papa Paolo III aveva convocato a Mantova per il mese
di maggio dello stesso anno.
IL PAPA
Il papa non è iure divino, cioè in virtù della Parola di Dio, il
capo dell’intera cristianità, titolo, questo, che conviene solo a Gesù
Cristo. Il papa è solo il vescovo o il pastore della Chiesa di Roma e
di coloro che, sia di propria volontà sia per obbedienza alle autorità
politiche, cioè umane, si sono uniti a lui, non per sottomettersi come
a un maestro, ma per essere al suo fianco, come dei fratelli, dei colleghi e degli amici cristiani. Questa è l’indicazione che ci viene dagli
antichi concili e questa era la situazione ai tempi di Cipriano. Ma
oggi nessun vescovo osa chiamare il papa « fratello mio », come avveniva in quei tempi; al contrario bisogna che i vescov'i e persino i
re e gli imperatori lo chiamino « nostro Signore » e cc Sua Grazia ».
Questo non lo vogliamo, nè dobbiamo, nè possiamo, in coscienza,
approvare. Lo faccia chi vuole, ma non saremo noi.
Appare con evidenza che la santa Chiesa è stata senza papa per
più di 500 anni, e oggi ancora la Chiesa greca e molte Chiese che
parlano lingue diverse non sono mai state sottomesse al papa. Come
Io si è detto spesso, il primato del papa è un’invenzione umana: non
si fonda su nessun comandamento divino. Non è nè necessario nè
utile di riconoscerlo. La santa Chiesa cristiana può sussistere senza
quel capo e sarebbe per lei stato meglio se il diavolo non le avesse
mai aggiunto quel capo. Il papato è inutile alla Chiesa perchè non
esercita nessuna funzione cristiana. Perciò la Chiesa deve restare
senza papa.
Ma supponiamo che il papa rinunci ad affermare che il suo primato è iure divino, cioè fondato su un comandamento di Dio, e si limiti a dire che, per meglio mantenere l’unità della cristianità in
presenza delle sètte e delle eresie, c’è bisogno di un capo sul quale
gli altri si appoggino; supponiamo che questo capo sia eletto dagli
uomini e che costoro, col loro voto, abbiano il potere di sostituirlo
con un altro, di destituirlo, così come ha agito, nei confronti dei
papi, il concilio di Costanza che ne ha deposti tre ed ha eletto il
quarto; anche quando il papa e la sede di Roma fossero d’accordo
su questo (cosa impossibile, perchè bisognerebbe che il papa lasciasse abbattere il suo dominio, annientare la sua supremazia, abolire
tutti i suoi diritti e distruggere tutti i suoi libri - e questo non può
farlo), anche allora non ne risulterebbe alcun bene per la cristianità
e ci sarebbero ancora più sètte di prima. Perchè la sottomissione a
un tale capo non dipenderebbe da un ordine di Dio, ma solo dal beneplacito degli uomini.
E’ per questo che la Chiesa non può essere meglio governata e
meglio mantenuta nella sua unità che se tutti riconosciamo come
capo unicamente Cristo e se i vescovi, tutti uguali quanto al ministero (benché ineguali quanto ai loro doni), si tengono fermamente
uniti in un accordo unanime sulla dottrina, sulla fede e sui sacramenti, per mezzo della preghiera e delle opere della carità
Lutero
11 pastorato femminile
Mario Musacchio
L’ultimo quaderno di « DIAKONIA »
(marzo 1963) è interamente dedicalo al
paslorato femminile: molto opporlunamenite, in quanto, dopo la decisione in
linea di principio del Sinodo dello scorso
anno, il Sinodo di quest’anno sarà cliiamato a riprendere l’esame del iproblema
per affrontarne l’alluazione pratica.
Dopo una presentazione del problema
da parte del pasl. Neri Giampiccoli, con
parlicolare riferimento alla nostra situazione valdese, sulla scorta delTo.d.g. sinodale dello scorso armo, viene offerta
un’ampia e interessantissima doeumenta
zione su « I..a situazione del pastorale
femminile nelle diverse chiese »: proprio
quella documentazione che Tanno scorso
si era riobiesta con insistenza. Quindi uno
«indio di Madeleine Barot — segretaria
del Dipartimento del C.E.C. per la cooperazione fra uomo e donna. — su « Le
donne e il ministero ». Infine tm’intervista di grande initeresse, con i docenti della nostra Facoltà di teologia.
Ricordiamo die si può ridiiedere Tinvio di « DIAKONIA » ad Agape, con libere offerte sul c.c.p. 2/20957 intestato
a Giorgio Girardet — Prali (To.).
2
pas- 2
N. 14 — 5 aprile
Sin dal 1956 il Consiglio Federale aveva esaminato una proposta
proveniente dalla Chiesa Metodista di organizzare un Congresso Evangelico. Ma detta proposta era caduta per varie perplessità manifestatesi nella discussione sulla Assemblea Federale.
Nelle sue sedute del gennaio scorso, in seguito a un ordine del
giorno del Convegno Giovanile, il problema fu ripreso in esame e fu
votato il seguente ordine del giorno:
Il Consiglio Federale delle Chiese Evangeliche d'Italia, riunito a
Roma nei giorni 8-9 gennaio 1963
preso atto dell'ordine del giorno inviatogli dal Congresso della
Gioventù Evangelica Italiana ;
convinto della utilità di un Congresso che raduni i rappresentanti
delle Chiese ed opere evangeliche italiane onde esprimere la loro fondamentale unità e studiare i problemi vitali della testimonianza evangelica in Italia;
dà incarico alla Giunta del Consiglio Federale di nominare una
Commissione che collabori con la Giunta stessa alla preparazione del
Congresso tanto in merito al suo programma ed al suo svolgimento
quanto per i necessari contatti con le Chiese ed opere interessate;
auspica che il Congresso Evangelico Nazionale abbia luogo entro
il 1964.
In base a quanto sopra la Giunta del Consiglio Federale ha invitato le varie Chiese a nominare dei delegati per formare assieme alla
Giunta stessa il Comitato organizzatore del Congresso. I delegati saranno nominati nelle seguenti pro-porzioni :
Valdesi : tre delegati ; Battisti.- due delegati ; Metodisti : due delegati ; A.M.E.I.: un delegato; Chiesa Ev. Luterana: un delegato; Esercito della Salvezza: un delegato.
La Tavola nelle sue sedute della fine di aprile nominerà la sua delegazione, ed è augurabile che il Comitato si possa radunare nelle seguenti settimane in modo che all'inizio del prossimo anno ecclesiastico
le singole Chiese possano avere proposto un piano di lavoro in vista
della preparazione nelle singole comunità al prossimo congresso.
Il Consiglio Ecumenico ha espresso il suo ringraziamento alla Chiesa Valdese per aver mandato L. 1.841.870 quale risultato delle collette
fatte a prò dei profughi algerini.
Detta somma è stata- versata al Comitato Cristiano per il servizio
in Algeria e parte di essa sarà devoluta alla Cimade che, del Comitato
Cristiano, fa parte.
Per la Tavola
Il Vice Moderatore: Alberto Ribet
UN PROTESTANTE ITALIAN
Gian Pietro Vieusseux
Il primo organizzatore della cultura della nuova
Italia fu un protestante morto cento anni or sono
Alla fine del Setteoento, i Vieusseux
erano una tribù sparsa dalla Svizzera airingihilteiTa all’Italia, e discendevano tutti da Pietro, «un tale di
nome Vieusseux (che) ha lasciato il
servìzio dal àg. Delacorblère, (e) vende stoffe per conto proprio». Abbandonata la Francia per causa di religione nel 1688, egli aveva travato una
nuova patria a Ginevra, la città di
rifugio caljvinàsta; in sua omemoria
non pochi Vieusseux si chiamarono
« Pietro ». Più tardi, diversi ebbero anche il nome di « Jean Jaques », in
omaggio a quel Rousseau che anche
fra quegli ugonotti aveva trovato simpatie, e perfino discepolato.
Preferendo Jean Jaques a Oalvino,
uno di loro s’era allevato il figlio André secondo i suggerimenti dell’« Emilio » : a Oneglia, tra le preoccupazioni
pel commercio dell’olio e i trafiBci della ditta « J. Vieusseux Fils & Beauregard », l’onesto padre impartì ad André una educazione tanto «naturale»
che questi fece una delle riuseite più
stravag^ti òhe si possano immaginare. I Vieusseux ripresero a chiamarsi
«Pierre» piuttosto ohe «Jean Jaques»!
Suo nipote, figlio di imo dei tanti
fratelli, ebbe nel 1779 un nome che fu
un iw’ un compromesso fra la nuova
religiosità familiare e l’antico richiamo: Jean Pierre.
«M PIU’ PIACEVOLE SflllTÜDIl))
Fra Oneglia e Arma di Taggia, il
nostro Gian Pietro ebbe una prima
infanzia serena; un viaggio a Diano
Marina, dove il past. Ballamy di Torino celebrava il matrimonio della zia
Susette e battezzava tre bambini, era
nel 1783 un avvenimento. Scriveva il
babbo qualche anno dopo : «... qui noi
godiamo della più piacevole solitudine. Ovunque l’Ammirabile autore della natura ha segnato in splendidi tratti la sua bontà e. la sua magnificenza ».
Era una pace che doveva durare
ancora poco: 1792, i francesi bombar
dano e saccheggiano Oneglia; i Vieu,sseux sono quasi rovinati. Tentano di
riprendersi facendo capo a Taggia,
ma dopo qualche lanno sono costretti
ad emigrare a Genova, dove hanno
parenti. Magri risultati: il padre de
iiiMiiimmiiiiHiiiiiiiiiiiiiimmiimiiiiiiimmiiii'iMinuiiiiiMMiiiiimHiiiiiiiiiimmmtiiimiiiiiiiiiKiitiMiiiiiiHiiMiii
iimimimiimiiiiiimimmmiimimii
limmiiimimiii ut
Le radici dell’odio
Lo stato d’Israele, in questi ultimi
giorni ha vivamente protestato presso
le repubblica di Bonn per i fatti che si
stanno verificando in Egitto, dove un
certo numero di scienziati tedeschi ha
piantato le tende sotto l’egida dei governanti locali. L’Egitto ha sempre esercitato sui tedeschi un particolare interesse dovuto alla sua posizione strategica: Un generale del terzo Reich
aveva seppellito sotto la sabbia del deserto ingenti quantità di rifornimenti,
molti armi prima che scoppiasse l’ultimo conflitto mondiale, e questa brillante soluzione permise alle armate
hitleriane di avanzare con sicurezza.
Si dice inóltre che in Egitto esista un
fanatico gruppo di nazisti in attesa
della riscossa per innalzare ancora sulle piazze d’Europa la croce uncinata
e che il tesoro del terzo Reich sia occultato in un punto noto solo a pochi fedelissimi; quella terra si presta
insotmna alla gagliarda fioritura di
notizie, quasi sempre fantastiche ma
inevitabili, sorte dalle vicende politiche e dagli avvenimerai che harmo
sconvolto i destini dei popoli in questi
ultimi anni.
Gli scienziati tedeschi si sono trasferiti in Egitto, e questo non è un fatto d’eccezione tede da giustificare le
proteste di Israele, ma quel che conta
è ’’che cosa ci sono andati a fare”.
La Germania di Adenauer si sforza
di e.ssere più democratica possibile, i
tedeschi in buona fede, e sono molti,
hanno riconosciuto il grande errore del
passato in una Europa dove ogni nazione, del resto, ha avuto il suo passato non ricco di esempi civili e edificanti, anche se non così vergognoso
come quello. Alla fine della guerra ci
venne, proprio dalla Germania, un atte di grande umiltà: i pastori delle
chiese evangeliche, che non avevano
voluto piegarsi alla mostruosità del
nazismo e avevano affrontato per questo il campo di concentramento e la
persecuzione, firmarono ugualmente i
documenti votati dal Sinodo nei quali
si dichiarava il pentimento per il male compiuto dal popolo tedesco.
Ma gli uomini non sono tutti ugua
li: in Egitto gli scienziati della Germania di Adenauer costruiscono la bomba atomica contro Israele. Gli arabi
pagano bene, anche se, a differenza di
ogni uomo che presta la sua opera ed
esige in cambio un salario, quegli
scienziati, molto probabilmente, si ritengono già pagati dallo scopo dei loro studi. Si tratta di scienziati nazisti
il cui seme dell’odio di razza ha mantenuto le sue facoltà vegetative in tutti questi anni, fino a mettere le sue
radici nel suolo (ospitale di Nasser.
La Germania di Bonn è ancora un
vivaio di residui del terzo Reich, ogni
giorno la stampa di ogni corrente politica dem<xratica, anche la più pacifista, annuncia lo scandalo di funzionari della polizia hitleriana, delle SS, di
ex carnefici, saliti a posti di alte e delicate responsabilità nella Germania
del ’’miracolo”.
Ma gli scienziati traslocati in Egitto voglioKiO molto di più del grado di
ufficiale di polizia o di sottosegretario ad un ministero, vogliono riprendere la lotta contro gli ebrei, una lotta che non hanno mai abbandonato.
La loro lucida, criminale pazzia, ani
ma le giornate di studio e di lavoro:
ogni formula esatta, ogni esperimento riuscito, li avvicinano alla vittoria.
Adenauer ha risposto che è dispiacente ma che non può farci nulla, ogni
libero cittadino della sua repubblica
è padrone di trasferirsi ovunque lo ritenga opportuno. Anche questo è vero: la colpa non è delle leggi o della
costituzione della repubblica di Bonn,
la colpa è degli uomini: prima di quelli tedeschi che non si sono preoccupati
di estirpare il mal seme e hanno permesso il suo rifiorire, poi di tutti gli
altri, dei responsabili di ogni nazione,
che non hanno levato la loro protesta
contro tale minaccia incombente sulla
pace di un popolo, così strettamente
legata alla pace di tanti altri popoli.
Per gli scienziati tedeschi la guerra
non è finita e soprattutto, per il loro
tìpico e grottesco orgoglio nazionalista, non è perduta. Possono sempre
fabbricare una macchina infernale da
gettare sui campi di Israele in nome
deir Anticristo. E i popoli liberi, le nazioni sedicenti civili non fanno ancora
nulla per impedirlo. La libertà è bella
ma è troppo ’’libera”.
Marco
miimmiitiiiiiiiiiiimmiiiiimi'iiiKiiiiKMiiiiiiiiiiiitii
CELEBRATO IL CENTENARIO
di Gian Pietro Vieusseux
{sef>ue dalla l.a png.)
Vieusseux. Giunto a Firenze nel 1820 questi venne quasi isuibito raocoiglieTOlo intomo
a sè gli spiriti più grandi di questo momento: i suoi eollaboratori, dal Capponi
al Tommaseo, al Montani, al Lambrusebini, rappresentavano j più vari settori del
liberalesimo, e la più varia impostazione
rulturale (Tominaseo era addirittura clericale). Da questo gruppo sotto la vigile e
stimolante direzione del Vieusseux usci la
Antologia, che, nata dapprima come raccolta (li scritti già pubblicati, divenne sempre più la voce del liberalesimo ; il giornale non fu giornale letterario, ma ebbe
intenti divulgativi e trattò sempre problemi concreti, di educazione popolare e, iu
genere, di tipo sociale; fu, come voleva
Vieusseux « espressione della società italiana ». Parallelamente all’Antologia si
svolgevano poi le riunioni del Gabinetto
Vieusseux, che ebbe un’importantissima
funzione culturale di portata largamente
italiana. Soppressa l’Anto-logia nel ’33 dal
le autorità granducali, il Vieusseux non
rinunciò per questo al suo impegno civile
e pedagogico, fondando nel '41 l’Arcbivio
storico Italiano, presentato alle autorità come collezione di documenti, in cui tramite note e commenti riprese la sua lotta liberale. Infine il prof. Ciampini ba ricordalo come l’opera liberale di Vieusseux si
sia manifestata anche durante la Rivoluzione greca, poiché egli, insieme ad un altro
ugonotto, Eynard, rifornì i rivoluzionari,
fr((-endo partire da Livorno 12 piroscafi carichi di materiale. L’attività del Vieusseux
fa dunque ampia e feconda fino alla sua
morte.
Nel complesso sia pure per linee sommarie la conferenza ci ha offerto una ricostruzione intera della personalità del ginevrino, ed è stato un piacere notare con quan
to interesse sia stata seguita dai presenti.
h a questo proposito, rallegrante è stalo
anche vedere che la sala era piena, offrendo la speranza di una sempre più sicura
inserzione del C.E.C. nella vita culturale
fiorentina.
cide nel 1801 di lanciare Gian Pietro
allo sbaraglio, e l’accompagna nella
prima ricognizione sui mercati europei, quindi lascia che se la sbrighi,
nel caos delle guerre napoleoniche e
e del blocco continentale. Il nostro
viaggerà per tutta l’Eurapa, imbastirà traffici e mieterà guai per diciotto
anni. Tranne Spagna e Portogallo,
tutte le nazioni saranno «sperimentate » dal suo ingegno essenzialmente
pratico, attento ai fatti economici, a
quelli di cultura, di costume. Da questo ampio giro d’orizzonte tornerà in
Italia, in una Italietta provinciale come quella della Restaurazione, con un
bagaglio d’esperienza senza falsi splendori, non brillante, ma sicuro e proficuo.
L’APPBODO FiOliEliTliO
Nel 1819, al termine d’un fortunoso viaggio in Tunisia, il Vieusseux arrivava a Livorno, dove una sorella era
sposata al commerciante Pietro Senn
ed il padre aveva intrapreso nuovi
traffici. Livorno vantava una ormai
secolare presenza elvetica, e da lungo tempo inglesi, olandesi e tedeschi
formavano un bel nucleo protestante, intraprendente e quindi utile alla
città. Ma il Vieusseux, per una eie
zione della quale è vano cercare i motivi, preferì, stabilirsi a Firenze, dove anche suo fratello Paolo aveva
messo su, casa.
Cominciò col dare vita a un « gabinetto di lettura», secondo il modello
che aveva osservato nelle maggiori
città europee; da ogni parte giungevano giornali, riviste e libri ; « al
Vieusseux» si respirava aria del tempo, e la società fiorentina, la gente di
cultura che si recava a Palazzo Buondelmonti, in piazza Santa Trinità, restava presa dalla cordialità dell’uomo
nonché dalla sua ampia conoscenza
di iniziative e problemi che esso aveva appena intuito. Ben presto, due o
tre volte la settimana il Gabinetto
accolse gli ingegni migliori, li aiutò
a scoprire un indirizzo unitario nella
varietà degli interessi; era appena un
uomo sulla quarantina, il Vieusseux,
e già discretamente, umilmente, s’imponeva come un patriarca.
G. Capponi, N. Tommaseo, L. Lambruschini e C. Ridolfi furono forse gli
uomini più vicini al nostro; gente di
carattere, per niente disposta a farsi
trainare qua e là, stabili una collabn
razione per ogni verso generosa, e subì la sottile influenza del carattere,
delle attitudini del Vieusseux piuttosto che della sua cultura, che per altro non eccelleva in alcuna disciplina, e dava sul pratico, a realizzare.
A palazzo Buondelmcniti facevano
capo le personalità di passaggio, ginevrine in particolare, ed il Vieusseux
curava i contatti con la bella gente
che aveva conosciuto durante i viaggi, facilitava le conoscenze, le amicizie.
lA «SELEZira» ITALIA!
L’idea di stampare un periodico
nacque quasi subito, ed al Vieusseux
piacque il titolo « L’Antologia », che
corrispondeva al primo programma:
raccogliere e ripirodurre i migliori
■scritti apparsi in altri periodici, segnalare in sunto libri ed articoli. Tale sorta di « selezione » italiana usci
nel 1821, mediocre e modesta, per poi
crescere a vistin d’occhioi: le migliori
penne d’Italia ambiscono di vedere il
loro nome su quelle colonne, le tra
duzioni mettono in circolazione le
idee più moderne, gU « associati » si
ramificano ovunque. Anche l’improvvisato editore si fa la mano, preptara
la sua merce con oculatezza e la vende con intelligenza ; a chi manda poesie e poesie, risponde che è finito il
secolo XVII, e l’Italia ha bisogno di
approfondire le scienze umane e sociali, e di leggere di politica, d’economia, e d’ogni sorta di dottrina soda.
Al Tommaseo che fa le bizze, con
quel carattere unto che aveva, tiene
testa, rimbeccandolo quando ingiuria
gratuitamente i protestanti; e cerca
di guidarlo a realizzare le idee.
Il Vieusseux voleva pagare, a ogni
costo, i collaboratori; leggeva attentamente ogni scritto, e dava importanza ad una sua novità oggi diffusissima: il rendiconto died libri nuovi. In particolare la pedagogia interessava il gruppo direttivo de « L’Antologia », e qui l’infiuenza svizzera, assorbita fino nelle sue premesse teologiche dal Lambrusohini, fu determinante. Più tardi un periodica, frutto
d’appassionate conversazioni, di viaggi e di dirette esperienze, fu dedicato
esclusivamente ai problemi educativi.
LA «GUIDA DELL’EDUCATOBE))
Nel 1833, a conclusione della accanita campagna d’im periodico clericale modenese, « L’Antologia » era soppressa dal Governo granducale. Ma
il Vieusseux ormai aveva trovato la
sua strada — il giornalismo — e non
poteva tacere: due anni dopo dava
vita in collaborazione col Lambruschini a « La guida dell’educatore ». Il periodico doveva durare dieci anni, ed
offrire uno strumento prezioso per la
preparazione dei maestri, ai quali era
in effetti dedicalo. Combattuto
ogni mezzo dai clericali, periclitaaa
per i contrasti d’indirizzo dei prìnri,
pali collaboratori, raccoglieva però m
successo di lettori notevole, e diffo«,
deva idee, esperienze, portando il
mento delle novità fino nelle cla^
popolari alle quali andava il benej
ciò d’ima campagna per l’educazionj
pubblica.
La Toscana dell’Ottocento, così (j.
vile in ogni strato della popolazion«
ha tratto vantaggi immensi dalla
sione educatrice di quegli italo-svi®^
ri che s’impegnarono di persona come la Calandrini, il Mayer, ij
stesso Vieusseux ed altri — o furono
diretti ispiratori degli ingegni nativi
come il Naville, il Fellemberg, il
vet.
L’dMHIVIO snillCOii
Col mal della stampa addosso, ne!
’41 ecco il Vieusseux dare vita ad uii
ruovo periodico : una pubblicazione
carattere storico, che cun l’ediz’one
di documenti, testi obliati negli at
chivì, ed insieme fornisca rendiconti
e segnalazioni. Ancora una volta, una
bella corona di studiosi collaborò al.
rimpresa, da ogni parte d’Italia si sol
lecitrarono i sostenitori, mentre la co
scienza d’una comune civiltà, rompendo l’argine dei municipalismi, sj.
gnava il traguardo nazionale delTini
ziativa. L’italianità del Vieusseux, al-,
la quale egli molto teneva, sempre eb
be il carattere d’un contributo concro
to, serto, alla formazione d’una co
scienza unitaria e d’una sensibilità aperta ai problemi, alle ricerche ed al
le realizzazioni delle più progredite
nazioni protestanti. Nonostante i grattacapi e i soprusi che sul'', da parte
del clero reazionario, egli non fu mai
un anticlericale virulento; non accettò mai sui suoi fogli le briciole della!
verbosa letteratura antipa.pale cha
faceva chiasso e cassa. Era un prdxi
commerciante preoccupato di vendere;
merce sicura, articoli solidi, e veramente utili.
M TRAMOSfO LABORIOSO
Gli anni del « glorioso riscatto i
commossero profondamente il Vfeusseux, per natura propenso a ogni progresso, e liberale per convinzioni, Si
entusiasmò per Pio IX nel ’48, e nor
infierì, contro di lui più tardi; segui
con trepida gioia l’azione degli amici,
della sua « Antologia », sd a conti
fatti non chiese per sé che quella so
lidarie-tà ch’essi per il vero non gli le
sinarono mai. Al « Gabinetto di let
tura» riceveva ospiti di tutta l’Euro
pa, li entusiasmava per la causa ih
liana, li in,teress,ava alle cose di To
scana, suscitava in loro quel delica
tdssdmo affetto ch’ebbero durante tut
to il secolo per Firenze e la sua terra
Egli apparteneva alla Chiesa Rifoi
mata Svizzera che nella cappella su
Lungarni celebrava i suoi culti; espi
ti illustri passarono per quella oas*
comune, ed il protestantesimo tasca]
no nacque dal discreto ma fervidi
proselitismo elvetico ancor prima del
’48. Il Vieusseux fu anche diacono, |
multato per assenza ingiustifìcatal
della sua comunità; alla morte, avv»
nuta il 1“ aprile 1863, ebbe posto nò
vecchio cimitero protestante (fi Po’!
ta Pinti. Sulla destra dì olii s’inoltri
ne « l’isola dei morti » —ì come il Boefc
lin intitolò un suo quadro
ispirato dal nostro vecchio cimiteli
— si trova il ^pelerò che la città vo|
le erigere sobrio e solenne per quest^
suo figlio d’adozione.
* * *
E’ con un misto di commozitM
gratitudine che ricordiamo — noi pt<
testanti — Gian Pietro Vieussei
questo correligionairio erede della f'
de del « rifugiio » calvinista (con
una patina lieve di ottimismo
seauiano). In un secolo ch’ebbe
le concioni ed i gesti drammatici,
pe «essere» un protestante auteni
co, senza retorica, coi piedi sulla “
ra, su una terra che amava daw
perchè voleva ricca di uomini
tezza dei nuovi tempi che s’annunzi!
vano. Luigi Santini
Programma
dei culti-radio
Aprile-Giugno 1963
Aprii« 7 . 12 . 14: Past. Manfredi B**'
olii : « Cielo Paeciuale ».
Aprile 21 • 28: Pastori Paolo Ri®<»
Aurelio SbafiS : « Dalla Risurrezion* *
discesa dello Spirito Santo ».
Ma,g:gio 5 . 12 - 19 - 23 - 26: Fa»*'*
Emidio Santili - Aldo SbafiS . Franco Se*
pacsasa . Bruno Saiccomani - Carlo
« Dalla Risurrezioiue aMa diiscesa
Spirito Santo ».
Giugno 2 . 9 : Pastori Nando Camelh
e Gino Conte : « DaUa Risurrezione *
discesa deiUo Spirilo Santo ».
Giugno 16 - 23 - 30: Past. Franco fi'®*’
piccoli: « La Missione della Chiesa »-
3
5 a{nle 1963 — N. 14
P«*. 5
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LETTERA DALLA RHODESIA
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Vieue
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ni. Si
3 non ’
Mantenendô una promessa
Cari amici,
gli avvenimenti di questi ultimi due
mesi sono stati tali e tanti, che occorrerebbe una lunghij^ima lettera per
informarvi appieno di tutte le impressioni della prima presa di contatto
con questa terra e qu^to popolo mulozi, divenuti finalmente ima realtà
ben concreta per.me! Non mi è possibile tradurre in atto questo mio desiderio, ma cercherò ugualmente di
informarvi, secondo promessa, del
mio lavoro qui.
Partito TU gennaio da Genova sono arrivato, colla mia famigliola, a
Lukona, sede assegnataci, il 25 feb
brado. Come vedete un viaggio discretamente lento, specie da quando siamo .giunti alle porte del Barotseland.
accolti a Livingstone dal largo, incoraggiante sorriso del pastore E. Berger, ohe sembrava rivivere un po’ il
suo primo arrivo qui, tanti anni fa.
Abbiamo dovuto aspettare una settimana per trovar posto sul buon vecchio Dakota per Mongu; abbiamo cosi avuto, tra l’altro, Toocasione di ammirare con calma la selvaggia e pos
sente bellezza delle Cascate Vittoria,
di far conoscenza con un po’ di fauna
africana, visitando il locale Game
Park, e ho potuto essere presente ad
una riunione presieduta dal past. Berger nel centro minerario di Wankie,
a circa 60 miglia da livingstone. Poi
in volo sulla pianura dello Zambesì
che, totalmente allagata in questo pe
r^odo delTanno, appare a tratti sotto
di noi, tra un banco di nuvole e l’altro: pochi i viaggiatori, e tra questi
Lady Badén Powell in giro di ispezione a gruppo di Giovani Guide del
Baroitseland. A Mongu una pioggia
scrosciante ci accoglie all’uscita dal
Taereo, ma ci rifugiamo nella jeep di
J. Fisher, incaricato del movimento
giovaniile, che ci scarica, intatti dopo tanti scossoni, a Sefuia, centro ec:;la,siastico della Missione. Qui oltre
alle abitazioni di parecchi missionari
e a quella del Moderatoire della Chiesa, past. Ngula (che alcuni di voi aranno visto alle Valli un anno' fa),
vi sono gli uffici del Segretario della
Chiesa, del Cassiere, del Segretario
della Scuola, la Scuola Evangelisti, un
vasto complesso iscolastico e, inoltre,
un neonato Centro (jdovanile, costrui!c con un campo di lavoro ecumenico, e da ampliarsi in futuro.
Dopo alcuni giorni di sosta mia mo:glie ed i piccoli sono andati a Mabumbu, dove la missionaria Graziella
Jalla ha speso tanti anni di appassionata attività, accolti dalla slg.a M.
Borie, ispettrice delle Scuole di Economia domestica, mentre io ho seguivo il gruppo compatto di pastori e
missionari che si recava a Lukona per
una retraite pastorale, presieduta dal
prof. Plper della Facoltà teologica di
Princeton. Faceva un certo effetto
pensare alTambiente, cosi diverso da
(vuello a lui familiare, in cui il prof,
■piper teneva le sue conferenze. Sono
state giornate molto intense, nelle
quali si sono studiate le caratteristiche generali delTApocalissè, delle Parabole di Gesù, nonché il significato
delTimpegno della Chiesa in campo
politico.
Sono stato accolto molto fraternamente da tutti, e in particolare dal
past. R. Anker e signora, responsabili delia stazione di Lukona e dalla
sig.na T. Schlìttler, che dirige il piccolo ospedale locale. Tra una conferenza e l’altra mi guardavo intomo, e
il mio sguardo si perdeva in lontananza, oltre la pianura inondata ai
piedi della collina, in direzione della
macchia d’alberi di Lealui e di Ma
bumbu, che si eleva al di là del fiume
(si tenga presente che, in quest’epoca
dell’anno, a Lukona si arriva solo in
barca, in 4 o in 6 ore a seconda che
si vada a motore o a remi, cui bisogna aggiungere altre 5 ore di viaggio
parte a piedi, parte con altri mezza!).
Il 25 febbraio sono tornato definitivamente a Lukona con moglie, figli e
parte dei bagagli; per Toccasione ci
siam serviti del koloi, l’ultimo carro
trasmato da quattro paia di buoi dalle lunghe coma, in possesso della
Chiesa, per attraveusme la foresta che
fa da paravento alla pianura di Lukona. Coperti di polvere sollevata dallo zampe dei pazienti animali, ci siamo trovati sotto la furia di uno di
quei bruschi acqua^oni proprii di
questo periodo dell’anno, mentre il
koloi si era ormai, addentrato nella
pianura allagata: acqua dappertutto
dunque, finché siamo emersi sulle alture di Lukona, sotto un sole ritrovato ma con le facce ri<x«perte da una
nera mistura di fango e d’acqua!
Appena il tempo d’installarci nella
casa, piccola ma graziosa, assegnataci per il periodo di « apprendistato »,
e già partivo con Anker per una riunione di concistoro (chiesa locale con
«annexes») a Kalabo, ultimo «cen
tro» di qualche importanza in direzione della frontiera angolose. Alcune
donne della Chiesa hanno voluto che
accettassi dei pomodori del loro orto,
quale segno di benvenuto, e mi sono
arrabattato, con le poche parole di
sUozi attualmente a mia disposizione,
per esprimere loro la mia latitudine
in questo periodo di eccezionale miseria, causata dalla straordinaria iiiondazione, che rendeva questo dono
in natura un segno ben reale della
gioia con cui mi si accoglieva.
Da Kalabo lunghe ore di barca in
direzione di Libonda, dove dovevo soi^
vegliare gli esami di selezione per la
ammissione alla «Secondaxy School».
Il villaggio, una minuscola Venezia
africana, é ora circondato dalTacqu;a
a tal punto che é necessario prendere la canna per passare da una casa
all’altra. Prima di ripartire, sono stato ricevuto dalla Mokwae, una delle
« principesse », nella sua vasta casa
Tanto lei che suo marito sono cristiani zelanti, e abbiamo parlato del lavoro delle Chiesa e dei missionari
giunti qui dall’Italia nel corso degli
anni. Davanti a me stava tutta un
mondo destinato a .scomparire, eppure vi era una profonda dignità in
quella donna che nel suo ambiente,
sembrava ferma all’età vittoriana.
Il giorno dopo, verso sera, ritrovavo i miei e il primo pacco di lettere
e giòrnaii (anché T«Eco» che ho letto con gioia) : purtro'ppo la posta funziona male, almeno per ora.
Dopo una settimana dedicata soprattutto allo studio del sUozi, in previsione del momento in cui avrò tutta la responsabilità della stazione, di
nuovo a Sefuia per la «: Yauth Consultation », la missione annuale dei responsabili di tutte le attivi tà giovanili, che qui sono nume?rose e ben organizzate: certo non tutti erano presenti, ché le distanze sono talvolta
troppo grandi e non sempre é facile
organizzare trasporti oollett ivi, ma
una quindicina di giovani inupegnati
si è riunita per tre giorni com un programma di studi biblici e di animate
discussioni concernenti unii valutazione delle passate attività, €i(J. i pia
ni per il futuro sviluppo' delle stesse.
Interessante notare che, nel corso della discussione, é emerso il desiderio
che il ministero dei reisporosabili dei
vari movimenti giovanili fosse ufficialmente riconosciuto nella Ohiesa, con
una fornia di insediamento nelle comunità in cui detto minrsteixj viene
esplicato (mi sembra di sfsntiire certe
discussioni che si vanno factmdo lì
da voi!).
Il Centro giovanile è, per ora, costitiiito da oinqu© padiglioni metallici,
il oui tetto sarà presto ricoperto di
paglia per renderli più attraenti: rmo
dì essi é destinato a sala da pranzo o
di riunione (ove non sia possibile riunirsi all’aperto), gli altri ad uso di
ufiaedo, di biblioterai, di deposito di
materiale vario e (fi dormitorio. In
generale, ora si dorme sotto la tenda,
ma già si programma la costruzáone
di dormitori stabili in muratura e di
idonei servizi igienici. I^ cucina é attualmente situata sotto una tettoia
Questo centro è destinato ad avere una accentua/ta apertura ecumenie, nel suo pictxilo, speriamo si metta sulla strada di Agape e di altre istituzioni consimili, nel quadro di un
ben organizzato « Dipartimento Giovanile» nella Chiesa.
A due riprese ho avuto occasione
di parlare della nostra Chiesa e del
protestantesimo italiano agli evangelisti della Scuola di Sefuia ed a quelli che si preparano al pastorato a
Lukona, e molte volte ho spiegato con
quale spirito ero venuto ed ero stato
mandato a lavorare nel Barotseland.
Il momento è assai delicato per
questo paese, ché il popolo è alla ricerca di una difficile indipendenza,
mentre gli uomini politici formulano
faticosamente piani ^ sviluppo non
agevolmente applicabili a questa parte sottosviluppata della Rhodesia del
Nord. Si ha il sentimento paralizzante ohe molti, troppi giovani non abbiano altra scelta, per il loro lavoro, che
le lontane miniere del Copper Belt o
di Johannesburg: una vera e propria
Compagnia opera nell’Africa centrale, con aerei e CEimion, per avviare ai
posti di lavoro numerosi disoccupati
delTAngola, dedie due Rhodesie, del
Ny assai and.
La Chiesa, in avanzata fase di autonomizzazione, lotta a denti stretti
contro gravi (fifficoltà finanziarie, segno di un grave cedimento spirituale
di molti. Inoltre minaccioso si erge il
peri<x>lo di carestia, mentre il granoturco, scomparso da tempo sotto il
volumei di questUnondazione sen^
precedenti, sta marcendo irrimediabilmente; che coloro i quali hanno (il
che saziarsi non debbano, nei prossimi mesi, provare troppa vergogna
guardandosi attorno! Come vedete,
non idealizzo la situazione (non è
certo quello che aspettate da me). Posso, però, dire che mi sento al mio posto qui, e che provo una vera gioia
all’idea di Iettare con questi fratelli
che il Signore ha messo sui miei passi. Il lavoro ^rà difficile, più difficile
di quanto possiate immaginare: pre^
gate perché moglie ed io rioeyda
mo la saggezza che solo lo Spirit’O
Santo ouò dare.
A voi un saluto fraterno, con l’assicurazione che non dimentichiamo le
vostre difficoltà e la vostra lotta, ohe
rimangono nostre.
Giovanni Conte
La grande impunita:
U MAFIA
« Chj uccide me weide (?eeà Oisto »,
aveva detto Salvatore Carnevale al mafioso mandato a nùaaeeiarlo alcuni giorni
prima della sua morte.
Nel 1955, quando avvenne il delitto,
l’opinione pubblica ne fu commossa ; e
così nel 1957 quando, dopo lunga istruttoria, si celebrò presso le Assise di S. Maria Capota Volere il processo, conclnsosi
con la condanna all’ergastolo dei quattro
imputati principali. Ora, invece, salvo la
stampa di sinistra, nessuno ba badato al
processo celebratosi in seconda istanza
presso la Corte d’Assise d’appello, conclusosi il 13 marzo scorso con Tassoluzione dei principali imputati, per insufficienza di prove. Dal 1957 ad oggi, le
VOICiaili^’IÛLU MAFIA SKIUlttIO tlb
A quuTA RorrvAA ei cO « ‘ «
fri tOOflGI Eo
oFìenziin’Pinfwiireno
immedía tómenle
A» l>r ima 51 t»i* itMtUfiit
« ceVfU* ^ ar« OB ^
FaHh Cìiiuntl '' ÌL.
Mialkal» PnBtalaoo*
lOMtroipt ■ *'■
ÌtiÈWIil: Í
iiimmiuiniiimimmiiiiiri
acque sono state .sufficieiilcincmlc inlorbi(lale; e ncissuno — o quasi — ci Itada più.
Malora premami.
Chi era Salvatore Carnevale? un sindacalista socialista di Sciara, un paese della
Sicilia settenlrionale in buona panie feudo della famiiglia Nolarbartolo ; dopo esser alato al nord, in Toscana, in cerea di
lavoro, se ne era tornato al paese natio
con Tappaissionata volontà di trasformare
la triste condiziome di isoggezione fn cui
vivevano ¡ più dei suoi compaesani, chini
sotto il giogo iconiugalo del feudo e della
tnafia. Con costanza e coraggio, con una
coscienza politica e sociale straordinaria
in un aulodidalla quale egli era, con un
fascino segreto di capo, aveva impegnato
la lotta contro il privilegio, e lo sbriciolava, pezzo a pezzo, forte della legge; attorno a lui alcuni almeno dei suoi compaesani isenitirono ’die era suonata l’ora
della riscossa. E i Nolarbartolo non poterono più imporre senza lotta le loro
inique condizioni nella raccolta delle olive o nello sfruttamento della cava di
Sciara, oppure oipporsi allo scorporo di
parte del feudo. Allora, dopo aver vanamente tentato di corromperlo con profferte e di intimorirlo con minacce, la mafia
agì. E alTalba del 16 maggio 1955, sulla
via per la cava, fu trovato ucciso a lupara, un colpo alla testa e uno in bocca,
per sfregio.
Così, sitlVorlo di un
ixmipo,. La foto è riprodotta d(dla copertina di
’’Mìiifia e politica’, di
Michele Pantaleone, pubblicato ranno scorso dall’ediloro Eimmdi. Nel
’’manifesto” mafioso riprodotto qui sopra il nome del Pantaleone compare fra gli ’’ammoniti’ .
Egli è stato più volte, in
relazione con il Past.
TuUio Vinay e con il
gruppo di Servizio Cristiano a Riesi.
Il rituale antico del raesegnato silenzio
si ripetè una volta ancora; non soltanto i
dditti della mafia non si contavano, ma
numerosi erano aoclie quelli puramente
politici: ciTMpianta sindacalisti erano stati
uccisi dalla fine della guerra al 1955 e
mai nessuno era stato condarmaU). Ma fu
un momento, poi sembrò che veramente
qualcosa mutasse: questa volta il timoroso silenzio rassegnato deli’omerlà fu rotto; la madre di Salvatore Carnevale osò
parlare, e bisogna leggere le pagine che
le dedica Carlo Levi (in « Le parole sono
pietre ») recatosi a Sciara .poco dopo il
delitto. « La madre di Salvatore ha parlato, Ila denunciato esplicitamente la mafia al tribunale di Palermo. E’ un grande
faitto, perchè rompe il peso di ama legge,
di lun costume il cui potere era sacro.
Qualclie cosa è davvero cambiato. Il giorno della morte di Carnevale il paese era
terrorizzalo, nessnaio osava andare a vedere il morto, abbandonato all’obitorio.
La denuncia ha scacciato il terrore, al funerale c’erano tutti, si sentivano solidali
e sulla strada giusta, come al centro del
mondo » — così scriveva Carlo Levi. E al
processo sembrò che davvero qualcosa fosse cambiato, e i colpevoli — non i mandanti, è vero — f.urO’Uo condannati. Ora
sembra invece che, dopo tutto, nulla sia
cambiato: ama volta di più, la mafia sembra risultare impunita, « per insufficienza
di prove ». E il cafone di Sciara e di tanti
altri paesii, per cui Salvatore Carnevale
era una bandiera e una speranza, un chicco di frumento elle muore ana die porla
frutto, sarà nuovamente e più gravemente
tentato dall’antica .rassegnata om.er.tà.
Mi pare bene riitortare questo giudizio
de L’Espresso: « ...è comprensibile in Sicilia, dove i delitti in oui è implicata la
mafia si sono quasi sempre coudoisi con la
sconfitta ddia giustizia. Ma per le altre
regioni d’Italia Tindifferenza dimostrata
in quest’oecasione ha forse una ragione
più sottile. L’Italia benestante, soddisfalta dello stato economico raggiunto e die
ha per principale itraguardo il consolidamento del pro"prio benessere, è psicologicamente portata ad ignorare gli episodi
di cronaca die la costringono a guardare
da vicino, la miseria e gli antidiì mali non
risolti della vita nazionale. Quesl’indifferenza non è recente. Il fastidio die non
solo Tilaiiano benestante, ma anche letterati e sociologi provano oggi per i problemi dd Mezzogiorno, si può far risalire agli anni della ripresa economica,
cioè intorno aU’ulliiino decennio. I libri
di Cario Levi, di Rocco Scotellaro, l’interesse qualche volta retorico, ma spesso
sincero, che spingeva sociologi e letterati
a teorizzare sulla civiltà contadina, sembrano ricordi di im’Italia molto lontana
nel tempo, senza più nessun legame con
i problemi e le necessità di am paese cambiato solo in apparenza ».
L’assoluzione per gli assassini di Sciara
è un ennesimo passo indietro, è un nuovo abdicare della giustizia dello Stalo di
fronte alla perversa « giustizia » della
mafia. Ma è chiaro che i principali responsabili non sono i vili sicari, ma i loro
mandanti ; è chiaro die le colpe della
mafia non sono da ascrivere soltanto a
gruppi di uomini violenti e sopraffatori,
ma a molti « galantuomini » insospettabili, a qualcuno dei quali magari si dà delTeccellenza o dell’onorevole, a Palermo
o a Roma.
« Chi uccide me uccide Gesù Cristo ».
Queste parole di Salvatore Carnevale possono parere blaisfeme, specie in questo
periodo di Passione: invero neissuna sofferenza, nessun sacrificio lumano, per nobile che sia, può essere accostato a quello
del Figlio di Dio. Ma mi chiedo se queste parole, al tribomale di Dio, saranno
{Continua in 4.a pag.)
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Inni cattolici
0 protestanti?
Un lettore, da Taranto:
Ieri sera, per incarico ricevuto,
mi recai in un ufficio della Questura per una pratica. Fui ricevuto genlilmente da una personalità di una
certa importanza. Mentre, seduto,
attendevo che l’usciere xmrlasse la
pratica che mi riguardava, sentii ohe
1 a,Ito funzionario fischiettava in sordina Farla del nostro inno natalizio
42 « Venite, fedeli, venite festanti »
di Ern. Filippini, aria del sec. XVIII
(così nelFinnario). Scusandomi l’interruppi e gli dissi die quello era
un inno natalizio evangelico e gli
rantai la prima strofa. Lui mi rispose che quello era state sempre un
inno natalìzio cattolico, e che se lo
ricordava da quanto frequentava la
quinta classe elementare e che con
molta probabilità gli evangelici lo
avevano adattato con parole proprie,
poìdiè le parole dell’inno in parola per i cattolici sono in latino. Anzi, affermò che in origine quell’inno fu cantalo in una zona cattolicis.sima dell’Austria o della Germania. Volli assicurare il funzionario!
che io, nato in una famiglia cattolica, cresciuto da 7 a 16 anni in collegio diretto da frati, fino al 1946'
praticante cattolico, non avevo mai
sentito cantare o suonare nelle Chiese Cattoliche, in recite o altro, inni
come il 52 ed il 49. Solo dal dopoguerra questi inni si sentono alla radio, incisi su dischi, ed alla televisione. A questo punto giunse l’usciere con la pratica e la discussioiK!
sull’inno cessò. Ora, io desidero sapere con esattezza (possibilmente),
gli inni 42 e 49 a die epoca risalgono e Se musica e paro.le sono venute fuori da Chiese evangelìce oppure dalla Chiesa cattolica.
Giuseppe Barchelto
Ambedue gli inni .sono di origine oauolica sia. per il testo che ¡ter
la musicai: il 42 è di autore ignoto, probabilmente risale al XVIll
sec., e infatti lo stile della melodia è nettamente TONALE, moderno (non contemporaniso, beninteso), il testo non può dare riferimento cronologico in quanto il latino è tutt’ora la lingua ufficiale
della musica liturgica cattolica; esso si inizia con le parole ADE^E
FIDELES. L’inno è contenuto (solo melodia, .senza accompagnamento) nel ’’Liber usutdis Missae et
affidi”, che è la raccolta delle
musiche liturgiche tradizionali riconosciuta dalla Chiesa cattolica, in
prevalenza canto gregoriano, ma
anche brani più recenti, come qiie
slo. Questo inno famoso è tradotto
in tome le lingue c osato pressoché
in tutte le chiese protestanti. Il 49,
’’Nette benigna” è il tede.sco ’’Stille Naclu” delTauslriaco e cattolico Gruber (1787-1863), anch'esso
[ tradotto in tutte le lingue e cantato presso t otti i popoli carne simbolo musical e del Nùitale. La musica. è stata, a iqu/mto semplificala e
' il testo itariai nenie modificato : negli innari ¡trot tsUtrìti esso tratta dei
iMtlori spiritutd, ì del Matale anziché
centrarsi più eh w altro sulla descrizione della Ma, isità, come Torigiriale tedesco. St. 'ano, il destino di
quiest'inno. Negli ultimi decenni si
é molto diffuso fotre al di fuori
delle chiese negli ambienti mondani, commerciali o dà divertimento;
nello stesso tem¡ »» molte chiese
(specialmenlie in t Germania) l’hanno escluso dai lor< » innari, pare a
causa del suo ecces^vo sentimentalismo, che. i^oncortlerebbe con il
quadro di i in NaU ile festaiolo e
supurficiale i n contrasto con il signif icato reb ìgioiso del Natale di
Cri sto e dei 'le celebrazioni che i
cri aiani deb bono fame.
> Concludo riledandio che le chieste protestan li non rifuggono affatto
da IVusare ¡ meiodie e testi cattolici , purché essi siano ortodossi
qg umto a < j.'moeMt c liturgici — o
almeno dignitosi — quanto a espressione musicale (Vedi ¡ter es. il n.
40 delTInnario, che proviene da
una raccolta cattolica di Vienna).
Ferruccio Corsani
della Cornili. Valdese Canio Sacro
Per una Riforma
bene intesa
Egregio sig. Direttore,
Sono veramente spiacente che una
mia lettera scrii.a ad un collega, nella mia qualità di membro della Tavola, sia stata da questi pubblicata,
ccn un commento mollo personale,
suirullimo numero del periodico.
Perchè i lettori possano avere un
giusto giudizio sul valore di quella
citazione debbo innanzi lutto precisarne i termini. Scrivevo così: «I
suoi giudizi li potrà trasmettere, se
crede, alla Commissione d’Esame o
al Sinodo, ma io devo pensare a lavorare e non alla sua opinione su
me e sulla Tavola. Rimango naturalmente pronto a discutere con Lei
sulle proposte costruttive ed ispirate al desiderio di collaborare per il
bene della Chiesa ».
I « giudizi » che mi rifiuto di accettare (oggi conte ieri) sono i seguenti contenuti nella lettera del
collega e sottolineati prima di ritornarla per evitare equivoci: « ... Io
ho dovuto riportare la discussione
su dati oggettivi e richiamare ancora una volta l’amministrazione su
questo vecHiio problema. L’ho fatto
perchè ritengo che l’amministrazione debba alla Chiesa un servizio utile, una diaconia su base dell’initera
(.’hiesa e non posso che constatare
segni di stanchezza, di disinteresse
e di disordine di cui non posso che
rammaricarmi. Il tono della presente non tradisce l’intenzione dì veder la Chiesa amministrata con serietà, giustizia ed imparzialità ».
Mi permetto di credere che anche nella libera Inghilterra dii si
crede trattato ingiustamente da un
pubblico funzionario ricorre a chi
di dovere: chi ricorre a giudizi di
insulto, .penso, anche in Inghilterra,
meriti solo che gli «i respinga la
lettera. « In questo caso poi, forse
per deformazione professionale, continuo a considerare i membri deUa
Tavola non come degli ’’impiegati
pagati per essere al servizio del pubblico” ma come delle persone investite dalla somma autorità ammini
strati va della Chiesa, che è il Sinodo, di una responsabilità e di una
autorità. E’ forse bene ricordare, per
avere una esatta valutazione del pensiero sociale della Riforma, che la
lettera ai Romani, a cui si sono tanto ispirati i Riformatori, accanto alla pagina m eu¡ si rivendica la dignità dei figli di Dio, ne ha un’altra in cui ricorda il dovere di rispettare le autorità, se per Paolo
erano ’’autorità volute da Dio” anche i magistrati pagani delFImpero».
Per questo, come non temevo ieri il giudizio della Commissione d’esame e del Sinodo così mi presento
sereno al giudizio dei lettori del
nostro periodico.
Precisato questo riconfermo al
Collega che «rimango pronto a discutere ogni proposta costruttiva ed
ispirala al desiderio di collaborare
pei il bene della Cliiesa ».
Alberto Ribel
Vice Moderatore
Abbiamo ricevuto
In memoria del Prof. Emilio Tron'
Laura e Linelte Monastier (Torino) per l’Asilo dei Vecchi di Luserna S. Giovanni, L. 3.000 — N. N.
(Torino) per la Claudiana, in vista
del nuovo Innario, L. 2.000.
In memoria di Roberto Revel, pro
Collegio Valdese:
P. Peyrot (Torre PeUdee) L. 5.060
— Mario Meucci (Trieste) L. 25.00Q.
4
pag. 4
N. 14 — 5 aprile 1963
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
TORRE PEUICE
Mai nulla potrà separanti
Ma umili le mentii ed i cor
Vogliamo alle geniti mostrarci
Fedeli ad un solo Signor.
Un incontro fraterno
a Riesi
Il 19 marzo u. s. Ita avuto luogo ih Riesi un inconitro fra le comuniiità df Caltanissetta, Riesi, Agrigento, Groilt'é ed alouna fratelli di Vittoria. Tema 'dell’in'contro è stato : « l’EvangelizzazioiA'e » e l’introduzione alla discussione è stala preseiuitaita dal pastore Tullio Vdliay, il quale
ha sottolineato il significato e la portata
della missione della Cliiesa.
Evangelizzazione, ci ha detìo il pastore
Viinay, non è parlare di uiha. chiesa nè
fare della polemica (anche & a. volte necessaria), ma portare al mondo che ci circonda una « buona notizia il! Il buon annunzio è Gesù. Evangelizzale significa, annunciare Gesù Cristo. Or nbRa chiesa primitiva l’evangelizzazione ^non era solo
un’argomentazione intelieltuale, ma la parola dei leslimoni era déicomipagnata da
atti potenti, frutto dell’akione dello Spirito del Signore. “
Anche oggi la chiesa d'eve essere attenta a questo aspetto e®siénziale della .sua
missione. Nella misura lù cui il coipo di
Cristo (la Chiesa) sarà disponibile per
donarsi al servizio del mondo, nell’esempio del Maestro, la téstimonianza potrà
essere accompagnata ^'da quella potenza
che ici è affermata d^lla Sacra Soriittura.
Dopo l’introdnziond' la discussione non
è stata in verità mòtto viva, forse a motivo deli’apparente %’tasi delle nostre comunità. Ma nel poifaeriggio, dopo il fraterno pranzo al sacfco e l’allegrezza dello
stare insieme espressa dai giovani, presenti in gran ninnléto, in una gaia virginia, la discussione "è stata ripresa. E partendo da un’idea'' del pastore Sciclone,
che auspicava umi.a maggiore coHaborazione nel triangolo occidentale della Sicilia
( Caltanissetta - ^ Riesi - Agrigento), si è
arrivati a fissaré um muovo inicomtro, ah
largandolo podiibilmente alle Cliiese di
Vittoria e di Pachino, che avrà luogo il
lunedì di Paòijpua ad Agrigento, ed il cui
scopo sarà di far prendere sempre più
coscienza alle nostre comunità del compito che è loro affidato dal Signore, in
uno spiritò'' di collaborazione e di dono
di se stesse. O. L.
BOBBIO PELLICE
La semata ricreativa offerta dall’Unione
dei Coppieri il 30 ed il 31 marzo ha avuto un successo veramente lusinghiero.
Esprimiamo il nostro sentito ringraziamento agli attori tutti molto Inavi nella
commedia e nei due scherzi comici. Il
gruppo corale ha cantato itre inni a quattro voci : La sentinella della Chìeìsa della
Tana, La Rihbda di mia madre. Lux lueet
in tenebns, un veodiio inno valdese che
le Chiese d^ Wiirtemherg ci hanno trasmesso. L’Unione dei Coppieri è formata
da una qmarantina di giovani quasi tutti
operai e che malgrado l’dmpeguo di lavoro, talvolta pesante trovano il tempo
e considerano un privilegio gioioso lavorare e cantare per la loro Chiesa.
Col provento delle serate contribuiscono all’aicquistO' di sedie, banchi ecc. e
fanno della' beneficenza. Il gruppo corale
canta durante le serate, al cnlito della vigilia di Natale nel tempio dei Coppieri,
alla festa dell’albero che ogni anno l’Uniome offre ai ricoverati del reparto sanatoriale ed al culto del venerdì santo pure
nel Tempio dei Coppieri. Sìmpatìico il
contributo sempre efficace del personale
dell’Ospedale e dei meno giovani ohe si
trovano cosà bene in mezzo a loro. Concludiamo questa breve cronaca con l’ultima strof a del nostro inno :
— Lunedì 25 marzo ha avuto luogo il
servizio funebre della nostra sorella Ponte/ Moria fu Paolo deceduta il giorno 23
marzo alla borgata Eyassart dopo breve malattia all’età di anni 81.
Ai parenti tutti ridiciamo l’espressione
della nostra viva e fraterna simpatia cri
stiana.
— Il nostro augurio cordiale aRa .picco
la Mondati Marin Aldina die, dal 10 marze, è venuta ad allietare la faini'^ia di
Mondon Marin Paolo e Maddalena del Podio superiore. e. a.
condo martedì 26. Ai figli e ai parenti
tnlli la nostra viva simpatia cristiana.
— Sabato 30 marzo, abbiamo ricevuto la
visita gradita della filodrammatica di Angrogna (Brassuit-Vemè). Ringraziamo i
nostri amici per la bella serata che ei
hanno offerto.
— Dipartenza. Ha terminato la sua giornata terrena, dopo breve malattia, la nostra sorella Costantino Susanna ved. Gardon (Gayot) deceduta il 24 marzo, presso
l’ospedale di Pinerolo, alla età di 68 anni. I funerali hanno avuto luogo a S. Se
La domenica delle Palme alle ore 20,30
nel teatro vaMese gli alunni della Scuola
Latina, diretti dalla Missionaria Anita
Gay, offriranno una serata a beneficio del
le Missioni con un interessante programma di canti, dialoghi e cose varie.
Tutti sono cordialmente invitati.
Domenica delle Palme, culto « confermazione dei catecumeni alle ore 10,30; Giovedì Santo ore 20,30 «dto con Santa Cena
al Centro; Venerdì Santo, ore 10 cullo
con S. Cena al Clot Inverso.
Domenica di Pasqua, culto con S. Cena
alle ore 10.
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Vita della Chiesa di Milano
I NOSTRI DIiBA'TTITI
Il 4 febbraio, nonoslante il freddo rigido, un buon pubblico affollava la Sala
ValdcBe per partecipare al dibattito su
a L’Obiezione di coscienza».
Parlò per primo il geu. Davide Jalla il
quale espose il suo peusiero sulla utilità e
necessità del servizio militare che non, deve essere considerato Binicamente come
preparazione alla guerra. Egli ha affermato, poi, come uno dei doveri del icristiano .sia la sottomissione alle autorità dello
StatO' e quindi fimcJtè è considerato fondamentale dallo Stato il Bcrvizio militare, è
necessario accettarlo da parte di tutti.
Il Pastore Tourn nel suo dieeorso si
mosse invece su di un altro piano : se vi
è uu' comandamento preciso di « non uccidere » vi è soprattutto uno spirito dell’Evangelo che rende intollerabile la preparazione diretta o indiretta al massacro
delle guerre. Il cristiano quindi non può
òhe vedere con favore l’obiezione di coscienza. Parlò poi il Doti. Giorgio Peyrot,
profondo cono8citore del problema mettendo in luce come sia necessario che anche in Italia si riconoisca lo stato giuridico della ohiezioine di coscienza. Come in
altri paesi è nccossario anche in Italia òhe
coloro i quali, per ragioni di coscienza,
non si sentono di portare le armi, siano
messi nell’alternatiiva di offrire alla patria
Un altro servizio non meno utile e al tempo stesso non meno gravoso.
Parlarono poi varie persone tra le quali
Un anziano e ben noto sostenitore dell’idea pacifista, il Prof. Pioli, e il Do«.
Gozzini che è stato, appunto qualche settimana fa, icondannato come obiettore di
coscienza e liberato in seguito alla recente amnistia.
Al termine della riunione la totalità
o quasi dei .presenti si pronunciò favorevolmente al riconoscimento della obiezione di coscienza.
DIBATTITO SUL DIVORZIO
Esso ha avuto luogo la sera di venerdì
25 marzo. Oltre cento persone erano presenti e un certo numero' di esse ha preso
la parola dopo iche i pastori Rostaigno ed
Eynard e l’Aw. Eerrari hanno esposto le
loro tesi.
. Probabilmenite molti rimasero delusi, i
divorzisti lianno sentito riaffermare molto cihiaramenite 'òhe il matrimonio deve
essere considerato dal credente come un
vincolo inscindibile come molto chiaramente afferma l’apostolo Paolo nelle immagini in cui paragona di marito e la mo
iiimiiiiliiiiiiiiiiiiiiiiMiiii
La grande impunita: la mafia
{segue dalla 3.a pag.)
veramente considerate blasfeme, più blasfeme, comunque, di tante pie parole di
noi oristianii coisì spesso vili e infingardi.
Che cosa sapeva di Cristo, Salvatore Carnevale? 11 ministro di Dio era per lui
l’antico alleato, per opportunismo o più
facihnente per viltà, del potere dei vielenti. E Gesù Cristo, soltanto il prototipo
del « povero cristo », deirumile uomo
qualunque nella sua oscura sofferenza,
vittima designata dell’ingiuslizia dei potenti e dell’unzione dei preti di ogni
tempo: come dargli torlo, se la plurisecolare presenza del campanile crocialo
non gli aveva dato altra conoscenza che
questa? L’indubbia presenza di qualche
luminosa eccezione non modifica questa
constatazione generale. Una fede cosi scaduta a religione è davvero oppio del popolo dei cafoni.
Al sicuro nel mio studio, alla mia macchiina da scrivere, penso alle nostre comunità siciliane: a quelle nelle città, dove pure giunge oca la mafia — subdola e
sempre rovinosa anche se forse meno
cruenta —; a quelle nei paesi dell’interno, alcune proprio nelle riserve maliose
classiche. Penso a questi fratelli e sorelle,
che nella loro vita quotidiana, in una terra ancora in larga misura schiava, sono
chiamati alla difficile avventura e alla meravigliosa testimonianza della libertà cri
glie al Cristo ed alla saia Chiesa; d’altro
lato certo gli antidivorzisti saranno rimasti delusi dalla affermazione ripetuta da
più parti che il divorzio appare, nella
società non cristiana in cui viviamo, come un male minore 'Che non la negazione del divorzio per tu«i d problemi che
quieista negazione comporta. Ma quello
òhe conta è iche tutti siano islaii costretti
a meditare sul problema ed a cercare di
vedere i due aspetti di esso. Si può avere
idee diverse e discúteme con serenità, ansiosi soprattutto di giudicare secondo verità e secondo carità, cioè secondo giustizia.
Nailuralmente in periodo di elezioni
non a.vremo diba-ttiti anclie se siamo convinti che potremmo discutere con utilità
e con serenità, alla hice deirEvangelo, i
vari problemi die cii porteranno a fare la
nostra scelta elettorale.
Le visitatrici. — Quando nei 1909 fu ricostituita la Lega Femminile, essa fu organizzata in tre sezioni: la prima si O'Ccupava del cucito, la seconda delle giovani
V^aldesi in servizio a Milano e la terza
co.inposta di una decina di Signore aveva
il ‘Compito di visitare le varie famiglie e
«oprattutto quelle bisognose. Ci viene riferito dalla Relazione annua che esse nel
P'rim.o a.nno di a'ttività fecero, ciascuna di
C'sse, in media tre visite alla settimana.
Potremmo ancora oggi ritrovare nella
Lega Femminile le tre attività di allora,
anche se, data la scarsità di « Valdesine »
presenti oggi a Milano, questa particolare
a'ttività, da un paio tli anni, è .sospc'sa.
Buona invece è Fattività dell® quindici
« visitatrici » che si occupano di visitare
periodiicamenle una cinquantina di famiglie deMa Chiosa. Queste visitaitrici periodicamente si ritrovano per esa'm'inare il
lavoro compiuto e per le festività si occupano di preparare pacchi di vestiari e di
diistribuire piccoli sussidi die la Lega
Femminile pone a loro disposizione.
^ La Lega Femminile Valdese ha tenuto, assieme a'He 'Sorell'e 'delle 'altT'e Chiese
eva'ngeliiche della città, una riunione di
preghiera, in unione spirituale colle donne credenti del mondo intero. Per la Domenica 23 Ma'Czo è stato orgainizzato un
■convegno delle U. F. del Distretto.
stiana, della dignità dei figli di Dio. Penso all’usura delFambiente, dell’isolamento, dello iseoraggiamento ; a scelte difficili, talora pericolose, coraggiose e anticonformiiste comunque. E prego perdiè sia
dato a questi fratelli e a queste sorelle
chiarezza di fede c franchezza: perchè
sappiano sempre con fede incroUiahile e
inivincibile speranza ohe se anche chicchi
di grano caduti nel campo 'Come Salvatore Carnevale sembrano morire senza frutto, Gesù Cristo non è morto senza frutto,
e che nella luce di Pasqua ogni sacrificio
umano aicquista la sua vera dimensione:
liimitata ma ben reale, sottratta alla violenza deirarbitrio e all’impotenza della
« giustizia ».
« Chi uccide me uccide Gesù Cristo » —
non una bestemmia, forse : una parabola ;
e un awerlimento, a prezzo di sangue,
die grida dalla terra. Gino Conte
Contatti col mondo. — Da oltre due anni continuano i contatti periodici di pastori e di sacerdoti in cui cerchiamo di
diiarire, in fraterne disoussioni, i nostri
reciproci punti di vista nelle verità teologidie: come conseguenza di questi si sono
iniziati altri incontri simili a Torino e pare che se ne inizieranno anche a Firenze.
Siamo stati invitali a partedpare a delle riunioni di studio di problemi religiosi
organizzali da un gruppo di amici della
riviista « Il gallo » e questi incontri sono
ora seguiti con interesse anche da un
gruppo di giovani della nostra Cliiesa e,
ultimamenite un .gruppo dei nostri giovani
ha partecipato attivamente ad un incontro
di fine settimana con giovani dei movimenti Scoutistici cattolici. AnOhe questo
è stato un incontro positivo.
Un buon numero di membri di Chiesa
ha seguito il dibattito organizzato dal Circolo Turali sulla situazione del Cattolicesimo dopo il Concilio Valicano II in cui
fu oratore, accanto a Carlo Falconi, il
nostro Prof. Peyrot di Roma.
Carlo Levi: Z-e parole sono pietre. Einaudi, Torino 1955, pagg. 188, L. l.OOd.
Renato Candida: Questa mafia. Sciascia,
Calilanisse.lU-Roma 1960^, pagg. 220,
L. 1.000.
Leonardo Sciascia: Il giorno della civetta.
Einaudi, Torino 1962^, L. 1.200.
Michele Pantaleone: Mafia e politica.
Einaudi, Torino 1962, pagg. 2M, Lire
1.500.
Filippo Gaja: L’esercito della lupara. Area, Milano 1962, pagg. 404, L. 2.000.
UNIONE GIOVANILE
L’atlività di quest’anno è i-aratlerizzala
da una formula nuova, che, debitamente
perfezionata in base all’esperienza, potrà
dare dei risultali convincenti. Potrà dare, ma già se ne son visti alcuni, per cui
non siamo soltanto nel campo delle previsioni, più o meno azzardate. La formula nella divisione deli’anno in periodi di
attività in comune delle tre unioni evangleliòlie della città, alternati a periodi di
attività seiparala. Vi sono dunque tre cicli
di studi, uno nella «ala valdese, uno in
quella battista, uno in quella metodista,
con intermezzi solitari, in cui ogni unione svolge un proprio programma.
Un’attività comune per tutto l’anno,
per quanto auspicabile da un punto di
vista ecumenico, è prematura, data la
differente organizzazione delle tre Chiese.
Inoltre non si devono sottovalutare gli
Direttore resp. : Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
« Beati i morti che muoiono nel
Signore» (Apoc. 14: 13)
111 marzo, dopo lunga malattia sopportata con mirabile rassegnazione
cristiana, all’età di 87 anni, nella cittadina di Desenzano sul (Tarda, sì è
addormentato nel Signore il nostro
fratello in fede
Cav.
Antonio Bergamini
dopo una vita tutta consacrata al lavoro ed ai suoi ideali oristlanosociali.
Alla famiglia afflitta vada la fraterna simpatia della Comunità Valdese
di Brescia.
« Ho combattuto il buon combattimento, ho fìnito la corsa,
ho serbata la fede»
(2 Ep. Timoteo 4: 7)
Luigia Foiin
ved. Colonna Romana
ha concluso oggi la sua travagliata
giornata terrena.
Lo partecipano con rassegnato dolore, i figli Vittorina col marito Francesco Colonna, Mario con la moglie
Gina Motta, e Guido con la moglie
Lina Crisafulli, la cognata Lucia Olivetti ved. Colonna Romano, i nipoti
e i parenti tutti.
Venezia, 26 marzo 1963
iu'conivienie'nti auche della forimula attuale. Lo ispo-slameiUo di sede può generare
eoinfusione, 'Sopraitlulto per gli abitudiuari; la collaborazione interdenominazionale rende prohlematico rinserimenito di
nuovi giovani nelle rispettive unioni; si
rischia la formazione di una « éUte » ecumenica, mentre la generalità dei giovani
è già tanto se sente la necessità di impegnarsi nella proipria eomunità. Considerazioni ohe ccnsiiglieirebbero di non procedere oltre nella collaborazione fra le
unioni. Tuttavia esiste pure un’esigenza
ecumenica che si è espressa in molli congressi ed è sentita da non pochi giovani,
e lo sarà seiinpre di più, man mano che
si pcendeirà coscienza della realtà della
Chiesa come è affemiata nel Nuovo Testamento. Coniclusione : in questa fase dei
rapporti interdenoiminaziou'ali occorre cercare un equilibrio fra le esiigenze comunilarie internie © la collaborazione; purché questo equilihrio non sia un accomodarsi nella realtà odierna, senza più
quella tensione verso Funilà, che rappresenta uno dei isegmi 'della presenza del
Signore niella Chiesa del nostro tempo. E
forse la vocazione dei giovani consiste
proprio nel mantenere quella tensione al
livello massimo, affinichè le comunità non
si 'Stanchino o non si scordino di sperare.
Nei mesi di novembre e dicembre dello scorso anno ai è tenuta una serie di
studi 'Sui partili politici italiani, con oratori dei diversi partiti.
Attualmente è in corso una serie di
studi sul profeta Geremia, nella sede delFuinioiue battista. In maggio avrà luogo la
terza serie, in sede melodista.
Degli studi tenuti mella nostra unione
al di fuori delle serate in loomune ricordiamo: lo studio del Past. Giorgio Girardet sugli emigranti, lo studio di Giorgio
Rochat sugli aspetti validi della storia
valdese, e quello di Giorgio Bouchard
snll’era protestanile.
I familiari della compianta
Maria Codino
ved. Costabei
richiamata dal Signore il 25 Marzo
1963, ringraziano sentitamente quanti, in qualsiasi modo, hanno voluto
essere loro vicino nel loro dolore.
« L’anima mia s’acqueta in Dio
solo » ( Salmo 62: 1 )
Torre Pellice, 26 marzo 1963
Le famiglie Oardon e Gardiol, commosse per la grande dimostrazione di
affetto e di simpatia, ricevuta in occasione della dipartenza della loro cara Mamma
Susanna Costantino
ved. Cardon
ringraziano di cuore in special modo
i dott. Conte e Demo, le lev. Suore e
le infermiere dell’Ospedale Civile di
Pinerolo per le amorevoli cure; i Pastori Sigg. Genre, Peyrot e Deodato,
i vicini di casa, i parenti e i figliocci.
San Secondo, 26 marzo 1963
NOTE E COMMENTI
In questi ultimi mesi il Cousiglio di
Chiesa lia, previo esame, amimesso nella
nostra comunità, le Sig.re: Cherubina
Borlandelli, Margherita Plebani, Ileana
Orzali, Margheirita Pellegirini ed d sigg.
Gabriele Larderà e Renato Bettolìi. Angelo Lisa. A tutti il nostro più affettuoso
ben venuto nella nostra comunità.
— Il Prof. Alberto Soggin della nostra
Facoltà Teologica di Roma ci ha parlato
in modo interessante e pia-cevole, la sera
del 1° Marzo, sul Concilio Valicano II.
L’animata disoussione «he ha seguito la
sua conferenza dimostra quaiuto sia stata
.seguita con iratereisse.
— I vari Cousigli di Chiesa di Milano
hanno tenuto una riunione in cui hanno
discusso a'rgomeniti teologici e problemi
pratici della vita del protestanlesimo milanese. Si è parlato a lungo fra l’altro
dell’Asilo Ev-angeli'Co o se si preferisce
la denominazione moderna della « Casa di
Cura Evangelica internazionale ». Mentre
si è ancora una volta espressa la debita
riconoscenza per il Comitato direttivo
riie si sobbarca il gravoiso peso di ammiiiislrazione di questo Istituto, i presenti,
alla unanimità, liauno espresso l’augurio
che l’o'pera dell’« Asilo » possa essere potenziata e non diminuita, affermando il
desiderio elle il protestantesimo milanese,
nel suo assieme, sappia e possa contribuire alla vita di questa benefica istituzione
che, nel 1975, celebrerà il suo centenario.
— A Vigevano abbiamo aperto iu dicemIwe un locale ma a marzo siamo di nuovo costretti a tornare in una casa privata.
In questi tempi di aperto ecumenismo è
ancora possibile trovare persone elle si
spaventano alle parole di « Culto Evangelico » quando questo è una attività che si
svolge un locale di loro appartenenza. Se
è vero ohe gli evangelici sono eretici è
meglio non avere a che fare con loro. Non
si sa mai! Cosi dopo pochi giorni dall’affitto abbiamo avuto anche lo sfratto.
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presso l’Ospedale Civile « E.
Agnelli » :
— martedì dalle 10 alle 12
— giovedì dalle 8,30 alle 10
— sabato dalle 10 alle 12.
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