1
la luce
5 febbraio 1993
spedizione in abb. postaie
gruppo II A/70
In caso di mancato recapito
si prega restituire a
via Pio V n. 15
10125 Torino
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 5 FEBBRAIO 1993
ANNO I - NUMERO 5
LA SETTIMANA DELLA LIBERTA
NASCERE
DI NUOVO
SERGIO AQUILANTE
La «Settimana della libertà», l’anno in cui fu
iniziata (nella veste attuale),
mise davanti alla coscienza
del paese la questione della
minoranza evangelica e del
suo diritto a vivere liberamente la sua fede e liberamente
assolvere alla sua vocazione:
dicemmo allora che la piena
libertà di una minoranza religiosa significa libertà piena
per l’insieme della società.
A me pare di capire che, nella situazione di crisi profonda
in cui è caduta l’Italia, la «Settimana» che sta per arrivare
debba dire, con forza, che la
nostra gente (e in essa le nostre
chiese) è innanzitutto chiamata
a «ravvedersi» e a portare
«frutti degni di ravvedimento»
(Matteo 3, 8). E mi sembra che
questo debba dirlo mediante:
la preghiera (la richiesta
appassionata di perdono per le
nostre miserie e insufficienze,
e di «interventi liberatori» a
favore del nostro popolo: sia il
Signore in prima linea nella
difficile battaglia di quest’ora,
e ci guidi lui fuori della presente schiavitù);
l’ascolto comunitario della
Parola e la meditazione (una
lettura attenta della Scrittura
così da cogliere quelle indicazioni vitali per la nostra
opera nella realtà complicata
di questo momento);
simboli forti, che aiutino a
trasmettere il messaggio (per
esempio il digiuno, ecc...);
il ravvedimento che io immagino non può non portare a
nuove forme di coscienza in
cui vivere la propria responsabilità nella vita associata, e le stesse pesanti questioni
di oggi. Perché un nodo da
sciogliere, per me, è se «conformarsi», adattarsi all’esistente, e inevitabilmente chiudersi alla rassegnazione che
sia morta ormai ogni possibilità di «riforma» vera, ogni
speranza di trasformazione
della vita individuale e sociale;
oppure se aprirsi alla criticità e
pertanto acquisire quell’energia che consente di mettersi in
discontinuità rispetto all’esistente, proiettarsi nel nuovo e
impegnarsi a costruirlo.
Questo ci pone sul terreno
della cultura, del modo di essere delle nostre popolazioni.
Suggerirei di considerarne in
particolare le componenti religiose: perché è fuor di dubbio che la «vita religiosa», o
la religione in senso lato eserciti un peso e una funzione
nel contesto più ampio della
formazione dei comportamenti, della determinazione
delle scelte e degli stessi problemi della società.
La religione infatti (come dice un documento elaborato da
Mario Miegge e da me per
l’Assemblea Fcei del 1979) è,
da noi, un fenomeno che si
estende al di là delle istituzioni
ecclesiastiche e costituisce
l’humus su cui crescono molti
comportamenti individuali e
molti apparati collettivi della
società civile e politica, che sono di intralcio allo sviluppo
della nostra democrazia.
In questo quadro si colloca il
compito degli evangelici di
chiamare gli italiani a una
comprensione diversa del rapporto con Dio, e a una comprensione diversa di se stessi:
dunque a «nascere di nuovo».
E proprio nel rivolgere questo
appello c’è il contributo nostro
alla urgente ricostruzione della
politica, e di una politica che
torni a essere progettualità,
strumento per rinnovare, ecc...
Perché questa ricostruzione
passa (non può non passare)
anche attraverso la demolizione
dei numerosi «apparati vicari»
di mediazione e delega che sono uno dei maggiori ostacoli al
ricongiungimento dell’impegno
politico e dell’esigenza di autonomia degli individui (come
sottolinea ancora il documento
sopra richiamato).
E l’obiettivo, molto concreto e attuale (il ravvedimento,
la nuova nascita), che la prossima Settimana della libertà
dovrà porre, a mio avviso, alle
nostre chiese e al nostro popolo, naturalmente nei modi e
nelle forme che, localmente,
saranno ritenute più adeguate.
Il racconto della guarigione del
Il vero miracolo
mendicante è soprattutto una confessione di fede
: il dono della Parola
LUCILLA PEYROT
«Ma Pietro disse: “Dell’
argento e dell’oro io non ne
ho; ma quello che ho, te lo
dò: nel nome di Cristo il Nazareno, cammina" »
(Atti 3, 6)
Un povero, un mendicante, rappresenta sempre
un fallimento: per se stesso
ma non solo, anche per la sua
famiglia e per la società (la
povertà, nel passato e ancora
oggi, è il fallimento e la vergogna della società del benessere...).
All’epoca di Gesù un mendicante rappresenta il fallimento
della promessa di vivere in un
paese «dove scorre il latte e il
miele». Un povero rappresentava non solo il fallimento delle promesse divine, ma anche
dell’ideale egualitario delle
leggi d’Israele. Quell’uomo
che sedeva alla porta «Bella»
era per di più zoppo, un handicappato, incapace di lavorare,
un peso per la società. L’unico
modo per campare era di chiedere l’elemosina ai pii abitanti
di Gerusalemme, che si recavano al tempio a pregare.
Anche se il mendicante era
un fallimento, ci si era tuttavia abituati alla sua povertà;
anzi, era diventato funzionale, necessario per chi voleva mettersi la coscienza a po
sto con un’elemosina quotidiana prima della preghiera.
Possiamo pensare che persino
Pietro e Giovanni, che andavano al tempio quotidianamente, si fossero abituati alla
presenza del mendicante, come si erano abituati ai rituali,
ai tavoli del cambiavalute,
che pure Gesù aveva una volta rovesciato con rabbia.
Eppure quel giorno, all’ora
nona, succede qualcosa che
viene a spezzare, a turbare la
tragica normalità di questo
mondo fatto di uomini di Dio
e di «senza Dio», di ricchi e di
poveri, di uomini di successo
e di falliti, di sani e di malati.
Succede che lo Spirito, che
Gesù aveva promesso ai suoi
discepoli, entra in azione, e fa
compiere delle cose nuove e
inaspettate. Al mendicante,
che si era abituato alla propria povertà e alla propria malattia, che si era abituato a ricevere l’elemosina, gli apostoli offrono non certo oro o argento, né pietà viscida e interessata, ma salute e salvezza.
Alla gente che si è abituata al
fallimento, che si è abituata al
povero e all’elemosina, gli
apostoli portano una parola, la
Parola dell’Evangelo.
«E con un salto si alzò in
piedi e cominciò a camminare; e entrò con loro nel
tempio, camminando e saltando, e lodando Iddio».
Questo miracolo compiuto
per opera dello Spirito Santo
non è un fatto a sé, ma si collega strettamente alla predicazione; serve a richiamare l’attenzione della gente e a concretizzare la salvezza in Gesù
Cristo. Il vero miracolo, il vero dono prezioso è la Parola,
è la possibilità per lo zoppo e
per la gente di riconoscere
Dio e di ravvedersi.
«Deirargento e dell’oro io
non ne ho; ma quello che ho
te lo dò: nel nome di Gesù
Cristo il Nazareno, cammina!». Queste parole pronunciate dai due apostoli possono suonare nella prima parte come una cortese ammissione di povertà o di scarsità
di mezzi, e nella seconda come una formula magica per
allontanare il male evocando
la potenza divina. Pietro e
Giovanni avrebbero potuto
passare oltre il mendicante,
come avevano fatto i due religiosi della parabola del buon
samaritano. Avrebbero potuto
tenere nascosta la loro povertà con un atteggiamento di
indifferenza, evitando così di
attirare gli sguardi della folla
e le attese del mendicante.
Ma anche a loro lo Spirito
non ha permesso di comportarsi secondo la tragica normalità delle cose. Pietro e
Giovanni hanno agito diversamente, si sono scoperti, hanno
messo le carte in tavola, hanno dichiarato di essere poveri
di denaro ma ricchi di un tesoro ben più importante: il nome
di Gesù, che non è solo un nome, ma salvezza e vita.
Pietro e Giovanni si sono
definiti e scoperti: poveri per
il mondo, o delle ricchezze
che il mondo cerca, ma ricchi
e qualificati come testimoni
della Parola. «Quello che ho
te lo dò»: sembra poco ed è
tutto. Il racconto della guarigione presso la porta «Bella»
non è solo un episodio di miracolo, ma è anche una confessione di fede e la scoperta
dell’autentica identità dei discepoli: noi come discepoli di
Gesù Cristo non siamo quelli
che possono dare oro e argento, e se il mondo ci chiede
questi tesori vuol dire che
non ha capito niente di noi, o
che noi abbiamo lasciato capire questo, tradendo la nostra vera vocazione, cioè
quella di portare la parola
della salvezza nel nome di
Gesù Cristo il Nazareno.
Quando lo zoppo che mendicava presso la porta «Bella» ha sentito questa parola e
questo nome, ha visto aprirsi
anche per sé finalmente le
porte del paese della promessa, «dove scorre il latte e il
miele», e la sua esistenza ha
smesso di essere un fallimento per se stesso e per gli altri.
ECUMENISMO
BAHUTA
D'ARRESTO
Una battuta d’arresto si registra nel dialogo sui matrimoni interconfessionali tra la
commissione nominata dalla
Conferenza episcopale italiana (Cei), presieduta dal vescovo Filippo Giannini, e
quella valdese-metodista,
presieduta da Maria Sbaffi
Girardet.
Gli incontri delle due commissioni erano iniziati nel
1989; in apertura del ventesimo incontro, il 19 gennaio,
i rappresentanti della Cei
hanno proposto di sospendere temporaneamente il dialogo, in attesa della pubblicazione di due importanti documenti cattolici: il Direttorio per la pastorale familiare della Cei e il nuovo Direttorio ecumenico della
chiesa universale.
La sospensione degli incontri è stata sollecitata dal
presidente della Cei, cardinale Camillo Ruini; negli
ambienti della presidenza
Cei sembra inoltre esserci
perplessità sulla natura del
documento che le due
commissioni avevano appena finito di elaborare: più
che un documento ufficiale e
vincolante per tutte le diocesi e per le chiese valdesi e
metodiste, si preferirebbe
una più generica «traccia
per un indirizzo pastorale
dei matrimoni interconfessionali».
Il Sinodo delle chiese vaidesi e metodiste dell’agosto
1992 aveva invece incoraggiato la commissione a
proseguire gli incontri con i
cattolici, in vista della
pubblicazione del documento.
Settimana per
l’unità dei cristiani
pagine 3, 4,5
Abbi pietà di noi
pagina 6
Incontro con il
cardinale Ratzinger
pagina 7
Dio e la creazione
pagina 10
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 5 FEBBRAIO 1993
Rapporti fraterni tra la comunità valdese e la comunità cattolica di Ivrea
L'ecumenismo è consapevolezza e impegno
alla comprensione e alla collaborazione
________LUIGI BETTAZZI*______
La comunità valdese di
Ivrea e quella cattolica
da tempo si incontrano in atteggiamento di fraternità e
di collaborazione. Molte iniziative prese da una comunità sono poi condivise
dall’altra, soprattutto sul
piano della presenza in situazioni di disagio; ad
esempio l’idea di un Centro
di assistenza per i terzomondiali è stata maturata insieme dalle comunità cristiane
dopo l’assemblea di Basilea
del 1989, in unione con la
comunità ebraica: alla residenza è stato dato il nome
significativo di «Casa di
Abramo». Così pure da tempo si ritrovano donne delle
diverse confessioni per riflettere sul loro ruolo nelle
chiese e nella società. La
comunità valdese aveva anche sperimentato incontri di
preghiera con una parrocchia cattolica cittadina con
partecipazione ai rispettivi
culti.
Quest’anno si è voluto che
questo spirito di fraternità e
di collaborazione avesse una
sua particolare espressione
durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Domenica 24 gennaio un
nutrito numero di cattolici ha
partecipato al culto nel tempio valdese. Il sermone è stato offerto al vescovo cattolico: ho commentato la Parola
di Dio prevista per quel giorno nel programma comune
della «Settimana»: neanche a
farlo apposta il tema era quello della pace e della giustizia,
particolarmente vicino alla
mia esperienza.
Devo dire che i cattolici sono rimasti colpiti dal clima di
attenzione alla Parola di Dio,
molto presente nei canti e
nelle preghiere. Il ricupero
dell’incontro diretto con la
Parola, che la Chiesa cattolica romana sta facendo per
sollecitazione del Concilio
Vaticano II (dopo secoli di
minore attenzione, talvolta
jjerfmo quasi di diffidenza, in
relazione al ruolo prevalente
datole dalla Riforma nei confronti della tradizione, impersonata dal magistero) ha avuto in quell’incontro una conferma viva, così come l’ha
avuto lo spirito di famiglia,
che ogni chiesa sempre dovrebbe alimentare tra i figli
dell’unico Padre che è nei
cieli...
Il semplice rinfresco conclusivo ha suggellato quello
spirito di fraternità esteso ai
fratelli e alle sorelle delle due
chiese.
Nel pomeriggio la comunità valdese ha partecipato alla messa del vescovo in catte
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 2 FEB8RAIO
Ore 23,30 circa RAJDUE
Replica «
LUNEDI' 1S FEBBRAIO
Ore 9 circa RAIDUE
Verso una nuova terra
L'immigrazione dei valdesi
nel Rio cte la Piata ’
N,B. In questo numero anche un l^e servizio filmato sulla recente firma delle
Intese per I't«to per mille.
drale, ed è toccato al pastore
Giovanni Genre tenere l’omelia, sui brani scritturistici della messa conclusiva della settimana e in particolare sul capitolo 4 della Prima Lettera di
Giovanni: Dio è amore, e lo
si vede quando i fratelli si
amano.
Nel richiamarci tutti a questo impegno di comunione e
di solidarietà il pastore non
ha potuto non notare il limite
della testimonianza dato dal
fatto che la comunione non
può spingersi fino al momento più alto, che è quello
della comunione eucaristica.
In realtà mentre i cattolici si
comunicavano, la cantoria
della comunità valdese
(s’erano uniti anche i fratelli
di Biella con il loro pastore)
eseguiva il Padre nostro (così come la Cantoria della
Cattedrale aveva cantato le
Beatitudini al mattino nel
tempio).
In realtà noi cattolici, pur
considerando la liturgia insieme sorgente e culmine della vita cristiana e della comunione fraterna, in pratica
privilegiamo l’aspetto di
«culmine», riservandola solo
a quanti fanno parte della nostra chiesa.
Al termine a tutti i partecipanti è stato offerto un ramoscello d’olivo, come segno
di comunione e impegno comune di pace. E un semplice
rinfresco è stato offerto a tutti
nel salone dell’attiguo vescovado.
L’esperienza ha lasciato
una profonda traccia di commozione e di gioia nel cuore
di tutti i presenti, anche di
quelli che all’inizio avevano
forse esitazioni o perplessità.
Certo, se pensiamo a secoli
di battaglie e di emarginazioni di cui la comunità valdese è stata fatta oggetto, se
pensiamo alla contrapposizione così dura e ostile che ha
segnato l’esistenza delle nostre chiese, il ritrovarci - pur
nella chiarezza e nella consapevolezza delle diversità - in
atteggiamento sincero di accoglienza e di comprensione
non poteva non essere visto
come una grande grazia del
Signore, e la gioia come un
dono dello Spirito.
Se le divisioni sono nate da
iniziali incomprensioni e da
contestazioni legittime, che
han portato poi a esasperare
le posizioni portandole addi
Incontro ecumenico di preghiera neiia chiesa valdese di Milano
rittura a contrapposizioni violente; credo che si debba davvero partire, prima ancora
che dalle discussioni teologiche - da cui sono state alimentate le guerre - dall’accoglienza della grazia redentrice di Cristo e dall’amore fraterno. Sarà poi lo Spirito
a guidarci sulle vie di una più
piena comunione, in un cammino di comune conversione.
E la comunione si rinsalda
nel servizio comune che siamo chiamati a dare al mondo,
ai fratelli più poveri, più oppressi, più emarginati, secondo il comando e l’esempio di
Gesù.
Avevo già sottolineato, alla mia comunità, che «l’ecumenismo è consapevolezza
e impegno alla convivenza,
alla comprensione, alla collaborazione sul piano di un
più approfondito rapporto
con Dio come Padre e quindi con gli uomini come fratelli. E si rivela così come
una diversione fondamentale nella vita sociale, in paesi
che, perdendo ormai sempre
più le antiche fisionomie
monolitiche, sempre più si
configurano come stati
multireligiosi e sempre più
multirazziali.
Il compito delle religioni è
allora di far maturare atteggiamenti di rispetto e di
collaborazione tra popolazioni e mentalità diverse, superando la tentazione di chiudersi entro i propri schemi e
le personali convinzioni, con
propositi di lotta o di supremazia verso quanti non la
pensano come noi.
E tipico della Bosnia - aggiungevo, collegandomi con
la mia partecipazione alla
marcia di pace a Sarajevo dove razze e religioni hanno
convissuto pacificamente per
secoli, ma dove spinte
dall’esterno stanno esasperando le contrapposizioni etniche e accentuando le diversità religiose, rendendo
sempre più problematico (e
sanguinoso!) il confronto tra
serbi, che sono prevalentemente ortodossi, croati cattolici e gli altri bosniaci che sono musulmani...
La società di domani - concludevo - sarà pacifica e solidale se chi crede in Dio (e
tanto più chi crede in Cristo!)
vorrà essere testimone coerente della sua fede e vorrà
farsi, contro tutte le istintive
suggestioni di uno spirito meno cosciente e di sollecitazioni sociali meno illuminate,
pioniere di una consapevole
umanità e di una concreta solidarietà».
* vescovo di Ivrea
Proteste delle chiese contro l'espulsione dei 415 palestinesi
«Israele sia aperto e accogliente
»
Dopo la deportazione in Libano dei 415 palestinesi da
parte del governo israeliano,
vari organismi di chiese hanno protestato contro la decisione israeliana ed hanno reclamato il ritorno dei palestinesi espulsi.
In un messaggio del Consiglio delle chiese del Medio
Oriente, il segretario generale
Gabriel Habib afferma che tali deportazioni sono state decise «sema curarsi del diritto
internazionale e sono una
violazione diretta della sovranità e dell' integrità territoriale del Libano».
«Anziché adottare misure
positive in vista della riconciliazione con i palestinesi
- aggiunge il messaggio
Israele ha mostrato ancora
una volta di praticare una
politica di ostruzionismo riguardo alla pace in Medio
Oriente».
Anche il Consiglio metodista mondiale (Cmm) ha criticato la decisione israeliana.
In una lettera indirizzata al
primo ministro Rabin, firmata
dal segretario generale Joe
Hale, il Cmm si è dichiarato
«preoccupato» dagli avvenimenti accaduti in Israele.
«Quando Israele, o ogni
altro paese, agisce come se la
morte di un suo cittadino
contasse e la morte di un cittadino straniero non contasse
nulla, un tale atteggiamento
è, per definizione, razzista»,
dice tra l’altro la lettera, che
aggiunge: «La Sua decisione
di deportazione ne è un buon
esempio: cinque israeliani
vengono uccisi, queste morti
devono essere vendicate, e
seguono rappresaglie massicce e punitive che colpiscono
a caso e causano feriti e morti tra gli innocenti».
La lettera, di cui una copia
è stata inviata al neo presidente degli Stati Uniti Bill
Clinton e al Segretario di stato Warren Christopher, conclude che il Consiglio metodista mondiale «appoggia un
Israele che sia aperto, accogliente e sicuro per tutti», ed
aggiunge che «non possiamo
però chiudere gli occhi su
quanto sta avvenendo nel Suo
paese, perché ciò ci riguarda
tutti...»
Argentina: nasce
un'Università metodista
BUENOS AIRES — Il ministero argentino dell’Istruzione e
della Cultura ha autorizzato la creazione di un’università collegata alla Chiesa evangelica metodista in Argentina. Questa università avrà sede nella città di Rosario, a 300 km da Buenos Aires. E la prima università protestante fondata in Argentina.
La nuova università comprenderà all’inizio una facoltà di
scienze (chimica, biologia, fisica, tecnologia della produzione
alimentare, scienze industriali applicate, matematica e statistica) e una facoltà di scienze economiche e di gestione d’imprese
(dove verranno anche insegnate la lingua e la letteratura greca e
latina, le risorse umane e le risorse professionali). Tutti i diplomi rilasciati dalla nuova università saranno ufficialmente riconosciuti.
Questa nuova iniziativa fa parte di un grande insieme educativo, il Centro educativo latinoamericano, creato 115 anni fa
dalla missione metodista degli Stati Uniti e che è attualmente
frequentato da 1.000 alunni.
Romania: nasce
un'Università battista
BUCAREST — L’Unione battista romena ha programmato
l’apertura di una Università battista nella capitale per preparare
insegnanti per le scuole pubbliche, studenti per le scuole di medicina, assistenti sociali e specialisti in altri settori. Tutti gli
studenti seguiranno anche dei corsi sull’evangelismo, sulle
missioni e sull’insegnamento della Bibbia.
Un gruppo di architetti è già al lavoro per l’elaborazione del
progetto. L’edificio che accoglierà l’università sarà costruito su
un terreno di otto ettari che l’Unione battista della Romania ha
acquistato a Bucarest per questo scopo.
Un dono dalla Sierra Leone
FREETOWN — Mentre la situazione nella Sierra Leone
(Africa occidentale) è grave a causa della guerra civile tra il governo e le truppe ribelli, la Convenzione battista della Sierra
Leone, in seguito all’appello lanciato dall’Alleanza mondiale
battista (Amb), ha inviato la somma di 20 dollari per gli scopi
che questa organizzazione si prefigge «pregando il Signore di
sopperire a tutte le necessità delTAmb».
La Convenzione battista della Sierra Leone ha chiuso temporaneamente sette chiese nelle zone controllate dai ribelli. Ma,
come scrive il suo presidente Joseph S. Mans, «Grazie a Dio i
nostri pastori sono riusciti a mettersi in salvo con molti responsabili del lavoro nelle comunità. Nessuno dei membri delle nostre chiese ha perso la vita. Speriamo e preghiamo che la dispersione forzata di molti credenti possa servire a spargere la
Buona Novella, come già sta avvenendo a causa di coloro che
hanno dovuto fuggire precedentemente».
Giappone: i battisti
e la seconda guerra mondiale
TOKYO — I battisti del Giappone in occasione della loro
35° Assemblea annuale hanno approvato un «Manifesto di pentimento» per aver appoggiato il governo giapponese durante la
seconda guerra mondiale, per quanto riguarda «soprattutto
l’oppressione coloniale e le invasioni effettuate dal Giappone».
«Con profondo dolore ci pentiamo e confessiamo il nostro
peccato a Dio e chiediamo perdono a tutti coloro che sono state
vittime delle nostre colpe». La dichiarazione prosegue: «Riconosciamo la nostra comune responsabilità per queste guerre.
Nell’epoca in cui la nostra nazione è stata costretta ad adorare
il «Tenno» come un dio non siamo stati capaci di confessare
onestamente ed in modo chiaro che Gesù Cristo è il nostro unico Signore». L’Unione battista del Giappone si impegna ad una
maggiore vigilanza per quanto riguarda le azioni future del proprio paese, conscia di aver ricevuto «la missione di essere luce
del mondo e sale della terra esercitando pienamente la nostra
fede e la nostra libertà di coscienza».
Taizé: oltre 100.000 giovani
radunati a Vienna
VIENNA — Dal 28 dicembre ’92 al 2 gennaio ’93, circa
105.000 giovani di tutta Europa si sono radunati a Vienna, nel
quadro del 15° incontro europeo organizzato dalla comunità di
Taizé. Quest’anno, molti giovani provenivano dai paesi
dell’Est, ivi compresa l’Albania, l’Ucraina e la Georgia.
Tema dell’incontro era: «Vita interiore e solidarietà umane».
Al centro dell’attenzione le tragiche situazioni della Somalia e
della Bosnia. All’incontro ha partecipato Pat Solt, presidente
della Commissione dei diritti umani dell’Onu.
Zambia: 3.000 persone prendono
parte alla marcia delle chiese
Il presidente dello Zambia, Frederick Chiluba, e sua moglie
Vera hanno preso parte, insieme a 3.000 cristiani, ad una marcia di preghiera organizzata dall’Alleanza evangelica dello
Zambia. «Una nazione sotto lo sguardo di Dio»: tale era il tema
della marcia attraverso la via principale di Lusaka, capitale del
paese, che si è conclusa con un culto all’aperto. I responsabili
cristiani precisano che, se appoggiano Chiluba in quanto cristiano, non necessariamente approvano la politica del suo partito.
3
r
venerdì 5 FEBBRAIO 1993
PAG. 3 RIFORMA
*
Concerti corali, confronto teologico all'università e «lectio divina» in Duomo
Milano: ^ecumenismo coinvolge
soprattutto i giovani di diverse tradizioni
La Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani si è
svolta secondo un programma
nutrito e vario, che è stato notevolmente apprezzato dai
milanesi.
La Settimana si è aperta lunedì 18 gennaio da una serata
di preghiera a tre voci: la protestante, rappresentata dal pastore metodista Giovanni
Carrari, la ortodossa da padre
Domenico Fantini e la cattolica dal noto biblista Gian
Franco Ravasi, si è articolata
con una serie di incontri quotidiani in cui le diverse confessioni cristiane si sono incontrate più volte, intrecciando sedi, celebrazioni, predicatori e fedeli.
Alcuni incontri meritano di
essere particolarmente ricordati. Il primo, martedì 19 gennaio, nella Chiesa cristiana
protestante di via De Marchi,
che raccoglie luterani e riformati. Qui si sono alternate le
più belle corali della città specializzate in musica sacra, cattoliche e luterane, anglicane,
valdesi e battiste, con un concerto in latino, inglese, tedesco, italiano che toccava 14
secoli di musica, dal gregoriano ai giorni nostri. È stata una
serata di intense emozioni,
conclusa dal canto di lode alla
Trinità, dove ai cori si è unita
l’assemblea.
Il secondo interessante incontro è avvenuto all’Università statale dove si è parlato
della lettera pastorale inviata
alla diocesi dal suo arcivescovo, Carlo Maria Martini. Erano presenti il pastore luterano
Banse, il pastore valdese Ricciardi, l’arciprete ortodosso
romeno Waldman e lo stesso
Cardinal Martini. È stato uno
scambio di osservazioni interessante e stimolante che ha
valorizzato lo spirito della
lettera. Il pastore Ricciardi, in
particolare, ne ha evidenziato
la biblicità e l’accentuazione
posta sulla libertà e sulla responsabilità personale.
La sera successiva il pastore Ricciardi ha tenuto in duomo la «lectio divina», inserita
in una liturgia sobria ed essenziale. Eccezionale l’uditorio, 3.000 persone, in maggior parte giovani, che ha seguito la riflessione biblica
con grande attenzione. Il testo
di Isaia 61, ripreso da Gesù
nella sinagoga di Nazareth
(Luca 4) e riproposto da Gesù
stesso ai discepoli del Battista
come testimonianza della sua
messianicità (Luca 7) è stato
trattato con rigorosità ed acutezza destando una viva impressione tra i presenti.
Il giudizio generale sull’intera manifestazione non può
che essere positivo: ci si
aspetterebbe però una presenza più nutrita dei membri delle chiese evangeliche. Un ringraziamento particolare deve
essere indirizzato al Segretariato attività ecumeniche
(Sae), la cui sezione milanese,
attiva e ben rappresentativa,
ha svolto in questi anni
un’opera preziosa di avvicinamento fra i credenti delle diverse tradizioni, contribuendo
a creare un clima di rispetto
reciproco e di fraternità.
Napoli: disagio per una decisione
Annullata l'iniziativa
Una «Settimana» all’insegna della confusione, quella
celebrata a Napoli. Per una
serie di circostanze è stata organizzata quasi esclusivamente dalla parte cattolica,
senza accordo con quella protestante. Un’iniziativa che
avrebbe potuto essere significativa, annullata non si sa bene perché né da chi. All’ultimo momento, infatti, la tavola rotonda che avrebbe dovuto aver luogo presso la Facoltà cattolica di teologia di
Capodimonte, sulla questione
del sacerdozio femminile nella chiesa anglicana e alla quale avrebbe dovuto prendere
parte il pastore Rapisarda, del
dipartimento di teologia delle
chiese battiste, è stata annullata. Il cardinal Giordano ha
poi pubblicamente espresso la
propria sorpresa dicendo che
si sarebbe potuto ripiegare su
un altro tema, lasciando così
l’impressione che forse vi sia
stato un veto dall’alto; ma da
parte di chi, se il cardinale
non ne sapeva nulla?
Unica riunione da segnalare
quella tenutasi in Santa Chiara, sabato 23, alla quale hanno preso parte alcuni pastori
evangelici (Leila, Rinaldi. Visco, Diekmann) più il rabbino
di Napoli c un rappresentante
deirislam. Leccese.
Il tema è stato quello della
pace, dato che quella era la
«giornata della pace» dei giovani cattolici. La liturgia era
stata interamente preparata da
loro e i pochi evangelici hanno avuto praticamente un
ruolo da semplici comparse; i
loro interventi dovevano essere solo dei brevi messaggi.
Uno strappo alla regola è
stato fatto dal pastore Leila,
che ha parlato a lungo delle
speranze di rinnovamento accese dal neopresidente degli
Usa, Clinton, per quanto riguarda il processo di pace.
«Non solo - ha detto Leila
- salutiamo con sollievo l’avvio del processo di distruzione delle armi nucleari, auspicando che questo cammino
porti a realizzare l'utopia
dell’abolizione dell’esercito,
di ogni esercito; ma anche
guardiamo con interesse alle
nuove leggi di cui si parla negli Usa, come quelle a favore
dei diritti delle donne e per la
tutela dei diversi, e desideriamo che quanto prima si giunga all’abolizione della pena
di morte».
Senso di disagio ha creato
negli evangelici un gesto previsto dalla liturgia e consistente nel porre un cero acceso sull’altare. Hanno fatto
«obiezione di coscienza», dispiaciuti per una certa mancanza di sensibilità da parte
degli organizzatori nei confronti di chi cattolico non è.
La cerimonia comunque è
stata dominata dallo «spirito
di Assisi», da quanto cioè il
papa aveva fatto pochi giorni
prima. Generici i messaggi
del rabbino che ha auspicato
la pace nel mondo e quello
del musulmano, che in particolare ha parlato dei musulmani in Bosnia.
Il pastore Ricciardi predica nei duomo di Milano (foto ZibecchI)
Bari: la conoscenza dell'altro
Oltre la memoria
Nel momento attuale, attraversato da rigurgiti razzisti,
sopraggiunti proprio quando
sembravano crollati pesanti
baluardi di divisioni ideologiche e ci si preparava a un’Europa senza frontiere, va
senz’altro sottolineata l’importanza di un incontro come
quello che si è svolto a Bari il
17 gennaio scorso.
Nella sala del Portico dei
pellegrini della basilica di
San Nicola, per iniziativa del
Gruppo ecumenico di Bari e
degli amici pugliesi della Pro
civitate cristiana di Assisi, si
sono incontrate oltre 200 persone con il prof. Bruno Di
Porto, ebreo, docente di Storia contemporanea presso
l’Università di Pisa, e il vescovo di Taranto, mons. Benigno Papa, introdotti entrambi dal presidente della
Comunità delle università del
Mediterraneo, prof. Luigi
Ambrosi.
L’incontro, stimolato dalla
lucida e penetrante analisi
storica di Di Porto che ha ripercorso le tappe della presenza degli ebrei in Europa
dopo il 1492, è stata preziosa
occasione per riflettere sulla
fede ebraica come quella
grande avventura dello spirito
vissuta da individui ma soprattutto collettivamente da
un popolo singolarmente prescelto da Dio.
La conoscenza dell’altro,
della sua storia, delle tappe
che ne hanno delineato l’identità nei secoli, l’interscambio dei punti di vista sono alla base di un corretto approccio ai rapporti interconfessionali, perché mai la dignità degli altri sia messa in
questione, ma anzi ci si arricchisca anche della confessione dei propri storici fallimenti
nella fedeltà all’unico Dio,
come è per i cristiani nei confronti degli ebrei.
SETTIMANA PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI
CALEIDOSCOPIO
DI INIZIATIVE
EMMANUELE PASCHETTO
Il fatto poi che Bari sia sede della Comunità delle università che si affacciano sul
bacino del Mediterraneo ha
dato una connotazione culturalmente significativa all’incontro. I popoli mediterranei
sono infatti stati nel corso dei
secoli portatori, fra incontri e
scontri, di fermenti religiosi e
culturali di rilevanza universale. Prenderne coscienza e
studiarne i risvolti è dunque
compito storico di tutti noi.
Sottesa l’aspirazione alla
pace: il dialogo, al di là delle
contingenti controversie, è stato qui assunto ancora una volta
come strumento che riconcilia
la memoria e prelude a un avvenire diverso, migliore.
Dal 18 al 25 gennaio si sono avute diverse riunioni
in decine di località del nostro paese fra cattolici, protestanti ed ortodossi in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
(Spuc). Spesso la settimana è
stata preceduta da una giornata (per lo più il 17 gennaio)
dedicata all’incontro con gli
ebrei, considerati negli ambienti cristiani più sensibili al
dialogo, i «fratelli maggiori»
nella fede.
Si è trattato di iniziative diverse sia per il contenuto, sia
anche per lo spirito che le ha
animate. In alcuni luoghi si è
preferito seguire le indicazioni fornite dall’apposita commissione formata da rappresentanti del Consiglio ecumenico delle chiese e dal pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani
(vedi Riforma dell’8 gennaio) e si sono focalizzati gli
incontri sulla riflessione biblica, sul canto e sulla preghiera. Da altre parti invece
si è allargato l’orizzonte inserendo conferenze, tavole rotonde, dibattiti e manifestazioni di vario genere (corali
cattoliche ed evangeliche,
provenienti anche da altri
paesi, mostre, incontri con
gruppi particolarmente impegnati nelle rispettive chiese,
coinvolgimento dei centri di
ospitalità agli extracomunitari
ecc.). Spesso sono state fatte
anche raccolte in comune di
denaro destinato alla Società
biblica o all’aiuto dei profughi dell’ex Jugoslavia o ad altri scopi concordati precedentemente.
Dare una valutazione complessiva della Spuc è quasi
impossibile: occorrerebbe
avere sottocchio il panorama
completo delle iniziative che
sono state condotte nel corso
della settimana, soprattutto
nelle piccole città e nei paesi
dove spesso la presenza protestante è ancora vista come
un elemento negativo, dove
non si fa distinzione fra evangelici e, per esempio. Testimoni di Geova, dove cristiano coincide con cattolico e
non si discute. E occorrerebbe anche conoscere le realtà
particolari in cui l’incontro
non è possibile perché significherebbe l’avallo di situa
■i'-*-’'’ »
Livorno: settimana di mobilitazione
Dialogo interreligioso
A Livorno la Settimana di
preghiera è stata posta sotto
l’egida della commissione
diocesana per l’ecumenismo,
della Chiesa valdese e del
gruppo Sae locale.
Particolare attenzione è stata data all’incontro con gli
ebrei con un commento di alcuni salmi fatto dal rabbino
Kahn presso la Chiesa valdese 1’ 11 gennaio ed il corteo di
amicizia fra cristiani ed ebrei,
largamente commentato dalla
stampa locale, guidato dal vescovo Abiondi e dal rabbino
Kahn. Al corteo, che partendo dal duomo ha raggiunto la
sinagoga, hanno partecipato
anche i valdesi con la pastora
Koenigsmann.
Segnaliamo la conferenza
del past. Paolo Ricca, venerdì
22, sul tema «Ecumenismo e
annuncio del Vangelo in Europa», la riapertura ufficiale
al culto della chiesa del cimitero greco-ortodosso effettuata sabato 23 dall’archimandrita di Genova Eftimios Kulumbis e l’incontro ecumenico con i giovani presso la sala
valdese guidato dalla pastora
Ursula Koenigsmann.
Hai fatto
Fabbonamento
a
RIFORMA?
zioni sociali degradate o di
operazioni politiche o d’altro
genere poco chiare in cui la
Chiesa cattolica locale risulta
gravemente compromessa
(cfr. la corrispondenza da
Riesi sul n. 3 del nostro settimanale).
Alcune considerazioni mi
sembrano comunque d’obbligo. Innanzitutto vi sono molti
ambienti cattolici che vivono
l’ecumenismo con un certo
fastidio, come una imposizione dall’alto. Nel calendario
ecclesiastico, già fitto di impegni, si inserisce anche la
preghiera per l’unità dei cristiani: speriamo che i «fratelli
separati» si decidano presto a
rientrare nell’ovile così ci
sarà un impegno in meno da
assolvere. In altre diocesi o
parrocchie ci si accorge con
una certa apprensione che
V«ottavario» è imminente e
inizia la «caccia» al protestante da esibire per l’occasione. Certo una volta la caccia aveva altri fini e siamo
lieti che i bei tempi antichi
siano tramontati, ma resta il
fatto che questo è un «ecumenismo» raccogliticcio che va
assolutamente scoraggiato.
Così come va vigorosamente
contrastata una certa tendenza
espressa a livello popolare, e
certamente in buona fede, con
l’espressione «ormai siamo
tutti uguali», che denota superficialità e incapacità di
mettersi a confronto.
Da parte evangelica si incontrano spesso resistenze
notevoli. Si temono compromessi e cedimenti, si ha la
sensazione che tutto sia inutile e pericoloso perché si ritiene che, in fondo, l’unica forma di ecumenismo in cui la
Chiesa cattolica crede è la
sottomissione degli altri cristiani a Roma. Io non credo
che ci sia lecito sottrarci al
dialogo ed al confronto con
tutti coloro che lo richiedono
esprimendo con chiarezza e
fraternità le nostre convinzioni. Ad un appuntamento come quello costituito dalla Settimana di preghiera non possiamo mancare anche perché
è un fenomeno in crescita che
non dobbiamo lasciarci sfuggire di mano. E ovvio che la
nostra posizione deve essere
chiaramente esplicitata: noi
preghiamo per l’unità dei cristiani, non per l’unione delle
chiese.
Nel corso dei recenti incontri è stato notato che, in ambito cattolico, la curiosità per
gli altri cristiani, e particolarmente per gli evangelici, si
sta mutando in interesse e stima. Barriere secolari si vanno
sgretolando. Perché trascurare un’occasione così singolare per testimoniare la nostra
fede?
Un consiglio pratico: perché si tratti veramente di una
settimana «ecumenica» occorre che la preparazione,
l’organizzazione e la gestione
del tutto non sia nelle mani
dei soli cattolici. Si creino,
ovunque è possibile, delle
commissioni evangeliche per
l’ecumenismo che trattino da
pari a pari con le analoghe
commissioni (diocesane o
parrocchiali) in modo che tutto sia deciso e condotto insieme, anche la stesura dei manife.sti e i rapporti con i mass
media.
In queste pagine pubblichiamo alcune cronache e valutazioni della Spuc, quelle
ovviamente che ci sono state
inviate dai diretti interessati.
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 5 FEBBRAIO 1993
VERSO L'ASSEMBLEA STRAORDINARIA DELLE CHIESE BAHISTE
Stiamo andando verso TUcei?
MAURIZIO GIROLAMI
Le comunità battiste italiane non ce la
fanno più ad essere battiste e lo sanciranno nella prossima Assemblea straordinaria del 13-14 febbraio convocata per discutere sull’Intesa e sull’otto per mille?
I battisti hanno sempre sostenuto la separazione tra chiese e stato: l’organizzazione
comunitaria è fondata sulla libera adesione
individuale, la vita spirituale come dimensione in cui agisce lo Spirito risponde la coscienza dei singoli senza interferenza, protezione, sostegno da parte deU’autorità civile.
Questo concetto è incompatibile con i finanziamenti che lo stato fascista prima e
quello antifascista (a egemonia democristiana) poi, hanno corrisposto alla Chiesa cattolica. È altrettanto incompatibile con le centinaia di milioni di finanziamento che la
legge 222 del 1985, che accompagnò la revisione del Concordato promossa dal governo dell’on. Craxi, offre alle minoranze
religiose che stipulano Intese con lo stato.
Eppure ci si accinge ad accettare i finanziamenti, con ciò negando nei fatti quella
«separazione tra chiese e stato» che si afferma all’inizio del testo dell’Intesa. Le argomentazioni sono varie.
«Già godiamo di alcuni privilegi per i pastori (ad esempio in materia pensionistica),
tanto vale accettare anche l’8 per mille e la
defiscalizzazione delle offerte». Come dire:
visto che ho già l’influenza tanto vale prendermi la polmonite. Anni di sforzi e di progressi per diminuire la nostra dipendenza
dagli aiuti fraterni dei battisti americani, anni di polemica contro il Concordato e il rapporto parassitario e costantiniano fra la
Chiesa cattolica e lo stato italiano, per cadere pesantemente nella stessa logica!
«Stanno accedendo all’otto per mille tutte
le minoranze religiose. Perché noi no?».
Con tutto il rispetto per le altre minoranze,
annacquare la fisionomia battista accodandosi agli altri non costituisce una motivazione, né rende più incisiva la nostra già insufficiente testimonianza. Molti ricordano
la delusione e l’amarezza con cui tanti cattolici e laici dissero, all’indomani della votazione del Sinodo valdometodista sul finanziamento statale: «Anche voi evangelici
avete ceduto!». «Ma noi useremo le centinaia di milioni per le nostre opere assistenziali, o addirittura li trasmetteremo, senza
toccarne una lira, al Terzo Mondo affamato
ed assetato».
Nessuno mette in discussione le opere assistenziali o gli aiuti al Sud del mondo, (siamo soliti chiamarlo diaconato) quando questo risponde ad una spinta forte ad arricchire la testimonianza del buon annuncio (che
è poi la ragion d’essere delle comunità cristiane). Se si tratta di vocazione sociale o
missionaria (ma perché salta fuori adesso?
la legge 222 del 1985 ci ha commosso più
del dottor Schweitzer?) non può essere gratis a spese dello stato.
E se vocazione non è, ma impegno etico
di solidarietà con i deboli e gli emarginati, a
cui tutti siamo chiamati, allora c’è una strada che altri, laici o credenti, già seguono
per ottenere dallo stato dei finanziamenti,
ma nella chiarezza dei fini per cui sono richiesti e concessi e non sotto l’etichetta
inaccettabile della sovvenzione alla religione. Stipulare convenzioni per ospedali, case
di riposo, costituire organizzazioni non governative ed accedere ai fondi ad esse riservati per iniziative verso il Terzo Mondo.
C’è posto per tutti! Sorvolo sulla tesi (rispettabilissima ma estranea alla storia ed alla mentalità dei battisti) di chi, nell’evangelismo italiano, pensa che sarebbe accettabile che lo stato si facesse carico di pagare i
pastori.
Così, fra i tanti ministeri e assessorati
(istruzione, raccolta rifiuti, trasporti, ecc.)
vedremo anche il ministero del Culto, con
portafoglio ovviamente.
«Ma in fondo sono soldi nostri che abbiamo la possibilità di usare meglio di quanto
lo stato abbia saputo fare, come dimostrano
gli scandali di Tangentopoli!»
Qui bisogna tener presente che questa
legge, forse non a caso, è nata negli anni
Ottanta, quelli degli yuppies, del progressivo smantellamento dei servizi sociali,
dell’ideologia «dei meritevoli e dei bisognosi», degli spregiudicati politici affaristi,
che ti facevano sentire un rudere se storcevi
il naso sulle raccomandazioni e le tangenti
e difendevi i principi e le leggi che tutelano
i diritti fondamentali di tutti. Sono questi i
politici, oggi sotto inchiesta, insieme al Va
ticano (ma Marcinkus non fu processato
bensì protetto dal pontefice), che hanno
ideato questa legge.
Il finanziamento alle religioni previsto da
questa legge è avvelenato. Pecunia olet.
Poiché non lo stato in astratto ma questo ceto di governo, lo stesso, ora coinvolto in
Tangentopoli, mentre smantella le istituzioni preposte dalla Costituzione alla tutela dei
diritti elementari di tutti (la sanità, l’eguaglianza fiscale, ecc.), tende a coinvolgere
anche le minoranze dissenzienti, come gli
evangelici, nella spartizione su basi confessionali e di parrocchia di quel denaro pubblico che dovrebbe servire agli interessi
della collettività.
Prendere questo denaro, oltre a vanificare
un principio caratteristico dei battisti, ci
rende moralmente complici di questa politica: chi ha denaro si paghi le sue assicurazioni private, le sue scuole private, le sue
mutue private. E chi non ne ha si arrangi.
Il problema non è dunque quello di sostituirci allo stato nel fare le nostre piccole case di riposo, ospedali, scuole, con la presunzione (pazzesca) di essere all’altezza delle
necessità della società italiana.
Ma di seguitare a sbarrare la casella «stato» nel modello 740, criticare e contribuire
a sostituire questo ceto di governo, testimoniare difendendo e facendo funzionare, ciascuno nel proprio posto di lavoro, le istituzioni pubbliche in pericolo di smantellamento.
Senza tapparci la bocca con un bavaglio
di alcune centinaia di milioni. E quanto al
fatto che la maggioranza delle comunità si
sia pronunciata per il sì, fra l’altro con con
un sistema di consultazione che annulla sistematicamente le minoranze (segno dei
tempi? la maggioritaria colpisce anche da
noi?), non è argomento che chiuda la discussione.
Questa non è materia di ordinaria amministrazione, è ragione di vita o di deperimento della presenza battista in Italia.
L’Ucebi si accinge a diventare licei? Se è
così tanto vale assumersi la responsabilità
di essere profetici e dire fraternamente e
fortemente alla maggioranza delle comunità
(le quali non sono il nostro papa) che stanno sbagliando. Finché c’è tempo.
Nessun patto
con lo Stato
_____________VIRGINIA MARIANI___________
Accogliendo l’invito, voglio esprimere il
mio modesto parere sulla questione «otto
per mille», ip vista dell’Assemblea straordinaria deU’Ucebi.
Sono membro della comunità di Mottola,
che ha espresso il suo totale rifiuto di qualsiasi forma di compromesso, perché lo considera un attentato alla nostra libertà di
chiese protestan^, per secoli difesa dalle ingerenze statali di qualsiasi tipo.
Ora sta succedendo qualcosa di strabiliante: lo stato ci propone un «qualcosa» architettato per la Chiesa cattolica e generosamente vuole farcene partecipi; lo straordinario, oltre ad essere in questa presunta generosità, è in quella che pare profilarsi come «nostra» decisione.
Stento a credere che si possa accettare di
venire a patti con uno stato che laico lo è
molto poco, rinnegando i principi che sono
alla base dell’essere protestante e ci caratterizzano nella nostra confessione di fede.
Non voglio aggrapparmi timorosamente alla «tradizione», ma credo che tutto questo
costituisca una vera e propria tentazione da
cui bisogna rifuggire senza indugi con un
chiaro e limpido «No, grazie!».
Scegliamo di continuare a vivere la nostra
salubre libertà e la nostra combattuta indipendenza e rendiamo più responsabile e capace il nostro stato, nella politica come nel
sociale, con il nostro appoggio di cittadini
impegnati nella realizzazione del bene comune.
in vista dell’Assemblea straordinaria
dtWVeeM U itostiv settimanale apre
uno spazio di dibattito. Chi vuole intervenire invri alla redazione di Torino il suo sintetico contributo.
Uno sguardo d'insieme alle principali iniziative
Moltissimi incontri ecumenici
Presentiamo qui di seguito
un’incompleta rassegna degli avvenimenti ecumenici
che hanno avuto luogo nella
«settimana».
SALERNO
La comunità metodista di
Salerno, che da anni partecipa alle iniziative in città della
Settimana di preghiera, quest’anno ha partecipato attivamente a due incontri:
Uno il venerdì 22 gennaio
per una liturgia della Parola e
con una meditazione del pastore Anziani sul testo di
Isaia 58 (il vero digiuno). Tale incontro era stato organizzato dal gruppo ecumenico
del Sae.
Il secondo lunedì 25 gennaio, per una liturgia ecumenica con la presenza dell’arcivescovo Pietro e la predicazione del past. Anziani sul testo di Calati 5. I due incontri
(uno nella chiesa di S. Paolo
in Vinculis e il secondo nella
cripta del Duomo) hanno visto la partecipazione di diversi membri di chiesa.
ROMA
Nel quadro della Settimana
di preghiera c’è stata anche
quest’anno la visita reciproca
fra la Chiesa valdese di piazza Cavour e la parrocchia di
Cristo Re, situata nello stesso
quartiere Prati. Un rapporto,
questo, che lega le due comunità da diversi anni. Domenica 24 don Angelo Arrighini
ha predicato durante il culto
evangelico, la domenica successiva la pastora Maria Bonafede ha predicato nella basilica durante la messa delle
12. Ambedue i momenti liturgici sono stati seguiti da un
incontro fraterno. In programma per i prossimi mesi
alcuni studi biblici in famiglie, e un incontro fra catechisti delle due chiese.
CUNEO E PROVINCIA
Nella «provincia granda» si
sono svolti diversi incontri
per la Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani. A
Cuneo, domenica 17 gennaio
nella chiesa cattolica di S.
Maria con la partecipazione
del vescovo C. Aliprandi, di
padre G. Vasilescu della comunità ortodossa romena di
Torino e di H. Anders, pastore battista di Cuneo e provincia.
A Saluzzo, giovedì 21 nella
cattedrale, con il vescovo
Dho e il pastore Barbin che
ha predicato sul testo di Calati 5, 22.
A Bra, sabato 23 nella parrocchia di S. Andrea, con la
presenza dei cattolici e degli
evangelici della città.
A Mondovì, domenica 24
in duomo, per una liturgia
ecumenica con il vescovo
Masseroni ed il pastore Anders, dove era presente una
quindicina di esponenti della
locale comunità evangelica
che ha partecipato anche alla
liturgia.
Nel corso degli incontri di
Cuneo e Mondovì è stata effettuata una raccolta di offerte, che ha fruttato due milioni
circa, in favore di un progetto
interconfessionale di aiuto ai
profughi dell’ex Jugoslavia
gestito dalla Chiesa evangelica di Fiume.
RIVOLI TORINESE
La locale Chiesa battista ha
partecipato a due incontri
ecumenici: il 21 gennaio alla
parrocchia di Villarbasse, con
la predicazione del pastore G.
Morlacchetti a cui è seguita
una presentazione informale
ai cattolici presenti dei punti
essenziali della fede evangelica. Il 22 gennaio alla parrocchia di S. Maria della Stella,
a Rivoli, come naturale sviluppo dei numerosi incontri
di studio biblico che già avvengono da tempo a livello
cittadino.
VENARIA
In questa città della cintura
torinese giovedì 21 gennaio
la locale chiesa battista e la
parrocchia di S. Francesco
hanno organizzato presso
quest’ultima una liturgia ecumenica con predicazione del
parroco don L. Carrero e del
pastore E. Paschetto, canti e
preghiere. Oltre 150 i presenti
con una buona rappresentanza degli evangelici.
BOLOGNA
La sera di domenica 24
gennaio abbiamo avuto un incontro di preghiera con la
predicazione del pastore luterano Kleemann, sui temi della
giustizia e della pace. Era
presente il vescovo ausiliario
mons. Claudio Stagni; interventi vari e preghiere, fra gli
altri del pastore avventista
Giovanni Fantoni e di diversi
sacerdoti cattolici impegnati
con noi a livello ecumenico
sia sul piano culturale sia in
incontri di studio biblico.
L’incontro della Settimana di
preghiera, per la cui organizzazione ha contribuito notevolmente il Segretariato attività ecumeniche (Sae) è quindi il risultato di un lavoro
quindicinale che va avanti
tutto l’anno.
PIACENZA
Domenica 24 gennaio nella
Chiesa metodista si è svolto
un incontro in occasione della
Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani, organizzato dal Segretariato attività
ecumeniche (Sae) locale.
Hanno predicato il pastore
Paolo Sbaffi, della Chiesa
metodista di Bologna , sul tema «Beati i costruttori di pace» e padre Giuseppe Testa,
sul Salmo 82.
MESSINA
Con un culto ecumenico,
svoltosi nella chiesa di S. Caterina Vaiverde lunedì 25
gennaio, si è conclusa la Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani, alla quale
hanno partecipato oltre ai cattolici, valdesi, avventisti e luterani con i rispettivi pastori.
Lento, Caputo e Gaus. Hanno
predicato: il past. G. Lento su
Galati 5:16-25: «Camminate
per lo Spirito» e l’arcivescovo mons. Ignazio Cannavò su
Giovanni 15, 1-11. Lo scorso
anno, nella medesima circostanza, l’arcivescovo aveva
partecipato al culto ecumenico svoltosi nel tempio valdese.
Durante la settimana il past.
Lento è stato invitato a partecipare ad un incontro con gli
studenti in teologia cattolici e
a trattare il tema ecumenico
in una parrocchia della città.
Gli incontri sono stati organizzati principalmente dal
gruppo ecumenico che si riunisce, per lo più nei locali
della Chiesa valdese, tutti i
lunedì per lo studio della Bibbia e l’informazione ecumenica.
LA SPEZIA
Venerdì 22 gennaio, in occasione della settimana di
preghiera, la Chiesa battista
locale ha avuto un incontro
con i catechisti della diocesi
cattolica della Spezia. La no
vità di tale incontro sta nel
fatto che la comunità battista
spezzina abbia inteso sviluppare degli incontri con i cattolici accettando di ospitare
tale iniziativa nei propri locali. L’incontro era stato proposto dal responsabile dell’ufficio diocesano per l’evangelizzazione e la catechesi, don
Francesco Vannini.
La domenica precedente,
17 gennaio, una televisione
locale aveva effettuato delle
riprese filmate al culto della
nostra comunità.
GORIZIA
Giovedì 21 gennaio alle ore
20,30, presso l’ex seminario
si è svolto un dibattito pubblico a cura del past. Iginio Carera e del prof. Michele Cassese sul tema «La storia
dell’ecumenismo com’è stata
vissuta dalle due chiese».
Lunedì 25 gennaio è stata
celebrata in duomo una liturgia ecumenica con la partecipazione del gruppo ecumenico cittadino e l’intervento
dell’arciv. Vitale Bonmarco e
del pastore metodista Iginio
Carera.
UDINE
Mercoledì 20 gennaio,
presso la Chiesa metodista, il
past. A. Bonnes e don M.
Qualizza hanno presentato il
documento di Singapore sulla
tradizione nella chiesa.
Domenica 24 gennaio si è
svolto in duomo un incontro
di preghiera presieduto dal
vescovo Battisti e dal past.
Bonnes.
RIVIERA DI PONENTE
Le comunità valdesi di
Bordighera, Sanremo, Vallecrosia e Ventimiglia, come
già negli anni precedenti,
hanno partecipato attivamente alla settimana di preghiera
che ha visto una serie di incontri presso le chiese valdesi di Sanremo e Bordighera
nella cattedrale cattolica di
Ventimiglia e presso parrocchie cattoliche a Sanremo,
Arma di Taggia e Vallecrosia. All’incontro di apertura,
nella chiesa cattolica di S.
Maria degli Angeli a Sanremo, presieduto da don Guglielmi, vi sono state delle
meditazioni bibliche del vicario luterano di Genova, del
pastore anglicano, di un monaco dei frati minori a nome
degli ortodossi e del pastore
valdese di Imperia. L’incontro, a cui ha collaborato un
gruppo corale cattolico, è stato seguito con molto interesse
e viva partecipazione.
FIRENZE
La settimana di preghiera
organizzata dalla Commissione diocesana per l’unità dei
cristiani di Firenze e dalle
chiese evangeliche e ortodosse fiorentine ha avuto il suo
momento più importante il
venerdì 22 gennaio con la tavola rotonda tenutasi presso
la parrocchia di S. Antonino a
Bellariva sul tema: «L’impegno dei cristiani nell’evangelizzazione dell’Europa: il Sinodo dei vescovi cattolici e le
Assemblee europee di Budapest e di Praga». Hanno parlato il pastore valdese prof.
Giorgio Girardet e il giornalista cattolico don Luigi Accattoli.
Precedentemente, sabato 16
gennaio alle ore 18, l’Amicizia ebraico-cristiana di Firenze aveva organizzato presso
la locale sinagoga un incontro
sul tema «La santificazione
del Nome: Israele e i giusti
fra le genti».
5
\/F.NERDÌ 5 FEBBRAIO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Intervista al pastore valdese Taccia, presidente della Commissione per l'ecumenismo CRONACA
Pace fra le religioni, pace tra gli uomini:
è questo il messaggio che parte da Torino
Per la Settimana di peghiera per l’unità dei cristiani che
si è svolta a Torino abbiamo
intervistato il pastore Taccia,
presidente della Commissione evangelica per l’ecumenismo della città.
- Quali sono stati quest’anno gli elementi di novità nella
Settimana di preghiera?
«Nei primi due giorni abbiamo avuto un’estensione
degli incontri ecumenici in
otto diverse chiese cattoliche,
scelte come punto di riferimento per ognuna delle zone
in cui si suddivide la Chiesa
cattolica torinese.
In ogni chiesa la liturgia è
stata impostata sulla traccia
del documento preparatorio,
con due brevi predicazioni affidate a un sacerdote e a un
pastore.
Inoltre vi sono stati due incontri in chiese evangeliche
(una battista e una valdese),
un incontro presso la comunità ortodossa romena a conclusione della Settimana, un
incontro in una casa di accoglienza per extracomunitari,
centrato sul servizio della
chiesa a Torino, e una conferenza a due voci sul tema:
“Pace fra le religioni e pace
nel mondo”.
Particolare successo ha
avuto poi un incontro musicale con la partecipazione di cori cattolici ed evangelici (la
corale africana e la corale
evangelica di Torino).
II programma ha impegnato
notevolmente organizzatori e
predicatori ma, in compenso,
ha riscosso grande consenso e
un’alta partecipazione di pubblico in tutte le riunioni. In
ogni serata è stata effettuata
una colletta a favore delle popolazioni disastrate dell’ex
Jugoslavia».
- In questi incontri è stato
rilevato qualche momento
particolarmente significativo?
«Tutti gli incontri sono stati
significativi per le cose dette
e per il grande senso di simpatia e di solidarietà emerso
tra i partecipanti.
Di particolare rilievo è stato però rincontro nel tempio
valdese per l’alta presenza
cattolica, con parecchi membri del clero e con l’arcivescovo Saldarini. Per la prima
volta nella storia, come è stato largamente sottolineato, il
vescovo di Torino entrava nel
nostro tempio. Segno di un
nuovo rapporto di fraternità
che l’ecumenismo è riuscito a
stabilire tra le diverse confessioni cristiane, nel rispetto
delle diversità delle tradizioni
e delle identità di ciascuno.
La presenza dell’arcivescovo,
che in qualche modo restituiva la visita che il padre ortodosso ed io stesso avevamo
reso in duomo lo scorso anno,
ha comunque voluto affermare che l’ecumenismo non è
più interesse marginale di alcuni gruppi e comunità ma
coinvolge la Chiesa cattolica
di Torino nella sua più alta
espressione gerarchica.
Nel tempio era anche presente la piccola comunità ortodosso-romena con il suo
pastore, Giorgio Vasilescu,
oltre che le comunità battiste
con i loro pastori. La predicazione è stata affidata al pastore battista Paschetto, all’arcivescovo Saldarini e a padre
Giorgio. A quest’ultimo è stata affidata la benedizione finale secondo la liturgia del
vespro ortodosso includente
la benedizione del pane. È seguita, nella sala adiacente, la
condivisione del pane, del vino e di altre bevande: non
una intercomunione, ma una
copdivisione in spirito di fraternità ed allegrezza».
Interno della chiesa valdese di Torino che ha ospitato iTncontro
ecumenico tra ii vescovo Saldarini, padre Giorgio Vasilescu e il pastore Emmanuele Paschetto
- Come è stata organizzata
la «Settimana»?.
«La buona riuscita dell’iniziativa è stato il frutto positivo della decisione delle comunità battiste e valdesi di
Torino di creare una Commissione evangelica per
l’ecumenismo. Tale commissione ha costituito l’interlocutore paritetico della Commissione diocesana cattolica per
l’ecumenismo. Insieme, le
commissioni hanno elaborato
il programma di tutta la settimana scegliendo luoghi, temi,
orari, oratori, modalità di impostazione delle diverse liturgie ecumeniche e hanno firmato il programma generale,
affiancate dall’attenta e preziosa collaborazione del
gruppo del Segretariato per le
attività ecumeniche.
Oltre agli incontri ufficiali
vi sono state altre riunioni a
carattere ecumenico in altre
chiese e con altri organismi,
interviste e trasmissioni per la
radio e la televisione cattolica
della città. I mass media pubblici si sono fatti vivi solo in
occasione della visita dell’arcivescovo».
- Quale valutazione generale si può dare a questa iniziativa?
«Direi molto positiva. Non
vi sono state situazioni di disagio né momenti di ambiguità. Le differenze e le divisioni non sono state né dimenticate né accantonate.
L’ecumenismo fornisce la
corretta atmosfera per affrontarle senza polemica e animosità ma in spirito di ascolto
reciproco e fraternità, sulla
base delle realtà profonde che
in Cristo ci uniscono.
Possiamo pregare insieme,
cantare e ascoltare reciprocamente l’annunzio dell’Evangelo per il comune arricchimento e la crescita nella fede,
riscoprendo la profonda unità
che lega i credenti in Cristo,
indipendentemente dalle loro
tradizioni e scelte confessionali».
vh'-y.i
«A*- ^
ifc f.j
DI NUOVO. PERCHE?
canfixxAi
Il periodico italiano dove dialogano cattolici,
protestanti, laici, ebrei e musulmani
Un laboratorio del pluralismo
tra le fedi e le culture
ARRnNAMENTi- un anno (11 numeri) lire 50.000 - sostenitore lire 100.000 - una copia lire 5.000. Abbonamento
annuo CONFRONTI + RIFORMA lire OO.t^^nziché fIntestato alla coop.
Com Nuovi Tempi, via Firenze 38 - 00184 Roma - tei. 06 / 48.20.503 - Fax 06 / 48.27.901
VILLA SAN SEBASTIANO — Si sono sposati Ruben Valente e Lara Piacente; è stata battezzata Marzia Di
Marco, figlia di Antonello e Berardina Piccinelli.
* La chiesa è stata segnata da una serie di lutti: ci hanno lasciato Elisabetta Pensa, Ada Valente, Filippo Piacente,
Edoardo lanola. Barbara Pensa. Siamo riconoscenti al
Signore per averci dato di conoscerli, per il loro impegno
nella lotta per la testimonianza dell’Evangelo nella nostra
zona. Siamo tristi perché con loro se ne va un pezzo di storia della nostra comunità.
* Il doposcuola del nostro Centro di servizio vede presenti
13 ragazzi. Questa opera, nata più di 30 anni fa come tentativo di risposta ai molti problemi che si ponevano sia in
campo agricolo che scolastico, non ci sembra oggi più pienamente rispondente alle nuove domande che la nostra
realtà ci pone. Stiamo quindi pensando a nuove forme e
nuovi modi per cercare di rendere più concreta la testimonianza al Signore (te).
PÌNEROLO — Nella stessa chiesa dove avevamo partecipato
all’incontro della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ci siamo ritrovati per presentare il lavoro del «Centro
di ascolto» a quattro mesi dal suo inizio. Questo centro ecumenico a cui partecipano la locale comunità valdese e cinque parrocchie cattoliche della città è nato per «non fare da
soli quel che si può fare insieme» nell’aiuto ai «minimi»
che si rivolgono a noi. L’incontro, inframmezzato da canti
con chiatarra, è iniziato con la lettura del Salmo 100 del dei
vv. 24-27 del cap. 22 di Luca, fatta dal past. Bruno Tron
che ci ha presentato la figura di Gesù diacono, invitandoci a
seguirne l’esempio. E poi intervenuto il canonico Gabriele
Mercol che ha fatto la storia del centro con le sue prospettive e le sue frustrazioni, poiché non si possono aiutare tutti
quelli che vi si rivolgono, in particolare chi è alla ricerca di
un lavoro o di una casa. Si è discusso, si sono avanzate proposte, c’è stata la volontà di lavorare insieme, si sono fissate le date per altri incontri, sempre in uno spirito di preghiera indispensabile per il nostro operare. Il vescovo ha
poi chiuso rincontro conducendoci in preghiera.
* Riflettendo sulle parole di Gesù «Io sono la resurrezione e
la vita» (Giovanni 11, 25) abbiamo salutato, nel tempio gremito, il nostro fratello Silvio Bounous, tolto improvvisamente all’affetto dei suoi familiari. Pensiamo con affetto a
tutti loro rinnovando anche le nostre condoglianze alla famiglia di Gabriele Coucourde, il cui funerale ha avuto
luogo nel tempio di Villar Perosa (vi).
ANGROGNA — Sabato 30 gennaio abbiamo annunziato
l’Evangelo della risurrezione in occasione del servizio funebre per la scomparsa di Emilio Paolo Avondet, di 87 anni.
Siamo vicini nella fede e nella speranza alla moglie Orlina
e alla figlia Olga con il marito Armando Bertalot, nostro anziano di chiesa, e la nipote Isabella.
BRESCIA — Dall’anno scorso si era avviata un’esperienza di
ospitalità nei nostri locali a gruppi di diverse denominazioni
e provenienze, come quello avventista italiano e quello
evangelico ghanese. Alla ripresa autunnale delle attività abbiamo visto nuovi gruppi mettersi in contatto con noi, e
questo non può che rallegrarci. Sempre attivo è il dialogo
ecumenico con la comunità guidata dai Padri della pace,
che prosegue da molti anni nel confronto biblico e nell’mcontro fraterno. Dovendo fare un bilancio delle nostre attività, ci rallegriamo nel riscontrare che il lavoro svolto è
molto e che l’impegno profuso a questo scopo è notevole.
Questo non ci fa insuperbire, anzi ci sprona a proseguire
sempre di più perché il potenziale apporto di impegno
organizzativo e di partecipazione sia maggiore e coinvolga
tutti, anche coloro che vivono la loro condizione di membri
comunicanti in maniera marginale e con disinteresse, in
modo che la testimonianza esterna trovi un riscontro effettivo nella realtà interna e totale della comunità, e che così
molti siano guadagnati a Cristo e all’Evangelo (an).
NAPOLI — La difficile situazione dell’ospedale evangelico di
Ponticelli sembra finalmente trovare una soluzione. Da lungo tempo si auspicava che Villa Betania ottenesse la classificazione di ospedale pubblico. Solo tale riconoscimento
potrebbe garantire un finanziamento pubblico adeguato e risollevare la situazione economica non felice. Sergio Nitti,
presidente dell’ospedale, ci informa che la Giunta regionale
delibererà finalmente su Villa Betania in una delle prossime
sedute. Il suo atteggiamento è comunque molto cauto, quasi
sfiduciato. «Aspettiamo questa decisione da troppo tempo ha detto - non è bene eccedere in ottimismo». A prescindere comunque dai risultati, che si spera non tardino a giungere fondamentale, secondo Nitti, è stata la mobilitazione di
molte chiese evangeliche in favore dell’ospedale: negli ultimi mesi numerosissime cartoline e lettere sono state indirizzate alla Giunta regionale dando chiara dimostrazione che
non poche persone sono interessate alla sorte di Villa Betania. «È stata una vera e propria azione corale - aggiunge
Sergio Nitti - non circoscritta alle comunità locali, ma vissuta insieme a numerose altre realtà nazionali».
PEROSA ARGENTINA — Il consueto incontro della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, organizzato dal
terzo circuito della Chiesa valdese con le parrocchie cattoliche di Perosa Argentina e Pomaretto, si è svolto il 25 gennaio ed ha avuto come sede la chiesa deH’Oratorio (ex salesiani) di Perosa. Questo momento di riflessione e di preghiera, che dopo parecchi anni è entrato ormai quasi nella
tradizione, ha visto aumentare la partecipazione di anno in
anno, segno del suo indice di gradimento presso i fedeli delle due confessioni. 11 tema del 1993 era stato scelto su passi
biblici che parlano di pace e di giustizia:«!! frutto della giustizia sarà la pace» e «Cerchiamo quel che contribuisce alla
pace», con un richiamo agli incontri di Basilea e Seoul. Riflessioni, canti e preghiere si sono alternati e non sono mancate neppure le proposte pratiche: ad esempio, l’adesione
all’Associazione pace che raccoglie sia cattolici sia valdesi
ed ha la sua sede nel vecchio municipio di Pomaretto.
6
PAG. 6 RIFORMA
ABBI PIETÀ
DI NOI !
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 5 FEBBRAIO 19%
RENATO COÌSSON
11 racconto dell’incontro
di Gesù con la donna
cananea è preceduto, nella
redazione di Matteo, da
uno scontro polemico con
i farisei che ci può, a prima vista, anche far sorridere; i discepoli non si
erano lavati le mani prima
di mettersi a mangiare! È
chiaro che non si trattava
soltanto di un problema di
igiene, ma i discepoli con
il loro atteggiamento mettevano in questione tutto il
sistema di una «religione»
che privilegia il legalismo
ed il ritualismo a scapito
della dignità della persona
umana e della fede.
«Lasciateli, sono ciechi
guide di ciechi» dice allora Gesù ai discepoli (v.
14). Nella conversazione
che segue però, anche loro
si dimostrano «incapaci di
comprendere» (v. 16). A
un momento. E per questo
se ne va fuori dai confini
di Israele.
Ma ecco che lo raggiunge un grido; «Abbi pietà
di me. Signore, figlio di
Davide». È una donna che
grida tutta la sua disperazione; sua figlia è tormentata da un demonio. Nel
suo grido è simboleggiata
tutta la disperazione del
mondo, nella malattia di
sua figlia è simboleggiata
tutta la tragedia dell’umanità schiacciata dal dramma della sofferenza e della morte.
Questa cananea, questa
pagana, spalanca una finestra sulla tragedia e sulla
disperazione del mondo
intero e chiama Gesù
all’azione.
Appare strano l’atteggiamento dei discepoli,
che come già altre volte
«Allora i suoi discepoli, accostatisi, gli dissero: Sai tu
che i Farisei, quand’hanno udito questo discorso, ne
son rimasti scandalizzati? Ed egli rispose loro: Ogni
pianta che il Padre mio celeste non ha piantata, sarà
sradicata. Lasciateli; sono ciechi, guide di ciechi; or se
un cieco guida un altro cieco, ambedue cadranno nella
fossa.
Pietro allora prese a dirgli: Spiegaci la parabola. E
Gesù disse: Siete anche voi tuttora privi d’intendimento? Non capite voi che tutto quello che entra nella bocca
va nel ventre ed è gittata fuori nella latrina? Ma quel
che esce dalla bocca viene dal cuore, ed è quello che
contamina l’uomo. Poiché dal cuore vengono pensieri
malvagi, omicidi, adulteri, fornicazioni, furti, false
testimonianze, diffamazioni. Queste son le cose che contaminano l’uomo; ma il mangiare con le mani non lavate non contamina l’uomo.
E partitosi di là, Gesù si ritirò nelle parti 4i Tiro e di
Sidone. Quand’ecco una donna cananea di quei luoghi
venne fuori e si mise a gridare: Abbi pietà di me, Signo
figliuol di Davide; la mia figliuola è gravemente tormentata da un demonio. Ma egli non le rispose parola.
E i suoi discepoli, accostatisi, lo pregavano dicendo: Licenziala, perché ci grida dietro. Ma egli rispose: Io non
sono stato mandato che alle pecore perdute della casa
d’Israele. Ella però venne e gli si prostrò dinanzi, dicendo: Signore, aiutami! Ma egli rispose: Non è bene
prendere il pan dei figliuoli per buttarlo ai cagnolini.
Ma ella disse: Dici bene. Signore; eppure anche i cagnolini mangiano dei minuzzoli che cadono dalla tavola
dei loro padroni. Allora Gesù le disse: O donna, grande
è la tua fede; ti sia fbtto come vuoi. E da quell’ora la
sua figliuola fu guarita»
(Matteo 15, 12-28)
questo punto possiamo
pensare che per Gesù ci
sia un attimo di delusione
e di impazienza; doversi
perdere in questioni simili, mentre sarebbe più urgente portare avanti la sua
missione vitale per il
mondo.
Il «partitosi di là» del
V. 21 sembra infatti voler
dire che Gesù ne ha abbastanza e vuole prendere le
distanze da questa realtà
difficile e senza speranza;
vuole allontanarsi per tirare il fiato e rifletterci su
pasticciano; pensando di
aiutare Gesù cercano di
chiudere questa finestra.
Ma ancora più strano è
l’atteggiamento di Gesù, e
ci è difficile capire la durezza della sua risposta
(per mettere in risalto la
fede della donna, ci dicono i commentatori).
Ma la donna non demorde, accetta di mettersi sullo stesso piano dei cagnolini, si accontenta delle
sole briciole che cadono
dal tavolo dei padroni,
non pretende nulla, cerca
Burkina (Africa): donne impegnate
solo la grazia. E questa
donna appare in tutta la
sua dimensione di creatura di Dio e, nella sua
umiltà e nella sua disponibilità all’azione di Dio, lascia trasparù-e una grande
fede!
«Grande
è la tua fede!»
Gesù stesso viene «ricaricato» da questo
incontro e può ritornare in
Galilea a riprendere la sua
difficile missione con rinnovato slancio.
Il tempo in cui viviamo
non è un tempo in cui
possiamo tirare i remi in
barca. Se le finestre delle
nostre chiese non sono
chiuse e sprangate, le grida di dolore che ci raggiungono dal mondo intero sono così tante da non
poterci lasciare tranquilli.
Sono le grida di dolore
dei migranti che sempre
più numerosi bussano alle
nostre porte, sono quelle
delle migliaia di profughi
che fuggono terrorizzati
dalle distruzioni che insanguinano molte regioni
dell’ex Jugoslavia, sono
le grida delle township
del Sud Africa, o ancora
quelle grida che si spengono nella bocca delle
centinaia di bambini che
ogni giorno muoiono di
fame in Somalia o negli
altri paesi colpiti dalla
siccità, dalla carestia e
dalla guerra. E gli esempi
potrebbero continuare.
Grida sempre più numerose, sempre più pressanti,
sempre più angosciate;
«Signore, abbi pietà di
noi!».
E noi,
cosa rispondiamo?
Si ha spesso l’impressione che le nostre
chiese oggi, come i discepoli allora, pasticcino e
non siano in grado di capire l’urgenza e di dare
una risposta adeguata.
Quanto tempo abbiamo
impiegato a discutere se
fosse giusto o no che la
chiesa «facesse politica».
a scavare buche che verranno riempite di compost, allo scopo di trattenere la scarsa acqua piovana
prima di capire che è impossibile estraniarsi dalla
realtà in cui viviamo e di
capire che, lo vogliamo o
no, siamo sempre corresponsabili di quanto
succede!
Quanto tempo abbiamo
passato nelle discussioni
di principio sull’organizzazione della chiesa, sulla
diaconia, sui nostri rapporti con lo stato, sui finanziamenti pubblici,
ecc...!
Quanto grande e preminente è stata la nostra
preoccupazione di far
quadrare prima i nostri bilanci per lasciare a dopo,
se rimaneva ancora qualcosa, la nostra solidarietà
per gli altri!
Ma intanto, se ci è permesso parafrasare la risposta della donna cananea a Gesù, le briciole che
cadono dal tavolo dei paesi ricchi sono sempre più
piccole e rare, mentre i cagnolini sono sempre più
numerosi.
Ci dicono infatti le statistiche che se nel 1982 i
«ricchi» erano il 25%
della popolazione mondiale e consumavano
l’81% delle risorse, nel
1992 i «ricchi» sono scesi al 22% della popolazione mondiale mentre i
loro consumi sono saliti
all’84% delle risorse, lasciando solo più il 16% al
78% della popolazione
mondiale! E nói facciamo
parte della pritna categoria.
«Abbi pietà
di noi!»
Guardiamo dunque in
faccia questa realtà e
scopriamo subito che questi uomini e queste donne
che gridano sono, come
noi, creature di Dio; sono
delle persone che Dio ha
creato perché fossero anche loro oggetto del suo
amore e destinatari della
salvezza di Gesù Cristo.
Cioè uomini e donne ricoperti della dignità di figli
e figlie di Dio in Cristo
Gesù.
E allora, con sorpresa,
troviamo in loro tutta una
tensione di vita e di speranza, spesso segno di una
grande fede.
La fede genuina e spontanea di quelle comunità
di credenti che per ore
cantano la loro gioia sotto i baobab dell’Africa, o
la fede problematica di
chi ha scelto la via della
contestazione allo status
quo, o ancora la fede in
embrione di chi non sa
ancora esprimersi o non
sa ancora in chi credere
perché nessuno glielo ha
mai detto.
Da questo incontro può
scaturire una nuova vita
per le nostre comunità, un
nuovo slancio, una volontà rinnovata di agire
perché il mondo venga
trasformato.
Questi fratelli e queste
sorelle ci mettono infatti
davanti l’interrogativo
fondamentale sul senso
della vita che non può assolutamente ridursi a possedere e consumare quanto più possiamo possedere
e consumare; interrogativo che deve essere riportato al sentirsi figli e figlie
di Dio in piena dignità e
responsabilità, dignità che
non può essere barattata
con tutto l’oro del mondo.
Non dobbiamo dunque
essere preoccupati se le
nostre finestre si stanno
sempre più aprendo sulla
realtà che ci circonda. In
questa visione che si apre
e si allarga certamente
verrà nuova linfa di vita
nuova per le nostre comunità e la nostra chiesa
tutta.
* Testo della predicazione
tenuta a Milano durante la
Conferenza del 2° Distretto, tenutasi nella Chiesa
metodista di via Porro
Lambertenghi.
MI DISORIENTI, SIGNORE
Mi disorienti. Signore!
Ti aspetto sulle ali del tuono
e nel vento che piega la quercia,
e ti trovo nel segreto della mia camera.
Ti aspetto nelle parole d’amore
e nel compimento della tua Parola,
e ti trovo nella lotta con il mio fratello
che solleva la testa sotto le manganellate
e grida «libertà!».
Mi disorienti. Signore!
Perché sempre sei da un’altra parte,
sempre vieni da vie diverse
e mai su di te posso mettere le mani.
Rallegratevi, fratelli,
fortificate le vostre mani stanche,
riprendete coraggio, fratelli,
e raffermate i vostri passi esitanti.
Eccolo là, colui che non possiamo
raggiungere,
lui, il Signore.
C. Singer
(Tratto da in atte.sa del mattino, Cevaa)
7
Spedizione in abb. post. Gr 11A/70
In caso di mancato recapito rispedire a:
CASELLA POSTALE 10066
torre pellice
Fondato nel 1848
Delle Yaui ¥vldesi
venerdì 5 FEBBRAIO 1993
ANNO 129 - N. 5
URE 1200
Le osservazioni di un rappresentante sindacale sui progetti di sviluppo per l'area
Il turismo e il terziario non bastano
per rilanciare l'economia del Pinerolese
PIEBVALDO BOSTAN____
Venerdì 5 febbraio, alla
chiusura della Conferenza economica del Pinerolese
arriverà l’assessore regionale
al lavoro. Cerchio. Prenderà
contatto con una realtà che ha
visto negli ultimi anni perdere
migliaia di posti di lavoro e in
cui altri 3 mila sono nel breve
termine a rischio. Ogni settimana ci troviamo a scrivere
una specie di bollettino di
guerra con nuove aziende in
crisi, proposte di cassa integrazione 0 di mobilità.
Abbiamo chiesto ad Enrico
Tron, della Fim-Cisl, di presentarci un quadro attuale
dell’occupazione nella zona
considerando in particolare i
settori maggiormente in difficoltà. Partendo da questi dati
saranno possibili riflessioni e
spunti di discussione «mirati
alla concretezza», come precisa lo stesso Tron.
MANIFATTURA - Perosa
Argentina: (settore tessile);
sono occupate 410 persone
circa; per evitare la mobilità si
è fatto un accordo (non senza
una certa tensione interna) che
riduce, tra servizi e salario, lo
stipendio di circa 200 mila lire
lorde.
CASCAMI SETA - Pomaretto: (tessile); occupa 104
persone; dopo un periodo di
contratto di solidarietà,
l’azienda chiede la cassa integrazione straordinaria con
probabile mobilità per 52 persone. Sono in atto tentativi di
ricollocamento del personale.
TRASFORMAZIONI SERICHE - Pomaretto: (tessile);
attività chiusa con licenziamento di 25 persone.
TALCO E GRAFITE - Sedi
in Frali, Salza, Porte, Pinerolo; sono occupate circa 200
persone; esiste ancora cassa
integrazione straordinaria per
circa 10 unità. Nel tempo sono
state vendute le centrali elettriche.
FPS - Campiglione: (metalmeccanico); occupate 140
persone di cui 40 sono in cassa integrazione ordinaria a rotazione.
MICROTECNICA - Luserna S.Giovanni: (metalmeccanieo); occupa 130 persone; 80
sono in cassa integrazione ordinaria a rotazione.
BUFONI - Pinerolo: (metalmeccanico); occupa 92 persone; 20 sono in cassa integrazione ordinaria a rotazione.
SKF Industrie - Villar Perosa: (metalmeccanico); occupa 870 persone; 76 sono state
licenziate.
SKF Cuscinetti - Villar Perosa: (metalmeccanico); occupa circa 300 persone; attualmente l’azienda opera con una
settimana al mese di cassa integrazione ordinaria a rotazione.
BOGE - Villar Perosa:
(metalmeccanico); occupa circa 280 persone; 30 sono state
licenziate, mediamente una
trentina sono in cassa integrazione straordinaria a rotazione.
MARTIN - Porte e Perosa
Argentina: (metalmeccanico);
occupa circa 70 persone. E
IL FINANZIAMENTO DELLE NOSTRE CHIESE
ALMENQ
UN CAFFE
MABCO BOSTAN
Stata esaurita la cassa integrazione ordinaria; due persone
sono in mobilità da gennaio,
altre da aprile.
BELOIT - Pinerolo: (metalmeccanico); occupa 720 persone; 250 sono in cassa integrazione ordinaria a rotazione.
GRAZIANO - Luserna
S.Giovanni: (metalmeccanico); occupa circa 100 persone. Una trentina sono in cassa
integrazione ordinaria.
SELECO - None: (metalmeccanico); occupa circa 160
persone. L’azienda ha chiuso e
le maestranza sono tutte in cassa integrazione straordinaria.
Questa la ricerca condotta
fra le aziende del Pinerolese.
Da più parti è stata espressa
delusione su quanto ha saputo
fin qui dire la serie di incontri
promossi dal Comune di Pinerolo.
«Sono stati presentati diversi progetti — dice Tron — tutti
interessanti e abbastanza condivisibili, ma mi sembrano
ancora troppo “sulla carta” e
soprattutto non ritengo che il
terziario o il turismo possano
da soli salvare un’economia.
Ricordo a titolo di esempio i 4
mila miliardi in meno derivanti dalla caduta di occupa
zione. Sono soldi che non verranno spesi sul territorio e
l’impatto negativo di questo
fatto comincia solo adesso a
farsi sentire».
Ripensare alle aree industriali (almeno le medie valli
oltre alla pianura), ai collegamenti (l’autostrada per Pinerolo, certo, ma anche un serio
sviluppo degli scali merci ferroviari di Pinerolo e di Luserna), ai costi energetici.
E ancora, i Mondiali di sci
al Sestriere rappresenteranno
un’effettiva occasione di sviluppo? A parte l’indotto delle
costruzioni di strutture e strade, cosa sarà dopo l’area? Come verrà riciclato quanto messo in piedi per l’avvenimento
agonistico?
«È giusto sperare che la
nostra zona venga riconosciuta come area depressa
con le conseguenti agevolazioni, ma è anche importante
che qui si sappiano produrre
nuovi progetti, coinvolgendo
il massimo possibile delle categorie: sindacati, lavoratori, ma anche manager; ecco,
ricordo a questo proposito
che quando alla guida di
certe aziende c’era gente
della valle si ragionava anche in termini di ricadute sul
tessuto sociale delle valli;
oggi che i dirigenti arrivano
spesso da fuori si fanno soltanto i conti economici
dell’azienda, senza un reale
dialogo con i problemi del
territorio».
L’occasione per rilanciare
questo dialogo sarà rincontro
con Cerchio, venerdì? Chi
crede nel rilancio dell’industria come necessità se lo augura, senza credere troppo
nei sogni, ma badando alla
concretezza dettata dall’urgenza.
8^—
La nuova legge sulla caccia potrebbe limitare le aree protette
A rischio l'oasi del Barant:
è possibile una «ridelimitazione»
Non erano affatto infondati
i timori emersi alla fine del
1992 circa la possibilità di una
ridelimitazione (ovvero riduzione) dell’oasi del Barant in
alta vai Pellice.
Si è ritornati a parlare del
problema la scorsa settimana
alTintemo della seconda commissione provinciale che ha
incontrato amministratori, ambientalisti e cacciatori della
vai Pellice. 1 rischi di taglio
dell’area derivano dalla nuova
legge nazionale sulla caccia
che, demandando alle Regioni
la definizione particolare delle
aree di protezione, prevede
che esse possano rappresentare un massimo del 10-20% del
territorio.
Le Province sono state coinvolte dalla Regione in quanto
titolate sulla materia delle zo
ne protette, ed entro l’11 marzo dovranno produrre dei piani di ridefinizione.
Il problema - hanno spiegato i funzionari dell’assessorato
provinciale - è legato al fatto
che i parchi rappresentano da
soli più del 18% e dunque alle
altre aree protette resta meno
del 2%. Ci troviamo in pratica
nella condizione di dover tagliare circa il 90% dell’esistente. Vogliamo però fare
questo tenendo conto delle
particolarità della fauna, delle
colonie di animali presenti e
da tutelare.
I rappresentanti della vai
Pellice hanno per altro fatto
rilevare l’importanza che l’oasi riveste, non solo sul piano
faunistico, ma naturalistico
nel suo complesso, con i vari
progetti di valorizzazione
dell’alta valle che enti locali,
Cai e altri stanno predisponendo, in collaborazione anche con il corrispondente territorio francese.
È ben vero che anche tutte
le altre aree protette hanno
comunicato la propria indisponibilità a ridurre le proprie
superfici tutelate; dunque, come uscirne?
La proposta finale uscita
dalla commissione è stata
quella di chiedere alla Regione di confermare in toto l’attuale situazione delle aree
protette, con un impegno in
più, di chiedere al governo
centrale di riconsiderare le
percentuali di territorio da tutelare, o alzando i tetti massimi o prendendo in considerazione dei minimi e non dei
massimi.
Gennaio: hai pagato il bollo di circolazione dell’
auto? Ti sei ricordato della patente? Ah, poi c’è quella rata
dell’assicurazione, e i rinnovi
degli abbonamenti... Ciascuno
di noi, in questi giorni, si ricorda di alcune scadenze fisse, in famiglia si fanno i conti.
Per molti la situazione si è fatta dura, per sempre più persone il lavoro diventa precario.
Ma comunque cerchiamo di
fare un po’ di previsioni:
quanto entrerà, quanto possiamo spendere. Vorrei chiedere:
a che punto entra il discorso
della chiesa e della nostra
contribuzione? A che punto si
pone, nei nostri bilanci preventivi, il contributo personale
che, come valdesi, siamo tenuti a corrispondere alla nostra chiesa per la sua opera di
testimonianza?
Ho l’impressione che, in
molti casi, la contribuzione è
ancora un di più, che magari
si cercherà di dare, se ce la faremo. In certi casi rimandiamo il discorso al prossimo
Natale! Sembra che prima
vengano molte altre cose.
Mi pare che ci siano alcuni
motivi che rendano necessario
parlare di queste cose proprio
alle Valli. Innanzitutto i membri che non contribuiscono per
niente. La situazione varia da
chiesa a chiesa, ma si tratta in
ogni caso di parecchie centinaia, forse migliaia di persone. Molti di loro si vedono raramente al culto, quasi per
niente partecipano alle attività. Valdesi di nome e non di
fatto, se è vero che nella Chiesa valdese sono membri comunicanti coloro che danno
segni di obbedienza al Signore
che confessano, e uno di questi segni è la contribuzione
personale. Per coerenza dovrebbero essere loro stessi a
chiede ai Concistori di essere
cancellati dagli elenchi e considerati, se mai, membri simpatizzanti.
Ma da parte di pastori e Concistori occorrerebbe chiedersi
se si è fatto veramente tutto il
possibile nei loro confronti. Se
li si è andati a trovare a casa, se
si è loro spiegato come funziona la nostra chiesa.
Un tempo, la generazione dei
pastori di mio padre, diceva
spesso che la contribuzione è il
«termometro della fede»: c’era
in questa frase l’idea, non troppo condivisibile, che si possa
misurare la fede degli altri, e
che sia giusto misurarla dai
soldi che si danno alla chiesa.
Ma c’era la giusta convinzione,
e anche l’annuncio nel culto,
nei sermoni, che la contribuzione è un fatto spirituale prima che monetario, che insomma, in questo paese, non si può
essere protestanti a buon mercato, che dirsi valdese non è
solo un problema di identità,
ma significa qualcosa di concreto in termini di impegno, di
tempo, e anche di soldi. Mi
sembra che oggi ci sia solo un
gran parlare di diritti, ma che si
chiedano pochissimi doveri,
anche nella Chiesa valdese. Si
chiede troppo poco, e la gente
potrebbe dare molto di più, e
ne sarebbe anche contenta.
Poi, alle Valli, c’è il discorso degli stabili da mantenere
che altre chiese non hanno,
delle opere diaconali. Si tratta
certo di argomenti validi, ma
gli stabili significano anche
ricchezza di locali e possibilità che mancano altrove.
C’è poi chi dice: meglio dare i soldi all’asilo o per l’ospedale! A parte il fatto, che ho
verificato, per cui chi dà per le
opere, in genere, dà anche una
buona contribuzione alla cassa
culto; vogliamo o non vogliamo che sia vero quello che affermiamo? Anche nella recente intesa sull’otto per mille si
legge: «La Repubblica italiana
prende atto che le chiese rappresentate dalla Tavola valdese intendono provvedere al
mantenimento del culto ed al
sostentamento dei ministri
unicamente a mezzo di offerte
volontarie».
Queste cose le diciamo solo
per farci belli di fronte ai cattolici o le vogliamo mettere in
pratica? Sono consapevoli tutti i membri di chiesa dell’impegno che è stato assunto dal
Sinodo per migliorare il trattamento dei pastori e dei diaconi? Sanno che, per rendere
dignitoso questo trattamento
(oggi inferiore alle 900 mila
lire al mese) e per portarlo ad
un livello paragonabile a quello di un insegnante di scuola
media inferiore, occorrerebbe
aumentarlo di 3-400 mila lire
al mese?
L’ultimo punto, che è poi
quello centrale, riguarda il livello delle contribuzioni. Qui
si parla ogni anno di aumenti,
di percentuali, di impegni, di
richieste, tutta roba complicata, ma il punto vero è estremamente semplice: anche fra
quelli che contribuiscono molte quote sono scandalosamente basse. Ma come si fa a dare
20, 40, 100 mila lire alla chiesa per tutto un anno? Anche
dove i soldi sono pochi, se si
va al cinema una sera si sa che
si spendono 10 mila lire a testa. Ma ci si va. Non parliamo
del ristorante o di una giornata
a sciare. E allora perché questa miseria di elemosina verso
la chiesa? Vale meno di un
film? E perché ancora dei singoli biglietti da mille lire alla
colletta?
Non c’è nessuno, io credo,
per quanto poco guadagni, che
si rifiuterebbe di offrire alla
sua chiesa l’equivalente di un
caffè al giorno. Ma sapete che
un caffè al giorno fa una contribuzione annua di oltre 400
mila lire? Se si pensa agli stipendi bassi, quelli che oscillano tra il milione e mezzo e i
due milioni al mese, qui la
contribuzione potrebbe essere
facilmente di 50 mila lire al
mese. Il che fa più di mezzo
milione l’anno. Se ci si pensa
un momento, ci si rende conto
di quanto sarebbe facile questa operazione, di quanto poco
pesante sarebbe per le nostre
tasche, specie se ripartite in
rate mensili. Ma risolverebbe
in un attimo tutti i problemi finanziari della nostra chiesa;
perché non provarci, allora?
8
PAG. Il
Valli Valdesi
VENERDÌ 5 FEBBRAIO 199,-^
Una veduta panoramica di Torre Peiiice
San Germano Chisone: un dibattito su sviluppo, identità, confronto con l'Europa
Le Valli in un Piemonte che cambia:
prospettive economiche e «risorse culturali»
MAURO MEYTRE
ANGROGNA: ICI AL CINQUE PER MILLE — Il Consiglio comunale nella sua riunione del 27 gennaio scorso ha
provveduto ad alcune modifiche al bilancio di previsione, in
particolare riguardo all’applicazione della nuova tassa sugli
immobili (lei).
L’amministrazione ha deciso di riscuotere la nuova imposta
nella misura del 5 per mille; l’incasso, sulla base degli scarsi
elementi a disposizione, è ipotizzato sui 40 milioni e mezzo,
di cui circa 10 verranno versati allo stato e 30 andranno nel
bilaiicio comunale. Secondo le previsioni la nuova imposta
andrà a toccare solo marginalmente i proprietari che utilizzano le abitazioni come prima casa.
LUSERNA: PER ORA NIENTE RIMPASTO — Si era fatto
un gran parlare, in settimana, di un possibile, ennesimo,
rimpasto nella giunta lusemese (l’unico Comune del Pinerolese che, se verrà confermato il disegno di legge in discussione in Parlamento, si troverà a cambiare alla prossima
elezione il sistema elettorale, passando al maggioritario),
ma nulla è trapelato nel Consiglio di venerdì 29 scorso.
La crisi interna al Psi, con le dimissioni di parte del direttivo, non ha per ora avuto ripercussioni sulla delegazione in
giunta; le dimissioni del vicesindaco Canale non sono ancora arrivate e il probabile ingresso in giunta dell’ex Pei Rivoira sembra rimandato.
Fra gli argomenti discussi un’interpellanza presentata dalla
Lega Nord sulla piazza XVII Febbraio ed i lavori di «miglioramento»; durante un incontro lo scorso anno si era parlato di
nuovi parcheggi. Nulla è stato fatto; dopo le promesse si sono
fatti i conti con la realtà che pare rendere impossibile, oggi
come oggi, una realizzazione attesa da tutto il borgo.
Il Consiglio ha poi deliberato l’affidamento della gestione
deU’acquedotto comunale all’Acea; il dibattito fra le forze di
minoranza deve essere stato intenso se la relazione che accompagna la delibera parla di decisione «sofferta» a cui si è
arrivati «senza incorrere in una crisi della maggioranza».
E tornata ancora una volta in Consiglio la variante al piano
regolatore; errori di calcolo sono stati evidenziati in questi
mesi e sorprende un po’ che tecnici affermati e uffici preposti possano ancora incorrere in certe sviste, che alla fine altro non farmo che ritardare l’iter del documento.
Infine è stato modificato il capitolato d’appalto per la gestione dei cimiteri comunali; tutti i servizi saranno gestiti da
una ditta di Barge con un costo mensile di circa 5 milioni e
mezzo al mese.
TORRE PELLICE: 300 MILIONI PER LE SCUOLE — Il
Consiglio comunale riunito venerdì scorso ha deliberato
I accensione di un mutuo per oltre 300 milioni per migliorie
alle scuole superiori del viale. Dante.
II progetto non è nuovo, ma la mancata erogazione dei contributi in passato aveva di fatto rinviato l’intervento; ora il
Comune ha deciso di assumere su di sé l’onere del mutuo e
si spera di poter concretizzare già durante l’estate i lavori.
Si tratterà di manutenzione straordinaria con rifacimento
degli infissi la cui attuale durata si aggira sui trent’anni.
Fra le varie il sindaco ed il presidente della Comunità montea hanno relazionato sullo stato di avanzamento dei lavori
di copertura del palazzo del ghiaccio: in questi giorni si sta
ultimando la parte in cemento armato e l’arrivo della ditta
Holzbau di Bressanone, incaricata della posa del tetto, è
prevista per la metà di febbraio.
Si tratterà successivamente di procedere alle chiusure laterali, al rifacimento dell’impianto elettrico e di altre attrezpture indispensabili per le attività sportive (protezioni per
il pubblico, tappeti in gomma ecc). Gli ottimisti parlano di
una possibile apertura della pista già nel periodo estivo.
A LUSERNASANGIOVANM
Albergo - Ristorante
CENTRALE
di Pier Luigi Ronchail
NUOVA GESTIONE
Silvia, Pier Luigi e Bruno Vi aspettano
a Luserna San Giovanni
Via I Maggio, 46 - Tel. 0121/909087
Chiusura settimanale il lunedì
T e Valli in un Piemon^AJ_yte che cambia», questo il titolo dell’incontro
svoltosi venerdì scorso a San
Germano dove la comunità
valdese ha invitato la società
civile nel suo insieme a riflettere sui problemi di oggi e
sul futuro delle Valli.
Due gli oratori, ambedue
«di casa»: Eugenio Maccari,
assessore alla Sanità della
Regione, ed Erminio Ribet,
presidente della Comunità
montana valli Chisone e Germanasca, entrambi politici
del Psi ma con approcci diversi alla politica ed alle problematiche delle Valli.
Il pastore Giorgio Tourn,
autorevole esponente della
cultura valdese, introducendo
il dibattito ha tracciato la cornice in cui si è poi sviluppato:
l’immagine di un Piemonte
che rischia la marginalizzaziqne, le caratteristiche simili
delle valli Chisone, Germanasca e Pellice, ognuna peraltro
con i suoi aspetti peculiari.
Tourn ha sottolineato la vicinanza di una realtà metropolitana e l’urgenza, in una realtà
europea che va delineandosi,
di «inserirsi in circuiti di spostamenti, di commerci ed anche di idee».
Mediante la proiezione di
dati statistici Erminio Ribet ha
illustrato la situazione della
valle; anche se i dati sono in
p^e conosciuti essi meritano
di essere ricordati. L’alta vai
Chisone dai novemila abitanti
all’inizio del secolo è passata
agli attuali duemila, in vai
Germanasca si è passati da 5
mila unità a 1.700; per quanto
riguarda le fasce di età si nota
che in 40 anni la popolazione
giovane è passata dal 32% al
20% appena. Altri dati riguardano l’attività economica: un
60% è rappresentato dall’industria, un 30% dal terziario,
il 3% dall’agricoltura, un settore che in Europa raggiunge
il 4-5%.
E marcato il calo occupazionale nell’industria; in 30
anni si è passati da 8.000 addetti agli attuali 2.600; la disoccupazione colpisce soprattutto le donne, un 70% contro
il 30% degli uomini. Un dato
allarmante è legato alla situazione di bassa scolarità,
all’incirca di un 15% inferiore alla media regionale. Quali
sono le possibili ricette per
questi problemi?
Ambedue gli oratori hanno
detto di vedere nello sviluppo
del polo industriale a Pinerolo la parziale soluzione per
l’occupazione. Si tratta di un
progetto di cui si parla da tanto tempo e che per ora è ri
masto nelle intenzioni anche
per la mancanza di iniziative
concrete. Secondo l’assessore
Maccari, i mondiali di sci del
1997 al Sestriere potrebbero
rappresentare un elemento di
input per l’economia locale.
Nel clima attuale di scetticismo verso il mondo industriale e di disincanto si pongono in positivo alcune proposte del presidente della Comunità montana, Ribet, il
quale ha cercato di raccordare
quegli elementi culturali, economici ed istituzionali che
concorrono alla formazione
della struttura sociale.
In particolare per quanto riguarda i problemi delle alte
valli, Ribet ha sottolineato
come l’ecosistema alpino
possa essere mantenuto attraverso l’intervento attivo dell’
uomo e mediante la ricerca di
un equilibrio tra attività economiche quali turismo, artigianato, agricoltura.
Ribet ha poi fatto riferimento ai progetti Interreg; la
presenza di una tradizione
mineraria in vai Germanasca
apre la possibilità di uno sviluppo con risvolti economici
nel settore cosiddetto dell’archeologia industriàle. Bisogna dare delle risposte ad un
turismo differenziato, valorizzandone gli aspetti culturali in senso lato. Soluzioni di
verse sono possibili se sono
accompagnate da una presenza tangibile delle istituzioni
pubbliche, mentre l’attuale
funzionamento della Regione
Piemonte lascia a desiderare.
Tra le ipotesi la creazione di
una agenzia di sviluppo;
l’istituzione di una «Cassa rurale» potrebbe essere un passo per investire sul territorio
il risparmio attualmente rastrellato dalle banche.
Oggi sulla scia di rapporti
sempre più stretti tra le valli
limitrofe, italiane e francesi,
si delinea una di quelle utopie
possibili; la regione alpina.
In conclusione il pastore
Tourn ha ribadito il ruolo di
uno dei pilastri ancora importanti: la cultura. In proposito
ha detto che «la cultura è un
modo di pensare, un modo di
sentire, di gestire la propria
vita».
In questo senso le comunità
valdesi sono soggetti di cultura. In questi anni, ha aggiunto
Tourn, la cultura valdese ha
prodotto principalmente una
riflessione nell’ ambito socioassistenziale; oggi è necessario investire energie «per la
maturazione di una cultura di
coscienza di comunità, di
identità; ed in questo senso
senz’altro l’oggetto dello
sforzo è oostituito dai nostri
figli».
Pinerolo: lo Statuto del Comune è stato presentato in una serata pubblica
Democrazia è partecipazione dei cittadini
________DANILO MASSEL________
Venerdì 29 gennaio, a Pinerolo, si è svolta la presentazione pubblica dello Statuto comunale. «Statuto del
Comune; partecipazione e diritti dei cittadini» era il tema
della serata. L’incontro veniva
quasi a coincidere con l’effettiva entrata in vigore dello
Statuto comunale, a trenta
giorni dalla pubblicazione sul
bollettino regionale avvenuta
il 31 dicembre ’93.
Hanno partecipato alla serata il sindaco, Livio Trombotto, l’assessore alla Partecipazione e trasparenza, Alberto
Barbero, e il giudice Elvio
Passone, membro del Consiglio superiore della Magistratura. A causa di problemi di
aereo era invece assente il
prof. Franco Cazzola.
Dopo una breve introduzione di Trombotto e di Barbero
il dott. Passone ha esposto una
serie di considerazioni, inquadrando il ruolo dello statuto di
un Comune nel contesto politico. Interessante è parso il
collegamento della tematica
degli statuti con il superamento del binomio democraziacentralismo a favore del binomio democrazia-decentramento, valorizzando cioè le diversità locali; questo superamento sembra tra l’altro essere uno dei messaggi che questo fine secolo lascia a quello
successivo.
La complessità e l’ampiezza
crescente dei problemi di gestione delle amministrazioni
pubbliche, anche delle comunità ristrette (ragioni che hanno influenzato l’elaborazioni
di leggi di riforma tra cui
quella che nel 1990 ha dato
origine proprio agli statuti comunali o il recente disegno di
legge appena licenziato alla
Camera per l’elezione diretta
del sindaco e la riduzione del
numero dei consiglieri) sono
anche causa di una evoluzione
interna ai sistemi democratici.
Passone ha infatti parlato di
RISTRUTTURAZIONI
IMMOBILIARI
un passaggio «da una democrazia della condecisione ad
una democrazia di indirizzo e
controllo in cui, se diminuisce
l’area della condecisione, deve aumentare lo spazio per la
partecipazione, informazione
e controllo, e i cittadini devono attivarsi per sfruttare in
modo organico gli strumenti
offerti dallo statuto sostituendo all’ etica della rivendicazione quella della responsabilità».
Con riferimento specifico
allo Statuto pinerolese il dott.
Passone ha paragonato il medesimo ad una sorta di Costituzione della città, un documento che contiene affermazioni impegnative, che a prima vista potrebbero anche apparire utopistiche ma che, comunque, così come lo sono
state per lungo tempo alcune
norme costituzionali, sono dei
punti fermi da cui partire per
elaborare la politica concreta
della città. In qualche modo
anche un’occasione da non
perdere in questo periodo di
notevole fermento e cambiamento del clima politico.
Concluso l’intervento di
Passone, l’assessore Barbero
ha svolto alcune osservazioni
partendo dal tema della partecipazione dei cittadini, a cui
sono dedicati alcuni specifici
articoli dello Statuto, soffermandosi poi in particolare
sulla figura del difensore civico.
In materia di diritto di informazione Barbero ha ricordato
che è prevista l’istituzione di
un periodico di informazione
sull’operato dell’amministrazione, del Consiglio e del difensore civico. Il sindaco ha
aggiunto che vi dovrebbero
trovare spazio adeguato le informazioni sui lavori pubblici
in corso o in programma.
La serata si è conclusa poi
con il rinvio ad Un successivo
incontro, probabilmente il 26
febbraio, ogni approfondimento dei problemi e della discussione.
—
Costruzioni generali
TORINO via Garibaldi 22 tei 011'4367168
^^FLORA
VIAGGI
s.n.c.
corso Torino 107 - 10064 Pinerolo
tei. 0121/374174
9
venerdì 5 FEBBRAIO 1993
L’Eco Delle Valli Valdesi
PAG. Ili
Il Centro arti e tradizioni popolari del Pinerolese
Una visita al museo per tornare
a vivere in casa dei nostri nonni
FEDERICA TOURN
Scendendo nei sotterranei
di Palazzo Vittone, che
già ospita il Museo di scienze
naturali, si entra nel Centro
arti e tradizioni popolari del
Pinerolese, che propone
un’accurata ricostruzione dei
costumi e della cultura delle
montagne e delle campagne
della zona. L’allestimento
dell’ampio materiale etnografico, condotto a termine grazie alla collaborazione di
gruppi di volontariato locali e
all’interesse delle Comunità
montane, riproduce fedelmente gli ambienti contadini
grazie all’accurata disposizione di utensili e attrezzi legati
all’uso quotidiano e a particolari attività d’inizio secolo.
Entrando nelle sale si ha l’impressione di tornare nella casa dei «nostri nonni»: la cucina tradizionale, con i paioli di
rame, la camera da letto in
cui si trovano oggetti curiosi,
come il pettine per ravviare la
lana dei materassi o le vecchie borse per l’acqua calda;
la stalla, la fucina e la raccolta degli attrezzi di falegnameria. Sono anche ricostruiti con
attenzione gli eventi naturali
che caratterizzavano la vita
del contadino: la lavorazione
del latte, con tutti gli attrezzi
di lavoro indispensabili, il ciclo del grano, la tessitura, la
fienagione, descritti anche attraverso dei chiari pannelli illustrativi che permettono una
lettura didattica alle numerose scolaresche che visitano il
museo. Sono inoltre esposti
alcuni costumi tradizionali
valdesi provenienti dalla zona
di Pragelato.
Oltre agli oggetti esposti, il
museo è dotato di numerosi
modellini funzionanti, come
la seminatrice, che riproducono attività e tecniche agricole
che ora stanno scomparendo,
corredati da didascalie in italiano, francese, piemontese e
patuà sullo svolgimento del
processo lavorativo e sul ruolo di ogni componente della
famiglia contadina. È anche
riprodotta con fotografie e disegni l’aia di Volverá, con la
descrizione particolareggiata
della cascina.
Alle molte cartine linguistiche ed etnografiche che chiarificano al lettore la diffusione geografica degli oggetti
Presa di posizione delle UssI 42 e 43
Specificità montane
Di fronte alle evoluzioni
delle proposte di legge in materia di riordino delle Ussl,
ancora una volta le giunte
delle Comunità montana delle
valli Pellice, Chisone e Germanasca hanno fatto sentire
la loro voce con una presa di
posizione a tutela delle autonomie locali.
Richiamando nel loro documento la «violazione, da parte
del riordino delle Ussl, della
legge 142 sulle autonomie locali», le giunte delle due Comunità montane ribadiscono la
«sottrazione ai Comuni e alle
Comunità montane delle competenze della sanità, trasformandoli in una struttura
tecnocratica estranea alle esigenze, alle aspirazioni ed al governo delle comunità locali».
Vengono altresì rilevati
favorevolmente due punti: la
norma che pur disponendo
la riduzione del numero delle Ussl fino a farle coincidere con il territorio provinciale, dà facoltà alle regioni di
prevedere ambiti territoriali
di estensione diversa in relazione a condizioni territoriali particolari, in specie nelle
aree montane e la norma che
affida alla Conferenza dei
sindaci compiti di indirizzo
e di verifica nei confronti
dell’unità sanitaria.
La prima norma, dicono gli
amministratori delle valli,
consentirebbe ampio spazio
di manovra alle regioni fino a
confermare le Ussl coincidenti territorialmente con le Comunità montane.
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Offìcina autorizzata
LA PRIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 - Tel. 0121/321682
PINEROLO
esposti, si aggiunge una documentazione scritta. Il museo si sta infatti arricchendo
di un archivio di documenti e
testimonianze utili a conservare la memoria della cultura
popolare, che altrimenti rischia di scomparire. A questo
proposito non mancano i supporti fotografici e audiovisivi;
sono a disposizione degli interessati duemila diapositive
a colori e quattromila fotografie in bianco e nero. Collegato al museo è il Centro etnofonico, che raccoglie musiche strumentali, canti, filastrocche, favole e leggende
della cultura contadina.
Il museo etnografico è sede
di numerose mostre, soprattutto durante l’annuale Rassegna dell’artigianato, periodo
dell’anno in cui un vasto pubblico affluisce nelle sale. Sulla base della cultura popolare
si contribuisce così a mantenere vivo l’interesse per lo
sviluppo delle tecniche agricole, problema quanto mai attuale nelle nostre valli.
L’ingresso è gratuito e la
visita si effettua dietro richiesta al museo, in via Brignone
3, tei. 74477.
Regione Piemonte
piano
alta velocità
Il Consiglio regionale del
Piemonte ha, la scorsa settimana, dato parere favorevole
al piano ferroviario per l’alta
velocità. Il dibattito è stato
particolarmente lungo ed ha
coinvolto tutti i gruppi.
Sul documento finale c’è
stata una larga intesa, che ha
coinvolto anche il Pds; accanto al problema particolare
dell’Alta velocità sull’asse
ovest-est, sono stati inseriti
altri interventi a favore di un
miglioramento globale della
rete ferroviaria piemontese
che consenta, come ha detto
l’assessore Panella, «di aprire
una nuova stagione per i trasporti ferroviari di persone e
merci. Un servizio di alta capacità e qualità sulle lunghe
distanze richiede anche di migliorare l’efficacia della rete
regionale e nazionale». Ecco
dunque che, con quanto previsto dalla Regione, oltre
all’alta velocità si potranno
potenziare reti locali, scali
merci, nodi intermodali.
Un documento delle opposizioni che impegnava la
giunta a richiedere, prima di
ogni decisione operativa
sull’alta velocità, precisi programmi di intervento per
l’ammodernamento ed il
rafforzamento della rete locale è stato infatti respinto.
Una proposta di legge per gli asili nido
Diritti dei bambini
Alla fine di dicembre si è
costituito a Pinerolo, su iniziativa di un gruppo di genitori ed operatori degli asili nido del Pinerolese, un comitato di sostegno alla proposta di
legge di iniziativa popolare
denominata «L’asilo nido, un
diritto delle bambine e dei
bambini».
Nella proposta si chiede
che il nido non sia più considerato un servizio a domanda
individuale, sottoposto ogni
anno ad aumenti di rette, ma
diventi un servizio sociale ed
educativo, garantito a ciascun
bambino.
Cosa ha mosso genitori ed
operatori sulla pista della proposta di legge?
«1 drastici provvedimenti di
chiusura di nidi, normalmente
preceduti da vertiginosi aumenti delle rette; mancata sostituzione di personale educativo ed ausiliario assente a
vario titolo, riduzione dei posti bambino, mancate convenzioni fra Comuni vicini e
dunque esclusione dei non residenti, espansione del privato in strutture spesso non idonee e con personale non specializzato».
L’obiettivo è quello di raggiungere nella provincia di
Torino almeno 10.000 delle
50.000 firme necessarie.
Nel Pinerolese è possibile
firmare presso i Comuni. Le
firme si raccolgono fino al 9
febbraio presso le segreterie
comunali e il 6 febbraio ai
banchetti sotto i portici di Pinerolo.
Faure
Antichità - Restauro - Mobili su misura
Tel. 0121/800.716 ■ Rinasca
' ’Í
£1i
Foto ricordo nel soggiorno del foyer di Inverso Rinasca
I «foyer»; una possibilità per gli anziani
II ruolo importante
delle strutture leggere
CARMELINA MAURIZIO
Proseguendo nella nostra
inchiesta sul pianeta anziani
questa settimana presentiamo
l’esperienza dei foyer o comunità alloggio, strutture generalmente più «leggere» ma
in cui si svolgono esperienze
importanti.
L9 esperienza dei foyer ha,
in alcuni casi, una storia ormai ventennale; è il caso
di quello del Serre di Angrogna, sorto nell’ambito di un
discorso sugli anziani nato
all’interno dell’allora Consiglio di valle nei primi anni
’70. Nel 1973 il Consiglio comunale decideva di dar vita
ad un foyer invernale, come
«servizio aperto» in grado di
mantenere l’anziano il più
possibile nel suo contesto culturale e sociale, permettendogli nel contempo di poter contare, nella stagione invernale,
su una casa meno isolata.
Il foyer sorge al Serre, in
locali della Chiesa valdese, e
viene aperto il 1° febbraio
1980; all’inizio almeno, gli
ospiti tornavano regolarmente
a casa nella bella stagione.
Per la gestione furono coinvolti i servizi socio-assistenziali della Comunità montana
e due operatori di una cooperativa di servizi. Si fa fronte
alle spese con il contributo
degli utenti e dei Comuni da
cui provengono gli anziani.
«Oggi gli ospiti sono dieci
- dice Miranda Canale, l’operatrice della Comunità montana-Ussl che segue la casa -otto di Angrogna e due di Villar
Pellice; di loro tre vanno a
casa d’estate. L’età delle persone varia dai 58 agli 89 anni. Di quelli del nucleo originario non c’è più nessuno; la
figura più anziana è quella di
Levi Buffa, un po’ un riferi
mento per tutti, sia per gli
ospiti sia per i visitatori che
vengono sovente per trascorrere alcune ore con i nostri
anziani. E sono proprio le visite che gli ospiti amano di
più; al Serre c’è anche la televisione, ma direi che non è
particolarmente seguita».
Le difficoltà economiche
che tutti gli enti locali attraversano hanno in qualche modo ridimensionato un po’ i
servizi, comunque efficienti
grazie a due operatrici della
cooperativa L’alveare, a personale volontario e a tutti i
servizi delTUssl. La presenza
di un telefono consente rapidi
collegamenti in caso di bisogno, anche di notte quando
non ci sono operatori. Oggi la
retta è di 930.000 lire al mese.
Un’analoga iniziativa a
Bobbio, ad esempio, non ha
avuto lo stesso successo. Anche nelle valli Chisone e Germanasca gli anziani autosufficienti hanno delle opportunità
offerte da diverse comunità
alloggio tipo foyer.
Queste si trovano a Pragelato, Mentoulles, Perrero, Villar
Perosa e possono ospitare in
totale 31 persone. Funzionano
sia d’inverno che d’estate, ad
eccezione della comunità di
Pragelato che è chiusa durante
la stagione estiva quando i
suoi otto ospiti ritornano nelle
loro case in montagna. La
quota mensile per ospite varia
da un minimo di 610.000 lire
ad un massimo di 900.000 lire
ed è calcolata in base al reddito.
Vi lavorano per circa cinque-sei ore giornaliere persone che si occupano dei pasti,
dell’assistenza, della pulizia.
La cooperativa La dua valaddo gestisce ad Inverso Pinasca
una comunità alloggio dove 9
ospiti. Le rette si aggirano su
1.300.000- 1.500.000 lire.
Pi^^ve/Ua
d&ll'9àJol(i
al fionte, di Sa*t Qe/uncuta
via Nazionale, 246 - Villar Perosa
Tel. (0121) 58.825
Aperta fino all'1 di notte
Festivi e prefestivi fino aile 2
Chiuso
il
martecfi
10
PAG. IV
L’Eco Delle Valli Valdesi
venerdì 5 FEBBRAIO 1993
La diciassettenne di Frali sarà prossimamente riserva in azzurro
Lara Peyrot va forte anche
ai campionati italiani assoluti
______MILENA MABTINAT_____
Partecipare ai campionati
assoluti a 17 anni è certamente un sogno di molti fondisti, ma sono rari quelli che
hanno la stoffa e la determinazione per arrivarci. E questo è
il caso di Lara Peyrot di Frali.
I campionati, tenutisi sulle
nevi di Dobbiaco, prevedevano sabato 23 una 15 chilometri femminile a tecnica
classica, vinti dalla ormai affermata Manuela Di Centa,
seguita da Gabriella Paruzzi e
Bice Vanzetta, anche loro affermate in coppa del mondo,
ma subito alle loro spalle è
giunta Lara, la più giovane
concorrente. «Sono contenta
della mia prestazione - dice
Lara - non me l’aspettavo,
era la prima volta che partecipavo ad una 15 chilometri,
di solito correvo su distanze
minori data la mia età, ma
quando all’intertempo dei 7,5
km ho sentito che ero quarta,
ho avuto uno stimolo in più
per continuare bene».
L’impatto con i campionati
italiani assoluti? «Forse subito
un po’ di paura, non avevo
mai gareggiato con le ragazze
che fanno coppa del mondo ed
in più su una distanza così
lunga, era un grande interrogativo. Poi ero tranquilla, sapevo che loro erano superiori
a me sia come esperienza che
come preparazione: noi della
squadra júniores abbiamo
avuto meno allenamento sulla
neve in estate e autunno. Ma
sono contenta così».
Lunedì 25, la 5 chilometri a
tecnica classica, una gara dove bisogna partire forte ed arrivare ancora più forte, Lara è
giunta sesta. Ottimo quarto
tempo nella 10 chilometri a
tecnica libera del giorno successivo che ha portato un
buon 7° posto nella combinata delle due gare.
«E stata una buona esperienza, anche in albergo, eravamo solo atleti e questa è stata una cosa molto positiva».
Dopo queste buone prestazioni, Lara ha avuto anche la
convocazione come riserva ai
Campionati mondiali assoluti
che si terranno a Falun, in
Svezia, a fine febbraio.
QUESTO È IL NOSTRO
IDENTIKIT
CICB3C3
peTsonad computer
PIEMONTE COMPUTER
VIA TORINO 13/3
ROLETTO
TEL. 0121/54.27.96/5
Convincenti prove nello sci di fondo
Buoni piazzamenti
per i giovani di Frali
Ancora una buona domenica per i giovani degli sci club
di Frali e del Passe! di Éragelato. Al trofeo «Quaranta»,
organizzato dallo Sci club
Valdieri in diverse categorie,
i ragazzi e le ragazze valligiani hanno avuto occasione di
farsi onore.
Nella categoria baby femminile sui 2 km ha vinto Monica Magnarini del Passet, e
Ketty Pascal di ftali è giunta
quinta.
Fra i cuccioli maschile, sui
3 km, secondo posto per il
praline Fabrizio Grill e terzo
per il portacolori del Passet
Paolo Nota.
Nella categoria cuccioli
femminile, sui 2 km, Susy
Pascal ha inflitto alla seconda
un distacco di oltre 1 minuto;
quinta Giulia Magnarini (SC
Passet).
Molti i piazzati nella categoria ragazzi maschile (5
km); Daniele Genre (Frali)
4°; Demis Richard (Frali) 7°;
Ring pong aTorre
Un turno
casalingo
Un folto pubblico ha assistito alle partite del turno casalingo delle formazioni terrosi di ping pong. Nella C
femminile successo delle valligiano Rita Rotunno e Antonella Bruscagin per 4-1 sul
Livorno; ottima anche la loro
prestazione nel doppio.
Nella serie C maschile invece si è registrato un passo
falso con gli ultimi in classifica del Crdc Torino; il risultato è stato di 5 - 3 per gli
ospiti, con il solo Malano sugli scudi e Rosso e Gay in
difficoltà.
Anche in D2 è arrivata una
sconfitta contro il Villar Perosa per 5-4; per la Valpellice hanno conquistato punti
Giuliano Ghiri (2), Rossetti
(1) e Piras (1).
Serie C maschile; Sanremo
16, Imperia 14, Possano 12,
Valpellice 8, Ventimiglia 6,
Verzuolo 4, Genova e Crdc
Torino 2.
Serie C femminile; 1° Sassari, 2° Modena, 3° Valpellice e Livorno, 5° La Spezia.
In serie D2 sono al comando
a pari punti Villar Perosa e
Moncalieri, terza la Valpellice.
Fausto Bunino (Passet) 8°;
Diego Lageard (Frali) 13°;
Marco Gribaudo (Passet) 14°;
Alex Barale (Frali) 15°.
Fra le ragazze, sui 5 km.
Serena Peyrot è giunta quarta
e Stefania Bonansea del Passet 12°.
Nella categoria allievi-aspiranti (10 km), 5° posto per
Patrick Peyrot, 17° per Stefano Felizia e 22° per Simone
Rostan dello S.C. Frali; 23°
Alessandro Sappè e 24 Robert Degano dello S.C. Passet.
Fra le allieve (5 km) 3° posto per Francesca Albarello
del Passet, 4° per Karen Grill
(Frali) 10° Chiara Groppo e
11° Elena Groppo del Passet.
Infine nella categoria aspiranti juniores femminile sui 10
km Elisa Rostan è giunta 4°
mentre fra gli juniores maschili ha vinto il portacolori del
Passet Andrea Roggia ed il
suo compagno di squadra Fabrizio Jaime è giunto quinto.
Pinerolo calcio
Un parziale
riscatto
Dopo il deludente pareggio
interno contro l’ultima in classifica, il Pinerolo si riscatta in
parte andando a pareggiare sul
difficile campo di Seregno,
compagine meglio piazzata in
classifica e considerabile quasi
professionistica, almeno per il
numero di allenamenti di cui
può disporre.
Primo tempo ancora sottotono per i biancoblù che sono
andati sotto due volte.
Nella ripresa i pinerolesi si
lanciano all’offensiva sopratutto sotto la spinta dei centrocampisti (Serra e Comba
fanno le cose più belle) e raggiungono il meritato pareggio
proprio con Serra, autore di
una doppietta. Altre occasioni
vengono mancate di un soffio. C’è però ancora tempo
per soffrire in un concitato finale in cui la squadra di casa
spinge alla ricerca del nuovo
vantaggio, ma gli uomini di
Cavallo fanno blocco e portano a casa il pari.
Domenica prossima il Pinerolo affronterà al «Barbieri»
lo Sparta, attualmente a 21
punti in classifica come i pinerolesi.
Nelle Chiese Valdesi
PINEROLO — Sabato 6 febbraio, alle 17, nei locali della
chiesa valdese in via dei Mille proseguono gli Incontri teologici Giovanni Miegge; rincontro avrà come tema la prima parte del testo del libro «Il libero arbitrio» di Erasmo da
Rotterdam, edito dalla Claudiana.
FERRERÒ — Domenica 7 febbraio, alle 10, si svolgerà l’assemblea di chiesa con l’esame della relazione finanziaria.
POMARETTO — Sabato 6 febbraio: Alle 20, 30, nel tempio
valdese, avrà luogo un concerto per voce e tastiere con Elena Martin (soprano) e Walter Gatti (tastiere) e il gruppo
musica di Lusema San Giovanni.
Cinema
TORRE PELLICE — 11
cinema Trento ha in programma, venerdì 5, ore
21,15, il film in francese
Nikita, di Lue Bessau.
Sabato, ore 20 e 22,10, domenica, ore 16, 18, 20 e
22,10 e lunedì ore 21,15
Guardia del corpo.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma,
giovedì 4 II principe delle
maree; venerdì Manila paloma bianca; sabato Un’estranea fra noi; da domenica 7 a
giovedì 11 Guardia del corpo. Orari; feriali ore 21, domenica ore 15,17 e 19, 21.
USSL 42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 7 FEBBRAIO
Ferrerò: Farmacia Valletti Via Monte Nero 27, tei.
848827
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81100
Croce verde. Porte : tei. 201454
USSL 43 - VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 7 FEBBRAIO
Bricherasio: Farmacia Ferraris - Via Vitt. Emanuele 83,
tei. 59774
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
USSL 44 - PINEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
ANTICHITÀ: mobili, oggetti vari privato acquista. Telefonare 0121-40181.
IN VAL GERMANASCA
(valli valdesi), località Saret di
Maniglia (Ferrerò) affittasi appartamenti ammobiliati 4-6
posti letto. Periodi brevi. Telefonare 0121/803134 oppure
808646
VALLI VALDESI: Pomaretto Agriturismo: ristoro e pensione. Tel. 0121/82018
ESPERTA OPERATRICE
REGISTRAZIONE DATI su
IBM, COBOL. WORD STAR,
offresi part lime. Anni 37. Telefonare 0121/91281
F.C. Gestioni Immobiliari
RISTRUTTURAZIONI
DI IMMOBILI D'EPOCA
CON MATERIALI IDONEI |
PREVENTIVI
CONSULENZA
VENDITA TERRENI
slr. Torino 30 - Pino T.se
telefax 011 840468
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15 -10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa:
La Ghisleriana Mondavi
Spedizione in abb. post.
Gr 2A/70
11
venerdì 5 FEBBRAIO 1993
Attualità
PAG. 7 RIFORMA
Confronto ecumenico tra il cardinale Joseph Ratzinger e il professor Paolo Ricca
Le vere questioni del dialogo sono il papato^
^ecumenismo^ la testimonianza cristiana
L'INCONTRO
UN FAHO
STORICO
PAOLO RICCA
LUCIANO DEODATO
Già molto tempo prima
dell’ora fissata, l’Aula
magna della Facoltà valdese
di teologia era gremita di persone in attesa del dibattito tra
il cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione per la
dottrina della fede, e il professor Paolo Ricca, decano
della Facoltà. Molti giornalisti e fotografi, preti e prelati,
suore, professori di teologia,
membri delle chiese evangeliche di Roma e dintorni, pastori, studenti, rappresentanti
delle comunità cristiane di
base, ebrei...; insomma, un
pubblico molto vario ed anche molto interessato al dibattito. Tutti guardavano verso l’ingresso principale ma il
cardinale Ratzinger è entrato
da una porticina laterale, in
un fruscio di tonache, e subito ha preso posto sul palco,
tra il lampeggiare dei flash.
Bruno Corsani ha salutato
l’illustre ospite e ha letto un
messaggio di Giorgio Girardet, presidente del Centro
evangelico di cultura, promotore dell’incontro ma impossibilitato a presiederlo, nel
quale tra l’altro scriveva: «Il
movimento ecumenico che da
oltre un secolo esprime la ricerca deir unità e della reciproca comprensione tra i cristiani delle diverse chiese conosce oggi una battuta d’arresto Battuta d’arresto o
svolta ecumenica? (...)■ È finito il tempo dei primi contatti e dei confronti (...). Oggi è
possibile venire al nodo delle
vere questioni (...)».
Ma quali sono le «vere questioni»? In un precedente incontro i due oratori avevano
concordato di esaminare tre
temi: il papato, l’ecumeni«mo, la testimonianza cristiana nel mondo d’oggi.
Il cardinale Ratzinger ha
iniziato per primo, scegliendo
di parlare anzitutto dell’ecumenismo, come a dire che la
questione del papato dipende
da ciò che si intende per chiesa e la sua unità e non viceversa. Dunque è da discutere
in primo luogo la questione
deli’unità; successivamente si
potrà discutere del modello e
della struttura della chiesa, e
quindi anche del papato.
Ma l’unità della chiesa, ha
detto Ratzinger, «è un dono
di Dio, perché la chiesa è sua
e non nostra. Un’unità fatta
solo da noi, in modo politico
0 intellettuale, non sarebbe
quell’ unità desila chiesa di
Dio alla quale aneliamo». E
perciò chiaro che il concetto
di unità di cui parla Ratzinger
ha a che fare con le cose ultime. Noi d’altra parte viviamo
nel tempo dell’attesa del regno di Dio e abbiamo bisogno di elaborare dei modelli
intermedi.
A questo proposito Ratzinger ha parlato di «diversità riconciliata», dicendo di sentirsi in questo «vicino alle idee
formulate dal caro collega
Oscar Cullmann».
E dunque necessario sgombrare il campo da un’idea
«politica» dell’ecumenismo,
nel senso cioè che il movimento ecumenico non è assimilabile a un processo di avvicinamento di posizioni diverse che mediante il compromesso, come avviene per
esempio tra diverse grandezze politiche che in questo modo raggiungono un accordo,
^isogna invece «riconoscere
il primato dell’azione divina»
c da qui la pazienza, la perse
veranza, la capacità di ascoltare l’altro e di lasciarsi da lui
correggere con umiltà e gratitudine.
«L’ecumenismo - ha detto
Ratzinger - è anzitutto un atteggiamento di fondo, un modo di vivere il cristianesimo».
La diversità riconciliata non è
un dato acquisito, una «unità
superficiale», ma un «processo dinamico». Ciò significa
che, anche «nel momento storico in cui Dio non ci ha ancora dato l’unità perfetta
possiamo riconoscere l’altro,
il fratello cristiano, possiamo
riconoscere chiese sorelle,
possiamo amare la comunità
dell’altro, possiamo vederci
insieme in un processo di
educazione divina nella quale
il Signore usa le diverse comunità Vuna per l’altra, per
renderci capaci e farci degni
dell’unità definitiva». Che
cosa possa essere il papato in
questo processo e in questo
contesto Ratzinger, in fin dei
conti, non l’ha detto rimanendo in un certo senso aperto a
varie possibilità.
Diverso l’intervento di Ricca che, pur dicendosi d’accordo al 99% (per non dire al
cento per cento) con il cardinale, è partito invece proprio
dalla considerazione della
questione del papa, «nodo
cruciale della ricerca ecumenica perché da un lato fonda
l’unità cattolica e dall’altra
impedisce l’unità cristiana».
Ricca ha ricordato la lettera
della Congregazione per la
dottrina della fede, pubblicata
nel maggio scorso, nella quale il papato non è un semplice
«quadro esterno della comunione ecclesiale ma un principio interno, che la costituisce,
la fa germinare e le dà quella
qualifica di universalità che
soltanto la funzione papale,
secondo la dottrina cattolica,
è in grado di dare». Perciò
l’unità che la Chiesa cattolica
propone è un’unità «sub Retro et cum Retro»fsotto Pietro e con Pietro). È superfluo
aggiungere che ortodossi e
protestanti non riescono ad
accettare tale modello.
Tre sono, secondo Ricca,
gli scenari possibili.
Primo: il papa resta quello
che è, e quindi l’impasse continua a permanere; in tal caso
l’unità di cui si parla sarà solo una realizzazione nel regno
di Dio.
Secondo: il papa opera una
«conversione ecumenica»,
mettendosi al servizio dell’
unità dei cristiani; sarebbe
una svolta radicale che forse
metterebbe in crisi l’intera
Chiesa cattolica.
Terzo: il papa, pur restando
quello che è, «non si propone
come centro e fulcro dell’
unità cristiana ma semplicemente come centro dell’unità
cattolica»; le diverse chiese
cioè, pur rimanendo ognuna
così com’è e dopo aver «soddisfatto alcune condizioni
pregiudiziali, si darebbero la
mano dell’associazione, come
dice Raolo nell’epistola ai
Calati».
È grossomodo il modello
proposto dal Consiglio ecumenico delle chiese: una comunione conciliare. Le chiese
si riconoscerebbero reciprocamente tra loro come chiese
di Gesù Cristo, realmente
unite e realmente diverse fra
loro; si darebbero un appuntamento periodico in un concilio, veramente universale ed
ecumenico, nel quale fisserebbero le linee della testimonianza e dell’azione comune.
Il cardinale Joseph Ratzinger
si incoraggerebbero a vicenda
nelTunica fede e adorerebbero l’unico Dio Padre, l’unico
Signore Gesù Cristo e l’unico
Spirito di cui siamo insieme
tempio e dimora.
Per quanto riguarda poi la
crisi dell’ecumenismo. Ricca
ha osservato che le chiese,
pur essendosi aperte, non sono comunque cambiate abbastanza a motivo dell’ecumenismo stesso. Tre passi sarebbero necessari: le chiese devono uscire dal loro «narcisismo», riscoprendo la centralità del regno di Dio e la centralità del prossimo. Devono
uscire dal loro «settarismo»,
comprendendo il valore della
diversità, amando anzi la diversità.
E, in terzo luogo, devono
superare il «legalismo». A
questo proposito Ricca ha
detto che le chiese dovrebbero proclamare una nuova libertà: «la libertà di ecumenismo». «Lasciamolo vivere ha detto con passione -; lasciamolo correrei Lasciamolo crescerei Roi faremo le
leggi. Rroclamare la libertà
di ecumenismo è parte essenziale, oggi, della famosa libertà cristiana che, per chi
ama Vecumenismo, è l’anima
stessa del movimento ecumenico».
Molto dense e profonde le
risposte date dai due oratori
anche alla terza domanda,
quella riguardante la testimonianza cristiana nel mondo
d’oggi; ambedue hanno parlato della necessità di concentrarsi sull’essenziale.
Per il cardinale Ratzinger
l’essenziale è costituito sostanzialmente da un punto
fondamentale: «Rendere presente nella nostra fede, nella
nostra speranza e nella nostra
carità la realtà del Dio vivente», ed ha poi aggiunto: «Se
oggi esiste il problema della
moralità e della ricomposizione morale delle diverse so
cietà, la causa va ricercata
nell’ assenza di Dio dal nostro pensiero e dalla nostra
vita; dall’ assenza della fede
nella vita eterna, che è vita
con Dio. Non abbiamo più
osato parlare della vita eterna e del giudizio; e così Dio è
diventato un Dio lontano,
astratto. Non abbiamo più il
coraggio di credere che la
creatura umana è importante
agli occhi di Dio e che lui se
ne occupa, e se ne occupa
con amore».
Accenti analoghi ha avuto
Ricca; anch’egli ha citato I
Corinzi 13 notando che nella
nostra storia, venti volte secolare, siamo stati la chiesa della fede, «un po’ meno quella
della speranza; ma non siamo stati ancora abbastanza
la chiesa dell’amore. Questo
- ha concluso - potrebbe essere l’essenziale cristiano ed
ecumenico con il quale la cristianità oggi, sulla soglia del
terzo millennio, potrebbe presentarsi ed agire in mezzo
agli uomini».
Interessante questa convergenza di due uomini diversi,
di due chiese diverse, di due
modi diversi di vivere la fede
cristiana, nel confessare con
umiltà e sincerità queste due
cose essenziali: di aver dimenticato o nascosto la centralità di Dio e, conseguentemente, la centralità del prossimo.
Naturalmente molte sono
state le domande che sono venute dal pubblico e grazie alle
quali i due oratori hanno potuto approfondire alcuni
aspetti dei loro interventi, forzatamente troppo sintetici.
Tra le molte, una solo questione vorrei qui ricordare; alla domanda specifica rivolta
al cardinale Ratzinger su quali ostacoli si frappongano anc.ora ad una adesione della
Chiesa cattolica al Consiglio
ecumenico delle chiese e sulla intercomunione, questi ha
Desidero esprimere, anche personalmente, al cardinale Ratzinger una parola di gratitudine per
aver accettato il nostro invito. Alcuni si sono stupiti
che egli lo abbia accettato; altri si sono stupiti che noi
lo abbiamo invitato! Non era ovvio il nostro invito;
non era scontata la sua accettazione. Ma ora le due
cose sono accadute, e noi ne siamo insieme attori e testimoni. A dire il vero siamo anche noi un po’ stupiti,
lietamente stupiti di quello che stiamo vivendo e ora,
devo aggiungere, di quello che abbiamo ascoltato
(Ricca parla dopo il primo intervento del card. Ratzinger ndr). Infatti, anche se non ci siamo mai incontrati,
come ci incontriamo oggi, sappiamo bene chi siamo.
Lei, signor cardinale, sa chi siamo noi e anche noi
sappiamo chi è Lei. Ci incontriamo per la prima volta,
ma ci conosciamo da otto secoli. Abbiamo entrambi,
anzi Lei più di noi, più di me, abbiamo, dico, una storia dietro di noi; anzi, ce l’abbiamo dentro; anzi, siamo un pezzo di questa storia.
C’è alle nostre spalle una lunga e drammatica sfida
reciproca. Ci siamo sfidati nel nome di Gesù Cristo,
che ci unisce da sempre, qualche volta anche nostro
malgrado. Ci siamo sfidati intorno alla natura stessa
del cristianesimo, al modo di intenderlo, viverlo e testimoniarlo. La nostra contesa, tuttora in corso, non
riguarda dettagli o frivole questioni marginali, ma tocca la sostanza delle cose. Rappresentiamo due poli diversi della coscienza cristiana, due diverse espressioni
della fede, dell’unica fede, due diversi progetti di chiesa, dell’unica chiesa. Siamo dunque perfettamente
consapevoli delle nostre diversità. Eppure siamo qui
insieme, non per mascherarle, non per esaltarle, ma
per condividerle. Perché siamo insieme?
Siamo insieme perché, se è vero che sappiamo bene
chi siamo, e abbastanza bene chi siamo stati, non sappiamo invece ancora chi saremo. E la stessa riservatezza del cardinale di non proporre modelli, cioè appunto nel non sapere, è proprio quell’atteggiamento
che, infondo, ci lega.
Ma crediamo che il futuro non debba essere necessariamente e solo la ripetizione del passato. Crediamo in
un Dio capace di sorprenderci, ancora di più di quanto
oggi ci sorprenda con questo incontro, imprevisto e
imprevedibile, creando cose ancora più nuove dentro
di noi, intorno a noi e anche, talvolta, attraverso di
noi. Il nostro stupore è così attraversato da una segreta attesa. L’attesa di quelle che Gesù chiamava le cose
maggiori. Ed è questa attesa, io credo, che sta alla radice ultima del nostro essere qui oggi.
Oggi ci incontriamo a questo tavolo. Sappiamo però
tutti molto bene che c’è un altro tavolo. Non nostro,
ma di Dio, al quale siamo già da tempo convocati. Fino a quando obbligheremo Dio ad aspettarci?
detto testualmente che «risulta dai documenti del Vaticano II e da quelli postconciliari in modo sufficiente che la
Chiesa cattolica ha un concetto di unità che potrebbe
essere oscurato associandosi
in un Consiglio nel quale può
nascere l’impressione che ci
siano tanti frammenti di chiesa, ma in cui la chiesa non
esista».
Analogamente per quanto
riguarda l’intercomunione:
«Voi sapete - ha detto - che
la comunione eucaristica è
per noi una realtà collegata
con la fede e con la verità riconosciuta nella fede e collegata ad una struttura sacramentale ministeriale della
chiesa. Se non si supera questa differenza di concezione,
una comunione eucaristica
sarebbe finta e non reale.
Quindi, riconoscere pubblicamente che non siamo ancora in grado di entrare in questa comunione è non solo più
sincero, ma mi sembra aprire
una dinamica molto più forte
per arrivare ad una vera
unione nella verità».
Credo che, sebbene le risposte di questo tipo generino
un senso di amarezza e tristezza, si debba essere riconoscenti al cardinale Ratzinger per la sincerità e la serietà
espresse.
Ma il senso di quest’incontro, che alcuni hanno definito
un «duello» e altri un «duetto», è stato molto ben espresso da Ricca all’inizio. È stato
un fatto storico; non nel senso
che si sia trovata una convergenza (anche se su alcuni
punti, e con sorpresa, la si è
potuta constatare) né nel senso che d’ora in avanti sia possibile percorrere nuove e finora impensate piste ecumeniche; ma nel senso che dopo
otto secoli due chiese che «si
sono sfidate nel nome di Gesù
Cristo», come ha detto Ricca,
si sono incontrate intorno a
un tavolo per discutere nella
verità e nella carità. Il cammino ecumenico ci ha imbandito questa sorpresa. Quali altre sorprese ci sarà dato di vedere?
12
PAG. 8 RIFORMA
Cultura
VENERDÌ 5 FEBBRAIO 1993
UN'APERTURA NECESSARIA
PROTESTANTESIMO
E INFORMAZIONE
TIZIANA COLASANTI
La maggior parte degli italiani non conosce il
protestantesimo, confonde i
diversi movimenti tra di loro,
spesso associa il protestantesimo alle sette o alla chiesa di
Scientology. Ciò non avviene
solo in fasce sociali con livelli culturali medio-bassi,
ma anche tra persone in possesso di un diploma o di una
laurea.
Alcuni giorni fa una mia
amica e collega, insegnante
di scuola media con un ottimo livello di cultura, mi chiedeva di chiarirle alcuni elementari differenze tra Lutero
e Calvino. Del resto, ben che
vada e salvo pochissime eccezioni, le informazioni riguardanti il protestantesimo
presenti nei libri di storia delle scuole medie e superiori si
fermano al Seicento. Nelle
università sono rari i corsi di
storia che trattano le differenziazioni delle chiese.
Ovviamente con tutte queste premesse il protestantesimo non viene neppure valutato sufficientemente dagli
intellettuali di estrazione non
confessionale: è una religione, e visto che ne hanno
avuto abbastanza grazie alla
chiesa di Roma è più che sufficiente per il resto della loro
esistenza.
Negli ultimi vent’anni nel
nostro paese si è massicciamente rafforzata l’offensiva
dei fondamentalisti che hanno saputo colpire l’immaginario e i sentimenti dei ceti
popolari con tecnologie catastrofico-apocalittiche o con la
promessa di paradisi hollywoodiani.
Bisogna dire che nell’ambito della Fcei sono state
attuate molte iniziative: dall’
intervento a tavole rotonde in
scuole e università all’opera
di informazione (purtroppo in
ore notturne) di Protestantesimo, dalle numerose iniziative interconfessionali e
ecumeniche alle diverse forme di evangelizzazione. Rimane però, da parte dei nostri
ambienti, un atteggiamento di
chiusura: consce dei pericoli
che spesso la divulgazione
porta con sé, spesso le chiese
si sono chiuse nei confronti
dell’estemo approfondendo sì
le grandi tematiche teologiche, filosofiche e politiche,
ma non mediando con le diverse realtà territoriali e con
la base delle chiese.
La massiccia analisi teoretica ha permesso sicuramente
un aggancio con la cultura
teologica europea, ma ha
atrofizzato il rapporto con
l’esterno, il primo impatto
con chi non sa nulla di noi, la
formazione culturale dei mol
tissimi membri di chiesa che
di professione non fanno i
teologi.
È vero che vi sono moltissime opere delle chiese che pur
con mille difficoltà e contraddizioni sopravvivono, e operano una significativa testimonianza sul territorio nazionale: la tendenza però è sempre quella di separare la testimonianza pratica dalla riflessione e dall’approfondimento
teologico. Non sarebbe opportuno un ripensamento sulle modalità di informazione,
sia all’interno delle nostre
chiese che verso l’esterno?
Da un decennio in ambito
pedagogico, sotto le pressanti
necessità di un mondo in continua evoluzione, si fa strada
l’idea di educazione permanente dell’individuo, estensibile quindi a tutte le età, poiché comunque le capacità di
apprendimento non si esauriscono nei primi 25 anni di
età. In una realtà sempre più
dominata (e oppressa) dalla
tecnologia ci si adopera per
decodificare il reale, contrastare gli stimoli negativi dei
mezzi di comunicazione,
mantenere lucida la coscienza
critica per essere cittadini responsabili del proprio operato.
Nella realtà italiana, pur
con limiti e disfunzioni evidenti, numerosi tentativi di
raggiungere queste mete sono
costantemente ricercati dalla
scuola, dai corsi per lavoratori che sopravvivono ai tagli
della spesa, dai corsi per lavoratori stranieri. Vengono organizzati seminari per insegnanti e educatori, corsi di
animazione e corsi di tecniche
di apprendimento che molto
spesso si rivolgono a soggetti
adulti. Spesso queste tecniche
innovative vengono utilizzate
nelle nostre scuole domenicali, ma non si riflette abbastanza sul fatto che anche gli
adulti sono esposti all’influenza dei media e alla pigrizia intellettuale aggravata da
ritmi di vita stressanti.
Bisogna dire che anche in
questo caso vi sono lodevolissime eccezioni ma tali restano: nella coscienza delle
comunità e dei responsabili
delle iniziative culturali e formative, questo tipo di considerazioni non sono presenti e
nel migliore dei casi si organizzano conferenze sulle
scuole valdesi dell'SOO o
sull’opera pedagogica di Wesley. Perché non studiamo
concretamente nuove forme di
aggregazione e di informazione? Ho paura comunque che il
pregiudizio e la paura di compromettersi contino più della
volontà di rinnovamento.
PRISMA
' 'Ì. r ni«™« sno
" COllKHANZA E SERVIZI PER LE fMPRESE
VIA /q.DO ÒÀRèARQ 1710143 TORINO - TEL. 011/77.16.548
Una realtà al servizio dei propri Clienti per analizzare,
progettare e irr^mentare le strategie: ......
.. »■ filile-^
{i^oduttiys '.’.n'i,' v>v v ■
* Ofipnfesaitiv© ‘_ >:
”* infonmiich© " ■,
* Metojtologictte >v
* Tedftolpgik^© di
PRI^KIl c^ra r^l sàior© deila ©(^sulenzàiiridustdale e
còfmnefdafe t»n rcAridiiro di ItiisrwiérteifdlÉ'prt^cittì*
...................!..
All'esame del governo un primo progetto presentato dalle comunità islamiche
I settecentomila musulmani in Italia
avranno quanto prima un'Intesa con lo Stato
GIORGIO GARDIOL
E in dirittura di arrivo anche un’Intesa tra lo stato
italiano e l’Unione delle comunità e organizzazioni
islamiche in Italia (Ucoii)?
Secondo il quotidiano cattolico l’Avvenire, che dedica alla questione tutta una pagina
nel numero del 30 gennaio,
un primo testo dell’Intesa,
presentato nel novembre
scorso al Consiglio dei ministri, è ora all’esame del ministero degli Interni per il necessario parere. Sembrano
dunque superati gli ostacoli
giuridici alla stipula di un Intesa ai sensi dell’art. 8 della
nostra Costituzione.
La Costituzione infatti prevede che i rapporti tra le confessioni religiose e lo stato
sono «regolati sulla base di
intese con le relative rappresentanze». L’Islam non ha
un’unica organizzazione rappresentativa, e in Italia le comunità sono molto articolate
e diverse tra loro.
Vi sono quelle aderenti
airUcoii e il Centro culturale
islamico di Roma che finora
era l’unico ente riconosciuto
dallo stato italiano. Quest’ultimo gode dell’appoggio politico diplomatico di 16 (su
28) paesi islamici accreditati
nel nostro paese ed ha in corso la costruzione della grande moschea di Roma. L’
Ucoii invece è una federazione che raccoglie una trentina
di gruppi organizzati su base
regionale. Gli islamici in Italia sono circa 700.000.
L’Intesa proposta dall’
Ucoii, secondo l’Avvenire, è
stata redatta sulla falsariga di
quella con l’Unione delle
comunità ebraiche in Italia.
In essa vengano ribaditi i diritti di libertà religiosa sanciti
dalla nostra Carta costituzionale e regola con particolare
attenzione i punti principali
relativi a:
- Assistenza religiosa::
ogni musulmano ha diritto di
ricevere dall’iman, dall’emiro
e dall’alim l’assistenza religiosa quando è ricoverato in
ospedale, è ristretto nelle carceri o sta effettuando il servizio militare.
- Insegnamento della religione nella scuola:: i musulmani ritengono che l’educazione religiosa non sia compito dello stato e perciò non
chiedono la possibilità di effettuare tale insegnamento
nell’orario scolastico. Dichiarano di non avvalersi dell’insegnamento della religione
cattolica.
- Scuole islamiche : è assicurato il diritto di istituire in
tutto il paese scuole islamiche
e gli studenti avranno un trattamento equipollente a quelli
delle scuole di stato anche in
relazione all’esame di stato.
- Venerdì e festività religiose : i musulmani hanno diritto a partecipare alla preghiera del venerdì e a celebrare le feste islamiche. Pertanto l’orario scolastico e
quello di lavoro saranno organizzati in modo da rendere
effettivo questo diritto.
- Macellazione islamica e
alimentazione : viene riconosciuto il diritto ai musulmani
di macellare secondo il rituale babai; inoltre i musulmani ospitati negli ospedali,
nelle carceri e nelle caserme
hanno diritto a consumare gli
alimenti preparati secondo la
tradizione islamica senza che
ciò comporti oneri per le istituzioni nelle quali si trovano.
- Matrimonio : vengono riconosciuti gli effetti civili dei
matrimoni celebrati secondo
il rito islamico purché sia accertato che « nulla si oppone
alla celebrazione del matrimonio secondo le vigenti norme di legge».
Luci e ombre nel cortile della moschea
- Moschee e cimiteri : viene garantita la destinazione
d’uso a luogo di preghiera di
tutti gli edifici «anche se appartengono a privati»; i piani
regolatori dei cimiteri devono
prevedere un reparto speciale
destinato alla tumulazione dei
musulmani e la comunità
islamica può chiedere il rilascio di una concessione per la
gestione in proprio.
- Otto per mille : l’Ucoii
parteciperà alla ripartizione
dell’otto per mille e le offerte
della zakat sono defiscalizzate.
- Ministri di culto : viene
assicurato il libero esercizio
del loro ministero, sono esonerati dal servizio militare e
possono avvalersi del segreto
legato alla funzione, sono nominati dairUcoii.
- Donne velate : alle mu
sulmane è consentito utilizzare in tutti i documenti ufficiali fototessere che le ritraggono a capo coperto.
Non è difficile prevedere
che la discussione su questi
temi sarà difficile; infatti sulla questione del matrimonio
(poligamico per i musulmani
e il divieto per la donna di
sposare un non musulmano,
la subordinazione della donna) e quella relativa alla sepoltura (i cadaveri vengono
seppelliti avvolti nel sudario
e non rinchiusi in casse) appaiono in contrasto con le
leggi della Repubblica italiana. In ogni caso la decisione
di avviare le trattative e l’elaborazione di questa prima
bozza di Intesa costituiscono
un importante passo in avanti
nell’applicazione dell’art.S
della Costituzione.
Conferenza del presidente dell'Opcemi, pastore Claudio H. Martelli, a La Spezia
Le radici lontane del dramma iugoslavo
ELISABETTA SENESI
V
E Stata una preziosa occasione di riflessione e di
confronto la conferenza-dibattito, organizzata dal Collettivo culturale, che si è tenuta giovedì 21 gennaio nella
chiesa valdese e metodista di
La Spezia, dove il pastore
Claudio H. Martelli, direttore
di Radio Trieste evangelica e
presidente dell’Opera per le
chiese evangeliche metodiste
in Italia (Opcemi), ha condotto con puntualità e incisività
un’analisi storica del complesso problema della guerra
nelTex Jugo.slavia, un’ombra
scura in questa Europa impegnata a costruirsi una unità
economica nel difficile attuale momento di recessione.
In realtà la guerra che adesso sconvolge i Balcani non
appare affatto, alla luce degli
avvenimenti storici passati,
un evento nuovo e inaspettato. L’idea di una egemonia
serba ha radici molto antiche,
così come l’indipendenza
delle varie nazionalità in lotta
risale all’epoca medievale a
partire dal XII secolo fino al
XIV.
Successivamente l’occupazione dei Balcani da parte dei
turchi ha determinato in que
sta parte del mondo una situazione abbastanza particolare
rispetto al resto dell’Europa,
situazione che fece di quella
regione uno dei punti più nevralgici del continente, continua minaccia al difficile equilibrio tra le varie potenze europee, in particolare Russia e
Austria.
Con la pace del 1878 tra
Russia e Turchia si arrivò
all’indipendenza della Bosnia-Erzegovina, della Serbia
e del Montenegro. Da questo
momento ripresero corso i
movimenti nazionalistici fino
all’episodio dell’uccisione
dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austroungarico, da parte di uno
studente, causa scatenante
della I guerra mondiale.
In questa complessa situazione due sono le linee politiche emerse per la risoluzione
del problema dei Balcani, una
tendente alla formazione di
un’unità «panslava», appoggiata da sempre dalla
Russia che cercava uno sbocco nel Mediterraneo, l’altra a
sostegno del frazionamento
dei Balcani stessi, linea appoggiata da Austria. Ungheria e soprattutto Germania,
per motivi economici.
Ricostruendo poi la vicen
da che ha portato alla formazione della Jugoslavia di Tito, Martelli ha ricordato come
quest’ultimo, croato, capo dei
comunisti jugoslavi, avesse
rimesso in moto l’antico sogno croato di unificazione attraverso una lotta dura e sanguinosa contro le truppe del
colonnello serbo Mikoylovic.
Ma di quella unità, raggiunta
a prezzo così alto nel 1943,
che cosa è rimasto?
Guardando la realtà del
momento ci si potrebbe domandare con inquietudine
quale segno abbia mai lasciato il lungo periodo di unificazione operato dal comuniSmo
di Tito se i portatori di un
messaggio diverso, fatto di
tolleranza e di convivenza civile, non hanno spazio alcuno
nell’attuale realtà dell’ex Jugoslavia.
Il pastore Martelli ha ricordato a questo proposito come
in Croazia siano state proclamate leggi razziali tra le più
terribili oggi in vigore nel
mondo.
Ipotizzare una soluzione di
questa così complessa realtà e
prevedere la fine della guerra
in tempi brevi non è certo cosa possibile; si potrà forse intravedere uno spiraglio di luce se le trattative in corso a
Ginevra terranno conto
dell’esistenza della Bosnia
come territorio multinazionale, multirazziale e multireligioso, nel quale sia possibile ricomporre quella disgregazione superando la quale
forse si eviterà una deflagrazione ancora più tremenda di
quella attuale. È necessario
ricuperare forme di solidarietà e di ravvedimento, andando verso una larga collaborazione tra paesi dai quali
siano bandite paura e sopraffazione.
In questa dimensione di
speranza Sarajevo, che è stata
causa di una guerra mondiale,
potrebbe diventare causa di
pace.
Nel dibattito molto vivo e
partecipato che è seguito
all’esposizione sono emersi
interessanti spunti di riflessione: prendendo le distanze
da una visione della guerra
nell’ex Jugoslavia in termini
di lotta di religione, il pastore
Martelli ha messo in guardia
da un uso spregiudicato della
religione stessa, che diventa
intolleranza quando, dividendo gli uomini tra di loro, perde la dimensione della fede
che è invece rispetto dell’altro, solidarietà, comprensione
reciproca.
13
\/ENERDÌ 5 FEBBRAIO 1993
PAG. 9 RIFORMA
Una ricerca effettuata negli Stati Uniti sulla condizione femminile in epoca precristiana
Le società non gerarchizzate del passato
e Tegualitarismo nel rapporto uomo-donna
_______VERA VELLUTO__________
Forse molti ignorano che i
capitoli LXX e LXXI
delle regole dell’ordine dei
Templari, o Cavalieri del
Tempio, stabilite nel concilio
di Troyes del 1128, così recitano: «Pericolosa scelta è la
compagnia di una donna,
poiché il diavolo, antico compagno della donna, ha deviato molti dal retto sentiero del
paradiso» e ancora: «Crciiiamo che sia cosa pericolosa
per ogni religione guardare
troppo un viso di donna». È
noto a tutti, invece, che ancora oggi vengono sostenute e
legittimate teologicamente,
da una parte del mondo cristiano, la subordinazione della donna e la disuguaglianza
dei sessi.
In presenza di un universo
di idee, prodotte e controllate
dagli uomini, che hanno penalizzato le donne nel corso dei
secoli, in campo femminile si
moltiplicano le ricerche sulle
origini della società patriarcale e sul grado di partecipazione della donna nelle antiche
società del passato. Un approccio scientifico al problema viene dagli Stati Uniti, dove alcune docenti universitarie hanno cercato di ricostruire il ruolo della donna nella
storia europea dagli albori
della civiltà alla civiltà indushiale del XX secolo, esaminando dati archeologici e storici e compiendo indagini antropologiche e sociologiche*.
I disegni che istoriano i
muri delle caverne, o i cocci
di vasellame risalenti al secondo millennio a.C. raccontano la storia delle donne
dell’antichità che ignoti artisti
hanno raffigurato nell’esercizio di attività sociali pubbliche, e che rappresentano altrettante testimonianze di società egualitarie in cui la donna svolgeva un ruolo pubblico e godeva di posizione autonoma.
L’indagine svoita dalle studiose americane affronta ii rapporto fra
i’organizzazione sociaie deila cultura e la condizione femminiie
Analisi condotte presso popolazioni native non toccate
dalla civiltà occidentale hanno dimostrato che nella società umana del passato era
presente un egualitarismo che
includeva le donne, con moli
non codificati dove la divisione del lavoro avveniva per
mutuo accordo.
Una preziosa testimonianza
a sostegno di questa tesi è stata ricavata dal carteggio di un
missionario gesuita francese,
Paul Le Jeune, che nell’inverno 1633-34 visse con un gmppo di nativi «Inna» nella penisola del Labrador. Nelle sue
lettere Le Jeune descrive i costumi e l’etica di una popolazione egualitaria, in cui donne
e uomini insieme collaboravano per tirare su l’accampamento», in cui «tutti gli
adulti (comprese le donne)
partecipavano alla ricerca del
cibo (...): donne, uomini e ragazzi partecipavano alla caccia collettiva e la preparazione del cibo coinvolgeva entrambi i sessi». Ma il missionario non approvava questa
società e esortava gli uomini a
farsi valere: «Io gli dissi scrive - che il padrone era lui
e che in Francia le donne non
comandavano i mariti».
Le indagini sulla trasformazione della società, da egualitaria a patriarcale, hanno evidenziato complesse ragioni
ideologiche e economiche:
«Le disuguaglianze istituzionalizzate, le gerarchie dominanti e il costante interesse
per le guerre su larga scala,
così familiari a noi, sórsero
nel IV millennio a.C., durante
quella che è stata chiamata la
“rivoluzione urbana” ».
Quando per motivi economici e politici i rapporti
aU’intemo dei gmppi parentali divennero conflittuali, la
stmttura della società perse il
carattere comunitario e egualitario per assumere quello
gerarchico. Si sviluppò il molo degli individui che gestivano il controllo del potere, da
quello militare a quello economico e a quello religioso.
Con il sorgere dell’economia di mercato declinò lo status della donna, e con la
scomparsa del gmppo parentale il peso della crescita e
dell’educazione della prole fu
posto sulle spalle dei genitori
e determinò l’affermazione
del dominio maschile nei rapporti esistenziali della famiglia. Il ruolo della donna
cessò di essere pubblico e di
ventò un servizio privato. Un
primo ma importante passo
nel processo che codificò
l’ineguaglianza sociale era
stato compiuto.
I documenti che provengono dalle antiche società egizie
e sumere, risalenti al secondo
e terzo millennio a.C., offrono
al nostro sguardo altre testimonianze, conservate essendo
state scritte su tavolette di argilla che, cotte al fuoco, diventavano indistruttibili e sono fonte di preziose conoscenze. I reperti (non ancora tutti)
esaminati hanno rivelato resistenza di una società in cui le
donne potevano avere delle
proprietà, mettersi in affari
senza l’appoggio maschile, testimoniare nelle cause legali e
ottenere, in caso di divorzio,
gli alimenti dal marito.
Ma i conflitti armati per la
supremazia commerciale e
del territorio determinarono
la scomparsa di queste civiltà
e, in rapida successione, il
sorgere delle civiltà del Medio Oriente. La società divenne patriarcale e la donna fu
esclusa dalla sfera pubblica.
Nell’antico Israele soltanto
gli uomini avevano responsabilità sociale, mentre la
donna era soggetta all’autorità dei maschi della famiglia.
Si può concludere che lo sviluppo della civiltà, l’accresciuto benessere materiale, le
conquiste territoriali hanno
favorito l’involuzione dei
rapporti umani e l’oppressione della parte più debole della
società.
Alla base della subordinazione della donna non troviamo l’ordine naturale della
creazione ma un processo sociale che ha generato il sessismo e l’ordine patriarcale
della società.
(*) Bridenthal-Koonz-Stuard:
Becoming Visible. Women
in European History, Boston, Houghton Mifflin
Company.
Protestantesimo in TV; una trasmissione dedicata a un problema dalle radici profonde
Antisemitismo: le responsabilità dei cristiani
per un passato che ritorna ai nostri giorni
_______ALBERTO COREANI______
In televisione accadono fenomeni strani: un programma può essere informativo, ben documentato, esauriente; può coinvolgere personaggi autorevoli, testimoni
accreditati di fatti avvenuti e
studiosi in grado di interpretarli. Può concorrere a accrescere il nostro bagaglio di
conoscenze, di nozioni nei
confronti di un determinato
argomento.
Ma sarebbe limitativo considerare soltanto questo
aspetto; c’è dell’altro, ci sono
altri contenuti che «passano»
seguendo altre strade, percorsi meno scontati, meno riassumibili a parole.
Si può dar conto di quanto
gli esperti sostengono su questo o quell’argomento; più arduo è rendere a parole (scritte) ciò che è più propriamente
visivo, o è amalgama di visiyo e sonoro, ciò che, magari
m pochi secondi, consente di
passare dal piano dell’infor
mazione diretta (e denotativa)
ai significati secondari (di tipo connotativo) che la tale o
talaltra immagine può suggerire.
Prendiamo la trasmissione
del 24 gennaio, dal titolo impegnativo, purtroppo d’attualità: Le responsabilità dei cristiani sull’antisemitismo.
L’argomento è stato molto
ben affrontato da Daniele
Garrone, dal teologo e scrittore Filippo Gentiioni e dalla
scrittrice Giacoma Limentani.
Le radici teologiche del sospetto e della discriminazione
di matrice cristiana nei confronti del giudaismo e degli
ebrei sono state messe a nudo
con una competenza e chiarezza a tratti inflessibili, (anche tirando in ballo Lutero)
ed era giusto che così fosse:
purtroppo i cristiani se ne
rendono conto tardi...
L’accusa di deicidio e
quella «del sangue» hanno
circolato, hanno permeato di
sé l’Europa, senza distinzione
di strati sociali o di forme sta
tuali: democrazie e dittature
sono state altrettanto intrise
di pregiudizio e hanno originato atti di antisemitismo.
Ora ciò che va fatto è riconoscere il debito e l’eredità che
abbiamo raccolto dal popolo
d’Israele, secondo le indicazioni date in chiusura da
Giorgio Bouchard; abbiamo
un «dono della memoria», un
«dovere» della memoria e
una promessa di dialogo.
Ma ciò che più è riuscito, in
questa occasione, è nei minuti, forse nei secondi, iniziali.
È un’immagine di repertorio,
a colori: un gruppo di ebrei
ortodossi con cappello e barba, che discutono; a poco a
poco l’immagine passa al
bianco e nero: siamo in un’altra collocazione temporale
(forse un filmato d’epoca relativo a un ghetto?).
E poi ancora: quella che
sembrava immagine di ieri
viene elaborata elettronicamente, i toni di grigio alterati
un po’ come la vecchia «solarizzazione» in fotografia, e
l’immagine da attuale, passata attraverso la falsa pista del
documento storico, si fa tutta
simbolica.
Già, perché la storia del nostro rapporto con gli ebrei (e
del pregiudizio antisemita oggetto di tutta la trasmissione)
è storia di oggi come di ieri
come di sempre. Stiamo parlando, insomma, di un concetto, di un approccio (quello
di chi ha ideato il servizio) e
non di un semplice fatto.
Erano pochi secondi, ma
fondamentali, che hanno colto il centro del problema, come faranno i secondi finali,
privi di sonoro, sulle immagini di lager (ieri), di tombe
profanate e di neonazisti
(ahimè, oggi). La trasmissione ha poi fatto il suo corso,
puntuale nell’esposizione dei
densi contenuti: ciò che contava però era il tipo di contatto stabilito con lo spéttatore, da cui non si può prescindere, pena una passiva ricezione di tutta la materia
informativa.
Un fotogramma dell’«Andrej Rublèv» di Andrej Tarkovskij
Libri
Rublév, guerra e pittura
«Con fragore d’acciaio, nitriti e grida di morte, si alza nel
cielo infuocato un odio secolare, per poi ricadere a terra, tra
la polvere, sotto gli zoccoli dei cavalli, sul viso inondato di
sangue di un guerriero ferito». Così inizia il romanzo di Andrej Rublev*, traccia lungo la quale il regista sovietico Andrej
Tarkovskij, prematuramente scomparso nel 1986, articolò il
suo film capolavoro, dal titolo omonimo, realizzato nel 1966.
Andrej Rublèv (1360-1430) è un monaco, un pittore celebre
dell’epoca del Rinascimento russo, autore della celebre Icona
della Trinità (1411), che viene seguito nel libro, soltanto ora
pubblicato e opportunamente tradotto, dall’anno 1400 al 1424,
lungo un percorso fatto di meditazione, di vita religiosa, di arte,
di guerre (quelle tremende, cruentissime di resistenza contro i
tatari).
Rublèv è pittore di icone, e attorno a questo molo il libro, e
più ancora il film, intessono una rete di curiosità, attesa impaziente e speranza da parte del popolo. Ma, dopo le tragedie, il
protagonista perderà volontariamente la parola e sembrerà sul
punto di rinunciare definitivamente alla propria arte. Invece assisterà, con profonda ancorché tacita complicità, alla fusione di
una gigantesca campana a opera di un giovane artigiano, punto
culminante della narrazione, fatta di sensazioni alle quali non si
sa resistere.
(*) Andrej Tarkovskij; Andrej Rublèv, Milano, Garzanti, 1992, pp.
205, £ 33.000.
Cinema
Un premio alla carriera
Il riconoscimento alla carriera che sarà tributato a Federico
Fellini contestualmente all’assegnazione degli Oscar cinematografici della stagione consente di fare un bilancio relativo alla
produzione complessiva del regista.
Anzi, si potrebbe tracciare una linea di demarcazione tra due
filoni: ve n’è uno più apertamente autobiografico, a cui appartengono tutti i film che hanno a che fare con il mondo dello
spettacolo (La strada, 1954; La dolce vita, 1959; il più recente
Ginger e Fred) e con l’atmosfera paesana dell’infanzia (/ vitelloni, 1953; Amarcord, Oscar nel ’73) o con la vita interiore
dell’autore (Otto e mezzo, 1963, che affronta direttamente la
crisi di creatività di un regista. La città delle donne).
Ma forse è ancora più interessante l’altro filone, in cui l’autore «parla meno di se stesso», e se anche lo fa (nel suo stile fatto
di barocchismi, di immaginazione visiva e di humour ora sanguigno ora malinconico) è sempre sotto l’ispirazione di un referènte «forte», un materiale preesistente, letterario e culturale.
Appartengono a questo filone Fellini-Satyricon (1969, dal romanzo di Petronio Arbitro), il Casanova (1976, largamente basato sulle memorie scritte dal personaggio), E la nave va (1983,
tutto costruito su brani verdiani fomiti di nuovi testi l’orrore
dei melomani) del poeta Andrea Zanzotto, oppure l’inchiesta
televisiva I clowns, struggente documento sulla vita circense.
Laddove la fantasia ha libero corso, ma nel solco di una traccia
dotata di autonoma coerenza, il cineasta si è fatto veramente
poeta, ciò di cui gli siamo grati.
Appuntamenti
Venerdì 19 - domenica 21 febbraio — MONTEFORTE IRPINO:
Si svolge un seminario organizzato dalla Fgei campana dal titolo
Storie con Dio. Iscrizioni presso il Centro evangelico
(0825/682698) o Luisa Nitti (081/5729572). A conclusione, partecipazione alla manifestazione delle chiese del XIII circuito per la
«Settimana della libertà».
Sabato 6 febbraio — UDINE: Alle ore 18, presso la chiesa metodista
(piazzale D’Annunzio 9) si tiene una conferenza del pastore Salvatore Rapisarda sul tema Evangelo e libertà.
Giovedì 18 febbraio — MILANO: Alle ore 21, nella sala di via Sforza 12/a, il prof. J. Alberto Soggin tiene una conferenza sul tema:
I farisei, la loro importanza per Israele, la critica del cristianesimo.
Domenica 14 febbraio —ROMA: Alle ore 16, in via Giusti 12, si
svolge un confronto, organizzato dal Sae, fra Mahmoud Mansoubi (musulmano. Università di Pisa), Maria Bonafede (past. valdese) e Gianfausto Rosoli (direttore di Studi emigrazione) sul tema
Immigrazione: il dialogo alia prova.
Venerdì 12 febbraio — ASTI: Alle ore 21, presso la Scuola biblica
ecumenica (corso Ferraris 81), la teologa cattolica Elena Bartolini parla sul tema; L’uso dell’Antico Testamento nei Vangeli.
14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 5 FEBBRAIO I993
•
Circa 15 miliardi di anni fa avviene rinizio deU’universo nel
quale noi viviamo. Questo verbo
«avviene» è abbastanza misterioso
e segna semplicemente non tanto
un inizio assoluto, quanto un inizio
della nostra possibilità di descrizione e di conoscenza. Gli scienziati
sanno descrivere quanto è avvenuto
nei primi cento secondi, a cui danno globalmente il nome di «era della radiazione» e nei miliardi di anni
successivi, a cui danno di nuovo
globalmente il nome di «era della
materia» (nella quale ci troviamo).
Si tratta, per usare un’immagine
semplicistica, di un’energia concentratissima che poco alla volta, attraverso trasformazioni di elementi, dà
luogo alla materia. L’età della materia corrisponde a 3 miliardi di anni, di cui 2 solo per lo sviluppo della prima cellula.
Per ridurre il fenomeno a una scala per noi più familiare possiamo
agevolmente calcolare che, facendo
un miliardo di anni equivalente allo
spazio di un chilometro (pensiamo
al diametro di una metropoli come
Roma, circa 15 chilometri), allora
1 .(X)0 anni corrispondono a un milUmetro.
La storia umana, in rapporto
all’età dell’universo uguagliata al
diametro di una città, si riduce a pochi millimetri. Abbiamo coscientemente vissuto soltanto pochi millimetri di questo immenso spazio. In
questo modo la storia umana si rimpicciolisce, e possiamo trarre almeno due considerazioni da questo
esempio. La prima è che è forse
giunto il momento di valutare la storia umana con una misura di scala
maggiore di quanto non abbiamo
fatto finora. La seconda, connessa
alla prima, è che forse è possibile attendersi dei cambiamenti in questa
storia, che fino a oggi è stata piutto
DIO E LA CREAZIONE:
UN SENSO PER IL MONDO
SERGIO ROSTAGNO
lui. L’uomo ha vinto quasi tutte le
forze della natura. Ha vinto animali
molto più grandi e molto più forti
di lui (come anche quelli molto più
piccoli e insidiosi).
Fatto questo, ha dominato tutte le
forze conosciute... o quasi. Mediante tutto questo si è progressivamente allontanato dalla natura. Pensiamo al tempo necessario al piccolo
dell’uomo per camminare, per divenire autonomo, per nutrirsi. Un
tempo direttamente proporzionale
alle acquisizioni del progresso umano; un tempo che tende inesorabilmente a allungarsi... si direbbe come, d’altro lato, si allunga la vita
umana nella stessa proporzione
all’estremo opposto.
Che cos'è l'uomo?
«0 Eterno, Signor nostro, quant’è magnifico il tuo nome in tutta la terra!
0 tu che hai posto la tua maestà nei cieli.
Dalla bocca dei bambini e dei lattanti
tu hai tratto una forza, a causa dei tuoi nemici,
per ridurre al silenzio l’avversario e il vendicatore.
Quand’io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai disposte,
che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi?
e il figlio dell’uomo perché te ne prenda cura?
Eppure tu l’hai fatto solo di poco inferiore a Dio,
e l’hai coronato di gloria e d’onore.
Tu lo hai fatto dominare sulle opere delle tue mani,
hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi:
pecore e buoi tutti quanti
ed anche le bestie selvatiche della campagna;
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
tutto quel che percorre i sentieri dei mari.
0 Eterno, Signor nostro,
quant’è magnifico il tuo nome in tutta la terra!».
(Salmo 8)
sto violenta e irrazionale. L’attesa è
che nei milioni di anni che verranno
il genere umano sappia fare un po’
meglio di quanto è riuscito a fare
dall’età della pietra a oggi.
Che cos’è l’essere umano? si
chiede il Salmo 8. Non da oggi
ci siamo accorti che l’essere più indifeso e più «debole» di tutta la natura, se paragonato con la forza di
tanti animali, o con la forza dei
venti e dei vulcani, è però anche
l’essere che riesce a dominare tutto
il resto. L’essere più piccolo sembra dotato di una forza non più soltanto «naturale». E vero che la natura gli resiste, è però altrettanto
vero che poco per volta, costruendo
pazientemente millimetro dopo millimetro il proprio progresso, l’essere umano finisce per venire a capo
anche di forze molto più potenti di
Che cos’è dunque l’essere umano? si domanda giustamente il Salmo. Come mai tu che sei il più piccolo sei così potente? È questa la
domanda fondamentale ancora oggi. Siamo deboli o siamo potenti?
Chi siamo noi in definitiva?
La domanda posta dal Salmo
continua a essere tra le più interessanti. E già molto che l’essere umano abbia compreso la funzione
dell’interrogarsi. Con questo interrogarsi, l’es.sere umano evita di dare una risposta troppo frettolosa o
di porsi addirittura come l’unica risposta valida.
Non avrebbe tutti i torti se lo facesse, dato che egli semplicemente
esiste e quindi nessuno può a rigore
dargli torto. Nessun altro essere è lì
a contestargli la sua parola, che pertanto è la prima e l’ultima parola
possibile. Nella scoperta di Dio e
nel pensiero della creazione, l’essere umano rinuncia a tale facilità.
Continua a essere, di fatto, l’unico
essere dotato di intelletto sviluppato
e di un potere molto grande. Ma
non si dà più ragione da solo, non si
dà più come risposta di fatto obbligata e non evitabile, necessaria, in
quanto incontestabilmente esistente
e presente.
L’essere umano non propone più
il suo semplice stare-al-mondo come
il non plus ultra delle risposte. Mediante il sintetico rinvio a Dio, l’essere umano ha dato alla domanda
una risposta diversa da quella che
avrebbe potuto dare, se si fosse unicamente basato sul fatto che egli è
l’unico essere dotato di parola e
quindi nessun altro essere, di fatto,
può contraddirlo. Mediante il ricorso
a Dio egli si è autocontraddetto e
non si è autoassolto. Dio è la risposta più intelligente e anche più problematica che l’essere umano abbia
potuto dare alla domanda posta. Perché in Dio la domanda continua a
essere domanda, anche se riceve una
risposta. Osservando il proprio posto
nel cosmo, l’essere umano si chiede:
chi mi crea, chi mi argina? Sono
creatore di me stesso?
Certo l’essere umano sembra appartenere a un genere assolutamente particolare; è sua l’unica mente
dell’universo? E che cosa rappresenta questa «mente» rispetto a tutto il resto?
La dottrina della creazione risponde a questi interrogativi.
Si tratta ovviamente di risposte legate al messaggio cristiano nel suo
complesso e pertanto sempre esposte a una pubblica sfida; eppure tali
risposte resistono e offrono quanto
meno un valido terreno di discussione. Ricordiamole almeno nelle
grandi linee.
C’è qualcosa di vero nella tesi per
cui noi ci troviamo tagliati fuori
dalla creazione «buona» della Genesi, come dicono i catechismi protestanti più antichi. Essa ci è inaccessibile. Ma il protestantesimo,
una volta accettato questo, era poi
costretto a costruire una sua scalata
al mondo divino mediante concetti
desunti dalla filosofia platonica o
idealistica, perdendo qualsiasi riferimento alla realtà come creazione.
Ora la teologia della creazione intende proprio parlare della realtà in
cui viviamo, e in rapporto a questa
stes.sa realtà essa prende tutto il suo
senso.
Con l’idea di creazione l’essere
umano attesta prima di tutto il tipo
di rapporto che lo lega a Dio. Questo rapporto è giustamente espresso
con il concetto di dualità. La mente
umana, o lo spirito umano non sono
Dio, ma fanno parte essi stessi del
creato. Di conseguenza l’essere
umano si trova coram Dea, di fronte a Dio. Parlare di creazione signi
fica assicurare l’irriducibilità
dell’uno e dell’altro termine e configurare l’umano nella duplice dimensione di un proprio essere e di
un originale rapporto con l’Assoluto. Questa è la prima risposta al dilemma accennato sopra a proposito
del Salmo 8. Non sei onnipotente,
anche se talvolta ti pare di poterlo
essere. Ma non sei neppure meschino. Usa quindi al meglio le possibilità che hai.
Nello stesso tempo, mediante
l’idea di creazione, la realtà viene
dotata di una sussistenza particolare. Anch’essa viene collocata nel
quadro del rapporto con Dio. Si afferma quindi la realtà ferma e consistente del mondo e contemporaneamente la sua dimensione trascendente, 0 almeno non conclusa
nell’ambito del puro oggetto fisico.
Creazione è dunque un termine
teologico. Lo è diventato in
modo del tutto evidente dopo Kant,
ma lo era in fondo anche prima.
Non si riferisce a un ambito di
conoscenza a carattere scientifico,
ma è un’espressione del linguaggio
cristiano che si preoccupa di come
si regge nel mondo quell’essere naturale, la cui natura non si può rinchiudere in un programma prestabilito. Questo è l’essere umano. L’uomo non è demiurgo, ma essere responsabile (B. Fantini). L’essere
umano di fronte a Dio viene posto
nella sua autonomia e contemporaneamente reso responsabile. L’essenza mentale dell’essere umano
funziona non come derivazione della mente divina, ma nel creaturale
confronto con Dio, mediato dalla
vita di ogni giorno.
In molti documenti ecumenici
oggi si comincia a parlare dell’essere umano come del «collaboratore»
di Dio nella creazione oppure del
«con-creatore». Occorre diffidare
di tali espressioni. Esse veicolano
soltanto il desiderio di gonfiare le
espressioni della pietà religiosa per
tentare di renderle rilevanti. L’essere umano è stato già fin troppo il
demiurgo di Dio, e non con ottimi
risultati. Forse sarebbe meglio che
comprendesse il significato del suo
essere pienamente l’elemento pensante della realtà naturale e che lo
fosse in un suo proprio ambito
specifico.
Appunto questo rapporto viene
espresso, da parte di Karl Barth per
esempio, mediante la nozione positiva di «alleanza», che associa creatore e creazione rispettando i rispettivi ruoli.
La dottrina della creazione non
pretende di svelare l’ultimo
mistero del mondo. Il mistero altro
non è che quella domanda sempre
aperta che pone in essere, interrogandolo, l’essere che noi siamo.
Alla dimensione del mistero, rettamente intesa, associamo quella della preghiera. Non c’è in questo nulla di arbitrario. La preghiera è domanda e mantiene appunto aperto il
nostro essere in direzione di quello
che non è o non è ancora. La preghiera, da parte nostra, corrisponde
al mistero ultimo, che resta come
condizione del domandare e del
chiedere: in questo senso il mistero
e la preghiera non sono altro che
aspetti di quel proprium dell’essere
umano che è il domandare. Il domandare, senza alcuna risposta ultima accessibile, è una condizione ultima di umanità creaturale. In questo senso il mistero resta e la sua
vanificazione sarebbe realmente un
disastro ecologico spirituale di
grandi proporzioni. Nessun potere
di questo mondo si installa al posto
del mistero. Tuttavia, dentro il mistero, c’è una luce. E questo è altrettanto importante ed essenziale.
Nella dottrina cristiana della creazione l’ultimo mistero non resta minacciosamente impenetrabile, o non
è soltanto confusione con il divino.
Al fondo del mistero brilla la luce
di cui l’essere ha bisogno nella sua
propria autonoma consistenza.
Per l’essere umano, il mondo è
perciò tutt’altro che infondato, anche se il senso si fa presente soltanto come domanda, a rendere non
superfina anche la preghiera. Ma
fondamentalmente la dottrina cristiana della creazione rivendica un
senso per il mondo e alla luce di
questo (possibile) senso struttura
poi anche la ricerca umana, l’azione
umana, la responsabilità umana.
Ritenere che l’ultimo mistero del
mondo sia attorniato dal senso, dal
senso che noi possiamo dargli in
virtù di un rapporto con Dio nell’alleanza, fondata sull’incarnazione,
configura l’opzione spirituale
sostanzialmente scelta dalla teologia cristiana.
15
T
venerdì 5 FEBBRAIO 1993
La Pagina
PAG. 1 1 RIFORMA
Posta
Tono pacato!
Sebbene con molto ritardo,
vorrei reagire alla lettera di
Marcello Cicchese pubblicata
su La Luce del 27 novembre
scorso in cui veniva criticata
la teologia espressa da
R.Grimm nel suo volumetto,
recentemente tradotto dalla
Claudiana, Senso di colpa e
perdono.
Cicchese cita un brano del
libro che illustra la critica del
Grimm all’interpretazione
espiatoria, in senso fortemente
doloristico-romantico, della
morte di Gesù in croce per dimostrare che egli, il Grimm,
così facendo adultera la parola
di Dio perché negherebbe il
«valore» di quella morte per la
salvezza dell’umanità.
Cicchese però: a) incorre in
un gravissimo errore nella
sua citazione perché aggiunge
delle parole («non a causa
dei nostri peccati, ma») che
non si trovano nel testo; b)
non cita più ampiamente il
capoverso (ripeto il capoverso, non la pagina o il capitolo) dove si leggono frasi che
chiariscono il pensiero del
Grimm tipo: «Dio non esige
la morte di Gesù; non è accecato dal proprio onore e dalla pretesa di una riparazione
giudiziaria per i peccati
dell’umanità» (p.49), «Dio
non ha voluto quel supplizio:
sono stati V opposizione e
l’odio di persone sovente
molto religiose a condannare
Gesù. Dio è legato a questo
assassinio perché quel testimone autentico è la stessa
sua immagine, il suo Messia,
il suo Figlio unigenito»
(p.50). Insomma è quasi una
parafrasi della parola giovannica «E venuto in casa sua e i
suoi non l’hanno ricevuto»
(Giovanni 1,11).
Dopodiché, l’impostazione
teologico-pastorale del
Grimm può essere più o meno condivisibile (così come
tutte le nostre impostazioni
teologiche) ma la critica, per
essere costruttiva, dovrebbe
essere sempre molto attenta e
rispettosa del pensiero effetti
vamente e compiutamente
espresso da chi si vuole criticare. E anche il tono dovrebbe essere altrettanto rispettoso e dolce, come ci insegna
la I Pietro (3, 16). Purtroppo,
questa è una qualità che manca alla lettera di Cicchese e a
molto dibattito nelle chiese
evangeliche.
Eugenio Bernardini - Torino
Poco profetici
Caro direttore, ti scrivo per
esprimerti il mio stupore e il
mio rammarico nel vedere
pubblicata, seppur con qualche
rilievo grafico una riflessione
sulla Parola di Dio a pag 11, la
pagina dei lettori. Mi riferisco
alla meditazione di Daniela Di
Carlo, «Un sogno di unità»,
come recita il titolo. Ne ho
parlato con altri fratelli e sorelle che frequentano le nostre
chiese e i gruppi Egei e mi sono convinto che non si tratta di
un errore grafico, ma di una
decisione redazionale; perché,
mi chiedo, avete timore a pubblicare come sermone una riflessione biblica e teologica
forse per certi versi troppo originale, condotta attraverso un
linguaggio scorrevole, ma pure nello stile narrativo e profetico dei profeti di Israele? Non
vi pare che il sermone abbia
saputo raccogliere uno stimolo
di attualità conosciuto da migliaia di persone come i «famosi» sogni dei monologhi di
Paolo Rossi in «Su la testa»?
Daniela Di Carlo ha tentato di
predicare la Parola di Dio con
un messaggio un po’ diverso,
dialettico, forse discutibile, ma
che comunque fa parte della linea del protestantesimo critico
che va da Barth a Tillich. Mi
pare che se i decaloghi
sull’ecumenismo e le genealogie sui «grandi» protestanti
hanno così tanta importanza
sulla nostra stampa, un po’ di
critica e dialettica della Parola sia altrettanto necessaria.
In questa fase teologica un
po’ confusa, sarebbe bene
privilegiare una riflessione su
Dio e sul ruolo di crisi che
hanno i passi biblici piuttosto
che far uscire dal cilindro dei
teologi antiche teologie pietiste o liberali. L’ecumenismo
non è il frutto di ingegnerie
Riforma
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542.
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175.
Via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pellice - tei. e fax 0121/932166.
DIRETTORE; Giorgio Gardiol.
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto.
REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Luciano Cirica, Alberto Corsani, Piera Egidi, Fulvio Ferrano, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto
Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Piervaldo Rostan, Marco Schellenbaum, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
GARANTI; Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco,
Bruno Rostagno.
AMMINISTRAZIONE: Mitzi Menusan.
ABBONAMENTI: Daniela Actis.
FOTOCOMPOSIZIONE: AEC srl tei. 0174/551919.
STAMPA: La Ghisleriana snc Mondovì tei 0174/42590.
EDITORE: Edizioni protestanti srl - via Pio V, 15 bis -10125 Torino.
ABBONAMENT11993
ITALIA ESTERO
•ordinario £. 60.000 -ordinario £. 100.000
• sostenitore £. 150.000 -via aerea £■ 160.000
-semestraie £. 30.000 -sostenitore £. 180.000
Per abbonarsi: versare l’importo sul copti. 14548101 intestato a Edizioni protestanti s.r.l., via Pio V15 bis, 10125 Torino.
Gtt abbonai »M^mtmrletmnoL'eeoiMtVtffvtìduI
aaniaakamsta^pkma^dXpnntaaì^iBaiMm.
Tariffe Inserzioni pubblicitarie; a modulo (42,5 x 40 mm) £ 30.000
Partecipazioni; millimetro/colonna £ 1.800
Economici: a parola £ 1.000
Il presente numero 5 costituisce il n. 5 del 5 febbraio 1993 de La Luce. Reg.
Tribunale di Pinerolo n. 176/60. Sped. in abb. postale gr. Il A/70.
ecclesiologiche ma, come
giustamente ci ricorda la pastora Di Carlo, è il discorso
su Dio e con Dio che va riscoperto e recuperato. Un discorso su quel Dio che ha ridato la voce alle donne e ha
regalato l’amore ai più deboli.
Manfredo Pavoni - Milano
Un manifesto
oscurantista
Ho ricevuto il n. 3 con il
manifesto della Fcei L’Italia a
una svolta. Tale manifesto mi
è sembrato di un oscurantismo
e di un’arroganza paurosi, e
spiego subito il perché:
Oscurantismo: Se la sola
via di ricostruzione morale del
paese è il «tornare a Dio»,
sembra che il pensiero laico,
con i valori di cui è storicamente portatore, non possa
nulla contro quelle «forze del
male» che hanno portato il popolo italiano alla corruzione,
al malcostume, alla violenza,
ecc..., o che addirittura ne sia
complice. Comunque non potrà essere un alleato nello sforzo di uscire dalla crisi.
Arroganza: Sembra che solo credendo in Dio si possa
ricuperare e mantenere «il
senso della verità e della giustizia»; il complesso dei valori che stanno alla base di una
equilibrata convivenza civile
sarebbe dunque monopolio
dei soli credenti.
Che cosa è successo?
Dov’è andata a finire quell’
etica protestante che giustamente si è sempre vantata
della propria laicità, della
propria apertura ai valori civili, della propria capacità di
non ritenersi (a differenza
dell’etica cattolica) l’ombelico dell’universo?
Rendiamoci conto che è proprio il pensiero laico, libero dai
vincoli confessionali e anche
da qualsiasi forma di fede religiosa, quello che ci ha insegnato i valori della tolleranza, del
rispetto dell’altro, della dignità
della persona, dell’umiltà della
ricerca comune. Ed è proprio il
pensiero ateo che ancora oggi
ha qualcosa da insegnarci, stimolandoci a non perdere di vista la dignità dell’uomo in
quanto tale, a prescindere dalla
sua appartenenza a qualsiasi
ambito religioso.
Non mi riconosco in questo
manifesto, che sembra uscito
da qualche setta fondamentalista o apocalittica anziché da
persone che condividono una
cultura protestante.
Rita Gay - Bergamo
CONTRAPPUNTO
ETICA LAICA,
ETICA BIBLICA
SALVATORE RAPISARPA
«“Settimo, non rubare’’ è il comandamento iscritto nelle
tavole che Mosè prese in consegna nel roveto ardente».
Questo si legge in un articolo di Miriam Mafai pubblicato
con grande evidenza su Repubblica del 28 gennaio, a pagina
12. Si tratta certamente di una doppia svista dell’autrice. Secondo il racconto biblico Mosè ricevette le tavole sul monte
Sinai e non al roveto ardente. Lì Mosè ebbe, diciamo, il suo
primo approccio con Yahvè. Inoltre il «non rubare» viene
per settimo non nella Bibbia, ma nel catechismo cattolico
che ha abolito il secondo, quello che proibisce l’adorazione
delle sculture e delle immagini (cf. Esodo 3, 19-20).
La Mafai, richiamandosi alle spericolate imprese finanziarie
di Marcinkus, uomo legato alla P2, a Sindona e a Calvi per
conto dello lor, la banca del Vaticano, si interroga su alcune
questioni di etica che vanno affiorando con grande evidenza
ora più che mai, e sul ruolo che la Chiesa cattolica gioca su tali questioni. A che titolo la Chiesa cattolica parla forte contro
la mancanza di «trasparenza, di onestà, di rigore»! Dai suoi
amministratori, vedi Marcinkus, la Chiesa cattolica richiede
quel che richiede agli amministratori pubblici? Come mai
questo grido alto e forte non si è levato prima, visto che scandali, tangenti e bustarelle purtroppo non sono mai mancati?
Ecco un passaggio significativo dell’articolo; «Ora io sento
vivamente il pericolo che la Chiesa pretenda di apparire, nello sfascio della vita pubblica italiana, quale il solo o il più
autorevole baluardo della pubblica moralità, dato che certamente la voce di Wojtyla o del cardinal Martini può suonare,
anche dagli schermi televisivi così largamente occupati, assai più alta di quella di magistrati, di giornalisti e di politici
che possono certamente criticare e denunciare, ma non dispongono dell’arma dell’assoluzione in confessionale».
A questa morale cattolica, «lassista e comprensiva delle
debolezze umane», la Mafai contrappone la morale laica
«severa», che lascia il laico «solo di fronte alla propria coscienza e ai propri giudici».
Ora si impongono due considerazioni. Una riguarda la
morale cattolica. Crediamo che essa, con le sue assoluzioni
al confessionale, non basti per combattere il degrado etico
degli uomini che in Italia occupano, o hanno occupato, posti
di governo. Inoltre diffidiamo da chi pretende di avere sempre ragione, da chi pretende di incarnare la verità. Diffidiamo da chi pronuncia assoluzioni e concede amnistie a buon
mercato, siano esse al confessionale o nelle sedi politiche.
La seconda considerazione riguarda l’orizzonte morale
che appare dall’articolo della Mafai. Da una parte vi sarebbe
la morale cattolica, dall’altra quella laica. Ma non vi è una
morale protestante? Il senso di responsabilità di fronte a Dio
e al prossimo, l’assenza di confessionali, l’appello al ravvedimento e alla riconciliazione con il prossimo offeso, senza
intermediari, senza comode scappatoie, tutto questo non è
protestante? Quando vedremo sui giornali italiani una seria
trattazione del contributo protestante alla politica, all’etica?
Dobbiamo rassegnarci a leggere di protestantesimo soltanto
con le mistificazioni di Alberoni o della Lega sul calvinismo
rigorista e capitalista, e sulle sette protestanti?
Per tornare all’etica, ci piacerebbe vedere seri atti di ravvedimento, di inversione di rotta; chi ha rubato restituisca il
maltolto; chi ha peccato si accosti a Dio e non ai propri
compagni di cordata. Dio, certo, è misericordioso e pronto a
perdonare chi si pente, ma ci chiede un pentimento forte,
frutto di un travaglio non superficiale. Questa, prima ancora
che protestante, è la proposta biblica. Oggi la ribadiamo perché ci porta frutti nuovi, frutti buoni.
RINGRAZIAMENTO
«lo alzo gli occhi ai monti...
d'onde mi verrà l'aiuto?
Il mio aiuto viene dall'Eterno che
ha fatto i cieli e la terra»
Le figlie e I familiari del caro
Bruno Gönnet
nell’Impossibilità di farlo singolarmente, commossi ringraziano
sentitamente tutti coloro che con
presenza e parole di conforto hanno preso parte al loro dolore. Un
ringraziamento particolare a tutto il
personale medico e paramedico
deli’Ospedaie valdese di Torre
Peilice e al pastore Bruno Bellion.
Luserna S. Giovanni, 30 dicembre 1992
RINGRAZIAMENTO
«Gesù disse: lo sono la resurrezione e la vita; chi crede in me,
anche se muore, vivrà...»
Giovanni 11,25
I familiari di
Silvio Bounous
ringraziano di cuore tutti coloro
che, con la loro presenza e scritti,
hanno partecipato al loro grande
dolore.
Un grazie particolare al medico ed amico Diego Sappé, al pastore Bruno Tron, alla Croce Verde di Pinerolo alle famiglie Giordano e Canova, ai datori di lavoro
e colleghi di Adriana e Sergio, Aii’Avis di San Germano e Pramollo, aila banda Ana di Pinerolo e
all'Unione musicale di Inverso Pinasca aH'Associazione colombofila abbadlese.
Pinerolo, 25 gennaio 1993
RINGRAZIAMENTO
«L'anima mia s'acqueta in Dio solo; da lui viene la mia saivezza»
Salmo 62, 5
Fla raggiunto il termine della
sua vita
Rocco Giuliani
io annunciano con infinita tristezza la moglie Margherita, i figli
Anna Maria e Luciano con le rispettive famiglie, il fratello Giovanni, ia sorella Rosina, I nipoti,
pronipoti e parenti tutti.
Genova, 26 gennaio 1993
«L'Eterno è il mio pastore,
nulla mi mancherà»
Salmo 23,1
Presidenza, Consigiio di amministrazione e personale tutto
dell’Ospedale evangelico internazionale partecipa al dolore dei familiari per la dipartita di
Rocco Giuliani
padre del direttore amministrativo coordinatore dell’ente.
Genova, 27 gennaio 1993
RINGRAZIAMENTO
«lo vi lascio pace;
vi do la mia pace»
Giovanni 14, 27
I familiari del compianto
Emilio Paolo Avondet
(Paulucciu)
Riconoscenti per le dimostrazioni di affetto tributate al loro caro
ringraziano tutti coloro che sono
loro stati vicini in questa triste circostanza. Un grazie particolare al
past. Marchetti, al dott. Laterza e
alla Croce Rossa di Torre Pellice.
Angrogna, 30 gennaio 1993
ANNUNCI
PER UNA STORIA DELLA CHIESA MET9DISTA DI POLA —
Sto realizzando una ricerca sulla comunità metodista di Fola
e perciò rivolgo un appello a tutti gli ex rnembri della Chiesa
evangelica metodista di Fola negli anni 1919 - 1947 e a
quanti possono fornire notizie, docurnenti, scritti, fotografie,
ecc. relativi aila storia di quella comunità.
Chi vuole collaborare può mettersi in contatto con me all’indirizzo; Sauro Gottardi, alla Contrada 7, 17013 Albisola superiore (Sv).
GIOCHI COOPERATIVI — Dal 9 al 13 aprile nella splendida
oasi del Wwf a Orbetello è organizzata una vacanza per la riscoperta dei colori, dei sapori, dei suorii e dei profumi deiia
natura, ricuperando i nostri cinque sensi attraverso il gioco e
la creatività. Per informazioni telefonare a Sigrid Loos, via Canessa 9, 16035 Rapallo 0185/63049
VIAGGIO IN SCOZIA — La chiesa valdese di Ivrea organizza
un viaggio in Scozia (Edimburgo, Iona, Lochness, estremo
nord del paese) nel periodo 29 aprile -10 maggio.
La corale di Ivrea-Biella, diretta da Franco Taglierò, canterà in
diverse località.
Ci sono ancora dei posti disponibili per questa comitiva che
partirà con un puimann dalle Valli valdesi.
Il costo complessivo (viaggio,traghetti, vitto e ailoggio) dovrebbe aggirarsi sul milione di lire.
In particolare si incoraggiano i coralisti delle Valli ad accogliere questa possibilità di viaggio in una terra splendida, relativamente vicina ma dal paesaggio inconsueto.
Per ulteriori informazioni telefonare a; Franco Taglierò (015 590112 e 403186) oppure a Gianni Genre (0125 - 51419 e
631960) entro il 17 febbraio.
ERRATA — Nel pubblicare il nuovo numero telefonico del pastore Cesare Mllaneschi siamo incorsi in un errore, li numero
esatto è 011/6508970 Ci scusiamo con l’interessato e i iettori.
ONORANZE E TRASPORTI FUNEBRI
BERTOTTULLIO
Uffficio; c.so Gramsci, 5 - TORRE PELLICE
tei. 0337 -211111
Abitazione; via G. Modena, 8 - tei. 0121 - 932153
«Il decoro, Vassistenza, il rispetto... sono vostri diritti.
Offrirveli è nostro dovere».
IMPRESA ONORANZE FUNEBRI
MANASSERO
SI SVOLGONO TUTTE E OVUNQUE LE PRATICHE PER
FUNERALI, TRASPORTI, CREMAZIONI, ESUMAZIONI, NECROLOGI, ANNIVERSARI,
SERVIZI CON AUTOFURGONI PROPRI
Unica sede; via S. Pietro, 20-PiNEROLO-Tel. 0121/322.238
IMPRESA ONORANZE e TRASPORTI FUNEBRI
Geom.
LORIS BOUNOUS
Espletamento pratiche inerenti trasporti e sepolture - Esumazioni
Cremazioni • Vestisioni • Necrologie
Magazzino cofani
Sede: Via Trento, 48 • PINEROLO > Tel. 0121/794.686
16
PAG. 12 RIFORMA
VENERDÌ 5 FEBBRAIO 1993
La situazione nell'isola caraibica dopo quindici mesi di tremenda dittatura militare
Il popolo haitiano invoca il ripristino
della democrazia e il ritorno di Aristide
JEAN-JACQUES PEYBONEL
Dopo la decisione inattesa
del nuovo presidente
americano di rimpatriare le
centinaia di «boat people»
haitiani che cercano rifugio
sulle coste della Florida, i
mass media hanno ripreso a
parlare della sorte di questo
disgraziato paese che da
quindici mesi è di nuovo sottoposto alla feroce repressione di una dittatura militare. È
il 30 settembre 1991 infatti
che il generale Raoul Cedras
mette fine con un golpe alla
breve presidenza del prete
Jean-Bertrand Aristide, eletto
trionfalmente, con il 67% dei
voti, il 16 dicembre 1990.
A Port-au-Prince, capitale
del paese, si trovava in quei
giorni un nostro conoscente,
Olivier Turquand, veterinario
francese, che per un certo
tempo ha lavorato nell’isola
caraibica nel quadro della
Cooperazione. Tornato in
Francia il 5 novembre ’91, ha
quindi vissuto di persona i
primi momenti del nuovo
golpe.
«Air inizio - ha raccontato
— la gente era incredula. Non
pensava che i militari ce
Vavrebbero fatta un’altra
volta. Era convinta che, come
nell’ autunno del ’90 quando
un ex ministro dell’Interno di
Jean-Claude Duvalier, Roger
Lafontant, aveva annunciato
la propria candidatura alla
presidenza, si sarebbe ripetuta l’operazione «Lavalas»
(valanga) che in poche settimane aveva portato un modesto prete, seguace della teologia della liberazione, al potere supremo».
11 popolino infatti era convinto che, dopo la fuga di
Duvalier dall’isola nel febbraio 1986 e la successiva
nuova Costituzione democratica del paese, votata quasi
unanimemente dai 6 milioni
di haitiani, il «duvalierismo»
e i suoi «Tontons macoutes»
erano definitivamente seppelliti.
Cedras invece faceva sul
serio. E solo per miracolo la
vita di Aristide è stata risparmiata. Rifugiatosi in Venezuela, egli continua ad essere
il presidente legittimo del
paese e lo sarà, secondo la
Costituzione, fino a dicembre
del ’95.
Solo il Vaticano ha riconosciuto «de facto» le nuove
autorità, nominando un ambasciatore nella persona di
mons. Lorenzo Baldiseri, il
che la dice lunga sull’avversione dell’attuale pontefice
nei confronti della teologia
della liberazione.
Ma anche gli altri paesi, in
particolare la Francia (dove
Jean-Claude Duvalier ha trovato un asilo dorato) e gli
Stati Uniti (che avevano occupato Haiti fino al 1934), si
sono limitati finora a semplici condanne morali. Così,
dal 19 giugno scorso, il governo civile, che fa da paravento all’esercito golpista, è
diretto da Marc Bazin, uomo
che fino a poco tempo fa godeva della fama di «Mister
Clean» (signore pulito), che
si era conquistato nel 1983,
sotto Duvalier, durante una
breve permanenza al ministero delle Finanze, su richiesta
della Banca mondiale, di cui
era vicedirettore.
Soltanto il 13 dicembre
scorso l’Organizzazione degli
stati americani (Osa), che subito dopo il golpe aveva imposto alcune sanzioni econo
II presidente costituzionale di Haiti, Jean-Bertrand Aristide, è in esilio forzato dal 30 settembre 1991
quando venne costretto alla fuga dal generale Raoul Cedras, autore di un nuovo colpo di stato
miche, si è decisa a coinvolgere il Consiglio di sicurezza
deirOnu. Il segretario generale Boutros-Ghali ha quindi designato un suo rappresentante, l’argentino Dante
Caputo, per tentare di giungere ad una soluzione della
crisi.
Quest’ultimo si è recato di
recente a Port-au-Prince dove
ha incontrato il generale Cedras e il primo ministro Bazin
i quali avrebbero accettato la
presenza di una missione di
400 osservatori intemazionali
per vigilare sul rispetto dei diritti umani e per «riprendere
il dialogo per il ripristino della democrazia».
Il prossimo 15 febbraio
Boutros-Ghali dovrebbe sottopporre un rapporto all’Assemblea generale dell’Onu.
Da parte loro gli Usa hanno
inviato nella capitale haitiana
il generale John Sheehan per
tentare di convincere i militari
golpisti della necessità di riconoscere il presidente costituzionale.
Il presidente in esilio JeanBertrand Aristide, in un ap
pello trasmesso dalla Voce
dell’America, ha esortato i
suoi compatrioti a non mettersi in mare, affermando che
«il ritorno alla democrazia è
vicino, grazie agli sforzi del
presidente Clinton, delle Nazioni Unite e dell’ Organizzazione degli stati americani».
Dall’indomani del golpe
però, più di 40.000 haitiani
hanno scelto l’esodo per fuggire ad un situazione politica
ed economica estremamente
compromessa.
Come ci diceva Olivier
Turquand, «i Tontons macoutes hanno ristabilito il loro
enorme potere e qualsiasi oppositore rischia la fucilazione
immediata. D’altra parte
l’embargo deciso dall’Osa
non ha fatto altro che impoverire ancora di più i poveri,
che sono la stragrande maggioranza della popolazione, e
arricchire ancora di più i militari, i politici e gli affaristi
della borghesia locale, incredibilmente corrotti». In queste condizioni, il popolino
non ha altra speranza che il
ritorno di «Titid». Ma in que
sti 15 mesi Aristide non ha
fatto molto per elaborare una
seria piattaforma politica che
gli permetta di riprendere le
redini del potere.
Continua a mantenere l’atteggiamento carismatico e
populista grazie al quale è
stato eletto ma che, nello
stesso tempo, gli ha alienato,
secondo un prete di Haiti,
«Tappoggio di forze sociali
organizzate che avrebbero
potuto e potrebbero ancora
consolidare il suo potere».
Di questo parere è anche
Olivier Turquand: «Aristide
pecca di ingenuità politica.
Crede che un paese si gestisca come una parrocchia.
Quando, ad esempio, si è
messo a invocare la “giustizia popolare”, anche la borghesia che gli era più favorevole ha cominciato a rimproverargli di non rispettare
la Costituzione. Per cui mi
chiedo se egli sia davvero intenzionato a tornare».
Anche ad Haiti, alcuni simpatizzanti della classe media
cominciano a porsi la stessa
domanda.
I
Senza protezione 25 milioni di membri di comunità religiose
Il fondamentalismo islamico
colpisce ancora il Bangladesh
Oppressioni e persecuzioni
si stanno abbattendo sulle comunità indù, buddiste e cristiane del Bangladesh, che
raccolgono diversi milioni di
persone.
Responsabili degli attacchi,
che hanno provocato tra l’altro la distruzione di migliaia
di case e di luoghi di culto,
sono gli appartenenti ai gruppi politici campioni del fondamentalismo islamico.
Secondo i dati riportati dai
quotidiani del Bangladesh e
dall’organismo «Bangladesh
Hindú Bouddha Christian
Unity Council» del 6 dicembre scorso circa ventottomila
abitazioni, cinquecento luoghi
di culto e duemilacinquecento
edifici commerciali in diversi
distretti del paese sono stati
completamente distrutti.
Nel corso degli attacchi
cinque persone sono state uccise, settecento sono state fe
rite e duemilaquattrocento
donne sono state violentate.
«È da condannare il fatto
che il governo non abbia assolutamente dato protezione
alla vita ed alle proprietà di
circa 25 milioni di membri di
comunità religiose minoritarie nel paese», scrive in un
appello il «Bangladesh Hindú
Bouddha Christian Unity
Council».
«La stampa ufficiale e i
mezzi di comunicazione del
governo sono sorprendentemente complici - prosegue
l’appello - e stanno deliberatamente sopprimendo la verità e sottovalutando le sofferenze umane e le disumane
atrocità.
Nessuna assicurazione da
parte del governo circa la ricostruzione e la ristrutturazione dei templi danneggiati
o distrutti e di altri edifici di
culto e commerciali. Non è
stato dato soccorso alle migliaia di senzatetto».
E non è stata nemmeno intrapresa alcuna azione contro
gli esecutori degli attacchi,
proprio come accadde già nel
1989 e nel 1990, quando si
verificarono episodi analoghi.
E la mancata reazione da parte del governo non può che
essere interpretata come
«aperto incoraggiamento» a
chi ha perpetrato tali violenze.
«Facciamo appello alla comunità mondiale in nome
dell’umanità - conclude il
documento - perché ci si
adoperi per l’immediato soccorso delle migliaia di senzatetto e delle comunità religiose minoritarie in Bangladesh
e perché si facciano pressioni
sul governo del Bangladesh
affinché siano intraprese immediatamente azioni volte a
fermare le continue violenze».
Dopo le elezioni del settembre scorso
L'Angola è di nuovo
in piena guerra civile
La guerra civile è di nuovo
scoppiata in Angola. Dall’inizio di gennaio, violentissimi
combattimenti oppongono le
forze governative del Mpla
(Movimento popolare per la
liberazione dell’Angola) alle
truppe dell’Unita (Unione nazionale per l’indipendenza totale dell’Angola), facendo
migliaia di morti. Già all’indomani dell’indipendenza dal
Portogallo, nel 1975, una
guerra durata sedie! anni aveva provocato la morte di oltre
350.000 persone, finché un
accordo di pace venne firmato il 31 maggio 1991, in
Portogallo, sotto l’egida dell’
Gnu.
Sembrava così risolta una
delle più cruenti guerre postcoloniali, drammatico esempio del confronto armato EstOvest protrattosi oltre il
1989. Da un lato le forze
dell’Unita, sotto la leadership
di Jonas Savimbi, sostenute,
oltre che dal Portogallo, dal
Sud Africa, dallo Zaire e dagli Stati Uniti. Dall’altro, le
forze del Mpla (ex partito
unico fondato da Agostino
Neto), sostenute dall’Unione
Sovietica con l’invio in Angola di 50.000 soldati cubani.
In particolare con l’arrivo di
Reagan alla Casa Bianca i
guerriglieri dell’Unita, alla
pari dei Contra in Nicaragua
e dei Mujahidin in Afghanistan, furono considerati come
«combattenti della libertà»:
tra il 1986 e il 1991, ricevettero 250 milioni di dollari di
e legislative, si sono svolte il
29 e 30 settembre scorso, sotto la supervisione di osservatori deirOnu e della Comunità europea. I risultati
hanno dato la vittoria al Mpla
con il 53,74% dei voti e al
presidente José Eduardo Dos
Santos, con il 49,5%. Ma Savimbi non ha accettato il responso delle urne e si è trincerato nel feudo dell’Unita a
Huambo, nel centro-sud del
paese. Da allora il conflitto
tra i due schieramenti è ripreso violentemente in varie parti del paese, prima a Huambo,
poi a Luanda (la capitale),
quindi a Soyo, nell’estremo
nord-ovest del paese, presa
dalle truppe dell’Unita il 20
gennaio scorso. Da notare
che dalla città di Soyo proviene circa il 40% della produzione petrolifera dell’Angola.
Il 21 gennaio scorso i presidenti di sette paesi africani,
riuniti a Lusaka, capitale della Zambia, hanno condannato
l’Unita e affermato che «la
sovranità emersa dal popolo,
il quale si è espresso liberamente, deve essere rispettata
da tutti». L’indomani, 22
gennaio, il governo angolano
ha presentato una proposta in
cinque punti che risponde alla
maggior parte delle condizioni poste dall’Unita per partecipare a negoziati di pace ad
Addis Abeba sotto gli auspici
deU’Onu. Contemporaneamente però, la stessa Onu ha
proposto di ridurre la propria
aiuti da parte del governo
americano. Eppure, in quei
sedici anni, la tattica usata da
Savimbi, in appoggio all’aggressione sudafricana contro
l’Angola, fu prevalentemente
rivolta contro i civili, donne e
bambini in particolare, e lasciò un bilancio tremendo: oltre agli innumerevoli morti, si
contano infatti 80.000 handicappati, 50.000 orfani, uno
dei tassi di mortalità infantile
più elevati del mondo, un miiione di profughi, 30 miliardi
di dollari di distruzioni. Per
tali fatti Savimbi venne chiamato «bandito senza anima
umana», il che non gli impedì
però di essere ricevuto dallo
stesso Reagan alla Casa Bianca nel 1986, quando l’Unita
venne ufficialmente riconosciuta dagli Usa. Tutti i paesi
membri delTOnu hanno infatti riconosciuto il Mpla ad eccezione degli Usa che, anche
dopo la partenza delle truppe
cubane nel 1989, hanno posto
un’ultima condizione: la tenuta di elezioni «libere».
Tali elezioni, presidenziali
missione nel paese, incaricata
di controllare il rispetto degli
accordi di pace, alla sola capitale. Sembra che tutto ormai dipenda dalla buona volontà di Savimbi, il quale
controlla circa i due terzi delle città del paese e appare
tutt’altro che disposto a deporre le armi. In realtà il Sud
Africa e molti paesi occidentali, pur di preservare i loro
interessi economici in questo
paese che ha molte ricchezze,
ignorano deliberatamente i risultati elettorali e insistono su
una divisione del potere tra
l’Unita e il Mpla. Riconoscere la vittoria del Mpla oggi in
Angola implicherebbe infatti
di riconoscere domani l’eventuale vittoria del Frelimo in
Mozambico e dell’Anc in
Sud Africa. A ciò l’Occidente
non sembra disposto perché
non corrisponde alla logica
del «nuovo ordine intemazionale» voluto dagli Usa. Anche su questo fronte Sud occorrerà vedere se ci sarà un
cambiamento di rotta da parte
del presidente Clinton.