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ECO
DELLE WXT VALDESI
IBLIOTECA VALDESE
ORBE PiLLICE
Settimana^
della Chièsa iValdèse
Anno XCVIl -N. 37
Una copia lire 50
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Eco: L. 2.500 per Tinterno
L. 3.500 per Testerò
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TORRE PELLICE — 22 Settembre 1967
Ammiri. Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
Fare il pastore
Sono aperte le iscrizioni alla Facoltà ili Teologia.
Da anni si lamenta il numero bassissimo di studenti in teologia, nè
vi sono per ora sintomi di una ripresa. Si ripropone così anche quest’anno alla riflessione della Chiesa
il tema della cosiddetta « crisi di
vocazioni pastorali ».
Anzitutto: come spiegare questa
crisi, che indubbiamente esiste? E
come valutarla? A noi pare che essa affondi le sue radici in una crisi
più ampia e profonda : nella crisi,
cioè, della Chiesa stessa, e in particolare di quelle Chiese, come la nostra e ogni altra Chiesa evangelica,
che sono essenzialmente « Chiese
della Parola ». In altri termini; la
crisi di vocazioni pastorali non è che
un aspetto della più generale crisi
della predicazione. E qui conviene
fermarsi un istante per notare il carattere paradossale della situazione:
le « Chiese della Parola » non san
più parlare? O non vogliono più
parlare? O si vergognano di parlare? E non si vergognano di tacere?
La « Chiesa della Parola » sta forse
diventando una « Chiesa del silenzio » ? !
^ ^
In presenza di una Facoltà di teologia semi-deserta e ancora sempre
disertata malgrado gli annuali appelli rivolti alle comunità e in particolare ai giovani, la domanda ovvia che si pone e che è già stata posta (in una serie di articoli apparsi
su « Nuovi Tempi ») è la seguente:
Stiamo forse andando verso una
Chiesa senza pastori? Parrebbe di
sì. Questa ipotesi non sembra allarmare gran chè le Chiese. Del resto.
quanti ministeri presenti nella Chiesa dei tempi apostolici si sono persi
attraverso i secoli e sono oggi assenti nelle nostre comunità! E nessuno
si allarma per questo.
Eppure, di fronte all’eventualità
di avere, a breve o lunga scadenza,
una Chiesa senza pastori, dobbiamo
pur chiederci se una simile prospettiva sia o non sia accettabile dal
punto di vista dell’Evangelo. A nostro avviso, non lo è.
Diremo subito, a scanso di equivoci, che certi aspetti del ministero
pastorale odierno, in particolare
certe sue funzioni burocratiche, amministrative o rappresentative, sono
senz’altro caduchi e non essenziali
alla vita della Chiesa, che può quindi benissimo farne a meno. I pastori
oggi (come e forse più di ieri) fan
molte cose che non dovrebbero fare
e non fanno molte cose che dovrebbero fare. Il ministero pastorale,
così come viene oggi esercitato,
comprende un certo numero di attività o incombenze che non derivano dal ministero stesso e gli sono
estranee : bisognerebbe avere il coraggio di lasciarle da parte. Vi sono
poi altre osservazioni da fare sul pastorato odierno: il fatto ad esempio
che il pastore possegga in pratica
resclusiva della predicazione nell’ambito della comunità sarà certo
un fattore di ordine, ma probabilmente anche un motivo di impoverimento per la Chiesa. Così altre
questioni relative al ministero pastorale — se, ad esempio, esso non possa utilmente diventare un ministero
I pastori della Chiesa
e la loro autorità
Siccome il Signore ha voluto che la sua Parola come i suoi Sacramenti c! fossero dispensati per mezzo del ministero di uomini, è necessario che vi siano pastori a ciò ordinati nelle Chiese, per insegnare al
popolo, in pubblico e in privato, la pura dottrina (nel linguaggio di
Calvino equivale a «il puro Evangelo»), per amministrare i Sacramenti e per dare a tutti il buon esempio di una vita pura e santa.
Coloro che disprezzano questa disciplina e quest ordine non oltraggiano soltanto gli uomini, ma Dio. In modo settario si staccano dalla comunione della Chiesa, che non può sussistere senza tale ministero. Ciò che il Signore ha affermato un giorno non è di poca importanza : che, cioè, quando i pastori che egli manda sono ricevuti, ricevuto lui stesso ed è lui stesso respinto, quando essi sono respinti (Matt.
10: 40; Luca 10: 16). E affinchè il loro ministero fosse incontestato, i
pastori hanno ricevuto il comandamento considerevole di legare e di
sciogliere, con la promessa collegata a tale comandamento : « Tutto
ciò che avrete legato sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che
avrete sciolto sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Matt. 18: 18). Il Cristo precisa altrove che sciogliere significa ritenere i peccati, e che legare significa rimetterli ( Giov. 20: 23). E l'Apostolo dichiara come si
scioglie, quando insegna che l'Evangelo è la « potenza di Dio per la
salvezza di chiunque crede» ( Rom. 1: 16), e come si lega, quando
insegna che gli Apostoli sono « pure pronti a punire ogni disobbedienza » (2 Cor. 10: 6). In sommario l'Evangelo è questo: siamo schiavi
del peccato e della morte, ne siamo sciolti e liberati dalla redenzione
in Gesù Cristo e coloro che non lo ricevono come redentore sono
come stretti di nuovo nei legami di una condanna anche più Sfa''®
Ricordiamoci tuttavia che l'autorità che la Scrittura attribuisce ai
pastori è interamente contenuta nei limiti del ministero della Parola;
a dir vero, infatti. Cristo non ha dato questa autorità agli uomini, ma
alla Parola di cui ha fatto servitori questi uomini.
1 ministri della Parola osino dunque tutto arditamente, per mezzo
di questa Parola di cui sono stati fatti dispensatori. Costringano tutte
le potenze, le glorie, le altezze del mondo ad abbassarsi per ubbidire
alla maestà di questa Parola; mediante questa Parola comandino a
tutti, dai più grandi ai più piccoli; edifichino la casa di Cristo, demoliscano il regno di Satana, pascano le pecore, uccidano i lupi, istruiscano
ed esortino coloro che sono docili, accusino, riprendano e convincano
coloro che sono ribelli; ma tutto mediante la Parola di Dio.
Se mai si distolgano da questa Parola per seguire i sogni e le invenzioni dei loro cervelli, non devono più essere considerati pastori :
sono piuttosto, allora, lupi pericolosi che occorre cacciare. Poiché Cristo ci ha ordinato di non ascoltare se non coloro che ci insegnano ciò
che hanno preso dalla sua Parola. CALVINO
itinerante anziché essere geograficamente localizzato come lo è ora, o
se non sia opportuno che il pastore
possa sì ricevere, come l’apostolo
Paolo, ec uno stipendio dalle Chiese »
(cfr. 2 Corinzi 11: 8), ma possa anche non riceverlo e, come lo stesso
apostolo Paolo, « lavorare con le
sue proprie mani » (cfr. 1 Corinzi
4: 12) — queste e analoghe questioni possono legittimamente essere poste e meritano di essere discusse.
Ma detto questo, crediamo di dover affermare senza la minima esitazione che il ministero pastorale,
nel suo aspetto costitutivo e fondamentale, è essenziide alla vita della
Chiesa.
^ ^
Calvino, nel brano pubblicato uni
accanto, afferma in modo perentorio che « la Chiesa non può sussistere senza tale ministero ». Per quale
motivo il ministero pastorale è cosi
essenziale alla vita della Chiesa?
Perchè una Chiesa in cui non venga
più esercitato il ministero pastorale
non può sopravvivere come Chiesa
evangelica? Perchè la Chiesa vive
unicamente della Parola di Dio predicata, udita, creduta e vissuta. E
l’aspetto costitutivo e fondamentale
del ministero pastorale è appunto il
servizio della Parola, la predicazione. Fare il pastore significa predicare. E la predicazione, che è essa
stessa Parola di Dio (come ha affermato la Riforma), *è essenziale alla
vita della Chiesa, così come il sangue è essenziale alla vita deU’organismo umano. La Chiesa può al limite fare a meno di tutto, tranne
che della predicazione. Senza predicazione la Chiesa non vive e neppure esiste. Senza predicazione non
c’è Chiesa nel senso evangelico del
termine. Ora è vero che la predicazione può e deve avvenire in modi
diversi e non ridursi alla sola predicazione pastorale. Ma è altrettanto
vero che il ministero pastorale è uno
dei modi specifici e qualificati in
cui si esercita nella Chiesa la funzione della predicazione. Nella misura
in cui il ministero pastorale è questo (e non può nè deve essere altro),
riteniamo che il ministero pastorale
non sia facoltativo, ma costitutivo
della Chiesa. In questo senso, una
Chiesa senza pastori è, a nostro avviso, evangelicamente inconcepibile.
^
In realtà, dietro reventualità di
una Chiesa senza pastori se ne profila un’altra, assai più grave e addirittura mortale: quella di una Chiesa che ha perso o sta perdendo il
senso della sua dipendenza dalla
Parola di Dio, una Chiesa che ritiene di generare essa stessa la Parola
anziché esserne generata, una Chiesa in larga misura autonoma e autosufficiente: ma una Chiesa di questo
genere non è più una Chiesa evangelica, è in fondo, malgrado tutte
le apparenze contrarie, una Chiesa
di tipo cattolico-romano!
Per questo motivo, la prospettiva
di una Chiesa senza pastori non ci
alletta, al contrario ci inquieta. Non
ravvisiamo in essa il sintomo di una
« Chiesa diventata adulta » ma piuttosto il segno di una Chiesa che,
forse inconsciamente, si sta rendendo indipendente dalla Parola.
In conclusione, crediamo che non
ci si debba adattare all’idea di una
Chiesa senza pastori e che non si
debba recedere dalla preghiera e
dalla speranza die sorgano dalle nostre comunità e ci siano dati da Colui che solo può e sa dare molti predicatori e, fra questi, anche molti
pastori, perchè la fede vien dall’udire, ma « come udiranno se non
v’è chi predica? » (Romani 10: 14).
Paolo Ricca
[’ecumenismo sta perdendo
la sua carica profetica
Riducendosi a un sistema di relazioni sempre più compite fra istituzioni ecclesiastiche, la passione ecumenica centrata sul Signore pare largamente scadere a convergenza pragmatica e utilitaria — Primo : « fare insieme » ; e si
ritorna indietro di decenni : dove si attenua la voce dello Spirito, riappare la
vecchia legge del « nulla di nuovo sotto il sole » — Ma non vogliamo arrenderci alla 'situazione' : per questo protestiamo, e la nostra protesta non è
scettica.
Forse parecchi lettori sono rimasti sconcertati, nel leggere nel numero scorso un
condensato, senza commenti, di una corrispondenza da Heraklion delTagenzia-stampa del C.E.C., sui lavori del Comitato centrale del C.E.C. sulle relazioni con la
Chiesa romana e in particolare sul rapporto del Gruppo misto di lavoro C.E.C.Vaticano, rapporto che è stato approvato
alT unanimità. Sono rimasto sconcertato
anch'io.
Le personalità direttive del C.E.C. sembrano avere ormai imboccato con decisione
la via della collaborazione con Roma, accantonando la vera questione ecumenica; il
fare insieme prevale una volta ancora sull’essere insieme nella fede; ma la passione
ecumenica è scaduta a convergenza pragmatica e utilitaria, la si avvolga fin che si vuole in nubi d’incenso.
Il rapporto del Gruppo misto sarà reso
prossimamente di pubblica ragione, dopo
l’approvazione pontificia e quella del C.E.C.,
nello scorso agosto. Non possiamo quindi
ancora valutarne con precisione il testo, se
non attraverso gli stralci dei servizi stampa.
Tuttavia, com’è possibile, in particolare
per dei protestanti, « collaborare nella preparazione del programma del III Congresso
mondiale dell’apostolato laico » cattolico,
che si terrà a Roma nel prossimo ottobre,
quando i documenti conciliari hanno chiarito in modo inequivocabile come Roma
intenda questa « promozione laica » e quale pregi ainma di (neo-)clerizzazione del
mondo vi stia dietro?
Sempre sulla base dei testi, non pone
problemi seri un’azione comune sempre più
sviluppata nelle questioni sociali e politiche, nei programmi di sviluppo, nella lotta
per la libertà di coscienza? Davvero si crede che le posizioni, in tutti questi campi,
giungano a collimare? Se molte Chiese del
Consiglio ecumenico non sembrano considerare con la dovuta chiarezza il rapporto
fra l’azione e i fondamenti dogmatici, di
fede, non si può certo rimproverare di questa carenza la Chiesa di Roma, che al contrario persegue con eccezionale, anche se
duttile coerenza la sua linea nel mutare
delle situazioni. E poiché — penso si possa ancora dirlo — il dissenso sui fondamen
te/ monastero ortodosso Panagia Palliani, nei pressi di
Heraklion, celebrazione dell'assunzione della vergine Maria, il 15 agosto, con
partecipazione dei
membri del comitato
centrale del C.E.C.
Un ecumenismo autentico implica forse
tale partecipazione a
culti inacettabili per
molte chiese? Il dolere d' ospitalità
giunge necessariamente a tanto?
(foto C.E.C.)
ti permane, non sarebbe giusto essere più
cauti nel fare e più chiari nel dire? Perchè
far credere, dentro e fuori le Chiese, che sul
piano pratico, in molti settori, il fronte
unico è possibile? Indubbiamente, certe iniziative sono parallele e vi sono, specie a
livello locale, possibilità di azione comune; ma nella misura in cui, almeno noi protestanti. terremo ben presente il carattere
laico della nostra azione ecclesiastica, saremo inassimilabili al programmo della
consecratio mundi: a queste condizioni la
collaborazione è possibile, ma c’è da chiederci se l’istituzione romana la vorrà... Si
tratta comunque di compiti secondari per
la Chiesa, e non devono essere fatti passare
per primari.
Dire che a proposito della libertà religiosa, « i testi delle due parti offrono base
sufficiente a una reciproca comprensione e
rendono possibile un’azione comune ove si
presentano problemi pratici » mi pare molto
contestabile, convinto come sono che le
« aperture » romane in proposito ■— del resto piuttosto teoriche (quale cattolico italiano, ad esempio, si è dissociato dal verdetto della Cassazione contro il past. Giudici, condannato per vilipendio?) — sono
dettate più dalla situazione che da intima conversione e che, salvo indubbie eccezioni personali, la Chiesa di Roma appare sensibile a questo problema ora che
(e là dove) la sua libertà è contestata.
Sui matrimoni misti — il solo tema sul
tappeto con uno sfondo dogmatico chiaro —
anche al C.E.C. tutti riconoscono che. almeno per ciò che riguarda i rapporti cattolici-protestanti, ci troviamo di fronte a
un (inevitabile?) nulla di nuovo.
E allora perchè, in una conferenza stampa — se è stata correttamente riferita dal
servizio-stampa del C.E.C. — il past. Lukas
Vischer, segretario del dipartimento teologico del C.E.C., dichiara che il confluire di
Roma nel C.E.C. « resta ipotetico » trattandosi di « due entità diverse » dal punto di
vista strutturale, quasi che il problema fosse
quello di relazioni orizzontali fra istituzioni ecclesiastiche, anziché quello verticale
CONTINUA
IN SESTA PAGINA
ECHI DEL COMITATO CENTRALE DEL CEC. A HERAKLION
le Chiese e le (piestioni internazionali
VIETNAM
In merito alla guerra del Vietnam, il
past. Nolde, direttore della Commissione
delle Chiese ner gli Affari Internazionali
(C.C.A.I.), ha' fatto notare che la situazione, lungi dal migliorare, peggiora.
« L'escalation continua, le sofferenze dei
popolo vietnamita si accrescono e il rischio di una terza guerra mondiale piana
come una nube minacciosa sali umanità y.
Ricordando le dichiarazioni fatte dal Comitato esecutivo a Windsor nel febbraio
"67 e dal Comitato esecutivo della CCAI
a Ginevra, al principio di agosto, il past.
Nolde ha sottolineato la necessità che
continuino le pressioni per far cessare le
ostilità e perchè si aprano negoziati.
Il Comitato centrale ha vetato questa dichiarazione sul conflitto vietnamita;
Il CEC, attraverso il suo Comitato centrale e quello esecutivo, come pure la CCAI,
ha ripetutamente messo l accento sulla viva
preoccupazione dei cristiani in merito al
conflitto nel Vietnam. Ha proposto misure
che potrebbero contribuire all apertura di
negoziati e alla ricerca di una maggiore giustizia per il popolo vietnamita nella congiuntura mondiale. Siamo desolati che tali mi.
sure non siano state prese, ma non perdiamo la speranza che lo siano.
La situazione attuale è evoluta hi modo
tale da comportare pericoli maggiori, ma anche migliori prospettive. L indurirsi delle
posizioni e la prosecuzione de/rescalation militare aprono prospettive orribili, senza limiti. Tuttavia mutamenti nella situazione
politica, nel Vietnam (si era prima delle
discutibilissime ’elezioni’ .sudvietnamite •
n.d.r.) e. altrove, potrebbero offrire nuove
possibiìità di negoziati. L imminenza dei pericolo e le possibilità attuali si sommano nei
mettere in eindenza la necessità urgente di
un'azione immediata.
Approviamo quindi totalmente la dichiara,
zinne del Comitato esecutivo, riunito a Windsor nel febbraio 1967, e attiriamo partico.
larmenle Taltenzione su questi punii di quella d'chiaraz’one. i quali enumerano alcune
CONTINUA
IN QUARTA PAGINA
2
pa..
N. 37 — 22 settembre 1967
Tirarsi indietro
Se vuoi essere perfetto, va, vendi ciò che hai e dàllo
ai poveri, ed avrai un tesoro nei cieli: poi vieni e segnimi. (Matteo 19: 16-30)
Non è una predica rivolta ai ricchi. I poveri stessi (i discepoli)
capiscono che entrare nel Regno dei cieli è una impossibilità per
tutti. Anche per il cielo esistono ricchi-poveri che v’entrano e poveri-ricchi che non entrano. Ma non si difenda i ricchi; le ingiustizie
sociali sono troppo evidenti! Basti ricordare che la ricchezza e la
povertà non sono condizioni per il Regno. Sono sintomi di una scelta. Alla religiosità danarosa si allinea tjuella ancor più avvilente del
lasciare per prendere: «Che ne avremo dunque? ».
L’avidità del possesso estranea dall’evangelo. E’ una verità affermata da Gesù : « Una cosa ti manca » (Marco). E’ una cosa che
vale una vita. Dare se stesso ai poveri, seguire Cristo, diventare povero; scegliere tra il gusto di vivere e il gusto di morire. L’essenza
del messaggio dell’evangelo: morire per vivere. La vita di Gesù la si
capisce solo così. Seguirlo vuol dire seguire la stessa strada, la strada della croce.
Tutto questo è astratto? C’è qualcosa che si può « fare »? Servire richiede tempo e dedizione, ma lascia se stessi forse un po’ più
soddisfatti. Seguire Cristo richiede amore e non lascia se stessi soddisfatti; l’amore crea, l’amore cambia. Questo giovane era pronto a
fare qualcosa di buono, ma era vero che non era pronto a niente. Si
capisce, è stato detto, bisogna sapere cos’è il bene. Bisogna sapere
che non esiste nessun bene in sè. Il bene sta in quel che Dio vuole.
Per Gesù c’è solo un bene: quello perfetto.
Il fatto è che a decidere è il cuore. Quando è aperto a Cristo,
muore al resto. Quando è aperto al resto, muore a Cristo. Quando è
aperto a tutt’e due allora è l’inferno. Qualunque sia la decisione, si
tratta <.i una scelta che produce dolore. L’una, seguita dalla gioia
di una vita ritrovata; Taltra, dal rimpianto di una vita perduta. Il
Regno dei cieli è veramente come il lievito: crea fermento.
Michele Sinigaglia
SPIGOLANDO NEU.A STAMPA
Echi della settimana
■A II prof. George Kline del Bryn Mawr
College. U.S.A.. ha tenuto, il 13 corr. una
conferenza dal titolo: « Gli intellettuali russi ed alcuni dei fermenti che li agitano »,
al convegno indetto del « Centro di ricerche
e di studio delle istituzioni religiose » nei
locali dell’Y.M.C.A. a Versoix, presso
Ginevra.
Che grintellettuali russi, particolarmente
in gruppi ristreiti composti di artisti, di
scrittori e di scienziati più o meno indipendenti, comincino a risentire l’azione profonda di certi « fermenti » innovatori, è cosa
ben nota e del resto evidente da mille segni. Tutta la stampa dell’occidenite, anche
la più seria e più obiettiva, ne dà da molto
tempo precise e dettagliate notizie. Ma di
che natura sono questi fermenti? Il Kline,
nel folto del marxismo-leninismo ortodosso
e dello scientismo (ideologie dominanti, che
egli non esita a chiamare « pseudoreligioni
secolari» ), vede affiorare tre nuove tendenze e le caratterizza come segue.
1) Tendenza antiscientistica, cioè contraria alla scienza e alla tecnologia, o meglio alla cultura prevalentemente informativa e tecnicamente specializzata (1). Questa
tendenza, che nella stampa sovietica non è
ancora neppure affiorata, avrebbe la sua lontana origine nel pensiero di Leontiev (2) e
di Tolstoi e sarebbe stata espressa chiaramente da Siniavski (3), in una sua recente
opera, Mysli vrasplokh, con l’affermazione :
« La massa delle nostre conoscenze e delle
nostre informazioni, è enorme; essa ci
schiaccia, ma noi siamo rimasti pressappoco
gli stessi ».
2) Tendenza esistenzialistica per la
quale sarebbe in uso persino un termine
indicativo e cioè la parola greca psyché,
che significa anima, ma anche farfalla. Tale uso alluderebbe alla fragilità ed alla caducità dell’anima umana, simili appunto a
quella della farfalla.
iiiimiiiiiNiiiiiiiiiiiM
iiiiiiinniiimitiiiiiiimiimiiniin
miiiiiuiiiiiiiiiiiuiliiliiiiiiimiiiMi
iiiiiiiiiiiiiii 'imiiimiitiiminiiMimiiiin
la €:hi<
Verso i surrogati della vocazione pastorale
Una prova della confusione delle idee, e
dei fatti, a cui si può arrivare quando una
certa riflessione teologica non risulta più saviamente guidata dalla Rivelazione, da un
lato, e dalla disciplina filologica, dalFaltro,
è offerta da un recentissimo articolo, pubblicato su un settimanale evangelico, e nel
quale si parla delFcsamc di fede che il Corpo pastorale della Chiesa Valdese fa sostenere ai candidati al ministerio pastorale.
L’articolo non è firmato. Non oserei dire
per questo che esso sia redazionale; ma l’assenza di una firma lascia supporre che la
Redazione ne condivida, almeno in parte,
il contenuto. La confusione delle idee non
ne viene certamente sminuita.
Ma vediamo che cosa vi si dice.
L’articolista sostiene che il momento storico in cui la Chiesa Valdese senti ü bisogno di consacrare essa stessa i suoi pastori
avvenne nel bel mezzo « del trapasso dalla
teologia illuminata alla teologia del risveglio ». E perciò, prosegue l’articolista, essa
istituì l’esame di fede, e questo per un duplice ordine di motivi :
1. perchè la Chiesa volle accertarsi di
una solida preparazione teologica dei suoi
pastori,
2. e perchè volle anche accertarsi della
loro « fede » personale (le virgolette alla parola fede sono dell’articolista).
Detto questo, l’articolista conclude : « Oggi le cose sono cambiate e l’esame di fede
non ha più esattamente le stesse motivazioni ».
Ci domandiamo : che cosa vuole dimostrare quella esposizione?
E’ semplice. Essa dimostra unicamente
una grande confusione nei termini (e forse
anche nelle idee). Infatti, altra cosa è l’esame di fede, ed altra cosa la consacrazione.
Sebbene Tuno preceda l’altra e sia, in un
certo senso, la premessa dell’altra, non è affatto vero, invece, che il « post hoc » sia
« propter hoc ». La cosa appare evidente
quando si pensi che, in certi casi, il Corpo
pastorale valdese ha consacrato dei candidati
(in vista dell'opera missionaria d'oltremare,
per esempio) che non avevano subito davanti ad esso l'esame della loro fede; ed è altrettanto evidente che un esame di fede possa non essere seguito dalla consacrazione.
Ad esempio, nell’intervallo tra le due guerre mondiali, ci fu un tempo in cui gli organi amministrativi della Chiesa Valdese
non ritennero di poter procedere alla consacrazione pastorale; ma nulla ostava assolutamente che i candidati si presentassero alla
prova finale di predicazione ed aU’esarae di
fede pur con Tavvertenza che essi non sarebbero stati consacrati. Nè vale l'obbiezione che predicazione, esame dì fede e consacrazione, siano — come sono in effetto —
i tre gradini che il giovane, ormai in possesso del diploma teologico, deve superare per passare dall'« iter » scolastico alr« iter » pastorale. Lo stesso esame di fede,
nella sua forma più semplice, non è più un
esame a livello universitario, ma una esposizione delle proprie convinzioni religiose. Il
Corpo pastorale ha sempre saputo che sarebbe un'eventualità estremamente discutìbile
(per non dir ridìcola) quella di voler ad un
certo punto impuntarsi a persuadere diversamente il giovane che si è pronunciato secondo un .suo determinato convincimento
interiore, sui temi che gli sono stati presentati. Lo stesso dicasi per la prova finale
di predicazione : il candidato non presenta
un sermone da discutere ed eventualmente
da modificare. Sul testo datogli una settimana prima, egli presenta il sermone che
ritiene di dovere in coscienza presentare; si può asserire che egli presenta quello
che — sia pure attraverso la sua giovanile
inesperienza — considera un campione di
tutta la sua futura predicazione, tanto dal
punto di vista formale ed omiletico che dal
punto di vista dell’oggetto stesso della sua
predicazione. E la delegazione del Corpo
pastorale, che è presente, ne prende atto, lo
approva o lo disapprova; ma quest’è tutto.
Lo stesso dicasi di una piccola cerimonia,
che spesso viene tenuta in una scarsa considerazione, e che tuttavia è, anch’essa, di
estrema importanza : la firma, da parte del
candidato, della Confessione ufficiale della
fede della Chiesa. Il candidato la sottoscrive come sottoscriverebbe una cambiale (qualche volta, comico a dirsi, è una cambiale in
bianco, perchè il candidato, nell’intimo del
suo cuore, non è intimamente persuaso di
taluni articoli, più o meno ottimistici, del
Credo della Chiesa valdese! Ma, pro bono
pacis, e forse con una puntina di rimorso —
o di ipocrisia?! — egli firma, e « tout est
bien qui finii bien »).
Ma torniamo all’articolo che ha destato la
nostra sorpresa. Se lo abbiamo capito bene,
il suo autore sembra affermare che quei due
motivi sopra esposti sono ora caduti in disuso. Ci permettiamo di non essere d’accordo
con luì, anche se oggi, forse, essi non abbiano più generalmente quel che si dice una
buona stampa.
Intanto, tutti sappiamo che, nel passato,
qualche esame di fede ha dato luogo ad una
sospensione dell'ex iter » per la consacrazione.
Motivo : le dichiarazioni del candidato non
erano, diremo così, rassicuranti: odoravano
di eresia. Di eresia non valdese, evidentemente. Qui, a dire il vero, sembra che l’articolista preferisca una... maggior larghezza
di maniche. Noi diciamo addirittura che sarebbe invece bene, le maniche, di stringerle
un po’ di più. E valga il vero : quanti pastori hanno iniziato la loro carriera nella
Chiesa Valdese avendo la fede completa descritta nel Credo della Chiesa Valdese? Non
abbiamo visto, forse, dei pastori « spirituali »
(o « spiritualisti » ed « evoluzionisti »), battisti (sia pure a ragion veduta, d’accordo,
ma non in accordo con il Credo che avevano sottoscritto), modernisti (non è senza significato che proprio quest'anno una domanda dell'esame di fede riguardasse la Resurrezione, il miracolo per eccellenza, ma
non da lutti i teologi creduto), o semplicemente contrari agli « evangeli dell’infanzia » (anche qui sì può discutere, d’accordo;
resta però il fatto che un pastore valdese non
dovrebbe avere delle idee teologiche personali. ma le idee teologiche della chiesa alla
quale appartiene)?
Diciamo dunque che la Chiesa, attraverso il Corpo dei suoi pastori, ha il diritto
che è un dovere — di accertarsi della retta
fede dei suoi pastori. Diremo di più: un
accertamento analogo dovrebbe farsi anche,
sia pure con le dovute cautele, ogni venti
anni o giù dì li. ai ministri in ruolo! Ne
contesti la utilità, chi ne ha il coraggio!
Ma quello che sembra più ostico all'aulotore dell articolo sopra citato, è che il candidato al ministerio pastorale debba e possa parlare della sua fede personale. L'articolista vi vede, indubbiamente, un « troppo
umano » che, secondo lui. è fuori luogo. Difatti, poche righe più in là egli parla dell'esame di fede — rinnovalo e à la page con
le esigenze teologiche d'oggi — come di una
occasione di gioia e di riconoscenza nel vedere la grazia di Dio farsi le sue scelte, ecc.
Ora. questo è bello — ed è anche vero.
Siamo troppo portati a far centro sull’uomo,
su quel che l’uomo può, sente, esprime,
sperimenta. Siamo ancora troppo legati, appunto, alla teologia dell’esperienza, la quale
dovrebbe appunto valere come preludio, come « prolegomenon » alla fede (l’esperienza
del peccatore; sì vedano i classici catechismi
della Riforma); ' ma valere assai meno come
esperienza della nostra santificazione. In
quest ultimo campo^„ non bisognerebbe mai
dimenticare che la santità è uno stato di gra.
zia, e che perciò le sue conqotazioni sono
inaspettate, impensate, extrasensoriali, e in
certo modo indescrivibili. Coloro che si lasciano andare a descrivere minutamente il
loro « stato di grazia », danno la sensazione
di essere degli eccellenti anatomisti; ma le
loro descrizioni non sanno sempre cogliere lo
spirito che è nel profondo di una tale condizione interiore.
Detto questo, sarebbe bene chiarire se
l’esame di fede debba, per essere « attuale »,
ridursi oggi — come sembra volersi auspicare nell’articolo sopra citato — ad una
adunanza di ringraziamento a Dio; o se non
debba piuttosto rimanere un punto fermo
della fede creduta e confessata, un momento
decisivo in cui veramente il candidato al
ministerio pastorale esprime sè stesso, in tut.
ta sincerità, davanti a coloro che gli saranno
un giorno colleghi, per dire loro : io so in
chi ho creduto.
Se citiamo queste parole dell'apostolo Paolo, è appunto perchè nella Chiesa primitiva
l'esame di fede esisteva. Certo, esisteva per
i pagani che volevano diventar cristiani;
non sembra che esistesse una cerimonia analoga per i pastori, dottori, evangelisti, ecc.
Bisogna però aggiungere che, a quei tempi,
il trapasso dal « fedele » al « ministro »
era assai meno lungo nel tempo, ed implicava — ovviamente — una quantità assai
minore di « pericoli » teologici : la storia
CONTINUA
IN QUINTA PAGINA
(1) Abbiamo potuto personalmente constatare, a Mosca, quale sviluppo abbia la cultura universitaria nel campo delle scienze
matematiche, fisiche e naturali, ben superiore a quello delle materie umanistico-letterarie.
(2) Costantino Nicolaevic Leontiev, n. nel
1831 a Kadinovo, m. nel 1891 a Optina
presso Mosca. Scrittore tormentato e travagliato da una vita avventurosa e infelice,
fini come monaco nel monastero di S. Sergio.
(3) Andrei Donatovich Singavsky, n. nel
1925 a Mosca, ha scritto numerose opere sia
in URSS, sia, con lo pseudonimo Abram
Tertz, in paesi dell'Occidente. E’ celebre per
aver subito, insieme con Yreli Markovich
Daniel, un processo da parte della Corte Suprema deirURSS, sotto l’accusa di propaganda antisovietica. Dopo la sentenza (14.2.
1966), è stato messo al confino, ove si trova tuttora.
(4) La fortuna di Teilhard de Chardin nel
rURSS non è una novità. Ne « Le Monde »
del 6-7.11.66, B. Féron già recensiva un
lungo articolo pubblicato, sull’argomento, da
Youri Levada nella rivista sovietica « Scienza e Religione » (che ha il compito dì propagandare l’ateismo nel popolo). « Noi altri
atei e materialisti convinti — dice il Levada — possiamo leggere le opere di Teilhard
con interesse. Noi dobbiamo comprendere il
segreto della sua influenza sulla parte progressista del mondo intellettuale occidentale
(...) E giunto il momento d'apprezzare giustamente quest uomo grande e complesso
(...) che cerca dolorosamente le vie d'un migliore avvenire, mantenendosi fedele al proprio Dio ». Il primo contatto col pensiero di
Teilhard sembra sia dovuto alla visita in
URSS di alcuni comunisti stranieri, fra i
quali il Garandy. T. Viola
•miimitMiiiiiiiiKimititiiiiiimtiiiiiiiiii
Le
e la
New York (reforme) — « Cessate i bombardamenti nel Vietnam, negoziate, anche
con i vietcong, ponete fine a questa guerra »
— questo, in sostanza, il contenuto del messaggio che quattro alti prelati americani
hanno rivolto al governo del loro paese. Si
tratta di P, J. HaJlinan arcivescovo di Atlanta. di J.' J. Dougherly vescovo ausiliare del
New Jersey e presidente della Commissione
episcopale americana per la giustizia e la
pace mondiali, di J. P. Shannon vescovo di
St. Paul (Minnesota) e di V. J. Reed vescovo di Oklahoma City.
Queste quattro personalità hanno pure annunciato che appoggiavano il movimento
NegociatiOìi now (negoziali subito!) recentemente crealo a New York c che, approvalo
da Marlin Luther King, ha lanciato una
campagna perchè vengano avviali negoziati
con Hanoi.
Dopo le dichiarazioni belliciste del card.
Spellman. vescovo di New York, regnava il
disagio in seno aH'alta gerarchia cattolica
americana, che rimaneva silenziosa malgrado gli appelli reiterati di Paolo VI in favo
titolo individuale.
re della pace. Tuttavia ¡
numerosi preti cattolici avevano già preso
posizione condannando la politica vietnamita
del presidente Johnson. Il fallo spettacolare
che quattro vescovi si sono dichiarati sulla
medesima linea potrebbe dunque apparire
come un fatlore decisivo ncH'evoluzione dell'opinione pubblica negli USA.
L Aja (reforme) - « yl causa della loro
azione nel Vietnam gli Stali Uniti stanno
perdendo la fiducia che molle nazioni hanno riposto in loro » ha dichiarato il Sinodo
generale della Chiesa riformata d'Olanda in
una lettera che ha invialo al Consiglio nazionale delle Chiese negli USA (il Sinodo
si è riunito a fine giugno, ma la lettera è
stata resa di pubblica ragione solo recentemente).
« Le ostilità nel Vielnam hanno raggiunto proporzioni tali che lo scopo perseguito
dal governo degli Stati Uniti — Varresto
delVinflaenza comunista e la costituzione di
un regime democratico nel Vietnam — seniòro allontanarsi sempre più. La nazione con
ieri
¡foggi
3) La terza tendenza sarebbe la più
accentuata e più diffusa, sia perchè mediatrice fra la prima delle suddette e il marxismo-leninismo e lo scientismo, sia perchè
(in qualche modo) conglobante la seconda.
Tale tendenza si riferirebbe esplicitamente
al pensiero di Teilhard de Chardin, facendo proprio uno degli aforismi più famosi di
questo teologo francese : « Lo spirito è lo
stato più elevato delia materia » (4). La terza tendenza può pertanto qualificarsi come
evoluzionista.
Il « Journal de Genève » (del 14-9). da
cui sono tratte queste notizie, così commenta :
« Implicitamente o potenzialmente, queste tre tendenze sono d’ordine religioso, intendendosi questa parola nel senso più largo includente nozioni sia di teismo filosofico. sia perfino di panteismo. A tali conclusioni sarebbe certo giunto lo stesso Teilhard de Chardin, che scrisse: "La religione
e la scienza sono i due volti dell’atto completo di conoscenza". Più difficile diventa
una valutazione dell’importanza, individuale o congiunta, delle tre tendenze nella vita
culturale e intellettuale sovietica. Soltanto
l’avvenire dirà se si tratta di fenomeni isolati, oppure d’una sorprendente trasformazione degenerativa del marxismo - leninismo ».
-A Tutto ciò presenta singolari analogie con alcune affermazioni fatte al recente
congresso del Consiglio Ecumenico delle
Chiese ad Eraklion, Grecia (agosio ’67) dal
prof. Hromadka della Facoltà di teologia
Cameni US di Praga);
« Noi dobbiamo ascoltare ciò che ci dicono i non-cristiani. È interessante esaminare la nuova situazione che s’è delineata,
nel mio paese, da qualche anno. In principio, i marxisti erano soltanto preoccupati
di costruire una società nuova, e non facevano alcuna attenzione agli uomini. Noi
li avevamo avvertiti: "non dimenticate gii
uomini; quali saranno gli uomini che vivranno nella nuova società?". Essi pensavano che fosse sufficiente cambiare le strutture sociali, per cambiare la natura delTuomo. Vent’annì dopo, essi hanno capito
che i problemi dell’uomo non erano risolti.
Oggi, nessun marxista che riflette direbbe
che la trasformazione della società sia sufficiente a trasformare gli uomini. È interessante constatare che i nostri marxisti capiscono oggi il problema della trascendenza
e parlano del mistero dell’uomo. L’uomo
non si spiega con la scienza e con la tecnica. Noi cristiani dobbiamo affrontare tali questioni insieme coi veri marxisti... ».
•)
Un pellp|rinaggio protestante !
Siamo ormai abituati ai « pellegrinaggi »
0 alle « visite di cortesia» fatte anche da
certi esponenti e gruppi protestanti al pontefice romano.
Son cose che ci riesce difficile comprendere e che ci è impossibile approvare.
Ma la smania di vedere il Papa non è
solo dì oggi, è anche di ieri. Ecco come un
protestante italiano dei secolo scorso commentava una di queste visite. Il suo commento specialmente Tnltima parte —
vale anche per il nostro tempo.
Non abbiamo trascurato di notare,
in queste colonne, le conferenze convocate per iniziativa del Dott. Lunn
a Grindelwald, neH’estate scorsa, allo
scopo di studiare i mezzi atti a stringere in un fascio le Chiese protestanti
Ora il medesimo Dott. Lunn annunzia nella Review of Churches, e i giornali ripetono, che nella prossima pri
mavera egli capitanerà un pellegrinaggio tutto di protestanti inglesi a
Roma per celebrare la Pasqua in
S. Pietro.
Questa notizia, che altamente ci sorprende, ha un po’ il carattere d’ur.u
impresa finanziaria, e rassomiglia a.ssai a quei viaggi circolari, venuti alle,
moda in questi ultimi tempi, e nei
quali rimpresario vi conduce come un
branco di pecore a fare un giro in
Europa, vi alberga e vi ciba per una
somma fissa. Infatti, il costo del viaggetto proposto dal Dott. Lunn. che
durerà dal 21 marzo all’S aprile, non
supererà le 20 ghinee (550 lire nost'^^e)
tutto compreso, piroscafo, ferrovia e
alberghi di prima classe.
A Roma poi c’è da sperare di vedere
Il papa, ch’è una delle grandi rovine
dell eterna città, e si fanno pratb he
dispera di riuscire. Se
il Dott. Lunn e i suoi accoliti vogliono
poter giungere senza inciampo, anzi
per la scala regia, ai piedi del sedicante successor di Pietro, si provveeeano
di « oro e argento », giacché pare abbiano lasciato indietro la virtù di Cristo. Al Vaticano, porta aperta per chi
porta!...
Corn’è possibile che dei protestsaati
che si rispettano possano desidei"are
di vedere il papa?... Che si deve pensare di codesti protestanti, o ciechi o
perfidi, i quali inchinano versai la
Chiesa Romana, e vorrebbero ri- ondurre all’idolatria dell’uomo coloro a
CUI 1 Evangelo insegna l’adorazione di
Dio in ispirito e verità? Non possiamo che deplorare il loro acciecamenin guardia i nostri ira- '
telili « Calati insensati — diremj a
ammaliati per non
ubbidire alla verità, voi ai quali Gesù
Lnsto e stato prima ritratto davanti
agli occhi? >> Ed a questi ; « State fermi
nella liberta nella quale Cristo ci ha
posti e_ non vi lasciate di nuovo poiTe
sotto li giogo della schiavitù » ( > ialati 4 :1; 5; 1).
(da Italia Evangelica, del 17 dicembre IHc2).
coMumcjm) /\.ì.c.e.
Borse di studi
È bandito per l'anno scolastico 1967-68
un concorso per numero quattro borse di
studio di L. 60.000 caduna per studenti e
studentesse evangelici di Isitituto Magi.strale che s’impegnino ad insegnare alle Valli
per almeno 5 anni.
1 candidati dovranno presentare entro il
30 settembre al M« Dosio L. Trento (anche
per posta raccomandata) in via E. Ferm;, 2
Pinerolo (To). i seguenti documenti;
L - Pagella dell’ultimo anno scolastico.
0 documento equipollente.
■ Certificato in canta libera ciel
1 agente delle imposte.
3. - Stato di famiglia in carta libera.
4. - Dichiarazione del padre che gli
altri membri della famiglia non possiedono
altri redditi.
5. - Domanda controfirmata dal padre o da chi ne fa le veci.
6. - Presentazione di un pastore o di
un insegnante evangelico.
Il Comitato Nazionale A.i.C.E.
vietnamita
tro cui la guerra 'e diretla (si pretende) i>
lentamente ma sicuramente condotta alla
rovina dalla perfezione delle armi chimiche
e convenzionali utilizzate e dalla minaccia
di annientamento dei indori sociali, culturali e spirituali.
«Se agli Stati Uniti sta veraniente a cuore il benessere del popolo vietnamita, siamo
costretti a chiederci se ha senso la continuazione della guerra ».
La lettera chiedeva inoltre agli uomini di
cliie.sa americani di definire « una base di
negoziati» ponendo fine ai hombardameiili
aerei e presentando proposte per un armistizio. Alcune personalità americane hanno già
risposlo a questo appello.
Pensiamo che il voto del Sinodo riformalo dei Paesi Bassi non abbia mancato di
esercitare la sua influenza sulla stessa politica nazionale olandese: è di pochi giorni fa
un solenne voto parlamentare, alVAja, con
cui l'Olanda, primo paese della NATO a farlo, ha espresso la propria ferma censura contro i bombardamenti americani sul Vietnam
del Nord.
3
i7
I
22 settembre 1967 — N. 37
pag. 3
Alleanza Riformata : RISVEGLIO E RINNOVAMENTO
A TEMPI NUOVI
Una nuova
teologia 7
di Hendrikus Berklinf’'
Il titolo della conferenza si presenta con un interrogativo. Perchè? Non
dovremmo, in un incontro che si occupa di rinnovamento, accogliere con
riconoscenza una nuova teologia o una
teologia rinnovata? Eppure esitiamo.
Il punto interrogativo ci serve d’avvertimento: non tutto quello che è
nuovo nel tempo è frutto di un rinnovamento suscitato dallo Spirito Santo.
L’Evangelo è sempre lo stesso eppure bisogna proclamarlo utilizzando
concetti e un vocabolario costantemente nuovi; e qui si riflette la mentalità propria di ogni epoca, mentaiità
che naturalmente non può predicare
sè stessa, ma deve servire ali’Evangelo. C’è tensione, che si esprime in
due dichiarazioni deil’apostolo Paolo :
«...Mi son fatto tutto a tutti, per salvarne in ogni caso qualcuno. Mi faccio tutto a causa dell’Evangelo, per
avervi parte anch’io» (1 Cor. 9: 22-23)
e «Se cercassi ancora di piacere agli
uomini, non sarei servitore di Cristo.
Ve lo dichiaro, fratelli : l’Evangelo che
vi è stato annunciato per mezzo mio
non è degli uomini» (Gal. 1: 10-11)
(cioè non corrisponde assolutamente
al pensiero e alla volontà dell’uomo).
Il nostro compito è di proclamare
l’Evangelo nel suo carattere al tempo
stesso insolito e liberatore, in modo
tale che lo si oda e lo si comprenda
nei quadro della mentalità odierna e
che si possa prendere una decisione
autentica pro o contro questo Evangelo. Naturalmente cediamo continuamente, anche in modo inconscio, alla
tentazione di adattare così bene
l’Evangelo alla mentalità degli uditori.
* Il lesto che riproduciamo condensa, ma
non adatta la conferenza che il professor
H. Berkhof, docente di teologia sistematica
all’Università di Leida, ha dato nel tempio
di Torre Pellice, la sera del 9 settembre.
da svuotario parzialmente della sua
sostanza, ovvero di preservarne il valore caratteristico e la « estraneità » a
un punto tale che superi la possibilità
d’intendere dell’uomo odierno.
È comprensibile che prevalga ora
runa ora l’altra di queste « soluzioni ».
Prima della prima guerra mondiale,
ci sì sforzava soprattutto di presentare l’Evangelo all’uomo pensante come
una conferma delle sue idee e un
adempimento dei suoi ideali. Dopo la
guerra, specie per la teologia dialettica, l’Evangelo era in primo luogo il
« no » dì Dio alle nostre idee e ai nostri ideali umani. Oggi, in un’epoca in
cui una prosperità crescente è nuovamente succeduta agli sconvoigimenti
della guerra e in cui contemporaneamente la secolarizzazione aumenta in
proporzioni considerevoli, si constata
presso i teologi soprattutto questa
preoccupazione: come presentare l’Evangelo ai nostri contemporanei in
modo che riconoscano che esso deve
intervenire in modo decisivo nella loro esistenza di uomini? Si comprende
che, dovunque questa domanda si è
imposta sulle altre, molti teologi non
considerino più la teologia di Kari
Barth, ad esempio, appropriata alla
nostra epoca, poiché Barth ha sempre
rifiutato di adottare come punto centrale della sua teologia l’uomo, nella
sua maggiore o minore ricettività.
La « nuova teologia » che costituisce
l’oggetto della mia esposizione, presenta una grande diversità e contrasti
notevoli ; la sua unità è data dal fatto
che, contrariamente a Barth, vuole
elaborare un sistema che abbia come
punto di partenza la situazione dell’uomo d’oggi. Altro fattore unitario:
il fatto che per questa teologia tale
situazione è totalmente secolarizzata,
l’uomo moderno è divenuto signore
deH’universo e non ha posto per un Signore che lo domini.
L’uomo cui la nuova teologia si ispira in tutti i suoi aspetti è Dietrich
Bonhoeffer (1906-1945), veramente non
tutto Bonhoeffer, ma quello che nel
1943 e 1944, nella prigione di Tegel, a
Berlino, ha steso pensieri, preghiere,
poesie pubblicati sotto il titolo « Resistenza e accettazione ». Con straordinaria perspicacia, Bonhoeffer ha previsto, nel pieno dell’oppressione nazista, l’avvento di un periodo del tutto
diverso: l’èra dell’uomo razionale, padrone dell’universo, che non ha più
bisogno di religione nè d’ideologia ; per
lui Dio ha concluso il suo compito,
fosse quello di aiuto nella distretta, di
ipotesi di lavoro o di «tappabuchi»
che permettesse di risolvere gli enigmi
della vita e del mondo rimasti insoluti; si tratti di un’esperienza interiore o di una convinzione sull’esistenza
e sul contenuto del mondo trascendente, la «religione» non trova più
posto in lui. Se la Chiesa vuol continuare ad annunciare l’Evangelo in
questi nuovi tempi, deve abbandonare il terreno della « religione » e predicare la salvezza con il linguaggio del
« mondo », come un « cristianesimo irreligioso » che ha qualcosa da dire al
mondo, all’uomo adulto alle prese con
i suoi problemi. Ecco alcune citazioni :
« Andiamo verso un'epoca totalmente irreligiosa; cosi come sono, gli uomini non
possono, semplicemente non possono più
essere religiosi; anche quelli che si dichiarano onestamente religiosi, non praticano
affatto la loro religione».
« ...Sembra che tutto, anche senza ’’Dio”,
proceda benissimo come prima. Come in
campo scientifico, pure in campo umano
’’Dio” è respinto sempre più lontano, fuori dalla vita; perde terreno ».
« Non possiamo essere onesti senza riconoscere che dobbiamo vivere nel mondo
”etsi deus non daretur” (anche se Dio non
ci fosse). Ed ecco appunto ciò che riconosciamo — davanti a Dio, che ci obbliga
lui stesso ad ammetterlo. Diventando magsiamo condotti a riconoscere la
situazione davanti a Dio. Dio
giorenni
nostra ver
Una nuova morale 7
di Josel' Hromadka
’Viviamo davvero tempi nuovi?
Com’è diverso il mondo, oggi, da come l’ho conosciuto nella mia giovinezza !
La situazione internazionale si è
modificata completamente. A partire
dalla seconda guerra mondiale, il centro di gravità delle forze e dell’autorità internazionale si è spostato.
Nuove strutture sociali sono entrate in competizione con quelle antiche ;
i popoli sottoposti al dominio coloniale prendono nelle proprie mani il loro
destino; nel corso delle ultime decadi il progresso scientifico e le invenzioni tecniche hanno modificato l’atmosfera della vita sociale e personale ;
la sicurezza e la stabilità politiche sono impensabili negli anni che vengono; tutto ciò incide sulla vita spirituale e morale in modo tale che i criteri, le norme, le regole di un tempo
sono diventati caduchi. Che cos’è bene? che cos’è male? Che cosa dobbiamo serbare e di che cosa possiamo disfarci, in quanto superato?
>1: * *
Lottiamo insieme per il presente e
per il futuro della razza umana. Dobbiamo agire sullo sfondo degli sconvolgimenti storici degli ultimi anni e della dissoluzione dell’ordine sociale tradizionale. Tutti noi, siamo o no_ cristiani, ci troviamo da un lato sull’orlo
di una nuova catastrofe e dall’altro
davanti al compito schiacciante di
fronteggiare la storia e di incoraggiare
l’umanità a costruire con speranza
strutture più solide. Non si tratta di
una discussione accademica nè di uno
scambio di parole spirituali, nè di una
rappresentazione teatrale che offriremo per distrarre o divertire il pubblico. Si tratta di una lotta molto seria,
condotta da uomini che cercano di
incontrare e di ascoltare altri uomini,
che pensano in modo diverso, in nome di una convinzione profonda e di
una franca apertura agli altri.
Cercherò di presentare sotto forma
di tesi alcune affermazioni che mi
paiono di importanza particolare:
I. - Il cristiano non vive di un elevato ideale spirituale, di idee teoriche
0 etiche; vive dell’azione di Dio nella
storia. Aggiungerei solo una cosa : la
Rivelazione che ci trasmettono l’Antico e il Nuovo Testamento è un insieme di avvenimenti, una storia fra Dio
e l’uomo, fra Dio e il suo popolo ; ma
non si può capovolgere la frase e dire :
la storia è la rivelazione di Dio. Non
per nulla la maggior parte dei maggiori testimoni della fede biblica hanno
sottolineato questo fatto. Si può affermare che il messaggio e la tradizione
biblici hanno dischiuso l’accesso al
senso della storia in tutte le sue dimensioni, passate, presenti, future.
II. - Il credente è circondato da
ogni parte dalla storia e la prende sul
serio. Questa presa sul serio della storia implica del resto una liberazione
dalla tirannia della storia. È la dialettica e il paradosso della comprensione biblica della tradizione storica,
della continuità e della dinamica: e
obbliga il cristiano non solo a riflettere sul senso della storia, ma a meditare sul Signore della storia; egli
deve allora riflettere sulle leggi e sulle
forze profonde, sulle realtà della storia, non per assoggettarsi alla sua causalità, ma per giungere alla vera sorgente della responsabilità e della libera decisione. Il cristiano è pronto,
anzi tenuto a riconoscere, prendendole sul serio, tutte le realtà, tutte le ricerche e tutte le leggi del passato e
del presente. Non si tratta di una fuga dinanzi alla ricerca scientifica sui
fatti storici; al contrario, si tratta
della verità, di uno sforzo per raggiungere la realtà, e si devono accettare con
riconoscenza tutti i mezzi per conoscere la verità e ricercare la realtà. Ma
rimane sempre aperto il problema del
fine e del senso dominante della storia. A questo riguardo dobbiamo ascoltare colui che la pensa diversamente
da noi per cercare di comprenderlo. Il
Dio di verità, nel suo amore e nella
sua misericordia sovrani, ci sottopone
al suo giudizio; ci apre gli occhi affinchè vediamo tutte le colpe, tutti i crimini, tutte le carenze dei cristiani; ci
fa pure vedere tutte le speranze, gli
atti, i successi di coloro che non credono in Lui e che talvolta, nella loro
lotta contro la corrotta società cristiana, si trovano purtuttavia dalla
Sua parte, ’ifiene quindi escluso ogni
modo primitivo di comprendere la
storia e si aprono a noi le dimensioni più profonde delle epoche storiche.
III. - Da quanto abbiamo detto,
risulta evidente che il cristiano non è
soggetto ad alcun dogmatismo e che
ascolta attentamente colui che la pensa diversamente da lui. Non è stato
sempre cosil. Si è spesso tentato di interpretare in malam partem ciò che
diceva il non cristiano o l’eretico. Ma
ciò contraddice l’intenzione profonda
della concezione biblica della storia. I
profeti erano molto più severi nei confronti del popolo d’Israele « ufficiale »
che nei confronti degli stranieri. E
non è un caso che l’uomo del peccato
prenda posto nel Tempio di Dio,
com’è detto in 2 Tess. 2: 3-4. « Corruptio optimi pessima », la corruzione
del migliore è la peggiore : è cosa che
non cessa di riprodursi nella storia.
Il dovere della fede autentica è quello
di esporsi essa stessa alla critica più
severa e di comprendere gli uomini
che pensano diversamente nelle loro
migliori motivazioni profonde.
reth, nel quale è stata rivelata la pienezza dell’amore di Dio e della sua
giustizia misericordiosa, ha gli occhi
aperti sull’uomo concreto, qualunque
sia la sua fede o mancanza di fede,
lo libera da ogni fatalismo e da ogni
rassegnazione e dirige il lavoro che
egli compie a beneficio della comunità
presente e futura, in cui tutte le differenze fra gli uomini saranno superate
e in cui le condizioni della giustizia,
deH’uguagiianza e della fraternità saranno riunite. Là il cristiano incontra
colui che pensa diversamente da lui,
magari l’ateo militante che lotta per
l’avvenire dell’umanità; si sottopone
alla sua critica, ma al tempo stesso,
con assoluta certezza, lotta per un si
CONTINUA
IN SESTA PAGINA
ci fa sapere che dobbiamo vivere come
uomini che riescono a vivere senza Dio. 11
Dio che è con noi è colui che ci abbandona (Marco 15; 34)1 II Dio che ci lascia vivere nel mondo senza l’ipoiesi di lavoro
’’Dio”, è colui dinanzi a cui noi siamo sempre. Davanti a Dio e con Dio, viviamo senza Dio. Dio si lascia sloggiare dal mondo e
inchiodare sulla croce. Dio è impotente e
debole nel mondo e solo così è con noi e
ci aiuta ».
Già da queste citazioni appare evidente che i pensieri di Bonhoeffer seguono con la stessa serietà e la stessa
intensità due direzioni diverse. Da un
lato, egli descrive con una certa gioia
e una certa ammirazione l’uomo « secolarizzato », con cui si sente pienamente solidale ; dall’altra confessa Dio
che si drizza perpendicolarmente su
questa terra affrancatasi e che non
può che formare una croce con essa.
Il cristiano, oggi, appartiene al tempo
stesso a due mondi. È un uomo adulto, senza legami religiosi e al tempo
stesso sente profondamente che questo mondo secolarizzato di cui fa parte e che saluta con un « si » entusiastico, è la tomba di Dio. Deve vivere in
questa tragica tensione. Per comprendere questa teologia, bisogna tener
presente la dottrina dei due regni, di
Lutero : il cristiano vive al tempo stesso nel regno di questo mondo e nel
Regno di Dio. Più di quanto non faccia la teologia riformata, la teologia
luterana esprime la sofferenza del
credente nel mondo perduto. La debolezza della posizione luterana deriva
dal fatto che il cristiano rischia la
schizofrenia — pericolo che la teologia riformata cerca di evitare, ponendo l’accento sulla santificazione e sulla « teocrazia ». La forza della posizione luterana sta nel giudizio realista
che dà del mondo, che lo porta a elaborare una teologia che insiste sulla
condizione dell’uomo senza Dio. Non
è dunque un caso se la nuova teologia è di origine luterana.
91« * 4:
Tuttavia, notiamo subito la differenza fra Bonhoeffer e la generazione dei
teologi del dopoguerra che a lui si richiama. La maggior parte dei loro lavori non poggia più sulla dottrina dei
due regni e sparisce la straordinaria
tensione che caratterizza il testamento di Bonhoeffer. Generalmente, sussiste soltanto la prima parte del suo
messaggio; l’accettazione gioiosa del
mondo senza Dio e senza religione. La
croce non è più il punto centrale: i
teologi del dopoguerra vogliono riservare a Dio un posto più ampio nel
mondo. Su questo punto, si lasciano
distanziare da Bonhoeffer ; lo superano nel senso che considerano la secolarizzazione, per dir cos\ ancor più
secolarizzata di come la vedesse lui e
si servono spesso dell’espressione utilizzata da Nietzsche : « Dio è morto ».
Queste parole sono divenute la bandiera della nuova teologia.
Nella sua opera « La gaia scienza »,
Nietzsche presenta in due pagine di
contenuto assai ricco un’allegoria :
quella del folle.
« Non avete mai sentito parlare del folle
che accendeva una lampada in pieno giorno e si metteva a correre sulla pubblica
piazza gridando senza fine; ’’Cerco Dio!
Cerco Dio!” Ma siccome c’erano lì molti
CONTINUA
IN SESTA PAGINA
Secondo un pastore francese
Il diiilo^o è la vocazione
delle Oliiese Riformate
Torre Pellice (spr) — Il past. Hébert
Roux, di Parigi, interlocutore abilitato della Federazione protestante di Francia per
le relazioni con la Chiesa cattolica romana,
ha presentato una relazione all’assemblea regionale dell’Alleanza Riformata Mondiale.
Il past. Roux ha messo l’uditorio in guardia contro la tentazione, molto protestante,
di partire dal principio che la Chiesa romana non è in grado di riformarsi. I protestan.
ti istituiscono spesso quest’alternativa : ovvero la Chiesa cattolica romana deve realmente aprirsi all’influenza dell’Evangelo e dello
Spirito Santo e cessare di essere romana, ovvero deve presentarsi come l’unico strumento dello Spirito Santo che abbia autorità e
non ha quindi il diritto di pretendere di rin.
novarsi veramente.
« Possiamo arrestarci — con un rigore logico e con uno spirito giuridico che rimproveriamo così volentieri al cattolicesimo —
alVapriori di una Chiesa romana irreformabile? » — ha domandato il past. Roux, paragonando quest’atteggiamento a quello del
profeta Giona, che s’incollerì quando Dio
risparmiò i Niniviti a causa del loro pentimento.
L’oratore ha esortato a essere « vigilanti e
attenti ai segni » di rinnovamento nella
Chiesa romana dopo il Vaticano II. Ha precisato che non pensava soltanto « ai gesti o
alle iniziative spettacolari delle autorità romane..., ma ai germi deposti... e ai tentativi di nuove vie che fin d'ora s’inseriscono
nelTopera compiuta dal Concilio e che impegnano la Chiesa rmana, in certi casi suo
malgrado, in una nuova era della sua esistenza, caratterizzata dal movimento ».
Il conferenziere ha citato tre settori nei
quali, dopo il Vaticano li, si fa sentire una
evoluzione particolarmente importante per il
rinnovamento della Chiesa cattolica romana :
— Nel campo dell’ecclesiologia la Chiesa
romana, prendendo eoscienza in modo nuovo
di ciò che è, manifesta una nuova apertura
nei confronti degli altri gruppi cristiani.
— La Chiesa romana è pronta — ed è
un fatto nuovo — a criticare le formulazioni scolastiche della dottrina alla luce della
Scrittura.
— La Chiesa romana adotta una nuova
prospettiva etica nei confronti del mondo
moderno, che esige l’elaborazione di una
« autentica teologia della libertà ».
Il past. Roux ha aggiunto: «.Il nostro impegno nel dialogo costituisce uno degli aspetti fondamentali della nostra vocazione attuale, come Chiese della Riforma... Temere e
tirarsi indietro sarebbero segno della nostra
infedeltà alla promessa e all’esigenza che
per la stessa Chiesa di Roma rappresenta la
perenne validità e attualità della Riforma ».
Culto radio
domenica 24 settembre
Pastore MARIO SBAPFI
Roma
domenica 1 ottobre
Past. PIER PAOLO GRASSI
Roma
Un cristiano dell'Est
Conversando con Hromadka
* Queste « tesi » sono stale presentate dal
prof. Hromadka ai delegati dell’ARM e al
pubblico, nel tempio di Torre Pellice. la sera dell’ìl settembre ’67.
Riassumendo, sottolineiamo questi
punti :
1. - Il cristiano si trova nel corso
della storia secolare e assolve ai suoi
compiti, la sua vocazione, i suoi doveri
alla luce della sua fede. Gesù di Naza
II nome di Hromadka è un simbolo: quello della punta sottile deliimpegno dei protestanti riformati
nel dialogo con i marxisti; i giornalisti presenti alla sessione della
Assemblea Riformata Mondiale a
Torre Pellice hanno avuto il piacere di incontrare il teologo cèco.
Professore a Praga, durante la
guerra Hromadka andò in esilio a
Princeton, per insegnarvi. Tornato
nel suo paese, pensò che la Chiesa
doveva essere realista e non soltanto accettare il nuovo regime, ma
tentare pure di collaborare con esso all’edificazione della nuova società. A partire dal 1948 ebbe parte
notevole nel movimento ecumenico.
Nel momento in cui le relazioni fra
Est e Ovest furono particolarmente
difficili, verso gli anni 1950, prese
l’iniziativa di uno sforzo di riconciliazione da cui nacque la ’’Conferenza cristiana per la pace”, che
conta oggi simpatizzanti in tutto il
mondo. Praga è così divenuta il centro del dialogo fra cristiani e marxisti.
A 68 anni quest’ uomo, dallo
sguardo vivido, è animato da una
profonda convinzione interiore. Sa
che la sua persona e la corrente di
idee che rappresenta sono contestate: si è prò o contro lui! Secondo
quanto abbiamo appreso da altri
Cèchi, una parte considerevole di
giovani pastori si distanziano dalle
posizioni di colui che fu il loro maestro. Hromadka racconta lui stesso
che il suo libro ’’Alle soglie del dialogo” non è accetto nè a una parte
nè all’altra (reazione che potrebbe
interpretarsi in modo favorevole all’autore! ).
Abbiamo posto al professore due
domande. Tuna di carattere più dottrinale, l’altra piuttosto pratica.
— Nel dialogo che auspica, Lei
parte dall’idea che l’ateismo non è
un aspetto fondamentale, essenziale
del marxismo. Può giustificare questa Sua opinione?
— Si pensa, a Occidente, ohe l’ateismo sia parte necessariamente integrante del comunismo. Ma non è
così. La società socialista, o comunista, in origine non è caratterizzata
da una rivolta contro Dio, ma da
una lotta contro la miseria umana,
dal desiderio di un’emancipazione
dell’uomo in tutta la sua esistenza.
Il comunismo si è levato in principio contro una determinata società
« cristiana »; non dimenticate che i
comunisti hanno ricevuto 1’ ateismo
dall’ Occidente cristianizzato! Le
condizioni storiche hanno avuto una
parte determinante in un’evoluzione che ha ora raggiunto il suo secondo stadio. Occorre considerare
la situazione attuale nel quadro del
suo svihippo storico. Se noi cristia
ni f,acclamo il nostro lavoro, i comunisti giungeranno a constatare
che la fede cristiana è una potenza
creatrice nella società.
— Pensa veramente che i cristiani
possano e debbano collaborare alla
edificazione di questa forma di società? Tale forma di vita essociata
è veramente migliore? Non siamo
chiamati a contestarne i successi come gl’insuccessi?
— I comunisti pensano che in
questa società nuova gli uomini saranno trasformati. Su tale punto
dobbiamo mostrar loro che i problemi più profondi della persona
umana, come ad esempio l’amore,
la fedeltà, restano senza soluzione.
Un giorno comprenderanno che noi
cristiani, nella misura in cui siamo
cristiani veri, abbiamo qualcosa da
dire loro. Del resto, vi sono segni
che mostrano che anche per marxisti autentici « Dio non è morto »; è
il titolo di una serie di articoli pubblicati recentemente da un filosofo
del regime. Il dialogo, oggi ancora
impossibile, diventerà possibile in
seguito. Da una parte e dall’altra,
non vi siamo ancora preparati.
Quest’uomo di nome Hromadka
sarebbe un profeta? L’avvenire gli
darà ragione?
E. DtSERENS
4
pag. 4
Quo vadis, Le Chiese e le questioni internazionali
Canterbury?
Huntercombe Manor, Londra (L’Oss. Rom.)
Dal 30 agosto al 4 settembre si è tenuta
la seconda riunione, dopo la prima della
Gazzada (Varese), della Commissione congiunta preparatoria Anglicana e Cattolicoromana. Dal comunicato stampa diramato
alla fine dei lavori,
A Gazzada, in gennaio 1967, abbiamo
fatto il primo passo verso la restaurazione di
una piena unità tra la Chiesa cattolico-romana e la Comunione anglicana. A Huntercombe Manor, benché abbiamo visto in chiara
luce le difficoltà che ci stanno di fronte, abbiamo fatto dei progressi nella comprensione reciproca e del nostro lavoro.
« Argomento della discussione è stata la
autorità della Parola di Dio e la sua relazione con la Chiesa (■.■) La discussione su
([uesti temi è sceso a sottolineare determinati punti d'importanza cruciale, per es. Vautorità di interpretare le S. Scritture, VEpiscopalità, il Primato e VInfallihilità del Papa, le definizioni dogmatiche relative alla
Beata Vergine^ gli Ordini anglicani e i problemi connessi con Linter comunione.
« Circo Vargomeiito della diversità nella
unità, si sono sollevati interrogativi circa la
'comprcnsività' (comprehensivness) anglicana
e i problemi che essa crea per Vanità nella
fede.
n Nelle nostre discussioni abbiamo individuato che molti problemi teologici e pratici
sono spesso affrontati da entrambi i gruppi
nella stessa maniera; in conseguenza di ciò
punti di incontro e di convergenza spesso
hanno superato la linea di separazione tra
le due Chiese.
« Abbiamo accolto con favore la designazione di una Commissione congiunta sulla
teologia del matrimonio e le sue applicazioni ai matrimoni misti, commissione che era
stata raccomandata urgentemente a Gazzada.
« Dopo rincontro di Gazzada, a Roma è
stata pubblicata la prima porte del Direttorio sulVEcumeiiismo. ad opera del Segretariato per VUnità dei Cristiani. Questo ha
dato a noi un grande incoraggiamento.
« Le raccomandazioni che ora facciamo riguardano in particolar modo la situazione
che intercorre tra Cattolici Romani e Anglicani, ma sono fatte senza pregiudizi verso
più larghe relazioni ecumeniche.
(( L'argomento principale riguarda il possibile uso comune di chiese e di altri edifici.
Noi crediamo che la testimonianza e la missione della Chiesa^ l'uso responsabile delle
nostre risorse e le condizioni in molte aree
urbane e rurali rendano tale azione imperativa.
« Occupandoci del Direttorio Ecumenico
che raccomanda una maggiore compartecU
pozione nella preghiera, noi sottolineiamo
l'urgente bisogno di lavorare alla preparazione di testi comuni di quelle preghiere e formule che sono in uso in entrambe le Chiese. Salutiamo pure con favore la crescente
cooperazione nella riforma liturgica.
« Noi abbiamo bisogno di una notevole
collaborazione nell’educazione dei Sacri Ministri come pure nelle facoltà e istituti teologici nelle università.
« Un ulteriore incontro sta per essere programmato per la fine di quets'anno ».
Ardui sforzi dell’ecumene cristiana per comprendere in modo obiettivo e per agire
come strumento di riconciliazione nei molti punti dolenti dell’t
ecumene umana
SEGUE DA PAGINA 1
iiiiiiiiiniiiiiiiiiim
io» sotto lo stesso
tetto ma solidali
Grahamstown (soepi) — Circa 90 delegati
venuti da una quindicina di centri universitari sudafricani si sono riuniti per una
settimana a Grahamstown per la prima conferenza del movimento universitario cristiano. costituito recentemente su base ecumenica. Appartenevano alle Chiese anglicana,
cattolico-romana, congregazionalista, metodista e presbiteriana. Siccome oltre la metà di
loro era di colore, non hanno potuto essere
alloggiati sotto lo stesso tetto, il che non ha
però affatto guastato lo spirito di fraternità
dell’incontro.
iniziative preliminari atte a permettere di
trovare una soluzione alla crisi nel Sud-Est
asiatico:
« ...La pace non può essere fatta da una
parte sola. Chiediamo dunque con insistenza
a tutte le parti in causa, nell’interesse di una
maggiore giustizia e senza prendere in considerazione le ragioni che esse hanno di continuare a battersi, di avviare immediatamente una valutazione del valore dei negoziati in rapporto alla guerra.
« Ecco dunque il succo del nostro appello: ogni parte, prendendo iniziative e rispondendo a quelle dell’altro, si dimostri impegnata nella ricerca di un regolamento pacifico e pronta ad assumere rischi ragionevoli.
« Proponiamo i punti seguenti, strettamente legati fra loro, quali esempi dei gesti
che permetterebbero di uscire dall’attuale vicolo cieco:
1) Per collaborare a rendere possibile
l’apertura di negoziati, gli Stati Uniti d’America dovrebbero cessar di bombardare il Viet.
nam del Nord.
2) Il Vietnam del Nord, prima o dopo
la cessazione dei bombardamenti, dovrebbe
indicare, con le parole e con i fatti, che è
pronto a prendere in considerazione dei negoziati.
3) Il Vietnam del Sud non dovrebbe opporsi ai negoziati, ma anzi ricercarli e accettare che il Fronte mizionale di liberazione
(vietcong) vi sia rappresentato... ìì.
E’ dovere immediato e permanente di tutti
coloro che si preoccupano d’instaurare la pace nel Sud-Est asiatico, esercitare una costante pressione per arrestare Tescalation, rovesciare le tendenze militari attuali, creare
condizioni che permettano al popolo vietnamita di lavorare alla soluzione dei suoi problemi senza interventi esterni. Gli Stati Uniti d’America possono portare un contributo
impegnandosi di nuovo pubblicamente a ritirare le loro truppe. Non sarà possibile un
regolamento definitivo soddisfacente finché
non sarà cessato l’intervento esterno.
I cristiani devono vegliare a che la continuazione della guerra non conduca all’insensibilità e al disprezzo della tragedia umana
che implicherebbe l’insistere nel vicolo cieco.
Siamo incoraggiati dal fatto che la coscienza
di una responsabilità cristiana comune si ma:
nifesta sempre più, di giorno in giorno. Dichiariamo che desideriamo collaborare con
tutti gli uomini di buona volontà per cogliere le occasioni che permetterebbero la progettazione di un regolamento pacifico e una
ricostruzione che si fa attendere da troppo
tempo.
MEDIO ORIENTE
Sir Kenneth Grubb, presidente della
CCAI, ha ricordato ciò che la Commissione e il CEC hanno fatto in occasione della crisi del Medio Oriente: il 5 giugno il
pastore Nolde inviava una lettera a U
Thant; il 7 giugno i dirigenti del CEC
pubblicavano una dichiarazione; il 21
giugno il segretario generale Blake inviava una lettera alle Chiese membri indicando il compito del CEC in questa crisi,
compito di riconciliatore in primo luogo,
precisando che si sarebbe fatto di tutto
per soccorrere i rifugiati di entrambe le
parti; infine si è tenuto a Ginevra al principio di agosto un colloquio fra alcuni
responsabili delle Chiese dei paesi impegnati nella crisi e rappresentanti della
CCAI.
Dei responsabili cristani arabi hanno
chiesto al CEC e alla CCAI di prestare
attenzione al fatto che, fra gli Arabi, la
voce dell’Occidente era confusa con troppa facilità con quella del cristianesimo.
Alcuni, e in particolare il past. Ch. Westphal, hanno lamentato che la C.C.A.I.
fosse intervenuta soltanto il 5 giugno, allo scoppio delle ostilità, e non già quindici giorni prima, al momento del blocco
del golfo di Aqaba e delle minacele di
sterminio contro Israele da oarte dell’Egitto.
Il Comitato centrale ha adottato questa dichiarazione sul Medio Oriente:
eli serio conflitto che, da oltre venti anni,
ha diviso il Medio Oriente e ha turbato il
mondo intero e che quest’anno si è ravvivato portando a violenti combattimenti, deve preoccupare profondamente tutti i cristiani. I paesi implicati in questo conflitto hanno visto nascere alcune delle prime grandi
civiltà e tre delle più grandi religioni del
mondo: quella ebraica, quella cristiana, quella islamica.
« La crisi attuale è dovuta in parte al fatto che il resto del mondo non è stato sensibile ai timori degli abitanti del Medio Oriente, ai timori degli Arabi di fronte al dinamismo e alla possibilità d’espansione di
Israele, ai timori degli Israeliani che hanno
fuggito la persecuzione in altri continenti
per essere minacciati, almeno verbalmente,
di essere espulsi dalla loro nuova patria.
« Riconosciamo che è urgente cercare soluzioni creatrici a questo problema, ad evitare che l’accettazione di un armistizio senza un regolamento politico giusto non diventi un fatto compiuto, che non potrebbe
non accrescere ulteriormente l’antagonismo
degli avversari e incoraggiarli a preparare
un nuovo tentativo di risolvere il problema
con le armi.
« Fin dal principio della crisi attuale il
CEC si è pronunciato per una soluzione giusta e pacifica. Dopo l’apertura delle ostilità
ha chiesto la loro rapida cessazione e ha affermato che gli avversari direttamente implicati nel conflitto come pure le grandi
potenze avevano la responsabilità di istituire
una pace giusta e durevole.
(( Crediamo che vi siano considerevoli forze morali e spirituali soggiacenti, che potrebbero essere liberate per porre termine
al ciclo dell’ostilità e dei sospetti. La situazione attuale mostra che e necessario e possibile pensare a un avvenire migliore per
tutti i popoli interessati. Non pensiamo che
spetti a noi entrare in tutti i dettagli di un
regolamento politico. Ma riaffermiamo che
gli elementi seguenti sono essenziali a qualsiasi pace fondata sulla giustizia e sul riconoscimento dell’eguaglianza, di tutti i popoli
della regione:
1) Non dev’essere permesso a nessuno Stato di conservare o di annettere il territorio
di un altro con la forza armata. Questa nota
si applica alla situazione attuale. Le frontiere internazionali devono essere fondate su
accordi internazionali liberamente conclusi e
accettati dai popoli direttamente interessati.
2) Devono essere date garanzie internazionali effettive che assicurino l’indipendenza
politica e l’integrità territoriale di tutti gli
Stati della regione, di Israele come degli
Stati Arabi.
3) Non può esservi riconciliazione nè evoluzione significativa nella regione se, nel regolamento generale, non si trova una soluzione conveniente e permanente al problema
vecchio e nuovo dei rifugiati arabi. Perciò
chiediamo:
a) Tutti coloro che si sono spostati negli ultimi mesi devono avere la possibilità
di esercitare il loro diritto di tornare al loro
domicilio precedente: nel caso delle popolazioni della riva occidentale del Giordano, si
tratterà di fare in modo che sia considerevolmente esteso il periodo in cui presentare
la domanda di ritorno e che sia offerta una
formula di domanda che non implichi conseguenze politiche.
Siamo lieti di apprenedre che su questo
punto si è registrato qualche progresso.
b) L’ONU dovrebbe preoccuparsi maggiormente degli aspetti a breve e lunga scadenza del problema di tutte le persone sra
dicate. I crescenti servizi dell’UNRWA sono
essenziali e richiedono urgentemente l’appoggio generoso di tutti i governi. Il CEC deve
continuare a cercare una soluzione soddisfacente per il problema dei rifugiati nel suo
insieme. Le operazioni attuali delle Chiese e
del Consiglio cristiano del Vicino Oriente devono essere sviluppate.
4) Attendendo la conclusione di un regolamento giusto e pacifico, siamo particolarmente preoccupati dall’aspetto religioso della
situazione. In una regione in cui le comunità di tre religioni si sono incontrate e hanno vissuto insieme per molti secoli, dev’essere assicurata un’assoluta libertà religiosa a
tutte le persone e a tutte le comunità. La
continuazione della presenza e della testimonianza di queste religioni e di queste comunità dev’essere garantita da un accordo internazionale comprendente una garanzia di
libero accesso ai luoghi santi di un paese
che ha un’importanza unica per ognuna di
esse.
5) Sarà necessario soddisfare in ogni caso
in modo adeguato le necessità della sicurezza nazionale, ma dev’essere evitata una nuova corsa agli armamenti, mediante un accordo per la limitazione degli armamenti nazionali al livello minimo che garantisca una
equilibrata sicurezza nella regione.
6) Le grandi potenze hanno avuto una
parte nella formazione delle strutture poli,
tiche ed, economiche del Medio Oriente. Per
questo e perchè la pace in questa regione
ipersensibile ha riflessi sulla pace mondiale,
questi Stati devono essere pronti a cooperare con i paesi interessati nel Medio Oriente
per stabilizzare la situazione, e ad astenersi
dal perseguire egoisticamente i loro interessi
politici, economici, commerciali.
7) Le legittime speranze di sviluppo di
tutti i popoli mediorientali devono essere incoraggiate e basate sulle attitudini e sulle
risorse di tutti gli Stati interessati. Ciò implica un aiuto finanziario internazionale,
proveniente da tutte le fonti possibili, oltre
all’aiuto già promesso dall’ONU e dalle sue
istituzioni specializzate ».
NIGERIA
Circa la situazione nella Nigeria, Sir
Grubb ha precisato che, malgrado la difficoltà delle comunicazioni, si sono avuti
contatti con alti Commissari nigeriani e
con loro rappresentanti all’estero. Uno dei
presidenti del CEC, sir Francis Ibiam,
nigeriano del Biafra e con alte responsabilità politiche nel suo paese, aveva lamentato il rischio che la sua regione, a
maggioranza crisiliana, fosse schiacciata
dalle altre popolazioni — pagane o islamiche — della Federazione nigeriana;
malgrado massacri, il Biafra pare avere
attualmente affermato la sua indipendenza.
Sir Ibiam ha potuto recarsi a Khartum,
nel Sudan, per una sessione della Conferenza panafricana delle Chiese; la situazione pare migliorare lentamente, molti rifugiati hanno potuto tornare alle loro case,
ma la via è ancora lunga. Il Comitato
centrale ha votato questa dichiarazione ;
cc II Comitato centrale osserva con tristezza il deteriorarsi della situazione nella Nigeria, proprio mentre si sta riunendo. Invia
a Sir Francis Ibiam, uno dei presidenti del
CEC, che ha reso servizi insigni alla causa
dell’Evangelo in Africa, i suoi saluti in Cristo e l’assicuraz'.one delle preghiere dei suoi
amici. Il Comitato spera sinceramente —
tale è l’oggetto delle sue preghiere — che
sia possibile prevenire una corsa agli armamenti e trovare un mediatore accettabile.
Esprime la propria particolare simpatia alle
sue Chiese membri viventi nei vari territori
di questo paese e a tutti coloro che hanno
sofferto per i combattimenti, qualunque sia
la loro comunità, la loro regione, la loro
fede. E’ pronto a inviare al momento opportuno una missione di simpatia e di riconci
liazione. Per il momento prega la CCAI di
sega re lo svolgersi degli eventi per quanto
lo permettano le comunicazioni e di mantenere stretti contatti con ogni dirigente cristiano in grado di contribuire alla riconciliazione ».
Sulla situazione spagnola, abbiamo riferito in un numero precedente del giornale.
LA VIOLENZA
RAZZIALE
In merito alla violenza razziale nel
mondo, il Comitato centrale ha chiesto
alle Chiese di impegnarsi a fondo nella
lotta contro la discriminazione, di fronte
al moltiplicarsi delle sommosse e allo sviluppo di ideologie separatiste negli Stati
Uniti, ai conflitti tribali e ettnici in alcune nuove nazioni africane, aH’intensificarsi di conflitti razziali e etnici nel Sud-Est
asiatico e al perdurare della situazione
bloccata nel Sud Africa.
La dichiarazione esprime la preoccupazione dei cristani di fronte alla « ingiustizia permanente subita nel nostro mondo da numerosi gruppi razziali e etnici e
la violenza crescente, spontanea o organizzata, dell’odio e della paura che ne sono
il risultato »; riafferma le precedenti prese
di posizione del CEC sul problema razziale, centrate sugli « obiettivi dell’integrazione e della riconciliazione fra gruppi razziali e etnici (...). Le ideologie razziste di ogni tipo sono perniciose alla comunità autentica. Ma i gruppi oppressi
hanno buone ragioni per cercare di ottenere il potere grazie al optale accederanno
a una piena partecipazione alla società n.
Oltre all’impegno delle Chiese in ogni
paese, si auspica « la collaborazione della
Chiesa cattolico-romana per pubblicare, in
un prossimo futuro, una dichiarazione
comune sul razzismo, e per svolgere una
azione comune in questo settore ».
IL PROBLEMA
ALIMENTARE
Un a’.ilro grave problema internazio rale
affrontato dal Comitato centrale è -:iato
quello alimentare. Una dichiaraziom; esprime una volta ancora la preoccup:i.;ione circa lo squilibrio crescente fra la produzione alimentare mondiale e le n. ;essità dei sottoalimentati. In un’epoca in cui
le risorse scientifiche tecniche e marc iali
sono sviluppate come mai finora, è in';oncepibile che la lotta contro la fame nei
paesi sottosviluppati sia una battofiia
perduta in partenza.
Il Comitato atttira l’aittenzione di tutte le Chiese membri su tale problerrr e
sulle sue implicanze morali e politiche.
Un aumento della produzione alimer.'are
non potrà che ritardare la catastrofe, se
lo sviluppo della limitazione delle nascite
non progredisce su larga scala.
Il Comitato domanda a tutti gli ‘cati
di diminuire le spese militari per aiu are
gli affamati contribuendo così alla s .Suzione del problema alimentare; e a it tte
le Chiese membri di fare tutto ciò che
possono (preghiera, sacrifìcio personale,
interventi presso il proprio governo) affinchè sia colmato il distacco fra r .chi
e poveri all’interno degli Stati e fra .t ati
ricchi e Stati po’eri.
Infine il Comitato raccomanda di proseguire la collaborazione fra il CEC t le
Chiese membri, da una parte, e la FAO
e il PAM (Programma alimentare n.ondiale, programma d'emergenza della F vO)
dall’altra.
* *
I delegati hanno espresso vivo rincrescimento e profonda preoccupazione per ' assenza dei delegati della Repubblica .Oemocratica Tedesca (DDR), che non he mo
ricevuto dal loro governo il visto d'uscita. Una risoluzione, proposta dal vesccivo
luterano Hanns Lilje e che ha raccolto
Tapprovazione di tutti i delegati, ad eccezione di quelli ortodossi russi che si sono
astenuti, invita i dirigenti del CEC a fare
di tutto affinchè una delegazione della
DDR possa partecipare alla prossima Assemblea generale del CEC a Upsala: « £'
principio elementare del diritto delle genti
praticare la libertà religiosa, anche in caso di assemblee ecumeniche che riuniscono delegati designati ufficialmente dulie
loro Chiese ».
I LE ¥TO R I CI SCRIVONO
“Mea culpa,,
di una laica
del primo distretto
Leggo eh« Tanno scorso il mio distretto ha dato alla chiesa 71.971.391
lire (= 73.569.324 — 1.597.933 di
partite di giro), e la mia prima impressione è di orgoglio soddisfatto.
Noi, parrocchie delle Valli, poveri
diavoli dalle scarse risorse, ben diversi dalla gente che abita nelle grandi
città e ha uno stipendio sicuro, siamo
riusciti a tirar fuori quasi 72 milioni!
Non mi scandalizzo certo della liretta (forse è proprio Tobolo della ve.
dova), ma mi viene la malaugurata
idea di dividere la somma per il numero dei membri comunicanti (siamo
10.974 ma per fare meno fatica ho
arrotondato a 11.000 e del resto alI inizio delTanno finanziario eravamo
ancora 11.083) e mi accorgo che abbiamo versato in media 6.500 lire a
testa, esattamente 125 lire alla settimana. E questo tenendo conto di tutte le nostre contribuzioni, dalToiferta
all Asilo che ci evita di occuparci dello zio invalido al denaro impiegato
per riparare il tetto del nostro tempio.
La nostra fede (ammesso che sian
dati a Dio anche i soldi che spendiamo per non aver freddo la domenica
in chiesa) ci costa meno di un chilo
di pane o di un pacchetto di sigarette.
Se poi consideriamo solo la cifra
versala alla Tavola (cassa culto più
facoltà di teologia) perchè ci prepari
un pastore, lo metta a nostra disposizione, versandogli un sia pur magro
stipendio, e si occupi più tardi di lui
emerito o della sua vedova, la nostra
quota settimanale per ogni culto
scende a 66 lire (considerando gratuiti battesimi, funerali, matrimoni,
scuola domenicale, catechismo, ecc.).
E con un pastore che ci costa quanto una tazza di caffè, abbiamo ancora
il coraggio di criticare i suoi sermoni o la scarsità delle visite pastorali!
Lo so che la vocazione non si paga
a soldi e che questi miei conti della
serva han qualcosa di scandaloso (come vorrei che fossero anche sbagliati!), ma sono convinta che la nostra
fede e la nostra riconoscenza a Dio
si dimostrano anche nel modo in cui
spendiamo il nostro denaro. E mi vergogno. M. G.
Per la verità
storica e statistica
Un lettore^ da Lugano:
Nel numero del 1« settembre sono
state pubblicate alcune riflessioni
piuttosto amare, ispirate ad un membro del Sinodo dalle statistiche della
Relazione Annua della Tavola al Sinodo stesso e che dimostrerebbero,
con la eloquenza indiscutibile delle cifre, che « il nostro numero — dei
membri di chiesa — diminuisce rapidamente in tutti i Distretti, compreso il Sud America », fondandosi
sul fatto che in Italia i membri di
chiesa sono passati in un anno da
21.605 a 21.422 con una evidente diminuzione di quasi 200 unità.
Queste due cifre sono inoppugnabili, ma vorrei sottoporre alTesame di
quel membro del Sinodo e di coloro
che sono stati colpiti dalle sue osservazioni alcune cifre di più ampio respiro risultanti dalla seguente tabella
che non tiene in conto un anno soltanto ma un periodo di venti anni,
cioè dal 1947 al 1967.
Anno 1947
Anno 1957
Anno 1967
Membri in Italia
19.124
20.622
21.422
è aumentato di circa 2300 unità, malgrado Temigrazione di alcune centinaia di persone dalle Valli nell’America del Sud, e dagli altri distretti in
Europa centrale.
2) Che il Distretto Valli registra,
a causa del forte spopolamento montano e del basso indice di natalità,
una diminuzione di circa 600 membri.
3) Che negli altri distretti, l'aumento e stato di 2.884 membri il che
significa un 38% o poco più.
Possiamo, dobbiamo per questo essere soddisfatti delTandamento generale della nostra opera di evangelizzazione e della situazione della nostra
Chiesa? Dio non lo voglia! Ma neppure dobbiamo cadere nell’« autolesionismo » a buon mercato, e nelT« allarmismo » che mi sembra e.ssere di moda in alcuni ambienti della
nostra Chiesa.
Distretto Valli
(senza Torino)
11.560
11.513
10.974
Altri Distretti
7.564
9.109
10.448
Se ne possono trarre, tra le altre,
le seguenti conclusioni :
1) Che il totale dei membri di
chiesa in questo periodo di 20 anni,
In quanto al Sud America desidero
soltanto chiarire che se nel passato i
membri di chiesa hanno superato i
7000 ed ora sono 6.305 ciò è dovuto
principalmente al fatto che la comunità di Nueva Helvecia, con circa un
migliaio di membri, è « uscita » recentemente dalla Chiesa Valdese per
« rientrare » nella Chiesa Luterana
del Rio de la Piata.
Tanto per la verità storica e... statistica.
Silvio Long
“L’Osservatore
Valdese,, ?
Un lettore, da Torino:
Leggo sul n. 35, in data 8 settembre, Tarticolo « Il punto sulla situazione ecumenica ». Premetto che l’unico atteggiamento cristiano possibile,
o almeno la nota dominante del convegno avrebbe dovuto essere quella di
una profetica provocazione. Anche e
soprattutto nei confronti della attuale
situazione in Grecia. E che la minima e la meno pericolosa testimonianza sarebbe stata quella di disdire pubblicamenle la riunione del Comitato
in quel paese. Mentre invece è avvenuto lutto Topposto, secondo il più
insensibile gioco diplomatico.
Mi stupisce la forma tra condiscen.
dente e indifferente con cui il giornale recensisce l’avvenimento. Anche
qui l’unico atteggiamento cristiano
possibile era una critica severa (la
profetica provocazione di sopra) o almeno la riduzione delTavvenimento
alle sue più minuscole proporzioni. Il
commento alla foto di Costantino è
azzeccatissimo, ma davvero non basta.
« La Luce » n. 35 è forse, almeno
un pochino, il n. 1 dello « Osservatore Valdese » sullo stile dello « Osservatore Romano » sotto sotto auspicalo
da una parte del Sinodo?
M.E.F.
Il nostro lettore avrà trovato nel n.
successivo la dichiarazione del Movimento Cristiano Studenti in proposito, e la nostra nota che la condivideva. Riconosciamo di aver mancato
di tempismo', nell'accavallarsi di
eventi ecclesiastici di queste settimane... Ma "Osservatori Valdesi" proprio
non ci pare dì diventarlo!
Abbiamo ricevuto
N. N. (Perrero) per TOrfanotrofio
Valdese di Torre Pellice L. 10.000;
per il Cullo radio L. 10.000; per
T« Eco-Luce » L. 10.000; per T« Amico dei fanciulli » L. 2.000.
Ringraziamo e trasmettiamo.
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22 setiembre 1967
N. 37
pag. 5
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
Una bella Figura di laico impegnato
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Nel corso deH’estate sono stali battezzati :
Ivano Ribel di Sergio e Pascal Anita; Genre
Cristina di Mario e Iva Pastre. A tutti il
Signore domanda di considerare un dono i
loro ligli e pertanto di guidarli ogni giorno
con la preghiera perchè un giorno possano
vivere per il Signore e per la chiesa.
Abbiamo celebrato il matrimonio di Emilio Rostagno e Refourn Rosalia chiedendo
loro di vivere nella comunità dei credenti
nella frequenza al culto e nella testimonianza quotidiana.
Il Pastore Cipriano Tourn ha celebrato il
servizio funebre di Carlo Jahier deceduto
improvvisamente in tarda età. Ai familiari
la nostra fraterna simpatia.
Siamo grati ai colleghi e laici che hanno
predicato la Parola del Signore nel corso del.
l’estate, al tempio, alla cappella del Qot Inverso ed alle riunioni all’aperto : Castiglione
Giuseppe, Elia Libonati, Sergio Ribet, Tron
Enrico. Vicentini Giulio, Calvetti Franco,
Gianni Jahier. A questi collaboratori inviamo un pensiero di viva riconoscenza da parte della chiesa.
Tra le visite estive ricordiamo : un gruppo di cinque giovani ginevrini che hanno
rifatto la via del glorioso rimpatrio, a piedi,
giungendo alla Balziglia il 7 agosto e soggiornando poi a Pomaretto con la comunità,
visitando le Valli, e segnatamente a Rorà,
ospiti del prof. Gönnet. Contemporaneamente abbiamo avuto la gioia di ospitare per un
giorno e una notte il campo GEI, cioè il
campo dei giovani evangelici italiani, sistemati nelle famiglie e per i pasti della nascente foresteria; una serata trascorsa con la
comunità è stata molto utile per conoscere
la situazione delle varie chiese.
Una famiglia di inglesi è stata ospite alla
Scuola Materna.
I delegali al Sinodo sono stati quest’anno :
Giorgio Baret e WUly Paschetto. Gli argomenti trattati sono stati molti e impegnativi; nel corso dell’autunno avremo occasione di iliscuterne nelle riunioni.
La Scuola Materna ha diffuso il bollettino
nella comunità con un appello speciale per
.dei restauri per avere una Scuola sempre più
accogliente e moderna : il risultato sino ad
ora è deludente per il centro, dove sorge l’asilo, mentre nei quartieri più lontani la generosità per un’opera che a loro non serve
è stata lodevole. Questo fatto ci incoraggia
molto a proseguire la missione per i bimbi:
ricevere dei doni da chi non si serve della
Scuola Materna, ma che sente di far parte
d’una comunità di credenti legati insieme
dal vincolo dell’amore. Grazie.
Domenica 10 settembre abbiamo celebrato il battesimo di Artero Franco di Osvaldo
e Maggiore Margherita, Coucourde Dino di
Eli e Tron Olga, Ferrerò Giulietta di Bruno e Fra Susanna, Clapier Danilo di Italo
e Leger Elsa. Che le creature del Signore
possano conoscere, con la guida dei genitori, Colui che li ha salvati ed ha dato la Sua
vita per renderli veramente felici.
A San Germano è deceduto Pons Enrico,
per lunghi anni cantoniere; e il servizio è
stato celebrato a Pomaretto. Che il Signore
consoli le famiglie Prandini e Bouchard cui
appartengono le figlie dell’estinto.
Sabato 23 settembre: riunione monitori
e monitrici di tutta la parrocchia per il programma e l’assegnazione dei gruppi, alla
sala delle attività di Pomaretto; ore 20,30.
Domenica 24 settertibre: culto alla cappella del Clot Inverso; orel0,30.
Domenica 24 settembre^ ore 15 : riunione
ai Rivoira inf. casa Vinçon Giulio.
Sabato 30 settembre : convocazione dei catecumeni dei quattro anni ore 15 a Pomaretto.
Domenica 1 ottobre ore 10 : culto di inizio della Scuola domenicale per piccoli e
grandi compresi i genitori.
Domenica 15 ottobre, ore 10,30 : culto con
santa Cena.
VILLASECCA
Lutti. — Ultimamente la nostra comunità
è stata rattristata da tre gravi lutti ; il 3 luglio chiudeva la sua giornata terrena il nostro fratello Leger Tommaso di Villasecca
Supcriore dopo lunghe sofferenze; il 19 agosto, dopo breve malattia, decedeva il nostro
fratello Clot-Varizia Levi della Rivoira Superiore; e il 25 agosto la nostra sorella Pascal Susanna ved. Griglio di Chiotti Superiori, dopo una travagliata esistenza. Alle fa.
miglie in lutto rinnoviamo la nostra simpatia cristiana.
Visite. — Durante l’estate abbiamo ricevuto varie visite che hanno edificato la nostra comunità con vari messaggi: il 23 luglio alla riunione all’aperto della Selletta, il
Missionario Giacomo Pons, originario dei
Chiotti Inferiori, ci ha parlato deU’interessante lavoro missionario nell’isola del Madagascar; il 20 luglio, ecco arrivare un gruppo di 43 giovani tedeschi, dal Baden; essi
hanno partecipato attivamente al nostro culto con l’esecuzione di vari cori; durante l’assenza del Pastore i culti del 6 e del 13 agoso sono stati presieduti dal Past. Sig. Enrico
Tron di Torre Pellice; al culto del 27 agosto abbiamo ricevuto la predicazione del Pastore Willy Wacker di Duerrn nel Baden, e
iimimmiiiinii'
Valdismo Rioplalense
Da una corrispondenza pervenutaci dal
VII Distretto, ecco alcune notizie sui risultati delle ultime sedute (28 luglio 67) della
Mesa (Tavola) Valdese sudamericana. Per
varie ragioni non e stato possibile, quest anno, . avere un rappresentante delle ’autorità
valdesi rloplatensi (era pero fra noi il prof.
Alberto Ricciardi, della Facoltà Evangelica
di Teologia di Buenos Aires)^ si spera che
.Vanno prossimo potrà partecipare alla sessione europea del Sinodo il nuovo Moderatore della Mesa Vaidense sudamericana, past,
Delmo Rostan.
Corrispondenza della Tavola. — Il moderatore della Tavola informa che alla fine
deiranno giungerà il signor Jungbluth, presidente dell organizzazione « Gustavo Adolfo )), la ijuale ha dato un contributo finanziario per la costruzione del complesso parrocchiale di Fray Bentos.
Il cassiere della 1 avola comunica che il
doti. Soggin rimarrà a Buenos Aires dal mese di luglio fino a tutto ottobre e che il suo
stipendio gli verrà corrisposto qui, in sostituzione di quello che sarebbe stato pagato
al doli. Ricciardi nello stesso periodo.
Documento sulVVnità. — Viene presentata alla Mesa una relazione della soUocommissione sulle Confessioni di Fede, dipendente dalla Commissione per TUnità delle
Chiese, che si riferisce al 1966, e in cui si
«Mede che le chiese interessate si pronuncino al riguardo. Si decide di trasmettere la
questione al Corpo Pastorale.
Documento sulla costituzione del Sinodo
Si prende atto del rapporto della com
missione sinodale sulla costituzione del Si
nodo e si decide di inviarlo alle chiese, af
finche possano studiarlo ed esprimere un pa
xere; viene fissata come data limite per una
risposta quella del 31 ottobre.
Dichiarazione sul Vietnam. — In conformità con quello che era stato deciso in una
seduta precedente, il Moderatore presenta la
bozza di una lettera da inviarsi al Presidente della Repubblica dell’Uruguay perche interponga i suoi buoni uffici per la cessazione della guerra nel Vietnam. 1 membri della Mesa approvano unanimi il testo della
lettera, per cui si decide di inviarla immediatamente.
Pubblicazione del Catechismo. ~— Le autorità di Aipral comunicano la loro decisione
di dare il loro sostegno finanziario per la
pubblicazione dei corsi di catechismo che in
questo momento sono adoperati in prova.
Poiché il Sinodo ha dato mandato alla commissione delle Pubblicazioni di procedere alla stampa entro quest anno, si decide di passare la notizia alla suddetta Commissione.
Inoltre Aipral informa che contribuirà
con 120 dollari al finanziamento del Corso di
settembre.
L’invio di notizie rioplatensi in Italia. —
Poiché il Doti. Héclor Berger ha chiesto di
essere esonerato dal compito di corrispon
nel pomeriggio dello stesso giorno, aUa riunione agli « Eic'.assie », abbiamo ascoltato
ancora i messaggi dei Pastori Elia Libonati
di Campobasso e Giuseppe Castiglione di
Cerignola. La comunità ringrazia tutti questi servitori del Signore per la loro visita e
i loro apprezzati messaggi.
BORA
Il nostro pensiero di rinnovato ringraziamento e riconoscenza va al past. G. Berlin
che ha sostituito per due domeniche consecutive il past. Rutigliano durante la sua assenza dalla sede.
Lo stesso pensiero va anche ai prof. G.
Gönnet che, durante la sua permanenza a
Rorà, ha voluto dedicare una domenica alla
predicazione della Parola. Abbiamo molto
apprezzato il suo messaggio per facilità di
linguaggio ed immediatezza di immagini :
era evidente la diversità rispetto a quello
pastorale. E gli siamo grati anche per la serata cinematografica che ci ha offerto proiettando alcune filmine a colori e di pregevole
fattura da lui stesso filmate sulla Norvegia
ed altre parti d’Europa; non è mancata la
immagine sulla tanto cara Rorà.
Martedì 29 agosto abbiamo ascoltato con
interesse Tesecuzione di alcune composizioni eseguite da una parte dei trombettieri del
Baden in visita alle Valli. Un inaspettato
numeroso pubblico ha partecipato a questo
piacevole incontro in cui al suono delle trombe si è unito il messaggio della Parola, la
preghiera e il canto alla lode del Signore.
La comunità di Rorà si dice lieta per la visita e per aver potuto offrire un piccolo rinfresco agli Ospiti ed agli Amici di Rorà.
dente dell’« Eco-Luce », dato che non riceve
delle notìzie da trasmettere, si decide, dopo
aver accolto la richiesta del doti. Berger, di
mandare a quel giornale una copia dello
stesso riassunto delle decisioni della Mesa,
che viene pubblicato sul « Mensajero Vaidense ».
Presbiterio Sud Argentino. — Si riceve la
comunicazione del fatto che la Chiesa di
Buenos Aires è stata accettala come un membro di quel Presbiterio; si sollevano però alcune obiezioni sulla procedura seguita a
quello scopo.
Candidato Benjamin Barolin. Sì concede al candidato Barolin il mese di permepo
richiesto per terminare la sua tesi teologica
presso la Facoltà di Buenos Aires.
ECEM. — Il past. Giovanni Tron ricorda
l'Atto del Sinodo che prescrive uno sforzo
speciale quest'anno affinché si possa concludere la costruzione in Montevideo; chiede
per esso l’appoggio della Mesa e dichiara
che verrà realizzato l’estate prossima.
Sistemazione del campo di lavoro. Si
studia il progetto presentato dalla Mesa allo
scopo di coordinare le elezioni dei pastori, e
si decide che i rappresentanti delle Chiese
alla riunione congiunta con la Mesa vengano eletti dai rispettivi concistori e siano
scelti, quando e dove sia possibile, fra i
membri della Comm. Consultiva.
Corso di settembre. — Si informa che sono stati stabiliti i particolari che erano rimasti in sospeso e che si è iniziata la pubblicità per mezzo di manifesti ed avvisi.
Poiché il past. Tron non può impegnarsi a
svolgere il sottotema « Concetto di unità nel
protestantesimo di oggi », si decide di affidarlo al past. Mario Bertinat.
Colletta generale 1968. — La Mesa accoglie, dopo opportuna convocazione, i delegati delle chiese interessate alla colletta generale del 1968, decisa per coprire i debiti
(Attol2/67). Sono presenti i delegati di Nue.
va Pairaira e di Juan Lacaze. Si discute sulle
vie da seguire e sui metodi da adottare per
realizzare questa colletta e si decide che la
Mesa sarà soltanto un organo di collegamento
e che la colletta dovrà essere fatta dalle chic,
.se interessate. La Mesa ricorderà alle Chiese
la decisione sinodale su questa colletta da farsi nel di.stretlo.
Finanze - Si informa che la Mesa ha
fatto fronte al contributo finanziario che le
toccava versare per i marciapiedi sul viale
Armand Ugon a Vaidense, davanti ai terreni
di sua proprietà, grazie a un prestito provvisorio di un’altra istituzione della Chiesa.
Si decide di anticipare il 50% della somma fissata per gli studenti valdesi della FET
e destinata all'acquisto di libri, anche se fino a questo momento soltanto poche chiese
hanno inviato la loro quota. Si stabilisce la
cifra per ogni studente, a seconda dei corsi
che ciascuno frequenta, sia in vista della licenza che del baccellierato, oppure i corsi per
laici.
FORANO SABINO
Il mese di giugno, e parte del mese di
luglio hanno segnato il termine di alcune
attività. I catecumeni, sostenuti gli esami
previsti dai... regolamenti si godono ora le
vacanze, e così pure i bambini della scuola
domenicale. Questa si è conclusa con una
specie di festicciola-esame collettivo, nella
nostra sala delle attività. Per una volta la
televisione anziché intralciare le attività ci è
stata di aiuto, perchè abbiamo organizzato
un pomeriggio che ha raggruppato genitori
e alunni per un trattenimento sul tipo di
« chissà chi Io sa? » Gli alunni divisi in due
gruppi rispondevano a domande e quiz biblici posti dal pastore, scrivendo la risposta
su delle lavagnette. Dovevano anche indovinare deUe scene mimate, di carattere biblico naturalmente. Qualche genitore si è stupito della cultura biblica dei figli che evidentemente spinti da uno spirito di emulazione che aiutava la loro memoria, sono stati particolarmente brillanti. Qualche domanda di carattere ecclesiologico è pure stata ri.
volta ai genitori.
Rivolgiamo un grazie di riconoscenza al
Moderatore e alla Signora per la loro visita
a Forano, il Moderatore che gentilmente ha
accettato di presiedere il culto, è venuto tra
noi in qualità di delegato della Tavola per il
nostro distretto, anche per questioni riguardanti i nostri stabili, ma questa sua doppia
qualità di Moderatore e di Capodistretto non
ha complicato il... cerimoniale di accoglienza. Un grazie di cuore rivolgiamo pure al
Signor G. Conti di Roma che ha sostituito
il Pastore una domenica in cui era impegnato altrove.
L’asilo ed il doposcuola hanno avuto termine con il mese di giugno. L’utilità di queste forme di assistenza per i bambini, rette
dalla nostra comunità, naturalmente con
aiuti provenienti dall’estero (come faremmo
mai senza gli aiuti della « Corale svizzera »
che ringraziamo di cuore) si rivela sempre
più utile e necessaria. Ma proprio questo ci
preoccupa ora, perchè non sappiamo se potremo trovare una insegnante diplomata che
ne assicuri il funzionamento per Tanno 19671968, come è accaduto nel passato. Quest’an.
no eccezionalmente asilo e doposcuola sono
state affidale a due insegnanti di Forano
(Claudi Claudia e Scarinci Fiammetta) che
però non potranno più essere disponibili per
l’anno prossimo. Mentre le ringraziamo per
la loro attività ne approfittiamo per rivolgere
tramite questo giornale un appello a quelle
insegnanti evangeliche che ovunque in Italia potrebbero forse prendere in considerazione la prospettiva di trascorrere un anno a
Forano, in una comunità simpatica ed accogliente. rendendole un grande servizio e nel
contempo avendo anche alcuni vantaggi di
cui non è il caso di parlare qui. Qualcuno
vuole accogliere questo invito? Si metta in
comunicazione con il Pastore di Forano... e
grazie anticipate. B. C.
avvisi economici
Ricordando Luigi Jouve
Sono ormai trascorsi quarant'anni da
quando, una sera che non dimenticherò
mai. Luigi Jouve. che era allora il presidente della Associazione Cristiana dei Giovani di Torre Pellice. comunicò in piena
seduta che eravamo stati richiesti di « dare
una mano » alla comunità Valdese locale, e
incaricati di un certo numero di culti domenicali a Pra del Torno.
Oggi, forse, una richiesta di quel genere
non si usa più. La chiesa dispone di un
nuvolo (?) di predicatori laici che essa ha
per tempo ed assiduamente preparato, rifilando loro delle vecchie dispense di omiletica; oggi, forse, quel certo « garibaldismo » del primo Novecento è scomparso;
e, come disse Giorgio Peyrot, la chiesa si
è seduta (comodamente) sulle posizioni
conquistate.
Non divaghiamo. Sta il fatto che quaranfanni fa, TA.C.D.G. di Torre Pellice
non era nuova a quegli impegni. Era il
1922. Quattro sere per settimana, nei quartieri di montagna, i giovani dell’Unione erano soliti salire a due a due per tentare il
sempre difficile approccio cristiano con della gente rude, diffidente, e per presiedere
ogni volta un’adunanza, seguita immediatamente dopo da una « seduta » di una
« unione mista ».
Luigi Jouve era l'animatore di queste, e
di altre attività giovanili, che i vecchi d’oggi ancora ricordano, perchè qualcuno vi
si è fatto le ossa, in vista del ministerio
pastorale. Si affrontavano quelle adunanze con gioia, con uno spirito di servizio
senza limiti (il ritorno non era sempre sicuro; una volta capitò a qualcuno d’essere
preso a sassate!). E a casa, spesso dopo la
mezzanotte, in pieno inverno, ci aspettava
la mamma,..
Luigi Jouve aveva descritto queste vicende, ed altre appassionanti, dell’Unione dei
giovani di Torre Pellice, nel decennio che
va dal 1920 al 1930, in un opuscoletto, oggi introvabile, che fu offerto in omaggio ai
delegati del XII Congresso Nazionale delle
A.C.D.G. d’Italia, e che ebbe appunto luogo a Torre Pellice. Sebbene piccolo di statura, egli torreggiava fra tutti, per la sua
fluente amplissima barba, ch’era un ricordo della prima Guerra Mondiale, quando
si era arruolato come sergente nei reparti
militarizzati della Croce Rossa; e che non
smise mai. Aveva uno sguardo che ti scrutava fin nel fondo del cuore. Da ragazzo
pensavo che, più che sarto di stoffe, egli
fosse — forse a sua insaputa — un sarto
delle anime, e che un giorno egli sarebbe
stato chiamato a cucire i drappeggi delle
dimore celesti.
Non aveva delle doti oratorie particolari, ma la sua voce chiara, giovanile, anche
quando egli non si potè proprio più dire
giovane, accattivava l'attenzione di tutti.
La sua lettura della Bibbia era esemplare;
mi sono spesso domandato perchè la chiesa abbia rinunciato, alle Valli, al « Lettore »
durante il culto, che era, oltretutto, un vivo
contributo laico ad una liturgia sempre più
clericalizzata.
Ma le meditazioni di Luigi Jouve, e soprattutto le sue preghiere, erano davvero
una cosa portentosa. Tutto quel che doveva esser detto, egli lo diceva. Tutto quel
che doveva esser chiesto a Dio, per l’Unione, per la chiesa, per tutti, egli lo chiedeva.
Le sue preghiere erano veramente una « colletta ». In quei momenti, egli era veramente un’eco dei nostri bisogni, delle nostre
ansie, dei nostri dubbi. Ancora adesso, gli
sono grato d’una preghiera che egli pronunciò per me, in una particolare circostanza, e che scese benefica nel mio cuore.
Generalmente, i « laudatores temporis
acti » dimenticano che il presente non è
fatto soltanto di grevi nubi e di tristi
tramonti, ma ha pure degli splendidi meriggi. Non vorrei che queste righe riuscissero di rimprovero alle nuove generazioni. Ma mi sembra una incontestabile realtà che, a quei tempi, la vita associativa giovanile nelTambito della
chiesa fosse, più che un dato di fatto,
una conquista trionfale di ogni seduta
Uii ogni adunafiaa. Le A.C.D.G. delle
Valli, invero, vissero allora degii anni
di grande, indicibile entusiasmo. Il
Gruppo Unionista delle Valli diede spesso l’impressione di essere un ricco vivaio
di forze nuove, promettenti, vivaci. Non
importava se gli statuti-regolamenti fossero in contraddizione con la logica della realtà (come glielo si rimproverava),
fino al giorno in cui ebbe a scoppiare il
conflitto aperto tra le organizzazioni
giovanili che si contrastavano il terreno. Forse, più che una statuizione sinodale federativa, sarebbe stato necessario
giungere ad un accordo dei cuori. E
quell’accordo non sarebbe certamente
mancato, nè con un uomo come Luigi
Jouve — che nello stringerci la mano
prima che partissimo ogni domenica per
Pra del Torno, non tratteneva le lagrime di commozione e di gioia — nè con
giovani che, quelTA.CJD.G., ramavano
perchè essa era il loro unico ritrovo veramente pulito (oggi si dice così!), in
quelle cittadine di fondo Valle, dove alle sette e mezza chi non si rincantuccia
nella stalla finisce alTosteria. Per questo, oggi molti ricordano Luigi Jouve
come un uomo che ha fatto del bene a
due generazioni di giovani. E per far
questo, non occorrono nomi altisonanti,
tradizioni venerabili, programmi di rilevamenti sociale. Basta Cfie ci sia un
cuore. Come il suo. T. Balma
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SEGUE DALLA SECONDA PAGINA
dei dogmi non era ancora stata inventata!
C’è ancora da sottolineare un altro punto.
Quel riferimento riconoscente alla grazia che,
si dice, dovrebbe costituire il tema dominante del nuovo « culto di confessione » (non
10 si chiami più « esame di fede »!), riflette ovviamente il sentimento della comunità,
della chiesa nel suo insieme. Ma rifletterà
esso ugualmente, e sempre, lo stato d’animo del candidato? La risposta non è cosi
univoca come può sembrare a prima vista.
Non dimentichiamo che il giovane ministro
affronta la sua carriera pastorale « con timore e tremore » (la vocazione vera!); e
che, sebbene gli sia chiesto di predicare il
patto di grazia, egli potrebbe anche aver
ricevuto — come il profeta Geremia — una
vocazione precisa : più « per abbattere » che
« per costruire »! E’ veramente strano il fatto che si verifica in certi dissensi teologici
del nostro tempo, e che chiamiamo — a ragion veduta — confusione. Si parte dal presupposto di farla finita con tutto quel che
appartiene all’uomo, alla sua esperienza umana, alla sua visione umana delle cose di
Dio; si esalta il «sola grazia », si scende ad
un frammentarismo di « graziette » al minuto, delle quali il meno che si possa dire è
che si tratta di piccoli, minuscoli, impercettibili granelli di sabbia avvolti nel fastoso
manto dei più grossi paroioni del vocabolario teologico. Così, il cerchio paradossale si
è chiuso : siamo tornati al punto di partenza. Ed il punto di partenza si può esprimere
in questi termini, purtroppo estremamente
chiari per Tarticolista (ed anche per noi):
11 pastore non deve più essere il ministro, ma
soltanto un qualsiasi ministro; ed egli non si
sente più di essere un ministro di guida
spirituale, ma soltanto di aiuto fraterno.
Siamo, lo ripetiamo, di fronte ad una confusione. Proprio in questi giorni abbiamo let.
to uno scritto in cui. giustamente, è messo
in chiaro che Tecumenismo non è quello delle chiese, ma quello dei credenti; ossia, che
nelTecumenismo — come in cento altri problemi della fede d'oggi — la Chiesa (forse
trascinata dagli eventi) è diventata tentacolare, accaparratrice, esclusiva dententrice ed
annuuziatrice della verità e della fede professala dai singoli credenti. Siamo qui in
piena « teologia comunitaria ». Che le Chiese, le comunità abbiano il loro posto nella
evangelizzazione del mondo, nessuno lo vuol
contestare: ma la Chiesa non è l’ottavo sacramento (o il terzo, per i protestanti). Anche la Chiesa deve essere salvata in Cristo!
Oggi, la Chiesa sotto la croce è dimenticata
(in un certo settore della cristianità è stata
perfino dimenticata la Chiesa del silenzio!):
e quella di cui si parla, oggi, è la Chiesa
incoronata, la Chiesa maiestatica. E’ naturale
e conseguente che, in quest’ultima, il pastore
non abbia più la funzione di guida, di con
solatore autorevole, di uomo « di Dio » (vale
a dire : che Dio ha personalmente mandato).
Egli è solo più un consulente, uno che espri.
me il suo parere in determinate questioni,
un esperto, che del resto nessuno è tenuto a
seguire — esattamente come avviene nel
campo delTeducazione moderna, nei confronti tra genitori e figli. E lo si capisce. Quando lo hanno interrogato sulla sua vocazione,
egli non ha saputo precisare in che cosa
consistesse realmente la personale chiamata
che Dio gli aveva rivolto. Come potrebbe affermare che egli è stato personalmente messo da parte, per chiamare a sua volta, in
modo altrettanto personale, queU’anima traviata, quella famiglia che si perde, quelTipocrita che si è abbandonato al doppio giuoco
(Dio e Mammona), e cosi via? « Si occupi
degli affari suoi! » e « Non faccia il guastafeste! » e « Non rovini il matrimonio misto
di mia figlia! » — sono i commenti del caso
per il pastore che ha dichiarato alla sua comunità di voler compiere l’opera sua ad ogrii costo.
E cosi tutti sono contenti : nella comunità
si fa di tutto (tranne l’essenziale, Tunica cosa di cui davvero fa bisogno...); il pastore
si occupa di tutto (tranne della salvezza delle anime); ed i fedeli discutono con impegno
di tutto (tranne della gravità del loro peccato), perchè tutti hanno ragione (tranne Dio
che, si sa, ha il gran torto di essere sempre
di parere contrario : o non lo chiamano il
giudice iniquo?). I surrogati della vocazione
pastorale hanno fatto, da soli, quel piccolo
miracolo.
Ma della vera chiesa cristiana che, agli
inizi del cristianesimo, fu creata dal bagliore improvviso, accecante, di una vita nuova.
mai osservata prima d’allora, la chiesa, che
era una famiglia, il cui capo ripeteva la sua
autorità dal Capo supremo di tutte le famiglie, Dio - di quella comunità-famiglia, di
cui l’autorità e la fede sono le incrollabili
colonne fondate sulla Parola, non c’è oggi
più traccia.
Berto da Ornala
Il posto della Bibbia
nell’Europa odierna
Ginevra (soepi) — Oltre cento rappresentanti di Chiese, Società bibliche e altre organizzazioni internazionali si son riuniti dalTIl al 14 settembre a Saiiit-Cergue (Vaud)
sotto l’egida della Conferenza europea delTAlleanza biblica universale. L’ex vescovo
di Berlino, il past. Kurt Scharf. vicepresidente delTABU, ha presieduto la conferenza
che aveva come tema: « Il posto della Bibbia
nella società europea attuale ». Rappresentanti del Terzo mondo, delle Chiese ortodossa e cattolico-romana hanno parlato del posto
che la Bibbia ha nei loro paesi.
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r
N. 37 — 22 settembre 1967
UNA NUOVA TEOLOGIA?
Un Evangelo per l'uomo secolarizzato? — Bonhoeffer e i suoi epigoni — Una teologia cristiana autentica non
può partire daM'uomo e incentrarsi su di lui — Badiamo a non 'saltare' la croce nel suo significato più profondo
e originario — Se «Dio è morto» è perchè abbiamo voluto ucciderlo. Figli prodighi, gli abbiamo detto: «Dacci la parte di beni che ci spetta»: abbiamo avuto i nostri beni, e ci siamo separati — L'Evangelo, oggi, deve
chiamare a ravvedimento l'uomo moderno e la sua cultura, che si sono resi autonomi 'evacuando' Dio e perdendosi in un illusorio «nuovo ottimismo» — L'apostolo Pietro, nella sua predicazione, ci mostra la via della
nuova teologia per i tempi nuovi.
SEGUE DALLA TERZA PAGINA
che non credevano in Dio, il suo grido provocò un gran riso... "Dov’è andato Dio?
— gridò — Ve lo dirò io. L’abbiamo ucciso,
voi ed io” ».// folle descrive quindi le conseguenze di quest’atto: « ”È ancora in alto,
in basso? Non andiamo errando come in
un deserto infinito? Non sentiamo il soffio
del vuoto sul nostro volto? Non fa ancor
più freddo? Non viene sempre notte,
sempre più notte?... Dio è morto! Dio rimane morto! E siamo noi che l'abbiamo
ucciso! Come ci consoleremo, noi, assassini fra gli assassini?” 1 suoi interlocutori tacevano e lo guardavano con stupore... ’’Arrivo troppo presto — disse allora — il mio
tempo non è ancora venuto. Quest'evento
enorme è ancora per via, in cammino... Ci
vuole del tempo, per il lampo e per il
tuono... Quest'azione resta ancora loro più
lontana delle più lontane costellazioni, eppure l'hanno compiuta loro!” ».
Nietzsche dixit. La nuova teologia
considera queste sue parole come
un’espressione adeguata di ciò di cui è
testimone la cultura occidentale degli
ultimi secoli. Più il mondo guadagna
autonomia, più Dio diviene superfluo.
Il Padre nostro che è nei cieli, il Creatore della natura, il Signore della storia, colui che ascolta le preghiere degli uomini, il gran Sovrano la cui
Provvidenza veglia su tutto e su tutti
— questo Dio, in un processo lento,
ma inevitabile, è sparito dalla vita dell’uomo moderno. È morto.
Ciò non significa che per i teologi
della nuova generazione « Dio è morto » sia l’ultima parola ; non è una
confessione di fede, ma un sentimento, un’esperienza o una conseguenza
della situazione spirituale in cui ci
troviamo. Permettetemi di chiedervi:
chi non prova, nella sua vita, qualcosa di una simile esperienza? Anche i
cosiddetti « buoni cristiani » della nostra generazione. Dio non ha più per
noi lo stesso peso che ha avuto per i
nostri nonni. Nella maggior parte dei
casi in cui questi pregavano, noi cerchiamo oggi di trarci d’impaccio con
la medicina, la tecnica, le opere sociali, la politica. Se Dio non è morto,
la sua importanza è tuttavia ben calata nelle Chiese.
A questo punto, il prof. Berkhof esamina ampiamente tutta una serie di « teologi
— protestanti, e un cattolico — della morte di Dio ». Non riportiamo qui questa
parte; ricordiamo che è stata efficacemente
presentata in Italia da Paolo Ricca, in un
volumetto della Claudiana.
Ritorniamo a Nietzsche e al suo
folle. Bisogna notare — e il silenzio è
eloquente — che per lo più il grido di
disperazione del pazzo non è citato
che a metà. Non grida soltanto « Dio
è morto ! », ma anche « L’abbiamo uc
ciso, voi ed io! Come ci consoleremo,
noi, assassini fra gli assassini? ». I
teologi della « morte di Dio » pretendono spesso che Nietzsche non dichiarava morto se non il Dio della religione tradizionale e della metafìsica, il
Dio che è « lassù », non il Dio vivente,
ma la sua caricatura. Ecco un grave
errore d’interpretazione. Questi teologi sottovalutano la conoscenza che
Nietzsche aveva della religione cristiana, che era pure stata sua. Egli vide
che la cultura occidentale stava escludendo dalla sua orbita il Padre di
Gesù Cristo; cosi era già nel campo
della scienza, con il suo ateismo metodologico apparentemente indiscutibile,
che scartava sistematicamente i grandi problemi del senso e del fine della
vita. Nietzsche vedeva in questa evoluzione non un progresso meccanico
di secolarizzazione, ma una decisione
cosciente da parte deli’uomo moderno
di dar libero corso alla sua volontà
senza che alcuna costrizione esterna
venisse a limitarla. Nietzsche sapeva
che l’uomo divenuto adulto avrebbe
dovuto attraversare una oscura notte
prima di comprendere le parole del
folle : « Non dobbiamo diventare dèi
noi stessi per apparire, almeno, degni
di essa?» (dell’uccisione di Dio). Solo
un superuomo può dispensarci dalla
morte di Dio.
L’epoca del superuomo non è ancora venuta, ma l’uomo « adulto » è apparso e ha ucciso Dio. Ci railegramo
tutti delle numerose conquiste dell uomo neila nostra epoca moderna di tecnica e di razionalizzazione. Siamo stati liberati da molti miti, da molti tabù,
da ingiustizie e sofferenze d’ogni genere. La nostra vita è divenuta molto
più confortevole. Più felice? I pareri
divergono. Il pessimismo domina la
letteratura e il cinema, che riecheggiano la nostra solitudine, la nostra paura, la nostra noia e rivolgono contro
la nostra cultura una protesta i cui
accenti ricordano spesso quelli dei profeti dell’Antico Testamento.
Non cosi la pensano gli adepti della teologia « di moda ». Hanno come
punto di partenza il mondo secolarizzato e senza Dio che abbiamo costruito, e lo considerano buono, per non
dire normativo. Per loro è bene che
Dio sia morto, poiché in tal modo
sono scomparsi molti elementi quasi
sacrali e il mondo è finalmente divenuto intellegibile e suscettibile di essere padroneggiato. Gli adepti di questa nuova teologia vivono in quello
che 'W. Hamilton chiama un «nuovo
ottimismo ». Il Dio che cercano deve
adattarsi a questa secolarizzazione e
salutarla con un « sì » senza riserve.
Credono che con la nostra cultura moderna sia morta solo un’immagine tradizionale di Dio.
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Una nuova morale?
SEGUE DALLA TERZA PAGINA
gnificato più alto della storia. Le opposizioni restano, ma le tensioni divengono creatrici e formatrici. In questa ricerca reciproca del senso della
storia si rivelano le dimensioni più
profonde della vita personale dell’uomo e la pienezza di quello che chiamiamo l’essere umano appare con più
chiarezza che quando esso rimane
nell’isolamento, chiuso in sè. Sono qui
in gioco le leggi e le forze ultime e più
profonde della storia, e il suo scopo.
In questo problema gli interlocutori
dialoganti devono ascoltarsi a vicenda
in un atteggiamento positivo e aperto.
In questa lotta a viso aperto risulta
chiaro quello che noi cristiani intendiamo quando parliamo di rivelazione
nella storia.
2. - Il cristiano vive come cittadino del suo Stato e dell’ordine terreno,
partecipa alla cultura in tutte le sue
ramificazioni e sfumature, e naturalmente dà prova di sè là dove vive. Eppure, egli vive in tensione incessante
con la società secolare. In certi momenti egli discerne le contraddizioni
risultanti in tutti i campi della vita
sociale alla luce del fine supremo, individuato in base alla sua fede; in altri momenti, egli vive in seno a una
comunità di fede che trascende tutte
le strutture della società (Stato, razza,
popolo, classi economiche, culture).
Può essere minacciato da due pericoli
assai reali: l’uno è che la comunità di
fede si trasformi in un’ordinaria istituzione umana; l’altro è che, al contrario, essa si installi in un’opposizione di principio nei confronti della società secolare. Questi due pericoli sono del resto componenti costanti di
ciò che chiamiamo la storia della
Chiesa e mettono i cristiani in grado
di dare una giusta soluzione ai problemi che derivano. Questa comunità
di fede, che chiamiamo Chiesa, reca
tutti i segni della vita secolare dell’uomo, eppure è — o dovrebbe essere — un riflesso di ciò che abbiamo
indicato essere la Rivelazione nella
storia.
* * *
Molte cose si trasformano nelle nostre relazioni umane. Molte parole del
passato hanno perduto il loro peso e
la loro forza persuasiva. Per l’uomo
secolarizzato la storia non ha principio nè fine. La vita è caduta nelle mani dell’uomo, abbandonata in preda
dell’intelletto, della forza inventiva,
dell’abilità tecnica, dell’applicabilitá
pratica o pragmatica. Tutto ciò lo dobbiamo capire nella nostra situazione
particolare .
Eppure, malgrado tutte le trasformazioni, i problemi umani permangono immutati:
— Qual’è il senso della vita?
— Qual’è il fine della storia?
— Chi è il Signore della storia?
— La nostalgia del sacro, dell’irraggiungibile.
— Il mistero dell’uomo, di ciò che è
umano, che supera qualsiasi conoscenza e qualsiasi tecnica.
— La responsabilità.
— La supremazia dell’amore e della
misericordia.
— La fedeltà nella vita personale e
sociale.
— La libertà sotto la legge e la legge che garantisce la libertà.
— La speranza, nonostante le disillusioni, il peccato e la potenza del
male.
« * «
Per il cristiano e per la sua Chiesa
tutto ciò implica una ricerca incessante della dimensione più profonda del
messaggio profetico ed evangelico. Al
tempo stesso, una larga apertura di
fronte a tutte le grandi trasformazioni
del mondo. Oggi la vita non può più
essere comandata e disciplinata in
modo autoritario. Ancora, forme e
espressioni nuove dell’amore e della
fedeltà. Dobbiamo imparare dall’uomo secolarizzato e rinunciare ad ogni
orgoglio, a ogni ipocrisia, a ogni senso
di giustizia autonoma.
Ma, inversamente, il mondo del tutto secolarizzato non può, neppure esso, esistere senza il sacro, senza il
mistero dell’umano, dell’amore e della
misericordia, senza una speranza per
l’avvenire. Hic Rhodus, hic salta.
Josef L. Hromadka
Nietzsche pensava invece che la nostra cultura autonoma aveva ucciso
Dio in virtù di una profonda decisione dell’uomo. Chi pensa che Nietzsche
ha penetrato la nostra cultura con
una profondità molto superiore a quella di coloro che oggi non lo citano che
a metà, non scruterà l’orizzonte più a
lungo e con maggiore disperazione di
loro per sapere dove mai Dio potrebbe
ancora essere, nel quadro di questo
sistema in cui l’uomo è re. Chi ci garantisce che troveremmo qualco.sa di
valido? Abbiamo detto : « Dammi la
parte di beni che spetta ». Dio ci ha
dato il nostro bene e ci siamo separati.
Una teologia veramente nuova, per
tempi nuovi, non può assumere come
punto di partenza la nostra cultura in
uno spirito conformista, ma deve studiare in modo profetico le cause profonde.
* * *
Come procedere? Con quale diritto diremo ai nostri simili : « Abbiamo ucciso Dio ! »? Ricordiamo un uomo, Pietro, che un giorno ha detto
proprio quello ai suoi compatrioti : « Quest’ uomo... l’avete crocifìs
so, l’avete fatto morire per mano di
empi... Avete rinnegato il Santo e il
Giusto... Avete fatto morire il Principe della vita» (Atti 2: 23; 3: 14-15).
« L’abbiamo ucciso » — tale la « punta » del messaggio neotestamentario.
Gli ebrei, nostri rappresentanti, e anche noi, l’umanità non abbiamo sopportato la presenza di Dio. La predicazione insiste assai troppo poco su
quest’aspetto dell’Evangelo. Parliamo
volentieri della croce, quale segno
dell’amore e del perdono di Dio, e
dimentichiamo che nel kerygma,
nel messaggio cristiano più antico
— qual’è quello che ritroviamo nei discorsi di Pietro riportati dal libro degli Atti — la croce parla un linguaggio ben diverso : è il segno della nostra
inimicizia contro Dio. Quando Dio è
davvero venuto a noi, come prossimo
dei suoi prossimi, l’abbiamo espulso;
lo rifaremmo anche oggi, in uno stile
più moderno. Perciò Paolo può rudemente definire l’uomo, anche nella
sua religiosità, «empio» (Rom. 4: 5;
5: 6), «senza Dio» (Ef. 2: 12). Tutte
le parole chiave della Bibbia — rivelazione, Parola, peccato, grazia, riconciliazione, ecc. — presuppongono che
siamo uomini per i quali Dio è morto,
perchè abbiamo preferito le tenebre
alla sua luce.
Ed eccoci ricondotti al Bonhoeffer
autentico, nella totalità del suo messaggio: «Dio si lascia sloggiare dal
mondo e inchiodare sulla croce. Dio
è impotente e debole nel mondo, e soltanto così è con noi e ci aiuta». Forse Bonhoeffer avrebbe dovuto parlare, a questo punto, con più vigore
della risurrezione, quando si è riferito
a Pietro. Gesù risuscita in un mondo
che continua a crocifìggerlo e che, nell’autonomia che ha desiderato ardentemente e che gli è stata accordata,
continua a uccidere Dio.
Una teologia non sarà realmente
utile se non ha il coraggio di cominciare da qui, gettando un ponte verso
l’uomo di oggi. Possiamo diventare
uomini moderni per gli uomini moderni, non ammirandoli e approvando il
loro punto di partenza, ma esortandoli, come Pietro ha fatto con i suoi
compatrioti : « Ravvedetevi.. e riceverete il dono dello Spirito Santo... Salvatevi da questa generazione perversa» (Atti 2: 38, 40).
Così — mi pare — Pietro ci mostra
la via della nuova teologia per i nostri
tempi nuovi. La teologia che oggi si
afferma « nuova » è essenzialmente
centrata sull’uomo: l’uomo non è invitato a convertirsi, ma lo si considera come la norma della « autenticità »
della rivelazione che viene a lui, e lo
si mette al centro del sistema. Una
nuova teologia che desideri di prendere veramente sul serio la generazione attuale metterà in luce che la
sua situazione è quella di una « generazione perversa ». Questa teologa deve dirle che il mondo secolarizzato,
adulto e autonomo che ha costruito
è l’espressione culturale più alta e
più logica dell’atteggiamento che è
stato rivelato nella croce di Gesù.
Ma cerchiamo forse una teologia di
« restaurazione »? Niente affatto. Anzitutto perchè l’antica cultura cristiana non era, sotto molti aspetti, che
una tappa camuffata e meno coerente della nostra. In secondo luogo perchè salutiamo con gratitudine nella
nostra cultura tecnica tutto ciò che
costituisce, ai nostri occhi, un’esecuzione dell’ordine della creazione : « Assoggettatevi la terra ». La malattia della
nostra cultura sta nell’alternativa fatale : aut-aut, pretendendo erratamente che si sia maggiorenni o minorenni,
autonomi o eteronomi. Ma l’uomo è
« responsabile », ecco una terza soluzione. È stato creato per rispondere
alla Parola che lo chiama ad essere
un uomo vero.
« Ravvedetevi... e riceverete lo Spirito Santo ». Ora che la via della nostra secolarizzazione ci ha portati fino
alla morte di Dio, comprendiamo di
nuovo perchè è necessario un atto, un
dono particolarissimo dì Dio, affinchè
perveniamo alla vita vera.
« 'Vieni, Spirito Creatore ! ».
Hendrikus Berkhof
I fotso residenziale per inse|iianti di reli|ione
Torre Pellice • Foresteria Valdese
26 - 28 settembre
PROGRAMMA
26 settembre :
Mattino: Commento e discussione di un testo biblico. G. Tourn : Presupposti teoioci dell insegnamento biblico (Perchè la Chiesa insegna? Il valore della tradizione).
Pomeriggio: Problemi di critica biblica ed esame di recenti pubblicazioni.
27 settembre :
Mattino: Commento e discussione di un testo biblico. R. Eynard : Presupposti psicologici delVinsegnamento biblico (Cos’è il « sentimento religioso »? Il valore delle storie bibliche. Serve un linguaggio religioso?).
Pomeriggio: Problemi di critica biblica e discussione sulle due relazioni.
28 settembre :
Mattino : Commento e discussione di un testo biblico. R. Eynard : Presupposti pedagogici delVinsegnamento biblico (E’ possibile un insegnamento puramente « obiettivo » della religione? I programmi vigenti sono veramente fatti per i bambini?
E’ valido l’insegnamento della storia valdese?).
Pomeriggio : Esame di esperimenti didattici( lav. di gruppo).
Le iscrizioni devono essere comunicate al past. Giorgio Hourn - Agape - Prali,
oppure al past. Achille Deodato, via dei Mille, 1 - Pinerolo. Gli interessati riceveranno copie ciclostilate di due esperimenti didattici, di cui si riferirà anche al Corso.
Si ricorda che è possibile soggiornare per tutta la durata del Corso presso la Foresteria Valdese di Torre Pellice.
L'ecumenismo sta perdendo
la sua carica profetica
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
del rapporto con il Signore, rapporto inteso
da Roma e da moke Chiese del C.E.C. in
modo diverso?
Dobbiamo riconoscere, con profonda
umiliazione, che se oggi si vogliono affermazioni chiare in fatto di « ecumenismo »,
bisogna spesso andarle a cercare a Roma.
Su « L'Osservatore Romano » del 16 c. m.,
in prima pagina e con rilievo, viene riportato un articolo del vescovo Villebrands,
segretario del Segretariato per l'Unione dei
Cristiani, sul lavoro del Gruppo misto, di
cui sono presidenti il card. Bea e il pastore
Carson Blake, segretario generale del C.E.C.
I. 'Willebrands traccia la trafila dell'atiiività del Gruppo e cita ampiamente la lettera con cui il card. Cicognani, segretario di
Stato vaticano, aveva risposto a nome di
Paolo VI al presidente cattolico del Gruppo
misto, esprimendo il positivo parere pontificio sul suo rapporto.
« È indubbia dunque la volontà della
Chiesa cattolica — scriveva il 7 agosto 1967
il card. Cicognani al card. Bea — di collaborare nello sforzo ecumenico universale.
Il suo slancio è basato sui documenti conciliari che trattano dell'unità. Offrendo questi testi al mondo intero la Chiesa cattolica
ha voluto fare sapere in quale spirito e secondo quali principi essa partecipa a questa ricerca collettiva dell’unità cristiana che
è il "movimento ecumenico". Alla luce di
questi documenti conciliari sarà perfettamente compresa la posizione cattolica
espressa nel "Secondo Rapporto" ».
Il vescovo 'Willebrands commenta: « Vorremmo qui rilevare certi passaggi del Secondo Rapporto. Ripetutamente si dice che
il movimento è unico. Che cosa si vuol dire
con questo? Nient’altro che quello che il
S. Padre dichiarava a Bombay. La ricerca
dell’unità è una ricerca collettiva. La Chiesa cattolica partecipa a questa ricerca che
parte dai quattro angoli dell’orizzonte cristiano. Essa non vuole agire isolatamente;
essa non fa parte a sè. Ma la sua azione è
sempre ispirata alla sua dottrina sulla Chiesa e sull’unità... Non dobbiamo del resto
confondere "il Movimento ecumenico” con
il "Consiglio mondiale delle Chiese". Sono
due realtà nettamente distinte. Il movimento ecumenico è la ricerca collettiva dell’unità cristiana cos) come si è manifestata
soprattutto negli ultimi quarantanni. Il
Consiglio mondiale delle Chiese è uno degli
strumenti di questa ricerca, ma non il solo.
Il movimento ecumenico è un fatto sociale
del mondo cristiano di oggi. Il Consiglio
mondiale delle Chiese invece è una istituzione al servizio di questo movimento ecumenico e non rivendica affatto il monopolio della ricerca dell’unità... Per questa ragione il Rapporto ha potuto dichiarare che
il servizio dell'unità cristiana poteva passare per altre vie e che l’azione della Chiesa cattolica per l’unità di tutti i cristiani non
richiedeva perciò la sua appartenenza al
Consiglio mondiale delle Chiese. Queste affermazioni sono preziose e chiarificheranno
per l’avvenire la collaborazione tra il Consiglio mondiale delle Chiese e la Chiesa cattolica. due istituzioni che rimangono indipendenti una dall’altra, ma che vogliono
stabilire tra di loro i rapporti più adeguati
per un migliore servizio dell’unità di tutti i
cristiani ».
Mi pare che se ne possano trarre queste
considerazioni :
1) l'attività ecumenica della Chiesa romana è precisata e delimitata dai documenti conciliari e soltanto alla loro luce (globale, non frammentaria) può essere rettamente valutata; chi li ha letti sa che cosa
ciò significhi e non si fa illusioni sul gran-,
dioso, paziente, comprensivo programma di
cattolicizzazione dell'ecumenismo.
2) Roma rivendica — ma senza alcun
fondamento storico, e tanto meno dogmatico — una parte di primo piano nel
movimento ecumenico degli o ultimi quarant'anni »; una delle vie sarebbe stata quella ginevrina, l'altra quella romana. Questa
è l'arte del cuculo, che fa le uova nei nidi
altrui . Ma a parte questa precisazione di
carattere storico, non si possono considerare la via ginevrina e quella romana come
due vie parallele e affini. Roma non ha mai
attinto, fino a oggi, l'umile livello ecumenico. C'è forse da chiederci se non se ne
stia insensibilmente e gradatamente distaccando l'istituzione ecumenica ginevrina; ma
comunque è nell'ambito di quel movimento,
e non altrove, che ha agito l'autentico profetismo ecumenico del nostro secolo.
3) Poiché i rapporti Vaticano-C.E.C. si
situano oggi a livello di relazioni fra istituzioni — senza veri interessi e, ahimè, senza vere pregiudiziali di carattere dogmatico, cioè di fede — non posso che riprendere queste giuste osservazioni fatte da Giorgio Girardet su « Nuovi tempi » (3 settembre 1967) e che sono state subito notate da
parte cattolica: «Qui si tratta di istituzioni. Ora si deve constatare che nei confronti
del cattolicesimo il C.E.C. sembra aver perduto lo slancio profetico che lo caralierizzava quando richiamava tutte le chiese a
una vera conversione a Cristo, trasformandosi in uno strumento d’integrazione confessionale. Su questo piano il Consiglio
ecumenico non può che perdere. La superiorità numerica e organizzativa del cattolicesimo e lo strano fascino che esso . ' ' ta
su un certo tipo di alte sfere ecclesiasnche
lascia prevedere che sul piano istituz o t de
il Consiglio ecumenico potrà finire per ridursi a un appendice, sia pure impoi ’ e,
deli’ ecumenismo cattolico ». Fascino a
parte, aggiungerei soltanto che la « so.neriorità » cattolica non risalta solo sul mano
numerico e organizzativo, ma, oggi, prenno
sul piano della coerenza e deirapproioitidimento dogmatico : e le idee sono sempre la
spina dorsale dei fatti. Comunque i. Signore giudicherà la direzione in cui pi-.ocede, Roma sembra oggi sapere molto moglio
di noi quel che vuole e dove va.
Ci troviamo insomma sempre di nuovo di
fronte al problema doloroso della cris, di
autorità nelle Chiese della Riforma. Da: niii
grandi consessi ecclesiastici al nostro niccolo (?) sinodo, da molte delle piu note
cattedre teologiche al più modesto dei nostri pulpiti, noi avvertiamo questa crisi profonda, quest’assenza quasi totale di un insegnamento, di una predicazione che siano
« dimostrazione di Spirito e di potei,za »
(1 Cor. 2: 4). La Parola di Dio si è f uta
rara. Forse così deve essere in questo momento. Ma quello che non deve essere è
che ne soffriamo cosi poco, che la chiediamo e la cerchiamo così poco, che cen hiamo così leggermente o vilmente dei .urrogati.
Avevo fatto risonare questa nota, riferendola alla nostra situazione valdese p.ostsinodale. nell’editoriale di tre settimane là :
« Carenza di autorità ». Il direttore de
« L'Eco del Chisone». G. Mercol , lo ha
notato e nel numero del 7 settembre ne ha
riportato una parte, individuandovi « sintomi del travaglio che pervade attualmente la
Chiesa Valdese: travaglio che auguriamo
sia una crisi di crescenza per una più approfondita presa di coscienza del messaggio evangelico » Non voglio fare il processo alle intenzioni, tuttavia è opportuno
chiarire che questo senso anche doloro.so
di crisi e di carenza non ci rende nostalgici nei contronti di un’« autorità » che si
presenta come l’ovile sicuro, come la
materna infallibile maestra, ma che sappiamo, oggi come ieri, non esserlo. Ci
spinge piuttosto a invocare — come ci ricordava il prof. Berkhof nella sua stupenda
conferenza all’Assemblea riformata di Torre Pellice (v. in 3“ pagina) — « Vieni, Spirito Creatore » : non c’è altra autorità se non
quella che egli esercita rendendo viva la
Bibbia, facendone la sua parola e costringendoci a levare gli occhi a una dimensione
che sempre dimentichiamo.
« Io aspetto l'Eterno, l’anima mia l'aspetta; io spero nella sua parola» (Sai. 130).
« Manda la tua luce e la tua verità; siano
esse a guidarmi » (Sai. 42).
Gino Con7e
Direttore resp. : Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. .Subalpina s.p.a. . Terre Pellice (Toì
Pensione Balneare
Valdese
BORGIO VEREZZI (Savona)
Direttore: F. Chauvie
Spiaggia propria
Ideale per seggio:
estivi e invernali