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I
Anno 119 - n. 16
22 aprile 1983
L. 500
Sped. aUxmamento postale
I gruppo bis/70
Elio
via calumi
10066 TORRE raLLlGE
Lib irta
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
UNA VALUTAZIONE DEL VENTENNIO NELL’ANNO DEL CENTENARIO DI MUSSOLINI
« Solo dal reciproco riconoscimento tra l’Organizzazione per la
liberazione della Palestina (OLP)
e Israeie potrà iniziare una nuova era di pace. E senza pace non
c’è futuro per ebrei e palestinesi. Perciò è importante, come
cristiani, sostenere oggi chi cerca
sinceramente il dialogo tra le
parti in vista di una soluzione
politica che assicuri una patria
ai palestinesi e il diritto di vivere ad Israele ». Questa frase di
una giovane dirigente palestinese, che ho ritrovato tra gli appunti di una recente intervista
fatta in Galiiea, mi è tornata subito alla mente leggendo dell’uccisione, avvenuta in Portogallo,
dell’esponente palestinese Issam
Sartawi: uomo di pace. Lo stesso Sartawi, giorni prima, aveva
avuto tragici presentimenti quando dichiarò a « Le Quotidien de
Paris » che gli chiedeva se non
aveva paura di perdere la vita
impegnandosi per un accordo tra
rOLP e Israele: « Resto fedele
alle mie idee e ai miei amici, palestinesi come israeliani, ma so
che qualcuno mi vuole male e che
i miei nemici si trovano forse nei
nostri ranghi, all’interno della nostra organizzazione. Sono rischi
che corro, e spero che, se dovessi
morire, altri continuino il lavoro già fatto ».
Ucciso Issam Sartawi, il partito della destabilizzazione ha
segnato un punto a favore. Ma
soltanto con la forza delle armi.
Gli effetti di questo delitto, compiuto nel pieno dei lavori dell’Internazionale socialista, che trattava prioritariamente il problema della pace in Medio Oriente,
si fanno già sentire: la tensione
tra Siria e Israele è incandescente, re Hussein di Giordania non
appoggerà più il negoziato Egitto-America-Israele, mentre dall’America la sottocommissione del
Congresso per gli aiuti aU’estero
ha già promesso di aggiungere a
fondo perduto per il 1984, 365 milioni di dollari (cinquecento miliardi di lire) per Israele. E possiamo immaginare come verranno spesi. La volontà del dialogo
e della ricerca di una soluzione
politica incruenta tra palestinesi
e israeliani sembra dunque destinata a fallire. Né è sufficiente a
calmare gli animi il gesto di Ara-i
fat, leader deU’OLP, che ha inviato come sostituto di Sartawi
il giornalista franco-israeliano
Ilan Halewy, anch’egli uomo del
dialogo e fortemente critico sull’attuale politica israeliana, alla
seduta conclusiva dei lavori dell’Intemazionale socialista. Certo
non basta sostituire un uomo
con un altro per risolvere il problema. Ma è pur sempre un’indicazione per comprendere come
il partito della ragione, del. dialogo, ché ha una maggioranza
numerica all’interno dell’OLP, intende andare ancora avanti sulla
via stretta e difficile del negoziato e degli accordi politici. Purtroppo non è questa maggioranza che determina il clima medioorientale ma sono le minoranze
estremiste, che con quattro pistolettate vaniflcano mesi di lavoro delicato e pieno di speranza. Solo isolando il terrorismo,
da una parte e dall’altra, si potrà percorrere eon più speditezza
la dilBcUe via della pace.
Giuseppe Platone
Fascisti “Per Necessità Familiari"?
Alla tesi che accusa il popolo italiano di essersi identificato col fascismo voltando bandiera
solo dopo il 25 aprile si contrappone la tesi di un popolo che lo ha subito senza mai accettarlo
Tra i centenari del 1983 c’è anche quello della nascita di Mussolini, che ha dato il via a due
filoni di celebrazioni.
Il primo, affidato a compiacenti intervistatori, tende a rivalutare la figura umana di Mussolini, mostratoci come padre affettuoso, come marito fedele nonostante le sue molte infedeltà,
come persona disinteressata, come uomo a volte sensibile anche
alle situazioni personali dei suoi
avversari politici. Una celebrazione, tutto sommato, accettabile, nonostante qualche stridore.
Il secondo, più pericoloso e
antistorico, tende invece a rivalutare, attraverso la persona di
Mussolini, il fascismo, ridando
fiato a nostalgie e rievocazioni
ancora pericolose. E il modo
adottato non è solo quello di ricordare le affermazioni in positivo del fascismo, come il largo
consenso intemazionale durato
a lungo, o Tawio delle autostrade, o l’impulso dato all’agricoltura del latifondo con la battaglia del grano, o i treni popolari, o il nastro azzurro del Rex,
o quant’altro si può serenamente ricordare.
Più subdolo e più diffuso è in
vece un altro modo di valutazione. Quello secondo il quale il pc>
polo italiano non avrebbe il diritto di recriminare e di condannare il fascismo, in quanto si
è sostanzialmente identificato
con esso per molti anni, e si è
accorto di essere antifascista solo dopo il 25 aprile 1945. In altre
parole, non tanto si esalta il fascismo, quanto si condanna l'antifascismo che, per l’insieme del
popolo italiano, sarebbe stato solo uno dei tanti casi di voltagabbana collettivi, che non sono
estranei alla storia d’Italia. E a
sostegno di questa tesi si citano
le adunate oceaniche (dimenticando come venivano organizzate e come i gruppi di plauditores che fornivano loro la colonna sonora erano accuratamente
predisposti) l’adesione molto larga alla campagna etiopica, i volontari di Spagna (come se i
« cafoni » di Fontamara fossero
diventati fascisti perché accettavano per vivere un salario di
morte), e dipingendo, con questo ed altro, il fascismo come un
fatto storico sviluppatosi coerentemente dal ’19 al ’45, tra il crescente consenso del popolo italiano.
In realtà le cose stanno ben diversamente, come ben sa chi ha
vissuto dall'inizio alla fine il fascismo in età che permetteva di
comprendere.
Il primo fascismo, quello di
Mussolini, aveva una matrice
culturale anarchico-sindacalista
con forti accentuazioni patriottiche (alla Corridoni per intenderci) e si risolse nel fiasco elettorale ottenuto quando si presentò da solo, pur avendo, sul piano
patriottico, l’appoggio di uomini
come Toscanini. Questo fascismo,
in coerenza col suo programma,
appoggiò anche l’occupazione
delle fabbriche, con la visita personale di Mussolini alla fabbrica
occupata di Dalmine.
La rivitalizzazione di questo
aborto politico cominciò quando
al fascismo si interessarono gli
agrari della Padania e del Veneto, e, in un secondo tempo, anche i grandi industriali. Gli Arrivabene, i Balbo, i Dino Grandi,
i Farinacci trovarono nel fascismo la possibilità, per gli agrari
che rappresentavano, di sconfiggere le Coonerative, le Leghe, le
Camere del Lavoro che si davano da fare per assicurare migliori condizioni di vita ai conta
ROMANI 14: 7-9
Appartenere al Signore
« Nessuno di noi vive per se stesso, e nessuno muore per se stesso; perché, se viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il Signore; sia dunque che viviamo o che moriamo, noi
siamo del Signore. Poiché a questo fine Cristo è morto ed è tornato
in vita : per essere il Signore e dei morti e dei viventi ».
« Nessuno di noi vive per se
stesso ». Che affermazione perentoria! Ma possiamo dire che sia
reale per noi? Salvo qualche raro slancio in cui dimentichiamo
noi stessi, dobbiamo ammettere
che viviamo per noi stessi. A volte mascherando il nostro egoismo: « non lo faccio per me... ».
Il solo fatto di avanzare questa
pretesa contiene il rischio della
ipocrisia. Siamo credenti evangelici sulla cui bandiera sventola il motto « vivere per il Signore », ma se siamo onesti non possiamo ignorare che spesso al centro della nostra vita ironeggia
beffardo il nostro io.
« E nessuno muore per se stesso ». Altra affermazione perentoria che lascia ancor più perplessi, soprattutto se accostata al
« morire per il Signore » che le
è contrapposto. « Giuro per te
Signor di vivere e morir », cantiamo ogni 17 febbraio dopo un
buon pasto, contenti, avendo alle spalle la nostra posizione sicura, garantita... Forse lo facciamo anche con un certo disagio,
non solo perché oggi nel nostro
paese il « morire per il Signore »,
nel senso del martirio, è un’ipotesi irreale, ma anche perché il
nostro morire normale, il morire nelle nostre chiese, nelle nostre famiglie, non sempre è un
« morire per il Signore », con serena consapevolezza dell’appartenere al Signore. Quanto più
spesso è un « morire per noi stessi », un morire ripiegati su se
stessi, aggrappati alla vita che
sfugge, oppure, in modo altrettanto egocentrico, un morire protetto con ogni cura dal « rendersene conto ».
Ma allora perché queste affermazioni cosi perentorie? Potremmo capirle conte esortazioni che
venissero incontro al nostro desiderio — sincero e nostalgico —
di essere « per il Signore ». Così
invece, nella forma di affermazioni indiscutibili, rischiano di
avepe un suono insopportabile o
di provocare un moto di stizza:
ma che razza di cristiani erano
dunque questi Romani a cui Paolo scriveva? Se li descriveva così erano dunque dei mostri della
fede, senza un'incrinatura, senza
una contraddizione? O era forse
Paolo ad essere un sublime illuso, un patetico idealista fuori
della realtà?
Il fatto è che l’affermazione di
Paolo sul vivere e morire per il
Signore rappresenta un dato di
fatto che non riposa sul carattere eccezionale di determinati
credenti, bensì sulla loro appartenenza al Signore. Come dice
altrove: « Non sapete voi che
non appartenete a voi stessi? Foste comprati a prezzo » (I Cor.
6: 19-20); o come dice nel nostro
testo: « sia che viviamo o _ che
moriamo noi siamo del Signore ». E questa appartenenza è il
risultato di un vivere e di un
morire del tutto particolari, anzi di un morire e di un rivivere,
di Cristo: « Poiché a questo fine
Cristo è morto ed è tornato in
vita: per essere il Signore e dei
morti e dei viventi »; o come dice Paolo altrove, « il Signore nostro Gesù Cristo è morto per noi
affinché, sia che vegliamo, sia
che dormiamo, viviamo insieme
con lui» (7 Tess. 5: 10).
In altre parole, il vivere e U
morire per il Signore non si fonda sulle sabbie rnobili del nostro
dubbio volontarismo, ma sulla
roccia di ciò che Cristo ha compiuto per noi nel suo morire e
risorgere; apparteniamo a lui
non per qualche nostra improbabile decisione, ma perché egli
ci ha comprati a prezzo della
sua vita.
Noi abbiamo bisogno di riscoprire il senso della nostra appartenenza al Signore, di riscopri, re cioè la nostra identità. Certo,
in astratto la conosciamo, la nostra identità evangelica non si
discute. Ma abbiamo bisogno di
riscoprirla sempre di nuovo nel
suo contenuto di appartenenza al
Signore. Viviamo in un tempo
che ha perduto il senso dell’ap
Franco Glampiccoll
{continua a pag. 12)
dini. E la copertura patriottica,
che rimase e fu a parole esaltata, non fu più sufficiente a nascondere la caratteristica classista di questo diverso fascismo.
Basti ricordare che la prima vittima « eccellente » della guerra
civile che si scatenò fu un prete
(Don Minzoni) oltretutto decorato di ^erra; che nel Veneto il
bersaglio privilegiato fu il repubblicanesimo dei fratelli Bergamo
(anche loro superdecorati) e
quello della medaglia d’oro Rossetti; che non solo le Leghe e
Coonerative rosse, ma anche
quelle di un rosa molto pallido
come Molinella, e quelle bianche
del cremonese furono le vittime
di quella guerra civile. Guerra
che fu vinta dal fascismo, grazie anche all’appoggio di organismi dello Stato, e che non ebbe
solo come vittime le personalità
i cui nomi tutti conosciamo, ma
le decine e centinaia di migliaia
di operai e di contadini, che non
solo occuparono largamente galere e ,cimiteri, ma alimentarono
una intensa emigrazione di gente che non andava « in cerca di
fortuna », ma di un ambiente di
vita e di lavoro diverso da quello imposto dai vincitori a tutta
l’Italia. Ho vissuto qualche anno
nel sud della Francia, e ricordo
molto bene come le campagne
fossero in larghissima parte occupate da agricoltori e contadini italiani, che avevano comprato le fattorie, perché non fuggivano dall’Italia solo per bisogno,
ma perché il fascismo aveva distrutto o rubato tutte le organizzazioni cui avevano dato vita
e che costituivano il tessuto socio-economico in cui erano stati
usi a vivere.
E così, nel 1925, questo fascismo vincitore « occupò » l’Italia.
E, come in tutti i paesi « occupati » la gente continuò a vivere,
a lavorare, a partecipare anche
alla vita collettiva del paese,
sempre con un sostanziale distacco dall’occupante. Calamandrei partecipò alla stesura del
nuovo Codice di Procedura Civile, ma non con questo divenne
Niso De Michelis
(continua a pag. 2)
SOMMARIO
n Le radici dell’ebraicità, di Giorgio Israel,
p. 3
□ Hai già pensato al
3%?, di Gianni Rostan, p. 5
□ Villar Perosa, un giorno del marzo ’43, a
cura di Giorgio Gardiol, p. 7
□ Informazioni dalla Comunità Evangelica di
Azione Apostolica, a
cura di Renato Cotsson, p. 8
□ Testimonianza e opere, di Giorgio Peyrot,
p. 11
□ Repressione in Cam
bogia, di Jean Clavaud, p. 12______
2
2 fede e cultura
22 aprile 1983
Fascisti “Per
Necessità Familiari”
(segue da pag. 1)
fascista. Croce offrì la sita medaglietta di deputato, in reazione
alla commedia delle sanzioni,
ma non per questo divenne fascista. E l’enorme maggioranza
degli italiani visse, lavorò, viaggiò sui treni popolari, sopportò
l’atmosfera pesante che il fascismo creava intorno a sé, ma non
per questo divenne fascista. Si
difese anzi con la interminabile
serie di barzellette (interpretando la sigla P.N.F. come « Per Necessità Familiari »); leggendo
l’Osservatore Romano e tutta la
stampa, libri e giomali, straniera che riusciva ad entrare in Italia, accettando tutto quanto di
buono l’amministrazione fascista poteva dare, ma rifiutando
la sua sostanziale sgradevolezza.
Il tutto sotto una cappa oppressiva, rappresentata dall’OWA e
dal Tribunale Speciale, che non
cessarono rnai di lavorare. Proprio come vivono i popoli in regime di « occupazione », durante il quale alcuni si alleano all’occupante, minoranze reagisco
no attivamente e la maggioranza aspetta la «liberazione».
Il che apparve in tutta la sua
evidenza, non dopo il 25 aprile,
ma ben prima, quando il fascismo cominciò a scricchiolare
sotto le sue insufficienze e cercò
salvezza appoggiandosi al nazismo tedesco, con quanto questo
comportò. L’antifascismo latente del popolo italiano apparve
allora ben chiaro e la Resistenza che ne seguì non fu più opera
di minoranze, ma agì in im ambiente generalmente favorevole.
Non vi fu contadino o montanaro che non aiutasse i partigiani,
non vi fu nelle città portinaia o
bottegaio che non aiutasse chi
ne aveva bisogno a sfuggire alla
caccia dei fascisti.
Sembra- quindi lecito, e storicamente valido, ritenere che il
popolo italiano fu vittima del fascismo e non fascista, e che quindi, allora come oggi, l’antifascismo ha avuto ed ha una legittimazione popolare che nessun
centenario può cancellare.
Per certo il fascismo è stato
un fatto storico, non giudicabile
solo sulla base delle reazioni individuali e collettive cui ha dato
luogo. Vinse le sue guerre civili
non solo in Italia, ma in Germania, Spagna, Ungheria, Romania
e dovunque mancava una radicata tradizione democratica. Ma
pare anche certo poter concludere che un regime e una cultura che volevano una società organizzata gerarchicamente e retta dalla violenza, non si possono giustificare solo perché le vittime della violenza non hanno
tutte reagito « usque ad sanguinem ». E che, se il fascismo è
stato un fenomeno storico, non
meno lo è stato l’antifascismo
che, in Italia più che altrove, è
stata una realtà, non solo per
opera delle poche migliaia di oppositori attivi, ma per opera di
tutti coloro che subirono il fascismo ma non lo accettarono
mai, né quando occupava il paese da vincitore di una dura guerra civile, né dopo.
Rispetto quindi, se si vuole,
per il defunto uomo Mussolini,
ma_ rifiuto di accettare la rivalutazione politica di quello che
l’uomo rappresentò nel nostro
paese. Rifiuto tanto più chiaro
per noi protestanti, che possiamo solo respingere una società
gerarchizzata e la violenza che
la tenne insieme.
Niso De Michelis
LUTERO E LA RIFORMA
Giustificazione per fede
LA SPEZIA — Per il secondo
incontro del ciclo « Lutero e la
Riforma» organizzato dal Centro Evangelico per il cinquecentenario della nascita del grande
riformatore tedesco, un centinaio
di persone si sono date appuntamento venercfi 25 marzo nella
Chiesa Metodista per assistere
ad una conferenza del pastore
Michele Sinigaglia sul tema « L’origine della giustificazione per
fede in Lutero ». L’oratore ha intrattenuto l’attento uditorio spiegando come Lutero sia giunto
all’elaborazione della dottrina
della giustificazione per fede partendo dall’interpretazione dei
Salmi. Alla conferenza ha fatto
seguito un dibattito animato,
come già nel primo incontro, soprattutto da cattolici interessati
a saperne di più su questo sconosciuto Lutero, che non manca di sbalordirli quando pretende che tutto avvenga da parte di
Dio mediante la Sua grazia senza alcuna collaborazione dell’uomo. L’incontro è stato aperto
dalTapprezzata esecuzione dell’inno di Lutero «Porte rocca è
il nostro Dio » ad opera di mi
coro, preparato e diretto da Anna Maria Sinigaglia e composto
da membri delle Chiese Battista, Metodista e Avventista della città. Anche questo è da mettere nel bilancio positivo della
attività di quest’anno del Centro, perché è la prima volta nella storia dell’evangelismo spezzino che membri delle nominate,
tre comunità si trovano insierrie,
anche se per ora solo per una
collaborazione musicale.
Attualità di Lutero
Ricordianno che la conferenza del
prof. Paolo Ricca su « Attualità dì
Lutero » pubblicata sul numero scorso dell'Eco/Luce, trasformata in volantino a 4 pagine (suppiemento « La
Luce documenti »), è offerta alle
chiese come strumento per la testimonianza interna ed esterna.
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mìnimo di 20 copie inclusa spedizione. Sconto del 10% per ordini da
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PAURA
DEL DISCREDITO
Era inevitabile che la poesia di Franco Barbero dedicata a Giovanni Paolo II
scatenasse reazioni più o meno violente
e aggiungerei anche isteriche. Certamente anch'io sono rimasto molto colpito e in un primo tempo direi anche
amareggiato, ma amareggiato lo sono
di più ora nel leggere le lettere pubblicate sulla « Luce », dove pare che all'unanimità si condanni senza possibilità di appello, lo scritto di Barbero.
Amareggiato... perché?... Perché ancora
una volta salta agli occhi il nostro perbenismo, il nostro scandalizzarsi, tipico dei bigotti, la paura di sporcarci le
mani così ben pulite!!??... La paura ora
di esserci screditati dinanzi all'opinione pubblica. Si tira in ballo che così
facendo viene incrinato l'ecumenismo
(quale ecumenismo??) che cosa penseranno di noi ora i cattolici? (neanche
ci conoscessero!!!). Ora io non vorrei
né assolvere Barbero, né tanto meno
urtarmi con i miei fratèlli valdesi (sono
metodista), Ma questo » perbenismo » è
tipico delle Valli Valdesi perché evidentemente vivono una realtà ben diversa
da altre comunità evangeliche in Italia,
dove ancora nel 1983 alle soglie del
2000 vengono additate come eretiche in
modo sprezzante dalla gerarchia cattolica. Tipico esempio nella mia città dove in occasione del referendum sulI aborto slamo stati paragonati senza
mezzi termini ai « nazisti ».
Ecco perché ora a mente fredda, non
mi scandalizza più la poesia di Barbero,
anzi nutro ammirazione per il coraggio di
quest'uomo, così travagliato anche dentro di sé, che ha saputo dire biblica
A colloquio con i lettori
mente ciò che noi protestanti di oggi
non sappiamo, o non abbiamo il coraggio
di dire!! Illuderci che questo fatto possa in qualche modo incrinare un ecumenismo più 0 meno mieloso mi pare
completamente fuori luogo, lo l’ecumenismo lo vivo con i miei fratelli cattolici sul posto di lavoro, al bar, per
la strada, non certamente a tavolino a
leggere più o meno in modo corretto la
sacra scrittura, se questo è ecumenismo preferisco senz’altro farne a meno.
Cari fratelli scandalizzati, stiamo chi più
chi meno, celebrando il 5“ anniversario
della nascita di Lutero e anche la stampa in genere, è concorde ad affermare
l'attualità di Lutero anche in questo nostro tempo.
Come si comporterebbe ora Lutero se
fosse nel 1983 in mezzo a noi? Né più
né meno come Barbero. Riprenderebbe
ad inveire contro questa chiesa che
continua a <■ schiaffeggiare » l'Evangelo riproponendo un « Anno Santo »! Di
Lutero forse non ci scandalizzeremmo
ma di Barbero, sì! Ma forse Lutero
rimprovererebbe certamente anche noi,
chiesa perbene, etichettata, con un suo
stile e perché no, molto accomodante.
La nostra identità protestante, forse
appartiene ormai al passato, preferiamo nonostante tutto il compromesso, il
non sporcarci le mani e soprattutto non
perdere la nostra faccia e vivere comodamente e in pace, nella nostra
« parrocchia ».
Cordialmente
Sergio Margara, Vercelli
UN MONDO
CI SEPARA
Centro Filadelfia
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Liceo Linguistico
(legalmente riconosciuto)
Filadelfia School of English
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e tedesca)
Centro Convegni
(seminari, raduni, corsi residenziali, traduzioni simultanee, uso
di locali)
Lo scalpore per la poesia di Franco
Barbero, per quanto indubbiamente dai
toni forzati, merita una riflessione. La
rubrica « A colloquio con i lettori »
è un indicatore molto interessante di
quello che bolle all'interno del protestantesimo italiano. Che improvvisamente si scateni tanto disappunto nei
confronti di un sacerdote mentre solo
saltuariamente si scriva su aspetti ben
più aberranti del cattolicesimo, è perlomeno sorprendente. Si potrà dire che
« chi tace acconsente », e cioè che in
fondo certe denunce provvede a farle
già il giornale, in quella maniera diplomatica che tanto piace ai lettori.
La mia impressione è però parzialmente diversa; in nome di un generico
ecumenismo si sta perdendo molto dello smalto polemico nei confronti del Vaticano, e questo in particolare nei semplici credenti evangelici. Il modo tiepido per esempio in cui vengono accettate le proposte per una campagna
a favore dell'esonero in massa dall'ora
di religione nella scuola, ma più in generale la passività con cui sono accolte
le prese di posizione della Chiesa di
Roma. Tutto ciò è la dimostrazione che
qualcosa sta cambiando e non certo in
senso positivo.
È normale a questo punto che sparisca la figura di un papa che fa « parti
uguali fra disuguali » nel suo viaggio
in America Latina e resti invece la critica per un sacerdote che denuncia questa situazione. Che non è poi un sacerdote come tutti gli altri, ma un uomo
nei confronti del quale la gerarchia ecclesiastica ha troppo spesso commesso le peggiori meschinità. Un teologo
di tutto rispetto, che ai cenacoli intellettuali preferisce però una scelta di povertà che lo porta a vivere fra la gente
con quello slancio evangelico di cui
proprio i « barba » valdesi ci hanno dato testimonianza.
E non si creda che certe posizioni
siano tanto Isolate. Chi frequenta l’ambiente delle parrocchie sa quanto sia
meno fondato di quanto si creda il mito
del pontefice « pellegrino di pace ». Fa
bene la Tev a dire che Barbero esprime una ,« visione della vita diversa dalla nostra ». Con questo e con un certo
perbenismo evangelico che apprezza così tanto i dialoghi rassicuranti pastoresacerdote (magari davanti a tante suore che ascoltano passivamente in silenzio), che ama portare a spasso per le
Valli credenti ohe improvvisamente scoprono da quante lacrime siano state
solcate (senza trarne le dovute conclusioni), con chi si scandalizza del
fischi dei sandinisti e ignora le migliaia di desaparecidos, con chi pensa
che anni santi, madriteresedicalcutta.
sindoni ecc. siano cose ormai divenute secondarie, occorre chiaramente dire che è un mondo ideale quello che ci
separa. Tullio Rapone
Comunità di Base di Torino
NB - Ovviamente il riferimento a madre Teresa di Calcutta non è riferito
alla sua esperienza di vita, discutibile
ma sempre rispettabile, quanto alle speculazioni che intorno alla sua vita vengono fatte.
DEMONIZZAZIONI
Caro Direttore,
vedo ohe la poesia di Franco Barbero,
dedicata a Giovanni Paolo II, ha scatenato aspre polemiche da più parti;
francamente, il tono in cui sono espresse le critiche mi ha colpita... Se don
Franco non è stato diplomatico, mi pare che i suoi accusatori dal canto loro
non brillino per democrazia, né per spirito fraterno.
È umano dissentire su un argomento,
ma bisognerebbe tentare di aprire un
dialogo cordiale, amichevole, senza dare il via a demonizzazioni o a linciaggi
verbali, se manca la serenità è difficile
avviare un colloquio valido.
Secondo me esagerano coloro che
parlano di ■■ volgarità », >■ immondizia »,
« insulto », il rispetto e l’educazione dovrebbero essere alla base di ogni polemica, altrimenti si degenera in una
rissa, sia pure per iscritto; è possibile,
mi chiedo, che ogni volta che qualcuno
si schiera su posizioni diverse da quelle
della maggioranza si verifichino reazioni
esasperate, si invochi addirittura la
censura da parte dei nostri redattori?
Personalmente, anche se a volte non
ne condivido del tutto il contenuto, ho
sempre apprezzato la chiarezza che distingue gli interventi di don Barbero:
esprime le proprie convinzioni con entusiasmo, sincerità e coraggio, ciò merita attenzione e rispetto. Di gente ohe
si barrica dietro alle mezze frasi, ai
« non so », 0 peggio ancora dietro a
un pavido silenzio, ce n'è già così
tanta! Ben venga chi parla apertamente,
generando discussioni e scambi di idee
(speriamo più civili in futuro), senza
ipocrisie. Edi Morini, Pomaretto
SCOPI POLITICI
Caro direttore,
ho letto attentamente le varie reazioni alla famosa « poesia » di Franco Barbero e la tua risposta. Fermo restando
che concordo in larga misura con quanto detto da una parte degli scriventi,
penso che la questione non sia tanto
la « vergogna ecumenica ». La questione è che abbiamo offerto il destro a
chi di dovere per il solito lamento
ecumenico, lamento tanto più facilita
to dal fatto che, effettivamente, di un
rifiuto si è trattato. Questo senza dire
una parola chiara che, quella sì, non
poteva che far dispiacere agli amici cattolici, almeno se non si volevano evitare quelle « frasi volutamente polemiche » senza le quali non si arriva a dire tutta la verità, in questo campo. La
verità è che ci sono decine di diversi
ecumenismi, nella nostra chiesa e nelI evangelismo italiano, a tutto vantaggio
dei maneggioni di tutti i bordi e a tutto
svantaggio della nostra chiarezza nei
confronti del cattolicesimo.
Ma quel che mi ha meno convinto è
proprio una parte della tua risposta.
Tu scrivi tra l'altro: « A questo tipo di
critica prevalentemente politica Barbero
ha aggiunto qualcosa che nessun altro
ha espresso: una critica teologica consistente nell'applicare al papa la tremenda invettiva di Malachia 2: 1, rivolta ai
sacerdoti infedeli che tradiscono la
loro vocazione ». Ora il punto è questo: se si tratta di una critica teologica è quella di chi rimane pur sempre
figlio di santa romana chiesa, pur sparandole contro a zero. Per noi infatti
non si tratta di domandarci se il papa
è 0 no infedele alla sua vocazione, ma
di sapere se riconosciamo o meno il
suo sacerdozio, prima ancora che il
suo papato. Franco Barbero è perciò
tutt altro che un profeta ed ha a mio
avviso semplicemente usato, come tanti hanno fatto prima di lui, delle parole
profetiche a scopi puramente politici.
Quel che spiace a Franco Barbero è soprattutto che il papa non sia un sandinista.
Non mi pare contestare la sola cosa
che vi è veramente da contestare; il
papato nelle sue motivazioni più lontane dall'Evangelo. Se non si vuol far
questo bisogna riconoscere che il papa attuale è un ottimo papa, nel suo
genere.,, Ma per noi esiste « un buon
papa? ».
Giovanni Conte, San Germano Ch.
PIANTO PRIVATO
Gentilissimo Signor Direttore,
non ho nessuna simpatia per il papa
ma ho l'amore cristiano che tutti dobbiamo avere per il nostro prossimo e
prego Iddio perché lo illumini per seguire la giusta via. Non è con delle
insopportabili volgarità che si predica
I Evangelo e si educa. Non leggo i quotidiani ma poche riviste e seguo i RG
delle tre reti e da questi mi risulta che
il papa privatamente ha pianto sulla
tomba di Romero, non avendo avuto
il permesso di farlo pubblicamente forse per paura di disordini. Bisogna sempre sentire le due campane, cosa che
non usa più, forse perché troppo scomoda. La politica non dovrebbe entrare nei nostri giornali religiosi, sftecie
quella di parte, è il più bel modo per
vuotare le chiese, cosa che mi addolora moltissimo. La Bibbia e quella sola
basta per tutto e l’amore di Cristo sopra tutto.
Cordiali saluti.
Margherita Maurin, Genova
Il seguito al prossimo numero.
3
22 aprile 1983
fede e cultura 3
PER LA LOTTA CONTRO LE VARIE FORME Di ANTISEMITISMO
Le radici deli'ebraicità
Nèl quadro del dialogo con l'ebraismo riteniamo utile riprodurre le parti essenziali di questo articolo, comparso sulla
rivista Ha Keillah di Torino die. '82, che sottolinea l’insidia
che fa da contraltare all'antisemitismo: quella della cancellazione dell'identità ebraica.
Sartre osservò che « l’antisemita rimprovera all’Ebreo
di essere Ebreo; il democratico gli rimprovererebbe volentieri di considerarsi ebreo ». Molti democratici ed uomini di sinistra considerano una stranezza,
un residuo del passato, che l’ebreo si senta tale e non riesca a
spogliarsi della sua identità: essi
ritengono che sia necessario per
l’ebreo liberarsene per il suo bene e cioè per far sparire l’antisemitismo. Per dirla ancora con
Sartre, i democratici sono spesso dei « miseri difensori » dell’ebreo perché non sanno proporgli
altra strada per difendersi dall’antisemitismo che quella della
cosiddetta ’’assimilazione”, termine poco chiaro che indica in definitiva la soppressione di ogni
riferimento ad una specificità religiosa, culturale, di costume, ecc.
Si tratta insomma della recisione
di ciò che il titolo di un romanzo
ed un film di successo definì efficacemente con la parola «radici».
Quel romanzo e la vicenda delle
ricerche compiute dal suo autore
hanno commosso tanti ed hanno
rafforzato la convinzione, già diffusa, che possono essere quanto
mai tenaci le ’’radici” che uniscono ad una terra perduta e mai
vista, ad una lingua mai udita, ad
abitudini, costumi, canti, danze
mai direttamente conosciuti.
Perché allora soltanto agli ebrei non si riconosce generalmente il diritto di avere e di voler
preservare delle ’’radici”? E di
volerle preservare pur restando
cittadini del paese in cui vivono,
come i neri d’America si sentono
cittadini statunitensi senza rinunciare ad un briciolo delle proprie
radici.
Un esempio
Lasciamo pure da parte il tema centrale del rapporto fra ebrei ed Israele (un tema così difficile a discutere e che meriterebbe di essere trattato a parte)
e facciamo un esempio. Con
quanta indifferenza parte della
sinistra (almeno la sua componente comunista) assiste da decenni senza battere ciglio alla
progressiva distruzione dell’ebraismo nell’UBSS! È ben vero
che il problema di capire e rispettare le ’’specificità”, le diversità è uno dei più tragici ed in
gran parte ancora irrisolti problemi del movimento operaio organizzato e della sinistra nel suo
insieme. Ma qui si tratta di qualcosa di più. È il problema nel
problema. Non si tratta soltanto
della scarsa attenzione o dell’oppressione di alcuni diritti di una
minoranza, ma della sistematica
distruzione dei connotati specifici di questa minoranza, cioè della esistenza come tale (e per rappresentare questa intenzione basta ricordare il divieto persino di
studiare l’ebraico).
La risposta meno angosciosa
(fra le tante possibili) alla domanda che ci siamo posti prima
è che molti non prestano valore
al problema delle ’’radici” dell’ebreo perché negano che esso esista o comunque che abbia lo
spessore sxxfficiente affinché sia
degno di attenzione. E poiché è
facile dimostrare che gli ebrei,
data la loro estrema dispersione,
sul piano del costume, delle abitudini, dei modi di vita hanno
spesso molto meno in comune
fra di loro di quanto non abbiano in comune con le società in
cui vivono, ci si impegna a contestare l’unico aspetto veramente
consistente e cioè resistenza di
una cultura ebraica. Soprattutto
se ne delimitano i confini e la
portata, e se ne rilevano le caratteristiche dispersive e non unificanti. Essa viene spesso ridotta
ad una cultura della ’’disperazione” e dell’isolamento (del ’’ghetto”). Avulsa come sarebbe sempre stata dalle grandi correnti
della cultura occidentale, disseccatasi da duemila anni la linfa religiosa, la cultura ebraica non
sarebbe altro che l’espressione,
sia pure nobilissima, dei sentimenti e dei pensieri di un popolo
segregato in un tragico isolamento.
C’è un aspetto che parte della
cultura laica ha mutuato di peso
dal millenario armamentario propagandistico deH’antisemitismo
cristiano: ed è quello dell’isterilimento del pensiero ebraico dopo
il trionfo del Cristianesimo. Anche il meno cristiano degli uomini di cultura dà spesso per scontato che l’ebraismo da quasi duemila anni si sia ridotto a puro
ritualismo e che la sua coesione
sia unicamente dovuta alle persecuzioni, mentre la linfa della cultura occidentale è quella cristiana (il « perché non possiamo
non dirci cristiani » di Croce). E
così, mentre il rapporto di un
cristiano con un partito politico
non lo vede soltanto in veste di
cittadino ma di portatore di una
concezione del mondo, di una
visione culturale, nel caso dell’ebreo è ristretto al primo aspetto:
il secondo non è ricercato, sovente è poco gradito e talvolta persino respinto.
La Spagna delle
tre religioni
Tale atteggiamento di svalutazione nei confronti della cultura
ebraica ha avuto una diffusione
tale da essere accettato acriticamente persino dai meno sospettabili. Così è innegabile che il
principale difetto del pamphlet di
Sartre sull’antisemitismo ‘ consista proprio nel fatto che persino
lui dia per scontata l’inesistenza,
o meglio la morte di ogni cultura ebraica. E tutti questi atteggiamenti sono legati o dovuti ad
una colossale opera di falsificazione condotta da una storiografia di derivazione cattolica, cui
molti si sono supinamente adeguati. Si pensi soltanto al fatto
che, alle soglie del Rinascimento,
mentre i Papi emanavano bolle
di proscrizione di tanti testi della
cultura greca e l’Europa cattolica viveva nel più cupo isolamento culturale, nella « Spagna delle
tre religioni » (la Spagna della
coesistenza fra cattolicesimo,
islamismo ed ebraismo) venivano studiati, commentati e tradotti i testi aristotelici; e da questa
porta ancora aperta alla tolleranza venivano trasmessi al resto
dell’Europa i contenuti della cultura greca ed orientale, nonché
il sapere scientifico e tecnico dell’Oriente. Il Rinascimento deve
moltissimo a quest’opera culturale, ma quanto di ciò si trova
sulla maggior parte dei libri di
storia? Questa straordinaria vicenda della coesistenza fertile di
tre civiltà e di tre religioni, durata più di tre secoli, è importante
anche perché è la storia di una
prodigiosa fioritura di una cultura ebraica. E quel che più conta
in un clima di profonda tolleranza, che produsse interazioni grandemente fertili di culture diverse,
senza però portare ad alcuna forma di ’’assimilazione”. Si può
anzi dire che il progressivo declino dell’ebraismo spagnolo-sefardita inizia proprio con le persecuzioni e poi con l’espulsione
dalla Spagna. Una cultura ebraica può quindi svilupparsi anche
senza il cemento della persecuzione, come l’esperienza storica dimostra.
Si è detto ’’una” cultura ebraica, e non ”la”. È dilatti più corretto parlare di una molteplicità
di esperienze culturali anche assai diverse fra di loro che percorrono la storia dalla dispersione fino ai nostri giorni. E bene
dire che queste esperienze non
soltanto non sono riconducibili
alla matrice della coesione dovuta alle persecuzioni, ma neppure
alla sola matrice religiosa. Nessuno si sognerebbe di ridurre la
cultura cristiana alla sola componente religiosa. Ebbene, è esistita ed esiste in modo non molto
dissimile una cultura ebraica,
con le sue manifestazioni non soltanto religiose ma anche letterarie, artistiche, ecc. Esistono certamente nessi profondi fra le diverse manifestazioni della civiltà
ebraica nella storia, anche fra le
più diverse tra loro. Così si potrebbe ricordare che esiste una
visione ’’morale” ebraica, che si
caratterizza per la centralità che
attribuisce ai comportamenti terreni dell’individuo, più che al rapporto fra questi comportamenti
e la sorte delTindividuo dopo la
morte. Ma — a parte la mancanza di spazio che non consente di
fare discorsi non superficiali —
è certo meno importante ricercare in modo magari semplificatorio comuni denominatori e caratteristiche unificanti, che non cogliere la complessità, la specificità, la ricchezza di una tradizione
così articolata. E in questa complessità che va ricercata la sostanza delle ’’radici” storiche dell’ebreo.
Il dibattito che si è innestato
sulle vicende di questi ultimi mesi ha mostrato che ancor oggi
l’ebreo è stretto spesso fra la tenaglia dell’antisemitismo e di chi
gli chiede di chiarire l’inesistenza
della sua specificità di ebreo
(ovvero di recidere del tutto le
sue radici). Bisogna impegnarsi
per respingere questa alternativa.
E compete all’ebreo di dimostrare il valore di esperienze culturali che sono il fondamento che
gli permette di considerarsi ebreo indipendentemente dalla
spetto religioso e al di là della
coesione determinata dalle persecuzioni. Un impegno, una battaglia culturale questa per la quale
c’è molto da lavorare.
Giorgio Israel
ffl libretto di J. P. Sartre Ebrei,
Ediz. di (Comunità, 1948, pur con il
limite qui indicato, ci sembra essere
ancora essenziale per capire le radici
socio - psicologiche deirantisemitismo,
(N.d.R.).
DIRITTI UMANI IN GUATEMALA
Protestanti ignorati
I Quaderni ASAL, che sono specializzati negli studi e nella documentazione sui problemi socioreligiosi dell’ America Latina,
hanno pubblicato col n. 28 un
estratto del « Rapporto sui Diritti umani in Guatemala » a cura
della Commissione Internazionale dei Diritti Umani dell’Organizzazione degli Stati Americani (di
cui fanno parte anche gli USA)*.
II rapporto è stato divulgato il
3 ottobre 1981, e ciò che lo rende
particolarmente importante è che
la fonte d’informazione non può
assolutamente essere considerata
di parte e quindi sospettabile di
distorsioni interessate. Gli estratti del rapporto sono preceduti da
ima buona analisi storica, economica e sociale del paese a cura
di Maurizio Grazio. Peccato, però, che in questa introduzione
non si accenni minimamente all’esistenza delle chiese protestanti in Guatemala: a pag. 49 si dice che l’88% dei guatemaltechi
sono cattolici, e il restante 12% ?
Mistero! Sembra che i lettori
non debbano sapere dell’esistenza delle chiese evangeliche anche
in quel paese. Chiese che non
vanno confuse con le sette fondamentaliste comparse in questi
ultimi mesi, in particolare da
quando il generale Rios Montt
ha preso il potere il 23 marzo
del 1982. Questo silenzio è particolarmente strano anche perché
nel rapporto della Commissione
si accenna ai protestanti (a pag.
96) e viene anche denunciato l’assassinio del pastore Santos Jiménez Martínez della Fraternità dei
Cristiani Evangelici del Popolo,
assassinio avvenuto il 19 novembre 1981 a causa del suo impegno nell’annuncio della « buona
novella ai poveri, agli oppressi,
proclamando che il tempo della
loro liberazione, l’anno di grazia
del Signore, è già arrivato »
(pag. 102).
Quanto tempo dovrà ancora
passare prima che si comprenda
che una informazione completa
sulla realtà confessionale di un
paese « cattolico », oltre che indice di serietà e correttezza, è anche possibilità di una migliore e
più articolata analisi su una determinata situazione?
Eugenio Bernardini
* Guatemala: una storia di sfruttamento e repressione, a cura di Maurizio Grazio, Quaderni ASAL 28, EMI,
Bologna 1982, pp. 153, L. 4.500.
EDIZIONI CLAUDIANA
Fede, Scienza e Futuro
Col titolo Fede, Scienza e Futuro dell’uomo la Claudiana presenta, nella collana Dossier, una
serie di relazioni tratte dagli atti del Congresso « Fede, Scienza
e Futuro » tenutosi al Massachusetts Instituto of Technology di
Boston nel 1979.
Fin dal discorso di apertura tenuto dal pastore Philip Potter,
Segretario generale del C.E.C., è
possibile individuare il quadro
complessivo in cui collocare la
sostanza di questa raccolta che è
costituita da altre nove relazioni.
Richiamandosi alla parola d’ordine lanciata dal Comitato Centrale del C.E.C. al termine della
5“ Assemblea mondiale di Nairobi del 1975: Towards a Just, Participatory and Sustainable Society, P. Potter pone l’accento sui
concetti di società giusta, risorse
equamente ripartite e compartecipazione da parte di tutti nelle
scelte politiche e nelle decisioni.
Il rapporto tra la scienza e la
fede viene dunque impostato nei
termini di un rifiuto della scienza
tradizionale, alleata al potere (R.
H. Brown), impegnata ad acquisire il dominio sulla natura vista
esclusivamente come una macchina (C. Birch), usata a danno
dei paesi più poveri (R. Alves).
Conseguentemente viene auspicato un radicale mutamento che
alla luce della fede permetta di
agire e lottare « per una società
giusta, fondata sulla compartecipazione dei membri e su un uso
responsabile, equamente ripartito delle risorse » (P. Potter).
In tal senso è significativa la
posizione dell’Anglicano J. M.
Francis, Direttore del Progetto
’’Società, fede e tecnologia” della
Chiesa di Scozia, che mette in
guardia contro la « moda antitecnologica », proponendo invece
nuovi criteri di guida per lo sviluppo scientifico e tecnologico
quali: il rifiuto dell’accumulo dei
rischi, la valutazione delle conseguenze a lungo termine che
possono avere le nostre azioni,
la pianificazione della produzione
industriale in base alle reali necessità invece che alle domande.
Inserite in questa visione complessiva le varie relazioni presentate si differenziano tra loro permettendo al lettore di avere una
panoramica abbastanza vasta
delle problematiche più importanti.
Troviamo così la prospettiva
femminista (R. Ruether), tesa a
sottolineare il ruolo subordinato
in cui è stata relegata la donna
nel passato sia nella scienza che
nella religione. Viene presentata
la prospettiva ecologica (C.
Birch) in cui si condanna l’atteggiamento di dominio sulla natura da parte della società e si propone un’etica fondata su una
nuova consapevolezza del senso
della vita di tutte le creature.
Molto validi i tre interventi più
tecnici, tendenti a mettere in
guardia nei confronti dei pericoli
derivanti dalla gestione dei rischi (B. Lindell), dai programmi
nucleari su larga scala (J. Rosse!) e dalle nuove tecnologie genetiche (J. King), tutti p’-oblemi
di scottante attualità. Infine il libro si conclude con l’intervento
del brasiliano R. Alves che è im
invito rivolto a tutti i credenti affinché, nel passare dalia teoria
all’azione, le immagini delle minoranze oppresse e dei popoli più
poveri siano assunte come guida
per le decisioni future.
Complessivamente tutte le re
lazioni sono molto valide dal
punto di vista dell’analisi, nell’evidenziare gli aspetti negativi
tipici dello sviluppo scientifico
e tecnologico sia presente che
passato. Un po’ meno chiare risultano talvolta le conclusioni,
sebbene sempre riconducibili nel
quadro di una generale conversione e della Sustainable Society.
In tal senso si può osservare che
il prevalere di visioni sociali ed
ecologiche finisce in qualche caso
con il porre meno in risalto certi aspetti etici dell’ambiente
scientifico che invece, e non per
caso, emergono maggiormente
dagli interventi più tecnici. A nostro avviso il cammino verso la
Sustainable Society non può che
cominciare da un rinnovamento
morale di quanti contribuiscono
con il loro operato allo sviluppo
scientifico e tecnologico. Un rinnovamento basato sull’abbandono delle tipiche posizioni elitarie
e di potere, a favore di una logica basata sull’informazione dei
non addetti, su una maggiore responsabilità e sulla coscienza di
quanto certe scelte possano pesare sul futuro dell’uomo.
Per concludere, riallacciandoci
anche a quanto affermato da Pietro Comba nell’introduzione, questa raccolta, pure a distanza di
quattro anni dal Concesso, consen'a ancora un significato molto importante come stimolo alla
riflessione su problemi che spesso possono sembrarci estranei e
fuori dalla nostra portata e che
invece ci devono vedere sempre
meno spettatori e sempre più
coinvc'.i e partecipi come credenti testimoni del Cristo risorto, eredi del Suo messaggio di
amore e di libertà.
Valdo Pasqui
4
4 vita delle chiese
22 aprile 1983
LE CORALI DI BOBBIO - VILLAR
1° MAGGIO
Visita ai Valdesi di Germania
Giovedì 31 marzo, ore 4. La
giornata non è delle migliori, a
tratti pioviggina. Questo però
non spaventa le corali di Bobbio
e Villar che partono per Walldorf.
Fa parte della comitiva xma
rappresentanza (esigua per la verità) della vai Soupatto. La visita ai fratelli valdesi della regione dell'Assia si inserisce nel pro^amma delle celebrazioni per
il 5° centenario della nascita di
Lutero. E’ l'occasione per aggiungere un altro anello al vincolo di
fratellanza che unisce le nostre
valli con i discendenti dei Vaidesi che lasciarono le loro case
intorno al 1686 per cercare rifugio nei paesi che da due secoli
ormai avevano aderito alla Riforma protestante. Quei prodi furono _ accolti sì amichevolmente
ma rimane il ricordo trasmesso
ai posteri, di difficoltà che solo
un popolo temprato ai disagi ed
alle sofferenze poteva affrontare.
I rifugiati nel bosco di Walldorf potevano uscire solo in giorni stabiliti dai loro rifugi per
chiedere aiuto nei dintorni! Questo è forse imo dei motivi per i
quali ancora oggi gli abitanti
delle ex colonie si proclamano
Valdesi.
Le corali di Villar e Bobbio,
sotto la guida del Direttore ed organizzatore del viaggio Dino
Ciesch, hanno scelto, dal loro vasto repertorio, vari canti luterani
e Salmi in tedesco ed in francese
e, non nuovi in simili esperienze,
portano al di là delle Alpi U loro
contributo per dire ancora una
volta quale posto occupa il grande Riformatore tedesco nella piccola Chiesa valdese.
Qualche settimana fa le due
corali hanno ricevuto meritatissimi applausi dal pubblico che
gremiva il tempio di Pinerolo.
Ci aspettano circa 800 chilometri che si spera di percorrere in
giornata senza arrivare troppo
tardi a destinazione.
Infatti sono le 19 e qualche mi
INIZIATIVA DI AGAPE
La solidarietà
nella crisi
Incontro per operai italiani e francesi
data: 12-15 maggio 1983
lingue: italiano e francese.
La crisi deii occupazione è ormai generáis in Europa. La moderna tecnoiogia
non è in grado a corto termine di procurare nuovi posti di lavoro, (n puesta
situazione di tensione crescente ed in
cui diminuisce il ruolo di rappresentanza sindacale, cosa significa una poiitica di solidarietà?
Il programma:
Giovedì 12 maggio
ore 15: arrivo dei partecipanti e sistemazione;
ore 16: « Modeiii di sindacato e politiche della solidarietà » relazione a
cura di Giorgio Gardiol.
Venerdì 13 maggio
ore 9: « La solidarietà operaia in un
contesto di politica di rigore » relazione a cura delle Equipes Ouvrières Protestantes:
ore 15. « Le proposte del sindacato italiano per una politica di solidarietà »
a cura del gruppo operaio dei Centro
Sociale Protestante:
ore 21: serata informativa sulia situazione dei due paesi.
Sabato 14 maggio
ore 9: . La cooperazione: una proposta
di solidarietà nella crisi? », incontri
con cooperative di disoccupati, cassaintegrati, giovani agricoitori.
Domenica 15 maggio
ore 9: « La solidarietà tra gli uomini
secondo la Bibbia ». Studio biblico,
ore 15: Partenze.
Per iscrizioni: rivolgeri a: segreteria
di Agape, 10060 PRALI fTo) - telefono
012*/841SI4.
Costo dell'intero incontro L. 50.000
nuto quando il pullman si ferma
davanti al nuovo Tempio di
Ludwigstrasse. Siamo in anticipo
di circa un’ora, ma la campana
non tarda ad annunciare il nostto arrivo e, in men che non si
dica, siamo circondati dalla popolazione della cittadina. Dire
con quanta simpatia e cordialità
siamo accolti è difficile. Dopo i
convenevoli, ognuno segue a casa
i rispettivi ospiti con il proposito di ritrovarsi tutti il giorno dopo venerdì, alle ore 10 per il culto e la S. Cena.
In un Tempio gremito, la nostra corale dà, durante il culto,
un sag^o della sua bravura. Nel
pomeriggio si visitano i luoghi
principali della città: il vecchio
Tempio ed il Museo.
Leggo in "patouà” la parabola
del figliol prodigo.
La sera, il concerto desta l'ammirazione del folto pubblico che
applaude lungamente (cosa questa che accade raramente — così
mi riferiscono molti nostri ospiti).
Sabato mattina, purtroppo ancora sotto la pioggia, visitiamo
Fr^coforte sul Meno e la sera
■visita e concerto a Rohrbach.
Anche qui tanta cordialità e
cena comunitaria. Ma il tempo
stringe perché a Walldorf ci
aspettano per il commiato ufficiale.
Un grazie a tutti ed in particolare ai pastori Heiko Hahnelt,
Sabine Drescher, Trobitius ed i
Sig. Karl Heinz Kubb, Siegfried
Seidel. Domenica mattina ressa
intorno al "Bus”: ultimi auf Wiedersehen, qualche groppo alla gola e si parte per un'altra tappa:
VUlingen nella Selva nera. Nuove conoscenze e sempre tanta
simpatia. Che dire della Signora
Alberta Gönnet originaria del Villar che ci dà il benvenuto in
"patouà" e si prodiga in mille
modi? Come pure il pastore Karl
Ebert e tutti i componenti la piccola Chiesa. Ultimo concerto in
programma e ultima notte in
suolo tedesco. Alle otto di lunedì
(pasquetta) la cittadina è sotto
un manto di neve. Si parte; tutti
sono contenti. Nel pullman si
fanno molteplici considerazioni:
una più dell’altra cerca di sottolineare quanta fraternità alberga nel cuore dei Valdesi di
Walldorf e di Villingen. Un ultimo, ma non meno importante,
ringraziamento alla nostra Dolmetscherin Kristina Cericela
che essendo ormai di casa ho volutamente lasciato a chiusura
delle mie note.
Giornata
per la pace
Calendario
Giovedì 21 aprile
Enzo Tron
I giovani della Val Pellice sono
invitati ad intervenire alla « Giornata della Pace » che avrà luogo
a Bobbio Pellice domenica 1°
maggio. Il 1° circuito intende,
con questa iniziativa, raggiungere il duplice scopo di informare
e sensibilizzare la gioventù su un
tema di attualità oltreché di favorire rincontro e la aggregazione dei gruppi giovanili delle chiese della valle. Il programma prevede momenti di riflessione e altri di socializzazione, sia nei locali della chiesa valdese sia sulla piazza. Ai gruppi giovanili di
Bobbio e dei Coppieri è affidata
la parte logistica e tecnica delTincontro, mentre il Gruppo
FGEI di Luserna S. Giovanni sarà presente con la mostra sulla
pace, il Coretto di Torre Pellice
proporrà un programma di canti
e il Gruppo Cadetti di Luserna S.
Giovanni presenterà uno spettacolo teatrale. Il segretario nazionale della FGEI, Paolo Naso, interverrà con una informazione
su Comiso.
I giovani interessati o i gruppi
che vorranno aderire potranno
rivolgersi a Franco Taglierò o
Mauro Pons per ulteriori informazioni.
n RIUNIONE
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
La riunione dei collaboratori avrà
luogo a casa Gay via Cittadella 8 Pinerolo, con inizio alle ore 20.30.
Sabato 23 aprile
□ TELEPINEROLO
CANALE 56 - 36
Alle ore 19 va in onda la trasmissione « Confrontiamoci con l'Evangeio ■
fa cura di Marco Ayassot, Attilio Fornerone e Paolo Ribetl.
Domenica 24 aprile
□ RADIO KOALA
FM 96.700 - 90300 - 93700
Alle ore 12.30 (circa): Culto Evangelico a cura delle Chiese Valdesi del II
Circuito.
□ CONVEGNO
FGEI-VALLI
TORRE PELLICE — Presso la Casa
Unionista (Via Beckwith, 5) ha luogo un
convegno organizzato dal Gruppo donne
della FGEI-Valli sul tema: « Chi ha paura di chi? ».
Programma: ore 10: inizio lavori in
assemblea, poi in gruppi: ore 12.30:
Pranzo al sacco; ore 14.30; Studio biblico sulla paura - Lavori in gruppi;
ore 17.30: Conclusione.
ALLE VALLI VALDESI
Tempo di concerto
luserna san GIOVANNI
— Organizzato dal M.o Enrico
Charbonnier con la nostra Corale, in collaborazione con l’Assessorato alla cultura della provincia di Torino, ha avuto luogo, domenica sera nel Tempio
dei Bellonatti, un grande Concerto per soli, coro e orchestra
eseguito dall’Accademia « Stefano Tempia» e diretto dal M.o
Mario Lamberto, che la nostra
comunità ha già avuto occasione di apprezzare in precedenti
esecuzioni.
Il pubblico che gremiva il tempio ha voluto premiare con calorosi applausi i bravi artisti
che si sono esibiti con quell’impegno e quella serietà che caratterizza la loro attività corale
ed ha anche voluto dire loro un
grazie di cuore per quelle due
ore di vero godimento musicale.
Il M.o Lamberto, richiamato
più volte sul podio da scroscianti battimani, ha ringraziato sorridente e commosso ed ha concesso il bis richiesto a gran voce dal pubblico.
Dopo il Concerto, i nostri coralisti hanno fraternizzato con
gli oltre cento componenti la
« Stefano Tempia » nei locali della Sala Albarin ed hanno loro
offerto un simpatico ricevimento.
berto. Dopo aver tutto predisposto, con alcuni interventi con
macchinario opportuno, sabato
scorso una quindicina di amici
hanno provveduto alla semina
di cinque quintali di patate che
serviranno ad alleggerire le spese alimentari dell’Istituto.
E’ una iniziativa che si ripete
già per la seconda volta ed è indubbiamente un segno che quando si riesce ad individuare programmi precisi e possibili, la collaborazione viene e da questa
anche una maggiore sensibilità
per l’Istituto e più solidarietà
per chi vi lavora e chi vi è ospitato.
di gioia e di fraternità.
Proseguono, infanto, le riunioni di quartiere curate dai giovani
del Prassuit-Vernè sul tema della
pace: prossimi incontri lunedi 18
al Serre, martedì 26 a Cacet: ore
20.30, mentre quella del 25 al
Capoluogo è soppressa.
• Lunedì scorso ci siamo raccolti intorno al messaggio del
Cristo risorto per esprimere la
nostra solidarietà ai familiari di
Elisa Monnet, mancata a 82 anni
a Pralafera, originaria del Martinail.
e della meditazione, affidando
poi ai singoli questa o quella
parte specifica da sviluppare. La
riflessione dei giovani era volta
ad esaminare quanto, nei re
Saul, Davide e Salomone era
« secondo Dio » e quanto rivelava invece una vita « secondo la
carne». Una catecumena ha poi
puntualizzato quale insegnamento possiamo trarre dalla vita di
questi tre «grandi» di Israele.
Abbiamo anche molto apprezzato la preghiera comunitaria di
tutto il gruppo.
Giornata comunitaria
• Venerdì 29 c. m. alle 20.30
nel Salone dell’Asilo Valdese
avrà luogo l’Assemblea di Chiesa con importanti argomenti all’ordine del giorno, tra cui la Relazione dell’Asilo, il progetto di
ristrutturazione delle Scuole di
Via Beckwith e la nomina dei
deputati alla Conferenza Distrettuale ed al Sinodo.
Matrimoni
Il concistoro invita tutti i
membri di chiesa a voler partecipare a questo importante incontro ed in modo particolare
richiama i membri elettori al
senso della loro responsabilità.
SAN SECONDO — Due giovani si sono sposati sabato 16
aprile: Delio Avondetto (Combe) si è unito in matrimonio con
Claudia Peyrot. Gli sposi si stabiliranno a Porte. Rino Pastre
(Centro) si è sposato nel tempio
di Villar Pellice con Denise Michelin Salomon. Un benvenuto
alla sposa che si stabilisce in
mezzo a noi.
Alle due nuove famiglie il nostro augurio sincero di una -vita
coniugale benedetta dal Signore.
• Domenica prossima 24 c. m.
la nostra Corale sarà a Vasto in
occasione del Convegno per le
Chiese Evangeliche, organizzato
dal Consiglio di Circuito Abruzzo-Molise.
Al mattino eseguirà un Concerto sulla piazza del paese ed
il pomeriggio darà il suo contributo con il canto di alcuni inni durante il culto presieduto dal
pastore Bellion.
Assemblea di chiesa
PRALI — Domenica 24 aprile,
con inizio alle ore 10, avremo la
nostra assemblea di Chiesa, col
seguente ordine del giorno : elezione dei delegati alla conferenza distrettuale ed al Sinodo e
discussione circolare CED sulla
disoccupazione nel pinerolese.
Attività
dei catecumeni
TORRE PELLIOE — La giornata comunitaria giovanile ha
avuto un buon esito, se non nella partecipazione almeno nella
progettazione di incontri futuri.
Durante l’estate gite e campeggi saranno occasione di aggregazione e punto di partenza per la
riflessione invernale.
'• Al culto di domenica hanno
partecipato quali ospiti graditi
il pastore Ebenezer Woungly
Massaga ed un gruppo di giovani provenienti da Lugano guidati dal past. Teodoro Balma.
• L’Unione Femminile organizza ner giovedì 28 aprile una visita alla mostra del pittore P. Paschetto che si tiene a Torino al
Museo della Montagna, partenza alle ore 14 (Foresteria). Prenotarsi presso Ester Moretti (tei.
91.809).
SAN GERMANO — Il culto del
10.4 è stato condotto dai catecumeni di I anno. Sotto la guida
della loro catechista, avevano
preparato l’insieme della liturgia
Bazar
PRAROSTINO — Domenica
24 aprile, ore 15, Bazar con servizio di buffet, dolci e oggetti vari.
Tutti sono cordialmente invitati.
• Si dice spesso che gli istituti
assistenziali della chiesa valdese sono poco inseriti nella realtà locale. Di questo argomento
ha trattato anche recentemente
il nostro giornale con due interventi di Giorgio Peyrot, come
sempre puntuali e precisi.
Perciò non si può lasciar passare setto silenzio un esempio
di partecipazione attiva di un
gruppo di amici della nostra
chiesa di Luserna S. G., che hanno dedicato una mattinata del
loro lavoro al Rifugio Carlo Al
• Nel pomeriggio di domenica
8 maggio avremo il nostro bazar
annuale organizzato dalle signore deirUnione femminile.
Festa degli anziani
ANGROGNA — Domenica 24,
alle 14.30 presso la Sala unionista, si svolgerà la tradizionale
«Festa degli anziani» organizzata
dall’Unione Femminile. L’incontro che in questi anni ha visto
crescere il numero dei partecipanti vuol essere un momento
COLLEGIO VALDESE
di Torre Pellice
Scuola Media Pareggiata
COMUNICATO
Le preiscrizioni per l’anno
scolastico 1983-84 alle classi 2^
e 3® sono aperte fino al 10
maggio presso la segreteria
della scuola.
Orario: ore 8,30-11,30 dal lunedì al sabato compreso.
L’Istituto Uliveto
CERCA
per assistenza a ragazzi
handicappati,
educatore che abbia
esperienza
in questo settore.
Telef. al n. 0121/900253
5
22 aprile 1983
vita delle chiese 5
LE FINANZE SONO UNA PARTE DEL NOSTRO ESSERE CHIESA
Hai già pensato ai 3%?
Ce chi nella chiesa vive con preoccupazione e talvolta angoscia perché la solidarietà non ha ancora raggiunto un livello di normalità
Lo stato delle nostre finanze è
periodicamente fonte di preoccupazione e, qualche volta, di speranza, a seconda del periodo dell’anno in cui lo si osserva, oppure
delle notizie improvvise e inattese (quest’anno, le recenti disposizioni governative relative all’anticipo della scadenza decennale
dell’INVIM) oppure ancora a
causa delle notizie, temute, relative ai nostri stabili assai vecchi
e spesso in cattive condizioni (un
tetto da rifare urgentemente, una
fogna che perde, una scala pericolante, dei balconi malsicuri,
ecc.). (Queste preoccupazioni (e
speranze) sono presenti a tutti i
livelli delle nostre amministrazioni, da quelli locali a quelli
centrali, e derivano sia dai fatti
occasionali sia dalla constatazione della notevole rigidità dei nostri bilanci annuali, che dedicano più dei tre quarti (a livello
Tavola) delle risorse finanziarie
alle spese per il personale, sotto
forma di assegni per i pastori e
di stipendi per il personale degli
uffici ecc.
È noto a molti, e dovrebbe essere noto a tutti, che le spese
sono coperte dalle contribuzioni
volontarie, personali dei membri
di chiesa e dai doni che provengono sia dalle chiese in Italia
sia dalle chiese protestanti all’estero.
Un invito ripetuto
Da alcuni anni le contribuzioni
non coprono neppure le spese
per il personale: si è più volte
enfatizzato in Sinodo l’urgenza
di arrivare almeno alla autosufficienza in questo campo, desti
nando i doni alla attività di evangelizzazione, di testimonianza, di
presenza nel paese. L’enfasi sul
principio ha anche avuto un risvolto metodologico, giudicato
da alcuni un po’ troppo freddo e
aritmetico: le raccomandazioni
del Sinodo (di diversi Sinodi successivi) alle chiese locali perché
indicassero ai membri di chiesa
la opportunità che le contribuzioni siano agganciate ai redditi
personali, suggerendo una percentuale di proporzionalità del
due-tre per cento. Credo che tutti
sappiano, anche se qualcuno ha
la strana tendenza a dimenticarlo subito, che cosa ciò significhi.
Ogni cento(mila) lire nette guadagnate, tre(mila) vanno destinate come contribuzione alla chiesa
locale. Con cifre forse un po’ più
aggiornate, ogni milione netto
guadagnato significa trentamila
lire destinate alla contribuzione,
ecc. ecc.
Se questa raccomandazione sinodale fosse veramente accettata
e messa in pratica da tutti, come
dovrebbe essere, non solo le contribuzioni alla cassa centrale coprirebbero le spese per il personale, ma sarebbe possibile pensare alle opere urgenti di manutenzione in molte chiese. Da una
recente indagine, ben 148 sono gli
stabili che richiederebbero interventi più o meno urgenti, più o
meno massicci. Cosi pure potremmo pensare a lanciare iniziative di testimonianza e di presenza protestante in numero ben
maggiore di quanto non si possa
fare oggi. Potremmo anche pensare ad adeguare più compiutamente gli assegni pastorali al ritmo dell’inflazione, e ad aiutare
molte chiese, in altri paesi, che
sono in forti difficoltà economiche, come ad esempio le chiese
nel Sud America.
Il Fondo
Emeritazione
Si è accennato aH’inizio che alcuni giudicano il meccanismo
contributivo « del tre per cento »
un po’ freddo e troppo aritmetico, preferendo ia contribuzione
spontanea, magari irregolare
(cioè non mensile, come è invece
utile ricevere per non pagare interessi alle banche, visto che tutti i mesi le uscite sono invece regolari) all’invito un po’ pedante
che viene ripetuto puntualmente da ogni Sinodo e... ad ogni incontro dei cassieri! Per questi
membri di chiesa è stata creata
una forma di contribuzione alternativa, aprendo un Fondo che è
stato chiamato Pondo Emeritazione. Di fatto, il Fondo non è destinato in particolare ai soli pastori emeriti o ai soli professori
emeriti, ma vuole essere una indicazione di un modo alternativo di contribuire alle necessità
della chiesa. Contribuire è un atto di riconoscenza prima ancora
che un atto di solidarietà, o un
dovere, per tutti i doni che giorno per giorno riceviamo dalla
Grazia di Dio. È stato quindi...
naturale e spontaneo associare
la riconoscenza al ricordo di
quanti hanno dato il loro tempo,
le loro energie e la loro vita nel
lavoro delle chiese: gli emeriti
appunto, senza per questo voler
stabilire un rigido collegamento
o un richiamo strumentale o an
che solo emotivo. È ima strada
che si è voluto aprire alle contribuzioni spontanee, addizionali
o no rispetto alla contribuzione
mensile o al tre per cento, e che
ha già avuto e sta avendo un certo riconoscimento da parte dei
singoli membri di chiesa, e da
parte delle chiese stesse.
Ciascuno quindi ha a disposizione più di uno strumento per
manifestare la propria riconoscenza a Dio e la propria solidarietà con i fratelli. La nostra fantasia del resto può andare anche
oltre: possiamo contribuire mensilmente suddividendo in dodicesimi l’ammontare del tre per cento dei nostri redditi netti e inviando il tutto in apposite bustine pre-stampate come si fa in
molte chiese, possiamo versare
gli stessi ammontari anonimamente nella colletta domenicale o
in bustine anonime, possiamo
contribuire al Fondo Emeritazione: qualsiasi forma contributiva
è lecita e accettata, purché manifesti nel gesto e nel contenuto,
una effettiva solidarietà all’opera
di testimonianza delle nostre
chiese.
E’ vero, ma...
Quando si parla del problema
finanziario, si dicono e si sentono
molte cose tutte vere: che stiamo passando attraverso un periodo di difficile crisi economica,
che « il discorso » è fatto sempre
agli stessi, che le chiese piccole
sono di solito più generose delle
grandi, che vi sono molti che non
sentono la responsabilità della
solidarietà con gli altri fratelli,
che nelle chiese non ci sono più
quelli che una volta « potevano »,
che i giovani andrebbero meglio
educati anche a questa responsabilità, che è difficile parlare con
tutti, che non si può « parlare di
queste cose al telefono », ,e cosi
via. Cose tutte vere. Però è anche
vero quello che è stato detto recentemente in un incontro dei
cassieri, a Milano, e che poi è
stato ripetuto in una assemblea
di chiesa: c’è ancora un largo
margine per la generosità delle
chiese, e ci sono molti che lavorano nella chiesa che vivono con
preoccupazione e qualche volta
con timore e con angoscia i problemi della normale vita famfiiare, perché ancora la solidarietà
nelle comunità non ha raggiunto
quel livello che dovrebbe essere
assolutamente normale: e cioè
che tutti diano, in una forma o
neU’altra, il loro contributo personale, proporzionato a quello
che hanno.
Gianni Rostan
Convegno volontariato
La Commissione Diaconale della
Tavola Valdese, con l’adesione della FCEI e della FGEI organizza il
1« CONVEGNO NAZIONALE
SUL VOLONTARIATO
Data: 30 aprile - 1° maggio.
Luogo: Firenze - Istituto Gould.
Costo del pernottamento: L. 6.000.
PROGRAMMA
30 aprile:
ore 15: arrivo dei partecipanti: Introduzione a cura di Alberto Taccia;
Comunicazioni su “ I giovani e il volontariato », « Servizio Civile Inter
nazionale », ■■ L’année diaconale »,
« Il volontariato in ospedale », « L’obiezione di coscienza », « il volontariato negli istituti », « il SAS », Dibattito;
ore 20.30: cena (al self Service),
r maggio;
ore 8.30: culto;
ore 9.30; Proposta di Associazione
di volontariato; Dibattito;
ore 12.30: chiusura del convegno.
Per informazioni e iscrizioni: telefonare a Carla Beux-Longo ■ tei. 0121
91550/91801 (Via Beckwith, 18 10066 Torre Pellice).
CORRISPONDENZE
Napoli: la collaborazione continuerà
A due anni e quattro mesi dal
sisma del 23 novembre 1980, la
comunità battista di via Foria 93
a Napoli ha ripreso le attività
di testimonianza nel proprio locale di culto completamente rinnovato.
In questi anni siamo stati accolti dalla Chiesa Valdese di via
dei Cimbri n. 8 e, come è scritto
nel N.T., con i fratelli valdesi
siamo stati perseveranti nella
adorazione, nell’attendere all’insegnamento degli anziani, nella
comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere (Atti 2; 12).
E’ stata un’esperienza di grande valore spirituale, che ci fa
comprendere che come credenti
non possiamo vivere e operare
nell’isolamento denominazionale, ma dobbiamo sempre lavorare insieme con gli altri fratelli
evangelici per l’annuncio dell’Evangelo. Abbiamo voluto essere
insieme per il culto di Pasqua
con i fratelli di via dei Cimbri,
benché i nostri locali fossero già
pronti, e al termine di esso eravamo profondamente commossi
e grati al Signore per quanto ci
ha concesso. Abbiamo deciso di
continuare le nostre attività future in collaborazione fraterna.
Domenica 10 aprile, inaugurando la riapertura dei nostri locali, il pastore Piero Bensi, presidente dell’U.C.E.B.I., nel culto
da lui tenuto, rivolgeva un forte
messaggio ai presenti. Il nostro
culto è stato arricchito dal canto dei giovani e dei bambini della comunità e per ultimo dalla
numerosa partecipazione di rappresentanze delle comunità evangeliche della città. Al termine i
pastori e i responsabili delle
chiese e delle attività evangeliche hanno dato auguri ed esortazioni nel nome del Signore. Si
concludeva una mattinata di
grande gioia e comunione fraterna con un rinfresco offerto
nel giardino reso bello e accogliente dai fratelli che lo curano.
La nostra Chiesa esprime un
ringraziamento ai credenti evangelici di ogni nazione, alle chiese evangeliche ed alla Federazione delle Chiese Evangeliche
d’Italia per quanto è stato fatto
per essa e si impegna, a sua volta, ad essere sempre solidale per
ogni futura necessità.
Culti estivi
RIMINI — Il Consiglio della
Chiesa valdese, via Trento 61, informa quanti si recheranno in
vacanza sulla Riviera Adriatica di
Romagna che da giugno a settembre l’orario del culto nella
chiesa valdese sarà ogni domenica: ore 9.30 in tedesco; 10.30
in inglese; 18.30 in italiano.
Decennale metodista
MILANO — La comunità metodista ha ricordato domenica 10
aprile il decennale della apertura
del suo locale di culto di via Porro Lambertenghi.
Vale la pena di ricordarlo anche su queste colonne, non per
una inutile celebrazione, ma perché la riunione delle due preesistenti comunità, aventi sede nelle zone centrali della città, e la
nuova sede in un quartiere pove
ro e relativamente periferico,
hanno dato un nuovo impulso ai
metodisti milanesi e li hanno, in
un certo senso, riportati più vicini alle caratteristiche originali
del metodismo. Sono diversi i segni tangibili di questo ritorno ad
una attività più schiettamente
« metodista », ma almeno tre possiamo ricordarli.
Un più forte e diffuso impegno
per la evangelizzazione, che ha
portato alla costituzione di un
consistente nucleo di « simpatizzanti », curati periodicamente da
un corso di lezioni affidato ad
Aurelio Penna.
La costituzione di un Centro
sociale che ha trovato nella zona, tipicamente operaia, dove si
trova la comunità, un notevole
seguito di persone, che non frequentano ancora i culti, ma frequentano i locali comunitari trovandovi assistenza ed imparando
così a conoscere chi sono i « protestanti ».
L’utilizzo oculato dei vasti locali disponibili a favore di terzi,
che apprendono anch’essi, in tal
modo, l’esistenza di un centro
« religioso » aperto a molte possibilità.
Dieci anni sono pochi per tirare delle conclusioni, anche perché l’ambiente non è dei più facili né dei più ricettivi, ma pare
di vedere un buon inizio di una
attività, che deve ancora svilupparsi.
I metodisti non hanno, forse,
una grande tradizione teologica;
la « teologia della prassi » è probabilmente ancora la formula
che meglio esprime la loro posizione. Ma hanno una attività
fortemente proiettata verso l'esterno e, non avendo tradizioni
« storiche » da rispettare, non sono un « popolo-chiesa », ma piuttosto una chiesa per il popolo. È
quanto hanno cercato di dimostrare in questi dieci anni a Milano e quanto contano di fare per
il futuro.
Emilio Corsani
GENOVA — Mercoledì, 30 marzo eravamo in molti, non solo
valdesi, ma evangelici genovesi,
nella cappella del reparto protestante del cimitero di Staglieno.
Circondando la figlia e i familiari abbiamo ricevuto l’ultima
testimonianza del pastore Emilio Corsani, che aveva invitato,
in occasione del suo funerale, a
predicare e ascoltare la confessione di fede di Paolo ; « Io sono
persuaso che né morte né vita
potrà separarmi dall’amore di
Dio che è in Cristo Gesù, nostro
Signore» (Romani 8:39).
Ancora recentemente, all’Ospedale Evangelico Internazionale, dov’è stato a lungo degente, in occasione di uno dei culti
mattutini domenicali il nostro
gruppo in visita fraterna aveva
ascoltato con commozione il breve ma intenso messaggio che sarebbe stato, se non la sua ultima testimonianza al Cristo, la
sua ultima predicazione dell’Evangelo, cui aveva dedicato con
passione la sua vita. Il suo ministero è stato lungo, in tante località e comunità ; ma forse particolarmente radicato qui a Genova.
Ci ha voluto bene — come ri
cordava tutti, e chiedeva notizie,
e quanti ci chiamava per nome!
— e gliene abbiamo voluto: lui
e noi, in Cristo. Abbiamo ricevuto molto, attraverso lui, la sua
umanità, la sua intelligenza vivace, attenta e interessata a tutto, lucida e ’aggiornata’ fino agli
ultimi tempi, sempre riferita con
sobria passione alTEvangelo; intensamente pastore, ma molto
’laico’, tutt’altro che topo di sagrestia. Anche nel travaglio del
declino e della fine ci ha fatto
sentire in chi si può avere fiduciosa speranza.
TORINO — Sabato 23 aprile, presso
la sede del Movimento Internazionale
della Riconciliazione (MIR) via Assietta
13, alle ore 14.30 si svolgerà un attivo
regionale del MIR in cui si parlerà ampiamente della campagna per l’Obiezione di coscienza fiscale.
TARANTO — Sabato 23 aprile alle
ore 18 nel Salone degli Stemmi dell'amministrazione provinciale avrà luogo
l’ultimo degli Incontri programmati in
occasione del 5“ centenario della nascita di Lutero. Oratore il prof. Domenico Maselli che parlerà sul tema
« L’attualità della Riforma protestante
nell’Italia di oggi ».
SAVONA — Lunedì 25 aprile avrà luogo l'annuale incontro delle Comunità
evangeliche della Liguria e Sud Piemonte. Alle ore 10.30 nella Chiesa metodista di P.za Diaz il pastore Franco
Becchino parlerà su « 1875-1983: Oltre
un secolo di testimonianza evangelica
in Savona ». Dopo il pranzo al sacco
alla Fortezza del Priamar, alle ore 16,
ivi, culto pubblico all’aperto presieduto
dal pastore Michele Sinigaglia della
Chiesa battista di La Spezia. Parteciperà alla giornata il Coretto valdese di
Torre Pellice diretto da Franco Taglierò.
6
6 prospettive bibliche
22 aprile 1983
I LIBRI DELL’ULTIMO LIBRO DELLA BIBBIA
La biblioteca ceieste
E perché no? Perché non ci dowebbe essere una « Biblioteca
Celeste »? L’universo descritto
nell Apocalisse di Giovanni è pieno di libri (ossia di «rotoli»,
all antica, perché le pergamene
su cui si scriveva — a mano ______
erano arrotolate).
Non poteva essere diversamente, da parte di chi ha chiamato
la Sapienza Eterna, coesistente
con il Padre Creatore, con il nome di « Logos », prima pronunciato (come voce che fa sorgere
ogni cosa dal nulla), e poi scritto (come libro contenente gli
oracoli di Dio). E cioè il «Verbo Divino ». Che non è — va detto per chi non lo sapesse — una
delle più importanti parti del discorso umano, accanto al Soggetto, al Pronome, all’Aggettivo
(sebbene si debba riconoscere
che, siccome il Verbo è l’Azione,
nessuna dèlie parti del discorso’
si attaglia meglio all’opera del
Creatore, che questa!). Ma è un
vocabolo giunto a noi dalla lingua latina, che significa appunto
« la Parola ».
Va ancora aggiunto, per la
gioia dei latinisti, che « Verbo »
è indubbiamente molto più significativo che non «Parola»
(che ha il difetto, sii venia verbis, di essere di genere femminile). Ma che ha rinconveniente
di non essere così facilmente
comprensibile come « Parola ».
Ed anche qui, a proposito di
questa « comprensibilità » maggiore, dobbiamo umilmente riconoscere che, se la confusione
delle lingue è un peccato degli
uomini babelici, la « Parola » è
invece il ritorno all’unico, solenne, salvifico termine che in sé
riassume il creato, il suo bisogno di redenzione. Io strumento
della redenzione, l’Uomo che ha
impersonato ]a redenzione, il Figliolo di Dio che ha parlato e
operato perché la redenzione del
genere umano fosse una realtà
compresa da tutti.
ma « libretto »: di dimensioni
dunque ridotte, ma comprensivo
di tutto il bene e di tutto il male che può accadere in una comunità cristiana. Il libretto è così descritto in Apocalisse 1: 11,
e le lettere si trovano riprodotte
in due capitoli, il secondo e il
terzo.
Vediamo dunque la Biblioteca
Celeste.
estendono. Viene in mente il Salmo 8, versetti 3 e 4. Quando gli
scrittori sacri parlano dell’uniyerso come di un « rotolo », non
lo fanno certo per esaltare le conoscenze dell’uomo, ma per indicare quanto l’universo, di fronte
al suo Creatore, è fragile, caduco, e insomma un « non-essere »
di fronte a Colui che è stato, che
è e che sara. Un rotolo... Eppure
noi viviamo, ci muoviamo, e sia— come impercettibili segni
della grazia divina — gli abitanti di un infinitesimale astro la
® scritta, dalla prima
all ultima riga, nel Libro deeli
Astri.
Il Libro
dell’Apocalisse
Il Libro degli Astri
Il Libro delle
Sette Lettere
E’ il libro che Dio arrotola e
srotola, apre e chiude, con tutto
ciò che è in esso. E’ ricordato in
Apocalisse 6: 14, a proposito dell’apertura del sesto sigillo; ma
Isaia ne parla più diffusamente,
in 34; 4. Per TÈtemo, l'universo
e gli spazi che Egli ha creato,
sono come im libro; il suo divino Autore vi legge il sorgere, il
vivere e il tramontare degli astri,
delle galassie che questi compongono, lungo i milioni e milioni di chilometri in cui esse si
E’ il libro che contiene le sette
lettere destinate alle sette Chiese dell’Asia. Quelle chiese sono
le immagini dei tratti permanenti delle chiese cristiane in tutto
il inondo. Quelle lettere ci sono
familiari, per l’applicazione che
comunemente ne fanno i predicatori evangelici dal pulpito. Che
si tratti, per loro, più di una guida ecclesiastica che di un epistolario vero e proprio, è dato ‘dal
fatto che, nel testo originale, lo
scritto non è chiamato « libro »,
Si potrebbe mai immaginare
una biblioteca di scienze bibliche la quale sia sprovvista del1’« Apocalisse »? E dunque, la
Biblioteca Celeste avrà anche
questo libro.
Un’osservazione filologica si
impone sul titolo dell’opera. Come sanno tutti i lettori della
Bibbia, « Apocalisse » significa in
greco « Rivelazione » (le Bibbie
inglesi infatti non intitolano l’ultiino scritto della Bibbia « Apocalisse », ma « Revelation », rivelazione, e questo è d’altronde il
titolo datogli dallo stesso suo
Autore, l’apostolo Giovanni). Qra, è necessario riconoscere che,
proprio nella lingua italiana, il
comune vocabolo « apocalisse » è
stato degradato a significare una
catastrofe, un finimondo, uno
sconquasso generale, uno scioglimento luttuoso collettivo: il che
è, ricordiamolo, solo un aspetto
del contenuto dell’Apocalisse biblica, ancorché il più clamoroso
(il suo finale, grecamente parlando, è la « apokatàstasis », che
è il ristabilimento finale della
giustizia e del diritto di Dio).
II fenomeno di « degradazione »
non si è verificato soltanto per
l’ultimo libro della Bibbia. Altri
termini, fra cui diversi nomi propri, hanno fatto la stessa fine
nel linguaggio del popolo, come
« cafarnao », da Capernaum, luogo della predicazione del Cristo
(per indicare una gran confusione), « calvario », dal Golgota a
forma di un teschio spelacchiato, calvo (per indicare le penose
vicende di un disgraziato, particolarmente di ima donna), « Lazzaro », nome di un personaggio
lebbroso di una parabola di Gesù (per indicare, con il ben noto
accrescitivo napoletano, « lazzarone », un essere spregevole, povero, incivile), e così via. Dovremmo dunque apprendere a
chiamare l’ultimo libro della
Bibbia « la Rivelazione ».
Teodoro Balma
(continua)
Giornata
di preghiera
Il Comitato Esecutivo dell’Alleanza
Biblica Universale, seguendo la raccomandazione di uno dei suoi gruppi di
lavoro, ha deciso che le società bibliche di tutto il mondo osserveranno una
giornata di preghiera. È stato proposto
di scegliere il 9 maggio 1983 per questa giornata: è la data in cui fu adottata per la prima volta, nel corso dell'assemblea del 1946, l’idea di fondare una
associazione su scala mondiale. È previsto che in questo giorno, i responsabili delle società bibliche, i loro collaboratori ed i loro amici si ritroveranno
insieme in tutti i paesi dove l’attività
biblica si sviluppa nel quadro dell’ABU.
LA
GIUSTIFICAZIONE
PER FEDE NEL
NUOVO TESTAMENTO ■ 1
Lo sappiamo: nella predicazione di Gesù, quale ci è consegnata nelle testimonianze degli Evangeli, non troviamo mai
questa classica espressione paolinica; con
un’uriica, e parziale, eccezione: Luca 18;
14. Si tratta allora di una creazione di
Paolo, che avrebbe forgiato non solo la
espressione, ma la dottrina — oppure
l’apostolo ha trovato nella predicazione e
nella condotta di Gesù il fondamento di
questo suo messaggio?
a cura di Gino Conte
_ Dopo aver constatato che, pur mancando l’espressione, la realtà della eiustillca
la fede, è presente, Lzi fondkmentale neStico
lÌIfn« « ®aver accennato allo sviluppo che, da queste premesse, ha portato a
L ““a vera e propria inversione, alla dottrina farisaica della salvez
^ per le opere detta Legge, giungiamo al Nuovo Testamento. Qual è stato l’atteggiamento e il messaggio di Gesù?
Gesù e Paolo
A questo punto non posso che rimandare ad alcune pagine de La giustificazione
per fede (Paideia, Brescia 1976, p. 25 ss.)
di V. Subilia, che sono già state in parte
riportate recentemente in questa rubrica
(n. 48, del 26.11.82) sotto il titolo, appunto, « Gesù e Paolo ».
La grandezza di Paolo, secondo J. Jeremias, è stata di comprendere il messaggio di Gesù, vissuto in tutto il suo comportamento, meglio di qualsiasi altro autore del N.T.: «È stato il fedele interprete di Gesù, e questo è particolarmente
vero per la dottrina della giustificazione.
Il vocabolario è differente, ma il contenuto è il medesimo ».
Qual è la situazione che Gesù ha di
fronte? Il popolo del Patto è frammentato da molte divisioni; ma sostanzialmente è spaccato in due.
Da un lato ci sono i « giusti », cioè coloro che hanno preso rigorosamente sul
serio la Legge come via di salvezza, e che
trovano il fondamento e la giustificazione della vita, davanti a Dio e davanti agli
uomini, nell’osservarne scrupolosamente
i comandamenti e le prescrizioni (cfr
quanto detto nell’ultimo articolo, sull’evoluzione fra A. e N.T.). Si tratta del movimento fariseo, che Paolo/Saulo ha vissuto dal di dentro con appassionata partecipazione. Si tratta anche del movimento
settario di Qumràn, con il suo radicalismo d’impronta apocalittica.
Dall altro lato c’è « la plebe che non conosce la legge » ed « è maledetta », a giudizio dei farisei (Giov. 7: 49).
preghiera, il digiuno) e i peccatori, gli
ingiusti, la massa dei non-praticanti, degli indifferenti, staccati dalla vita religiosa
e dalle sue pratiche, incapaci di orientare la propria vita personale e sociale sulle direttive della Legge.
Gesù non ha banalizzato né deriso la
giustizia farisea. Vi sono sì, qua e là nella sua predicazione, critiche anche sferzanti all’ipocrisia di farisei: c’erano fra
loro, certamente, degli ipocriti, dei farisei
di facciata. Ma il grosso del movimento
fariseo non era così. E lo scontro che oppone Gesù a loro non è, sostanzialmente,
uno scontro sulla questione morale, ma
sulla questione teologica di come si sta di
fronte a Dio: sulla questione della grazia
e della fede.
Esattamente allo stesso modo Gesù non
ha mai minimizzato il peccato dei peccatori, la loro indifferenza spirituale, il distacco da un rapporto di fede vissuto e
operante.
Ma, e qui sta la caratteristica sconvolgente della predicazione di Gesù, che si
riallaccia ad alcimi filoni profetici ma
con una forza, una chiarezza e una radicalità inedite; Dio vuole avere a che fare
con i peccatori.
Dio vuol avere
a che fare con i peccatori
Gesù, fra giusti
e peccatori
Gesù sembra aver preso sul serio questa distinzione corrente fra i giusti, i praticanti le « opere » (che non erano in primo luogo religioso-culturali, vedi le principali commentate in Matt. 6, l’elemosina,
intesa nel senso ampio di assistenza la
La plebe, la massa, che non conosce la
Legge, non è semplicemente sotto la maledizione: Gesù annuncia di esser venuto
a curare non i sani, ma i malati, a chiamare non i giusti, ma i peccatori (Marco
2: 17); avverte che i religiosi e gli ecclesiastici, i praticanti saranno esclusi dal
regno di Dio, mentre vi saranno ammessi i declassati morali: «Pubblicani e meretrici entreranno nel regno di Dio, voi
no» (Matteo 21: 31). Avverte i discepoli
che la loro « giustizia » deve superare
quella dei farisei (Matt. 5; 20), non nel
senso banale che sia più « seria » (la giustizia farisea genuina era serissima, e
Paolo lo conferma a tutte lettere, in Pii.
3), ma che sia diversamente fondata e
orientata. Gesù, nota Subilia, ha proclamato « la beatitudine della povertà.
dell’uomo privo di ogni capitale e di
ogni garanzia, non dell’uorao ricco di capitali spirituali ed economici,
dell’uomo inquieto e insoddisfatto, non
dell’arrivato, soddisfatto e sicuro dì sé,
dell’uomo che cerca, non dell’uomo
che ha trovato e che possiede ».
« Intendere la beatitudine del povero in
senso spiritualistico come si faceva ieri
o in senso sociologico come si fa oggi,
conduce a degli assurdi esegetici e mora-’
li insostenibili. Il povero dei testi evangelici che riferiscono la predicazione di
Gesù assume un contrassegno teologico:
è la parabola dell’uomo che ha nulla in
se stesso e che trova il suo tutto in Dio,
dell’uomo che proprio nella sua condizione di nullatenenza e di non possesso, è
accolto da Dio e trova in lui il suo tesoro in cui confidare (Matt. 6: 19-21; Luca
1: 53). Nella beatitudine Gesù esprime il
paradosso e il mistero dell’azione di Dio,
che va in cerca non di uomini dai fondamenti sicuri, di ordine morale e di ordine
economico, ma di sradicati e di apolidi,
che non hanno saputo crearsi un ambiente e un consenso, che non hanno trovato
successo e sistemazione nella vita, non
hanno realizzato la loro umanità, non
hanno soddisfatto i loro desideri e attuato i loro programmi. A questi uomini
egli rivela la sua presenza fascinosa e li
chiama a vivere per fede, non di realizzazioni ».
« La beatitudine dei poveri può dunque
essere considerata una illustrazione parabolica dell’affermazione evangelica secondo cui il giusto vivrà per fede, in cui la
tensione verso il regno escatologico non
è altro che la tensione verso Dio di una
esistenza che ha trovato in Dìo il suo
fondamento e la sua ragion d’essere ».
l'accesso alla vita anche ai lavoratori dell’ultima ora (Mat. 20: 1-16); in quella del
padre dei due figli che corre incontro a
quello prodigo e vuol far capire a quello
’’giusto” l’assurdità del suo atteggiamento giudicante e rivendicativo, nell’economia generosa di quella casa dove tutto è
grazia (Luca 15: 11-32; cfr. pure le due
parabole immediatamente precedenti in
questo stesso capitolo; la pecora e la
dracma perdute, cercate, trovate in gran
festa).
Queste parabole Gesù non le ha soltanto narrate, ma vissute. Passa, vede Levi
^1 suo banco di pubblicano e lo
chiama a unirsi al gruppo dei suoi seguaci (Mar. 2: 13 ss.); attraversa Gerico,
alza gli occhi e in piena via, in mezzo alla folla, interpella proprio il capo-pubblicano Zaccheo, e proprio a lui chiede ospitalità (Luca 19: 1 ss.): nei due casi, l’inconclude con un banchetto fra
pubblicani, la feccia dei venduti e rinnegati. O rivisitiamo la scena in casa del
fariseo Simone (Luca 7: 36-50), e il rapporto che c’è fra Gesù e il fariseo fra
Gesù e la prostituta, con la parabola che
VI è incastonata. Gli esempi di questi giustificati per grazia, mediante la fede si
potrebbero moltiplicare.
Questa predicazione e questa condotta
gli hanno drizzato contro, in un crescendo drammatico, l’ostilità indignata e spietate dei religiosi, per ì quali «tenersi a
debita distanza dai peccatori era un preminente dovere religioso » (j. Jeremias)
Lo liquideranno.
Il nuovo Patto
Parabole della grazia,
narrate e vissute
Questo modo di essere di Dio, con i
peccatori, con i ’’poveri”, che Gesù proclama e vive, non si esprime forse in tante
parabole? In quella del fariseo e del pubblicano (Luca 18; 9-14); in quella del padrone generoso che dà, di fatto gratis
Porse, tanto più in questo tempo di
Pasqua, non è fuori luogo ricordare infine che, come abbiamo visto, « il Patto »
era, nellA.T., frutto di un intervento mìsericordioso e gratuito di Dio; era un
Patto di grazia.
La fine storica di Gesù avviene nel quadro della celebrazione pasquale ebraica,
nel rivivere il gratuito, misericordioso atto di liberazione e di vocazione del Signore. È l’ultima parabola, vissuta come
nessun altra, che Gesù ci lascia: « Questo
e il nuovo Patto — preannunciato da alcuni profeti — ed è stipulato nel mio san
■''^oi, affinché
ab mate vita, e vita esuberante. L’Agnello
di Dio toglie, ora, il peccato del mondo.
Venite, voi che siete assetati, a quest’acqua viva, venite, voi che siete affamati,
prendete, mangiate, prendete senza pagare (Is. 55) questo pane vivo che dà vita
al mondo.
Tutto quello che Gesù ci ha detto, il
modo in cui ci ha trattato culmina qui:
imn in un sacramento, ma nel dono di
sé, che per noi vuol dire, da parte di
Dio, la salvezza, la giustificazione, la vitagratis; per amore.
Gino Conte
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22 aprile 1983
oMettívo aperto 7
IN OCCASIONE DEL XXV APRILE RICORDIAMO UNO DEI PRIMI EPISODI DELLA LOTTA DI LIBERAZIONE ALLE VALLI
Villar Perosa: un giorno del marzo '43
Tra gli aspetti meno conosciuti della lotta di liberazione nelle valli valdesi vi è certamente lo sciopero che i quasi 4.500 operai della RIV di Villar
Perosa fecero dall’S al 13 marzo del 1943. Un episodio che sottolinea il passaggio da una attività
antifascista legata a piccoli gruppi che operavano
già nel pinerolese dal 1940, ad una dimensione di
critica di massa al regime fascista. Dopo gli operai della Riv infatti scesero in sciopero in quei
giorni gli operai della Giitermann e del Cotonifìcio
Valle Susa, della Talco e Grafite, della fonderia
Pessard.
Delle giornate di sciopero e sulle loro motivazioni oltre che da testimonianze dirette dei protagonisti di allora vi è anche un dettagliato rapporto dei carabinieri di Pinerolo al questore di Torino
in data 27.3.43 e nella denuncia del questore di Torino al Tribunale speciale per « vero e proprio
disfattismo politico » contro 18 degli operai « promotori » (tra cui tre donne).
Gli scioperi si inseriscono ovviamente nel più
vasto movimento degli scioperi che erano iniziati
a Torino, il 5 marzo 1943.
Contribuisce certamente alla buona riuscita degli scioperi il sentimento diffuso del possibile sgretolamento del regime fascista sotto l’urto dei rovesci militari e delle tensioni che la mobilitazione
bellica aveva imposto alla società italiana e alla
classe operaia in particolare. La resa nazista a
Stalingrado è del 2 febbraio e Torino e il Piemon
te sono colpiti da sempre più numerosi bombardamenti. Le condizioni di vita dei lavoratori erano
difficili dopo tre anni di blocco dei salari. Ricorda
Giuseppe Traverso, uno dei protagonisti di quei
giorni; « come operatore nel 43, guadagnavo 24 lire al giorno; gli operai col cottimo toccavano le 30,
35 lire. La paga di una giornata copriva il- prezzo
di un chilo di patate alla borsa nera».
Nonostante la presenza nel pinerolese di due
nuclei distinti di antifascisti, quello comunista, che
opera nelle fabbriche, e quello azionista, che opera
tra la piccola borghesia, gli intellettuali e gli artigiani, la riuscita dello sciopero deve essere ricercata proprio in queste condizioni di vita sempre
più difficili. Le rivendicazioni sono però economiche e politiche allo stesso tempo. Mario Giai
Miniet, dopo aver ascoltato le promesse di Agnelli
per un contributo di 600 lire, dice « Adesso che
abbiamo risolto la questione economica, dobbiamo
risolvere quella politica ». ■
Ma l’importanza di questo sciopero va oltre
il fatto in sé. Per'far fronte alla repressione fascista che colpisce 80 famiglie si ' forma infatti un
primo comitato clandestino di antifascisti che funzionerà fino al colpo di stato del 25 luglio e costituisce la prima struttura politica unitaria delle varie componenti dell’antifascismo pinerolese.
Nella foto l’ingresso degli stabilimenti Riv di Villar
Perosa alla fine degli anni '40.
Dal libro di Gianni Alasia,
Giancarlo Cercano, Mario Giovane: « Un giorno del 43 » (Gruppo
editoriale Piemonte 1983, L. 5.000)
pubblichiamo qui sotto ampi
stralci del diaro dell’operaio comunista Giacomo Di Gregorio
(Pinerolo 1904-1975) che fu condannato quale promotore a due
mesi di carcere e poi inviato militare in Corsica.
« Le notizie delle fermate nelle
varie fabbriche torinesi arrivarono un po' confuse a Villar Perosa. Comunque d’accordo con
amici e compagni decidemmo di
metterle in risalto e divulgarle
fra le maestranze e nel contempo spiegare i perché (...).
Ne trascrivemmo diverse copie aggiungendo l’invito che anche noi bisognava muoversi e in
calce preannunciavo l’inizio della
protesta come si faceva in città
cioè aspettare il segnale "prova
sirena" delle ore 10. La giornata
del 1 fu dedicata a far correre le
copie trascritte; alle 8 del giorno
dopo entrando al lavoro constatai che gli operai, sebbene cautamente, parlavano e commentavano favorevolmente quanto divulgato il giorno prima.
Avvicinai gli amici e li invitai
ad intensificare la propaganda e
a divulgarla tra gli operai. Occorreva iniziare la fermata nella mattinata stessa senza in
Dal diano di un operalo
dugio.. Finalmente il lugubre
suono vibrò nell’aria: mi scostai dalla macchina dove ero
intento al mio lavoro: mi fermai
e vidi che i miei cornpagni seguivano il mio esempio; si fermarono anch’essi e si riunirono a
gruppi con sguardi incrociati: il
nostro esempio si divulgava di
reparto in reparto tanto che in
pochi minuti quasi tutto lo stabilimento fu fermo ». Intervennero alcuni capi-squadra e
di reparto e l’Ing. Tomasetti (soprannominato "figliuol mio" perché era solito rivolgersi agli operai chiamandoli così) seguito da
molti degli sbirri che con i libretti e le matite segnarono i nomi
e le matricole...
La partecipazione
deile donne
« Le donne erano le viù decise
ed energiche, protestavano ad alta voce reclamando aumenti di
salario e razioni di pane.
L'operaia Olga Baravallo rivolta ai compagni di lavoro, ad
alta voce, affermò: “se noi tutti
Italiani!!!
È venti anni che ii governo Fascista si è impiantato in italia: venti
anni di delitti e tradimenti perché la politica fascista è basata sulla forza bruta
e sulla prepotenza.
Approfittando della debolezza dell’Italia, uscita allora da una guerra vittoriosa, Mussolini incominciò, aiutato da delinquenti, a esercitare la sua politica di
schiavismo che ha ridotto la nostra patria alla rovina.
Ma allora Mussolini voleva salire a qualunque costo, magari con il manganello, con l'olio di ricino o con qualunque altro « Espediente » del genere, ma
voleva comandare. Non tutti però erano della sua idea e moltissimi si astennero dall'iscriversi; allora egli pensò di dare lavoro soltanto a chi era nelle file
del partito. Cosi, con questo vile ricatto, il fascismo si estese anche tra quelli
che pure non condividendo le sue idee schlaviste, avevano bisogno di lavorare
per sfamarsi.
ItalianiI I vostri figli sono rimbecilliti da quella idea standardizzata che i
fascisti cacciano loro in testa senza tregua.
A scuola non fanno più profitto, a casa sono disubbidienti. Ma ohe importa
ciò a Mussolini? A lui i giovttni servono per fare delle guerre, perciò insegna
loro il modo di diventare delinquenti come degni fascisti.
Oggi il fascismo festeggia (o quasi) il ventennale mentre divampa una guerra che sta portando alla rovina gli italiani servi dei padroni tedeschi ai quali
Mussolini ci ha venduti.
Italiani!!
Questa guerra deve finire! Solo così potremo salvarci dalla spaventosa catastrofe che ci investirà se la guerra continua.
Non vogliamo essere i servi di Hitler e traditi dal governo fascista, agiamo
dunque, avviciniamo quel giorno in cui l'Italia sarà inondata di nuovo da
quella luce che è la LIBERTA'.
Viva l’Italia liberali
Volantino dattiloscritto del gennaio 1943.
uniti sapremo resistere e smettere di lavorare faremo diminuire la produzione bellica, ciò comprometterà sempre più le sorti
della guerra ingiusta e non sentita e obbligherà a concludere la
pace e a mettere la parola fine
a tutte queste miserie e restrizioni in cui siamo”. Queste parole suscitarono un grande applauso e furono favorevolmente commentate da tutti i ^esenti...
Con gli amici feci un giro per
i vari reparti e officine: constatai
che la totalità delle maestranze
aveva risposto favorevolmente e
con decisione alle agitazioni, anche quelli che sapevo iscritti al
partito nazionale fascista. Aspettavamo di vedere cosa avrebbero
fatto gli operai del secondo turno...
La notizia della fermata era
già trapelata fuori dello stabilimento e come una macchia d’olio si era sparsa nei vari centri
abitati del pinerolese; numerose
fabbriche della zona furono bloccate dallo sciopero. Da noi, anche il terzo turno si fermò ».
Ci furono vari tentativi da parte della Direzione di dividere gli
operai, (...)
L’incontro col sen.
Giovanni Agnelli
« ...Essendoci stato riferito che
il senatore Giovanni Agnelli si
trovava nel suo castello a Villar,
volli proporre di inviare una ventina di operai e operaie da lui
direttamente per esporgli i nostri desiderata... Stilammo un significativo invito con molti eccellenza e con preghiera di rispondere in merito. La risposta fu favorevole; il senatore ancorché indisposto, acconsentiva al nostro
invito e si sarebbe trovato in officina il mattino seguente verso
le 10. La mattina del 12’ marzo il
senatore Agnelli si reca alla fabbrica... Parla sforzandosi di apparire commosso, alle maestranze rimproverandole del grave dolore che gli procuravano, poiché
egli mai si sarebbe aspettato che
si ribellassero gli operai della
sua officina, i suoi protetti, i suoi
beniamini, quelli che lui aveva
sempre amato di più, quelli per
i quali aveva già fatto tanto; qui
enumera una serie di realizzazioni benefiche e umanitarie (“tante belle parole", dicono gli operai, ma non si capiva che cosa
aveva fatto di concreto). Chiede
poi quali siano le richieste e le
commenta dicendo che se per i
soldi, gli è possibile fare qualcosa, non compete a lui procurare
generi alimentari poiché anch’egli come loro ha la tessera. Dice
che purtroppo la situazione è
quella che è, la guerra non permette di scialacquare, ma d’altronde non è lui che ha la colpa
della guerra. Gli viene allora chiesto con urla di farsi interprete,
nella sua qualità di senatore, dei
sentimenti del popolo affinché
cessi la guerra affamatrice. Egli
spiega che non è compito suo,
che non è di sua competenza interferire negli affari del governo.
Gli operai rispondono gridando "Abbasso la guerra!’’. Si dichiara allora disposto a trattare
e chiede che gli sia inviata una
delegazione di operai... Le maestranze, dopo avergli chiesto la
sua parola d’onore a salvaguardia dell’incolumità dei delegati,
inviano una dozzina di persone.
Agnelli chiede che, mentre si
svolgono le trattative gli operai
riprendano il lavoro, ma gli operai rifiutano e restano dov’erano,
sicché i delegati, ogni volta che
si accordano su un punto si portano alla finestra e lo comunicano alla massa: solo se questa a
sua volta approva il punto viene
accettato. Dopo due ore di discussione si trova l’accordo: verrà corrisposta a tutti un’indennità (una tantum) di “caro vita"
nella misura di L. 300 per t capifamiglia e di L. 200 per gli altri.
Agnelli non vorrebbe concedere
aumenti salariali adducendo come scusa che il governo ha bloccato i salari e che egli non può
contravvenire alla legge poiché
incorrerebbe in gravi sanzioni.
Ci si accorda poi per un aumento di L. 22 al giorno, del quale
però bisognerà tenere nascosta
l’esistenza, in particolare per
auanto riguarda le officine di
Torino. L’azienda pagherà tutte
le ore di sciopero effettuate nel
corso dei cinque giorni di agitazione. Nessun provvedimento
verrà preso nei confronti di alcuno per motivi connessi alto
sciopero. Verrà migliorata la
mensa e vi sarà servita la pastasciutta due volte alla settimana.
La repressione
Il lavoro riprese in pieno il lunedi 14 marzo 1943; il giorno 16
venne distribuito il caro-vita pattuito, migliorata la vivanda del
refettorio, la pastasciutta promessa e un supplemento di pane: 20 grammi circa. Al giovedì 17 vidi che i capi e gli operai
che sapevo iscritti al PNF vennero al lavoro indossando la‘camicia nera. Presagii qualcosa di losco, avvicinai compagni ed amici, li consigliai di tenersi pronti
ad ogni eventualità. (...)
I miei presentimenti si avverarono: sabato 19 marzo ’43, san
Giuseppe, verso l’una di notte,
una macchina si fermò all’angolo della strada dove io e il Traverso abitavamo. Incuriosito per
l’ora insolita uscii dal letto e affacciatomi alla finestra notai Un
gruppo di militi armati: li contai, erano 10; si avvicinarono e
batterono alla porticina dove abitava mio cognato. Qualche tempo dopo venne ad aprire, i carabinieri entrarono; stetti in attesa per vedere ciò che capitava
e dopo una diecina di minuti vidi uscire lui e sua moglie in compagnia dei militi.
Sebbene fosse domenica ero
comandato al lavoro. Decisi di
andarci e appena in fabbrica mi
diedi da fare per divulgare ed
illustrare la gravità del fatto di
cui ero stato testimone nella notte. Avvicinai alcuni delegati e
amici e spiegai che era d’uopo
senza ritardo recarsi dai dirigenti e spiegare i fatti. Ciò non fu
possibile: nei storni festivi gli
uffici erano deserti. Nessun dirigente in giro; rimandammo ogni
discussione al giorno seguente,
lunedì 21 marzo ’43.
Era già suonata la mezzanotte^
quando sentii di nuovo fermarsi
una macchina vicino alla mia
abitazione e bussare ripetutamente al portone di entrata... Fui
invitato a vestirmi e a seguirli in
caserma; per fortuna domandavano solo di me e non di mia
moglie...
Salii sul furgone già occupato
da altri e ci fermammo più sotto
a prelevare Battista Mina, anch’esso invitato in caserma. Giunti a destinazione ci ammassammo in una saletta; eravamo in
nove: sette operai della RIV e
due di altre officine .
Li tennero tì fino all’inizio del
F turno di lavoro e poi dopo che
gli onerai avevano iniziato normalmente il lavoro, li portarono
a Torino.
Le richieste di spiegazione di
questi arresti non furono soddisfatte.
« ...La risposta che la direzione
diede ai delegati fu che noi eravamo stati presi a far propaganda politica fuori detto stabilimento, assicurando che dopo i
dovuti accertamenti saremmo ritornati ai nostri posti. Scoppiò
una vera caccia all'operaio; decine e decine di essi d’ambo i
sessi furono arrestati e cacciati
in prigione (circa 80)».
Pagina a cura di
Giorgio Gardlol
8
8 ecumenîsmo
22 aprile 1983
Informazioni dalla Comunità
Evangelica di Azione Apostolica
La chiesa di...
ha bisogno di...
All’inizio di ogni anno la « Commissione per lo scambio delle persone » della CEvAA redige la lista delle richieste di collaboratori
avanzate d^le varie chiese membro, alle chiese sorelle. Si tratta
m genere di collaborazioni specializzate di cui le varie chiese hanno
bisogno per far fronte all’impegpo di servizio nel proprio paese
(insegnamento, assistenza, sviluppo).
Le chiese sorelle sono invitate ad inviare i propri membri che
rispondano a queste richieste in uno scambio di personale fraterno
e costruttivo.
Gli « inviati » partono con un impegno di tre anni rinnovabili, e
dopo ritornano a lavorare nella propria chiesa o nel proprio paese
arricchiti da queste esperienze. Attualmente lavorano nelle varie
chiese della CEv.^ 82 inviati che provengono dalla Francia (52)
Svizzera (24) Italia (3) Nuova Caledonia (1) Madagascar (1) Camerún (1).
La lista di quest’anno mette in evidenza alcune richieste urgenti
da accogliere prioritariamente. ’
Richieste prioritarie Le altre richieste
Per il Benin: un insegnante di
teologia (Antico e Nuovo Testamento, sistematica e dogmatica).
Per il Camerún: un tecnico in
elettricità per l’insegnamento.
Per la Costa d’Avorio: una infermiera capo-sala o una ostetrica aventi esperienza nel campo
dell’insegnamento, con conoscenza delle malattie tropicali.
Per il Lesotho: 2 pastori di comunità.
Per il Madagascar: 3 dottori in
teologia (biblica, sistematica, storica) per il secondo ciclo dell’Istituto Protestante di Teologia.
Per il Mozambico: una segretaria di direzione trilingue (francese, inglese, portoghese), che do
QUESTIONARIO
CEvAA
Molte comunità non hanno
ancora risposto al questionario del Comitato CEvAA sull’animazione teologica, inviato
tramite la circolare della Tavola dello scorso gennaio.
Rimaniamo in fiduciosa attesa...
Vi ricordiamo che le risposte devono essere inviate a R.
Coisson - 10060 Pomaretto
(Torino).
Per il Camerún: 7 insegnanti
(contabilità, matematica, fisicachimica, scienze naturali); 4 medici generici.
Per la Costa d’Avorio: 1 infermiere capo-sala con almeno due
anni di esperienza in un posto di
responsabilità; 1 farmacista con
esperienza in farmacia d’ospedale (fabbricazione di medicine eccetera); 1 professore di materna
Miseria
Non abbiamo pane,
condividiamo la miseria.
Vogliamo avere del pane,
condividiamo la ricerca.
Abbiamo un po’ di pane,
lo dividiamo.
Vogliamo averne di più,
lo dividiamo di meno.
Ne abbiamo troppo,
non lo dividiamo più.
Lo gettiamo nella pattumiera,
rimaniamo soli....
(Anonimo)
tica; 1 pastore per lavoro in comunità e cappellania in ospedale.
Per la Nuova Caledonia: 5 professori (agronomia, scienze e matematica).
Per la Polinesia francese: 1 documentarista. Servizio da creare.
Oltre alla raccolta, classificazione ecc. della documentazione, dovrebbe svolgere un ruolo di stimolo alla ricerca nei confronti
degli allievi; 1 pastore-insegnante per la scuola pastorale.
Per la Repubblica Centrafricana: 1 pastore per comunità, con
lavoro anche alla radio e presso
il centro giovanile.
Per la Svizzera: 1 pastore dall’Africa o Oceania per lavoro di
animazione giovanile e animazione nelle comunità; 1 pastore africano per una comunità del cantone di Neuchâtel.
Per il Togo: una ostetrica; 1
dottore che dovrebbe occuparsi
soprattutto di medicina preventiva; 5 insegnanti (matematica,
fisica, scienze naturali).
Per lo Zambia: un medico per
l’ospedale di Mwadu; 1 meccanico-istruttore; una infermiera-ostetrica per dirigere il reparto
di maternità, capace di formare
il personale.
VISITANDO LE NOSTRE CHIESE
Un fratello
camerunese
ci interpella
Ebenezer Woungly-Massaga, pastore della Chiesa Protestante
Africana del Camerún, attualmente in esilio volontario in Svizzera,
ha visitato recentemente Aosta ed alcune comunità delle Valli. Autore di una raccolta di preghiere (Le Tronc bèni de la prière. Ed.
Du Soc) sta ora preparando una seconda pubblicazione di testi vari
di riflessione su temi di attualità. Dai suoi scritti traspare una profonda fede in un Cristo che si incarna nella vita degli uomini portando il suo giudizio e la sua liberazione; una fede libera da compromissioni di sorta, per cui un po’ spigolosa, ma carica di amore
per Cristo e per il prossimo.
Critico nei confronti del modello di vita proposto da una civiltà
basata sulla tecnica^ e la scienza che porta al consumismo, cioè all’avere, rriette in evidenza la necessità di una riscoperta del valore
dell’individuo e del rapporto umano, cioè dell’essere.
Proponiamo ai lettori del giornale questo testo di una nuova
raccolta da cui risaltano con sarcasmo i limiti ed i pericoli della
nostra civiltà mediata tramite la scuola nella società africana ma...
non solo africana!
La scuola
Sono andato a scuola, ne sono uscito un traditore!
Fiero di una sapienza efficace, ma soprattutto astuto.
Con uno spirito calcolatore e pieno di orgoglio.
Schiavo delle idee o del profitto
Completamente stordito dalla civiltà.
So mettere il mondo al cèntro dell’universo,
E, naturalmente, me stesso al centro del mondo.
Così, affermo la preminenza dell’individuo.
Amo l’umanità, per non dover amare nessuno,
E l’odio per i miei simili lo chiamo intimità.
Con questa timida parola, copro anche la mia avarizia
E così, pure il segreto delle mie odiose proprietà.
Con finto pudore l’egoismo chiamo benessere personale.
Anche se ormai non saprei più cosa desiderare.
Calpesto chi posso; è mia libertà inalienabile.
Ma sono anche assai abile a schernire chi è più potente di me.
Con un discorso vuoto, so trascinare le masse.
Esse non conoscono Voltaire, e nemmeno Kant.
Devono pur pagare il prezzo della loro ignoranza.
Imparino la civiltà, attraverso la via del servizio.
Se, per suo favore, lo straniero, a prezzo di qualche
orrore, mi mette sul trono,
Gli consegno i miei fratelli, le mie sorelle, tutto il mio paese
a patto che egli mi presti la sua forza di distruzione.
Lo straniero non incarna forse la verità?
La sapienza non è forse sua, dal momento che ha il potere?
INCONTRO INTERNAZIONALE IN SPAGNA
vrebbe collaborare alla formazione dei quadri locali.
Per lo Zambia; per il progetto
Kaputa ima coppia: l’uomo dovrebbe essere un buon meccanico, capace di risolvere problemi
pratici in zona isolata. La moglie,
senza avere compiti specifici, parteciperebbe al progetto secondo i
propri doni.
TRIVENETO
Convegno
ecumenico
Il 13 febbraio si è tenuto a Mestre il XIV convegno dei gruppi
ecumenici del Triveneto. L’argomento, secondo il programma
di quest’anno che segue i documenti di Lima, è stato il battesimo. L’esposizione del tema da
parte dei relatori dr. Emidio
Sfredda (metodista) e don Olivo Bolzon (cattolico) è stata
preceduta da una meditazione
della prof.ssa Maddalena Costabel (valdese) su Atti 8; 26-39 (la
conversione dell’etiope). Fra i
presenti (80-90 persone) cattolici ed evangelici di varie denominazioni: valdesi, metodisti, luterani, avventisti, chiesa di Cristo.
Cristiani
sette giorni su sette
UN LUTTO ALL’ALLEANZA RIFORMATA
Marcel Pradervand
Su questo tema si svolgerà a
Barcellona, Spagna, un incontro
internazionale dal 30 agosto al 6
settembre p.v. La settimana di
studio è organizzata dall’Associazione per la Fede e l’Azione Riformata Internazionale (lARFA),
un’associazione di cristiani riformati che secondo le confessioni
di fede storiche riformate si sottomette incondizionatamente all’autorità delle Sacre Scritture
in quanto Parola di Dio. L’incontro si propone di approfondire
la fede nel Signore della storia
cogliendone tutte le conseguenze
per la vita di ogni giorno nella
vita dei singoli, nelle chiese e nelle varie istituzioni umane.
Il programma prevede una serie di studi biblici giornalieri del
pastore Alphonse Maillot, della
Chiesa Riformata di Francia, e
conferenze su « Il funzionamento
della chiesa locale» (losé Grau,
Spagna); «La situazione evangelica nella problematica teologica
di fronte al cattolicesimo in Italia» (Pietro Bolognesi, Italia);
« Il nostro compito nel quadro
deli’ insegnamento scolastico »
(Paquita Estrada, Spagna); «La
pedagogia evangelica, un’alternativa valida? » (past. Po veda, Spagna); e inoltre una riflessione bi
blica sui problemi del lavoro e
della disoccupazione.
Il corso è destinato in particolare ai paesi latini d’Europa e
aperto a chiunque possa inserirsi
mediante una delle due lingue
ufficiali, spagnolo e francese.
Il costo dell’incontro è di
11.700 pesetas per gli adulti e
9.750 per gli studenti. Le iscrizioni si chiudono il 15 giugno.
Informazioni e iscrizioni vanno
inviate e richieste al Sig. Felipe
CarmonarBarrio-Canal, Andrés
Febrer 31, Barcelona 19, Spagna,
tei. 305.46.36.
Per i partecipanti italiani; il
pastore Giovanni Conte, membro
del Comitato organizzativo, gradirebbe, a titolo informativo di
avere copia della lettera di iscrizione inviata in Spagna oppure
una conferma telefonica. Past.
Giovanni Conte, via Vinçon 6,
10065 S. Germano Chisone (To),
tei. 0121/58.614.
Dio è amore, e lo è in tutto:
quest’unica verità, creduta pienamente, può trasformare la nostra vita.
Agostino
II pastore Marcel Pradervand,
ex Segretario generale deH’Alleanza Riformata Mondiale, è deceduto domenica 20 marzo alla ’
età di 78 anni. Lo annuncia il
Service de Presse Réformée dell’ARM con le condoglianze alla
famiglia da parte dell’attuale Segretario generale, pastore Edmond Perret, del Comitato Esecutivo, delle Chiese membro e
del personale dell’ARM a Ginevra.
Il pastore Pradervand, nato il
7 novembre 1905 a Payerne, studiò teologia a Losanna, Basilea
e Berlino e fu consacrato pastore nel 1931. Fu pastore della chiesa svizzera di Londra (1929-32 e
1938-47) e della chiesa di Ressudens (Vaud, Svizzera, 1932-38).
Nel 1948 passò al servizio del
Consiglio Ecumenico delle Chiese, dipartimento dell’aiuto interecclesiastico, e nel 1949 divenne Segretario generale dell’ARM.
Il rinnovamento che FARM ha
vissuto negli anni del dopoguerra, in particolare con l’interesse
manifestato per numerose chiese
del Terzo Mondo, è in gran parte dovuto all’infaticabile attività
del suo ex Segretario generale,
ai suoi talenti linguistici, amministrativi e pastorali.
Dopo essere entrato in emeritazione nel 1970, il pastore Pradervand ha pubblicato una sto'"a dell’ARM in occasione del
centenario dell’Alleanza (1975) e
ha continuato a esercitare un fedele ministero di cura d’anime
soprattutto presso malati e anziani, fino alla vigilia del suo decesso.
Hanno collaborato a questo
numero: Renato Coisson,
Giovanni Comba, Gino Conte,
Giovanni Conte, Franco Devile, Dino Gardiol, Mario Rivoir. Franco Scaramuccia,
Franco Taglierò, Cipriano
Tourn, Nicola Leila.
9
22 aprile 1983
cronaca delleVallì 9
U anziano
della
chiesa
A poche settimane di distanza
sono deceduti, nella nostra chiesa di Torre Péllice, due fratelli,
che, per molti anni, hanno svolto il ministerio di anziano: Enrico Eynard, ancora membro del
Concistoro e Carlo Eynard che
gici aveva lasciato il suo incarico
per motivi di salute. Ripensando a loro ed alla responsabilità
che avevano accettato di portare
per tanti anni, all’opera silenziosa che hanno svolto nel Concistoro, mi sono chiesto se noi
pastori ci rendiamo sempre conto di cosa significhi veramente
essere anziani in una chiesa delle Valli.
In città sienifica forse poco;
far parte di un Consiglio, che assomiglia ad un consiglio di amministrazione, ma in una comunità di tipo agricolo o misto, come sono attualmente le nostre,
significa ben altro.
Anzitutto essere esposti alle
critiche, a molte critiche. « Bel
ansian » è la sentenza implacabile che colpisce chiunque, assunto quell’incarico, non sia impeccabile sul piano della moralità, della serietà; bere un bicchiere di troppo o litigare col vicino, mancare di parola o fare
male il proprio lavoro sono giustificabili in tutti, non in un anziano. Ogni membo di chiesa ha
ben chiaro in mente il ritratto
dell’anziano fedele: disponibile
a visitare le famiglie ' ma non
ficcanaso, informato ma non pettegolo, aggiornato ma non saccente, alla mano ma serio, con
esperienza ma attivo come un
giovane.
Essere anziano significa però
soprattutto assumere delle responsabilità. Le critiche più dure non concernono infatti tanto
la persona quanto la funzione.
L’anziano è identificato con la
chiesa e cioè il concistoro, il sinodo, l’istituzione e diventa corresponsabile delle scelte fatte.
Si tratti della liturgia o delle
collette, di un locale dato in affitto o di una presa di posizione
si tratta sempre di realtà in cui
è coinvolto, a volte suo malgrado. Anche i pastori sono oggetto
di critiche, naturalmente, ma
sanno difendersi, hanno quasi
sempre argomenti per controbattere e soprattutto stanno^
sempre un pochino al di fuori
della situazione concreta; un pastore viene e va, un anziano resta. Paradossalmente oggi si richiede ad un anziano più di
quanto si richieda ad un pastore.
E’ dunque comprensibile^ perché sia difficile trovare dei fratelli disposti ad assumere quel
compito. Chi è oggi disponibile
ad essere criticato? Chi è oggi
disponibile per un lavoro da^ cui
non si ricavano né vantaggi né
onore?
Fino a pochi anni fa gli anziani
venivano definiti «collaboratori
del pastore ». Certo lo sono stati, in passato, ed oggi ancora, ma
a mio giudizio sono stati molto
di viù; in molti casi hanno costituito la spina dorsale delle
chiese con un lavoro nascosto,
non appariscente, poco gratificante, come si dice oggi. Un lavoro in profondità che come tutti i lavori profondi non si vede
ma è destinato a durare. A loro
va dunque una particolare riconoscenza della chiesa.
Giorgio Tourn
CONVEGNO DEL PRIMO DISTRETTO A VILLAR PEROSA
I problemi del catechismo
Commissione distrettuale, Fgei, chiese stanno studiando uno dei
nodi più importanti della vita delle chiese: l’educazione alla fede
Nel corso del convegno sul catechismo tenutosi al Castagneto di Villar Pellice nel settembre
scorso, si era deciso che la
CED I distr. avrebbe dovuto organizzare un altro incontro per
proseguire la riflessione.
L’incontro si è svolto domenica 10 aprile a Villar Perosa, ove
è convenuto un nutrito gruppo
di pastori e laici interessati ai
problemi connessi alla educazione in vista della fede ed al catechismo in particolare.
L’esposizione dei risultati dell’inchiesta sul catechismo promossa dalla PGEI nel 1982 ha
invitato i presenti alla riflessione su questo importante momento nella vita della chiesa.
I problemi emergenti dall’inchiesta sono molti ; particolarmente importanti sono: 1) i testi utilizzati, quindi contenuti e
programmi del catechismo; 2) il
rapporto tra il catechismo e la
chiesa, e quello tra il catechismo
e la società, la realtà esterna;
3) il metodo usato; 4) il tempo
e lo spazio del catechismo; 5) il
rapporto tra catechista e catecumeni, e quello tra i catecumeni stessi; 6) difficoltà varie derivanti dalla natura stessa dell’attività.
Il lavoro in gruppo
In gruppo, si sono affrontate
alcune questioni particolari.
Alcune persone hanno valutato la possibilità o meno di affidare il catechismo a laici preparati.
Obiezioni di principio non ve
ne sono, si è detto, ma difficoltà
obiettive rendono difficile prevedere a breve scadenza un catechismo non più tenuto da pastori.
Innanzitutto, bisogna trovare
i laici disposti a divenire cate
chisti; poi non bisogna sottovalutare la difficoltà della loro formazione, la quale potrebbe richiedere ai pastori un impegno
forse maggiore di quello che oggi hanno per l’attività catechetica. i
Tutto da studiare è il superamento del normale sistema di
comunicazione, onde risolvere
alcune difficoltà del rapporto tra
catechista e catecumeno, ossia
tra chi parla e chi ascolta.
Tanto i pastori quanto i laici
potenziali catechisti avrebbero
bisogno di una adeguata formazione alle tecniche di animazione, per impadronirsi di sistemi
di linguaggio non verbale.
A Villar Perosa si è convenuta
la necessità di avere una « mappa» reale dei potenziali catechisti laici, e di formare un centro
di raccolta e documentazione del
materiale didattico prodotto,
perché questo sia a disposizione
di chi ne avesse bisogno.
Si è stabilito inoltre di convocare, in autunno, un altro incontro, rivolto alle sole persone disposte ad impegnarsi nel catechismo, per organizzare praticamente un corso di formazione
per catechisti, chiedendo per l’occasione l’ausilio di un esperto di
problemi educativi e di animazione.
I programmi
Un altro gruppo di lavoro si è
occupato del programma del corso di catechismo, la cui rideflnizione pone parecchie difficoltà ; si deve infatti tener conto di
un doppio contesto : uno biblico,
oggettivo, ed uno soggettivo, variabile a seconda di luoghi, tempi, capacità delle persone.
Una base per nuovi programmi può essere data dal materiale già elaborato da alcuni cate
VAL PELLICE
Iniziative per lo sport
L’esigenza di fare dello sport
nella nostra Valle emerge soprattutto da parte dei giovani per _ì
quali l’attività sportiva costituisce un salutare esercizio fisico
ma anche un'importante occasione di incontro e socializzazione.
I problemi che si frappongono a
questa esigenza sono ad esempio
la scarsa informazione su tutte
le iniziative che in Valle vengono
organizzate e sulle modalità di
accesso ad esse; il disagio per i
trasporti che limita l’utilizzo di
quelle strutture a cui non è facile accedere per i non residenti
nel Comune in cui sono site; lo
scarso coordinamento delle iniziative che può provocare un antieconomico utilizzo delle risorse
sia umane che strutturali.
A fronte di questi problemi
l'Assessorato allo Sport di questa Comunità Montana intende
potenziare i corsi di formazione
sportiva fin qui organizzati e dare il massimo di informazione
sulle iniziative attuate in Valle.
Si intende pertanto intensificare
la collaborazione con le associazioni interessate e lasciare ai singoli Comuni, con Timpegno a far
accedere anche i non residenti,
la gestione di iniziative che non
richiedano un’organizzazione sovracomunale. Per facilitare l’accesso di tutti i ragazzi residenti
in Valle, le iniziative che prevedono l’utilizzo di strutture situate in un solo Comune (es. Stadio
del Ghiaccio, piste da sci e pale
chisti, che hanno studiato particolarmente contenuti e metodi
con nuovi orizzonti.
Rapporto
Chiesa-catechismo
Esaminando il rapporto tra
catechismo e chiesa, e quello
tra catechismo e società, si è osservato come generalmente positivo sia il confronto con i genitori dei catecumeni, se chiamati ad essere responsabili anch’essi del programma di catechismo seguito. Il catechismo,
per avere una funzione positiva,
deve essere esso stesso scuola
di vita, luogo ove ci si forma come comunità di credenti.
Per questo il catechismo deve
essere organizzato non solo nel
programma, ma deve curare anche i rapporti interpersonali, in
modo da dar vita ad una piccola
comunità, che però vive attivamente all’intemo della chiesa locale.
Il problema non è tanto il dopo-confermazione, quanto piuttosto il rapporto catecumenochiesa, quest’ultima sentita spesso dai ragazzi come altro da sé.
L’importante è superare la tendenza alla costituzione di tante
micro-comunità alTinterno della
chiesa, distinte per fasce di età
o per attività, senza stretti rapporti tra loro.
La chiesa ha bisogno di ritrovare se stessa, per riscoprire in
sé, unita, in tutti i suoi membri,
la comune vocazione alla testimonianza della Parola del Signore. E questo significa anche
saper superare l’individualismo
che pervade le nostre chiese, che
non permette di vedere oltre a
sé, che fa perdere in definitiva
il senso della comunità.
Paolo Gay
Servizio
autoambulanza
TORRE FELUCE — L’USSL
43 informa che lunedi, 18 aprile
ha avuto inizio il servizio di trasporto infermi e soccorso urgente per il territorio della Val
Pellice con l’autoambulanza delru.S.S.L. 43, assicurato dalla
Croce Verde di Pinerolo. I citr
tadini potranno avvalersene rivolgendosi 24 ore su 24, compresi i giorni festivi, al numero telefonico 23.664.
Le tariffe che gli utenti dovranno pagare sono le seguenti:
L. 5.000 per uscita più L. 350 al
Km. percorso di giorno o L. 450
al Km. percorso di notte.
Qualora il servizio fuori sede
comporti per il personale della
autoambulanza, il consumo dei
pasti, la spesa degli stessi sarà
a carico dell’utente; il fermo
macchina (ad es. per visite specialistiche in Ospedale), verrà
coperto dall’utente al costo di
L. 4.000 orarle.
Tale servizio è altresì assicurato, com’è noto, dai volontari
della Croce Rossa di Torre Pellice ai quali ci si può rivolgere
telefonando al 91.996.
Laboratorio
della riforma
FRA CATINAI — Ha avuto
inizio il 18 aprile presso l’ex complesso ospedaliero un laboratorio denominato « Ecologia e
scienza del Territorio» organizzato dalla provincia di Torino
per gli studenti delle scuole medie superiori piemontesi. L’iniziativa si propone di favorire
l’approccio all’ambiente naturale
mediante lo studio antropologico e archeologico delle Alpi Occidentali.
Si è dato così inizio ad un utilizzo diverso deH’ediflcio dell’ex
sanatorio.
stra per le arti marziali) verranno organizzate direttamente dalla Comunità Montana.
Verranno inoltre censite le
agenzie che in Val Pellice attuano iniziative per il tempo libero,
la cultura e lo sport, onde avere
un primo contatto con tutte le
associazioni che si impegnano in
tale settore, conoscere la loro attività, disponibilità di risorse e
problemi, al fine di creare le premesse per un reale coordinamento delle iniziative.
Su tali propositi la Commissione Consultiva della Comunità per
la Cultura, il Tempo Libero e lo
Sport ha già espresso parere favorevole così come pure i Sindaci e Assessori allo Sport dei Comuni, ai quali è stato presentato.
L’assessore Mauro Pons
TESSUTI
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE ■ USSL 43
Sede: Torre Pellice
AVVISO PUBBLICO
E’ indetto avviso pubblico per il conferimento di incarichi
temporanei per la copertura dei seguenti posti vacanti:
— N. 1 posto di personale del 1° livello dirigenziale.
Posizione funzionale di vice direttore amministrativo (servizio economico finanziario).
— N. 2 posti di terapista della riabilitazione.
Posizione funzionale di operatore professionale collaboratore (personale con funzioni di riabilitazione: terapista della
riabilitazione).
— N. 1 posto di vigile sanitario.
Posizione funzionale di operatore professionale collaboratore (personale di vigilanza e ispezione: perito industriale •
indirizzo chimico industriale).
— N. 1 posto di perito chimico.
Posizione funzionale di assistente tecnico.
La domanda di assunzione, in carta legale, dovrà pervenire
all’Ufficio Personale dell’U.S.S.L. 43 - Piazza Muston, 3 - Torre
Pellice, entro e non oltre le ore 12 del giorno 26 aprile 1983.
Per ogni eventuale informazione rivolgersi all’Ufficio Personale dell’USSL 43 (tei. 0121/91514 - 91836).
IL PRESIDENTE
(Cotsson Prof.ssa Franca)
Torre Pellice, 11 aprile 1983
CONFEZIONI
ARREDAMENTO
Via Duca degli Abruzzi, 2 - PINEROLO (To) - (Telef. 0121/22671)
10
10 cronaca delle Valli
22 aprile 1983
SOCIETÀ’ DI STUDI VALDESI
I Valdesi e l'Europa
Il volume, che la Società di
Studi Valdesi aveva progettato
per il suo centenario, dal titolo
/ Valdesi e l'Europa, risulta ora,
come annunziato suirultimo numero del nostro giornale, a disposizione dei lettori. Si tratta
di ^a notevole realizzazione editoriale, in cui la Società si è impegnata notevolmente per quanto riguarda la sua preparazione
e sarà ora altrettanto impegnata
per qutmto riguarda il suo smercio, trattandosi, come tutte le
opere di questo tipo, di im lavoro
di costo notevole.
Il volume raccoglie ima serie
di 18 saggi in gran parte consacrati a problemi di storiografia
v^dese. In alcimi casi si tratta
di sintesi, di messa a punto dei
problemi riguardanti un periodo,
in altri si tratta di contributi originali che gettano nuova luce sul
periodo esaminato.
I primi cinque saggi sono consacrati al v^dismo medievale.
Christine Thouzellier, la nota stu<fiosa francese di valdismo medievale, scomparsa pochi mesi or
sono, fa in quésto articolo una
analisi delle origini del valdismo,
riprendendo alcune sue tesi ma
che puntualizza in polemica con
Kurt Viktor Selge, occupatosi
in tempi recenti dello stesso problema. Jean Duvernoy puntualiz
za l’atteggiamento che la Chiesa
romana ebbe nei confronti del
valdismo ai suoi inizi. Romolo
Cegna illustra un trattato del
1399, opera di un inquisitore della Slesia, mentre Grado Merlo
traccia il ritratto del valdismo
« colto » tra il 14° ed il 15° secolo;
a Jean Gönnet infine si deve una
messa a punto della questione
della « Vauderie d’Arras ».
Al valdismo del 16° secolo recano il loro contributo Amedeo
Molnàr, Gabriel Audisio, JeanFrançois Gilmont e Giorgio Peyrot. Il primo si sofferma sulla
polemica anti-valdese degli autori cattolici boemi all'inizio del
secolo, il secondo prosegue la
sua indagine sul valdismo di Provenza, il terzo affronta il problema della storiografia valdese ai
suoi inizi, ed in particolare delle
relazioni Noël - Lentolo - Crespin;
il Patto deU’Unione del 1561 è
oggetto, infine, dello studio del
nostro Peyrot.
Del periodo seguente, che è
stato oggetto di tanti studi nella
storiografia valdese ottocentesca
e sino ai tempi recenti, si occupano solo due saggi: Theo Kiefner, che tratteggia la vicenda dei
Valdesi in Germania, e Domenico
MaseUi analizzando i documenti
spagnoli deH’archivio di Simancas e le loro allusioni alla situazione delle Valli Valdesi.
Convivere col diabete
Ambra ha 32 anni, è diabetica
da quando ne aveva 18; lavora
come impiegata, è sposata e in
attesa di un bimbo.
— Ci sono molti casi di diabete nel pinerolese? — le domando.
— Sì, credo di poter dire che
il numero dei diabetici è in costante aumento, soprattutto in
questi ultimi tempi: devi tener
presente che oltre ai diabetici
che parlano liberamente della
loro condizione ne esistono parecchi altri, che preferiscono tener nascosto il proprio stato...
sotto forma di farmaci o di iniezioni, alcuni devono farsi due o
tre punture al giorno; poi devi
seguire scrupolosamente una dieta, povera di grassi e di zuccheri, rigida e disgustosa. Rispettando queste norme riesci a vivere
normalmente, puoi uscire, fare
sport, lavorare: io non ho voluto rinchiudermi in me stessa, né
commiserarmi e ho una vita ricca d'impegni e di divertimenti,
vado dappertutto.
— Forse non è per tutti così...
— Come mai?
— Dipende in gran parte dalTambiente in cui vivi: per certe
famiglie un malato, qualunque
sia il suo handicap, è ancora tma
vergogna da nascondere, da negare; sul lavoro poi è facile incontrare dei colleghi pettegoli,
curiosi, piuttosto ignoranti, e
molti di noi preferiscono assumere subito un atteggiamento di
difesa, o risolvono il problema
alla radice, col silenzio appunto.
— Infatti: come dicevo chi vive in ambienti ristretti affronta
notevoli difficoltà, spesso bisogna fare i conti con i genitori
iper-protettivi che ti vorrebbero
sempre vicino, sotto controllo,
con gli amici che ti osservano
come una bestia rara. À diversi
pesano anche le restrizioni alimentari, per i più ghiotti la dieta è un supplizio.
— Quali sono i tuoi passatempi preferiti?
— Tu aspetti un bambino: non
hai paura che nasca coi tuoi stessi disturbi?
— Tu ne parli senza complessi...
— Certo: ho attraversato anch’io il mio periodo di timori, di
difficoltà, poi mi sono sbloccata, ora mi sento una persona come le altre, in fondo chi non
soffre di diabete ha qualche altro acciacco. Le Associazioni per
i Diabetici mi hanno davvero
aiutata a sdrammatizzare la situazione: frequento da anni l’APID di Torino, e ora anche quella di Pinerolo, fi si parla di tutto, puoi incontrare gente d’ogni
età e condizione sociale che ha
vissuto le tue stesse esperienze,
riesci subito a dialogare.
— I dottori che mi seguono
dicono che non ho nulla da temere. Vedi, esistono vari tipi di
diabete: c’è quello che si manifesta nella mezza età o durante
la vecchiaia, e in genere è ereditario, si verificano diversi casi
nella medesima farniglia; il mio
invece è un esempio di diabete
giovanile, a sorpresa, nessuno
dei miei lo aveva e non dovrei
trasmetterlo a mio figlio.
— Molle diabetiche preferiscono comunque non procreare...
bete?
Come si manifesta il dia
— I sintomi sono pressappoco
sempre i medesimi: sete intensa,
stanchezza, fame... Tutto comincia quando il pancreas, per motivi ignoti, smette di produrre
un ormone chiamato insulina:
allora cominciamo ad assumerlo
— Appena si è sparsa la voce
che ero incinta parenti e amici
mi hanno dato dell’incosciente,
eppure io desidero questo bambino, ci ho riflettuto tanto e sento che tutto andrà bene. I parenti, cosa vuoi, strepitano sempre:
anche quando mi sono sposata
hanno fatto il muso per dei mesi. Io conduco una vita soddisfacente, ho un buon stipendio, non
vedo perché dovrei negarmi la
maternità: del resto è una scelta mia, che mi coinvolge prima
di chiunque altro!
ARTIGIANATO LOCALE
La cuffia valdese
Ai secoli 19° e 20° sono consacrati gli studi di Luigi Santini
sui protestanti a Livorno, di
Paolo Ricca sull’adesione della
chiesa valdese al C.E.C., di Giorno Rochat sui rapporti di polizia fascista in riferimento all’evangelismo italiano.
Come ogni volume miscellaneo, che raccoglie diversi articoli, anche il nostro non risolve
problemi generali e non fornisce
sintesi finali: è come un mazzo di
fiori che vive della varietà e della
ricchezza dei colori. Tutti possono trovare spunti di interesse e
di arricchimento perché i problemi trattati sono così diversi
da rispondere alle curiosità ed
agli interessi di tutti. Pur essendo di alto livello scientifico, ne
fanno fede le numerosissime note e l’indice dei nomi, gli articoli
sono scritti in forma estremamente piana risultando accessibili al lettore medio. Ci auguriamo perciò che i soci della Società ed il nostro pubblico faranno
a questo ricco e stimolante volume l’accoglienza che si merita,
ricambiando così gli autori e l’editore della loro fatica.
Giorgio Tourn
I Valdesi e l’Europa, collana della
Società di Studi Valdesi N. 9, Torre
Pellice 1982, pp. 451, prezzo L. 25.000.
PICCOLE STORIE
— Tuo marito è contento?
— Adesso sì: diciamo che ha
accettato il mio punto di vista,
lasciandomi la decisione definitiva, anche se avrebbe preferito
l’adozione.
— La malattia ha influito sulla
vita coniugale?
— Non in maniera negativa:
ho incontrato un uomo comprensivo e intelligente, che ha accolto il diabete con tutte le sue implicazioni come una parte di me,
mi aiuta in casa... Quando devo
entrare in ospedale per controlli
o brevi ricoveri, l’appartamento
viene affidato a una colf e lui mi
sta vicino il più possibile.
— Lo sci, le gite in alta montagna, il nuoto. Ora naturalmente ho mollato: seguo un ottimo
corso di ginnastica pre-parto e
di training autogeno.
— Parlami ancora dell’APID:
che attività organizzate?
— Si fanno molte riunioni, a
cui partecinano medici, malati
ed eventuali simpatizzanti dell'associazione: vengono discussi
tutti i problemi dei diabetici,
sociali, familiari, sessuali. Abbiamo anche un nostro giornale. Ci
battiamo inoltre perché i dottori continuino a studiare la nostra malattia e cerchino con ogni
mezzo di debellarla: vorremmo
col tempo abolire le iniezioni
quotidiane. Per adesso, dopo lunghe battaglie, abbiamo ottenuto
che la mutua ci fornisca gratis
aghi e siringhe: prima dovevamo pagarle, e dal momento che
ne usiamo tante era un onere
considerevole, specialmente per
i pensionati e i disoccupati. L’importante è darsi da fare, insistere nelle nostre rivendicazioni,
non ghettizzare la malattia: cerchiamo di coinvolgere il maggior numero di persone possibile, e di tenere delle riunioni anche nei piccoli centri, dove certi
argomenti sono ancora tabù...
a cura di Edi Morini
Le graziose cuffie bianche del
costume valdese o quelle scure
ed elaborate del costume di Pragelato sono diventate ormai oggetti da museo e anche l’arte di
fabbricarle va scomparendo.
Bruna Salvai Ghigo è una delle poche confezionatrici di cuffie
e costumi in genere che continui tma tradizione delle nostre
valli: le abbiamo quindi rivolto
alcune domande sul suo lavoro.
Bruna Salvai ha cominciato a
confezionare cuffie valdesi un po'
per uso proprio e un po’ per interesse al lavoro, aiutata dal fatto di saper già cucire e tagliare
vestiti. Poco alla volta si è specializzata nei costumi di Pragelato, della vai Susa e della vai
Varaita, oltre, naturalmente, in
quello valdese. Il suo è un vero e
proprio lavoro di artigianato, se
si pensa che le cuffie sono interamente cucite a mano e che anche i costumi, con i grembiuli e
tutti gli accessori d’obbligo, si
valgono ben poco della macchina per cucire.
Come clienti ha ovviamente le
giovani valdesi che indossano il
costume per la confermazione,
oltre ai musei, ai gruppi folkìoristici e corali, che usano il costume paesano negli spettacoli.
In più, rimette a nuovo le cuffie, disfacendole completamente
e ricostruendole dopo averle lavate.
Alcune cifre: una cuffia del costume valdese costa dalle 65 alle
70 mila lire, un costume completo 250 mila. Per lavare una cuffia il prezzo è di 18 mila lire.
Il guadagno non è elevato, se
si tiene conto delle ore che si impiegano e deH’impossibilità di lavorare in serie: i costumi, come
molti altri prodotti deH’artigianato, rientrano nelle spese superflue, li si compera soltanto quando si ha voglia di spendere. Adesso, poi, la gente ha capito il valore degli oggetti del passato e le
cuffie delle nonne vengono conservate accuratamente: invece
di buttarsi sul nuovo, le ragazze
si limitano a farle ripulire.
Bruna Salvai ha anche partecipato con un proprio stand alla
Mostra dell’Artigianato di Pinerolo, sulla quale esprime un giudizio abbastanza critico: c’è trop
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pa confusione, secondo lei, in
queirenorme esposizione tra artigianato autentico e commercio
di oggetti prodotti in serie; le
due attività andrebbero tenute
maggiormente distinte.
Vorrebbe anche che il lavoro
del vero artigiano, cioè di chi
, produce manualmente pezzi singoli, fosse più tutelato e riconosciuto, mentre ora le disposizioni di legge sembrano fatte per
scoraggiare l’artigianato, non per
incentivarlo.
Per quanto la riguarda, hobby
o lavoro a domicilio che sia, la
sua attività le niace ed è contenta di contribuire a mantenere viva una tradizione che altrimenti
andrebbe perduta.
L. V.
Segnalazioni
COOPERATIVA DI CONSUMO
DI TORRE PELLICE
I Sig. Soci della Coop. Operaia di
Consumo sono convocati in Assemblea
Generale Ordinaria presso il salone della soc. Mutua di Soccorso in Torre Pellice, via Roma 7 il 30 aprile alle ore
21 per discutere sul seguente o.d.g.;
1) Relazione del Consiglio d'Amministrazione; 2) Relazione del Collegio dei
Sindaci; 3) Esame ed approvazione del
bilancio anno 1982; 4) Rinnovo cariche
sociali: 5) Varie ed eventuali.
Gli atti relativi all'Assemblea sono
depositati in visione ai Sig. Soci presso
I ufficio della società nelle ore pomeridiane (dalle 16 alle 19).
Concerti
XXV APRILE
ANGROGNA — Il Comune organizza
in occasione dell'Anniversario del XXV
Aprile una serata col Gruppo Teatro
Angrogna alla scuoia dei Giordan, lunedì 25 aprile alle ore 21. Verranno presentati canti popolari e della Resistenza nello spettacolo « Ciantumne nca
una ».
Dibattiti
LUSERNA SAN GIOVANNI — Il Comune organizza alle ore 20.30 di martedì 26 aprile una assemblea pubblica sul
tema delle finanze dei comuni per
I anno 1983. Intervengono Celeste Marti-'’, Ignazio Prinzivalli, Ennio Bava.
PINEROLO — Il Comitato per la pace organizza per venerdì 22 aprile alle
ore 21 presso l'Auditorium del liceo
scientifico una manifestazione a sostegno delle lotte di liberazione. Verranno presentate le situazioni del Nicaragua, del Centro America, dell'Eritrea edella Palestina.
'è
11
22 aprile 1983
cronaca delle Valli 11
LA POLITICA DELLE OPERE - 3
Testimonianza e opere
Le difficoltà correnti nei rapporti tra istituti e chiese locali
che « stentano a instaurarsi », dipendono principalmente dalla politica delle opere che è stata seguita. Volendo ipotizzare possibili soluzioni è forse utile segnalare, tra le altre, alcune cause:
1) La concentrazione di più
istituti nel territorio di una stessa chiesa locale, per cui diviene
difficile ed a volte troppo oneroso od impegnativo, stabilire rapporti efficaci con tutti gli istituti.
2) Per converso l’inesistenza
di istituti nel territorio di chiese
locali di maggiori risorse e possibilità di sviluppo, che annulla
in pratica ogni possibile rapporto in loco.
3) La sproporzione tra il carattere a volte monumentale e
di gran movimento di certi istituti e la scarsa consistenza e le
modeste possibilità operative della chiesa locale nel cui territorio
l’istituto si trova.
4) Il mancato inserimento del
Concistoro e dell’Assemblea locale nella programmazione iniziale dell’istituto erigendo, che determina fin daH’inizio una estraneità tra i due.
5) Il carattere individuale di
varie iniziative promosse senza
coordinazione ecclesiastica da
parte di pastori o di laici.
6) I vincoli posti da certi testamenti, che nessuno osa rifiutare quasi che la Chiesa sia obbligata a dar corso post mortem
ad un istituto solo perché il suo
ideatore non è riuscito ad erigerlo in vita.
7 ) L’incomprensione reciproca tra promotori ed ambiente
ecclesiastico del luogo, il quale
dovrebbe di fatto affrontare l’impegno di portare avanti un’opera
nel tempo.
8) L’attaccamento a volte quasi morboso ad un istituto che
impedisce di fatto ogni possibile
riconversione del medesimo di
fronte al superamento del fine
iniziale ed a nuove esigenze.
Riflettere
su alcuni punti
Per tentare una politica delle
opere che miri alla soluzione dei
problemi segnalati dalla Beux
circa i rapporti tra chiese ed
istituti, penso sarebbe utile una
riflessione sui punti seguenti:
a) Adoperarsi perché ogni istituto, eretto od erigendo, sia chiaramente affidato o collocato nel
quadro operativo di una chiesa
locale, riservando agli organi distrettuali e centrali tutte, ma soltanto, le funzioni di controllo.
b) Osservare che oggi gli istituti di ogni tipo non sono più
indicativi della presenza della
Chiesa nella società civile, come
avveniva al tempo in cui Charlotte Peyrot programmava l’ospedale, Beckwith le scuole di montagna, o Gilly il Collegio di Torre.
Ogigi la nostra iniziativa ecclesiastica in stimolo della società civile e surroga delle sue carenze
in molti campi non è più reale,
poiché la società civile provvede,
o vuole provvedere, in proprio
alla istruzione, alle necessità ospedaliere, a varie forme di assistenza della popolazione.
c) Valutare che la giustificazione della conservazione o della
erezione di tali istituti, nel quadro della ecclesiologia valdese e
metodista, sembra oggi consistere solo nella consapevole volontà
di testimonianza del Signore secondo il modo in cui ciascun credente è capace di vivere la propria fede in rapporto al prossimo che lo circonda.
d) Tener conto che fuori di
tale testimonianza diretta del credente, non v’è altra ragione, mi
sembra, che giustifichi l’erezione
ed il mantenimento di istituti che
non vogliano essere solo concor
Nella foto:
L'asilo
per vecchi
di
S. Germano.
renziali sul piano della professionalità e della tecnica con gli altri
esistenti sul territorio. V’è invece
tuttora bisogno che nella gestione e nella conduzione degli istituti sia vissuto quel rapporto
umano che nasce dalla testimonianza resa a Gesù Cristo.
e) Persuadersi che una tale testimonianza può essere resa solo
in nrima persona ed in modo diretto nell’incontro col prossimo
sospinti dalla fede operante in
carità in un servizio offerto agli
altri. A tale compito non si può
provvedere né per delega ad un
Comitato, né per testamento, ma
solo nel rapporto insorgente tra
credente e prossimo suo. Di ciò
le assemblee locali devono rendersi conto, poiché questo è il
compito di quanti tra i loro componenti avvertono in fede l’impegno di adoperarsi in un’opera gli
uni per gli altri.
f ) Considerare che non manca,
no donatori per erigere un nuovo
istituto anche se Tesborso è enorme. Mentre per sopperire poi al
costo della manutenzione l’incentivo a donare è scarso. L’onere
della conduzione assai spesso viene così a costituire sin dalTinizio
un debito occulto per l’avvenire,
di fronte al quale le amministrai
zioni di domani verranno a trovarsi in difficoltà. Non bisognerebbe quindi sognare grandi progetti, ma commisurarne le proporzioni anche con le risorse ordinarie sul piano umano ed economico di cui si potrà di fatto
disporre in sede locale.
g) Nel dar vita ad un istituto
cercar di impostare le premesse
onde la chiesa locale possa « adempiere alla propria vocazione
evangelica » ed abbia la possibilità di « edificare la vita comunitaria dei credenti » (DV. 1974. a.
17). Le iniziative utili per tali necessità dovrebbero esser avvertite in seno agli organi ecclesiastici, poiché a loro compete di stimolare le attività delle assemblee e quindi occorrerebbe che si
innestassero nelle precise competenze dei Concistori che sono
chiamati a « dirigere le attività
ecclesiastiche e ad esercitare il
ministero pastorale » (DV. 1974
a. 22).
h) Rivalutare negli anziani e
nei pastori il compito di animare la vita dei credenti in modo
che la fede operante suggerisca
a molti di adoperarsi nel tentativo di vivere Cristo nell’amore del
prossimo. Nella durezza dei tempi che siamo chiamati a vivere
occorre spesso ricominciare da
capo senza lasciarsi scoraggiare
dagli eventi, né dalle proprie incapacità.
i) Edificare la vita comunitaria dei credenti significa, se non
sbaglio, promuovere Tinsorgere
di gruppi di volonterosi in seno
all’assemblea locale, i quali si
adoperino anche in cose da poco
a favore di un istituto e dei suoi
utenti. Son queste le cose in cui
non è difficile sperimentarsi. Penso che non si possa però pretendere che tutti i membri di una
chiesa possano, o peggio debbanOf « comunitariaiRente » adope
rarsi ai medesimi scopi, concepire l’esercizio dell’amore del prossimo nel medesimo modo. Di fatto avviene che in una stessa chiesa si formino comunità rivolte
ciascuna a differenti attuazioni,
impegnate, anche a diverse utilità in ordine ad un medesimo fine. Nella assemblea dei credenti,
riunita nel nome del Signore,
ciascuna di queste comunità renderà conto ed informerà gli altri
del proprio operare. Mi sembra
questo il modo di ricercare l’incontro tra esigenze dell’istituto
ed operosità di una o più comunità edificate nella chiesa locale
od in quelle limitrofe.
Porse così i rapporti diverrebbero più correnti, più reciprocamente comprensivi, vivi, utili e
rispondenti ai fini perseguiti dagli istituti.
Piccole virtù
Certo occorre disponibilità,
adattamento, volontà di spendersi per gli altri, dedizione di tempo ed a volte anche di denaro.
Non si tratta però di disporre di
grandi « vocazioni », ma di « virtù » minime che in un ambiente
come quellò che le nostre chiese
locali intendono esprimere dovrebbero manifestarsi per spontaneità di fede, in ordine a quell’ascolto delTEvangelo a cui si dovrebbe essere disposti a dare attenzione non solo la domenica
mattina.
Rimangono i rapporti tra istituto e personale dipendente. Li
esamineremo in un prossimo ed
ultimo articolo.
Giorgio Peyrot
Pro Rifugio « Carlo Alberto >
Pervenuti direttamente al Rifugio nel
mese di gennaio 1983
L. 900.000; Chiesa Valdese di Torre
Pellice.
L. 100.000: P. Torre Pellice: P. I.,
Torre Pellice.
L. 50.000: Chiesa Valdese di Bari;
Unione Femminile Valdese di Angrogna;
Chiesa Evangelica Metodista di Vercelli.
L. 30.000: F.P.P., Torre Pellice.
L. 23.700; Tamis Agilberto (Albenga).
L. 20.000: Akesson Clara, Billour Violetta, Vallecrosia.
L. 15.000: La moglie in memoria di
Talmon Enrico.
L. 10.000: Fam. Zaninetti, in memoria di Rostan Carlo; ReveI Graziella, in
memoria di Malan Giovanna; Coucourde Giulio; Malacrida Lilia; N. N.
Chiesa Valdese di Bobbio Pellice, doni in natura.
Pervenuti direttamente al Rifugio nel
mese di febbraio 1983
L. 400.000: Direzione e maestranze
RiV-SKF di Villar Perosa, in occasione
del 17 febbraio 1983.
L. 300.000: Giampiccoli Clara e fam.,
in mem. della mamma Sibille Margherita.
L. 100.000; Chiesa Valdese di Biella;
Beltrami Arrigo; Unione Femminile di
Roma; Fratelli Pasquet, in mem. della
mamma Maddalena.
L. 50.000: A.J.E., in mem. di Eynard
Mario.
L. 20.000: Venturi Liliana, in mem.
dei miei cari; Ricordando la mamma
Bertalot Amalia ved. Balmas, la famiglia.
L. 5.000: Dalmas Henriette, in ricordo
di Gamba Anita.
Pervenuti direttamente al Rifugio nel
mese di marzo 1983
L. 100.000: Giraud Erica, in mem. di
Alma Giraud; i figli, ricordando la mamma Anna Salvai.
L. 44.000; Chiesa Valdese di San Secondo.
L. 30.000: Gaidou Clelia, in mem. di
Goss Maddalena.
L. 20.000: Jalla Margherita,
t. 10.000: Salce Gabriella, in mem.
dei nonni.
Chiesa di San Secondo, doni in natura.
Pervenuti nel mese di marzo 1983 tramite OlOV
1. 200.000: Bongardo Norberto, Alzate
Brianza.
L. 100.000: In mem. di Anna Fornerone. Prarostino.
L. 50.000: N. N., ricordando Maddalena Pasquet.
Pro Istituti Ospitalieri
Valdesi
Pervenuti nel mese di marzo 1983
L. 15.000: Costabel Aldo, Milano.
Le partisan prisonnier
Surgi d’un jour lointain, un souvenir me hante,
et comme un cauchemar harcèle mon esprit,
ma conscience troublée par les années méchantes
qui ont connu la terreur des tristes temps maudits.
Car c’est dans les moments où la nature humaine,
les puissances du mal, déchaîne avec fureur,
que dans les coeurs survient le poison de la haine,
symptômes effrayants de toutes les horreurs.
Au-delà des barreaux, dans une prison sombre,
partisan prisonnier d’un implacable sort,
je t’ai vu dans l’angoisse, prélude des ombres
qui troublent les vivants à l’heure de la mort.
Ton visage était blême, sans une espérance,
ton esprit accablé d’un morne désespoir,
livide tu attendais la cruelle sentence
qui me semblait prédite par tes yeux hagards.
Toutefois malheureux, c’est ton sort que j’ignore,
loi combattant, martyr pour une liberté
que tout homme opprimé dans sa détresse implore,
pour une tolérance et la fraternité.
Mais ton regard surtout revit dans ces jours mêmes,
un regard qui obsédé par l’effroi et l’anxiété,
me semblait invoquer quelque secours extrême
à qui j’ai pu donner seulement ma pitié.
Pourtant en toi j’ai vu l’humanité souffrante,
symbole des tortures de l’âme et du corps
qui cherche avec espoir dans une longue attente
la paix des jours meilleurs qui changera son sort.
Les hommes que le mal partout a rendus esclaves
auront peut-être un jour le juste châtiment,
et qui devra juger ces humaines épaves,
c’est à Dieu de donner le dernier jugement.
« Io mi son rallegrata quando
m’han detto: ’’andiamo alla casa del Signore” »
(Salmo 122, 1)
È piaciuto al Signore richiamare a sé
Laura Vigliano ved. Tron
Lo annunciano la figlia Lucilla, i figli
Silvio e Gustavo con le rispettive famiglie ed i parenti tutti.
Torino, 17 aprile 1983
« In pace io mi coricherò e in
pace dormirò perché tu solo, o
Eterno, mi fai abitare in sicurtà » (Salmo 4: 8)
Il 6 aprile il Signore ha richiamato
a sé
Elisa Coucourde ved. Ribet
anni 87
Ne danno l’annimcio i figli : Oreste con
la moglie Elisa Balmas, Ida con il marito Alessandro Forneron, il cognato
Coucourde Gabriele, i nipoti e i parenti tutti.
San Secondo, 6 aprile 1983
Partecipazioni
personaii
Il 12 marzo 1944 moriva eroicamente
il partigiano Soave Giuliano (Furia)
combattendo contro i nazifascisti.
Nell'anniversario del 25 aprile il fratello Luciano lo ricorda con tanto affetto e chiede a Dio di accoglierlo a suo
tempo con Lui nella Patria celeste.
AVVISI ECONOMICI
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B. GiiU
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Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
12
12 uomo e società
22 aprile 1983
LA DURA ESPERIENZA DEI NOSTRI FRATELLI PERSEGUITATI CONGRESSO NAZIONALE DELLA FNISM
Repressione in Cambogia
Sul bollettino mensile del Consiglio Ecumenico delle Chiese e comparso in marzo un resoconto sulla situazione degli
evangelm m Cambogia che riportiamo riassunto qui di seguito. L autore, Jean Clavaud, pastore delta Chiesa riformata
di Francia, mancato del programma di soccorsi per la Camdel^982 ^ C£C, è stato esptdso dalla Cambogia nel m
maggio
L’opera missionaria protestante in Cambogia comincia nel 1923
con l’invio di 2 pastori da parte
della « Christian and Missionary
Alliance ». Vengono fondate delle
chiese e un istituto biblico presso Ta Khmau, nelle vicinanze di
Phnom Penh. La Bibbia intera
viene tradotta nel 1947. La chiesa
evangelica khmera diventa indipendente nel 1955 e sarà ufficialmente riconosciuta nel 1973 dal
governo repubblicano del maresciallo Lon Noi. Nel 1970 il numero dei credenti era stimato in
5.000 unità. Dal 1970 al 1975 si
hanno altre conversioni ma non
si ha ima statistica ufficiale.
Nel 1975, 15 tra pastori ed evangelisti lavorano in Cambogia,
un altro pastore, Sieng Ang lavora nel Sud Vietnam.
Nell’aprile 1975 i Khmer rossi
prendono il potere, impediscono
ogm attività religiosa, confiscano
le Bibbie, le comunità però continuano le loro riunioni segretamente. La repressione si fa pesante, diversi pastori vengono
uccisi, altri muoiono di malattia
e di fame nei campi di lavoro
forzato.
Sotto il nuovo regime
Nel gennaio 1979, quando l’esercito vietnamita caccia i
Khmer rossi non restano che 3
pastori, di cui 2 fuggono in Tailandia. Rimane quindi solo il pastore Reach Ya a Phnom Penh
dove è raggiunto nel giugno dello
stesso anno dal pastore Sieng
Ang di ritorno dal Vietnam.
Questi due pastori riallacciano
i contatti con tutti i credenti ed
i gruppi, nel contempo sollecitano il riconoscimento ufficiale della chiesa da parte del governo,
che si era detto disponibile per
la libertà religiosa (recepita dalla costituzione ancora in fase di
elaborazione).
Dal novembre ’79 al giugno ’80
si aprono 4 luoghi di culto a
Phnom Penh con presenze da 10
« L’Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Conritate di Redazione: Franco
Becchino, Mario F. Baratti, Franco
Carri, Dino Ciesch, Niso De Michelis, Giorgio GardioI, Marceila Gay,
Adriano Longo, Aureiio Penna, JeanJacques Peyronel, Roberto Peyrot,
Giuseppe Platone, Marco Rostan,
Mirella Scorsonelli, Liliana Vlglielmo.
Editore: AiP, Associazione informazione Protestante - Via Pio V, 15
- 10125 Torino.
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FRANCO GIAMPiCCOLI
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• L'Eco della Valli - La Luce >.
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Intestato a < La Luce: fondo di solidarietà >, Via Pio V, 15 ■ Torino.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
a 70 persone. Ma l’atmosfera è
tutt’altro che distesa; un laico
che la sera del 24 dicembre ospita in casa sua una riunione di
una sessantina di credenti viene
imprigionato. Dopo mesi di privazioni viene fatto entrare in ospedale da dove riesce a fuggire
ma è costretto a nascondersi per
mesi per non essere preso dai
servizi segreti e nel dicembre ’80
fugge in Tailandia.
L’8 giugno dello stesso anno,
19 nuovi credenti sono battezzati
presso l’istituto biblico di Ta
Khmau, le autorità sono in allarme, vi sono delle intimidazioni e
delle pressioni per far chiudere
3 dei 4 locali di culto. A questo
punto anche il pastore Reach
Ya costantemente seguito dalia
polizia politica lascia il paese.
Rimane quindi solo il pastore
Sieng Ang a Ta Khmau unico luogo di culto tollerato dall’autorità.
Egli si sforza di tenere i contatti con le fa,miglie disseminate
nella provincia dove le pressioni
sono minori e si formano nuovi
gruppi. Ma ecco arrivare nuove
restrizioni, viene fatto valere un
decreto, di cui nessuno era a conoscenza, per cui tutte le manifestazioni religiose devono essere approvate, mentre le domande di autorizzazione ricevono risnosta negativa col pretesto che
la costituzione non è ancora stata approvata. Malgrado i divieti
i credenti continuano a riunirsi
a Ta Khmau ogni domenica a
piccoli gruppi. Nel marzo ’81 viene pubblicato il testo della costituzione (poi ratificato nel mese di giugno).
cale, presentandosi con le armi
disperde i presenti. Il pastore
cerca di opporsi prendendo a
pretesto il contenuto della costituzione ma il capo della polizia
risponde che la costituzione non
accorda la libertà di religione
ma solo quella di credere.
Dopo un momento di smarrimento, la comunità riprende a
riunirsi, ma in un alloggio nascosto nel centro di Phnom Penh. Il
gruppo si allargherà progressivamente sino a 80 persone nel
maggio ’82. Per il Natale ’81, la
autorizzazione viene rilasciata
per un culto la sera del 24 ed uno
al mattino del 25 a Ta Khmau.
Per il 24 le autorità richiedono
che il culto termini alle ore 18
e che ognuno ritorni alla propria
abitazione. Poiché molti dei presenti abitano lontano, in 70 passeranno la notte presso il pastore Ang. Il giorno dopo, 25 nuovi
credenti sono battezzati alla presenza della milizia locale.
Nel maggio ’82, sempre il pastore Sieng Ang ha un abboccamento con Chea Sim, presidente
dell’Assemblea nazionale, dal
quale si aspetta di avere qualche
apertura; invece il presidente dichiara che la religione cristiana
non può avere uno spazio nella
repubblica di Kampuchea e che
sono espressamente vietate le
riunioni anche quelle tenute in
casa del pastore. Uno degli argomenti a sostegno di queste azioni è che il cristianesimo è una
religione straniera (cosa dire allora del Buddismo che viene dall’India o del Marxismo europeo?).
Alcune considerazioni
La costituzione
interpretata
All’articolo 6 si legge « La libertà di credere da parte dei fedeli di tutte le religioni è rispettata. Le attività religiose conformi alla costituzione e alle leggi
sono garantite dallo Stato. Ogni
azione che approfittando della
religione, attacchi la sicurezza,
l’ordine pubblico e gli interessi
del popolo, è proibita ». E all’art.
38 « I cittadini hanno la libertà
di parola, di stampa e di riunione... ».
Il giorno di Pasqua 1981, il pastore Sieng Ang chiede l’autorizzazione per il culto, che gli viene accordata, ma solo per 30 minuti. Alla funzione sono presenti
alcuni militi ed agenti dei servizi segreti, alla fine prendono i nomi di tutti i partecipanti (parecchi dichiarano false generalità).
La domenica successiva, 26 aprile, una quarantina di persone si
ritrova per il culto, la milizia lo
Questi nuovi fatti ci portano
ad alcune considerazioni:
— sebbene l’intolleranza della
religione marxista spinga ad estirpare le altre religioni, pure
per delle ragioni tattiche dovrà
fare delle concessioni nei riguardi delle religioni maggioritarie
(il Buddismo in Cambogia) o minoritarie (l’Islamismo). Ma non
è questo il caso della Chiesa
Evangelica Khmer.
— Il regime non vede di buon
occhio gli assembramenti popolari, soprattutto di quei gruppi
che in origine hanno avuto dei
contatti con l’Occidente; quindi
ha sempre preso posizione quando i credenti riuniti hanno raggiunto o superato il centinaio di
presenze. Mentre vi è stata una
relativa tolleranza nella provincia dove le riunioni non hanno
mai superato la cinquantina di
persone.
— L’irrigidimento operato nel
1982 è in qualche modo legato
agli avvenimenti in Polonia, in
una riunione dei quadri del pan
tito è stata sollecitata una più
stretta sorveglianza della comunità cristiana con riferimenti
espliciti agli avvenimenti polacchi.
Doni Eco-Luce
DONI DI L. 2.000
Leini: Marchini ismaele — Angrogna;
Bertin iida — Rezzonico: Morel-Gilardoni — Porte: Martinat Francesco, Martinat Emiiio. Avondet Irene, Avondet
Marco, Comba Arnaldo, Fornerone Guido, Maero Eii — Regina Margherita: Vastori Giovanni — S. Germano Chisone:
Durand Virginia, Pons Alice, Durand Silvio, Costantino Ernestina — Salza di Plnerolo: Breuza Enrico — S. Salvo;
Chioditti Maria — inverso P.: Artnand
Hugon Clelia — Pallanza: Fuhrmann
Aldo — Moretta: Malan Renata — Perrero: Costabel Felice, Barai Edmondo,
Gente Nadina, Massel Nicoletta, Chiesa
Valdese — Domodossola: Lops Giusep
pe — Caidine: Ceseri Massa Adriana
— Villar Perosa: Bertalmio Emilio —
Roma: Cesarò Laura — Susa: Vottero
Rodolfo — Magenta: Dal Secco Raffaella — Monza: Roland Simonetta — Mondavi: Martinetti Maria — Villanova: Cosa Piero — Inverso Pinasca: Lageard
Lili — Piossasco: Codino Margherita
— Lecce: Inglese Giuseppe — Portogruaro: Albano Zaccaro Evangelina —
Chiavari: Rotolo Erme — Venezia: Marini Silvio — Abbadia Alpina: Long Guido, Poét Rinaldo — Gorle: Pini Ernesto
— Foggia: Bologna Giuliana — Villastellone: Olivero Fernando — Savona; Mazzoli Iris — Bergamo: Fam. Eynard, Berner Edith.
Scuola e società:
laicità e riforme
Dal 27 al 30 marzo 1983 si è
svolto a Catania il XXV Congresso nazionale della Federazione
Insegnanti Scuole Medie per trattare un tema interessante la
scuola su « Laicità e Riforme;
scuola e società negli anni ’80 »
ed aggiornare lo Statuto della
Federazione. I lavori sono stati
introdotti dalla prof.a Luisa La
Malfa, che, con una completa ed
interessante relazione, espone ai
delegati ed al pubblico presente
l’attuale difficile situazione della
scuola italiana. La relazione si
sofferma poi sul delicato problema dell’orientamento agli» studi
da parte dei giovani, sulla mancata attuazione della sperimentazione, contrariamente a quanto è
avvenuto in altri paesi d’Europa.
Molta -delusione pér quanto si
riferisce agli esami di Maturità.
La Malfa passa poi al problema
relativo alla formazione degli
insegnanti, con particolare riferimento alle scuole magistrali
circa la formazione dei maestri.
Il dibattito tocca inoltre i rapporti della Federazione Insegnanti
con i Sindacati ed i Partiti con i
quali il dialogo non si è sempre
dimostrato molto facile.
Un successivo intervento su
« Gaetano Salvemini » del prof.
Giuseppe Giarrizzo, si sofferma
sul delicato problema della lotta
contro l’analfabetismo nell’Italia
Meridionale. Altro grave problema: la vita psico-sanitaria delle
genti di quelle regioni nelle quali
la miseria dirompente si dimostra come un reale ostacolo alla
lotta contro l’analfabetismo con
il conseguente problema della
necessità di una lotta contro la
povertà e le difficili situazioni
economiche della popolazione.
Una rifiessione sui problemi della scuola; dare pane e lavoro ai
poveri oppure scegliere come
priorità il problema culturale. La
figura di Salvemini viene ricordata poi particolarmente quando
egli riprese, nel 1949, la sua attività di insegnante nella città di
Firenze.
Da segnalare infine il contributo di Raffaele La Porta che si sofferma sull’argomento relativo alla « Libertà e Scuola oggi in Italia ». Egli svolge il tema sottolineando la necessità di una certa
durezza di metodi, di obiettivi e
di impegni. Quando si tratta del
problema relativo alla libertà ci
si domanda se nel nostro paese
vi è libertà quando si notano
certe violente pressioni. Esistono
troppe clientele che non rispettano i diritti personali. L’oratore
si dichiara poi convinto che chi
si occupa di trasmissioni culturali deve essere in grado di istruire. Dobbiamo essere comprimari
con l’estero mediante una continua formazione degli insegnanti
con il concetto che la vita educa, la storia educa e l’esperienza
educa, il che è ancora una verità
al giorno d’oggi.
M. R.
Appartenere al Signore
(segue da pag. 1)
partenenza. Oggi si appartiene
sempre meno ad un partito o ad
una chiesa, a un’ideologia o ad
un ideale. Noi non siamo migliori o diversi dai nostri contemporanei e il nostro appartenere, per
esempio, all'evangelismo italiano, si va sgretolando — per gli
uni più, per gli altri meno — in
un processo che è solo rallentato dalla condizione di minoranza
che conferisce ancora una certa
coesione. E’ necessario che ci rendiamo conto che questo processo di sfaldamento non si arresta
con attivismi ecclesiastici, né col
moltiplicarsi di iniziative culturali, né con recuperi di tradizioni e memorie storiche, con anticlericalismi o irenismi ecumenici. Tutto ouesto — quanto al fine
di darci o ridarci un’identità
evangelica — non è che spazzatura (FU. 3: 8). L’unica possibilità di vita è per noi e per le nostre chiese il riscoprire sempre
di nuovo la nostra appartenenza
al Signore che ci ha fatti suoi nel
suo morire e tornare in vita.
Ma cosa comporta questa appartenenza al Signore? Paolo dice
che in conseguenza del morire e
del risorgere di Gesù noi siamo
del Signore « sia che viviamo sia
che moriamo ». Il legame di appartenenza a lui che egli ha
stretto con noi è talmente saldo
e forte che non si arresta neppure di fronte all’ostacolo della
morte. Anzi, è talmente saldo e
forte che questa differenza tra
vita e morte — che per noi è la
massima differenza che possiamo concepire — svanisce nel nulla! Non fa nessuna differenza sia
che viviamo sia che moriamo
perché identicamente, nell’un caso come nell’altro, siamo del Signore. Il morire e risorgere di
Cristo ha per effetto questo annientamento della morte che è
come svuotata dal di dentro del
suo potere. Non è tolta — lo sappiamo bene — ma è del tutto
annientata, perché si dimostra
del tutto irrilevante rispetto alla
nostra appartenenza al Signore.
Ora, se la nostra appartenenza
al Signore è più forte del dilemma estremo, vita o morte, a maggior ragione essa vince nelle situazioni diverse in cui ci troviamo nel concrèto dell’esistenza
nostra, delle nostre famiglie, delle nostre chiese. Se la nostra appartenenza riguarda la vita e la
tnorte essa ricomprende qualsiasi situazione umana e non vi è
alcuna situazione che non possa
tessere ricompresa nell’appartenere al Signore. E allora possiamo ricevere l’annuncio di questo
Evangelo non solo come la descrizione di ciò che è oggettivamente in Cristo grazie alla sua
morte e alla sua risurrezione. Ma
possiamo anche riceverlo con
gioia come l’invito a vivere questa appartenenza nelle situazio- '
ni spesso non eroiche, non
estreme, non straordinarie che
viviamo. Ai Romani l’affermazione della loro appartenenza al Signore era ricordata perché la vivessero nel contesto modesto e
non esente da contraddizioni delle loro abitudini morali e liturgiche, delle loro differenze tra
« forti » e « deboli », della costante tentazione del reciproco giudizio squalificante (cap. 14). A
noi è ricordata perché ugualmente ricerchiamo con pazienza, fatica, umiltà, disponibilità, che
cosa significhi appartenere al Signore nelle altrettanto modeste
e contraddittorie situazioni in cui
viviamo.
Non ci illudiamo: rimaniamo
pur sempre uomini e donne che
inesorabilmente sono portati a
vivere e a morire, per loro stessi.
Ma nello stesso tempo uomini e
donne a cui è rinnovato il dono
uBil dviyiuyicio Bvayigclico cd è finnavata l’offerta di essere liberati
da loro stessi per compiere un
passo avanti e l’appello a vivere
per il Signore. «Egli morì per
tutti, affinché quelli che vivono
non vivario più per loro stessi, ma
per colui che è morto e risuscitato per loro» (II Cor. 5: 15).
Franco Giampiccoli
I