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BILYCHNI5
RIVISTA DI 5TvDI RELIGIOSI EDITA DALLA FACOLTÀ DELLA SCVOx LA TEOLOGICA BATTISTA DI ROMA
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REDAZIONE
Prof. Lodovico Paschetto, 'Redattore Capo Via Crescenzio 2, Roma.
D. G. Whittinghill, 7A.Z)., Redattore per r Estero. Via Delfìni 16, Roma.
Si Pubblica alla fine di ogni mese pari in fascicoli di almeno 64 pagine, j» j» /
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IHuatragioni del presente faacicolot
La chiesetta dove fu seppellito il Folengo fa A J*3JJ.-J. Rousseau — Ritrailo (lav. fra pag. 336 e 337).
Copertina, ditegni e fregi di Paolo A. Palchetto.
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RM51À Dì SlVDI RELIGIOSI EDTTADALLA FACOLTA DELL* SCVOLA TEOLOGICA BATTI SFA - DI ROMA"
SOMMARIO :
Francesco Biondolillo: La religiosità di Teofilo Folengo Mario Rosa zza : « Orphcus » di Salomone Reinach
Raoul Allier:- A proposito di J. -f. Rousseau .
Giovanni E. Meille : II culto dei Santi nell IsIam .
Enrico Meynier : La Riforma..................
D. G. Whittinghill : « Tu es Petrus ».
NOTE E COMMENTI :
Pag. 317
» 329
» 335
» 338
» 344
» 351
Ernesto Rutili : Il « Caso Semeria ».................
Luigi Renzi : La « Contemplazione della Morte » di G. D’Annùnzio .
SPIGOLATURE :
» 356
* 359
Tumulto d’ anime (R. Ottolenghi, P. Orano. Leone Luzzatto) Conferenze Murn in America (da « La Patria degl’ italiani ») La preoccupazione religiosa del Fogazzaro (P. Mcimenti ) Ancora J.-J. Rousseau (L. P.).......................
Enrico Poincaré e la religione (Memor) .
Le idee che non muoiono (Scipio Sighele)
Il generale Booth (da « La Stampa ») .
L’inquietudine religiosa (Scipio Sighele) Cristianesimo e Buddismo (Luigi Lùzzatti)
TRA LIBRI E RIVISTE:
» 366
» 36S
» 372
» 374
» 374
» 377
» 378
» 380
nostre pubblicazioni : — Il Pergamo (Pietro Chiminelli) .
S‘ona del Crisi,«„rs,«,o, („torno ad Agostino - Storia della Chiesa in
Germania — La Riforma in Francia — Le Chiese cristiane — I/t . a <5’ 8. Simeone stiiita e le sue origini pagane
.Storia delle Religioni : — Bahaismo - Mitra ...
Antico Testamento: — La Bibbia in tedesco . • • , .
Polemica: — Intorno al Battesimo (Oscar Cocorda)................
Religione e Filosofia: — Dogmatica . . *
- La niosaica’e i ¿uoi ¿fletti pratici
Ideile Riviste estere ed italiane: — Riviste inglesi — Riviste tedesche1 — Rivi . .. . - ste francesi — Riviste italiane
Ltóid ed opùscoli pervenuti alla Redazione . '
Notizie . ' . . . ........ a
» 382
» 383 » 387 » 387 » 388
* 392 » 392
» 393
» 395
» 396
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IV fascicolo è piò modesto del solito. Non credano i nostri lettori che B1LYCHNIS. desideri o debba andare indietro! È estate,
e i redattóri e i collaboratori han voluto
prendersi un po’ di vacanza.
Il prossimo fascicolo V (Settembre-Ottobre) mostrerà che il nostro proposito è di andare avanti con fede rinvigorita e con rinnovato entusiasmo.
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La, religiosità, di Teofilo ffolengo.
eofilo Folengo — o Merlin Cocai che si voglia dire — ebbe una coscienza propriamente religiosa? Io credo di no; e credo anche che non abbia avuto neppure una coscienza antireligiosa o un qualunque serio e rigoroso sistema filosofico. Lo spirito del bizzarro e grande poeta del Baldus fu eminentemente artistico c non poteva perciò essere, nello stesso tempo, filosofico. Rifuggiva dalle astrazioni, dai concetti, dal sistema ; e piuttosto che sentirsi spinto a cercar le ragioni ultime delle cose, egli si sentiva spinto a fissare la realtà in forme vive e concrete, a osservar con.occhi curiosi il lato ridicolo delle persone e a vivere non la vita impalpabile e nebbiosa de’ concetti ma quella, consistente e luminosa, de’ fantasmi.
Del resto, neppur moralmente egli si sentiva disposto alla solitudine del filosofo : era un uomo pronto alla collera e al riso ; incline alla socievolezza più tosto che alla solitudine aspra ed amara : un uomo ora serio ed ora burlone, anzi serio e burlone al tempo stesso, ma non sì che si potesse di lui dir quello che Giordano Bruno disse di sè : In trislitia hìlaris, in hilavitate tristi*. Poiché il Bruno partiva da ragioni filosofiche per giungere all' affermazione di quel suo stato d animo : considerava il mondo come un giuoco vano di apparenze e credeva che ogni cosa mutasse, che nulla morisse interamente e che un solo fosse eterno e potesse perseverare eternamente uno. simile e medesimo (i).
(il Cfr. il Candelaio : lettera dedic. alla Signora Morgana B. Sua Sig. 3. O.
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Il Folengo, invece, poteva partire da ragioni morali soltanto per giungere a quell’affermazione : egli, psicologicamente parlando, era sempre indeciso, in continua lotta coi suoi ideali e non sapeva, poi, perchè sentisse avversione contro certi pregiudizi e perchè, dopo aver riso d'alcune istituzioni ecclesiastiche o sociali, sentisse in fondo al cuore qualche cosa d’amaro.
Il Bruno si dimenticava in quel concetto deila vanità del mondo, in quel concetto dell’esistenza dell’ uno e si sentiva ingrandito l’animo e allargato. anzi magnificato addirittura, l’ intelletto, (i) Ma — come scrive il De Sanctis (2)— « non gli s’ingrandiva il senso poetico, il quale è appunto nel contrario, nel dar valore alle più piccole rappresentazioni della natura, e prenderci interesse ».
S’ingrandiva, bensì, al Folengo, il quale non amava speculare, come il Bruno, sull’wi* e sul medesimo e non ¡soleva star fuori del mondo e vederlo nelle generalità, ma amava figgere gli occhi ne' lati più reconditi delle cose e doveva, per la natura del suo temperamento, mescolarsi nel suo mondo e illuminarlo de’ suoi stessi sentimenti.
II.
Che il Folengo non abbia avuto una coscienza religiosa nè alcun serio sistema filosofico ci vien detto da quelle stesse, quantunque poche, notizie biografiche che ci restano.
Fu, egli, messo a scuola presso un prete, ma non dovette sentirsi preso nè dalle regole grammaticali nè dai precetti religiosi. Molto probabilmente avrà gittato in un canto, come il protagonista del suo Baldus, il trattato del Donato e del Perotto; e molto probabilmente avrà fatto spallucce agl’insegnamenti delia religione. Ma non, certo, perchè egli sentisse in mente il vago agitarsi di una nuova idea, ma perchè aveva avuto da natura un carattere intollerante se non ribelle addirittura ed un cuore emozionatole sino all'eccesso. Quand’egli, infatti, si reca a Bologna, non segue con interesse le lezioni del Pomponazzi (3): le chiama, anzi, « philosophastri baias », e dichiara esplicitamente di avere arricciato il naso su quelle idee e di aver pensato a far versi inacaronici durante le lezioni più tosto che scartabellare libri di filosofia:
Dum Pomponazzus legit ergo Peretlus et omnis voltai Arislotelis magnos solosora librazzos. carmina Merlinus secum macaronica pensai.
(1) Candelaio ; loc. cit.
(2) Storia d.lel. ital.\ Napoli, 1870 ; voi. II. p. 274.
(3) Vedi il magistrale lavoro di F. Fiorentino: P. Pomponazzi, Firenze, Le Mon-nier, x868.
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LA RELIGIOSITÀ DI TEOFILO FOLENGO 319
Ma se il Folengo non s’interessava affatto alle lezioni del Pomponazzi, era uno spiritualista e aveva una fede religiosa ? No : egli sentiva soltanto che il suo spirito non era fatto per le costruzioni sistematiche, per le lunghe meditazioni e pe‘ lunghi silenzi, fecondi di grandi pensieri e di grandi tormenti.
E s’egli, prima della fine del 1512 o del 1517 (1) vestì l’abito monacale, fu spinto a quel passo da ragioni filosofiche, da persuasioni d’indole religiosa ?
In non credo. In un luogo della sua opera macaronica egli così canta parlando di sè :
Nondurn finterai Baldi (confesso) volumen, illc bisognava nascente disordine magno se scampare viam, meniemque habitumque sub arda lege baratami, Baldumque rcliquil inanern, ad meliusque suas studium vollavcrat horas.
Se, dunque, la sua fu non una conversione ma una fuga vera e propria, vuol dir eh’ egli, non per motivi intellettuali ma materiali o, al massimo, morali, dovette sentire il bisogno di trovar rifugio nel convento.
Di che precisamente si sia trattato non si può dire ancora con sicurezza. Certo, noi abbiamo notizia d’un omicidio commesso verso la fine del 1512 da un prepotente, il Marescolti, contro un Donesmondi, compagno di studi e di baldoria del Folengo, dal quale, appunto, era stato, per la gagliardi» della sua persona e 1' animosità del suo carattere, soprannominato Baldus come il protagonista del poema omonimo. E, certo, abbiamo anche notizia, per mezzo d' una lettera del Lautrec al marito d’Isabella d’Este, d’ un altro omicidio commesso, alcun tempo prima del 1517, da un Gian Ludovico Folengo, del quale « non s’incontra poi mai più il nome negli atti dell’ archivio Gonzaga, e che non è affatto compreso nelle ricerche genealogiche de! D'Arco sulla famiglia Folengo », ma die forse va identificato col nostro Teofilo, il quale « naturalmente cambiò nome entrando in convento ♦ (2).
(1) Come ben dice il Luzio in Suove ricerche su T. Folengo (Giom. storico d. let. ita!., XIII, p. 163), la notizia dataci dall’ Armellini in Bibl. Bened. Cassi»., Assisi, 1732 IL 1S5), — che, cioè. Teofilo seguisse 1’ esempio del fratello Giambattista e cucullum indilil nell’ anno 1509 « die 24 Junij » — è in contraddizione con un’ altra secondo la quale G. Battista « inonachus fieri voluit anno 1512 die iS apriiis ».
Ma neppur quest’ ultima data è, forse, sicura, perchè abbiamo una lettera del Lautrec — indirizzata nel 1517 al marito d’ Isabella d’ Este, — la quale, come si vedrà in •eguìto. riguarda il nostro Teofilo ; e perchè la prima menzione certa che troviamo di lui nel monastero di Sant’ Eufemia di Brescia è del 1520.
(2) Vedi ; A. Luzio : ¿<r Macaronea di M. C. di F. Biondolillo in Giorn. Star. d. lati.
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Il Folengo, o per l’uno o per l’altro motivo, dovè sentirsi l’animo turbato fortemente: egli, che aveva menato a Bologna una vita allegra e rumorosa, burlandosi di tutto e di tutti, in compagnia sempre di giovani ridanciani e spensierati, e sempre divertendosi a far versi macaronici, dovette d’ un tratto arrestarsi davanti a quello sventurato accidente e pentirsi del suo passato. Se questo pentimento si sia mantenuto costante vedremo in sèguito : certo è ch'egli si rifugiò in convento non perchè nel suo intelletto fosse avvenuto un serio rivolgimento d’idee, ma perchè una grande sciagura era venuta a interrompere bruscamente e sinistramente il suo allegro sistema di vita. Il Folengo non aveva nè la volontà ferrea de’ sensitivi attivi nè la serietà profonda degl’ intelletua-li puri : era un emozionale, un debole, cioè, che con facilità si lasciava trascinare dal Hutto de’ suoi sentimenti.
Entrò, dunque, in convento trascinato da un improvviso impulso dell’animo, e anche perchè un certo odore ecclesiastico, proveniente dalla sua famiglia, s’e-ra attaccato alla sua persona. Ma ne uscì verso la fine del 1524 o verso il principio dell’ anno seguente per motivi di amore, secondo alcuni, per discordie personali, secondo altri, contro un abate tirannico e prepotente, Ignazio Squar-cialupi. Ma, nell’ un caso c nell’ altro, il Folengo non si strappò la tonaca di dosso per motivi intellettuali, per l’intervento di nuove idee religiose, ma per dissidi morali c materiali.
Durante il suo peregrinaggio per l’Italia credo anch’ io eh’ egli abbia dovuto aprire la sua 'mente alle nuove idee della Riforma c abbia dovuto leggere con molto interesse l'Elogio della pazzia di Erasmo di Rotterdam. Ma il Folengo non aveva uno spirito filosofico e mentre nell'intelletto d’altri quelle stesse idee avrebbero dato il germe a un nuovo sistema religioso, a una nuova concezione della realtà, in quello dei nostro Teofilo, invece, apportarono una leggiera modificazione e a 1’ animo un grande perturbamento. Poiché il Folengo, per natuital., LVHI, f. 174, P«g- 39*- Per comodo de’ lettori, e anche perchè è interessante, riproduco la lettera scovata dal Luzio nel Copialettere Lib. 247 :
Mons.J’ay este prié et requis par Jehan Ludovic Folengo citadin de Manloue et autres gens de bien ses amys, à qui je vouldroys faire plaisir, vous cxripre en faveur du dit Jehan. Ludovic à cause que puis aucun fenps il a commis quelque omicide en son corps deffendant et cuidant bien faire comi/ie il m’a dit pour séparer deux autres qui avaient question e-semble. Je vous pry, Mone., faire bien entendre ! affaire comme il m* a donné à entendre que pour amour de moy luy veuillez donner sa rémission du dit cas et en ce faisant me ferez singulier plaisir, priant Dieu, liions., qu’il vous donne bonne vie et longue.
le tout votre bon amy
Odet de Foyx.
Escript à Millan le XXIX. jour de Janvier.
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La religiosità di teofilo folengo 321
ra disposto alia caricatura e all'umorismo, vide più vivo il lato ridicolo delle cose e vide più chiara la vacuità di certe istituzioni ecclesiastiche. E piuttosto che pensarci su, piuttosto che sottoporre quelle idee a un ragionamento più rigoroso e più sottile, egli volle fissare in forme vive e concrete il suo nuovo stato d’animo. Contro quelle persone e quei pregiudizi della Chiesa, che gli avevano destato viva ripugnanza, vibrò allora le frecce avvelenate del suo sarcasmo, schizzò tutta la sua bile d' uomo collerico ma ingiustamente perseguitato, gittò le sue risate rumorose e beffarde. Quello che prima era leggiero scetticismo, diventa, ora, incredulità e trova sfogo nel motteggio feroce o nell’ironia sanguinosa.
In queste condizioni d’animo egli riprese in mano quelle poche e magre Maccheroniche che aveva pubblicate nel 1517 e le corresse al lume d’un intuito più vivo e alla stregua delle mutate condizioni del suo animo. La sua violenza è lì, chiara ed evidente, nella feroce descrizione della chiesa lurida e fetida di Prae Jacopinus; in quella del convento, dove i monaci si trovano raccolti a divorare come porci la vacca rubata a Zampilo. La sua incredulità amara è lì, nella rappresentazione dell’ astuto Cingar, nel modo ironico con cui parla del mercimonio infame adoperato dagli ecclesiastici e nella burla allegra e rumorosa in cui fa cadere certi riti religiosi e certe stupide credenze .come quella del miracolo divino. E se si volesse esaminare minuziosamente tutto il Baldus, infiniti sarebbero i luoghi in cui egli dà sfogo a questo suo nuovo sta- ' to d'animo.
Ma, tuttavia, c’ è troppa bile, troppa ferocia nella burla : il suo riso è troppo rumoroso e la sua invettiva è troppo violenta. Sembra che il Folengo non combatta contro un’ idea, ma contro una data classe di persone e in nome del suo proprio io vilipeso e perseguitato. La sua indignazione, per ciò, non prò veniva — come ben pensò il De Sanctis —- da elevatezza d’animo, ma da Scioltezza di costumi e di cosciènza ; non procedeva da fede intellettuale ma da stizza e da collera d’animo offeso (1). Bisógna vedere con quale crudele insistenza parla de’ costumi de’ frati nei libro ottavo delle sue maccheroniche ; e con quale violenza inveisce contro Prae Jacopinus e con quali vivi e ripugnanti colori descrive il loro ambiente !
Ma son bollori che passano presto nell’animo d’un carattere facilmente emozionatole com’era quello del Folengo. Egli era uscito dal convento per causa, forse, di gravi discordie contro l’abate Squarcialupi e per ciò quando apprende ch’egli è morto, domanda, prega e straprega di rientrare nel convento. Si
(1) Storia d. loti. Hai. ; voi. s., cap. XIV.
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3 22 BILYCHNIS
aggiunga anche il fatto eh’ egli non aveva ottenuta quella pace che s’era ripromessa dalla libertà poiché orde devastatrici di Spagnuoli e di Tedeschi s’e-rano precipitate su Roma dov’egli si trovava, e ci si spiegherà interamente il motivo di quell’ istanza per rientrare nel convento. In realtà anche lui riconosceva di non aver voluto attaccare la Chiesa in nome d’ un principio antireligioso, ma in nome di certe persone che la Chiesa, forte delle sue istituzioni, avrebbe dovuto senza pietà condannare. Nell’ Apologia messa in fine all’ Orlandino, un incomposto poema in ottave italiane, in cui ripete le figure de' monaci e dell’ abate, così egli si difende senza tradire la verità : « ... ma del soggetto e materia di essa operetta immeritamente per colpa d’ alcuni sospettosi ipocriti son io d* infamia non poca svergognato ; perchè, quantunque alcune cose vi siano poste le quali in gravezza de la fede nostra o sia de la sacra scrittura o de li riligiosi appaiono essere, nulla di manco la mera intenzione de l’autore non vien in alquanti accomodatamente intesa, la qual è via più presto inclinato in biasmar li mordaci di essa che incider univzrsalmcnle la candidissima fede nostra ». (i) E più giù scrive ancora, a proposito della figura di monsignore Griffarosto : « la intenzione mia non fu però d’ alcuna particolaritade con-ceputa ; anzi voglio che sotto l’ombra di esso, eccettuata la reverenzia de ¡’integerrimi prelati, stiano tutti quanti li simili soi, non avendovi un minimo riguardo a le minacce d' alcuni, li quali, per sua versò me contra ragione male-volienza, di mie calunnie sono seminatori ».
Io non dico, a questo proposito, che il Folengo debba esser ciecamente creduto quando parla con troppo lunghi superlativi di fede candidissima o dw prelati integerrimi', in fondo in fondo il suo cuore rimaneva indifferente. Ma voglio più tosto dire che il suo riso era diretto non contro un principio altamente religioso o filosofico ma contro persone e contro istituzioni da tutti gli altri, del resto, biasimate, ma dalle quali egli si ricordava d’ aver ricevuto persecuzioni e dolori.
La sua istanza di rientrare nel convento non fu, però, accolta. Ed egli, allora, vagò di qua e di là per l’Italia, seguì sino a Venezia la famiglia Orsini, la quale invano aveva opposto fierissima resistenza all' esercito invasore degli Spa-gnucli e de’ Tedeschi, ma quando si sentì stanco di quella sua vita randagia si ritirò col fratello Giambattista al promontorio di Minerva, al Capo Campanella, e qui volle dare prova di quella contrizione religiosa che effettivamente non sentiva. Scrisse il Caos del Triperuno e poi 1’ (.'inanità del figliuolo di Dio,
(i) Apologia de ¡‘Autore in Opere i¡aliane di T. Folengo, Bari, Laterza, 19x1, voi.
I. p. t68.
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LA CHIESETTA DOVE FU
SEPPELLITO IL FOLENGO.
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324 ¡HLYCüX-lS
ma mólto sonnacchiosamente : simboli ed allegorie si confondono in modo indicibile e lingua e verso son trattati con una pesantezza straordinaria. Biasima il Baldus e 1’ Orlandino ; rinnega la sua vita passata; si perde in disquisizioni intricate di simboli c mostra di aver, finalmente, votato il.suo cuore alla fede. Ècco come narra il suo passato nel Chaos (i), eh'è diviso in tre selve, corrispondenti la prima all’ infanzia e puerizia umana, la seconda alla « precipitosa giovinezza », e la terza alla « matura e virile etade »: « E veramente sì come a li pastori apparve 1’ angelo e mostrò loro dove giacesse il nasciuto fanciullo Jesù Cristo, così allora, su quel principio eh’ egli prese a far vita comune co' gli altri pastori, trovò Cristo parvolino entro il presepio collocato ; ma col tempo poi, per cagione di ... (ma non voglio parlarne chiaro, che anchora egli va più riservato che sia possibile) traviato, si mise a seguir amorosamente una donna bellissima, la quale sopra un sfrenato cavallo gli scampa innanzi, per tirar-silo drieto al precipiti© d’ogni perditione: nè chi sia questa donzèlla, nè dove finalmente lo conducesse vogliovi manifestare se non in l’orecchia dicendolo, ma conchiudendo la seconda selva dico che ’1 labirinto intricatissimo, sul quale ultimamente si ritrova, pare a me una superstizione tenacissima significare, de la cui caligine se non per divin aiuto si po essere liberato. E in questa tal foggia seconda di vivere, essendo egli già fora del sentiero diritto compose lo poema di Merlino, con tutte l’altre favole e sogni amorosi, li quali ne la selva seconda si leggono » .
Questo luogo e molti altri ancora, ch’io potrei citare, dimostrano in che conto egli fingesse di tenere la sua vita passata e quanto faticosa dovesse riuscire la prosa a un uomo che, come il Folengo, non sentiva sincero pentimento perchè non aveva, in realtà, di che pentirsi. Il Folengo aveva provato repu-gnanza per le forme esteriori del culto e contro quelle persone della chiesa che facevano mercimonio di Dio: quindi neppur della Macaronea si sarebbe dovuto pentire. Ma pur mostrava d’ averne rimorso e in più d’ un luogo si lamenta di quel poema e d’ avere persino scritto così precipitosamente quei versi macaro-nici per sfogare il suo cattivo ed eretico sentimento « che li stampatori non poteano supplire aT abondantia et copia de suoi versi ».
Ir. fóndo egli, però, era rimasto quel d’ allora e. pur nel Chaos si riscon trèno accenni contro certe superstizioni e pregiudizi della Chiesa, accenni che
(x) Chaos del Tri Per Uno, stampala in Vinegia per Giovanni Antonio e Fratelli da Sabbio. Ad is tanta de Nicolo Garanta a dì primo Zener. MDXXVII.
Il Chaos è »tato edito dal Renda in Opere ital. di T. F., Bari, Laterza, 1911.
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LA RELIGIOSITÀ DI TEOFILO FOLENGO $25
sono stati messi in luce da Alessandro Luzio in uno dei suoi Studi folenghiani. (x) Biasima, infatti, gli altri nell’ avere fatto consistere la felicità « né l’andar scalci, radersi il capo, portar cilizio e altre cose assai, le quali quantunque siano bone fanno però lasciar le meliori ». Accenna allo Squarcialupi, abate tirannico e prepotente, e ai frati, gente ipocrita e infingarda; chiama inferno il convento e « arrabbiati cani » coloro che lo perseguitarono, e, in fine, biasima la « tradizione » ossia la « constitutione » da cui son regolati i monasteri.
Il livore non era scomparso : perchè egli lo lasciasse a dormir doveva costringere la sua fantasia mobile e viva scrivendo poemi assolutamente sacri. Così nacque 1’ Hwnanità del figliuolo di Dio, il fanus e qualche altro componimento eh' egli aggiunse ai Pomiliones del fratello Gian Battista. Ma lo spirito fu sempre assente e specialmente la prima di queste opere fu composta, com’ egli stesso dice, « sonacchiosamente, non vi travegnendo il molto raro favore di quelle Madonne del favoloso Parnaso », e perciò in una forma assolutamente priva di entusiasmo religioso.
Il Folengo, in verità, piuttosto che bisogno di Dio sentiva bisogno di pace. Nel 1533 riesce a ottenere di rientrar nel convento di S. Benedetto. Fu poi a Brescia e, quattro anni dopo, a Santa Maria delle Ciambre, un luogo deliziosissimo anche oggi, presso Palermo, e allora forse più incantevole per una grande selva di cipressi, dalla quale era il convento circondato. Che vita egli abbia trascorsa non sappiamo, ma certo, non una vita fatta di ardori mistici, di preghiere fiammeggianti d’ amore divino, di tormenti spirituali. Quei distici, ch’egli scrisse lasciando S. Maria delle Ciambre e che costituiscono l’unico documento di quella vita, rivelano piu tosto una soave e diffusa malinconìa paganeggiante: ci si sente 1’ adorazione per la Natura, non per Dio, in qùella lenta e dolorosa evocazione de’ luoghi, ch’egli tante volte aveva contemplati con occhio dolce e sereno e con animo finalmente riposato e tranquillo:
Dulce solutn, patriaeque instar, mea cura Ciambrae, Accipe supremum, cogor abire, vale.
Kos, rupes atque antro, cavi, gratìque reces sus, Quodque horror e nernus, sylva virare places;
Kos, viirei fontes et amoris conscia nostri Murmura, perpetuo vere, cadentis aquae ;
Tuque mei testata gravera via tenga laborem ;
Tuque olim saneto, Cellula, culta sene;
(1) Studi Jolengbiavi ; Firenze, Sansoni, 1899, cap. V, p. 148.
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ÓV ve siri curavi gessi quidquam ac peregì Quo facli auctorem fas sii amare boni, Mantoum aclernis memorale Theophilon annis, Sitque meae vobis causa scpulta Jugac. (i)
Come si vede, non s’incontra mài, in questi versi, il nome di Dio e piuttosto che completa rassegnazione al!’ ordine di cambiar convento ci par di vedere un certo livore in quel eogot abirc e in quel Jugac ilei secondo e dell'ultimo verso.
Qualcuno ha voluto credere eh’ egli sia stato mandato via da S. Maria delle Ciambre a S. Martino delle Scale, un altro convento vicino a Palermo, per qualche peccato di donne. Ma io sono un po’ restio ad accogliere quella congettura e credo, piuttosto, che il Folengo non abbia dato segno di troppo entusiasmo religioso e di troppa pazienza di fronte agli ordini di qualche abate, e che sia stato appunto per questo trasferito a S. Martino delle Scale.
Ma già siamo agli ultimi anni della vita del Folengo : dopo aver composto una fredda rappresentazione sacra, intitolata Allo della Pinta, che prende ad argomento la creazione del mondo e l’incarnazione del Verbo, e che fu rappresentata per la prima volta nel 1538 o 39, egli si chiuse per altri tre o quattro anni in un silenzio infecondo. Passato poi nel monastero di S. Croce in Cani-pese, vi morì il 9 dicembre 1544 nè compianto nè maledetto come suole, invece, avvenir« pe’ grandi spiriti combattivi che nel nome d’una grande Idea vivono, lottano e affrontano persino il rogo.
Gli è che il Folengo non ebbe un carattere forte e deciso: non un martire nè un eroe si sarebbe, di lui, potuto fare. Irresoluto sempre e sempre disposto a farsi trascinare dagli impulsi del suo cuore mutabile, egli, nonostante avesse accolto in parte le idee luterane, non seppe assumere un atteggiamento sicuro contro la Chiesa cattolica nè sviluppare nel suo intelletto i germi d’ una nuova rivolta filosofica: nè amò nè rinnegò Dio c fu, piuttosto che un vero e proprio ribelle, una vittima del suo cuore debole e impulsivo. Impotente in fatto di filosofia religiosa, fu d’una straordinaria potenza nel fissare in forme*vive e concrete la sua anima amara e beffarda, il suo spirito acre e pungente. Abbondò, insomma, in lui quello che mancherà a Giordano Bruno: la fantasia. Ecco perchè il Folengo fu poeta, ed ecco perchè il Bruno sarà soprattutto filosofo sistematico e ardente.
FRANCESCO BIONDOLILLO.
(<) Del soggiorno del Folengo in Sicilia parlò il LaLumia in Nuova Antologia. S. IL Vili., 1878. p. 601 c sgg.
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LA RELIGIOSITÀ DI TEOFILO FOLENGO 32?
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Per comodo de’ lettori raccolgo qui quanto s’è scritto intorno a Merlin Cocai :
I. E. De Sanctis: La Macaronea, in Storia d. lett. ita!., voi. 11. cap. XIV.
2. F. Flamini : II Cinquecento ; Milano, Vallardi ; pp. 150, 155, 156, 458.
3. G. A. Cesareo : Storia d. teli, ital.; Catania, Muglia, 1911 ; voi. 2., p. 107.
4. B. Zumbini : Il Folengo precursore del Cervantes, in Studi di lett. ¡tal. ; Firenze. Le Monnier, 1894; pp. 165-177.
5. B. Zumbini : I.’astrologia e la mitologia nel Pantano e nel Folengo, in Rass. crit. d. lett. ital,; Napoli, li, 1897.
6. B. Zvmbini : Vita paesana e cittadina nel poema del Folengo, in Racc. di studi critici dedicata ad Aless. D’ancona, pp. 603 - 616.
7. I. La Luinmia ; T. Folengo in Sicilia, in Nuova Anto!., S. 2., Vili. 1878, p. 601 sgg.
8. A. Gaspary: Storia d. loti. itale, 2. ediz.; p. 315.
9. A. Gaspary: in Lit. Piati, f.germ. w. rom. Philol., 1883, 435; 1890, 186.
io. A. Gaspary : in Zeil.f. rom. Philol.; XIII, 5S9 ; XIV, 249 e XIX, 469.
11. A. Lezio: Nuove ricerche sul Folengo, in Giorn. Stor. d. lett. ital.; XIII e XIV.
12. A. Luzio: Studi Folenghiani, Firenze, Sansoni, 1899.
13. A. Luzio : Recens. del libro di F. Ciondolino: La Macaronea di M. C, in Giorn.Stor. d. lett. ital.; LVIII. f. 174.
14. A. Lvzio: Nota alla sua edizione delle Maccheronee; Bari, Laterza, 1911, voi. II, pp. 363-370.
15. U. Renda: Nuove indagini sul Folengo, in Giorn. Stor. d. lett. ital., XXIV, 33.
16. U. Renda : Recens. degli Studi Fo. lenghiani di A. Luzio in Giorn. Stor. d. lett. ¡tal.; XXXV, 371-401.
17. U. Renda: Sul Caos del Tripetano di T. Folengo ; Palermo. 1896.
18. U. Renda: Scampoli Folenghiani; Serie 1. : « Ancora intorno al Chaos del Triperuno » ; Trapani. 1898.
19. U. Renda: Nuove ricerche sulla « Pinta » del Folengo, in Rassegna Pugliese, XII, 1895, f. 2.
20. G. Zannoni : / precursori di Merlin Cocai ; Città di Castello, Lapi, 1888.
21. V. Rossi: « I precursori di HI. Cocai » di G. Zannoni, in Giorn. Stor. d. lett. ita!.; XII, 41$.
22. V. Rossi : Storia d. teli, ital.-, Milano, Vallardi; voi. 2., p. 151 sgg.
23. A. Fanzini : Saggio critico sulla poesia Macaronira ; Castellammare di Sta-bia, 1887.
24. G. Tancredi: La materia e le fonti del poema maccheronico di T. Folengo ; Napoli, Bideri, 1S91.
25. G. Tancredi: Il Margulle del Pulci, il Cingar del Folengo e il Panurgo del Rabelais ; in Atti del Cong. Intera, di Scienze Storiche; Roma, 1-9 apr. 1903, voi. IV’.
26. II. Schneegans : Gesch. d. grote-sken Satire; Strasburgo, IS94.
27. B. Cotronei: in Giorn. Stor. d. lett. ital.; XXXVI, 305 sgg.
28. A. Lo Forte-Randi: Nelle lett. straniere ; Serie III : Folengo e Rabelais, Palermo, Reber, 1901.
29. B. Zumbini: Gli episodi dei montoni e della tempesta presso il Folengo c presso il Rabelais (manca altra indicaz.)
30. J FleURY : Rabelais et ses Oeuvrcs; Paris, Didier. 1877 ; voli. 2
31. E. Gebhart : Rabelais, la Renaissance et la Ré forme: Paris, Hachette, 1877.
32. Stapfer : Rabelais; sa personne, son genie, son cruore: Paris, 1889.
33. Thuasne: Eludessur Rabelais; Paris, 1904.
34. Plattardi L’Oeuvre de Rabelais; Paris, 1910.
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¿aS
35. V. Russo: La Zanitonella e l* Orlandino di T. Folengo: Bari 1890.
36. E. G. Parodi : Maccheronee, in Marzocco, 21 maggio 19fr.
37. F. Biondo!.iLLO : Le fonti deU’opera di F. Rabelais in Poeti e Crìtici, Palermo, Trimarchi. 1910, pp. 86-94:.
38. F. Biondolillo: Merlin Cocai e la Crìtica in Critica ed Arte di Catania, anno III, n. 2.
39. F. Biondolillo: La Macaronea di-M. Cacai; Palermo, Trimarchi, I911.
40. F. Biondolillo : Polemichetla maUlLYCHNlS
caronica con E. G. Parodi in Marzocco, 28 maggio 1911.
41. F. Biondolillo : Polemica macaro-nica in Corriere di Catania 15 giugno 1911; e in « La Fiamma » di Roma, 15 Luglio 191:.
42. F. Biondolillo; Una piccola fonte delle « Maccheronee », Giorn. Stor. d. lett. ¡tal., LVIII, f. i74> p. 45S.
43. F. Biondolillo : Quistioni folen-ghiane, in Fani. d. Domenica, 1911, n. 38.
44. A. Puttini: Merlin Cocai e la sua tomba, in La Lettura, maggio 1912.
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V ** Orpheus „ di Salomone Reinach.
(Vedi fase. HI. pag. 24 Í)
> ricorda il lettore quell’elegante volumetto, rilegato in tela tverde, impresso in oro. dagli angoli arrotonditi, con loco-sture dorate, recante il misterioso titolo di Orpheus? Alcuni lo ritennero dapprima, scorgendolo sui banchi del libraio, un trattatei lo erudito di musica antica, altri un romanzetto afrodisiaco alla Pietro Louys ; ma erano gente che non si riconiavano dell’ Apollo di Salomone Reinach,
il quale sotto questo titolo e con la stessa veste civettuola dell' Orpheus, ci aveva offerto un manuale della storia dell' arte figurativa. Stavolta il libretto grazioso e bene agghindato, da far bella figura fra i romanzi sul tavolinetto d’una mondana lettrice intellettuale, era proprio proprio un manuale della Storia delle religioni. Manuale di divulgazione, destinato ai lettori studiosi, ma sì anche alle mamme ed alle loro figliuole, affine di completare il numero «Ielle cognizioni necessarie alla loro educazione ; e per riguardo alle lettrici, redatto con un doveroso riserbo « specialmente per quel che riguarda le antiche religioni orientali ». Tutto bene ; edizione ed intenzione ; anche la simpatica abitudine di vita di un erudito profondo, il quale nei momenti di riposo non si rinsecchisce in solitudini musonesche, ma frequenta il mondo, dove con molta finezza di spirito e leggiadria di modi tien circolo, fa conferenze, rende di pubblica ragione, intelligibili al vario uditorio, i risultati finali delle sue ricerche oscure e pazienti. Egli è come il gioielliere che presenta il monile lucente sulla morbida peluche, nella luminosa bottega elegante, dove non giunge lo stridio delle lime, il picchierellar de’ martelli, l'alitare mordente delle rapide fiamme che sono nella retrostante fumida officina.
L' edizione italiana, licenziata al pubblico di questi giorni, invece è tutt’ altra cosa : consta di due volumi ponderosi, c ciascuno di essi è composto di circa seicento pagine in ottavo grande. Nessuna civetteria editoriale : un' austera copertina blu, sovra la quale campeggia la dicitura solenne di una collezione del-1* Editore Sandron : L' indagine moderna ; io stesso titolo Orpheus, che nell’ e-dizione francese, aveva un tinnulo aspetto grazioso di un vivo attico fregio, quivi è quasi soffocato nascosto dal succedersi di molte parole che determinano la fisonomía della traduzione ; è come il cancello di una villa tutto assalito e na-
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scosto da edere e da bignonie rampicanti. Eppure, malgrado di questa mole e di questa solennità, io preferisco l’edizione italiana ; e molti ne sono i motivi : per le correzioni dell’ autore, per le aggiunte al testo, che, consenziente l’autore, il traduttore Arnaldo Della Torre ha introdotte sovente, specialmente per quel che riguarda la cultura religiosa e la religione in Italia ; perchè il manuale presentato in tal modo, e mi si passi la piccola malignità, non sarà molto letto fra il ceto delle mondane intellettuali, ma bene e più con profitto da chi a tali studi, o a tale ordine di conoscenze, sappia rivolgerei con quella dignità e serietà di cui quelli necessitano veramente. Ma la ragione principalissima è questa ed è di molta importanza, anzi grandissima : e cioè che il traduttore ha con la sua appendice su « il Cristianesimo in Italia dai filosofisti ai' modernisti », non solo più che aumentato del doppio 1’ Orpheus del Reinach, ma quello che più conta, ci ha presentato in iscorcio, colmando con ciò una vera lacuna nella nostra produzione libraria, tutto un secolo e più di vita religiosa italiana, con giudizi quasi sempre assennati e veritieri, e con notizie, per quanto è possibile, esatte.
Cominciamo dalla fatica particolare di Salomone Reinach, notissimo fra gli studiosi di storia delle religioni : del quale noi dobbiamo criticare più cose, in due delle quali lo Stesso suo traduttore da lui dissente fermamente, come dichiara nella prefazione ; e cioè, nel « modo di concepire la religione » e nello « spirito laico — massonico di tutto il libro ». Ma diciamo subito dei meriti quali lo stesso traduttore li riconosce, si che a noi non rimane se non da riprodurre le sue parole : « la giusta proporzione delle parti, la limpida esposizione, la meritoria (questo non oserei affermare di uno che fa professione di i-storicismo ; è suo dovere di essere imparziale, c non più) imparzialità nel rilevare i benefici della Chiesa Cattolica nel M. E., la temperanza dell’ espressione e del giudizio nell' additarne i demeriti, ma sopratutto 1’ esservi data al Cristianesimo quella parte che gli era stata negata in tutti i precedenti Manuali di Storia della religione, dove questa, che s’ ha pure a riconoscere come principale fra le religioni tutte, era affatto esclusa, non si saprebbe ben dire per qual mai preconcetto o pregiudizio ». Noi abbiamo già osservato a che conduca taluno degli storici della religione quella esclusione ; alla condanna del metodo, alla contraddizione più stridente fra il loro agnosticismo e la loro fede, alla improprietà più urtante della terminologia filosofica, e alla tacita rinunzia alla libertà del pensare e dell’ esprimersi :ossia al riconoscimento di una autorità religiosa, che è per sè stessa estranea ai mezzi ed ai fini della coltura. Salomone Reinach, israelita di razza (e ciò importa solo in quanto spiega in parte il suo naturalismo razionalista ed agnostico, anzi materialista), ma ateo, ci definisce la religione come « un insieme di scrupoli che impediscono il libero esercizio del-
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I.* ORI’HEUS DI SALOMONE REINACH 331
le nostre facoltà ». Scrupolo, tabù, ossia quella parola della Polinesia che determina la inviolabilità di un oggetto : animale tabù, albero tabù, edificio tabù. La critica della definizione del Reinach. è stata compiuta definitivamente da morti : essa è empirica, ossia bada al particolare ritualistico e non all’ universale razionale delie religioni; è derivazione spuria di alcune dottrine biologo - antropologiche, il cui difetto consiste appunto nella generalizzazione di alcuni fatti particolari; è naturalistica, perchè considera le religioni dal solo punto di vista del fenomeno ; è animistica, ossia esagera il valore dell’ animismo, il quale nelle religioni monoteistiche, che sono le più diffuse e le più civili, tende a scomparire, se pur sopravvive, sì che si potrebbe affermare eh’ esso interessa solo lo studio delle religioni dei selvaggi ed il folk-lore ; anzi si potrebbe tentare di dimostrare essere 1’ animismo nel cristianesimo un resto folkloristico delle religioni mitiche precedenti.
Insomma anche il Reinach usa, in fondo in fondo, del metodo ¡stesso dèi Turchi; 1 ’ ¡storicista, l'intellettualista; e poiché 1’abbiamo di già criticato, Iran-seamus, solo notando come nel Reinach, non si verifichi almeno quello che nel Turchi è contraddittorio ; e cioè, 1' affermazione agnostica con la fede nella Rivelazione.
Quello che manca nel Reinach, è non la conoscenza dei fatti ; è la coordinazione logica dei fatti ; e invano si dirà eh’ egli è storico, non filosofo, perchè abbiamo mostrato piti su, come anche allo storico necessiti il possesso di alcuni concetti fra i quali quello di scienza, e quello della particolar branca della sciènza, ossia dèlia storia, di cui si occupa, e così via ; ciò che del resto è inevitabile e si riscontra ad ogni passo nella sua trattazione. Ossia anche nello storico si ritrova una filosofia, che sarà implicita nel suo metodo, e sceveratole sempre dalla narrazione, dalla enumerazione dei fatti particolari, e dalla espres-sion personale ed estetica di questi fatti e narrazioni ; il Reinach è un positivista. Ora noi vedremo subito uno degli inconvenienti di questa sua filosofia che considera solo il particolare scisso dall’ universale, ossia fuori d’ ogni logica serie. Premetto che io sono di quelli che propendono a che la religione si debba studiare nelle sue forme più moderne e perfette, e meno nelle rozze e primitive, per dedurne un concetto verace, e per costruirne una teorica più prossima alla perfezione; così come un filosofo trarrà più succo o vital nutrimento dal sistema Spinoziano o Kantiano che non dai frammenti di Eraclito.
Adunque è certo che ogni religione possiede i suoi dogmi, i quali non solo formano la sua ossatura o impolpatura teologica, ma ancora rappresentano una delle necessità imprescindibili dello spirito umano : ossia la determinazione, come dice il Gentile, della << relazióne intrinseca del finito con l’infinite ». È
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obbligo adunque di uno storico della religione di additare i dogmi fondamentali di questa o di quella religione, ma di mostrare insieme come si sia venuti alla loro formulazione, misurando le ragioni storiche, e però logiche, dello sforzo per stabilire con un dato dogma quella tal relazione.
Un grande cultore della filosofia moderna, Bertrando Spaventa, scriveva nel ’54, appunto a proposito dello pseudo dogma dell’ Immacolata Concezione, che, per ora segna il culmine della inariolalrìa : « Il vero dogma ha un contenuto speculativo, come p. e. quello della Trinità e della Incarnazione ; e però può essere oggetto non solo della fede e della teologia, ma della stessa filosofia. E la ragione è la seguente : quei dogmi esprimono una determinazione necessaria ed universale del concetto di Dio, c il problema principale della filosofia consiste appunto nel determinare razionalmente questo concetto. Ma vi ha nella religione tali cose che non possono avere la forma di dogma (ecco tutta la metodologia di uno storico delle religioni), cioè di una verità con un contenuto speculativo., senza cessare di essere ciò che Sono, cioè simboli, figure, i-magini (il Reinach aggiungerebbe : scrupoli, tabù), modi di dire, metafore, a-spirazioni divote, o creazioni della fantasia e dèli’ arte ». Tutto ciò lo storico deve mostrare e discernere e poi enuclearlo dalla complessa ed ùnica storia del-1’ umanità. Si consideri pure la religione come una filosofia inachevée, primitiva. come vogliono taluni chiarissimi filosofi ; tocca allo storico il dimostrare come la religione fino a quel dato segno, entro quella data misura della serie particolare, entro quella data epoca della storia, abbia soddisfatto appunto al bisogno della attività razionale, non avulsa dalle operazioni delie altre attività ; così come la scolastica ha soddisfatto all’ obbligo suo quando sul morire del Medioevo ha risuscitato il platonismo obbliato, dando modo al formarsi della filosofia moderna. Ma negando il valore logico, ossia spirituale, ossia razionale, ossia umano, alla religione, come fa il Reinach, riducendola ad un puro fatto di vita animale, non vedo come la si possa trovar conpatibile con alcuni bien - fails, eh’ essa avrebbe potuto compiere in dati periodi storici. Così p. e. se il Cristianesimo è un puro fatto animale e rozzo, tutto preso fra alcuni tabù, come i digiuni, e ira alcuni fatti animistici fanciulleschi come i demoni e le angeliche coorti, non vedo come possa aver giovato alla civiltà europea nel Medioevo.
Facciamo ancora una osservazione: una distinzione che andrebbe fattale la , si fa implicitamente, è quella fra Religione e Chiesa ; 1’ una è attività dello spirito e 1’ altra il suo strumento, analogamente che la Scienza è la somma delia verità, e la scuola è lo strumento dell’ insegnamento della verità. E Come le scuole obbediscono ad una indefinita (e ahimè! non sempre lieta) serie di vicissitudini di tempo e di luogo, politiche ed economiche, così le Chiese. Stu-
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L* ORl’HEUS DI SALOMONE REINACH 333
diare 1’ arte è lo strumento come opera, ecco il compito dello Storico : quindi le suddivisioni necessarie se bene empiriche : storia etnica delle religioni, storia politica, economica, dottrinale, e così via. Dalla storia politica delle Chiese, il Rei-nach, senza condurre alle ultime gravi conseguenze le sue teorie, giunge a dei risultati prettamente liberali ; egli vorrebbe perite le religioni per convinzioni intellettuali ; ma poiché ci sono, vivano della lor vita interna, senza dar noia, senza violentare e violare nessuna coscienza, senza persecuzioni reciproche ; e niuno che abbia mente e cuore può non condividere la sua simpatia per tutti i martiri della libertà di coscienza, ai quali appunto è dedicata 1’ opera sua. Se non che, la nostra, parlo a nome mio, e però dirò la mia, posizione rispetto alla religione è quella espressa nel principiar questo articolo, e cioè aspettazione di una più alta forma di religione, che non è la pura filosofìa e non il cristianesimo tradizionale nè quello dei modernisti.
Ancora brevi parole sulla traduzione e sul lavoro particolare del Della Torre, eh’ io non saprei abbastanza lodare, per la serietà, la diligenza, la simpatia per 1’ argomento, 1’ utilità delle sue ricerche.
Quasi tutto il secondo volume è compreso dalla sua appendice, che porta il titolo « Il Cristianesimo in Italia dai filosofisti ai modernisti » ; è lo studio dal 1750 al 1910; pili di un secolo e mezzo, ed è quanto di più completo, torno a ripetere, si abbia come lavoro di compilazione in proposito.
Certo che la bibliografia, per quanto riguarda questi ultimi anni, potrebbe essere di molto aumentata; ma sarebbe stata fatica, per ora inutile; c’è tutto quanto può dare non solo una idea dello spirito religioso, le sue varie correnti le sue forze e le sue melensaggini ; ma è un vero sommario, non solo utile, ma indiscutibilmente necessario, per chi voglia, e tutti dovrebbero volere, formarsi un’ opinione sana, adeguata della religione in Italia.
Ma è inutile di proseguire negli elogi, eh’ io non saprei in questo caso abbastanza prodigare ; conviene attenerci brevissimamente ad alcune considerazioni, opportunissime oggi. Generalmente si crede dalla maggioranza degli italiani, dico delle persone colte, che i problemi religiosi e le questioni di coscienza dato l’indiscusso trionfo del liberalismo, lascino indifferente la nazione. L’on. Giolitti, ad es., così meritevole della patria per molti e grandi riguardi, non si peritò ad affermare in piena Camera (e so bene eh’ essa non è, nè deve essere un Areopago nè un’ accademia), rispondendo all’ on. Murri, che in Italia non ci furono mai conflitti religiosi. Errore ; è vero forse nel presente periodo storico, ma senza risalire più in là dell’ epoca studiata dal Della Torre, si può affermare con sicura certezza e coscienza che il nostro Risorgimento fu tutto pervaso da una crisi religiosa formidabile: la quale trascinava gli individui alla lotta
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non solo per entro dei partiti, ma nel seno ¡stesso, delle famiglie: esempio tipico il d' Azeglio liberale - moderato, eh’ era fratello in dissidio con Padre Tapa-relli, il teorico ultra • reazionario della Curia Romana e della « Civitlà Cattolica », organo della S. I.
Orbene, si può dire che bene o male tale crisi fosse superata ; ma il modernismo, con tutte le sue deficienze, con tutta la sua irrazionalità, con il suo fallimento, non è forse malgrado questo un segno non indifferente che una novella lotta religiosa si prepara? i:. bene lasciarci cogliere impreparati? Io credo che no : molte confusioni d’indole storica, culturale, religiosa saranno disciolte, come al primo sole la bruna mattutina, quando alcuno voglia con intelligenza apprestarsi a leggere quanto Arnaldo Della Torre ha scritto sulla questione, improrogabile perchè è non solo politica ma, involgente tutto lo spirito moderno. Certo qua e colà son vi imprecisioni e lacune nella sua appendice ; ma trattandosi di cose e di fatti recenti, facilissimamente colmabili dalle persone di buona volontà. Non rinuncio con il dire ciò, a trattenermi prossimamente sul medesimo argomento, con maggiore ampiezza e con critica più minuta ; m’ è grato oggi salutare nel traduttore del Reinach, Arnaldo Della Torre, un benemerito nuovo studioso amorevole della religione.
MARIO ROSAZZA.
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A proposito di J.-J. Rousseau.
Traduciamo dalla simpatica piccola rivista « Le Semeur » (() il seguente articolo del prof. Raoul Allier, desiderando anche noi richiamare T attenzione dei lettori nostri su quel lato della personalità del Rousseau che s'e voluto lasciare nell'ornili a anche in questi giorni in cui, per la ricorrenza del bicentenario della sua nascita, molti hanno sentito il dovere di parlare e scrivere dell'opera sua. dell impronta da lui lasciata pel il suo carotiere c pel suo pensiero.
' era da aspettarselo : nelle discussioni che si fanno nel mondo politico intorno a J.-J. Rousseau, si vede bene che si vuol passare sistematicamente sotto silenzio un elemento essenziale della sua personalità. Rousseau senza il suo sentimento religioso non sarebbe più il Rousseau. Non importa : coloro che, dinanzi al Parlamento, hanno glorificato la
sua apoteosi ufficiale hanno amputato di proposito ciò che è un tratto essenziale della sua fìsonomia morale. E coloro che hanno criticato quest'apoteosi, dal canto loro, si son ben guardati dal dirne una parola.
Che certe persone, sebbene pretendano d’ essere i rappresentanti o i difensori titolari della Religione, assumano quest’ atteggiamento strano, non è un fatto che deve farci stupire ; giacche dovrebbero confessare che quel che di meglio era nel Rousseau gli veniva dalla sua educazione protestante;
Non si adatteranno mai a riconoscerlo. Si sforzeranno piuttosto di dimostrare eh' egli fece opera d’ anarchico perchè era in lui il veleno della Riforma. Non diranno qual patrimonio misterioso d’ emozioni religiose potè trovarsi per atavismo. nel discendente d’ una famiglia che, al secolo XVI, fu costretta ad abbandonare Parigi, per rimaner fedele alla propria fede.
Ed è altresì naturale che altri, i quali vogliono essere gli eredi degli Enciclopedisti, abbiano bisogno di gettare un velo su tutto questo. La maggior parte di essi hanno un bel celebrare il Rousseau ! sarebbero stati contro di lui nel XVIII secolo, insieme col Diderot, con La Mettrie e d’ Holbach. Ciò che muoveva contro l’autore del Vicaire Savoyard le genti delle quali egli si creft) Redattore-capo: Ch. Grauss. 46. rue de Vangirard, Paris.
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dette perseguitato — e lo è stato non poco ed in assai mala fede — irrita parecchi de’ suoi odierni incensatori.
Certo noi non vediamo in J. -J. Rousseau il tipo del cristiano. E’ permesso d’ammirarlo senza credere a tutto ciò ch’egli ha detto e senza approvare tutto quel ch'egli è stato. Si ritroverebbero facilmente c in abbondanza ignoranze ed.errori in quel ch’egli ha detto delle religioni positive. Nè sarebbe difficile criticare più d' un punto della sua metafisica. La sua critica delle dottrine meriterebbe spesso di venire ella stessa criticata. Ma bisognerebbe anche che ci domandassimo se si debba far pesare tutta su lui la responsabilità delle ignoranze eh' egli lascia intravedere e degli errori che ha commessi. Una gran parte d’essi non ricade forse su quelli eh’erano allora i dottori o i predicatori del cristianesimo ?
Direi volentieri che in ciò che si potrebbe chiamare la « teologia » del Rousseau, la maggior parte dei particolari debbono essere sottoposti a revisione e che parecchi di questi particolari sono di primaria importanza. Tuttavia due cose sussistono.
La prima è che quest’ uomo eh’ era oggetto di scherno da parte di tanti avversari più o meno scrupolosi è stato il solo, in pieno XVI(I secolo, a trovare certi accenti per esprimere il sentimento religioso. « Scorgo Dio ovunque nelle sue opere, esclama egli per la bocca del Vicaìre Sxvoyard. lo sento in me ; lo vedo ovunque intorno a me ». Questo grido dell’ anima non lo ha lanciato una, ma cento volte. « Io soffoco nell’ universo, » scrive a Malesherbes. « L’attaccamento che ho per tutto ciò che mi è caro — fa egli dire ad una delle due eroine — non basta per tenermi occupato; mi rimane una forza inutile e non so che farne... Non trovando quaggiù nulla che le basti, l’anima mia avida cerca altrove di che riempirla : innalzandosi alla fonte del sentimento e dell’ essere, essa vi perde la sua aridità e il suo languore, essa vi rinasce, essa si rianima, essa vi attinge una vita nuova ».
Harold Hoffding, in un libro (1) la cui traduzione vede la luce in questi giorni e che raccomando vivamente, fa notare con ragione che il Rousseau è forse, tra i pensatori, il primo che abbia insistito sul valore dell’ esperienza religiosa. L’espressione è moderna: ma l’idea è chiarissimamente formulata. Il Rousseau credeva, come i suoi contemporanei, che la religione fosse sopratutto una morale, e pensava, come i suoi predecessori, ch’ella dovesse darci una spiegazione dell' universo. Ma è stato prodigiosamente originale operando qui la riti)/.-/ Rousseau et sa philosophìe. 1 vói. in 12, della « Bibliothèque de Philoso-phie contemporaine ».
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J.-J. ROUSSEAU
[Pastetta di La Tour >/<•/ Museo d'Arte e Storia a Ginevra.}
IV. - 1912
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A PROPOSITO DI J.-J. ROUSSEAU 337
voluzione che aveva compiuta negli altri campi, ponendo il sentimento al posto della ragione teorica.
E’ questo il secondo carattere di ciò eh’ io sarei inclinato a chiamare il suo misticismo. Il Rousseau ebbe piena coscienza del cambiamento eh’ egli introduceva nello studio della religione. Scriveva in una lettera a Vcrnes: « Ho trascorso la mia vita fra gl’ increduli, senza lasciarmi scuotere, amandoli, stimandoli, senza poter sopportare le loro dottrine. Ho sempre detto loro che non sapevo combatterli, ma che non volevo crederli; non avendola filosofia su queste materie nè fondo nè riva. mancando di idee primitive e di princìpi elementari, non è che un mare di incertezze e di dubbi, dai quali il metafisico non riesce mai a liberarsi. Ho dunque lasciato da parte la religione, ed ho consultato la natura, cioè il sentimento interiore che guida la mia credenza indipendentemente dalla mia ragione ».
Così il Rousseau non ci ha dato soltanto una dottrina criticabile in alcuni suoi particolari ; è stato il precursore, l’iniziatore di metodi destinati ad aver buon successo. Ha esercitato il suo influsso su Kant. Ha preparato Schleierma-cher. E chi oserebbe sostenere che non abbia quindi contribuito a rendere possibile Vinet, il quale in tanti punti si separerà da lui ? Egli intravide un’ apologetica che fonda la verità dei cristianesimo sulla sua santità, sulla sua profondità, sulla sua utilità. In un senso, è la profezia del pragmatismo....
RAOUL ALLIER.
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Il culto dei Santi nell'Islam»
(Vedi fase. /, p. 139)
■ l culto dei Santi è uno degli articoli fondamentali del-1’ ortodossia musulmana (non dico della religione del Profeta). Tutti i musulmani, eccettuate alcune sette, professano il culto dei Santi; ma noi esamineremo special-mente le manifestazioni di questo culto in Africa.
Il culto dei Santi è originato da una duplice serie di cause: generali e locali.
1. Cause generali. Come dice il Goldziher (1) i: culto dei Santi è l’involucro nel quale i residui delie religioni vinte si sono conservati nellTslam. Perciò, a seconda dei paesi, si ritrovano nella religione musulmana delle reminiscenze dei politeismi semitici anteriori all’IsIam, dei politeismi indiani, del politeismo greco-romano e anche delle superstizioni israelitiche e cristiane.
Citiamo alcuni esempi.
V’era altra volta in Mesopotamia, nella località chiamata oggi Hilla, un tempio dedicato al dio solare Shamaci. Vicino a Hilla fu costruita una moschea del Sole presso la quale la leggenda musulmana pose l’arresto miracoloso del sole compiuto da Ali.
Questo medesimo miracolo — analogo all’arresto del sole a Gabaon, imagine poetica d’un celebre testo biblico che la tradizione ha trasformata in fatto storico — è altresì attribuito dalla leggenda musulmana a Maometto.
Altrove, in Egitto, è stato conservato dall’islamismo il vecchio culto dei serpenti sacri. Si va in pellegrinaggio, presso l’antica Tebe, alla tomba dello Sceicco Haridi il quale guariva tutte le malattie per mezzo d’un serpente sacro.
Altrove, nelle Indie, sono i santi della religione bramanica, i Deota ’s, che sono stati trasformati in santi musulmani. Altrove si è mantenuto, personificandosi, il culto degli alberi sacri, ecc.
2. In quanto alle Cause secondarie (speciali, locali) che spiegano la venerazione tributata a tale o a tal altro personaggio morto o vivente, esse sono le seguenti :
fi) Muhammcdanische Studien t. IL p. 275-3;«.
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. IL CULTO DEI SANTI NELL* ISLAM. 339
a) Anzitutto l’ascetismo. Chi si dà a pratiche, ascetiche attira su disè l’attenzione, poi comincia a passare per un essere straordinario : lo straordinario è parente prossimo del soprannaturale : così egli arriva gradualmente a essere considerato come marabutto.
b) La fondazione d'un ordine religioso, d’una confraternita è spesse volte la via che conduce alla santità.
c) La pazzia, considerata dall’IsIam come un segno della presenza di Dio nell’uomo, è stata più di una volta l’origine della fama di santità di tale o tal’altra persona.
d) Una causa di elevazione al grado di marabutto è non di rado il fallo d' essere un convertilo o un figlio di conver (ito all' Islamismo. Caso tipico è quello di Sidi Mogdul il patrono della città di Mogador. Il nome àrabo Mogdul i-, a quanto pare, una alterazione del nome scozzese Mac Donald.
Questo avventuriero anglosassone sarebbe sbarcato sulla costa dove fu fondata nel 17 So la città di Sueira (Mogador). Mac Donald — che probabilmente era passato dal cristianesimo all’ islamismo — morì in odore di santità ; egli fu sepolto in riva al mare e quindi venerato come marabutto.
Il termine marabutto che serve in Africa a designare il Santo viene dal-1’ arabo merabet parola che indica lo zelatore islamico, sia egli guerriero o propagandista religioso. La parola marabutto designa dunque il fanatico, l'esaltato musulmano, colui che, per la sua santità 0 pel suo ardore missionario, si eleva incontestabilmente al disopra della massa dei fedeli.
Il Santo è l’intermediario tra Dio e l’uomo, l’intercessore. Secondo la definizione d’un teologo musulmano, i Santi sono « coloro che stanno presso a Dio a motivo della loro ubbidienza e ai quali Iddio concede la sua grazia ».
Non esiste gerarchia tra i Santi musulmani, coinè non esiste canonizzazione regolare. E’ là fama del personaggio che, per sua virtù intrinseca, lo eleva al grado di Santo. Ma vi sono dei Santi locali, dei Santi regionali e dei Santi mondiali. V’ è pure una graduatoria nella santità e nell’ austerità, una graduatoria nella continenza e anche nell’ incontinenza. una graduatoria nella sorditezza e nella sudiceria....
Certi Santi hanno praticato il più rigoroso ascetismo ; la fama di certe sante è dovuta alla loro verginità. Viceversa molti marabutti sono stati dei gran signori amanti dei piaceri e della crapula, altri sono stati dei parassiti e hanno
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vissuto alle spalle dei loro ammiratori. Alcuni sono rimasti celebri per la loro colossale obesità, o per la loro vita scandalosa (tutto è permesso ai santi che si adorano; essi sono mes i al disopra e quindi fuori della legge comune); altri invéce hanno vissuto nella più squallida miseria, dimostrando il massimo disprezzo pei beni di questo mondo.
I Santi islamici più o meno autentici sono legione eppure non bastano ancora ai fedeli. Da ciò i Santi giudei e cristiani venerati dai musulmani. Da ciò anche il numero stragrande di santi anonimi, di Santi apocrifi, oppure non mai esistiti che vengono venerati.
I Santi e le Sante ai quali vien tributato il culto — siano dessi vivi o mor-, ti, e qualunque sia la loro fama — hanno tutti il dono dei miracoli.
I santi posseggono la karàma (favore divino) e per mezzo di essa ricevono il tosarruf il dono dei miracoli.
La baraka (benedizione) è una partic .'Ila della grazia divina che il marabutto possiede e eh' egli può trasmettere ad altri mediante la saliva ; da ciò deriva l'uso di sputare nella bocca di coloro che vengono a chièdere una grazia per trasmettere la baraka, anche a loro.
Nelle leggende dei Santi dell’ Islam si ritrovano tutti i generi possibili e tutte le categorie imaginabili di miracoli.
I miracoli possono essere fatti storici autentici, prodotti dalle forze della natura e trasformati in miracoli solo perchè progressivamente esagerali.
Cito un solo esempio. Si racconta che Abu-Beker, verso l’anno 300 del-1’ Egira era in meditazione presso Damietta allorquando un vento violentissimo, penetrando tra le pièghe del suo barracano, lo sollevò e lo depose alcune ore più tardi alla Mecca. Orbene è un fatto che un ciclone scatenatosi nel 1780 nelle Antille trasportò un cannone da fortezza alla distanza di 126 metri. E’ un fatto che una cinquantina di anni fa una tromba d’aria sollevò un giovane pecoraio della z< Corèze » deponendolo cento metri più lontano ..... un po’ bru" talmente poiché il povero giovane si ruppe una gamba. Può essere dunque perfettamente vero c reale il fatto che un fortissimo vento — giocandosi di un corpo semi-dématerializzato dai digiuni e dalie pratiche ascetiche com’era il corpo di Abu-Beker —- Io abbia trasportato ad una distanza di. alcune diecine o centinaia di metri. Da questa distanza a quella che separa Damietta dalla Mecca non c’ è altro che... le infinitesime edizioni sempre più fantastiche e esagerate del medesimo racconto originalmente autentico.
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Ma la maggior parte dei miracoli attribuiti ai Santi musulmani non sono altro che pura leggenda.
Il dono per eccellenza dei marabutti è quello dell’ubicuità. Parecchi Santi sono stati visti alla medesima ora in luoghi diversi; si è persino esteso il prodigio dell’ ubiquità al cadavere e al sepolcro di alcuni di essi.
I Santi manifestano pure la loro potenza collo spostare dei pesi enormi, per esempio delle grosse rocce. I Santi hanno il potere di trasportarsi istantaneamente a delle distanze favolose. I Santi camminano sulle acque ; essi possono disseccare il mare, prosciugare i fiumi come possono far scaturire delle fonti e far nascere dei torrenti. I Santi possono rendersi invisibili e possono stare a lungo senza bere nè mangiare; essi hanno ¡1 potere di irradiare luce e di manifestarsi per mezzo di fiamme. I santi operano delle guarigioni e delle risurrezioni. Le donne sterili si rivolgono ad alcuni di essi, specialisti nel genere, per ottenere di diventar madri. Gli uomini impotenti ed i vecchi si rivolgono ad altri specialisti per riavere il primitivo vigore. I Santi possono riapparire dopo la loro morte, oppure risuscitano per compiere nuovi miracoli. I marabutti viventi possono conversare coi Santi defunti ; possono far parlare gli animali', gli alberi, le pietre ecc. Essi hanno il dono di trasformare i corpi, per esempio l’acqua in miele, i! metallo in profumo. I Santi cacciano i cattivi spiriti. Essi hanno il dono d’essere e di rendere invulnerabili. Finalmente si attribuisce ai marabutti il dono della profezia, e si citano di loro innumerevoli profezie avverate.
Potrei narrare numerose leggende relative ai Santi musulmani ; ma poiché lo sguardo dell’ Italia è in questo momento volto verso la Tripolitania, scelgo, f.a tutte, la storia di Setti Rahma, che è appunto una santa tripolina (i).
Ecco come Setti Rahma diventò santa.
Essa abitava una casa presso la moschea. Tra questa e la sua abitazione essa praticò un’ apertura e ogni venerdì faceva bruciare del benzoino per la moschea. Le persone che entravano per pregare senti /ano il buòn odore e dicevano pregando : « Profumi Lidio 1’ alito della persona che ha sparso nella moschea un così grato odore ! Le conceda Iddio tutto ciò eh’essa desidera nel cuor suo ».
Poi la gerite incominciò a far visita a Setti Rahma ; si sussurrò eh’ essa era merabia (fem. di mer&bef). Un giorno, mentr’essa conversava con altre donne, ad un tratto scomparve. « Dov’ è passata » ? si chiedevano le sue compagne.
(i) Questa storia è narrata dal Sig. Nehlil nel suo importante studio sul dialetto di Ghat. -
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Un momento dopo eccola riapparire colle vesti infradiciate. « Dio è grande, disse Setti Rahma, alcuni nostri compatrioti, tornando dal pellegrinaggio, hanno naufragato. Avendomi essi chiamata, sono accorsa e li ho tratti dalie onde, per la potenza di Dio ».
Ma i santi musulmani non sono soltanto dei fabbricanti di miracoli. Essi adempiono un'importante funzione sociale, la quale, dal punto di vista coloniale, è stata ora benefica ora funesta.
In Algeria le autorità francesi hanno spesso ricorso ai marabutti per sistemare delle liti tra indigeni e coloni. Essi rappresentano di solito, nel Nord A-irica, il diritto contro la violenza, e il sapere, o almeno il buon senso, contro l’ignoranza. D altra parte i pah ioti, i fanatici, gl’istigatori alla rivolta contro la Francia sono stati tutti dei marabutti; anzi parecchi d’infra essi, per accrescere la loro potenza, si sono fatti passare pel Mahdì; il Messia musulmano dell’ avvenire.
I marabutti hanno altresì avuto spesso una parte notevole nella politica interna del loro paese. Al Marocco l’ifluenza dei Santi è stata spesse volte più grande di quella dei sultani i quali hanno dovuto scendere a patti con loro.
Dal punto di vista sociale, i marabutti hanno spesso adempiuto una funzione benefica come protettori dell’agricoltura, scavando pozzi, creando delle oasi, intensificando la cultura del suolo.
Essi esercitano anche la loro influenza come zelai e come bechAr. Chiamasi zet&ta la scoria dei viaggiatori nei paesi poco sicuri, scorta che s’ottiene pagando un diritto al Santo o al suo rappresentante. La bech&ra è l’interposizione del marabutto tra il ladro di bestiame e la vittima del furto. Il marabutto, mediante compenso pagatogli dal derubato, gli fa restituire la refurtiva, e quindi divide il compenso col ladro.
.A.?irC. 11 Ver° la zclàta e ,a becì‘àia mi paiono due pratiche che sanno assai più di mafia c di camorra clic di santità...
Concludendo: il culto dei Santi è una escrescenza parassitica della religione musulmana; esso ha sollevato in tutti i tempi, nel seno stesso dell’ Islam, le più violenti proteste.
Dal punto di vista politico, il marabuttismo rappresenta una forza enorme che può essere, a seconda del modo in cui è maneggiata, utilissima o perico-
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¡osissima. La religione in Africa è ancor oggi la grande forza motrice dei popoli. La saviezza più elementare c’ insegna che là religione dev’ essere rispettata non solo ma utilizzata, come vien canalizzato un gran fiume per ricavarne le forze. L’assistere dunque ufficialmente a certi tedaim e il presenziare a certi battesimi di piccole arabe non ci sembrano davvero atti di gran buon senso politico. Ben altrimenti dovrebbero agire certi personaggi altolocati se veramente avessero a cuore gl’interessi della civiltà europea nei paesi musulmani....
Ma non usciamo dall’ argomento.
GIOVANNI E. MEILLE.
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Riforma che, secondo la bella espressione di Raffaele Mariano « inizia i tempi nuovi e la nuova cultura », è, senza dubbio uno dei più grandi avvenimenti della storia, e, non a torto, Ercole Ricotti la giudica come una vera rivoluzione, nel senso buono della parola. (2) E perciò, si comprende come quel grande movimento degli spiriti e delle idee occupi nella storia della civiltà
un posto di eccezionale importanza. E gli stessi Manuali di storia in uso nelle Scuole secondarie del regno, generalmente, descrivono la Riforma con sufficiente imparzialità, e taluni anche con benevolenza, tanto che un autore cattolico, non è, molto, opinava che in seguito alle rivelazioni, secondo noi, diffamatorie del Denifle su (.utero, i nostri Manuali scolastici, per quanto riguarda la Riforma, dovessero essere rifatti. (3) Ma, fino ad ora, mancava nella nostra lingua un Manuale completo su la Riforma del secolo XVI. Viene quindi, in buon punto, l’opera del prof. Licurgo Cappelletti, dal titolo La Riforma, edita dai solérti fratelli Bocca di Torino.
(1) /-<? Riforma di Licurgo Cappelletti - ¡’.Hi Bocca, Torino, 1912 - (pag. 5x8 - L. 6)
(2) Della Rivoluzione Protestante, Torino, 1874.
(3) Alessandro Luzio nell’esame che fece sul Corriere della Sera dèlia Storia Universale della Chiesa dell’ 1 iergenròther ravvisò nelle affermazioni del Denifle nient’ altro che diatribe.
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L’impressione generale lasciata da questo forte volume, data la vastità del-l’argomento, e considerate le difficoltà peculiari che lo storico incontra per mantenersi strettamente imparziale, è buona, sopratutto se si fanno le debite riserve circa alcune affermazioni che non ci sembrano rispondenti al vero, come diremo in seguito. Qui notiamo che il concetto che l’egregio A. si è fatto della Riforma è giusto. Questa non è la fonte di tutti i mali sociali come si compiacciono dire gli storici clericali, dappoiché « occupa un gran posto nella storia dell’umano incivilimento. » Di più il C. afferma che « le intemperanze del-1' alto Clero, i costumi corrotti dei monaci ; la vendita delle indulgenze, la confessione auricolare hanno, e giustamente, causata la Riforma ».(p. 19) Tutto ciò è vero. Però, non comprendiamo bene le ragioni per le quali 1' A. ha riprodotto la pagina del Laurent in cui questi afferma che le credenze relative alla Vergine, ai Santi, agli Angeli e ai Demoni sono riconosciute vere e tenute in gran conto nei Nuovo Testamento. A parte il fatto che tutto ciò non corrisponde alla realtà di tali questioni esaminate alla luce del Nuovo Testamento, ci domandiamo se per avventura là Riforma doveva solo riguardare quistioni di disciplina, e non già di domma, dal momento che i riformatori nella lotta formidabile che avevano impegnata contro il Papato e la Chiesa stessa, si erano convinti che la loro opera di riforma tutto dovesse abbracciare, per ripristinare le dottrine cristiane corrotte o deturpate nello stato di semplicità e di purezza primitive. Del resto, anche in ciò risiede la necessità e il successo sopratutto della Riforma protestante.
Ma manifestamente l’A. ha voluto mantenersi sul campo storico, narrando ampiamente come il Medio Evo abbia preparato la rivoluzione religiosa, e come la Rinascenza 1’ abbia compiuta.
Indubbiamente in questa narrazióne di fatti e di cose molteplici attraverso secoli e paesi diversi, le difficoltà da sormontare non erano poche. Dobbiamo, quindi, accennare ad alcune deficienze dal punto di vista storico, pur non tacendo i pregi del lavoro.
Nei primi capitoli si ragiona dei precursori della Riforma, e segnaliamo fra i migliori quelli su Giovanni Wicleff, Giovanni Huss e Girolamo da Praga. Un po’ manchevole ci sembra il capitolo dedicato a Pietro Valdo, tanto più che il movimento da lui iniziato ebbe poi le sue propaggini in Italia, le quali
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perdurano. Non emerge dalla narrazione abbastanza il fatto che la protesta di Valdo non tanto è causata dalla professione di povertà, quanto dal fine più al to di propagare la conoscenza del Vangelo in tutti i modi, dalla lettura alla predicazione di esso. Se poi la memoria di Valdo crebbe venerata fra i suoi seguaci, è esagerazione il dire che questi « lo tennero in conto di santo, proclamando che nussun uomo fu più impeccabile di lui » (pag. 62). Giova piuttosto ripetere quello che disse di lui un suo seguace scrivendo ai fratelli dispersi ¡iella Stiria: « Vi fu un uomo il quale, come germogliò, rampollò dal tronco delia vera tradizione apostolica. Irrigato dall’acqua dello Spirito, egli fu, non autore, ma riformatore della nostra regola. Quell’uomo è Pietro Valdo. V” è noto com'egli entrasse nella via della perfezione e compisse l’opera sua da forte. Egli fu simile al leone quando si sveglia » (1).
Duole non vedere fra i precursori della Riforma il nostro Savonarola, al quale,-del resto, sono dedicate solo poche righe (pag. 119). Il C., forte delle opinioni del Tocco e del Villari, non ravvisa nel Savonarola un precursore del la Riforma, perchè volle la Riforma della Chiesa non fuori di essa. Ma anche Arnaldo da Brescia, lo stesso Valdo ciò volevano, eppure l’A. non ha esitato a porli fra i precursori del grande movimento del Secolo XVI. Egli è che le opinioni del Tocco, del Villari e di altri sono assai discutibili. Anzi noi le rigettiamo. Dice bene Raffaele Mariano che il Villari non intende la religione e il problema religioso come si deve (2). Lo stesso si dica del Tocco. E, quindi, nè l’uno nè l’altro hanno compreso, come si doveva, la grande anima del Savonarola. Del resto, come hanno dimostrato il Comba e lo stesso Mariano, nella protesta infiammata dell’ardito frate contro la Chiesa e il Papato degeneri rinvengonsi opinioni e massime che stanno alla base del protestantesimo (3).
E perciò concludiamo col Mariano: « Per via di una supposizione fantasiosa si tolga di mezzo fra Girolamo e 1’ opera sua, e a ninno è dato di potere più dire se a Lutero avrebbero senz’altro corrisposto ed arriso ugualmente l’eco unanime, immenso e il favore convinto e risoluto di popoli e nazioni, di ceti elevati e di classi intelligenti e colte, ed insieme di moltitudini ignare, ricche solo di sentimento, di fede e di una forte coscienza » (4).
(1) E. Comba, 1 nostri protestanti, Introduzione, Firenze, 1905, pag. 253.
(2) R. Mariano, Per la reintegrazione storica del Savonarola negli Scritti Vani, voli VII. Barbèra. Firenze. 1904. pag. 243.
(3) Mariano, Op. cit. è in Comba Op. cit. lo studio su Savonarola.
(4) Mariano, Op. cit., pag. 253.
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Seguono, quindi, nell'opera del C. i capitoli su la Riforma nei varii paesi in cui ebbe a manifestarsi. Qui potremmo diffonderci nelle osservazioni, ma ci limiteremo alle cose essenziali.
L’A. nel descrivere 1’ opera compiuta da Martin Lutero si mantiene generalmente imparziale. Lungi dal ripetere le diffamazioni degli storici cattolici, afferma che egli ebbe « purità di costumi e conservò quell’austerità che si richiede ad un riformatore » (pag. 224). Però con stupore abbiamo letto nella stessa pagina (in una nota) che secondo alcune testimonianze, che i luterani non hanno potuto confutare, Lutero non solo sarebbe morto all’ improvviso, ma si sarebbe ucciso impiccandosi, come Giuda Iscariotte.
E, inoltre, l’A. rimanda-il lettore ad un articolo apparso nel Mercare de Frante (a. 1906), in cui la morte di Lutero è considerata come une énigrnc hislorique. Invece più utilmente il C. avrebbe dovuto citare le testimonianze degli stessi storici cattolici, secondo le quali la morte naturale di Lutero è fuori dubbio. Per es., 1' Hergenròther dichiara la notizia del suicidio di Lutero storicamente insussistente, e rimanda chi volesse saperne di più, nella bibliografia, all’opuscolo del cattolico Paulas, che nelle Aggiunte e Chiarimenti alia Storia del popolo tedesco del Jansenn, ha fatto un'esauriente indagine critica della morte naturale di Lutero (1). Vedasi pure in proposito 1’efficace dimostrazione del Comba (2). Onde non è- più lecito mettere in dubbio la morte naturale di Lutero.
Nelle pagine consacrate a Zuinglìo e alla sua opera l’A. segue troppo da vicino gli storici cattolici, e però non è fatta risaltare bene la figura del riformatore svizzero, che non a torto, taluni considerano come il più simpatico e il più logico dei riformatori.
La figura di Giovanni Calvino è ritratta con sufficiente esattezza, ove si eccettuino alcuni gravi appunti che 1’ A. muove al riformatore di Ginevra, come vedremo.
Il C. non reputa originale Calvino nejla parte teorica delle nuove credenze (avendo egli preso da Lutero e da Zuinglìo quanto credette opportuno, (pag. 253). E si comprende. Se un solo libro fu quello che ispirò i riformatori, cioè la Bib(z) Hergenròther, Storia Universale della Chiesa, quarta ediz. tedesca, prima trad ital. Firenze, 1905-1907, voi. VI. (il cap. sulla Riforma in Germania).
(2) Comba. Il suicidio di Lutero, leggenda gesuitica, Firenze, 1905.
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bia, qual meraviglia se le loro dottrine hanno pressoché lo stesso carattere, la stessa fisionomia?
L’ A. trova poco lodevole il contegno tenuto da Calvino durante una pestilenza che fece strage a Ginevra, perchè non si offrì per sostituire il pastore Bianche!, che morì martire del dovere (pag. 255). Veramente Calvino volle occupare il posto lasciato vuoto. Ma il Consiglio lo vietò : nella lettera con la quale gli si partecipava quel divieto si diceva : « La Chiesa ha bisogno di te, e noi abbiain bisogno dei tuoi consigli ». « Il fallut une décision des Syndics pour empêcher Calvin de se sacrifier, sa vie était nécessaire à 1’ Eglise toute entière » (1). Data, invero, l’importanza religiosa e politica di Calvino in Ginevra, riconosciuta dallo stesso A., noi comprendiamo il decreto del Consiglio, e Calvino fece bene a seguirlo, e perciò non lo si può biasimare così alla leggiera.
Ma è naturalmente nelle parte avuta da Calvino nel processo e nella condanna di Serveto che il C. avrebbe dovuto mantenersi più imparziale. Difatti egli accusa addirittura Calvino di avere in mòdo vile e indegno denunciato il disgraziato spagnuolo all’inquisizione di Lione come autore del libro Chrislia-nisjìii Restituito, e scrive : « Di un atto così sleale e iniquo nessuno potrà mai purgare la memoria di Calvino » (pag. 258). Veramente chi denunziò Serveto all’ Inquisizione di Lione fu un certo Guillaume Trie, il quale, volendo dimostrare ad alcuni suoi parenti cattolici di Lione, che i riformati, ben lungi dal-l'avere introdótto « une licence pour mettre confusion partout », non tolleravano che il nome di Dio fosse bestemmiato, mentre i papisti tolleravano in mezzo a loro un uomo che stampava libri pieni di bestemmie (Serveto autore della « Christianismi Restituito »), come prova del suo asserto, mandò a Lione i primi lògli di quel libro e alcune lettere di Serveto a Calvino da questi consegnate al Trie a malincuore, poiché con tanta insistenza ne era stato richiesto (2). E a questo proposito il Choisy, storico prudente quanto serio, scrive : « Trie nons paraît avoir agi de son propre chef dans toute cette affaire sans avoir été aucunement poussé par Calvin. Le style de ses lettres est relui d’un Calviniste convaincu, mais ce n’est pas celui de Calvin» (3). Certamente si deve deplorare che Calvino abbia consegnato al Trie le lettere di Serveto, ma niente ci autorizza a dire che il Riformatore abbia denunciato direttamente e in persona l'infelice spagnuolo all’ Inquisizione di Lione.
(1) H. Denkinger, Jean Calvin, Genève, Jeheber, 1909, pag. 44.
(2) Chaste!, histoire du Christianisme, Paris 1S83, T. IV, pag. 392.
(3) E. Choisy, Za Théocratie à Genève aie temps de Calvin, Genève, 1897. pag. 134.
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Riguardo al processo e alla condanna dell' anti-trinitario il C. si sbriga in poche righe, e quindi non è messa sufficientemente in rilievo la parte avuta da Calvino in tutto ciò. Però in una noia (pag. 259) dice che il Bungener nella sua vita di Calvino non adduce nessuna prova che il Riformatore voleva che Serveto fosse decapitato, non bruciato vivo. Ma è proprio vero che Calvino a-vrebbe voluto non la pena del fuoco, ma una meno terribile, come ne fanno fede le seguenti parole : « Spero capitale saltem /ore judiciuni, poenae vero a-trocitatem remitti cupio ».
E più tardi : « Genus mortis conati sumus mutare, sed frustra » (1).
Del resto l’A. rende omaggio alla irreprensibilità dei costumi del Riformatore, e riproduce il giudizio che ne dà il Philipson, giudizio che anche a noi sembra giusto e imparziale (pag. 261).
Sarebbe troppo lungo esaminare altre parti del libro, ma dobbiamo dire che generalmente l’A. nella narrazione procede in modo non partigiano. Ad esempio, egli non esita ad affermare riguardo allo scisma dell’Inghilterra che causa di esso furono le tergiversazioni di Clemente VII, la sua irresolutezza, i suoi modi subdoli (p. 279). Ciò non esclude che la Riforma non vi avrebbe ugualmente trionfato, poiché vi fermentavano ormai tutti gli elementi atti a produrla. Interessanti assai sono pure i capitoli sulla riforma in Spagna e in Italia, completo il primo, mentre in quest' ultimo notansi delle deficienze (non è fatta parola del movimento valdese); ma l’Autore stesso promette di far delle aggiunte in altra edizione.
II C. !per comporre il suo bel libro ha consultato un’ immensa quantità di opere scritte da cattolici, da protestanti e da increduli ; e di una gran parte di esse ha dato un elenco in fondo al volume. Vi mancano però opere di grande importanza, come quella monumentale del Doumergue su Calvino e i suoi tempi, e quella già accennata del Choisy, utilissima per comprendere di qual natura sia stato il reggimento politico e religioso di Ginevra ai tempi di Calvino (2).
(1) Chastel, op. di. p. 393: Choisy, op. cit.
(2) Non sono neppure mentovate opere importantissime di autori tedeschi, fra le quali questa : Riir Luther wider Rom (Per Lutero contro Roma) del Prof. W. Walther, Halle 1906. E’ pure da consultarsi l’opera recentissima Lulhers Th.ologishe Qtellen, Giessen 19x2: (Le fonti teologiche di Lutero) del pubblicista A. V. Mùller. In queste duo opere il Denifle è definitivamente demolito.
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BILYCHNIS
A parte le mende accennate e che potranno essere corrette in una prossima edizione, non possiamo che lodare I’ A. por questo suo lavorò scritti» senza pretensioni, ma con garbo; sopratutto lo lodiamo per l’intento nobilissimo dal quale fu mosso nel comporre quest’opera che potrà essere sempre utilmente consultata. ,
Senza dubbio, come scrive l’A. stesso nell’Avvertenza, trattandosi di una storia politico-religiosa, non è molto facile mantenersi strettamente imparziali: tuttavia egli ha fatto il possibile per serbarsi tale. In altra edizione che auguriamo prossima, l'autore potrà ancora meglio raggiungere quello che dev esseic il fine ambito di ogni storico.
ENRICO MEYNIER.
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" TU ES TETRUS „
(Vedi fase. il. pag. 178}
« Tu es Petrus, et super hanc petratti aedificabo Ecclesiali» tneam, et por-tae inferi non praevalebunt adversus catti ». Mattko, 16: 18. 19.
el nostro primo studio di questo famoso passo, pubblicato nel secóndo fascicolo di Bilychnis, ci siamo fermati sulle
prime parole. Abbiamo tentato di interpretare imparzialmente, per quanto sia possibile ad uno che ha la sua confessione di fede, le parole ov et Uérpog, zaì ravn] tg itérp#, dimostrando che néro« vuol dire Pietro. Però questo primato (morale) di Pietro non vuol dire che egli avesse un’autorità suprema sugli altri apostoli, nè che fosse sovrano
degli altri cristiani. Egli ben presto venne stimato dal collegio apostolico come primus inter pares. Scelti gli apostoli come il fondamento della Sua Chiesa, Cristo in seguito designò Pietro -in un modo speciale come leader in virtù del suo nome significativo, della sua indole adatta e delle sue buone qualità di
mente e di cuore. , ' . . .
Ora vogliamo terminare lo studio di questo detto di Cristo non soltanto per compiere il nostro dovere verso i lettori, ma per contentare se sarà possibile, un nostro ciitico (1) il quale ha trovato diverse cose da dire contro il nostro modo di vedere. Se egli volesse avere la bontà di leggere questa esegesi troverebbe la risposta alle sue domande.
i. La Chiesa.
« Edificherò la mia chiesa » (oixo8opii<KO |xov rfjv àxx^oiav) sono le parole di Cristo rivolte a Pietro riguardo la società futura dei suoi seguaci. L’immagine è di un edificio com’ è dimostrato anche dall’ uso dei vocaboli « porte »
(1) Vedi « Rivista di Apologia Cristiana », p. 293’5» Giugno. 1912, Vicenza. Fra 1’ altro vi si legge : « il Whittinghill ... non dice quale Sia la chiesa che Gesù fonderà su la pietra- non quali rapporti esistano, nel pensiero di Gesù fra l’edificio ed il fondamento ; non dice che cosa significhino le porte dell’ Ades, nè che valore abbia, nel linguaggio orientale, la frase « chiavi del regno » e l’altra di « legare e sciogliere »; nè pone il quesito : il Tu es Petrus riguarda una comunità religiosa, visibile, perenne, gerarchica, governata da un capo supremo? No, ei sfugge: ed accumula obbiezioni contro la perennità e trasmissibilità del primato di San Pietro nei romani pontéfici *.
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BI LYCHNIS
352 e « chiavi »>. L'edificare un'assemblei era una combinazione «li immagini famigliare alla mente ebraica all’epoca di Cristo, perchè si parlava spesso della congregazione d’Israele come se fosse una casa. Si parla pure nell’ Antico Testamento dell’edificare dei figli che compongono la casa.
La parola greca ¿xxÀqoia che viene adoperata soltanto due volte, nei vangeli c sempre da Cristo, cioè in Matteo XVI, 18 e XVIII, 17. dev'essere trattata qua per amore di chiarezza, benché la discussione d’essa appartenga più logicamente agli Atti apostolici e alle epistole. — I. Questa parola significava originalmente l'assemblea dei cittadini di uno stato autonomo, essendo derivata da èx e xaXsco, cioè « chiamato fuori » (di casa o dei luoghi di affari) per la considerazione di cose di pubblico interesse. L’idea che significasse separazione dagli altri è erronea e non è neppure sostenuta dall’etimologia (1). Che i cristiani debbano condurre una vita separata dal mondo inconvertito è vero, ma l’idea non è espressa qua. — II. Un'altra interpretazione sarebbe quella di una assemblea qualunque (Atti XIX, 39). Qualche volta questa parola veniva adoperata per indicare una data assemblea di cristiani che noi diremmo « Chiesa locale ». Questo è indubbiamente il senso in Matteo XVIII, 17 dove la disciplina dei fratelli disordinati è affidata da Cristo alla chiesa locale. La parola di regola ha lo stesso significato negli Atti apostolici e nelle lettere apostoliche. Alle volte viene usata per indica e un’adunanza informale dei fratelli che si radunano in case private per il culto (Rom. XVI, 5 e Col. IV, 14). Nell’Antico Testamento due parole ebraiche (2), specialmente qahal, che vogliono dire assemblea o congregazione, vengono tradotte dai Settanta con èxzi.qoia. Questi vocaboli sono adoperati ovunque nell’Antico Testamento per indicare la congregazione d’Israele (3). Così nei Nuovo Testamento l’Israele spirituale ehe non si radunava mai, perchè impossibile, viene qualche volta concepito come un'assemblea ideale, e questo concetto è espresso con la stessa parola ¿zxbpía. Il medesimo significato si trova in diversi passi di altre epistole (4). Nel nostro versetto dobbiamo dare alla parola lo stesso senso, giacché qualunque altro significato sarebbe forzato. Cristo, adunque, c' insegna qui che tutti i cristiani fallii > parte d un assemblea ideale e questa viene concepita come un edificio costruito sopra Pietro (e gli altri apostoli). Nella lettera agli Efesini (II, 19 - 20) i santi, come un tempio, sono « edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo però Gesù Cristo stesso la pietra angolare, sulla quale 1’ edificio intiero, si va inalzando per diventare un tempio santo nel Signore ». — III. C’è un terzo significato, cioè 1’ insieme di tutti coloro che si chiam ino cristiani, oppure qualcuna delle organizzazioni cristiane, come per esempio la chiesa cattolica, la chiesa anglicana o la chiesa greca. Questa aggregazione di cristiani appartenenti alla stessa confessione si chiama chiesa visibile in contraddistinzione alla chiesa
(1) Vedi Broadus in loco. Per questa idea e per altre contenute in questo articolo gli siamo debitori.
(2) Vedi Deut. XVIII, 6 ; XXIII, I. Giudici XXI, 8. Salmi XXII, 22.
(3) Confrontare Atti VII, 38 e Ebrei II, 12 che sono citazioni dai Settanta.
(4) Vedi Efesini I. 32; HI, io. Colossesi I, 18, 24. Ebrei XII, 23.
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invisibile o universale. Ma la parola non ha questo senso nel Nuovo Testamento. Però alcuni esegeti credono che due passi, cioè Atti IX, 31 e I Timoteo HI, 15, richiedano quest’interpretazione. Nel primo passo si deve intendere la chiesa originala di Gerusalemme i cui componenti furono dispersi dalla persecuzione sorta dopo la morte di Stefano, attraverso la Giudea, la Samaria e la Galilea ed i quali si radunavano ovunque si trovavano, ma facendo sempre parte della organizzazione originale. Quasi vent’ anni dopo, quando Paolo scrisse ai Galati. queste separate adunanze erano state organizzate in chiese, designate dal grand’apostolo come « chiese di Cristo nella Giudea » (Galati 1,22). L’altro passo in Timiteo non può significare altro che l’organizzazione locale di cui i cristiani facevano parte.
2. Le porte deiPAdes (ftvÀat ^§ov).
La parola Ades denota etimologicamente « l'invisibile (mondo) ?> e, seguendo 1’ uso classico come quello ebraico, viene adoperata per indicare la dimora dei trapassati sia buoni che cattivi. Nè Ades nè Sheol vogliono dire mai unicamente il luogo di punizione per i cattivi. Nel passo in Luca (XVI, 23) il cattivo ricco si trova nell’ .Ades, come pure il seno di Abramo ih cui riposava Lazzaro dopo una vita di miseria. Però questi due luoghi sono separati da una gran voragine che non si può passare, benché siano in vista 1’ uno dell’ altro. Così il ricco fu tormentato nell’ Ades, ma per questo non si può dire che fosse unicamente il luogo della punizione o la dimora di Satana, perchè non esiste uh sol passo biblico che sostenga una tale teoria. L’ Ades è infatti la dimora dei trapassati, per le porte della quale passano tulli : morti, e i buoni e i cattivi; Tanto il paradiso quanto l’inferno fanno parte dell’ Ades, cioè del mondo invisibile.
« Le porte dello Sheol » (Ades) sono mentovate spesso negli scritti ebraici .(specialmente negli apocrifi), come pure nelle opere di Omero, di Eschilo, di Euripide e di altri scrittori Greci. In tutte le citazioni ebraiche e in quasi tutte quelle dei Greci i morti sono rappresentati come passanti per le porte dell’ Ades nel momento della morte (1). Così come si vede gli scrittori sacri sono sostenuti dagli autori profani nell’ interpretazione di questo vocabolo greco.
L'espressione « E le porte dell’Ades non la potranno vincere » (2) può intendersi grammaticalmente in due sensi, cioè vincere o la pietra o la chiesa, ma il contesto e la logica ci costringono ad intendere la chiesa. Di questa frase ci sono tre possibili significati. — I. In primo luogo vuol dire, secondo 1’ uso ebraico, che le porte dell' Ades non potranno mai inghiottire completamente la chiesa. Tutte le cose terrestri passeranno per queste spaventevoli porte, ma la chiesa di Cristo, per la quale Egli è morto, non cesserà giammai di esistere. In altr • parole : ci saranno sempre dei cristiani nel mondo fino alla venuta del Cristo. Si noti qui che non si tratta affatto delle organizzazioni ecclesiastiche
S Vedi Broadus in loco.
Vedi il Nuovo Pestamente Annoialo (ed. Fides et Amor) Matteo XVI, 18.
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le quali sorgono, si cambiano e spariscono, ma degli individui credenti che com-^u'^nX^^zio^ sarebbe che le porre deH'Ades (la morte) non impediranno che i morti risorgano al giorno finale (i). Questo è ii senso da o qualche volta alla paiola dagli scrittori greci. Pare che un passo nellApocahsse (I, 18) sostenga questa veduta. - III. Finalmente e « porte » possono essere un simbolo di potenza, giacché esse completavano le fortificazioni delle citta (Gen. XXII, 17; Salmi CXXVII, 5)- Presso di esse 1 giudici sedevano, 1 re amministravano la giustizia e i soldati si ratinavano per la difesa dellacitta (confrontare la « Sublime Porta »). Allora il senso sarebbe cosi : la potenza del-1' Ades non sarà più forte di quella della chiesa. Ma questo significato non naturale poiché mentre le porte possono rappresentare la potenza difensiva, non rappresentano di certo quella offensiva, come conviene. Nemmeno possono rappresentare la potenza di Satana, come credono numerosi esegeti, perché non esiste un sol passo nella Bibbia favorevole a questa idea. Come abbiamo visto (Luca XVI, 23) Satana domina soltanto una parte dell Ades. Come può egli essere rappresentato dalle «porte dell'Ade» » per le quali i buoni insieme coi cattivi passano alia morte ? Se Cristo avesse voluto accennare alla potenza di Satana avrebbe adoperato l'espressione « porte della geenna » (yeewa), eh è il luogo dove Satana domina completamente e dove i cattivi sono puniti per 1 loro peccati. La frase adunque può significare o che la chiesa non sara inghiottita dall Ades, cioè non cesserà mai di esistere in questo mondo, o che i cristiani risorgeranno nel giorno finale. Il primo significato ha ogni probabilità d’ essere il vero, giacché segue 1’ uso ebraico della parola. Chi crede di trovare in queste parole di Cristo la dottrina di una chiesa universale c militante con un capo visibile ed infallibile, facilmente s’ inganna.
3. Le chiavi (tà$ zXeìÒa;).
Qualunque sia il senso della pietra in questo passo non si può dubitare che le chiavi fossero date a Pietro, ed esse rappresentano il potere di permettere (Atti XI, 17) o di proibire (Atti Vili, 21) l’entrata nel regno messianico. Ma questo potere non gli fu dato in un senso esclusivo, poiché quello di legare e di sciogliere, conferitogli allo stesso tempo, fu dato poco dopo a qualunque chiesa locale (Matteo XVIII, x8). Il potere di perdonare i peccati fu dato pure ai dieci apostoli e ad altri in seguito (Giovanni XX, 23). « Il regno dei cieli » di questo passo non può riferirsi ad una organizzazione esterna dei sudditi messianici, perchè il regno di Cristo è spirituale, come egli disse a Pilato, e l’ammissione in esso dev’essere pure spirituale. Pietro e gli altri apostoli permettevano e proibivano 1’ entrata in questo regno per mezzo della loro predicazione per la quale si annunziavano le condizioni del perdono e dell’ ammissione. In virtù di questo potere essi potevano discernere e dichiarare le condizioni spirituali dei loro uditori (Alti V, 3; Atti Vili, 21 e XIII, io), cosa che i loro successori non possono fare, mancando di questo dono apostolico.
(r) Vedi Meyer in loco, citato da Broadus.
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Le espressioni legare e sciogliere^ come vengono adoperate nel Talmud ed in altri scritti ebraici, significano l'interpretazione della legge e delle tradizioni con rigidezza o con larghezza, perciò volevano dire in altre parole proibire e permettere. Si sa che la stretta scuola di Shammai legava molte cose che quella liberale di Hillel permetteva. Pietro al Concilio di Gerusalemme voleva togliere (sciogliere) il giogo ai convertiti fra i giudei ed i giudaizzanti noi volevano permettere. Questi due esempi bastano per spiegarci chiaramente il senso di queste parole. In somma. Cristo promette 1' approvazione divina all’ operato di Pietro, e, giacché egli fu il laeder degli apostoli, si può arguire che la stessa promessa fosse applicabile a tutte le decisioni degli apostoli (Giov. XVI, 13) ai quali Gesù aveva promesso lo Spirito Santo per essere loro di guida.
Dal torcere il vero senso dei due passi in Matteo (XVI, 19, e XVIII, 18) insieme con quello di Giovanni (XX, 23) è sorta la dottrina papale della assoluzione sacerdotale. Ma la Bibbia — se non il nostro buon senso — ci dice in mille modi che solo Iddio può perdonare i peccati. I predicatori possono e debbono insegnare le condizioni del perdono, ma non hanno punto il potere ispirato di discernere là condizione spirituale della persona, e la dichiarazione d’ assoluzione da parte del sacerdote ad un penitente non ha valore. Solo Iddio conoàce la sincerità delle nostre confessioni e solo Lui può perdonare i nostri misfatti.
D. G. WHITTINGHILL.
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Il “ Caso Semeria „
Non so veramente spiegarmi la meraviglia e il rumore causalo dall’annunzio della persecuzione riaccesasi intorno al dotto Barnabita. E’ un fenomeno così frequente og?*.i nella Chiesa Romana il vedere la gente di cultura e di buon senso fatta segno ad ire, a rancori, cacciata come bestia feroce dalla idiozia dei più, che non dovrebbe impressionar più il caso singolo ; sarebbe anzi da domandarsi, mando ciò non avvenisse, il perchè di un tale rilassamento di zelo da parte dei cacciate ri di eresie e... di zucchetti variopinti.
Cosicché ritengo che la meraviglia dei più, non sia prò otta dalla nuova persecuzione, quanto da E'accorgersi che per qualche temi o, un uomo di meriti, di dottrina, di integrità di vita non comuni, come il p. Semeria, sia stato lasciato tranquillo. Poiché nessuno che abbia tenuto dietro alle vicende della lotta per la cultura che si svolge in seno alla Chiesa di Roma avrà certo dimenticato gli attacchi mossi al Semeria qualche tempo addietro, i quali se non ottennero io scopo che i de
trattori si ripromettevano, cioè una sconfessione pubblica e la condanna delle monument di opere del dotto Barnabita, fecero sì che il Vaticano ponesse il veto all’editore Pustet per una nuova edizione delle o; ere stesse, e proibisse al Semeria di dare alle stampe altri lavori. Nè può essersi dimeni calo come anche la predicazione sacra gli fosse interdetta, insieme ad ogni forma di attività esterna per modo che l’uomo che aveva illustrato col suo sapere l’ordine religioso a cui apparteneva e il crepuscolo di una chiesa, si vide ridotto a vegetare in un Convento. E tanto severa era la consegna che quando domandò, dopo l'infausto terremoto Calabro - Siculo, di recarsi laggiù per fondarvi una colonia ag: ¡cola per i disgraziati orfani superstiti, gli si rifiutò perentoriamente il permesso.
Non è dunque cosa nuova o subitanea la guerra che riarde ora contro il Semeria.
Di questa ripresa delle ostilità è bene però rendersi conto, e rilevare le cause che l'hanno : revocata. Il motivo principale è die quella tal gente di cui parlavamo più sopra ha intravisto il momento opportuno. Imbaldanzita del
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NOTE E COMMENTI
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successo otten- to conno il Duchcsne, sicura ora più che mai, che la posa di defensores fidei è ben rimunerativa c che le benedizioni (e non solo le benedizioni!) dell'autorità supcriore sono assicurate ai giannizzeri dell’ ortodossia ed ai cercatori di peli nell' uovo, si sono dati dattorno per scovare altri su cui esercitare le bramo.se canne. Ed hanno stanato il Semeria. Con costui, poi, c’ era un grosso conto da regolare, un conto che è stato certo la ratio specifica che l'ha indicato ai volontari dell’ inquisizione : l’aliare del giuramento antimodernista.
Giacché non è po sibile che questi possano mai dimenticare che il Semeria è stato, in occasione del famoso giuramento-nodo scorsoio, un ribelle. Dichiarò infatti, dapprima, con una lettera ai superiori diretti che non poteva tradir la propria coscienza sotto-ponendos ad un simile atto, se non dopo avervi fatto esplicite e radicalissime restrizioni che rendevano nullo 1’ atto stesso agli effetti voluti <’a Pio X. Gli si rispose che doveva prestare il giuramento senza farvi alcuna eccezione. Il Semeria non si appagò di questa fin de non recezoir ed insistette nella s «a domanda facendola p evenire direttamente in mano del Papa. Vi si dichiarava, fra l’altro, che 1’accoglienza delle sue istanze avrebbe dato quiete e tranquillità ad altri molti sacerdoti che si trovavano nello stesso suo caso.
Questa volta il Semeria ottenne lo scopo e per mezzo del suo superiore generale ebbe in risposta che il Papa lo autorizzava a prestare il giuramento con le restrizioni e le spiegazioni dallo stesso Semeria indicate.
Figuratevi l’ira c lo sdegno dei cerberi dell’ortodossia! A! solo annunzio della cosa sono andati (sia detto
senza malignità) in bestia e atteggiandosi ad increduli strepitarono per mezzo della famigerata « Unità Cattolica » contro il pastore evangelico Janni che aveva affermato il fatto, senza però indicare il nome del Semeria.
Eccovi dunque il nuovo casus belli, contro l'uomo che affermava altamente i diritti della coscienza, e che non accettava ringraziando il cordone per-strangolarsi.
La campagna fu dunque decisa ed il solito metodo di attacco fu posto in azione. Quasi sempre è io stesso il modo con cui questa gente inizia le ostilità. Esso consiste nel dar 1* incarico ad U»a o due delie lancie spezzate, di tirare i primi colpi alia vittima designata, con Gualche spunto polemico, qualche aborto letterario o in altra maniera qualsiasi. Queste lancie spezzate sono d’ordinario dette teste di turco. Poiché dato il caso che l’autorità superiore sia così energica e così severa vigile della propria dignità e di quella dei suoi soggetti, cd abbia il coraggio di imporre il silenzio a questi ij ocriti e ridicoli pubblici accusatori, la cui temerarietà giunge a censurare e ad infischiarsi delle stesse approvazioni le più ampie delle autorità ecclesiastiche, allora gli stessi colleghi son pronti a gridare il crucjfige contro i malcapitati. Ma se, come avviene quasi sempre nella Chiesa Romana, non solo 1' autorità non si commuove, ma secretamente incoraggia le bande sanfediste, allora ruerno preso di mira può dirsi beli' e spacciato. La stampa nera, che è in attesa bramosa, s’impadronisce dell’affare, le accuse si ingrossano, le offese si mo tiplicano. Se la vittima tace disprezzando, si afferma che nulla ha a opporre in sua difesa, . e lignito-sámente risponde ciò ¡jorge nuova esca agii infuriati giannizzeri, nel timore che
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il loro cattivo giuoco possa essere scoperto e che anche i più ingenui si rendano conto delle loro porcheriole. E tanto si grida, tanto si minaccia, tanto s’impreca, tanto si fa mostra di lacrimare sulla fede minacciata c sul pericolo imminente delle anime, che, alla fine, Roma accorda alle loro fauci la nuova offa.
Ciò è avvenuto nel passato, accade oggi, ciò sarà ancora nell’avvenire fino a che sorgerà un uomo di coscienza e di energia nell’ autorità somma della Chiesa di Roma che, ristabilita la giustizia e la pace, licenzierà con le buone o con le cattive questi servi padroni.
Senza però lasciarsi trascinare da preconcetti o da un pessimismo. assoluto,- temiamo non sia per ora che un tale uomo possa sorgere che rimetta le porte della Chiesa sui tuoi cardini naturali.
Ritornando al caso specifico del padre Semeria, la testa di turco è stato stavolta un certo prete Coletti di Spoleto, il quale, non sappiamo con quanta buona o mala fede, si è messo di buon buzzo a spulciare dalle opere del dotto barnabita qualche periodo, qualche inciso, qualche parola quà e là, e frutto di questo lavoro sono stati tre o quattro pamphlet dai seguenti titoli sonori : « Un manuale di scetticismo e d’incredulità ossia il libro - Sdenta e fede del P. G. barnabita ; I.a S. Scrittura impugnata dal Modernismo nei libri del P. Giov. Semeria; La negazione di Gesù Cristo in Sacramento nel libro « La Messa » del P. G. Semeria barnabita ».
E scusate se è poco ! Di fronte a delle accuse così categoriche vien fatto di domandarsi se questo Cameade di
Spoleto sappia leggere, o sia di così corto comprendonio da non comprendere le cose lette, ovvero se di queste poco belle prerogative godevano i superiori dell'ordine c le supreme autorità ecclesiastiche quando permisero la stampa c la divulgazione delle opere del Semeria.
C’ è un terzo corno per sfuggire a questo dilemma e consisterebbe nel-l’affermare che questi revisori fossero impegolati della stessa pece di cui, secondo il Colletti, ridondano i libri del Semeria. Ci piacerebbe aver dilucidazioni su ciò, se il prete di Spoleto si degnerà prender nota di questo tormentosissimo dubbio che turba le nostre anime ingenue.
Ma queste son quisquilie da cui con un paio di distinguo c contradistìnguo i legulei della morale cattolica san trarsi fuori. Rimane il fatto che un prete, presi in esame alcuni scritti già scrutati da coloro che ne avevano il potere, il dovere, la capacità indiscussa e che non v’ hanno trovato nulla di riprensibile, vi ha per contrario rinvenuto una caterva così spaventosa di errori morali e dogmatici da fare spavento.
Di fronte a questo audace attacco di uno, non si sa se più ignorante o più fanatico, il P. Semeria si è limitato a protestare dignitosamente contro il modo vergognoso con cui si sorprende la buona fede del pubblico e contro la volgare mistificazione tentata a suo danno. E nobilmente ha ricordato che egli la sua fede la sta provando non con le parole che costano così poco,- ma con la sua vita : ha ricordato che resta religioso solo perchè vuole e non per avere onori nè per maleria li necessità anche dopo che è stato privato, di quel che era la vita della sua vita, della sacra predicazione.
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NOTE E COMMENTI
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Il Coletti punto forse sul vivo, si è affrettato a dirigere al Semeria una serie di domande categoriche, come nemmeno un buon inquisitore dei tempi andati avrebbe fatto, ingiungendogli di rispondere al nuovo tribunale di santa romana chiesa eretto e presieduto da lui, Arturo Coletti, avente ad assessori i reverendi direttori dell’ Unità Cattolica e gli altri gazzettieri papali.
Semeria ha sdegnato di rispondere alla stupida som ma tic n. Però deve essersi chiesto con amarezza tristissima come è che il primo capitato possa impancarsi impunemente a maestro nella Chiesa, e se 1’ ottimismo e la fiducia che egli ha nutrito verso la madre spirituale anche nei momenti più penosi, poggi più ormai su solida base. Poiché non si sarà nascosto che il nuovo diritto che viene instaurandosi nella chiesa di Roma, in ¡specie in questi ultimi tempi, è specialmente quello dei grassatori di strada. Infatti con il tacito od espresso consenso delle autorità, oggi, nella chiesa, « ogni vii-lan che parteggiando viene » si la insieme accusatore, testimonio, giudice e-secutore di giustizia!
Ed a questa gente con cui 1’ uomo onesto non si abbassa a discutere, Roma riserva le sue predilezioni mentre neppure la più elementare garanzia di difesa viene accordata a colui che le liste di proscrizione han designato. La condanna lo colpirà certamente, implacabilmente, senza che venga interpellato affatto, solo perchè l'i-pocrisia sottilizzante dei denigratori ha revocato in dubbio qualche punto che uomini di fede e di scienza approvarono e commendarono.
Tal sorte toccherà senza dubbio all’ uomo, che tentò la sola apologia possibile oggi della Chiesa.
Rimane a chièdersi, se la doman
da non è oziosa, che farà il Semeria dopo la condanna. Chi ne conosce 1’ a-nima retta, chi sa come egli aveva preso già le sue decisioni irremovibili al tempo del giuramento antimodernista, scegliendosi fìnanco il suo luogo di rifugio, assicura che egli non subirà tacitamente l’affronto fatto alla sua dignità d' uomo e di sacerdote.
Così i farisei saranno contenti.
Non ha detto forse, con severa parola, il Signore di certa gente : « Chiamano pace il deserto che essi hanno fatto » ?
ERNESTO RUTILI.
La “ Contemplazione della Morte „ di G. Dy Annunzio»
L’elegante volumetto (i) porta impresso sulla copertina e sul frontespizio il motto favorito del poeta : « Per non dormire ».
E infatti, colui al quale avvenga, come è avvenuto a me di leggerlo di notte e tutto d' un fiato non potrà, dopo, abbandonarsi al sonno, e, se chiuderà gli occhi, rivivrà con la mente in quel mondo sublime dove ogni cosa acquista un’ immagine viva e luminosa, seguendo la mente ispiratrice del poeta fantastico.
« Gabriele D’Annunzio », così
(i) Di pag. XXIII-132: prezzo L. 2. Fratelli Trcves Editori.
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scrive Luigi Rasi « non conosce il valore del denaro, come non conosce il valore degli uomini e delle cose. Conosce il valore delle parole, ma non della lima. Così : magnifico signore di nostra lingua, scrive e pubblica tulio ciò che, scaturitogli dal cervello, gli viene alla bocca come una fiumana straripante. Le immagini e le parole s’incalzano e si raggiungono, s'intrecciano e si accavalcano vertiginosamente, senza posa, nelle sue pagine magnifiche talvolta, talvolta anche opprimenti... » (2).
Ed è proprio il caso di chiedere se il D* Annunzio, in queste contemplazioni e descrizioni della Morte, distinte in un « Messaggio » e in un « Quatriduo » abbia dato un' idea chiara, distinta e precisa, di quello che egli intende di far sapere al giovane Mario Pelosini di Pisa, al quale il su detto « Messaggio » è stato mandato.
A me sembra che chi voglia avventurarsi a seguirlo nelle varie fasi saltuarie della sua crisi difficile e continua, troverà che è cosa ardua e faticosa quella di rintracciare il filo liberatore di Arianna che lo guidi fuori da quel maraviglioso labirinto di specchi dai vari colori, onde il Poeta ricava le più belle e più varie impressioni.
Il libro comincia, come ho già detto, con un « Messaggio » scritto tuttavia dopo le quattro meditazioni dei giorni VII, XI, XV, XVII Aprile di quest’ anno.
Nel primo e nel socondo giorno, egli contempla in visione la morte di Giovanni Pascoli « il poeta lontano » e la coincidente malattia mortale di Adolphe Bennond, « /’ umile uomo da bene » Negli altri descrive l'agonia e
(2) La Lettura, luglio, 1911.
il trapasso di quest' anima pia, cristiana, ma altresì ferventemente cattolica e non libera dalle superstizioni. « Per lunghi anni, nella sua città natale, egli governò le corporazioni cattoliche più operose, ed esercitò la carità con tal lar-ghez a da meritare il soprannome d’E-lemosi. ario.. Più volte, come un servo
umile e pronto^ rigovernò la casa de’ suoi poveri e dei suoi malati ». Ma « devotissimo era di San Domenico ; e sotto il vocabolo del sublime amico di San Francesco è posto il tetto ch’egli mi concesse » (pag. 38). « Seppi eh’ egli possedeva nel suo oratorio una scheggia della vera Croce, e che da anni le aveva consacrato una lampada perpetua » (pag. 89).
Eppure dopo ave letto tutte queste descrizioni, dopo aver visto passarci dinanzi la figura del Cristo, dopo la visione enigmatica del discepolo suo che senza la sindone segue il Maestro, e dopo la terrifica descrizioni di un uomo annegato pochi mesi prima, la figura che maggiormente si mostra e si muove in questo libretto è sempre quella dei poeta.
Ma quale atteggiamento egli assume ?
In questo libro a noi si svela, più che in qualsiasi altra opera dannunziana,. « l'uomo », intendo dire la pane, invisibile, vitale, che anima il suo pie- * ciol corpo! Gabriele D'Annunzio non è qui un vincitore, un signore, e tanto meno un disprezzatore della morte. E sebbene egli abbia dei forti pensieri e dica per esempio : « E non vorrò mai riconoscere i mìei limiti. E non vacillerò mai dinanzi alla necessità del mio spirito e alla cicuta » — pure egli aggiunge che il suo silenzio sarà un inno senza voce, quando quegli che sale contro a lui dall' altro declivio con lui s'incontrerà.
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« Ha veramente il Signore parlato sol per Mosè ? » (1)
La voce del primo Ebreo ribelle alla legge scritta da Mosè, dopo circa cinquanta secoli ritrova la sua eco in questo grido forse angoscioso del poeta : « Ma il Cristo ha veramente detto tutte le sue parole? » Il D’ Annunzio è in lotta con sè stesso. Ogni romanzo, ogni dramma, ogni volume di liriche di lui, scrive — Goffredo Bellone! (2) — testimonia un’ ansia di liberazione da quell’ impero della vita sensibile che è stata la sua continua sofferenza. Non il tripudio carnale ; sì bene nelle pagine antiche e nuove ddle sue opere sembra chiara la tristezza della sensitività orgiastica ond’ egli è oppresso e affaticato, e il desiderio di dar ordine alle cose con una propria virtù ideale ». Ma questa « propria virtù ideale » rimane in tutti gli animi, il D* Annunzio compreso, un semplice pio desiderio, poiché il poeta medesimo pur a-nelandovi, confessa di essere incapace a possederla quando dice : Sotto il più alto fervore, sotto la più profonda conturbazione del mio spirito la mia serenità persiste, o giovine amico » (pag. XI. XU).
Mi par di sentire in questo grido 1’ eco di quello dell’ Apostolo San Paolo, che volendo aneli' egli arrivare a conoscere o meglio a ritrovare se stesso, a far dell' uomo spirituale e carnale una sola entità su questa terra e in questa vita, dice : Noi sappiamo che la legge è spirituale ; ma io sono carnale, venduto e soggiogato al peccato, poiché io non riconosco ciò che opero ; perchè
(1) Numeri XII, 2,
(2) Giornale d'Italia del r Luglio 1912.
non ciò che io voglio fo, ma ciò che io odio quello fo ! Poiché io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene ; poiché ben è in me il volere, ma il compiere il bene no ! E il bene che io voglio, io noi fo ; ma il male che io non voglio, quello fo ! Mo io veggo un’ altra legge nelle mie membra, che combatte contro alla legge della mia mente e mi trae in cattiviti» sotto alla legge del peccato che è nelle mie membra ! » Ed eslama :
« Misero me uomo ! chi mi trarrà da questo corpo di morte? Io r:ndo grazie a Dio per Gesù Cristo nostro Signore » (1).
San Paolo è riuscito vittorioso con la forza che gli ha dato la fede nell'opera salutare e redentrice del Cristo, ma il D’ Annunzio rimane in uno stato di continuo combattimento: « O mio giovane amico, talvolta la giovinezza mi chiama dalle viscere della città (Parigi) come la sirena dall’ abisso ; e accorro, ansioso, alla mia maraviglia e «Ila mia perdizione. Amo cercare nel traffico e nell’ ignominia della via gli occhi dell’ Ignoto, gli occhi fissi che mi sfidano, gli occhi obliqui che mi sfuggono, sotto il rombo senza pensiero ! Ho su la lingua la cenere dei miei sogni, e la mastico per non esserne strozzato ».
E quando s’è indugiato, di sera con un giovane ventenne, alla luce di un becco del gas, egli ha visto la bocca de! suo compagno « simile alla bocca dei mutoli che vogliono parlare; e forse era piena della parola nuova, o forse soltanto di saliva angosciosa »... « E non mai ebbi cosi grande il sentimento di un dio ignoto che divorasse un’ anima gonfia » (pag. XIX e XXII).
(1) Ai Romani, cape. VII.
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BÌLYCHNIS
Nella lotta angosciosa del suo spirito contro la sua carne, il D’ Annunzio aspetta una parola nuova. Nè dalla bocca del Pascoli, nè da quella del vegliardo Berinond, del moribondo, « u-nii/e uomo da bene », nè da questo suo ultimo compagno, egli I' ha ancora u-dita!
Nemmeno nello scritto Vangelo ne ha trovata ancor una ; e nelle varie visioni mistiche ove egli afferma essergli il Redentore apparso, le parole che da Lui ha udite, sembra non abbiano avuto ancora tutta quella efficacia che il D* Annunzio crede di poter ricevere da una nuova parola pronunziata solo per lui. Nemmeno la morte risponde al problema! La morte acuisce soltanto la lotta.
Or quella nuova parola San Paolo 1’ ebbe senza averla chiesta o desiderata. Sant' Agostino la sentì in mezzo alla quiete ombrosa del suo giardino, nè alcuno di quei motti era registrato in alcun libro scritto di rivelazione.
Il D’Annunzio non è dunque nè supe bo nè esigente quando nella sua sete di santificazione dice : « So che per farmi nuovo, io non debbo ubbidire a una parola già detta, ma a una parola non ancora detta! » Egli non chiede un privilegio speciale che Dio debba fargli : egli chiede e desidera quella parola come un qualsiasi soldato, caduto affranto in una lotta disperate», attende il comando supremo del suo Capitano. E poiché chiede una buona cosa, chi ci dice che non l’otterrà ?
Questo suo libro è il libro della lotta ; il prossimo potrà esser forse quello della vittoria.
C* è da augurarlo per il suo bene e per la sua pace, e per la nostra c-ducazione spirituale.
« Bisogna credere che sempre e in ogni luogo lo spirito dell’ uomo sia l’iddio verace dell’ uomo ; e che le... imagini mitiche o incarnate della divinità non sieno se non i modi che conducono a riconoscere sol quello : sol quello che non si può nominare, e a cui non si può disobbedire » (pag. XII).
Dopo la parola nuova, o meglio, insieme con essa, il Poeta cerca di arrivare a conoscere « (¡nello che non si può nominare e a cui non si può disobbedire »; in una parola ricerca Dio!
Lo trova egli? Io credo che egli, per il suo giudicare tutti i mezzi che furono escogitati dagli uomini come impotenti, e per il suo diffidare anche del Galileo, si smarrisca pei- via e Dio non trovi ancora !
Dio nella Parola, Dio nella creatura. Entrambi queste alte manifestazioni il D’ Annunzio le reclama nuove. Non scritte, non vissute ancora.
Egli aveva per lungo tempo diffidato del Galileo, « come di un nemico, per una provvidenza che nel nemico pone la salute del forte ». Pur non temendo il « dio senza muscoli » non gii era avvenuto « di guardarlo negli occhi ! » Ma « nella prima giornata del Quatriduo si narra come il subito pianto del vecchio » glie io facesse presente. « Ora a volte Egli se ne va davanti a me, cammina sopra queste acque come sopra il mar di Tiberiade. Ieri si presentò su la riva c mi disse: « Getta la rete » (pag. XII).
<< Con l’anima mia foggiavo due corpi pieni di nero sangue, e vivevo tutto in loro, per comprendere il peccato ; poiché è detto che non si possa veramente comprendere la bellezza del Cristo « senza comprendere il peccato » (pag. 86).
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NOTE E COMMENTI
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Ma il D’Annunzio aspetta ancora il suo mediatore e questo mediatore figli si rappresenta simile in tutto al fedele, eroico e coraggioso giovine dalla Sindone. « Non vi fu, di là . dal torrente di Chedron, nell’orto degli Ulivi, un apostolo ignoto che si unì agli undici per ricompire il numero, e non dormì nè la prima nè la seconda nè la terza volta?... Non avete mai pensato chi potesse mai essere quel giovine « amictus sindone super nudo » del quale parla il Vangelo di. Marco?.... Chi era quel tredicesimo apostolo, che a-veva preso il luogo di Giuda nell’ora dello spavento e della grande angoscia? Solo egli vide il sudore cadere a terra « simile o grumoli di sangue ». Era minore di Giovanni figlio di Salome. Era vesti lo d’ un vestimento leggero. Si fogg* ignudo « reietta sindone, nudus profugit ab eis ». Nulla più si seppe di lui nel mondo. Forse' un giorno di rò un'imaginazione che di lui mi giun-. se ■’ » (pag. 83-84).
E nel Messaggio egli dice : « Questi sarà il mio mediatore affinchè il Figlio dell’ Uomo mi conduca a riconoscere il mio intimo Signore : Così, dopo aver cantato tutti gl’iddìi, canterò il mio dio verace! » (pag. XIII).
Ma e nel libro e nella dissertazione il D’ Annunzio è come l’uomo primitivo ed ingenuo che crede vivente la foglia che è mossa dal vento invisibile, il ruscello che scorre tra i fiori del prato, e mette allo stesso grado la maternità bestiale e quella umana e, in un certo senso anche la maternità divina. , Per questo, come dice il Bellona, c è chi non crede alla sincerità del poeta, e crede invece esser questa sua meditazione un’ignobile volontà di retorica e d’inganno » (1).
(t) Vedi articolo citato.
Quanto a me, pur credendo, come ho già detto, alla sincerità del D’ Annunzio, debbo aggiungere che a lui fa evidentemente difetto la concezione di un Cristianesimo più alto, più puro, meno superstizioso che non fosse quello del pio Bermond.
« Che avverrà di me », egli e-sciama, « se io mi rendo interamente al vostro Salvatore ? » E’ chiaro che qui egli non disprezza il Vangelo ma disprezza quelli che hanno Gesù per loro salvatore.
Il poeta par che senta il bisogno di avere un nuovo tipo di discepoli, di vedere un nuovo popolo cristiano che sia pieno di quell’amore, di quello zelo, di quella devozione e di quell’ardore difensivo che già mostrò il giovine dalla leggera sindone !
E soprattutto egli ha bisogno che questo nuovo tipo, questo per lui nuovo Messia, si spogli della leggera sindone della superstizione e di tutto ciò che è ombra, adorazione di immagini e di simboli ; per seguire e accettare il Figliuolo dell’ uomo !
Al poeta non mancano gli occhi per vedere, manca solo un più vasto orizzonte da contemplare. Si alzi un poco sulle ali, e anziché fermarsi a guardare il Cristianesimo paganizzante e passivo del suo buon Bermond, miri e contempli l’attività Cristiana, 1' eroismo dei missionari Cristiani i quali non adorano nè portano ai pagani le immagini degli Dei, ma l’Iddio vivente e vero. E allora, ricevuta la nuova parola del Mediatore iinaginario non sentirà più bisogno : il suo libro sarà il Vangelo, e il suo Mediatore non patrà essere che Gesù Cristo il quale solo ha rivelato perfettamente gli uomini il carattere essenziale dei nostro Dio, 1’ Amore !
(Prato, 18 Luglio rgti.)
LUIGI RENZI.
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Tumulti d’anime»
Nè </ la Settimana Israelitica» del 26 luglio scorso leggevasi :
Riceviamo e pubblichiamo queste significanti lettere che ci mostrano due elevate anime in tumulto dinanzi al pensiero e all' ideale d'Israele e al loro significato pel mondo.
R. Ottolenghi a noi.
Acqui, 16 luglio 1912
Ill.mo Signor Direttore della Settimana Israelitica.
Credo che riuscirà interessante al pubblico israelitico italiano 1’ udire ancora una volta la voce simpatica di Orano ripetere la sua estimazione ammirante per il pensiero vetusto d’ I-sraele, del quale tanti fra noi hanno presa moda di far gettito come di cosa incomoda e invecchiata : mentre sono sempre in esso tante giovinezze.
I.a lettera di O.ano era una risposta a una mia precedente, nella quale io facevo un quadro pessimistico dei procedimenti feroci e illogici che guidano la politica della civiltà cristiana moderna.
Orano trova nella sua lettera ingiuste la mie accuse : scusando i fatti al lume Giolittiano delia fatalità storica. Ma chi ha assimilato lo spirito della filosofia della storia dei nostri profeti non può avere scusanti per questi adattamenti più o meno ipocriti a queste pretese fatalità, che liberano gli uomini politici da molte responsabilità incomode.
Comunque, attraverso a queste divergenze — e anzi appunto in virtù di esse — il pensiero di Orano verso Israele assume importanza maggiore.
Con ossequio
Dcv.mo
R. OTTOLENGHI
P. Orano » R. Ottolenghi.
Siena, 8 luglio 1912
Tra noi possiamo essere sinceri, Raffele. La tua lettera m’ ha fatto male. Tu vedi come da tempo io sia entrato in me e tutto viva proteso in questa ricerca dei capitali motivi di tanto rivolgimento apparente degli spiriti e delle forme, e di tanto reale e sotterraneo sopravvivere di idee.
Raffaele, la crudezza delle tue e spressioni dice che la due volte millenaria lotta non è sanata, che Israele non è placato e che la magnifica e sinistra ira rabbinica vuole ancora una soddisfazione. Tu sei implacato nella tesi. Io sono sospeso in angoscia e senza attesa, bagnato, pervaso da una tenerezza infinita. Conosci tu un disinteresse più caparbio del mio? Non vedi che io non sto con nessuno e non mi riesce di essere ne un pagano, nò un israelita, nè un cristiano, nè un protestante, nè un dottrinario, nè un csteta, nè un rivoluzionario, nè un uomo d'ordine ? La mia vita è tutta u-na tragedia interiore. La tua Bibbia, il tuo Aristotele, da un paio d'anni, io li ho sorbiti a goccie. La parola del re e del solitario ebionita, dell’ es-seno. la parola d’Israele, folle d’or goglio e rauca di scoramento, parla adesso di continuo al mio orecchio. Ma tu condanni la storia ; tu ne fai 1’ errata-corrige. Il tuo fratello in condanna, Karl Marx, dopo d’ averla condannata, la storia, pensò di capovolgerla. E’ vano, Israele è dannato : ma è eterno in umiltà dorata o in orgoglio malvestito. Dannazione che è il fatto più terribile, il nucleo santo, il punto arcano, il motivo sovrano delia tragedia morale mondiale. Raffaele ; se io scrivessi, io, solo che il monologo ruminato in questi ultimi anni, tutta I-
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sracle ne fremerebbe di gioia e piangerebbe ancora. Israele è il proletariato intellettuale ; muove, regge, governa alimenta il mondo, fabbrica il genio ed è umiliato ; da quanti mila anni ? Tu ti sfoghi con me e m* azzanni. Ne hai ben diritto e bisogno, o doloroso necessario negatore ! Non ti basta 1' e-guaglianza donata a te è ai tuoi dal diritto dello Stato. E’ un’ eguaglianza che pare sarcasmo anche a ine, gentile cattolico. Non ti può bastare. Da Israele, è uscito Gesù, dopo il Profeta da Israele, è uscita la visione etica della vita, la preoccupazione del rapporto spirituale, il ritrovamento del peccato, il concetto individuale, l’affermazione della responsabilità che ha voluto uno Iddio dinanzi alla nuda anima del solo Uomo. Israele ha dubitato ed espiato allargando enormemente i confini del mistero e rendendo i sopprimibile il bisogno dell’ Assoluto. Israele fonte di santità e di rinunzia, di scienza e di dottrina, di sovvertimento c d’idealismo pacificatore, Israele avrebbe anche adesso dovuto dare la formula dell’ evento ! No, Raffaele. Io I’ ho scritto quelque pari : La storia è pagana : la coscienza è e-braica. Quando la coscienza — Israele — s* affacciò sulla soglia della Storia, fu abbattuta e la storia si continuò, pagana, nel cattolicismo. Di che mi fai tu complice ? Raffaele, io soffro e troppo veggo quanto nulla intendo. Il destino è storico, l’anima è libera. Legato a tali due cavalli pari in forza, il mio povero corpo morale si divarica e dilacera. Tu sei implacabile. Tu sei 1’ Antitesi d’ una Tesi onnipossente. E la Sintesi non verrà mai perchè è molto ironico che la Storia — pagana e cattolica — possa ridursi a qualche còsa di minore o di diverso sotto l’a-zione dell’ anima. Prometeo non muo
re, Raffaele; ma il becco atroce gli falcia il fegato eternamente. Prometeo ha giudicato Giove e lo giudica sempre. Giove in terra è sempre ecclesiastico e statale e guerresco e politico.
Raffaele, non si può essere complici del Destino, ma tienmi fede, tu, che noi siamo ad uno di quei momenti del nostro terrestre sogno, in cui la strada volge e il paese cambia. Fossimo degni d’una illustre prova d’a-nima.
Ti bacio, Rabbi, e mandami la vasta Bibbia promessa.
PAOLO ORANO.
Ne La Settimana Israelitica del 9 agosto leggevamo poi quanto segue :
Zz lettere di R. Otlolenghi e di P. Orano ci hian procurato anche la seguente che pubblichiamo con piacere.
Tumulti d’ anime, dunque, a proposito di antichi ma sempre nuovi problemi, a proposito di antitesi storiche indistruttibili. Tumulti, a quanto mi sembra scorgere, accasionati dal più tremendo dei tumulti ; la guerra.
L’ Orano come 1’ Ottolenghi, partecipano entrambi, come socialisti, ai dibattiti che travolgono in quest’ ora il partito socialista italiano. Ma sentono insieme la parola, il verbo delle fedi tradizionali. Difficile giudicare di cose politiche sulla scorta dei verbi religiosi, ma forse in parte inevitabile poiché guerra suona da un capo al-l’altro la Bibbia, guerra, dirò così, storica nell’ Antico Testamento, lotta per un principio religioso esclusiva-mente nel Nuovo. O non disse Gesù : Io verrò per porre guerra tra padre e figlio ecc?
Nella lettera dell’ Orano una frase mi colpì e mi parve gravida di pen-
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siero e degna che ci si ritorni sopra. La storia è pagana, la coscienza è e-braica. Guardarsi però dalle generalizzazioni, sempre un po’ pericolose.
La storia è pagana, guardata nel suo lato esteriore, ma non è la storia anche p. es. quella che riguarda le vicende degl ’ istituti di tutela sociale, di beneficenza, di giustizia ? E d’altra parte, è la coscienza solo ebraica ? E l’immenso mondo orientale : buddista, confuciano ecc. non rappresenta una coscienza ? C' è però di vero che la storia è pel suo impulso animatore, cioè l’attività. fatta, in fondo, di ambizioni o egoistiche o ego-altruistiche. E’ storia essenzialmente la lotta, la prepotenza. E la volontà tenace, prepotente, magari anche malvagia agiscono, muovono molto piu spesso della bontà che è assai spesso acquiescenza, inerzia. Israele che, mosso dal Dio degli eserciti (non dimentico i vari sensi biblici di questa parola e vedi in proposito anche l’articolo dei Cocorita nel fase. Maggio-Giugno della rivista Eilychnis), combatte e conquista, certo combatte anche per sostenere la sua vita, la sua essenza i suoi principi. E, se è raccomandata nell’A. T., la vendetta, è contro i vigliacchi, i traditori. Vendetta, d’altronde, è anche sinonimo di giustizia (così in Dante) e la giustizia è, si può dire, superiore alla misericordia. E la misericordia può essere talora sinonimo di morboso sentimentalismo, debolezza, se scompagnata dà una sana energia, che combatta per il bene. Coonesta ciò la guerra? Ahimè in quale labirinto si entra ! La guerra come può non essere crudele? Si tratta di vedere se è giusta, si tratta di vedere se il soldato possa far dimenticare l’uomo. E questo avviene specialmente nelle guerre mosse dal fanatismo il quale ottun
de ogni sensibilità umana. Non voglio giudicare la guerra attuale, nè le passate. Dico solo : vediamo di non farei travolgere da odi fanatici, da guerre di religione. E venga presto la pace, e possa la guerra, comunque, non portar che frutti buoni.
LEONE LUZZATTO.
« La settimana Israelitica » del 23 agosto 1912 pubblica un articolo di R. Otto-lenghi che illustra l’affermazione dell’Orano. < La storia è pagana; la coscienza è ebraica ». Silychfiìs va in macchina: rimandiamo alcune note in proposito al prossimo numero.
Conferenze Mttrri in America
Da « La Patria degli Italiani » del 1. luglio togliamo l’ultima parte «lei riassunto della seconda conferenza tenuto dall’On. Murri a Buenos Ayres sul tema Il medio Evo e l'anima dei. conquistato» i,
...« Sul declinare del Medio Evo, caduta Bisanzio, i saggi greci si spargono per il mondo con la loro sapienza, con i loro libri : 1’ Europa legge ancora Aristotele e Platone : le anime stanche della ascesi sentono il bisogno di tuffarsi in un bagno di bellezza, di mito, di forza. L’ Umanesimo ha richiamato il paganesimo ; e la coscienza umana risorride alle pacate e serene visioni del mondo pagano.
Le anime superiori e i dotti ormai negano le verità della Chiesa, negano alla Chiesa la sua missione, ne disconoscono 1’ autorità ; ma questo in potenza ; questo in pensiero: mancano però dell’ ardire per proclamare la fede nuova, la nuova verità accettata e accettano in fatto ciò che negano negli scritti. Così da Machiavelli a Vico è
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una enorme, strana discrepanza tra il pensiero dei dotti e la loro parola; e nasce l’ipocrisia.
Il paganesimo ¿arrivato a Roma; i papi ne sono saturi ; e mentre dalla cattedra di San Pietro si afferma la fede di Cristo e si combatte il pensiero novatore, il papa può tra il lusso più impudente e in mezzo ad un trionfo d’arte di coltura e di bellezza, assistere alla rappresentazione della Mandragola di Messer Nicolò Macchiavelli.
Allora viene la Riforma protestante dal Nord, quella Riforma maledetta dal Nietzsche perchè veniva ad arrestare il trionfo dell’ Umanesimo e lo sfacelo della Chiesa di Roma.
La Riforma protestante non poteva però giungere a rovesciare 1’ Evo Medio perchè invece di bandire la libertà delle coscienze ribadisce con altra forma una religione promanante da una religione rivelata e I’ autorità di diritto divino ; serve però la Riforma a far ripiegare le coscienze su se stesse, a indurre I’ uomo a conoscere 1’ anima sua. a preparare la coscienza moderna.
Alla mezza ribellione del protestantismo doveva seguire la reazione della Chiesa cattolica : doveva seguire il cattolicismo dei gesuiti con l’arte barocca, le damine che vanno a messa accompagnate dai cicisbei, i confessori pronti a tutte le transazioni perchè i fedeli rinunciassero al diritto di pensare. « Tu non devi pensare perchè la Chiesa pensa per te ; se tu fai male o bene è la Chiesa che può giudicarlo. >> E I’ uomo rimaneva, « perinde ac cader » cosa dei gesuiti : questo volevano.
Ma il Medio Evo è tramontato e rumoreggia a Versaglia la Rivoluzione. Era indispensabile. Era fatale.
La reazione contro il protes antesimo aveva resa la tirannide della Chiesa
e dello Stato ancor più pesante : l’insurrezione era 1’ unica risposta che l’anima umana poteva dare alla Francia di Luigi XIV. alla Spagna di Carlo V e di Filippo IL ; di Filippo II che muore fradicio di sifilide, bigotto e crudele anche nell' agonia, nella cella di un convento, mentre i frati salmodiano per la sua agonia.
La Chiesa non vuole che finiscano i Filippo IL non vuole che cadano i suoi privilegi, non vuole il ridestarsi della coscienza umana ; e si unisce allo Stato e con lo Stato tenta opporsi alia Rivoluzione.
Era dalla Spagna di questi re cristianissimi che uscivano i « conquistadores », coloro che invadevano le terre scoperte da Colombo, distruggendo, vessando, predando.
Essi non eran più cristiani: erano i seguaci di una religione politica. La loro coscienza era indocile ed estranea al cristianesimo ; erano cattolici perchè ascoltavano la messa, seguivano tutte le esteriorità del rito; ma non comprendevano 1‘ammonimento di Cristo di « transire benefaciendo » nella vita.
E’ tramontato il Medio Evo ?
Non si dica che queste sono cose lontane.
La dinastia dei Braganza è caduta, da appena due anni in Portogallo e non si adatta ancora all’ ostracismo e tenta ancora ripigliare quel dominio che era materiato di bigotteria e di lascivia, di messe e di bagordi, di rigidezza cattolica e di sperpero del pubblico danaro.
Che cosa vuole il partito cattolico di Spagna ? Il cattolicismo integrale : cioè a dire il ritorno alla supremazia della Chiesa sul pensiero civile : 1’ eresia considerata reato, il Santo Uffizio e, se non il rogo, 1’ esilio per coloro che sono contro la Chiesa.
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O non è di questi giorni 1’ affermazione di un sovrano europeo che l’autorità regia scende dal diritto divino ?
E il partito cattolico d'Italia perchè ha acceduto alla riforma del suffragio universale se non nella speranza di ritornare al 19 settembre 1870 e di ripetere 1’ assurdo morale c storico del ministro di Dio imperante sulla terra ?
Alle mene di queste forze del passato è puntello l’ignoranza delle masse.
Le masse hanno bisogno di una mano che le conduca ; la Chiesa offre quella mano: le masse l’accettano: non pensano, accettano.
Non dite che questi problemi sono sorpassati. Essi involgono invece la missione della democrazia.
La democrazia deve sostituirsi alla chiesa ; deve scendere con l’alfabeto, con 1’ aiuto fraterno, con la protezione della legge tra le masse e guidarle verso la vera vita.
Ma ciò non si può fare con la negazione, che è arida, con lo scetticismo, che è improducente : occorre lotta di attività, di amore, di previdenza, di luce.
Il riso sarcastico di Voltaire e l’irreverente bestemmia degli scettici non avrebbero, come non ebbero, la virtù di rovesciare il Medio Evo.
Occorrevano nuove fedi, nuovi uomini dal cuore aperto che quelle fedi comprendessero e confessassero e attestassero a costo di tutti i sacrifici. Questi uomini sorsero e sorsero i nuovi tempi con le nuove lotte c le aspirazioni nuove.
Ora occorre continuare la lotta per formare 1’ uomo libero che non si piega a deità esterne e fa la sua storia e rivendica il diritto di modificarla, di
foggiarla a seconda delle sue necessità.
Questa necessità e questo pensiero altissimo fecero sbocciare in questa terra gli uomini che fecero la rivoluzione del 18io, cancellando la tirannide eie vergogne seminate da quei « conquistadores » feroci che credevano di esser cristiani perchè ascoltavano messa e recitavano il Pater.
Questa necessità, farà trionfare per sempre e per tutti il pensiero di Cristo.
La preoccupazione religiosa
del Fogazzaro.
« .... Un nobile critico, Arturo Gcaf, parlando di Piccolo mondo antico ebbe a dire : « Dopo i Promessi Sposi non comparve in Italia altro romanzo più che questo meritevole d’esser loro accostato ». Francamente questi paragoni e questi accostamenti a me non piacciono. Prima di tutto è meglio lasciar tranquillo il Manzoni, che s’ alza nella letteratura italiana di tutti i secoli come un monte alto a solitario, che nessuno osa salire. Senza pericolosi paragoni, che talvolta stimolano censure ingiuste, noi possiamo accogliere così 1' arte grande del genio, 1’ arte del Manzoni, che illumina del suo raggio
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un’ intera letteratura, e 1’ arte del Fo* gazzaro, assai più modesta, ma che trova anch’essa le vie del cuore. Nul-na hanno a che vedere le figure fuse bel bronzo dell* immortalità, Don Ab-nondio, Perpetua, Don Rodrigo, 1’ Innominato coi tipi artistici, de! resto non facilmente perituri, quali Marina e Siila, Edith e Sccinegge, Elena e Cor-tis, Franco e Luisa. La grandezza del 1' opera d’ arte destinata all’ immortalità sta nel senso della misura, in quella calma imperturbata che consente di condurre a perfezione le creazioni della fantasia. Ora il Manzoni è tranquillo e sereno: il Fogazzaro è inquieto e agitato. 11 Manzoni non si caccia mai nel dedalo delle questioni religiose e quando vuol manifestare il suo credo artistico, scrive la Morale Cattolica, non romanzi. L’ arte e la filosofia sono cose diverse e ognuna ha la sua ragion d’essere ; unirle insieme, far servire 1’ una all’ altra nuoce ad entrambe. Che il Manzoni avesse la intenzione di glorificare la dottrina e la morale cristiana non c’ è chi dubiti ; ma è certo, come osserva un critico bizzarro ma a-cut'ssimo, Vittorio Imbriani, che nel grande lombardo tanto prevalse l’istinto dell’ artista, da dimenticare sè stesso e le sue convinzioni e da rappresentare quel secolo e quel paese con sì maravigliosa evidenza da farne una salda e recisa negazione implicita del cristianesimo. « Infatti quella critica manzoniana così arguta e derisoria, quella gentile ironia così insinuante, rispettano invero la tradizione c il dom-ma religioso ; professano anzi altamente di rispettarli ; ma cuestó rispetto, sondo affatto arbitrario, dipendendo solo dal capriccio subiettivo dei!’ autore e non già dall' intimo organismo della sua scienza, non trova eco nel lettore ».
Nel Fogazzaro invece tra 1’ anima dell'artista e l'opera sua esiste un legame indissolubile, così che a traverso tutte le sue creazioni, trascorre, come un soffio amoroso, lo spirito dello scrittore E’ sempre l'amore che vince i bassi desideri, e passa, purificato dal dovere, tra le passioni umane, per a-scendere la cima della mistica monta gna. E' sempre il valore delle trasformazioni religiose e politiche, degli stessi avanzamenti scientifici e materiali, che si risolve nella somma, non di verità o di prosperità, ma di bene o di male morale che ne discende. Ogni suo romanzo, come quasi ogni poesia, si svolge intorno a un’alta idea religiosa, e in qualche sua invenzione romanzesca si disegna persino il vagheggialo ideale di una Chiesa. evangelizzatrice della santa parola di fratellanza e d’amore alle genti italiche, redente in libertà. Non forse Daniele Corti* Sogna la conciliazione tra la libertà civile e la chiesa cattolica ? E il conflitto di idee tra Franco e Luisa Maironi non si corona forse .col trionfo . della fede congiunta all' amor di patria ?
Da queste aspirazioni ardenti e continue lo spirito del Fogazzaro uscì ad affrontare più ampi ed astrusi problemi religiosi. Non era soltanto il dissidio tra la Chiesa e lo Stato che agitava il suo animo, ma anche e più 1’ antitesi fra il cattolicesimo c la scienza.
E' inutile ricordare la potente a-zione ch'ebbe sul pensiero moderno c sul modo di concepire la vita, la ipotesi cui fu data popolarità dal Darwin. La parola del grande scienziato fu u-dita da alcuni con entusiasmo, da altri con avversione, da molti con diffidenza. Parecchi materialisti adattarono le loro idee di negazione divina alla teorica darwiniana, nella quale, per converso, non pochi credenti videro come
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]’ aurora di una visione di Dio ancora più grande, riconoscendo nelle leggi della evoluzione accidentale non altro che il modus operandi del Creatore.
Di queste idee fu in Italia apostolo fervente Antonio Fogazzaro, che se ne fece banditore in parecchie letture e conferenze, quali : Per un recente raffronto dette teorie di sant' Agostino e di Da no in circa la creazione, Pe> la bellezza di un ’ idea, I' origine dell'uomo e il sentimento religioso, Per una nuova scienza, Pro verìtate.
Il Fogazzaro, seguendo di periodo in periodo i passi della teoria evoluzionista, esaminando le opinioni dei discepoli e degli oppositori, viene a riconoscere accanto alla selezione naturale e sessuale il principio creatore, ammesso dallo stesso Darwin, negato recisamente dal Haeckel. Questo principio ci mostra un Dio, che non già operò ad intervalli e compose il mondo a pezzi, ma che .opera sempre e dappertutto, déntro e fuori di ciascuna cosa traendo la varietà progressiva delle forme dalla unità del principio, con un' azione ordinata e costante, così da convenirle i nomi di natura e d> legge. Secondo le intenzioni dello scrittore, le nuove dottrine giungono alla trasfigurazione e sublimazione'del contenuto religioso. Il veder gradatamente svolgersi nella prima cellula vivente, nella serie degli organismi le facoltà della intelligenza e dell’amore, che raggiungono il più alto culmine nell’ uomo, il vedere particolarmente venir maturando, preparandosi negli esseri inferiori, affermandosi nell’ uomo, l’idea Causa, il veder tutto governato da leggi, e nella evoluzione stessa le prove di un disegno divino, tutto ciò crea nel filosofo la convinzione saldissima che fine deli’ universo è la glorificazione dalla sua Causa, suprema verità, suprema
bellezza, supremo bene. L’ autorità di Antonio Rosmini, dinanzi al quale l’ammirazione del Fogazzaro non ha limili, lo conforta nelle sue credenze, poiché nessuno, con piti caldo convincimento del filosofo roveretano, volle dimostrare che come il corpo così anche F a-nima umana è effetto di evoluzione, volle combattere la critica della ragion pura del Kant, affermando esservi nella conoscenza umana un elemento assoluto.
Con queste idee, con tali spiriti il Fogazzaro vagheggiava una religione illuminata d'intelligenza c d’amore e compatibile con ogni nuova scoperta della scienza. Se le vecchie credenze (Iella Chiesa furono un dì tolte all’ àmbito angusto dell’antico sistema cosmografico e spaziarono nelle vie dell’ infinito, perchè oggi la fede non potrà unirsi al concetto dell’ evoluzione naturale?
Questa nuova religione, che lenta conciliare l’ideale cattolico collo spirito moderno, egli volle rappresentare coll’arie e scrisse un libro di propaganda, // Santo, mediocre opera artistica, ma documento prezioso della crisi religiosa, che tormenta le anime credenti. Benedetto, il protagonista del romanzo, più che un essere umano, sim bolo e tipo, bandisce il nuovo verbo: egli vuole rimodernare la chiesa, e la tesi declamatoria dà come un senso di stanchezza a chi legge.
L’anima del Fogazzaro non era quella di un riformatore e ancor meno di un ribelle: egli voleva essere sì un combattente, ma appariva invece un araldo di pace fra principii inconciliabili, fra la rigida e immobile teocrazia cattolica e il vivo c trasmutabile progresso scientifico.
Cosi da taluni scienziati il Fogazzaro fu considerato un amabile poeta,
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non un filosofo; nelle sue pagine San-t’Agostino guarda sempre con diffidenze il Darwin. Può taluno vagheg giare che le conquiste della scienza disgombrino dall'idea religiosa tutto ciò clic gli errori del passato le hanno creato d’intorno ; ma il concetto scientifico, nel suo rigore di fatti e di prin-cipii, non potrà mai conciliarsi coi dogmi della Chiesa. Le religioni non sono più necessarie alla educazione morale dei popoli; all'avanzare dell’incivilimento basta la scienza vittoriosa, la quale non cura di illuminare co’ suoi splendori le oscurità del dogma.
Così parla la scienza arrogante.
D' altra parte, una fede immobile, fredda, intransigente, combatte con maggior fierezza le nuove dottrine, che a-gitano 1’ anima moderna e vorrebbero rischiarare con la luce del pensiero nuovo le antiche credenze. La Chiesa fonda il suo dominio sulle rivelazioni divine, e non può accogliere, senza dissolversi, i principi della scienza, le cui ipotesi mutano o si modificano perennemente. Dinanzi alla minaccia d’innovamenti sorge la ferocia della reazione, quasi un’ardenza spirituale di roghi.
Il Santo fu condannato dal Vaticano. La pia anima credente del Fogazzaro ne fu contristata d’inneffabile amarezza. Osservante scrupoloso di tutte le leggi e di tutte le pratiche del cattolicesimo, credente nei dogmi della Chiesa, perfino, in quello della infallibilità del Pontefice, della cui autorità era rispettosissimo, egli non esitò a pronunciare la parola delP obbedienza e della som-messione. Questi penti menti parvero nel Fogazzaro subitanei troppo : parve che troppo rapidamente si smentisse c si contraddicesse, onde gli vennero immeritate amarezze. Non tutti pensavano che egli era un’ anima di estatico
anacoreta, non di ribelle, e che in lui predominava una mitezza quasi femminea. Gli pareva talvolta di poter sfidar la tempesta e invece al soffio più leggero si piegava. Di tutte le maraviglio-se azioni del Nazareno forse una sola egli non comprendeva, quella d'aver Cristo scacciato coi flagelli i pubblicani dal tempio. Nell’ anima del Fogazzaro non vibrava il moderno anelito d’intima rivolta contro il cattolicesimo gerarchico e teologico; per lui la riforma cattolica appariva quale un semplice ritorno all’ idealità dei Vangeli, così come l'aveva vagheggiata la pura anima del Rosmini. Con queste idee e con questi sentimenti la sua sottomissione alla sentenza contro il Santo fu un atto di sincerità. Una sincerità così ingenua che Leila, l'ultimo suo romanzo, parve ad ogni lettore sincero una palinodia del Santo. Eppure anche Leila fu condannata dal Vaticano. Ma egli era già uscito dalle tristezze della vita, e la nuova angoscia, che avrebbe prostrata la bella e mite anima sua, gli fu risparmiata. L'implacabile giudizio del gesuitesiino sillogizzante non colpì che la tomba ».
POMPEO MOLMENTI.
(Dal discorso letto dai senatore Pompeo Molmenti al Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, in com. memorazione del senatore Antonio Fogazzaro).
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Ancora J. - J. Rousseau.
Il pastore ginevrino Frank Thomas, ne! discorso da Ini tenuto il 30 giugno scorso alla Victoria Hall, commemorando il Rousseau,' disse :
« .... Solamente un genio religioso può considerare la coscienza come il Rousseau io ha fatto, attribuendole tanta importanza ; egli sente in questa voce interna la voce stessa di Dio, che deve essere sufficiente a rivelarcelo. « Coscienza! coscienza! istinto divino, immortale e celeste voce, sicura guida d’ un essere ignorante e limitato, ma intelligente e libero, giudice infallibile del bene e del male che rende 1* uomo simile a Dio ! Sei tu che costituisci l’eccellenza della sua natura e la mo ralità delle sue azioni. Senza di te, io non sento nulla in me che mi innalzi al di sopra dei brut;, all’ infuori del triste privilegio di perdermi d ’ errore in errore dietro un intendimento senza regola e una ragione senza principio ». « Dio ci ha data una coscienza per amare il bene, una ragione per conoscerlo, una libertà per sceglierlo ».
In virtù di questa coscienza il metodo di J. -J. Rousseau è quello del libero esame che fa di lui il più protestante dei protestanti.- egli si sottomette soltanto a quel che il cuore, la coscienza e la ragione gli permettono di accertare. « Ho vissuto e muoio nella religione protestante che prende la sua unica regola dalla Sacra Scrittura e dalla ragione. Ciò che m’era impossibile di credere, non ho potuto dire di crederlo, ed ho sempre creduto quel che potevo credere...».
Questo libero esame lo emancipò da ogni autorità esterna, senza per questo staccarlo dalla Chiesa e dalla comunione dei suoi fratelli; prova ne sia quel ch’ei disse a Bernardin de
Saint - Pierre dopo aver assistito con lui ad un culto pubblico : « Ora esperimento quel eh’ è detto nell’ Evangelo: Quando parecchi di voi saranno radunati nel mio nome, io sarò nel mezzo di loro. V’è qui un sentimento di pace e di felicità che va in fondo all’anima ».
Non crediamo inutile ricordare altre parole del filosofo ginevrino.
« Io credo che Dio si sia sufficientemente rivelalo agli uomini e mediante le sue opere e nel loro cuore, e se ve ne sono che non lo conoscono, gli è, a mio parere, perchè non vogliono conoscerlo o perchè non ne sentono il bisogno >>.
Un giorno che in sua presenza qualcuno parlava male di Dio gridò : - « Se è una viltà il sopportare, che si dica male dell’ amico assente, è un delitto il sopportare che si dica male del proprio Dio eh’è presente; cd io, signori, credo in Dio! ».
Un giorno che Bernardin de St-Pierre si meravigliava che Rousseau non avesse voluto ricevere un giovane entusiasta del filosofo: « M’ha fatto paura — esclamò, — mi ha scritto una lettera in cui metteva me al di sopra di Gesù Cristo! »
E che pensava dell’Evangelo? U-diamolo ancora una volta : « Vi confesso anche che la santità dell’Evange-lo è un argomento che. parla a! mio cuore. Guardate i libri dei Filosofi con tutta la loro pompa ; come son piccini accanto a quello ! E’ mai possibile che un libro cosi sublime e al tempo stesso cosi semplice sia opera d’uomini? E’ mai possibile che colui di cui esso narra la storia non sia che un uomo ? Vi si sente il tono d’un entusiasta o d* un ambizioso settario? Quale dolcezza, quale purezza nelle sue divine pa-
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NOTE E COMMENTI 373
role ! Che grazia penetrante ne’ suoi consigli ! Che elevatezza nelle sue massime ! Che saviezza profonda nei •uoi discorsi ! Che presenza di spirito, qual finezza e che giustizia nelle sue risposte ! Che dominio sulle sue passioni ! Dov*è l'uomo, dov’è il savio che sappia agire soffrire e morire senza debolezza e senza ostentazione? Se la vita e la morte di Socrate sono d'un savio, la vita e la morte di Gesù sono di un Dio! ».
Anche nel Senato francese fu commemorato il Rousseau, e ci piace riportare qui una parte de! discorso col quale il deputo evangelico Eugenio Ré-veillaud — nella seduta del 25 giugno scorso — volle mettere in evidenza il lato religioso del di lui carattere.
«Si, ei fu veramente cristiano, non solo per « l’istinto divino della sua coscienza », per aver egli dato a-«colto a quest’ immortale e celeste voce — guida sicura, egli scriveva, d’un cuore ignorante e limitato — non soltanto pei suo cuore, nel quale ei vedeva, come in ogni cuore giusto « un tempio della divinità », non soltanto per 1’ omaggio entusiastico eh’ egli rese all’Evangelo ed a quel Cristo, di cui scrisse: « la sua vita e la sua morte son quelle di un Dio » ; ma eziandio e sopratutto per 1' aiuto eh' egli ha trovato presso di Lui nelle scosse e nelle angosce delle sue lotte interne, che per lui ebbero fine con la crisi essenziale e caratteristica delia rigenerazione e dell’ illuminazione dall’ aito, consacrata dalla testimonianza interna della pace con Dio e con se stesso....
Ne trovo la prova specialmente in questa lettera, tratta dalle sue Opere inedite e eh’ egli indirizzò al suo caro amico il pastore Paul Moulton, allorché costui che s’era dichiarato ga
rante delle credenze del Rousseau, per .averne una testimonianza e per
procurargh un emozione che valesse a far scaturire i pensieri segreti del suo cuore, aveva pensato di fargli credere che vacillasse nella sua fede e che stesse per cedere le armi all’ incredulità voltairiana.
«Ah, caro amico, gli risponde il Rousseau tutto commosso, come è stato? Voi, in cui ho sempre creduto di vedere un cuor così sanò, un’(inanima così forte, avete cessato d'essere in pace con voi stesso e il testimonio segreto de’ vostri sentimenti comincereb be egli a diventarvi importuno? State in guardia, ve ne scongiuro, poiché se non posso comprendere come colui che non ha mai creduto abbia a rimanere sempre nell’ incredulità, non posso neanche comprèndere come colui che ha creduto possa cessare di credere... E che ! mio Dio ! il giusto colpito d’infortunio, in preda ai mali di questa vita, senza eccettuarne neppure l’obbrobrio c il disonore, non avrebbe da aspettarsi alcuna indennità, dopo di essa, e morrebbe così coinè una bestia, dopo aver vissuto in Dio ! No, no ! Gesù, che questo secolo non ha saputo conoscere perchè era indegno di conoscerlo, il sublime Gesù non morì tutto sulla croce. Ed io, che non sono se non un povero uomo pieno di debolezze, pure, sentendo avvicinarsi la dissoluzione del mio corpo, sento al tempo stesso la certezza di vivere. La natura tutta me ne è garante, essa non si contraddice. Vi vedo regnare un ordine fisico ammirabile e che giammai si smentisce. L' ordine morale deve corrispondervi ».
Signori, disse concludendo il Re-veillaud, gli è sotto 1‘influsso di tali parole, che echeggiarono a lungo ne’ cuori de' suoi contemporanei, che, sul-
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BILYCHNIS
la proposta di Robespierre, la convenzione nazionale mise in testa alla sua costituzione, questa dichiarazione : « Il popolo francese riconosce 1’ Essere supremo e crede all* immortalità dell’ a-nima ».
Enrico Poincaré e la religione.
Mcmor ne Z? Eglise Libre così parla di questo accademico francese deceduto recentemente :
« Sono numerosi coloro i quali eran fieri che la Francia possedesse il più grande matematico dell’ epoca nostra.- Si ripeteva volentieri eh' egli scriveva libri che « egli solo comprendeva»: il che era forse un’ esagerazione. Ma quel che è certo, è che le opere di Enrico Poincaré si capiscono meno di quelle d’ Alessandro Dumas padre. A-veva tuttavia preso contatto col pubblico durante l'affare Dreyfus ed in altre occasioni nelle quali l'anima sua democratica si espandeva. Non v’ era più alterezza nella sua persona che nella sua scienza. Non si lusingava d’ aver raggiunto lo scopo.
Cercava, cercava, sempre, cercava la verità, tutta la verità. Non si può dire ch’ei l’avesse trovata. Gesù Cristo non era per lui quel eli’ è per noi. Non lo aveva scorto se non attraverso quella Chiesa nella quale era stato battezzato, e ch'era rimasta di nome la sua chiesa, giacché è stata ancor essa che, dopo aver benedetto il suo matrimonio e battezzato i suoi figli, lo ha seppellito. Ma egli non 1’ amava questa Chiesa « perchè essa — diceva — non a
ma niente di quel eh’ io amo ; essa non ama nè la luce, nè la giustizia, nè la pace... » S'afferrò al mondo morale senza consentire a limitarne i confini. Non soppresse nè il di sopra nè /’ al di là. Ed a me, pur sapendo eh’ io doveva riferire le sue parole, disse : Non v* è nulla nella scienza, in ciò eh’ io conosco della scienza, che sia contrario al cristianesimo da voi espostomi ». Certo vorremmo persuaderci, ci piacerebbe di poter dire che questo genio che fu una coscienza, non ha abbandonato questa terra senza aver incontrato Colui che avrebbe risposto così bene alle sue aspirazioni e che sarebbe stato il compimento logico delle sue ricerche che, dalle matematiche e dalla meccanica :eleste, lo avevano condotto alle scienze sociali e morali. Torturare questa o quella delle sue parole per concludere in quel senso, sarà intento di qualcuno, certo, ma non nostro. Quel che noi vogliamo rilevare, mettere in luce, e gridare ad alta voce, è la sua affermazione che nulla nella scienza è contrario al cristianesimo degli Evangeli, e questo noi opporremo al commesso-viaggiatore d’ateismo che, come l'ultimo degli imbecilli, —sebbene sia lungi dall’esserlo, — ha portato in giro per la Francia « le sue dodici prove contro 1’ esistenza di Dio ».
MEMOR.
Le idee che non muoiono
(Da « La Tribuna » del 26 luglio tgio).
Carlo Wagner, uno scrittore mi stico nel quale s’avvicendano — come è frequente nei mistici — I’ ingenuità,
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e la genialità, ha voluto cercare quai'è questa ricchezza morale che I' umanità si tramanda immutala, ha voluto dare un nome a questi tesori che non si disperdono. e ha scritto' un libro: « Ce qu'il faudra toujours ». che dovrebbe costituire, nel suo desiderio, il vangelo de! cittadino, e dove, in ventitré capitoli, sono ordinatamente elencate e spiegate le idee fondamentali di cui l'u-manità avrà sempre bisogno per vivere.
Io non seguirò il Wagner a ogni versetto del suo vangelo, perchè l'impresa sarebbe certo lunga e forse noiosa. ma spigolerò qua e là nel folto volume, perchè a me posi;¡vista, piace riconoscere la bellezza che c talvolta nel pensiero dei mistici.
Una delle idee che non muoiono è — si capisce — l'idea di Dio. Sentite con che delicata e concisa poesia il Wagner vi accenna : « Nessuno è mai solo. Tutte le nostre solitudini sono abitate da un testimonio invisibile. Oggi è la nostra ombra : domani noi saremo la sua ». I? angoscia dell' inconoscibile. il terrore dell’al di là, non abbandoneranno mai la coscienza umana perchè « il divino scaturisce dalle anime come I' acqua dalle sorgenti ». L’uomo non può sfuggire a Dio — all’ idea cioè che si riassume in questo nome e che racchiude il mistero della nostra origine e del nostro avvenire « più che non possa sfuggire alla coesione delle leggi universali ».
Quésto non è misticismo. E’ una constatazione di fatto che nemmeno gli atei possono negare, anzi che gli atei stessi confermano, perchè negare Dio vuol dire pensarlo.
Dopo l’idea di Dio. alla base di tutti i ragionamenti degli uomini, di
tutte lé loro azioni, è — secondo il Wagner — un dogma fondamentale: /<? jote n.Ua vita. « La ricchezza d’o-gni individuo, la sua salute, il suo fulgore. dipendono da questa fede ». Non è una scoperta, ma è una verità che è bene ripetere. Al fondo di ogni essere esiste un istinto oscuro il quale lo avverte che la vita è un bene prezioso. Senza questo istinto .oscuro, un vuoto immenso si farebbe intorno a noi ; e noi, e tutto ciò che creiamo, non avrebbe più ragione d* esistere.
Vivere è credere, ed è volere. Bisogna persuadersi che la nostra via è creata e che noi siamo degli seti Iteri.
I più grandi scultori, quelli he non solo foggiano la propria esistenza ma 1' esistenza, di milioni di individui sono geni».
Oggi il genio par meno necessario di una volta. O. gi si dice che una buona media generale coltura vale più di qualche individualità superiate emergente sul basso livello della maggioranza. Un solo vasto cer -elio non potrà mai “ supplire • alla folla di intelligenze modeste che s’affaticano oscuramente. Una sola grande anima non potrà mai compiere ciò che compiono «migliaia di anime umili ma fedelmente devote al loro dove re e al loro amore.
E’ verissimo.
Pure non bisogna portare all’assurdo questa verità, non bisogna cioè negare al genio — oltre al colpo d* a-la delle .invenzioni, che nessuno sforzo collettivo saprebbe sostituire — anche la sovrana virtù di essere l’interprete e l’accumulatore di pensieri c di sentimenti, che la media dell'umanità, da sola, non saprebbe nè intendere né apprezzare.
Scrive il Wagner : « Noi viviamo tutti della terra, e pure noi non possiamo consumarla direttamente. Per differenti gradi di trasformazione organi-
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ca, essa arriva a presentarsi a noi sotto forma di alimenti. Gli alimenti non sono che delle sostanze trasformate dalle piante o, dopo di loro dagli animali. Senza questi organismi intermedi!’, la terra non potrebbe nutrire l’uomo. Ciò che il mondo vegetale fa per la vita materiale dell' umanità, il genio lo fa per la vita generale. L’immensa maggioranza degli uomini si nutre della sostanza offerta dai gcnii trasformatori. Alcuni secoli hanno vissuto di ciò che aveva loro rivelato un solo uomo di genio. Altri secoli hanno sofferto la fame e la sete spirituali, inutilmente tesi verso qualche sorgente di vita non ancora scoperta. Chi può dire se molte delle nostre miserie non vengano dal fatto che le verità che ci sarebbero necessarie sono inaccessibili? Esse ci attorniamo come delle rupi gigantesche e noi moriamo di fame ai lori piedi. Bisogna attendere che vengano gli uomini i quali di queste rupi faranno del pane. Non altrimenti nel corso dei tempo il lichene il muschio, l'erba, ai quali succede la foresta, e la foresta alia quale succede il campo coltivato, trasformano in nutrimento vitale la sostanza arida del granito».
Credo non si potrebbe esprimere meglio una verità che ognuno di noi sente confusamente. Senza i genii non solo noi non potremmo vivere la nostra vita presente, ma noi non potremmo comprendere la vita passata. Essi solo hanno il dono di provocare in noi quelle resurrezioni che ci mettono a contatto coll’antichità. Senza questo loro meraviglioso potere d- evocazione noi saremmo tutti incapaci di penetrar nel passato. Potremmo calpestarne le rovine come dei vandali o ammirarle beotamente come dei touristes, ma non sapremmo trarne nè valore d'ammaestramenti nè raggi di poesia.
Quante altre cose, oltre l’idea di Dio e i genii, non morranno mai nel mondo ?
Leggete il libro del Wagner se volete conoscerle o — piuttosto — se volete ripercorrere con una guida sapiente una strada psicologica che già conoscete.
La vostra guida non vi mostrerà forse nulla di nuovo, ma saprà illustrare con nuove interpretazioni i punti di vista dinanzi ai quali passavate, prima, frettolosi e distratti.
E finito il libro, dopo aver molto meditato sulle sue parole profonde e dopo avere anche un poco sorriso sulle sue candide ingenuità, voi vi sentirete migliori, più tranquilli e più contenti.
Perchè una cosa avrete appreso — o di una cosa avrete acquistato più certa convinzione: fra le idee che non muo
iono, la più alta e la più feconda è l'idea di sacrificio. Ij sacrificio è la forza del mondo. Tutte le generazioni ne hanno vissuto, anche quelle che si Vantano di dimenticarlo.
Che cosa vale un uomo ? Vale quanto dona di sè.
E non soltanto, quanto dona di sè apertamente, alla luce del sole, con sacrificio eroico ;* ma anche e soprattutto quanto dona di sè, oscuramente, nel-l'ombra, senza speranza di ricompensa. Perchè, non è vero che questi sacrifici silenziosi siano inutili : essi formano la sostanza stessa di cui siamo falli, e nel grande bilancio della vita tutto si ritrova.
Le madri non prodigano forse nel-l'interno della famiglia dove nessuno è testimonio, una quantità enorme di sacrifici? Esse pare ne portino nella tomba, col segreto, la divina poesia del-
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NOTE E COMMENTI
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l’inutilità. Tenerezze, devozioni, magnifici altruismi sprecati. Ma il figlio vive e inconsciamente vive di quei sacrifici. Perchè vi è — in qualche luogo — una giusta bilancia ove nulla è dimenticato.
SCIPIO SIGHELE.
Il generale Booth.
[Speriamo di pubblicare nel prossimo fascicolo alcune pagine sull’ uomo e sulla sua oj era scritte da persona competente. Per oggi ci limitiamo a riprodurre le poche righe comparse su la Stampa del 22 Agosto].
« Il fondatore e « generale » del-l’Esercito della salute, morto a 83 anni, dopo sessant’ anni di infaticabile a-postolato, era uno dei più popolari e puri eroi del cristianesimo moderno. Ministro della Chiesa anglicana, egli non s’accontentò di predicare l’Evangelo dal pergamo : mistico e poeta, ma uomo pratico e previdente, potè, dal nulla, creare la Salvatimi Army, una società di propagandisti militarizzati per la redenzione sociale delle folle derelitte, per combattere la disoccupazione, 1‘ alcoolismo, il malcostume. « Chi crede in Gesù — diceva a tutti, ai vagabondi, ai Re, ai capi di Governo, che desideravano la sua compagnia patriarcale — e chi ha ferina volontà di salvat si si salverà. L* uomo porla in se la facoltà di continuare in Paradiso la carriera terrena ». L'Esercito della sal-vezzo, che non è propriamente una sètta religiosa, ma una mondiale organizzazione caritatevole, un'immensa federazione di cuori e di coscienze, per i suoi sistemi rumorosi e. un po’ ciarlataneschi di proselitismo, strappa ancora in Italia increduli sorrisi, sorse fra gli scherni, gli attentati, le diffidenze, le offese dei monelli e dei bestemmia-tori, dei beoni, dei viziosi, della gente che si compiace nel turpiloquio. Ora esso conta io milioni di proseliti ed ha organizzazioni in 50 stati. I suoi « ufficiali », ossia predicatori stipendiati, sono oltre 16,000; 63 periodici in 24 lingue diverse spargono per il mondo la buona parola........ L’Esercito della
salute possiede 60 stabilimenti industriali, 16 colonie di lavoro agricolo. Istituti bancari. Società di assicurazione, 16 ricoveri per i liberati dal carcere, 37 ospizi per i bambini, 130 ritiri operai per gli adulti. I.' Esci cito della salute salva ogni anno oltre 45«>0 donne dal meretricio, purifica a ridona alla società 50,000 liberati dalle galere e dai riformatòri. Soltanto in Inghilterra l’E-sercilo provvede ogni anno a più di tre milioni di pranzi e colazioni gratuite, e ad un. milione e 500 mila letti a quattro soldi pei notte. Inoltre trova lavoro a 16 mila uomini che vagabondano disoccupati nelle strade della metropoli inglese. La più grande e più intensa propaganda filantropica e di previdenza sociale il Booth la compì nel Nord America e in Australia ; il suo invito era : « Venite a Gesù ! il suo motto : « Sangue e fuoco ». I giornali della propaganda si intitolano : Grido di guerra. Il generale Booth può dirsi il rigeneratore della teppa: nei quartieri infimi delle città inglesi e nord - americane era popolarissimo e venerato. L’ultima istituzione del Booth è quella del « Club dei suicidi », fondato a Londra cinque anni fa, dove accorrono tutti coloro che, soccombenti nelle battaglie della vita, meditano il suicidio.
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Questa istituzione, secondo le statistiche, ha salvato dalla morte, in cinque anni, dieciotto mila persone. Vegetariano, estenuo, viveva con un scellino al giorno : benché fossero passati nelle sue mani a diecine i milioni, egli è morto poverissimo. Il Booth è venuto molte volte in Italia, dove tenne conferenze. Una casa per dònne perdute pentite fu da lui fondata a Milano, dove fiorisce, Il quartiere generale dell’2?-sercilo della salute in Italia è a Torre Pellice. I funerali di questo grande vecchio, venerando per la figura profetica e per la stupenda rettitudine, saranno fatte a spese del Governo inglese ».
U inquietudine religiosa»
[A proposito del recente volume di Paul Stapfer « L'inquielude reli-gieuse (Fischbacher - Paris, 1912) Scipio Sigitele nella Tribuna del 12 agosto scrive slcune righe sincere che raccogliamo a titolo di documento].
« Non è frequente oggi in nessun ramo della vita sociale e politica, I’ affermazione franca e recisa di determi-r nati principi!. Escluse le convinzioni sincere ed estreme, socialista o clericale, le altre, più che differire tra loro si confondono attraverso mille sfumature. Noi viviamo in un’assenza di partiti, che hanno troppo idee generali comuni e che non si differenziano l’uno dall’ altro che per qualche questione secondaria, o perii metodo della lotta, . 0 per il suono di qualche nome. E’ dif
fusa nell’ aria un’ indeterminatezza che pare concordia, ma dalla quale bisognerà pur uscire quando — superata la crisi di guerra che ci fa tutti uniti — riconosceremo la necessità di riprendere ciascuno il proprio posto e ci ricorderemo che i partiti sono la condizione e la ragione della libertà.
Forse l’unica indeterminatezza dalia quale non usciremo mai sarà quella che involge ed annebbia le opinioni religiose.
Il sentimento religioso è per sé stesso una cosa imprecisa: direi che isso è oggi, per definizione, un sentimento inafferrabile. Una volta non e-rano troppo rare le grandi affermazioni religiose e le negazioni categoriche: l’audacia derivava dalla sincerità, ne era il suo simbolo e il suo onore. Perchè, allora, le posizioni erano nette : si credeva o non si credeva, e si aveva il coraggio di dirlo. Ma oggi, poiché nessuno sa se davvero crede, e quello in cui crede, poiché il dubbio avvelena gii spiriti più elevati e l’indifferenza addormenta ie coscienze mediocri, oggi è logicamente impossibile offrire lo spettacolo di una chiara linea di condotta religiosa ; oggi è soltanto possibile mostrare la tinta cangiante di una fede e di una incredulità tra le quali non abbiamo ancor fatto una scelta dedecisiva (1).
Che questa incertezza sia biasimevole e da un certo punto di vista sia fatale all’ ordine morale che dovrebbe reggere
(1) Che la grande maggioranza degli uomini non offra « lo spettacolo di una chiara linea di condotta religiosa » è un fatto. Che sia « logicamente impossibile » offrire tale spettacolo é uri’ aftermazione che viene contraddetta dalia condotta religiosa di chiare personalità che sanno di credere e sanno quel che credono. (Red).
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NOTE E COMM ENTI
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la società, nessuno oserà contestare (2). Ma che essa sia anche, come da molti si dice, una prova della nostra insincerità. ecco ciò che io mi permetto di contraddire.
Certamente, in astratto, è una menzogna e una vigliaccheria il non dire apertamente ciò che si crede, il non mostrare agli occhi del pubblico il cristiano o F ateo che ognuno di noi è nel tondo, della,propria coscienza. Ma, in pratica, quando noi stessi non sappiamo veramente che cosa siamo e che cosa crediamo, quando le nostre idee sono torbide e confuse, come pretendere che tale stato d’animo incerto ed equivoco si traduca nella franchezza d’un gesto o d’una parola?
.... Certamente, nè la rettorie» bella di Victor Hugo, nè la teoria vaga di chi concepisce Dio soltanto come un ideale di giustizia e di verità, risolvono il problema della nostra inquietudine religiosa. Sono frasi in cui può per qualche tempo acquetarsi lo spirito nostro, desideroso di trovare accomodamenti tra la negazione e la affermazione assoluta. Ma il mistero rimane e ci attornia. Svelarlo è impossibile. Una volta che noi abbiamo sottoposto la fede alla discussione, l’abbiamo spenta. Perchè ogni autorità che tenti giustificarsi vale a dire che ragioni, e per conseguenza critichi l’opera propria, è un’ autorità che ha firmato la propria abdicazione.
Oggi non ci sono più verità che risplendano per sè stesse : oggi ci sono soltanto verità di cui noi misuriamo e
(2) Sarebbe tanto utile che i nostri moralisti insistessero su questo : è fatale che gli uomini trovino comodo di non fermarsi a studiare sè stessi, di non pensare a conoscersi e di non sapere che siano e che cosa crcdar.o ! — (Red).
analizziamo la luce ]>er vedere di quali elementi è composta e quali effetti produca.
Noi abbiamo sostituito al criterio assoluto della verità, il criterio pratico dell’ utilità. Noi siamo tutti, inconsciamente, dei pragmatisti. L* albero si giudica dal frutto. Una religione si giudica dai suoi risultati. Giova o non gio'ra avere una fede? E’ socialmente più utile credere o non credere ? Questo — e non altro — è il problema.
Voltaire, autorità non sospetta, aveva già detto che la negazione dei materialisti è funesta al genere umano, mentre l’affermazione degli spiritualisti gli è utile.
Pensando come Voltaire, lo Stap-fer e infiniti altri con lui consigliano di diffondere l’affermazione spiritualista, la fede in Dio. Lo consigliano, non tanto perchè credono essere questa la verità, quanto perchè sanno essere questa socialmente l’utilità. E’ una tattica, non è una fede. E, un calcolo, non è un sentimento.
L’inquietudine rimane, perchè ormai in materia religiosa bisogna rinunciare alla speranza di unire tutti gli spiriti che pensano, e bisogna rassegnarsi a lasciare libero ciascuno di dubitare, di credere o di negare, e non accusar nessuno di eresia o di falsità.
SCIPIO SIGHELE.
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Cristianesimo e Buddismo.
[7/ recente volume del Formiche di cui si occuperà un nostro collaboratore i: uno dei prossimi fascicoli, ha dato occasione all' On. L. Luzzedti di scrivere un brillante articolo su! Corriere della Sera (9 Agosto) intorno al valore elico del Buddismo e del Cristianesimo. Ne riproduciamo una parte'}.
... « Sicuramente, come spero di aver dimostrato nel mio lavoro sulla libertà di coscienza e di scienza, 1’ Ellenismo e il Cristianesimo sono ancora le due forze immanenti dell’ umano consorzio ; la nostra civiltà è il processo dialettico dell’ Ellenismo e del Cristianesimo, che il lavoro dei secoli fuse in uno stesso modello. Ma non è questa un’ instrinseca virtù del Cristianesimo di essersi congiunto con 1' Ellenismo? E questa virtù non è marcata alle stirpi che il Buddismo ha voluto redimere ? E se, come qualcheduno pretende, non è la qualità della religione, ma delle razze che maturò la civiltà, il Cristianesimo che si rinnova continuamente in rami fiorenti, non ebbe 1’ attitudine di adattarsi all' indole progressiva delle genti europee ? Nella mirabile bellezza delle nostre arti, che è tanta parte della civiltà, chi negherebbe l’influenza* del Cristianesimo per concederla soltanto all’ Ellenismo?
« L eroe dell'Omero buddhiano si profonda nella sublime vanità del nulla, lasciando senza rimorso le fanciulle corrotte nelle città del peccato, lieto se qualcuna lo cerca per salvarla. Il Cristianesimo, cominciando da Gesù, si adopera a redimerle coll’ affanno perpetuo della santità e della ineffabile purezza della donna.
« Perchè liberarci dal dolore ? Per
chè come suprema mèta della vita a-gognare a questa sublime viltà dell’ annientamento? Nel dolore è la redenzione, è la cagione e lo stimolo del progresso.
« L' umanità è in una redenzione continua, per effetto della scienza e della bontà, dai bisogni e dai dolori della vita.
« Se quei bisogni e quei dolori si estinguessero, si estinguerebbe la fiaccola della civiltà. Non rifuggirsi nelle foreste.per consumarsi meditando, per spegnersi nelle illusioni di un Nirvàna, il quale se non è nulla, rappresenta la gioia di una sapienza infinita individuale, che ha dell’ egoistico, ma lottare in questo mondo di virtù e di colpe, di luce e di tenebre per far trionfar la legge di solidarietà tremenda ed eccelsa, che collega la cultura coll’ i-gnoranza, la ricchezza colla miseria, lo spirito del bene con quello del male... Questo è 1' ufficio dell’ umanità, questa è la sana interpretazione delie dottrine dei redentori. E se 1’ evoluzione del Cristianesimo siffatte grandezze prepara o consente, mi pare le escluda il Buddhismo. Nè vale il dire che le i-dee morali di Buddha anticiparono tutte quelle di Cristo : anche la principalissima di amare coloro che ci odiano. E vero: i riscontri dei due Vangeli sono stupefacenti : la fede che muove le montagne, è detta dal Buddha prima di Matteo ! Così nelle foreste del Gange, prima che nei Vangeli, si udì 1’ arcana novella che la vendetta si era consumata nella sua gran rabbia, che il nemico- non si doveva odiare ma amare, benedire, aiutare, pregando per lui.
« Però Gesù solo sa adoperare metodi dimostrativi diversi dalla logica scientifica, ma che esercitano una seduzione eterna sui cuori umani. La evoluzione della morale non è nella novità dell’ idea, che forse ogni uomo
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retto ritrova nel suo cuore, ina nel modo con cui si annunzia, nell’ effetto che ottiene. Trattasi di darle un’ evidenza, una chiarezza, un’ amabilità, tina seduzióne che accenda e riempia di mirabili ardori anche le coscienze più dure.
« Ora appunto nel Vangelo la virtù si dipinge e si scolpisce con la più mirabile arte della semplicità, e, dopo il Vangelo, la Bibbia antica ha questi privilegi. In quei due libri le parole sante, buone si tramutano in formule eterne, rinnovanti nelle generazioni future 1’ effetto sperimentato da coloro che ebbero la gioia incomparabile di udirle. Diamone la prova con cui Si conchiudono i nostri ragionamenti:
<t — Che ognuno domini V altrui collera coll' assenza della collera, il male col bene, un meniilare con la verità.
« — L'odio non cessa con. I' odio, Í odio cessa soltanto con l'amore. Questa è i antica regola.
« Così dice il Buddha ; e Gesù così si esprime :
« —- Voi avete udito di' egli fu dello : Ama il tuo prossimo ed odia il tuo nemico. Ma io vi dico : Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate bene a coloro che r odiano, c pregate per coloro che vi fanno torlo e vi perseguitano. Acciocché siale figliuoli del Padre vostro, che è nei cieli ; concìossiacch' egli faccia levare il suo sole, sopra i buoni, e sopra i malvagi ; e piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Perciocché, se voi amale coloro che v' amano, che premio ne avrete ? non fanno ancora i pubblicani lo stesso? E se fate accoglienza solo ai vostri, amici, che fate di singolare ? non fanno ancora i pubblicani il simigliatile ? Voi adunque siale perfetti come è perfetto il Padre vostro, che è nei cieli.
e Non è dubbio che anche i più fervidi buddhisti questa volta preferiranno le parole del Vangelo ! ».
LUIGI LUZZATTI.
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Dei libri — di ^argomento religioso — che verranno inviati alla Redazione di BILYCHNIS in doppio esemplare saranno pubblicate in questa rubrica accurate ed estese recensioni.
Le nostre pubblicazioni*
Il pergamo
N. H. SHAW, II Pergamo ossia, manuale di omiletica, edito dalia direzione della Scuola Teologica Battista di Roma. Voi. in 16, di pag. 304, Firenze Tipografia Claudiana 1912, Prezzo L. 2,50.
È proprio il caso di dire che la direzione della « Biblioteca di studi religiosi » nella scelta di questo secondo volume, andò di bene in meglio. È vero che noi ce 1’ aspettavamo e che con questa speranza avevamo preso il primo volume come un semplice acconto, ma questa seconda pub
blicazione è stata davvero una rivelazione per noi e ci rende incontentabili per le pu-blicazioni successive.
Lanciare al publico un’ opera di didascalica oratoria la quale potesse figurare bene nella recentissima rifioritura di opere congeneri, non era davvero il più facile arringo. I due recenti capolavori « L’ Eloquenza » dell’ on. Mayorana e « L’Oratore » del prof. Patrizi sono davvero una illustrazione della mentalità italiana, ma non esagero affermando che. fra questi due volumi di oratoria in generale, non sfigura menomamente questa recentissima opera d’ oratoria sacra « Il Pergamo » di N. H. Shaw.
L’Italia erede naturale dell’ oratoria greca, espresse in ogni tempo questa sua ■invidiata caratteristica con mille oratori affascinanti, sia profani come Farinata degli Uberti, Dino Compagni, Dante Allighieri, Giano della Bella, Cola di Rienzi, Machiavelli, Guicciardini, Giordani : sia sacri come Caterina da Siena, Savonarola, Gavazzi.
Per questa sua dote, tutta naturale, il nostro paese non s’indugiò molto nella trattazione teorica deli’ Eloquenza, dato che questa fioriva in noi come naturale espressione della nostra personalità artistica. Era questo il motivo per cui dovevamo ricorre-
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TRA LIBRI E RIVISTE
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re ai!’ estero, specialmente al classico Vi-net, per la consultazione di accreditati manuali di oratoria sacra. « Il Pergamo » del prof. N. H. Shaw colma, in modo condegno, questa lacuna della nostra letteratura evangelica italiana.
La prima dote, che balza eviden e al-P occhio del critico, è la grande coscienziosità e profondità con cui fu redatta quest’opera e per questo' basta il dire che essa è la sintesi d’ una più che quarantenne esperienza rivissuta dell’ argomento, Sicché si può stare certi che P autore non culla còn irrealità ideologiche ma è guida sicura a traverso le difficoltà d’ un’arte tanto difficile. Se taluno la dicesse troppo schematica, troppo scheletrica, o che so io, risponderei che ciò non guasta anzi è come un vanto speciale di quest’ opera, primieramente perchè le norme centrali, raggruppate con ordine così serrato e organico, s’ imprimono meglio nella memoria che le deve tenere presenti e poi perchè tale brevità tacitiana è necessaria reazione ai tanti trattati congeneri, inefficaci appunto pelle vuote ed inutili ridondanze.
Siccome poi nel ministero cristiano la predicazione, pur essendo magna pars, non è il tutto, 1’ autore unisce alla parte didascalica la parte parenetica ; e i nove capitoli finali nitidamente esauriscono il tema complesso della teologia pastorale, dando cosi al libro 1’ armoniosa sintesi della teorica e della pratica, secondo la cara concezione mistica « ardere ci lucere perfectum est ».
Contrariamente al vecchio adagio che vorrebbe il dulcis in fundo, io riserbo per la fine di questa recensione due piccole critiche delle quali si potrebbe tener conto in una eventuale ristampa del volume :
i. Siccome una delle forme più in voga dell’ oratoria sacra è la conferenza propriamente detta, sarebbe meglio, io credo, se il trattato si dilungasse un po’ più intorno a questa forma divenuta tanto difficile
pel grande uso ed abuso che oggi se ne fa.
2. Un secondo appunto (indulgendo un poco al mio orgoglio latino) lo muovo, per la semplice ragione che tra le numerose esemplificazioni addotte nel libro, 1’ autore à attinto di rado all’ inesauribile sorgente dell’ oratoria latina o alla tradizione classica che per noi è la tradizione madre. L'autore si potrebbe giustificare adducendo che 1’ oratoria sacra de’ paesi anglosassoni è insuperabile, ma io non sono ancora pienamente convinto che l* Italia e Francia, artisticamente, abbiano una tradizione inferiore..... con 1’ altro vantaggio che 1’ oratoria latina è la sola rispondente a quel nostro genio di razza che un trattato scritto per italiani avrebbe dovuto tenere in maggior conto. È un fatto constatato che la vera arte oratoria — a qualsiasi genere si appartenga — è quella che meglio sa incidere nell’ avorio dell’ intima personalità d’un popolo, lo squisito cammeo della sua multiforme grandezza.
Del resto, gli esempi addotti sono calzanti per ogni riguardo e l’insieme del libro è tale che dovrebbe trovarsi nella biblioteca di tutte quelle persone le quali nella loro vita hanno scelto « 1’ ottima parte » cioè il ministerio di guidare al bene le anime mediante la parola e la cura dello spirito immortale.
PIETRO CHI MI NELLI.
Intorno ad Agostino.
Due importanti libri riguardanti 1’ o-pera e la persona d’ Agostino sono apparsi in questi giorni in tedesco. Sono i seguenti : Glaube tind Ungiaube in der IPelt-geschichte. Ein ¡Commentar su Augustin's
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B1LYCHNIS
Civita te Dei. Mil einem Exkurs : Fruitio Dei. Ein Beitrag zur Geschichte derTheologie und der Mystik. Scholz Heinrich, Lipsia.
« Questo trattato su De Civilate Dei è di gran valore. La tesi è che il libro tratti del conflitto fra la fede e I’ incredulità.... Il saggio su Fruilio Dei rintraccia la storia del misticismo da Platone ad Agostino e da questo fino al suo declinare con Kant. » Il secondo volume è intitolato : Augustin, Ein Lebens — und Charakterbild auf Grund seiner Briefe. Thim-me Wilhelm. Göttingen : Vandenhoeck und Ruprecht.
« H Timme ha presentato il suq lavoro in una forma attraente ; Agostino vi apparisce come amico, confessore, vescovo, antagonista dell’ eresia e giudice del proprio valore. Nell’ ultimo capitolo 1* autore fa di Agostino un ritratto completo, mettendo in evidenza la sua grande personalità da tutti i punti di vista.... Questo volume getta molta luce sull’ uomo, sull’età e sull’ istituzione Cristiana e merita di esser letto ».
La Storia della chiesa
■ — ----—— - - J- _l I_
in. Germania.
Kirchengeschichte Deutschlands, von Dr.
Albert Houck. Fünfter Teil. Das spätere Mittelalte:-. I, Hälfte, Leipzig. J. C. Hinricht Buchhandlung, 1911. p. 582. Prezzo, M. 10,50.
Le parti precedenti dell’opera famosa dell’ Houck sulla storia ecclesiastica della Germania sono fra le opere più apprezzate degli ultimi venticinque anni. I suoi scritti sono esatti, esaurienti, facili a leggersi e lasciano poco a desiderare dal punto di vista e storico e letterario.... L’opera sua merita la fama di cui gode ».
La Riforma in Francia.
Les Pridecants des Civennes et da Bas — Languedoc /6S4-1700 ; par Charles Bost. 2,voi. Champion, Paris. 1912. « I sedici anni della storia della Francia trattati in
questi due volumi costituiscono uno dei periodi più terribili della storia.... Allora, nell’anno ¡685 l'editto di Nantes fu abolito e il governo tentò di sterminare il Protestantesimo del reame intero.... In questo sterminio la chiesa ufficiale ebbe una parte non sempre onorevole. Le crudeltà sofferte dai protestanti sono indescrivibili.... L’ autore ebbe il privilegio di servirsi delle opere di M. Foubrune — Beribinau ed altri dotti storici ».
Le chiese cristiane.
LUIGI ANTONIO VILLARI - Le Chiese Cristiane (Considerazioni di un libero credente non modernista). — Un volume in-8. grande di 128 pagine. — Casa editrice del Comobium di Lugano 1912. — L. 2,50.
Come si vede, 1' A. ha voluto subito affermarsi fuori di ogni Chiesa, setta, associazione, ecc.. non solo, ma di qualunque gruppo o atteggiamento a cui si dia nome speciale. Egli è un apologista del Cristianesimo, di cui difende i principi essenziali, studiandolo in tutte le sue diverse manifestazioni con lo scopo di confermarne la universalità, c non tacendo a nessuno nè. il bene nè il male, che scorge in egual misura in tutte le confessioni esistenti Egli presenta in ciascuna di esse tipi e ritratti reali di santità operante, i quali dimostrano come il perfezionamento morale non si raggiunga in questa o quella credenza, ina nella elevazione e purificazione in Cristo, quale esemplare completo della più alta e cosciente spiritualità divina ed umana. Il Villari sottopone a critica vivace, ma serena, il Cattolicismo Romano, l’Ortodossia Greco-Russa, il Protestantesimo, il Modernismo, ed ogni altra tendenza antica o nuova «fello spirito cristiano ; risale alle origini, si addentra nella storia delia Chiesa e dei dogmi e — senza allontanarsi mai dai suoi punti di vista centrali — illustra il proprio tema con grande co-
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TRA LIBRI E RIVISTE 3^5
pia di documenti, paralleli, pensieri di ordine superiore, notizie rare, osservazioni o-riginali, aneddoti curiosi, ecc. ecc.
Un libro che' soddisfa, insomma, a multiformi esigenze, e certamente destinato a suscitare interesse e discussione.
La leggenda cristiana di S. Si-meone stilita e le «xxe origini pagane.
È un fatto ormai riconosciuto dai dotti di buona fede che il cristianesimo ha preso molto ad imprestito dalle religioni e dalle civiltà pagane. Lo studio delle catacombe ha dimostrato che parecchi motivi spesso trattati dall’ arte cristiana primitiva sono pagani di ispirazione.
Tali prestili sono specialmente interessanti allorquando si riferiscono a riti e leggende, e dobbiamo darvi una speciale attestazione, allorquando ne ritroviamo tracce precise e formali nei paesi ove prima il cristianesimo si è sviluppato, specialmente in Siria.
Un esempio interessante lo abbiamo nella leggenda di Simeone Stilila. Simeone Stilila, la cui festa egualmente popolare nella chiesa romana e nella chiesa greca, si celebra nella prima il 5 gennaio, nella seconda il x. settembre, era originario della Siria settentrionale. Nacque, dicesi, verso il 390 e mori nel 459. Sin da giovane egli si diede alla pratica dell’ascetismo più straordinario : faceva digiuni prolungati, faceva murare l’uscio e tulle le aperture della cella nella quale s’ era rinchiuso, spaventava persino i vescovi e i capi dei monasteri con le mortificazioni eccessive alte quali si sottometteva. Sembra che verso il 423 ebbe l’idea di spendere il resto della sua vita in cima ad un pilastro o ad una colonna. Costrusse dapprima un pilastro piuttosto basso, poi a inano a mano ne aumentò 1’ altezza, sino a raggiungere i 36 cubiti, secondo gli uni, i 40 secondo gli
altri. Secondo la leggenda avrebbe vissuto una trentina d'anni al sommo di questa colonna.
Gli « Acta Sanctorum » della chiesa romana contengono alla data del 5 gennaio, parecchie vite di S. Simeone Stilila. Eccone due passi che si riferiscono più specialmente al nostro soggetto.
« Simeone si costrusse una colonna alta 4 cubiti, in cima alla quale dimorò durante sette anni.
La sua riputazione si spandeva per ogni dove... Per lui fu innalzata una colonna di quaranta cubiti, vi dimorò per quindici anni, compiendo numerose guarigioni e molti miracoli » (1).
Le prime mortificazioni che Simeone si era imposte avevano già attratto molti devoti intorno alla sua cella : « Siccome questi devoti crescevano sempre di più in numero, scrive Simeone Metafraste, autore di. una vite di S. Simeone, il santo, prima di tutto per evitare 1’ onore che gli si voleva fare, ma poi anche per avvicinarsi maggiormente al cielo, non solo con lo spirito e col pensiero, ma anche corporalmente, imaginò di passare la sua vita in cima ad una colonna. Innalzò dapprima una colonna di sei cubiti, poi progressivamente raggiunse l’altezza di 36 cubiti...
Non v* ha da stupirsi che un tale atto sembri nuovo e per così dire incredibile. Fra tutte le virtù, di cui nessun esempio era stato ancora dato e che Simeone praticò, questa stazione prolungata sulla colonna. non solo non deve essere negletta perchè fino allora era senza precedenti, ma ancora dev’essere particolarmente elogiata perchè essa stessa, senza esempio, è stata dipoi proposta come esempio » (2).
Tutti i ducuinenti che raccontano dettagliatamente questo episodio della vita di Simeone, indicano, come località in cui avvenne, la regione di Antiochia in Siria.
Aria sanctónim, 5 gennaio.
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RH.YCNXIS
II bizantino Evagrius, contemporaneo degli imperatori Tiberio II e Maurizio, ricorda nella sua « Historia Ecclesiastica » ch’egli visitò il convento costruito in onore del santo e all’ interno di esso vide la colonna alta 40 cubiti, sulla quale Simeone aveva trascorsa la maggior parte della sua vita. Questo convento, dice, si trova a 300 stadi da Antiochia, sulla cima d’ una montagna (cap. I. § 13-14)Le rovine del convento di Simeone lo Stilita esistono ancora oggi, sono designate nel paese col nome di Kalaat Sem’ an (il castello di Simone), ed occupano la sommità d’un altipiano scosceso che domina la valle dell’ Afrin, a 6 Km. a nord del monte isolato detto dagli arabi Djebel Gheikh Bereket.
I testi dunque e 1' archeologia localizzano la vita di S. Simeone Stilita nella parte centrale della Siria, ad una certa distanza da Antiochia verso 1’ Est.
Precisamente là, in quella regione, tro-vavasi la città santa di Hierapolis consécrala al culto della dea Siriaca Atargis o Derketo, che fu assimilata dai greci ora a Hera, ora ad Afrodite, e fu riavvicinala pure alla dea frigia Cybele. Sul culto, di questa dea a Hierapolis, sul tempio a l.ei consécralo e sui riti che vi si celebravano in onor suo, abbiamo un documento prezioso, il trattato intitolato « De dea Syria » attribuito a Luciano. L’autore visitò Hierapolis e il tempio, che descrive.
Fra i riti di cui ci parla, il seguente attrae specialmente la nostra attenzione : I! portico del tempio, dice, è rivolto verso il Nord, la sua estensione è di circa 100 orgie (175 m.). Sotto questo portico vi sono dei « phallus », innalzati, secondo la tradizione da Dionisio ; la loro altezza è di 35 orgie (52 m.). Ogni anno un uomo sale in cima ad uno di quei phallus e vi rimane 7 giorni. Ecco la ragione di quest’ uso: la moltitudine é persuasa che quest’ uomo da quel posto elevato conversa con gli dei,
e chiede loro la prosperità di tutta la Siria, e che essi sentono più da vicino la sua preghiera. Altri crede che ciò si pratichi in Memoria di Deucalione, e per perpetuare il ricordo di quell’evento funesto, durante il quale gli uomini fuggivano sulle montagne e salivano sugli alberi per ¡sfuggire al-l’inondazione. Questi molivi mi sembrano poco probabili e io cr*do che sia piuttosto per onorare Dionisio che si comportano cosi ». (De dea Syria | 28).
Ora vi è una relazione stretta fra questo rito pagano e l’episodio essenziale della leggenda di S. Simeone Stilita non o-stante le divergenze. Lo Stilita è un asceta. e spende tutta la sua vita sulla sommità di una colonna che egli stesso ha edificata, o che per lui fu edificata. Il culto della dea Siriaca è un cullo sensuale, e la forma « phallica » data alla colonna ne è una prova ; la persona che ogni anno sale sulla sommità del phallus esercita una funzione di rito per la quale è pagata, per un tempo fissato dai regolamenti del tempio. Passando dalla religione materiale e grossolana dei Sirii nel cristianesimo ascetico, ia pratica evidentemente mutò fisionomia e carattere ; si è appurata, ma non sembra che abbia perduto il suo significato primitivo e profondo. E’ per essere più vicino alla divinità che il prete di Hierapolis saliva sulla sommità del phallus e che S. Simeone Stilita si installava sulla colonna. Questo constatano i passi citati. Nel tempio della dea siriaca, un prete saliva in cima di un gigantesco phallus, per trasmettere più da vicino alle divinità le preghiere e i voti degli uomini. 11 santo cristiano passa lunghi anni in cima a una colonna, per essere lui pure più vicino al Dio eh’ egli adorava. Al piede di questa colonna la folla si reca come al piede de! phallus nel tempio di Hierapolis, e in questa folla si operano guarigioni inattese e miracoli.
Non vi è quindi dubbio che la pratica ascetica che valse a S. Simeone il sopran-
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rv.*”- .......» • -■
TRA LIBRI E RIVISTE 387
nome di Stilila, sia una sopravvivenza del-l'antica religione pagana dei Sirii. 11 rito primitivo è stato trasformato, liberato dal suo carattere sensuale, epurato e morali« I zato per così dire; ma per le moltitudin che accorrevano intorno al Santo cristiano » doveva avere il medesimo risultato, la me desima efficacia che al tempo dei paganesimo. Con l’intermediario di un personaggio, rivestito di carattere sacro, erano ravvicinate alla divinità, da cui attendevano benefìzi, da cui sollecitavano protezione. E cosi una volta di più rimane stabilita la continuità profonda che. nonostante le apparenze superficiali, non cessò mai di esistere fra’ i concetti religiosi dell'Oriente nelle diverse epoche della sua lunga e così interessante storia.
[V. J. Toutain, in « Rcvue de l’Hisioire des religione « Tome LXV. N. 2. Mars-Avril 1912, p. 17 r - 177].
P. C.
DIE BABI BEH AI — Eine Stadie sur Religiorisgeschichtè des Islants. — Von Hermann Roemer, D. Phil. Potsdam : Tempel - Verlag.
Questo movimento che viene chiamato per lo più col nome di Bahaismo, ha tul-t’ ora i suoi rappresentanti in molti paesi nei quali compiono un’ attiva propaganda. È una religione che si adatta all’ ambiente. In America del Nord ha delle tendenze filantropiche : in Francia è una religione moderna dell’ umanità spin a avanti dall' entusiasmo razionalistico ed é stata sposata dagli Ebrei liberali. Nella Germania e nel-!' Inghilterra non è ancora naturalizzata, ma
cresce e s* assimila. È stato il movente di una riforma in India e specialmente fra i Buddisti nella Birmania, mentre in Turchia ed in Persia (suo luogo d’ origine) ha esercitato un forte influsso tanto religioso quanto politico.
Mitra.
The Mysteries of Mithra — FRANZ CU-MONT, Prof, nell' Università di Gand, Belgio — Trad. in Inglese dalia Seconda Edizione francese di Thos. J. Me. Corwack. Open Court Pub. Co.
Il Cumont più di qualunque altro studioso ha concentrato il suo studio sulla religione di Mitra. Egli ha viaggialo assai e ha visitato i monumenti rimasti I suoi Texles et monuménts figurés relalifs aux wy-stéries de Miihra costituiscono l'opera più notevole pubblicata su tale.soggetto ... I.a storia di questa religione è uno. dei capitoli più interessanti della storia delle religioni, perchè quella di Mitra fu una delle poche religioni non Cristiane che sono state
La Bibbia ini tedesco.
Die Heilige Schrift des Allen Testaments, übersetzt und herausgegeben, von C. Kautzsch, Prof, di Teologia in Halle. Tubinga, J. C. B. Mohr.
Questa nuova traduzione in tedesco dell’ A T. corrisponde alla traduzione del N. T. del Weizsäcker e le due insieme formano una eccellente traduzione della Bibbia in tedesco moderno.... Vi sono delle introduzioni generali per 1’ A. T. conside-
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BILYCHN’IS
rato nel suo insieme e introduzioni per ciascun libro....
A piè d’ogni pagina sono delle note esegetiche, storiche e filosofiche.... Quest’opera si vende facilmente, ma, sintende, non ha preso il posto della Bibbia di Lutero.
Intorno al battesimo.
UGO JANNI, La Chiesa e la Questione Ballista — (Saggio dottrinale - polemico) Pag- 5$- Prezzo 60 cent. — Presso l’A. a S. Remo — igrt. (Terzo articolo).
Nella Parte seconda inficiata : // carattere biblico del battesimo dei pargoli nati da genitori cristiani, nella Sezione prima: Che cosa ? il battesimo cristiano? e nel ? i. L’essenza del Battesimo cristiano. I.’ A. pone la questione : « È forse 1* immersione nell’ acqua sotto una certa condizione, la fede? O è anche l'aspersione coll'acqua sotto un’altra condizione, la nascita da parenti cristiani ? E risponde: « Il solo posare in tal modo il problema è allontanarsi dal N. T., confondendo il battesimo col rito battesimale. La parola battesimo non indica' necessariamente un rito, e il battesimo cristiano non è battesimo d’ acqua ma di spirito Santo ». quindi dice che l’antitesi emergente dalle parole del Precursore in Giov. 1-26, e da quelle di Cristo in Fat 1-5, significa semplicemente che il battesimo di Giovanni non era un’ usurpazione di quello di Gesù; e citando Giov.
3-6. aggiunge: « Possiamo dire con tutta verità che il battesimo lungi dall’ essere un rito, è un fatto spirituale, è il dono dello Spirito santo che rigenera ».... e cita in appoggio Rom. 6 - 4. Col 2 -12 e Tito 3-5.
Nel $> 2. intitolato: Rapporto Ira il battesimo e il rito battesimale l’A. chiede : « Qual’ è il senso e lo scopo del rito battesimale ? » e risponde : « Il battesimo, fatto spirituale ed interiore, è espresso e-steriormente nel fatto materiale e visibile
del rito. Il fatto visibile diventa cosi il pegno di quello invisibile. Il senso del rito è dunque psicologico e il suo scopo è pedagogico ». In quanto ai loro rapporti, dice: « Alcuni separano 1’ uno dall’ altro, chiamano il rito col nome di battesimo, il che non può concedersi che come metonimia, e poi con tutta serietà vi ragionano di due battesimi, quello d’acqua e quello di spirito. Essi dimenticano che non vi è, che non vi può essere nel N. T. un battesimo d’acqua. Gesù non ha ordinato un simbolo disgiunto dalla realtà simboleggiata, cioè vuoto, analogo a quelli del Giudaismo, anzi ha unito realtà e simbolo nella maniera più stretta possibile ».
Qui 1' A. esamina la Commissione apostolica di Mat. 28 -19 e riconosce che in essa Gesù chiama battesimo il rito ma non lo chiama così se non per metonimia. A-vrebbe pur potuto ricordare i passi nei quali le immersioni compiute da Giovanni e dagl: Apostoli non son chiamate battesimi. Ma riconosce che, in Mar. 16 - 14, « Gesù afferma la necessità del battesimo per la salvezza ». L’A. trovasi dunque in presenza di due cose con tradì norie e pure entrambe certissime, la prima: « Gesù non può affermare la necessità di un rito per la salvezza » ; la seconda : « Gesù afferma la necessità del battesimo per la salvézza ». Egli se ne sbriga col dire che « la contraddizione non può essere che apparente, ma si risolve in armonia a patto che il rito non sia che un mero rito, ma bensì un rito che e-sprima una realtà spirituale ». E conclude : « Il battesimo, e il rito battesimale sono dunque distinti ma non disgiunti. Ma l’unione del pegno colia grazia non è un legame materiale ; qui non siamo nel campo della meccanica. La grazia è data da Cristo che è il battezzatore. » A quest’ultimo pensiero non avrei nulla da ridire se non che per l’ A. il battesimo 'è sempre quello dello Spirito Santo, ed il battesimo d’acqua è mero rito.
Sul § 3 : La grazia battesimale e P O-pus-Operaium, non ho nulla da rilevare. Noterò solo questo pensiero : « La dottrina della grazia battesimale sta ad egual distanza dell’ Opus-operalum che è la degenerazione grossiera di una profonda verità spirituale, e dal. mero simbolo che è, peggio ancora, la negazione pura e semplice di una verità evangelica ».
Nel £ 4 : La rigenerazione battesimale e deplorevoli malintesi a riguardo di essa, 1’ A, spiega quanto ha detto, che la grazia
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del battesimo consiste nel dono dello Spirito santo che rigenera, col dire che « nel colloquio con Nicodemo Gesù chiama la rigenerazione « nascita d* acqua e di Spirito, cioè una nascita simboleggiata dall’acqua ed operata dallo Spirito » ; e che S. Paolo in Efe. 5 - 25 dice che « Cristo ha purgato la Chiesa col lavacro dell’ acqua », metonimia « che mostra la realtà spirituale del battesimo e la natura di detta realtà che è la rigenerazione ». Poi P A. tenta di dissipare 1’ equivoco che consiste nei confondere 1’ effetto con la causa parlando della rigenerazione come se fosse la trasformazione del cuore, il rinnovamento della vita personale, mentre ne è affatto distinta, come risulta da Tito 3-5 che distingue tra rigenerazione e rinnovamento. Secondo il Janni, « la rigenerazione è un punto di partenza, il rinnovamento è un quotidiano divenire ; quella è una nascita operata da Dio, l’elemento obiettivo del rinnovamento, questo è subordinato alla coopcrazione del-l’individuo, è l’elemento subbietlivo della rigenerazione ». Quindi I' A. loda la Chiesa anglicana che distingue tra il fatto virtuale della rigenerazione ed il fatto attuale del rinnovamento, e dichiara che « la rigenerazione battesimale non è il fatto personale, ma il fatto obiettivo e virtuale, il dono delle energie dall’ alto ». E cosi ei crede di aver dissipato I’ equivoco circa il significato della voce « rigenerazione ». sul quale si fondano gli attacchi contro la rigenerazione battesimale.
Nel 5. ed ultimo g : Il battesimo e la vita, l’A. mostra che il battesimo non è confinato in un momento, ma diviene immanente nella vita. « La presenza e l’azione dello Spirito che sono I’ essenza del battesimo e che hanno per obiettivo il rinnovamento, cominciano un certo giorno, ma si continuano. Il simbolo congiunto al dono è cosi il pegno esterno di tutte le ricchezze onde quella grazia è feconda ». Osservo solo che l’idea di pegno è allatto estranea al N. T.
Mi fermo qui ora, e lascio per un’ altra volta le tre altre sezioni della Parte II che trattano del battesimo dei pargoli. Mi sono dilungato nell’ esposizione delle idee contenute nella prima sezione perchè, insieme alla prima parte, essa contiene le basi del-P intéra teoria dell’ A. e specialmente le sue tre idee fondamentali, cioè : il Battesimo dello Spirito, le relazioni del Battesimo colla Rigenerazione, e le relazioni del medesimo colla salvezza, intorno alle quali, parecchie
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idee dell’ A. sembrandomi erronee, debbo confutarle.
I. Il battesimo dello Spirilo Santo. - Ab-biam visto che, per P A. da un lato, tra il battesimo di Giovanni e quello di Gesù vi è una completa antitesi, e per altra parte, che il battesimo d'acqua non è battesimo, ma è il rito del vero battesiiho che è quello di Spirito. Lo abbiamo pur visto beffarsi gentilmente di coloro che « chiamano il rito battesimo, e poi con tutta serietà vi ragionano di due battesimi, quello d’acqua e quello di Spirito ». A rischio di sembrargli più serio ancora, debbo ragionare della « dottrina dei battesimi » accennata in E-br. 6 - 2 e spiegarla. Alcuni vedono nei battesimi ivi mentovati le abluzioni ed i lavacri ebrei, ma basta osservare che P Epistola è bensì diretta ad Ebrei, ma ad Ebrei convertiti, cioè a Giudeo-cristiani, che questi sebben deboli avevano già ricevuta « la parola del principio di Cristo », per cui l’autore dell’.epistola vuol porre nuovamente « il fondamento » del Cristianesimo, del quale fa parte la Baplismón Didachè, e ciò in compagnia del ravvedimento, della fede in Dio, dell'imposizione delle mani, del risorgimento dei morti e del giudizio eterno.
Vi sono dunque varii battesimi cristiani. Quali ? Sono tre : quello d‘ acqua, quello di Spirito, e quello di Fuoco. I passi relativi ai due ultimi sono Mat. 3-11. Mar. 1-8 Lue. 3 -16 Giov. 1-33 Fat. 1-5. Ma ai passi relativi al battesimo di fuoco vanno aggiunti quelli che accennano alla morte di Cristo ed alla persecuzione dei credenti, cioè Mali. 20-22,25 Mar. ko 38. 39, Lue. 12-50. Il battesimo di fuoco è dunque la persecuzione, il martirio.
Ma P errore del Janni concerne il battesimo di Spirito santo eh’ egli confonde con P opera dello Spirito nel cuore per rigenerarlo, mentre nella Scrittura è la potenza dall’ Alto data ai credenti per renderli capaci di testimoniare ed annunziare 1’ Evangelo. Ciò risulta chiaro dalle ultime parole di Cristo agli apostoli nel giorno della sua Ascensione : « Aspettate la promessa del Padre che avete udita da Me, perciocché Giovanni invero battezzò coll’acqua, ma voi sarete battezzali nello Spirilo Santo dopo non molti giorni... e riceverete potenza quando lo spirito sarà venuto sopra di voi, e sarete i miei testimoni »... (Fat. 1-4-8). Le parole sottolineate mostrano che il battesimo di Spirito non era ancora stato dato, e difatti fu dato pochi giorni dopo, alla Pentecoste, non solo agli apo-
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steli ma ai centoventi riuniti nell’ alto solaio. Ora tutti costoro erano credenti rigenerati e parecchi fra essi, se non tutti, erano stati battezzati nell’ acqua, e di più gli undici avevano rotto il pane con Gesù che li aveva chiamati i suoi « amici », e nella sua preghiera sacerdotale : « i miei », « coloro che Tu, Padre, mi hai dato ». Ma non erano ancora stati battezzati nello Spirito Santo ed erano ancora troppo deboli e timorosi per intraprendere la missione alla quale erano chiamati, quindi avevano bisogno di ricevere la potenza dall’aito per testimoniare 1’ Evangelo dinanzi al mondo ; e difatti, se prima della Pentecoste erano conigli, dopo diventarono leoni.
ì.a rigenerazione non è il battesimo di Spirito, è l’opera dello Spiritp nei cuori per farli cristiani. Ora tutti i discepoli erano stati gli. oggetti di quell’opera senza la quale nessuno può essere cristiano. Anzi, oltre P opera dello Spirito rigeneratore, Gesù, in una delle sue apparizioni dopo la risurrezione, comunicò lo Spirito Santo ai discepoli dicendo loro : « Ricevete lo Spirilo Santo « «Giov. 20- 22). ma neppur questo era il Battesimo di Spirito, e lo scopo di tale comunicazione fu probabilmente di combattere i dubbi c l’incredulità dei discepoli relativamente al suo risorgimento. (Cfr. Lue. 24 - 25, 36 - 48).
Il battesimo di Spirilo non precede dunque il battesimo <P acqua, ma lo segue, non ne c la condizione, ma in certo modo ne è la conseguenza poiché il battesimo di acqua è la manifestazione della fede personale e della Rigenerazione ; quindi i! battesimo di .Spirito sanio non è pei non convertili, nè per convertirli, ma pei credenti e specialmente pei credènti chiamati all’ o-pera missionaria e per dotarli della potenza necessaria a quell’ opera.
II. Le reiasioni del battesimo eolia Rigenerazione. Come lo avrà compreso il lel-tore, non solo I’ A. vede nella Rigenerazione il battesimo di Spirito, quindi il vero battesimo, ma ritiene il battesimo d’ acqua come un semplice rito, sebbene intimamente congiunto colla rigenerazione, quindi necessario alla medesima. Egli appoggia quel suo concetto principalmente su tre passi, cioè : Giov. 3-5. Efe. 5 - 26 e Tito 3 - 5. " Parlando del primo dice : « Gesù chiama la rigenerazione « nascita d’ acqua e di Spirito », cioè una nascita simboleggiata dal-1’ acqua ed operata dallo Spirito ». E sta bene ! A proposito dei terzo passo, dice con Calvino: « Il battesimo è veramente
e propriamente chiamato « lavacro della rigenerazione ». Circa il secondo passo, scrive : « L*espressione « il lavacro dell’acqua » è una metonimia, cioè la figura per la (piale si adopera il simbolo per la cosa simboleggiata ». Ed anche questo sta bene. Ma poi. volendo volgere 1’argomento a difesa del battesimo dei pargoli, distingue tra le due espressioni di Tito 3-5: « Il lavacro della rigenerazione » e « il rinnovamento di Spirito santo », e dice che « la rigenerazione è un alto compiuto da Dio solo, quindi elemento obiettivo », e che « il rinnovamento è subordinato alla cooperazione dell’individuo, quindi elemento subiettivo, il quale si confonde colla santificazione e col progresso». E da ciò l'A. conclude alla rigenerazione battesimale.
Circa ia distinzione dell’ A. tra le due espressioni di Tito 3 - 5, vanno osservati i , termini dell’ originale. Ora le parole tradotte « Egli ci salvò mediante il lavacro della rigenerazione e del rinnovamento dello Spirito santo », sono in greco: « Esóseti ¿mas dià loulrolt palingenesias. Kai anaAaì-nóseós pneùmalos aghion ». Ora dalla voce loutros che significa bagno, lavacro, dipendono le due espressioni palingénesis e ana-kainósis vale a dire che qui. come in Efe. 5-26, e come Gesù in Giov. 3 - 5, Paolo rannoda la realtà alla figura, la rigenerazione al suo simbolo. È impossibile dividere quelle due espressioni ed applicante una a Dio. 1' altra all’ uomo, perchè esprimono una cosa sola nell’ unione dei due coefficienti, e la voce lofi Iros è una metonimia. Perchè non lo riconosce P A. in questo passo come Io ha fatto per Efe. 5-26? Del Testo, il rinnovamento delio Spirito Santo non ind ca, come crede il Janni, lo sviluppo ed il progresso cristiano, ma bensì il cambiamento di spirito e di cuore che accompagna la rigenerazione, come risulta da Rom. 12 - 2 : « Siate trasformati mediante il rinnovamento deila mente » (metamor phoùsthe lì anakainósei Ioli noós).
Ritornando al primo passo citato dal-P A. (Giov. 3-5), sul quale egli appoggia la sua teoria della rigenerazione battesimale, non solo egli contraddice quella teoria col dire che « ia rigenerazione è una nascita simbokggiata dall’acqua ed operata dallo Spirito », ma sbaglia col dire altrove che essa è opera di Dio solo, ed ecco perchè : Dopo che Cristo ebbe esposta a Nicodemo la necessità della « generazione d’acqua e di Spirito », il rabbino chiese : « Come possono farsi coteste cose ?, e Gesù, dopo
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alcuni rimproveri al « dottore d’ Israele », pronunziò le belle parole dei w. 14-17» e specialmente quelle dei w. 15 e 16 che dimostrano la necessità della fede per essere rigenerati e salvati. Sì, la rigenerazione è opera di Dio, ma non di Dio solo, poiché Iddio non rigenera chi non vuole essere rigenerato, ma soltanto chi crede nel suo Cristo. La risposta di Gesù significa dunque : « Le cose di cui ho parlato si compiono mediante la fede nell’ amor di Dio e nel sacrifizio del suo Unigenito Figliuolo ». Non vi è dunque rigenerazione battesimale, poiché la nascita d’ acqua è il simbolo della nascita di Spirito e questa è operata da Dio e ricevuta dall’ uomo mediante la Fede.
III. Ad relazione del Battesimo colla salvezza. Esposi che 1’ A., ad un certo punto del suo ragionamento si trovò di fronte a due cose contradittorie e pure entrambe certissime : la prima : « Gesù non può affermare la necessità di un rito per la salvezza »; la seconda : « Gesù afferma la necessità del battesimo per la salvezza » E dissi che I’ A. se la cava coll* aggiungere « la contradizione non può essere che apparente. ma si risolve in armonia a patto che il rito non sia un mero rito, ma un rito che esprima una realtà spirituale presente ». E stà bene ! Ripeto tuttavia che il battesimo di acqua non è propriamente un rito (parola strana alla Bibbia),' ma c una testimonianza della fede.
Parlando del passo di Mar. 16-16: « Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato », 1’ A. ammette che il testo parla del battesimo come necessario a salvezza, in connessione con coloro che avrebbero creduto, ed osserva che se il testo non parla di battesimo pei non credenti, ma dice solo : « Chi non avrà creduto sarà condannato », ciò è naturale trattandosi di adulti ; quindi prosegue : « Pei compitori della prima condizione, la fede, il testo aggiunge quella che, trattandosi di credenti adulti, non può essere che la seconda, il battesimo. In tal modo, con parole non equivoche, Gesù afferma la necessità del battesimo per la salvezza ». Questa spiegazione non mi pare soddisfacente e tanto meno in quanto che si vede che colla parola adulti, I’ A. vuol riserbarsi un’ uscita a favore del battesimo dei pargoli. Credo che la chiave della difficoltà stia altrove e specialmente nel fatto che alcuni potevano essere credenti ma trovarsi nell’ impossibilità di farsi battezzare, o perchè ammalati o perché isolati. Evidentemente per costoro
la condizione essenziale, la fede, bastava alla loro salvezza. Giova citare 1’ opinione dei Bengel : « Chiunque aveva creduto compiva il battesimo ; coloro che non credevano non lo compivano ; la privazione del battesimo non danna, tranne per incredulità ». Aggiungo : Non danna neppure in caso di impossibilità.
Ma c’ è di più : Se il testo in discorso unisce alla fede il battesimo come condizione di salvezza, gli è perchè colla fede vi sono altre cose. Ho spiegato che il battesimo cristiano è ima confessione del peccato c una testimonianza di fede. Aggiungo che è pure una confessione di Cristo salvatore Ora si Sa che Cristo ha detto : « Chi mi confesserà davanti agli uomini, Io pure lo confesserò davanti al Padre mio che è nei Cieli, ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini io pure Io rinnegherò davanti al padre mio che è nei Cieli ». Di più in Rom. io - 9, io è detto : « Coi cuòre si crede a giustizia, e colla bocca si fa confessione a salvezza ». Ora la confessione del peccato e della fede in Cristo facevasi colla bocca, e chi dopo aver udito il messaggio del perdono non la faceva, ma persisteva nell’ incredulità, non poteva essere salvato ma condannava se stesso.
Riassumendo quanto sopra, dirò che nè nella parte prima circa gii argomenti dei Battisti contro il Pcdobattisnio, nè nella prima sezione della seconda parte che tratta dei battésimo cristiano, non trovo nulla di serio contro gii argomenti dei Battisti né granché di valido nella teoria deli* A. sui battesimo. Nella prima parte ho dimostrato che I’ A., non avendo esposto tutte le condizioni « sine qua non » del battesimo non ha compreso nè là credènza battista, nè sopratutto l'insegnamento biblico sul battesimo. Relativamente alla prima sezione delia seconda parte, esponendo i tre punti essenziali della teoria deli’ A. sul battesimo, cioè il battesimo dello Spirito santo, le relazioni del battesimo colla Rigenerazione ed i suoi rapporti colla Salvezza, ed esaminando i passi biblici sui quali si appoggia detta teoria, ho mostrato che egli non comprende che cosa sia nè il battesimo dello Spirito santo, nè i rapporti del battesimo sia colla Rinnegazione e sia colla salvezza.
Per cui mi pare di poter concludere con tutto il rispetto dovuto all’A. ch’egli nella parte esaminata, non ha nè esposto le vere basi del battesimo cristiano, nè confutata la dottrina battista intorno al medesimo.
OSCAR COCORDA.
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B1LYCHN1S
niOJOFIAE RELIGIONE
X>ogmatica.
PRÉCIS DE DOGMATIQUE par G. Fulliquet. Dr. es sciences, Dr. en théologie, professeur à I' Université de Genève. Genève, Kûndig, 19x2. Un vol. in-16 de 334 P- : 5 fr.
Voilà un livre extrêmement précieux et appelé à rendre de grands services. M. Fulliquet y a résumé, sous une forme très condensée, la matière de l’enseignement qu* il donne à ses étudiants. Tout le Christianisme est là. dans ses principaux chapitres. D’ abord, après une introduction générale très nourrie, une première partie sur la « Personne et l'Œuvre de Jésus-Crist, » une deuxième sur les « Expériences chrétiennes, » une troisième sur le « Royaume de Dieu. » enfin une quatrième partie intitulée « Science et Foi ».
Nous ne saurions adhérer à toutes les idées du savant professeur ni accepter telles quelles toutes les solutions qu’ il propose aux graves problèmes soulevés dans sa Dogmatique ; mais nous ne pouvons que rendre hommage à l’esprit chrétien qui court d’un bout à I’ autre de son livre et soulève le lecteur parfois très haut dans le monde de la pensée et de la foi ; à la perspicacité pénétrant avec laquelle il expose et sonde les questions les plus difficiles : à la beauté enfin de F édifice qu’ il élève à la gloire de Christ et de son œuvre.
Cet ouvrage dénote chez son auteur une somme énorme de réflexion, de rné-didationet, de connaisances, en même temps qu’ une intelligence capable au plus haut point d’analyse et de synthèse, avec le don d’exprimer en langage intelligible les concepts les plus abstrus. Il semble avant
tout destiné aux étudiants et leur offre line sorte de manuel donnant 1’ essence même de la pensée de leur maître. Mais il peut être reccom mandé aux pasteurs et en général à tous ceux qui, adonnés aux travaux de l'esprit, ne craignent pas d’étudier le fait religieux. Le Mcù de Dogmatique de M. Fulliquet leur apportera, dans chacun de ses paragraphes, ample matière à réflexion et. dans son ensemble si imposant, un élargissement de la personnalité chrétienne et un puissant témoignage «n faveur de la foi.
. Al. G.
(La Semaine Religieuse)
La legge religiosa ebraica e suoi effetti pratici.
In un articolo intitolato « per la statistica delle malattie presso gli Ebrei » e pubblicato nel Numero di febbraio 1912 della Zeitschrifl flìr Dcmograpìiie und Slatistik der luden, B. Bancth di Berlino giunge alle seguenti conclusioni :
« Noi abbiamo finora imparato a conoscere tutta una serie di fatti da cui risulta che il popolo ebraico nella statistica delle malattie mostra di fronte agli altri popoli un atteggiamento diverso e, generalmente parlando, più favorevole. Qualunque ipotesi si voglia mettere in campo per ¡spiegare questo stato di cose ; sia che se ne attribuisca la causa ali’ astinenza o alle leggi alimentari, o che si ammetta perfino una speciale immunità di razza, non ci s¡ troverà mai fuori del campo delle condi. zioni create dalla Legge religiosa ebraica; perchè il popolo ebreo e la legge ebraica
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sono strettamente uniti 1’ uno all’ altra e formano una cosa sola, quello che io vorrei chiamare 1’ ambiente ebraico ».
Appartengono a questo il matrimonio precoce, l’intensità degli afletti domestici, la castità della vita famigliare, le leggi a-limentari, la temperanza specialmente nel-1’ uso degli alcoolici, 1’ osservanza del sabato e delle altre feste come pure delle leggi di purità relative alla vita sessuale.
La trascuranza di una sola di queste cose turba 1’ armonia dell’ insieme ed ha per conseguenza altre infrazioni ; in questa catena saldamente connessa un anello tira I' altro dietro di sé. L’ intensità degli affetti domestici che più facilmente si verifica nei matrimoni contratti in giovane età, favorisce alla sua volta la nuova educazione dei figli, fa scoprire le eventuali malattie di questi e fare ogni sforzo possibile per guarirli, trattiene poi i figli mediante il ricordo dei genitori, da ogni cattiva a-zior.e, e assicura finalmente ai genitori mercè l’affetto dei figli una vecchiaia libera da preoccupazioni. La castità della vita famigliare trattiene anche i figli dal cadere in peccato, e li preserva cosi da malattie sessuali ; le leggi alimentari li abituano al dominio di sé stessi, e li proteggono da molti mali, forse anche dalle malattie contagiose. come afferma L. Sofce, il quale nel suo libro « Per la biologia e patologia della razza ebraica » così si esprime in proposito : « Le leggi alimentari che appunto da questi Ebrei che vivono in condizioni più sfavorevoli sono più rigorósamente osservate, costituiscono in verità un forte riparo contro quelle malattie contagiose che hanno la loro origine negli organi digestivi ». ( Dalla Settimana Israelitica).
Nelle Riviste estere ed italiane»
Notiamo i seguenti articoli :
Riviste Inglesi.
« The Christ of the Church » By C. A. Brigge. American Journal of Theology, A-pril. Chicago.
« The vain appeal of Dogma to Science ». By M. M. Pattison Muir, M. A. Hibbert Journal for July. Oxford.
« Survey of recent theological literature ». By James Moffat, D. Litt. Hibbert Journal for July. Oxford.
« The Chinese Church in relation to its immediate task ». By Ch’eng Ching-ji. Ir, terna donai Review of Missions for July. Edinburg.
My Democracy » By Lyman Abbott. Outlook (New Jork) for July 27, 1912.
« Ultimate Authority in moral truth ». By Ryland Knight, Th. D. Review and Expositor for July. — Louisville, U. S. A.
Riviste Tedesche.
La Rivista Zeitschrift für die N. T Wissenschaft, Heft. 2. 1912, contiene due studi particolarmente interessanti. Uno di Ch. Bruston : « Quelques observations sur les Odes de Salomon ». L’ altro di H. Weine! sopra : « Il Talmud, le parabole di Gesù e la quistione sinottica ».
Vedi in Zeitschrift für Wissenschaftliche Theologie, XIX, p. 158-179. *’ articolo di Lie. P. Fiebig su : « I miracoli di Gesù e i miracoli dei Rabbini ».
Riviste Francesi.
In Le Christianisme social (Giugno 1912 Place d’Anvers, 2, Paris IX) : Thomas William Stead e il suo romanzo sociale : « Eccomi, Signore, mandami! », articoli di J. E. Cerisier e E. Gonnelle.
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Hl LYCHNIS
.3 $4
in Éludes Franciscaines. 4 rue Cassette, Paris VI. Agosto Settembre 1912 : Les origines de ¡’Ordre de Sainte-Claire — La Perfection Séraphique d’après saint François (Suite).
In Revue de P Histoire des religions Paris, Maggio Giugno 1912 : Daniel et Su-saune di G. Huet — Essai sur la Chronologie paulinienne di M. Goguel.
In Revue d'Histoire et de Littérature religieuses, Paris, Luglio-Agosto 1912 : Le thème du bâton sec qui reverdit. Essai de mythologie liturgique di P. Saintyves. -- La pénitence dans Ter tuli ien di Alexis Vanbeck.
La Révue Chrétienne di Parigi,, nel fascicolo doppio di luglio-agosto (200 pag. in 8. con 4 illustrazioni) contiene parecchi scritti riguardanti il bicentenario de) Rousseau (Rivolgersi all’ Amministraz. : Boulevard Arago, 83, Paris XIV.).
Riviste Italiane.
I) lìollellino Filosofico (Piazza Donatello 5 A. Firenze) nel N. di Marzo-Aprile 1912, contiene sunti di conferenze sui temi : Se il Cristianesimo risolva la questione sociale (di L. M. Billia) e P Ideale sociale di Taminàso Campanella (G. B. Kleinn). Nel N. di Maggio-Luglio 1912: L’Ideale sociale di Tommaso Campanella ,G. B. K.) e La questione della sopravvivenza umana e il pensiero moderno (A. Chiappelli).
Mazzini mistico e profeta di G' G. Pozzo nel lìollellino della Società Teosofica Italiana. Genova, Aprile 1912; nel medesimo fascicolo vedi di A. Basant: Gli I-deali della Teosofia.
Nel Bessarione — Roma, Aprile-Giugno 1912 : 1,* ora presente e P Unione delle Chiese di Mgr. N. Marini — I teologi laici russi e la religiosità nel popolo russo del P. Aurelio Palmieri.
Ne l.a Cultura Contemporanea (Roma, Via Seminario 104), fase, maggio-giugno
1912: L* insegnamento religioso nelle Scuole Italiane di S. Minocchi — La comune origine spirituale della Religione e della Scienza di \V. Cesarini Sforza.
Nel Coenobium, Lugano-Maggio 1912: Deux philosophes de Pexpérience di Ad.Ferrière.— Il principio dell’individualità e del valore di A. Crespi. — Giugno 1912 : M. Bergson et son afiirmation de P existence de Dieu di Marcel Hérbert. — Evoluzione sempre più spirituale delle religioni di G. B. Piini. — Dcs sanctions religieuscs di Raone de la Grosserie.
In Battaglie d'oggi Napoli, Luglio-A-gosto 1912: Modernismo cattolico di G. Avolio. — Chi era Gesù di E. Schaeder.
In Psiche, Firenze, maggio-fi ugno 1912 La psicologia contemporanea di E. Patini.
Nella Rivista di Psicologia, Imola. Luglio-Agosto 1912: La psicologia etnica e la scienza eugenistica di E. Morselli — Psicologia individuale di G. Sarfatti -- Bestie che pensano di G. C. Ferrari.
Rivista Cristiana (V. Serragli 51, Firenze) : Maggio 1912 : Breve corso inedito di Gastone Fremine! (E. Comba) — Il concetto moderno di Dio (A. Crespi) — I successivi stadi della Rivelazione in Israele (M. Falchi) -- Mazzini il Profeta della nuova Italia (G. Grilli) — I41 fede di G. Mazzini (E. Meynicr) — ecc.
Giugno 1912: Il Parlamento francese e la Riforma in Piemonte (G. Jalla) — Le Religioni nel mondo (E. Comba) — La filosofia religiosa di Rod. Eucken (A. Crespi) — La legislazione mosaica e il socialismo (simplex) ecc.
In Cultura Moderna Mendrisio (Svizzera), Luglio-Agosto 1912: La critica storica ed il N, T. di Von Soden.
In Filosofia della Scienza di Palermo, 15 Giugno 1912 : I limiti del possibile di A. Agabiti. — Il mistero dellac reazione di Arnaldo Ccrvesato.
« il Corbaccio » [Letterario — Filoso-
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fico. Bimensile di grande formato — Diretto dal nostro collaboratore Prof. F. Bion-dolillo. Palermo, Via Alloro 48. Un anno L. 3 ; un sem. L. 2]
N. 2 del 20 luglio 1912 : La Poesia di Giovanni Pascoli (Mario Sterzi) — Alle fonti della Vita (Guido Ferrando) — Una nuova edizione delia « Storia » di F. De Sanctis .F- Biondolillo) — Malebolge — Note Bibliografiche —• A ricolta — Nuove Pubblicazioni.
Libri e opuscoli pervenuti alla Redazione.
I
Opuscoli :
A. DoMagìstris : La nuova epopea italica (conferenza). Roma 1912. L. I.
Pompeo Molmenti : Commemorazione del sen. Antonio Fogazzaro — Venezia 1912.
I** Xdea Moderna : (Via Varese 4. Roma) : grande fascicolo di pag. 62 contenente due studi su Gabriele D* Annunzio« Vincenzo Gioberti.!.. 1.50.
Ed, Clapar&de : Un- instituí des Sciences de !' F.ducation et Ics besoins auxquels II répond. Genève, 1912.
Fierro Bovet ; La crèation à Genève <!’ une é-cole des Sciences de l'èducation — Confcrencc : Genève, 1912.
Isuigi Castello - Ninive. Mentionis honore digitatimi poetico cc«tatuine in Academia regia di-sciplinarum nccrlendica ex legato Hneffiiano in annuin MCMIC, Amscelodami indicio. — Rata-via 1903.
O. Pcnzig « La Teosofia e la Società Teosofica.
Virgilio Sommani : Gloria a Dio. Raccolta di Canti c Cori. Primo fascicolo. L. 1,30 — Libreria Claudiana, Firenze.
Ch. W. Wendt« : La vera base dell* unità religiosa. Cent. 30. Firenze, presso l'Associa*. Italiana di Liberi Credenti, viale Margherita 44.
A, DoMagistris : !«a gioventù e le insidie che le si tendono — Conferenza. Roma 19:2.
Leone ILuzzatto s Schizzi di filosofia religiosa ebraica medievale. Ascoli P. 1904.
1/ Idea Moderna (vedi sopra): !-a Teologia ne! pensiero moderno. Cent. 40,
Alca dell'«Unità Cattolica » : P. Semeria e P. Coletti. A proposito di una recente vertenza. Firenze 1912. Cent. 20.
Sac. Mariano Biondi: Giustizia! reclamo di coscienza al S. P. Pio x> Roma 1912.
Pietro Zuliani : il trionfo di Gesù Cristo c la Rovina del Papismo. Trapani 1911.
N. R^gni : La Cantica di Cristo. Bari 1912. Pag. 68. L. 1.
Ernest W. Browne : Un libro, un popolo, un Dìo: Gli Ebrei. Roma. Casa Ed. Metodista, 1912. Pag. 44 — Cent. 20.
G. Spigno: Della relazione dell'Uomo con Dio. Torino 1912 pa. 63.
II
Lziori (di cui pubblicheremo prossimamente recensioni) :
K. Vacandard : Ètiidcs de critique et d’ Histoi-rc rcligieusc. Paris 1912. Pas 378.
Rita Bolero 1 Le due campane. Milano 19x0.
E. Pappacene x Storia, Religione c Letteratura dell’ India Antica. Napoli 1912. Pag. 140— L. 2,50.
Giuseppe Salita x Le origini del Neo-tomismo, Bari, Laterza 1912. pag. 282. L. 3,50.
Lorenzo Michelangelo Billia: I.' E-sigli«) di S. Agostino. Note sulle contraddizioni di un sistema di filosofia l>cr decreto. Torino 1912. Pag. 295 : L. 4.
Giambattista Grassi - Bei* tozzi : Giordano Bruno, il suo spirito e i suoi tempi. Palermo Sandron. Pag. 850. L. 7.
Giambattista Crassi - Bertazzi : La Filosofia di Hugo da S. Vittore. Roma-Milano, Al-brighi e Segali. 1912. Pag. 418, L. 5.
Innocenzo Calderone : Libero arbitrio. Determinismo. Riiicarnazione. Palermo 19x2. Pag. 241. !.. 5.
Sac. Nicola Ccrvigni : Le teorie fondamentali del Marxismo. Saggi di inlerpretazion« e di critica. Macerata 19::. Pag. 140. L. 1,50.
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Tanto gli Hindu quanto i Maomettani stanno per fondare nuove università in India. I primi si stabiliranno a Benares e gli altri ha Oligarch. fc probabile che queste due vecchie religioni siano state spinte a questo passo dai cristiani i quali hanno già fondato scuole in molti luoghi dell’ India. Si vedono molti segni infallibili che l’O* riente si desta dal troppo lungo letargo.
È morto in questi giorni il Dott. Daniele Pearsons di Chicago.
Prima di morire aveva donato tutta la sua fortuna di oltre 25 milioni di lire per stabilire collegi e per sostenere quelli già fondati. Egli voleva ridare a Dio il denaro che aveva acquistato per mezzo delie sue benedizioni.
Tutti gli studenti universitari dell’ India ricevono gratis una copia della Bibbia nella lingua inglese al momento della loro uscita dall’ università. Durante P anno scorso più di sette mila studenti ricevettero la Bibbia.
L'Imperatore del Giappone ha scelto il Dott. Nitobe per rappresentare il suo paese presso diverse delle grandi Università Americane in una serie di conferenze sulle quistioni economiche. Egli ha già fatto conferenze sullo stesso argomento in Europa. Il dott. Nitobe si fece cristiano quando era ancora studente in Giappone mediante uno studio indipendente dei Vangeli e degli Alti apostolici. Egli insieme con alcuni dei suoi amici soleva studiare
la Bibbia regolarmente tre volte ogni settimana Oltre la Parola di Dio, questi giovani leggevano P Analogia del vescovo Bu ler ed il « Pellegrinaggio » di Giovanni Bunyan — due libri dei Puritani, che hanno esercitalo un grande influsso sul mondo inglese.
Pare che la nuova China sia decisa a sopprimere ad ogni costo la coltivazione e, per quanto sia possibile, l’uso dell'oppio. Tanto Sun-yat-ten quanto P attuale presidente si sono dichiarati contro questo terribile flagello. Qìiesto movimento benefico è dovuto in gran parte alla propaganda degli evangelici nella China.
In molte città delia China centrale la biografìa dell’ eroe chinese Sun-yat-Sen si vende in gran quantità a mite prezzo. In questa biografia s: parla della conversione del primo presidente della China, delle suo quotidiane preghiere all’ Iddio Supremo e specialmente della sua amicizia col missionario evangelico signor Cantlie. Si prevede la conversione di gran numero di Chinesi al Cristianesimo per mezzo di questo libro, giacché la vita altruistica e sommamente Cristiana di Sun-Yat-Sen ha già predisposto molli a seguire il suo buon e-sempio.
Lo spirito religioso fra il proletariato è luti’ altro che morto. In Inghilterra il movimento chiamato « The Brothcrhood
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M ivcment » ha destato un interesse meraviglioso per le cose dello spirito. Ogni domenica 700.000 uomini — per lo più salariati - si radunano in sale per cantare inni, pregare e per sentire discorsi sulle quistioni sociali. Ripetono insieme la preghiera. per lo più il « Padre nostro ». Cosi centinaia e Centinaia di op rai sono stati strappati alle bettole ed alle case da gioco. Secondo il Dr. George Adam Smith, non c’è stato nulla che ha tanto scosso l’Inghilterra religiosa come questo movimento, fatta eccezione della Riforma del secolo XVI.
Nell’ Università di Tubinga, dove il più pericoloso nemico del Cristianesimo del secolo XIX, lo Strauss, insegnò per anni, si contano oggi più studenti di teologia che in qualsiasi università tedesca : cioè 393» mentre Lipsia ne ha 357 e Halle 333.
Il famoso missionario Cristiano Battista, Sig Eric Lund, attualmente stabilito nell’ isola di Iloilo, una delle Filippine, ha terminato in questi giorni coll’aiuto del suo. cooperatore Filippino, la traduzione dell’ Antico Testamento nel dialetto Pana-yon. Così parecchi milioni di persone possono leggere l’intera Bibbia nella lingua usata nella maggior parte delle Filippino.
Il presidente della China. Ynan Shi kai, ha incaricato il Rev. Arthur Sowerby missionario Battista, di essere il tutore dei suoi nipoti ! Questo è un grande onore per gli evangelici e per i Battisti in ¡specie. E c ' tamente un posto di grande responsabilità per il tutore e può significare molto per l'avvenire religioso della China.
Dei cento laureati del collegio cristiano di Pechino 1' anno scorso, novanta si sono dedicati al ministero evangelico.
Il giudice Lewis L. Fawcett di Broo klgii ha meravigliato il pubblico americano colla seguente testimonianza : « Circa 2700 accusati sono comparsi davanti a me durante i cinque anni e mezzo della mia vita giudiziaria e tra essi non ne ho contato uno solo che facesse parte di una Chiesa 'Cristiana ». In altre parole, quésti delinquenti non hanno ricevuto le cure di nessuna del le Chiese Cristiane esistenti negli Stati U
niti. È un fatto dunque che i mondani non fanno parte delle chiese, ma solo coloro che danno prova della nuova vita in Cristo. Ciò non può verificarsi dove esiste la Chiesa dello stato : tutti i delinquenti ne fanno parte per forza perchè battezzati nell’ infanzia. È per questo che la chiesa ufficiale ha perduto quasi tutta la sua influenza morale avendo ridotto la morale della chiesa ai livello di quella del mondo. Di quanti mali è stata causa 1’ unione fra chiesa e stato !
La Bibbia è pubblicata ora in più di 600 lingue e dialetti, di modo che può essere ora letta dai nove decimi della popolazione del mondo.
La Società Biblica Britannica e Forestiera ha compiuto la pubblicazione d* un Catalogo delle Bibbie a stampa, in quattro volumi, in - 4. piccolo, di circa 600 pagine ciascuno. Costano L. 78,25. — Il 1. volume comparve nel 1904.
Questo catalogo è un’ opera dotta di prim’ ordine. Vi son passate in rassegna 9848 edizioni delle Sacre Scritture in più di 600 lingue, e minuziosamente descritte, con informazioni particolareggiate sulla storia delle versioni, sui traduttori, e sugli stampatori. Vi sono menzionate 861 città nelle quali la Bibbia fu stampata. Quest’opera è un monumento grandioso, ed il primo di questo genere, innalzato alla Bibbia.
Mediante un decreto emanato uno o due anni or sono, il presidente della Repubblica dell’ Uruguay ha soppresso il posto d’inviato straordinario e ministro plenipotenziario di questa repubblica presse il Vaticano. Poi il governo del medesimo Stato ha presentato alle Camere un disegno di legge per la soppressione, in tutto il paese — degli onori militari o ufficiali che si tributavano alle cerimonie della Chiesa romana. Queste due decisioni hanno gettato dei malcontento fra i cattolici, mentre hanno rallegrato gli animi dei liberi pensatori. lasciando però indifferente la massa della popolazione.
Ecco il testo della legge votata dalle Camere :
Articolo primo. — Tutti i privilegi accordati sin qui alle pratiche o ai simboli religiosi sono aboliti.
Articolo secondo. — L’esercito non participerà ad alcuna cerimonia religiosa.
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JMLYCHXIS
Ogni soldato è libero d’intervenire, individualmente, se gli parrii bene.
Articolo terzo. — La bandiera nazionale non si abbasserà dinanzi ad alcun personaggio religioso nè ad alcun simbolo religioso.
Si dice che P imperatore dei Giappone. morto poche settimane or sono, abbia imparato a camminare a soli 15 anni. Ciò non gli impedì di compiere molta strada durante il suo lungo regno.
Lo provano questi due fatti :
I . Quando i missionari protestanti sbarcarono al Giappone verso il 1867, videro affissi ai canti delle vie gli editti ch'orano stati promulgati altre volte contro le missioni cattoliche:
AVVISO
« 1. Le leggi contro la setta cristiana saranno strettamente applicate come nel passato.
« 2. Tutte le sette cattive sono severamente interdette.
Per ordine del governo imperiale ».
II. Quest’anno il Sig. Tokanaini, ministro dell' interno, ha convocato una conferenza delle diverse religioni del Giappone ed ha autorizzato i missionari protestanti a riprodurre la seguente dichiarazione:
« 1. II nostro scopo nel convocare questa conferenza è di far comprendere che la religione è un mezzo necessario allo sviluppo spirituale ed alla prosperità morale tanto degli individui quanto della nazione. Per molti anni queste quistioni non hanno attirato 1* attenzione che meritavano, e lo scopo principale della conferenza è di sottolineare l’importanza capitale della religione.
« 2. Non abbiamo alcuna intenzione di voler fondere gii aderenti dei diversi culti in una sola Chiesa; nè tanto meno d'istituire una nuova religione. 11 Shintoismo, il Buddismo e il Cris fia nesimo sono lutti e tre delle religioni ; ma in certi elementi importanti differiscono tra loro e le convinzioni religiose degli aderenti a ciascuna di queste religioni debbono essere rispettate diligentemente. Tuttavia aspettiamo fiduciosi che si stabilisca un accordo tra i Shintoisti, i Buddisti ed i Cristiani nel riconoscere che hanno le medesime responsabilità e che possono collaborare con tutte le loro forze in ciò che riguarda lo sviluppo spirituale ed il progresso morale della nazione.
« 3. Il Shintoismo ed il Buddismo da molto tempo sono stati considerati come religioni riconosciute dal popolo giappone
se. Il Cristianesimo dovrebbe ottenere una situazione equivalente. »
La Penne dir Theologie et de Phìlosofihie fondata quasi mezzo secolo fa sta per subire una nuova trasformazione passando in inani più giovani. Tra i nuovi redattori notiamo con piacere i nostro amico prof. Pierre Bovet dell’università di Neuchathel. Attendiamo il primo fascicolo della nuova serie e ne riparleremo
Il Doti. 1. L. Magnes tenne a New York un’ interessantissima conferenza nella « Federatoti of American Zionists ». Egli è tornalo di recente da un suo secondo viaggio nella Palestina, fatto in compagnia del grande filantropo Nathan Slrauss, e ne ha reso conto appunto in questa sua conferenza, dichiarandosi entusiasta dei progressi della colonizzazione ebraica. Lo sviluppo sempre maggiore della Palestina richiede lavoratori, uomini c donne, che vogliano dare la loro energia ai bene del paese ; le colonizzazioni agricole richiedono uomini con attitudini per la vita agricola e se è possibile, anche con un po’ di mezzi. La situazione agricola non lascia niente a desiderare ~ di.se l’oratore — e lo sviluppo della Palestina cresce sempre di più ed è dovere di lutti gli Ebrei — sionisti o no — di aiutare queste nobili iniziative, che i sionisti ed i grandi filantropi hanno intrapreso per la Palestina, (da La Settimana Israelitica).
Su proposta del Rabbino della Comunità aschkenazila al Cairo sig. M. Cohen, Si è decise» di indire una conferenza di tutti i rabbini dell’ Oriente, per discutere intorno alle questioni attuali dell’ Ebraismo orientale e creare una organizzazione rabbinica con sede a Gerusalemme. Si vorrebbe fondare anche una nuova grande Jeshi-bak a Gerusalemme, che dovrà educare specialmente i rabbini peri’Oriente. Della preparazione della conferenza rabbinica si occupa un Comitato speciale, che procurerà anche i mezzi materiali per P attuazione di questi piani, (da Zar Settimana Israelitica).
II Congresso nazionale francese del Li-baro Pensiero, tenutosi verso la metà d’A-gosto a Lille, dopo una relazione dei rappresentanti dell’« Unione atea » di Parigi, ha votato una mozione con la quale le So-
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NOTIZIE
città del libero pensiero dovranno obbligare i loro aderenti a firmare un testamento filosofico con cui si impegnano a farsi cremare o seppellire civilmente, senza alcuna cerimonia religiosa e a vietare ai loro figli minorenni di compiere alcun atto religioso. Quelli che derogassero da tale prescrizione dovrebbero giustificare il loro contegno dinanzi alla Federazione che infliggerebbe loro un biasimo e li scaccierebbe dal seno.
Povera libertà di pensiero!
Si stanno raccogliendo le lettere del* l’illustre psicologo americano W. James allo scoi>o di riunire i materiali per una sua particolareggiata biografia.
Karl Krall ha recentemente pubblicato un grosso volume nel quale ha esposto le meravigliose prove d’intelligenza che hanno dato due cavalli da lui pazientemente « educati ». Il prof. Edingcr, noto nevro-logo tedesco dice in proposito : « Qui ci troviamo certo in presenza di qualcosa di grande ; o è 1’ anima degli animali che si rivela o c’ è qualche misteriosa trasmissione di pensieri » •. Psiche). G. C. Ferrari nella Rivista di Psicologia da lui diretta, di
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scute assai dottamente la questione (Luglio-Agosto 19x2).
Per la prima volta, P Independent Im-bour Party, cioè il partito socialista più a-vanzato e più numeroso d’Inghilterra, ha a-perto il suo annuo Congresso a Merthyr (in pieno sciopero e in piena agitazione) con lina Chureh Parade ( una manifestazione in una chiesa, e con un Culto solenne al tempio del Tabernacolo, preso m affitto per l'occasione. Più di mille congressisti seguirono le bandiere dei sindacati... Keir Hardie, il leader socialista, temeva per questa innovazione, ma dopo 1’ esperimento, crede che diverrà la regola !
La stampa socialista tedesca conserva generalmente un atteggiamento antireligioso. Non bisognerebbe credere peròch’essa rifletta esattamente i sentimenti dei membri del partito. Un’inchiesta.fatta dal socialista Paolo Burgess c’ informa che su 1 io socialisti deputali al Reichstag, 22 sono membri della Chiesa protestante ufficiale, 4 cattolici, 7 israeliti, 17 membri di comunità dissidenti. 52 non appartengono ad alcuna Chiesa, 6 hanno dichiarato di non a-vere alcuna religione, 2 hanno rifiutato di dire quali siano le loro credenze.
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