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Anno 126 - n. 24
15 giugno 1990
L. 1.000
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Gruppo II A/70
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a : casella postale - 10066 Torre Pellioe
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
IL NUOVO SACRO ROMANO IMPERO
Tutto o niente?
Un’idea totalizzante della chiesa - Sparisce
il messaggio evangelico di una ’’vita nuova”
Non c’è che dire, il card. Biffi ha imparato a puntino la lezione di Wojtyla: far sempre parlare, di sé, non importa come. E
così, anche a rischio di suscitare critiche e sdegno da parte dei
cattolici ecumenici, dei laici, delle femministe e degli antirazzisti, il primo cittadino cattolico
di Bologna (intervista su «L’Avvenire » del 27.5.1990) ammonisce
cattolici e laici, democristiani e
comunisti, emiliani ed europei.
Ai cattolici si ricorda che il
pluralismo, sia nella chiesa sia
in politica, è proibito (e si cita
un « credo » artefatto adulterando il passo di Efesini 4: 5 sostituendo la parola fede con la parola «chiesa»), proponendo quindi un cristianesimo univoco (solo la voce del papa), uniforme
(solo il modello culturale cattolico), allineato (solo la politica
e la morale della chiesa).
Ai laici si rimprovera di ostacolare i diritti religiosi cattolici
nelle scuole pubbliche (in spregio, ancora una volta, delle sentenze della Corte costituzionale).
Ai democristiani si minaccia
uno scavalcamento in politica in
nome di una diretta « presenza
piena della Chiesa nella vicenda
della storia ».
Ai comunisti si canta U «de
profundis » e li si accusa di battere la strada del comunismo
rumeno e di voler continuare a
« spadroneggiare come prima ».
Agli emiiiani e ai bolognesi si
dice sen'za mezzi termini che essi sono degli impenitenti voltagabbana (via via «papalini, liberai-sabaudi, fascisti, comunisti, e
sempre con entusiasmo e vastità
di consensi...»); ma soprattutto
ii si accusa di essere dei cinici
opportunisti, « un popolo conservatore, che non muta le sue
scelte se non in presenza di traumi storici esteriori determinanti»; insomma, cari bolognesi,
voi non pensate mai con la vostra testa, seguite solo le mode
dei tempi da bravi conformisti
profittatori. Ora perciò, di fronte alla crisi del comunismo, late
un altro voltafaccia!, rientrate
tutti nella chiesa cattolica: infondo non l’avete mai lasciata
sul serio!
Agli europei si lancia ii monito:
« l’Europa, o ridiventerà cristiana
o diventerà musulmana ». All’assalto ideologico dei nuovi barbari dell’Islam bisogna rispondere con la cultura cattolica (l’unica cristiana, ovviamente!), che
va difesa ed imposta ricorrendo
anche a moderne crociate per
mantenere o riconquistare il
« santo sepolcro » deU’istruzione
religiosa cattolica nella scuola di
stato. E così, mentre Giorgio
Bocca ( « L’Espresso » del 3.6.’90 )
propone un massiccio ingresso
in fabbrica delle « nostre » donne per arginare « una immigrazione di centinaia di migliaia di
persone » (i negri, come li chiama lui), il cardinale propone una nuova ri-cristianizzazione dell’Europa oggi dominata dalla
cultura « del niente, della libertà
senza limiti e senza contenuti,
dello scetticismo vantato come
conquista intellettuale ».
E’ ovvio allora che, con la consueta equazione cristianesimo=
Chiesa cattolica, si denunciano i
laici perché «osteggiano in tutti
i modi la Chiesa » e gli stessi
cattolici ecumenici e pluralisti
perché non si rendono «conto
del dramma che si sta profilando », cioè l’invasione dei popoli
islamici.
Insomma, non un’Europa in
cui ia lede neil’Evangelo della
croce di Cristo convince della
necessità di «vita nuova» nella
libertà, nelia giustizia, nella solidarietà, non più incatenate da
pregiudizi e discriminazioni sia
economiche, sia sociali e politiche (quindi aperta anche al «nuovo » che è rappresentato dai
grandi movimenti di popoli e
culture), ma un’Europa in cui
ia Chiesa cattolica, unica detentrice della verità evangelica, rappresenta il baluardo intransigente della civiltà cristiana contro
ogni eresia interna ed esterna.
Di fronte ad un’Europa dominata dalla « cultura del niente »
(ma questo è Biffi che lo dice...)
starebbe quindi la cidtura « del
tutto », cioè proprio la « cattolicità », l’universalità del patrocinio
papale, che « tutto » ingloba e
consacra purché in linea con la
dottrina e la morale ufficiale del
magistero della chiesa.
C’è poco da lare: la salvezza
dell’Europa è solo in un nuovo
« Sacro Romano Impero », con a
capo il papa e al governo un
nuovo partito cattolico europeo,
che altri non è se non la Chiesa cattolica stessa. Non c’è
più pericolo neppure di un nuovo integrismo: Chiesa e Stato
saranno tutt’uno.
Sergio Bertollini,
Paolo Sbaffi,
Chiesa metodista di Bologna
NELSON MANDELA AL CONSIGLIO ECUMENICO
Un fratello tra fratelli
Il leacier sudafricano, liberato dopo lunghissima prigionia, è stato
accolto a Ginevra - Preoccupazioni ancora gravi per il suo popolo
« Essere stato rinchiuso in una
prigione sudafricana e ritrovarsi
qui è la realizzazione di un sogno. Chi non è stato prigioniero
politico nero in Sud Africa non
può neppure immaginare quanto
sia stato grande il ruolo del Consiglio ecumenico delle Chiese nel
dare speranza a tutti quei prigionieri e nell'aiutarli nei momenti di dubbio, ridando loro
nuovo coraggio ». Con queste parole Nelson Mandela ha cominciato il suo discorso rivolto al
personale del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC), riunito per
l'iceverlo nella grande sala del
Comitato centrale.
Pochi giorni prima Mandela era
stato ricevuto a Parigi da François Mitterrand con una solennità e una partecipazione di folla
superiori a quelle che salutano
molti capi di Stato. Da Parigi
Mandela è venuto a Ginevra. Venerdì mattina, 8 giugno, ha visitato il Bureau International du
Travail (Ufficio intemazionale
del lavoro) che ha sostenuto le
lotte dei lavoratori neri sudafricani e dinanzi al quale Mandela
ha riaffermato Timportanza di
continuare le pressioni (ossia le
sanzioni economiche) contro il
governo sudafricano. A 71 anni,
dopo 27 anni di prigione, la vivacità intellettuale di Mandela è
intatta, ma la sua salute fìsica
è ovviamente indebolita. Ha quindi dovuto rinunciare alla visita
al Comitato internazionale della
Croce Rossa, ma ha voluto mantenere il suo appuntamento con
il Consiglio ecumenico delle
Chiese. La televisione svizzera ha
parlato di un’« accoglienza trionfale »; direi soprattutto un’accoglienza estremamente affettuosa.
Al CEC Nelson Mandela era « in
famiglia ».
Nel discorso di benvenuto Emi
lio Castro, Segretario generale
del CEC, lo ha accolto come « fratello tra fratelli » e la stessa nota di fratellanza è risuonata nel
discorso di Nelson Mandela e degli altri leader sudafricani.
Tra i motivi di gratitudine verso il Consiglio ecumenico, Nelson Mandela ha anche menzionato in modo speciale le borse
di studio: « Per qualsiasi nero
sudafricano studiare è un privilegio; per un prigioniero politico poter studiare è una fortuna
assolutamente insperata ».
Nelson Mandela stesso non ha
avuto bisogno di studiare in prigione: è un democratico, come
ha ricordato Emilio Castro, che
appartiene a una famiglia di stirpe reale, e che era professionalmente un avvocato prima di essere coinvolto nella lotta per la
liberazione del suo popolo.
•Anche Winnie Mandela, la moglie di Nelson, che è stata in
prigione come molte altre donne sudafricane, ha ricordato l’importanza, per i prigionieri politici, di sapere che non sono dimenticati ma che qualcuno pensa a loro. Le preghiere di intercessione che la chiesa fa per i
prigionieri politici e per i torturati hanno un lato spirituale,
di richiesta a Dio, ed hanno un
lato umano di riaffermazione della solidarietà, della « non dimenticanza » verso coloro che i governi di qualsiasi colore tentano
di cancellare e di far dimenticare, rinchiudendoli e cercando
di farli tacere.
Nelson e Winnie Mandela, al
Consiglio ecumenico, hanno soprattutto espresso sentimenti di
gratitudine per la solidarietà ricevuta; è toccato a Thabo Mbeki
esprimere in sintesi la posizione
La missione universale
« Or dopo queste cose, il Signore designò altri
settanta discepoli e li mandò a due a due dinanzi
a sé in ogni città e luogo dove egli stesso era i>er
andare...» (Luca 10; 1-2).
Il dialogo di Gesù con i tre discepoli con il quale si conclude il cap. 9 non costituisce la fine delle
vocazioni umane- Anzi — dice l'evangelista — « dopo queste cose il Signore designò altri settanta discepoli e li mandò».
Dopo i « dodici », rappresentanti ideali delle dodici tribù d’Israele, i « settanta » rappresentano l'esplosione di una missione universale, che oltrepassa i muri della sinagoga, dell'istituzione, delle tribù consacrate. Tiro e Sidone potranno essere zone
meno restìe alla chiamata di Corazin e di Betsaida.
I samaritani, i tradizionali eretici, saranno visitati.
Non ci viene detto nulla sulla «religiosità» o
sulla « laicità » dei settanta. Ma ci è narrato della
loro designazione e della loro formazione. I conti
saranno fatti alla fine. Non vi sarà una grazia a
buon mercato.
« Li mandò a due a due dinanzi a sé ». La storia della chiesa registra l’obbedienza formale a questa regola che sarà applicata dai valdesi e dai francescani, da movimenti ortodossi ed eterodossi. La
giustificazione della prassi dei « due a due » sarà
L’INVIO DEI SETTANTA
l’utilità pedagogica dell'abbinamento di un anziano sperimentato con uno più giovane, meno esperto, un aspirante, un novizio. Fra i settanta vi sarà
posto per uomini maturi, consumati da una esperienza annosa e per dei giovani, che si stanno aprendo alla vita, alla maturità. E' così rapido il passaggio delle generazioni che non si potrà saltarne nessuna.
« Li mandò dinanzi a sé... », cioè davanti a Gesù,
quale Signore, nel quale e con il quale verrà il regno di Dio. Non saranno filosofi, ideologi, antesignani di un’umanità ideale, perfetta o perfettibile.
Non saranno né romantici, né antiromantici. Annunziano il regno.
« ...in ogni città e luogo dove egli stesso stava
per andare... ». Si parla oggi di ateismi epocali, ma
anche di svolta verso un’epoca religiosa: da un
tempo laico a un tempo spirituale. Gioacchino da
Fiore amava parlare dei tempi trinitari: del
tempo delle spine, dei gigli e delle rose, dell’alba,
del mezzogiorno, del tramonto.
Gesù parla della grande messe che sta per venire: messe grande, sebbene pochi siano gli operai.
Ma vi saranno sempre dei seminatori mandati
dallo Spirito.
Carlo Gay
Nelson Mandela in uno dei primi giorni di libertà.
politica deU’African National
Congress (ANC):
1) nella Repubblica sudafricana succedono delle cose buone, ma non sono ancora la fine
dell’ « apartheid », quindi bisogna
continuare con le sanzioni, che
sono l’unico mezzo di pressione
per obbligare il governo sudafricano a mantenere gli impegni
presi nelle conversazioni politiche con l’ANC;
2) occorre che tutti i prigionieri politici siano liberati e che
gli esiliati possano tornare ed
essere indennizzati;
3) la lotta dei neri sudafricani non è una lotta per trasformare questo o quell’aspetto della segregazione razziale, ma è
una lotta per la democrazia. Chi
sostiene con tanto fervore la democratizzazione dell’Europa orientale non può tollerare una
marcia più lenta delta democratizzazione in Africa del Sud.
« One man, one vote »: ogni persona un voto, questa è la meta
da raggiungere.
Nelson Mandela, come ha ricordato François Mitterrand, nel
suo paese non può votare, perché è nero. Un’ingiustizia da sopprimere al più presto, e non si
devono attenuare le sanzioni finché tale meta non sia raggiunta.
Un elicottero aspettava Mandela per portarlo a Berna a conferire con il presidente della
Confederazione elvetica. « Speriamo che Lei possa convincere il
governo svizzero ad applicare le
sanzioni — ha detto Emilio Castro — cosa che noi abbiamo invano tentato da anni ».
Nel suo saluto finale il Segretario generale del CEC ha ricordato che « se è vero che il CEC
ha dato qualche aiuto alla lotta
dei neri sudafricani, è vero soprattutto che tale lotta per la
libertà è stata una formidabile
ispirazione per tutto il popolo
ecumenico ».
In Mandela il personale del
CEC, riunito per accoglierlo, ha
visto non tanto l’uomo diventato famoso, quanto il rappresentante di tutti quegli oppressi per
i quali il CEC lotta giorno per
giorno.
Aldo Comba
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commenti e dibattiti
15 giugno 1990
Al NOSTRI LETTORI
INTERROGATIVI
Cari redattori,
vi scrivo per avere delle informazioni chiare e precise sulla questione
degli Asili per anziani.
Dopo la bella inaugurazione dell'Asilo di San Germano con tanto di autorità e alla presenza del Presidente
della Repubblica, resta il fatto che le
rette di questo e di altri istituti simili sono troppo alte rispetto alle pensioni che in genere ricevono gli anziani. Chi deve versare la somma aggiuntiva per arrivare diciamo da 500
mila lire al mese a quasi due milioni
per essere ricoverato? Voi mi direte: i
figli. Già, ma se uno ha un figlio solo
e due genitori all'Asilo dei vecchi dove li prende i soldi, circa tre milioni
al mese, per arrivare alla retta richiesta? Sono interrogativi drammatici che
ci fanno riflettere sul futuro degli anziani nella nostra società, senza escludere i familiari che hanno uno o più
anziani in questi istituti che hanno
rette esageratamente alte. Chissà se
qualcuno può offrire una risposta tranquillizzante anche sull'aspetto economico a questi miei (e non solo miei)
problemi? (segue la firma)
PRECISAZIONI
Caro direttore,
l'articolo sulla solidarietà con i sinistrati dell'incendio di Prarostino, pubblicato sul numero del r giugno, richiede a mio avviso una risposta. Ci
va bene che a cento giorni dall’incendio del paese si parli di Prarostino,
ma il tono deH’articolo mi sembra esagerato. Di fronte a 275 milioni di lire abbiamo il diritto di dire che la
catena di solidarietà non ha funzionato? Ha senso parlare in questa situazione di « gravi ritardi delle chiese
e della CED »? Questi sembrano i
titoli di un articolo che deve fare sensazione e che con parole drammatiche deve aumentare la drammaticità
della situazione. L'incendio è stato un
colpo duro per Prarostino, e fa ancora
male vedere le distese di boschi bruciati ed i ruderi delle case distrutte,
ma non credo che vogliamo il tipo di
pubblicità che ci fa questo articolo.
Mi sembra troppo affrettato in alcune
sue affermazioni, colpisce con la sua
critica la parte sbagliata in quest’opera
di aiuto per Prarostino e non ci aiuta affatto nel compito, di per sé delicato, di distribuire I fondi raccolti.
Una cosa senz'altro utile sarebbe stata un bilancio interinale come informazione, senza questo tono accusatorio.
Mi sento in dovere di precisare alcuni punti,
E' vero che il nostro paese è bruciato in poche ore; è altrettanto vero
che per ricostruire e per ripiantare
tutto ciò che il fuoco ha distrutto non
bastano 100 giorni, e per pagare neanche. Per questo mi sembra esagerato
parlare di « gravi ritardi ». Non mi
risulta che qualcuno dei sinistrati abbia dovuto rinunciare al suo progetto
di ricostruzione a motivo dei ritardi
delle chiese o della CED. (E ci saranno stati pure dei motivi per questi ritardi). Non vedo questa fretta, perché
l'aiuto servirà ancora per parecchio
tempo a coloro che sono stati colpiti
daH'incendio.
Ricordiamoci però anche che la solidarietà non è né diritto, né obbligo,
ma è il gesto volontario dell'amore del
prossimo; è una cosa spontanea e
quindi non la possiamo dettare, non
possiamo costringere le persone ad
essa, neanche con la pressione morale. Penso che noi a Prarostino possiamo essere riconoscenti per i segni di
simpatia e di solidarietà che abbiamo
ricevuto, e mi sembra anche che tutta
la solidarietà pratica ed economica
che la gente, le chiese, i comuni, le
fabbriche ecc. hanno dato possa farsi
vedere. Non è compito della solidarietà risarcire il danno intero e tempestivamente. c'è anche l'ente pubblico, ci
sono le assicurazioni ecc. e qui possiamo parlare di diritti, di obblighi e
di eventuali ritardi.
Sulla base di queste precisazioni
doverose mi sembra che l'analisi fatta
nell'articolo sia troppo affrettata e poco solidale con le persone che hanno
assunto quell'incarico scomodo e difficile di ripartire i fondi tra I sinistrati,
cercando un criterio più o meno giusto.
Senz'altro, il signor Armand-Hugon
avrebbe potuto spiegare molto meglio
la situazione, ad es. la questione della
collaborazione tra Comune e Concistoro, se fosse venuto a Prarostino e avesse parlato con il presidente del Concistoro, prima di scrivere il suo articolo.
Sin daH’inizio, il Concistoro non ha
considerato le sue attività a favore
dei sinistrati come concorrenza alle
iniziative del Comune. La chiesa ha
raccolto offerte e ha ritenuto di doversi assumere la responsabilità nei confronti dei donatori di ripartire questi
fondi in proprio. Negli annunci nei culti,
in cui ha invitato a questa sottoscrizione, ha però sempre indicato la possibilità di versare eventuali offerte sul
conto aperto dal Comune alla CRT di
San Secondo. Dall'inizio c’era scambio di informazioni tra Comune e Concistoro sulla questione e il Comitato
del Comune è stato informato sulle
somme raccolte e distribuite dalla
chiesa, affinché il Comitato possa avere una visione globale degli aiuti
per Prarostino.
Klaus Langeneck, pastore
Prarostino
A CHI GIOVA?
Egregio signor direttore,
mi sento in dovere di fare alcune
precisazioni in merito alTarticolo sulla
raccolta di fondi per la solidarietà con
Prarostino.
Quando, in febbraio, gli incendi devastavano le valli, mi era venuto in
mente di proporre, assieme agli altri
membri della CED, una sottoscrizione
per i sinistrati di Prarostino, partendo
dalle collette ai pranzi del XVII e lasciando alle chiese la possibilità di
far pervenire altri aiuti, in tempi successivi.
Come CED ci siamo subito premurati
di sapere se gli aiuti immediati per le
persone che avevano perso tutto fossero arrivati da altri canali, e così è
stato. Ci è sembrato perciò giusto tenere aperta la sottoscrizione per un po’
di tempo finché la chiesa di Prarostino, il Comune eoe. non potessero fare
una accurata indagine per determinare
quali famiglie avessero più di altre necessità per una ricostruzione che, per
forza di cose, avrà dei tempi mediolunghi e per la quale ci saranno meno
fondi, perché ormai sarà passata la
spinta iniziale di solidarietà.
I soldi arrivati alla CED, come collette del XVII febbraio, non ammonta
vano inizialmente neppure ai 10 milio
ni indicati (alcune chiese hanno mandato direttamente i soldi a Prarostino)
Nei due mesi seguenti, grazie alla sot
toscrizione rimasta aperta, i fondi arrivati dalle chiese ammontavano a 15
milioni. A questi la CED ha aggiunto
5 milioni che aveva in deposito su un
suo « conto calamità ». che era in un
conto vincolato il quale era bene non
sbloccare prima di fine maggio, per
non rimetterci troppo denaro.
Ecco quindi la spiegazione dei 20 milioni raccolti, i quali sono stati versati a Prarostino in due tranches di
10 milioni, la prima precedente all'articolo e la seconda prima della Conferenza distrettuale, alla quale la CED
credeva di dover render conto del suo
operato, e non già al giornale da lei
diretto.
Quando il suo giornalista mi telefonò per assumere informazioni (alle
22.30 di una sera in cui ero in riunione
con la CED) mi pose solo due lapidarie
domande: quanti erano i fondi per
Prarostino, e se erano già stati tutti
versati; non mi chiese di specificare se
fossero tutti arrivati dalle collette ai
pranzi del XVII, né accennò minimamente a vostri dubbi e a vostre intenzioni. Da quelle due uniche domande, e da quel modo di fare un po’ ambiguo, è nato un articolo che aveva la
volontà di far clamore e suscitare scandalo. Ora le domando: come giornale
della chiesa, non era suo dovere il
venire a parlare di persona con la
CED appena le fosse sembrato che vi
erano « gravi ritardi » da parte nostra,
per poi magari proseguire nella sua
linea se le risposte non le fossero
parse convincenti? Non ha davvero
pensato che nella CED ci sono ben due
persone le quali, per motivi di famiglia, sono collegate con Prarostino e
quindi hanno tenuto i contatti con quella
chiesa?
Ma la domanda che sovrasta tutte è
questa: a chi giova? Giova al suo
giornale fare uno « scoop » degno di
settimanali scandalistici? Lei non è
così ingenuo da pensare che, quando
sono in ballo dei soldi, non vi sia chi
non aspetta altra occasione per gridare ai quattro venti che la chiesa
è mal gestita e che non bisogna fidarsene. Giova alla chiesa, che lei ed io
amiamo profondamente, gettare il discredito, far nascere l'ombra del sospetto, sulla base di poche e distorte
informazioni? Giova alla chiesa dimostrare che quei pochi che ancora accettano di farsi carico della gestione
della chiesa stessa, sono poi oggetto
di critiche, impietose e spesso ingiuste, da parte di altri che sono nella
chiesa stessa?
Ed infine mi permetta una considerazione personale: ho imparato comunque una cosa da tutto questo, il grande sbaglio è stato compiuto all'inizio,
la CED avrebbe dovuto star ferma, dire generiche parole di solidarietà e
non tentare nulla, così non avrebbe
sbagliato; ma sarebbe stata fedele ai
suoi doveri?
La saluto, con molta amarezza, e la
prego di pubblicare questa mia integralmente, rinunciando, per una volta,
al vezzo corrente di aggiungervi postille esplicative.
Il presidente della CED
Claudio Pasquet
EBREI SOVIETICI
E STATO D’ISRAELE
Egregio Direttore,
sono rimasto molto stupito di leggere nell'articolo <■ Pace o soluzione »
sul numero 15 del 13.4.90, stravolgimenti della questione delTimmigrazione degli ebrei dall'URSS in Israele,
ispirati dalla propaganda araba, che
non mi sarei aspettato di trovare in un
giornale di un gruppo religioso.
Lo stato d'israelq non » cerca di avere gli' ebrei dall'URSS per rafforzarsi
demograficamente nei confronti dei palestinesi », ma perché è la sua missione sionista, la sua ragion d'essere
l'accogliere gli ebrei, da qualunque
parte provengano, come cittadini dello
stato ebraico.
Tanto più se essi sono perseguitati, come lo sono stati gli ebrei russi,
prima privati per decenni della loro
libertà religiosa e ora minacciati da
un miscuglio di panslavismo nazionalista con venature ortodosse. Non sarebbe questo anche un tema degno di
essere trattato dal suo giornale?
Quanto alla loro immigrazione nei territori occupati da Israele dopo la guerra del 1967, tutta la stampa ha chiarito
che si tratta di propaganda, dato che
il fenomeno interessa una infima minoranza degli immigrati.
La vostra attenzione al problema
palestinese (ed al suo leader in tenuta
militare che francamente stona in prima
pagina di una pubblicazione come la
vostra) non dovrebbe rendervi vittime
di propaganda, né farvi trascurare le
minacce alla pace ed ai diritti dell'uomo create In Medio Qriente da fenomeni come il riarmo iracheno, la minaccia di distruggere Israele con missili muniti di armi chimiche (purtroppo già usate contro i curdi), tutti sviluppi che non facilitano certo una soluzione del conflitto.
Giorgio Sacerdoti,
presidente della Comunità
ebraica di Milano
SIAMO
ALL’ALTEZZA?
Rileggendo un intervento nel dibattito suH'8 per mille, ho avuto l'impressione che, quando si parla di Tavola, si usi questo nome senza rendersi
conto che dietro ad esso ci sono pastori e laici che portano avanti un lavoro non facile, faticoso e che richiede sacrificio. Non ci rendiamo conto di
quanto sia importante avere una Tavola capace di vivere con coerenza la
predicazione delTEvangelo, seguendo
una linea di chiarezza e rigore morale per dare una testimonianza nel mondo.
Cosa facciamo per sostenere questi fratelli? Li critichiamo!
Faremmo invece bene a non lasciarli
soli nelle loro battaglie, facendo loro
sentire l'appoggio di una comunità vivente e che prega. Forse così la nostra chiesa sarà all'altezza del suo mandato.
Fiorine Bleynat, Villar Perosa
Auguri dall'Uruguay
Italia e Uruguay al mundial? - I valdesi calcisticamente sono divisi. Ma la chiesa è unica
In occasione di Italia ’90 presentiamo qui la squEidra del
Mensajero vaidense (il mensile
delle Chiese valdesi dell’Uruguay ). Da sinistra a destra: Carlos Enrique Benech, Carlos Deimonte (direttore), André Gönnet, Alba Peña, Jorge Roland.
Seduti: Gladys Artus de Dalmás,
Ricardo Ribeiro e Mireille Gil
les. (Nella foto è assente Nerina Mazza de Martinez).
Nell’inviarci questa foto la
squadra uruguayana saluta la
nostra redazione e tutti i nostri
lettori. Contraccambiamo gli auguri e ringraziamo i nostri corrispondenti dell’altra parte della
nostra chiesa per la preziosa
collaborazione.
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore; Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Adriano Longo, Plervaldo
Rostan
Comitato di redazione; Mirella Argentieri Bein, Valdo Benecchi, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Carri. Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte, Piera Egidi, Emmanuele Paschetto, Roberto
Peyrot, Mirella Scorsonelli
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
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Longo (vicepresidente). Paolo Gay, Giorgio GardioI, Franco Rivoira (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
Il n. 23/90 è stato consegnato agli Uffici postali delle valli valdesi
l’8 giugno e a quelli centrali di Torino il 9 giugno 1990.
A questo numero hanno collaborato: Cinzia Carugati Vitali, Dino GardioI,
Ruggero Marchetti, Silvana Marchetti, Paola Montalbano, Bruna Peyrot,
Moreno Soster, Liliana Viglielmo.
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15 giugno 1990
commenti e dibattiti
MOVIMENTO INTERNAZIONALE PER LA RICONCILIAZIONE
SOCIETÀ’
Un obiettore di coscienza >■ rischio
iuterano nel Terzo Reich
La fede e la coerenza di Hermann Stòhr, messo a morte dai nazisti
nel marzo 1940 per aver anche rifiutato di giurare fedeltà a Hitler
Sappiamo resistere all’indifferenza e all’omologazione? - Un ruolo per le nostre chiese
Il 21 giugno 1990 sono 50 anni dalla morte per decapitazione di Hermann Stohr, obiettore
di coscienza luterano tedesco.
La sua vita è descritta nel libro di Eberhard Rohm Morire
per la pace - Hermann Stòhr
(1898-1940) e il movimento pacifista ecumenico (prefazione di
Kurt Scharf, Stoccarda, ediz. Calwer, 1985, pp. 280) e in due
Opuscoli del Movimento internazionale della riconciliazione
(MIR) tedesco e di quello svizzero.
Centinaia di migliaia di obiettori di coscienza tedeschi si sono sicuramente chiesti almeno
una volta: come mi sarei comportato al posto di mio padre o
di mio nonno ai tempi del Terzo Reich? Avrei rifiutato di prestare il giuramento alla bandiera, a Hitler, per non dover uccidere?
Frasi simili vengono rimosse
facilmente, fino a quando mancheranno informazioni sui pochi cristiani che hanno realmente rifiutato a Hitler il servizio
militare. La maggior parte degli
obiettori di coscienza apparteneva alle cosiddette « sette », a piccole comunità. Solo pochissimi
provenivano dalle grandi chiese.
Alcuni, appena una dozzina di
essi, erano cattolici, e vi era un
solo luterano: non si trattava di un teologo, ma di un sociologo.
Una preziosa
documentazione
Ciò è stato portato alla luce
dalla documentazione di E.
Rohm. Infatti il dottor Hermann
Stòhr, decapitato il 21 giugno
1940 per obiezione di coscienza,
è forse il testimone più chiaro
detrazione pacifista cristiana nel
Terzo Reich. Subito dopo la comparsa di questo libro, una comunità evangelica di Berlino ha
dato il nome « Hermann Stòhr »
al suo centro comunitario, con
la collaborazione della gerarchia
ecclesiastica, malgrado che alla
maggior parte degli interessati
fino a poche settimane prima
non fosse neppure noto il nome
di Stòhr.
Stòhr non fa parte della « nube dei testimoni» (Ebrei 12: 1)
solo perché è l’unico obiettore
di coscienza luterano tedesco conosciuto, ma anche perché questo suo passo fu la conseguenza
di Un impegno ventennale nel
movimento pacifista ecumenico
e in particolare nel Movimento
internazionale della riconciliazione, e perché in prigione potè
motivare il suo seguire Cristo
con le lettere e con un suo testo per una rappresentazione
teatrale. Lasciateci partire con
Gesù..., che è quasi un catechismo luterano.
Hermann Stòhr fu volontario
di guerra e ufficiale contabile
della marina nella I guerra mondiale.
Nel 1923, dopo la laurea in
scienze politiche, iniziò il suo lavoro con il pastore prof. Friedrich Siegmund-Schuitze, fondatore del Movimento internazionale della riconciliazione tedesco. Collaborò nel lavoro ecumenico internazionale ed insegnò
le lingue straniere a gruppi di
giovani operai.
In vari suoi scritti protestò
contro l’odio verso i polacchi.
Dopo il boicottaggio degli ebrei
del 1« aprile 1933 ed altri eventi
H. Stòhr, insieme ad altre due
persone, manda una lettera di
solidarietà al rabbino di Stettin,
dr. Elk.
Il 31 luglio dello stesso anno
invia una proposta di preghiera comunitaria alla direzione della sua chiesa: « ...preghiamo per
tutti i perseguitati... siano essi
comunisti, socialisti o pacifisti,
cristiani o ebrei. In modo speciale pensiamo ai 18.000 concittadini i quali, secondo un comunicato ufficiale del giugno 1933,
vivorio in campi di concentramento del nostro paese... ».
Non riceve nessuna risposta,
soltanto una « indiretta » in un
articolo di un periodico delle
chiese tedesche.
Nel mese di febbraio dell’anno 1939, come ufficiale della riserva, viene chiamato alle esercitazioni; il 2 marzo informa il comandante del suo distretto militare (Stettin) del suo rifiuto al
servizio militare, dichiarando in
modo esemplare: « Devo rifiutare il servizio armato per ragioni di coscienza. Cristo dice a
me e al mio popolo: "Chi di
spada ferisce, di spada perisce”
(Matteo 26: 52). Pertanto non
ritengo il riarmo del mio popolo
una protezione, ma piuttosto un
pericolo. Non mi sento di partecipare a quanto è dannoso e
pericoloso per il mio popolo ».
Il 19 agosto 1939 Hermann
Stòhr viene chiamato alle armi
in occasione della mobilitazione
generale. Dopo il suo rifiuto viene arrestato, il 31 agosto, e condannato il 10 ottobre ad un anno di carcere.
Ma nel carcere militare rifiuta di giurare fedeltà a Hitler,
segue un altro processo a Berlino, dove il 16 marzo 1940 viene
condannato a morte.
Il 19 marzo 1940, tre giorni
dopo la sentenza di morte,
scrive nella sua lettera pasquale alla madre: « Un anno fa Gertrud (sua sorella) ha inchiodato
sopra il mio letto questa frase:
"Sii fedele fino alla morte e allora ti darò la corona della vita”. All’inizio mi sembrò troppo
dura, pensai subito a situazioni
quali quella in cui mi trovo ora.
Ho poi molto riflettuto su di
essa e infine le ho dato ragione ».
Di Stòhr non abbiamo molti
scritti. Probabilmente rimasero
a Stettin dopo la fine della guerra. Sono rimasti solo alcuni articoli su periodici ecclesiastici e
alcune ricerche scientifiche sull’aiuto estero americano e sul
lavoro ecumenico per la pace.
Le documentazioni più importanti furono trovate nell’Archivio
centrale evangelico e negli atti
di indagine del Tribunale militare della marina.
Si tratta di richieste alla sua
chiesa, una preghiera per i perseguitati politici proposta alla
direzione della chiesa di Berlino e una domanda di perdono
al rabbino di Stettin, oltre ad ulteriori testimonianze della sua
fede davanti alla corte e nel carcere.
La chiesa ufficiale:
è un fanatico!
I documenti più impressionanti di questa ricerca rimangono
tuttavia i giudizi sprezzanti di
alti ecclesiastici su Stòhr, che
etichettano come « stranezz.e »
quanto oggi dobbiamo considerare un esprimersi profeticamente: « Si tratta di una convinzione fanatica secondo cui ogni cristiano sarebbe obbligato a prendere posizione rispetto a ogni
cosa riguardante la vita pubblica, secondo l’Evangelo. Perciò
egli non ha timore di diffondere le sue opinioni critiche anche
alle istanze più alte dello stato
e della chiesa, a volte addirittura anche all’estero. Mi e noto
che egli, ad esempio, si è rivolto
quest'estate al Tribunale del
Reich e al procuratore superiore, perché secondo la sua opinione durante la preparazione
del processo per l’incendio della
Camera dei deputati vi sono state delle scorrettezze. Allo stesso modo egli si trova dovunque
sia data l’occasione di poter
criticare gli avvenimenti ecclesiastici dell’estate scorsa ». Così
riferisce nel 1933 un funzionario
concistoriale di Stettin alla gerarchia della chiesa di Berlino.
Un simile comportamento, insieme ad un « sentimento di giustizia schematico » riguardo ai
«nemici del nostro popolo», a «voler assolutizzare l’etica del sermone sul monte» e la «visione meccanicistica della necessità di
creare l’Una Sancta », fanno di
Stòhr, agli occhi della gerarchia
ecclesiastica, una « personalità
deplorevole ».
Il particolare vantaggio dell’indagine di Eberhard Ròhm, esperto pedagogista, è nel chiarire la
situazione storica dando informazioni sullo sfondo di allora
e nel documentare anche le dichiarazioni della chiesa in contrasto con quelle di Stòhr, come ad esempio la « canzone delle armi » del pastore della cattedrale di Uhn, August Ebert,
del marzo 1935, e l’appello blasfemo del Consiglio ecclesiastico
della Chiesa evangelica tedesca
per la festa del sacrificio delle
campane del 12 aprile 1940.
In quella stessa seduta del Consiglio ecclesiastico si sarebbe dovuto parlare dell’appoggio da dare alla domanda di grazia per
Hermann Stòhr fatta personalmente dal pastore Harald Pòlchau, cappellano del carcere di
Plòtzensee. Ma la domanda fu
respinta dal vescovo Maràhrens.
A cura di Hedi Vaccaro
A Firenze centinaia di persone hanno manifestato nelle scorse settimane contro la società
calcistica della Fiorentina per
aver ceduto il giocatore Roberto Baggio alla Juventus, che l'ha
acquistato per la somma di 25
miliardi.
E’ paradossale che un fatto simile possa scaldare gli animi ed
indurre alla ribellione spontanea, mentre la rassegnazione
sembra prevalere di fronte al disfacimento della società civile, al
malcostume dilagante in ogni settore della vita pubblica. Neppure il malcontento suscitato dall’ennesima stangata, che come
sempre penalizza i più deboli e
lascia impuniti i grandi evasori,
ha avuto la capacità coesiva che
ha invece avuto la vicenda Baggio: non vi è stata, anzi, neppure l’ombra della protesta popolare.
Sappiamo quanto forte sia l’effetto narcotizzante del calcio e
di tante altre droghe che il sistema ci propina. Il pericolo che
corre la nostra società e che corre ognuno di noi come singolo
individuo è quello di finire sotto
il rullo compressore del conformismo e della massificazione,
ove non sono più possibili distinzioni tra maggioranze ed opposizioni, tra maggioranze e minoranze, tra identità diverse.
In tivù i killer ed i morti ammazzati sembrano avere gli stessi volti, così come quelli di chi
spaccia droga e di chi ne è vittima; simili, questi ultimi, anche per la legge.
Nella nostra società prevale
l’indifferenza all’indignazione dinanzi all’arroganza dei partiti, al
disimpegno dei sindacati, entrati anch’essi a far parte in larga
misura di un sistema corrotto.
Si rimane indifferenti anche di
fronte ad una giustizia malata
che spesso, anziché una tutela,
costituisce un pericolo da cui ci
si deve difendere.
Nel corso degli anni, in Italia,
il ruolo dell’opposizione in campo politico si è progressivamente sbiadito, la protesta è stata
ridotta ad una formalità espressa con parole di rito che ci sembrano ormai’ stinte ed inefficaci
e che il più delle volte fanno
Appuntamenti
Dal 10 al 23 giugno — VILLAGGIO
DELLA GIOVENTÙ’ (Santa Severa): Il
Villaggio è aperto per un periodo di
vacanze « libere ». Informazioni tei.
0766/740055.
Dal 17 al 29 giugno — CENTRO EVANGELICO BATTISTA (Rocca di Papa): Si tiene il campo ragazzi (6-10 anni) sul tema « Gesù, il nostro amico».
Informazioni e iscrizioni telef. 06/
9499014 o 06/5780412.
Dal 18 al 24 giugno — AGAPE (PraII): Si tiene presso il Centro ecumenico rxi incontro suH’omosessualità
che quest’anno avrà come tema « violenza e tenerezza ». Informazioni Agape centro ecumenico, tei. 0121/807514
(ore 9-12.30; 15-19), Fax 0121/807690.
Martedì 19 giugno — TORINO: Nel
salone di via Pio V vicino al tempio
ha luogo una riunione su Villa Olanda e
sulla possibilità che questo istituto
per anziani autosufficienti prosegua la
propria attività. Inizio ore 20.30.
Dal 23 al 30 giugno — ADELFIA
(Scoglitti): Si tiene II campo per ragazzi dai 7 ai 10 anni sul tema » Dal
mondo delle parabole alla parabola del
mondo». Informazioni ed iscrizioni (fino al 26.6 tei. 0934/929433.
Domenica 24 giugno — VENOSA: Si
tiene alle ore 10 presso II Cinema Coraglio la festa delle Chiese evangeliche di Puglia e Basilicata. Culto di
evangelizzazione in collaborazione col
XIV Circuito, manifestazione di solidarietà ai lavoratori extracomunitari. Informazioni 0972/760020.
Dal 24 giugno a,l 4 luglio — CASA
CARES (Reggello): Si tiene il campo
per ragazzi dai 7 ai 12 anni sul tema « feri, oggi e domani. Noi e la
creazione ». Informazioni ed iscrizioni
055/8652001.
Dal 26 giugno al 6 luglio — AGAPE (Prali): Si tiene presso il Centro
ecumenico il campo per ragazzi dai
14 ai 17 anni sul tema « Che Guevara,
Martin Luther King: quali lotte per
cambiare? ». Informazioni e iscrizioni
tei. 0121/807514 (ore 9-12.30: 15-19).
Fax 0121/807690.
Dal 30 giugno al 15 luglio — ECUMENE (Velletri): Si tiene il campo per
ragazzi dagli 8 agli 11 anni sul tema
« occhi verdi ». Per iscrizioni e informazioni tei. 06/4743695.
Dal 30 giugno al 14 luglio — CENTRO « LUIGI MENEGON » (Tramonti
di Sopra): Si tiene il campo per cadetti sul tema « i viaggi di Paolo ».
Informazioni ed iscrizioni tei. 041/
5233449.
apparire patetico chi le pronuncia. Il coraggio della denuncia
è sempre più soffocato da una
babele di voci.
Nuove formazioni politiche e
sindacali, come le Leghe ed i
Cobas, hanno fatto in anni recenti il loro esordio sulla scena
italiana ed hanno raccolto la protesta che altre forze politiche
non hanno saputo o voluto esprimere con la necessaria determinazione e con il necessario coraggio, occupate com’erano fino
all’altro ieri a spendere il loro
tempo in discussioni così lontane dai problemi reali della gente da risultare, come si è visto,
improduttive ai fini di un cambiamento reale.
Nel clima di incertezza generale, di confusione dei ruoli e di
appiattimento che travalica i nostri confini nazionali, assistiamo
a rigurgiti xenofobi, allo smantellamento di regimi ed all’instaurazione di nuove forme di potere che SI disfano di ogni erba
del passato, mettendo a bruciare il grano insieme alle zizzanie.
Sono in molti a speculare sulle
crisi del mondo moderno. Non
stupisce quindi l’insorgere, anche nel nostro paese, di nuove
forme di intransigenza e di integralismo.
Anche noi, membri di una chiesa evangelica fortemente minoritaria, corriamo il rischio di fare dell'indifferenza e della rassegnazione l’asse portante della
nostra vita. Essere divenuti ima
minoranza ascoltata e talvolta
corteggiata dopo essere stati per
lungo tempo ignorati può costituire una forte tentazione a cedimenti compromissori. Ma sarebbe illusorio pensare che siano in molti a sapere chi siamo;
non possiamo e non dobbiamo
accontentarci di un culto in eurovisione alla presenza del capo
di Stato. Non basta dire agli altri che esistiamo. Il nostro compito consiste nel testimoniare
una fede capace di risvegliare la
coscienza sopita di quest’Italia
che affonda le proprie radici culturali in quattro secoli di Controriforma e che oggi più che
mai ha bisogno delTEvangelo di
Cristo e non delle crociate neoevangelÌ7.zatrici di papa Wojtyla.
A partire dalle nostre assemblee, dalle nostre attività, dalla
nostra presenza di cittadini in
mezzo ad altri cittadini siamo
chiamati a vivere fino in fondo
il ruolo di coscienza critica della maggioranza che ci è dato
dall'essere minoranza, muovendoci senza remore e senza timori nel denunciare i mali della società nella quale viviamo ed alla quale apparteniamo. Saremmo
incoerenti o addirittura ipocriti
se chiudessimo gli occhi davanti alla cattiva amministrazione
della cosa pubblica, alla gestione mafiosa e clientelare del potere, ai soprusi perpetrati nei
confronti delle categorie più deboli, se tacessimo dinanzi ad una
chiesa cattolica sempre più aggressiva e rampante, ostinata
nella difesa di privilegi anacronistici e lesivi della libertà dei
ciltadini.
Per questo non dovremmo rinunciare a far avvertire di più
la nostra presenza, ad affermare che la nostra fede è alternativa al cattolicesimo romano, a
rivestire il ruolo dell’opposizione quando le circostanze oe lo
impongono.
"Tutto ciò senza la paura di
scontentare chi ci ascolta.
Solamente così potremo allontanare da noi il rischio dell’omo'logazione, che talvolta sembra
lambire anche la nostra identità
di minoranza protestante in Italia.
Sergfio Franzese
4
4 ecumenismo
15 giugno 1990
IVREA-BIELLA
GINEVRA
Valdesi e società italiana catechesi comune
per cattolici e riformati
La scommessa di una fede vissuta in modo laico - Interessante dibattito tra Giorgio Bouchard e il vescovo di Ivrea, Luigi Bettazzi
In Un libro di qualche anno fa,
edito dalla Marietti, una sorta
di raccolta di « autobiografìe teologiche », il prof. Sergio Rostagno scriveva che i valdesi rimangono — finché ce ne sarà uno —
degli irriducibili. Felice espressione, a mio avviso, per indicare
degli uomini e delle donne che
non si lasciano omologare, tenaci, testardi ed appassionati, ma
non settari. Quest'immagine di
un popolo-chiesa che può essere
compreso sotto il denominatore
deH’irriducibilità emerge anche
dal libro di Giorgio Bouchard
/ Valdesi e l’Italia, giunto
adesso alla sua seconda edizione. L’autore stesso è indubbiamente un irriducibile e di questo abbiamo avuto conferma nei
due dibattiti — vivaci e con una
larga partecipazione, anche cattolica — che le chiese di Biella e
di Ivrea hanno organizzato appunto in occasione della seconda edizione del libro.
Giorgia Bouchard — che tornava in due chiese e in due città dove aveva lavorato per parecchi anni aH’inizio degli anni
sessanta — ha presentato il suo
libro con la giornalista Piera Egidi, a Biella, e con monsignor
Luigi Bettazzi, ad Ivrea.
A Biella, l’autore ha maggiormente legato il suo intervento
al contenuto ed alle motivazioni
che stanno alla base del libro,
indicando come orizzonti fondamentali della nostra presenza e
della nostra predicazione in Italia la scommessa di una fede
vissuta in modo laico e la partecipazione alle battaglie progressiste nel nostro paese. Questo riusciamo a continuare a fare — nonostante l’esiguità della
nostra consistenza numerica —
perché la nostra azione di oggi
si inserisce nel solco di una storia e di un’epica di cui qualsiasi gruppo organizzato ha bisogno per resistere, per « durare ».
La sorella Piera Egidi ha rilevato giustamente che il libro è un
memoriale intessuto di soggettività. Bouchard ha il coraggio della soggettività (lo ha espresso
anche nelle due serate) in una
chiesa che continua ad essere
affetta da timidezza ed introversione. Il libro — aggiungo io —
non richiede di essere approvato e sottoscritto da tutti, ma certamente invita al confronto alrintemo ed aH'estemo del perimetro delle mura ecclesiastiche.
La Egidi — nella consapevolezza un po’ triste che molti di
noi avvertono quando ci rendiamo conto che il numero dei compagni che attraversano il ponte
di Salbertrand e vengono a continuare il loro cammino di fede
e di vita con noi non riesce neppure a bilanciare quello degli
amici che muoiono e dei « disertori » — opta a favore dell’idea
della « chiesa-movimento ». Anzi, del movimento a scapito della chiesa: meno struttura, meno
pastoie e pesi burocratici e maggiore attenzione al rinnovamento del linguaggio e degli atteggiamenti, maggiore fantasia e
decisamente maggiore apertura
verso l’esterno.
Fra gli interventi nel corso del
dibattito, pienamente centrata è
stata la domanda di un amico
non credente che chiedeva se le
nostre difficoltà di oggi non nascano anche dalla mancanza del
« nemico ». Nel momento in cui
il nemico non c’è più, o si mimetizza meglio e la sua azione
diventa più elegante e sottile e,
di conseguenza, cessa anche la
vigilanza di chi avverte continuamente il pericolo, come si muovono i valdesi? Che cosa fanno?
Per quali valori « alternativi » si
impegnano a lottare?
favo Burat, infine, ha sottolineato con forza quanto sia importante che venga mantenuta la
dimensione di popolo dei valdesi. Non solo è lecito, ma è bene
che l’aggettivo « valdese » continui ad essere rivendicato anche
da quella fascia di persone che
si considera valdese a prescindere dal fatto importante della
confessione della fede. Uomini e
donne che formano una minoranza culturale progressista che
può essere stimolo e lievito per
la chiesa e garanzia di democrazia.
Ad Ivrea, il vescovo Luigi Bettazzi, che già ad Asti aveva, presentato il libro con Bouchard,
ha rilevato come questo testo
non sia « ad uso interno », ma
estremamente utile anche per il
cattolico, che ci può ritrovare un
po’ della propria storia e l’invito continuo ad insistere su tre
pilastri del protestantesimo: la
forza interiore che nasce dalla
Parola di Dio, il sacerdozio comune dei credenti con il collegamento alla vocazione femminile — collegamento che la chiesa cattolica continua a cercare
di eludere — e l’importanza della chiesa locale.
Per Bettazzi questo libro-testimonianza pone problemi eomuni a chiunque si sforzi di essere chiesa di Cristo oggi. Tutti
viviamo in un tempo in cui assistiamo all’eclissi della filosofia marxista, con cui — nel bene e nel male — ci si è misurati
per decenni, alla difficoltà di costruire una teologia del lavoro
e della sessualità, alla tensione
che nasce dalla contrapposizione
fra una teologia più « teorica »
(per esempio quella di Barth) e
le teologie che cercano di trasformare la realtà. Comuni sono anche i problemi di carattere sociale legati, per esempio,
al Mezzogiorno. Manca un po’,
secondo il vescovo eporediese
(ma il libro è uscito già da due
anni!), la problematica pace, giustizia e integrità del creato. Assenti sono gli accenni alla massoneria ed il problematico rapporto fra le nostre chiese ed i
movimenti « evangelica! ».
Bouchard stesso ha riconosciuto che il libro è già « datato »
ed un altro dovrebbe essere scritto oggi. In questo nuovo ed ipotetico libro il nostro autore partirebbe dalla constatazione che
ci muoviamo oggi in un contesto di ripresa del protestantesimo intemazionale. Anche la ter
za internazionale — che oggi è
finita — ha avuto un funerale
evangelico. Il protestantesimo,
dai paesi dell’Est al Sud Africa,
si ripresenta come la religione
laica della giustizia e della libertà degli uomini (da Paul Ricoeur
a lesse Jackson).
I valdesi — che purtroppo non
sono la filiale evangelica di questa « internazionale della libertà » — hanno una serie di doveri irrinunciabili:
— non possono permettere
che la sete di Dio si risolva in
un’« ubriacatura » spiritualistica;
— non possono permettere
che la fame di giustizia venga
svuotata da una società arrivista e di fronte a questa fame
di giustizia debbono impegnarsi
per cercare di lavorare alla proposta di un « socialismo luterano », di un socialismo, cioè,
fondato su un’etica.
Infine, devono accettare la sfida della rivoluzione femminista.
Una sorta di « femminismo evangelico » può nascere nelle nostre chiese.
Qltre a continuare a portare
in Italia le responsabilità politiche, intellettuali e teologiche del
protestantesimo, queste — secondo Bouchard — sono le nostre
battaglie.
Questo è il nuovo libro di Bouchard, che non sappiamo se un
giorno vedrà la luce. Sarebbe di
nuovo un libro a tratti forse troppo « di parte » o per qualcuno
« riduttivo » (sarà davvero possibile archiviare ciò che la terza internazionale ha portato con
sé con poche espressioni e girando semplicemente la pagina?).
Per alcuni sarebbe un libro ancora troppo ottimistico (è davvero così grande questa ripresa
del protestantesimo o in molti
casi — compreso il nostro —
non assistiamo piuttosto ad una
crisi del tutto nuova che investe
anche i protestantesimi minoritari?). Ma sarebbe un libro pieno di passione, dove tutti saremmo chiamati ancora ad esporci
e ad esprimerci, in prima persona, sul senso della nostra fede
e del nostro essere protestanti
in Italia oggi. Un libro per discutere e per confrontarci a viso aperto. Ma proprio di questo,
di confronto, di passione e di
fede, abbiamo estremamente bisogno.
Gianni Genre
BATTISTI
Verso il congresso
mondiale
SEOUL — Nel mese di agosto
si terranno nella capitale della
Corea del Sud importanti avvenimenti che interessano le chiese
battiste di tutto il mondo:
— Dal 10 ai 13 agosto si terranno le « conferenze » mondiali dei
leader del movimento femminile
battista e del movimento giovanile.
— Dal 12 al 17 agosto si terrà
la V Conferenza mondiale degli
uomini battisti.
— Dal 14 al 19 agosto si terrà
il Congresso generale deH’AlIeanza battista mondiale.
Si tratta di avvenimenti che
coinvolgeranno alcune decine di
migliaia di credenti.
Al Congresso è prevista la partecipazione di alcrme migliaia di
delegati (alla fine di maggio gli
iscritti erano oltre 2.000).
Per la sera del 13 agosto i battisti coreani hanno organizzato
una manifestazione di benvenuto
Il settimanale svizzero Reformiertes Forum (n. 22, 1» giugno
1990) riferisce un esperimento
ecumenico recentemente intrapreso a Ginevra. Ragazzi e ragazze cattolico-romani e riformati,
portatori di handicap mentali,
hanno rispettivamente ricevuto
la cresima e celebrato la confermazione nel corso di un culto comune, presieduto domenica 27
maggio dal vescovo cattolico
Pierre Mamie e dai pastori ArmeLise Nefin e Jean Houlmann. Cresima e confermazione sono state
accuratamente distinte e anche
reucaristia cattolica e la cena del
Signore evangelica sono state celebrate successivamente. Il gruppo aveva in precedenza svolto un
programma di catechesi comune.
Non è la prima volta che episodi del genere si verificano nel
cantone di Ginevra. Dopo alcuni
anni di catechesi comune, un altro gruppo di portatori d’handicap mentali aveva celebrato un
culto « interconfessionale », con
celebrazione di cresima e confermazione, nel 1982. Nel gennaio
1989, in occasione della settimana
di preghiera per l’unità, le comunità cattolico-romana e riformata di Versoix avevano compiuto
il medesimo passo, anche in que
sto caso dopo un itinerario di catechesi comune. In tutto, si sono
avute dieci di queste cerimonie
ecumeniche: « Solo un cieco —
esclama un partecipante — potrebbe non vedere il significato
ecumenico dell’accaduto ».
Il vescovo Mamie, per la verità, pur avendo co-presieduto il
culto del 27 maggio, è meno entusiasta: egli afferma di avere accettato in considerazione della
particolare situazione del gruppo
di portatori di handicap (in che
consista la specificità teologica
di questa circostanza non è, per
la verità, chiarissimo, n.d.r.), ma
ritiene impraticabile l’estensione
di questa prassi: « Detto molto
semplicemente, cresima e confermazione non sono la stessa cosa,
poiché, secondo la comprensione
cattolico-romana, viene amministrato un sacramento ».
Anne-Lise Nefin sottolinea per
contro l’importanza di questi
tentativi, mettendone contemporaneamente in luce i presupposti
a suo parere necessari: una precedente catechesi comune, comunità ecumenicamente attive anche in altri settori, il consenso
delle autorità ecclesiastiche.
SACERDOZIO FEMMINILE
Donne vescovo
in Irlanda e Finlandia
Con 82 voti favorevoli e 25 contrari il Sinodo della chiesa luterana finlandese ha modificato' la
propria costituzione in modo
tale da accettare la consacrazione di donne come pastori e quindi anche come vescovi. Il Sinodo
ha raggiunto il quorum richiesto
(i 2/3) per modifiche di carattere costituzionale. Può essere curioso segnalare che 4 degli otto
vescovi hanno votato « si » e che
3 delle donne membro del Sinodo
hanno votato « no ».
Dato che la chiesa finlandese è
chiesa di stato, la decisione deve
ora essere ratificata dal parlamento ed anche dal presidente
della Repubblica.
Sono circa quaranta le donne
che, di fatto, dal 1988, esercitano il ministero pastorale.
Anche in Irlanda novità in questo campo: il Sinodo generale
della chiesa anglicana si è dichiarato favorevole, con una maggioranza del 68%, aH’ordinazione pastorale, e quindi anche vescovile, delle donne. L’Irlanda è
cosi la settima provincia anglicana (dopo Stati Uniti, Canada,
Nuova Zelanda, Brasile, Kenia,
Uganda) ad accettare il sacerdozio femminile.
Il primate anglicano della chiesa irlandese, Robin Eanes, ha
accolto la decisione del Sinodo
osservando che mai nessuna donna aveva messo in pericolo l’unità della chiesa come la questione del sacerdozio femminile.
MOVIMENTO FEMMINILE BATTISTA
In difesa degli emarginati
che si terrà nello stadio olimpico
a cui prevedono la partecipazione
di almeno 100 mila persone. Per
l’occasione i battisti coreani hanno organizzato un coro di 1.000
persone, oltre ad una orchestra
con 100 elementi, e prevedono un
battesimo di massa che coinvolgerà 10 mila nuovi convertiti,
provenienti in massima parte
dalla stessa Corea e da altri paesi asiatici.
Per la prima volta parteciperanno in massa ad un Congresso mondiale anche i battisti dell’Unione Sovietica, che hanno organizzato più voli charter. In
considerazione di questo fatto
una parte dei lavori del Congresso sarà dedicata ai cambiamenti
avvenuti nell’Est europeo e all’ascolto di brevi testimonianze
dei battisti provenienti da quei
paesi.
I battisti italiani saranno rappresentati da una delegazione.
« Libere di servire nella gioia
e nella libertà », è stato questo il
tema dell’Assemblea nazionale
del Movimento femminile evangelico battista, che si è riunita
daini al 13 maggio presso il Centro evangelico di Rocca di Papa
(Roma).
Vi hanno partecipato circa sessanta donne, provenienti da
nord, centro, sud e isole d’Italia
per esaminare le attività e il ruolo delle unioni locali nella chiesa
e nella società, con un’attenzione
particolare ai problemi della droga, degli anziani, dei carcerati,
degli handicappati, dei bambini. I
punti centrali dell’assemblea sono stati i temi dell’informazione,
dell’evangelizzazione, della missione, dell’azi(>ne e della programmazione, spronando le donne a proseguire con fede e gioia
il cammino di testimonianza e di
annuncio dell’Evangelo verso un
mondo il cui futuro appare
confuso e sempre più incerto.
L’assemblea ha votato due mozioni : una indirizzata al ministro
della Pubblica Istruzione per sollecitare l’applicazione della non
obbligatorietà dell’ora alternativa aH’insegnamento religioso cattolico nelle scuole ; la seconda
per esprimere preoccupazione
per raflermazione nelle recenti
elezioni amministrative delle leghe lombarde, piemontesi e venete che hanno manifestato un
acceso razzismo verso gli immigrati e gli stessi italiani del Sud.
L’assemblea ha chiesto pertanto
un maggiore impegno delle unioni femminili e delle chiese in difesa di tutti gli emarginati. Nel
culto di chiusura, in cui le testimonianze hanno riaffermato l’importanza del servizio e dell’amore reciproci, le partecipanti si sono riunite, mano nella mano, in
un grande cerchio intorno al tavolo della Santa Cena.
5
15 giugno 1990
fede e cultura 5
UN VOLUME DI VALDO BENECCHI
SIRACUSA
Fare la verità
nell’amore
Avvicinandosi al concreto « vissuto » della fede cadono molte delle barriere confessionali
Un avvenimento di fede sicuramente importante. Un valido
esempio, da seguire, di come si
dà testimonianza. E anche, è bello poterlo dire, una favorevole
disposizione all’ascolto, una apertura spontanea al dialogo e
ad accogliere il dono fraterno.
Sono tutti elementi, questi, che
concorrono a fare dell’ultimo libro di Valdo Benecchi ^ un fat
to rimarchevole, significativo,
ricco di implicazioni.
Le Edizioni Paoline, sicuramente una delle più feconde case
editrici cattoliche, hanno infatti
accolto con naturalezza il contributo teologico di un pastore
protestante, per di più del nostro paese. Infatti, se nei cataloghi degli editori cattolici reperire opere di autori evangelici
d’oltralpe è ormai piuttosto comune, assai meno frequente è
trovare voci di autori italiani.
Una scelta del genere implicitamente attesta la considerazione del protestantesimo non più
come un prodotto straniero, magari interessante ma estraneo alla nostra sensibilità, bensì come
una realtà che scaturisce anche
dalla nostra cultura, nazionale
ancorché marginale, riconoscendogli quindi anche una certa
potenziale « concorrenzialità ».
Simile atteggiamento, in un paese come il nostro, caratterizzato
da una precisa egemonia religiosa, appare come importante segno di maturità, di cui va dato
atto alla casa di Alba,
Parimenti significativo è rilevare come le barriere confessionali tendono naturalmente a sgretolarsi, e l’ecumenismo a farsi
realtà concreta, quanto più ci si
allontana dalla diplomazia dei
vertici e ci si avvicina al « vissuto » della fede, come accade
quando si è fianco a fianco a
meditare la Scrittura. E’ indubitabile che quanto più cresce la
Parola, tanto più diminuisce la
Chiesa, almeno nella sua espressione istituzionale e gerarchica.
Senza misconoscere la rilevanza
delle differenze, è chiaro come
qualsiasi progetto di unità dei
cristiani non possa nascere altro
che dall’immediatezza, semplicità e concretezza dell’Evangelo.
Ecco perché, anche in un’ottica di scambio di doni, quest’opera di Benecchi si prospetta come esemplare, contributo concreto a una testimonianza evangelica in chiave esclusivamente biblica, offerto ad un « pubblico »
cattolico che appare sempre più
assetato della Parola. Senza voler essere maestri di nessuno, credo che come evangelici possiamo adempiere con fedeltà alla
nostra vocazione, aiutando tutti
i fratelli a fare, per così dire,
l’abitudine all’incontro e al confronto, senza tregua, con tale Parola.
Benecchi ha raccolto qui, attingendo alla propria esperienza
pastorale, un’ampia serie di sermoni domenicali, sintetizzati per
ovvie esigenze di comunicazione;
attraverso di essi viene messa
a fuoco, con acutezza ed essenzialità, una vasta gamma di temi, che coinvolgono specificamente la fede e l’etica dei giorni nostri, ricavando dalla Bibbia, e
solo da essa, la risposta ai nostri perché e anche alle nostre
angosce.
Il rigore evangelico che Benecchi pone nelle sue riflessioni è
colto appieno da David M. Turoldo, il quale, nella sua affettuosa e calorosa prefazione, non
manca di sottolineare vigorosamente la centralità della Parola,
come approdo alla libertà, sulla
base della quale dobbiamo rifondare i nostri rapporti con noi
stessi, con i fratelli e con l'intera realtà, tornando ad essa
« non tanto per estrapolare citazioni a rimbombo di vuote
omelie, quanto per fare della
stessa Parola il codice della vita ».
Aurelio Penna
' Valdo BENECCHI, Fare la verità nell'aimore, Alba, Edizioni Paoline, 1990,
lire 16.000.
AMICIZIA EBRAICO-CRISTIANA
Inventario per il dialogo
Nel corso dell’ultimo incontro
dell’amicizia ebraico-cristiana di
Torino (8 gennaio 1990) è stato
presentato all’attenzione dei partecipanti, in vista di un maggiore approfondimento dei colloqui,
questo inventario.
1) Fa parte del dialogo la spiegazione più chiara possibile delle diversità delle parti: è necessario intensificare la scoperta
delle diversità, anche di quelle
più nascoste.
2) Comunità diverse nascono
da storie diverse, oppure formano storie diverse: è necessario
approfondire i percorsi, informando, narrando, evocando.
.11 Storie diverse appartengono
a tutti: è necessario riuscire ad
aiutarsi a scoprire insieme le
storie diverse, che sono diventate patrimonio comune, ma che
sono lette spesso diversamente;
perché?
4) Comunità diverse vivono in
modo particolare le loro forme
di aggregazione: è necessario
spiegare gli uni agli altri le motivazioni dell’aggregazione (culturali, sociali, religiose, politiche,
ecc.).
5) Comunità diverse reagiscono in modo diverso di fronte
agli avvenimenti contemporanei:
è necessario riscoprire il senso
della vita di diaspora (o di ghetto, o di isolamento, o di inserimento) nei confronti dell’ambiente nel quale si vive.
6) Il riferimento a testi comuni non è visto in coloro che dialogano nello stesso modo: è necessario dirsi come si interpretano le stesse pagine, con quali
criteri, con quale sensibilità, con
quale priorità.
71 Comunità diverse esprimono in modo autonomo la propria
gioia e il proprio dolore (e come ci si pone di fronte agli eventi della vita): è necessario
cercare di spiegare il senso delle feste, delle cerimonie, dei riti,
delle abitudini.
8) Bisogna parlare anche del
rapporto con Dio: è necessario
e importante capire che cosa significa vivere la propria fede in
ogni comunità di credenti.
Si tratta di un inizio di riflessione. La ricerca deve essere con
tinuata. Per esempio, varrebbe la
pena riflettere sui limiti del dialogo: fin dove si può continuare? Dove ci si deve arrestare (se
lo si deve fare)?
Eugenio Rivoir
Il Dio abbassa
l'orgoglio dei persiani
Giustizia e storia: la concezione greca e quella ebraica - L’uomo è
schiavo del peccato ma Dio stabilisce con lui un piano’ di salvezza
Tornano in scena I persiani
di Eschilo al Teatro Greco di
Siracusa dal 22 maggio al 1° luglio, un dramma che ha avuto a
Siracusa rappresentazioni memorabili. 40 anni fa un giovane
attore aveva entusiasmato il pubblico interpretando il messaggero che racconta alla regina Atossa ed al coro la disfatta navale
persiana a Salamina: era Vittorio Gassmann e quel trionfo fu
l’inizio del suo grande avvenire.
I persiani, caso unico nella tragedia greca, non tratta il mito
ma un evento contemporaneo.
L’imperialismo persiano, espandendosi ad Occidente, aveva invaso la Grecia. Aggredite,
le libere e democratiche città elleniche s’erano confederate, avevano resistito. A Salamina la
piccola fiotta ateniese aveva costretto l’immensa armata navale di Serse, il re persiano, alla
manovra in spazi stretti e l’aveva schiantata. In quello scenario
europeo e mediorientale, nell’arco di un settantennio a cavallo del
500 a.C., furono definite — ha
osservato Mario Miegge — le
basi di ogni successiva rifiessione storica, delle diverse teologie
della storia. Vennero ideati in
quel tempo I persiani, le Storie
di Erodoto, i testi profetici biblici del Deuteroisaia.
In Erodoto, in Eschilo la concezione greca di un ordine divino immutabile che governa la
storia raggiunge una dimensione spirituale ed etica molto alta. E’ una sorta di monoteismo
che alimenta la pietà religiosa di
Eschilo e la teologia della giustizia de I persiani. L’uomo non
può trasgredire l’ordine razionale della storia impunemente,
non può prevaricare dal posto
assegnato, rifiutare l’autorità divina e l’assetto sociale senza suscitare l’ira divina, la pimizione
che ristabilisce l’ordine infranto. Serse ha pagato la sua « hybris », la sua dismisura ed empietà con la rovina dell’armata, della migliore gioventù della Persia.
L’ombra del padre Dario, il vecchio re, saggio e timoroso degli
dei, lo ammonisce: « Quando la
tracotanza fiorisce dà frutti di
sventura da cui miete una messe
tutta di pianto ».
Tre o quattro generazioni prima di Eschilo, i profeti ebraici
d'eH’esilio avevano annunciato in
Ciro, predecessore di Dario e di
Serse, che di lì a poco avrebbe
UN LIBRO DI GIOVANNI FRANZONI
Le tentazioni di Cristo
La sequela (Ji Gesù è la stracca che ci porta
ad obbedire a Dio: ne siamo sempre capaci?
L’ultimo libro di Giovanni
Franzoni non vende facili speranze, ma si inserisce in quel realismo cristiano e umano che fa
i conti fino in fondo con le contraddizioni nelle quali ci imbattiamo ogni giorno. Il rapporto
con Dio non è scontato, se usciamo dai facili paradigmi delle nostre collaudate teologie. L’autore, con espressione audace, dice
che « Dio tenta l’uomo e l’uomo
tenta Dio» (pag. 29).
Gesù ha vissuto nel solco fecondo della sua esistenza quotidiana questa prova: o schierarsi
dalla parte di Dio, o arrendersi
ai progetti di potere e di gloria
che lo potevano allettare. Il discepolo non può ’’scappare” dalla ’’tentazione” lasciandosi cullare da una chiesa che distribuisce
certezze. Pagine, queste, di una
spiritualità che vede la sequela
di Gesù come un cammino nel
mondo caratterizzato dalla caduta di tutti gli involucri protettivi ed infantilizzanti. Seguire Gesù è una strada a tutto rischio.
Ci si può avventurare solo perché ci precede una chiamata e
ci accompagna la mano, amica,
anche se spesso invisibile, di Dio.
Alcune pagine, piuttosto ’’calde”
ed esplicite, sono dedicate al sistema concordatario, che viene
definito come una delle ’’metamorfosi della simonia” : « Dio
’’tenta” anche la chiesa cattolica
all’umiltà, ma l’orgoglio ecclesiastico sembra inespugnabile a
questa ’’tentazione”» (pag. 150).
« Per quanto chiaro, l’estremo
insegnamento di Cristo ai suoi
discepoli è stato e continua ad
essere il più disatteso. L’estrema
tentazione vinta da Gesù è quella cui spesso hanno soggiaciuto
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TEATRO GRECO
DI SIRACUSA
XXXI CICLO
DI SPETTACOLI
CLASSICI
22 MAGGIO
1 LUGLIO 1990
SOFOCLE
ELETTRA
ESCHILO
I PERSIANI
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i suoi discepoli e le chiese che si
rifanno al suo nome. Quanto il
maestro ha voluto essere come
gli altri, anello anonimo di una
catena, ricco solo di quella peculiarità che è data dall’essere immagine di Dio, tanto invece le
chiese hanno voluto essere trattate con onori ’’divini” ed emergere con infinite graduazioni, con
diversi e barocchi nomi, con pesanti orpelli, dal fiume della gente ordinaria» (pag. 163).
Ma se il male non viene da
lontano, nel senso che ognuno se
ne trova contagiato, il singolo
cristiano deve fare i conti con la
propria fragilità e accettare la
speranza che il Dio di Gesù continua ad offrirgli. Ciascuno di
noi, in definitiva, deve fare i conti con la ’’tentazione” : « Ci avvolge, di tanto in tanto, la tentazione di tacere, il dubbio che ogni
impegno sia inutile, la sensazione
che il potere ecclesiastico dominante sia troppo forte per essere
non dico scosso, ma neppure
scalfito. Ma, ritengo, bisogna superare queste difficoltà. Niente
può oscurare il magistero insostituibile ed assoluto di Cristo crocifisso, sconfitto ed abbandonato» (pag. 166).
La strada che ci porta ad obbedire a Dio è ancora sempre la
sequela di Gesù. Per noi cristiani egli non è soltanto un riferimento, ma costituisce la strada.
Vogliamo pregare Dio che ci sostenga nel lasciarci ancora provocare e sfidare dalla persona e
dal messaggio di Gesù?
Franco Barbero
sottomesso Babilonia, l’unto di
Dio, strumento di liberazione degli ebrei : « Io ho suscitato Ciro
nella mia giustizia... Egli rimanderà liberi i miei esuli, senza
prezzo di riscatto, senza doni,
dice il Signore degli eserciti »
(Isaia 45: 13).
Mario Miegge mette a raffronto la concezione greca di Eschilo
ed Erodoto, teologia della giustizia divina, storia ed etica della
libertà e quella ebraica, teologia
e storia di liberazione, etica di
servizio. « 'Tutto ciò che si innalza sarà abbassato », aveva detto Erodoto, scrivendo la storia
della guerra persiana, e « conosci
te stesso » era il valore fondante
della « polis » greca, vale a dire
il senso della misura, del divino
come limite delTagire umano.
Serse, il tiranno con la sua empietà e dismisura, è il rovescio
del modello di cittadino armoniosamente inserito nella vita
pubblica della città. Egli ha violato l’ordine razionale del mondo e della storia. E la giustizia
divina interviene nella storia abbassando l’uomo che troppo si
innalza.
Nella teologia ebraica dei profeti delTesilio l’uomo è schiavo
del peccato, della colpa, ma è
Dio che si abbassa fino a lui, che
interviene nella storia prendendo su di sé il carico della debolezza umana, stabilendo un patto, un piano di salvezza, mettendosi in cammino con l’uomo.
« Io sono quel che sarò », dice
di sé il Signore a Mosè, Dio costruisce con l’uomo un’azione,
una dinamica storica di liberazione e di salvezza.
« Se nella tragedia attica il tema del capovolgimento può essere espresso nella massima che
chi si innalza sarà abbassato —
nota Mario Miegge — negli evangeli ebraici (dai profeti al Magnificat) la caduta dei potenti è
condizione necessaria ma preliminare di ciò che conta, l’innalzamento degli umili, dei reietti ».
La vocazione di Israele, servo
dell’Eterno, sarà la liberazione
ed il servizio.
N. Sergio Turtulici
GIOVANNI FRANZONI, Le tentazioni
di Cristo, Cosenza. Rubettino Editore,
1990, pagg. 172, lire 20.000.
* Le citazioni di Mario Miegge sono
tratte dal suo saggio in Dio e la
storia, Torino, Edizione Claudiana, 1990
lire 15.000.
6
6 prospettive bibliche
15 giugno 1Í990
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Il campo, Tassedio, la speranza
L’esercito del re di Babilonia assediava
allora Gerusalemme, e il profeta Geremia
era rinchiuso nel cortile della prigione
ch’era nella casa del re di Giuda.
E Geremia disse: La parola déll’Eterno
in’è stata rivolta in questi termini: Ecco,
Hanameel, figliolo di Shallum, tuo zio, viene da te per dirti: Comprati il mio campo
ch’è ad Anatoth, poiché tu hai diritto di
riscatto per comprarlo.
E io comprai da Hanameel, figliolo del
mio zio, il campo ch’era ad Anatoth, gli
pesai il denaro, diciassette sicli d’argento.
Scrissi tutto questo in un atto, lo sigillai,
chiamai i testimoni, e pesai il denaro nella
bilancia.
(Geremia 32; 2, 6-7, 9-10)
11 centro, minuscolo, del racconto che
abbiamo letto nel libro del profeta Geremia è dato da un fatto apparentemente insignificante: l’acquisto di un campo nella
località di Anatoth, dove Geremia è cresciuto.
Ma intorno a questo centro vi sono molte
cornici.
In primo luogo, le circostanze in cui avviene l’acquisto non sono tranquilla: il profeta « era rinchiuso nel cortile della prigione ch’era nella casa del re di Giuda ». Non
basta: non è soltanto imprigionata la situazione personale del profeta, anche la città
è assediata, dall’esercito del re di Babilonia.
Una seconda cornice è data dall’estrema
formalità che accompagna l’acquisto del
campo. Ci viene spiegato che il profeta ha
un diritto di prelazione per acquistare il
campo dal cugino, e che Geremia si preoccupa che il contratto sia preparato in duplice copia, una delle quali sigillata, in presenza di testimoni che sottoscrivono l’atto
e di quanti si trovano nell’atrio della prigione; viene precisato il prezzo, in diciassette monete d’argento, ed effettuato il pagamento, verificando sulla bilancia il peso
dell’argento.
Una terza cornice è rappresentata dalla
volontà che il contratto sia messo in salvo
per un futuro che può essere lontano. Proprio per la precarietà della situazione —
del profeta e della città — gli atti relativi
all’acquisto devono essere ben protetti: Geremia li consegna a Baruc, il suo fedele segretario, perché li riponga in un’anfora di
terracotta, perché si possano conservare per
lungo tempo.
Ma soprattutto ci può colpire un’ultima
cornice: intorno a questo episodio minore, intorno a questo fatto di vita quotidiana,
il capitolo 32 di Geremia pone come una
cintura di sicurezza, una trincea estremamente forte: per circa una decina di volte
nel capitolo risuona la parola; « così parla
l’Eterno degli eserciti », « dice l’Eterno ».
« la parola dell’Eterno mi è stata rivolta »,
e frasi dello stesso genere.
La fede dell’uomo
e la fedeltà di Dio
In altre parole il fatto, modesto, dell’acquisto del campo viene riportato come se
si trattasse di un grande oracolo, di un atto pieno di significato per la fede, per la
fede di Geremia e per la fede del popolo,
per la fede dell’uomo e per la fedeltà di
Dio.
E in realtà è eosì.
E’ qui, quando tutto in realtà sembra
perduto, quando il profeta è prigioniero e
la città è assediata, quando tutti i trionfa
Un piccolo fatto d’ordinaria quotidianità ci ricorda il realismo di una
fede che non vuole solo sognare, bensì vivere con i piedi per terra. Ma da
quel piccolo fatto si può pure risalire all’efficacia di una Parola che travalica le nostre, rendendole autentiche. La recente predicazione del pastore
S. Ribet alla Conferenza del I distretto ci aiuta cosi a coniugare la visione delle cose nuove di Dio insieme alla necessità d’immergersi, ogni
giorno, concretamente nella realtà in cui siamo chiamati a vivere e a testimoniare. ( red.)
lismi e gli ottimismi umani naufragano,
quando soltanto la debolezza dell’uomo è
visibile, quando l’orizzonte del futuro immediato non autorizza alla speranza, che
l’uomo può abbandonare la fiducia in se
stesso e scoprire una speranza nuova e un
Dio consolatore.
Ripercorriamo un po’ più da vicino queste « parole di Dio » che intrecciano e ritmano l’azione di questo capitolo.
Il capitolo inizia con « la parola » ; la
parola (di Dio!) « che fu rivolta a Geremia
nel decimo anno di Sedekia, re di Giuda,
che fu l’anno diciottesimo di Nebucadnetsar ».
In questo preciso momento la città è sotto assedio — come Geremia aveva annunciato secondo la parola di Dio, e proprio
per questo annuncio della parola il profeta è in carcere.
Il racconto prosegue dicendo che « la parola di Dio » fu rivolta al profeta per annunciargli la visita del cugino, che gli proporrà l’acquisto del campo. Come il Signore
ha detto, così avviene: la parola di Dio non
è vuota, non è senza efficacia; la parola di
Dio diviene realtà, fa succedere delle cose.
E Geremia lo riconosce, dopo la visita del
cugino; « Allora riconobbi che questa era
parola dell’Eterno ».
A questo punto, già due volte la parola dell’Eterno è stata pronunciata ed è stata
realizzata; quando Dio ha annunciato l’assedio, e quando Dio ha annunciato l’acquisto del campo.
A questo punto, ha senso che Geremia
faccia precedere il suo ordine a Baruc,
l’ordine di conservare gli atti di compravendita, con la frase: « Così parla l’Eterno degli eserciti, l’Iddio di Israele ».
« Si compreranno ancora
case, campi, vigne »
Dio, che ha già parlato e la cui parola
si è già rivelata vera, efficace, così parla
ora, e dice; « Si compreranno ancora delle
case, dei campi e delle vigne, in questo
paese ».
Allora Geremia può pregare l’Eterno, ricordare la fedeltà di Dio e riconoscere che
se le opere dell’assedio giungono fino alla
città, se la città è data in mano dei Caldei,
questo non è per caso, per vicende « solo »
storiche: « Quello che tu hai detto, è avvenuto. ed ecco, tu lo vedi » (o, come traduce
la TILC: « E’ accaduto esattamente quel
che avevi minacciato, e tu stai lì a guardare »).
« Eppure, o Signore — continua Geremia
— tu mi hai detto: ’’Comprati con danaro il
campo, e chiama dei testimoni...” ».
Finalmente giunge la risposta del Signore.
« Allora la parola dell’Eterno fu rivolta
a Geremia in questi termini: Ecco, io sono
l’Eterno, l’Iddio di ogni carne; v’ha egli
qualcosa di troppo difficile per me? ».
Dio risponde: risponde ricordando il peccato del popolo, che lo ha fatto e lo fa
soffrire, oltre ogni immaginazione, per cui
la sua parola è costretta ad annunciare che
la città è data in mano del re di Babilonia,
per la spada, per la fame e per la peste.
Ma questa non è l’ultima parola. Il Signore continua: « Ecco, li raccoglierò da tutti
i paesi dove li ho cacciati, nella mia ira,
nel mio furore, nella mia grande indignazione; e li farò tornare in questo luogo, e
ve li farò dimorare in luogo sicuro ». « Perché così parla l’Eterno: Come ho fatto venire su questo popolo tutto questo gran male, così farò venire su lui tutto il bene che
gli prometto. Si compreranno dei campi in
questo paese ».
E il capitolo termina come è iniziato:
così « dice l’Eterno ».
Penso che possiamo ora comprendere
che il capitolo non parla semplicemente
della compravendita di un campo. Questo è
il centro apparente del racconto: in realtà il
centro è quello che ci è apparso all’inizio
come la cornice più generale del quadro,
quell’avvio e quella chiusura del capitolo
dove « l’Eterno parla ».
Il centro del messaggio è qui: la parola
di Dio, la sua efficacia, la sua realtà.
Non sono più concessi
i sogni nostalgici
Potremmo accontentarci di questo: dell’apparente « lieto fine » che il capitolo 32
di Geremia sembra proporre. In realtà la
riflessione su questo testo è meno indolore.
Geremia sta bevendo un bicchiere amaro
fino alla feccia. Nessuno impedirà la catastrofe. Gli piacerebbe far suo l’ottimismo
dei falsi profeti, perché ama il suo popolo
e vorrebbe salvarsi con il suo popolo; ma
Dio ha parlato contro il suo popolo e la sua
parola andrà ad effetto. Non sono più concessi sogni nostalgici; Gerusalemme, il tempio, la religione non si salveranno. Geremia, il profeta delle nazioni, il profeta « politico » per eccellenza, deve porre il segno
della speranza che Dio concede in un piccolo atto privato, domestico, come l’acquisto di un campo. Non è molto, non è eroico; ma è il segno che Dio non sta dalla
parte della rassegnazione, che Dio resta un
Dio consolatore.
11 tempo delle grandi speranze è passato.
Forse abbiamo sperato in una parola potente di Dio, capace di scardinare dal trono
i potenti. Q in una chiesa confessante, capace di coerenza. Q in una rinascita del popolo, con una identità forte, significativa
per il paese e per le nazioni.
Invece, che cosa abbiamo in mano? Svanite le speranze della grande politica, come
quelle che Baruc coltivava. A Baruc viene
annunciata « sventura su ogni carne », la
buona novella che gli è data è semplicemente che potrà salvarsi la vita, quello sarà il
suo bottino.
Svanite le grandi speranze di restaurazione. Torre Pedice non sarà più, se mai lo è
stata, una capitale, una Ginevra italiana.
Le Valli non pare abbiano più vita spirituale che il resto del paese, vi si consumano le
stesse sciocchezze, gli stessi rituali vuoti che
altrove.
Le battaglie per la laicità e la purezza e
la coerenza si infrangono sull’ora di religione, l’otto per mille, una politica che è mercato da noi come in Nicaragua o in Germania orientale.
Tutto è perduto, allora? Per nulla. La
speranza di Geremia non è la restaurazione
di uno stato, di un tempio, di una religione,
ma meno eroicamente e più realisticamente
il ritorno alla vita del suo paese e del suo
popolo. L’acquisto del campo non promette
grandi destini o nuovi paradisi, ma semplicemente che in avvenire si compreranno ancora campi e case e vigne.
Eppure l’acquisto di un campo non è riflusso nel privato. E’ profezia autentica, che
si incardina nella realtà e non nelle favole, che sa dare pane dove c’è bisogno di
pane, consolazione dove c’è bisogno di consolazione. Una parola di speranza, che non
ha bisogno di fuggire in un passato glorioso, né di scommettere su un futuro brillante e significativo, ma sa restare e scavare
nel presente, cercando la forza di Dio nella
debolezza.
Non si tratta di un passaggio rassegnato dalle grandi speranze alle piccole speranze, con la logica della volpe che non potendo raggiungere l’uva dichiara amaramente di non desiderarla acerba. E’, al contrario, ricomprendere che la sola speranza che
vale la pena di coltivare non è la nostra
speranza, il nostro desiderio di onnipotenza, o almeno di forza, ma è quella che sa
affidarsi alla speranza che Dio pone in noi,
nel suo popolo, nonostante tutto.
Una sopravvivenza, un rinnovamento sono possibili se si inseriscono in un disegno
di Dio, che non distrugge per sempre.
Come popolo valdese, dal 1848 ad oggi
abbiamo dovuto elaborare, in positivo e in
negativo, la nostra uscita dal ghetto. Qggi
ci rendiamo conto che il ghetto valdese, il
ghetto dell’assedio e della persecuzione, ma
anche il ghetto della gloria e dell’eroismo,
è finito.
La speranza che è
offerta da Dio
Forse sarebbe stato più facile acquistare
un campo nel ghetto, centocinquanta anni
fa, e gettare in questo la propria speranza,
che non trovare ora le parole di consolazione e di speranza che comunque Dio cerca di lanciarci.
Qggi non è facile accettare, fuori dal
ghetto, la disparità dei rapporti di forza,
rispetto al mondo protestante e al mondo
cattolico, rispetto a forze di progresso e forze di restaurazione, rispetto alle speranze
fondate e infondate che ci hanno spinto.
Qggi dobbiamo riscoprire, nei fatti, la
promessa fatta da Dio a Baruc, « ma a te
darò la vita come bottino, in tutti i luoghi
dove tu andrai » (Geremia 45: 5); riscoprire, nei fatti, che la diaspora è una benedizione, che nella debolezza è la nostra forza,
nei giorni che Dio ci dà.
Nella resistenza espressa nell’acquisto del
campo, nell’azione proporzionata alle nostre
debolezze, può rivelarsi una nuova volontà
di obbedienza al Signore, lucida, dove i
mezzi sono adeguati ai progetti che ci diamo, anzi al progetto che Dio ci indica, nelle dimensioni della solidarietà, della compassione, della consolazione, di cui abbiamo bisogno quando ricomprendiamo che
nella debolezza Dio è la nostra forza.
Non siamo dei « pentiti » della fede, della speranza, dell’amore di Dio; anzi, li riscopriamo ogni giorno. A poco a poco, come Geremia a poco a poco comprende:
« Allora ho capito che si trattava della
parola del Signore », anche nel piccolo fatto dell’acquisto di un campo attiva, efficace. e a favore dell’uomo.
Sergio Ribet
7
15 giugno 1990
obiettivo aperto
MUSEO DELLA DONNA IN VAL D’ANGROGNA
Donne e lavoro nel mondo delle Valli
Testi ed immagini di antichi mestieri quotidiani che in parte sopravvivono - Non idealizzare il passato ma imparare a conoscerlo per costruire oggi una nuova qualità della vita - Il lavoro e la terra - Il tempo e la fatica
Oggi molte donne riflettono sulla qualità della
vita, del lavoro e del tempo. Il bisogno di riconquistare spazi di libertà e di progettualità indica il fatto che le donne desiderano essere soggetti autonomi della loro vita e del loro lavoro e non essere passivamente subalterne ai modelli maschili. Questo impegno conduce alla trasformazione della società. Occorre lavorare insieme, uomini e donne, per il superamento della discriminazione sessuale nel lavoro.
L’ambito della chiesa è un luogo, per noi credenti,
in cui cominciare a riflettere alla parità nella diver
sità, evitando di adeguarsi ai modelli dominanti. Il
decennio di solidarietà delle chiese con le donne promosso dal Consiglio ecumenico delle chiese testimonia di una sensibilità che si sta facendo faticosamente strada verso una nuova qualità della vita. In
tutto questo quadro di ricerca e d’impegno può tornare utile documentarsi su come ieri le donne, in una
situazione montana, hanno vissuto la realtà totalizzante del lavoro. Qui si parla (e pure parzialmente)
di alcuni lavori agricoli. Appare chiaro come la ’’femminilità tradizionale” abbia retto le sorti della fa
miglia e quelle della povera economia della borgata.
Quel tempo non ritorna e non va idealizzato; riteniamo sia importante conoscerlo e farlo conoscere per
contribuire con coscienza approfondita alla costruzione di una libertà più grande per tutte e per tutti.
Le foto e i testi di questa pagina sono tratti dalla
esposizione del piccolo museo dedicato alla donna in
vai d’Angrogna (Serre), aperto tutti i giorni su richiesta.
campi
Il fuso e la lana
La donna filava, cuciva, rammendava durante le veglie invernali nella stalla, alla fine della
giornata e dopo aver terminato
tutte le altre faccende.
Dopo la tosatura, la lana veniva lavata e sgrassata in acqua calda.
■ Quindi veniva cardata per pulirla dalle impurità e per pettinare
le fibre venivano usate delle spazzole in ferro (...). Generalmente
si filava con il fuso (fu), che doveva ruotare tra le mani per torcere le fibre tese dalla rocca (roùcca)
che veniva tenuta sotto il braccio
sinistro e fissata alla cintura. Oggetto di fondamentale importanza
era la « muscla » sul fuso, un
gancio che fermava la lana per essere filata; spesso le donne si vantavano di avere delle belle « muscle » in metallo lucente.
Molte volte però la lana veniva
semplicemente tenuta tra le ginocchia.
Dopo aver filato la lana bijSOgnava avvolgere il filo in matasse,
si passava cioè all’aspatura, che
avveniva con Fausilio di un aspo
rotante e poi infine alla dipanatura, che svolgeva la matassa in gomitolo per mezzo di un arcolaio
(vindou). Con il fuso o l’arcolaio
avveniva la torsione di tre fili che
serviva per realizzare un capo di
lana.
La donna aveva molte incombenze: la sua giornata iniziava
presto, all’alba, quando usciva per
andare a zappare, quindi tornava
a casa ad alzare i bambini e poi
ritornava nei campi ad aiutare il
marito nelle attività agricole, e così, a seconda delle stagioni, alternava i lavori domestici a quelli
agricoli.
Ne,‘a società contadina, infatti,
il lavcv i agricolo era la principale
attività, che coinvolgeva tutti i
componenti della famiglia.
Le diverse occupazioni seguivano il corso delle stagioni; arare, concimare, seminare, fienare,
mietere, trebbiare.
« Anticamente dalle nostre parti
si coltivava la segale, poi si è passati al frumento e poi di nuovo
alla segale perché il terreno non
rendeva più e il frumento dava
troppo lavoro.
A luglio si tagliava il frumento
con la falce messoria. Quindi lo si
stendeva bene perché seccasse.
Una volta secco, si facevano i
covoni (gcrbe) legati con la paglia stessa e si trasferivano dal
campo neH’aia dove c’erano due
pertiche: una per le ’’gèrbe” e l’altra per il ’’gèrbas”.
La pertica per le ’’gèrbe” aveva
le spighe rivolte tutte all’interno
per evitare che le galline le mangiassero.
La pertica per il ’’gèrbas” raccoglieva intorno a sé la paglia
battuta. Questa pertica si chiamava ’’palhie”. Per innalzare il ”paIhie” era però necessario prima
irebbiarc.
Ai miei tempi si trebbiava con
la ’’cavàlia” (il correggiato), un attrezzo composto da due bastoni
in legno collegati con del cuoio,
che serviva per battere il grano.
Ragazze e ragazzi, verso gli 8-10
anni, imparavano a far funzionare
e a far girare i bastoni nel verso
giusto, ma nonostante questo si
ricevevano e si tiravano tante bastonate, soprattutto sulle orecchie
e sui gomiti.
Mentre si trebbiava in coppie di
4 o 6 persone ci si raccontavano
storielle.
Gli abitanti del quartiere a rotazione si aiutavano in questo lavoro. Così soprattutto gli uomini
passavano da famiglia a famiglia
e ”si rendevano il tempo”, si pagavano così.
Le massaie quel giorno cucinavano qualcosa di speciale, era un
giorno di festa, come in inverno
quando si uccideva il maiale ».
(testimonianza di
A. Co'isson)
Il bucato e la liscivia
Quando la donna, dai lavori
agricoli, tornava a casa, doveva
svolgere tutti i lavori domestici.
Il bucato, ad esempio, era un
compito esclusivamente femminile.
Il bucato grosso (lenzuola, coperte, ecc.) si effettuava una volta al mese, addirittura in alcune
zone alte della vai d’Angrogna
solo due volte all’anno, invece con
una frequenza maggiore in estate.
Era necessaria una buona riserva d’acqua, attinta generalmente
alla fontana più vicina, che veniva
scaldata sulla stufa.
Dapprima, con la soda, si insaponava la biancheria che poi stava in ammollo per parecchie ore.
Sul mastello, coperto da un lenzuolo vecchio, veniva posta della
cenere (in genere di legno di faggio perché non sporcava la biancheria) che detergeva e addolciva
l’acqua.
Sopra la cenere veniva versata
dell’acqua tiepida che fuoriusciva
poi da un buco nel fondo del mastello di legno (tinè). L’aequa ve
niva recuperata, fatta scaldare di
nuovo e, ancora più calda, versata
sulla biancheria.
La biancheria a questo punto
veniva lasciata riposare per un’intera notte.
Al mattino poi si utilizzava l’acqua avanzata del primo bucato
per lavare la biancheria colorata.
Quindi era necessario sciacqua
re i panni con acqua fredda. Così
le donne andavano al lavatoio con
acqua corrente della borgata.
Dopo averlo sciacquato, il bucato veniva caricato e portato a
casa dove ogni donna stendeva la
propria biancheria sui prati o sui
balconi e avevano molta cura di
stendere bene ogni capo perché
si stirasse da solo.
La mungitura
Compito della donna era anche
quello di mungere le mucche due
volte al giorno, al mattino presto e
la sera.
La donna, seduta su uno sgabello a tre gambe (scagn), iniziava
così l’atto del mungere.
Quindi il latte veniva filtrato
con una tela a trama rada e versato in appositi recipienti bassi e
larghi in rame e lasciato riposare
per un giorno in cantina, perché
così si formava la panna.
Il latte poi veniva scremato con
appositi mestoli di legno con manico corto; la crema veniva conservata in attesa di essere utilizzata per la burrificazione, che avveniva sbattendo e montando la panna nella zangola (buréra).
Pagina a cura di
Daniela Ferrato Platone
Foto: archivio past. ’’Tini” Jahier
8
s vita delle chiese
15 giugno 1990
CONSULTAZIONE METODISTA
Vili CIRCUITO
L'identità nasce
dalla testimonianza
Attenzione per l’assemblea BMV di novembre - Rapporti internazionali
con la famiglia metodista - Un rilancio per il patto d’integrazione
Sì alla collaborazione
Si è tenuta dal 25 al 27 maggio
scorso ad Ecumene (Velletri) la
« consultazione delle Chiese metodiste », che ha visto la partecipazione di delegazioni di tutte
le 40 chiese italiane.
La consultazione è un momento 'li confronto tra i metodisti
italiani che si svolge annualmente per mettere a fuoco problemi, proposte, iniziative. Non è
uno spazio per « rivendicazioni »
e nemmeno un luogo « per far
sventolare bandiere particolari »,
ma è un momento « di arricchimento spirituale, di ricerca, di
reciproca conoscenza, di scambio
di esperienze ed idee, di formazione per i metodisti ».
E’ soprattutto un momento in
cui i metodisti italiani si interrogano sul loro « apporto alla
testimonianza evangelica in Italia e nel contesto del metodismo
internazionale », come ha affermato il Comitato permanente
(CP) deirOPCEMI nella sua relazione introduttiva.
Tre i temi principali della riunione: i rapporti ecumenici, le
finanze, i problemi dell’identità
metodista nel quadro del Patto
di integrazione con le Chiese vaidesi.
Roma, novembre ’90:
Assemblea-Sinodo
L'avvenimento più importante
in questo campo sarà senza dubbio l’Assemblea/Sinodo delle
Chiese battiste, metodiste e vaidesi che si terrà dal 1® al 4 novembre a Roma. Dalla consultazione è emerso l’augurio che si
possa procedere ad una feconda collaborazione tra queste chiese, che esca dal caso per caso,
e trovi finalmente momenti istituzionali di confronto. A livello
locale numerosissime sono le
esperienze di collaborazione, le
iniziative comuni per rispondere
alle grandi sfide dell’attuale momento storico.
Sul piano del lavoro ecumenico si è analizzato il contributo
metodista al lavoro della Federazione delle Chiese evangeliche
in Italia (FCEI) ed in modo particolare si è parlato del SAS 01
Servizio di azione sociale, sorto
all’indomani del terremoto del
novembre ’80), osservando come
questo servizio deve continuare
ad essere un luogo di progettualità e di gestione della presenza
e della testimonianza evangelica,
in particolare nelle zone terremotate.
Circa i rapporti internazionali
con la « famiglia metodista » si
è notato come in quest’anno i
legami si siano rafforzati ed intensificati, soprattutto verso il
mondo inglese ed americano. Il
programma della « inner mission » delle chiese americane ha
collaborato, ad esempio, per
l’avvio della costruzione di una
comunità di lingua inglese a Mi
Claudio H. Martelli, presidente
del Comitato permanente dell’OPCEMI.
lano in stretto raccordo con quella di lingua italiana.
Molto importanti inoltre per
rinsaldare i legami sono stati
le visite ed i viaggi dei metodisti italiani sia in Inghilterra che
in USA. Nei prossimi giorni una
delegazione metodista visiterà i
luoghi storici metodisti e parteciperà alla Conferenza delle Chiese metodiste inglesi a Cardiff.
Finanze
Prosegue il risanamento finanziario ai vari livelli; valorizzazione de] patrimonio, programma di responsabilizzazione dei
membri di chiesa, programma
delle « tre P », cioè delle offerte
periodiche, personalizzate, proporzionali al reddito.
Anche la colletta straordinaria
per il risanamento del deficit ha
dato buoni frutti, grazie anche
alTottimo materiale sulla situazione finanziaria fornito alle chiese. Ciò facilita la sensibilizzazione a livello delle chiese locali.
Con soddisfazione si è appreso che il debito nei confronti
della Tavola valdese sta per essere estinto ed i versamenti delrOPCEMl alla Tavola « per il
sostentamento dell’unico corpo
pastorale » si fanno più regolari e tempestivi.
Identità
L’identità metodista — è stato osservato — non va ricercata Soltanto in una riappropriazione della storia passata lungo
le linee della testimonianza wesleyana o risorgimentale.
L'identità viene vissuta, ridefinita, costruita ogni giorno con
la testimonianza evangelica nei
confronti dei grandi problemi di
oggi: razzismo, nuove malattie,
disadattamento, nuovi assetti politici e sociali del mondo, intolleranza...
In questo senso i metodisti si
propongono di ridefinire meglio
il ruolo delle chiese locali, del
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centro di Ecumene ed un rilancio del Patto di integrazione.
« Integrazione che — come ha
affermato nella sua relazione il
CP — non può e non deve avvilirsi ad un fatto regolamentare
e burocratico, intangibile e, addirittura, indiscutibile, ma deve
essere pensata come un processo di partnership aperta nel rispetto, nella fiducia, nell'amore
reciproco ».
Il Sinodo ha nominato una
cornmissione di studio sul Patto
di integrazione affinché si elaborino proposte di revisione che
si traducano in scelte operative
per una comune riscoperta della vocazione a cui Cristo chiama
credenti con diverse storie e tradizioni.
Studi biblici
Una parte importante della
consultazione è stata dedicata allo studio della Parola di Dio. I
partecipanti, divisi in gruppi,
hanno studiato il testo di Giovanni 17: 18: « Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho
mandato loro nel mondo».
Altra parte significativa della
consultazione è stata la conversazione, introdotta dal past. Sergio Aquilante e dal predicatore
locale Giorgio Spini, sul tema della questione meridionale e i nuovi aspetti politici ed economici
di fronte ai quali è necessaria
la proclamazione dell’Evangelo
di Gesù Cristo e la nascita dell’uomo nuovo al servizio della
salvifica progettualità di Dio.
Francesco Carri
BOLOGNA — « L’Assemblea
dell’VIII Circuito delle Chiese
metodiste e valdesi, con la partecipazione di una rappresentanza
della Comunità battista di Ferrara,
riunita a Bologna il 29 aprile
1990,
ascoltate le relazioni presentate dalle comunità, favorevoli all’impostazione generale proposta
dagli esecutivi BMV, in merito
alla preparazione ed ai propositi
della prossima Assemblea-Sinodo
(1-4 novembre 1990),
ritiene che siano maturi i tempi per attuare ed estendere, ove
possibile, la collaborazione territoriale (di cui al quinto documento BMV);
fa presente che il problema del
reciproco riconoscimento è di fat
to già risolto da tempo nelle nostre singole comunità, ivi compresa la comunità battista di
Ferrara ;
fa rilevare che sarebbe bene
precisare i pieni diritti dei membri comunicanti di ciascuna delle tre denominazioni, anche a livello di eleggibilità e di rappresentanza in ogni comunità BMV ;
fa rilevare, inoltre, che sarebbe
bene prendere espressamente atto dell’importanza del ministero
del predicatore locale, senza il
quale il lavoro di circuito sarebbe spesso impossibile da attuare ;
ribadisce il proprio impegno a
considerare prioritaria la solidarietà tra tutte le comunità del
circuito, estesa, da vari anni e in
numerose occasioni, alla comunità battista di Ferrara, con spirito
di reciprocità ».
CORRISPONDENZE
Due realtà vicine
/
FORANO (RI) e RONCIGLIONK (VT) sono due piccole
cittadine del Lazio distanti tra
di loro poco più di 50 km.
Esse hanno, rispetto a tanti altri centri della regione, una « curiosa » particolarità : la presenza
di una comunità evangelica.
Da cento anni vive infatti a Forano una chiesa valdese e da
quarant’anni è presente a Ronciglione una chiesa battista. Due
piccole, ma vive realtà evangeliche a poca distanza Luna dall’altra.
Ebbene, queste due chiese « sorelle» sino ad oggi non avevano
avuto alcun contatto tra di loro
e — anzi — sino a poco più di un
anno fa la stragrande maggioranza dei valdesi di Forano ignorava
anche resistenza di una chiesa
CORALE DI POMARETTO
A Parigi
Un classico del turismo a Parigi è il giro in « bateau-mouche », sulle acque della Senna,
di notte: si ammira una Parigi
in technicolor.
Questa volta i passeggeri di
questo battello non sono semplici turisti, sono amici, sono
fratelli in fede, sono i componenti di due corali e di due comunità, che hanno iniziato a conoscersi un po’ per caso e un
po’ grazie alla CEVAA.
La corale di Charenton-Créteil
e la corale valdese di Pomaretto si erano già incontrate a Pomaretto nell’ottobre ’89 e subito
si era stabilita una buona amicizia e la volontà di ritrovarsi.
Alla base di questi incontri c’è
il desiderio di fare qualcosa di
concreto per i paesi aderenti alla CEVAA.
Nella visita di una corale ad
una comunità c’è sempre il momento di quello che si chiama
« concerto »: è un momento
senza dubbio emozionante, è un
momento in cui si offre a chi
ascolta qualcosa di noi stessi e
non soltanto le fatiche delle nostre prove.
E’ il momento in cui si prova
gioia, comunione con gli altri;
attraverso le varie melodie si
ripercorre in parte la storia valdese, si delineano i momenti salienti della vita ecclesiastica, si
conclude gioiosamente con alcuni canti popolari di diverse nazioni. A questo punto il « concerto » non è più tale; si deve
chiamarlo incontro: per conoscersi, per capirsi, per « fare »...
E le due corali si fondono in
sieme per cantare Palestrina e
Orazio Vecchi. E poi si dividono
per dialogare, per rispondersi
come un’eco nelle parole del Salmo 100, musicato da H. Schütz.
Fondamentale è, in questo incontro, la presenza del segretario generale della CEVAA, Samuel Ada, che nel suo intervento sottolinea l’importanza che si
trovino e si conoscano le chiese europee appartenenti alla
CEVAA; questi incontri sono
sempre motivo di gioia e di arricchimento spirituale.
La gioia deriva anche dal fatto che insieme è possibile fare
qualcosa per chi è nella distretta e nel bisogno.
La colletta della serata è stata raccolta a favore del Mozambico, in cui si sta cercando
di costruire sale polivalenti.
In queste visite ci sono sempre momenti comunitari, come
il culto, dei pasti insieme, delle
visite guidate. Bisogna dire che
la comunità di Charenton Créteil è stata eccezionale nell’osipitalità e nel mostrarci Parigi e
Versailles, con l’ausilio di guide
preparatissime. Con loro abbiamo anche conosciuto la Parigi
protestante, densa di memorie
e di ricordi.
Ecco che le nostre storie si
accomunano e si fondono.
Il nostro pensiero riconoscente ad una persona, in particolare, che ha gettato per prima i
ponti tra le nostre due comunità: Nanou Guichard, che sta diventando una buona conoscitrice del mondo valdese.
Paola e Luciano Ribet
battista a Ronciglione e viceversa.
Ora — e si è trattato davvero
di una grazia del Signore — grazie alla riflessione sui rapporti
BMV avviata nelle chiese in vista della prossima Assemblea-Sinodo di novembre, queste due
comunità sorelle hanno avuto
Analmente modo di incontrarsi.
Domenica 27 maggio, un gruppo di sorelle e di fratelli valdesi
di Forano, con il pastore Ruggero Marchetti, si è recato in visita
presso la chiesa battista di Ronciglione e ha partecipato al culto
la cui liturgia, in un clima di
grande fraternità e di grande
gioia, è stata curata dal pastore
di Ronciglione Paolo Marziale.
Su richiesta delle sorelle e dei
fratelli battisti, il pastore Marchetti ha tenuto la predicazione,
ricordando tra l’altro come l’Assemblea-Sinodo nasce e spera di
dar frutto nella prospettiva dell’evangelizzazione. In particolare,
prendendo spunto dal fatto che
sia sulla parete di fondo del tempio di Forano, sia nella sala della
chiesa di Ronciglione è presente l’affermazione di 1° Giovanni 4 : « Dio è amore », il pastore
Marchetti ha detto che questo è
il cuore dell’Evangelo di Gesù
che tutti siamo chiamati a testimoniare e ad annunziare: l’Evangelo dell’amore e della libertà.
Un Evangelo « nuovo » per tanti
che, in questo nostro paese, sono
piuttosto avvezzi da generazioni
ad un cristianesimo fondato sullo
schema « autorità-obbedienza ».
Un’agape fraterna ed una passeggiata sulle coste del vicino Iago di Vico hanno poi concluso
questa bella giornata. Ed è stato
molto bello il saluto che le sorelle e i fratelli di Ronciglione
ci hanno voluto dare, con un loro
canto che dice : « Ma la festa non
finisce qui ». E tutti speriamo sia
davvero cosi : che questa « festa
della fraternità » non finisca qui,
e che questo sia stato il primo di
una lunga serie di incontri. Intanto, ci siamo lasciati con un
appuntamento: a Forano, l’ultima domenica di giugno.
Ammissioni
IVREA — La domenica di Pentecoste è stata un’occasione speciale di riconoscenza al Signore
per l’ammissione in chiesa di
quattro nuovi membri, due mediante il battesimo e due mediante la confermazione.
Daniela Avanzini, Andrea Audero e Fausto Cappella avevano
chiesto di essere ammessi in
chiesa a conclusione del loro
corso di catechismo, mentre Silvia Pavignano aveva chiesto di
diventare membro di chiesa dopo diversi anni di frequenza ai
culti.
9
w
15 giugno 1990
vita delle chiese
FORMAZIONE QUADRI EGEI
I giovani e la preghiera
La difficoltà di farsi mettere in discussione - Chi è il destinatario della nostra preghiera? - I rapporti tra la FGEI e le comunità
Sfruttando il tradizionale «ponte » di fine aprile (27 aprile - 1°
maggio), la Federazione giovanile evangelica italiana ha organizzato un interessante e proficuo seminario di formazione
quadri per il nord Italia. Si tratta di un appuntamento che, con
una cadenza biennale ormai regolare, si propone in generale
di offrire un momento di dibattito, di apprendimento nonché
di riflessione e verifica a chi, nella
FGEI, è impegnato da tempo o
comunque intenda farlo per l’immediato futuro. Si tratta insomma di un’occasione per individuare strumenti e idee buone (e
Dio solo sa quanto abbiamo bisogno di idee buone) da utilizzare e far fruttificare poi nell’attività regionale o di gruppo.
Entrando nel merito di quest’ultimo seminario formazione
quadri, si può sicuramente affermare che l’aggettivo che si presta maggiormente a qualificarlo è l’aggettivo « anomalo ».
Anomalo era il numero dei
partecipanti, almeno rispetto alle aspettative: solo 22 persone,
se non altro abbastanza rappresentative del nord Italia (le regioni FGEI rappresentate, erano: Triveneto, Lombardia, Liguria, Piemonte, Valli valdesi).
Anomalo era il luogo: un centro delle AGLI, situato magnificamente presso un ex monastero medioevale, sulle suggestive
alture che si estendono alle spalle di Brescia (precisamente a
Botticino); il posto è stato trovato grazie alle nostre relazioni
ecumeniche con le AGLI e si è
reso necessario per far fronte
al sovraffollamento dei nostri
centri BMV, tradizionalmente
utilizzati.
Anomalo soprattutto era il tema: non un tema politico o di
attualità sociale, non un tema
tecnico (tipo animazione di gruppo e così via), bensì un tema
abbastanza insolito rispetto ai
filoni di riflessione ultimamente
affrontati dalla Federazione: la
preghiesa.
Parlare di preghiera può essere facile o difficile, impegnativo
o no a seconda di come lo si fa.
E’ facile se se ne discute in modo sterile, ponendosi fuori dal
problema e addomesticandolo
con discorsi logicamente ineccepibili. Le cose cambiano se si
ha il coraggio di farsi mettere in
discussione dalla preghiera, dì
svelare il proprio vissuto, di
mettere a nudo le proprie contraddizioni e il modo con cui le
gestiamo. Scegliendo questa seconda via, come si è voluto fare
a questo seminario, diventa importante la dimensione del parlarsi e deH’ascoltarsi cercando
di rendersi il più possibile liberi da barriere e tabù, che per altro sono spesso più radicati di
quanto si crede. Quel che ne è
venuto fuori è un seminario
molto parlato, molto «costruito»
dai suoi partecipanti, pur con
una traccia di fondo abbastanza marcata e con l’ausilio benefico dell’animazione.
Il primo passo è stato quello
di mettere sul tavolo la propria
percezione, la propria considerazione della preghiera: ne è scaturito un quadro molto vario, a
partire da chi ha un rapporto
positivo e tranquillo con la preghiera fino a chi invece è pieno
di dubbi e diffidenze al proposito.
Il passo successivo è stato
quello di verificare, tra di noi,
quale immagine di Dio abbiamo
TORRE RELUCE
Amate lo straniero
Amate lo straniero: così recita, insieme ad altri precetti, il
libro del Deuteronomio, ricordando agli israeliti che anch'essi furono stranieri in terra d’Egitto.
Questo il tema di un interessante studio biblico condotto dal
pastore Bruno Tron, del Servizio rifugiati e migranti della Federazione delle Chiese evangeliche, ospite a Torre Pellice lunedì 28 maggio.
Non è stato quindi difficile
stabilire un collegamento tra la
riflessione propostaci dallo studio biblico e la situazione che
l'Italia sta vivendo nell’afFrontare il problema della presenza di
stranieri provenienti dal Terzo
Mondo. La discussione seguita
all'esposizione del pastore Bruno Tron ha dunque fatto spesso
riferimento all’attualità, ponendo
interrogativi circa il nostro ruolo attivo di comunità evangelica e, talvolta, evidenziando le
nostre paure: chi sono gli stranieri che giungono nel nostro
paese? Che cosa li spinge ad emigrare? Quali prospettive essi hanno in Italia? Quali le garanzie
di poter vivere in modo dignitoso? Ed ancora, possono essi
rappresentare un pericolo per
noi? E’ preferibile una politica
di immigrazione più severa, ma
che tuteli maggiormente chi già
vive da noi? Tutti interrogativi,
questi, che certamente non hanno potuto trovare una risposta
esauriente in una sola serata di
discussione e per i quali vi possono essere opinioni anche diverse poiché, come si suol dire,
nessuno ha in tasca la ricetta
pronta. Tuttavia se n’è cominciato a parlare.
Il Sinodo dello scorso anno
esortava infatti le chiese ad impegnarsi in uno studio sui problemi del razzismo e dell’immigrazione, a compiere, cioè, un
primo passo in direzione di imp>egni concreti.
L’incontro, che si è svolto lunedì 28 maggio nei locali della
Ca.sa unionista, è certo poca cosa di fronte alla mole di problemi che la situazione presenta, anche solo a Torre Pellice,
dove da qualche tempo si è stabilita una piccola colonia di lavoratori extracomunitari, in massima parte provenienti dal Marocco. Esso è tuttavia un primo
atto concreto della locale « Commissione migranti », nominata
dal Concistoro nello scorso mese di novembre. Si spera che esso rappresenti altresì un punto
di partenza a cui far seguire altre iniziative.
La « Commissione migranti »
della Chiesa valdese di Torre
Pellice intende operare su due
livelli: attraverso iniziative di informazione sui problemi legati
al razzismo ed alla presenza di
immigrati dai paesi del Terzo
Mondo ed attraverso iniziative di
socializzazione ed atti di solidarietà concreta con gli immigrati
Stranieri che vivono a Torre Pellice o che vi si recano per motivi di lavoro. E per questo essa
auspica il coinvolgimento futuro
di per.sone disponibili a fiancheggiarne l'attività.
E’ con l’apertura di nuove prospettive di impegno che si è dunque concluso lo studio biblico,
che riprenderà come sempre in
autunno.
Sergio Franzese
e quindi chi è il destinatario
della nostra preghiera. Anche
qui, non ci si è trovati d’accordo, anzi quelle che inizialmente
sembravano solo sfumature si
sono poi rivelate, approfondendo il discorso, delle posizioni
nettamente differenziate. C’è chi
ha l’immagine di un Dio padre,
protettore ed onnipotente. C’è
chi viceversa non concorda con
l’idea di onnipotenza di Dio e
preferisce pensare ad un Dio
che non libera, né anestetizza
l’uomo contro il male, ma piuttosto è compartecipe della sofferenza dell’uomo. C’è anche chi
vede in Dio essenzialmente il
fautore di un progetto al quale
gli uomini possono partecipare e
al quale essi sono chiamati a
contribuire. C’è infine chi vede
Dio così infinitamente lontano
che rinuncia a provare a definirlo perché altrimenti lo rinchiuderebbe in una gabbia fatta a
misura degli uomini.
Il dibattito teologico che è
uscito da questa nutrita rosa di
posizioni è stato molto animato, oltreché estremamente interessante, ed ha costituito il momento clou del seminario. Successivamente, i temi presi in esame sono stati quelli relativi al
perché si prega, al perché è importante la preghiera per la nostra fede e infine al come si prega; da quest’ultimo punto di vista, le perplessità maggiori sono
venute circa la pratica della
preghiera collettiva, più o meno
spontanea che sia.
Il tutto è stato inframmezzato da brevi studi biblici, da momenti di festa, da momenti di
preghiera insieme e la conclusione è stata segnata da un culto
in cui si è cercato di esprimere
e mettere in pratica quanto dibattuto in precedenza.
Last, but not least: un’intera
mattinata è stata dedicata a discutere im problema pratico relativo all’attività FGEI e, nello
specifico, i rapporti tra la FGEI
e le comunità. Dopo aver dato
una scorsa alle norme che disciplinano tali rapporti come da
regolamenti, abbiamo dovuto
constatare che spesso questi rapporti fanno problema, sia a livello locale che generale.
A livello locale, perché sovente le relazioni che abbiamo con
i quadri deile nostre comunità
non godono di grande limpidezza e a volte sono gravate da antichi pregiudizi nei confronti della FGEI.
A livello non locale, perché le
assemblee che si tengono con
cadenza regolare appaiono sempre meno capaci di rivestire una
qualche utilità e funzione rispetto alla vita e alla salute delle
chiese e allora sinceramente si
perde un po’ di vista il senso
della cosa e il senso di parteciparvi. Comunque è pur vero, si
è detto, che se la FGEI oggi si
trova un po’ impacciata in questi ambiti, è anche perché ha
sempre meno da dire al proposito: sarebbe forse il caso che
all’interno della Federazione si
riprendesse l’ormai vecchio, ma
mai superato, dibattito sulla riforma della chiesa, visto che in
questi ultimi tempi tale dibattito è andato via via scemando.
La sensazione che si è avuta
alla fine di questo seminario è
stata quella di uscire da una potente centrifuga, in cui tutto è
rimesso in ballo, a partire dalle
proprie posizioni iniziali. Ciò che
ancora una volta emerge al di
sopra di tutto è la forza del
« pensiero debole », ovvero del
pensiero proprio di chi ha poche
risposte, ha poche certezze, ha
tante domande, ma ha anche la
sensazione che quelle siano le
domande giuste.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Conferenza distrettuale
Al termine di due intense giornate di lavoro la conferenza delle chiese valdesi del primo distretto ha eletto la nuova commissione esecutiva distrettuale
nelle persone di Thomas Noflke
(presidente), Graziella Tron Lami (vicepresidente), Nora Ricca
(segretaria). Paolo Gardiol, Vito Gardiol, Silvana Marchetti e
Dario Tron.
La commissione d’esame per
la prossima conferenza risulta
composta da Paolo Corsani (relatore), Mirella Fornerone, Piervaldo Rostan, Ruben Vinti.
Prossima sede di conferenza
sarà Bobbio Pellice e la predicazione sarà a cura del past. Gregorio Plescan.
Durante le due giornate la
conferenza ha discusso in particolare del progetto di una radio
per il distretto, della «mappa»
delle chiese delle valli, della riforma del culto e deU’attività
catechistica.
Museo delle Unioni
giovanili
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(02 ) 70.16.18.
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(tei. 944107).
ANGROGNA — Domenica di
Pentecoste, dopo il culto celebrato con i giovani del gruppo
FGEI, siamo saliti al quartiere
del Prassuit-Vemè per l’apertura
del nuovo museo dedicato alla
storia delle Unioni giovanili vaidesi in vai d’Angrogna. Tutto il
lavoro di ricerca e di allestimento (oltre ai restauro deH’ediflcio) del museo nella locale
scuola Beckwith è stato condotto
dal gruppo giovanile che ha in
questa scuola la sua abituale sede d’incontri settimanali. « Ci piace la storia e ci rallegriamo di
questo nuovo piccolo museo —
ha detto Jean-Louis Sappé, presidente del concistoro — ma non
siamo un museo perché in questa scuola ci si continua a riunire, a riflettere e a crescere insieme nella fede dei padri ».
Molte persone hanno partecipato alTinaugurazione, rallegrata da un bel rinfresco. Ci si è anche emozionati a ricordare recenti figure scomparse dal quartiere che in questa scuola hanno
avuto un loro preciso punto di
riferimento. Il museo consiste in
una serie di documenti d’antichi
e recenti verbali di riunioni di
Unioni giovanili valdesi; c’è la
mappa delle associazioni giovanili in vai d’Angrogna; un album
di foto. Come per il museo della
donna al Serre si è voluto anche
qui mantenere un impianto essenziale ; altro materiale potrà
essere aggiunto, ma importante è
anche che vi sia spazio per svolgere regolari riunioni. L’itinerario culturale attraverso la vai
d’Angrogna si arricchisce così di
una nuova interessante tappa. Le
visite sono sempre possibili, richiedendolo al gruppo FGEI locale.
Festa del faro
PRAROSTINO — Il culto di
domenica 17 giugno è anticipato
alle ore 9,30 per permettere a
quanti sono interessati di partecipare alla festa del faro.
• L’8 giugno scorso abbiamo
avuto la gioia di accogliere un
gruppo di fratelli tedeschi in visita alle Valli, accompagnati dall’infaticabile diaconessa Rivoir
che da sempre è particolarmente
legata alla nostra chiesa.
E’ stato un incontro caratterizzato dal loro desiderio di portare alla comunità valdese di Prarostino, colpita dall’incendio del
15 febbraio, la colletta e i doni
raccolti con tanta generosità e affetto. E’ per tutto questo e per la
fede che ci accomuna che vogliamo dire loro im grazie e un commosso arrivederci.
• Tre sono le sorelle che ci
hanno lasciati in queste ultime
settimane: Attilia Cardon in
Gay, Lidia Revel ved. Oliva e
Carolina Forneron in Fornerone.
Alle loro famiglie esprimiamo
la fraterna solidarietà della comunità.
Bazar
LUSERNA S. GIOVANNI —
Nei locali della sala Albarin avrà
luogo domenica prossima 17 giugno alle ore 14,45 il tradizionale
bazar organizzato dalla Società
di cucito « Le Printemps » con
esposizione e vendita di lavori
femminili ed oggetti vari.
Funzionerà un ricco buffet con
vendita di torte e dolci.
Orario estivo
MASSELLO — Dal 24 giugno
i culti domenicali si terranno nel
tempio, alle ore 11.
Relazione
POMARETTO — Durante il
culto di domenica prossima, 17
giugno, verrà svolta la relazione
dei deputati alla Conferenza distrettuale.
Domenica 24 giugno
□ FESTA DELL’ULIVETO
LUSERNA S. GIOVANNI — I ragazzi
e gli operatori deH'Uliveto invitano tutti alla festa, organizzata per le ore
15 di domenica 24 giugno. Intervenite
numerosi.
• Sono ancora disponibili alcuni posti per il campo per bambini dai 5 ai 7 anni presso la
Ca d’ia Pais al Bagnoou, dal titolo « Essere amici in montagna», che sì svolgerà dal 6 al
10 agosto.
Il costo è di L. 80.000; preno
□ GIORNATA DELLE
COMUNITÀ’
DEL III CIRCUITO
MASSELLO — Alle Porte di Massello,
giornata comunitaria. Culto nelle proprie comunità o a Massello, pranzo al
sacco, pomeriggio vario (giochi, canti, riflessione sui nostri mezzi di comunicazione di massa: Eco delle Valli
e Radio Beckwith).
Se vi occorre
un mobile piccolo
rivolgetevi a
minimobili
Pinerolo
Via Palestre 13,
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10
10 ^alli valdesi
15 giugno 1990
TORRE RELUCE
PINEROLO
Casa
e chiesa
/. « hooligan » da noi non è ancora comparso anche se dopo la
vittoria stdVAustria, grazie ad un
« siculo » da sette miliardi, alcuni giovani hanno già messo
fuori il tricolore. L'« hooligan »
non c’è, ma c’è tanto alcolismo,
specie tra i giovani. E qui mi
chiedo sino a che punto, nella
sostanza delle cose, riusciamo a'
coltivare tra i giovani una mentalità ed un atteggiamento critici rispetto ai modelli dominanti.
Riusciamo ad andare al di là
di un criterio che non sia il semplice tornaconto personale?
Quando si parla di giovani spesso si tende a scaricare sulla chiesa una serie di problemi irrisolti.
Ultimamente è anche comparso
chi vorrebbe dar vita ad una
struttura tipo boy-scout (ma in
versione protestante) per dare
continuità al momento formativo dei più giovani. Si tende a
scaricare la colpa dei vari conformismi sull’imbottimento televisivo dei cervelli o sulla scarsa
capacità della scuola di incidere
in modo costruttivo nella vita
dei giovani. Tutte queste critiche hanno una loro parte di verità: la chiesa, per certi valdesi,
rappresenta sempre più un fatto marginale, da osservare a distanza senza lasciarsene coinvolgere; la cultura televisiva berlusconiana vince sulle inchieste e
gli « speciali » della RAI; la scuola risente delle contraddizioni e
delle ingiustizie della società (la
questione dell'ora di religione
sta lì a ricordarcelo). Ma, al di
là della scuola e della chiesa, sarebbe importante sviluppare una
riflessione sulla famiglia. Quanto tempo dedichiamo ai nostri
figli? Li asfissiamo con i nostri
interessi o cerchiamo di capire
i loro? Riusciamo a vivere in casa quello che ci aspettiamo da
altri fuori? Se siamo pronti a
criticare il disinteresse dei giovarti per i grandi ideali evangelici, o la loro parziale diserzione
dai corsi di catechismo, o la loro assenza dai culti e dalle attività ecclesiastiche questo è anche legato alle difficoltà interne
nostre di famiglia a trasmettere,
anzi, a vivere insieme l’essere
chiesa.
Ma per fortuna la chiesa non
è_ soltanto quella degli impegnati, di quelli che la sostengono
con la presenza e con il loro
contributo economico; la chiesa
è del Signore. Essa è anche il
luogo dell’incontro, del dialogo,
della tolleranza e della diversità
di opinioni e di linguaggi che
sanno interagire.
Non possiamo pretendere una
chiesa convincente, accogliente,
fraterna se la nostra famiglia
non ha una sua linea d’azione
evangelica; se casa nostra è
sprangata a quelli di fuori e il
mondo entra solo attraverso la
televisione, sarebbe ora di chiudere la televisione e aprire le
porte di casa. Se la nostra famiglia è un luogo di difesa dall’esterno e di banalità, così sarà
la nostra chiesa. Raccogliamo
quello che abbiamo seminato.
Ma un cambiamento è sempre
possibile, soprattutto se impariamo a guardare più nel nostro
piatto che in quello di chi ci sta
accanto. L’autocritica è più importante della critica.
Giuseppe Platone
La guerra
nella vita quotidiana
L’atmosfera del 10 giugno 1940 nei cinegiornali ’’Luce” dell’epoca L’impreparazione delle truppe italiane - Guerra come evento totale
Giovedì 7 giugno, presso il cinema Trento di Torre Pellice, si
è Svolta la seconda « puntata »
dell’iniziativa — organizzata dalla Società di studi valdesi e patrocinata dal Comune di Torre
Pellice e dal Centro culturale
valdese — « La memoria della
guerra ».
Il centinaio di presenti è stato subito trasportato nell’atmosfera del 10 giugno 1940, data di
dichiarazione di guerra alla Francia. con la proiezione di un cinegiornale Luce dell’epoca. Il fatidico discorso di Mussolini a
piazza Venezia, gremita all’inverosimile, ai « Combattenti di terra, di mare e dell’aria... », il viaggio del duce a Monaco di Baviera del 18 giugno per incontrare
Hitler, il progressivo approntamento di un’economia di guerra nell’industria italiana, la cultura al servizio della guerra con
attori e attrici spostati al fronte per rallegrare i soldati sono
solo alcuni dei flash proiettati.
Questo documentario d’epoca,
propagandatore ottimista delle
imprese fasciste, è stato subito
messo a confronto con diverse
testimonianze di coloro che furono protagonisti di quel periodo, come Paolo Favout. Egli ha
efficacemente narrato la sua storia, dalla quale emergono, con
disperato realismo, gli elementi
che concordemente gli storici ritengono abbiano portato al fallimento delle truppe italiane un
po’ ovunque: impreparazione al
conflitto, la mancanza di armamenti adeguati e l’inefficienza dei
comandi. A tutto questo va aggiunta — cosa non certo indifferente — la mancanza di cibo
e attrezzatura per i soldati. In
un certo senso, lo sbandamento che colse molte truppe alpine italiane nella guerra contro
la Francia non fu che un anticipo di uno sbandamento ancor
più grande, quello dell’S settembre 1943.
La II guerra mondiale apparve dunque come un evento totale che spostò — a differenza
della guerra 1915-18 — il fronte
in casa, entrò nella vita quotidiana di milioni di persone per
sovvertirne ritmi e abitudini.
Dopo il filmato e la presentazione della piccola mostra « Una
valle in guerra: 10 giugno 1940 »,
preparata dalla SSV, in visione
fino al 16 giugno presso il teatro
Santa Croce di Lusema Alta (Luserna San Giovanni), si è svolto
un interessante dibattito, si po
trebbe dire, fra due generazioni: i protagonisti dell’ultima
guerra ed i loro « figli ».
Se nei primi riaffiorava il
« trauma » del fascismo come
rottura della storia italiana, come periodo buio e « ridicolo »
(un termine ricorso più volte per
definire, nei filmati, la retorica
fascista), nei secondi emergeva
il bisogno di meglio capire le
radici del fascismo nella storia
precedente e, soprattutto, le sue
continuità con la vita della repubblica.
Da tutti una proposta di storicizzazione del ventennio per
ricostruirne la proposta di società globale, di totalitarismo che
andò a colpire il pubblico ed il
privato, le istituzioni e la cultura, l’economia e la storia (con il
riferimento all’impero romano),
con un impressionante svuotamento del linguaggio, della parola, divaricata sempre più dall’analisi critica della realtà; una
operazione dalla quale non siamo esenti oggi, in tempo di mass
media e incapacità a scoprire (e
gestire) i conflitti sociali; un’operazione che sta alla base della
formazione di personalità autoritarie adatte ad essere eterodirette. B. P.
TORRE PELLICE
NEI COMUNI DELLE VALLI
Tutti al
mercatino
biologico
Sabato 16 giugno si terrà il
mercatino biologico mensile.
Il mercatino si svolgerà nell’arco dell’intera giornata nell’area
compresa tra via Arnaud e via
Alfieri (isola pedonale).
L’iniziativa verrà ripetuta nei
giorni 21 luglio e 18 agosto con
le stesse modalità e nel medesimo luogo, e nell’ambito della
fiera d’estate dei 2 luglio prossimo. Scopo delTmiziativa è quello di offrire alla cittadinanza
prodotti e merci che escludano
l’impiego di prodotti chimici di
sintesi e l’adozione di sistemi di
forzatura delle produzioni agricole alimentari.
I prodotti agricoli, per essere
ammessi al mercato, devono rispondere alle norme internazionali IFOAM di agricoltura biologica e al regolamento stabilito
dall’amministrazione comunale.
Tutte le domande di ammissione dei produttori vengono
vagliate da im comitato tecnico
costituito da rappresentanti del
comune, della Comimità montana, deiruSSL, del commercio
ambulante e dei produttori biologici.
Si tratta delia seconda edizione, dopo l’esordio di maggio; allora vi furono una dozzina di
espositori con merci varie (dal
miele alla frutta, dalle confetture ai formaggi, alle erbe officinali, al legno, ahe lane tinte con
coloranti naturali); col prossimo
mercatino, vista la stagione, dovrebbe registrarsi anche un incremento dei prodotti in vendita.
Alcuni espositori continueranno nell’opera divulgativa sulle
tecniche utilizzate dagli agricoltori biologici e sulle motivazioni
delle loro scelte.
Nuove Giunte
Nascono le prime nuove amministrazioni - In
altre località continuano ancora le trattative
S. SECONDO — Cambio della guardia alla guida dell’amministrazione comunale; all’ex sindaco Avondetto succede Giorgio
Ronco. In giunta sono stati nominati anche Massimo Rivoiro,
Lilliano Coduri, Luciano Martinat, Dario Gallea, assessori effettivi; Giorgio Nuvoli e Benedetto
De Libero assessori supplenti.
ROBA’ — Conferma piena per
la giunta uscente; con il sindaco Odetto saranno in giunta il
vice Sergio Rivoira e gli assessori Dario Gelso, Giorgio Durand
e Silvio Tourn.
VILLAR PELLICE — Ancora
una conferma per il sindaco ;
Paolo Frache si appresta a guidare la giunta comunale per la
settima tornata amministrativa;
con lui Sergio Davit, Fiorella Pasebetto, Enrico Gamier e, nome
nuovo per la giunta. Franco
Cairus.
BOBBIO PELLICE — Molti
nomi nuovi nella giunta eletta
dal consiglio di venerdì scorso:
oltre al sindaco Charbonnier c’è
infatti solo la conferma dell’assessore Italo Salomone Gönnet;
tre i nomi nuovi: Luciano Catalin, Marco Cataiin ed il vicesindaco Aldo Pontet. Sulle nomine
la lista di minoranza ha votato
scheda bianca.
ANGROGNA — Presentando
la composizione della nuova
giunta la scorsa settimana è stato omesso il nome di un assessore anziano. Albino Bertin, che
si aggiunge a Franca Coìsson,
Mirella Malan, Anseimo Bertin e
Luca Simond.
POMARETTO — Un’altra conferma nel ruolo di sindaco. Carlo
Alberto Travers è stato infatti
eletto nel corso del consiglio della scorsa settimana; con lui in
giunta Guido Ribet, Dino Barale,
Arturo Riceli e Danilo Breuza.
PERO SA ARGENTINA — Secondo le indicazioni emerse dalle
ultime elezioni, conferma per il
sindaco Furlan; vicesindaco sarà Piermario Corino. In giimta
anche Mario Paimero, Alfredo
Benedetto, Guido Corino, Egidio
Di Giovanni e Adriano Coutandin, eletto nella frazione di Meano.
PERRERO — Il nuovo sindaco di Ferrerò è Riccardo Léger,
già assessore anziano nella precedente amministrazione.
Il sindaco uscente. Alma Ghigo, ricopre ora questa carica;
secondo assessore è Aldo Massel,
entrambi eletti nella sezione del
capoluogo.
Sono assessori supplenti Lamy
Clot Varizia (eletto a Chiotti) e
Renzo Tron (S. Martino).
I consiglieri eletti nella sezione
di Maniglia, Raimondo C3enre e
Claudio Pons, si sono astenuti in
tutte le votazioni, per protesta
contro la decisione di escludere
dalla giunta un rappresentante
della loro zona.
SALZA DI PINEROLO — La
nuova giunta municipale eletta
nel primo consiglio comunale risulta composta da: Bruno Breuza, sindaco; Italo Breuza, assessore anziano; Domenico Breuza,
assessore effettivo ; Fortunato
Sanmartino e Ivo Barai assessori supplenti.
Linguistico
in pericolo
Circa un anno fa, con decreto
ministeriale, veniva attivato l'indirizzo maxisperimentale linguistico presso l’Istituto magistrale
« Rayneri » di Pinerolo.
A ifronte di preiscrizioni di 106
alunni, il ministero ha concesso
l’autorizzazione solo per tre classi prime, anziché quattro, come
richiesto daH’istituto.
Operatori scolastici, collegio
dei docenti, consiglio d'istituto,
preside, alunni e genitori tutti
hanno espresso al ministero la
richiesta di un riesame della questione, tenendo conto che la
sede scolastica di Pinerolo è
l’unica sul territorio in cui
si sia attivata una maxi sperimentazione linguistica e che
accoglie nel suo bacino d’utenza più di 46 comuni. L’organico
di previsione è stato effettuato
sul totale delle preiscrizioni, senza considerare le pur prevedibili ripetenze e i trasferimenti da
altra sede per motivi di residenza anagrafica; potrebbe pertanto
ampliarsi fino al raggiungimento di 115/120 iscrizioni, che consentirebbero persino la formazione di cinque classi prime.
Esulando dalla scarna logica
dei numeri ed entrando viceversa in quella del servizio che lo
Stato deve garantire agli utenti
che ne fanno richiesta, hanno
presentato all'attenzione del ministero la situazione di quegli
alunni i quali, stante l’autorizzazione attuale, sarebbero privati del diritto allo studio da essi
scelto, sancito dalla Costituzione, essendo legalmente, logisticamente e didatticamente impraticabile la soluzione di formare
tre classi prime di 35/37 alunni
ciascuna.
« Pur nel rispetto dell’Ordinanza ministeriale e senza entrare nel merito del suo dettato —
dicono al Rayneri — ci domandiamo quali prospettive rimarrebbero allora agli alunni che
non potremmo accogliere: scelta
di studi a fortiori e poco congeniale, abbandono degli studi o
ripiegamento di iscrizioni in istituti non statali al prezzo di 3/5
milioni all’anno? ».
Altri interrogativi sono volti
a capire « perché si potenziano
aree cittadine forti e sovraffollate deprivando aree che, seppur
marginali, si rivelano socialmente e intellettualmente vive, vigorose e meritevoli di potenziamento? Perché un eventuale taglio alle preiscrizioni, che sono
palese testimonianza del valore
culturale di una sperimentazione linguistica sul territorio, dovrebbe essere effettuato in base
a meri criteri statistici, senza
piuttosto considerare il contesto
in cui quella determinata iniziativa si colloca? ».
Infine, nel documento inviato
dall’Istituto magistrale di Pinerolo al ministro Mattarella si
evidenzia che l’istituto « G. A.
Rayneri » include nel proprio vasto bacino di utenza le minoranze occitano-francofone delle valli del Pellice, S. Martino e Pragelato, minoranze non ufficialmente riconosciute e pertanto
più particolarmente suscettibili
di tutela nella loro peculiarità
linguistica e culturale.
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15 giugno 1990
valli valdesi 11
POMARETTO
VALLI CHISONE E GERMANASCA
Canti piemontesi I suoni tra i coni
Che cos’è un dono? Un qualcosa che si riceve da qualcuno che
ci vuol bene, che ci stima, che ci
apprezza. E’ qualcosa che è stato
scelto per noi e che ci viene dato con gioia. Un dono un po’
speciale Tabbiamo ricevuto alcune sere fa dalla Camerata corale
La Grangia, in concerto a Pomaretto.
...Il narratore, con voce suadente e profonda, racconta del tempo passato, dei giovinetti che facevano la corte alle ragazze, durante la veglia nelle stalle.
Ecco, la veglia incomincia... Col
coro si alzano le voci dei giovinetti, che, fuori al freddo, supplicano di lasciarli entrare. Rispondono le ragazze con voci timide e
sottili.
Nella canzone popolare piemontese è messa spesso in risalto la figura femminile: forse per
moderare un certo maschilismo
imperante o per creare un equilibrio tra la disparità dei ruoli.
Ne è un esempio la canzone
« L’assedio di Verrua » in cui la
« bela a la finestra » riesce a salvare le sorti del castello, scagliando una grossa pietra nella barca
dei nemici, facendola affondare.
L’uomo è, invece, generalmente
preso in giro, turlupinato; oppure, tragica sorte, muore: come
nel canto « Il testamento del
marchese di Saluzzo », che diventerà, col passare degli anni e delle esigenze canore, un famoso
canto degli alpini.
Anche la bella «Carolin-a ’d
Savoia » morirà lontano da casa,
ma il canto non lo dice; usa invece una perifrasi di una dolcezza struggente : dà la mano ai suoi
cari e dice loro arrivederci in paradiso, con il fiore del giglio. E
qui il solista esprime tutta la tragicità del momento con una ca
Guardia medica :
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Notturna, prefestiva, festiva; pres
so Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
CfOMENICA 17 GIUGNO 1990
Perosa Argentina: FARMACIA Dott.
BAGLIANI - Piazza Marconi 6 Telef. 81261.
Ambulanza ;
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica ;
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica ;
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rica interpretativa ammirevole.
Ogni canto è autentica poesia,
è finezza interpretativa. La delicatezza e la gentilezza di alcune
storie rimbalzano nella musicalità che il coro riesce ad esprimere, interpretandole, tenendo sempre d’occhio la melodia originale.
La rondine vola e anche le voci dei singoli componenti il coro
volano, si librano nell’aria, si posano delicatamente per poi riprendere il loro volo.
Non è solo un coro che canta;
ma un insieme di strumenti, che
fanno da sottofondo alle altre voci, che spiccano da soli, diventando per un momento protagonisti, per poi inserirsi nella complessità del coro. Ciò che continua a meravigliare è che ognuno
di questi strumenti è perfettamente autonomo, ma nello stesso
tempo accetta la guida abile e
impercettibile del maestro.
In questi ultimi anni si ha l’impressione di assistere ad una
svolta del Coro (e non è solo per
l’introduzione di un « omaggio
alla cultura valdese »), che porta
ad una più piena maturità, ad
una carica espressiva notevole,
ad una cura straordinaria nelle
esecuzioni. Anche con l’avvicendarsi di coristi, rimangono intatte le caratteristiche che lo hanno reso famoso in tutta Europa.
Grazie alla Corale La Grangia ci
è stato possibile offrire una bella
colletta destinata a migliorare le
cure e la degenza degli ammalati,
ricoverati all’Ospedale valdese di
Pomaretto.
Paola Revel Ribet
Inizia all’aperto, nel verde del
parco Gay di Perosa Argentina,
la seconda rassegna estiva della
Associazione culturale Alidada:
« Suoni tra i coni ».
Il primo spettacolo, dedicato
ai piccoli, vede protagonisti i burattini. In particolare uno scatenato Pulcinella, eroe incontrastato di « ’A nnammurata mia »
del Teatro Aiegre di Pinerolo.
Pochi giorni dopo, dalla chitarra
di Luigi Tessarollo, accompagnata da basso e batteria, vibreranno le suggestioni sonore, incisive e vigorose, ma anche leggere
e raffinate, del jazz.
L’appuntamento è al cinema
Edelweiss di Pomaretto dove,
per la terza serata della rassegna, si esibiranno quattro cabarettisti che traducono in frizzante teatralità il quotidiano che
scappa in fretta. Lo scherzoso
trasformismo del duo Del Vecchio-Cavallari, che gioca con le
canzoni di « Scanzonissima », si
accompagna aU’ironica storia
di « Anime gemelle » dei fratelli
(gemelli!) Barolo.
Infine, nel cuore dell’estate, il
blues della IModel-T-Boogie, preceduto dall’esibizione di gruppi
locali, chiuderà questa rassegna
con una piccola grande festa che
inizierà fin dai pomeriggio sul
prato degli impianti sportivi di
Inverso Pinasca.
E, come nelle favole, in mezzo
a tanti suoni, il sole calerà tra i
coni delle montagne.
DOMENICA 17 GIUGNO - ore 17
Perosa Argentina - Parco Gay
Spettacolo con i burattini del Teatro
Aiegre: « 'A nnammurata mia ».
VENERDÌ’ 22 GIUGNO - ore 21
Pomaretto - Cinema Edelweiss
Concerto jazz « Luigi Tessarollo trio ».
VENERDÌ’ 29 GIUGNO ■ ore 21
Pomaretto - Cinema Edelweiss
Spettacolo di cabaret
« Scanzonissima » con Pietro Del Vecchio e Mario Cavallari;
« Anime gemelle » con i gemelli Barolo.
SABATO 21 LUGLIO
Inverso Pinasca - Impianti Pro Loco:
Concerto blues:
ore 17: Esibizione gruppi locali;
ore 21; Model-T-Boogie.
M. S.
PINEROLO
8 per mille forma
di privilegio
La destinazione dell’8 per mille IRPEF è « una scelta che ognuno dovrà fare secondo la sua coscienza e la sua sensibilità, tenendo conto che nessuna scelta
è esente da equivoci ». Questa
l’indicazione contenuta in una
scheda informativa che è stata
distribuita ai fedeli della comunità parrocchiale di S. Lazzaro
di Pinerolo (To), i cui sacerdoti
già da alcuni anni hanno regolarmente rifiutato la congrua, finora assegnata dallo Stato ai sacerdoti in cura d’anime, contando sull'aiuto diretto degli stessi
parrocchiani.
Commentando il nuovo sistema, di cui la scheda dà una dettagliata informazione (precisando anche chiaramente le conseguenze della non scelta), la comunità parrocchiale lo definisce
come una ulteriore « forma di
privilegio, che, aggiunta alla spesa per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole e per
pagare i vari cappellani (dell’esercito, degli ospedali, delle carceri), costituisce ogni anno per
lo Stato un peso non indifferente ». « E’ giusto questo — si chiedono i responsabili della pannocchia pinerolese — mentre ven
VISUS
di Luca Regoli & C. «
OTTICA • Vis Arnaud, 6
1.1 10066 TORRE PELLICE (To)
L’OTTICO DI LUSERNA
di Federico Regoli & C. «n
via Roma, 42
10062 LU8EBNA 8. GIOVANNI (To)
gono drasticamente tagliate le
spese per l’assistenza, i finanziamenti per la cassa integrazione
e la disoccupazione? E mentre
gli invalidi sono costretti ad attendere anni per vedersi riconosciuta una pensione o l’assegno
di accompagnamento dalle commissioni sanitarie militari? ».
E mentre il nuovo meccanismo,
prosegue il documento, « lega
la Chiesa ad un sistema fiscale
che contiene molte ingiustizie e
che è in massima parte finanziato dal lavoro dipendente », esso,
delegando lo Stato, « rischia di
deresponsabilizzare i credenti rispetto alle necessità anche economiche delle loro comunità o
verso le esigenze dei bisognosi,
invece di stimolare una crescita
della partecipazione e della corresponsabilità, anche in campo
economico ». Coerentemente con
questa posizione, i sacerdoti della parrocchia devolveranno l’integrazione dell’Istituto per il sostentamento del clero parte al
finanziamento di una cooperativa agricola in Brasile e parte per
iniziative a favore dei più bisognosi.
(Adista)
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 14 giugno,
ore 16.45, al Centro d’incontro avrà luogo una riunione con il seguente o.d.g.:
a) Appelli per I prigionieri in carcere
dal giugno 1989 in seguito ai fatti della
piazza Tien an-Men a Pechino; b] Arrivo di una lettera dell’ex prigioniero All
R. Duman e comunicazioni da Londra.
« Un pomeriggio per Amnesty »' al
Castagneto (Villar Pellice), domenica
1” luglio, inizio ore 15. Tutti sono invitati.
Concerti
PEROSA ARGENTINA — La corale
della Chiesa di S. Genesio (Perosa
Argentina) e la corale valdese di Pomaretto organizzano un incontro musicale-corale, nella chiesa di S. Genesio:
sabato 16 giugno, alle ore 20.30.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma per il prossimo fine
settimana, sabato 16 e domenica 17,
ore 20 e 22,10: «Senti chi parla».
Giovedì 14 si conclude il ciclo sull’alpinismo; Inizio, come di consueto, alle ore 21.15.
Mostre
LUSERNA SAN GIOVANNI — Fino al
16 giugno, presso l’ex cinema Santa
Croce a Luserna Alta, resterà aperta al
pubblico la mostra: « 10 giugno 1940;
una valle in guerra ». La mostra,visitablle dalle 16 alle 22 di ogni giorno e
venerdì anche al mattino, vuole essere
un contributo volto a mettere a fuoco
l’inizio di un periodo burrascoso della
nostra storia. Curata dalla Società
di studi valdesi, si tratta di uno strumento per sollecitare i protagonisti di
allora e coinvolgere la gente di oggi,
portandola alla riflessione.
Convegni
PEROSA ARGENTINA — Sabato 16
giugno, alle ore 9.30, presso II cinema Piemónt si svolge un convegno
sul tema: « Problemi del lavoro e dell'occupazione nelle valli Chisone e
Germanasca »; interverranno l’assessore al lavoro della Regione, Cerchio,
rappresentanti politici locali e delle
associazioni di categoria.
_______Consiglio comunale___________
LUSERNA SAN GIOVANNI — Il consiglio comunale è convocato per le
ore 21 di venerdì 15 giugno; aH'ordine
del giorno l’elezione del sindaco e della giunta.
RINGRAZIAIVIENTO
I familiari del caro
Roby Berton
neirimpossibilità di farlo personalmente, ringraziano tutti coloro che con
scritti, fiori e iparteoipazione sono stati
loro vicini in questa triste circostanza.
Un ringraziamento particolare agli
amministratori della Caffarel, sigg. Inversi e Belladonna, a tutti i compagni
di lavoro, ai coscritti, agli amici ed alla
FIDAS.
Villar Pellice, 5 giugno 1990.
RINGRAZIAMENTO
« Il Signore è il mio pastore »
(Salmo 23 : 1)
I familiari della cara
Carolina Forneron
in Fornerone
riconoscenti ringraziano il dott. Rolfo,
la USSL 44, i medici, le infermiere,
suor Gian Paola e la superiora del
Cottolengo, il past. Langeneck, l’amministrazione comunale, le gentili signore che si sono prestate in ospedale ad
assisterla, i parenti e i vicini di casa
e tutti coloro che con scritti sono
stati loro vicini.
Prarostino, 15 giugno 1990.
RINGRAZIAMENTO
« Anima mia, acqueUUi in Dio
solo, poiché da lui viene la mia
speranza »
(Salmo 62: 5)
E’ mancata airaffetto dei suoi cari
Alda Elisa Cougn
lo annunciano, con profondo dolore ma
nella certezza dolla fede, la soreUa Alice Breda con le figlie Eugenia ed
Elena, i cugini ed i parenti tutti.
La famiglia ringrazia sentitamente
la Casa delle diaconesse, la dott .ssa Ornella Michelin Salomon, il past. Zotta,
i medici ed il personale dell’Ospedale
valdese di Torre Pellice per le amorevoli cure, e quanti con scritti o presenza hanno partecipato al lutto per la
perdita della cara congiunta.
Torre Pellice, 15 giugno 1990.
RINGRAZIAMENTO
La cugina Laura Eynard Reinaudo e
famiglia della cara
Alda Elisa Cougn
ringrazia di cuore le amiche e le conoscenti che l’hanno aiutata moralmente e materialmente durante la malattia della cugina Alda. Rivolge un
ringraziamento particelare alle dott.sse
Caveggia e Miche*lin Salomon per le
affettuose cure prestate, al primario,
ai dottori, infermieri e personale tutto
deirOspedale valdese di Torre Pellice,
alla Casa delle diaconesse ed al pastore
Zotta per l’assistenza spirituale e le
parole di conforto che ha espresso a
tutti noi.
Si prega di devolvere eventuali offerte in memoria di cousine Alda a
favore dell’Ospedale valdese di Torre
Pellice e della Casa delle diaconesse.
Torre Pellice 15 giugno 1990.
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12
12 fatti e problemi
15 giugno 1990
ISRAELE-PALESTINA
AMNESTY INTERNATIONAL
Due popoli, una terra
Finora lettera morta la risoluzione ONU del dicembre 1948, che garantiva ai profughi palestinesi la possibilità di ritornare in casa propria
La questione israelo-palestinese permane sempre estremamente
complessa e rischiosa per la pace in Medio Oriente ed è anche stata
presa in considerazione in occasione del recente vertice Bush-Gorbaciov. Essi hanno infatti rivolto un appello congiunto ad Israele
perché negozi con i palestinesi. Gorbaciov ha in più minacciato di
bloccare Vemigrazione degli ebrei sovietici verso Israele qualora
essi vengano ancora indirizzati verso gli insediamenti in Cisgiordania e nella striscia di Gaza. La risposta del premier Shamir non si
è fatta attendere. Egli ha respinto la richiesta sovietica, asserendo
che Israele « è un paese libero e ciascuno si stabilisce dove più
gli aggrada » (il fatto che si tratti di territori occupati è del tutto
secondario...).
Nello scorrere il numero di maggio (giuntoci con il solito ritardo) del mensile « Arabies », abbiamo letto uno scritto di Jean-Paul
Chagnollaud, docente universitario, esperto della questione israeliana, e più rivolto all’aspetto demografico della questione, forse meno
noto. Ne riportiamo qui appresso una sintesi che ci pare dia un
contributo per la maggior conoscenza di uno dei più cruciali problemi del nostro tempo.
che si accordassero agli arabi i
diritti politici.
Questo tema è stato vigorosamente ripreso, sempre nel 1988,
con la creazione di im movimento capeggiato dal generale della
riserva Rehavam Zeevi: « Non ho
inventato io l’idea del trasferimento. Non è un concetto razzista di oggi; si tratta di un tema
presente nella dottrina sionista
lungo tutto il corso della sua storia ».
Le diaspore
Sin dalla « Dichiarazione Balfour » {secondo la quale i britannici si impegnarono — nel corso
della prima guerra mondiale — a
favorire un « nuovo focolare
ebraico in Palestina») sono emdati
man mano sviluppandosi gli acquisti di terre e lo sviluppo dell’immigrazione in detta regione.
Basti pensare che, mentre nel
1922 la popolazione ebraica rappresentava a malapena il 10 per
cento della popolazione, questa
proporzione va sempre più ribaltandosi.
Dopo le guerre
Sarà la prima guerra araboisraeliana del 1948 a rovesciare
definitivamente il rapporto: degli 877.000 palestinesi ben 710.000
se ne vanno, mentre Israele conterà 650.000 cittadini ebrei. Sarà
proprio a seguito di questo drammatico evento che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite voterà
la risoluzione 11.12.’48, destinata
a rimanere lettera morta: « Si
deve consentire ai profughi che
lo desiderano di rientrare alle loro case vivendo in pace con i vicini. Adeguate indennità devono
essere pagate a titolo di risarcimento sui beni di coloro che non
intendono ritornare ».
Nella successiva guerra del
1967 altre decine di migliaia di
persone abbandonano le loro case.
Nel 1985 la popolazione israeliana conta 4.255.000 abitanti, di
cui l’82% ebrei (3.489.000). Nei territori occupati 18 anni prima vi
sono 1.502.000 persone, di cui
835.000 in Cisgiordania, 542.000 a
Gaza e 125.000 a Gerusalemme
est. Globalmente, fra Stato israeliano e territori occupati, si contano 2.268.000 arabi contro i
3.489.000 israeliani: dal 10% del
1922 il rapporto sale ad oltre il
60%. Questi dati stanno ad indicare che tutta la vicenda di questo conflitto è largamente determinata dai dati demografici: più
che mai oggi essi sono presenti
nello spirito degli uni e degli altri
come una vera e propria ossessione.
La politica degli attuali dirigenti — anche se essi non esprimono pubblicamente questo
obiettivo — è sempre finalizzata
all’aspetto demografico; in questa prospettiva, l’arrivo dei numerosi ebrei sovietici riveste una
considerevole importanza: decine
di migliaia di nuovi cittadini si
installano nel paese, cittadini per
di più appartenenti alla più importante comunità ebraica dopo
quella degli Stati Uniti, con tutta
la potenzialità che ciò comporta.
Siccome ovviamente esiste un
rapporto fra il numero e la terra,
questo rinforzo demografico consoliderà l’intransigenza del governo israeliano nei confronti dei
territori occupati tesa ad appoggiare il movimento di colonizzazione.
I trasferimenti
Accanto a quella dell’incremento demografico vi è poi la politica del « trasferimento », e cioè
deU’allontanamento della popolazione palestinese. A parte la proposta della destra estrema (n.d.t.:
il partito Shas di cui è esponente
l’attuale ministro degli Interni,
rabbino Aryeh Der’i) di « cacciare gli arabi al di là del Giordano », parecchi partiti sono fautori di un « aiuto all’emigrazione »
anche mediante compensi economici. Lo stesso ministro Sharon
tende ad una politica « per alzare il livello delle popolazioni, che
possa incoraggiare a trovare lavori qualificati fuori dai territori ».
Un sondaggio del « Jerusalem
Post » del 1988 ha evidenziato che
l’idea del « trasferimento » seduce un’importante percentuale della popolazione israeliana. Infatti,
un 49% è favorevole a indurre
gli arabi a partire, mentre solo
il 28% vorrebbe che si rendessero i territori occupati ed il 21%
Mentre qualunque persona democratica non può che rallegrarsi per la possibilità che hanno gli
ebrei sovietici di espatriare, non
si può ignorare l’appello che 20
personalità palestinesi hanno inviato alle missioni diplomatiche
a Gerusalemme, invitandole a
« intervenire presso le loro amministrazioni per fermare l’immigrazione massiccia degli ebrei sovietici, a causa dei rischi che tale operazione fa scendere sulla
possibilità di una soluzione pacifica della questione ». Si tratta all’incirca dello stesso testo redatto dai dirigenti palestinesi negli
anni ’20 e ’30... Come se 60 anni
di violenze non fossero serviti a
niente... Come se tutto questo
tempo trascorso non avesse fatto
comprendere che la soluzione del
conflitto non si può trovare mediante la dominazione di un popolo sull’altro o con spostamenti
di popolazione. Siccome vi sono
due popoli ed una terra, essa deve essere divisa affinché ciascuno
dei due possa liberamente accogliere sul proprio territorio
le rispettive diaspore. Qualsiasi altra soluzione è votata all’insuccesso.
(a cura di Roberto Peyrot)
Prigionieri
del mese
Il Notiziario di A.I. segnala i
casi di tre prigionieri per motivi d’opinione e ci invita a scrivere appelli, in italiano o inglese,
per la loro scarcerazione alle
autorità dei rispettivi paesi.
Al-Tijani al-Taieb — SUDAN
65 anni, sposato, editore di
giornali. Negli anni cinquanta
era giornalista e attivista sindacale. Venne arrestato diverse volte tra il 1958 e il 1964, sotto il
governo del generale Aboud.
Dopo che il presidente Nimeiri nel 1969 ebbe preso il potere,
i comunisti furono arrestati o
uccisi, ma al-Taìeb dal 1971 visse
clandestinamente fino al suo arresto nel novembre dell’SO. Nel
1985 il governo Nimeiri fu rovesciato e si formò un governo civile eletto democraticamente.
Al-Taieb fu rilasciato e divenne
allora editore capo del giornale
al-Maidan, alla cui fondazione
aveva collaborato nel lontano
1954. Riprese anche il suo posto
nel Partito comunista sudanese, che nel frattempo era stato
legalizzato e aveva i suoi rappresentanti in Parlamento. Il 30
giugno 1989 con un colpo di stato i militari presero il potere e
al-Taieb, che aveva denunciato
nel suo giornale violazioni di
diritti umani, venne arrestato e
rinchiuso nella prigione Kober,
che solitamente è riservata ai
condannati a morte.
Amnesty International ritiene
che egli sia detenuto unicamente per le sue idee e attività politiche non violente. Lo considera perciò prigioniero di coscienza.
Si suggerisce di scrivere, per
posta aerea, a;
His Excellency Lieutenant-General
Omar Hassan al-Bashir
Head of State
LA ’NDRANGHETA IN CALABRIA
Non è più tempo di tacere
Di fronte alla delinquenza organizzata occorre che si mobilitino le
chiese e i cristiani - Un importante ruolo dovrebbe avere la scuola
Non passa giorno che i mass
media non diano notizie di morti ammazzati, di rapimenti, di
attentati e di altri nefandi delitti perpetrati dalla ’ndrangheta.
Abbiamo purtroppo questa piaga che non consente il convivere
civile, che condiziona pesantemente la crescita economica e
sociale dell’intera provincia. C’è
anche, purtroppo, una cultura e
ima mentalità mafiose largamente diffuse nella nostra società,
grazie alle quali questa organizzazione può operare e muoversi
indisturbata. Per un qualunque
torto subito, anche involontario,
si è pronti a rivolgersi agli « amici degli amici ». Fanno quindi
bene i mezzi d’informazione a
denunciare tutti gli orrendi delitti che si consumano sul territorio.
Ma ci sono anche tanti reggini onesti, laboriosi, timorati di
Dio che gridano; « Basta! ». Ci
sono reggini che vivono l’incubo
dei morti ammazzati, l’orrore dei
sequestri di persona, l’angoscia
delle bombe che esplodono di
giorno e di notte per cui si teme costantemente per la vita dei
propri ragazzi quando questi
escono. Molti di questi cittadini
Onesti hanno sentito il bisogno
di scrivere, chi p>oesie e chi lettere, ad Angela ed a Cesare Casella per manifestare il dolore per
quello che hanno dovuto patire
e lo sdegno per tutto quello che
sta succedendo. Queste lettere
piene di umanità, di solidarietà
e di gioia per l’awenuta liberazione di quel ragazzo, andrebbero pubblicate.
E’ importante che i mezzi di
informazione diano ampio spazio a tutto ciò che può edificare il lettore, o Io spettatore, perché altrimenti nei reggini onesti
viene uccisa la speranza, viene
uccisa la voglia di lottare per un
avvenire migliore. Perché altrimenti viene diffusa solo la cui
tura della morte; perché altrimenti viene fuori un’immagine
della nostra terra in cui tutti
sono mafiosi, barbari, assassini.
Certo non spetta solo agli organi d’informazione impegnarsi
perché si verifichi un cambiamento di rotta.
Operare perché avvenga una
rivoluzione culturale spetta primariamente alla famiglia, alla
chiesa, alla scuola.
Tutte quelle famiglie che si
dichiarano cristiane debbono educare i propri figli all’amore ed
al perdono.
Inculcare in loro odio ed istigarli alla vendetta significa essere lutto tranne che cristiani.
La grande assente in questa
opera di rivoluzione culturale
sembra essere la scuola, la cui
responsabilità nell’educare i giovani è enorme ed è a questa che
diciamo; non è più tempo di stare zitti su questo enorme problema che condiziona tutti.
Bisogna fare prendere coscien
za agli alunni dei guasti devastanti che la ’ndrangheta ha prodotto e sta producendo nel tessuto sociale e nell’economia di
una città come Reggio, che pure Un tempo fu ricca di storia,
di civiltà, di cultura.
Ed ancora, al di là dei programmi ministeriali, ad ogni alunno, ad ogni reggino bisognerebbe fare conoscere la storia
della propria città, bisogna attraverso la scuola riconquistare
la memoria che è andata perduta, da Aschenez, ad Ibico, a Glauco, a Pitagora, ecc...
Perché si riacquisti coscienza
di popolo.
Agli intellettuali ed ai politici
calabresi che giustamente pretendono la garanzia del diritto
per qualunque cittadino, sia pur
colpevole del più orrendo dei
crimini, diciamo che vorremmo
sentire da parte loro innanzitutto una condanna netta, forte,
urlata di queste azioni delittuose, perché altrimenti generano
confusione, si ha la sensazione
che i primi diano una copertura
culturale al fenomeno e che i
secondi siano parlamentari dell’antistato.
Infine, come credenti, riteniamo che solo la presenza del Signore in mezzo a noi può operare questa rivoluzione culturale, poiché, senza di lui, nulla potremo né come singoli, né come
istituzioni.
Eugenia Marzotti
People’s Palace, P.O. BOX 281
Khartoum - Sudan, Africa
Muhammad Nabil Salem - SIRIA
50 anni, sposato, 3 figli. Membro dell’Associazione siriana di
ingegneria civile. E’ stato arrestato ad Aleppo il 31 marzo ’80
con altri ingegneri alla vigilia
di uno sciopero generale indetto
per un giorno dall’Associazione
dell’ordine degli avvocati di Damasco. Allo sciopero avevano aderito in tutta la Siria altre associazioni di professionisti che
comprendevano medici, farmacisti, tecnici, insegnanti. Le richieste dei sostenitori dello sciopero
erano: la fine dello stato di emergenza, in atto dal 1963, e delle
violazioni dei diritti umani; l’abolizione delle Corti straordinarie e delle Corti per la sicurezza
dello Stato; la proibizione dell’arresto arbitrario e della tortura; il rilascio dei prigionieri
politici. Amnesty conosce i nomi
di 70 membri dell’Associazione
siriana di ingegneria arrestati
in marzo-aprile 1980. Al momento dell’arresto Nabil Salem era
capo del Dipartimento di ingegneria civile all’Università di
Aleppo. Si invitano i lettori a
scrivere per posta aerea a:
His Excellency Khaled al-Ansari
Minister of Justice
Ministry of Justice
Nasr Street - Damasco
Repubblica Araba di Siria
Padre Thadeus Nguyen Van Ly
VIETNAM
Parroco cattolico romano della parrocchia di Dóc So, vicino
alla città di Hué. E’ stato arrestato nel 1977 per aver distribuito « clandestinamente » dichiarazioni dell’arcivescovo di Hué
che esprimevano compassione
per i leader buddisti a quel tempo arrestati. NeH’agosto 1982 è
stato nuovamente arrestato, dopo una breve parentesi in libertà, con l’accusa di voler intraprendere con altre due persone
un pellegrinaggio al santuario
sito nella valle La Vang, un pellegrinaggio ’’illegale”. Gli è stato
intimato di abbandonare gli ordini e ritirarsi nel suo villaggio
nativo. Nguyen Van Ly si è decisamente rifiutato, rinchiudendosi nella parrocchia e lanciando con il megafono appelli per
la libertà di religione: avrebbe
interrotto gli appelli solo nel caso che fossero accolte le richieste da lui presentate al Gomitato del popolo della sua provincia, compresa l’autorizzazione ad attuare il pellegrinaggio.
Ma la polizia ha fatto irruzione
in forze nella parrocchia ed ha
arrestato il parroco. Al processo è stato condannato a 10 anni di carcere dalla Corte del popolo per « opposizione alla rivoluzione ».
51 prega di scrivere per posta aerea a:
Vo Chi Gong
Chairman of thè Council of
State
The Council of State
35 Ngo Quyen Street
Hanoi
Repubblica Socialista del
Vietnam
AMNESTY INTERNATIONAL
E I MONDIALI DI CALCIO
Spesso eventi sportivi internazionali vengono sfruttati dalle
nazioni partecipanti per distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dalle tematiche attinenti ai
diritti umani.
L’augurio di A.I. è che queste
occasioni possano invece servire
anche a conoscere meglio la realtà di questi paesi e dunque a
sensibilizzare i cittadini circa la
importanza della difesa dei diritti umani nel mondo (dal Notiziario di A.I.).
A cura del Gruppo Italia 90
Val Penice di A.I.