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ECO
DELLE VALDESI
Past. TACCIA Alberto
10060 AKQROGNA
Seltimànale
delia Chiesa Valdese
Anno 99 - Num. 27-28 ABBONAMENTI f Eco; L. 2.500 per l’interno Spedizione in abbonamento postale > 1 Gruppo bis i TORRE PELLICK Il Luglio 1969
Una copia Lire 60 L. 3.500 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 50 Ammhi. Claudiana Torre Pellice . C.CJ». 2-175,57
Persistono le ragioni profonde della divisione fra callolici e protestanti
Al di là del dogma, neirincontro con Dio
Di\-ersi lettori saranno forse stati
colpiti — urtati gli uni, attristati gli
altri — dal modo con il quale, anche
ultimamente, abbiamo parlato dei nostri rapporti con il Cattolicesimo. Sappiamo bene, d'altro lato, che negli ambienti ’ecumenici’ nostrani e all’estero
passiamo per un manipolo di attardati, n sidui di un passato revoluto, rampolli complessati di una minoranza
persi guitata. Senza negare certi condizion.nmenti storici (che possono comunque essere rovesciati, e che valgono anche per i nostri contradditori,
conformisti con lo spirito del tempo),
neghiamo che essi siano determinanti.
Abbi imo dunque letto con estremo
piaci” e un articolo di Charles Hauter,
sulliiilimo numero (1/1969) di «La
Revui,’ Réformée »: Le ragioni persistenii della divisione fra il protestantesiìno e la Chiesa cattolica romana.
Si tratta di una relazione che Fallora
deca ;o della Facoltà teologica protestante dell’Università di Strasburgo
aver presentato all’Assemblea del
Proivstantesimo francese (Nancy, ottobr- 1950), pubblicata subito dopo
sulla rivista « Foi et Vie» (1/Í951); la
direzione de « La Revue Réformée »
l’ha ora ripubblicata, « nella certezza
che è più che inai attuale », cosa di cui
sian > noi pure convinti. E ci proveremo ' riassumere per i nostri lettori
quesio scritto di una limpidezza tipicarni nte francese, oltre che di una pe
netrozione teologica notevole.
* * *
Ci Hauter parte dalla constatazione ^he « il protestantesimo si trova
compiutamente formulato nella tesi
del principio scritturale », un principio che « è più che un dogma, più che
uaa tesi dogmatica, è un fatto — per
cosi dire — pre-dogmatico », in quanto
« la Scrittura è descritta come un fatto generatore di vita religiosa particolare, come un documento dal quale dipende Torientamento della nostra esistenza religiosa profonda ».
Ora, se si considera che « ogni religione è costituita dalla visione che il
credente ha della presenza divina e
che da tale visione dipendono la natura e i caratteri di una pietà », come
s. manifestano, nel protestantesimo,
qi esta presenza divina e questa pietà,
alt luce del principio scritturale?
i ì costituirsi della Scrittura, con il
con ludersi del Canone biblico, è dirci ¡ámente legato al carattere unico e
imi edibile dell’apostolato, un dono carismatico che non prosegue nel tempo
e nello spazio, ma resta per così dire
documentato nella testimonianza biblica. Rigorosamente inteso, esso
avrebbe dovuto impedire il sorgere
del principio episcopale e quello della
successione apostolica dei vescovi; ma
così non è stato e presto tali principi
sono penetrati nel cattolicesimo nascente, fino alla vigorosa virata della
Riforma, che ha rotto con la teologia
episcopale e ha riaffermato il principio scritturale, animato dalla tesi protestante della testimonianza che lo
Spirito Santo rende alla Scrittura.
Dunque, « la prima grande differenza (fra cattolicesimo e protestantesimo) consiste nella negazione protestante della permanenza dell’apostolato e nella tesi protestante del carattere limitato nel tempo dell’apostolato
e della sua sostituzione da parte delle
Sante Scritture »; una differenza che
è immensa, perché riflette una visione
totalmente diversa della presenza di
Dio c del rapporto con Lui.
* * *
Infatti il cattolicesimo, pur affermando vigorosamente la trascendenza
di Dio — cioè che Dkrnon è negli elementi della natura né nelle forze della
storia — ha ceduto su un punto decisivo alla pressione della religiosità naturale, la quale lega sempre la divinità
« a un dato luogo, a un dato momento storico, a una data circostanza, a
un dato rito, a un determinato dato
sociologico », ecc., ne fa insomma qualcosa die è in qualche modo a disposizione dclTuomo: questo è il dato tipico — e, biblicamente, empio — di
qualsiasi religiosità naturale, primitiya o evoluta, grossolana o filosofica. E
il cristianesimo, divenendo cattolico.
Ila ceduto alla pressione di questa religione naturale su di un punto decisivo: quello della Chiesa. Infatti quando si considera la Chiesa di essenza
divina (o meglio umano-divina, come
il Cristo), prolungamento dell’incarnazione; quando si attribuisce all’episcopato, c per esso al suo vertice pontificale, l’infallibilità; quando si attribuisce al sacramento dell’altare il carattere di presenza divina immediata (le
discussioni attuali suH'eucaristia sono
lungi dal rendere limpido il problema,
con le cortine fumogene stese attorno alla dottrina tradizionale, e molto
coerente, della transsustanziazione’), è
evidente che la presenza di Dio viene
a identificarsi massicciamente con la
istituzione, con il magistero, con il rito, e si fa oggettivamente presente, a
disposizione; la sovrana libertà della
grazia, dello Spirito che soffia libero
come il vento, viene ridotta a mezzo
di grazia (e nella pietà popolare, non
di rado, a tecnica di grazie). « Si è sviluppato così un tema della presenza
divina che rappresenta l’invasione della cristianità da parte della mentalità
e dell’anima delle religioni ».
Ch. Hauter nota che questa visione
parrebbe avere due agganci biblici,
« poiché vi sono nella Scrittura due
fatti nei quali la presenza divina si è
manifestata sulla terra: il Tabernacolo e il Cristo: al momento, cioè, della
fondazione della religione biblica dell’Antico e del Nuovo Patto un simile
intervento doveva verificarsi, ed è questo appunto il significato della nozione
di rivelazione... Ma queste presenze si
sono concluse». Già nell’Antico Testamento è evidente la polemica profetica contro la « oggettività » della presenza di Dio nel Tempio, chiara importazione pagana nel « culto in Spirito e verità »; e la « contradditorietà »
dell’incarnazione di Dio in Gesù Cristo
era quanto di meno « oggettivo » si
potesse immaginare: venuto sub contraria specie, in incognito, sotto apparenza contradditoria, finito su una croce maledetta. È caratteristico, e l’ebreo
Giovanni Tha avvertito in tutta la sua
portata, che Gesù abbia predetto la
distruzione del Tempio (era uno dei
capi d’accusa,capitali contro, dj Jml):.
« significava la rottura con la falsa
presenza affermata dal Giudaismo di
’ Si veda in proposito l’ultimo quaderno
(n. 25) della « Attualità protestante », edito
in questi giorni dalla Claudiana : Alfredo
SoMELLi, L’eucaristia cattolica in d.scìissione.
venuto eretico », significava il rifiuto
della teologia del Tempio, che ha nel
cattolicesimo odierno tanta parte, anche se in forme nuove.
* * *
Orbene, « il cristianesimo nella sua
accezione protestante professa una
concezione diversa della presenza divina... essa implica una nozione di santità e, nella stessa fede cristiana, un
senso di distanza, di lontananza rispetto a Dio ». Ecco in qual senso « c’è
qualcosa di pre-dogmatico » nel confronto cattolico-protestante. Nel momento stesso in cui si trasfonde in una
santità oggettiva della Chiesa — infallibile interprete delia verità, autorevole comunicatrice della grazia — la
santità di Dio di fatto svanisce; Dio
non sta più di fronte alla chiesa, come
al mondo, ma in qualche modo fa corpo con essa. Questo Dio non è più l’Iddio santo dei profeti e degli apostoli,
il Padre del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.
Ecco perché affermiamo, con sofferenza, che non v’è vera comunione fra
cattolici _e protestanti. « Capisco benissimo, — scrive l’Hauter — l’atteggiamento di coloro che dicono; Cominciamo dalla periferìa. Questo atteggiamento è possibile, si è amabili gli uni
verso gli altri, si parla gentilmente, ma
in fin dei conti si evita l’essenziale; e
allora, è evidente, ci si intende spesso
benissimo. Non dico che tutto questo
non abbia valore, dico che non porta
ad alcun risultato, perché a un certo
momento interviene l’altra presenza,
nella sua concretizzazione, papale o altra, e intima l’ali! ».
vi vV ' *
Tuttavia, e sianao grati aU’Hauter di
ricordarqeÌq,,Jtulla più a spro
posito che un sodà&fatto'senso 3i giustizia protestante, « Per andare al fondo delle cose, la discussione fra il cattolicesimo e il protestantesimo dev’essere allargata, poiché il cattolicesimo
non è se non un fenomeno particolare
dell’invasione della tendenza cattolicizzante nella cristianità. Non ci sono
Questa fotografici, che riprendiamo dalle « Informations Catholiques Internationales », mostra protestanti e cattolici affiancati nell’ultima seduta del Gruppo
misto di lavoro del Consiglio ecumenico delle Chiese e della Chiesa cattolica
romana, tenutasi recentemente a Gwatt, sul lago di
Thun. Si notano a sinistra
il post. Lukas Vischer, direttore del Dipartimento di
Fede e Costituzione del CEC,
sorridente, e a destra il vescovo Jan Willebrands e il
domenicano Jerome Hamer,
del Segretariato vaticano per
l’unione dei cristiani.
Charles Hauter: «Capisco benissimo coloro che dicono: cominciamo dalla periferia. Questo atteggiamento è possibile, si è amabili gli uni verso gli altri,
si parla gentilmente, ma in fin dei conti si evita l’essenziale ; e allora, è evidente, ci si intende spesso benissimo. Non dico che tutto questo non abbia valore, dico che non porta alcun risultato ».
cattolici soltanto nella Chiesa romana;
la tendenza cattolicizzante, che cerca
l’altra presenza, costituisce una tentazione permanente per la cristianità,
presente anche in seno al protestantesimo... La tentazione è tanto maggiore, in quanto, l’anima umana essendo
plasniata e forgiata dalle religioni,
qualsiasi tendenza cattolicizzante promette una dominazione più accentuata della comunità sull’individuo.
« Siccome l’anima umana è naturalmente pagana, cede facilmente all’assolutezza ecclesiastica, sacerdotale, là
dove questa si manifesta. Se si vuole
agire sulle folle, bisogna agire in senso
totalitario. Si comprende allora perché il protestantesimo, cattolicizzante
in questo senso, è relativamente inefficace: esso segue un tema che gli altri sviluppano meglio, e allora si va
dagli altri, non si viene da noi. Sviluppando temi cattolieizzanti, temi delle
religioni, restiamo inferiori alla Chiesa romana, che agisce con uno splendore che non raggiungeremo. Ecco la
ragione per cui bisogna allargare il dibattito. Bisogna individuare nel protestantesimo la tentazione cattolicizzante, e sorvegliarla.
I '■iiiiiiimiMiiiiiiiiiimiiiimiiiiiiiiiitmimiimiiMiiiiiiiiiiMiiiimmiiiiiiiiiiiimmiimmimiiiiHiiuiiiiMiimmitKMi
Viaggio in Cecoslovacchia
Un soggiorno di 15 giorni in Cecoslovacchia è certo
troppo breve per farsi un’idea precisa e documentata della situazione di questo paese. Non pretendiamo quindi di
offrire ai lettori un quadro organico e completo sulla Cecoslovacchia attuale, che avrebbe richiesto una permanenza più lunga, una buona conoscenza della storia e
della lingua del paese, una esplorazione diretta in tutti
gli strati sociali e nelle diverse categorie professionali,
una serie di incontri personali più nutrita ancora di quel
cJi PAOLO RIOOA
la (già notevole) che abbiamo avuto. Quelle che qui trascriviamo sono piuttosto le impressioni riportate durante il soggiorno, sulla base di quanto abbiamo visto e
udito. In questo primo articolo parleremo delle condizioni generali del paese, per quel po’ che lo abbiamo potuto
conoscere. In un prossimo articolo riferiremo sulla situazione della Chiesa, con particolare considerazione per
evangelica, dalla quale siamo stati ospitati con una generosità e una fraternità esemplari.
DUBCEK
La prima impressione che il visitatore ricava parlando con dei cecoslovacchi è che il ricordo di Dubeek e
della sua breve e sfortunata avventura politica è tuttora vivissimo: il suo
nome, oltre che sui muri, è scritto nel
cuore di molti, certamente dei più
(neppure da tutti i muri il suo nome
è stato cancellato, mentre sono scomparse — e si capisce perché —- le scritte che dicevano ; « Russi, andate a casa»). Per quanto sembra che Dubeek
non fosse dotato di grandi capacità
politiche e abbia commesso — secondo
quanto ci è stato detto — degli errori
tattici nei confronti dei russi, è però
indubbio che egli ha rappresenato una
speranza generale e popolare, che è
stata iniquamente stroncata con la
forza. Si può discutere se Dubeek sia
stato, come uomo politico, all’altezza
della situazione, per altro difficilissima : ma è fuori discussione che la grande maggioranza dei cecoslovacchi era
con lui, disposta a seguirlo nel « nuovo
corso » e ben lieta di farlo. Agli occhi
dei cecoslovacchi, l’occupazione russa
è stata (e continua ad essere) una pura
e semplice sopraffazione, che essi subiscono solo perché i russi sono più
forti. La tesi ufficiale diffusa dal Cremlino (e condivisa in Occidente da taluni gruppi politici ; in Italia dal
PSIUP ), secondo cui il « nuovo corso »
di Dubeek costituiva una contro-rivoluzione o poteva diventarlo, viene categoricamente respinta dai cecoslovacchi, che la considerano — ci è stato
detto — «una aperta menzogna».
Abbiamo chiesto, naturalmente, in
che cosa consisteva il « nuovo corso »
di Dubeek, che ha incontrato tanto
favore e suscitato tante speranze nel
popolo cecoslovacco. Le risposte ottenute possono essere cosi, condensate:
anzitutto Dubeek rappresentava «un
ritorno alla legalità», cioè un ritorno
al valore normativo della legge scritta, contro le interpretazioni arbitrarie
o addirittura le aperte violazioni della
legge da parte del funzionari del Partito comunista. Ci parlano di condanne alla prigione o ai lavori forzati inflitte, durante il periodo staliniano,
senza processo, come pure di processi
politici celebrati alla presenza di
« istruttori » russi. Insomma, la legge
del Partito contava di più della legge
costituzionale. Del resto la stessa Costituzione cecoslovacca — ci dicono —
è più una proclamazione politica che
un testo giuridico e quindi, sul piano
giuridico, è di scarso valore. Dubeek
voleva anche, tra l’altro, redigere una
nuova Costituzione.
In secondo luogo, Dubeek intendeva
combinare il sistema socialista (al
quale è sempre rimasto fedele) « con
il meglio della tradizione democratica
occidentale». In che cosa potesse consistere questo « meglio » doveva essere
cercato nel dialogo. Dubeek voleva
quindi tentare una versione originale
di società socialista, in aperta rottura
con lo stalinismo ma in continuità col
socialismo. In politica estera il « nuovo
corso » prevedeva la revisione del Patto di Varsavia e la possibilità di stabilire rapporti economici con i paesi occidentali. Mentre Dubeek era al potere cominciarono a circolare in Ceco
slovacchia prodotti di paesi occidentali : dopo l’occupazione russa sono
scomparsi (li si trova solo in negozi
speciali, ad uso dei turisti o di chi
può comprarli in valuta straniera) e
sostituiti con prodotti russi o di altri
paesi dell’Est. Il che conferma che
l’occupazione russa non fu solo dettata da motivi politici ma anche da precisi e consistenti motivi economici :
in realtà la Cecoslovacchia, che tra
l’altro è il più progredito di tutti i
paesi dell’Est (del resto lo era già prima dell’avvento dei comunisti al potere), è sfruttata economicamente dalla
Russia.
Un terzo aspetto del « nuovo corso »
era costituito, ovviamente, dal ripristino di alcune libertà fondamentali, prima fra tutte la libertà di parola, poi
l’abolizione della censura (tutto quello
che si stampa in Cecoslovacchia sia
come libri che come giornali è sottoposto a censura preventiva) e, di conseguenza, una informazione più ampia e meno controllata (a Praga, gli
unici giornali stranieri che abbiamo
visto nelle edicole del centro erano
gli organi di alcuni partiti comunisti
occidentali: « l’Unità» italiana, « L’Humanité», organo del PC francese, la
« Volksstimme », organo del PC austriaco, nonché, s’intende, la «Pravda»
russa, i giornali della Germania orientale, ecc.).
Un quarto e ultimo aspetto caratteristico del programma di Dubeek era
la precedenza data alle qualità morali
degli uomini rispetto alle loro «benemerenze» nel Partito. La statura mo
(segue a pag. 6)
« La lotta non è perduta in seno ad
alcuna tendenza cristiana nella quale
la Scrittura abbia conservato im posto
importante. V’è nel cattolicesimo romano im dualismo, una eterogeneità
che finirà, non sappiamo quando, per
porgli la questione vitale, com’è accaduto a quella stessa Chiesa nel XVI secolo. Non è probabile che i protestanti possano esercitare un’influenza diretta su questa evoluzione necessaria.
Tuttavia la nostra presenza deve affermarsi in misura maggiore in seno alla
cristianità universale. E certamente la
nostra presenza che ha determinato la
rinascita biblica che caratterizza vari
settori della cristianità.
« La nostra presenza s’impone tanto
più, in quanto il mondo attuale largamente decristianizzato obbedisce a
orientamenti della spiritualità paganizzante. La nostra epoca è infatti
straordinariamente religiosa. Numerosi 'assoluti’ non cristiani dominano gli
spiriti e li trascinano in movimenti di
una potenza e di una purezza incontestabili. Essi cercano le loro espressioni in speculazioni diverse, delle quali
l’hegelianesimo, soprattutto nella sua
forma marxista, è una delle più tipiche ».
Il cedimento appassionato a non pochi di questi ’assoluti’ da un Iato, e
dall’altro una certa mistica della chiesa, sia pure aggiornata al massimo,
nell’illusione di un cristianesimo non
religioso — così puerile, in fondo, a
confronto con le intuizioni profonde
già degli uomini dell’Antico Patto —,
ecco alcune delle tendenze paganizzanti presenti nella chiesa odierna, di
fronte alle quali « per procedere sulla
retta via, per ritrovarla se l’abbiamo
perduta, dovremo unire la purezza della pietà biblica alla lucidità di un pensiero teologico ben condotto », cioè fedele al suo fondamento, a quel principio scritturale pre-dogmatico del quale si è parlato.
* * *
Ecco perché ci presentiamo irriduabih. Minoritari complessati? Eh no,
è troppo comodo spacciarci così. Non
sarà possibile comunione fra cattolici
e protestanti se non quando i cattolici
avranno accettato (traendone tutte le
conseguenze!) il principio scritturale
quel fatto pre-dogmatico, quel modo di
rapporto con Dio che qualifica il protestantesimo come posizione spirituale; e quando i protestanti saranno divenuti sé stessi, avranno cioè imparato a vìvere fino in fondo, traendone
anch’essi tutte le conseguenze, quel
principio del quale si vantano voien
tieri ma di fronte al quale farebbeio
meglio a inginocchiarsi, perché il luo
go su cui stanno è santo. Certamente,
sono possibili e di fatto si attuano co
munioni diverse, fra cattolici e prote
stanti; ma sono comunioni in Cristo,
o sono comunioni religiose, liturgico
ecclesiastiche o mondane che siano?
Sapendo che non a noi spetta il giudi
zio, ma cercando di esercitare il dove
re del discernimento degli spiriti, dob
biamo dire che per lo più è la seconda
alternativa che pare imporsi.
Ecco perché, come il personaggio
sartriano, usciamo allo scoperto e ci
esponiamo al fuoco di fila sdegnato o
accorato degli ’ecumenici’; « Irrecuperabili ». Per questo ’ecumenismo’.
G. C.
RR'OliDLlMO .il LEmm
e ai corrispondenti che, come gli
anni scorsi, il nostro giornale
esce quindicinalmente nel corso
dei mesi di luglio e di agosto.
I prossimi numeri recheranno
dunque la data del 25 luglio, dell’8, del 22 e del 29 agosto.
2
pag. 2
N. 28-28 — 11 luglio 1969
IL ROMANZO DI UN PRETE OPERAIO SPAGNOLO
iì
uomo strappato,,
La Chiesa cristiana si è quasi disinteressata della condizione operaia, quando
essa era davvero tragica; oggi il suo darsi da fare - dimenticando altre situazioni più disperate - è proporzionato all’ingiustificabile, colpevole {silenzio di ieri
Tra i tentativi per evangelizzare le
masse atee, o decristianizzate o indifferenti della società moderna, vi è il
movimento dei preti-operai. Questi sacerdoti che lasciano la vita tranquilla
e « routinière » delle loro parrocchie
per impiegarsi in una fabbrica, dove
svolgono un lavoro al quale non sono
abituati, per lo più duro, o estrenamente umile, in mezzo airincomprénsione, alla diffidenza ed anche al dileggio dei compagni di lavoro, sono
certamente un segno non trascurabile
di vero amore per il prossimo. Qui la
parola « sacrificio », la parola « donarsi » ha realmente ancora un valore, e
la figura coraggiosa del prete-operaio
nel suo spogliarsi d’ogni cosa, nella
sua carità non finta s’impone al nostro
rispetto.
Il libro che presentiamo è la storia
di uno di questi preti-operai; non è
una storia vera, ma un romanzo; tuttavia potrebbe senz’altro essere vera:
i problemi che solleva, le sofferenze e
i travagli di cui parla sono stati effettivamente quelli di molti sacerdoti che
hanno scelto questa via, diventando
« uomini strappati », secondo il titolo
del libro, a mio avviso non troppo felicemente tradotto: « l’uomo lacerato » sarebbe forse stato più indicato.
L’au,tore è uno spagnolo, Martin Vigil, e l’ambiente è la Spagna cattolica
dopo il Concilio, dove — secondo il
Vigli — « l’evoluzione della Chiesa condiziona non solo il pj^sente, ma anche
l’avvenire del paese ». Egli, nell’introduzione, esprime la sua gratitudine a
quei preti-operai — pare ve ne siano
un centinaio in Spagna — che gli hanno offerto il meglio della loro esperienza quotidiana, rendendogli possibile la stesura del suo libro. « L’uomo
strappato » ha registrato ben dieci edizioni ed è stato best-seller per un
anno.
Seguiamo la vita nella fabbrica di
padre Francisco Quintas, per i compagni Paco; non è certo una vita facile,
bensì irta di difficoltà di ogni genere:
egli è mal visto dal capo-squadra che
gli fa svolgere i più umili lavori, come
scopare senza fine il reparto, e un giorno gli farà portare una carriola carica
di rifiuti attraverso la città, dove tutti
conoscono il sacerdote, e lo vedono
passare sporco sudato in maniche di
camicia, spingendo faticosamente il
poco decoroso carico...; è mal visto dai
compagni, per i quali costituisce un
punto interrogativo senza soluzione: è
con noi questo prete, o è con la direzione? Essi stabiliscono che non è possibile sia dalla loro parte, è invece certamente un emissario del padrone.
Nello stesso tempo la presenza di padre Quintas riesce anche ostica alla
direzione, la quale non comprende che
cosa ci stia a fare un prete, operaio tra
gli operai: sarà meglio lavorarselo e
cercare di trarlo dalla propria parte...; chi sa? potrebbe essere utile per
sorvegliare quello che accade tra le
maestranze...; la direzione un giorno
proporrà addirittura a - padre Quintas
di fare i nomi di certi compagni, fomentatori di disordini nella fabbrica...
M■l■llll>mlMIIIIIIIln Mi
Il cristiano e lo Stato nel Nuovo Testamento
PTOseguendo nella pubblicazione dello studio di S, Rostagno su « Il cristiano e lo Stato
nel Nuovo Testamento », dopo Vinquadramento generale nella situaàone dell’epoca neotestamentaria e dopo esserci soffermati sulla posizione di Gesù e di Paolo, giungiarno all’evoluzione successiva del pensiero cristiano riflesso nel Nuovo Testamento. Nel prossimo numero
le tesi conclusive,
4 - Da Paolo all'Apocalissa
Il cristiano come onesto cittadino di fronte allo Stato neutro
Della fiducia dei cristiani verso lo stato romano e della certezza di poter
avere un ruolo positivo nella società sono testimoni gli scritti dei discepoli di
Paolo.
Nel libro degli Atti i rapporti tra chiesa e impero sono visti sotto il profilo
délYordine pubblico. Si insiste sulla lealtà dei cristiani: la loro pretesa indisciplina verso lo stato non è che una diceria dei giudei (Atti 18, 12 ss.; 21, 27 ss.;
23, 29; 25, 18; 26, 31). Il centurione romano è piuttosto un paterno maresciallo dei
carabinieri che non l’odiato comandante dell’esercito d’occupazione (Atti 10,1 Matteo 8, 5-13 - Luca 7, 1-10). Anche del procuratore romano si accentua il lato
di amministratore della giustizia più di quello di occupante. È noto che Paolo
si vale della sua prerogativa di cittadino romano e si appella alla giustizia romana (Atti 22, 25 ss.; 16, 37). Ma il quadro troppo ottimistico del libro degli Atti
va corretto con le testimonianze personali di Paolo; 2 Cor. 11, 24-25.
I primi cristiani vogliono essere degli onesti cittadini. Ecco un brano della
lettera « A Tito »: « È giunta quale salvezza per tutti gli uomini la grazia di
Dio: essa ci insegna la disciplina della rinuncia all empietà ed ^nlla concupiscenza
del mondo e ci addestra a vivere in questo secolo con sobrietà, giustizia e senso
religioso aspettando la beata speranza e apparizione della gloria del grande
Dio e salvatore nostro Cristo Gesù » (2, 11-13). Che cosa questo significhi sul piano che ci interessa vien detto nella successiva esortazione; « esortali (i fratelli)
a stare sottomessi alle autorità e ai rappresentanti del potere, ad obbedire, a
esser pronti a ogni opera onorevole, a npn diffamare nessuno, a tenersi lontani
dalle lotte a esser corretti ed a comportarsi sotto ogni aspetto con premura
verso tutti’ gli uomini » (Tito 3, 1 s). Come nella sinagoga così nella chiesa cristiana è prescritta la preghiera per le autorità: « prima di tutto raccomando
che si facciano implorazioni, preghiere, intercessioni e rendimenti di grazie per
tutti; per i sovrani e tutti quelli che ricoprono cariche elevate, affinché noi possiamo condurre una vita tranquilla e quieta con pieno senso religioso e alta
moralità » (1 Timoteo 2, 1 s). Il che va interpretato come un chiaro progranima
etico. Si vuol contrapporre l’alta moralità dei cristiani al paganesimo ed in fondo proporre una « soluzione » cristiana al problema morale del mondo antico.
Dalla 1“ Epistola di Pietro apprendiamo comunque che i cristiani non hanno
vita facile e che a causa delle maldicenze che si fanno sul loro conto cominciano le angherie. Anche e tanto più in questo caso, vale però la regola della sottomissione all’autorità « perché è volontà di Dio che con la vostra buona condotta
TOfriduciate al silenzio la stupidità e l’ignoranza » (I Pietro 2, 13-15). Di fronte
ai giudici si cerca di distinguere e di non farsi condannare sotto accuse qualsiasi ma come cristiani (I Pietro 4, 16). Sembra da questi inizi di persecuzione
che io stato romano non sia capace a mantenere quel ruolo neutro che esso dovrebbe avere nella convinzione dei cristiani.
Quel che stupisce nei passi citati non è la formulazione rigorosa di un programma etico da contrapporre alle concupiscenze del secolo e neppure il passaggio dalle motivazioni teologiche dell’apostolo Paolo al piu vago « senso religioso », ma — rispetto allo stato — proprio la mancanza di ogni riserva critica.
E onesto forse sia per un idealismo che porta i cristiani a farsi delle illusioni
sulla poskbilità dello stato di essere quello che loro sperano e per cui sperano,
sia soprattutto a causa della loro incapacità a tener presenti le rigorose antitesi
della teologia paolinica proprio quando fanno professione di paolinismo e ritengono di esser fedeli al buon deposito dottrinale ereditato dall apostolo
(1 firn. 6, 20 - 2 Tim. 1, 13-14; 2, 2).
Il conflitto tra cristiani e impero scoppierà comunque. Cristo non è solo un
eroe culturale, ma il signore della terra. Anche se questo non è certamente inteso in senso imperiale, l’impero vi percepirà lo stesso una minaccia. Signore
può esser solo Cesare e nessun altro. Le persecuzioni hanno pero Potato i cristiani su nuove posizioni e con stupore scopriamo nell Apocalisse delle prospettive storiche e teologiche assai divergenti da quelle tradizionali.
È sorprendente come questo libro scritto alla fine del primo secolo per
delle chie^ perseguitate da un confinato politico di nome Giovanni (Apoc. 1, 9)
e che ha trovato posto alla fine del Nuovo Testamento, metta di nuovo tutto
in questione, offrendo la prima severa autocritica della chiesa che sia dato di
leggere. L’Apocalisse contrappone alla chiesa che si sviluppa nella quiete e nella
tranquillità una chiesa ridotta ad un nucleo di fedeli e perseguitata (Apoc. 12,
13-18). Segue la seconda denuncia: l’impero non è altro che \a bestia (Apocalisse 13). Come dice il suo nome, l’Apocalisse scopre al di sotto delle apparenze
la sostanza mistificante dell’impero. Le sue realizzazioni non Mno m fondo che
strumenti di propaganda. Ci sarà voluta la persecuzione di Domiziano perche
i cristiani primitivi si accorgessero che l’impero non poteva esser neutro. Passato il Dericxilo l’Apocalisse diventerà un libro imbarazzante che nessuno avrà
più voglia di capire. Sergio Rostagno
Ad ogni modo, per incominciare si dia
a questo prete un lavoro meno gravoso, lo si tratti con i guanti.
Si può facilmente immaginare come
queste insidie, e tutta la situazione in
genere, travagli e metta in croce il povero Paco, continuamente tirato da
una parte e dall’altra: maltrattato dai
compàgni diffidenti che non riescono
a farlo scioperare tutte le volte che a
loro sembra necessario, bistrattato
dalla direzione che non riesce a portarlo dove vuole lei.
Ma un altro problema non meno serio, turba abbondantemente padre
Quintas, ed è il difficile rapporto che
si stabilisce tra lui e i suoi colleghi
preti, tra lui e il vecchio venerando
parroco don Iacinto, che gli vuole molto bene, e che tante volte don Francisco Quintas, al secolo Paco, turba e
scandalizza; infine tra lui e il severo
inflessibile vicario, ed anche tra lui e
il mite generoso vescovo. Quanti dialoghi ardui, persino aspri, tra tutti
questi sacerdoti che si ritrovano ogni
settimana, e commentano le esperienze di padre Quintas, le giudicano, il
più delle volte ostili, contradditori;
nel migliore dei casi con l’animo sacerdotale pavidamente perplesso. Il
nostro don Francisco è veramente
l’uomo lacerato da tanti contrasti.
Ma le sue pene non sono terminate,
raggiungono il culmine verso la fine
del libro, quando ima giovane donna
innamorata di lui, e respinta dall’ingenuo e sfortunato prete, che aveva
sperato con tutte le sue forze di riuscire a salvare l’anima della' ragazza —
Signore, dammi almeno un’anima! egli
pregava — gli attribuisce il figlio che
sta aspettando da uno spregevole
ubriacone.
Ora Paco tocca il fondo dell’amarezza; deriso da tutti, è abbandonato
persino dal suo solo amico, Tonchu,
l’adolescente precoce e mal nutrito, dagli occhi sempre cupi, che pur non
amando i preti, aveva fatto un’eccezione per padre Quintas, legandosi a lui
di singolare affetto.
Quando torna in canonica, il povero
sacerdote è seguitò dai sorrisetti ironici e trionfanti dei suoi colleghi amici-nemici.
C’è però il vescovo che lo accoglie
ancora e lo conforta, ripetendogli —
forse un po’ abusivamente — questa
parola che Cristo diceva di sé stesso;
« se il chicco di grano caduto in terra
non muore, non dà frutti; se invece
muore cresce e si moltiplica »; ed infine lo esorta a ritornare laggiù tra
gli operai: « va a vivere con loro e fra
di loro, e vivi in modo tale che la tua
vita appaia effettivamente inesplicabile, se Dio non esiste ».
* * *
Tra pagine che fanno riflettere, ve
ne sono altre — parecchie altre — in
questo libro che non possono essere
accettate da una mentalità evangelica,
perché sono piene di quelle sovrastrutture specifiche della chiesa romana, le
quali -generano confusione di valori,
creano ulteriori e insolubili difficoltà,
non solo per don Francisco Quintas,
ma per chiunque, con animo libero,
voglia seguirne le peripezie.
Se don Francisco fosse semplicemen
La casa
nella quale egli entra
« ...allora dei ciechi e degli zoppi vennero a lui
nel tempio, ed egli li guarì » (Matteo 12: 12-17)
« Allora... ». Non si sa se questi ciechi e questi zoppi frequentassero il tempio prima che Gesù ne cacciasse i profittatori. Certamente no: questi miserabili a mani vuote come sarebbero stati
accolti nel tempio di coloro che erano ben provvisti di tutto? Del
resto essi hanno capito da tempo che quel tempio non è fatto
per loro. Che, in ogni caso, non è casa loro. E da tempo se ne
vanno altrove. , - .
Poi, un bel giorno, Gesù entra in quel tempio. E perche c è
entrato lui, non è più lo stesso tempio, non è più la stessa chiesa. Prima, era il tempio dellofferta e della richiesta, del dareavere, l’alto luogo, il santuario dei consumi sacri. Quando vi entra lui, e ne rifà la sua casa, « allora... » ridiventa la casa della
domanda esaudita: una casa di preghiera. Casa sua e casa l^iro.
Di loro, di tutti coloro, ciechi e zoppi, che hanno tutto da domandare e nulla da offrire.
Di loro, di tutti coloro che vacillano sulle loro gambe o che
vanno a tentoni con i loro occhi spenti. Vengono nel tempio verso di lui, ed egli li guarisce. , , ,
Cerchiamo a volte molte definizioni di quel eh è la chiesct.
Non ve n’è altra che questa: è la casa nella quale eg/i entra. Non e
la casa nella quale stiamo noi, non quello in primo luogo. Quaado la chiesa siamo in primo luogo noi, non è la sua chiesa. E soltanto la nostra chiesa, quella dei nostri piccoli profitti, delle nostre faccenduole, dei nostri piccoli espedienti.
Ma quando c'è lui in primo luogo, quando è lui il primo,
quando ci riprende la sua casa, che gli avevamo rubata, quando
riconquista la sua chiesa, e ci riconquista, « allora dei ciechi e
degli zoppi vengono a lui, ed egli li guarisce ». Allora ritroviamo
il nostro scopo originario; siamo uomini guariti, ai quali
resta se non cantare la loro gioia.
non
Jean-Claude Riebbe
(da Réforme)
te un testimone di Cristo, cioè un uomo come tutti gli altri, ma che ha accolto la grazia dell’Evangelo, e la porta con fedeltà ai suoi fratelli, oh all(>
ra, quante complicazioni sarebbero risparmiate al povero prete! Ma egli è
un sacerdote, va verso il suo prossimo come « un padre », non come un
fratello tra fratelli, e la prima cosa
che-deve dire ai suoi compagni di fabbrica, che gli chiedono « come dobbiamo chiamarti? » — « chiamatemi Paco,
a meno che non m’interpelliate come
sacerdote, nel qual caso mi chiamerete padre ».
Se egli avesse nel cuore e davanti
agli occhi vivo e presente unicamente
il suo Signore, il Cristo Salvatore,
quanto sarebbe più schietta e comprensibile la sua via; egli invece ha in
vista la Chiesa, con la maiuscola —
s’intende, la Chiesa Romana —, le sue
strutture, i suoi cardinali, i vescovi, il
Papa; e molte volte, siccome i suoi
compagni respingono tenacemente la
Chiesa, egli predica la sua chiesa piuttosto che il Cristo: « il volto della
Chiesa appare velato agli occhi delle
masse » egli dice; vien fatto di rispondergli: « e che importa? purché non
sia velato il volto di Cristo ». Don
Francisco si affanna per conciliare
questo con quello, con una prolissità
di argomenti e di ragionamenti che lasciano esausto lui, ma anche il lettore.
Se egli pregasse ogni giorno davanti
a quei pochi amici che ha, e spiegasse
la
atte
l’Evangelo attenendosi al testo '.minoso e piano; ma egli non può sr tanto pregare, non gli basta; deve celebrare la messa che è — affern^
« senza confronto la più efficac
più importante, la più grande di
le mie attività quotidiane ».
E così via: tutto è sconcertanti
un animo che si nutre alla pura
dell’Evangelo, in questo prel oi
sia quando egli disserta faticosa!
in una bettola con gli operai su
che durante la messa di veni
di Cristo; sia quando dichiara
iMiitiiiimimiiiiiii'iiiiii
Contro la fame degli altri
Purtroppo il nostro versamento fatto qualche tempo fa - al Centro
Familial del Gabon ha subito un ritardo: l’Amministrazione delle Poste italiane ci ha infatti informato
che non era possibile fare proseguire per la suddetta destinazione la
nostra offerta tramite il normale
conto corrente postale. Grazie anche al cortese e sollecito interessamento di una funzionarla delle Poste di Torino, abbiamo aggirato questa difficoltà facendo dei vaglia in
Comunicato A.I.C.E.
Il C. N. dell’A.I.C.E., riunito il giorno 5
giugno u. s., ha deciso di rimandare per il
corrente anno il tradizionale Congresso estivo
di Torre Pellice, data la concomitanza con il
Campo Latino 1969 che si svolgerà a Strasburgo dal 15 al 21 luglio prossimi, e chiede
che tale Congresso abbia periodicità biennale
(anni pari).
Gli iscritti alTAssociazione riceveranno, insieme ad un notiziario generale, il testo della
Conferenza di Ada Marchesini Gobetti sulla
questione giovanile, tenuta a Torre Pellice
neH’agosto del 1967, accompagnata da una
presentazione di Gianni Rodaci, direttore de
« Il Giornale dei Genitori ».
Sullo svolgimento dei lavori del Campo Latino di Strasburgo (tema: La contestazione
nell'insegnamento) verrà data notizia attraverso la stampa protestante.
La Segreteria dell’A.l.C.E.
ternazionali (limitati nell’importo)
per un totale di L. 1.015.250 - tassa
compresa - ed attendiamo ora un
cenno di ricezione dal destinatario.
Frattanto, la nostra iniziativa riscuote sempre nuove o rinnovate
adesioni e diamo qui sotto un nuovo elenco delle sottoscrizioni pervenuteci.
Ci permettiamo ancora ricordare
che possibilmente le offerte vanno
indirizzate al conto corrente postale
n. 2/39878 intestato a Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70, 10133 Torino. Grazie.
Da Venezia: D. Ispodam'a L. 2.500: G.
Ispodamia 2.500; A. Rogo 1.000.
Da Livorno: D. Giorgiolè 1.000.
Da Genova: M. Alfieri 2.000; E. Alfieri
500- E. Argenti 1.000; G. Cougn e fam.
20.000: I. Jazeolla 20.500; N. N. 10.000;
E. S. Maurin 1.000.
Da Ferrerò Maniglia: La Scuola domenicale 5.000.
Da Cuneo: I. Berti Wälder 5.000.
Da Torino: L. e L. Gay 20.000; C. Peyrot 1.500; M. Sacco 500; A. De Agostini
500; fam. Caruso 500; M, Meda .5.000;
A Peyronel 2.000 .
Da Torre Pellice: A. C. 5.000.
Da Angrogna: Una bambina 600.
Da Campobasso: P. Corbo 2.000.
Da Roma: G. Conti 5.000.
Da Lucca: S. Cornelio 5.000.
Totale L. 117.600; tot. prec. L. 1.158.036;
versamento per il Centre Familial di Oyem
L. 1.015.250; in cassa L. 260.386.
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ìiiilue
di sé
stesso: « il prete è un altro Cristo, se
no chi siamo? » — del resto 11 OH'-.
scovo glielo conferma: « tu sei un : rete, e quindi su questa terra sei v altro Cristo » —; sia, infine, quanti : bacia l’anello del vescovo, ed è « i- aso
da una strana emozione, e sente ricino il Cristo incarnato ».
Da un simile deplorevole senLmentalismo, come da ogni altra coi sin
qui elencata, la nostra coscienza ii riformati rifugge decisamente.
•k it -k
Rimane ancora da dire qualche iosa
sulla tesi sostenuta dall’autore, e cioè
che la massa degli operai della ¿rande industria sia la sola massa da evangelizzare nel mondo moderno, e che
essa rappresenti, ad ogni modo, la
massa dei poveri più poveri. È un i tesi, come ognuno vede, per lo meno in
vecchiaia: la massa operaia non è la
sola atea nella nostra società, purtroppo ve ne sono molte altre, per es.; la
massa degli studenti...; e poi che vale
fare queste distinzioni? Molti son.) gli
atei, i miscredenti, gli indifferenti, i
paganeggianti da evangelizzare nel
mondo odierno; pochi sono i veri credenti in Cristo, viventi ed operatili.
Infine non è esatto affermare che
gli operai dell’industria sono i poveri
più poveri; vi sono altri poveri assai
più poveri, per es.: i montanari delle
zone depresse, i braccianti agricoli di
certe località, i piccoli impiegati, i poveri pensionati, molte donne sole, ecc.
Sostenere che i soli poveri, i più diseredati, i più infelici nel nostro mondo
attuale siano gli operai delle fabbriche, è trita demagogia.
* * *
Alla fine della lettura di questo libro
torna spontanea al nostro cuore una
domanda, che ci siamo già posti altre
volte, e cioè: come mai è sorta ora,
nel nostro tempo, tanta solIcciIndine
da parte della chiesa per il mondo operaio, c non è sorta piuttosto 80-90 anni
fa, quando la condizione operaia era
ben altrimenti grave, non essendovi
ancora le leggi che oggi la regolamentano? Questo, naturalmente, va detto
non solo alla chiesa cattolica che, nel
nostro tempo, ha espresso dal suo seno i preti-operai, ma a tutte le chiese
cristiane in genere. I cristiani non si
sono occupati molto degli operai allora, quando era veramente il momento
di farlo, perché essi erano senza alcuna protezione — pensiamo a quanto
sono stati indegnamente c così a lungo sfruttati i bambini, anni fa, nelle
fabbriche.
La chiesa cristiana dovrebbe suggerire e indicare la via, venire prima
della legge; invece si agita nelle retrovie, e il chiasso che fa oggi a questo
proposito è direttamente propopionale aH’ingiustificato colpevole silenzio di ieri. Edina Rtbet
Martin Vigil - L’uomo strappato. GribaudiTorino 1969, L. 1.800.
3
11 luglio 1969 — N. 27-28
Un protestante africano al servizio della sua nazione
IL RICORDO
DEI SODI COMPAGNI DI LOTTA
Nel mese di febbraio, dopo l’assassinio
di Eduardo Mondlane — un attentato fra i
più vili — dandone notizia avevamo tratteggiato, in base alle modeste fonti a nostra
disposizione, la figura di questo leader del
movimento di liberazione mozambicano, un
deciso protestante che aveva dato un apporto significativo nel corso della Conferenza « Chiesa e Società » (Ginevra 1966) e che
varie personalità ecumeniche avevano ricordato con vivo rammarico, al momento della sua tragica scomparsa. In questo caso,
un credente che anziché molto parlare di
rivoluzione, la viveva, con il suo popolo, in
una situazione che non lasciava altre alternative. Ora abbiamo letto su « Il regno »
(6/1969) il testo dell’ultimo discorso tenuto
da Eduardo Mondlane nel corso di una conferenza tenutasi a Khartum dal 18 al 20
gennaio 1969, pochi giorni prima di morire
assassinato; e sull’ultimo numero di « Gioventù evangelica » (2/1969), accanto a larghi stralci di un editoriale di « Mozambique
Revolution » (febbraio 1969), un articolo che
Mario Miegge ha dedicato a Mondlane, incontrato personalmente a due riprese. Offriamo ai lettori questi scritti, riproponendo loro la figura di Mondlane delineata in
modo meno sommario, perché ci pare degna di non scomparire dal nostro ricordo.
Nella pagina seguente pubblichiamo pure
una notizia diffusa dal servizio stampa dell’Al!i anza riformata mondiale, che illustra
un altro aspetto della lotta e della repression., in atto nelle colonie portoghesi.
\ i è tuttavia un interrogativo che sorge
in r;.c, di fronte all’articolo rattenuto e vibrai ie di Mario Miegge, che ho molto apprez ato; si giova davvero alla rivoluzione
e ai i l rinascita dei popoli africani (e asiatici, . latinoamericani) inserendo cosi mas
sicciamente questi movimenti di liberazione nella « rivoluzione mondiale »? Si tratta
in generale di movimenti radicati in una
situazione storica, sociale, politica particolare, senza paralleli diretti con la situazione dei paesi « sviluppati ». Se è più che
comprensibile e naturale che essi cerchino
ascolto, appoggio e aiuto, in denaro e in
armi, là dove viene loro offerto, non è forse
disastroso che queste lotte, concrete e circoscritte, siano inserite e coinvolte nel grande confronto fra i blocchi? Certo, non ignoro le infinite concatenazioni deH’imperialismo capitalista; ma ci siamo ben accorti che
il capitale di Stato (o di partito) è anch’esso imperialista, e come. Né mi si dica che
rURSS è divenuta imperialista a sua volta,
tradendo la causa della rivoluzione, e che
la fiaccola è passata ad altri. Fra trenta, cinquant’anni, forse meno, il posto dell’URSS
sarà forse preso dalla Cina, senza vantaggi
apprezzabili per la pace mondiale. L’imperialismo è insito nell’uomo e nella sua società.
Combatterlo significa affrontarlo sempre e
ovunque, rinascente a ogni passo. Si possono e si devono riconoscere le differenze
quantitative della sua presenza geografica e
storica, e si può quindi indicare dove di volta in volta va indirizzata in modo particolare la lotta; ma ricordando sempre che sono
differenze quantitative, non qualitative. Sicché non starei a stupirmi e scandalizzarmi,
come altri fra noi ha fatto, sulle scissioni e
ostilità fra paesi socialisti (la perdizione dell’uomo fa una parentesi, oltre certe cortine?);
e vorrei chiedere a Mario Miegge se non pensa con me che per noi riformati le espressioni « uomo nuovo » e « mondo nuovo »
hanno un significato diverso, irriducibile alle pur nobili e grandiose novità della storia.
E poiché non credo ad alcun messiani
smo politico e — a rischio di apparire qualunquista (penso di non esserlo) — considero negativa la grande contrapposizione ideologica che copre ( e non risolve, ma
anzi spesso complica, aggrava, acuisce, avvelena) un’infinità di colpe e di errori ben definiti e precisi, chiedo: non è nefasto ai
movimenti di liberazione l’essere coinvolti
e inghiottiti in uno dei due grandi schieramenti? non si deve guardare con estremo
rispetto ai "piccoli” che lottano con tutte le
loro forze e la loro dignità per essere sé
stessi, resistendo alla riduzione a pedine di
un grande gioco che li aliena, da qualunque
parte della scacchiera vengano a trovarsi?
Interrogativi: sarebbe stato appassionante
discuterli col nostro fratello Mondlane.
Con tutto ciò, è chiaro, questa pagina
vuol suonare a vergogna del Portogallo occidentale e cristiano, e della nostra corresponsabilità in ciò che si fa con le armi della NATO nell’Afrìca ancora (per quanto?)
portoghese (come con i quattrini dei petrolieri nella Nigeria, etc.); a omaggio di chi
ha rischiato e rischia la sua vita per vivere
libero fra liberi; a ricordo fraterno di chi
ha vissuto virilmente questa passione, mosso dalla coscienza della dignità che la vocazione di Cristo dona a ogni uomo. E a
Eduardo Mondlane vogliamo accostare un
altro cristiano che in terra portoghese, nel
poligono della fame brasiliano, è stato assassinato da sicari, nelle scorse settimane,
per aver lottato per i diritti dell’uomo: Antonio Enrique Pereira Neto, intimo collaboratore del noto e coraggioso arcivescovo di
Recife, Helder Camara, aveva ventotto anni.
Accostiamo questi due cristiani che hanno
ascoltato l’Evangelo in portoghese, e hanno .
cercato di viverlo, ciascuno a suo modo.
. Gino Conte
IB scelte Ili Eduerdo Mendlene
I 1-ttori vorranno scusarmi se. per
una volta abbandono il discorso impersi naie. Per conto loro gli imperialisti onoscono assai bene il peso del
«fattore umano» nella rivoluzione
africana, e non colpiscono a caso.
Foie .é dunque hanno voluto eliminare Eduardo Mondlane dalla scena storica, dobbiamo fare in modo che questo 'rateilo non scompaia anche dalla r ostra memoria.
L editoriale di « Mozambique Revolution », di cui pubblichiamo un ampio estratto su queste pagine, dice
con chiarezza e sobrietà ciò che Eduardo ha fatto e ha rappresentato per il
suo paese e per la rivoluzione. Ma questo non era un inevitabile destino, bensi la conseguenza di una scelta, e di
una scelta difficile.
Ho conosciuto Eduardo Mondlane
rila Seconda assemblea del Consiglio
e. umenico, a Evanston nel 1954. In
qi ella afosa estate americana non era
an ora spenta Teco delle invettive del
sei dorè MacCarthy e la crociata anticoi. ranista dei fratelli Dulles cercava
spade — invero con scarso successo —
anc.ic nella assemblea delle chiese.
Stai chi della cordialità formale di cento i loontri, finivamo per ritrovarci di
noti* in pochi sulla spiaggia del lago
Michigan e Mondlane ci parlava della
sua Ierra e di un popolo ridotto in
schiavitù. Figlio di ima stirpe di capi
mozambicani che avevano combattuto
battaglie impari contro gl’invasori portoghesi, vissuto sino all’adolescenza
nella savana, protestante, educato nelle scuole missionarie, Eduardo aveva
proseguito gli studi dapprima nel SudAfrica — da dove era stato espulso per
ragioni politiche e razziali — poi in
Portogallo, ed era approdato infine in
un dipartimento di antropologia culturale del Middle West. Gigante nero,
sorridente e gioviale, si muoveva con
un certo impaccio nel meccanismo efficiente della « american way of life » ;
ma una tesi di seicento pagine sullo
sfruttamento coloniale del Mozambico
gli aveva procurato la stima di professori « liberali » e gli garantiva un
inserimento attivo nel mondo universitario; poteva permettersi, di lìi a
poco, di sposare Janet, una studentessa americana bianca.
Ma per Eduardo Mondlane l’Africa
non doveva rimanere un argomento di
produzione accademica. Quando l’ho
rivisto nel 1966, a Ginevra, Eduardo aveva ormai abbandonato l’università
americana ed era tornato in Africa con
Janet e i figli. Nelle province settentrionali del Mozambico era iniziata la
lotta armata contro il regime coloniale
portoghese. La guerriglia si qualificava come movimento politico di massa,
nei villaggi perduti della foresta si
aprivano scuole e dispensari. Promotore del Fronte di Liberazione del Mozambico, Mondlane ne era stato eletto
presidente e sviluppava instancabilmente i rapporti internazionali del
PRELIMO, in collegamento con i movimenti rivoluzionari delle altre colonie portoghesi: il MPLA angolano di
Agostinho Neto e il PAIGC di Amilcar Cabrai (Guinea portoghese). In dodici anni Eduardo non era mutato,
non aveva perso il largo sorriso, il parlare franco e privo di riserve: capo di
un movimento di liberazione nazionale, viaggiava senza scorta per le infide
città dell’Occidente, solo con la moglie Janet. Dopo aver preso parte alla
conferenza di Ginevra su « chiesa e
società » era in procinto di partire per
Cuba per i lavori dell’Organizzazione
di solidarietà dei popoli dell’Asia, dell’Africa e dell’Am. latina (OSPAAL),
ma trovava ancora il tempo di dialogare con gli amici. Certo, non erano
parole oziose: per Eduardo come per
noi si trattava di ritrovare una solidarietà internazionale nella lotta; egli
stava in prima linea e aveva tuttavia
la pazienza di ascoltare chi era invischiato nella realtà ambigua del movimento operaio occidentale.
Il 3 febbraio 1969, di ritorno da un
viaggio, Eduardo è andato al suo ufficio a Dar es Salaam (capitale della
Tanzania, dove ha sede la direzione
del FRELIMO), ha ritirato la posta
in arrivo e si è recato in casa di un
amico per lavorare con maggiore tranquillità. Ha trovato anche un libro, indirizzatogli personalmente, lo ha aperto ed è rimasto ucciso da una bomba
innescata nel volume. Il pacco era stato spedito da un paese dell’Europa occidentale.
Eduardo Mondlane è stato ucciso
perché i progressi della guerriglia nel
Mozambico minacciano il regime coloniale portoghese : poiché il movimento
tima manifestazione militante del nazionalismo africano, ma sono attualmente l’avanguardia della rivoluzione
africana. Gli imperialisti lo sanno e
non colpiscono a caso. I complici dell’assassinio di Mondlane stanno dunque in casa nostra : si trovano nei centri del potere capi talistico, in posizioni
altolocate nel mondo degli affari e della politica occidentale.
Infine Eduard; Mondlane è stato
ucciso perché pt-rsonalmente aveva
traspedito le regole del poco. Negli
anni del neocolon? aliamo si può anche
ammettere che un africano sia un uomo intelligente e capace di elevate prestazioni culturali. Ciò che non si può
ammettere è che ÌThtellìgeriza e la cul
tura degli africani siano utilizzate in
Africa a favore della liberazione dell’Africa. Se Mondlane avesse accettato
il meccanismo di integrazione culturale dell’imperialismo, se avesse accettar
to di fare l’esperto di problemi africani in un’imiversità americana o in
qualche organizzazione internazionale
con sede a Parigi o a Ginevra, avrebbe avuto lauti stipendi e riconoscimenti accademici, una brillante carriera e
una lunga vita. La scelta del nostro
fratello in fede Eduardo Mondlane è
stata diversa. Ha scelto di essere un
uomo nuovo in vista di un mondo
nuovo. È stato eliminato.
Mario Miegge
(da « Gioventù evangelica »).
Quello che ci ha insegnato
L’articolo che segue è parte dell’editoriale
del n. 37 di « Mozambique Revolution »,
febbraio 1969, nella versione di M. Miegge.
Eduardo Mondlane, primo presidente del Fronte di Liberazione del Mozambico (FRELIMO), è stato assassinato a Dar es Salaam il 3 febbraio
1969. Per il popolo del Mozambico il
senso della sua morte è chiaro, come
era chiaro il senso della sua vita: offerta e dono di sé nella lotta.
La sua è stata la vita di un uomo
che partì dal suo paese in giovane età
per imparare a conoscere il mondo, e
finì per riconoscersi come uomo del
Mozambico. Un uomo che ha potuto
capire e assimilare gli elementi positivi di altre civiltà e tuttavia non ha
mai perso di vista l’obiettivo principale: mettere questo sapere al servizio
delta lotta per il Mozambico. Un uomo
che, dopo aver molto viaggiato e aver
visto molte città, dopo aver conosciuto molti uomini e ottenuto la loro ammirazione e il loro rispetto, conseguendo successi nella loro società, ha
saputo abbandonare tutto questo ed
è ritornato a dirigere la lotta di liberazione del suo paese.
Lo ricordiamo — e questo ricordo
ci è di conforto nel dolore — perché
ci ha aiutato a raggiungere l'umtà che
stavamo ricercando. Ha unificato molti gruppi in un solo fronte. Ha visto
sorgere fuori dalla dispersione delle
tribù una nuova nazione. Non si è mai
identificato con un solo gruppo o con
una sola tribù: si è sempre comportalo come uomo della nazione, come mozambicano. Da lui abbiamo imparato
a giudicare gli uomini in base alle loro capacità e non in base alla loro origine. Tutti i gruppi sono stati rappresentati in misura del contributo che
ognuno poteva dare. Da lui abbiamo
imparato ad accettare tutte le eredità
tribali fondendole in una ricchezza
comune: una cultura nuova per gli
uomini del Mozambico. Era fermamente convinto che questo obiettivo potesse essere raggiunto e lo considerava
improrogabile: ne è prova lo sforzo
che egli ha compiuto e che ci ha imposto per creare un nuovo sistema
educativo, per noi e per il nostro popolo. In effetti il risultato era già visibile — e ciò non è poco — nel suo
atteggiamento quotidiano: il suo aperto sorriso esprimeva la sicurezza di
chi ha sormontato il mito dell'inferiorità congenita dell'africano; la sua
franca risata esprimeva la consapevolezza dell'uomo nuovo di una nuova
nazione; la sua amichevole cordialità
(continua a pag. 4)
non può essere stroncato alla base, all’interno del paese, si è cercato di paralizzarlo al vertice e di colpire le sue
relazioni internazionali.
Ma questa non è soltanto un’impresa
del fascismo portoghese (va ricordato
che già tre altri dirigènti del FRELIMO sono stati eliminati in attentati
avvenuti fuori dal territorio del Mozambico). In realtà la lotta armata
nel Mozambico e nell’Angola mette in
questione lo status quo di tutta l’Africa australe : l’Africa delle miniere,
dell’oro, del lavoro coatto, dell’apartheid, l’Africa che deve essere tenuta
a ogni costo sotto il controllo diretto
del capitalismo occidentale e del bianchi. In questo quadro il fascismo portoghese, alleato ai razzisti sudafricani
e rhodesiani, non è altro che un potere delegato : paese sottosviluppato, a
un tempo colonizzatore e colonizzato,
il Portogallo fornisce un esercito di
disoccupati e di analfabeti per difendere in Africa gli investimenti e i profitti di paesi altamente « sviluppati » e
politicamente rispettabili : Germania
occidentale, Inghilterra, Italia, Svezia,
ecc. E l’esercito fascista combatte con
armi della NATO, benedette da ministri socialisti.
I partiti di Neto, di Cabrai e di
Mondlane, che lottano per l’indipendenza dei loro paesi, si scontrano con
questa realtà e sanno di non poter
ottenere una indipendenza reale senza conflitto con l’imperialismo internazionale: il MPLA, il PAIGC e il FBEL
LIMÒ non sono dunque soltanto Tul
L’ULTIMO DISCORSO DI EDUARDO MONDLANE
Nessun
non lo
popolo sarà libero finché
saranno tutti gli altri
Quello che segue è il testo dell’ultimo
discorso tenuto da E. Mondlane a Khartum, a pochi giorni dal suo assassinio. (Da
« Note di cultura ». cit. da « Il Regno »).
La lotta armata nel Mozambico
è iniziata il 25 settembre 1964 ed
ha subito assunto carattere, motivazione e obiettivi molto precisi. ■
In primo luogo il popolo del Mozambico, sotto la guida del FRELIMO, ha iniziato una guerra per l’indipendenza dal colonialismo portoghese e per cacciare dal proprio
paese i corrotti e odiati usurpatori
stranieri e dare ad esso un governo nazionale; il popolo mozambicano vuole essere padrone della sua
terra e del suo destino.
In secondo luogo noi conduciamo
la nostra lotta per porre fine alle
indicibili sofferenze dei nostre fratelli, sfruttati in modo inumano dai
colonialisti bianchi e daH’imperialismo che di essi si serve. Andate
nelle piantagioni di cotone, di zucchero, di thè; andate nei porti e
nelle industrie; andate nelle miniene! Vedrete il più barbaro ed inumano sfruttamento dell’uomo che i
bianchi abbiano mai praticato nei
confronti dei figli deH’Africa.
In terzo luogo noi ci siamo levati in armi poiché era fin troppo
chiaro che, in ogni campo, veniva
negata agli africani ogni possibilità
di svilupparsi ed affermarsi come
esseri umani, mentre la loro vita
era destinata a essere miseria, asservimento, disagi, ignoranza. E infatti, dopo cinquecento anni di
« missione civilizzatrice » del Portogallo in Mozambico, la percentuale di analfabeti è, tra la popolazione africana, superiore al 95%.
Sono queste le condizioni di
schiavitù che il nostro popolo si è
rifiutato di tollerare ancora. Nel
passato c’era stata la speranza di
superare questo stato di cose con
mezzi pacifici; perciò facemmo dei
tentativi presso il governo coloniale perché si intavolassero negoziati
per l’indipendenza. La risposta fu
una feroce repressione di stampo
nazista: torture, prigioni, uccisioni.
Con questi metodi i bianchi si preparano a difendere per gli africani
la civiltà occidentale e il cristianesimo!
Fu allora che il FRELIMO proclamò la lotta armata che continuerà
fino al conseguimento dell’indipendenza.
In meno di cinque anni di lotta
siamo riusciti a liberare una notevole parte del territorio che va
estendendosi verso sud. In queste
regioni di libertà e di indipendenza
dagli stranieri si va sviluppando
una amministrazione popolare, una
nuova base economica, una adeguata struttura sociale (scuole, ospedali ecc.). La gente vive in pace e non
c’è più la minima presenza dei portoghesi, tranne il caso di bombardamenti aerei talvolta effettuati anche in modo massiccio.
Nella zona di combattimento ci
sono scontri quasi ogni giorno e il
fronte ha una linea molto instabile; fino a oggi i nemici hanno perso 42 aeroplani, oltre 500 mezzi militari di cui 5 treni, più di 7.000 uomini.
Nelle zone controllate dagli stranieri, infine, regna la repressione,
mentre in pari tempo viene portato avanti un programma di insediamenti rurali portoghesi (colonatos)
nelle fertili vallate del Mozambico.
Lo scopo è quello di formare una
specie di linea, dall’Oceano Indiano alla Zambia ed alla Rhodesia,
per sbarrare il passo alla nostra
avanzata verso sud.
Contemporaneamente le popolazioni locali vengono raggruppate a
piccoli nuclei in villaggi strategici
(come fanno gli americani nel Viet
Nam) situati nelle zone più aride
e improduttive.
Come il periodo coloniale ha significato, con la mancanza di indipendenza, l’imposizione di un oscurantismo mentale e spirituale, così
la libertà e l’indipendenza significano possibilità per il popolo di determinare il proprio destino attraverso l’educazione e la partecipazione attiva. Questo è esattamente
ciò che viene fatto nelle zone più
libere perché il nostro principale
obiettivo è e rimane quello di mobilitare le energie del popolo e di
organizzare un nuovo efficiente governo popolare.
Ciò comporta, naturalmente, tremende responsabilità nei vari campi (scolastico, sanitario, economico,
politico, amministrativo) nei quali
abbiamo incontrato non lievi difficoltà dovendo fare affidamento più
sul nostro sforzo che sugli aiuti
esterni.
In rapporto alle enormi risorse
del nostro nemico ed alle tremende
difficoltà che abbiamo dovuto affrontare, possiamo affermare di
avere conseguito grandi successi.
Per esempio nel luglio 1968 abbiamo tenuto il primo congresso del
FRELIMO, per sei giorni, in una
zona liberata; questo per noi è stato un fatto di profondo significato,
perché per la prima volta nella loro storia, dei mozambicani si sono
potuti riunire nella loro terra, liberata con il loro sacrificio, per discutere i loro problemi, trovare le
loro soluzioni, definire le loro linee
d’azione, decidere del loro destino (...).
La nostra vittoria finale è sicura,
è sicura la nostra determinazione
di lottare uniti fino alla sconfitta
del colonialismo. Questa potrà essere resa ancora più prossima dall’aiuto dei nostri amici e da un positivo evolversi della situazione internazionale.
Gran parte dell’aiuto che riceviamo proviene dalla Qrganizzazione
dell’Unità Africana. Attraverso essa
0 direttamente noi abbiamo poi un
aiuto bilaterale dalla Tanzania, Algeria, RAU, Zambia e Tunisia. Per
quanto riguarda paesi non africani
1 governi di URSS, Cina, Corea, Cuba, Yugoslavia, Bulgaria, RTD, Cecoslovacchia, Romania e Ungheria
hanno sempre dato un concreto
aiuto (...). Il fatto è che la nostra
lotta è una parte della lotta dei popoli di tutto il mondo contro l’oppressione e lo sfruttamento del colonialismo e del neo-colonialismo.
Nessuna nazione amante della libertà può essere veramente liberata fino a quando tutte le altre nazioni non saranno anch’esse libere.
Eduardo Mondlane
4
pag. 4
N. 28-28 — 11 luglio 1969
í
L'espsione giova a tutti: un mito!
Quello che cì ha insegnato
I lettori ricorderanno che abbiamo
pubblicato con rilievo, sul n" del 30
maggio, una dichiarazione del Consiglio della Federazione delle Chiese protestanti svizzere, che prendeva nettamente posizione contro « l’iniziativa
Schwarzenbach » per una drastica riduzione della presenza di lavoratori
stranieri nella Confederazione. Nel
frattempo si sono moltiplicate le voci
contrarie, soprattutto da parte imprenditoriale (e in particolare nel settore
turistico-alberghiero); vi è stato chi
ha dichiarato che tale iniziativa equivarrebbe a « un suicidio economico ».
Ci pare tuttavia interessante riportare
questo scritto del grigionese Gabriel
Mutzenberg, pubblicato su « La vie
protestante » del 13 giugno.
La dichiarazione della Federazione
delle Chiese protestanti della Svizzera
sull’iniziativa detta Schwarzenbach
contro la sovrapopolazione straniera,
pur denunciando « gli argomenti equivoci avanzati per difendere tale iniziativa », non è neppure essa priva di
equivoci. Quando essa afferma che
« l’arrivo massiccio di lavoratori stranieri ha permesso al nostro paese di
realizzare un’espansione economica
senza precedenti, giovevole a tutta la
popolazione », si mostra al tempo stesso sommaria e parziale. Sommaria,
perché non dobbiamo la nostra prosperità unicamente a questo apporto
di manodopera. Parziale, perché pare
difendere, in tale generalizzazione, gli
interessi di una classe privilegiata, per
lo meno contestabili in un’ottica nazionale sana.
Non è vero, infatti, che « tutta la
popolazione » si sia avvantaggiata del
tempo di ’vacche grasse’ nel quale stiamo vivendo. Rapida, troppo rapida, la
espansione ha lasciato dietro di sé
molti attardati: gente che non può
adattarsi o non vuole seguire la mostruosa corrente che considera il profitto come Evangelo; uomini ai quali
manca forse l’energia o la salute, uomini di un’altra epoca attaccati a modi di lavoro antichi e a un genere di
vita superato ma più umano, uomini
che questa corsa al denaro disgusta,
respinge, sfibra.
Inoltre, anche per coloro che si sono
avvantaggiati più o meno dell’« espansione economica senza precedenti »
che qui viene, una volta di più, quasi
idolatrata, non vi sono in questa evoluzione unicamente degli elementi positivi. Che cosa si fa del denaro guadagnato così presto (del resto deprezzato incessantemente dal rialzo del costo della vita)? Grandi complessi di
sumani intorno alle nostre città sempre più sfigurate da costruzioni affrettate, anarchiche? Città che la polluzione deH’atmosfera e il frastuono rendono sempre più inabitabili.
Lo Svizzero sa proprio utilizzare così
bene questa sovrabbondanza che paga
tanto cara? È veramente un vantaggio che ciascuno fruisca, senza averne
davvero bisogno, di un’auto o di un
apparecchio tv? E davvero un vantaggio che sia possibile abbrutirsi di piacere per restare poi profondamente
insoddisfatti, scontenti, quando addirittura non si è pronti a rovesciare
tutto in una società alla quale pure si
deve tutto?
Nella dichiarazione della Federazione si deve poi sottolineare un secondo
elemento. Quando vuole designare i
colpevoli di un’immigrazione che anch’essa considera in una certa misura
esagerata, ricade anche qui, purtroppo, in generalizzazioni sommarie. Ai
suoi occhi, i piccoli contadini della
montagna, che non hanno i mezzi per
ingaggiare un lavorante, i negozianti
che fanno tutto da sé, i manovali senza sindacato, gli impiegati unici delle
piccole imprese, siccome beneficiano
più o meno di un’evoluzione che non
hanno voluta, ne portano anch’essi la
loro parte di responsabilità. Indubbiamente tutti gli uomini sono peccatori.
Indubbiamente la solidarietà fra tutti
i membri di una società è una realtà
della quale bisogna tener conto.
Ma questo modo di diluire responsabilità precise nel tutto, non ha nulla
di evangelico. Rientra piuttosto nel genere di manovre che tendono a dissi
mulare i veri colpevoli. Gesù non ha
agito così. Offrendo il proprio perdono
agli uomini, ha messo il dito sulla colpa di ciascuno. È facile, troppo facile
— e non è cristiano — dire: « Abbiamo tutti una responsabilità in questa
situazione ». Ed è anche facile, troppo
facile in verità accusare gli altri di xenofobia per diritto e per traverso, perché pensano, non senza ragione, che
la politica seguita in fatto di manodopera straniera è stata cattiva. Molti
dicono, da un punto di vista puramente economico, che la soluzione adottata era inevitabile e che è stata la
migliore. Non ne sono sicuro. Era perfettamente possibile un’evoluzione diversa, volta aU’avvenire piuttosto che
all’immediato. Essa richiedeva molta
chiaroveggenza e molto coraggio morale. Gli ambienti interessati hanno
scelto il profitto. Hanno guadagnato
molti soldi. E ora è il popolo svizzero
nel suo insieme che deve pagare il
conto.
La dichiarazione della Federazione
si mostra generosa, nelle sue conclusioni. E su questi punti la seguiremo
volentieri. Quanto all’analisi della situazione sulla quale esse sono costruite, temo assai che solleverà una giusta opposizione.
Gabriel Mutzenberg
(segue da pag. 3)
testimoniava la fiducia in una realtà
che stavamo creando insieme. Lo ricordiamo perché ci ha aiutati in tanti
modi a riconoscerci come mozambicani.
E gli siamo grati perché ci ha insegnato con il suo esempio a fare affidamento su noi stessi e sul nostro popolo. Il suo modo di dirigere le discussioni dimostrava quanto sapesse rispettare il pensiero degli altri e far
credito al loro volere: se vi era disaccordo sosteneva a fondo le sue idee,
cercando costantemente di convincere,
mai di imporre; se le sue idee non venivano accolte si sottoponeva senza
esitazione alle decisioni della maggioranza. Nelle sue molteplici attività, nei
suoi viaggi e nei suoi impegni, la sua
calma rivelava la pace interiore di un
uomo che doveva lottare contro enormi difficoltà ma non contro la sua coscienza: era certo di seguire la volontà del popolo e si sforzava continuamente di comprenderla e di interpretarla correttamente (...).
E gli rendiamo onore perché ci ha
insegnato chi doveva essere odiato e
perché. Figli di un combattente per la
libertà, discendente di combattenti per
la libertà, sapeva quanto è importante che l’odio sia indirizzato in modo
giusto: « Certo, i nostri uomini devono
uccidere... ma non devono combattere
il colore della pelle del nemico: devo
no combattere ciò che il nemico difende: un sistema di oppressione economica e sociale » (...).
Commemoriamo la sua vita e piangiamo la sua morte. Sapevamo — come anche lui sapeva — che ciò poteva
avvenire; ma sembra impossibile che
tanta energia, tanta forza e vitalità siano state soppresse (...). Piangiamo
l’uomo. Sappiamo che, in quanto uomo, non era esente da colpe, errori o
deficienze. La Rivoluzione formerà uomini migliori, ma egli ha lavorato per
costruire la Rivoluzione. Ed ha combattuto — come continuiamo a fare —
con questa speranza: che i nostri discendenti possano essere uomini migliori di quello che siamo stati noi.
Ma porteranno il ricordo del nostro
primo leader. Per via della sua morte
comprenderanno che la parola d’ordine « Indipendenza o morte! » non era
per noi priva di significato (...).
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiii
Protestiintesinio ostacolato
nell’Ängola
mudiiiiiiNiiiiiiiiiiimiiiimiiiiiiiiiiiiimmiiiiim'ii
Meglio potenziare i convitti
Qperai e agricoltori delle Valli si
domandano con ragione cosa c’è dietro
la proposta della Tavola di chiudere
il ginnasio-liceo di Torre Pellice (non
la scuola media) e sostituirlo con un
moderno convitto a Pinerolo.
Dietro questa decisione non c’è
nient’altro che il buon senso. Potete
giudicare da voi stessi: dove va la
maggioranza dei figli dei valdesi? A
Torre Pellice o a Pinerolo? Dove vanno i figli degli operai e dei contadini
delle Valli: vanno al liceo classico di
Torre Pellice o vanno nelle scuole di
Pinerolo e nelle fabbriche vicine a Pinerolo e oltre?
NOVITÀ CLAUDIANA
VALDO VINAY
La predicazione evangelica nel
nostro tempo
L. 100
ALFREDO SONELLI
Eucaristia cattolica in discus
sione
L. 100
("Attualità protestante”, 24 e 25)
Ordinazioni a
LIBRERIA CLAUDIANA
Via Pio Quinto, 18 bis
10125 TORINO
Le 5 classi che si vogliono chiudere
a Torre avevano quest’anno tra tutte
solo 44 iscritti. La metà cattolici. E
costano alla chiesa — cioè a tutti noi
— un occhio della testa, come si dice.
Dove vanno tutti gli altri figli di vaidesi? La chiesa non deve far niente
per loro?
Vista la situazione sembra che non
si possa far altro che abolire quello
che non serve più e potenziare i convitti di fondo valle, i quali possono
raccogliere ragazzi e ragazze di ogni
provenienza, operai e studenti, e aiutarli. Allora io domando a tutti: voi
cosa avreste fatto?
Per me questa via è quella giusta.
Ci accusano di comunismo e di tante
altre cose, perché si vuole che la chiesa spenda i suoi soldi per una maggioranza di valdesi e non per una minoranza raccogliticcia di studenti di
varia provenienza. Ma chi sono quelli
che ci accusano? Tutti li conosciamo
bene. Qui non si deve accusare, ma
ragionare.
Molto è stato detto per spiegare le
cose in tutti i dettagli in modo che
nessuno, neanche quei di Torre Pellice, si sentirà abbandonato se si attuerà questa decisione.
Non voglio tornare sui dettagli. Vorrei solo dire la questione veramente
chiara che c’è davanti a noi tutti. Cifre e commenti sono stati pubblicati
da tutte le parti. Chi non si è ancora
informato, si informi bene e tragga
dalla sua mente la giusta conclusione.
Per la chiesa come per il popolo valdese è meglio potenziare i convitti.
Sergio Rostagno
LUSEBKÌ S. GIOVANNI
Il 3 agosto prossimo venturo, alle
ere 15, avrà luogo nella Sala Albarin,
il tradizionale Bazar della Società di
Cucito « Le Printemps ».
Tutti sono cordialmente invitati.
Utrecht (spr). - Il past. J. van der L'mden,
che ha partecipato alla stesura di uno studio
sulla missione nel mondo, ha riferito — lo
comunica il « Central Weekblad », settimanale delle Chiese riformate dei Paesi Bassi -___
come il lavoro della chiesa è ostacolato e in
certi casi completamente paralizzato da misure restrittive del governo angolano.
« NelVAngola settentrionale i culti protestanti sono stati vietati. Tale decreto si applica pure alle riunioni di preghiera, ch^' sono
considerate comizi politici illegali e perseguibili per legge. 1 missionari non sono autorizzati a circolare liberamente e le assemblee
annuali non possono quindi avere luog(<.
« Ogni volta che viene costruita una scuola
protestante, il governo vi costruisce ¡proprio
accanto una propria scuola, mentre vi sono
numerose località angolane totalmente sprovviste di edifici, scolastici ».
Il past. van der Linden ha dichiarato:
a Quando un missionario viene in congedo,
non riceve piii il visto dHngresso. Ne! marzo
1961 oberano 258 missionari; oggi l’oa ne
restano che 50 ».
Risulta che molti ex-missionari nell .-ì ugola
sono al lavoro nei paesi confinanti, neL.} speranza che si abbia un mutamento in i\ ito di
politica portoghese nell’Angola. Malgrado tutti gli ostacoli, la chiesa cresce. La tradizione
della Bibbia in kimbundu è ormai p*ussima
alla realizzazione, mentre nelle regior^ meridionali viene diffusa la letteratura p' Lblicata in forti quantità dalla tipografia di .Oondi.
Qualche tempo fa 400.000 Angolaiiì si
sono rifugiati oltre frontiera, nel Congo. Là
non ci sono campi — dice il past. van der
Linden — tutti i rifugiati hanno potuto '’ssere accolti dalla popolazione congolese, no.' villaggi. Vi sono fra loro molti responsabili di
chiesa, che diffondono il messaggio evnngelico ».
I LETTORI CI CE Sl> SCRIVON
Null’altro
che l’Evangelo
e lo Spirito
Un lettore, da Belgrado;
Caro direttore,
non so se il tuo editoriale del 30
maggio u. s. su Miti e realtà della predicazione invitava o no al colloquio eoi
lettori, ma prendo ugualmente la penna per dirti che, tra le cose assai assennate scritte nella tua disamina chiara e serena dello svuotamento delle
chiese e dei pulpiti, la migliore a mio
modesto avviso è contenuta nella tua
affermazione che « è l’Evangelo predicato che forma e riforma la Chiesa,
non è una Chiesa ristrutturata a facilitare una nuova comprensione delTEvangelo ». Vedo anche che Paolo
Ricca si sarebbe espresso più o meno
nello stesso modo al recente Sir.-odo
congiunto metodista-valdese di Roma
durante il dibattito sulla predicazione,
e in ciò non vi trovate certamente in
disaccordo con l'intervento di Valdo
Vinay, secondo il quale la predicazione dovrebbe sempre essere al centro
della vita cultuale della comunità quale discorso di Dio, non discorso su Dio.
È strano che .solo ora ci si accorga
del pericolo alienante delle strutture
ecclesiastiche, proprio dopo le esperienze fatte in zone di punta come la Giocarla, la Bassa Padana, gli Abruzzi, la
Sicilia, ecc. Va bene che quelle erano,
come si diceva allora, zone depresse,
materialmente e spiritualmente; c'era
un vuoto per molti, ed esso fu colmato dal Vangelo, almeno per alcuni. Ma
quale fu il mezzo, ed entro quale
struttura o canale? La risposta è facile : nessuna struttura, nes.sun concistoro, nessuna liturgia, nessuna disciplina
ecclesiastica, nessun pulpito e nessuna
toga, a.ssolutamente nulla se non il
Nuovo Testamento letto c spiegato in
.spirito di preghiera. Certo spiegato,
magari con l'aiuto del testo greco o della Vulgata, il tutto all'aria aperta sulle
aie o dentro le cucine e le stalle; e
ehi ascoltava spesso confessava di non
saper né leggere né scrivere! Allora si
fece l'esperienza che forse la .bruttura
più alienante era il nostro io, pieno di
filosofia e di teologia; allora ci si accorse quanto fosse difficile per tutti
— pastori o laici, professori o studenti,
impiegati o operai, borghesi o proletari.
ecc. — predicare in termini comprensibili, non solo riguardo alla cultura o
non cultura degli ascoltatori ma anche
in relazione ai loro bisogni concreti, in
un mondo già contestato politicamente, socialmente e religiosamente parlando. L'ermeneutica è certamente
una bella disciplina, utile, e chiunque
ha da fare con dei testi scritti se ne
deve avvantaggiare; ma quale migliore
ermeneutica di quella che si rifà alle
parole rivolte da Gesù ai dodici (Matteo 10: 20)? Se è lo Spirito del Padre
che parla, non contano più le strutture, i regolamenti, le tradizioni, gli edifici ecclesiastici e i pulpiti. Non che se
ne debba fare a meno, se ci sono; né
che dobbiamo distruggerli, come vuole
qualcuno. Se danno fastidio, si esca fuori, come quel docente universitario costretto a fare il « peripatetico » perché
l’aula delle lezioni e degli esami minacciava di crollare!
Ecco perché non capisco, tra l’altro,
perché quel pastore, pur rimanendo
nella sua comunità, si sia rifiutato di
salire sul pulpito e di tenere i culti,
scrivendo poi che così ha fatto per
non essere lo strumento di una chiesa
che fa da puntello ai potenti e ai ricchi di questo mondo. Se cosi è, fa bene a disertare quel pulpito, ma per
carità non si limiti a ciò: esca dalla
cliiesa in tal modo contestata, magari
faccia il colportore, riviva l’esperienza
di un Valdcs e di tanti altri ignoti
predicatori vaganti, e il Padre Celeste,
che nutre gli uccelli del cielo e veste
i gigli dei campi (Matt. 6: 26-29), saprà come guidarlo e sostentarlo.
Scusa lo sfogo ed abbiti una fraterna
stretta di mano, tuo
Giovanni Gönnet
no giudicati severamente a seconda del
partito in cui si trovano, ad es. « prò »
o « contro il Collegio ». Anche tra amici v’è un senso di sfiducia, di tristezza
che penetra come un veleno appena ci
si ritrova « all ombra del Collegio ».
La mia convinzione contrasta per certi aspetti con quella del nostro Pastore. Pur riconoscendo rinsufficienza della testimonianza, durante l’anno concluso, sono convinta che con l’.aiuto
del Signore il Collegio — tutto il Collegio — può ritrovare la sua vocazione. Non si tratta di prestigio, dì sentimentalismo (come parecchi pensano e
dicono), ma della convinzione che i nostri Istituti, nella loro totalità, possono diventare uno strumento utile, prezioso al servizio dei giovani.
Ho l’impressione che molte incomprensioni potrebbero svanire se si giungesse a un dialogo aperto e fraterno,
sapendo sopportarci gli uni gli altri
e non scomunicarci a vicenda se le nostre convinzioni non collimano. Siamo
tutti consci, da una parte come dall'altra, della prova tremenda nella quale ci troviamo come membri della Chiesa di Cristo, oggi; e ne siamo smarriti.
Occorre che facciamo tutti questo duro, anche violento sforzo su noi stessi,
per riacquistare (e ridare) fiducia nell’altro, per ritrovare quella fraternità
profonda che "regge” agli urti, perché
non è radicata nella convergenza delle
nostre idee ma nella comune vocazione
del nostro Signore.
Il Pastore Sonelli chiede alcune precisazioni :
Effettivamente qui occorrerebbero maggiori precisazioni. A me pare che il
senso è comunque che il Sinodo, pur
considerandosi responsabile (come per
la CIOV), affidi a un gruppo di persone delle 'Valli la responsabilità, anche amministrativa, degli Istituti, stimolando quindi il loro impegno e spingendole a suscitare interesse (non solo
finanziario) per i nostri Istituti, alle
Valli e altrove.
Un discorso concreto
(e fraterno)
Una lettrice, da Torre Pellice:
Ho letto attentamente Tarticolo del
Pastore Sonelli, « Ricerca di un discorso concreto ». Più ci avviciniamo al Sinodo, più cresce in noi un'inquietudine profonda : come si svolgeranno le
sedute sinodali, se il solco che ci divide non sarà colmato dal sentimento
nelle nostre miserie e debolezze spirituali?
I nostri giudizi umani sono diametralmente opposti e gli individui vengo
1) sulla distinzione, fatta anche
dal documento della Tavola a commento della relazione della Commissione ad referendum, fra scuola medie
e liceo. A me pare che questa distin! zione sia troppo legala a fattori cconoI mici. 0 agli istituti cristruzione non rij conosciamo più una funzione di testimonianza, e allora è più coerente la
proposta della Commissione; o gliela
riconosciamo — io la penso così! — e
' allora si deve cercare con tutte le forze di conservarli tutti e di farli vivere,
anziché praticargli Teutanasia, nemmeno particolarmente indolore,
i 2) sulla richiesta della Conferen; za del I Distretto che il Sinodo nomini una Commissione permanente « de! legata ad amministrare i fondi destinati, secondo il riparto fissato dal Sino! do 1968, agli Istituti d'istruzione ».
3) per ciò che riguarda rassicurazione dei fondi necessari. Io penso
che sia un po' pericoloso e poco fraterno e sano, per una chiesa che vive
(o dovrebbe vivere) come un solo corpo, ripartire regionalmente le responsabilità finanziarie degli Istituti. A
parte il fatto che gli istituti d’istruzione secondaria alle Valli hanno reso da molti decenni e ancora rendono
(e renderebbero di più, se ci s'impegnasse di più in tal senso) un servizio
anche a giovani dì altre regioni, come
parecchi hanno già fatto notare, mi pare da sconsigliare questo "regionalismo" (per esempio, le Valli che hanno jiroporzionalmente il minor numero
di pastori, dovrebbero pagarsi soltanto la ventina di uomini in attività di
.servizio nelle loro comunità? No, certo). Se mai, procederei in modo diametralmente opposto, e consiglierei un
"conto", nel nostro bilancio, che includa lutti gli Istituti. Se ne riconosciamo la validità di testimonianza e di
servizio, e il Sinodo dà questo riconoscimento, essi sono di tutta la Chiesa,
anche se è (o dovrebbe essere) logico
che localmente e regionalmente dei
Comitali responsabili stimolino in modo particolare la solidarietà dei membri di chiesa e delle comunità. Bisognerciibc insoinma trovare il modo di congiungere questa responsabilità collettiva e rimpegno particolare di gruppi di amici. Non penso che sarebbe impossibile. E credo che i fondi sarebbero reperibili.
Del resto, perché non dire apertamente che diversi professori sarebbero
pronti a venire in aiuto a coloro che
da anni sono stati impegnati fedelmente. malgrado grandi difficoltà?
L incognila delle finanze — e così pure della presenza di in.segnanti e di studenti (ma... selezionati: non per clas.sc, bensì per contenuto umano e spirituale!) sono convinta che potrà essere
superata e in questo senso il Sinodo
dovrebbe essere pronto a un’apertura
di più schietta fiducia. Ma nelle discussioni ricordiamo che ognuno ha il diritto di esprimersi senza rischiare di
essere subito accusato di tradire (chi?
il Maestro?); siamo stati tutti chiamati a lavorare nello stesso campo,
che non è nostro ma Suo. a Come dunque abbiamo ricevuto Cristo Gesù il
Signore, così camminiamo uniti a lui
essendo radicati ed edificati in lui e
confermati nella fede, come ci è stato
insegnato, abbondando in azioni di
grazie ».
Graziella falla
Rettifica sull’AlCE
Un collaboratore, da Torre Pellice:
Caro direttore,
nel mio articolo « Ricerca di un
discorso concreto », apparso nel n. 26
del 27 giugno 1969, pag. 3, appariva
un mio riferimento all'AICE, il quale,
COSI come suona, si presta ad una
interpretazione in netto contrasto
con la realtà. Infatti il’ gruppo altiv.li deir A.LC.E. non limita affatto le sue iniziative al congresso annuale, ma svolge una organica attività:
organizza incontri stagionali di ricerca
pedagogica didattica, stabilisce contatti
con i maestri neo-diplomati in vista di
un loro orientamento professionale concreto, assegna borse di studio per i giovani che intendono frequentare Llstituto Magistrale a condizione che prestino la loro attività alle Valli per un
periodo di almeno 5 anni, mantiene i
contatti con le organizzazioni protestanti straniere, soprattutto francesi,
ed ha costantemente sollecitato la collaborazione degli altri Insegnanti valdesi delle Valli.
Il mio appunto sì riferiva piuttosto
al fatto, abbastanza sconcertante, delrasseiileismo dì una parte notevole de
gli Insegnanti valdesi; purtroppo sì
deve constatare che tra gli assenti figu
abbiano preso in considerazione -jnehe
questa lacuna nella ferma intf nzione
clic venga colmata in avvenire.
Alfredo Siti. »Ili
Conferenza
calunniata?
Un lettore, da Milano:
Caro direttore^
rano anche la maggioranza degli Inse
gnanti degli Istituti dì Istruzione Se
condaria Valdesi (sia della Scuola La
lina, sìa del Collegio Valdese), per cui
molle cose che si sarebbero potute fare
già fin d ora, non sì sono fatte. Questo
nolo nella speranza che gli estensori
deH’ordìne del giorno del I Distretto
sono rimasto dolorosamente sorpreso
dalle dichiarazioni del past. Elio Eynard sulla nomina dei delegali al Sinodo della Conferenza del III distretto,
cui ho partecipato come rappresentante
della chiesa di Milano. Il past. Eynard era stato eletto presidente della
Conferenza quasi airunanimità e ne
aveva diretto i lavori con serenità ed
imparzialità, ricevendo pubblici ringraziamenti; ciò non gli ha impedito, pochi giorni dopo, di scrivere che le elezioni della Conferenza non erano siate
« moralmente limpide ». Mi sembra
che Tultima persona che possa lanciare
insinuazioni del genere sia proprio chi,
come presidente della Conferenza, aveva il preciso dovere dì tutelare le minoranze e garantire la limpidezza dei lavori. Dinanzi ad una irregolarità di
qualsiasi genere, il past. Eynard avrebbe dovuto protestare immediatamente,
invece di attendere lo scioglimento della Conferenza che gli era affidata per
rivolgere le sue critiche ad un pubblico
pili vasto e meno informato, che non
poteva sapere che l'unica colpa di questa calunniata Conferenza è stata quella di non aver ascoltato le raccomandazioni di due pastori nelle elezioni al
Sinodo! Come si possono difendere le
nostre istituzioni se proprio coloro che
ne dovrebbero garantire la regolarità
sono i primi ad avanzare insinuazioni
tali da disorientare le chiese?
Molto più interessante la proposta
del past. Eynard di togliere alle Conferenze distrettuali tutti i loro delegati
al Sinodo, a favore delle chiese non autonome. Peccato che non Labbia avanzata durante i lavori della Conferenza
(eppure sarebbe stata una sede piu
adatta della stampa!); non dubito però che il past. Eynard riprenderà questa sua proposta dinanzi al prossimo
Sinodo.
Giorgio Rochat
5
11 luglio-1969 — N. 27-28
pag.
CQNFKRENZA DEL V“ DISTRETTO, A NAPOLI
Riflessi concreti del culto,
coordinamento delle opere sociali
Notizie da Torre Pellice
La comunità di Napoli Vomero ha
fraternamente e generosamente accolto ed ospitato i delegati delle chiese
che, nei giorni 14 e 15 giugno, si sono
riuniti in Conferenza. Dopo un breve
culto di apertura presieduto da E. Naso, i 22 membri della Conferenza, dopo la verifica dei mandati, eleggevano
il seggio nelle persone di: Salvatore
Carcù, pres., Sergio Nitti, vice-pres.,
Antonio Corbo ed Ennio Del Priore,
segretari. La Tavola era rappresentata da E. Corsani, pastope^-neL distret- to. Per la Chiesa Metodista era presente il Past. Paolo Sbaffì.
Dopo la lettura della relazione della
C. D. fatta dal Pres. S. Ricciardi e la
lettura della relazione del capogruppo
vedimento che porta a prese di posizioni collettive, non si incarna comunitariamente in impegni coerenti con
l’evangelo. E stato fatto notare che
questo dipende in parte dal fatto che,
soprattutto nelle grandi città, le comunità vivono in una situazione di diaspora che rende difficile la comune ricerca di ciò che l’evangelo ci richiede
e che noi in quanto credenti dobbiamo proporci nella comune testimonianza. Questi problemi sono stati pertanto-posti-aH'o.d.g. di un incontro autunnale valdese-metodista a livello comunitario e giovanile.
L’o.d.g. sul coordinamento delle
Opere sociali è giunto a maturazione
dopo oltre un anno di discussioni.
I principali Atti*della Conferenza
T.a Conferenza, preso atto della
prassi seguita quest’anno dalla
Commissione Distrettuale di comunicare di volta in volta alle chiese
visitate le impressioni da essa riportate, approva all’unanimità questa linea e la raccomanda anche
per il futuro.
ì,a Conferenza Distrettuale indice
uiì convegno intercomunitario di
pili giorni, da tenersi in autunno o
ir. 'nverno, in concomitanza con la
Cc.iferenza straordinaria autunnale col Convegno responsabili PUV
e (c-manda l’incarico dell’organizzazio le alla Commissione Distrettuale, .ai due Consigli di Circuito mete listi della zona corrispondente e
al ■'omitato di Gruppo PUV d’intess con gli altri gruppi giovanili,
es -Udendo l’invito alle Chiese batti;c,c.
.1 a Conferenza Distrettuale appr va il seguente o.d.g. presentato
dt-la Commissione Distrettuale: La
C( iferenza del V Distretto, _ convi; .a della necessità di coordinare
le arie Opere sociali esistenti nel
Di fretto, anche in ottemperanza ai
de iberati della Conferenza straordi 'aria di Bari (12-13 ottobre 1968),
afterma :
— che ogni Opera sia considerata
non come l’opera di un singolo
o di una chiesa o di alcuni volenterosi, ma del Distretto tutto,
il quale se ne assume la responsabilità attraverso la Commissione Distrettuale ;
— !e Opere quindi non devono sorgere o essere soppresse soltanto
per volontà del singoli o delle
chiese locali, m»- per decisione
comune del Distretto, presa sulla base dell’opinione espressa
dalla Commissione Distrettuale,
cui spetta il compito di esaminare in loco le diverse situazioni e
di consultare eventualmente degli esperti;
— ogni Opera deve essere amministrata dal Consiglio di Chiesa
locale; la Commissione Distrettuale deve cooperare con i Consigli, collegandoli, in modo che
l’eventuale eccedenza di cassa
dell’opera « X » possa venire utilizzata per coprire eventuali disavanzi deiropbrà « y ». ii tutto
in uno spirito di fraterna solidarietà.
La Conferenza Distrettuale approva il seguente o.d.g.:
La Commissione Distrettuale, al
fine di promuovere l’istituzione di
una Cassa diaconale distrettuale,
che dovrebbe provvedere a far fronte alle necessità di singoli o di famiglie bisognose, chiederà ogni anno un contributo alle Opere sociali ed alle Comunità del Distretto.
La Conferenza Distrettuale approva il seguente o.d.g.:
La Conferenza raccomanda al
Sinodo di studiare a fondo il problema degli Istituti di istrione,
non tanto jier il desiderio di risolvere un affannoso problema finanziario (ne avremo sempre, come
sempre ne abbiamo avuti), quanto
piuttosto per accertare innanzi tutto se esista o non, e se sia valida,
una pedagogia evangelica; e se infine tutto il problema non vada anche inserito nel discorso più ampio
sulla scuola laica o confessionale.
La Conferenza si rallegra per il
fatto che il Distretto abbia raggiunto la quota richiesta per la contribuzione alla Cassa centrale.
spesso molto accese, su questo problema. Sarebbe troppo lungo illustrarlo
nelle sue varie parti. Basti dire che
esso nasce dalla convinzione profonda
che proprio nella nostra azione per
gli altri non possiamo agire egoisticamente, ignorandoci gli uni gli altri, interessandoci soltanto di una zona a
scapito spesso di altre.
Per quanto riguarda le finanze, la
Conferenza si è rallegrata del fatto
che la contribuzione richiesta alle
chiese deh distretto^ siàf stata raggiunta, ma da varie parti si è fatto notare
che per raggiungere questo scopo le
comunità hanno contribuito al limite
delle loro capacità contributive.
In particolare, per quanto riguarda
gli Istituti di istruzione secondaria alle Valli, come giustamente ha fatto
notare la relazione della C. D., si ha
« l'impressione, e in qualche caso la
certezza, che le contribuzioni per questa voce siano state inviate più per
desiderio di non accrescere le già numerose preoccupazioni della Tavola,
che per cosciente e ponderata deliberazione di sostenere quegli istituti ».
Alcune chiese infatti pur riconoscendo ad altre opere una maggiore validità, per far fronte alle richieste della
Tavola per l’Istruzione, hanno dovuto
rinunciare a sostenerle. Comunque,
l’o.d.g. sull’argomento, più che su questioni finanziarie, ha voluto richiamare l’attenzione sul problema di fondo.
La Conferenza ha rieletto, a grandissima maggioranza, la Commissione
Distrettuale nelle persone di: Past.
Salvatore Ricciardi, pres., Anz. Armando Russo, vice-pres., Past. Ernesto Naso, segr.
Sono stati eletti deputati al Sinodo
i Signori: Armando Russo (Taranto),
Emilio Nitti (NapoU Vomero), Miriam
Castiglione (Cerignola), Angelo Angelino (Caivano), Domenico Introna (Bari). Supplenti, nell ordine: Franco Monaco (S. Giovanni Lipioni), Gaetano
Valentini (Tarantoi, Tommaso Lilli
(S. Giovanni Lipi< ;ii), Elda Ricciardi
(Napoli Vomero), Antonio Matacchione (Campobasso).
Sede della prossima Conferenza ordinaria: Campoba so. Predicatore di
ufficio: Ennio Dt Priore; sostituto:
Davide Cielo.
Se il compito d la Chiesa è di essere sale della ter a, la fede di ogni
comunità, la sua rbbedienza appare
dal servizio a cui . Signore Tha chiamata, e a cui cosiantemente ha bisogno di essere ricondotta, per dare, in
situazioni particolari, quella testimonianza incarnata che anticipa il Regno di Dio e, nell’attesa, lo annunzia.
Le chiese del V Distretto cercano di
muoversi, comunitariamente, sulla via
di questa difficile riscoperta di obbedienza alla Parola del Signore che vigila sui suoi deboli e fragili strumenti.
e.d.p.
FL ■'/, E. Del Priore, fatta propria dalla
C. 0. e pubblicata in appendice, la
Cor i crenza decideva di discutere nei
suoi vari punti la relazione della C.D.
invit.!ndo i membri dell’assemblea a
ripe i; are nei vari interventi le posi
zioni delle comunità, rinunciando così
ad uif esame specifico delle relazioni
delle chiese.
Le deliberazioni della Conferenza,
riportate a parte, rispecchiano l’andamenlo delle discussioni che quasi sempre lianno portato a proposte e a decisioni concrete. Il merito di questa
concretezza va in gran parte attribuito alla C. D. che nel corso dell’anno
ha .saputo vagliare e correggere, in
stretio rapporto con le comunità ed in
funzione di stimolo, le indicazioni e le
speranze che le venivano espresse, sintetizzandole.
Il 14 pomeriggio ed il 15 mattina,
prima del culto, presieduto dal Past.
S. Carcò, predicatore d’ufficio, che ha
parlato a tutta la comunità raccolta,
si è discusso sulla vita delle comunità, le opere sociali e le finanze. Il pomeriggio del 15, prima delle elezioni,
sul problema degli Istituti di istruzione alle Valli. Per mancanza di tempo
non si è discusso sul lavoro giovanile
del Distretto.
Disculendo la vita interna delle comunità, una particolare attenzione è
stata dedicata al culto. Pur concordando che è intorno al messaggio della
Parola di Dio che va costruita la comunità ed il servizio della comunità,
si è preso atto che questo messaggio,
recepito in chiave individualistica, finisce per non toccare tutto l’uomo,
non produce nelle comunità quel rav
«iMuiiiMuiiiniriMrïUMHMiiiiiirininttHHttHiMMii inni unni iMiMMinrMíliMtlltirniniMlHiMiuilHilHi
Esaminati ai Cniiegio Vaidese di Tirre Peiiice
gii alunni deHa Scnula Media per lavnraturi
"Pier Martire Vermigli,, di Zurign
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La Scuola Media per lavoratori
« Pier Martire Vermigli » ha inviato
22 suoi alunni a sostenere gli esami
di idoneità e di licenza presso la Scuola Media Valdese di Torre Pellice.
Essi erano accompagnati ed assistiti nella fase conclusiva della loro preparazione dalla prof. Heidi Frick Moccetti e dal Preside dott. Elio Eynard.
Ecco i nominativi e la provincia di
origine dei promossi:
Alla II: Arcangelo Andriani (Bari) Maria Luisa Belviso (Potenza) - Rodolfo De Martin (Belluno) - Pierino
Feruglio (Udine) - Carlo Marchione
(Chieti) - Giuseppe Mazzei (Cosenza) Ludovico Santoro (Salerno).
Alla III: Bruno Amadori (Forlì) Leonardo Mazzei (Cosenza) - Roberto
Tourn-Boncoeur (Rorà di Luserna).
Licenziati: Renato Bagato (Padova) Luigi Casagrande (Treviso) - Pasquale
D’Acunto (Salerno) - Luigi Foscaldi
(Cosenza) - Carlo Larcan (Palerrno) Ugo Mileti (Bergamo) - Italia Bimbo
in Salvador (Ancona).
Cogliamo l’occasione per ricordare
ai nostri lettori che la Scuola (serale-tsabato pomeriggio) di Zurigo svolge la
sua opera fidando sulla collaborazione
volontaria di dieci professori (cinque
svizzeri e cinque italiani) ed è un servizio reso, per amor di Cristo, ai fratelli immigrati nel Cantone di Zurigo.
La missione affidataci è oltremodo
gravosa, perché siamo tutti oberati da
pesanti responsabilità professionali.
Oltre le ore serali ed il pomeriggio del
sabato, nel corso del quale due Pastori impartiscono ben 4-5 ore di lezione,
ci sono i colloqui con gli alunni e le
sedute del Corpo insegnante. Tutti i
docenti sono evangelici fortemente impegnati nelle chiese di Zurigo e si sentono strettamente uniti e solidali nell’opera intrapresa.
La domenica 11 maggio, nel tempio di Torre Pellice, ha avuto luogo la festa di canto
delle Corali della Valle, era presente anche
quella di Torino. La nostra Comunità ha offerto un ricevimento a tutti i coristi, circa
180, nella luminosa ed accogliente sala da
pranzo del Convitto Valdese. Ringraziamo vivamente il direttore signor F. Girardet, la signora Correnti ed il personale per la gradita ospitalità.
Le nostre cinque Scuole Domenicali hanno
preso parte attiva alla festa di canto nel tempio di S. Lorenzo il 18 maggio, mentre l’Unione delle Madri si è unita alle altre per l’incontro annuale di Agape, incontro molto edificante, per cui tutte le partecipanti serbano
un grato ricordo.
Quarantasette membri deUa nostra Chiesa
con altrettanti membri deUa Chiesa di Lusecna S. Giovanni .hanno accolto con. gioia
l’invito della Comunità di Morges per un
breve soggiorno. Raggiunta la Svizzera il 31
maggio dal traforo del Gran S. Bernardo, breve visita a Losanna e festosa accoglienza sul
piazzale del tempio di Morges mentre le campane suonavano a distesa. Tutti i partecipanti sono stati accolti nelle famiglie ed i nostri
lanti (Eco-Luce, 2 maggio - i lettori ci scrivono) contrariamente a quanto numerose persone credono, non è dovuta alla mia penna.
Un appello rivolto ai giovani
per la creazione di una comunità aperta al servizio degli altri.
Centro DiaconalG
Sono aperte le iscrizioni al
Centro Diaconale che, a Dio piacendo, si aprirà nel novembre di
quest’anno. A richiesta viene inviato gratuitamente il fascicolo
con la descrizione dettagliata
del progetto. Per ulteriori informazioni e chiarimenti, iscrizioni, richiesta di documentazione,
rivolgersi a: Past. Alberto Taccia, 10060 Angrogna (Torino).
Quest’ultimo anno scolastico è stato particolarmente proficuo: pur essendo impegnati nel loro pesante lavoro (idraulici, muratori, sarte, falegnami, meccanici, parrucchieri) ed alcuni avendo le responsabilità familiari di padri e di madri, si sono impegnati in misura tale che quasi tutti
sono stati promossi ed alcuni con classifiche elevate.
Abbiamo ricevuto, oralmente e per
iscritto, incoraggiamenti e parole di
plauso per l'opera svolta e offerta di
contributi finanziari.
Anche se a stento, riusciamo a saldare i nostri conti, senza passivi. Tuttavia non vogliamo respingere le generose offerte e poiché la nostra attività
si svolge in stretta relazione con la
Scuola Media Valdese di Torre Pellice, invitiamo quanti ci vorrebbero
aiutare, e siamo loro vivamente grati,
di devolvere le loro offerte agli « Amici del Collegio» (c.c.p. 2/22861) a favore della Scuola Media di Torre Pellice
con la segnalazione a tergo « in segno
di approvazione per l’opera della Scuola "P. M. Vermigli”». E grazie!
Sciioh Latina di Pniiiaretto
A partire dal 1° e fino al 30 Luglio sono
aperte le iscrizioni alla 1“ per i lieenziati dalla
.scuola elementare nella sessione estiva.
I documenti da presentare sono i seguenti:
1) domanda di iscrizione in carta libera
firmata dall’interessato c controfirmata dal
padre;
2) certificato di nascita in carta libera;
3) certificato di rivaccinazione antivaiolosa e antidifterica in carta libera;
4) pagella o diploma di V elementare.
I documenti possono essere inviati anche
per posta alla direzione.
Scuola media del Collegio Valdese
Sono aperte le iscrizioni alla I Media. Sono
richiesti i seguenti documenti:
1) domanda in carta libera, firmata dallo
studente e contro firmata dal padre o da chi
ne fa le veci;
2) certificato di nascita in carta libera;
3) certificato di rivaccinazione antivaiolosa e antidifterica in carta libera; .
4) diploma di V elementare.
Risultati degli scrutini e degli esami :
Promossi in II Media: Albertengo Mauro,
Armand-Pilon Giorgio, Aurmand-Ugon Lia,
Bertinat Flavia, Bertinat Grazia, Bertot Sergio, Bigo Marisa, Bouvier Luciano, Del Pero
Roberto, Gaydou Cristiana, Giovenale Silvia,
Impiglia Massimo, Lazier Marc Albert, Malan Flavio, Michelin Salomon Valter, MoseUi Luciano, Pascal Daniela, Peyrot Patrizia,
Poet Ugo, Pons Silvana, Pontet Armanda,
Pontet Marco, Rivoira Giorgio, Taccia Enrico.
Promossi in III Media: Astegiano Paolo,
Bellion Marco, Bertot Renato, Brizzi Dario,
Catalin Valerio; Dema Edda, Dematteis Gabriella, Gallizio Luisa, Gonin Eros, Grand
Paola, Lincesso Ester, Long Renata, Monnet
Enrico, Mourglia Danilo, Negrin Enza, Peracchione Franco, Petarlin Giuseppe, Peyrot
Danielle, Piatti Paola,
Licenziati dalla III Media: Albarin Walter,
Alunni-Gubblotti Stefano, Armand-Hugon Sandro, Barotto Raffaella, Bergaglio Maria, Cogno
Ivana, Davit Daniela, Geymet Maria, Giaime
Fiorella, Ghirardi Osvaldo, Malan Fobrizio,
Monnet Luisa, Poet Lia, Rivoira Enzo, Roman
Viviana, Taccia Claudio, Viglianco Marco.
legami di amicizia, già in atto da vari anni
si sono ancora rinsaldati. Ricordiamo: l’interessante gita nella Valle di Youse fino aUe
« Grandes Roches », ricevimento nel Convitto moderno ed attrezzato per accogliere a turno, ogni anno gli alunni deUe scuole di Morges che in una cornice alpestre, pittoresca e
salubre possono riposarsi e seguire dei corsi
estivi di botanica, agricoltura, ecc.; a Ginevra:
alla Cattedrale di S. Pietro, al grandioso monumento della Riforma addossato alle antiche
mura deUa città di fronte aU’Università, all’aeroporto di Cointrin e alla sede del Consiglio Ecumenico delle Chiese, fonnato da
oltre 200 chiese protestanti, anglicane e ortodosse, che hanno deciso di unirsi nonostante le loro avversità dottrinali, storiche e culturali riconoscendo « un solo Signore, una
sola fede, un solo bottesimo, un solo Dio e
Padre di tutti gh uomini ».
Il ritorno si è effettuato attraverso il traforo del Monte Bianco e la Valle di Aosta.
I corsi di aggiornamento teologico vero e
proprio sono terminati alla fine di maggio,
ma gli incontri del sabato continuano ancora :
si studia e si discute il libro di Franco Giampiccoli « Perché la Bibbia».
Terminati anche i corsi di catechismo con
colloqui finali, alcuni personali, altri in
gruppo.
Gli alunni dell’Asilo hanno terminato la
scuola con un saggio di recite e canti e un
tè di beneficenza. Il Pastore Sonelli ha espresso la riconoscenza delle famiglie e del Concistoro all’insegnante, signorina Gardiol ed alla
giovane Paola Paschetto offrendo loro un
libro.
Durante l’A'ssemblea del 15 giugno sono
stati rieletti gli anziani Roberto Coïsson e
Franco Eynard ed il diacono Carlo Eynard e
si è udita la relazione del delegato dottor G.
Mourglia sulla conferenza distrettuale.
II nostro Concistoro ha preso parte con gli
altri Concistori ad un sereno e franco dibattito sul Collegio a Luserna S. Giovanni.
Nei locali di Villa Elisa è stato organizzato
un tè di beneficenza a favore delle opere sociali dell’Unione femminile.
L’ultima domenica di giugno il pastore
Franco Sommani ha presieduto il culto nel
nostro tempio. La Comunità lo ringrazia vivamente per il suo apprezzato messaggio « Or
dunque queste tre cose durano: fede, speranza
e carità, ma la più grande di esse è la carità »
(1 Corinzi 13: 13).
Alcune sorelle della nostra Chiesa hanno
avuto il privilegio di partecipare al Convegno femminile dell’Esercito della Salvezza a
Bobbio Pellice. L’incontro diretto dalla Capitana Longo è stato molto cordiale e molto
interessante. Si sono uditi i vari messaggi i
vari inni in un’atmosfera gioiosa. Abbiamo
realizzato una volta ancora che dove vi è
l’Esercito della Salvezza vi è gioia, entusiasmo, solidarietà e servizio.
Auguriamo al Pastore Sonelli ed alla sua
famiglia un buon soggiorno nella Valle di
Angrogna per un periodo di meritato riposo.
Battesimi: Cristina Rostan di Dante e Elena Bourne (Appiotti), Giuliana Geymet di
Bruno e Amalia Rivoira (Torino), Roberto
Monnet di Osvaldo e di Ottavia Chauvie.
Matrimoni. Si sono sposati; Bruno Jourdan
e Erica Ribotta, Bruno Bellion (Liuserna S.
Giovanni) e Viviana Jourdan.
Funerali. Hanno lasciato nel lutto i loro
cari: Enrico Eynard (Simounds), Ida Paschetto ved. Albarin (Villa II). Giuseppina
Mûris ved. Gonin (Simounds). Maria Chanforan ved. Pilone (Villa II), Giovanni Besson
(Coppieri), Emilio Giordano, (Villa II) Federico Benech (Asilo dei Bellonatti), Gustavo
Pasquet (S. Margherita), Ida Mourglia ved.
Pasquet (Coppieri).
A tutte le famiglie afflitte esprimiamo la
simpatia della Comunità.
Lina Varese
P. S. - Ed ora una nota di carattere personale: la risposta al candidato in teologia E.
Scarinci di una lettrice di Torre Pellice firmata L. V. : La Parola, lo Spirito e i tranquil
Béparto maternità
dell’Ospedale Valdese
lia O.I.O.V. rende noto che il Reparto Maternità presso l’Ospedale Valdese
di Torre Pellice è stato riaperto dal 6
luglio 1969.
Le gestanti che non sono accompagnate dalla propria Ostetrica sono tenute a sottoporsi alla visita di controllo da effettuarsi presso l’Ospedale di
Torre Pellice.
Per qualsiasi prestazione d’urgenza
è assicurata l’assistenza da parte dell’Ostetrica interna Sig.ra Irma Rampa.
La CJ.O.V.
ROBA
Come di consueto anche quest’anno
il BAZAR sarà organizzato nella Comunità di Rorà dall’Unione femminile in coUabor^one con l’Unione giovanile Domenica 10 agosto alle ore 15.
A VENEZIA
Foresteria Valdese
Possono essere ospitate circa quaranta persone.
La foresteria si trova nel piano nobile del
monumentale Palazzo Cavagnis (del XVI secolo), ed i posti letto sono così suddivisi : tre
stanze a due letti, una a quattro, tre camere
grandi con vari lettini a castello particolarmente adatti per comitive.
La foresteria, che vuole essere un luogo
di incontro tra gli evangelici italiani e stranieri che desiderano conoscere più da vicino
l’opera della Chiesa Valdese o trascorrere un
periodo di riposo, si presta bene a convegni
di studio, conferenze, soggiorni per catecumeni, pastori, gruppi comunitari o famiglie.
Grazie all’impianto centrale di riscaldamento,
la foresteria è aperta tutto l’anno.
È possibile, oltre al pernottamento (L. 1.000
a persona), avere anche la prima colazione
(L. 300).
Per ulteriori informazioni e prenotazioni si
prega di scrivere a : Pastore Giovanni Scuderi - Castello 5170 Venezia 30122. Telefono 27.549.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del compianto
Bartolomeo Arnoul
ringrazia il Pastore Renato Coisson, il
Dottor De Bettini e coloro che sono
stati vicini nella dolorosa circostanza
della scomparsa del loro Caro.
Angrogna, 26 giugno 1969.
AVVISI ECONOMICI
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6
pag. 6
N. 28-28 — 11 luglio IQe»
Notiziario
Evangelico
Italiano
VIAGGIO IN CECOSLOVACCHIA
a cura di Renato Balma
DAIXE CHIESE DEI FRATEIXI
In un inserto speciale del uumero
di giugno del « Cristiano » VUnipne
Cristiana Edizioni Bibliche, dopo un
consuntivo del lavoro che svolge da
oltre vent’anni, propone un potenziamento della sua attività. « Le richieste
di N. T., di porzioni e di trattati si
fanno sempre più numerose e più pressanti. Per poterle soddisfare tutte e
conseguire così lo scopo di evangelizzare "il mondo”, e, nel nostro caso,
l’Italia, rUCEB ritiene indispensabile
ed urgente l'interessamento e la comunione di tutti i credenti in modo
impegnato e costruttivo, al suo lavoro ed alle sue responsabilità. Per raggiungere questo fine si propone la costituzione della UCEB in Associazione
religiosa e culturale con soli fini spirituali ». Chi si assocerà godrà di sconti speciali e potrà partecipare ai Convegni annuali della associeizione stessa.
— Dal 2 al 5 aprile si è svolto a Pesaro un programma di conferenze tenute in piazza del Popolo e nei locali
del Circolo culturale 'Salvemini'. Le
conferenze che vertevano su « Il dij
lemma dell’uomo mderno », « Perché
soffriamo », « Il nuovo governo che
presto verrà » e « La contestazione
nella nostra società » sono state tenute rispettivamente da Stefano Carruthers, Gioele Baldari, Richard Paul e
Mosè Baldari.
DALL’ESERCITO DELLA SALVEZZA
Si stanno svolgendo a Bobbio Pellice e a Borio d'Ischia le colonie montana e. marina che ogm anno r^colgono varie diecine di ragazzi (a Fono
vi sarà ancora, in agosto, un secondo
turno per bambine); Negli stessi c^tri si terranno in agosto dei cawipi bu
Mici. In concomitanza con queUo di
Bobbio Pellice, si terrà a Bobbio la
consueta missione sotto la tenda (con
riunioni pomeridiane a Torre Pellice),
alla quale parteciperanno il colonnello e la signora Tzaut.
A Castelvetrano, nel Trapanese, e
stata aperta al culto una nuova sala
di riunioni, greuide e accogliente; e le
prime adunanze hanno registrato una
gfflnpnza elevata, che ci si augura continui.
(continua da pag. 1 )
raie di un uomo contava di più o almeno altrettanto quanto i suoi eventuali meriti di Partito. Insomma, nessun settarismo ideologico e nessun assolutismo politico, ferma restando —
come già s’è detto — la fondamentale
impostazione socialista del regime. Si
può ravvisare in questa tendenza di
Dubcek a valorizzare le qualità morali
dell’uomo anche al di là (entro certi
limiti) del suo credo politico o meglio
della sua ortodossia di Partito, un riflesso della sua educazione protestante: Dubcek proviene da una famiglia
luterana della Slovacchia, anche se
personalmente egli non è credente.
D’altra parte questa sua tendenza va
anche intesa come una reazione al
fatto che Ano al ’68 l’appartenenza e
la fedeltà al Partito comunista costituiva il massimo merito civile e la condizione indispensabile per occupare
posizioni di rilievo nella vita pubblica.
Oggi è di nuovo così. Il Partito è onnipotente: basti pensare che nelle fabbriche tutti i membri della Direzione
e tutti coloro che esercitano funzioni
direttive a diversi livelli devono essere
membri del Partito. L’appartenenza al
Partito diventa così sovente una necessità economica assai più che una
scelta ideale.
I RUSSI
Una seconda impressione, molto netta, riportata dalla Cecoslovacchia è
che la popolazione è fortemente risentita e violentemente ostile ai russi. Ci
è stato detto persino : « C’è oggi nel
popolo più avversione verso i russi di
quanto ce ne fosse verso i tedeschi
dopo l’invasione del ’39. Perché se nori
altro nel ’39 sapevamo che i tedeschi
erano nostri nemici; invece i russi
erano —almeno ufficialmente — nostri
amici». Un tradimento, dunque, un
sopruso iniquo, una sopraffazione, e
per di più da parte di un « paese fratello » : così, la grande maggioranza dei
cecoslovacchi (non tutti, s’intende)
considera l’intervento russo dell’agosto
scorso.
Alla presenza dei russi è fatta risalire, in generale, la responsabilità maggiore del disagio, delle difficoltà politiche ed economiche, del diffuso malcontento e anche della sfiducia oggi
presenti nell’animo cecoslovacco. Se le
cose non vanno — questa è l’opinione
di molti — la colpa è dei russi che
hanno stroncato il « nuovo corso » e
che sfruttano economicamente il paese e lo opprimono politicamente. A
questo proposito va notato che l’ostilità verso i russi e in taluni anche
verso il comunismo di marca russa
non s’accompagna — così almeno ci è
parso — a una avversione per il sistema socialista. Non ci è sembrato che
l’assetto socialista (o quel che è) dell’attuale società cecoslovacca sia messo in questione e che si auspichi un
sistema sociale interamente diverso.
In particolare non abbiamo incontrato
dei « nostalgici » favorevoli a una restaurazione o all’introduzione di un
sistema politico-sociale di tipo occidentale. Va ricordato che a Monaco, nel
1938, la Cecoslovacchia fu vergognosamente tradita dall’Occidente : neH’illusione di « salvare la pace » — come
si diceva allora — Francia, Italia e Inghilterra hanno letteralmente venduto
la Cecoslovacchia a Hitler. Anche per
questo i cecoslovacchi diffidano delle
« potenze occidentali ». D’altra parte è
un fatto che, specie fra i giovani, quasi per reazione alla pressione ideologica che devono subire nelle scuole e
altrove, vi è oggi un diffuso disinteresse per la politica, che rischia di sfociare in un atteggiamento politicamente qualunquistico.
E la Cina? Non sembra godere di
particolare simpatia, forse anche per
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
ISotiziario
ecumen ico
a cura di Roberto Peyrot
EVANGELICI COLOMBIANI
CHIEDONO
L’INTERVENTO DEL CJl.C.
CONTRO IL CONCORDATO
Bogotá (soepi). - Gli evangelici conservatori della Confederazione delle Chiese evangeliche della Colombia hanno chiesto al pastore
Blake, segretario del C.E.C. di intervenire
presso Paolo VI per convincerlo ad annullare
il concordato del 1887 fra la Colombia ed u
Vaticano.
Gli evangelici conservatori, in una lettera
al pontefice romano hanno anche chiesto che
il trattato sulle missioni del 1953 firmato fra
la Colombia ed il Vaticano venga soppresso.
Questa lettera precisa che gli evangelici
«pongono tutte le loro speranze nel vostro
spirito ecumenico ». Aggiungono poi che « le
circostanze che hanno portato all applicazione
di detti due accordi sono oggi superate »
c che pertanto « occorre annullare questi oc
Il concordato del 1887 dichiara che la
Chiesa cattolica romana è la religione ufficiale della Colombia, essendo un elemento essenziale per l’ordine sociale che deve essere
protetto dalle pubbliche autorità.
Il trattato sulle missioni conferisce alle missioni cattoliche un’autorità speciale nei « territori missionari », che costituiscono la maggior parte della Colombia.
La lettera al papa è firmata dal pastore
Ortiz, presidente della Confederazione evangelica: quattro altri responsabili hanno af^rinato essere ingiusto che l’attività della Confederazione sia retta dagli articoli di due « documenti sorpassati che minano i fondamenti
ecumenici della Chiesa ». Viene inoltre chiesto al papa di prendere in considerazione
l'art. 53 della Costituzione colombiana che garantisce la libertà di coscienza e la liberta religiosa.
LE CHIESE
E LA SICUREZZA EUROPEA
Ginevra (soepi). - Un gruppo di «Uidi della
Conferenza delle Chiese Europee (KER) ha
discusso a Ginevra sulla sicurezza europea,
sotto la presidenza di un membro conservatore del parlamento britannico. ,,
Questo gruppo, nato un anno fa colla Lonferenza cristiana per la pace, ha studiato divcr.si aspetti del progetto di conferenza europea al vertice, già presentato in occasione della KEK del 1967. Più di recente, i paesi del
patto di Varsavia hanno suggerito una conferenza similare avente sempre per tema la sicurezza europea. .
Una riunione della KEK sul «ministero
delle Chiese in Europa per la pace e la riconciliazione internazionale » riprenderà la questione in novembre a Gwatt (Svizzera).
Un portavoce della Conferenza ha annunciato che la sezione di studio si ritroverà in
settembre per preparare il materiale di discussione e mettere a punto le raccomandazioni
relative ai problemi della sicurezza europea.
IL CONGRESSO CLANDESTINO
DEL PARTITO COMUNISTA
CECOSLOVACCO
Ebbe luogo il 22-8-1968 (cioè all’indomani dell’occupazione della Cecoslovacchia da
parte degli eserciti del Patto di Varsavia) in
una fabbrica di Praga, ma fu successivamente invalidato a seguito delle pressioni sovietiche. Una nuova rivista italiana di vigorosa
ed alta critica marxista, diretta da Lucio Magri e da Rossana Rossanda, « Il Manifesto »„
nel suo primo numero (giugno c. a.), pubblica
una serie di documenti inediti di grande interesse, emanati da quel congresso e definiti
« Materiali preparatori del XIV congresso del
PCC ». Ne riportiamo alcuni punti salienti
(Gli asterischi sono nostri: serviranno a localizzare alcune nostre personali osservazioni).
« Un partito comunista, che formula il proprio programma a lungo termine in una situazione particolare, mentre così si va liberando dalla deformazione staliniana, burocratica
del marxismo e del socialismo, deve anzitutto chiarire come intenda i problemi della liberazione. dell’uomo nella società socialista e
comunista; deve sviluppare i valori fondamentali del marxismo e del movimento rivoluzionario, dando una piattaforma ideologica
alla propria attività pratica.
Nella concezione marxista, socialismo e comunismo non sono un obiettivo fine a sé stesso o terminale della storia, ma un mezzo di
umanizzazione, cioè di soddisfazione e di sviluppo ottimali delle esigenze dell’uomo al più
alto grado di civiltà e di cultura. Il socialismo è una società che nasce come superamento generale del capitalismo avanzato (il
sistema più sviluppato di sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo) e crea le premesse sociali di base per la liberazione dell’uomo. Il comunismo è un mezzo fondamentale che permette agli uomini di realizzare il
massimo della libertà. “La liberazione dell’uomo è dunque il senso fondamentale del socialismo e del comunismo" *.
La libertà della persona non può esser ridotta ad “accettazione di una necessità"; al
contrario è basata sulla libera scelta di un attività, naturalmente in rapporto al grado di
sviluppo delle condizioni generali che, in certa
misura, ne permettono o impediscono il libero
svolgimento,
I fondatori del marxismo sono partiti dal
presupposto, che per conseguire gli stadi più
elevati della libertà e per eliminare le disuguaglianza sociale: tra gli uomini, occorre non
solo l’eliminazione delle forme dirette del sistema capitalistico, ma il superamento del potere
alienante delle cose sugli uomini e della divisione del lavoro, da cui nascono le contraddizioni di classe. Questa visione marxista si
contrappone frontalmente alle concezioni del
socialismo vigenti nel passato e al presente,
che tendevano o tendono al livellamento delle
individualità umane ad un dato stadio sociale,
ignoravano o ignorano la necessità di un elevato sviluppo di civiltà e di cultura proprie
della società socialista e comunista, come
condizione basilare per conseguire la libertà *.
Concezioni di questo tipo erano e restano tuttora profondamente estranee ad un'impostazione marxista. “Il marxismo ha scoperto le forze motrici dell’emancipazione dell’uomo"*.
(...) La concezione marxista della libertà si
basa sulla totale liberazione di ciascun membro della società; non significa perciò “socializzazione della miseria"; è al contrario, “socializzazione del benessere . Il benessere in
una società di questo tipo non è fine a sé stesso, costituisce soltanto la premessa indispensabile alla completa liberazione di ciascuno e
con essa all’arricchimento e potenziamento
dei rapporti tra uomo e uomo (...). Il so
cialismo come sistema di rapporti sociali è
stato però, nel modello finora vigente e che si
era affermato anche da noi, inteso e realizzato
come puro rifiuto, negazione delle forme sociali del capitalismo. Era stato ridotto a mera
statizzazione della proprietà capitalistica, ad
una gestione burocratica dell’economia e ad
un sistema politico - autoritario monolitico.
Queste misure non .sono sufficienti per definire il socialismo. In questi limiti di rapporti
sociali né classe operaia, né i contadini, ne
gl’intellettuali possono svilupparsi come creatori di nuovi rapporti tra gli uomini * ».
A queste affermazioni, si possono fare delle
critiche sotto prospettive assai diverse. I marxisti d’ispirazione sovietica, ad es., qualificheranno senz’altro sbagliato il rigetto dell’esperienza socialista deU’URSS che emerge da
quanto sopra particolarmente nei punti segnati con un asterisco), e confermeranno la
denuncia, ben nota, di « pericolo di ritorno al
capitalismo ». I marxisti d’ispirazione cinese
considerano il tutto come una diatriba interna dei revisionisti. Non parliamo dei capitalisti o dei liberali, la cui critica non c’interessa.
Invece c’interessa al massimo la critica che
può e deve fare il credente, secondo il quale
le « forze motrici dell'emancipazione dell’uomo » sono d’origine diversa, precisamente d’origine extra-politica, o meglio meta-politica
(perché trascendente): la loro origine infatti
è in Colui che disse « La verità vi farà liberi ».
Detto questo, esprimiamo la più viva, la più
profonda simpatia per ogni ricerca sincera ed
obiettiva, cioè per coloro che si sforzano di
pensare con la propria testa anziché con la
testa degli altri.
CHI COMANDA IN CINA?
« Sono passati due mesi dalla fine del
congresso del partito comunista cinese (1-24
aprile) e non si sa ancora chi sia il presidente della repubblica, al posto di Liu Sciao-ci,
e nemmeno quale sia la composizione del governo (...). Come si spiega questo ritardo nella definizione del gruppo dirigente? Non sarà,
per caso, che in Cina la lotta politica e tuttora
aspra, che la partita per il potere rimane
aperta?
I “filo-cinesi", imperturbabili come sempre
rispondono che se si fosse trattato di cambiare un presidente della repubblica, nel modo dei “moderni revisionisti", le cose non
sarebbero andate tanto in lungo: Mao riuniva
il comitato centrale, poi il parlamento, affare
fatto (e senza “congiure di palazzo" tipo l’abbattimento di Krusciov a Mosca). Invece il
disegno era un altro: “creare il disordine
perché fossero le masse a conquistare il potere, non un burocrate al posto di un altro, e
perché dalla lotta politica venisse fuori un’intera generazione di "successori non il successore".
Sarà, eppure Mao ha fatto scrivere nello
.statuto del partito che "il successore è Lin
Piao, quasi si trattasse, di una monarchia, e
non si vorrà negare che c cosa piuttosto insolita. Altrettanto discutibile, quanto meno, il
numero preponderante dei tnililari nell unico
organismo di vertice finora noto e controllabile. l'ufficio politico del partito (21 titolari
e 4 supplenti). Per il comitato centrale si può
ammettere che i nomi nuovi sono parecchi,
ma per lo più sconosciuti. Gli esperti di
Hong Kong hanno fatto diversi calcoli, e in
genere concludono che almeno il 40 Vo dei
membri del C.C. sono militari; la percentimle
è piuttosto alta. Come sfuggire all’impressione
che non si tratti di una “dittatura burocratico-militare”, come dicono i sovietici? ».
(Da un articolo di Luciano Vasconi pubblicato su « L’Astrolabio » del 29-6-1969).
ché le uniche informazioni sulla Cina
di cui i cecoslovacchi dispongono sono
quelle diffuse da Mosca. Comunque
l’unico aiuto che i cecoslovacchi pensano di poter ricevere dalla Cina è
questo : combattendo la Russia, i cinesi possono contribuire ad alleggerire la pressione russa sui paesi dell’Europa orientale. Quanto alla « rivoluzione culturale » non solleva grandi
entusiasmi: un interlocutore osservava però che la « rivoluzione culturale »
aveva questo di giusto, che una rivoluzione per essere veramente tale, deve
anche creare nuovi valori morali. Da
notare infine che i pensieri di Mao
non sono in circolazione: il libretto
rosso non è in vendita.
DOVE IL SOCIALISMO?
Una terza impressione, che in realtà
è una domanda che abbiamo posto e
ci siamo posti, senza per altro riuscire
a dare una risposta sicura, può essere
così formulata: la Repubblica Socialista Cecoslovacca è socialista di fatto o
solo di nome? Se per socialismo si intende la partecipazione popolare alla
gestione del potere e al godimento delle risorse di un paese, non esitiamo a
dire che in Cecoslovacchia non abbiamo riscontrato né Luna né l’altra. Chi
comanda in Cecoslovacchia non è il
popolo ma il Partito, e il Partito non
esprime il popolo, non esprime neppure la classe operaia e comunque non
ne è affatto controllato. Sul piano sociale è naturale che il comuniSmo abbia portato un certo livellamento economico e abbia eliminato certe intollerabili disparità (che abbiamo ad
esempio in Italia) tra chi vive nella
ricchezza più sfacciata e chi sopravvive nell’estrema miseria: ciò non toglie che in Cecoslovacchia i direttori
di fabbrica (che, dopo i membri del
governo, sono i cittadini meglio pagati) hanno unò stipendio cinque volte superiore a quello degli operai, e
che ci sono anche li; i pochi che — ad
esempio — viaggiano in automobili di
lusso e i molti che non posseggono
l’automobile. L’uguaglianza sociale è
anche lì piuttosto approssimativa.
(Notiamo tra parentesi, dato che vi
abbiamo accennato, che le automobili
in Cecoslovacchia sono carissime: ad
esempio la « Skoda 1000 » che su per
giù corrisponde alla «Fiat 1100» italiana, costa un milione e 800.000 lire,
cioè quasi il doppio della « Fiat llOO » ;
non solo, ma occorre aspettare tre anni, dal giorno della prenotazione, per
entrarne in possesso ; la stessa « Fiat
850» — se he vede qualcuna — costa
lì. oltre 2 milioni; e si potrebbe continuare, verso prezzi sempre più astronomici). Il comuniSmo ha anche creato fra i cittadini un certo senso di pari dignità sociale, in quanto tutti, direttamente o indirettamente, dipendono dallo Stato e le classi, almeno ufficialmente, sono scomparse con la
scomparsa della proprietà privata dei
tualistici pare che funzionino moltobene, come pure, in genere, l’organizzazione sanitaria. Lo stipiendio medio
di un operaio è di 80.000 lire mensili;
il costo della vita ci è parso leggermente inferiore al nostro, almeno per
i generi di prima necessità. Gli stipendi delle donne sono inferiori a
quelli degli uomini, anche a parità di
prestazioni. Le spese di affitto sono inferiori alle nostre ma c’è grande scarsità di alloggi. Ci è stato riferito il
caso di coppie di sposi che, dopo il
matrimonio, continuano a vivere ciascuno presso i propri genitori, fino al
momento in cui possono disporre di
un alloggio per sé. Effettivamente l’edilizia è stata trascurata dal governo;
non si vedono molti cantieri né rnolte
costruzioni nuove, tranne che alla periferia delle grandi città.
In sostanza, per quanto concerne
l’assetto sociale del paese, si può dire
che in Cecoslovacchia il capitalismo
privato di tipo occidentale è stato sostituito da un capitalismo di Stato,
con un esito che almeno allo stato attuale delle cose e per quel che abbiamo potuto vedere e capire, non ci è
parso molto brillante. Sul piano propriamente politico, una partecipazione
popolare alla gestione del potere non
ci sembra sussistere: è il Partito che
conta e che decide.
Un aspetto particolarmente deprimente della vita cecoslovacca è il mercato nero della valuta occidentale. Se
cambiate 10.(K)0 lire in denaro cecoslovacco presso la Banca dello Stato ( che,,
si capisce, è l’unica che esiste, datoche, come tutto il resto, anche le banche sono state nazionalizzate), riceverete 252 corone (la corona è Tunità
monetaria cecoslovacca). Ma al mercato nero, per 10.000 lire, riceverete
700 corone: quasi tre volte tan*:i. Se
poi andate alla Banca dello Stato per
Convocazione
del Corpo pastorale
Il Corpo pastorale è convocato a Torre Pellice, nella Cava
Valdese, giovedì 31 luglio aile
ore 9,30 per Tesarne di fede dei
candidati al ministerio. Il g-ovedi successivo, in località che
saranno fissate in quelToccas-one, si terranno i sermoni di
prova.
Achille Deodaio
Vicemoderatore
della Tavola Valdese
Il Ponte Carlo
e le torri di Praga
mezzi di produzione ; ma c’è da chiedersi se la burocrazia (dello Stato e
del Partito) non costituisca, tutto
sommato, una nuova classe in una società che si vuole senza classi. Anche
la cosiddetta « democrazia operaia »
che dovrebbe esistere all’interno delle
fabbriche e dovrebbe anzi contraddistinguere un sistema socialista, non
esiste: non ce n’è neppure l’ombra.
Tutto è deciso e pianificato dall’alto,
cioè, in sostanza, dal Partito. « Una
piccola percentuale ha il potere e decide per tutti », diceva un operaio. Clli
operai non hanno il diritto di costituirsi liberamente in assemblee di fabbrica: possono riunirsi solo se convocati
dal Sindacato o dal Partito. I sindacati rappresentano la direzione, non i
lavoratori. L’anno scorso, con Dubcek,
gli operai avevano cominciato a formare dei gruppi di loro rappresentanti
che disponevano di notevoli poteri decisionali ; ma dopo l’occupazione russa
tutto questo è stato soffocato. Conie in
Russia, sì anche in Cecoslovacchia lo
sciopero è vietato. La tesi ufficiale secondo cui lo sciopero non ha ragione
di essere perché in un sistema socialista non c’è motivo di scioperare, è ridicola per non dire cinica. Gli olirai
lavorano in genere 40 ore per settimana e hanno tre settimane di ferie all’anno. I sindacati dispongono di molte case per ferie dove operai e impiegati possono trascorrere parte delle
loro ferie gratuitamente. I servizi mu
comperare — poniamo — 10.000 li? e, lepagherete non già 252 corone, m;i 550
corone: più del doppio di quel che loStato vi dà per la stessa cifra. Uno dei
motivi per cui il mercato nero della
valuta occidentale è particolarmentefiorente è questo: se un cittadino cecoslovacco vuole venire in vacanza —^
poniamo — in Italia, sarà la Banca di
Stato, non l’interessato, a decidere la
somma di lire italiane che egli puòportare seco in Italia; questa somma
è sempre irrisoria, appena sufficiente a
vivere uno o due giorni alTesterc., Ma
la Banca non ne vende di più. L’interessato deve perciò comprare il danaro di cui ha bisogno al mercato nero
che, naturalmente, è quanto mai florido.
Una parola ancora sulla scuola. Ci
sono nove anni di scuola d’obbligo. I
libri (esclusi quelli per l’Università)'
sono forniti gratuitamente agli alunni, ma devono essere restituiti alla
scuola al termine degli studi. L’Università è gratùita (tranne i libri); i
posti però sono limitati. Il tipo di didattica sembra essere piuttosto tradizionale. La scuola tende, in genere, a
una formazione culturale di tipo tecnico-scientifico più che umanistico. Sta
scritto nella Costituzione che la cosiddetta «visione scientifica» (cioè
marxista) del mondo è normativa per
l’insegnamento. Per questo diversi insegnanti cristiani nelle scuole secondarie, dopo l’avvento dei comunisti al
potere, hanno perso il posto oppure
sono stati retrocessi all’insegnamento
nelle scuole elementari.
Il servizio militare, obbligatorio, dura 24 mesi.
« «
Concludendo diremo che se il compito storico del socialismo è di risolvere o di porre rimedio a taluni grossi
problemi presenti nelle società a economia capitalistica (come la nostra)
— problemi che la classe borghese
non sembra, almeno finora, in grado
di risolvere —, il tipo di socialismo
(o quel che è) che abbiamo visto in
Cecoslovacchia non ci è parso, nelTinsieme, offrire soluzioni soddisfacenti
o in qualche modo accettabili.
Paolo Ricca
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)