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F
ECO
DELLE YAUl VALDESI
biblioteca valdese
10066 TOARE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 110 - Nam. 5 ABBONAMENTI | L. 3.500 per l’interno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TORRE PELLICE - 2 Febbraio 1973
Una copia Lire 100 l L. 4.500 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 100 1 Amxn.: Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
FEBBRAIO VALDESE
Il “17”: allaiiiame l’orizzonte nel contesto
di una lunga e ricca storia cristiana
La possibilità
nell’impossibile
Da alcuni decenni le comunità
valdesi dedicano il mese di febbraio ad un ripensamento della
propria storia. Questa abitudine
si è ormai così radicata che, a livello popolare, la data del XVII
febbraio ha finito col diventare
uno dei momenti della vita della
fede stessa, il momento che definisce e qualifica una fede evangelica valdese: Natale e Pasqua sono
« feste » cristiane, il XVII è « la
festa » valdese. Tradizione questa
a cui è difficile sottrarsi; le prese
di posizione che si sono avute nel
corso degli ultimi anni su questo
tema, gli appelli ad una riflessione
più profonda del significato della
presenza valdese oggi, le esortazioni a dare un carattere evangelico,
di ripensamento a questo momento dell'anno ecclesiastico hanno
suscitato paure ed apprensioni più
che approvazioni. Molti credenti
hanno avuto l’impressione che si
volesse colpire ed annullare uno
dei momenti essenziali della comunità stessa e si sono irrigiditi
assumendo posizioni di reazione.
In realtà il discorso sul XVII, e sul
suo significato, non era sbagliato,
e non erano sbagliate alcune delle
critiche che venivano mosse agli
aspetti più folkloristici della manifestazione; era forse impostato
male. Si voleva cioè « cambiare »
lo spirito del XVII, rinnovarlo,
orientarlo in modo nuovo, in realtà il XVII è quello che è: un momento di commemorazione popolare di una data della storia recente, che il popolo valdese ha sentito come una liberazione. Si tratta
invece di « superare il XVII », di
allargarne l'orizzonte, di ridimensionarlo nel contesto della storia
di una fede cristiana molto più ricca e profonda.
UN MOMENTO
DI STORIA
Il primo allargamento deve avvenire nel senso della storia: il
febbraio del 1848 è solo un momento del passato valdese, importante sì e significativo ma parziale. La storia delle comunità valdesi è molto più antica del 1848, si
estende su un arco di tempo molto più vasto. Troppo spesso la celebrazione di quella data lascia la
impressione che la storia valdese
cominci lì e prima ci fosse il vuoto. Non a caso alcuni catecumeni
di una comunità delle Valli, da me
interrogati, erano convinti che la
loro comunità esistesse da quella
data soltanto, avesse cioè poco più
che un secolo di vita.
Si tratta di vedere che le realtà
della testimonianza valdese vanno
molto al di là della libertà di coscienza e dei diritti civili, vi sono
secoli di storia che contengono tesori di insegnamento, esempi di
vita, segni di fedeltà che aspettano
solo di essere studiati e scoperti.
Prima del '48 ci sono le persecuzioni, l’esilio, i martiri, ma non
solo quello, ci sono i barbi del
Medio Evo, c’è l’esempio di Valdo,
ci sono le meravigliose invenzioni
delle comunità della dispersione
europea del movimento valdese.
Tutto questo appartiene alla tradizione valdese, al nome stesso di
« valdese », ne è parte integrante,
non solo, ma oggi il periodo della
storia passata che suscita maggiore interesse non è quello di Arnaud o di Beckwith ma proprio
quello di Valdo. Sempre più e da
parte di persone sempre più nu
merose si va riscoprendo il significato e la lezione del valdismo
medievale, di quella parte cioè del
nostro passato che abbiamo studiato meno o forse, è più esatto
dire, che i valdesi hanno « sentito » meno come espressione autentica della loro fede cristiana.
UN MOMENTO
DEL CRISTIANESIMO
Allargare le celebrazioni del
XVII al passato significa anche allargare la visione dei credenti vaidesi in una dimensione ecumenica. Troppo spesso si è considerata
la vicenda valdese come qualcosa
di limitato ad una esigua minoranza di cristiani, sino a pochi anni fa
considerati e giudicati eretici. La
storia valdese era la storia dei
Valdesi, accanto a loro stavano i
cattolici, gli ortodossi, i quaccheri
e gli anglicani, tutti con la loro
storia. Ognuno a casa sua, ognuno
per sé. Se una lezione ci viene dal
rinnovamento ecumenico è la coscienza che la storia valdese non
è la storia dei Valdesi ma una pagina della storia della Chiesa di Gesù Cristo, una pagina della storia
cristiana, della vicenda dei cristiani alla stessa stregua delle vicende
di sant’Agostino o di papa Innocenzo III, di Francesco d’Assisi o
di Luther King. Non esiste la storia di una chiesa accanto a quella
delle altre chiese, esiste un’unica
storia, quella dei credenti di Gesù
Cristo. Perciò è del tutto errato
considerare le tappe della storia
valdese, la conversione di Valdo,
le Pasque Piemontesi, il sinodo di
Chanforan, l’emancipazione del
'48 come degli avvenimenti che interessano i Valdesi soltanto, come la loro storia, sono pagine luminose o tristi, gioiose e dolorose
della storia della Chiesa tutta, del
Cristianesimo in Europa.
UN’ESPERIENZA|
PER TUTTI ^
La visione della storia valdese
deve però essere allargata anche
in un terzo sensojfnel suo significato. Non basta j riscoprire tutta
l’ampiezza della storia di ieri o saperla vedere nel quadro della Chiesa tutta, bisogna prendere coscienza del fatto che il nostro passato
ha un significato non solo per noi
ma per tutti, è patrimonio di tutti, è lezione di vita per tutti i credenti. La scelta di Valdo non è solo un momento della storia cristiana del 1200, allo stesso modo
delTesperienza di Francesco: è una
lezione che si impone oggi a noi
come un richiamo. Tutti gli storici della Chiesa ricordano certo il
mercante di Lione ma parlano di
lui in due modi: per dire che la
sua è stata una scélta sbagliata, o
per dire che fu uria scelta evangelica autentica, per dire che ebbe torto o per dirè che ebbe ragione. È evidente che come credenti
della comunità valdese di oggi noi
riaffermiamo che ebbe ragione,
ma questo significa che il suo
esempio permane valido, che merita di essere letto ed interrogato
anche oggi, che non fa parte delle
vicende archivia e ma delle^ vicende aperte nella stona della Cfiiesa.
E quell interesse per la storia
del valdismo medrivale di cui si è
detto nasce proprio dall’attualità
delle sue proposte di vita, dalle
sollecitazioni e dagli stimoli che
derivano da esso. Studiarlo significa trovare esempi per l’oggi.
In questo senso la celebrazione
della « festa valdese » deve essere
ridimensionata, deve cioè trovare
il suo posto in una visione molto
più ampia della vicenda valdese
per aiutarci a scoprirne l’attualità
e la lezione.
Giorgio Tourn
Senza voler creare frontiere fra buoni e malvagi, chè solo Iddio conosce gli
uni e gli altri e in più dinnanzi a Lui
nessuno è buono, è un fatto che siamo
ormai da tempo entrati in un sistema
omicida che si ingigantisce sempre di
più man mano che l'impresa privata
vien sostituita da enormi complessi
monopolistici plurinazionali. L’enorme
produzione di armamenti, oltre a rendere sempre più difficile la liberazione
degli oppressi, diviene elemento essenziale nell’impiego dei capitali e, conseguentemente, della manodopera. Nei
soli Stati Uniti di America più di sette
milioni di operai lavorano nella fabbricazione di armi. È una macchina che
nessuno riesce ad arrestare e nella sua
pazza corsa travolge tutta l’umanità.
Un numero limitato di persone — anche se si tratta di varie centinaia di
milioni comprendenti non pochi operai — ne gode grandi benefici o benefici limitati a spese di una marea enorme, sempre crescente, di esclusi spogliati di tutto, non solo nel terzo mondo ma anche ai margini delle grandi
civiltà metropolitane. Si direbbe che
Pastorato ieri e oggi
La Facoltà di teologia
leggere nell’interno
la pagina curata
dalla F.F.V.
gli uomini abbiano creato un sistema
che nel suo sviluppo è destinato inevitabilmente a distruggerli, ed al tempo
stesso siano incapaci, ormai, di fermarlo per invertirne la impostazione
e la marcia. Ma sono cose troppo note
a molti, ed anche oggetto di propagande opposte per alienare gli altri dalla
realtà apocalittica che ci sta dinnanzi.
I tempi corti a disposizione rendono
sempre più tragica la situazione
umana.
Il maggior numero di cristiani, di
nome o di fatto, vive nei paesi capitalistici o in quelli socialisti che ne hanno assimilato in gran parte il sistema
(armamenti, società di consumo, politica imperialista). In questi paesi i cristiani hanno ben poco da dire, sia perché troppo rivolti esclusivamente ad
una pietà personale che li impegna alla loro propria salvezza, sia perché co
Il CEC ha wnduto le azioni ohi leteaeva
nelle sncietà operanti nell'Africa anatrale
Ginevra, 22 gennaio (soepi) - Il Consiglio ecumenico delle Chiese ha pubblicato oggi l’elenco delle 650 società
che procedono direttamente a investimenti nell’Africa australe o commerciano con essa. Ha annunciato contemporaneamente di aver venduto tutte le
azioni che deteneva nelle società figuranti in quest’elenco, per un ammontare globale di un milione e mezzo di dollari (un po’ più di novecento milioni di
lire).
Il primo elenco — altri seguiranno
— comprende società statunitensi, inglesi, olandesi e svizzere; è stato distribuito la settimana precedente nel corso della riunione semestrale del Comitato esecutivo del CEC, a Bangalore
(India), ma l’annuncio è stato dato più
tardi dalla sede del CEC a Ginevra.
Questa decisione è stata presa nel
quadro delle istruzioni date al suo direttore finanziario, Frank Northam, dal
Comitato centrale — organo direttivo
del CEC — nella sua sessione di
Utrecht, agosto 1972: esso aveva infatti
preso posizione in favore di questo ritiro « considerando che gli investimenti stranieri nell’Africa australe consolidano i regimi delle minoranze bianche
e rafforzano l’oppressione che questi
esercitano sulla maggioranza della popolazione della regione, e applicando la
linea d’azione definita dall’Assemblea
di Upsala, la quale aveva chiesto che
si ponesse fine agli investimenti in istituzioni che perpetuano il razzismo ».
Il Comitato centrale riunito a Utrecht aveva pregato vigorosamente
tutte le Chiese membro, le istituzioni
cristiane e i cristiani di regioni diverse
dall’Africa australe di « valersi di tutta
la loro influenza, sopratutto con decisioni azionarie, per condurre le società
a ritirare i loro investimenti in questi
paesi e a cessare il commercio con
loro ».
La settimana scorsa il Comitato esecutivo ha approvato una proposta di
mettere a disposizione delle Chiese, tramite il Prograiitma di lotta contro il
razzismo (PUR), esperti in fatto di investimenti neH’Africa australe, a livello
nazionale o regionale.
Inoltre il Comitato esecutivo ha stanziato una terza tranche di offerte, per
200.000 dollari (circa 125 milioni di lire) a 25 organizzazioni che combattono
il razzismo nei 5 continenti; ma lamenta che non sia stata raccomandata alle
Chiese alcuna offerta per l’Asia.
Quest’anno, come nel 1970 e nel 1971
l’accento è stato posto sull’Africa australe, che riceve un po’ più della metà
dei fondi che serviranno a finanziare
attività umanitarie (azione sociale, servizi sanitari, educazione) dei movimenti di liberazione dell’Angola, del Mozambico, del Sud-Africa, della Namibia
e della Guinea-Bissau.
Tali stanziamenti provengono dal
Fondo speciale di lotta contro il razzismo, che riceve contributi di Chiese, organizzazioni e privati. Offerte personali
sono state versate dalla regina Giuliana d’Olanda e dal presidente della Repubblica federale tedesca, Gustav Heinemann; ultimamente sono pervenute
offerte sopratutto da Chiese della Bir
mania, della Liberia, del Giappone e
degli Stati Uniti.
Gli stanziamenti rispondono alle raccomandeizioni presentate dall’esecutivo
del PLR; presa conoscenza dei rapporti
sui movimenti di liberazione dello Zimbabwe (Rhodesia), il Comitato esecutivo del CEC ha chiesto alla Commissione del PLR di prendere in seria considerazione il continuare, come in passato, a stanziare fondi per questi gruppi.
Quest’anno un certo numero di fondi sono stati concessi a organizzazioni
che già ne avevano beneficiato. L’elenco
comprende due nuove organizzazioni
colombiane di oppressi — Tuna composta di Neri, l’altra di Indiani —, e due
gruppi di Indiani canadesi, che lottano
per conservare la propria identità culturale. Questi ultimi devono affrontare
le gravi minacce costituite dal boom
petrolifero nelle loro regioni e all’arrivo
di società e di individui stranieri avidi
di sfruttare le ricchezze del loro sottosuolo. Negli USA il PLR sostiene organizzazioni di Neri, di Portoricani, di
Chicanos e di Indiani, compreso il Movimento degli Indiani d’America.
Sebbene questi doni siano, per lo più,
minimi, i fondi conferiti in passato sono stati apprezzati dai movimenti di
liberazione perché hanno suscitato risposte massicce da parte di altre organizzazioni. Hanno pure provato concretamente che le Chiese erano pronte
a stare a fianco degli oppressi e, in molti casi, sono stati all’origine di un processo educativo senza precedenti nelle
(continua a pag. 2)
scientemente o inconsciamente legati
essi pure alla « grande macchina » omicida. L’assemblea generale del protestantesimo francese ha pubblicato un
anno fa un documento « Chiesa e Poteri» per mettere in luce il connubio
esistente, e non da oggi, fra la chiesa
e le potenze di questo mondo. Il documento, ormai tradotto in molte lingue,
mette in chiara luce le responsabilità
dei cristiani e delle loro chiese. Il non
sapersi dissociare dal « sistema omicida » li rende corresponsabili con esso
anche quando, adeguatamente informati — il che è abbastanza raro —,
non prendano chiara posizione, pagandone i costi. Il discutere il problema
nei salotti non concorre, certo, a risolverlo, semmai piuttosto ad adattarvisi
riducendolo a « luogo comune » dei discorsi quotidiani.
Una rivoluzione non-violenta rimane
per noi la sola possibilità di uscita per
il mondo. Questo non implica
giudizio su quelli che di fronte alla violenza senza limite di date situazioni
economiche o politiche non hanno visto altra uscita, non per se stessi ma
per amore degli altri, che ricorrere alle
armi. Ma anche con questo riconoscimento, non possiamo credere che la
violenza sia forza liberatrice. Come
possiamo liberare, se già noi « violiamo » la persona altrui? Questa visuale
ci viene certo e con chiarezza dal Cristo, ma non è meno confermata dagli
effetti sempre negativi dell’impiego delle armi nella storia degli uomini. Vorrei che qualche storico mettesse in rilievo quanto spesso i popoli hanno avuto più vantaggio a perdere che a vincere ima guerra, poiché son proprio le
vittorie che creano lo spirito guerriero
e in:y)erialista che roviàa le nazioni.
Una rivoluzione violenta, oltre ad avere
gli stessi effetti, perché porta in sé i
germi inevitabili di una successiva oppressione, oggi diviene sempre più impossibile perché è il sistema capitalista
che detiene il potere assoluto delle armi; sicché essa sarebbe seguita da massacri al di là di ogni immaginazione.
L’esempio dei trent’anni di guerra del
Vietnam (18 anni con gli USA) non
fanno eccezione, ma confermano la regola, se si calcolano i costi in morti,
mutilati, famiglie distrutte, oltre al male maggiore di ogni guerra non valutabile nelle distruzioni e nei morti ma
nelle conseguenze morali e sociali che
ne derivano.
Il popolo di Dio — uso questa espressione per sfuggire alle limitazioni istituzionali che il termine « Chiesa » potrebbe, anche se ingiustamente, favorire — è il popolo che potrebbe prendere una iniziativa vera per un mutamento integrale dell’attuale sistema omicida, non rappezzando vecchie strutture,
rna capovolgendo di 180 gradi la situazione. Il popolo di Dio ha le sue ramificazioni in ogni Stato capitalista. Esso
oltre a ciò non ha vincoli nazionalisti.
Sopratutto è suscettibile di im richiamo alla verità, se si può portarlo al
confronto con Cristo. La ragione ultima della pubblicazione citata .« Chiesa
e poteri » sta in questa possibilità, altrimenti sarebbe inutile il discorso.
Malgrado tutte le sue defezioni, le sue
limitazioni, i suoi difetti, le sue compromissioni, la chiesa può ancora essere chiamata al senso della sua vera vocazione e rappresentare l’unica possibilità di fronte ad una situazione realmente impossibile. E la possibilità è
data dal fatto che Cristo ha rotto il fatalismo della storia e ne è divenuto,
con la sua resurrezione, il Signore.
Il compito del « popolo di Dio » non
è quello di dar lezioni agli altri, ma di
essere popolo fra popoli, uomini fra
uomini, mondo nuovo in mezzo al mondo che si disfà. Il suo compito è quello della ricerca insieme a tutti, dando
segni di concretezza nelle situazioni
che si presentano. E i segni sono validi ogni volta che sa schierarsi, nell’agape, con gli oppressi in maniera così
chiara da rappresentare e giudizio e
possibilità di grazia anche per gli oppressori, consci o inconsci che essi siano. Questa ricerca concretizzata nei
fatti può avvenire non in alto ma alla
base, nei gruppi di base, nelle mini-assemblee di quartiere ove non v’è distacco fra parola e vita. L’abbandonare oggi la chiesa per le sue colpe passate, o
anche presenti, non sarebbe ragionamento più valido che quello di consigliare di abbandonare l’umanità per le
colpe che essa ha avuto nel passato e
oggi. Meglio il richiamo a prender co
TUIXIO ViNAY
(continua a pag. 2)
2
pag. 2
N. 5 — 2 febbraio 1973
Commento a un discorso di Paolo VI
COMMENTO BIBLICO di Giorgio Bouchard
LA PARÓLA E LA RAGIONE La nostra
Luca 8: 26 - 39
Questo è uno dei pochi racconti, tramandatici dagli evangeli, d’una attività
di Gesù fuori dei confini della Palestina; Gesù aveva infatti esplicitamente
limitato la sua attività al popolo d’Israele, per rivolgergli fino in fondo e
con tutte le energie l’appello ad accettare il momento messianico, il momento in cui le profezie erano adempiute
per Israele.
Ma questa limitazione, era puramente temporale, rappresentava una tappa
dell’opera di Gesù: Gesù non ha certo
mai inteso dare un carattere nazionalistico o settario alla sua attività: egli
agiva all’interno del popolo di Israele,
ma in vista di una missione universale.
Perciò Gesù non ha disdegnato dei contatti episodici con il mondo pagano: il
ricordo di questi episodi ha talmente
impressionato i discepoli, che essi li
hanno narrati, insieme con altri, e spesso con una vibrazione di interesse e di
commozione. È il caso di questo racconto.
Gesù passa all’altra riva del lago di
Galilea: dietro di lui c’è la sua terra,
in cui ha già predicato a lottato, e in
cui tornerà per predicare e lottare, fino
alla crisi suprema che lo condurrà verso Gerusalemme, verso la croce. Davanti a lui c’è il vasto territorio della
Transgiordania, abitato essenzialmente
da pagani: qui comincia l’infinito mondo pagano, verso il quale è puntata
tutta la profezia d’Israele, verso il quale più tardi, dopo la Risurrezione e la
Pentecoste, egli lancerà i suoi discepoli
nella grande avventura della predicazione — queO’avventura della predicazione in terre nuove, a uomini nuovi,
a situazioni nuove, che non è ancora
terminata neppure adesso, e a cui noi
pure partecipiamo.
Molti dettagli del nostro racconto
sottolineano il carattere pagano di questa terra dei geraseni: la presenza dei
maiali, animali impuri per gli ebrei,
simbolo di abominazione e di lontananza dalla legge di Dio; le caratteristiche
stesse del malato, dominato da un numero infinito di demoni, (egli è cioè
un pazzo completamente posseduto da
una follia di autodistruzione): per gli
ebrei, le divinità pagane altro non erano che demoni, contraffazioni diaboliche della figura del Signore, che anche
quando si esprimevano in miti di bellezza e di forza, erano in realtà forze
puramente negative e contradittorie; i
sepolcri, simbolo evidente di morte, indicano la perdizione a cui è votato il
mondo pagano che sta fuori della legge
di Dio e della prospettiva messianica.
Ma ora ecco, in questo mondo dominato da forze distruttive; entra Gesù:
per prima cosa, egli si confronta con
l’indemoniato. Non era la prima volta
che ciò accadeva: ma mentre in Palestina la potenza risanatrice di Gesù era
semplicemente una illustrazione della
sua predicazione messianica, (stava
cioè a significare che il tempo del Regno si era definitivamente avvicinato
e che le profezie si stavano compiendo), qui la guarigione del pazzo ha un
significato molto più intenso: perciò la
narrazione è tutta sottesa da un accento drammatico, anche se contenuto,
ed ogni particolare sembra ricevere un
valore simbolico:
Il pazzo è completamente fuori di sé:
si tiene lontano dalla comunione con
gli altri uomini, rifiuta ogni traccia di
civiltà (il vestito), ama la morte più
che la vita, e anche se porta dentro di
sé una infinita energia, quest’energia
serve solo a spingerlo ancora più fuori
dal contatto con gli altri uomini: rompe i ceppi e le catene, ma non riesce
certo a liberare l’anima sua dalle contraddizioni che la distruggono.
Egli rapresenta bene l’umanità pagana, piena di caotiche energie che non
si dispiegano in forma creativa, ma rischiano sempre di sospingere l’umanità
verso il caos, verso il nulla.
Tuttavia anche questa spaventosa
somma di energie negative non preclude al folle pagano di Gerasa la possibilità dell’incontro con Gesù; perché
nulla può impedire alla creatura umana di riconoscere, a un certo punto,
l’unica presenza che possa dare uno
sbocco risolutivo alla sua esistenza e
alla sua storia.
L’incontro tra Gesù e il pazzo è così
nello stesso tempo drammatico e pieno di speranza: il pazzo riconosce che
l’ignoto "Iddio supremo” che stimolava la ricerca di tanti pagani sta parlando con lui attraverso l’uomo di Nazaret, ma prova di fronte a questo fatto
dei sentimenti contradittori: da una
parte ha paura, e vorrebbe liberarsi di
Gesù come riusciva a liberarsi dei suoi
ceppi e catene. Dall’altra vorrebbe
qualcosa di più, che non sa neanche
bene come esprimere. Perciò gli dice
(pp usare una parola moderna p « lasciami in pace »; ma non gli dice: « lasciami »! Nel momento stesso in cui
entra in rapporto con il Signore, il pazzo è ancora prigioniero di quella realtà
profondamente contradittoria che è
caratteristica di tutto il mondo pagano. Non si esce da soli da questa oontradittorietà: occorre esserne liberati.
Perciò rincontro si risolve in un intervento di Gesù sulla persona indemoniata: Gesù anzitutto mette in chiaro la situazione: non una semplice forma di frenesia, ma una somma di tutte le nevrosi e di tutte le pazzie possibili possiede quest’uomo; « legione » è
una parola che fa pensare sia a un numero grandissimo, sia al potere armato; la potenza odiosa e odiata dei conquistatori romani. Come Siria, Palestina, Arabia settentrionale sono dominate dalle « invincibili » legioni romane, ‘
così quest’uomo è dominato da un’infinità di « spiriti maligni ». Un guaritore
pagano o giudeo si sarebbe fermato davanti a questa difficoltà, perché le sue
possibilità di scatenare un meccanismo
psico-fisico di liberazione andavano solo fino ad un certo punto. Ma Gesù non
è un guaritore, anche se compie delle
guarigioni: perciò egli non incontra i
limiti propri dei guaritori: anzi, quanto più è forte l’avversario, quanto più
semplice è la sua azione: proprio perché la pazzia dell’uomo di Gerasa riassume e rappresenta tutte le assurdità
del mondo pagano, proprio per questo
Gesù si limita a contrapporre la sua
persona a tutta quella realtà fumosa e
tenebrosa: e il risultato della contrapposizione è chiaro e netto: davanti all’intervento pacato e limpido di Gesù,
ai demoni del mondo pagano non rimane che una possibilità: accettare di essere messi da parte.
Questa eliminazione dei demoni assume un carattere particolarmente pittoresco: la folla di porci che assistevano allo spettacolo fugge e si precipita
nel lago. L’episodio ha un chiaro valore
simbolico: se i porci rappresentano
quanto v’è di inaccettabile nel mondo
pagano, il rnare rappresenta l'abisso,
il caos originario, il luogo in cui è incerto il confine tra la realtà e il nulla:
i demoni pagani vengono respinti in
questo luogo incerto e ambiguo, donde
forse potranno ancora tornare fuori,
se il consenso e la complicità degli uomini lo permetterà: ma non potranno
mai più misurarsi con la potenza di
Cristo.
Noi moderni solitamente non crediamo neH’esistenza dei demoni: tuttavia
siamo tenuti ad ammettere resistenza
della realtà che questo nome indica; la
logica distruttiva e autodistruttiva che
La voce
dei profeti
IN RICERCA
Anche dopo aver provate le gioie del suo matrimonio con
Dio, l’umanità, trascinata dalle cattive tendenze suscitate in lei
dal Maligno, ha cercato altrove la soddisfazione che immaginava
più piena: « Ma tu confidasti nella tua bellezza, e ti prostituisti
in grazia della tua fama, e prodigasti le tue prostituzioni ad ogni
passante, a chi voleva » (Ezechiele 16; 15). L’umanità fu insomma fin dal principio adultera.
Ma il Signore non la ripudiò, come avrebbe potuto; non
commise alcun delitto d’onore. Le disse soltanto: « Stattene per
parecchio tempo aspettando me: non ti prostituire e non darti
a nessuno; e io farò lo stesso per te » (Osea 3: 3). Aspettando me;
cioè tutti gli elementi a cui ti rivolgerai saranno per te in realtà
come nulla; invano cercherai in essi quello che ti occorre per vivere la tua vita piena; nulla all’infuori di me ti potrà soddisfare.
Ecco la vera situazione esistenziale dell’umanità in questo
mondo: ha cercato, ha cercato per secoli, per millenni, ed ha ricavato dalla sua ricerca soltanto il vuoto, il nulla, la morte. Così
che adesso non ha nemmeno più forza per cercare, non sa da che
parte volgersi; si stordisce con gli stupefacenti e non ha più
ideali se non quello di strappare alla meno peggio la vita di tutti
i giorni.
Ma un giorno finalmente dirà: « Tornerò al mio primo marito, perché allora stavo meglio d’adesso » (Oseo 2: 7), e « ricorrerà tremando all’Eterno e alla sua bontà, negli ultimi giorni »
(Osea 3: 5). « E in quel giorno avverrà che io ti risponderò, dice
l’Eterno... ti fidanzerò a me per l’eternità; ti fidanzerò a me in
giustizia, in equità, in benignità e in compassioni. Ti fidanzerò a
me in fedeltà, e tu conoscerai l’Eterno » (Osea 3: 21, 19-20).
Lino de Nicola
domina tanta parte dell’umanità, e il
suo carattere nettamente regressivo:
nel suo cammino storico dal caos primigenio al Regno di Dio, l’umanità non
supera mai in modo sano e completo
i vari stadi del suo ; sviluppo: non in
modo sano, perché lo sviluppo storico
è portato avanti con la violenza, invece
che con l’amore, coi miti invece che
con Tintelligenza; non in modo completo, perché rumàhità, o parte di essa, si porta dietro relitti di esperienze
passate (e talvolta proprio degli aspetti peggiori del passato), li adora come
idoli, se ne lascia dominare come da
demoni. Dietro ogni esperienza storica
fallita, l’ombra del caos e del demone
incombe sul destino umano, singolo e
collettivo, nel nostro tempo come in
ogni altro. Qrbene, il nostro testo significa che solo una riconosciuta presenza
di Cristo — nello Spirito — può rendere possibile una vera emarginazione di
queste forze distruttive: in questo, anche, consiste la salvezza che ci è data
nella fede, e di cui siamo tenuti ad essere garanti con la nostra vita.
La prova di questo è data dal comportamento del pazzo guarito: a prima vista, egli non sembra molto entusiasta: c’è quasi da sorprendersi: quest'uomo ha vissuto l’esperienza più
sconvolgente di tutta la sua vita, eppure non ha neanche un trasporto mistico: non va in giro a parlare della « rivoluzione di Gesù », o di Gesù Superstar; non canta e non balla: il suo
comportamento è anzi improntato alla massima razionalità: sta ai piedi di
Gesù (cioè ne sta ascoltando l’insegnamento, perché questa era la posizione
degli scolari a lezione a quei tempi) è
vestito normalmente, e ragiona. Proprio quell’ideale di uomo razionale che
i pagani di tutti i tempi hanno vagamente inseguito, viene realizzato da
questo matto ignorante e provinciale.
Perché questo è il risultato dell’incontro degli uomini con lo Spirito di Dio
incarnato da Gesù: il ricupero e la scoperta di una dimensione di razionalità
di cui l’uomo sa di aver bisogno, ma a
cui non si riesce ad arrivare in base
a sforzi puramente umani e storici.
Certo, noi viviamo in un tempo in
cui si contrappone superficialmente la
scienza e la fede, la ragione e lo spirito (anche da parte di molti credenti,
ahimè in chiave reazionaria): ma proprio adesso bisogna riaffermare che
ogni discorso razionale non può che
partire da dei postulati (come la geometria che abbiama.studiato a scuola).
Se questi postula# s:ono l’autosufficienza dell’uomo, allora siamo ancora in
terra dei geraseni: più ci si sforza di
essere reazionali, più le catene in cui
cerchiamo di chiudere la realtà si dimostrano deboli di fronte alle forze
scatenate della oontradittorietà umana — della nostra contradittorietà. Se
questi postulati sono la bontà della religione, anche qui siamo ancora in terra dei Geraseni, perché la religione è di
per sé idolatrica, e presto o tardi finisce nel mare come un branco di maiali.
Ma se questo postulato è l’iniziativa di
Dio verso le sue creature, nascosta nel
momento della creazione e rivelata il
venerdì santo, allora il risultato di questa fiducia è da una parte liberazione
dai nostri idoli (atei o « religiosi » che
siano), e dall’altro una compiuta maturità e razionalità di creature che si
sanno collocate al loro posto dal Padre: allora Cristo diventa per noi il
sole che si leva e illumina tutte le cose: ma queste cose, grazie alla luce del
sole, noi riusciamo davvero a vederle
coi nostri occhi, a valutarle, a comprenderle. Salvati da Cristo, diventiamo finalmente liberi di agire e di pensare,
di costruire e di amare: non c’è più
posto per movimenti regressivi verso il
passato (fosse anche la nostra tradizione « religiosa »), ma solo una sobria
presenza nel presente, orientata lucidamente verso l’avvenire. E forse giunto il tempo di riaffermare questa piena
razionalità del cristiano (che non vuol
dire razionalità del cristianesimo, perché il cristianesimo non è una filosofia): eravamo folli, ma ora siamo sani,
perché lo Spirito di Dio ci ha risanati,
e andiamo avanti con gli occhi aperti
e senza paura di nulla.
Perché bisogna andare avanti: il pazzo guarito, veramente, non ne aveva
molta voglia, e chiedeva di starsene
con Gesù. E seducente l’idea di starsene sempre, come credenti al punto di
partenza, di rivivere sempre il momento in cui abbiamo capito che fuori di
Dio non c’è vita, né logica, né amore,
né speranza. Ma questo sarebbe come
scambiare Gesù per un demone buono,
una droga spirituale: invece Gesù chiede al geraseno di restare nella sua terra e di proclamare l’evangelo. Così noi
credenti non siamo liberati dalle nostre responsabilità di fronte al mondo,
ma anzi siamo proiettati verso di esso:
qui non ci aspettano molti demoni (li
ha vinti Gesù per noi): ci aspettano
tanti uomini, ai quali occorre rivolgere un discorso, e per i quali occorre
fare molte cose.
Abbiamo parlato prima del venerdì
santo: non dimentichiamoci che in quel
giorno Gesù ha vinto, ci ha liberati, e ci
ha mandati; noi lo sappiamo e lo crediamo. Non ci rimane che aprire la
porta, perché fuori i Geraseni aspettano che qualcuno parli loro con fermezza e con lucidità, e li inviti a credere
in Cristo, crocifisso e Signore.
“obiezione antiromana”
Il discorso pronunciato dal pontefice
romano il 25 gennaio scorso a conclusione della settimana di preghiera per
1 unità dei cristiani, costituisce una
ennesima conferma — se pure ve n’era
bisogno — che in tema di ecumenismo
le posizioni fondamentali della chiesa
di Roma (nella misura in cui il papa
può esserne considerato l’interprete
più accreditato e il più autorevole portavoce) non sono mutate nella sostanza. Si inventano formule nuove, si introduce qualche altra sfumatura o distinzione, ma il succo del discorso resta lo stesso. Così, secondo il pontefice, i cattolici già « godono del dono
inestimabile dell’unità della Chiesa»
mentre si deve ancora pregare e opelare per « 1 unità nella Chiesa»; ortodossi e protestanti sono « tuttora da
noi separati » dice Paolo VI proponendosi così come centro storico e teologico dell’unità cristiana; ma devono
sapere che sono « ricordati, amati ed
attesi » — a Roma naturalmente.
Siamo dunque al punto di sempre:
una volta eravamo invitati a unirci alla
chiesa di Roma, ora siamo invitati a
unirci nella chiesa di Roma: modi diversi di dire la stessa cosa. L’unità della chiesa c’è già, è quella della chiesa
cattolica. L’unità nella chiesa invece
resta da fare, con la « riunificazione
dei Cristiani fra loro separati nell’unica Chiesa cattolica, universale cioè e
organica, ...il corpo comunitario, gerarchico, e mistico insieme di Cristo. E il
vecchio invito a Roma, inteso come integrazione nella unità cattolica e non
più come abdicazione di fronte ad essa. Il fatto consolante è che oggi non
pochi cattolici queste cose (che son poi
quelle del Concilio) non le dicono più
e neppure le pensano. Il fatto sconsolante, invece, è che il pontefice romano
continua a dirle e pensarle, malgrado
il parere avverso di molti cattolici; ma
in fin dei conti il papa è lui, non loro.
Che nella visione ecumenica di
Paolo VI Roma occupi un posto privilegiato per non dire centrale si deduce dal fatto che fra i motivi che secondo il pontefice rendono « cosa difficilissima » la riunificazione dei cristiani, il
primo (e unico) espressamente menzionato riguarda appunto Roma; « si
tratta » sostiene Paolo VI « di superare la formidabile e atavica obbiezione
antiromana, a nostro avviso ingiustificata, rna sempre resistente sul fronte
teologico e canonico ». Alcune precisazioni non sembrano superflue. Soprattutto questa: se la nostra « obbiezione
antiromana » è, come dice il pontefice,
« formidabile » non è perché è « atavica » ma perché è evangelica. Essa sembra e continuerà a sembrare ingiustificata a tutti coloro che. come il pontefice, non assumono l’Evangelo come
norma suprema ed esclusiva del proprio giudizio e della propria posizione.
Se l’assumessero, saprebbero che Roma non è una categoria evangelica, non
fa parte della dottrina neotestamentaria della chipa, non costituisce «é una
struttura né un punto di riferimento
della chiesa apostolica.
È questa la vera ragione della nostra
resistenza a Roma: una ragione evangelica, biblica, di fede, e come tale decisiva e durevole più di qualsiasi atavisnio confessionale. La nostra « obbiezione antiromana » è veramente una
obiezione di coscienza, anzi di fede.
Non è la storia di Roma che ci induce
ad obiettare, è l’evanaelo. Non è il calcolo politico, è l’ubbidienza della fede. La nostra « obbiezione antiromana » non è viscerale ma teologica. E
siccome per fede, per ubbidienza alla
S. Scrittura (e non per un invincibile
complesso polemico), riteniamo che
Roma non sia una istanza evangelica,
non possiamo accettarla come istanza
ecumenica. Roma è per noi il centro
del cattolicesimo, non del cristianesimo; ospita la cattedra del pontefice
non di Pietro: è sede vescovile, non
apostolica. E in tutto e per tutto una
realtà confessionale accanto alle altrr
e come Queste sottoposta al vaglio critico dell’Evangelo.
In sostanza il discorso del pontefice
sull’unità cristiana ha confermato che
la nostra «obbiezione antiromana» ha
più che mai ragione di essere e rimanere.
Paolo Ricca
La possibilità nell’impossibile
(segue da pag. 1)
scienza della situazione ed alla responsabilità, la quale in ultima analisi significa rispondere ^ alle esigenze del
presente. Nel caso della chiesa si tratta di rispondere a quelle esigenze nella
via dell’incarnazione che ci è data da
Cristo e nella speranza che la Sua vittoria sul peccato e sulla morte ci inserisca nella Sua azione presente. Anche
una piccolissima « chiesa » come quella
di Riesi non può stare ai margini di
questa gigantesca lotta mondiale, ma
ora cerca — quasi a tastoni — di comprenderne la portata e di portarne la
sua parte di peso.
Però tutto questo sarà discorso vuoto se il popolo di Dio in questi « tempi
corti » in cui vive non saprà trovare
la coerenza necessaria alla testimonianza cui è chiamato. E la prima coerenza
è quella della povertà. Chiese povere
fatte da cristiani volontariamente poveri, che abbiano lasciato da parte la
preoccupazione del carrierismo, del
prestigio e della sicurezza per avviarsi
a partecipare, seguendo un « Cristo
nudo », ai problemi di tutti quelli che
son stati spogliati dalla macchina demoniaca della nostra società. Mi pare
che la povertà dinamica di chi rinunzia
a possedere perché altri abbia è il primo passo richiesto, e non il più difficile, affinché il popolo di Dio ritrovi il
senso della sua vocazione ed entri decisamente nelle grandi responsabilità
che gli stanno addosso.
Sulla povertà si son scritti in questi
ultimi anni tanti volumi e tanti articoli che una stanza non li conterrebbe
tutti, ma esempi di povertà non sono
frequenti. Proprio per questo occorre
che si passi, al più presto, ad una fase
« operativa » di autospogliamento perché un discorso « rivoluzionario » sia
compreso ed accolto ed anche, perché
no?, la stessa macchina produttrice non
abbia chi la alimenta nell’attuale corsa
rovinosa ed omicida. Di più sia in
qualche modo costretta a pensare a
tutti quelli che, in marea così rapidamente crescente, gridano a Dio per le
briciole di quel pane che noi giornalmente sprechiamo con grande follia,
consolandoci poi con discorsi pii o, con
quel che li equivale, con discorsi astratti sulla giustizia umana.
Ed una delle prime azioni dei cristiani ha da essere proprio la lotta contro
la produzione ed il commercio delle
armi. Dalle statistiche mondiali risulta
che quel che si destina allo « sviluppo »
del terzo mondo non è che meno del
5% di quanto si spende in armamenti
e che in ogni Stato le spese per questi superano quelle degli investimenti
in opere civili (scuole, ospedali, abitazioni popolari ecc.). Questo atroce con
trosenso può parlar chiaro di per se
stesso .a quanti vogliono assumere le
loro responsabilità ed alle comunità
cristiane se esse vogliono cogliere «opc
rativamente » il senso della loro vocazione.
Tullio Vinay
li bri
Louis Rétif, Ho visto nascere la Chiesa di
domanL Jaca Hook, Milano 1972.
Il libro è molto ampio, 272 pag., ed è forse
per questo un pochino lento e diffuso; l’argomento riesce comunque interessante e vivo
dato che si tratta di esperienze personali e di
incontri con la realtà viva della comunità cristiana. L’autore, prete nella zona parigina e
poi giornalista, ritraccia il cammino di rinascita e di speranza delle comunità cattoliche
degli ultimi 30 anni. Non è senza interesse
notare alcune affinità di situazioni e di problemi con le nostre comunità nel presente a
dimostrazione ancora una volta del fatto che
la Chiesa è veramente oggi attraversata dalle
stesse crisi.
JuLES Lebreton, Alle origini delVapologelica
cristiana, Jaca Book, Milano 1972, Strumenti per un lavoro teologico 10.
In questo fascicolo di studio vengono ripubblicati due saggi dello storico cattolico Lebreton rispettivamente del 1919: Il disaccordo
tra fede popolare e teologia dotta nella Chiesa
del 3“ secolo, e del 1922 : I gradi della conoscenza religiosa secondo Origene.
Sì tratta dì due ricerche erudite, pubblicate su riviste specializzate e che affrontano
problemi di un periodo molto lontano della
storia e della teologia cristiana con cui la nostra spiritualità evangelica ha molto poco contatto, che sembra anzi situata al suo opposto:
La scuola dì Alessandria, Origene, le riflessioni intellettuali ad un livello molto alto.
Quello che sta alla base di questi dibattiti è
però molto significativo anche per noi : la fede del popolo cristiano è in rapporto con le
teorie dei suoi teologi? La fede è frutto di conoscenza o no? Esistono diversi modi di credere, un popolare ed uno istruito? La predicazione del Cristo solo è sufficiente suscitare la fede o necessita di un approfondimento
culturale? Non si può dire che il testo rechi
molti chiarimenti per l’oggi, la questione però tocca la nostra stessa posizione di fede.
Giorgio Tourn
^ Ertch Fromm scrìve: oc ...la parola responsabilità deriva dal latino ’’responderé^’ che significa rispondere. Un essere umano che risponde alla situazione die gli sta di fronte è
una persona responsabile )>.
Doni prò Eco-Luce
Enrichetta Peyrot, Luserna S. Giovanni 1500;
Lidia lardella, Leumann 200; Gilda Somma,
Udine 1.500; Erne.sto Scorza, Catanzaro 1.500;
Luciano Ribet, Pomaretto 500; Enrico Poet,
Perrero 500; Enrico Artero, Pomaretto 500;
Albertina Baret-Peyrot, Pomaretto 500; Olimpia Reymondo, S. Secondo 500; Elvina Pognani, Mantova 500; Marie Genre, Pinerolo 500;
Maria Ceseri, S. Piero in Bagno 1.500.
Grazie! (continua)
3
2 febbraio 1973 — N. 5
pag. 3
i
li CEC ha disposto im*
mediatamente dopo la cessa*
zione delle ostilità un primo
invio di aiuti a Hanoi, dopo
le distruzioni dei raids aerei. L'opera di ricostruzione sarà
lunga e vasta; più difficile, in tante zone, la ricostruzione
morale. ^ I rapporti fra Israele e le Chiese cristiane
non sono, oggi ancora, facili ; nel Medio Oriente, le anti*
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
che Chiese cristiane, radicate nell'ambiente, costrette a vivere come modeste minoranze (più forti in Siria e soprattutto nel Libano) in mezzo a nazioni arabe, boccate in parte
dal dramma dei rifugiati palestinesi, sospettose delle pre
tese ebraiche su Gerusalemme, sono fortemente antlisrae*
liane, e questo si riflette sull'atteggiamento del Vaticano;
le Chiese occidentali sono, invece, divise anche a questo
riguardo dai contrasti politici ; il CEC ha tentato una fun
zione mediatrice Un pa*
store malgascio i morto in
un incidente: uniti nella vamiglia della CEVAA alla Chiesa
di Gesù Cristo nel Madagascar, partecipiamo a questo lutto. ^ La situazione della vita e della testimonianza cristiana in America latina presenta, in misura crescente, situa*
zioni drammatiche; riportiamo due testimonianze argentine.
Le Chiese inviano soccorsi ad Hanoi
Ginevra (soepi) - Un aereo carico di nove tonnellate di medicine
e di materiale sanitario si è recato
da Parigi ad Hanoi. Il costo del
materiale e del relativo trasporto
è stato assunto dalle organizzazioni di soccorso delle chiese, con la
mediazione del C.E.C. (n.d.tr.: prima della firma del cessate il
fuoco).
A Parigi, tutto è stato preparato
da un'équipe di volontari che ha
acquistato antibiotici, vitamine,
strumenti chirurgici ed altre attrezzature per un totale di circa
300 mila dollari (180 milioni di lire italiane) che vengono messi a
disposizione della Croce Rossa del
Vietnam del Nord e distribuiti
agli ospedali e cliniche che curano
le vittime della guerra.
Attualmente, il CEC invia ogni
anno circa 560 mila dollari in Indocina (ca. 330 milioni di lire), di
cui 440 mila destinati a vari programmi di aiuti e di ricostruzione
in Sud Vietnam e circa 100 mila
per acquisto di medicine per il
Nord Vietnam e per le zone controllate dal Governo rivoluzionario provvisorio. Il Fondo ecume
nico per la ricostruzione e la riconciliazione in Indocina, creato
recentemente, realizza, con l’aiuto
di esperti indocinesi, programmi
che verranno posti in esecuzione
a partire dalla fine della guerra.
Intanto, in merito alla recente
ripresa dei bombardamenti americani sul Nord, i dirigenti ecclesiastici di tutto il mondo hanno vigorosamente protestato. Negli Stati
Uniti, oltre duemila persone membri dell'American Friends Committee and Clergy and Laity hanno raccolto fondi per le vittime,
oltre ad aver presentato petizioni
al Congresso a Washington.
A Bangkok, dove si è recentemente riunita la Conferenza missionaria sul tema « La salvezza oggi » è stato chiesto al comitato
esecutivo del CEC di chiedere al
governo della Repubblica democratica del Vietnam di accogliere
un gruppo internazionale ed ecumenico di responsabili cristiani
che desidera recarvisi, considerandolo « un gesto di solidarietà nei
contronti di un popolo che soffre ».
Il CEC ha venduto le azioni
che deteneva
nelle società operanti
nell’Africa Australe
ARGENTINA 1973
(segue da pag. 1)
I cristiani e ia repressione poiitica
neila testimonianza di un avvocato
Chiese-membro, costringendole a esaminare le loro relazioni con gli oppressori e gli oppressi.
Il Fondo speciale è stato creato per
aiutare « le organizzazioni di gruppi
razziali oppressi o organismi che sostengono le vittime dell’ingiustizia razziale, i cui obiettivi sono in accordo con
gli obiettivi generali del Consiglio ecumenico ». (G.C.: il problema è tutto
qui; ed è fortemente controverso che
gli obiettivi e comunque i mezzi e i
metodi di alcune di queste organizzazioni o organismi siano « in accordo
con gli obiettivi generali del CEC »; anche nelle nostre chiese la questione non
è stata affrontata, ma scavalcata).
In Argentina — il grande paese sudamericano di 23 milioni di abitanti nel
quale dal 26 settembre 1971 il presidente Alejandro Lanusse assume tutti i
poteri e che non pare essere stato sostanzialmente scosso dal viaggio recente
dell'ex-presidente Perón — la situazione dei cristiani è spesso difficile, anche
se non drammatica come in alcuni altri paesi latinoamericani. Pubblichiamo,
riprendendolo da «Le Christianisme au XX siècie » (1/1973), il testo di
un'intervista, raccolta per INTERVOX da Marc Chambron, con Leonardo Franco, avvocato a Buenos Aires, già dirigente delle Associazioni cristiane studenti, attualmente in Europa per informare un certo numero di organismi sulla
situazione dei detenuti politici in Argentina. Facciamo seguire la traduzione
di una poesia di un indio argentino, pubblicata nel quaderno preparatorio
alla Conferenza mondiale sulla missione e l'evangelizzazione, tenutasi ultimamente a Bangkok.
Ed ecco, per regioni, la ripartizione dei fondi stanziati (le cifre sono in dollari):
Incontra quotidianamente prigionieri
politici, nel suo lavoro di avvocato?
Israele fra il Vaticana e il CEC
Su invito del Consiglio ecumenico il ministro degli
esteri israeliano, Abba Eban, incontra a Ginevra il segretario generale Philip Potter.
Nei giorni scorsi ha fatto un po’ di
rumore l’udienza chiesta in Vaticano
dal premier israeliano Golda Meir e
concessa dal pontefice. I termini sembrano essere stati agrodolci, e più ancora i commenti successivi. Era logico
e naturale che Paolo VI ricordasse con
calore il problema doloroso dei profughi palestinesi; tuttavia il Vaticano
non è in buona posizione morale per
far la ’morale', appunto, agli israeliani. A 25 anni dalla proclamazione dello Stato d’Israele, il Vaticano non l’ha
ancora riconosciuto ufficialmente, avallando quindi il rifiuto opposto da
parte araba; ed è abbastanza chiaro che non sono tutti motivi umanitari
quelli che spingono il Vaticano su queste posizioni, bensì ben precisi motivi
di opportunità politica, di difesa della
presenza cattolica nelle nazioni arabe.
Anche certe difficoltà che dei cristiani
incontrano in Israele si spiegano almeno in parte come risposta a questo
atteggiamento non amichevole da parte vaticana. Sicché ci pare che Golda
Meir abbia fatto molto bene, come ha
poi detto poco diplomaticamente, a
« non abbassare gli occhi » davanti al
papa.
Ecco che ora, il 29 gennaio, il ministro degli esteri israeliano Abba Eban,
invitato dal Consiglio ecumenico delle
Chiese — riprendiamo la notizia da
« Le Monde » del 30.1.73 — si è incontiato a Ginevra con il segretario generale del CEC, il past. Philip Potter, il
quale alla recente Conferenza mondiale di Bangkok, il 4 gennaio, aveva fatto sul problema palestinese dichiarazioni recise, dicendo, fra l’altro; « Quasi un milione di rifugiati palestinesi
vivono nei campi dal 1948 e tutte l&
nazioni hanno scelto di dimenticarli.
Ciò non poteva non provocare una disperazione profonda presso gli altri
Arabi »; il mondo ha cominciato a reagire solo quando i palestinesi si sono
messi a dirottare aerei, ma ha continuato a « ignorare le radici del male ».
Si può notare che anziché limitarsi a
disperarsi — pacatamente — i fratelli
arabi avrebbero anche potuto impegnarsi a riassorbire, fra i profughi, almeno quelli che vi erano disposti.
Non si hanno ancora notizie sulla
portata di questo incontro nella sede
del CEC, primo contatto ufficiale del
nuovo segretario generale con la diplomazia israeliana. Il predecessore di
Potter, Carson Blake, nel corso di un
giro nel Vicino Oriente si era recato
in Israele, dove aveva avuto colloqui
giudicati fruttuosi sia con i responsabili israeliani sia con i rappresentanti
arabi dei territori occupati. Quanto ai
rifugiati palestinesi, il CEC li sostiene
— in misura certo modesta — con
aiuti a fini umanitari, educativi e sanitari, fin dal sorgere dei campi.
Nel corso del suo soggiorno a Ginevra il ministro Eban ha incontrato pure dirigenti del Comitato intemazionale della Croce Rossa; il colloquio verteva essenzialmente sul problema dei
prigionieri di guerra.
Africa australe: Partito africano d’indipendenza della Guinea e del Capo Verde (PAIGC) 25.000; Fondazione Luthuli, African National Congress 2.500; Istituto del Mozambico, del FRELIMO 25.000; Unione nazionale
per l’indipendenza totale dell’Angola (UNITA)
6.000; Congresso panafricano d’Azania, Sudafrica 2.500; Movimento popolare di liberazione dell’Angola (MPLA) 10.000; Governo
rivoluzionario angolano in esilio 10.000; Organizzazione popolare dell’Africa di sud-ovest
(SWAPO) 20.000.
Australia: Consiglio federale per la promozione degli Aborigeni e delle popolazioni delle
isole dello Stretto di Torres 14.000.
America latina: Fondazione colombiana di
difesa delle risorse naturali e dei lavoratori
neri 10.000; Consiglio regionale indigeno del
Canea 10.000.
America del Nord. USA: Servizio d’informazione di tutta l’Africa 3.000; Movimento
indiano americano 6.000; Gruppi di Americani neri impegnati 6.000; Progetto di ricerca
educativa della Contea di E1 Paso 5.000; Università di liberazione « Malcolm X» 6.000;
un’organizzazione portoricana che lavora per
la giustizia economica e sociale 6.000. Canada: Fraternità indiarsa nazionale, a nome del
Consiglio Cree-Inuit della James Bay 7.500;
Fraternità indiana dei Territori di Nord-Ovest
7.500.
Europa: Comitato di appoggio alla lotta contro il colonialismo e l’apartheid, Belgio 2.000;
Comunità di Agape (Migrant Service), Italia
2.500; Comitato dell’Angola e Fondazione
« Eduardo Mondlane » Olanda 2.000; Movimento anti-apartheid svizzero 2.000; Movimento anti-apartheid. Gran Bretagna 2.000;
Istituto delle relazioni razziali. Gran Bretagna 7.500.
Naturalmente, perché sono numerosi, in Argentina. Si calcolava, quando
ho lasciato il paese, che ve ne fossero
mille duecento. Ora sono un po’ di più.
Lei ha lasciato da poco l’Argentina con
uno scopo ben preciso: quale?
Denunciare a varie organizzazioni internazionali aventi sede in Europa le
violazioni dei diritti dell’uomo.
E quali sono queste violazioni?
Sono rilevanti, e vanno dalla violazione dei diritti elementari della persona fino ad atti più gravi: la tortura, il
prelievo di persone da parte di commandos parapolizieschi, l’esistenza di
una legislazione repressiva che toglie
ogni possibilità di difesa a detenuti politici, trattamento assai severo di questi detenuti, misure intimidatorie e anche attacchi fisici contro gli avvocati
che vogliono assistere i detenuti politici. Questa repressione sfocia in una
vera e propria oppressione del popolo
argentino.
Quali tipi di persone sono state arrestate in modo particolare, negli ultimi
tempi?
Si tratta di arresti di carattere selettivo. Ci si occupa anzitutto di persone
che hanno assunto un atteggiamento
apertamente militante contro il sistema, responsabili sindacali, capi studenteschi, anche cristiani. Ci si occupa poi
di coloro che assumono le difese dei
precedenti; oggi un avvocato che difende un detenuto politico diventa immediatamente sospetto. Aiutare, sostenere una persona impegnata nell’azione
politica è già un crimine.
Alla redazione di questo numero
hanno collaborato, oltre all’équipe
romana della FFV, Giovanni Conte, Lamy Coisson, Franco Davite,
Roberto Peyrot, Giorgio Tourn, Elsa e Speranza Tron.
Sono, indubbiamente, divisi. Vi sono
cristiani, sopratutto nella gerarchia cattolica, che difendono il governo; ma vi
sono molti cristiani, compresi dei giovani vescovi e parecchi sacerdoti, che
Notiziario Evangelico Italiano
FONDO DI SOLIDARIETÀ’
La federazione delle Chiese di Puyiia e Lucania
per la lena antirazz'ista
A FIRENZE
II
Morte di un fraiello
nel Madagasenr
Una notizia giunta dal Madagascar
ci informa della morte del pastore
Jean Rabe Arson, avvenuta il 20 gennaio nella regione di Sanbaye a causa
di un incidente automobilistico.
Il pastore Rabe Arson, originario del
Madagascar nord-orientale, era stato
presidente dell’ultimo sinodo a Antalaha e membro del Consiglio Nazionale
della Chiesa di Gesù Cristo nel Madagascar.
Non si hanno per il momento altri
particolari sull’incidente che gli è costata la vita, h’Eco-Luce, a- nome dei
suoi lettori esprime la sua profonda
simpatia e la sua fraterna intercessione
per le chiese rurali di Antalaha rimaste
senza pastore, per la moglie Susanna
ed i cinque figli del Fratello Rabe
Arson.
La Federazione delle Chiese evangeliche di Puglia e Lucania, che comprende una ventina di comunità valdesi,
battiste, metodiste e salutiste, a seguito di un ordine del giorno approvato
in occasione di un convegno sul Terzo
mondo, ha effettuato una colletta fra
le chiese-membro, il cui importo è stato devoluto alle attività antirazzistiche
del Consiglio ecumenico delle Chiese
(PLR).
Il segretario della Federazione, Nicola Pantaleo, nel precisare che la somma raccolta (L. 172.655) tra le comunità federate non comprende l’eventuale
sottoscrizione di quelle valdesi in
quanto esse sono impegnate per lo
stesso fine direttamente colla Tavola,
precisa che, pur trattandosi di cifra
modesta, essa costituisce (e siamo pienamente d’accordo) uno sforzo apprezzabile « di comunità anch’esse partecipi dei problemi e delle angustie dei
paesi sfruttati d’Africa, d’Asia e d’America ed è soprattutto un primo passo
su un sentiero che si intende continuare a percorrere ».
Segnaliamo a tutte le altre comunità evangeliche questa iniziativa e questo impegno costante della Federazione pugliese-lucana e ricordiamo coll’occasione a tutti che il « fondo di solidarietà » del nostro settimanale tiene in
permanenza un conto aperto per il Programma antirazzista del C.E.C. Ricordiamo pure che l’altra direzione in
cui il nostro fondo attualmente opera
è costituita dalla tragica situazione in
cui è venuta a trovarsi la Melanesia
(Papuasia - Nuova Guinea) a seguito
delle eccezionali gelate, prima, che hanno distrutto gran parte dei raccolti e
poi per la susseguente siccità che ha
provocato danni ed incendi gravissimi.
Attendiamo le sottoscrizioni dei lettori che sono pregati di segnalare la
destinazione delle loro offerte, che vanno inviate al conto corr. postale num.
2^39878 intestato a Roberto Peyrot,
corso Vioncalieri 70, 10133 Torino.
inaugurati a MILANO
I NUOVI LOCALI
DELLA CHIESA PRESBITERIANA
Domenica 28 gennaio sono stati inaugurati a Milano, in Via Beatrice d’Este
19, i nuovi locali della Chiesa Presbiteriana della città; il culto inaugurale è
stato presieduto dal Dott. F. A. Schaeffer. La sera prima questi, che è autore
del libro II Dio che è là ed è direttore de L’Abri Fellowship (Vailese), ha
tenuto al Circolo evangelico di cultura,
nella stessa sede, una conferenza sul
tema: « Perché credere? Il messaggio
di Cristo è realistico nel nostro tem^ W.
Inda Ade
si sono veramente impegnati nella lotta per una trasformazione sociale, denunciando tutte le violazioni dei diritti dell’uomo.
Le pare che il numero di coloro che si
impegnano nella lotta per una trasformazione sociale sia in netto aumento?
Senza alcun dubbio. Non si tratta
ormai più di una minoranza di cristiani, ma di una maggioranza.
I cristiani che, come lei, auspicano trasformazioni profonde in Argentina,
non sono accusati di comunismo?
Assai spesso, sì. Ma l’attività dei cristiani é intensa, in Argentina, mentre
quella dei comunisti rimane debole.
Le piccole cose
Un giorno ho domandato :
— Nonno, dov'è Dio?
Mi guardò con i suoi occhi tristi
e non mi rispose.
E' morto nei campi, il nonno,
senza preghiera né confessione,
e l'hanno sepolto gli indios,
a suon di flauto e di tamburo.
Allora ho domandato :
~ Papà, che sai di Dio?
Mio padre si fece serio
e non mi rispose.
Mio padre è morto in miniere
senza dottore né confessione,
e t'hanno sepolto gli indios,
a suon di flauto e di tamburo.
QuaTè, nel complesso, il comportamento dei cristiani nel suo paese?
Mio fratello vive nella foresta
ma non conosce un solo flore.
Sudore, malattia, serpenti,
è la vita del boscaiolo.
...E nessuno gli domandi
se sa dov'è Dio :
dalle sue parti non è passato,
quell'importante señor I
Canto, sulle strade
e quando sono in prigione:
odo la voce del popolo
che canta meglio di me.
Dio veglia sui poveri?
Forse si, forse no.
Quel che è certo, è che pranza
alla tavola del padrone.
Centro Evangelico
di Solidarietà
C'è una questione, sulla terra,
più importante di Dio
ed è che nessuno sputi sangue
perché altri vivano meglio.
ATAHUALPA YUPANQUI
Nel Bollettino del Centro evangelico
di Solidarietà del mese di dicembre
leggiamo che per la scuola serale è stato preso in affitto un appartamento di
tre stanze, che nelle ore libere dalle
lezioni saranno usate come luogo di
incontro e come sala di lettura. Si pensa di formare una piccola biblioteca.
Si occupano della scuola i giovani dell’Unione Giovanile Battista che sono
pieni di entusiasmo e di letizia. Essi
hanno restaurato l’appartamento, hanno dipinto i mobili a colori vivaci, messo tende e arricchito le pareti con carte geografiche e manifesti.
Chi può offrire aiuto (libri e materiale didattico, tempo e denaro) può
indirizzare a: C.E.S. - sezione scuola Via dei Macci 52 rosso - Firenze.
La scuola di Via dei Macci è nata in
un clima di giovanile allegria e di collaborazione.
Continua per opera del Centro la
raccolta del sangue presso l’Ospedale
di Careggi. Continua la raccolta di tutto ciò che in una casa è in soprappiù
(biancheria da casa, materassi, vestiti ,scarpe, mobili). Molte famiglie durante l’anno sono state rifornite con
il materiale raccolto. .
Funziona sempre il servizio turistico,
apprezzato dagli albergatori e dai forestieri e che prossimamente prenderà
una nuova iniziativa in accordo con
tutte le Chiese evangeliche della città.
Questo canto è la radicale incomprensione o ignoranza dell'opera di
Cristo — « la salvezza oggi » — il
quale ha sudato e versato sangue perché avessimo vita, e vita esuberante ;
ma è anche, anzi per noi è anzitutto
una severa requisitoria : « Risplenda
la vostra luce al cospetto degli uomini affinché vedano la vostre buone
opere e glorifichino il Padre vostro
che è nei cieli » (Matteo 5, 16); invece, ecco, « per causa vostra il nome di Dio è bestemmiato fra i pagani » ( Romani 2, 24).
Povera Italia povera
Secondo il bollettino deH'agenzia stampa
«Relazioni religiose» (20 gennaio 1973), ne*
gli ultimi mesi il governo regionale siciliano ha
stanziato contributi a 221 enti cattolici dell'isola
per un importo globale di L. 262.823.500. La
citata agenzia pubblica con una certa frequenza,
e in dettaglio, questi elenchi, sicché non si deve
pensare a uno stanziamento una volta tanto: si
tratta di contributi che hanno carattere continua*
tivo e sostengono seguitamente istituti assisten*
ziali e di istruzione che rappresentano certo un
servizio, e in parte una surroga a carenti servizi pubblici, ma che costituiscono pure una evidente rete clericale stesa sull'isola, avallata dal
governo regionale e in parte finanziata con il
denaro pubblico.
4
pag. <*
N. 5 — 2 febbraio 1973
pagina a cura della Federazione Femminile Valdese
Con il pensiero di R. Voeltzel vorremmo ricordare il senso di gioia che in ogni circonstanza, anche in tempi incerti o difficili come i nostri, non ab bandona mai il credente.
La gioia che prorompe dalle pagine bibliche segue generalmente una infilata di sventure: cc La sera alberga da noi il pianto, ma la mattina viene il giubilo... » « Tu hai mutato il mio duolo in danza... Tu hai sciolto il sacco di cui ero coperto e mi hai cinto di
gioia » (Salmo 30). E la stessa gioia che tenta di rispondere al singolare invito dell’epistola di Giacomo: « Considerate come argomento di completa allegrezza le prove svariate in cui venite a trovarvi » (Giacomo 1, 2). L’uomo di fede non rimanga dunque
interdetto davanti al riso meschino che sente venire dal banco degli schernitori di Dio e
non si limiti a fare il gesto negativo di colui che^ evita di, sedersi con gli insensati e se ne
sta solitario (Geremia 15, 17): ma sappia diventare partecipe del grande, gioioso e tranquillo trionfo di Colui che siede nei cieli e che, in Cristo, si ride delle potenze del mondo.
René Voeltzel
(Da « Le rire du Seigneur »)
dibattito a più voci
su
vocazioni pastoraii
e teoiogia
Questo articolo è il frutto di una discussione avvenuta fra le socie delle Unioni Femminili Vaidesi di Roma, in cui sono state inserite interviste ad alcune altre persone italiane e straniere.
Alla fine dell'anno accademico scorso, mentre vedevamo
partire un certo numero di studenti e ci domandavamo chi li
avrebbe sostituiti, ci siamo proposte di interrogarci sulla ragione della scarsezza di vocazioni
pastorali: mentre sorgono vocazioni a ministeri sociali, chiederci come mai, in questo tempo,
viene a mancare il desiderio di
prepararsi al ministero della
predicazione.
— Ma voi credete che sapremo
dare una risposta a un problema che coinvolge non solo la
nostra Facoltà, ma che ha dimensioni mondiali e abbraccia
tutta una generazione?
— Una risposta forse no. Perù
abbiamo pensato che potremmo
avviare una riflessione, chiedere
il parere di vari amici. E chiaro
che ci troviamo davanti a una
crisi della Chiesa, una crisi anche nostra dunque.
— Ma al di fuori di Roma, credete che le comunità sentano un
problema che salta all'occhio
specialmente vicino alla Facoltà?
— Infatti da principio era stata anche per noi quasi una qtier
stione, se così si può dire, di
prestigio. Sapevamo che le Facoltà universitarie erano rigurgitanti (i figli dovevano raggiungere le loro aule la mattina per
tempo per trovare un posto da
sedere) e ci sentivamo a disagio
che la nostra Facoltà continuasse a essere in diminuzione... Ma
poi, a poco a poco, è diventata
una questione molto seria, spirituale direi, che non può toccare
solo noi, ma la Chiesa nel suo
insieme. La parola dell'apostolo
Paolo che abbiamo letto oggi
nella nostra riunione, sembra riflettere questa preoccupazione.
Parlando di pagani e giudei diceva: « Come crederanno in Colui del quale non hanno udito
parlare? E come udranno se non
v'è chi predichi? » (Ro. 10; 14).
— Forse non siamo arrivati
ancora proprio al punto di fare
questa domanda...
— Così infatti pensa un giovane pastore che, dopo aver affermato di considerare indispensabile il ministero della predicazione, aggiunge: > « Io penso che
mentre il ministero pastorale
era, fino a 10 anni fa, l’unica via
di servizio, ora le vie sono molte. I pastori che si dedicavano al
ministero della predicazione nella generazione del dopoguerra,
in effetti si dedicano a cento altri ministeri, sostitutivi di quello della predicazione, pur facendo parte del corpo pastorale. Mi
pare quindi che non ci siano oggi meno predicatori di ieri » (MaRIOTTO Berutti, pastore ad Agrigento).
— Mi pare però che l'interesse sociale sia predominante oggi
nella chiesa e lo vedo come una
reazione al disinteresse che c'era
prima.
— « Una reazione eccessiva a
uno spiritualismo astratto dalle
responsabilità storiche — precisa un professore della Facoltà —
ha spostato sugli interessi politici e sociali l’equilibrio evangelico fra la fede e le opere, facendo forse perdere di vista il primato della Parola, che la vocazione cristiana chiama ad annunciare e a credere come unica soluzione critica ai problemi
della storia. Si tratta ora di
orientare la coscienza teologica e
10 studio della teologia in modo
da tener conto del rapporto tra
11 I e il II comandamento, evitando di ripetere a rovescio gli
errori di ieri » (Vittorio Subilia,
docente di teologia sistematica).
— Sarà facile per i credenti,
specialmente giovani, guardare
con senso critico la storia che
stanno vivendo?
— « Se fossi un giovane privo
di spirito critico, direi anch’io
senz’altro: non entro in questa
Chiesa — ci dice il prof. Cullrnann che ha appena terminato
il suo insegnamento di esegeta
nelle Facoltà di Basilea e Parigi.
E poi aggiunge: — Il problema
teologico (lo studio del problema
di Dio) che ha entusiasmato la
nostra generazione non entusiasma più la generazione di oggi che dice: facciamo della sociologia (lo studio del mondo,
della società, deU'uomo). La chiesa oggi, conformandosi a questo
interesse, perde di vista il suo
oggetto (Dio), non fa più una vera teologia (anzi fa la teologia
della morte di Dio) e si dissolve. Come possono entrare a far
parte di essa dei giovani a cui
si parla tanto bene del mondo
secolarizzato e tanto male della
Chiesa? Conformarsi al mondo
— continua — crea la crisi della
fede. Sembra che nella vita dei
giovani non vi sia più posto per
la preghiera che io considero il
nocciolo della fede. Fra i giovani tedeschi la preghiera al Dio
personale è sostituita da riunioni politiche serali dette "preghiere della sera’’ e viste come la vera preghiera. Considero però tutto questo una crisi passeggera —
conclude il professore con un
sorriso di nuovo sereno. — Nella Chiesa ci sono sempre state
delle crisi dovute a una sua capitolazione davanti al mondo:
ma nel II secolo i Padri della
chiesa hanno trionfato dello
.gnosticismo che era la filosofia
deH’epoca; nel XVI secolo i Riformatori hanno trionfato del
cattolicesimo medioevale che
aveva capitolato davanti alla fi
losofia scolastica. Anche nel
XVIII secolo la Chiesa aveva capitolato davanti aH’Illuminismo
e oggi capitola davanti alla filosofia marxista. Ma io credo che
l’Evangelo, per la sua forza intrinseca, avrà il sopravvento sulla situazione. L’Evangelo non è
mai stato amato dal mondo. È
stato uno scandalo già per il
mondo antico quando Paolo parlava di risurrezione nell’areopago di Atene. Paolo però non ha
demitologizzato lo scandalo per
farlo trangugiare dal mondo, lo
la affermato, per là fede » (Oscar
Cullmann).
— Non mi pare esatto dire che
oggi non ci sia interesse teologico fra i giovani, almeno qui da
noi.
— « A me risulta — precisa un
altro professore della Facoltà —
che molti giovani sono trattenuti dall’iniziare gli studi teologici
a causa della denigrazione del
cosidetto ’pastorato tradizionale’
fatta in questi anni. Mentre,«!
risulta che mai come in questi
anni vi sia stato tanto interesse
agli studi teologici, sia in campo cattolico che in campo protestante » (Valdo Vinay, docente di storia del cristianesimo).
— Quale è la critica al 'pastorato tradizionale’? Forse di avere troppo accentrato in sé i « doni dello Spirito »?
— Ci dice una mamma giovane: « Penso che ci sia una giusta reazione contro la clericalizzazione della chiesa, reazione che,
del resto, è del tutto in linea
con la concezione luterana e calvinista originaria, per cui non ci
deve essere un ’prete’ che si occupi della chiesa e dei ’laici’ che
vivono nel mondo: la chiesa è di
tutti e i laici sono i veri predicatori e ministri. Questo si inquadra nella tendenza generale,
iniziata qualche anno fa (v. movimento studentesco, operaio,
ecc.), per cui la cultura non deve più essere natrimonio di alcuni che sanno, ma si deve costruire in gruppo, come le decisioni politiche non devono essere patrimonio di alcuni, ma prese dalla base. In ogni attività
dovrebbe essere superato il sistema della delega ad alcuni, la
divisione del lavoro; tutti devono fare tutto» (Silvia Miegge
Ade, dr. in filosofia).
— Risponde un pastore metodista: « Dobbiamo precisare: se
il pastorato si identifica con l’azione di coagulazione dei doni
che in un mondo di adulti il Signore dà alla Chiesa, allora essere pastore significa essere il cosciente e trepido interprete della dinamica che la fede cristiana impone a una comunità di
credenti. Se invece il pastorato
La necetiità dell'insegnamento teologico è stata riconosciuta dalla Chiesa Valdese fin dalle sue origini.
Le scuole dei Barbi hanno funzionato dal sec. XIII
al 1530 circa. Dopo l'adesione alla Riforma, la
persecuzione ha reso per molti secoli impossibile
l'istruzione teologica in Italia e gli studenti valdesi
si recarono all'estero, specialmente alle Facoltà di
Ginevra, Losanna e Basilea.
si identifica con una guida di infantili sentimenti di dipendenza
derivati da un malinteso tra rivelazione divina e religione naturale, allora il pastore è una
malattia di cui la chiesa deve
al più presto guarire» (Sergio
Carile, pastore a Padova).
La <c Scuola dei Barbi » a Pradeltorno
— Purtroppo spesso il pastorato mi pare abbia seguito questa seconda strada.
— « Mi chiedo allora — ci dice un Anziano della chiesa di
Aosta — se non sia un bene che
si riduca il numero dei pastori,
' perché queste nostre chiese diventano sempre più delle parrocchie, nel senso che ci si abbandona sempre più nelle mani
del pastore, che fa tutto lui, e
non si sente più lo stimolo a una
azione cristiana. Così le chiese
si vuotano. Io ho sempre la mia
vecchia idea dei ministeri itineranti; ne parlavo già col pastore
Miegge (allora ero un ragazzo),
quando era qui ad Aosta. Vedo
un pastore che venga ogni tanto
a portare un messaggio forte e
poi noi della comunità a effettuare i vari incarichi che ci suddivideremmo. Vedreste allora! »
(Carlo Monaya, decoratore).
— Si potrà mai dire se ciò dipende da una male interpretata
funzione pastorale o da un male interpretato modo di essere
credenti?
— « Io penso — dice un professore di filosofia — che la ragione della scarsità delle vocazioni pastorali dipenda dal modo di essere delle chiese: se fossero delle comunità reali e dinamiche, le vocazioni verrebbero
dalle chiese stesse. La comunità
direbbe: — c’è bisogno di te. —
Oggi però la vocazione è considerata un fatto soggettivo, una
decisione che riguarda l’individuo e non la comunità dei credenti. Data la struttura della comunità i giovani pastori si trovano spesso in contrasto con esse.
Perché c’è incertezza, oggi, su
quello che è il ruolo del pastore. Un tempo non era così. Un
tempo nelle chiese tradizionali,
sia a tipo parrocchiale che a tipo evangelistico, la figura del pastore era ben definita. Oggi non
è più così: i compiti del pastore sono mal definiti e non c’è
una domanda precisa rivolta al
pastore dalle chiese. Soprattutto
pesa il fatto di una clericalizzazione del pastorato che i giovani
rifiutano perché — specie per il
protestante — la visione dei compiti è più laica. Quando però la
comunità, è viva e ha dei rapporti effettivi con l’ambiente circostante è ovvio che certi ministeri possano essere a pieno tempo. Insomma io penso che il pastore c’è se c’è la comunità che
lo chiama. Ma la vocazione pastorale oggi non sembra corrispondere più a un contesto comunitario preciso » (Mario Miegge, docente di filosofia).
— Noi siamo molto incoraggiate da questa esigenza così sentita di una ripresa di coscienza
dinamica della comunità cristiana.
— « Io non sono pessimista —
ha detto, vuotando la sua pipa,
resegeta di Nuovo Testamento
eletto recentemente a Basilea e
figlio del grande teologo Karl
Barth —. Voglio raccontarvi una
mia esperienza americana. Non
uno solo, ma molti dei nostri
studenti, negli ultimi anni ci
hanno fatto questo discorso: abbiamo lavorato in campo sociale, ci siamo impegnati nel lavoro politico. Ora vogliamo fare
qualche cosa di più: vogliamo
essere pastori. — Il professore
di teologia non nasconde la sua
soddisfazione di avere scoperto
qua e là che l’interesse teologico
riprende vita e fa credito alla
nuova generazione che porta certamente in sé un messaggio da
parte di Dio (Markus Barth, docente di esegesi).
— Per questo bisogna ritornare molto indietro, alle basi. La
moglie di un pastore delle Valli
Valdesi pensa così: « Per me !a
mancanza di vocazioni pastorali dipende dalla crisi della famiglia cristiana. Nella maggior parte delle nostre famiglie non si
legge più la Bibbia, non si prega,
non si parla mai di Dio e di Cristo tra genitori e figli. L’opera
della trasmissione della fede è
lasciata quasi intieramente alla
responsabilità del pastore. E poiché la crisi della famiglia si ripercuote sulla comunità, anche
la comunità non sa esprimere
delle vocazioni » (Ruth Tourn,
assistente di chiesa).
,— Questo è vero, ma non va
dimenticato l'altro grande rinnovamento interno alla Chiesa:
— « La Chiesa ha registrato la
grande rivoluzione barthiana che
ha portato il rinnovamento biblico teologico, riscoprendo la
dimensione di Dio? I giovani che
ne escono si riallacciano a questa dimensione o a una precedente teologia ancora centrata
sull’uomo? » (Pierluigi Jalla, pastore a Montana).
— La generazione di noi adulte ha vissuto un periodo di dittatura. Per noi la scoperta della
facoltà di teologia
e chiese evangeliche
Alcune Chiese evangeliche italiane, per la preparazione d ■
loro pastori, si servono della Facoltà valdese di teologia. I metodisK
hanno un loro rappresentante nel Consiglio di facoltà, vi mandan'
i loro studenti e il pastore metodista Sergio Carile vi ha tenuto ult°
mámente delle lezioni. I battisti alternano la loro preparazione tr
la Facoltà di Roma e una Facoltà battista in Svizzera. Il pastore batf*
sta Michele Sinigaglia vi insegna teologia dell'Antico Testamento
Sono pure iscritti studenti della Chiesa di Cristo e vi sono stati stu
denti della Chiesa luterana di lingua italiana. A fare il loro anno at !
l'estero vengono giovani delle Facoltà teologiche straniere, mentri
numerosi professori protestanti stranieri tengono corsi e conferenza
Tutte queste presenze danno alla Facoltà una nota di apertura e
vivacità.
INDA ADE
sovranità di Dio era stata una
specie di salvezza. Ora la situazione è diversa: i cristiani devono prendere posizione verso i
problemi della giustizia.
studiare teologia? Non la sosti,
tuiscono con la sociologia?
— « Io sono socialista di antica data — ci dice un Anziano
della chiesa di Torino — cioè
cgiando era difficile esserlo. Tengo molto alla mia chiesa, però
penso che i giovani la trovano
troppo angusta, vogliono uscire
sulle strade, scendere in piazza
a combattere la battaglia della
giustizia che oggi si sente il bisogno di realizzare in un’azione »
(Luigi Gamarra, bidello).
— Non credevamo, all’inizio
della nostra discussione sui problemi della vocazione pastorale,
che il campo si sarebbe allargato fino all’interno della vita della chiesa.
— « I problemi della Facoltà —
dice il Decano — sono, in ultima analisi, quelli della Chiesa. Se
vi è crisi di vocazioni ai ministeri della Chiesa, la Facoltà è la
prima a risentirne: i problemi
che agitano le comunità si ripercuotono evidentemente anche
sulla Facoltà » (Alberto Soggin,
docente di Antico Testamento).
— Forse una facoltà, come
ogni scuola, ha anche dei problemi suoi propri, per es. di metodo di insegnamento e di obiettivi da raggiungere, che variano
secondo i tempi. Sarebbe utile
sentire un pastore che vi ha studiato nell’immediato dopoguerra:
— « Negli ultimi 60 anni — ci
dice il pastore Aldo Comba —
la Facoltà è passata per diverse
tappe: prima era una ’scuola’ di
teologia, destinata a preparare
dei predicatori per le comunità
esistenti, direi quasi dei parroci. Poi, sotto l’influenza della generazione barthiana, è diventata
una ’facoltà’ di teologia, di livello universitario, che ha preparato un buon numero di teologi.
Qggi bisogna vedere che cosa richiedono e che cosa offrono le
comunità. Esse forniscono un
minor numero di giovani disposti a impegnarsi nel pastorato
classico, mentre comincia a sorgere un altro tipo di esigenze e
di vocazioni; persone di diversissima provenienza culturale (umanistica, tecnica, politico-organizzativa, forse anche proletaria)
che vogliono essere aiutate a riflettere teologicamente sulla realtà in cui vivono e agire su di essa come cristiani consapevoli.
Qggi, a mio parere, la Facoltà
deve diventare un ’centro’ di teologia, che non pretende di dare
a tutti un medesimo diploma, ma
aiuta tutti a ragionare evangelicamente, nella situazione in cui
si trovano. La crisi della Facoltà è dunque una crisi di passaggio dalla forma di ’facoltà universitaria’ alla forma di ’centro
teologico per tutti’ ».
— I nostri giovani vogliono
« Direi che per un tempo
c’è stata una alleanza tra teoio.
già e filosofia; voglio dire che la
teologia, anche quando polemizzava con i filosofi, discuteva^
sempre sulle ’idee’. Qggi si vuol
discutere sui ’fatti’, sui propri
rapporti con gli uomini, ossia
sulla realtà sociale; ma tale discussione è pur sempre teologica, cioè motivata dalla fede cristiana. Non è dunque un abbandono della teologia, bensì un
modo di fare teologia che è diverso, ma pienamente legittimo
L’insegnamento teologico di>
vrebbe tenerne conto » (Aldo
Comba, Segretario della Federazione delle Chiese evangeliche in
Italia).
— Questa è certo una analisi
seria, sentita da tutta la generazione giovane. Un rinnovamento
delle forme teologiche è sempre
necessario e benvemau in una
chiesa riformata che vuol essere continuamente in via di riforma. Può essere forse una risposta valdese all’intervento del
prof. Cullmann il quale lancia un
allarme nei riguardi della teologia tedesca che sembra aver perso il suo punto di riferimento.
Una risposta anche alle parole
di speranza del prof. Barth.
Noi auguriamo ai nostri anici professori e studenti della Facoltà che la loro ricerca dai mol-,
ti aspetti, trovi la sua via: un.
equilibrio basato sull'Evangelo,prima di tutto, e poi dcìle imen-,
zioni che diano la possibilità di
dialogare col mondo, con i membri delle chiese, ma anche con
le altre Facoltà di teologia. /
'centri' non dovrebbero essere.,
piuttosto una responsabilità delle comunità, perché possano sorgere dovunque, facilmente raggiungibili, elastici a seconda degli ambienti, guidati da quelli
che nella Facoltà hanno arrotalo le loro idee?
Ringraziamo tutti quelli eh
hanno partecipato a questo nostro dibattito e ci hanno aiutato
col contributo del loro pensiero,
della loro fede e della !:ìro speranza.
In un tempo di esasperati coni
degli uomini si va chiarendo
che è al tempo stesso spaventos
sámente ricco, in quale senso s
stiana? La comunità di ieri è i
un Evangelo considerato copert
si di chi voleva conservare i p
oggi è alla ricerca di un Evan_
di giustizia e di liberazione. $>
lanti in modo da mettere in lucO
è specifico dell'Evangelo?
GIAANA SCICLONE, pastore in Abruzzi
a S. Giovanni Lipioni, risponde zH*
domanda : « Perché fai il pastore
si.'
« Lo faccio innanzitutto colf}
Irò qualche cosa e poi per qual'^
che si fa in facollà
olire il lavoro leologico?
— r*jbblicazione di libri e collaborazione ai giornali della Chiesa e a rivifte
specializzate.
— Partecipazione a movimenti, convegni e congressi nazionali e esteri.
— Conferenze e predicazioni a Roma, in Italia e all'estero. Collaborazione con H
Collegio Valdese di Torre Pellice.
— Corsi per i laici, anche per corrispondenza, e alle università statali e pontificie
— Pubblicazione della rivista « Protestantesimo ».
— Attività nelle chiese romane e laziali ; attività ecumeniche.
•”* Ospitalità nel CONVITTO ( 25 stanze a due letti ) a studenti in teologia e
tre Facoltà, italiani e stranieri ; dì singoli e di gruppi stranieri che vengono •
Roma per motivi di studio. Ad essi e ad altri gruppi si tengono conferen*®
sulla storia e sui problemi del protestantesimo italiano. Così si creano nuov'
rapporti di amicizia con Chiese evangeliche di varie nazioni.
— Consulenza bibliografica diretta e per corrispondenza a studiosi italiani ®
stranieri.
— La BIBLIOTECA è l'unica in Italia specializzata nella storia della teologia
protestantesimo. Viene regolarmente aggiornata su piano Internazionale. Possied®
42.000 volumi e riceve ca. 200 riviste teologiche, è frequentata da studenti e pf®“
fessori di Università statali e pontifìcie di Roma e di altre città.
AJA SOOGIN
Bibliotecaria
5
2 febbraio 1973 — N. 5
pag. 5
Con l'editto di tolleranza e lo slancio evangelistico attraverso tutta la penisola, venne sentita
ben prette la necessità di una istruzione teologica che tenesse conto della particolare situazione italiana e nel 18SS venne fondata la Facoltà di teologia presso il Collegio valdese di Torre
Pellice. Nel 1860 fu trasferita a Firenze ed infine nel 1922 a Roma dove si trova tutt'ora.
visita alia facoltà
Roma . La Facoltà di Teologia
Eccoci nel palazzo della Facoltà di Teologia. I professori abitano i due ultimi piani. Sotto,
gli studenti hanno il loro convitto, a pianterreno le aule e la
biblioteca.
Saliamo al IV piano dove ci
accoglie il Decano, il prof. A.
Soggin. Siamo venute a chiedergli quale considera essere rapporto culturale della Facoltà.
— Attualmente — ci dice —
essa è uno strumento prezioso
oltrecché unico per lo studio
della teologia protestante a livello accademico in Italia e come tale è riconosciuta all’estero,
dove i suoi titoli sono accettati
per i corsi di laurea. Studenti e
studiosi di università statali, nazionali ed estere e di università
pontificie, studiano presso la
Biblioteca.
— QuaTè il livello degli studi?
— Il livello degli studi, nonostante l’evidente ostacolo delle
ridotte dimensioni e della scarsezza dei mezzi, non è inferiore
a quello di gran parte delle Facoltà evangeliche dei paesi latini, ivi comprese alcune Facoltà
statali.
Rivista
¡Giorgio Tourn,
ierta Subìiia
iorgio, tu mi dovresti aiuire a vedere un po’ chiaro
(: pesto problema del pa»rato come si presenta ogI nel clima particolare che
pastorato ieri e oggi
le una risposta a un proa. del genere in poche pajón è facile ; si può comun^vare. Esaminerei la quea a tre livelli.
;oè?
¡pómo luogo dal punto di
ambientale ( o sociologico
ffl). Per molto tempo divenpastore ha voluto dire col
si nel quadro di una clastigente. Per qualcuno pótesete una ascesa sociale, un
lavanti nella realizzazione
1 Ideale di vita...
oche una riuscita in camleionomico?
ie, ma non in primo luogo,
tote era lo sviluppo della
ia esistenza in una carrieerale, come le carriere uniarie. Considera quanto il
re fosse libero, nell’amì di un tempo, di impostasue iniziative, fare le scele riteneva buone, allargare
■i^nti delle proprie conoe visitando luoghi e paesi.
.descrivi il pastorato come
raggiungimento di una
mecca ! E ora non ha più nulla di bello diventare pastori?
Cerca di capirmi: neH’ambiente odierno tutto questo che ho
detto non esiste più. Il pastore
è, si, un intellettuale, ma scarsamente rimunerato, in lotta con
il proprio ambiente, spesso frustrato per l’insuccesso dei suoi
sforzi, costretto a parlare in
una società che diventa sempre
più consumistica.
Vuoi dire consumistica anche
dei beni spirituali?
Indubbiamente e questo è forse l’aspetto fondamentale del
problema. Oggi fare il pastore
significa fare una scelta non
nella direzione generale di un
contesto sociale, ma in opposizione ad esso. Per un giovane
può voler dire contestare le
aspirazioni della famiglia che sogna per lui altre carriere, contestare la sua generazione giovanile che ritiene inutile il suo
lavoro, eccetera.
Chi farà
simile?
allora una scelta
Ora arriviamo al secondo livello della nostra riflessione, al
piano teologico. E ti rispondo
subito: lo fa solo chi vede molto chiaramente perché la fa e
per chi la fa.
Si, ma un giovane
bito chiaro?...
vede su
Certo no, ma questo diventa
possibile se Tinsieme della comunità cristiana è orientata
nella stessa direzione, pur con
diverse opinioni. È questo orien.
tamento che non si vede chiaro
oggi.
Certo è pazzesco se pensi come siamo lontani gli uni dagli altri nelle comunità quanto a posizioni, a idee, a modi
di vita. E il pastore deve tenere presente tutto. Non è
portato dalla comunità, è lui
a portare la comunità.
Questo è il fatto grave, non
solo perché è quasi impossibile
ma perché è sbagliato farlo. Si
capisce perciò che questa prospettiva scoraggi chi pensa alla propria vocazione come a un
servizio. Inoltre i giovani trovano difficoltà a oollegare lo studio teologico con i problemi della testimonianza che essi consi-.
derano primari. Hanno cioè problemi di vita e di predicazione
a cui la teologia risponde solo
in modo indiretto e gli strumenti che fornisce serviranno solo
in seguito.
Questo però mi pare si possa
dire per chiunque studia in
vista di un lavoro. L’ingegnere deve essersi documentato
sull’arida matematica, il medico sulla fredda anatomia,
prima di arrivare al vivo del
loro lavoro, no?
Il rapporto tra studio teologi
co e vita non è esattamente lo
stesso, ma veniamo al terzo livello il piano spirituale. La comunità è sempre più un piccolo
mondo che vive la sua fede negli schemi del consumismo moderno. Cioè i credenti hanno fede, oggi, come un tempo, ma
esprimono questa fede da consumatori, non da persone autonome. La cura d’anime è oggi più
pesante e faticosa di duecento
anni fa.
Se tu ti spiegassi meglio,
Giorgio.
Rileggi « Le mie memorie » di
Rostagno e vedrai come sorgevano nell’età eroica le vocazioni! Allora erano i vecchi a portare la comunità, erano lo scheletro della Chiesa, oggi sono
senza forza, devono essere continuamente sostenuti. I credenti erano in grado di esprimere
un pensiero, di pregare, di dire
una parola o dare un messaggio. Oggi tutto deve essere fatto
da un tecnico, un pastore. Non
c’è più clima di riflessione spirituale nelle famiglie, nelle case
nostre. Da uno spettacolo religioso alla TV, non verranno vocazioni (o poche), verranno da
un esempio familiare, dalle madri, dai nonni.
E alle mamme e alle nonne
delle nostre comunità dedichiamo questi brevi spunti
augurando che siano loro
utili.
^ui alla coscienza
bia di un mondo
^ero e spaventola sensibilità criili aver predicato
to degli interesLa comunità di
pretato in chiave
ragli essere vigili» questa ricerca,
lira. Faccio il pastore perItendo lottare contro la rebebe da sempre ha intrap> l’uomo allontanandolo da
®so, dalle sue possibili reaIpni e dalla società che
“e dovuto contribuire a
ire. Conoscendo la religioso combatterne gli aspetti
fenanti e pensare alla loro
^Illazione in strumenti al
lo dell’uomo. Questo dureohé ci sarà ancora la relima essa non sembra de3 ad estinguersi; sembra
parsi e spostarsi su altri
"i che hanno però lo stesWtato fatale di alienazione
Imo da sé stesso e dalle
isponsabilità.
^'oosa per cui mi sento di
Barmi è l’organizzazione di
Wmento che sia di liberaMsica e spirituale nell’am,in cui viviamo. Il contesi questa liberazione an^ meglio precisato, ma do®or chiaro soprattutto che
idefinito a livello di base,
*®2ione in situazione, sia
jfill’ambito di scelte fondaci a tutte le nostre comu“anso che questo dovrebj^e l’impegno e la lotta
®ii comunità deve con
I il momento può essere
Fio fare il pastore, ma è
toe la formula « onnivapastorato va verso la
Io stessa non mi sento
TRE GIOVANI DONNE IMPEGNATE NELLA CHIESA
CI TRACCIANO LE LINEE DEL LORO LAVORO
una scelta qui e ora
legata ad una forma molto fissa
di questo servizio e immagino
volentieri un lavoro a tempo parziale, in una comunità dove tutti
prendano parte attiva al "movimento" di cui parlavo. Nella misura in cui le comunità saranno
vive, si potrà superare forse lo
schema attuale che coinvolge il
tempo pieno di una sola persona, prestando un alibi ai tiepidi.
Forse un periodo di « astensione
pastorale » potrà essere perfino
utile a un ripensamento di tutta
la questione, a una riorganizzazione nuova delle comunità nel
senso della partecipazione attiva
di tutti i membri o, almeno, della maggior parte di essi.
« La predicazione deve essere
mantenuta come il punto fondamentale di recezione e di impegno delle comunità. Deve riflettere una loro struttura rinnovata e anche i nuovi interessi che
ne emergeranno. Anche oggi lo
fa e per questo viene fatta dal
solo pastore ed è spesso poco
aderente alla realtà. Deve mantenere il legame con la predicazione del passato (la Bibbia)
usandola in senso critico e vivo,
come in fondo anch’essa ha compreso sé stessa, a suo tempo.
Tuttavia il mantenimento di questo legame non dovrebbe andare da sé ed essere scontato, ma
dovrebbe essere, come è già per
molti di noi, un richiamo critico
che viene "da fuori" di noi e della situazione immediata nella
quale ci troviamo. La predicazione del passato è anche la nostra storia, dall’analisi della quale possiamo imparare a non ri
cadere negli errori antichi e a
perseverare nelle più svariate
difficoltà.
« Nel tempo in cui non predico cerco di essere disponibile
per tutti, e utilizzo il tempo negli incontri umani, nella preparazione della predicazione e delle varie riunioni, nella partecipazione attiva a tutto quello che
con la comunità decidiamo sia
importante realizzare. Con la responsabilizzazione di tutta quanta la comunità, la cosidetta "cura d’anime” penso non possa più
essere mantenuta (salvo casi necessari) come colloquio di singoli col pastore, ma dovrebbe diventare la predicazione l'eciproca che ci mostra il nostro errore e ci annunzia la possibilità
del perdono e della riconciliazione. Con le divisioni che ci attraversano in tutti i sensi il problema della riconciliazione è di
importanza grave e immediata.
Per risolvere delle situazioni difficili a volte è più utile consultare un medico o uno psichiatra
che un pastore. Però quello che
né il medico né lo psichiatra di
solito fanno è appunto l’annuncio del perdono che può essere
in molte circostanze la cosa risolutiva per un nuovo inizio ».
GIOVANNA PONS, insegnante di matematica al liceo scientifico, ha lavorato
un anno fra gli emigranti in Germania. Essa ci dice;
« Che cos’è una comunità di
emigranti? È un’entità reale e
concreta, un gruppo di persone
nate povere non per loro libera
scelta, ma destinate, per questa
unica ragione, a guadagnarsi il
pane con una vita che di umano
ha solo la loro anima.
« È molto semplice incontrarsi còn un'anima di emigrato, perché è un’anima che ha fame e
sete di giustizia. Non fame di
pane, perché quello se lo guadagna con fatica e dignità, ma di
giustizia nel vero senso della parola: giustizia per i propri figli
che vivono la maggior parte dell’anno separati dai padri, soli
con le madri oppure soli negli
istituti dove sono messi a studiare o a imparare un mestiere;
giustizia per la loro condizione
di esseri umani, stipati a vivere nelle baracche, in stanze fino
a 4, 5, 6 letti, dove rinchiudersi
nella propria cameretta per pregare diventa un privilegio da signori; giustizia per le loro condizioni di lavoro, dove l’isolamento per la non conoscenza
della lingua li costringe a lunghi periodi di disadattamento e
sfruttamento. Per esempio l’industria tedesca si regge sul lavoro a cottimo, ma le bolle di
lavorazione sono scritte soltanto in tedesco anche per i lavoratori stranieri; "Un lavoratore
straniero voleva capire da sé
qual’era il suo rendimento sul
lavoro; ci mise esattamente 8
mesi prima di poter finalmente
calcolarsi il suo cottimo"! (Solidarität). Ma se un lavoratore
non riesce a calcolarsi il cottimo rischia di rendere meno e
di venir spostato di reparto, op
(continua a pag. 6)
Ringraziamo delle informazioni e scendiamo presso la Direttrice del Convitto.
Il Convitto della Facoltà —
spiega — raccoglie una quindicina di studenti, alcuni di teologia, alcuni di altre discipline. Le
camere sono a due posti. Ecco
la sala da pranzo, ecco là un
soggiorno dove gli studenti possono riunirsi.
— Ci sono degli orari fissi?
— Si per il pranzo e la cena.
Del resto regna una grande libertà e, pur essendo gli studenti indipendenti, sanno avere riguardo al lavoro del personale
e rispettano le ore.
— Sono molto buoni e molto
tranquilli — interviene il custode. — Vogliono andare in Biblioteca? — Scendiamo ancora un
piano.
— Fra noi studenti — ci dice
un giovane che incontriamo nel
corridoio — esiste un rapporto
critico, ma fraterno. A volte ci
sono divergenze di posizioni che.
cerchiamo di discutere da un
punto di vista evangelico. Ci piace tanto discutere! Per ore e
ore! Ma siamo tutti amici.
— Perché lei studia teologia?
— Tra le tante ragioni che mi
hanno spinto a intraprendere gli
studi teologici — risponde uno
studente di 3« anno, Antonio Adamo, 23 anni, valdese di Torino —
credo che la più valida sia stata la necessità di avere una preparazione non superficiale per
testimoniare della mia fede. Non
credo nello studio della teologia
come solo fatto culturale. In ogni
lavoro umano c’è sempre una
scelta di base che a volte può
dare al nostro lavoro un indirizzo anche sbagliato dal punto di
vista ortodosso. Ma non esiste
scelta priva di rischi, penso perciò che valga la pena provare;
se avremo sbagliato Dio ci giudicherà.
— Come sono i vostri rapporti con i professori?
— Sarebbe una mistificazione
dire che fra professori e studenti esista un generale consenso
a bruciapelo
Durante una nostra riunione ad alcune di noi è stato
chiesto che cosa fosse per loro la Facoltà.
Nerina Ribet; Quando vivevo in altre città sentivo la
Facoltà come una cosa molto
lontana. Ora che vivo a Roma ne ho ricevuto molto.
Lia Teresa Taliento: Per
me, che gli studenti ci siano
o non ci siano è tutto uguale.
Non li vedo mai, purtroppo...
Giulia Palanca; Vent’anni
fa sono stata cuoca al convitto per un anno. Gli studenti
erano tanto cari, non posso
dirne che bene. Come si farebbe se non ci fosse la Facoltà?
Irene Scatamacchia; Ringrazio il cielo che ci sia la
Facoltà!
Inda Ade: Per me la Facolta è molto importante e ne
seguo con interesse le vicende. Ora si dice che il pastorato a pieno tempo non sia
più di moda e di conseguenza, se si segue questa idea, lo
studio teologico sarà dimezzato. Spero che sia una moda passeggera: uno studio serio non si può dequalificare.
Considero una facoltà di teologia come è la nostra adesso, importante e da sostenere. Mi pare che per le comunità di Roma sia un privilegio averla vicina.
Maria Jelli: Negli anni
passati in casa mia si sono
avvicendati molti studenti.
Ora non sto tanto bene e non
li conosco più.
Francesco Jelli: Sono stato per molti anni assistente
bibliotecario. Adesso sono
anziano ma mantengo ancora sporadici rapporti personali.
Signora Amantea: Non so
bene che cosa si faccia qui
alla Facoltà, ma io d’estate,
quando non c’è il pastore,
sento fare il culto dagli studenti, perché io vado sempre
in chiesa, anche d’estate, e lo
fanno bene...
.sul metodo di indagine teologica. Esistono delle divergenze, alcune componibili, altre no. Con
alcuni professori quest’anno abbiamo concordato il programma da svolgere. Credo comunque che le voci di dissenso possano essere di stimolo per una
reciproca autocritica e conversazione là dove sono possibili.
Paulette Rossaldi
appunti
# Alcune sorelle della comunità di via IV Novembre hanno
seguito con vivo interesse e profitto i due anni del Corso per
Laici appena fu istituito dalla
Facoltà di Teologia, ed hanno
voluto iscriversi anche nei due
anni successivi.
Non hanno sostenuto esami
ma hanno voluto seguire i corsi perché sentivano il bisogno
e l’utilità di approfondire la
propria riflessione teologica e
biblica in un momento di crisi
come l’attuale. I Corsi su l’Antico ed il Nuovo Testamento
sono alla portata di tutti e dovrebbero essere seguiti da tutti
coloro che possono dedicarvi
quel paio d’ore di un pomeriggio alla settimana, perché aiutano veramente a comprendere ed
interpretare i testi biblici. Il
corso di dogmatica è naturalmente più difiScile e richiede un
minimo di conoscenze teologiche, ma è di grande aiuto per
chiarire e puntualizzare la nostra riflessione e posizione evangelica su problemi di fede. Ci
sono stati anche corsi di patristica, di etica, sulla Riforma...
Altre sorelle hanno seguito invece le lezioni di catechesi tenute di sera dal prof. Vinay, onde
poter svolgere un servizio nella
chiesa, ed anche per il desiderio di un chiarimento piersonale e per l’inserimento della Facoltà nel vivo della comunità.
L’Unione Femminile da due
anni fa parte del sodalizio degli
Amici della Facoltà ed ha contribuito con doni in danaro per
la Biblioteca. Questo in considerazione anche del fatto che a
Roma non esistono istituti ed
opere da aiutare direttamente,
mentre non è possibile ignorare
ché la Facoltà ha bisogno di sostenitori.
Gabriella Titta
% Il nostro lavoro femminile,
a Piazza Cavour, è fatto di riunioni semplici e fraterne in cui
■ci scambiamo i nostri pensieri,
qualche volta le nostre perplessità. In genere abbiamo una riunione dedicata a uno studio e
una dedicata ai lavori. Ci rallegriarno di tutto questo, anche
se spesso durante le riunioni
parliamo della necessità di un
rinnovamento delle Unioni femminili. Dobbiamo rammaricarci
che molte sorelle restano all’esterno del nostro gruppo, forse non convinte del nostro lavoro. Però esso dà dei risultati
positivi in quanto possiamo dare un aiuto concreto a Istituti
valdesi e anche non valdesi. Vi
sono sorelle che per varie ragioni non possono frequentare la
Unione, ma dimostrano con doni il loro interesse e affetto. E
vi è l’opera nascosta di alcune
sorelle che rendono una calda
testimonianza di amore fraterno visitando malati, vecchi e
isolati.
La nostra attività quest’anno
si svolge nei locali ampi e luminosi de al llaFctoidàmuv’toua
minosi della Facoltà di Teologia, cosa di cui siamo molto
grate.
Nerina Ribet
F. F. V.
★ Le borsiste, della F.F.V., quest'anno, sono due.
ir il C.N., attuando una decisione votata nell'ultimo Congresso della F.F.V., si è impegnato a preparare e pubblicare su questo settimanale, quattro volte all'anno, una pagina, curata di volta in
volta da un gruppo di Unioni.
ir Per i due scopi suddetti il C.
N. raccomanda alle Unioni il
versamento delle quote.
questa doppia pagina
è stata preparata
dalle Unioni
Femminili
Valdesi di Roma
6
pag. 6
N. 5 — 2 febbraio 1973
a cura della
Federazione
Femminile Valdese
DALLE NOSTRE COMLFNITA
scelta
(segue da pag. 5)
pure di rendere troppo facendo
del lavoro in più non retribuito.
« Parlare dell’emigrazione presuppone l’avere davanti un interlocutore attento e sensibile ai
problemi umani e sociali del suo
paese e del suo tempo, che collabori per migliorare la situazione sociale della propria gente,
per esempio aiutandola a non
più emigrare. Trovare lavoro in
patria è la richiesta comune di
ogni emigrato, ma io ho delle richieste alle quali non so cosa rispondere.
« Con gli emigrati mi sono incontrata, con loro ho capito che
cosa poteva voler dire il messaggio di Cristo ai poveri: « Beati i poveri perché di loro è il Regno dei cieli »! Non perché abbiano fame di pane, ma perché
hanno troppo pagato per questo
pane cui hanno diritto, perché
sono stati spogliati del loro diritto, perché aspettano che sia
fatta loro giustizia.
« Li ho incontrati, questi poveri, nelle loro baracche, negli
ospedali, in una piccola stanza
con la loro famiglia, i pochi che
hanno avuto il coraggio di portare la loro famiglia tanto lontano. Con loro ho rotto il pane
e ho sentito il peso della loro fatica, con loro mi sono rallegrata di un figlio nato.
« Così è nata anche la nostra
amicizia che si concretava nelle
mille cose che avevamo da fare
insieme. Insieme si faceva l’assistenza sociale, insieme si faceva
il Culto. Ho imparato tante cose
da loro: ho imparato la via dell’ufficio assistenziale, della cassa
mutua, del sindacato, dell’ospedale... Ma ciò che più importa
ho imparato che cosa Cristo può
fare dei suoi uomini: un’autentica Comunità che cerca di concretizzare anche durante il Culto domenicale la propria solidarietà ed il proprio amore per il
fratello. Prima di tutto questi
uomini si misuravano con la
Bibbia, nel chiedersi il perché di
ogni cosa. La loro vita era troppo dura per poter ascoltare una
Parola non incarnata. Ogni cosa
udita doveva essere raffrontata
con il loro presente vissuto. Pregava solo chi era nello stato d’animo di poterlo fare. I più umili. in genere, erano sempre in
grado di poterlo fare. Chiunque
avesse delle difficoltà doveva essere ascoltato e poi aiutato, altrimenti perché si era cristiani?
« Così anche il Carmine, quan
do venne da noi, fu aiutato. Era
un giovane di 17 anni, sotto processo per una rissa sorta tra lui
e due compagni di lavoro tedeschi, senza lavoro per aver subiti 20 giorni di carcere e, ovviamente, senza un soldo. Non credeva, e ce lo disse in faccia: "Io
Cristo non l’ho mai visto, per
me non ha mai fatto niente".
Suo padre l’aveva mandato in
Germania a 14 anni per lavorare
per i suoi fratelli, ma adesso,
dopo queU’esperienza, aveva tanta voglia di ritornare a casa. Un
figlio senza famiglia e tanti padri senza figli che, forse, anche
se in modo diverso, avevano vissuto quelle stesse cose e che facevano di tutto perché i loro figli non avessero più da viverle.
Ma ora c’era ancora qualcuno
che doveva viverle e a lui dovevano dire qualcosa di valido. Si,
chi ha pagato di persona è in
grado di capire l’altro. È per
questo che ho potuto rallegrarmi con loro per un figlio nato ».
MIRELLA ABATE, studente di teologia, ci
dice come intravvede la sua futura
predicazione :
« Io non risparmio critiche
quando mi sembra che la teologia e la predicazione svolgano
un ruolo non di liberazione, ma
di chiusura; il mio sforzo (e in
questo sforzo rivolgo una critica
anzitutto a me e alla mia generazione) tende alla ricerca di
una parola non « incatenata ».
Questo sforzo è fatto all’interno
della scelta di collaborare con
quanti, credenti e non credenti,
cercano di costruire una società
diversa e meno disumana e ingiusta. Sono convinta che in questa lotta la predicazione della
Parola di Dio è essenziale, perché solo con il confronto continuo con il nostro unico Signore
possiamo evitare di incatenarci
a nuovi idoli ».
dalle Unioni
Sampierdarena
Abbiamo avuto e cerchiamo
di sviluppare contatti interdenominazionali. Ci riuniamo quindicinalmente, alternando studio e
lavoro. Ultimamente la presenza
al culto di alcune zingare convertite ci ha dato l’occasione di
approfondire il problema della
loro esistenza e della conversione degli tzigani in Francia; siamo state molto sensibili a questo movimento, dando anche un
aiuto spirituale e materiale in
occasione, di un loro incidente
stradale.
I libri per adolescenti
1 Vorremmo segnalare alle mamme, per i loro figlioli, una nuova
= interessante collana di libri scritti da autori competenti e che sanno
= farsi capire. Questi libri, che a noi pare utile proporre, ci sembrano
= rispondere agli svariati interrogativi degli adolescenti.
M II prof. Hirsch con La comunità vivente, fa una bella introdu
= zione alla ecologia. « L’ecologia è lo studio della vita quotidiana de
= gli esseri viventi, lo studio dei rapporti che essi hanno gli uni con
= gli altri e con l’ambiente ». Sopratutto dopo che le idee di Darwin
= hanno trasformato la scienza biologica, intorno a questa « casa »
= dell’uomo che è il nostro mondo, sono sorti infiniti problemi ai qua
^ , li i ragazzi di oggi si sentono molto attirati.
1 Arnold Kettle, presentando K. Marx e la nascita del comuniSmo
= moderno, risponde a un’altra viva curiosità dei giovani che si tro
= vano al loro primo incontro con la « politica » e scrive una buona
= introduzione, chiara e seria, al pensiero del grande filosofo, econo
= mista e rivoluzionario del secolo scorso. Come è nato il sistema
= capitalistico? Cos’è il profitto? Cos’è la lotta di classe? Cosa s’inten
= de esattamente per materialismo? In che senso Marx si poneva con
= tro la religione? Come pensava di poter trasformare il mondo? Que
= sto libro di un’autore marxista è un primo strumento di ricerca che
= può aiutare i ragazzi a farsi un’idea propria.
= Nicole Santilhes, l’autrice di L’educazione sessuale è un medi
^ co con una vasta esperienza di giovani. Abituata a trattare con lo
= ro i loro problemi e a conoscere le loro esigenze è riuscita con gran
= de naturalezza a fare con questo libro un discorso chiaro e comple
= to sul sesso, sfrondandolo di tanti pregiudizi, ma mantenendosi
= sempre su un piano altamente morale e a volte problematico.
= Dopo Darwin e Marx non poteva mancare in questa collana una
= indagine su Freud, il pensatore che insieme agli altri due ha tra
= sformato la nostra visuale del mondo. McGloshan e Reeve, psichia
= tra e psicologo hanno scritto quello che forse è il più difficile dei 4
= libri Freud e la nascita della psicanalisi per spiegare come questa
= scienza può fornire una nuova interpretazione della esistenza uma
= na. È doveroso prenderne conoscenza.
S Ediz. Mondadori « Collana aperta per i giovani d’oggi », Lire
= 1.300 cad.
= B. S.
Uno scrittore per ragazzi premiato
In una delle sue presentazioni di libri per
ragazzi e adolescenti (n. 50/1972) Berta Subilia segnalava, fra gli altri, un libro di
Nicola D’Amato, La repubblica dei Robinson, edito da Paravia. Apprendiamo ora che
il libro di questo insegnante, in attività a Torre Pellice, è stato recentemente premiato con
medaglia d’oro, premio speciale « Voci nuove » conferito dall’AVIS di Torino « per meriti umani e sociali che scaturiscono dall’opera ».
È caratteristico che l’AVIS, che si propone di incentivare con il dono di sangue l’amo
re verso il prossimo nel bisogno, abbia voluto
premiare quest’opera — non è la prima — in
cui l’insegnante addita ai ragazzi e, perché
no, agli adulti la fratellanza. « La fede senza
le opere è morta », ripete il D’Amato, e lo insegna ai ragazzi che sono e devono essere il
fertile terreno in cui gettare il seme dell’amore. L’amico è un fratello, nei giochi, poi nella scuola, infine nella vita; fin da ragazzi si
può riconoscere che l’atto generoso è premio
di per se stesso, ma che non per un premio
si deve operare, bensì con l’amore che tutto
dà e nulla chiede, perché tutto ha ricevuto.
MILANO; l’assemblea di
chiesa designa il pastore
Thomas Soggin
Domenica 28 gennaio l’assemblea
della chiesa di Milano era convocata
per la designazione del pastore. Sui
338 membri elettori erano presenti 201
votanti; il pastore Thomas Soggin, che
già da alcuni anni ha esercitato il ministero nella città accanto al past.
A. Sbaffi, è stato votato da 153 membri; le altre 48 schede bianche o voti dispersi. Ci rallegriamo fraternamente
per questo risultato, con l’augurio di
una buona opera comune alla chiesa
milanese e al past. T. Soggin, investito di questa più piena responsabilità.
PACHINO: sforzo per uscire dal ghetto - la visita del
Moderatore - ecumenismo
delusioni e speranze
Qualche anno fa fu proposto in una
conferenza distrettuale che le relazioni deile chiese non parlassero più di
quanto avviene all’interno delle comunità, ma soltanto di quanto la comunità fa verso l’ambiente circostante.
Spesso se ci si attenesse a questa regola si finirebbe per non dire più nulla: tanto poco si fa di interessante.
Grazie a Dio tuttavia questo è un momento in cui qualche cosa siamo riusciti a fare nello sforzo di uscire dal
ghetto.
1) Dalla fine ottobre abbiamo ripreso la vecchia abitudine dei culti di
famiglia. Nulla di nuovo, forse, ma abbiamo constatato che soprattutto nelle famiglie che sono più ai margini
della chiesa — per motivi di lavoro, di
famiglia, di sfiducia verso quello che
oggi è la chiesa — questi culti sono
stati l’occasione per invitare i vicini di
casa, i parenti anche non evangelici,
gli amici. Un discorso nuovo, non polemico, non proselitistico, ha potuto
essere avviato.
Abbiamo inoltre creato un interesse
intorno al giorno e all’ora in cui ci riuniamo — il giovedì alle 18.30 — che
poi ci è servito per organizzare un poco l’ascolto della trasmissione televisiva « Protestantesimo ». Da quando la
trasmissione va in onda, un piccolo
gruppo si riunisce, a volte in una casa,
a volte in un’altra: si assiste insieme
alla trasmissione, e al termine si cerca di superare la freddezza del mezzo
televisivo con un fraterno scambio di
ideq. I^ trasniis^iétoe diviene allora lo
spunto per un discorso che continua,
che non si ferma al messaggio ricevuto e alla notizià data, ma passa a trattare le cose che ci sono più vicine, i
problemi che ci stanno più a cuore.
Abbiamo potuto notare che la nuova
rubrica ha un suo pubblico abbastanza vasto, anche al di fuori dell’ambiente più strettamente interessato: preti,
cattolici, pubblico occasionale. Crediamo che essere nqi stessi informati sarà di grande aiuto per informare anche gli altri, sia sulle questioni di fede sia sui fatti d’attualità che più o
meno da vicino ci riguardano.
2) Nel giorno di Natale il gruppo
EGEI ha aderito ad una manifestazione contro la guerra nel Vietnam che
ha raccolto le adesioni di gruppi politici, sindacali, cattolici, e del nostro
gruppo.
L’occasione era triste, un Natale di
guerra e non di pace non lo si può celebrare con cuore lieto: ma è stato un
fatto positivo constatare che alcuni
passi avanti nella coscienza del popolo
si son fatti; e con soddisfazione possiamo registrare il fatto che i fratelli
cattolici hanno chiesto al nostro rappresentante di parlare anche a nome
loro nel corso del comizio che v’è stato, ad evitare che spezzando il discorso in troppi interventi di parte si finisce per non cogliere la solidarietà di
fondo che almeno in quell’occasione ci
animava.
Per Capodanno era prevista la visione di una serie di diapositive sulla
guerra tecnologica nel Vietnam, che
^ Caccia
8 pesca
IL PASSATOR CORTESE
Alcuni giorni fa a Caracas, capitale del Venezuela, un commando armalo, che si è dichiarato aderente al movimento Bandiera Rossa,
ha attaccato un camion carico di ottocento
polli e se n’è impadronito. Gli sconosciuti
hanno poi distribuito i polli fra gli abitanti
di un quartiere popolare della capitale.
PIU' CARA, PIU' SPORCA
Palermo è la città d’Italia in cui la pulizia
(si fa per dire) costa più cara. Quel Comune
spende 40 milioni al giorno, 14 miliardi all’anno per 2270 netturbini (Milano e Torino, con popolazione tripla e doppia di quella di Palermo, ne hanno meno); le assenze
giornaliere sono in media 500, in buona parte ’’pretestuose”, secondo gli stessi amministratori comunali. I sindacati condividono con
Tamminislrazione la responsabilità di questo...
sudiciume.
poi non ha potuto aver luogo causa il
maltempo che ha lasciato tutta la provincia di Siracusa senza luce; ma il
pubblico, convenuto in una sala messa
a disposizione dalla Chiesa Cattolica,
ha dato vita seduta stante ad un dibattito appassionato e informativo, cui
vari fratelli di chiesa hanno dato un
contributo non indifferente.
La sottoscrizione per il chinino lanciata dal locale Comitato per la pace
nel Vietnam ha fruttato 84.000 lire che
sono state trasmesse al Comitato Italia-Vietnam.
3) A metà gennaio abbiamo avuto
la visita del moderatore della Tavola
Valdese, pastore Aldo Sbaffi, nel corso
del suo viaggio in Sicilia per prendere
contatto con le comunità valdesi dell’isola. Il moderatore ha tenuto una
conferenza su: « L’Ecumenismo: delusioni e speranze », che è stata assai
utile e puntuale specialmente per il
momento che stiamo vivendo in Pachino, dove si possono notare alcuni prudenti aperture in alcuni settori cattolici, ma dove a livello generale si è ancora in un’epoca preecumenica.
Puntualizzare la nostra posizione in
campo ecumenico, senza spirito polemico ma con chiarezza, è stato particolarmente utile per l’informazione e
la ricerca di comprensione reciproca:
nello spirito della dichiarazione sinodale sull’ecumenismo del 1971, si è ribadita la nostra disponibilità per un
ecumenismo là dove esso non contrasti con la libertà del dissenso, anche
nelle questioni di fede, all’interno stesso del cattolicesimo.
Il 23 gennaio una riunione di preghiera nel corso della settimana dell’Unità ha potuto avere luogo sulla base del lavoro di informazione già promosso durante l’anno dal gruppo FGEI
insieme con alcuni cattolici e alcuni
non credenti aperti al problema religioso, sulla base dei primi passi compiuti insieme nella ricerca di una fedeltà a Cristo nel mondo di oggi, e sulla base di chiarezza apportata dalla
conferenza del moderatore. Non ci nascondiamo che sia l’atteggiamento di
apertura verso i problemi di oggi, sia
l’atteggiamento di cauta e per ora artigianale ricerca ecumenica che facciamo, non sono condivisi da tutta la comunità.
Sull’uno e sull’altro tema vi sono
non una, non due, ma molte posizioni
che si confrontano e a volte si scontrano tra loro.
Riteniamo tuttavia che si tratta di
problemi che non possono essere risolti a tavolino, senza fare dei tentativi, delle sperimentazioni. Fino a che
non cessa l’intercessione, la preghiera
reciproca fra i fratelli di diverse idee,
crediamo positivo confrontarci con
chiunque, « non spegnere lo Spirito,
non disprezzare le profezie, ma esaminare ogni cosa e ritenere il bene »
(1 Tess. 5: 19-21).
Sergio Ribet
PALERMO: i ragazzi nel
culto, per non essere domani cristiani ’’silenziosi”
Abbiamo letto con piacere la notizia
del culto del 24 dicembre fatto dalla
scuola domenicale di Pinerolo, e ce ne
siamo vivamente rallegrati, sopratutto
perché così sappiamo di non essere soli in questa iniziativa.
La Scuola domenicale di Palermo ha
preparato il suo primo culto per il Natale del ’71 in occasione di un pomeriggio passato insieme con i genitori, ed ii
secondo, alla fine dell’anno ecclesiastico 1971-72, per un breve culto prima
deH’assemblea di chiesa. Nel culto del
24 dicembre, perciò, era già la terza
volta che la S. D. rivolgeva la parola
alla comunità, e l’esperienza le dava
maggiore sicurezza.
I ragazzi hanno scritto sia la liturgia
(seguendo le linee della liturgia usuale)
che il messaggio (diviso in tre letture
con relativo commento, intorno alle lezioni della scuola domenicale sull’Esodo). Erano sei ragazzi a presiedere, e
l’hanno fatto con la massima serenità
e senza confusione. Questa partecipazione dei ragazzi alla vita culturale della comunità è sempre stata accolta con
favore da tutti ed è riconosciuta dai
ragazzi stessi come un esercizio nella
franca testimonianza davanti agli altri
che li renderà non dei « cristiani silenziosi » ma dei cristiani che testimoniano la propria fede a testa alta.
P. G.
TORINO: una piccola alluvione di idee e problemi
La nostra comunità torinese è sollecitata a molte riflessioni, in questo periodo. La sera del 30 gennaio si è tenuta l’annunciata tavola rotonda, organizzata dalla FGEI locale, sul progetto
di riforma della legge Merlin su iniziativa de « La Stampa ». L’avv. Roberto
Jouvenal e il past. Paolo Ricca hanno
esaminato il testo in questione, mettendone in luce le carenze e, pur riconoscendo che esso ripropone un problema che la legge (restata in larga
parte inattuata) non ha risolto, l’hanno definito immorale perché superficiale (prescinde dalle cause della prostituzione), discriminante (fra uomo e
donna), classista (a sfavore del più debole), repressivo e non positivo, farisaico, ingannevole, perché non coglie
il cuore della questione. La lucida analisi, pacata e ferma, degli oratori si è
poi stemperata in interventi che sono
stati più attacchi a « La Stampa » che
attenta riflessione sul tema stesso. La
questione sarà ripresa nell’assemblea
della chiesa valdese torinese, lunedì 5
febbraio. Martedì 6, alle 21, in via
Pio V, il past. Tullio Vinay, di passaggio a Torino, parlerà su « La lotta politica odierna in rapporto alVesperienza di Riesi ». Infine, la sera dell’8, alle
21, nel salone della parrocchia di San
Donato (Via Saccarelli 10), il Centro
Evangelico di Cultura invita alla presentazione del libro di Poppino Orlando, « La comunità di Oregina, Evangelo e marxismo nel dissenso cattolico ».
L’opera, pubblicata dalla Claudiana,
sarà presentata dal prof. G. M. Bravo,
dal prof. G. Grasso e dal past. P. Ricca.
Associazione
Amici della Scuola Latina
Doni ricevuti dal Comitato dellAssociazionea tutto il 31 dicembre 1972.
Emilia Albarin ved. Peyrot, in ricordo dell’avv. Stefano Peyrot L. 30.000; Gallo Piero e
Anita 20.000; Gay Marcella 10.000; EbenEzer per Borse di studio 10.000; Ir. prò
«Campana» 10.000; Prof. Frida Gardiol 5
mila; Gay Marcella 20.000; Griset Prof. Emanuele 30.000; Marchetti Luigi 5.000; Baret
Ida e Guido 20.000; Baret Carlo 5.000; Baret
Erica 5.000; Pastore Enrico Tron 100.000;
Fam. Enrico Balma 10.000; Arturo Balma,
Torino 5.000; Rostagno Emma, Trossieri 10
mila; Ghigo Alberto 400; Micol G. Emanuele 20.000; Rostan Clara 10.000; Maria Rostan
Margaria 50.000; Bleynat Martina 10.000;
Enrico Peyrot 20.000; G. B. 50.000; Meyiiier
Ilda 5.000;Mathieu Mimi 5.000; Bounous
Cesare 20.000; Micol Elisa 5.000; Giraud Silvio 5.000; Costantino Oreste 1.500; Baìina
Giulietta 10.000; Giai Angela 1.000; Mieoi
Edwin e Signora 2.000; Massel Fiorella 5.000;
Bernard Claudio 1.000; Massel Danilo 2.000;
Longo Adriano 1.000; Costabel Felice 20.000;
Peyrot Nora 1.000; Meitre Italo 5.000; Giainpiccoli Renato 1.000; Rostan Cesarina l.OUO;
Rostagno Irma 1.000; Grill Speranza 5.000;
Geymet Amalia 5.000; Elena e Aldo Riijet
10.000; Tron Adele ved. Ribet, in mem. Marito 10.000; Massel Amedeo 30.000; Fam.
Bernard Arturo 10000; Reynaud Alice 10.000.
Il Comitato riconoscente ringrazia.
LUSERNA SAN GIOVANNr
Offerte per la costruzioiie
del nuovo Asilo dei Vecciii
Elenco doni ricevuti nel mese di dicembre
1972 per il costruendo nuovo Asilo:
Chiesa dei Fratelli, Calosso d’Asti L. 75.000;
G.A.L.P. 5.000; A.F. 10.000; P.M.M. 10.000;
P.L.E. 5.000; Costantino Pietro e Mirella 10
mila; Migliotti Eleonora 10.000; A.R. S. Giovanni 10.000; Grill Domenico e Lina 15.000;
Unione Femminile Valdese di Vallecro laBordìghera 25.000; Giorgioli Giuseppe, .i,ivorno 1.000; Gay Lisette, Torino 5.000; Lavizzari Guido, Milano 5.000; Mourglia C^jovanni 10.000; Stallé Livia e Liliana 5.000;
Goss Diego e moglie 1.500; Malanot Paolina
ved. Bastia e figlio 6.000; Gay Enrico (Pucci) 20.000; Berlin Enrichetta 3.000; Berlin
Enrichetta in mem. nipote Berlin Giulio
10.000; Bouissa Paolina, Villar P. 10.000;
Garnier Susanna 1.000; Giordan Maddalena
in mem. mamma A.M. Geymonat 10.000;
Giordan Davide in mem. della mamma (e famiglia) 5.000; Giordan Paolo in Revel e Ermanno in mem. della mamma 10.000; Di
Francesco Ernesto 100.000; Pons Giov. Enrico, Torino 5.000; Unione Femminile di Verona 25.000; Tourn Elena ved. Pons 5.000;
Peyronel Melanie (rie. Asilo) 5.000; Martinat Augusto e famiglia 10.000; Comba Ferdinando in mem. di C. A. Balmas 5.000; Benech
Simonetta, in mem. della madrina Berlin Alma 10.000; Boer Piero e Niny in mem. di
Clelia e Giovanni Boer 5.000; (id.) in meni,
di Netty e Alberto Jouvenal 5.000; (id.) in
mem. di Carlo e Roberto Allio 5.000; (id.) in
mem. di Rita Jouvenal 5.000; Charbonnier
Marco e Ida 10.000; Roland Enrichetta 5.000;
Buffa-Bellion Lina 10.000; Dino B. 10.000;
N.N. 1.500; Capello-Besson 10.000; Rihet Liviette e mamma 10.000; Campese Mary e Luigi, Pinerolo 10.000; Pons Beniamino e Evelina 10.000; Sig.na Markhi - Winterthur, Svizzera 5.000; Ferrino Vanda e Giovanni, Torino 3.000; Chiesa Evangelica, via Lentini, Torino 33.000; Citernesi Paola in mem. del papà,
Torino 10.000; E. Bonnet in mem. della mamma 10.000; Berlin Emilio e Elisa 10.000; Geymonat Maria 5.000; Berlin Rosalia 3.000;
Geymonat Giovanni 5.000; Rivoira Ivonne e
famiglia 5.000; Bouvier Carlo e Maria, Lusernetta 1.000; Meynier Severina 2.000; Bertalot Ada in mem. di Malvina Favoni 5.000;
Malan Aldo e Anna 5.000; Berlin Laura e
Sergio 5.000; Berlin Aldino 1.000; Mourglia
Luigi e Velma 5.000; Migliotti Aldo e Luciana 20.000; Malan-Gaydou Maddalena 10
mila; Tenan Fiorina 2.000; Fattori Elena 5
mila Revel Luisa e Ernesto 5.000; fam. Salomon (Monnet) 3.000; Girardon Lisette 2.000;
Magliano Lidia, Torino 1.000; Malan Bianca
e Carlo 10.000; Pini Ernesto, Bergamo 10
mila Chiesa Evangelica Valdese di Torino
per: Anonimo hened. il Signore 5.000, Besson
Malvina 10.000; Mariella Gay-Gandolfo 80
mila; Menusan Italia 5.000; Raymond Lea
(rie. Asilo) 1.000; famiglia Ebanucci 5.000;
G.M.P. 60.000; Odino Dionigi e ved. AVICO
25.000; C.B.L., Torino 5.000; P. B. 2.000;
Agli Giulio 5.000; Pons Alberto 5.000; Parise
Ivo, Pino e Tullio 10.000; Revel-Boer Margherita 10.000; Gay Lionello e Lisetta in
mem. di C. A. Balmas 50.000; G.W.B. 10.000;
N.N. in mem. del Prof. Guido Malan 50.000.
Ringraziamo mollo vivamente e ricordiamo
che le offerte possono essere versate sul c.c.p.
n. 2/16947 Asilo Valdese, 10062 Luserna San
Giovanni (Torino).
7
2 febbraio 1973 — N. 5
CRONACA DELLE VALLI
pag. 7
Alle Valli oggi
Lg ScuoIb
Popolari
Rinasce l'interesse per l'istruzione
ipopolare.
Se le Valli non hanno mai avuto
■problemi di analfabetizzazione è grazie alle scuole quartierali e parrocchiali che, nel secolo scorso, sopratutto
per l'iniziativa del generale Beckwith,
erano presenti in ogni quartiere.
Nel 1808 esistevano 78 scuole di
quartiere; nel 1846, dopo l'intervento di Beckwith, erano 120.
Oggi queste scuole, salvo rarissime
■eccezioni, non sono più utilizzate per
l'istruzione scolastica ; lo stato, poco
per voltta le ha sostituite. Essendo di
■proprietà delle comunità locali vengono usate per le riunioni quartierali ;
molte sono in stato di abbandono
pressqché totale, inutilizzate.
Questa eredità di insegnamento popolare sembra oggi essere rivalutata
da diversi gruppi di giovani che hanno creato qua e là delle scuole popolari per aiutare quanti la scuola di stato ha emarginato e per dare loro la
possibilità di ottenere il diploma di
scuola media oggi scuola dell'obbligo.
La percentuale di emarginati dalla
scuola statale continua ad essere alta,
soprattutto presso le masse operaie e
•contadine. In questo contesto le scuole popolari trovano la loro piena giustificazione e valorizzazione. Ne sono
sorte in questi ultimi anni a Pinerolo,
S. Secondo, Perosa Argentina, Villar
Perosa, Torre Pellice.
Non si tratta evidentemente di
«.< succursali » della scuola di stato; di
scuole che raccolgono con animo caritatevole i « rami tagliati » secondo
il processo di «selezione» operato
■dalla scuola statale. Piuttosto di scoprire insieme il tipo di insegnamento
che li ha portati alla « selezione » e
■di conseguenza la proposta di un insegnamento alternativo. Che cosa
vuol dire?
La scuola di stato ha dei programmi « statali », con dei contenuti ben
precisi : sono i contenuti che contribuiscono a mantenere in piedi il tipo
di governo che è al potere (si vedano
sui testi delle scuole elementari come
filtrano i discorsi sull'obbedienza, sui
■doveri del cittadino, sull'esercito, sulla
religione di stato, ecc.).
Questi coritenuti vengono presentati come « contenuti neutri », quasi
universali, sui quali bisogna che tutti
siano d'accordo; che non possono es:sere criticati ma solo accettati e quindi
ubbiditi.
Quando questi valori vengono messi in discussione, sottoposti a critica,
quando si smaschera il tipo di politica che sta alla base (nonostante si
cerchi di far credere che politica non
c'è) allora si fa un « discorso alternativo », che propone altri valori « sostitutivi ». Per esempio : una scuola laica e non confessionale; oppure vengono sottoposti ad analisi politica critica altri pilastri su cui si fonda la classe che è al potere: l'esercito, la polizia, la magistratura, che svolgono un
ben preciso ruolo politico pur essendo i rappresentanti della difesa della
patria, dell'ordine e della giustizia
(ma quale patria, quella che assale
altri popoli pacifici come in passato?
quale ordine, quello fascista? quale
giustizia, quella usata con gli anarchici?).
Chi ha il potere si serve della polizia, della magistratura per difendere
i propri valori, si serve della scuola,
sin dalle elementari, per inculcare sin
dall'infanzia il rispetto e la condanna
di determinati valori.
È precisamente a questo punto che
si inserisce il discorso delle scuole popolari che rimette in discussione tutti
quei valori accettati acriticamente e
presentati come « elementi indispensabili » per la formazione della personalità umana.
Alle valli non c'è mai stato un Don
Milani, né la Scuola di Barbiana, ma
l'eredità del suo insegnamento e della sua esperienza possono essere ripresi ovunque. È un impegno che va
ben oltre la solidarietà umana; c'è la
possibilità di creare un fermento
nuovo.
Ed è per questo che tali iniziative
sono spesso osteggiate; non importa
che la gente rimanga ignorante anzi,
è bene, nella misura in cui l'ignoranza crea il consenso. È pericoloso che i
contadini e gli operai delle nostre valli prendano coscienza delle contraddizioni e degli abusi del sistema sociale
e politico in cui vivono; è pericoloso
che imparino a sapersi esprimere e ricevere con capacità critica i discorsi e
le situazioni che affrontano giornalmente nella fabbrica, nella società. È
pericoloso che imparino ad amare la
« scuola » dopo esserne stati emarginati.
Ben vengano pericoli di questo genere... Ermanno Genre
Ancora chiusa la Scuola 1° Distratto
Ponobro di San Socondo
Sabato 27/1 Assemblea indetta dalla Scuola Popolare
Era presente un consigliere di minoranza. Gli altri non
si sono presentati. Forse il Sindaco ritiene che la Scuola popolare di S. Secondo non meriti una risposta. La
politica della ’’porta chiusa” non ha veramente alcuna
giustificazione: una possibilità per gli amministrati
di aprire gli occhi sull’operato degli amministratori
Delusione e sdegno per i circa 200
convenuti sabato sera nella sala valdese di S. Secondo: con un bigliettino
di scuse il Sindaco di S. Secondo ha
motivato la sua assenza (fuori sede) e
ciascuno è tornato a casa senza venire
a conoscenza dei « motivi » della chiusura improvvisa della palestra in cui
si riuniva ormai da due anni la Scuola
popolare.
Vuol dire che non esistono motivazioni valide? Esatto. A meno che qualcuno consideri valide motivazioni il
fatto che delle ragazze ventenni portino la minigonna o che la Scuola sia
frequentata anche da giovani dei Comuni viciniori che aumenterebbero (!)
le spese di riscaldamento e di illuminazione, o ancora, che in questa scuola si fa politica. Non potendo ribadire
la validità di questi argomenti la Giunta Comunale ha preferito evitare rincontro col pubblico. Così la popolazione che aveva « diritto » ad un chiarimento è rimasta a bocca asciutta e la
Scuola popolare si trova improvvisamente privata di un locale pubblico
(=al servizio della popolazione) senza
giustificazione alcuna.
È un fatto significativo che dovrebbe far rifiettere la popolazione di San
Secondo; vien da chiedersi « come » la
cosa pubblica venga amministrata da
una Giunta Comunale capace di azioni
di questo genere.
Ma c’è di più. La Scuola popolare di
S. Secondo ha rivolto domanda al
Provveditorato agli studi per ottenere
l'uso della palestra ed ha inoltrato la
rali; ha distribuito volantini alla popolazione locale per sensibilizzarla al problema. Un’altra lettera è stata inviata
al Sindaco da parte delle altre scuole
popolari che hanno denunciato questa
azione di repressione ed espresso la
piena solidarietà con la scuola popolare di S. Secondo.
Dopo rincontro di sabato 27 è stato
distribuito un volantino alla popolazione di S. Secondo e Prarostino in cui
si dice fra l’altro:
« dall'assemblea del 27 gennaio, tenuta nella
sala Valdese, è emerso che le motivazioni addotte dal Comune di S. Secondo circa la chiusura della palestra per la scuola popolare sono
del tutto arbitrarie ed ingiustificate.
Non è infatti di competenza del Comune disporre dei locali della Scuola Elementare.
Una volta fatta regolare domanda al Provveditorato ci si deve ritenere autorizzati fino a
che non giunga una risposta, quindi appare chiaro che l'atteggiamento del Comune non ha
scusanti..
DENUNCIAMO apertamente alla popolazione
che un'attività così chiaramente sociale come la
scuola possa essere in qualche modo ostacolata
da un'amministrazione che dovrebbe curare gli
interessi della popolazione.
Con questo provvedimento il Comune manifesta quali sono gli interessi che difende. Infatti, in un paese privo della scuola media dell'obblìgo, non appoggiare una iniziativa che
tra l'altro non pesa in alcun modo sull'Amministrazione, significa essere fermi ai tempi in
cui i signorotti pensavano che l'unico modo
per tenere sottomessa la gente fosse quello di
tenerli nell'ignoranza ».
Una vecchia
Scuola
Beckwith
alle Valli. .
A chi
l’eredità?
domanda attraverso il Comune. Risulta però (intervento del Consigliere provinciale Amato) che in Provveditorato
di questa domanda non c’è traccia. È
stata trasmessa al Provveditorato la
domanda o è rimasta nel cassetto della segreteria comunale? Sarà interessante chiarire questo punto.
D’altra parte è vero che la stessa domanda era stata inoltrata, due anni fa,
senzà che mai sia pervenuta una risposta. Ora, improvvisamente, senza il
preavviso di un giorno, il Comune chiude la palestra. Vedremo se ancora una
volta la « politica del fatto compiuto »
avrà la meglio.
Intanto la Scuola popolare di S. Secondo si è data da fare: ha inviato
una lettera al Consiglio comunale invitandolo a riaprire la palestra onde permettere la continuazione dei corsi se
II Sindaco di Prarostino ha riaffermato la piena solidarietà della Giunta
comunale con la Scuola popolare di
S. Secondo; il Consigliere provinciale
Amato ha promesso tutto il suo interessamento perché la questione venga
chiarita. Altre parole di solidarietà da
parte delle Scuole popolari presenti.
Un ultimo fatto curioso: è sorta da
poco tempo presso la Cassa di Risparmio di S. Secondo una Scuola media
serale a pagamento (30.000 mensili);
un insegnante della Scuola popolare è
stato « contrattato » per questa scuola. Non ha accettato.
Per chi vuole aiutare il prossimo
« gratis » c’è sempre meno spazio!
G. E.
Incontro con la comunità
di Oregina
Accogliendo l’invito rivolto durante il Convegno giovanile di Vallecrosia
(23-25 aprile 1972), i giovani della EGEI Torino-Valli saranno ospiti della Comunità di Oregina (Genova) il 17-18 febbraio.
Il programma è il seguente (salvo varianti):
Sabato 17: partenza da Torre Pellice (col treno) ore 7,24; Pinerolo 7,54; Torino arrivo 8,37; Torino partenza 9,10; Genova arrivo 11,23.
Pranzo al sacco, visita al porto e alla città. Serata da organizzarsi con la
Comunità di Oregina.
Domenica 18: Culto con la Comunità di Oregina - Pranzo - Discussione comune sul tema: « Comunità di base, Bibbia, lotte di liberazione ».
Partenza da Genova ore 17,23; Torino arrivo 19,13; Pinerolo 20,21; Torre
Pellice 20,51.
Prenotarsi entro e non oltre il 10 febbraio anticipando L. 1.000 per il biglietto-comitiva.
Per la zona di Torino presso: F. Giampiccoli (tei. 65.82.67) e P. Ricca (tei.
58.96.22). Per le Valli presso E. Genre (tei. 91.476).
I giovani della Liguria sono invitati a prendere contatto col pastore M. Romeo, Via S. Martino 27/10, 16131 Genova, tei. 31.45.15.
Siccome saremo ospiti nelle famiglie l’unica spesa è il viaggio (L. 2.300 se
saremo almeno 25; L. 2.700 oltre i 10). Per chi lo richieda sono a disposizione
alcune borse-viaggio.
Il Moderatore Aldo SbafiFì visiterà
nel corso del mese di febbraio le comunità delle Valli partecipando alle
attività ed incontrando i fratelli in occasione di riunioni e culti.
A nome delle comunità del I Distretto diamo a lui ed alla signora Sbaffi il
nostro fraterno benvenuto fra noi.
Le comunità sono state informate
dai bollettini parrocchiali che hanno
pubblicato anche il programma dettagliato della visita. Ci limitiamo a darne le linee generali.
8-13 febbraio: visita alla vai Germanasca;
14-23 febbraio; visita alla vai Pellice;
23-25 febbraio : sedute della Tavola a
Torre Pellice ;
26-1 marzo ; visita alla vai Chisone e
Prali.
Torre Pellice
Pranzo del 17 Febbraio
A Torre Pellice il pranzo del 17 febbraio avrà luogo come al solito nel
salone della Foresteria gentilmente
concessa alle ore 12,30.
Le prenotazioni si ricevono presso
la Libreria Claudiana.
Domenica 4 febbraio alle ore 14,30
il pastore Aldo Comba incontrerà a
Pinerolo, nei locali della chiesa valdese, tutti i fratelli interessati a discutere il programma televisivo andato in
onda dal 4 gennaio.
In alcune comunità sono stati costituiti gruppi di ascolto per valutare la
iniziativa televisiva ma possono partecipare all'incontro anche singoli fratelli.
Alle ore 15,30, sempre a Pinerolo,
sono convocati i cassieri dei Concistori
della vai Chisone per uno scambio di
vedute sul problema delle finanze.
La Comm. Distrettuale
Rorà
Rinnoviamo la nostra simpatia cristiana ai nostri Fratelli Amalia e Guido Rivoira per la dipartita della loro
bimba Katia colpita da male improvviso e micidiale.
Il rag. D. Abate, in occasione della
Festa del Libro, ha parlato al Culto
anche della diffusione della Sacra Scrittura.
Favoriti dal tempo, il Culto di Natale e le Feste dell’Albero di Natale
hanno avuto una buona affluenza di
partecipanti: siamo riconoscenti a tutti coloro che hanno collaborato e contribuito alla riuscita delle Feste compresi la- Maestra W.. Peyrot -e il fratello Roberto Morel.
Ringraziamo l'Anziano A. Tourn che
ha presieduto dei Culti domenicali.
San Germano
Chisone
Desideriamo dire al nostro fratello
Lino dalla, alla sorella ed alle loro rispettive famiglie che prendiamo sinceramente parte al loro lutto. Infatti
la loro mamma, Sig.a Adele Danna ved.
dalla è deceduta dopo un periodo di
infermità.
Desideriamo dare sin d’ora notizia
ai nostri membri di Chiesa di due visite importanti che avranno luogo nel
corso del mese di febbraio.
La prima è quella che il Moderatore
Aldo Sbaffi e la Signora faranno a
San Germano martedì 13 febbraio. Al
mattino essi visiteranno alcuni « centri d’interesse » della nostra comunità,
al pomeriggio incontreranno il Concistoro e la sera i nostri graditi ospiti
parteciperanno ad una riunione quartirale ai Gianassoni.
La seconda visita sarà quella del
past. Victor Rakotoarimanana, segretario generale della CEVAA (Commissione Evangelica di Azione Apostolica),
che come forse vi ricordate, ha da qualche tempo preso il posto della Missione di Parigi. Il pastore Rakotoarimanana appartiene alla Chiesa Evangelica del Madagascar ed ha una vasta conoscenza di vari campi missionari. Egli
presiederà una riunione nel tempio,
mercoledì 28 febbraio alle ore 20,30.
Domenica 25, alle ore 15, a Pinerolo,
i membri dei Concistori delle Valli
avranno già avuto l’occasione di incontrare questo ospite e di ricevere alcune indicazioni per l’azione da seguire nelle nostre comunità in vista di sostenere l’opera della CEVAA.
Il Comitato per il 17 Febbraio si riunirà martedì 6 per decidere gli ultimi
particolari della festa. Rimane comunque inteso che il programma del 16-17
si svolgerà normalmente con accensione dei falò il 16 e corteo-culto-agape
fraterna-serata il 17. Contiamo naturalmente sulla presenza e la collaborazione di tutti e particolarmente della
Corale, dei catecumeni, dei giovani.
Ci permettiamo di far notare che le
casse della nostra Scuola Materna sono in questo momento abbastanza vuote e che un colpo di mano da parte vostra sarebbe assai utile. Grazie.
Non vogliamo dirrventicare di ricordare la simpatica serata di arte varia
che i giovani della Filodrammatica di
Angrogna ci hanno offerto sabato 27
gennaio. Il pubblico non era numerosissimo ma ha dimostrato di apprezzare il programma preparato dai nostri graditi ospiti.
G. C.
AVVISI ECONOMICI
APPARTAMENTO 3 camere, cucina, bagno
affittasi. Rivolgersi Sig. Carlo Jahier, Torre
Pellice.
CERCASI donna per lavori foresteria. Adeguato salario, assicurazioni, alloggio. Scrivere :
Foresteria Valdese - Castello 5170 - 30122
Venezia - Tel. 041/27549.
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Celina Ferro ved. Ferrerò
ringraziano quanti hanno partecipato
al loro dolore nella triste circostanza
della dipartenza della loro cara congiunta.
Chiotti sup., 10 gennaio 1973.
RINGRAZIAMENTO
Improvvisamente il Signore ha richiamato a Sé
Ernesto Martìnat
I familiari esprimono un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno,
in qualsiasi modo, preso parte al loro
lutto.
Ringraziano in modo particolare il
Sig. Pastore Conte, il Dott. Bertalìno,
TAssociazione Alpini di S. Germano.
S. Germano Chisone, 22-1-1973.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del compianto
Alberto Peyronel
commossa per la dimostrazione di affetto ricevuta in occasione della dipartenza del loro caro, ringrazia quanti si
sono prodigati durante la malattia e
hanno preso parte al suo dolore. Ringrazia in modo particolare i medici e
il personale tutto dell’Ospedale Valdese di Pomaretto e il Pastore Tourn.
Riclarel^tOj 25 gennaio 1973.,
ringraziamento
La famiglia della compianta
Paolina Ferro ved. Ferro
commossa per la dimostrazione di affetto ricevuta in occasione della dipartenza dello sua cara congiunta, ringrazia quanti hanno preso parte al
suo vivo dolore.
Pomaretto, 27 gennaio 1973.
RINGRAZIAMENTO
Il Aglio Enrico, la figlia Odette e i
congiunti della compianta
Maddalena Rivoira
vedova Ricca
ringraziano il Dr. De Bettinì, il Past.
Coisson, i vicini di casa, i parenti e
quanti hanno preso parte al loro dolore.
Angrogna, 31 gennaio 1973.
« Vegliate e pregate perché non
sapete quando il Signore verrà »
(S. Matteo 24: 42)
RINGRAZIAMENTO
I familiari della cara
Agostina Costantino
nata Roman
esprimono la loro più sincera gratitudine ai pastori A. Genre e M. Ayassot,
al dott. R. S. Ross, ai vicini di casa e
a tutti coloro che sono stati loro vicini nella triste circostanza.
Prarostino, 2 febbraio 1973.
RINGRAZIAMENTO
I nipoti della compianta
Fanny Salvagiot
ringraziano la EHrezione ed il personale della Casa di Riposo di San Giovanni, l’Ospedale Valdese di Torre
Pellice e la signorina Melania Peyronel, per le cure prestate, i pastori sigg.
Bertinat e Taccia e quanti hanno dimostrato la loro simpatia nella triste
circostanza.
Torre Pellice, 31 gennaio 1973.
8
pag. 8
^ Come si temeva, ! controlli armistiziali nel VIETNAM del Sud risultano estremamente diffìcili, e di fatto la lotta continua in tutto il paese: i governativi di Saigon tengono le cittì e parte notevole della costa, il governo rivoluzionario provvisorio ( e i nordvietnamiti nel Sud, ) le campagne e l'interno.
Sospeso l'affrontamento diretto dei grandi, continua quella che è anche una
guerra civile, ed è evidente la non volontà di riconciliazione delle due parti
armate, fra le quali la terza forza inerme non si vede quale possibilità di esprimersi abbia, almeno ora. ^ I B52 americani hanno continuato a marteilare la
pista di Ho-Ci-Mihn, nel LAOS, da cui affluiscono i rifornimenti al GRP ; intanto
si parla di estendere l'armistizio al LAOS e alla CAMBOGIA, dove il governo
Lon Noi ha deciso unilateralmente la sospensione dell'attività bellica contro i
comunisti sudvietnamiti. Annunciando l'armistizio come una vittoria di Hanoi
e del GRP, l'URSS ( La Pravda ) comunica con inconsueta abbondanza di particolari dati sull'appoggio tecnico-militare massiccio dato ai comunisti indocinesi
durante il conflitto ; numerosi « istruttori » sovietici li hanno formati al suo
N. 5 — 2 febbraio 1973
I NOSTRI GIORNI
utilizzo. ^ Negli USA con la fine del conflitto vietnamita viene annunciata
l'abolizione della coscrizione obbiigatoria. Ma che sarebbe una guerra in cui
le truppe fossero interamente mercenarie e in cui i Calley non sarebbero più
solo orribili se pur frequenti eccezioni? ^ Al Cairo si è riunito il Consiglio
della difesa arabo e il capo delle forze armate egiziane, che già comanda le
forze della repubblica araba tripartita (Egitto, Libia e Siria), è nominato capo
delle forze del CDA, che include anche le forze giordane. L'OLP protesta contro questa misura in cui i fedayin vedono un tentativo per contenere la loro
lotta e una riabilitazione di Hussein dopo il massacro a loro danno ordinato
nel settembre 1970. Prosegue il macabro scambio di attentati: un dirigente
deU'OLP ò eliminato a Nicosia e un agente segreto israeliano a Madrid, ad ope
ra di Settembre nero. ^ A CIPRO la tensione interna ritorna aspra. ^ Scoperto
e sventato un complotto militare contro il presidente Numeiri, nel SUDAN.
Nel SENEGAL le elezioni presidenziali (votanti il 97% degli elettori) confermano aH'unanimità Léopold Sedar Senghor : la statista e letterato, cantore
della « négritude » pare essere uno dei non molti capi africani stimati e amati
dai suo popolo. Nell'Africa australe ZAIRE, TANZANIA e ZAMBIA decidono,
d'intesa, di accrescere il loro aiuto ai movimenti di liberazione africani della
regione (Angola, Rhodesia, Mozambico). || In GRECIA il processo in cui era
coinvolta Lorna Briffa ( condannata ed espulsa ) si conclude con pesanti condanne a leaders comunisti ellenici. ^ La situazione antidemocratica in TURCHIA e
la repressione dell'opposizione è condannata — come avvenne quattro anni fa
per la Grecia — dall'assemblea del Consiglio d'Europa ; la condanna sarà meno
verbale della precedente? % L'ISLANDA ha subito un grave rovescio economico
per la distruzione, in seguito a eruzione del vulcano di Helgafell, del suo
maggiore e più attrezzato centro peschereccio. G. C.
GRAVE DENUNCIA DEL SETTIMANALE ABC
Escalation atomica in Italia
Destra Nazieiale e CostituzioRe
La Sicilia diventa un fortino USA, pronto a esplodere
Nel recente convegno « m.s.i.-destra
nazionale » uno dei più « prestigiosi »
esponenti del neofascismo (che è poi
il fascismo di sempre^ l’amm. Birindelli, già capo di stato maggiore della
marina ha auspicato un sempre più
potente armamento atomico che, a suo
dire, deve essere appannaggio dei popoli « civiU ».
Di parere non molto diverso pare
anche l'attuale governo, secondo una
grave denuncia riportata dal n. 4 del
settimanale « ABC » che (oltre ad essere noto per una opinabile spregiudicatezza in fatto di problemi sessuali)
ospita frequentemente articoli e servizi di denuncia sociale e politica.
Secondo il servizio di Augusto Baroni, la Sicilia è diventata una colossale portaerei statunitense, con almeno tre depositi di armi atomiche: tre
nuovi « vulcani » che destano preoccupazioni assai maggiori di quello aui
piazzato dalla natura. Vediamo più in
dettaglio questi tre « vulcani ».
Innanzi tutto, la base di Sigonella a
25 km. da Catania: è un vastissimo aeroporto militare gestito dallo Strategie Air Command. Citiamo: « è una
specie di cittadina USA fra i fichi d’india con ristoranti e spacci americani
che ha per moneta il dollaro, anche per
i lavoratori indigeni ». Essa ha due piste di atterraggio per i B. 54 (forza
d’urto) e per le formazioni aeree imbarcate sulla VI flotta. Suo contraltare è Augusta che « per ordine di grandezza e perfezione di impianti è superata nel Mediterraneo solo dalla grande base di Rota in Spagna ». Anche
questo (come la base precedente) costituisce un punto d’appoggio per i
sottomarini « Polaris » a testata atomica.
Il secondo « vulcano » è costituito
dal misterioso costone di Rafforosso,
vicino all’isola delle Femmine, che pare sia custodito come Fort Knox (il
forte che contiene le riserve auree degli Stati Uniti), dato che vi sono depositate testate nucleari. Il terzo sarebbe
Lercara, incassato in una gola dei monti Sicani, le cui vecchie fortificazioni
sono state utilizzate in ogni epoca più
o meno da tutti gli eserciti che hanno
scorrazzato per l’isola.
Ma questo non è tutto. Una vera e
propria costelleizione di basi coronerebbe l’intera isola, da quella di Marzamemi a sud di Augusta, a quella di
Catania (dove vi è pure il comando
operativo aeronavale NATO), all'aeroporto di Birgi, a metà strada fra Trapani e Marsala, che ospita i grandi
caccia-bombardieri F. 104 sfrattati dalla Libia, a quella di Falconara, fra
Gela e Licata. L’isola di fronte a Trapani, poi, ospita un grande complesso
di telecomunicazioni « in grado di scatenare in pochi secondi l’apocalisse », e
dove i vincoli militari si estendono a
macchia d’olio, mentre aumenta la sorveglianza delle forze armate.
Ma come mai questa spaventosa
« escalation » nella nostra isola? Lo
spiega l’ammiraglio della VI flotta
Martin: « anche in quest’epoca di bombe atomiche chi ha in mano Gibilterra
e Sicilia può permettersi di dominare
tutto il Mediterraneo ». Ci troviamo,
secondo una imagine del periodico, di
fronte ad una vera e propria « nuova
colonna d’Èrcole »; al di qua la civiltà
occidentale, al di là i paesi arabi e l’Africa in rivolta contro il colonialismo
e rimperialismo.
Così stanti le cose, la situazione è
veramente gravissima; l’isola diventa
rispettivamente un potenziale aggressore e un « ghiotto » obbiettivo, di
fronte al quale la già denunciata cessione della base navale de La Maddalena in Sardegna pare una cosuccia da
niente.
¡Ma, per fine, il colpo di grazia: a
Pàfttelleria sono in preparazione altre
basi, dove fra l’altro avrà anche sede
ana potente stazione radar. (A questo
proposito il ministro socialdemocratico della difesa Tanassi ha dichiarato
che la Nato si limiterà a impiantare
le sue attrezzature e poi se ne andrà...).
Tutto ciò avviene, come al solito, fra
parziali smentite, mezze ammissioni,
riduzioni della verità. Intanto, le popolazioni locali, e con esse il resto del
paese che pensa in termini responsabili, si sentono sull’orlo di uno spaventoso abisso.
* * *
Non abbiamo certo voluto render
nota ai lettori questa denuncia per il
« piacere » di parlar male del governo.
Direttore responsabile; Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 ■ 8/7/1960
ina per denunciare a nostra volta una
situazione che fin’ora pare ignorata
dalla grande stampa, situazione che pone definitivamente l'Italia al centro di
una prossima e possibile catastrofe
atomica.
Respingiamo con fermezza, come
credenti e come uomini che vogliono
la riconciliazione e la cooperazione internazionali, questi preparativi e questi sistemi di « difesa »: non occorre
essere alla vigilia del servizio di leva
per obiettare ad una politica che, secondo noi, non può che portare, prima
o poi, a gravissime conseguenze.
Proprio nel numero scorso di questo
settimanale il pastore P. Ricca, nel suo
articolo « il protestante e la storia »
denunciava con vigore il potere del
nostro tempo che si rivela tendenzialmente assoluto e (più o meno dappertutto) larvatamente totalitario e che,
mentre condiziona la collettività in
quasi tutti gli aspetti della vita, sfugge quasi totalmente al suo controllo.
Se siarro convinti di questo, la nostra « obiezione » deve diventare vera
e propria « resistenza », tesa a riscattare le nostre alienazioni, le nostre servitù, se vogliamo che sia il Cristo —
e non i poteri demoniaci dell’odio, della supremazia e della distruzione —
a regnare su di noi.
Roberto Peyrot
I La Francia ha varato un secondo sottomarino a propulsione nucleare, il Terrible, che si affianca al Redoutable; questi sommergibili, armati di 16 missili mare-suolo di
2.400 km. di portata (quasi il diametro
dell’Europa), pattuglieranno alternatamente i
mari francesi.
^ La Repubblica popolare cinese sta preparandosi ad installare sulle rispettive rampe di lancio circa dieci missili a testata nucleare, in grado di raggiungere Mosca, Leningrado e altri punti strategici deU’Unione Sovietica. E’ quanto ha scritto sul Los Angeles
Times Joseph Alsop, reduce da un viaggio nella Cina. Il resoconto di Alsop conferma alcune valutazioni sul potenziale missilistico cinese
fatte nei giorni scorsi al Congresso dal capo
del Pentagono Melvin Laird e dal direttore
della CIA, Richard Helms.
H Scontri alla riunione di Montreal del comitato giuridico dell’Organizzazione intemazionale dell’aviazione civile (OIAC) incaricato di elaborare una nuova convenzione
contro la pirateria aerea. In base al principio
di non ingerenza, è respinto un progetto USA
di sanzioni contro gli Stati, firmatari della
convenzione e non, che danno asilo a pirati;
maggiori probabilità pare avere la proposta
francese di introdurre come emendamento
nella Carta dell’OIAC la recente Convenzione
dell’Aja, che impegna i firmatari a punire
severamente i pirati dell’aria o a concederne
l’estradizione; basterebbe aflova applicare la
Carta dell’OIAC, che prevede che un paese
il quale rifiuti di ratificare tale emendamento « cessa di essere membro dell’Organizzazione ». La Convenzione dell’Aja, firmata due
anni fa, è già stata ratificata da 46 paesi.
m L’ufficio newyorkese dell’ONU ha pubblicato una statistica delle notizie relative alle N. U. riportate sulla stampa quotidiana nel mondo. È in testa tt Le Monde » con
una media di 9,5 informazioni al giorno; seguono « The New York Times » (8,4), a The
Times » londinese (7vl), « The Times of India » (6,4) r« Asahi Shimhun » di Tokio (5,5).
La media generale è assai inferiore; 1,5; e
riteniamo che la media italiana sia bassa, indice indubbio di provincialismo; particolarmente ignorate, da noi, sulla grande stampa,
le informazioni relative ai vari organismi delle N. U. : OIL (lavoro), OMS (sanità), FAO
(alimentazione), UNESCO (cultura), UNICEF
(educazione), HCR (rifugiati) etc.
Giovedì 18 gennaio, come nei giorni
precedenti e seguenti, in tutte le città
d’Italia si sono succedute grandi manifestazioni unitarie antifasciste. Non si
è trattato di un caso perché, proprio il
18, si è aperto a Roma il Congresso Nazionale del M.S.I., ora costituito in Destra Nazionale.
Perché tanta animazione e, specialmente, perché tanta animosità per un
Congresso di un partito che ha raccolto il consenso di quasi tre milioni di
elettori? La prima risposta è di ordine
giuridico; nella misura in cui il MSI
si considera continuatore degli ideali
del fascismo, anche solo di una parte di
essi, esso è contrario alla Costituzione
Repubblicana, la quale, nata dalla Resistenza, ha voluto garantire al popolo
italiano che non si ripetessero le drammatiche esperienze degli anni 192245.
Ma le risposte di ordine giuridico
non sempre sono soddisfacenti e allora
sarà bene analizzare i contenuti programmatici di questo partito e la sua
prassi politica, per comprendere l’opposizione che esso suscita in tutte le
forze democratiche e soprattutto tra i
lavoratori. Molti dicono che continuare a parlare di fascismo è, in un certo
senso, affermarne l’importanza e l’attualità politica e che sarebbe meglio
evitare polemiche con i fantasmi del
passato. E sarebbe giusto, se si trattasse di polemizzare sul passato: il problema è che si vuole contrastare il fascismo di oggi, molto meno vivace di
quello passato, ma molto più subdolo e
pericoloso, capace di camuffarsi da democratico e difensore della cultura,
trovando le sue manifestazioni non solo certamente nella D.N., ma anche in
atteggiamenti politici ed economici di
uomini militanti in altri partiti.
È certo tuttavia che l’elemento più
preoccupante è la D.N. che, pur affermando per bocca del suo Segretario
Nazionale di essere un partito nuovo,
disposto persino a recepire l’insegnamento della Resistenza, resta, innanzitutto nella persona del suo Segretario
Nazionale, diretto dagli stessi fascisti
di trent’anni fa, e non certo dai migliori di essi. Che cosa ha di nuovo da proporre? Un programma di pacificazione
nazionale che vedrebbe uniti repubblicani del MSI e monarchici del PDIUM,
capitalisti e lavoratori legati dai medesimi interessi corporativi, che vedreb
LE LEZIONI
CaiE IL MONEK)
NON IMPARA
Coop. Tip. Subalpina - Tprre Pellice (Torino)
Le lezioni della Storia che il
mondo impara volentieri e facilmen- "
te sono quelle che insegnano a far sempre più male, scientificamente male al
prossimo. Le altre lezioni il mondo le
impara mal volentieri e diffìcilmente,
o non le impara affatto. Lezioni clamorose e spaventose di quest’ultimo
tipo ci sembrano esser quelle delle
guerre del sec. XX. Perciò il seguente
articolo di testa di « Le Monde » (a firma J. Fauvet) del 25.1.’73 ci trova largamente consenzienti.
« La prima guerra d’Indocina, la nostra, o almeno quella dei governi che
vi si impegnarono senza saperlo e la
continuarono senza crederci, aveva
avuto i successivi scopi: la riconquista
coloniale, il rifiuto di riconoscere una
vera indipendenza, infine la difesa del
mondo libero sugli avamposti dell’Asia! Si osò persino mescolarvi la difesa della civiltà cristiana, di quella
civiltà che s’era così felicemente manifestata ad Auschwitz e a Dachau, a.
Dresda e a Hiroscima!
Quella guerra, quella “sporca guerra" non poteva riuscire che all’effetto
contrario: una metà del Vietnam e del
Laos venne lasciata ai comunisti, l’altra metà agli americani. Valeva la pena, per giungere a tale effetto, sacrificare decine di migliaia di soldati francesi e africani, e decine di migliaia di
civili e di combattenti indocinesi? E
3000 miliardi di franchi di quel tempo?
Nata dal primo conflitto, a seguito
dell’istituzione d’un potere comunista
nel Nord e dalla progressiva presa di
possesso (prima finanziaria, poi politica, infine militare) da parte degli
USA nel Sud, riuscirà la seconda guerra, almeno in parte, a raggiungere l’effetto non raggiunto dalla prima: cioè
a preservare durevolmente il Sud dal
comuniSmo, assicurando al Sud un’autentica indipendenza? Un tal proposito è dubbio, molto più nella pace che
nella guerra. Ma, dato e non concesso
che la risposta a questa domanda sia
positiva, valeva la pena sacrificare per
questo cinquantamila giovani americani, fra neri e bianchi, e un milione e
mezzo, fra combattenti e civili del Sud
e del Nord, ivi compresi donne e bambini?
L’accordo è ancor troppo recente
per poterne misurare gli effetti e pre
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
vederne l’avvenire. Ma la guerra è durata troppo a lungo per potersi sottrarre al dovere d’ascoltarne le lezioni.
L’opinione mondiale, ad eccezione
dell’estrema sinistra, è stata per lo più
complice o indifferente; ciò è tanto
vero, in quanto l’interesse con cui essa è solita occuparsi degli affari dell’universo è inversamente proporzionale alla distanza (e anche al colore):
un ferito leggero qui conta più di mille morti laggiù.
A parte la Francia, la Comunità Europea non ha avuto altra politica che
quella d’approvare ciecamente gli USA.
Senza dubbio essa s’interesserà all’Indocina soltanto quando questa comincerà a diventare un promettente mercato. Comunità mercantile e divisa, essa è stata più che inadempiente: è stata addirittura assente.
E che dire poi dell’impotenza delle
cosiddette potenze morali (l’ONU) e
spirituali (il Vaticano)? Esse non sono mai state ascoltate, quelle rare volte che si son degnate d’esprimersi in
proposito. E che dire dell’onnipotenza
dei più grandi? È stato necessario, ma
anche sufficiente, ch’essi cominciassero
a parlare seriamente del dramma, fra
di loro e coi loro alleati, perché la matassa cominciasse a dipanarsi. Per i
super-grandi la morale internazionale
si riduce a disporre degli altri, nella
guerra come nella pace. E la lezione
vale, senza dubbio, oggi per il M. Oriente e domani per l’Europa. Se le prossime tappe e future conferenze si limiteranno a consacrare lo "statu quo”
territoriale, politico e ideologico, la pace ne avrà sì del vantaggio: ma, a colpo sicuro, i popoli vi perderanno il diritto di disporre di sé stessi e del proprio destino.
Banco di prova per l’Africa e soprattutto per l’Algeria, sia ideologico che
militare: questo era stata la prima
guerra d’Indocina. E in doppio modo:
per i sottoufficiali africani nell’aver
compreso che cosa poteva essere una
lotta per l’indipendenza, per gli ufficiali francesi (in combattimento o in prigionia) nell’aver letto (male) brani
scelti di Mao Tse-toung.
Banco di prova, più crudele e più disonorevole, per le armi moderne ame
ricane, dal bombardiere gigante e cieco al defoliante
perfezionato e raffinato: questa è stata la seconda guer
_________________ ra di Indocina. È
stata un’altra "guerra di Spagna” che avrebbe dovuto, anche questa, interessare gli europei. Banco di prova, a miglior esito, per la diplomazia dei super-grandi la cui pressione (lo vogliamo sperare) convincerà
il Nord e il Sud, tanto quanto la pressione delle bombe, a farsi delle concessioni reciproche. La seconda guerra
dovrebbe infine esser banco di prova
della cooperazione internazionale, pacifica ed umana, se dopo la fine delle
ostilità verrà convocata una conferenza per ricostruire il Vietnam dalle rovine innumerevoli e per curarne le piaghe indicibili ».
GIOVENTÙ’ CINESE CHE STUDIA
« Il tentativo di risuscitare la vita culturale cinese implica una certa
apertura verso l’estero e determina la
politica di "far vedere un po’ il mondo”. Di conseguenza viene incoraggiato lo studio delle lingue. Le stazioni
radio delle principali città trasmettono giornalmente varie lezioni d’inglese, e fa una certa impressione vedere
a Pechino i giovani che si accalcano
nelle librerie a comprare i manualetti
dell”‘Inglese per radio", oppure assistere alla scenetta dei tassisti che,
mentre guidano, ripetono con una pronuncia improbabile le frasette suggerite dalle loro radioline.
La conoscenza d’una lingua straniera
è naturalmente il requisito per un impiego migliore; tuttavia è il segno del
rifiorire di un abito di studio ch’è stato tipico dei giovani cinesi. Ora anche
le università si stanno ripopolando. La
selezione politica dei candidati universitari è ancora estremamente severa;
una porta comunque s’è riaperta, e
non è più vero quello che si diceva nel
1968: studiare non è la cosa più importante. Ritorna anche il rispetto per i
professori, che i cinesi hanno sempre
venerato. Nel 1966-67 i ragazzi erano
stati incitati a metterli alla berlina:
ora tornano a scuola un poco frustrati
per un sogno svanito durante il quale
avevano pensato di poter cambiare il
mondo, ma di nuovo desiderosi d’imparare e di reinserirsi... ».
(Da «L’Espresso» del 28.1.1973).
be « 1 unità della Patria » impegnata naturalmente nella lotta al marxismo
Ma quali sono i risultati reali o ipotizzati di questa « nuova » politica?
In politica interna, pur affermando
la sua opposizione al governo di centrodestra, lo ha sostenuto in più di un’occasione con i suoi voti su questioni
non certo positivamente qualificanti (i
piu recenti: RAI-TV, sgravio tasse ai
petrolieri, fitti agrari). L’on. Roberti
« fondatore e capo della CISNAL » si è
vantato, per quel che riguarda le lotte
sindacali, di essere riuscito a ritardare
l’unità dei lavoratori in un’unica organizzazione. L’on. Servello ha definito
« autentici eroi i delegati di fabbrica
tutti I lavoratori della CISNAL, che
contrastano, specialmente al Nord, la
violenza comunista ». Si può ben comprendere quale sia il nemico e quale
1 alleato di questo sedicente sindacato,
affiliato alla D.N.: i nemici sono i lavoratori iscritti alla « trimurti sindacale »
(cioè la stragrande maggioranza dei lavoratori, iscritti appunto alla CGIf,, alla CISL e alla UIL). Inevitabilmente
1 alleato è il padronato, che esso vorrebbe corporativamente legato a sé.
Fortuna che gli operai hanno impal ato
a fare le loro scelte, e sono scelte di
classe, per cui la CISNAL, dove pure
c è, conta ben poco. Ma la forza pi ritica della D.N., poiché facilmente manovrabile dal padronato, costituisce pur
sempre una base di manovra e di ricatto politico; anche di questo va tenuto _ conto per spiegarsi l’inconsulta
decisione della Confindustria di rompere le trattative per il rinnovo del contratto con i metalmeccanici.
Sul piano economico la D.N. è favorevole ad una pianificazione « informativa, indicativa e non forzosa », che non
intacchi la libera iniziativa; è per la
partecipazione agli utili. Così ha spiegato l’on. Fiorentino; « Occorre produrre quanto più e meglio possibile,
ne) modo più economico e concorrenziale, e poi far godere tutti dei beni e
dei profitti il più equamente. Su questo
equamente si può discutere per arrivare a soluzioni di avanguardia, ma la direzione aziendale deve essere unitaria,
la più responsabile e la più capace, diversamente si creano intralci e rallentamenti sul piano produttivo e funzionale ». C’è bisogno di altri commenti?
La mente di questi politici non è neppure sfiorata dall’idea che il lavoratore
non voglia più essere uno strumento di
produzione, ma un soggetto attivo di
essa, che rifiuta di essere mercificato,
comprato, pagato poco più o poco meno « equamente », ma voglia gestire i
beni che produce. Tutto questo sarebbe comunismo, e il comunismo va combattuto!
In politica estera la D.N., attraverso
le relazioni dell’on. Tripoli e dell’Anim.
Biridelli, si dichiara contraria aH’accordo internazionale sulla non proliferazione delle armi nucleari: « l’unità europea per essere veramente valida deve essere consolidata anche a livello
militare, sia sotto l’aspetto convenzionale che nucleare » (Tripoli); non crede nella distensione tra USA e URSS, è
contraria alla conferenza per la sicurezza in Europa, in quanto promossa
dall’URSS; vorrebbe imporre ai paesi
del Mediterraneo un processo di de-sovietizzazione con un « dispositivo politico-militare capace di garantire la sicurezza delle nazioni rivierasche » (Birindelli). Del resto Grecia, Spagna e
Portogallo sono gli unici punti di riferimento europei della D.N. Recentemente, a proposito dell’armistizio in
Indocina, Fon. Almirante ha auspicato
il mantenimento di due Vietnam divisi
e contrapposti, sempre per evitare la
avanzata dei comunisti.
Questi in sostanza i « nuovi » programmi di questa « nuova » forza politica. Ce n’è abbastanza per qualificarla. Eppure si dovrebbe parlare di tanto altro: di quello che non si dice, ma
si fa nella D.N., o con l’appoggio più o
meno scoperto, della D.N.: gli innumerevoli episodi di aggressione ai danni
di operai e studenti democratici, gli attentati a sedi di partiti... e poi resterebbe da chiarire la provenienza di molti
ordigni esplosivi, di quelli esplosi e di
quelli non esplosi, ma ci perderemmo
dietro ad innumerevoli piste frequentate tuttavia sempre dai medesimi individui.
Ma, dicevamo, ce n’è abbastanza. E
se pure non volessimo usare l’aggettivo
fascista, perché inerente al passato ed
a realtà solo fino ad un certo punto
coincidenti, dovremmo pur sempre parlare di mentalità capitalistica, di militarismo imperialista, di violenza antlproletaria. Si facciano pure dunque le
grandi manifestazioni popolari antifasciste, per ricordare a tutti i principw
della nostra Costituzione che, anche se
non è perfetta né è ancora del tutto
realizzata, serve a dare una valida indicazione di quelle che devono essere
le nostre scelte democratiche.
Emilio Nitti