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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PKEgieO P’ASSOCtAZlOXE
[À domicilio)
Torino, per un anno L. (5,00 1^.7,00
— per sei mesi » -i,00 » 4,SO
Per ie provincie e l’estero franco sino
ai coDlÌDÌ, un anno . . L. 7,20
per sei mesi, » 8,20
La Direzinne della BUONA NOVEI.LA è
in Torino, casa Bellora, a capo del Viale
del Ile, N 12, piano 3>.
Le assuciazioni si ricevono dalla Direzione
del Giornale, e dal Libraio G. SERUA ,
contrada Nuova in Torino.
Gli Associali delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla Direzione.
Avviso importante, — Regula Fidei. —> I Confessori di Gesù Cristo in Italia nel
secolo XVI. Pietro Carnesecchi. — Consolazione cristiaBa pel secolo nostro.—Discussione biblica sul mistero eucaristico.— Istituto Monnsticr. — Notizie religiose
—^Torino — Cremona — Inghilterra. — Cronachetta politica,
mm miPiDMàaTO
Cominciando col primo venerdì del Novembre venturo l’anilO
secondo delia Bnona Novella, preghiamo caldamente i signori Associati a rinnovare per tempo la loro associazione. Il mezzo più acconcio
per gli abbuonati delle provincie, è un Vaglia postale, mandato franco
alla Direzione della Bnona Novella, in Torino. — In Torino le associazioni si ricevono all’Ufficio del giornale, casa Bellora, 12, 3<> piano,
a capo del viale del Re, e da Giacomo Serra, libraio in contrada Nuova.
Il prezzo seguiterà ad essere : per le Provincie, franco di porlo, di
L. 7. 20 all’anno, e di L. S. 20 per 6 mesi; per Torino, preso
airUfficio 0 alla libreria suddetta: L. 6 all’anno, L. U por 6 mesi.
Fr. 7 e 50 di piti per chi la vuole a domicilio. — Preghiamo
altresì quei signori Associati che ancora non hanno pagato a farlo
quanto prima.
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njEGVijjk JFinEi
(La Regola della Fede)
Se in qaalcbc parte della religion
('ristiaoa può a buon dirilto ri*
chiedersi una indabitabile certc2zaed una sicurezza saldissima |
se un esame accurato ed «na sottile disquisizicoe può in religiosi
argomenti concedersi, egli è certo
chc la cojjnizionc esatta della Regola di fede meriterà la prima c
principal nostra considerazione.
Reguìa fidei. .
JI.
La rivelazione di Dio qual è concepita da noi cristiani ha per ultimo
scopo la salute eterna deU’aniina nostra, e come la salute non sì ottiene
cho da coloro i quali muoiono in uno
stalo di giusliiìcazione, resta chiaro
che lo scopo immediato e prossimo
della rivelazione deve essere la nostra
giustificazione.
Quando pertanto noi cerchiamo la
norma o, vogliam dire, la guida, o la
regola sicura della nostra fedo, intendiamo (li voler conoscere chi ci possa
insegnare sicuramente la maniera di
giustificarci e santificarci.
Ora la giustificazione e santificazione dell' anima non consiste nello
acquistare ed avere molte cognizioni
e definizioni, perciocché può darsi benissimo Il caso che una persona sia
quanto mai essere si può addottrinala
nelle cose di Dio, e ciò non pertanto
non sia giustificata nè sanla agli occhi di Dio; come per contrario può
darsi il caso cbe una persona sia mediocremente o anche rozzamente istruita nelle cose della fede, e con lutto ciò
sia benissimo in uno stato di giustificazione e di santità.
Non importa dunque che un cristiano si afTatichi a studiar modo e
via di penetrare da uomo dotto e teologo gli arcani della rivelazione ascosi
nella parola di Dio. Ciò riguarda la
coltura dell’ingegno, e pur troppo la
maggior parte degli uomini non ha
tempo nè mezzi di attendere a questa
coltura.
Nè tampoco sarà necessario che ogni cristiano impari a formolare esattamente e con rigore di termini all’uso
della scuola tutle le verità rivelate che
crede. Perciocché accade spessissimo
che tante volte si senta dentro di sè
un affetto, un movimento, un’aspirazione, uno stato spirituale e divoto
che sicuramente vien dalla grazia e
si sente che deve essere opera ed effetto della bontà di Dio, senza che
però si sappia esprimere nè definire a
parole. Finalmente non è da tulli nè
sempre possibile che si espongano veramente quali dentro si provano le
affezioni e le disposizioni dell’animo.
Gli stessi più profondi e pjù eloquenti filosofi si lagnano assai volle
della impotenza dell’umano discorso
a significare i concetti della mente, o
le ispirazioni anche naturali del cuore*
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Quanto più non dovremo noi dire impotente la umana favella a manifestar eoa esattezza i pensieri e gli affetti d’un ordine superiore al naturale,
come son quelli che riguardano lo
stato spirituale di un’anima?
Teniamo dunque per fermo che dovendoci noi salvare per la fede nella
rivelazione di Dio, non ci occorre di
conoscere questa rivelazione come si
conosce una scienza, ma è bensì indispensabile che la conosciamo come
il cibo dell’ anima, come l’alimento
dello spirilo, come unico e solo nutrimento della vita.
Or per cortoscerla in lai modo, non
ci fa mestieri di andare nè dal Papa,
nè dai Vescovi, nè dai Concili, perchè
Vescovi, Concili e Papa ci potranno
forse ammanire definizioni, e spiegazioni,« doUrine ammirabili, e sublimi , e nuove ; ma come queste son
cose non atte a mettermi la fede viva
neH’auima, perchè non posso che riceverla come dono gratuito da Dio pei
meriti di Cristo, ognun comprende
che queste cose tutte sono affatto vane
per me. 0 sappia io o no definire come il Figlio proceda dal Padre, e come
dal Padre e dal Figlio procedalo Spirito
Santo, alla mia eterna salute che importa? Purché io creda in Gesù Crislo
mio salvatore, e creda che egli Figlio
è uno col Padre e col santo divino Spirito, come trovo scritto nel santo Van
gelo, e lo creda con quella fede religiosa e ardente che mi congiunga a
Dio, e di Lui m’innamori come del mìo
unico bene, e, come leggo in S. Paolo,
mi faccia vivere in Lui, e Lui in me,
io son certo della mìa salute e non
debbo cercar di teologi, nè dì fdosofi, nè dì sapienti che possono bensì
appagare la curiosità della mente, ma
non mai eccitare in me quella vivissima fede che può solo eccitarsi dalla
virtù del mio divin Redentore, e che
sola mi conduce a salute.
Ora dove potrò io mai trovare il
mio Cristo? dove udirlo a parlare con
me? a istruirmi? ad ammaestrarmi?
Forse nel Papa? nei Vescovi? nei
Concilii? nei teologi? nei SS. Padri ?
Oh uou più parla Iddio per bocca
umana! Il lempo de’ profeti cessò al
sopravvenir dì Cristo che adempiva
egli solo la legge e i profeti. Egli fighuol dì Dio e flgliuol dell'uomo, ìqsegnò dì sua bocca la sua fede al
mondo nel breve giro d’anni che vi si
trattenne a conversare visibilmente con
noi; egli affìiò i suoi segreti a uomini
privilegiali che scelse per suoi ApostoU e suoi primi discepoli ; a questi
ispirò di scrìvere quanto per la nostra
eterna salute avea rivelato ad essi, o
dopo che ebbero scritto chiaraolli a
sè, nè più concesse ad altri facoltà o
privilegio di^aggiungere sillaba. Come
dopo la sua ascensione al cielo, rav-
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valorava col braccio della sua infinita
potenza la sua divina parola predicala
dagli Apostoli, or la ravvalora o letta
0 predicata, ma quale sta scritta.
II ministero deU’uomo nel diffonder
oggi la divina parola, non può più
confrontarsi a quello degli Apostoli.
Potevano essi dire alle genti : Udite
noi, e la nostra parola accettate come
parola di Dio, perchè essi parlavano
ispirati e indettati dal santo divino
Spirito. Ma oggi i ministri si debbono restringere a ciò che sta scritto,
e uon allontanarsi d’un iota da ciò
che sta scritto, perchè niuno di loro
ha inteso come gli Apostoli il Cristo
Verbo di verità e sapienza manifestato in carue, e conviene si uniformino a Cristo Verbo di verilà e sapienza manifestato nelle Sanie Scritture. In esse, in esse sole oggi risiede
il Verbo di Dio in terra, e in esse sole
oggi ancora ci parla Cristo.
La Chiesa co’ suoi dottori e ministri non ha altro dovere che di condurci a Cristo, ossia colà dove egli risiede, e come risiede nella parola non
più visibile in carne, non più rivelantesi per bocca d’.\postoli, ma parlante
nelle divine Scritture, a questa e a
niun’ altra guida ci deve rimettere la
Chiesa, a questa e a niun’ altra guida
ci denno rimettere i ministri e i pastori della Chiesa.
È vero che alcuni de’ Padri furono
educati alla scuola degli Apostoli, e
sono appunto i Padri che chiamiamo
apostolici perchè vicini a que’ tempi
felici, in cui attinger potean daJ labbro degli Apostoli le verilà che questi
tenean di bocca del divin Redentore,
e noi teniamo dal sacrosanto Evangelo. Ma è vero altresì che niun dei
Padri ebbe da Cristo la missione degli
Apostoli, e niun degli Apostoli ha lascialo scritto a noi che ascoltassimo
come parola e insegnamento di Cristo
le parole e gl’ insegnamenti di verun
padre. Tito e Timoteo furono pur educali ed ammaeslrali da Paolo; Lino e
Clemente sì vogliono istruiti da Pietro; s. Policarpo si dice discepolo di
Giovanni ; ma nè Policarpo, nè Clemente, nè Lino, nè Timoteo, nè Tito
non ebbero nulla di speciale da comunicare alla Chiesa per parte dei
loro maestri, perchè tutto che bisognava manifestare e rivelare per la
sanlìBcuzione e la salute del genere
umano era stato già scritto dagli inviali di Cristo Evangelisti ed Apostoli; e gli Evangelisti e gli Apostoli,
a parlar con proprietà, non ebbero e
non han successori, perchè la straordinaria e singolare sapienza di cui
li investiva il santo e divino Spirito per
far palese agli uomini la riveiaziotie
di Dio, non fu concessa ad altri fuori
di loro ; quindi la sola parola che fU
lasciata scritta da loro è veramente
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la parola ispirala da Dio, ed è il Verbo
di salute e di verità: quella sola dobbiam venerare per tale e nissun’altra;
e sono sogui dei secoli posteriori le
coslituzioni apostoliche per alcuni attribuite a Clemente papa o ad Hermas. I missionari e i pastori delia
Cliiesa non hanno a far altro che amministrare ai viventi quella stessa parola senza alterarla, nè ampliarla, o
restringerla, perchè non hanno altra
missione che quesla, e per poco che
si allontanin da questa, traboccano
in malvagità ed errore, perchè sostituiscono la parola dell’uomo alla parola di Dio, e si usurpano una facoltà
che fu solo data agli Apostoli come
dono straordinario, ed essi assolutamente non hanno.
A che dunque mandarci alla parola
e alla dottrina de’SS. Padri per avere
una guida e una regola di fede? I
SS. Padri non sono che uomini, e
non possono che essere stati ministri
ossia amminislratori della parola di
Dio, insegnala e scritta nelle Sacre
Carle, ma nt)n furono mai, nè sono
Apostoli mandati da Cristo, e depositarli di verità da rivelare agli uomini.
Sieno essi dunque o concordi o discordi in una dottrina qualunque, alla
nostra eterna santificazione non imporla, e anche ignorando perfettameute le loro personali dottrine, noi
possiamo salvarci purché ci tenia^
mo fermi al sacrosanto Evangelo,
chc solo è scorta e guida sicura della
fede che salva.
Non vogliamo con ciò spogliare di
ogni riverenza le fatiche e gli studi e
i discorsi e i libri de’ ss. Padri: mai
nò. Posto sempre fra loro e il Vangelo queir intervallo infinito chc deve
essere necessariamente fra la parola
di Dio e quella dell’uomo, possiamo
senza dubbio imparare moltissime
cose utili e pratiche da loro, e il cielo
ci guardi dal menomarne punto nè
poco il merito cd il valore. Noi anzi
amiamo moltissimo la Patrologia
come scienza che giova a conoscere i
gloriosi primordi della Cliiesa .di Dio,
e a stenebrare assai punti di storia e
di controversia ecclesiastica che senza
di essa ci rimarrebbero incomprensibili
ed oscuri. Concediam pure che lo
studio e la lettura ^e’ Padri valga a
tenere edificato lo spirito d’ogni credente, e siamo gratissimi ai grandi
riformatori del secolo xvi, che li abbiano tratti dal lungo obblio in cui li
lasciavano giacere i dottori scolastici
del Romanismo, eli abbiano resi facilmente accessibili ad ogni classe di
fedeli avvertendo Gn anche dove e
quando sieno gli originali lor testi
mutilati e corrotti, vuoi dalla malizia
vuoi dalla ignoranza de’ tempi. Ma
non potremo giammai senza oltraggio
della Divinità mettere la loro parola
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al paro della parola di Dio, come
hanno sentenziato i teologi di Roma
nel concilio tridentino, e come pur
troppo anch’oggi si pratica dai Gallicani, dai Giansenisti e dai Puseisti.
Anzi l’uutorità stessa dei ss. Padri
de’ primi tre secoli dopo l’apostolico,
Qome saviamente osserva l’autore del
Regula Fidei alla sezione viii, pag.
125, ha sempre in ogni secolo premunito 1 fedeli contro il pericolo di
scostarsi dalle sacre Scritture state
sempre da lor predicate come unica e
sola e infallibile norma e regola e fondamento di fede. Si legga infatti la
citata sezione e vedrassi che ;
L’anno 140 Giustino martire adduceva la profezia come fondamento
sufficiente alla fede:
L’anno 168 Teofilo d’Antiochia considerava l’avveramento della profezia
come sicura teslìtnonianza della fede:
L’anno 172 Taziano asseriva che
la Sacra Scrittura palesava da sè sola
internamente allo spirito la sua divina
origine:
L’anno 193 Clemente Alessandrino
esortava i fedeli a leggere la sacra Bibbia assicurandoli che avrebbero per essa potuto agevolmente persuadersi della eccellenza e verità della religione
cristiana:
L’anno 230 Origene rimetteva i suoi
discepoli alla autorità della Scrittura
come testimonianza certa e'Tnàppéllabile di verità:
L’anno 303 Lattanzio per l’adempimento delle profezie dimostrava l’ispirazione delle divine Scritture:
L’anno 515 Eusebio di Cesarea informava largamente i suoi leltori della
necessità d’appoggiare la fede all’autorità della divina parola scritta:
L’anno 354 Ilario di Poitiers confessa che nulla ha tanto servito a convincerlo della verità delle sacre Scritture quanto Tessersi posto a meditarne
i misteri e le profezie;
L’anno 396 Agostino ringraziava
nelle sue coofesaioni ^ Signore Iddio
di udirlo e intenderlo parlare nelle
Sacre Scritture.
Volendo anche dunque seguire le
istruzioni e gli- ammaestramenti dei
ss. Padri siamo sempre obbligali di
ricorrere alla parola di Dio per essere
assicurati e confermati nella vera fede
di Cristo che unicamente ci salva.
Noi insistiamo e insisteremo sempre
su queslo argomento come il più importante alla nostra gitistificazione c
desideriamo che i uostri leltori non si
lascino giammai pervertire o sedurre
dalle vane dottrine degli uomini, che
alla fede che salva danno altro fondamento da quello che ha posto Iddio,
ed è unicamente il Verbo del divin
Padre raaiiifestato al mondo nella pienezza de’tempi in carne umana e sem-
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pre poi accessibile a’suoi seguaci nella
divina Scrittura, dove continuamente
ci parla e ci rivela meglio assai che
non potranno mai fare gli uomini, sieuo pur padri, q dottori, o teologi, o
vescovi, 0 papi, lutto ciò che c’importa di sapere per la nostra giustificazione in terra, e per la nostra eterna
salute ne’cieli.
I CONFESSORI DI G. CRISTO
IN ITAMA
NEt. SECOLO SVI
PIETRO CAKXESECCIU.
III.
Vili. Ma non per questo diminuì
l’odio che i più avventati di Roma nutrivan controdi Carnesecchi, che anzi
la ottenuta impunità contribuiva ad
accrescerlo; e quantunque niuuo osasse biasimare apertamente la moderazione del pontefice, pure in segreto
i cervelli fanalici ne mormoravan fra
loro. Pietro Carnesecchi, uomo positivo e non facile ad illudersi, grazie
alla grande esperienza che avea degli
uomini e delle cose, vide che malgrado
il buon esito del processo la sua dimora in Roma non era senza pericolo;
comprese che d’allora in poi l’avrebbero severamente sorvegliato i satelliti
e le spie del saat’Uffizio, al cui furore
erasi soltralto quasi per miracolo; e
poi convinto di non potere in quel
momento agire nulla che giovasse
alla causa della riforma, e temendo
per ultimo che la sua presenza somministrar potesse alla Inquisizione
sospetti e pretesti nuovi per vieppiù
incrudelire contro i dispersi membri
della chiesa evangelica, rassegnossi al
volontario esiglio; e lasciando Roma,
chiese ed ottenne ospitale asilo in Piemonte appo la duchessa Margarita che
ne aveva in gran pregio l’ingegno, la
dottrina e la fede. Indi passò in Francia, e quivi la stima di Enrico II e di
Caterina de’Medici, l’amicizia dei più
cospicui uomini di lettere, e l’ammirazione de’principali seguaci del Vangelo, gli resero assai men aspro il dolore dell’esiglio, ma non poterono mai
fargli dimenlicare l’Italia, cui tanto
amava, nò intiepidire nel suo animo
lo zelo per introdurvi la riforma. Inviava pertanto incessantemente d’oltrc
alpi savi consigli a quei dellapcnisola,
e per viemmeglio alTrettare il trionfo
della sacra causa che propugnava, faceva tesoro di lunghi e profondissimi
studi. Alla fine quando alla sua graad’ anima cristiana parvero propizi e
maturi i tempi, tornò generoso ad affrontare gli stessi pericoli e venne in
Italia.
IX. La città di Padova soggetta alla
repubblica di S. Marco, e perciò meno
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esposta alla influenza c agli intrighi
della Corte romana, era a quei dì
soggiorno forse il più sicuro pe’discepoli del Vangelo^ e Pietro Carnesecchi colà si condusse nel 1552. Intorno a lui si strinsero tosto gli amatori
studiosi del santo Vangelo, crebbero
le speranze d’una vicina riforina -, e
rinacque ii fervore ne’tepidi, e aumentoasi il numero dei veri fedeli. Padova
divenne il focolare da cui partivano le
sacre faville della italica rigenerazione;
e di là Carnesecchi riapriva le sue religiose corrispondenze coi principali
evangelici della penisola e coi più
grandi riformatori della Svizzera e
della Germania. Per più anni continuò egli quest’opera esimia; la sua
prudenza, la fermezza del suo carattere avean sempre felicemente deluse
le male arti e rese vane le minaccie e
le collere della Corte romana.
Ma saliva sul trono pontificio, col
nome di Paolo IV, l’ostinato e fiero
cardinale Caraffa. Il suo regno fu
inaugurato colla persecuzione e col
terrore. Uno sciame di agenti del sant'Uffìzio si sparse per tutta la Penisola
per dare la caccia al così detti erelici.
L’arbitrio, il fanatismo, la disonestà
de’mezzi che adoperavansi, aprirono
l’adito alle delazioni, alle calunnie,
alle private vendette, e sparsero dovunque costernazione e paura. Così
allora adempivasi l’apostolato de'Papi!
Una parola equivoca, un motto d’ira,
un atto inconsiderato, una relazione
innocente con persone sospette, bastavano perchè un infelice fosse precipitato in un abisso di guai; era rigore
in tutto e per tutto, e l’Italia, teatro
miserando di persecuzioni, di arresli,
di prigionie, di tormenti d’ogni genere, di esigli, di roghi, di scomuniche; le congreghe evangeliche di Napoli, di Modena, di Ferrara disciolte,
la chiesa di Locamo dispersa, e per
ordine del Papa intentato un secondo
processo contro Pietro Carnesecchi.
Dopo cinque mesi fu citato a Venezia
e a Roma, e non essendo comparso
nel termine prescritto. Paolo IV fulminava contro di lui la scomunica
(1559) e come eretico contumace lo
designava al braccio secolare per punirlo.
X. Questa seconda volta fu la protezione di Cosimo de’Medici che salvò
ii Carnesecchi dalle mani dell'inquisitore Fra Michele; ei consigliollo a non
presentarsi, e Io giustificò per mezzo
di commendatizie e proroghe e attestati di malattie e altre simili ragioni,
finché visse Paolo IV.
Quando poi la tiara passò sul capo
di Pio IV, Carnesecchi, fidato nel favore di Cosimo, recossi a Roma per
difendere la propria causa, sicuro
dell’indulgenza del novello pontefice,
che apparteneva alla famiglia de'Me*
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dici. E Pio IV, il quale degno successore del defunto CaralTa, orinava i
massacri delle Calabrie, senza risparmiare gli evangelici di lloma, di Venezia e di allre cillà deirilalla; Pio
IV che incoraggiava i governi della
Penisola a prestar braccio forte alla
Jnijuisizione, per esiirpare i cosi delli
eretici . . . quello stesso ponlefice, io
dico, non ostante che il Carnesecchi
fosse commiemente consideralo come
il più pericoloso fra tulli gli eretici,
pure, lungi-dallo imperversare conlro
di lui, dichiarollo innocente, liberandolo dalla censura statagli fulminala
da Paolo IV. Lo colmò finanche dei
suoi favori e lo rimise nel possesso
delle abazie di cui aveanlo spogliato.
Nè fu queslo un allo di clemenza o di
giustizia per parte del papa, ma unicamente l’effetlo di quegli umani riguardi, che lo consigliavano a far
cosa grata ad un principe, ed amico,
e parente, qual era Cosimo de’ Medici! Ammesso il barbaro decrelo di
esterminio conlro i fedeli evangelici,
la chiesa romana per essere logica
non poteva risparmiare la vita del
Carnesecchi, che anzi egli a giudizio
dell'Inquisizione appariva più reo che
gli altri; l’eccezione falla a suo riguardo prova che la chiesa romana
nello spargere lant’uman sangue era
di mala fede. E ciò è logicamente diraostrato; dappoiché essendo quella
santa Corte de’ vescovi degéneraTà in
gabinetto politico, dovea per conse-'
guenza partecipare alle debolezze, ngli
intrighi ed agli odiosi privilegi, e per
fino alle iniquità, di cui l’arte politica
ribocca, talora per malvagità de'tempi,
e talora per quella degli uomini. Ogni
causa produce naturalmente i suoi
elTelti!
XI. Inslituivasi intanto una filantropica società, per aiutare con da-'
naro, consigli, aderenze ed altri
mezzi coloro che caduti fossero nell»
mani del sant’fJiUzio, e per agevolare
la fuga ai perseguitati o sospetti.
Carnesecchi favorito dal papa in modo
da non temere per sè gli Inquisitori.di Roma, volendo impiegare la
sicurezza sua a benefizio degli altri,
vi si ascrisse, e giunse a procurara
palesemente l’evasione di Pietro Gelido ecclesiastico di molla dottrina, e
com’è fama , da lui stesso convertitó
alla fede evangelica. Vuoisi comunemente che le lellere oratorie di Gelido
indirizzate da Ginevra a Cosimo per
indurre il Papa a convocare uti con*
ciiro nel centro della Germatiia e |)resiederlo, fossero state inspirale da Pietro Carnesecchi.
Gl’inquisitori, non potendo addentarlo, perchè schermilo e protetto dal
papa, tacevano fi-emendo ; ma nel
tempo stesso non tralasciavano di sor*
vegliarne la condotta e notare minuta-
10
mente ogni sua azione e parola con
animo di preparare contro di lui gli
elementi della vendetta , cui si riserbavan di fare alla prima occasione che
si sarebbe lor presentata. E—sventura
per Carnesecchi e per la chiesa evangelica!!— l’occasione non tardò a sopraggiungere, ed a tradurre in atto quei
sanguinosi progetti. Moriva Pio IV, e
lo scettro papale passava nelle mani
del terribile Ghislieri, il quale vagheggiava di spingere la persecuzione
sino airultimo estremo, e voleva ad
ogni costo soffocare la nascente riforma in un torrente di sangue , ed intanto si facea chiamare Pio V.
Pietro Carnesecchi, sperando di trovare nel nome di Cosimo de’Medici un
forte scudo conlro le sciagure che gli
sovrastavano, ritirossi a Firenze. La
fedeltà costante de' suoi antenati e la
sua verso la famiglia de’ Medici, l’amicizia che lo stesso Cosimo gli protestava, sembrandogli sufficienti titoli e
guarentigie della sua libertà , gli fecero protrarre o smettere del tutto -il
disegno che aveva concepito di rifugiarsi a Ginevra. Ma si può mai contare sulla riconoscenza e sull’ amicizia di un despota? Poco dopo la
Corte in cui Carnesecchi ebbe ospitalità, divenne la stanza del tradimento;
ed il principe, l’amico, l’ospite Cosimo
de’ Medici, imitando la perfidia di
Giuda, consegnò il giusto nelle mani
de’ Farisei di Roma. {Continua)
CONSOLAZIONE CRISTIATA
PEL SECOLO NOSTRO.
I cristiani moderni, benché virtuosi
e dabbene, non sono sempre giusti
nel giudicar il seco! nostro. Ammiratori parziali dei secolo apostolico,
non badano troppo alle benedizioni
che Iddio diffonde a larga mano sui
tanti sforzi degli odierni operai evangelici in propagare il regno di
Dio.
Eppure uomini perfettamente istruiti nella storia contemporanea del
Vangelo, e per la gravità del carattere
e per la profondità del sapere capacissimi a pesare il valore delle cose,
si sono consecrati a lunghi e difficili
studi per indagare lo stato comparativo del cristianesimo nei diversi
tempi riguardo al numero dei convertiti. Ora da queste investigazioni
è risultato, che alla fine del secolo
degli Apostoh il numero complessivo
dei convertiti non oltrepassava la cifra
di 500,000 anime. Questo è stato il
frutto della predicazione degli Apostoli, e dei loro immediati successori
durante uno spazio di circa cinquanta
a sessant’anni. Essi, gli Apostoli,
oltre gli altri vantaggi di cui sono
privi gli evangelisti moderni, possedevano il dono delle lingue, il potere
dei miracoli, e il privilegio grandissimo di essere comparsi in un’ epoca,
11
- ?ss
iijcuiredificin deU’antico pagauesiino
cadeva da ogni parte in rovina. Oggi
nello stesso spazio di tempo, e in
circostanze che per alcuni riguardi
possono bensì parere sfavorevoli, ma
per altri souo assai più favorevoli, si
è veduto e provato per mezzo dei
rapporti di trenta società di missioni
tutte evangeliche, e di 2000 missionarii pur tutli evangelici, e niente papali, chc il numero dei Pagani convertiti dai loro sudori nelle ludie '
orientali, nel Ceylan, nella Cina, e
sulle coste occidentali e meridionali
dell’ Africa, e nel Mare del Sud, e
fra i Negri delle Antille, e le razze
Indiane del Nord dell’America, e iu
più altri luoghi deU’Oceauia e dolla
Australia, non è inferiore a 800,000
anime. Kol non vogliamo cerio esaltare con ciò il secolo presente sopra
il secolo apostolico, ma nostro unico
scopo è quello di confrontare i tempi
e r fatti per mostrare che non abbiamo
motivo alcuno di affligerci sull’attuale
zelo di rehgione che anima le società
dei credenti. Dobbiamo anzi ringraziare l'Altissimo, vedendo che il suo
braccio non si è abbreviato fra noi
ed oggi ancora nella sua intìnita bontà
moltipUca i frulli della sua divina
Parola.
DISCISSIOXE BIliLlCA
SUL MISTERO EUCARISTICO
Finalmente il Cattolico sembra deciso
a mantenere la sua parola e ad entrare in
discussione colla Huona Novella intorno
al Sacramento della Cona del Signore.
Noi abbiamo ragione di credere cbe dopo
averci fatto attendere si lungo tempo i
teologi del Cattolico abbiano molto studiato la materia sicché la nostra discussione riesca utile ai nostri lettori.
In luogo di preambolo noi ci limiteremo
a ramnientare al Cattolico che noi non
abbiamo data lasfida, ma l’abblam accettata; quindi noi ce ne staremo sulleditese
rispondendo alle ragioni che il Cattolico
addurrà. Crcdiam necessario un tale avvertimento, perchè sembra che il Cattolico
lo abbia dimenticalo, volendo egli rispondere alle nostre opposizioni. Ciò premesso
per intelligenza della discussione, entriamo in materia senz’altri preamboli,
non essendo amatori di parole inutili.
Ecco dunque chiara e netta la professione di nostra fede riguardo al Sacramento della Eucaristia: essa è nell’articolo XXX della coofessioue di fede della
Chiesa Valdese.
« Gesù Cristo ha istituito il Sacramento
della Santa Cena, o Eucaristia per alimento dell’anima nostra, acciocché medionte una fede vera e viva, e per la incomprensibile virtù dello Spirito Santo,
mangiando effettivamente la sua carnè
e bevendo il suo sangue, e unendoci
strettamente e Inseparabilmente a Cristo,
noi abbiamo in lui e per lui la vita spirituale ed eterna « {V. Suona ISovellu ,
N-' Si, pag. 523.
12
La fede contenuta in questo articolo è
quella slessa dei ])as8i allegati dal Cattolico. Noi avremmo desiderato che nella
stessa guisa egli avesse stabilita, prima
di enlrare in discussione, la sua fede sulla
Eucaristia: poiché come polrà discutersi
una dottrina sc prima non si espone in
termini chiari? Se invece dell’anaiiiico
sin/cst ( s!C ) dei testi scritturali, avesse
il Cattolico stabilita la sua dottrina, per
quindi dimostrarla co’testi, sarebbe proceduto con maggior ordine e maggiore
f.hiarcKa; cd esposta da principio la dottrina non avrebbe poi potuto cangiarla a
suo comodo. Noi domandiamo adunque
al Cattolico, e crediamo non essere indiscreti, che in uno dei prossimi numeri
ci faccia quel che non ha fatto prima,
cioè slabilisca nettamente la sua dottrina
siccome noi abbiamo stabilito la nostra.
Intanto per non passare solto silenzio
i passi addotti dal Cattolico ne diremo
qualche cosa: non già che noi ci pretendiamo tanto dotti da farne una analitica
sintesi ( chè noi confessiamo non comprendere neppure una sintesi analitica ),
ma siccome qtiello chejcrediamo lo crediamo in buona fede, cosi alloraquando ci si
oppone una dottrina contraria alla nostra
amiamo di essere bene istruiti onde sapere
a che ci dobbiamo tenere: presenteremo
dunque al Cattolico non delle obbiezioni,
non delle osservazioni, ma delle semplici
domande sui passi da lui citati del cap. VI
di S. Giovanni, riserbandoci, allorché ci
avrà risposto, a farne delle altre su gli
altri paesi.
Noi iatendiaino le parole del capo VI
di S. Giovanni in un senso spirituale, ed
a suo lempo ne daremo le ragioni; il Catiolioo sembra intenderle io senso lette
rale. Noi domandiamo dunque al Catlù.lico: se tutto il discorso di Gesy Cristo
(relativo secondo lui alla Eucarislia) del
capitolo VI di S. Giovanni, debba èssere
inteso in senso letterale, ovvero se alcune
espressioni debbono essere intese in senso
letterale, altre in senso spirituale o metaforico ? Se risponderà per la seconda
parte della domanda, noi io piegheremo
che c’indichi quali espressioni devono essere intese letteralmente, quali spiritualmente, eia ragione soprattutto di questa
diiTerenza di senso? Se poi il Caltolico si
decide per la prima parte, noi gli domandiamo se quando Gesù Cristo nel
V. 27 dice alle turbe: « Adoperatevi non
« intorno al ciboche perisce, ma intorno al
« cibo che dimora in vita eterna, il quale il
« Figliuol dell’uomo vi darà», se per cibo
che dimora in vita eterna, debba intendersi un cibo letteralmente ? Se risponderà di si, domandiamo ancora che ci
spieghi, come un tal cibo possa dimorare
in vita eterna ? Come possa dimorare nel
tempo che passa tra la morte e la risurrezione dei corpi ?
Quando il Cattolico avrà risposto a tali
interrogazioni, lo pregheremo « rispondere ancora alle seguenti : ai v. 52, 53
Gesù dice: « il Padre mio vi dà il vero
« pan celeste. Perciocché il pan di Dio è
« quel che scende dal cielo e da la vita al
« mondo ». Questo pane di Dio è il corpo
ovvero la divinità di Gesù Cristo ? Se direte la divinità, noi vi domanderemo :
perchè dunque volete che s’intenda del
corpo ? Se direte il corpo, noi vi domanderemo se il corpo di Gesù è ^ceso dal
cielo ? Di più, quando Gesù nel verso 35
dice: « Cbi viene a me non avrà fame,
« e chi crede in me non avrà giammai
13
« sete V debba intendersi di fame e di sete
letteralmente, oppure in senso spirituale?
Quando Gesù dice, vers. 48 : a Io sono il
pan della vita », si dovrà credere che
Gesù abbia voluto parlare in senso letterale 0 in senso figurato? Cosi quando
dice vers. SO, SI : « Quest’è il pane die
« è disceso dal ciclo acciocché chi ne avrà
n mangiato non muoia, lo sono il vivo pane
« che è disceso dal cielo: se alcuno mangia
«di questo pane riverà in eterno: ora il
« pane che io darò è la mia carne per la
Kvita del mondo», su questo passo noi
domandiamo: debbe intendersi letteralmente 0 spiritualmente quel pane che è
disceso dal cielo ? la morte di cui si parla
che non soffrirà colui che ne mangia, è
morte letterale o morie spirituale? E se la
morte e i! pane di cui si parla debbono
intendersi in senso spirituale, allorché si
dice disceso dal cielo, e allorché si dice
che'preserva dalla morte, perche dovrà
intendersi letteralmente allorché si dice di
mangiarlo? Se è un pane spirituale, come
si può mangiare corporalmente ? Domandiamo infine: se debbe intendersi che chi
mangia materialmente di questo pane
vivrà in eterno , perché Giuda che io
mangiò, e tanti altri che lo hanno mangiato sono dannati ?
Ma per ora basti così : allorché il Caliolico avrà favorito di rispondere a queste domande coniinueremo a farne delle
altre, e passeremo poscia a fare delle
osservazioni sulle sue risposte.
ISTITUTO MONASTIER
presso il Collegio Valdese
di Torre.
11 Collegio Valdese della Torre è assai
ben provveduto di cattedre di profes
sori, di biblioteca, di scuole, perchfe possano comódamcnle i giovani compiervi
il corso degli studi letterari c niusolici.
Mercè foudazione si provvida, i padri di
famiglia delle Valli non denno più, come
per lo passato, inviare in età ancor te»
nera, a paesi stranieri, per essere evangelicamente allevati i lor fi^li, né più
denno di conseguenza soffrire que'gravi
dispendi, che spesso erano superiori alle
forze, c causa di sagrifizi durissimi. Le
persone che diligono il Collegio souo
anche tali da non doversi temere, che
mai trascurino di corredarlo all’uopo di
tulli quc’mezzi d’istruzione, che saranno
richiesti dal continuo e quasi quotidiano
progresso cui vanno facendo le scienze.
Con tuttociò havvi da adempiere ua
vuoto, e saliifare uu bisogno universalmente conosciuto e sentito , ed è un
COKVITTO, senza del quale molti
parenti evangelici, lontani dalla Torre,
sarebbero nella impossibilità di vantaggiarsi del ben del Collegio, per mancanza
d’una casa destinata a riceverne i figli;
e tanti altri aucora, dalle famigliar»
faccende impediti a costumarli come si
conviene fra le domestiche pareli, sarebbero come prima obbligati a mandarli
fuori d’ilalia.
A tanto uopo sopperirà i’Istitulo che
si propone d’aprire il sig. Enrico Monastier, nipote del benemerito storico della
Chiesa Valdese. Stato egli per quindici
anni assente dal suolo natio, ha fatto
tesoro de’metodi d’istruzione e di educazione cbe più sono in uso presso le
più colte nazioni d'Europa, e si è sempre occupato nella privata educazione
de’giovani, Ha quiudi per sua propri«
14
esperienza Acquistato que’lumi e que’
modi che tanto fanno a guadagnarsi il
cuore e la fiducia dei giovani, per avviarli a camminar con diletto nel sentiero della virtù, e che più monto a divenire uomini di probità cristiana. Or è
dispósto di consecrare tutto se stesso
all’arduo ed onorato incarico dell’edu«
ealore in patria , e pel v enturo mpse
d’ngosto del 1853, avrà aperto il .suo Istituto vicin del Collegio.
I genitori ponno star certi che in lui
riuverranno uu secondo padre pei propri figli. Membro qual h della direzione
del Collegio, e per conseguenza in relazione continua coi Professori e coi
¡Maestri avrà sempre il più minuto ragguaglio sui portamenti scolastici d’ogni
allievo, e potrà di leggieri secondo la
varietà de’casi aiutarne l’ingegno e stimolarne l’attenzione e lo studio, e sempre e in tutti promuovere l’amor del sapere, e agevolare Io sviluppo delle facoltà mentali.
II suo tratto benigno, cortese e paterno nel conversare quotidiano coi giovani non potrà non meritargli l’allezione
e la confidenza dei medesimi, per modo
che gli diverranno inutili le punizioni severe e le amare rampogne. Egli si confida di tutto ottenere da loro con semplici esortazioni amorevoli, e per una
sorveglianza continua spera impedire
perfin l’occasione d’infrangere le leggi
del dovere.
Quanto alle cure igieniche così indispensabili per mantenere ia sanità e la
politezza, come per ingentilire gli studi
non saranno giammai pretermesse; vi
saranno dormitori conveuieiilemente ri
scaldati d’inverno e rinfrescai! Testale,
6 desiderandolo i parenti, anche camere
separale. Una sala di studio riunirà tatti
gli allievi nel lempo destinato a preparare le esercitazioni ordinate dai professori. Tre pasti al giorno forniranno un
nutrimento sano ed abbondante.il prezzo della dozzina sarà di 35 franchi al
mese per gli allievi che avranno il proprio letto, e di 40 per gli altri. L’importo della lavandaia sarà pag.ito a parie.
Chiunque desidera altri più minuti particolari, conviene che si rivolga direttamente al signor Enrico Mouastier alle
Torre nou più tardi del prossimo mese
di marzo.
La Tavola Valdese ha preso ad esame il progetto del signor Monastier prima che fosse fatto di pubblica ragione,
e pon contenta di averlo interamente
approvato, lo lia altresi caldamente raccomandato ai genitori lutti che bramano
mandare i loro figli alle scuole del Collegio.
Noi crediamo fare opera gradita ai
lettori della Buona Novella indicando
loro un Istituto in cui, senza nulla trascurarsi della educazione 'civile, verrà
pure pienamente provveduto all.i educazione evangelica, ed allevandosi ollimi
ciltadini saranno anche allevali buoni
crisliani. ■
IVOVIZKE K£;iilG(OSE
ToRlNO.Lunedì matlina colla seconda
corsa della strada ferrata è partito Lord
Roden alla volta di Genova per raggiungere colà i membri della deputazione
15
evatigelicA che doveano con lui riunirsi
per andare insieme a Firenze a ricliiedere al Gran Duca la liberazione dei
coniugi Madiai. Quai dolce conforto per
due poveri carcerati non ricclii, non
grandi, non noiiili, ma semplici popolani, il vedersi arrivare di Scozia, d’Ingliilterra, d’irlanda, di Prussia, di Francia, di Wurtemberg, di Olanda, di Svizzera personaggi illuslri, che si onorano
di essere loro fratelli in Cristo, e si
adoperano con tanto zelo a lìl>erarli
dalla tribolazione che soflrono per la
fede nella parola di Dio. Se ci deve essere lume a conoscere la vera Chiesa il
criterio chc ci ha dato Gesii Cristo
quando disse che il mondo avrebbe riconosciuto i suoi alle opere di caritè,
qual dubbio che la vera Chiesa nou sia
l’evangelica a cui appartengono questi
membri della deputazione, spinti non
da mondani interessi, ma daU’unico desiderio d'aiutar due fratelli incatenati a
torto? Noi ci consoliamo che sia la nostra Italia il teatro di così bello esempio. Possa illuminare le menti, e volgere
i cuori all'amore e allo studio della solutifcra parola di Dio I
Cremona. Qui succedono spesso ratti
di figlie di famiglia trafugale dagli agenti
e commessi dei PP. Gesuili per farle
monache, lì Opinione riferisce una corrispondenza del Regno Lombardo-Veneto,
nella quale si racconta cbe diversi genitori hanno fatto ricorso alla podestà
laica e vescovile per simili ratti senza
avere ancor potuto ottenere soddisfazione.
Inghilterra. Socielà delle Missioni
della città di Londra. Questa ammirabile Società, il cui campo di travaglio
è la città di Londra, ha lestè pubblicalo
il suo rapporto annuo. Ecco il sommario delle sue operazioni nel decorso di
questo diciassettesimo anno della sua
esistenza; sono siati impiegati 2jO missionari, i quali hanno fatto 1,176,055
visite, fra cui 100.713 a dei maiali o
moribondi. Si sou tenute in case abitate
da poveri 21,303 raunanze di preghiera
e di spiegazione delle Scritture. In
358,581 occasioni, porzioni della Ribbia
sono siate lette alle persone visitale, ciò
che fa ascendere il numero dello l^ure
a quasi 1000 al giorno. Traltati dislribuili 1,780,000. Trattali e libri imprestali 16,850. Ragazzi mandati alle ocuole
5,986. Ubbriacbi emendali 384. Persone
d’àmbo i sessi sotlratte al vizio e ad uu
genere di vila scandaloso 988. Il culto
domestico è slato stabilito in 300 famiglie, e 200 persone che v.iveano in concubinato, sono siale legàlmeiile sposale.
{Jrchiv. du Chrisl.)
CROXACHETTA POLITICA
Tohino. — La matlina del 20 ebbe
luogo una brillante fazione campale
presso S. Mauro, alla quale inlervenne S.
U. Il Ile,
— In tulle le tesorerie di lerraferma è
aperto un registro per ricevere le soltoscrizioni delle azioni alla strada ferrata
da Torino a Novara.
— La Gazzetta del Popolo conlinua a
registrar petizioni di Consigli municipali
e provinciali per l’iocamerauicnto dei
16
lieni ecclesiastici. I fogli clericali gridano
e confondono ad arte le piropvietà dei
privali con quelle delle mani-morte,
senza considerare che di quesle è padrone
e proprietario lo Stato, non già di quelle,
e ben diversamente si regola quando la
pubblica utilità lo costringe di valersi
delle une 0 delle allre, perché le proprietà
dei privali le deve eontrallare e pagare,
laddove quelle delle mani-morte le aliena,
le mula, o ie vende secondo che gli aggrada, perchè sono direttamente sue.
Stati Rosiani. — Stando alle corrispondenze del Daily News ordinariamente
ben_inforinalo, il noto Murray deve la sua
vilÌ%liicamenle agli Austriaci. Il governo
pontificio era deciso di far eseguire la
sentenza in Ancona, senza prima affìggerla com’è costume in Roma, acciocché
gl’inglesi ivi residenti non avessero lempo
di ricorrere alla grazia sovrana. Ma il
comandante austriaco della guarnigione
d’Ancona ha ricusalo la sÌ3orla militare
agli esecutori pontificii per l’accompagnameiito del condannato alla ghigliottina,
diceodo che una guarnigione austriaca
non poteva assistere m>ii a questo genere
di supplizio non ammesso dalle leggi
dcH’impcro.
— Si parla molto del viaggio non ancor
deciso del Pontefice a Parigi per la incoronazione di Luigi Napoleone.
Parigi.—Il 16 ottobre a mezzodì una
salve di 101 colpi di cannone e il suono
festivo di tutte le campane annunziava il
ritorno di Luigi Napoleone. Entrò a cavallo accompagnato dal ministro della
guerra, dai generali, dagli aiutanti di
campo e dagli ulFiciali d’ordinanza. Tutti
i giornali della capitale sono concordi
nel descrivere le acclamazioni continue
di y»tia l’imperatore. La sera fu rischiarala da numerose luminarie, e la pubblica allégrezza manìfestavasi davuniìfue
colle pridà ripetute di viva l’imperatore,
viva Napoleone HI. Una folla immensa ingombrava le contrade, le piazze, e passeggiava intorno agli archi di trionfo splendidamente illuminati. Il dispaccio del
ministro deirinlerno ai prefetti dei dipartiménti dice, che giammai niun trionfatore ebbe accoglienze più liete da una
popolazione.
— 1117 S. A. 1. il Principe presidente
è tornato a Saint-Cloud. Si attendono
quanto pvimasul Monitmr le disposizioni
relative alla proclamazione dell’impero.
—Passando il Principe presidente da
Amboise ha dato la liberlà ad Abdel-Kader, che sarà condotto a.Bnissa in SiriaL’ex-eniir giurò sul Corano sommissione
senza restrizioni mentali alla Francia, e
mostrò un versetto che condanna formalmente chiunque manca alla'parola giurata, l’abbia anche giurata agl’infedeli.
Relgio.—Il giornale di Francoforte riferisce, chc il governo ha spedito a tutti i
gabinetti d’Europa nna Nota, ove sono
esposte le cause delle attuali dissidenze
che ha colla Francia. La crisi ministeriale
non è ancor decisa.
Londba.—11 Parlamento inglese che era
stato prorogato pel 21 corrente, è stato di
bel nuovo prorogato e definitivamente
convocato pel 4 novembre.
Vienna.—S. M. l’imperatore, udito il
consiglio de’ suoi ministri, ha ordinato
che tre generali dell’ annata austriaca
debbano andare a Londra per assistere ai
funerali solenni del Duca di Wellington,
che saranno celebrati sui primi del mese
venturo.
Prussia.—In tutta l'estensione della
monarchia è stata intercettata la traduzione in tedesco del Napoleone il Piccolo
di Yictor-Ugo.
Spagna.—Le Cortes saranno convocate
iH5 novembre.
Portogallo.—Non prima del 3 gennaio potranno essere aperte le Cortes.
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Bacchetta gerente.
TIP' 80C. DEGU ARTISTI A. POKS 8 C.