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Anno 115 - N. 43
26 ottobre 1979 - L. 300
Spedizione in abbonamento postate
1° Gruppo bis/70
ARCHIVIO TAVOLA VALDESE
10066 TORRE FELLICE
dette valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
28 OTTOBRE - DOMENICA DELLA RIFORMA
O diocesi o comunità
L’alternativa della Riforma mantiene oggi tutta la sua attualità per
ciò che riguarda il problema centrale della comprensione dei ministeri
Praticar e la
verità nelVagàpe
99
Il problema principale nella discussione ecumenica di oggi è
quello dei ministeri. Che funzione, autorità, servizio hanno nella
vita della chiesa le persone che
sono consacrate ad un particolare ministero: anziani, pastori,
vescovi, diaconi, ecc.?
Tutte le chiese hanno dei ministri, più esattamente dovremmo
dire: tutte le chiese hanno dei
ministeri, riconoscono cioè che è
bene, anzi necessario avere degli
incarichi particolari, delle funzioni, delle attività specifiche;
tutte le chiese, dalle più tradizionali come le ortodosse orientali
alle più radicali del mondo protestante, riconoscono che la chiesa cristiana non può esistere senza, i ministeri.
Diverso è però il modo di intendere il ministero: il suo carattere, la sua durata, il suo riconoscimento: i vescovi sono a vita, un moderatore valdese a tempo; tutti, uomini e donne, possono essere ministri nella maggioranza delle chiese protestanti, solo gli uomini secondo cattolici
ed ortodossi; per alcune chiese
il celibato è considerato elemento essenziale, per altre no; per
alcune essere nell’ordine dei ministri è una grazia e conferisce
un carattere speciale, è un sacramento, per altre è un semplice
incarico.
Queste diversità derivano da
usi ed abitudini diverse, da vicende culturali, dalla storia ma
anche da una diversa concezione
della chiesa che potremmo brevemente definire cosi: per il cattolico la chiesa è un ambito religioso in cui si entra, per un evangelico è una comunione che si costruisce. Il teologo cattolico pensa in termini di « diocesi » il teologo riformato in termini di « comunità ».
Quando Lutero, pel passo citato sopra, afferma che i credenti
hanno il diritto di respingere e
destituire ogni autorità che si
esprime contro TEvangelo, ragiona in termini di comunità,
non di diocesi, e lo stesso fa Calvino quando dice che la presenza
dello Spirito nella chiesa è indipendente dai vescovi e dalla loro
successione.
Un grupno di credenti, che si
sa chiamato da Dio alla fede, che
vuole vivere dell’ Evangelo in
tutta la sua pienezza senza sentire il bisogno di nessuna garanzia e di nessun interlocutore alTinfuori del Signore stesso, è
una comunità.
Un gruppo di credenti che si
raccoglie intorno alTEvangelo ed
ai sacramenti, che prega, canta,
medita e testimonia ma ha bisogno per la sua esistenza di una
garanzia e di un interlocutore a
G. Tourn
(continua a pag. 3)
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Indipendenza dai vescovi
La parola e la dottrina degli uomini hanno stabilito che si deve lasciare soitanto ai vescovi, ai dotti e ai concili il compito di pronunciare
giudizi sulie questioni dottrinali. Cristo sostiene ii contrario: toglie ai vescovi, ai dotti e ai concili il diritto e il potere di giudicare delia dottrina
e lo dà a tutti i cristiani ed a ognuno dicendo « Le mie pecore conoscono la mia voce » (Giovanni 10).
Qui vedi chiaramente chi ha il diritto di giudicare deila dottrina. Vescovo, papa, dotti, ognuno ha facoltà d'insegnare, ma le pecore devono
giudicare se essi insegnano la parola di Cristo o la parola di stranieri...
Conciudiamo, dunque, affermando che una comunità cristiana, ia quale possieda ii Vangelo, non solo ha il diritto e la facoltà, ma il dovere,
per la salvezza delle anime e secondo l’obbligo che ha contratto verso
Cristo nel battesimo, di fuggire l'autorità, sottrarsi ad essa, destituirla
quando agisca come i vescovi di oggi... perché manifestamente istruiscono e governano il popolo cristiano contro Dio e la sua parola...
M. LUTERO, Secondo la Scrittura, una assemblea o comunità cristiana ha
il diritto e la facoltà di giudicare ogni dottrina...
... non si deve impedire a Dio, se lo ritiene opportuno, di chiamare e
suscitare in forma straordinaria mediante il suo Spirito profeti o altri ministri per restaurare la sua chiesa quando sia distrutta o abbandonata. Affermano che ciò è impossibile dato che la chiesa è destinata a durare
perennemente. Che la chiesa non possa perire, lo ammetto; ma commettono un grave errore limitando ai vescovi ciò che viene detto della perennità della chiesa. Quand'anche non ci fosse nessun pastore non per
questo la chiesa verrebbe meno.
Certo la chiesa è nella sua vera condizione e rifiorisce quando le
pecore sono raccolte nell’ovile dalla sollecitudine dei pastori ma l'esperienza mostra che pur essendo disperse le pecore sono custodite dall'opera nascosta dello Spirito di Dio. La chiesa è a volte talmente nascosta agli occhi degli uomini che non si manifesta con una organizzazione apparente o con una gerarchia di prelati. Pur essendo interrotta la
successione dei vescovi la chiesa non cessa di esistere e permanere.
G. CALVINO, La vera riforma della chiesa.
Praticare la verità, nel duplice senso della sincerità delle parole e dell'onestà degli atti, è il
lato positivo del « non giurate »
rivolto dal Cristo ai discepoli —
ho affermato nella meditazione
della scorsa settimana. Ma basta questa affermazione a dare
un indirizzo evangelico al nostro
comportamento? Credo che questo indirizzo possa essere dato
solo dal contesto in cui la verità
deve essere praticata, e il Nuovo
Testamento ci dice che questo
contesto è Z’agàpe, l’amore che
consiste nello stimare gli altri
più di noi stessi (Fil. 2: 3), nel
rispettare gli altri anziché il proprio interesse (I Cor. 13: 5). In
utia^ parola, secondo la bella
espressione di Paolo, questo indirizzo — che è poi la via della
costruzione di quella realtà nuova che è il corpo di Cristo — si
ha « praticando la verità nell’agàpe ».
Perché è importante questa
precisazione, questo contesto?
Perché la tentazione che sta davanti a noi non è solo quella della menzogna, che è il contrario
della verità, ma anche quella del
legalismo che è la verità sgan. data dall’agàpe.
Vorrei spiegarmi con un esempio in negativo. La Stampa un
paio di settimane fa ha riportato
la notizia di un progetto di legge
che si discute in Svezia (e anche sul giornale torinese la notizia ha dato la stura a diversi
interventi) sul rapporto tra i me
SUCCESSIONE AL VERTICE DELLA CHIESA ANGLICANA
Molta attesa per l'arcivescovo
Si chiama Robert Runcie, ha
cinquantasette anni, è sposato,
con due figli: a partire dal 25
gennaio prossimo sarà il nuovo
arcivescovo di Canterbury. Succederà al Dr. Coggan il quale
ha recentemente dato le sue dimissioni « per lasciare il posto
ad un uomo più giovane ». È la
prima volta che l’arcivescovo di
Canterbury viene nominato dalla « Commissione delle nomine
ecclesiastiche » — organo istituito per aumentare il ruolo della
Chiesa Anglicana nelle nomine
dei propri vescovi — e non più
dalla regina, dopo aver consultato il primo ministro, come avveniva finora. Il Reverendo Runcie, vescovo della diocesi di St.
Albans, è un uomo particolare,
fermo e ispirato, un non-clericale e un non-conformista che, però, su alcune questioni, è « un
po’ più conservatore » di alcuni
teologi della sua chiesa, come
ha detto egli stesso durante una
conferenza-stampa, subito dopo
la sua designazione, nel settembre scorso. In particolare, si è
pronunciato contro l’ordinazione delle donne, un problema
molto dibattuto nella chiesa am
glicana. L’attuale arcivescovo di
Canterbury, Coggan, è invece favorevole e finora quattro chiese
anglicane hanno ordinato donne.
Il futuro arcivescovo ha dichiarato che « avrebbe riconosciuto
il ministero di quelle che sono
già ordinate pur considerandolo
irregolare ». Sul divorzio, invece,
ha detto di essere favorevole, in
determinate circostanze, al matrimonio in chiesa di divorziati.
Contrariamente a ciò che si
potrebbe pensare, il Rev. Runcie
proviene da un ambiente familiare non religioso. Come riferisce il giornale « The Observer »
del 9 settembre u.s., suo padre,
ingegnere a Liverpool, era un
Presbiteriano « anagrafico » e
Runcie fu battezzato all’età di
10 mesi più per motivi di convenzione sociale che per convinzione. Da ragazzo frequentò la
Scuola Domenicale Metodista
ma « scappò dopo un paio di lezioni ». Divenne anglicano all’età
di 14 anni quando, spinto da un
amico, fece la sua istruzione catechistica e quindi la confermazione.
Cattolico radicale
Durante l’ultima guerra, aveva
raggiunto il grado di capitano,
in un battaglione di carri armati della Guardia Scozzese. Ottenne la croce al valore militare
nel 1945, per aver salvato, sotto
il fuoco, uno dei suoi uomini che
era rimasto schiacciato sotto un
carro incendiato. Ordinato nel
1950, divenne cappellano, quindi
vice-direttore di Westcott House, a Cambridge. Nel 1960 fu nominato direttore del collegio teologico di Cuddeston; infine nel
1970 venne nominato vescovo di
St. Albans.
Durante la sua conferenzastampa, ha detto di voler aiutare la gente a capire meglio la
Chiesa Anglicana «rispetto alla
quale molti si sentono frustrati », e ha aggiunto che « la mag
gioranza della popolazione non
può sentire la buona novella che
detiene la Chiesa perché pensano che la Chiesa è legata ad un
sistema intellettuale fuori moda
e che fa parte di un mondo sociale sorpassato ». Infatti moltissimi inglesi non sono più da
tempo anglicani praticanti, più
di metà dei bambini che nascono in Inghilterra non vengono
battezzati, e la maggioranza dei
matrimoni non sono anglicani.
Nell'ultima generazione, molti
anglicani, specie fra il giovane
clero, sono stati attratti dalla
corrente della « chiesa evangelica », di tendenza fondamentalista, anti-intellettuale, e più interessata alle parole che ai sacramenti. L’attuale arcivescovo Goggan è un « evangelico ». Runcie,
invece, no. Si definisce un « cattolico radicale ». Ha un forte senso della Chiesa d’Inghilterra come parte integrante della Chiesa
Cattolica universale.
Non avendo nessuna intenzione, con la sua nuova carica, di
rimanere sepolto sotto montagne di carte e di diventare una
« macchina per produrre banalità », il suo maggior compito
sarà probabilmente di dare una
direzione chiara al clero anglicano nel quale regna attualmente una grande confusione quanto al ruolo e all’identità. La sua
lunga esperienza in campo educativo fa di lui l’uomo più adatto a questo compito. Tutti si
aspettano che egli riesca a risolvere l’ambivalenza che esiste tra
molti inglesi e la loro Chiesa.
Jean-Jacques Peyronel
Efesini 4: 15
dici e i malati. In questo progetto, tra molte cose notevoli che
tendono a far uscire i malati
dallo stato di oggetti della cura
per farli diventare soggetti partecipi sia nella conoscenza che nell'azione curativa, si afferma anche « l’obbligo per il medico d'informare il paziente, sempre e in
modo esauriente, sulle sue condizioni di salute senza nascondere nulla per nessuna ragione ».
Non si può non restare perplessi di fronte a questa verità prescritta per legge e quindi disposta con quella durezza e inflessibilità che ha una legge che sia
tale. « Sempre e in modo esauriente... senza nascondere nulla
per nessuna ragione »... Il pensiero corre alla tragica condizione
di chi è in fin di vita senza averne coscienza (ma forse timore e
sospetto) e alla difficile situazione dei sani che gli sono intorno.
Dire o non dire? Far capire o velare? Questo nodo sempre nuovo
e diverso che ben conoscono medici, pastori e preti, familiari,
non può essere sciolto per legge
da un « sempre e in modo esauriente », da un « per nessuna ragione ». Così come non può essere sciolto neppure da un legalismo di segno opposto, da una
prassi di imbroglio sistematico
del malato. La « verità » senza
carità che sembra emergere da
questa proposta di legge non è
migliore della «carità » senza verità che segna la prassi abituale,
ancorché benintenzionata, di tanti sani a contatto con malati
gravi.
E' solo nel contesto dell'agàpe,
e cioè del rispetto profondo dell'altro e della totalità della sua
persona che si può e si deve affrontare il problema se il malato
possa sopportare una esauriente
inforniazione sul suo stato o se
questa cesserebbe di essere per
lui un diritto per diventare una
intollerabile imposizione. E nei
due casi l’agàpe non può che significare un coinvolgimento pieno di ardui problemi: non si può
dare ad un ammalato grave la
visuale chiara del suo stato senza porsi il problema di come portare insieme a lui il peso e la
responsabilità del sapere; né si
può sfumare questa visuale senza porsi il problema di come
evitare di disumanizzarlo, di togliergli cioè il tratto profondamente umano della coscienza di
ciò che accade alla sua persona.
E' chiaro quindi, mi sembra,
che non solo in questa particolare situazione evocata a titolo
esemplificativo, ma in ogni situazione, la verità per essere veramente tale non può essere praticata al di fuori del contesto
dell'agàpe (il che non vuol dire
in un determinato ambito ecclesiastico, ma in riferimento al
nuovo essere che è Cristo). Essendo legata non tanto ad una
legge sempre identica a se stessa quanto ad un rapporto con un
prossimo che vive in una determinata situazione, la pratica della verità nell'agàpe non potrà
quindi mai essere semplice, univoca, senza problemi, ma sarà
sempre scelta e decisione continua. Come ogni comportamento
etico che faccia riferimento non
solo a principi ma anche a persone concrete, sarà sempre soggetta al rischio, all’errore. E alla
necessità di perdono da parte di
Colui che non solo è la Verità,
ma anche l'Agàpe.
Franco Giampiccoli
2
26 ottobre 1979
INTERVISTA AL PASTORE LIBORIO NASO
Alla fonte dell'acqua viva
Negli ultimi 2 anni sono entrati in emeritazione 9 pastori (1978;
Edoardo Aime, Umberto Bert, Arnaldo Genre, Paolo Marauda, Liborio Naso, Ermanno Rostan; 1979; Alfredo Janavel, Mario 'Sballi,
Tullio Vinay), 1 professore (Augusto Armand Hugon, 1978) e 2 diaconi (Nydia Long Merey, Vittorio Ravazzini, 1979). Di questi alcuni
hanno proseguito per un anno il loro ministero su richiesta della
Tavola (Umberto Bert, Arnaldo Genre, Liborio Naso, Augusto Armand Hugon) e 2 lo proseguono per il corrente anno (Arnaldo
Genre, Alfredo Janavel). Il Sinodo li ha indicati alla riconoscenza
della Chiesa ed è in questo spirito che li ricordiamo qui, inviando
un pensiero affettuoso soprattutto a quanti tra loro attraversano
momenti difficili per la loro salute e dedicando a tutti loro questa
intervista fatta ad uno di essi.
Ho avuto il bene di conoscere
Liborio Naso per caso presso
una fonte.
A Eiesi mancava l’acqua ed entrambi ci eravamo trovati presso una fonte con delle brocche
caricate su cavalli. Lui era arrivato prima di me, ma prima
di andarsene, riconoscendo evidentemente che io, piccolo di
statura e gracile, non sarei stato capace di tirare fuori dalla
fonte le grosse « quartare » e
poi caricarle sul cavallo, spontaneamente fece ciò che io non
avrei saputo fare. La mia timidezza di allora non mi avrebbe
consentito di chiedere aiuto ad
alcimo e forse, senza la sua presenza, me ne sarei tornato a casa con le brocche vuote.
Dopo qualche tempo, entrato
sempre, per caso, nella Chiesa
Valdese (appartenevo a famiglia
cosiddetta cattolica) incontrai di
nuovo Liborio e sentii che non
potevo fare a meno (fi diventare suo amico. Più tardi ho esperimentato che più che amico mi
era fratello.
Si era nel 1926, era pastore
della Chiesa Valdese Arturo
Mingardi ed attorno a lui si era
formato un gruppo assai nutrito di giovani: Antonio Fiorenza,
Ernesto Pozzanghera, Giuseppe
Turco, le sorèlle Dierna, Filippo, Alba, Riccardo e Rosetta
Scroppo, Maria e Luigi Riccobene, i fratelli Zuffante, i fratelli D’Auria, Luigi e Filippo Boterà, la sorella di Liborio, Francesca, e mia sorella. Liborio ci
era di esempio e già manifestava
il desiderio di consacrare la sua
vita al Signore.
Da allora sono passati più di
50 anni.
Di passaggio a Basilea, incontro ora Liborio Naso nel tempo
in cuL lascia il servizio pastorale
per raggiunti limiti di età e gli
rivolgo alcune domande.
— In questa occasione, che
chiude un periodo molto importante della tua vita, che cosa
provi nel lasciare una missione
cosi entusiasticamente accettata e vissuta?
— Francamente in un primo
tempo mi è dispiaciuto non avere
ottenuto una proroga alla mia
attività. Purtroppo i regolamenti devono essere applicati. Mi
conforta il fatto che potrò, anche in emeritazione, continuare,
sia pure saltuariamente, la mia
opera di testimonianza anche
nella stessa comunità di Basilea
che viene affidata alle cure di
mio genero Christian Gysin,
chiamato anch’egli dal Signore
a servirlo fedelmente. Mio genero insegnava: ha abbandonato
l’insegnamento, ha frequentato
regolarmente i corsi della facoltà teologica ed è stato consacrato dal locale moderatore nella
Chiesa di lingua italiana a Basilea. Per noi tutti e particolarmente per mia figlia Dora, è
stato motivo di grande gioia.
— Sappiamo che moRi hanno
scoperto che il Signore li chiamava, tramite la tua voce, e che
tra questi vi sono più pastori:
Samuele Giambarresi, Vincenzo
Sciclone, Carmen Trobia, Enrico
Trobia, Vincenzo Barreca, tuo
fratello Ernesto, Giovanni Bogo,
Giulio Vicentini e in ultimo tuo
genero Christian. Non pensi che
il Signore abbia voluto concederti un dono particolare?
— Ho sempre pregato con la
comunità il Signore di darci operai per la sua messe ed Egli
ci ha ascoltati. Non siamo noi
che chiamiamo. È il Signore che
opera a mezzo aei deboli strumenti umani.
— Hai lavorato nel Molise, negli Abruzzi, in Sicilia, nel Veneto ed ora in Svizzera, in tempi
in cui in Italia ie libertà erano
limitate, sotto le dominazioni
del fascismo, del clero e della
mafia, tra la gente semplice, i
disoccupati, gli sfruttati e tra
gli uomini di cultura. Come hai
trovato rinserimento e l’annuncio della Parola in ambienti così diversi?
— Il mia lavoro non è stato
sempre facile. Nel Molise durante il fascismo mi erano state
fatte delle proibizioni per cui
dovetti mio malgrado abbandonare la provincia di Campobasso
per portarmi in quella di Chieti, più comprensiva. Era arrivata unq circolare dalla Questura
che ordinava alle autorità del
luogo d’impedirmi con ogni mezzo l’evangelizzazione in tutto il
Molise. Spesso però ritornavo a
sera tarda o di notte per i -culti
in famiglia, attraversando il fiume Trigno e rientrando in sede
prima dell’alba.
In Sicilia mi ostacolò molto
il clero cattolico durante i numerosi dibattiti svolti nei vari
centri del ragusano, dell’agrigentino, del siracusano, ma dopo la
liberazione godetti di una certa
libertà.
Nel Veneto svolsi un lavoro
sereno sia a Venezia che nella
vastissima diaspora. Come in
Sicilia così a Venezia e in tutto
il Veneto continuai a predicare,
un paio di volte alla domenica,
ad un uditorio in gran parte più
maturo, passando da un’attività
evangelistica ad un’attività pastorale.
A Basilea iniziai un’attività
evangelistica assistenziale, particolarmente presso gli operai che
vivevano in baracche (l’affltto di
casa era molto caro) nella stessa Basilea e nella vasta diaspora
che per due terzi si estendeva
anche in Francia e in Germania,
nel Baden, poi affidato ai coniugi Ceteroni-Trobia. Terminato
il periodo di emigrazione è stata
ridotta l’attività evangelistica ed
incrementata quella pastorale.
— Ritenevi all’inizio di ottenere, sempre con l’aiuto del Signore, i risultati che hai ottenuto o ne speravi degli altri?
— Ne speravo veramente degli
altri. Speravo che l’annunzio
delTEvangelo, esteso in parecchie zone, avrebbe portato più
conversioni. Ma è il Signore che
opera, a noi non è dato che seminare, a Lui di far crescere e
portar frutto.
— Durante tanti lunghi anni ci
siamo incontrati più volte: a
Vittoria, a Venezia, a Torre Pellice, a Basilea ed ho potuto sperimentare che nella tua opera
sei stato efficacemente coadiuvato dalla tua compagna, e dalle
tue figliuole: squisitezza di modi, cordialità, eccezionali facoltà di comunione accompagnate
da una grande lede sono state
sempre avvertite in voi. Pensi
tu che se avessi avuto una famiglia diversa avresti raccolto tanti frutti?
— Mia moglie e le mie figliuole
mi hanno molto aiutato durante
tutti questi anni, A Vittoria,
quando mi assentavo per motivi
del ministero pastorale — come
recarmi in Belgio in missione
fra i minatori — mia moglie mi
sostituiva in pieno nella predicazione ai membri dell’asilo per
persone anziane, nella direzione
dell’asilo medesimo, e poi ancora nella scuola domenicale ed
in altre attività in ogni sede. Se
la famiglia del pastore non collabora l’opera ne risente. Devo
esser grato al Signore di avermi
dato questa famiglia. Le mie figlie, particolarmente nelle attività giovanili, mi sono state di
molto aiuto.
— Dopo una vita intensa e piena di benedizioni non ritieni che
possa essere di giovamento per
altri fratelli scrivere e pubblicare le tue esperienze con i successi e le delusioni, con l’indicazione delle mete raggiunte e di
quelle che ti proponevi di raggiungere ma che il Signore ha
riservato ad altri?
COSA DICONO DI NOI I GIORNALI
Echi dal viaggio
del Papa
—Per una pubblicazione occorre molto tempo, tuttavia non dispero. Se il Signore mi darà ancora la salute cercherò di farlo.
Con l’affetto di sempre, con
il cuore ricolmo di amore e dì
riconoscenza al Signore, che mi
ha chiamato presso una fonte,
mostrandomi il cammino verso
la fonte deH’acqua viva, auguro
al fratello Liborio una serena,
operosa e lunga vita, sotto lo
sguardo del Signore, assieme
alla sua cara compagna, figliuoli e nipotini, in una famiglia unita dal legame dell’amore.
Vincenzo Paraci
Il trionfale viaggio del papa
in America (non altrettanto
trionfale, nelle conseguenze pratiche, quello in Irlanda) non poteva mancare di suscitare nella
stampa larghi echi, un paio dei
quali interessano anche noi.
Così ad esempio non può non
stupirci che un uomo informato
come Vittore Branca, commentando sul Corriere del 9 ottobre
le dichiarazioni negative sul sacerdozio femminile, dichiari che
« in nessuna Chiesa cristiana, né
di Oriente né di Occidente, si
pensò mai di dare il sacerdozio
alle donne, come avveniva in altre religioni ». O forse, tra una
lettura e l’altra del Boccaccio
(è la sua specialità) il Branca si
è persuaso che solo la Chiesa
cattolica è cristiana?
Mentre apprezzabile sembra
l’ottica ecumenica, un po’ trionfalista, con la quale Franco
Trombotto nell’Eco del Chìsone
del 4 ottobre riferisce sugli aspetti del viaggio per la sua parte americana. Meno apprezzabile il tentativo di spiegare la tensione irlandese con le vecchie, e
pur vere, storie delle persecuzioni anticattoliche. Se prendessimo alla lettera la spiegazione,
con l’eccidio di Drogherà come
UN APPELLO DELLA TAVOLA
In memoria di Lina Miegge
« In memoria di Lina Miegge, la cui dolce presenza fra i credenti è stata esempio costante di fede e di
abnegazione cristiana, la Tavola Valdese rivolge un appello per una sottoscrizione alle chiese valdesi e metodiste. Con tale sottoscrizione verrà finanziata la pubblicazione presso la Claudiana del II volume degli scritti di Giovanni Miegge, il maestro indimenticabile del
popolo cristiano evangelico in Italia, della cui vita ed
opera Lina Miegge fu così strettamente partecipe ».
La Tavola Valdese
La Tavola ha aperto questa sottoscrizione con L. 100.000.
Le offerte di singoli, che non siano collegati a una chiesa valdese o metodista, vanno versate sul c.c.p. 998005 intestato alla
Tavola Valdese, Roma.
radice delle attuali violenze delri.R.A., dovremmo forse poter
cominciare ad organizzare squadracce valdesi in memoria dell’eccidio di Balziglia. Con tutto
il sincero rispetto che abbiamo
per la figura di Giovanni Paolo
II a noi è parso che egli abbia
dimostrato una volta di più le
sue eccezionali doti di buon
« venditore », purtroppo di una
merce che dobbiamo considerare sensibilmente avariata.
He * #
Sull’ecumenismo e i suoi sviluppi segnaliamo un interessante articolo pubblicato su Civiltà
Cattolica del 15 settembre da
Karl Heinz Neufeld, nel quale
si fa un ben illustrato punto
sullo stato attuale delle discussioni in corso fra luterani e cattolici in merito alla Eucarestia,.
Come, per l’ampiezza e la completezza della informazione, il
resoconto pubblicato su Gente
Veneta da Anna Ravalli in merito alla XVII Sessione Ecumenica del SAE alla Mandola.
Ed anche una notìzia apparsa
sull’Avvenire del 16 settembre
secondo cui tra cattolici e anglicani si starebbero sviluppando
« convergenze sul primato del
papa ».
* He *
Il Manifesto del 17 settembre
pubblica un ampio articolo di
Eliana Bouchard e Bruna Peyrot sulla attività di Agape.
Nello stesso numero Grazia
Gaspari presenta i Mormoni nella loro storia e nella loro attuale
attività.
Di Agape parla anche Cronache Pinerolesi del 31 agosto.
Del Centro Lombardini di Cinisello (erroneamente collocato
a Cusano) parla Luigi Gasparotto nel n. 18 di Cusano Democratica in una intervista a Gigi Ranzani.
Sulla Stampa del 7 settembre
Lamberto Fumo illustra le Chiese dei Fratelli, col suggestivo titolo « Una fede da scoprire ».
E infine una breve recensione
di Ivan il Terribile (ed. Claudiana) appare nel Settimanale del
26 settembre.
Niso De Michelis
SAMPIERDARENA
Nel clima della collaborazione delle nostre chiese sono iniziati gli incontri dei monitori e
monitrici in collaborazione con
le chiese battiate ; un buon gruppo di giovani si incontra settimanalmente ; si è avuta una buona riunione con il gruppo di Savona nella prospettiva di ulteriori assemblee nel futuro, assieme ai giovani della Spezia,
mancati all’appuntamento per
motivi di forza maggiore. Si sono intensificati i culti all’ospedale con la partecipazione delle
corali dei Fratelli, Assemblee di
Dio, Battisti e seguiti da visite
a tutti i malati dopo i messaggi.
In riferimento all’ospedale,
l’assemblea dei soci ha rinnovato il mandato agli amministratori con la presidenza di Emanuele Di Natale con voto unanime, segno dell’apprezzamento
della missione che essi compiono quotidianamente. Massimo
Romeo che ha compiuto con amore l’opera di cappellano in
questi anni al nostro ospedale
è stato trasferito a Torino; il
consiglio dei Pastori e predicatori ha dato il saluto affettuoso
al collega ed alla famiglia in una
simpatica riunione di commiato.
Gli studi biblici in comune si
stanno iniziando con l’esame del
profeta Amos.
Ricordiamo anche il prezioso
lavoro tra gli Universitari dei
G. B. U. (gruppi biblici universitari) condotto da Tacito Finto
e la sua compagna; ci auguriamo che questa missione importante possa colmare il vuoto della nostra presenza e riflessione
biblica in un settore così impor
tante e spesso ignorato dai nostri organismi giovanili. Recentemente abbiamo preso parte all’incontro degli universitari a
Pravernara in vista d’un lavoro
organizzato per questo anno.
Domenica 14 u.s. le nostre
scuole domenicali hanno effettuato una gita a Villar Pellice;
hanno preso parte al culto, consumato pranzo al sacco nei locali della « Miramonti » con delizioso «dessert» di «caldarroste»
preparate da due simpatici anziani; nel pomeriggio è stata visitata una stalla modello a Villar, poi il museo a Torre. In seguito, sosta alla casa per Anziani di Luserna San Giovanni con
canti, brevi messaggi, con grande gioia degli anziani ma anche
della comitiva; la felice impressione ricevuta è segno che l’istituto, diretto dall’amico Gobello
realizza lo spirito delTarnore per
creature dimenticate dalla nostra società. Siamo lieti di aver
salutato il Pastore Paolo Marauda e la signora a Torre.
Ringraziamo il Pastore Ernesto
Ayassot e la sua comunità per
l’affettuosa accoglienza ricevuta.
LIVORNO
Martedì, 9 ottobre, ha avuto
luogo il funerale del sig. Ivo
Parenti, stroncato da un infarto
all’età di 46 anni.
Anziano e per lungo tempo
membro attivo della 'ihiesa Valdese di Livorno, lo licorderemo
sempre con affetto mentre affermiamo la nostra ferma sicurezza nella risurrezione e la vita
eterna in Cristo e chiediamo la
consolazione della grazia di Dio
alla moglie e familiari.
TORINO
Lunedì 29 ottobre, alle ore
21, avrà luogó, nella Sala valdese di Via Pio V, una conferenza
sul tema : « Il futuro del mondo : i problemi dell’energia e
dell’ecologia tra fede e scienza », con relazioni di Pietro
Comba, ricercatore nell’Istituto
Superiore di Sanità ; Franco
Dupré, assistente incaricato di
Fisica nell’Università di Roma;
Stefano Pavan, professore di Fisica negli Istituti Tecnici, consulente scientifico della RAI-TV.
Presiederà il dibattito Tullio
Viola, professore ordinario di
Analisi matematica nell’Università di Torino.
PISA
Convegno giovanile
Domenica 11 novembre si terrà presso la comunità di Pisa,
un convegno giovanile a cui partecipano i gruppi giovanili di
Pisa, Livorno, Firenze, Bologna e
la Spezia. Il Convegno intende
riprendere il discorso avviato nei
singoli gruppi durante un giro di
visite del segretario •razionale
della Federazione giovanile in
vista della costituzione di una
federazione regionale che sia in
grado di creare una rete di contatti e di incontri a livello regionale. L’inizio del convegno è previsto per le ore 10,30 con una
introduzione a cura del segretario nazionale a cui seguirà il
culto con la comunità locale.
Nel pomeriggio si affronteranno
le questioni relative alle linee
di lavoro da seguire ed i pror
blemi organizzativi.
3
26 ottobre 1979
Alla ricerca di rinnovamento
In un delizioso angolo della Svezia un confronto internazionale sulla vita comunitaria ha
messo in luce diverse prospettive non prive di gioia e di speranza - Alcuni interrogativi
ìiSS?
Il rinnovamento delle comunità cristiane è il tema di un
incontro organizzato dal CEC a
Ràttvik, un paesino sul lago
Sjlian a 4 ore di treno a nord
di Stoccolma, a cui sono stata
invitata a rappresentare il Centro
Lombardini di Cinisello.
In questo delizioso . angolo la
Chiesa luterana svedese ha un
centro, Stiftgarden, il cui scopo
principale è di aiutare la gente
a trovare l’aspetto spirituale della propria vita, non solo la domenica, ma in ogni momento
della giornata; il Centro esprime
questa ricerca di spiritualità
nei culti che regolarmente si
svolgono in tre momenti della
giornata; mattina, mezzogiorno,
sera e con una celebrazione settimanale della Santa Cena.
Silenzio
e meditazione
Oltre al lussuoso edificio principale, altri due edifici ad un
quarto d’ora di cammino, dipendono da Stiftgarden. Il primo è
St. Davidsgarden, o casa del silenzio. Qui, per i tre o più giorni
della permanenza, gli ospiti della
casa devono rispettare il più assoluto silenzio in ogni momento
della giornata: c’è una cappella
per pregare in silenzio, la possibilità di leggere, svolgere lavori
manuali, ma tutto in silenzio. Ci
è stato spiegato che non soltanto attraverso la parola si può
comunicare con il proprio prossimo ma che attraverso il silenzio si può scoprire un più profondo mezzo di comunicazione
con il fratello. Forse una riscoperta e. rivalutazione del silenzio monastico? Qui spesso vengono gruppi di persone impegnate nella chiesa: membri dei
concistori, gruppi di monitori,
che sentono la necessità di una
riflessione e di .un periodo di
meditazione.
Accanto alla casa del silenzio
la casa della meditazione, dove
chi viene può imparare le principali posizioni, io avrei detto
yoga, ma che invece, ci hanno
spiegato, sono di origine cristiana: in una corretta posizione
che trova il suo equilibrio su tre
punti di appoggio (ginocchia e
sedere, o piedi e sedere) è possibile sentire e percepire con la
parte centrale del nostro corpo,
non più con la testa, ma con il
tronco, così ci ha assicurato
l’esperto pastore luterano, e dal
ventre si ha la possibilità dì capire lo stato d’animo, le difficoltà, la gioia o l’angoscia del fratello vicino!
I partecipanti
A questo convegno partecipavano 21 persone provenienti da
varie parti del mondo, ognuna
con una particolare storia di vita comunitaria.
Nei primi due giorni ognuno
ha raccontato la propria esperienza e dalle varie relazioni
sono emersi tre filoni o caratteristiche principali.
1) aruppi di credenti (di origine luterana, anabattista, mennonita, carismatici e altri) che
attraverso una vita comunitaria
variamente strutturata cercano
di essere disponibili ed aperti
verso gli altri.
2) Rappresentanti di Centri
che lavorano in modo particolare per la formazione della gioventù, per la formazione teologica di laici, o per un coordinamento tra i vari gruppi comunitari e per tutti coloro che ricercano un nuovo stile di vita.
3) Alcuni giovani pastori
(Germania occidentale, Svezia)
profondarnente scoraggiati e alla ricerca, perché non si sentono
abbastanza forti per portare avanti comunità come quelle te
St.
Davidsgarden.
, La cappella
della
« casa del
silenzio ».
desche o svedesi, profondamente secolarizzate, dove — come
diceva un giovane vicario tedesco — la gente non si aspetta
niente dalla chiesa e la chiesa
non si aspetta niente dai suoi
impiegati (pastori e vicari), o
dove — come notavano gli svedesi — la malattia della gente
è la solitudine e cioè proprio
l’opposto della dimensione comunitaria.
particolarmente stimolante la
presenza a questo convegno di
un thailandese al quale era veramente incomprensibile la mentalità individualista della società occidentale ed europea. In
Thailandia la fratellanza e il senso comunitario. esistono da sempre, non occorre insegnare che
bisogna amare il prossimo perché questa realtà esiste già nella
vita di ogni piccolo villaggio
(probabilmente perché si tratta
di Un paese estremamente povero e non rovinato dalla mentalità del profitto e del consumismo
indotto nelle società capitalistiche).
Di fronte alla casa del silenzio la sua reazione è stata quindi piuttosto dura perché gli sem
Arrestato pastore
anglicano
A seguito di una perquisizione
della stazione missionaria in Odibo (nel nord della Namibia),
organi di polizia sudafricana
hanno tratto in arresto il pastore anglicano Philip Shilongo.
Secondo un portavoce dell’esercito sarebbe stato trovato molto
materiale compromettente: in
particolare materiale prop»agandistico del movimento di liberazione dèU’Africa del Sud Ovest,
tessere di riconoscimento della
medesima organizzazione, e materiale esplosivo. Tra i materiali
incriminati di propaganda vi sarebbero anche fotografie che mostrano i servizi medici organizzati dalla guerriglia a favore della
popolazione civile e istantanee
di alcuni pastori di chièse protestanti.
Secondo dichiarazioni del vescovo anglicano James H. Kauluma che ha visitato immediatamente dopo la perquisizione ì locali della missione, ' vi sarebbero evidenti contraddizioni nelle
affermazioni del servizio di sicurezza del Sud Africa. Ad esem
echi dal mondo cristianol
a cura di BRUNO BELLION
Protestantesimo
in TV
29 ottobre - ore 22,40 - Rete 2
« LA RIFORMA IN ITALIA NEL
'500 ». Anche in Italia nel ’500
non mancavano condizioni culturali e spirituali favorevoli al
successo della Riforma protestante. La trasmissione a cui
partecipano Giorgio Spini e
Giorgio Bouchard mette in luce
tali condizioni e spiega i motivi storici che per altro soffocarono sul nascere quasi tutti i
focolai riformati. Al termine una
domanda: « chi » è oggi la Riforma in Italia?
pio è stato affermato che dietro
il pulpito della chiesa è stato
trovato materiale che « non ha
nulla a che vedere con una chiesa ». Ma — ribadisce Kaulùma —
nella chiesa della stazione missionaria non c’è alcun pulpito,
e non ve n’è mai stato uno!
Il vescovo Kauluma invita tutti i credenti ad unirsi nella preghiera perché queste azioni abbiano a terminare e si ponga fine al regime di violenza che rende possibili arresti ingiustificati
come quello del pastore Shilongo.
Il Papa in Irlanda:
quel che la TV
non dice
Durante la recente visita in
Irlanda di Giovanni Paolo II era
stato previsto un incontro con
alcune personalità, rappresentative del protestantesimo irlandese
e un culto di intercessione nella
cattedrale anglicana di Dublino.
Questo doveva aver luogo nella
notte tra il 29 e il 30 settembre.
Si trattava di un gesto significativOi che nelle intenzioni degli
organizzatori doveva dare una
luce particolare a tutta la situazione irlandese, nord compreso.
Ma il papa è arrivato con quasi due ore di ritardo e l’incontro
ecumenico si è concluso dopo
appena 15 minuti con una breve
preghiera.
Da parte protestante erano
presenti gli arcivescovi anglicani
Simms e Me Adoo oltre a sette
altri vescovi anglicani della chiesa irlandese; i presbiteriani erano rappresentati dal segretario
generale Weir di Belfast e da
quattro ex-moderatori; vi erano
pure diversi rappresentanti qualificati della chiesa metodista ed
uno per ognuna delle chiese minori, oltre a teologi di varie
confessioni.
La delegazione di dodici persone della chiesa presbiteriana aveva dato luogo ad una vivacissima discussione in questa chiesa. Una cinquantina di pastori
e responsabili della chiesa presbiteriana avevano infatti protestato vivacemente per il progettato incontro col papa, sostenendo che esso non offriva alcuna possibilità di vero dialogo
e che comunque non si sarebbe
potuto chiarire la posizione riformata contro il papato in quanto tale. Ma il segretario generale
aveva ribadito invece che questo
incontro era di estrema importanza e che il Sinodo avrebbe poi
espresso la sua opinione. Qualora il suo attegiamento fosse
stato considerato sbagliato, egli
avrebbe saputo trarre le opportune conseguenze.
I .rappresentanti delle chiese
presbiteriane hanno di poi scritto una lettera a Giovanni Paolo
II lamentando la brevità dell’incontro e quindi la impossibilità di un momento di dialogo e
segnalando che i bei gesti non
consentono di eliminare le perplessità del protestantesimo contro certe posizioni, per esempio
politiche, della maggioranza protestante irlandese.
A questo numero hanno collaborato: Gustavo Bouchard,
Dino Gardiol, Lidia Gardiol,
Tom Noffke, Elvio Peyronel,
Paolo Righetti, Bruno Rostagno, Antonio Kovacs.
brava che questo ritiro nel silenzio volesse ancora maggiormente coltivare l’aspetto individualistico della nostra società.
La maggior parte dei partecipanti venivano dagli Stati Uniti,
dall’Inghilterra e nord Europa;
ho sentito molto la mancanza di
altri rappresentanti dei paesi latini e dei paesi africani; inóltre
le donne erano scarsamente rappresentate (4 su 21) e così pure
i laici (la maggior parte erano
pastori, monaci ortodossi e un
prete paulista).
Approfondimenti
Dopo due giorni di relazioni
ci sono stati due giorni di scambi interpersonali in piccoli gruppi liberi, per approfondire meglio certi problemi emersi, e per
dare a tutti la possibilità di conoscersi meglio.
Da un giro finale di impressioni sulTincontro la maggior
parte dei partecipanti ha espresso un sentimento di profonda
speranza nel sentire e vedere la
molteplicità di nuovi tipi di comunità, gioia nel constatare come lo Spirito del Signore opera
nel mondo intero e la possibilità di arricchimento data dalla
diversità delle esperienze anche
se l’incontro non era arrivato a
particolari conclusioni.
Le questioni emerse e maggiormente discusse sono state; a chi
parliamo?, dove siamo nella storia della chiesa?, queste esperienze sono qualche cosa di nuovo o no?, quanto abbiamo da
imparare dal mondo secolarizzato? A tutti le comuni o gruppi
comunitari sono apparse necessarie, si è parlato molto della loro organizzazione anche se non
dei loro problemi vitali.
Personalmente ho avuto l’impressione che data la diversità
sociale, culturale e religiosa di
ogni singolo partecipante sia stata possibile solo l’informazione
ma non la profonda conoscenza
e comprensione delle singole esper lenze.
Esasperata ricerca
di rinnovamento
liturgico
Il quinto ed ultimo giorno è
stato dedicato alla preparazione
della Santa Cena (celebrazione
eucaristica). Già la sera prima
in vista di questo speciale culto
finale ognuno aveva preso parte
nella cappella alla meditazione
serale con un « unverbal worship», un culto non verbale.
La cappella era stata svuotata
e ognuno seduto per terra aveva
a disposizione un grosso blocco
di plastilina su un vecchio giornale. Il pastore ha letto un passo del Nuovo Testamento e ognuno ha dovuto predicare con
le mani... e naturalmente guai a
chi cercava di sbirciare o scopiazzare l’idea del vicino. Alla
fine dei 15 minuti di silenzio e
musiche i lavori sono stati riuniti e i simboli emersi erano croci,
figure umane con braccia alzate,
catene strappate, ecc., o altre
forme ermetiche di cui però non
è stata data nessuna spiegazione. Per la Santa Cena finale
ognuno di noi doveva fare una
« offerta di speranza » che poteva,
essere espressa nei più svariati
modi attraverso canti, poesie, disegni, collages, mimica, drammatizzazione.
Piombata in questa esasperata
ricerca di rinnovamento della
liturgia ho pensato nhe la mia
unica e vera speranza è Gesù
Cristo e ho quindi scelto il brano di Isaia 11: 1-9. Naturalmente
sono stata al gioco e ho illustrato l’albero di Jesse ma ho chiesto che l’attenzione fosse rivolta
alla lettura del profeta e non al
disegno.
La celebrazione è iniziata con
un solenne corteo (il monaco ortodosso e il prete paulista cattolico sottolineavano con le loro
tuniche e stole questo aspetto
imponente della cosa), con candele e ceri; singolarmente o a
gruppi sono state presentate le
« offerte di speranza» (canti, letture, drammatizzazione che illustravano sempre l’idea di ravvedimento o riconciliazione). Per
la Santa Cena era stato preparato il pane speciale secondo la
ricetta biblica di Ezechiele 4: 9.
Questa celebrazione finale ha
raffreddato molto il mio spirito
ecumenico e il mio rigore calvinista ha suscitato in me un senso di ribellione di fronte a questo rinnovamento nelle cose esteriori.
Ho detto che provenendo da
una chiesa tradizionalmente austera e rigorosa come la chiesa
valdese ero molto sorpresa di
fronte a queste manifestazioni
liturgiche. Sono in effetti convinta che non sono i segni è le
forme esteriori a rinnovare le
comunità o ad approfondire. i
rapporti ecumenici; penso che
l’unica possibilità di unione e
di cambiamento stia nel fare insieme, in un lavoro comune che
abbia come obiettivo principale
la fedeltà all’Evangelo. Questa
naturalmente non è una scoperta
personale, ma è quello che ho
profondamente capito vivendo,
lavorando, lottando e pregando
a Cinisello con tutta la comune.
MarceUa Giampiccoli Bogo
0 diocesi
0 comunità
(segue da pag. 1 )
cui fare riferimento è una diocesi.
Una comunità cristianà in tutta la sua pienezza esiste, dice un
evangelico, con l’Evangelo, una
diocesi esiste col vescovo, dice
un cattolico; senza vescovo nuò
esistere una comunità cristiana
autentica, senza vescovo non può
esistere diocesi. Questo è il nodo
della questione sollevata dai riformatori.
Quando si dice « diocesi » si
pensa ad un territorio ed un vescovo, due realtà distinte ma
strettamente unite, quando si dice « comunità » si pensa ad un
grunno di persone che vivono fra
loro dei rapporti di solidarietà
di comunione e di impegno con
alcuni responsabili. La diocesi è
una «organizzazione religiosa»
centralizzata in cui tutto ciò che
accade deve passare attraverso
il vaglio del suo vescovo; la comunità è una « organizzazione
religiosa » in cui tutto ciò che
accade vive nell’ambito di fina
spartizione di responsabilità.
Una diocesi non è necessariamente una dittatura reazionaria né un vescovo un autocrate
sospetto, la comunità non è però
necessariamente una massa informe di individui, una anarchia
religiosa. Vi sono diocesi niene
di vita, dove lo Spirito agisce,
come vi sono vescovi esemplari
per dottrina e pietà e vi sono comunità addormentate, tradizionaliste, chiuse su se stesse. Ma
il problema resta: una diocesi
vive della tensione dialettica fra
il popolo di Dio ed il suo vescovo, una comunità vive della tensione dialettica fra i credenti.
Chi detiene il potere dottrinale,
legislativo, disciplinare? chiedeva Calvino, chi stabilisce cioè ciò
che oggi si deve credere, cosa si
deve fare e come ci si deve comportare? Il vescovo o la comunità? Il problema è oggi esattamente allo stesso nunto in cui
era all’epoca della Riforma ed è
quello il problema della riforma
(e scrivo con la minuscola!) non
la diffusione della Bibbia, il culto in volgare o il celibato dei
preti e forse neppure la giustifiCcizione per fede. Ci proponiamo
di riprendere in due prossimi articoli questo problema sotto il
duplice aspetto: l’episcopato al
tempo della Riforma e l’episcopato oggi.
G. Tourn
4
26 ottobre 1979
L’ultima raccolta di liriche di Ernesto Pozzanghera
Parole a Diotima
Un’esperienza personale di vita, una cultura variegata e
robusta, una fede religiosa matura, sincera ed onesta
Un fresco respiro di classicità mediterranea alita su tutte le pagine di questa
nuova raccolta di liriche di Ernesto Puzzanghera \ in cui s’avvertono frequenti vibrazioni d’una casta bellezza, immagini
palpitanti di vita e di solare classicità che
furono care ai lirici greci. E poiché la
realtà poetica nel nostro caso è la Sicilia
possiamo dire che il rituffo nel mito ellenico, ogni volta che si riscontra, non è vanitoso gioco letterario, bensì connaturata
esigenza d’immersione alle fonti d’una civiltà che oggi rivive, per chi sappia comprenderla ed amarla, nei simboli d’una
tradizione, ch’è tanto cara al poeta, anche
dove il muto silenzio degli uomini e la
spettrale staticità delle cose sembrerebbe negarla.
Sentiamolo in « Malinconia », un delicato quadretto velato di suggestivo languore:
« Cielo di cenere alberi d’avorio
livido scenario a sfondo
del bianco paese avvolto da un leggero
pulviscolo di nebbia.
Sbadigliano nuvole le grige colline.
Malinconia.
Salgono dagli abissi immagini
d’inverni alla memoria.
Ma la fanciulla alla finestra di marzo
è oro sul grigio dei muri
il suo canto d’amore sole.
Sorride alla soglia dell’Ade
Persefone.
La primavera non tarderà a venire ».
Il richiamo al mito è un elemento per
se stesso poetico: un magico alone di
mondo ineluttabilmente perduto si ravviva sotto le sue ali, diventa evocazione sublime. Vediamo così rimbalzare la dolce
figura di Saffo, sullo sfondo d’una natura
ancora inviolata alla memoria del poeta:
« Vive perenne il tuo cuore,
o Saffo.
L’amore divino
pose sulle tue labbra
parole ineffabili sublimi
che colmarono il vuoto
della tua grande solitudine.
Quando le querce del monte
saranno scosse dal vento
udrò sempre solitario e dolce
il tuo canto ».
In « Parole a Diotima », la lirica che
dà il titolo all’intera raccolta, cogliamo.
come un fremito antico, il sapienziale
messaggio d’amore della dolce fanciulla,
che dà un senso emblematico sempre più
da scoprire, alla vera essenza dell’amore,
che travalica gli angusti confini dei sensi
per sublimarsi in una dimensione di spirituale identità:
« Cosa ci sia nelle tue parole
10 non so...
forse aria e luce di stagioni sepolte
0 cuore di sicula fanciulla
danzante su antiche sponde
dove fioriscono limoni e l’oro
degli aranci brilla sullo sfondo
dove il carrubo ciclopico
stende le braccia
al molle seno della terra...
Ora la terra degli avi, o Diotima,
1 figli l’hanno venduta
alla malinconia delle serpi ».
Dal mito splendido e ubertoso dell’età
vetusta, alla realtà odierna, triste e deludente d’ima terra abbandonata alla deriva: ecco l’abisso scavato dai secoli che
impone al poeta la consapevolezza della
realtà amara del proprio tempo.
11 vago della mitologia, come maturata
visione culturale, è un luogo di transito
per approdare a lidi più vicini alla nostra
conoscenza, ossia, per uscir di metafora,
alla giovinezza del poeta, qui richiamata
in immagini visive alla memoria, nei colori della sua terra, l’amata Sicilia dei
zolfatari, dei contadini, dei fornaciai, dei
vasai: una terra che ci offre spaccati di
sogni e di speranze umane cresciuti alTombra della fatica e della sofferenza,
con le sue mille sfaccettature ricche di
configurazioni ambientali, in cui la gioia
dell’operosità si alterna alla sventura che
colpisce di lutto greco le sue contrade.
« Se percorrerete le strade del mio paese », una delle più belle liriche del libro
(che riportiamo in questa pagina) è oltremodo indicativa di questa dolorante,
drammatica routine di vita soprattutto
nella solenne chiusa in cui il poeta scolpisce la maestà delle porte contrassegnate da strisce di lutto, permanente annunzio di morte secondo un’usanza ancestrale. Meritevole di notazione è ancora la
capacità di questo poeta di rivestire di
suggestiva naturalezza e delicatezza certi paesaggi agresti, adusati alla fatica
dell’uomo, che procurano alla sensibilità
del lettore rapimenti panici e dolci sensi
di languore:
« La terra degli aranci e dei limoni
è anche questo mare giallo di spighe
questo delirio di falci e di cicale
che, nell’afa meridiana, smorza il respiro
e trafigge l’insetto sul cardo.
...La sera scende dai colli tra veli
di pulviscolo e d’ambra e leviga
del lavoro la stanca dolcezza
che è nelle donne
con i bimbi attaccati al seno
...Dormono un sonno di febbre i covoni
sparsi nell’aia. Frinìo acceso di grilli
attorno al casolare che s’alza
nella vasta pianura di Feotto
come un’isola nera ».
Ma vi sono anche i paesaggi d’anima,
ossia quelli interiori del poeta stesso che
s’apre, con serena e rassegnata umiltà ad
un rapporto comunicativo, di confessione
o di testimonianza, ma sempre intriso di
pungente, nostalgico abbandono evocativo:
« Su l’immensa brughiera
si stende la mia malinconia.
Invano il vento canta sommesso
su l’albero solitario
e tra i ciuffi d’erica:
il mio cuore è solo
tremendamente solo.
Forse più tardi
come ogni sera
scenderanno le mandrie dai colli
e suoni di campani allieteranno la valle.
Ma inutilmente Mara
ancheggiando accanto al tuo bue
verrai cantando i tuoi stornelli.
Quando il cuore è triste
è triste ».
(da «Il mio cuore è solo»).
« Vi ho aperto il mio cuore
e dirvi altro non so »,
conclude un’altra lirica toccante. Ma il
Puzzanghera ha detto, in questo suo candido libro tutto quello che un cuore di
poeta poteva dire, rivestendo di note d’armonia un iter contemplativo ed esplorativo, in cui le istanze del pensiero si fondono con quelle del cuore in una sintesi
di concreta umanità. E perciò pensiamo
di non essere lontani dal vero se affermiamo che tre componenti hanno sostenuto il
poeta Puzzanghera nella realizzazione di
questa sua raccolta di liriche: un’esperienza personale di vita, una cultura variegata e robusta, una fede religiosa maturata neH’insegna della sincerità e dell’onestà. Ed è proprio in quest’ultima che
a nostro avviso confluiscono, in definitiva,
tutti i sogni e le aspirazioni del poeta stesso, per sciogliersi in un gesto di umile offerta:
« In solchi brevi ma non facili
ho buttato semi di parole
forse soltanto suoni.
Da essi però Tu puoi far nascere
imprevedibili cose: cori
per la tua gloria
speranze che mutino la tristezza in letizia
all’uomo del mio tempo ».
Francesco Fiumara
1 Ernesto Pozzanghera : Parole a Diotima.
(Ed. Pellegrini, Cosenza, pp. 94 L. 3000). Ernesto Puzzanghera è nato a Riesi (Caltanissetta) e
vive a Reggio Calabria dove ha insegnato dal ’39
al ’73. Diplomato in Vigilanza scolastica e laureato in Lettere, scrive in diiversi giornali e riviste. Vincitore di premi letterari, redattore de
« La Procellaria », è autore di svariati saggi,
filosofici e letterari. Ha pubblicato : cc Liriche »
(ed. Centauro, 1941); « Malinconie dorate », poemetti in prosa (ed. Marzocco, 1951); « Così passano i giorni », liriche (ed. Marzocco, 1956);
« Pagine controluce », saggi critici (Eid. La Procellaria, 1963; « Io e la speranza », liriche, (ed.
La Procellaria, 1970). Di prossima pubblicazione:
« La problematica filosofica e pedagogica in John
Dewey ».
Se percorrerete
le strade
Se vedrete case aggrappate
a una collina,
quello è il mio paese. Case di gesso
smunte dal tempo e tetti grigi
screziati di muschio, case povere
che sbadigliano al cielo
fumi azzurrognoli.
Canale, Vialarga, Spadazza,
Le Mura, Rosario, Crocefisso,
Piano del Prefetto, Convento, Ponte,
La Croce: sono i rioni che ricordo
del mio paese: alveari densi
di zolfatari e contadini.
I fornaciai e i vasai stanno al Canale
dove c’è l’acqua amara, tra spiazzi
colmi di pagliai, di tegole e quartare
che asciugano al sole.
Se percorrerete le strade
del mio paese,
vedrete occhi neri ingrottati
da scialli neri e fissità di sguardi
pungenti come lame,
volti abbronzati di uomini,
deschetti su le soglie
che zufolano come merli
e muri con lenzuoli di sole
tempestati da mosche primaverili
e fanciulli che cantano e carretti
dipinti con storie d’amore
e battaglie.
Se percorrerete le strade
del mio paese,
vedrete sulle porte il dolore
aggrumato in strisce nere, in grossi
caratteri neri che piangono.
Le porte nella mia Sicilia
sono le tavole antiche
della storia dell’uomo del Sud.
1179-1979 AGLI INIZI DEL MOVIMENTO VALDESE
GIURAMENTO: IL COMMENTO DI L. FIRPO
Ubbidire a Dio o agli uomini? Invito al sacrilegio
Celebrando cinque anni fa l’ottavo centenario del movimento
valdese, si era notato che la data 1174 era approssimativa, ed
avrebbe potuto benissimo essere
1173 o 1175: l’importante peraltro era ricordare la protesta di
Valdo, collocabile in quei due o
tre anni, anche se nessun documento precisasse esattamente la
data.
La prima data sicura nella
cronologia valdese è quindi il
1179, e precisamente il marzo di
quell’anno, allorché si svolgeva
a Roma il terzo Concilio Luterano, e vi vediamo arrivare i vaidesi, pare anche Valdo stesso.
Gli anni che intercorrono tra
l’inizio del movimento e l’andata
a Roma rappresentano purtroppo un vuoto: si sa che Valdo e
i suoi avevano continuato nella
loro azione, e cioè nella ricerca
di una maggiore coerenza tra la
vita quotidiana ed i precetti
evangelici. Poveri come aveva
detto Cristo, andavano predicando la povertà e spiegando le
Scritture, già tradotte in volgare.
Era stata proprio la predicazione a turbare l’arcivescovo di
Lione Guichard, e a spingerlo
ad un atteggiamento di intransigenza nei riguardi dei Valdesi,
proibendo loro appunto il ministerio che gli ecclesiastici riservavano a sé soltanto.
Superfluo rilevare ancora una
volta come la protesta di Valdo
e dei suoi non si esauriva affatto nella scelta della povertà
volontaria: questa era un mezzo per essere liberi dal mondo,
ma il fine era la oredicazione.
Di fronte al «no » di Guichard,
Valdo e i suoi pensano di ricorrere al Concilio. Siamo ancora
in un ambito e in un mondo
perfettamente cattolico: nessuno
ha accusato i Valdesi di cattivi
pensieri eretici, né essi stessi sospettano di avviarsi sul cammino
che li porterà fuori dalla chiesa.
Papa era Alessandro III, che
dopo dieci anni di esilio da Roma e di lotta con tre antipapi,
era potuto tornare nella città con
l’aiuto del Barbarossa: la città
eterna era una bolgia, sede di
lotte e di interessi di ogni genere, e lo dimostrano anche le
prime deliberazioni del Concilio, destinate a condannare i
costumi corrotti, l'opulenza sfacciata di certi ecclesiastici, la sete di denaro del clero.
In un quadro del genere dovettero davvero apparire ingenui i Valdesi, che venivano a
chiedere l’approvazione del loro
voto di povertà. « Valdesium
amplectatus est Papa », il papa
abbracciò Valdo, dice una cronaca: anche se era un abbraccio
rituale, era significativo, ed esprimeva l’interesse che sempre la
chiesa aveva, .ilmeno teoricamente, per i poveri. Del resto
non si dimentichi che nel Medio
Evo la povertà era tenuta in
grande considerazione, ed in sostanza stava alla base degli ordini monastici: per il povero,
senza alcun dubbio, era aperta
la porta del paradiso. Con la
Riforma calvinista, questo concetto verrà catapultato: solo
l’uomo che lavora è in grado di
dimostrare la bontà e la grandezza del Signore (donde poi il
noto « attivismo » calvinista,
ecc.).
Quando però i Valdesi chiesero al Concilio il permesso di
predicare (e questo ce lo racconta un altro cronista), la risposta fu affldata al parere di
una commissione che doveva
esaminare la loro preparazione.
Ed è a questo punto che si svolse il noto episodio narrato dal
monaco inglese Gualtiero Map:
i Valdesi caddero ingenuamente
in un trabocchetto teologico, in
una sottigliezza da curialisti, suscitando l’ilarità dei presenti, ed
il conseguente diniego di poter
predicare.
Se n’andarono scornati, ma
non convinti: e il cronista dice
di loro: « Costoro non hanno sedi fisse, vanno in giro a due a
due, vestiti di lana, senza possedere niente, ed avendo tutto
in comune, come gli apostoli, e
seguendo nella loro nudità il Cristo nudo; incominciano in questo modo molto umile, perché
non possono entrare: ma se li lasceremo entrare, cacceranno via
noi ».
A Lione, Valdo e i suoi ripresero la loro attività di predicazione: chiamati a comparire davanti al nuovo arcivescovo Giovanni di Bellesmains, e udita
l’intimazione di cessare la pubblica lettura e spiegazione della
Bibbia, essi risposero: «Meglio
obbedire a Dio cne agli uomini »,
e cioè all’ordine evangelico che
alla chiesa.
Nel 1184, il Concilio di Verona li dichiarava eretici; avveniva
la rottura tra la chiesa autoritaria ed unica intermediaria e
un gruppo di credenti che appellandosi al Vangelo non si erano
resi conto del loro diventare
eretici, tra due concezioni diverse del messaggio cristiano: per
gli uni consegnato e legato all’unica interpretazione valida,
quella della chiesa, per gli altri
libero e rivoluzionario in ogni
credente.
Augusto Armand Hugon
Abbiamo letto su La Stampa
del 14 ottobre un commento rallegrante di Luigi Firpo alla sentenza della Corte Costituzionale
in merito al giuramento di cui
ci siamo occupati la settimana
scorsa su queste colonne. La tesi di Firpo è che « un’innovazione legislativa veramente aggiornata alla realtà del nostro tempo e al rispetto della religione
dovrebbe procedere alla pura e
semplice soppressione di questo
rituale arcaico e sostituirlo con
un severo ammonimento del giudice che richiami l’attenzione
del teste sulla rilevanza particolare delle risposte che egli è chiamato a ifornire e sulle gravi responsabilità morali e penali che
egli sta per assumersi ».
Sono interessanti le due argomentazioni su cui Firpo basa
questa tesi. La prima è di carattere specificamente giuridico.
« Nel momento in cui i giudici
costituzionali hanno provveduto
a meglio tutelare la libertà religiosa dei cittadini, mi sembra
che non si siano accorti di violare un altro punto anche più vitale della Costituzione: quello
che assicura l’eguaglianza di tutti di fronte alla legge. Perché la
formula modificata impegna il
non credente sul mero piano civile, davanti ai propri simili (dei
quali molti se ne infischiano bellamente), mentre i credenti si vedono costretti ad assumere un
obbligo solenne davanti a Dio,
impegnando drammaticamente
la propria coscienza più profonda. Così il laico — se mente — rischia un’accusa di falsa testimonianza, l’uomo di fede, anche se
non verrà scoperto, si gioca
quanto gli è più caro, cioè il paradiso ».
La seconda argomentazione è
di carattere chiaramente evangelico con un implicito ma evidente riferimento alla parola di Matteo 5: 33-37:
« Nel Vangelo è espresso in tutte lettere il divieto, per il credente, di giurare, coinvolgendo
il Nome santo e la presenza divina nelle beghe forensi o nelle
private controversie. In un Paese come il nostro che i Patti Lateranensi sanciscono come eminentemente cattolico, l’invito a
giurare davanti a Dio, riservato
a chi credente per l’appunto si
professa, non suona come atto
rispettoso della libertà religiosa,
bensì come invito al sacrilegio.
Chi è cristiano per davvero conosce l’obbligo della verità e sa che
un semplice « sì », un semnlice
« no » comportano l’impegno totale della propria responsabilità
agli occhi deH’Evangelo. E chi è
cristiano tiepido giura qualsiasi
cosa e dice quello che gli conviene, sicuro che una lacrimuccia in
confessionale gli ridarà alla orima occasione un’anima linda e
di bucato ».
La serietà di queste due argomentazioni dimostra come la tesi della scmnressione del giuramento (il pezzo del orof. Firpo
è intitolato significativamente
« Giurare davanti a nessuno »)
non si basi, come qualcuno potrebbe pensare, né su una relatlvizzazione della verità né su una
svalutazione delle esigenze della
fede. Essa raopresenta invece
l’unica risposta coerente e definitiva ad un problema che, pur
facendo un passo avanti verso la
soluzione con la sentenza della
Corte Costituzionale, ha finora
trovato una risposta solo incoerente e provvisoria.
F. G.
5
26 ottobre 1979
TORINO - INIZIATIVA EVANGELISTICA DELLE CHIESE BATTISTE CON LA COLLABORAZIONE DI VALDESI E FRATELLI
Anche oggi Dio interviene
al momento giusto
Quando si tratta di ’’andare in piazza” siamo spesso frenati dallo scetticismo. Ma è più facile di quanto si pensi: basta evangelizzare
Domenica 30 settembre in piazza Vittorio Veneto a Torino, sotto una tenda, a conclusione della
manifestazione evangelistica organizzata dalle chiese battiste di
Torino, Venaria e Rivoli ed attuata con la collaborazione della
Chiesa Valdese locale e dalla
Raunanza dei Fratelli, è accaduto un episodio toccante e significativo.
Tra i tanti che prestano un’attenzione scarsa o nulla ai volantini-invito che un’anziana sorella
distribuisce con pazienza e umiltà sotto i portici di via Po, due
giovani sposi prendono e leggono. Subito dopo si recano nella
vicina piazza Vittorio ad ascoltare, insieme ad altre seicento
persone circa, la predicazione
della Parola del Signore fatta dal
pastore battista negro Harold
Carter. Il brano evangelico cui
il nredicatore si ispira è quello
della guarigione, da parte di Pietro, dello zoppo alla porta del
tempio, riassunto nel tema;
« Dio interviene al momento opportuno », ripetuto con costante
incisività. L’Apostolo, spinto dallo Spirito, si reca al momento
« giusto » al tempio, incontra lo
zoppo e gli rivolge, nel momento più opportuno, la parola di
liberazione e salvezza: « Nel nome di Gesù, cammina! » (Atti 3).
I giovani sposi sono colpiti da
Quelle parole:, vogliono saperne
di più. Si rivolgono ad alcuni
fratelli presenti con il preciso
scopo di conoscere qualcosa di
più in merito a quanto stanno
ascoltando. Al momento opportuno il Signore parla e queste
due persone fanno una cosa molto importante: rendono la loro
testimonianza dicendo: « abbiamo per la prima volta ascoltato
la predicazione dell’ Evangelo,
fatta in modo chiaro ed esplicito, e pensiamo sia giunto il momento di accettare Gesù quale
Signore della nostra vita ».
Ho voluto citare questo episodio con il quale si concludeva
la nostra settimana di evangelizzazione e testimonianza in una
grande piazza di Torino per sottolineare alcune cose
Una cosa semplice
e decisiva
La prima riflessione da fare è
che questi due giovani sposi —
unitamente ad altre quindici persone — hanno fatto una cosa
semplice e allo stesso tempo decisiva: hanno permesso che fosse loro annunziato Gesù. Con altrettanta semplicità e fermezza
lo hanno accettato come Signore
della loro vita.
Di qui una seconda considerazione. Quando si tratta di andare
« in piazza », « all’aperto », parlare alla gente, in pubblico, siamo così presi dallo scetticismo
circa i risultati che potremo ottenere, tanto da sentirci quasi
paralizzati, frenati. Ci sembra di
dover fare una cosa così difficile
tanto da diventare impossibile.
Viceversa è possibile e più facile
di quanto si pensi: basta evangelizzare. Ed evangelizzare vuol
dire parlare alle versone e fare
in modo che, mediante la sniegazione della Scrittura, esse stabiliscano un giusto rapporto con
Dio riconoscendone la signoria
che si è rivelata in Gesù Cristo.
Ed ecco una terza considerazione. Dicevo che occorre parlare alla gente. Cioè « dire », « spiegare », far « conoscere » la Scrittura, annunziare Gesù. Ma tutto
ciò senza toni ed accenti predicatori. Un sermone, come quelli
che sentiamo in chiesa, tanto per
intenderci, non è adatto alla
piazza. In piazza i passanti frettolosi non sarebbero colpiti da
un lungo e bel discorso, ma potrebbero essere interessati da
brevi « annunzi » o da brevissimi temi evangelici in vari modi
ripetuti. In altre parole non è
possibile, in piazza parlare alla
gente facendo « della teologia
della croce»; è possibile invece
suscitare l’interesse parlando solo « della croce » e ciò che essa
rappresenta; non è recepibile
neppure un lungo discorso « teologicamente cristocentrico » ed
ineccepibile dal punto di vista
omiletico. Viceversa può essere
recepito un breve annunzio su
Gesù Cristo e ciò che ha fatto
per l’uomo.
Parla un ex testimone
di Geova
A tale proposito è illuminante
una testimonianza data, domeiiica durante il 'culto all’aperto,
da un ex Testimone di Geova:
« Ho sempre creduto — affermava — che Gesù Cristo fosse una
creatura di Dio, la più perfetta
che Egli avesse creato, e in un
certo senso, ero convinto che
Cristo fosse una specie di suppellettile decorativa alla mia religiosità cattolica prima e geovista, poi. Ora ho capito, a motivo
della predicazione udita, che Gesù Cristo è il Signore. E’ colui,
cioè, che ’’spiega” ogni cosa,
che ’’rivela” Dio come Padre e
che ’’illumina” la mia vita ».
Questa semplice e bella « confessione di fede » era fatta subito
dopo avere ascoltato un breve
messaggio sul contenuto essenziale dell'evangelo, cioè su Gesù
Cristo.
Dinamica di gruppo
Abbiamo potuto sperimentare
che i brevi messaggi e le incisive
testimonianze colpiscono maggiormente l’attenzione dei passanti e li predispongono all’ascolto molto di più di quanto non
faccia un lungo discorso, rendendoli, in un certo senso, partecipi,
coinvolti, « vivi » a ciò che si sta
facendo. Questo è quello che la
moderna pedagogia chiama la
« dinamica di gruppo ».
Una quarta riflessione si riferisce appunto a questo tipo di
esperienza. Nella settimana di
risveglio precedente la manifestazione in piazza, e poi nelle
riunioni all’ aperto durante le
quali dava i suoi messaggi sia
con il canto che con la predicazione, il pastore Harold Carter
chiedeva ai presenti di partecipare attivamente al culto che si
stava rendendo a Dio, invitandoli a dire « amen » ad alta voce, a
cantare un inno di lode tenendosi per mano, a manifestare la
loro allegrezza in Cristo lodando
il Signore con le braccia alzate.
A prima vista queste cose potrebbero sembrare banali, puerili, inutili, o addirittura superficiali. Erano, viceversa, a mio
avviso, davvero cose molto importanti perché davano a tutti la possibilità di « evidenziare »
la loro reciproca appartenenza e
di partecipare in modo « vivo »
e « dinamico » al culto manifestando in modo, direi plastico,
la loro fede in Cristo.
Finalmente abbiamo visto fratelli e sorelle delle nostre chiese
partecipare al culto in maniera
« gioiosa » e vivace. Hanno esplicitato la loro fede in Cristo con
segni visibili mediante i canti, le
preghiere, le testimonianze, la
comunione fraterna. Anche le
nostre chiese sono state « evangelizzate » in quella settimana.
Teoria e pratica
Di qui, infine, l’ultima considerazione. Ho detto che i membri
delle nostre Comunità hanno fatto in piazza ciò che di solito si
guardano dal fare in chiesa: dire « amen » ad alta voce, cantare
con allegrezza, abbracciarsi tra
fratelli, lodare il Signore in modo più esplicito. Ma in piazza si
è fatto anche di più: è stato
attuato, messo in pratica, quanto
INTERVISTA AD ALCUNI PARTECIPANTI
Il coraggio di uscire
Sulla Settimana di evangelizzazione abbiamo rivolto alcune domande a persone che vi hanno partecipato: Primo 'Violo, predicatore laico valdese; Franco Casanova, pastore battista, uno degli organizzatori; Carlo Gay, pastore valdese.
— Violo, come definiresti questa settimana di evangelizzazione?
— Il coraggio di uscire! Il coraggio di pregare il nostro Signore, cantare inni, predicare la
Sua Parola fuori dalle nostre talvolta semivuote chiese o sale di
riunione. Non importa se domenica 30 settembre in piazza eravamo sempre noi, abbastanza
compatti, visi noti delle varie
comunità evangeliche di Torino.
Nostro desiderio sarebbe stato
vedere molti volti nuovi attenti alla viva predicazione, a inni
diversi cantati con fede e slancio. alle testimonianze, al culto
condotto nella gioia del Cristo
vivente. Ma chi può dire che in
disparte, forse isolato nella grande piazza non vi rosse un volto
nuovo alla ricerca di una speranza nuova su cui basare la
propria esistenza? E il Signore,
a mezzo delle nostre poche forze, non avrà toccato il suo cuore? Anche solo per quell’isolato
abbiamo il dovere e dobbiamo
trovare il coraggio di uscire e
seminare.
— Casanova, vorresti dirci
qualcosa su quanto si è svolto
dietro le quinte della piazza, per
esempio per ciò che concerne il
materiale predisposto per la
campagna evangelistica?
— Ci siamo trovati di fronte
a diversi problemi, non appena
ci siamo messi al lavoro per preparare volantini e altro materiale: come evitare che la nostra
stampa non fosse confusa con
quella che quotidianamente intasa le nostre cassette della posta?
Come captare l’attenzione del
lettore prima che butti il volantino? Come sintetizzare . il messaggio centrale della campagna?
Abbiamo seguito due linee: da
una parte abbiamo cercato di
elaborare qualcosa che preparasse l’aggancio per una conversazione, per un incontro personale, qualcosa che mettesse sete
al lettore. Dall’altra abbiamo cer
cato di dar voce a qualcuno degli interrogativi che si agitano
nell’animo di molti: come vivere una vita diversa? È proprio
vero che a Dio non importa
niente di noi, vis'^o che permette
il male e la sofferenza e le ingiustizie? Esiste un modo per
mettersi in contatto con Dio?
Santi e madonne? Sacramenti?
Mezzi occulti? Ecologia?
— E qual è l’esperienza al termine di questo sforzo?
— Credo si possa dire che abbiamo vissuto il paradosso di
avere tante cose importanti da
dire e di non sapere come dirle! Ci siamo sentiti veramente
dei dilettanti a cui manca un elemento indispensabile: la capacità dì realizzazione.
— Risultati?
— Non sappiamo che fine abbiano fatto gli oltre ventimila
volantini distribuiti. Uno spreco?
Chissà! Una cosa è certa: abbiamo cercato (e realizzato) un’occasione in più per contattare
centinaia di persone a cui, bene
o male, abbiamo parlato di Dio.
Lasciamo a Lui l’ultima parola
su quanto è stato fatto.
— Gay, che seiiso ha andare
in piazza?
— Quello di sottolineare il carattere pubblico di una presenza protestante. « Uscire dalle
chiese » fu un vecchio motto
della nostra evangelizzazione,
che non intendeva sottolineare
l’inutilità delle raunanze nei templi e nelle sale, ma intendeva la
necessità di un confronto con il
popolo con il quale si vive in
giornaliero contatto e con il quale non ci è permesso di tacere
sul problema fede-non fede, salvezza-perdizione, speranza-disperazione.
— Come ti è sembrato il messaggio complessivo?
— Il messaggio è stato centrato sulla « libertà dei figli di Dio »
nella luce della lettera di San
Paolo ai Galati. Ottima scelta
per una popolazione, detta cristiana, ma troppe volte schiava
di legalismi, obbedienze acritiche verso le sue gerarchie ecclesiastiche, ligia troppo spesso
a superstizioni e costumi da riesaminare alla luce delle Sacre
Scrittture. Ottima scelta per la
riflessione dì una minoranza
evangelica, troppe volte introversa, individualistica, segnata
dalla confusione degli ideali
evangelici con il costume medio
piccolo borghese.
— E i predicatori?
— Tralasciando gli italiani,
penso non sia stato facile per
il pastore Carter essere catapultato dall’ambiente che gli è familiare dei grandi meetings presieduti da evangelisti come Billy Graham, Orai Roberts, ad uno
completamente diverso. Diffìcile
trapiantare il tono, i contenuti
e i metodi di là nella situazione
italiana.
Harold Carter si è reso conto della problematica di un uditorio evangelico e cattolico italiano. La sua risposta è stata
piena di amore, di canto e di
predicazione. Questa predicazione è man mano passata da espressioni bibliche un po’ generiche ad_un messaggio saturato
di esperienza minoritaria; Carter è stato Uno degli amici di
Martin Luther King, ha vissuto
con lui le battaglie per i diritti
civili, per il rifiuto della violenza, per il consolidamento di coscienze, che sanno che non saranno necessariamente appoggiate dal consenso dei potenti
della politica e della finanza. E
così il messaggio liberatore dell’Evangelo, da lui profondamente vissuto, si è trasmesso come
un fatto autentico, come una parola consolatrice, come un invito
al coraggio cristiano.
Se quindi da un lato alcune
note esteriori (movimenti delle
mani e dei piedi, battimani ecc.)
trovano difficoltà ad essere inquadrate nelle nostre abitudini,
è certo che il messaggio centrale
ed universale è stato ascoltato
e recepito dai presenti con gratitudine.
vanno dicendo in teoria i nostri
documenti sui patti di collaborazione, di lavoro in comune, di testimonianze unitarie delle nostre
varie chiese. A Torino si è lavorato insieme. ’Valdesi, Battisti,
Fratelli, hanno coUaborato uniti p»er la buona riuscita della
manifestazione. Tutti ne siamo
usciti arricchiti e potenziati nel
convincimento a proseguire su
questa strada. Ecco alcune delle
cose fatte insieme: la Claudiana
era presente con i suoi libri, le
Bibbie, i giornali; la corale dei
Fratelli di via Virle si alternava
con quelle Valdo-battista, del
Centro di Incontri Cristiani e del
gruppo delle Vallette, nei programmi giornalieri. Sorelle e fratelli delle varie chiese hanno insieme distribuito circa 20.000
opuscoli; un gruppo fisso di circa
10-15 persone era impegnato in
piazza dalle 7 alle 22 di ogni giorno per colloqui, attività evangesticlie, proiezioni filmine, testimonianze, letture bibliche e canti. I pastori valdesi (ricordiamo
Gustavo Bouchard, Gay e Platone) hanno collaborato con messaggi con i colleghi battisti. Abbiamo avuto la collaborazione di
altri fratelli venuti da fuori (past.
Guarna, Giannetta, Crabb) che
insieme al past. Carter (inviato
espressamente dal Comitato delle Missioni estere della Convenzione Battista del Sud degli USA)
hanno potuto dare vita al programma che giornalmente veniva svolto. Abbiamo visto Anziani, diaconi e diaconesse, fratelli
e sorelle, simpatizzanti ed amici di tutte le comunità evangeliche della città darsi appuntamento ogni giorno in piazza e,
per una intera settimana dare
con gioia e partecipazione il loro
contributo di fede.
La chiesa in piazza
Domenica 30 settembre è accaduto qualcosa di nuovo, direi di
eccezionale: le Chiese valdesi e
battiste di Torino e cintura sono
rimaste .chiuse. Diciamo meglio:
sono rimasti chiusi i templi, i
portoni delle sale di culto. Ma la
Chiesa cioè la comunità dei credenti, di coloro che il Signore ha
chiamato a servirlo, era ben visibile a tutti ed era aperta a tutti: era in piazza a rendere un
culto di lode al suo Signore. Abbiamo avuto anche delle rimostranze per questo. Si faceva
troppo chiasso, dicevano alcuni.
Ed eravamo in una piazza dove
di solito vi sono i baracconi del
Luna Park. I giornali non hanno
parlato. Non un rigo sul fatto,
che gli evangelici di Torino erano in piazza ed avevano chiuso
i loro locali di culto. Avevano altro da fare. Troppo occupati a
scrivere di altre « piazze » dove
folle oceaniche osannavano il papa, non Gesù Cristo.
Al posto di una pur breve ma
doverosa cronaca sugli evangelici che rendevano il loro culto di
lode al Signore, vi era, il giorno
successivo su un giornale della
città, un lungo resoconto sulla
visita del papa in Irlanda. Il titolo dell’articolo suonava così:
« Anche i protestanti in delirio.
Papa Wojtyla è fantastico ». I
protestanti torinesi non erano in
delirio. Erano pieni di riconoscenza a Dio per averli « convocati » in assemblea in una piazza
all’aperto. Erano pieni di allegrezza cristiana (nulla ha da
spartire con facili evviva) perché
avevano la possibilità di dire
che solo Gesù Cristo è il Signore.
E che la Sua Parola è una Parola di liberazione e salvezza.
Michele Foligno
6
26 ottobre 1979
cronaca delle valli
INCONTRO ALLA CASA VALDESE DI VALLECROSIA_
Animazione: servizio aile chiese
« Che idea avete deU'animazione? Che cosa vi aspettate da
me? » Ecco le domande che Gilbert Zberen, animatore di gruppi CEvAA ha posto, all’esordio,
a pastori e laici del 1° Distretto,
riuniti alla Casa Valdese di Vallecrosia dal 7 al 10 ottobre, per
un corso di aggiornamento. A
quelle domande i presenti non
hanno saputo immediatamente
rispondere, ma le loro esigenze
sono venute, poco alla volta, alla
luce.
In pràtica chi è impegnato nei
vari gruppi di lavoro nelle comunità, a livello di catechismi, di
Unioni fenuninili, di gruppi di
studio, fa già dell’animazione. Il
fatto è che ognuno si ingegna ad
inventare, senza possedere metodi scientifici, nuovi modi per
interessare un uditorio sempre
meno disposto ad una attenzione
e ad una conceritrtizione prolungate, I pastori poi, p>er loro stessa configurazione, si trovano talora in difficoltà in quanto chiamati a guidare e stimolare gruppi di persone completamente diverse per età, ijitereSsi e livelli
culturali. Una cosa è cercare di
« animare » un collettivo teologico, un’altra un concistoro, un’altra ancora una classe di catechismo o di scuola domenicale. I
pastori che hanno avuto esperienza di animazione all’estero,
dove essa è usata a livello scientifico; da tempo caldeggiavano un
aggiornamento in questo senso
anche in ambito valdese: ecco
perciò la partecipazione dell’esperto svizzero all’incontro di
Vallecrosia.
Gilbert Zberen non ha tenuto
comunque un corso di animazione, ma si è inserito con osservazioni e consigli nelle discussioni che vertevano su un programma prefissato: la predicazione
profetica. Un momento particolarmente interessante e stimolante si è avuto quando si è passatidalia teoria alla pratica. I partecipanti, dopo aver letto Giovanni 3 (la guarigione del cieco nato) si sono divisi in quattro grup-,
pi, ognuno dei quali ha cercato
di analizzare il testo dal particolare punto di vista delle persone
coinvolte nell’episodio biblico (il
cieco guarito, i suoi genitori, i
vicini di casa, i Farisei). Dopo un
primo momento di preparazione
svolta separatamente, i gruppi si
sono poi confrontati, interpellati, provocati, con domande e risposte soggettive, proprie cioè
degli interpreti stessi. Non si è
trattato di drammatizzare l’episodio, ma di portarne alla luce i
contenuti più profondi, impliciti
all’azione drammatica.
Il compito di un animatore è
quello di indirizzare la discussione verso il suo vero scopo, evitando le vane schermaglie e poi
provocando gli interventi. L’animatore non è protagonista, non
deve far pesare la propria autorità, bensì favorirexla partecipazione e il coinvolgimento secondo una dinamica orizzontale e
non di vertice.
La presenza dell’ animatore
svizzero ha caratterizzato le sedute, ma il dibattito si è svolto
con un altro obiettivo. Due intro
Un Parco in
Val Germanasca?
Sabato 13 corr. presso la Trattoria Monte Castello di Perrero,
si è tenuta una riunione sul parco dell’alta Val Germanasca promossa dalla Federazione Provinciale Coltivatori Diretti. E’ intervenuto il Consigliere Regionale
Mauro Chiabrando che ha illustrato i vantaggi ed i vincoli che
deriverebbero dalla costituzione
del Parco.
I vantaggi sarebbero essenzialmente legati alta maggiore
possibilità di ottenere finanziamenti per migliorie e salvaguardia dell’ambiente, il vincolo principale consisterebbe nel divieto
di caccia.
Naturalmente i cacciatori presenti hanno espresso anche in
questa occasione la loro opposizione al contrario dei coltivatori
che si sono dichiarati più favorevoli.
Oaudio Tron
dazioni, di B. Rostagno su « Predicazione profetica » e di G. Platone su « Predicazione barthiana », hanno dato il via ad una
ricca discussione, che si è sviluppata attraverso un lavoro di
gruppo centrato sull’esame di
tre sermoni di Barth e Tillich su
testi profetici. Un altro momento interessante e fruttuoso è stato quello in cui si è commentato
ed analizzato un sermone di Ai.
Ayassot, ascoltato da una registrazione su nastro, seguendo un
metodo già sperimentato negli
incontri settimanali dei predicatori del 1° Circuito.
Tutti i partecipanti hanno avuto modo di ricevere importanti
stimoli e ricca materia di studio
per il lavoro nelle comunità.
Ogni predicatore potrà sfruttare,
secondo le proprie caratteristiche e i propri doni, ciò che é
emerso durante le tre fitte giornate di lavoro. lE’ da evidenziare
il valore di incontri di questo tipo anche dal punto di vista del
semplice membro di Chiesa. Infatti, quando i pastori si riuniscono e discutono di predicazione, di forme e di contenuti da
dare alla predicazione, mettono
chiaramente in luce la' loro esigenza di ovviare a situazioni di
isolamento, di aggiornare le proprie conoscenze e i propri metodi. Da ciò tutta la Chiesa deve
poter trarre vantaggio, perché
arido sarebbe un puro esercizio
accademico che non fosse sfruttabile nel momento e nel luogo
in cui la Parola è annunciata. A
Vallecrosia questo si è fatto: in
ogni istante ogni pastore ha avuto davanti agli occhi la propria
comunità e la sua realtà, anche
nei momenti in cui il discorso
teorico si è fatto più tecnico e
specialistico. (Va anche detto che
la quasi totalità dei pastori delle
Valli era presente!).
Per concludere ancora una osservazione sulla animazione. I
pastori sono impegnati nel trovare nuove aperture, nuove
forme per porgere a vari livelli
il messaggio evangelico; ebbene,
in questa ottica è auspicabile
che i nuovi pastori, oggi studenti, non debbano arrivare nelle comunità con strumenti ormai
superati e che a loro volta non
debbano barcamenarsi per aggiornarli in seguito.
Franco Taglierò
SCUOLA MEDIA STATALE - TORRE PELLICE
Prima riunione dei
Consigiio d’istituto
Dopo la ripresa dell’anno scolastico, il Consiglio di Istituto ha
'avuto la sua prima riunione, venerdì 12 ottobre alle ore 21. Assiste un nutrito gruppo dei genitori invitati dal Consiglio.
Sono vari gli argomenti alTordine del giorno. Il Consiglio stabilisce la domenica 18 novembre per l’elezione degli organi
collegiali ed approva le variazioni di bilancio conseguenti alla
diminuzione di L. 600.000 del contributo del Ministero per l’anno
1979. Si dà atto dell’intervento
del Comune di Torre Pellice nell’acquisto di banchi e sedie ed
altro materiale con cui si è potuto arredare una nuova aula.
il Consiglio di Istituto si era
occupato l’anno scorso, anche
con l’intervento della Comunità
Montana di fare coincidere l’orario dei mezzi di trasporto su strada con l’orario di entrata e uscita degli studenti. Purtroppo una
nuova circolare del Ministro della P.I., giunta ad un anno scolastico iniziato, detta nuovi criteri
di durata delle lezioni (60 minuti e non più 55) che sconvolgono
ciò che con fatica si era ottenuto
Tanno precedente.
Anche i Distretti scolastici di
Pinerolo e Orbassano hanno analoghi problemi che sono stati già
esaminati insieme al Presidente
del Distretto di Torre Pellice. Siccome la circolare ministeriale
prevede, in casi di forza maggiore, la concessione di un orario
delle lezioni diverso, il C.d.I. s,i
fa carico di richiedere al Provveditore la modifica della durata
delle lezioni della prima e ultima
ora per assicurare agli alunni il
trasporto.
L’impostazione del dopo-scuola, forzatamente, sarà diversa dagli anni passati in quanto una
disposizione ministeriale non
consente di usufruire di alcune
ore del dopo-scuola durante le
lezioni antimeridiane, come si è
Atto teppistico
al Collegio
Nella notte di lunedì 15 ottobre alcuni ignoti sono penetJ'ati
nei locali del Collegio Valdese di
Torre Pellice e dopo aver scassato la porta della segreteria
hanno messo a sc^quadro tutto
l’ufficio. Da primi accertamenti
non risulta che siano stati asportati documenti o registri. Si tratto evidentemente di un atto teppistico che ha turbato la vita del
Collegio Valdese.
Riprendendo il discorso sulla ’Cultura Valdese'
La strada della
borghesia valdese
già sperimentato. Il metodo precedente era più consono agli allievi Che avevano difficoltà scolastiche e difficoltà di ritornare
a scuola il pomeriggio.
Anche per quanto riguarda le
« 160 ore » a disposizione dei professori per attività varie, sorgono difficoltà in sòlito ai caìnbiamenfi degli orari; l’attuazione
richiede il ricorso allo straordinario per i professori in contrasto con la linea dei sindacati.
A.K.
PRIMO CIRCUITO
Attività programmate
Nella riunione del Consiglio
di Circuito del 13 ottobre a Torre Pellice sono state programmate le seguenti attività:
2 dicembre, orè 14.30, a Bobbio
Pellice incontro dei monitori
per una valutazione deU’inizio
del lavoro sugli Atti e proposte
per future riimioni.
16 marzo 1980, ore 14.30, ad Angrogna Assemblea di Circuito
aperta a tutti sul tema: « Evangelizzazione e rapporti ecumenici ».
4 maggio 1980, ore 14.30, a Rorà
Assemblea di Circuito con relazione del Consiglio di Circuito e relazione delle chiese.
La prossima riunione del Consiglio di Circuito avrà luogo a
Torre Pellice sabato 17 novembre alle 20.30.
TV in francese?
Mi riferisco all’intervento di Osvaldo
Coisson sull’Eco delle valli valdesi del
13 luglio 1979, relativo ad una eventuale installazione di un ripetitore per
captare la T.V. francese.
Al riguardo sarebbe interessante conoscere il parere di un tecnico in materia, e cioè;
Vi sono possibilità, sia tecniche
che giuridiche, per effettuare tale impianto?
Quale stazione francese si potrebbe
ricevere?
Quale area delle nostre Valli coprirebbe un solo ripetitore?
Non mi soffermerò sull'Importanza che
In tempi lontani la lingua francese ha
avuto per le nostre Valli, altri lo hanno
già esposto. Voglio solamente ricordare
che se nel passato I nostri correligionari emigrati in Francia hanno potuto inserirsi con facilità fra quella popolazione, ciò fu possibile grazie alla loro
conoscenza della lingua francese.
B. Grill
Ho ietto con interesse l’articolo di Giorgio Tourn che pone il
problema dell’assenza di una cultura popolare alle Valli e termina con una domanda «Porse
per questo... non abbiamo i nostri ’’Soimaires Ousitans” mail ’’Teatro Angrogna”? » (« Cultura valdese » n. 39/28.9). Ritengo
che il Suo discorso debba essere
ripreso.
Se ho ben capito, la sua tesi è
che per secoli nel mondo valdese
si ebbe una situazione speciale,
analoga a quella che si riscontra talvolta nella guerriglia partigiana. In altre parole, di solito
abbiamo da un lato i padroni
con la loro cultura, dall’altro il
popolo che in gran parte accetta
questa cultura, ma si riserva uno
spazio per potersi sfogare e beffare i potenti. Per esempio nel
Medioevo francese, troviamo le
storielle sulla volpe perennemente affamata e percossa, che però
riesce spesso ad imbrogliare il
lupo prepotente, perfino nel suo
castello. Ma il lupo rimane il signore del castello e la volpe torna a pancia vuota nella sua tana di terra. Così negli eserciti
regolari i soldati cantano gli inni e le marce insegnati dagli ufficiali, ma ìa sera in osteria maledicono in coro la naja e i superiori. Questi lo sanno, ma chiudono un occhio e ogni tanto,
quando- è possibile- farlo senza
turbare la disciplina, si divertono anche loro ad ascoltarli, ben
sapendo che si tratta di uno sfogo tanto pittoresco quanto innocuo.
Fra i Valdesi invece gli intellettuali furono per secoli perseguitati come i contadini, e anche
di più perché erano considerati
gli istigatori, e si ebbe perciò
una cultura portata avanti dai
« barbi » e poi dai pastori) ma
accettata liberamente e con rischio personale da tutti, perché
tutti vivevano insieme stenti, fughe, galere e letture bibhche,
cantando i medesimi .salmi. Così
durante la Resistenza ex-ufficiali,
soldati e civili erano insieme come partigiani, e le loro canzoni
erano rivolte contro i fascisti,
non contro i capi della banda.
Ma per gli uni e per gli altri
è venuta la pace, e la borghesia
valdese, dopo il 1848 come dopo
il 1945, non ha saputo nel suo
insieme trovare il modo di vivere,
con il suo popolo la pace conte
aveva vissuto la persecuzione,
non si è accorta che la sua liberazione era reale solo perché
aveva i mezzi per farsi strada
in mezzo agli altri, è scesa in
città a fare la stessa vita borghese degli antichi persecutori
(sia pure conservando un certo
rigore calvinista e una sincera
ansia di evangelizzazione); alle
Valli sono rimasti solo quelli che
non potevano andarsene, con i
PEROSA ARGENTINA
E’ mancato il
sindaco Calzi
Il Sindaco di Porosa Argentina, Renato Calzi, è mancato martedì sera 16 ottobre, dopo lunghi
mesi di malattia.
Militante del PCI, èra stato
eletto sindaco dopo la vittoria
nelle ultime elezioni di una lista
di convergenza di tutta la sinistra perosina. Ad una chiara linea politica Renato Calzi univa
un calore umano che è stato apprezzato anche da molti che non
condividevano le battaglie del
suo partito. Nel corso dell’estate
tutti i suoi sforzi sono andati alla realizzazione degli ultimi lavori della nuova scuola media, che
egli non ha potuto vedere ultimata del tutto, poiché le ultime
rifiniture sono ancora in corso e
resta da sistemare il cortile insieme ai locali che dovranno servire da cucina e da refettorio.
Le preoccupazioni ed il lavoro
nell’amministrazione hanno certamente contribuito, anche per
la durezza dell’opposizione, ad affaticare l’uomo e ad accelerare il
corso della malattia che Tha minato malgrado la giovane età:
aveva 51 anni.
pochi che hanno rifiutato di abbandonarli.
Perciò io, discendente di montanari di Massello e di Roccapiatta, che oggi insegno al Liceo
classico di Pinerolo, mi sento direttamente interpellata dalle provocazioni del Teatro .Angrogna,
anche quando sarebbe facile criticare il linguaggio o certe affermazioni che possono suonare
storicamente discutibili e di cattivo gusto. Per mezzo loro mi
giunge il rimprovero di aver
continuato a camminare per la
strada che mi si apriva davanti,
senza voltarmi a guardare se
c’erano anche tutti gii altri, come si fa in montagna, dove sarebbe vergognoso lasciare indietro qualcuno del gruppo.
Marcella Gay
PINEROLO
Un appello
per il Nicaragua
Organizzata dalla Comunità di
base, sabato 13 ottobre si è svolto presso il centro sociale di San
Lazzaro un dibattito sul Nicaragua. Lo ha introdotto padre Bernardino Formiconi, esponente
del movimento sandinista. Padre Formiconi, dopo aver illustrato la storia del Nicaragua e
il ruolo che le comunità di base
hanno avuto nel processo di liberazione di quel popolo, ha lanciato un appello urgente: « ci
servono fondi — ha detto — per
comperare generi alimentari e
medicinali per i prossimi tre
mesi. Poi comincerà la nostra
produzione. Se non avremo questi fondi il nostro popolo rischierà la morte per fame ».
Una testimonianza diretta, che
ci indica quanto sia urgente rispondere all’appello del Consiglio Ecumenico.
Studenti per i 61
licenziati FIAT
Studenti lavoratori ed insegnanti del corso serale dell’Istituto Tecnico « M. Buniva », hanno sottoscritto il 15 corr. una
mozione nella quale chiedono
l’immediata riassunzione di tutti
i 61 operai licenziati dalla Fiat
con un provvedimento che costituisce « ... un pretesto per cancellare il diritto al lavoro e all’organizzazione operaia... ». Denunciando e condannando ogni
forma di violenza e di terrorismo, denunciano e condannano
con fermezza sia « ... chi approfitta dei momenti di lotta dei lavoratori per esercitare una violenza fine a se stessa... », sia
« ... la violenza quotidiana subita
sul luogo di lavoro... ». Riaffer' mano infine il diritto democratico dei lavoratori « ...a organizzarsi e a lottare sul luogo di lavoro... ».
oggi e domani
• AUTUNNO IN VAL D'ANGROGNA:
ven. 26 ott. ore 21 in Municipio
dibattito sulle attrezzature e impianti
sportivi.
Sabato 27 ore 21 Salone della Locanda della Pace, Pradeltorno: Sounaires
Ousitans.
Dom. 28 ore 14 al Capoluogo: Mostra dei prodotti agricoli e delTartlgianato.
ore 15: Castagnata e balli popolari
sotto l’Ala Comunale. Apertura mostre
« Mon Pays •• (fotografie G, Qdin);
« Sport Club Angrogna »; » Gruppo
Teatro Angrogna ”.
Mere. 31 ore 21 al Foyer del Serre
incontro dibattito; « Il progetto anziani della Regione e II Foyer del Serre ».
• POMARETTO: organizzato dalla
Comunità Montana Chisone e Germanasca, si svolgerà nell’inverno un
Corso per guardie giurate volontarie
incaricate di vigilare sull’attuazione
della legge 68 (lotta all’inquinamento,
protezione flora, fauna, ecc.); 15 lezioni serali e di sabato. Iscrizioni entro
il 20 novembre alla Com. Montana.
7
26 ottobre 1979
CRONACA DELLE VALLI
Il valdismo delle valli:
Avere ofEssere?
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Per proseguire il discorso avviato da Giovanni Gönnet sulle
vendite di terre e case alle Valli
(Un’occasione perduta, Eco-Luce
31.8) sarebbe necessario condurre alcune ricerche. Per esempio
ricostruire la situazione della
proprietà terriera di trent’anni
fa e quali trasformazioni ha subito e con quali motivazioni. Dire oggi ai rorenghi di non vendere terre e case a chi non è valdese deve avere una giustificazione anche di fronte al fatto che a
Torre Pellice, a S. Giovanni, a
Prali e a San Secondo sono sorti
insediamenti e condomini, sono
state vendute terre per l’industria o il turismo per puri motivi economici. Proprio in questi
giorni sono apparsi grandi manifesti con la scritta: « Proposte di
acquisto in Val Pellice ».
Una seconda ricerca dovrebbe
accertare che cosa di fatto è avvenuto nella popolazione. In sintesi si può dire che a spargersi
su e giù per la penisola per evangelizzarla è stata qualche dozzina di pastori. Accanto a questo
c’è stata una enorme emigrazione dovuta a motivi economici:
di contadini in Sudamerica e negli Stati Uniti (dove poi hanno
sviluppato una borghesia), d’intellettuali — in parte formatisi
al Collegio — in molte grandi
città d’Italia, di istitutrici e persone di servizio in Italia e nel
mondo.
Quale influenza abbia portato
tutto questo sulla decadenza del
« valdismo » delle Valli è da esaminare con cifre e dati, anche
perché a questo discorso si dovrebbe sensibilizzare chi se n’è
andato almeno quanto o anche
più di chi finora è rimasto.
Un’altra indagine dovrebbe riguardare la dicotomia avvenuta
dopo la prima riforma e che si è
accentuata quando il 1948 ha consentito alla classe intellettuale di
svilupparsi e affermarsi come
classe superiore. Bisognerebbe
anche accertare se la decisione
di spargersi per l’Italia non sia
stata di fatto (all’infuori delle
motivazioni religiose) solo della
classe intellettuale, se ciò non
abbia determinato o contribuito
a determinare una frattura nel
popolo chiesa, se lo sviluppo della poleniica nell’evangelizzazione
e l’intellettualizzazione della teologia non abbiano creato (o solo
allargato), un solco fra le istanze
religiose e quelle economiche,
magari all’interno stesso di persone e di gruppi, e portato a un
distacco sempre più marcato di
contadini ed operai dalla chiesa.
Questo giornale ha in altra occasione notato il distacco che
esisteva quando « le Sieur » e
« la Dame » erano attributi riservati al pastore e a sua moglie
mentre le « gens du peuple » appartenevano a una classe chiaramente inferiore pur essendo stato plebeo nella prima riforma il
linguaggio della teologia, se ho
ben compreso l’argomento trattato dal prof. Molnàr nella prolusione a questo anno accademico della Facoltà Valdese di Teologia.
Tutto ciò mi sembra necessario per valutare con serietà se e
che cosa si possa fare perché
« le Valli restino valdesi », a patto che... si sappia quello che ciò
vuole significare.
Se «restare valdesi» vuol dire
che la proprietà della terra deve
rimanere in mani valdesi (quali
mani? di membri di chiesa? o anche di chi porta soltanto un nome valdese ma con la chiesa non
ha più nulla da spartire?) allora,
per dirla con Fromm, siamo nella
modalità dell’avere, non nella
modalità dell’essere, e, fra l’altro si dovrebbe anche prevedere
il caso dei matrimoni misti.
Se il significato del « restare
valdesi » è diverso, bisogna definirlo e precisare qual è il fine
per sapere se la Chiesa Valdese
debba affrontare il problema in
prima persona, o se possa essere
compito di altri, come ad es. la
Società di Studi Valdesi o altre
organizzazioni non ecclesiastiche.
Dal momento che queste ricerche non sono ancora state fatte,
non mi pare che il XV agosto sia
stata un’occasione perduta: in
mancanza di dati si sarebbe fatta solo una superficiale improvvisazione.
Gustavo A. Comba
SAN SECONDO
L’Eco della scorsa settimana
dava comunicazione dell’apertura dell’asilo a Miradolo, in realtà si tratta di una riapertura
perché 9 anni fa era stato chiuso con la partenza delle suore
essendo un asilo privato.
Diversi solleciti sono stati fatti e aH’inizio del '78, 45 famiglie
di Miradolo inviavano una lettera al Comune di S. Secondo affinché si facesse carico dell’apertura di una sede.
Finalmente quest’anno è stato
richiesto il nulla osta al Ministero delTistruzione e così si è potuta aprire una sezione statale.
La sua sede, per quest’anno è
al «Castello » in attesa della ristrutturazione della « villa Colombini » la cui proprietà per
metà è stata lasciata in donazione al Comune con la clausola « ad uso asilo ».
Per il momento l’asilo funziona a tempo parziale in attesa
della mensa che tutti i genitori
si augurano sia « completa ».
La tardiva comunicazione da
parte del Comune dell’apertura
dell’asilo ha fatto sì che diversi
bambini non hanno potuto essere iscritti perché ormai ambientati nell’asilo privato del
capoluogo e di Pinerolo.
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LUSERNA
SAN GIOVANNI
Il film sulle «Corali valdesi
alle Valli », già trasmesso dalla
rubrica televisiva « Protestantesimo » lo scorso anno, verrà proiettato nella Sala Albarin sabato
sera 27 c.m. alle ore 20.30 in occasione della riunione mensile
programmata dalla Commissione Stabili.
Sarà proiettato anche il film,
ripreso dall’anziano Dino Gardiol, sulla visita che questa primavera la nostra corale ha fatto alla comunità di Zurigo e ad
alcune chiese della Germania.
Tutti sono cordialmente invitati.
• La raccolta di doni in natura per l’Asilo Valdese avrà
luogo domenica 28 c.m. e sarà
effettuata solo presso le famiglie
che si sono dichiarate disponibili per questa offerta.
• Presso l’Ospedale di Pinerolo, dove era ricoverata in seguito a grave investimento stradale, è deceduta, la signora Maria
Margherita Chiavia in Grill, all’età di anni 68.
I funerali hanno avuto luogo
sabato pomeriggio con una larga
partecipazione di amici e conoscenti che hanno voluto con la
loro presenza esprimere ai familiari tutta la loro solidarietà
nel dolore.
Ai parenti la nostra simpatia
cristiana.
TORRE PELLICE
La attesa giornata comunitaria
ha avuto luogo domenica scorsa.
Il culto nel tempio è stato presieduto dal Gruppo Giovanile che
ha rivolto un apprezzato messaggio ad una folta assemblea di
bambini e ragazzi con i loro genitori. Molti si sono poi ritrovati per il pranzo nel salone della Foresteria. Cadetti e Coretto
hanno rallegrato il pomeriggio,
che è stato impegnato anche in
una accurata visita al vicino
museo e in brevi comunicazioni
sulla Assemblea della Federazione e sul progetto di ristrutturazione del Rifugio Carlo Alberto.
L’Unione Femminile del Cucito
ha infine offerto il tè, arricchito
da torte molto apprezzate specialmente dai bambini. È stata
una bella giornata, che ha incoraggiato gli organizzatori a ripetere in futuro l’esperimento.
O Domenica 28 avremo il culto con Santa Cena (calice comune) in occasione della domenica
della Riforma. Durante il culto
avverrà l’insediamento del past.
Severino Zotta.
• Si sono svolti i funerali di
Giordano Maria ved. Cesan e di
Werning Fausta. Alle famiglie
in lutto la comunità è vicina con
simpatia fraterna.
VILLASECCA
FRALI
ANGROGNA
Dalla nostra responsabilità
verso le generazioni più giovani
sino agli attuali problemi della
droga sono stati gli argomenti
che Marco Jourdan, responsabile del Centro giovanile protestante (Gould) di Firenze, ha vivacemente introdotto, con un filmato e alcune diapositive, dopo
l’agape di domenica 21 a cui hanno partecipato una settantina
di persone. Si è avuta così da un
lato un’interessante informazione di prima mano sul lavoro di
un nostro Istituto e dall’altro
la possibilità di vivere realmente una giornata comunitaria
(grazie anche all’Unione Femminile che ha organizzato un ottimo pranzo). Nel corso del programma, un breve spazio è stato destinato alla rifiessione sull’attuale crisi del culto («la nostra gente si riconosce di più nelle riunioni quartierali? ») e sulla struttura a gruppi della nostra comunità. La colletta della
giornata (centomila lire) verrà
inviata, divisa in parti eguali,
tramite il CEC al Nicaragua, Viet
Nam e Profughi: un piccolo segno di solidarietà verso chi sta
molto peggio di noi!
Salutiamo con gioia nel gruppo
dei monitori Marina Bertot.
Le scuole domenicali si terranno da sabato 27 ai Jourdan,
al Serre (nella .scuola di quartiere) al Martel alle 14.30.
Anche i catechismi, al Presbiterio, inizieranno — secondo accordi presi con gli stessi catecumeni — sabato 27 alle 14.30.
Solo 16 elettori su 128 hanno
partecipato all’ultima assemblea
di chiesa. Ci sì potrebbe rammaricare per il numero molto
basso di presenti, per la freddezza e il disinteresse con cui
viene accolto ogni invito alla
partecipazione e al servizio. Ma
ci si può anche rallegrare perché, malgrado l’esiguità dei presenti, si è trattato comunque di
un momento comunitario abbastanza vivo e costruttivo. L’argomento di discussione, rappresentato dalla lettura di alcuni
atti del Sinodo 1979 e della Conferenza Distrettuale u.s., è stata
infatti molto stimolante e ha
fatto emergere un elemento nuovo: le deliberazioni a cui si accennava sono state ascoltate, valutate, commentate e, perché no?,
criticate con molta partecipazione e con vivo interesse. Non
si è sentito nessun distacco tra
vertici e base della Chiesa Valdese: le decisioni, anche se prese in alto loco, non sono state
accettate passivamente, ma finalmente viste come un qualcosa
di nostro che ci tocca e ci coinvolge tutti. E non è poco.
Corali 1° Distretto:
programma 1979-80
Presenti le Corali di VillarBobbio, Torre P., S. Giovanni,
S. Secondo, S. Germano, Pinerolo, Villasecca.
Edgardo Paschetto dà lettura
della posizione di cassa al 14 ottobre 1979, che ha un attivo di
L. 1.303.504.
La giunta esecutiva, eletta di
anno in anno, risulta composta
da Elda ’Tiirck in sostituzione
di Dino Ciesch dimissionario,
Edgardo Paschetto, Annalisa
Coucourde, Wanda Rutigliano,
M. Luisa Davite.
Viene fissato per l’il maggio la
data della festa di canto 1980
mentre la formula della festa
sarà decisa alla prossima Assemblea, dopo aver interpellato
in proposito le Corali.
Vengono Scelti gli inni 18, 47,
80 dell’Innario italiano. I due
inni francesi ed il Coro saranno
resi noti in un secondo tempo.
Si chiede alle Corali di portare
alla prossima Assemblea il resoconto delle loro ricerche e proposte per il Canzoniere.
Anche il questionario, pronto
da alcuni mesi, è in distribuzione alle Corali, che dovranno restituirlo alla Giunta al più presto.
Data della prossima Assemblea: 3 febbraio 1980 a Pinerolo.
La Giunta esecutiva
2‘ Congresso della
gioventù europea
Dal 27 dicembre 1979 al 1° gennaio 1980 avrà luogo a Losanna
il 2“ Congresso della gioventù europea. Scopo del Congresso è di
presentare ai giovani la visione
dell’opera missionaria nel mondo e dar loro l’occasione di impegnarsi nel servizio cristiano. Sono attesi tremila giovani dai vari
paesi europei.
Il costo della partecipazione è
di L. 109.000 oltre le spese di viaggio. E’ prevista per noi una riduzione a sole L. 25.000. oltre le
spese di viaggio. Ulteriori riduzioni saranno fatte ai giovani che
le richiederanno.
Sono invitati tutti i giovani dai
16 ai 30 anni, ma non è fissato
nessun limite d’età.
Saranno organizzati dei pullman in partenza da Roma, .Milano, Firenze e Napoli.
Chi desidera partecipare scriva a Testimonianza Evangelica
Valdese - Casella postale - 10066
Torre Pellice, versando una quota di iscrizione di L. 5.000 non oltre la fine del corrente mese e
riceverà ulteriori informazioni e
dettagli.
Testimonianza Evangelica
Valdese
Coordinamento
FGEI-Valli
Il prossimo Coordinamento
FGEI-Valli avrà luogo lunedì 5
novembre, alle ore 21, nei locali
della Chiesa Valdese di Pinerolo.
Ogni gruppo FGEI è pregato di
mandare un rappresentante.
La gita di chiesa nel cantone
di Berna, svoltasi dal 21 al 23
settembre, ha avuto una costante: la pioggia. Un aspetto del
programma, l’imponente panorama delle alpi bernesi, è così
andato perduto. Ma si è realizzato in compenso ciò che non
dipende dal bello o dal cattivo
tempo: l’incontro con le persone, con l’ambiente dove vivono,
con il loro modo di lavorare.
Soprattutto un motivo di profonda riconoscenza è l’accoglienza fraterna delle due comunità
di Oberbottigen e di Brienz, non
ostante i problemi di lingua. In
conclusione una gita in cui si sono viste molte cose, si sono vissuti insieme momenti molto belli, e che ha lasciato un profondo ricordo^.
AVVISI ECONOMICI
famiglia valdese acquisterebbe alloggetto confortevole. Sanremo, Ospedaletti o Bordiighera. Telefonare
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IBI - via Pren^tina, 639 - 00155
Roma.
« Ho combattuto il buon combattimento^ ho finito la corsa,
ho serbato la fede »
(2 Tim. 4: 7)
I familiari di
Marta Charbonnier in Vigne
nell’impossibilità di farlo personalmente, ringraziano tutti coloro che hanno
manifestato loro solidarietà in occasione della dipartenza della loro cara.
Un ringraziamento particolare al
dott. Viglianis, ai medici e al personale dell’Ospedale Valdese di Torre Pellice.
Villar Pellice, 26 ottobre 1979
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Maria Beux ved. Richard
ringraziano tutti coloro che hanno
partecipato al loro dolore, in particolar modo : il Dott. Vittorio Bertolino,
il Pastore Giovanni Conte, i vicini di
casa e i Titolari e le Maestranze della
Ditta Martin & C.
(( E fattosi sera Gesù disse:
passiamo alValtra riva ».
(Marco 4: 35).
S. Germano, 16 ottobre 1979
RINGRAZIAMENTO
La moglie, le figlie ed i parenti tutti del compianto
Guido Monnet
profondamente commossi per l’affetto
e la stima tributata al loro caro, ringraziano tutti coloro che hanno preso
parte al loro dolore; in particolar modo il Dott. De Clementi, il Pastore
Conte, gli ex compagni di lavoro, i
partigiani.
S. Germano Chisone, 15 ottobre 1979
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8
8
26 ottobre 1979
UOMO E SOCIETÀ’
Il dilemma nucleare
Un valido contributo della Claudiana alla conoscenza del problema
energetico basato su una documentazione del Consiglio Ecumenico
Doni
Ormai tutte le persone, anche
le meno « esperte » si sono rese
conto che la questione energetica costituisce uno dei più importanti problemi attuali. Anche
le Chiese, a vari livelli, ne discutono da anni, date le notevoli
implicazioni etiche e teologiche
che questo argomento comporta.
Ora anche la editrice Claudiana apporta un valido contributo alla conoscenza ulteriore di
questo tema colla pubblicazione
di un volume dal titolo « L’energia nucleare: un dilèmma che
coinvolge tutti» (pagg. 195, L.
4.900, collana « nostro tempo »
Il libro, curato da uno scienziato nucleare e da uno studioso di etica sociale, è introdotto
da Franco Duprè, assistente incaricato di Fisica presso l’Università di Roma. Nella sua introduzione, Duprè dice a mio
parere una cosa molto importante: « non abbiamo ancora
compreso che solo in subordine
(il problema energetico) è tecnico-scientifico, ma che nel nocciolo esso è politico, e di una
dimensione storica, perché dietro al problema energetico si
sta in realtà ponendo quello
della sopravvivenza della nostra
società attuale, e forse addirittura dell’uomo stesso ».
Il volume raccoglie alcune fra
le più significative relazioni di
Scienziati, politici e teologi di
varie parti del mondo, nonché
il documento finale del Convegno organizzato a Sigtuna (Svezia) dal Consiglio ecumenico delle Chiese sull’energia nucleare
nel 1975.
Duprè nota ancora (da competente quale egli è) di non aver
trovato un altro testo che esponga così chiaramente i tanti aspetti diversi della questione e che
permetta al lettore di farsi un
quadro così completo della situazione. In effetti, gli scritti
contenuti in questo volume sono di grande chiarezza e comprensione (vi è perfino un glossario per i termini tecnici).
Certo, nel libro non si trova
una soluzione giusta e definitiva:
però il lettore vi troverà tutti
quegli elementi ohe lo metteranno in condizione di seguire e —
meglio ancora — di partecipare al dibattito che si è instaurato anche in Italia.
Una cosa che colpisce è che
anche negli scritti degli scienziati favorevoli all’energia nucleare vengono espressi dubbi e
riserve a differenza di tante altre pubblicazioni in cui gli assertori di detto genere di energia
ne vantano l’assoluta sicurezza
ed economicità.
Ad esempio, cito per tutti l’intervento di A. M. Weinberg, già
direttore ed ora collaboratore
dell’« Oak Ridge National Laboratory » che, nella sua onestà di
scienziato e di credente afferma
che per quanto attiene alla sicurezza dei reattori nucleari, la
questione delle scorie ed il trasporto dei materiali radioattivi.
Comitato di Redazione : Franco Becchino, Dino Ciesch, Roberta Colonna Romano, Niso De Michélis, Giorgio GardioI, Marcella Gav, Marco
Pasquet, Aurelio Penna, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Giuseppe Platone, Ornella SbafFÌ, Liliana Viglielmo.
Direttore Responsabile ;
FRANCO GIAMPICCOLI
Redazione e Amministrazione; Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - Telefono 011/655.278 - c.c.p. 2/33094
intestato a « L'Eco delle Valli La Luce ».
Redazione Valli ; Via Arnaud, 25 10066 Torre Pellice.
Abbonamenti: Italia annuo 9.000
semestrale 5.000 - estero annuo
15.000 - sostenitore annuo 20.000.
Una copia L. 300, arretrata L. 500.
Cambio di indirizzo L. 200.
Inserzioni: prezzi per mm. di altezza, larghezza 1 colonna ; commerciali L. 120 - mortuari 220 - doni 80
- economici 150 per parola.
Fondo di solidarietà eco 11234101
intestato a « la Luce ; fondo di solidarietà », Via Pio V 15 - Torino.
«La Luce»: Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
« L'Eco delle Valli Valdesi » : Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Coonerativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
Si tratta di « questioni complesse sulle quali poco può esser
detto con assoluta certezza». Egli afferma che questi problemi
hanno degli elementi che chiama « transcientiflci » elementi
cioè che la scienza e la tecnologia non sono ancora sufficientemente in grado di conoscere e
di valutare.
La sezione quinta del libro,
che contiene il rapporto alle
Chiese sul Convegno, riprende
tutti i temi, dal fabbisogno di
energia, alle varie disponibilità
e possibilità presenti e future,
dalle responsabilità pubbliche
nella valutazione dei rischi, al
problema delicatissimo della
proliferazione nucleare, dato che
il plutonio che si forma nelle
centrali può essere impiegato
per la fabbricazione di armi.
Nelle domande finali che il rapporto pone alle Chiese, sta racchiuso il drammatico problema
che viene posto ad ognuno di
noi:
Valutiamo responsabilrnente
i rischi per le generazioni future?
Che modello auspichiamo
per la società?
Sappiarho distinguere fra
bisogni assoluti e non necessari?
Sappiamo a quali strutture
sociali di sorveglianza e a quali
conseguenze di livello politico
andiamo incontro con l’adozione
dell’energia nucleare?
Sappiamo quando è necessario dire « no » nel nome di Dio
(che ci ha dato la «custodia»
di questa terra) a qualcosa che
tecnicamente è possibile, ma che
potrebbe essere, se fosse fatto,
un tradimento dell’umanità intera?
Finora una guerra generalizzata ci è stata risparmiata per
via del cosiddetto «equilibrio
del terrore »: continuerà ad essere così quando un numero molto maggiore di paesi possederanno armi nucleari?
Sono tutti interrogativi che
abbiamo il dovere di meditare
profondamente, e questo libro
ce ne fornisce l’occasione.
Roberto Peyrot
Doni per l’Asilo
di Luserna S. Giovanni
Doni pervenuti nel mese di settembre
L. 1.000.000: I suoi cari, in mem.
della loro amata Ina Varese.
L. SOO.OOOi; Hahn Bounous Renata
con figli e generi, in mem. di papà.
L. 100.000: Emanuele, Marcella e
Giorgio Tron, ricordando la moglie e
mamma.
L. 80.C<00: N. N.
L. 55.000: In mem. del nostro caro
e indimenticabile Aldo Pellegrin, le
zie e cugini (Torre Pellice).
L., 50.000: Eugenia Deslex Decker,
in ricordo del Sig. Guido Bounous; Pina e Ottorino Rosati, In mem. di Guido
Bounous; Edmund e Emma Beux e figli, in mem. di Margherita Beux Bai
Il Piemonte e l'energia nucleare
La questione dell’energia nucleare in Italia (a parte il Piano
Energetico Nazionale [P.E.N.]
votato a livello parlamentare)
coinvolge direttamente le singole Regioni, che devono dare il
loro parere sulla individuazione
delle località dove costruire le
relative centrali.
Dopo un complesso dibattito
ed una dettagliata relazione da
parte dell’apposita commissione, e dopo aver notato che sono emerse, da una parte, una
estesa contrapposizione alle centrali nucleari, e, dall’altra, una
richiesta di approfondimenti e
di verifiche preventive, il Consiglio regionale del Piemonte (con
o.d.g. del 5.7 scorso) ha constatato che « tuttora siano del tutto irrisolti i problemi delle garanzie di sicurezza, della adeguatezza e idoneità dei piani di
emergenza ». Esso ritenendo peraltro che sia « indispensabile
che il programma nucleare venga correttamente inserito nel
quadro del P.E.N. che il governo deve ampiamente rivedere»
ha constatato che « nella presente situazione... non sussistono
le condizioni per indicare le aree
per la costruzione di nuove centrali nucleari in Piemonte ».
Allo stesso tempo il Consiglio
regionale si è impegnato di organizzare per il mese di ottobre
un Convegno sui problemi dell’energia, allo scopo di condurre
una campagna di informazione
la più ampia possibile.
Ritorneremo pertanto in argomento onde fornire a nostra volta ai lettori gli elementi emersi dal Convegno stesso.
Coll’occasione lanciamo una
proposta: sarebbe molto interessante che anche dalle altre Regioni potessero pervenire al nostro settimanale delle notizie al
riguardo in modo da poter estendere il più possibile a tutti i lettori dati ed informazioni su questo problema, che costituisce
una delle questioni più attuali
ed importanti del nostro tempo,
con irreversibili conseguenze
sul futuro. r.p.
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
La catastrofe della Cambogia
-Ar Di fronte a quanto sta accadendo in quello sventurato
paese, non si può che restare muti e attoniti. Non vogliamo esprimere giudizi, perché le notizie insufficienti non lo permettono,
ma non possiamo non ascoltare
quanto riportano osservatori, sul
posto, che dobbiamo ritenere attendibili.
R.-P. Paringaux, del giornale
«Le monde» (13.10.’79), riferisce
racconti di rifugiati in Tailandia
dalla confinante Cambogia (Campo di raccolta Mai-Rood).
« A partire dallo scorso aprile
(racconta un rifugiato, certo
Chea Sok) cominciò la fame. Eravamo decine di migliaia che fuggivamo davanti ai Vietnamiti,
per raggrupparci nelle regioni
nord-occidentali. L’ “Angkar" ( =
l’Organizzazione) voleva riorganizzarci nelle solite strutture sociali collettive e, soprattutto, rilanciare, al più presto, la produzione agricola indispensabile alla
sopravvivenza della resistenza e
del popolo ».
(I nostri lettori avranno già
capito che questo è il racconto di
un khmer rosso, riferentesi a
compagni di sventura della stc
sa sua parte).
« Cominciammo a preparare le
coltivazioni (continua il racconto) a Leach, a Bavel ecc. (località della Cambogia occidentale).
Ma ogni volta i Vietnamiti attaccavano e distruggevano tutto. Ricevemmo l’ordine di ripiegare
lungo la frontiera tailandese. Ivi
ottenemmo un po’ di riso, ma
mai in quantità sufficiente. (Non
parlo dei combattenti, che godevano d’un trattamento speciale,
cioè prioritario).
Non era, in quei luoghi, possibile fare delle coltivazioni, perché la foresta è troppo fitta ed
oscura. In media, negli ultimi
mesi, abbiamo ricevuto razioni
di 1 kapong (misura di circa 200
gr.) di riso a persona e a settimana, cioè la metà della razione
quotidiana normale. Non avevamo abitazione né rifugio: dove
vamo dormire all’aperto, sulla
nuda terra e sotto le piogge dei
monsoni. Nei primi tempi, l’Angkar faceva sparare sui gruppi di
persone che cercavano di rifugiarsi in Tailandia».
11 rifugiato continua il proprio
racconto, valutando « dal 30 al
40% il numero dei morti di fame
e di malattie, nel gruppo (diecine di migliaia!) al quale aveva
appartenuto. Molti persero la loro cieca fiducia nell’Angkar. ■
Nello scorso agosto, i khmer
rossi (è l’articolista Paringaux
che così continua), dopo aver fatto costruire é fortificare, col lavoro dei combattenti, una serie
di villaggi intorno alla collina di
Phnom-Melay, a 4 km. dalla frontiera tailandese, vi trasferirono
alcune diecine di migliaia di sopravvissuti. Ma questi trovarono, in tale nuova sede, soltanto
una breve tregua. Infatti proprio in quel settore, nel quale le
organizzazioni internazionali avevano appena iniziato un programma di aiuti umanitari, i
Vietnamiti hanno attaccato, nella prima decade del corrente mese di ottobre, costringendo così
migliaia di cambogiani sfiniti a
cercare di nuovo scampo nella
fuga verso la Tailandia ».
Verso il 10.10, lo sbandamento
si è amplificato. « Giovedì II
ottobre più di 30.000 khmer rossi hanno valicato la frontiera nella regione di Aranyapratet, 300
km. a est di Bangkok. Le autorità tailandesi hanno deciso di
accordare loro il diritto di asilo,
qualunque sia il loro numero, e
le organizzazioni internazionali
hanno deciso di provvedere ai loro bisogni alimentari e di cure
mediche ».
Ma quali sono, in realtà le condizioni fisiche di questi sventurati? Una dottoressa, della quale
il Paringaux cita solo il nome,
certa Danièle, chiamandola
« membre d’une équipe de Médecins sans frantière », racconta:
« Arrivano spesso nelle condizioni di morti-viventi, così che la
loro sopravvivenza non è più che
una questione di eiorni. Per mesi hanno vagato nelle foreste e
riferiscono che, in alcune zone,
il terreno è coperto di cadaveri.
Sono soprattutto contadini rimasti fedeli ai Khmer rossi: gente che, se non si fossero sentiti
stremati, sarebbero rimasti sul
posto. (...) In maggioranza arrivano donne, pochissime persone
anziane, pochi bambini. Molti di
loro sono morti, soprattutto i
bambini. Le madri non hanno
più latte; guardatele: sono piene
di malattie. (...) Tutti sono malati; sofferenti: paludismo acuto,
tubercolosi, amebiasi e diarrea,
carenza di proteine, edema, marasma, apatia, ebetismo. Ad ogni
nuovo arrivo (17 scaglioni nell’ultimo mese) vi sono dei morti.
Nell’ultimo scaglione vi erano
150 orfanelli. Mai ho visto simili
spettacoli, neppure in Africa. Che
orrore! In Francia non è neppure possibile immaginarlo. (...)
Questo rimescolio di corpi scarnificati di moribondi, di sofferenti che urlano, di bambini in stato comatoso, questo disfacimento di corpi, questi sguardi che
esprimono un terrore al li là
d’ogni immaginazione, non si
possono descrivere... ».
mas (N. York); le famiglie Roman e
Leger, in mem. della cara sorella Ida
Roman in Kubler; Lilian Pennington
de Jongh, In mem. di Roberto Turin
(Roma).
L. 30.000: Lina Oenedetto-Bertin, in
mem. del papà.
L. 25.000: Iolanda Varese, in mem.
di Vera Varese (Torino); Rostagno Laura, in mem. di Lina Dagna (Torre Pellice); Chauyie-Geymonat Elena (Osp.
Asilo).
L. 20.000: Caffarel Emilia, In mem.
del marito; Gay Letizia.
L. 15.000: Goss Adele, in mem. del
figlio Ernesto (osp. Asilo).
L. 10.000: In mem. della mamma
Giorgetta Rlyoir ved. Bounous, I figli;
Jeannette Gay, in mem. di Franco Gay
e della sig.na Ivonne Alilo; Livia e
Zizi Malan, in mem. di Alilo Ivonne;
Juliette Balmas, in mem. delle mie care sorelle e fratello; Tamburrinl Rosa
(Livorno).
L. 5.000: Visentin Maria, in mem.
suoi defunti (osp. Asilo).
Doni CIOV
Doni ricevuti nei mese di Agosto
PER RIFUGIO RE CARLO ALBERTO
L. 5.000: Rama Jolanda Varese (Torino) .
L. 10.000: Antonio Kovaos, in memoria dell'opera di Suor Susanna nel
3° anniversario della dipartenza (Torre
Pellice).
L. 25.000: Fam. Gribaudo e Mozzone
in mem. dei loro cari (Torino).
L. 60.000: GardioI Emanuele e Amato, in memoria della moglie e sorella Elena (S. Secondo di Pinerolo).
PER ASILO DEI VECCHI
DI SAN GERMANO CHISONE
L. 5.000: Rama Jolanda Varese (Torino); Migliana Lidia (Torino).
L. 8.000: Dale Margherita (Torino).
L. 10.000; Pons Alma e Nida, in
mem. di Pons Remigio (S. Secondo).
L. 20.000: Vittorio e Francesco Rivoira, in mem. del papà; Gottardi Sauro, in mem. della mamma (Albisola
Sup.).
L. 36.000: Soapin Angelo, in mem.
della moglie (S. Germano).
L. 40.000: Godino Costantino Ivonne,. in memoria del marito (Torino).
L. 50.000: Mathieu Roberto (Torre
Pellice); ReveI Fernando, in mem. della moglie (S. Secondo); Monge Serafino Maria, ricordando papà e nonni (Torino); Arturo e Mariuccia Grill, in
mem. della zia Elvira (Torino).
L. 61.001: Scuola Domenicale V Elementare di Pinerolo.
L. 150.000: Lega Femminile Valdese
di Milano.
L. 729.000: Past. Rudolf Hardmeier,
Ev. Ref. Pfarramt (Sternenberg CH).
PER OSPEDALE DI TORRE PELLICE
L. 20.000:
Pellice).
Paschetto Giulia (Torre
PER ISTITUTI OSPITALIERI VALDESI
L. 20.000: Garrou Emilia ved. Pons,
figlie e genero in memoria Pons Remigio (S. Secondo!.
PER OSPEDALE DI POMARETTO
L. 5.500: Ghidani Biagio (Perosa Argentina) .
L. 10.000: Reynaud Edmondo (Pramo(lo); Pascal Ermanno (Ghigo Prali);
Barisan Sergio (Perosa Argentina).
L. 15.000: Prat Alessandra (Dubbione); Long Maddalena (S. Germano Chisone).
L. 20.000: Maurino Olivio (Villar Porosa); Challier M. Angela (Fenestrelle); Baret Federico (Pomaretto); Gentile Giovanni (Fenestrelle); Peyronel
Giacomo (Perrero); Bellotto Lucia (Beinasco); Giustetto Agnese (Porte).
L. 30.000: Gonnetto Elena (Prarostino); Sorce Maria e Vincenzo (Pinerolo) .
L. 40.000: Lantelme Filomena (Pragelato).
L. 50.000: Avondetto lima (S. Secondo).
L. 972.000': Past. Rudolf Hardmeier,
Ev. Ref. Pfarramt (Sternenberg - CH).
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con un libero dono a seconda delle sue possibilità.