1
LA BIIOIVA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PREZZO »’ASSOCIA*IOXE
Torino, |ier un anno ... L. 6 «
Il per sci mesi ...» 4 »
Per le provincie e l’estero franco sino
ai confini, un anno . . L. 7 20
per sei mesi , » S 20
La direzione della BUONA NOVELLA è
in Torino, casa Bellora, via del Valentino, n'' íá, piano 3’.
Le associazioni si ricevono da Cablotti
Bazìarim e Comp. Editori Lilirai in
Torino, sotto i portici di Po, n" 59.
GU Associali delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla dilla sopradetla.
1 Vescovi francesi ed il Presidente. — I confessori di Gesù Cristo in Italia nel
secolo XVI. Olimpia Morata IV.—Libertà di coscienza e di culto. Articolo terzo.
— Notizie religiose. Toscana, Roma, Francia, Irlanda. — Cronachetta politica.
1 VESCOVI FRAIVCESI ED 11. PRESIDENTE.
\Jn illustre poeta francese che ,
se nei suoi scritti lascia molto da
desiderare dal lato morale, è pure
gran conoscitore degli uomini, Béranger, in una di quelle sue composizioni che sotto forma leggiera
racchiudono talvolta grande sapienza , sferza, nella persona burlesca
d’un 'pagliaccio sempre pronto far a
salti e gherminelle per chiunque lo
paghi, quella facilità, pili o meno propria di tutti i popoli, ma che lo è in
modo speciale dei suoi compatriotli,
di accettare come buono il fatto compiuto, e di bruciare il loro incenso
davanti all’idolo del giorno qualunque egli sia.
Non gli ultijni a presentare untale
stomachevole spettacolo sono stati,
tristo a dire, nei trascorsi av venimenti
di Francia, la maggiore parte dei vescovi di quella nazione; e le loro plateali declamazioni in onore del presidente Napoleone hanno uguagliato, se
2
nou superalo, quanto è stato divulgato di pili adulatorio dai giornali
devoli all’Eliseo. Cosi si narra del
vescovo di Amiens che siasi portalo
verso l’urna elettorale a capo del suo
clero, e abbia votato con schede da
tutti leggibili per L. Napoleone. Il
vescovo di Chàlons-sur-Marne, aderendo allo scritto del vescovo di
Chartres, dice; «che suo fratello, il
« sullodalo vescovo, con istigare il
« suo clero a votare per il Presidente
« altro non fece se non esprimere il
« pensiero di tutti i buoni«, ed aggiunge; Iddio è col signore presidente, motivo quello che basta per
fare a noi tutti un dovere d'essere
con lui. — Un altro esalta L. Napoleone nei seguenti termini ; « Iddio
« è andato trarlo dall’esilio per que« st’opera di riparazione. Ad esso ha
« affidato, come al grande uomo che
« rese cosi potente la gloria del suo
Il nome, la cura di salvare la Chiesa,
Il con ristabilire il papato a Roma. ..
Il Da quel giorno quelli che sanno
Iddio non essere mai dimentico,
Il previdero quai destini lo aspettasII sero-, e difatli quell’uomo ha avuto
« l’onore di salvare il suo paese. IdII dio l’ha visibilmente aiutalo. Egli
» scelse un giorno glorioso per la
<1 sua famiglia, e nessuno sospettò
« quel giorno. Una sola parola imII prudente potea svegliare l’Assem
« blea addormentata e portarla in
« una città vicina, ed aggiungere la
« guerra civile ad una stomachevole
« insurrezione. Ma quella pirola non
« fu detta. Iddio stesso pare di avere
Il esteso la rete in cui vennero cólti
Il tanti uomini di Stato, fino ad oggi
» tanto rinomati. Ei lo scelse per sal
ii varelaFrancia, l’Europa, la sua Chie<1 sa sopratulto, minacciata della plìi
« orrenda catasli-ofe, e la mano del
« Signore era nascosta dietro la« mano che chiuse l’abisso ».
Una Uro ecclesiastico chiama il
colpo di Stato, colpo di Dio ; e passando a considerare ciò che Roma vi
guadagna, egli aggiunge : « I legami
<1 che univano gl’interessi della FranII eia a quelli del papato, divennero
« più stietti da questa vittoria sul
Il comune nemico. La capitafe della
« Cristianità si felicita di essere alla
<1 fin fine rassicurata contro la tre« menda crisi che ci minacciava mesi
« sono, e di cui il controcolpo si
• sarebbe infallantemente fatto sen« lire a Roma. A tal riguardo in is(I pecie, la sconfitta del socialismo in
« Francia è un immenso servizio reso
« all’intiero cattolicismo; epperò giù« bila la Città eterna».
Che i vescovi, ed in generale ii
clero , giudicando il colpo di Stato
napoleonico un gran servigio reso
alla Francia ed alla società, se ne
3
rallegrino come cittadini, e ne sentano gratitudine per l’uomo che l’ha
compiuto ; o che si valgano delle
gravi contingenze in cui versiamo
per rivolgere i pensieri dei popoli a
Dio, niente di più naturale nè di più
legittimo , e per certo non saremo
noi che li rimprovereremo di un tale
operato.
Mache tralasciando quella-parte
così bella e così proficua, si facciano
invece di pastori delle anime, uomini di un partito, e ciò che è più,
del partito che trionfa; che da quella
cattedra ove siedono, e da dove non
dovrebbero scendere che parole di
consolazione per tutti gl’ infortunii,
rintuonino all’incontro parole di adulazione per i trionfatori , e parole
d’improperio per coloro che sono
schiacciati , fossero pure colpevoli,
ecco di che amareggiare ogni anima
sinceramente cristiana, o solamente
onesta.
Ed un tale doloroso spettacolo non
sono anni che i vescovi lo danno alla
Francia ?
Caduto Napoleone nel 1815, applaudirono al ritorno di Luigi XVIII;
atterrato il trono di Carlo X, corsero poco dopo a circondare di tutte
le benedizioni quello di Luigi Filippo ; rovesciato questo , cantarono
inni di ringraziamento per la Re
pubblica del 1848 ; scomparsa oggi
la libertà] del 1848, incensano il dittatore fortunato che regna, pronti ad
abbandonarlo domani se un’insurrezione 0 una catastrofe politica qualunque lo spogliasse dell’impero.
Ah ! la religione ha già troppo patito di quel soffiare or caldo, or freddo
per parte de’ suoi ministri, secondo
il partito che è vincitore. Fate, o vescovi, ch’ella non abbia più in avvenire simili ferite da rimproverarvi, ed
abbiate una volta sinceramente pietà
di quella Francia, che non solo i socialisti hanno demoralizzata , ma i
preti forse più ancora dei socialisti,
essendo essi quelli che hanno tolto
alla religion ogni sua eCficacia, abbassandola al livello dei partiti politici, e quasi sempre prostituendola a
servire agl’interessi di chi facea le
viste di voler servire ai loro proprii.
11 Presidente , come è da credersi,
non si rimane dal contraccambiare
con le più lusinghevoli promesse si
premurosa divozione. Già si parla ,
dice il corrispondente del Christian
Times, di elevare il salario dei preti.
Nuove chiese son date , o si innalzeranno. La cerimonia della inaugurazione del Pardhéon avrà luogo fra
breve, ed è intendimento del Presidente
d’Imprimervi grandissima pompa. Ha
promesso di assistervi, p di sentire il
4
Te Deum. Egli procura finanche d’indovinare i desiderii del clero; ed egli è
in tal guisa che si propone di elevare
una cattedrale in Marsiglia. « È cosa
vergognosa, diss’ egli, di vedere che
la più opulenta città del regno, dopo
Parigi, e la più rinomata per la sua
fede, non abbia fin’ ora niente ad offerire a Dio per la sua cattedra, se
non una misera rovina senza carattere
0 stile. Sarà la gloria mia di dare al
culto cattolico un’ampia e pronta riparazione, la quale non è dipenduto
da me che non la compiessi prima n.
Ove lutto questo andrà egli a riuscire? Iddio lo sa, e lo sa del pari chi
fida nella sua incrollabile Parola.
1 CONFESSORI DI GESÙ’ CRISTO
in Itali»
NEL SECOLO XVI.
OL.1MPBA SIOBAT,».
IV.
Varie sollecitudini olire le domestiche, che erano molte, travagliavano
la figlia di Fulvio in questa nuov a
dimora, destate, più che da altro, dalle
persecuzioni mosse all’ Evangelo in
diverse contrade, ma sopratutto in
Italia :
« Le lettere, scrive ella a Chili liano Sinapi, testé giuntemi d’Italia
« mi annunziano, ahimè! che i cri
« stiani di Ferrara sono sottoposti
« alle più crudeh persecuzioni. Pic« coli e grandi sono egualmente torli mentati- Gli uni vengono carce« rati, gli altri mandati in esiglio,
« il rimanente scampa fuggendo. Mia
« madre è rimasta ferma in mezzo
« alla tempesta. Gloria a Dio cui è
Il dovuto laude per ogni cosa (1) ».
La notizia delle orrende carneficine cui soggiacevano i Riformati
francesi strappò dal cuore d’Olimpia
un grido d’orrore; e rimarrà ad eterna
laude d’essa la lettera che, a tal cagione, valendosi dei diritti di un’antica amicizia, scrisse ad Anna d’Este,
diventata, come già lo dicemmo ,
moglie di quel troppo famoso duca
di Guisa, istigatore principale di
quei sterminii: « Poiché, le dicea
« ella fra altre cose. Iddio v’ha ono •
« rata d’un privilegio si grande, quale
« è quello di rivelarvi la sua verità,
« voi non potete disconoscere la in« nocenza di quegli uomini che ogni
Il giorno condannansi a perire nelle
Il fiamme , e sostengono , in grazia
Il dell’ Evangelo di Gesù Cristo, sì
Il crudi tormenti. Vostro urficio è
" lo intercedere per essi, il giustifiII carli innanzi al re, ed invocare la
Il loro grazia. Se voi restate mutola,
Il se li lasciate soffrire e succom
(1) Olimp. itfor.jChil. Sinapio, p. Ii3
5
« bere , lungi da difesa, a morie, voi
« diveuite complice di chiunque li
« persegue. Io so che avocando la
« loro causa , voi potete provocarvi
« la collera del re, il risentimento
« del vostro sposo e la furia dei vo« stri nemici. Ma so altresì che vai
« meglio esporsi alla inimicizia degli
« uomini die a quella di Dio, il quale
« può non pure uccidere il corpo, ma
« abbandonare 1’ anima nell’ eterno
« fuoco . ... Se Iddio è per noi, chi
" sarà contro di noi ? (1) » Grido
magnanimo che troverei un eco eloquente, allorché soffocatasi la cospirazione d’Amboise, l’amica d’Ohmpia
anhrà sola, in presenza della Corte,
maledire al sangue con barbarie versato , ed annunziai’e le irreparabili
disgrazie di Francia.
Ma ahimè! il giorno s’avvicina a
grandi passi, in cui quella bocca,
che con tanta eloquenza propugnava
la causa dell’innocenza schiacciata ,
si sarà chiusa per sempre ! La complessione d’Olimpia era troppo debole per reggere più a lungo a tante
fatiche unite a tante sollecitudini,
sotto uu cielo altrettanto aspro e
fosco (juauto era soave e splendido
il suo.
Agli occhi di tutti, ed ai suoi pure
non poteva essere lontana l’ora della
iJ Olimp. Marat., Opera, p, 132
partenza, e quella vista, anziché avvilirla, la consolava, ed imprimeva a
tutti i suoi detti una singolare solennità.
« Non avvi, scrivea ella verso
quell’epoca a Lavinia della Rovere,
« non avvi nel mondo chi non vada
« esposto a tutte specie di dolori, se
« vuol vivere nella pietà. JVoi siamo
« stranieri e viandanti sulla terra,
« ma non possiamo ritoglierci dalle
« insidie dello spù-ito del male tese
« dovunque sui nostri passi. L’avver« sario delle nostre anime, siccome
0 il lacerante rimorso, dal poeta de« scrittoci, segue il nauta nel suo
Il legno, e sale sul tergo al cavaliere.
Il Fa d’uopo che sempre si preghi
« per non succombere fra la lotta, e
<1 per ottenerci la corona della vita.
« La parola di Dio addivenga in ogni
« dove regola di tue azioni e lampa
« ai tuoi passi. Temi il Signore, nè ti
« spaventino questi enti di un giorno,
« la cui esistenza somiglia un’ombra,
« un’erba che appassisce, un fumo.
<1 La guerra sparge in qualunque con<1 trada sue furie, ed i santi fannosi
Il preda a molte tribolazioni.... Ma le
Il prove devono riempirli di gioia,
Il presagendo il dolce e prossimo
Il giorno in cui gusteranno tutti inII sieme le celesti felicità. Basta quagli giù salutarci con*lettere e contem(I piarci in ispb’ito! la figura di questo
6
« mondo passa ad un attimo (1) ».
Una grave malattia che , sul cominciare della state del 1.555, venne
aggiungersi alle solite incomodità ,
l’astrinse a guardare il letto senza
che più potesse risorgerne. Una tregua di pochi giorni le permise a
stento il trascrivere certi suoi poemi,
e lo stendere varie lettere agli amici
affin di animarli nelle veraci credenze.
Fra queste , due lettere a Curione ,
egli pure visitato da grave malattia,
sono gli ultimi pensieri di quel gentile spirito che incontrava la suprema
pugna, confortato dalle iinmortali
speranze, e coperto dalla giustizia di
Cristo che accompagnavalo gioioso
sulle ripe di eternità.
« Voi potete giudicare, caro e di(I letto Celio (dicea al canuto e venerando amico la giovane donna moribonda) quale sia la tenerezza dei
« sentimenti che provano gli uni per
<1 gli altri coloro che sono uniti dalla
« verità, vale a dire dall’amore cri« stiano, quando vi dirò che la let« tura della vostra lettera ini ha fatto
« piangere. Io ho pianto di allegrezza
« sentendo che eravate stato riscosso
« dalla tomba. Iddio vi conservi per
« molto tempo ancora a pro’ della
(I sua Chiesa.....In quanto a me,
(I caro Celio, devo dirvi che non v’ha
(1) Olimp.lMor,, Opera, pay. 175.
« più speranza d’un qualche prolun<1 gamento di vita. La medicina non
« può più nulla per me. Ogni giorno,
« ogni ora i miei amici mi scorgono
« venir meno. Gli è probabile sia que
ll sta lettera l’ultima che riceverete
Il da me. Mi manca l’appetito, giorno
Il e notte sto per essere soffocata
Il dalla tosse ; mi strugge una febbre
<1 ardente, ed i dolori che provo in
Il tutt’il corpo fugano dai miei occhi
Il il sonno. Non mi rimane adunque
Il che di rendere lo spirito. Ma fino
« all’ultimo sospù-o io mi ricorderò
<1 di quanti ho amato. Non vi affligga
« la notizia della mia morte; io so che
« la corona, di giustizia mi è riser
II bota, ed io bramo di lasciare que« sia viia per essere con Cristo (1) ».
Ella volle alcuni giorni dopo rivedere quella lettera per farvi qualche
cambiamento, ma si convinse che era
troppo tardi. « Le sue forze, dice
« squisitamente il suo biografo, tra« dirono il suo cuore, ed i suoi af« fetti sopravvissero quasi alla sua
« esistenza ».
La narrativa degli estremi suoi
momenti ci venne dall’ inconsolabile
compagno che ne chiuse gli occhi.
Olimpia non conobbe i turbamenti
della morte indivisi da chi non ha
(iJ Olimpia Morata, C. S. Curioni,
pay. 186.
7
conosciuto Cristo e l’efflcacia della sua
grazia, ma ne provò solo le gioie :
sì, che l’avresti detta domestica del
cielo: n Poche ore prima di morire
« (così il marito) svegliatasi da breve
« sonno, sorrise con aria misteriosa,
n e come trasportata da non so quale
u ineffabile pensiero. Io, accostatomi
« ad essa, le domandai la cagione di
<1 sì soave sorriso. — Io vedeva in
« sogno, diss’ella, un luogo illumiu nato dalla luce più pura e più ri« splendente. — La sua soverchia
« debolezza non le permise di dire
« altro. — Coraggio , o mia diletta ,
Il ripigliai io, presto tu vivrai in seno
« a quella luce così pura. — Elia di
n bel nuovo sorrise e mi fece col
« capo segno che acconsentiva. —
« Poco dopo ella mi disse; io sono
« felice, perfeitamenie felice; — e
« smesse dì parlare finché cominciò
« la sua vista ad ottenebrarsi. — Io
« non vi vedo quasi più, miei diletti,
« diss’ella allora, ma tutto ciò che mi
« circonda mi sembra adorno dei più
« vaghi fiori. — Furono queste pali role le ultime. Un momento dopo
0 parve come immersa in un placido
• sonno ed esalò 1’ estremo respi« ro (1)». Ciò accadeva il di 7 novembre 1555, non avendo ancor compiuti
Olimpia i 29 anni.
(1) Andreas Grunthlerus, C.S, Curioni,
pag. 187.
La notizia di tal morte prestamente
diffusa nelle chiese evangeliche di
Germania, Francia e Svizzera, annunziò dovunque lutto; ma di nessuno il
dolore fu uguale a quello di Curione,
del Sinapi e sopratutto del marito.
Il Vedete, scrivea questi, in mezzo a
« quante prove Iddio mi fa cammi« nare, Egli che dopo avermi reso
Il testimone dell’eccidio della patria,
Il della perdita dei miei beni e della
Il morte degli amici, ha ripreso a sè
Il una sposa diletta, la cui sola pre
Il senza mi potea compensare di
« quanto avea perduto (1) ». Ma Iddio ebbe pietà di lui non lasciandolo
che per pochi giorni diviso da quella
ch’egli avea tanto amata. La peste
che seguitava ad infierire in Heidelberg, lo colpì frà i primi,-mentre coll’ardore di una instancabile carità
egli portava ovunque i soccorsi dell’arte sua. Spirò ripetendo queste parole del Salmo XLII: «Come il cervo
« agogna i rivi dell’acque, così l’ani
II ma mia agogna te, o Dio......Oh
« quando verrò e comparirò io nel
Il tuo cospetto ! »
Un solo essere rimaneva di quella
tanto provata famiglia, Emilio, il giovane fratello di Olimpia, che debole
e malaticcio colpiva come pianta derelitta e languente sotto un cielo che
(1 ) Andreas Grunthlerus, fi, S, Curioni,
pag. 187.
8
che non è il suo. Ma di lui pure Iddio ebbe pietà e lo congiunse ai suoi
cari estinti.
Le spoglie di tutti e tre vennero
deposte sotto un medesimo marmo,
in una cappella della chiesa di S.
Pietro in Heidelberg; mentre decretavasi a Schweinfurt, per parte della
popolazione memore delle rare virtù
d’Olimpia, che la casa da essa abitata
per tre anni fosse col pubblico erario
rifabbricata ed adorna diun’onoriiìca
iscrizione che così terminava:
CASA UMILE E DI KISSUNA APPARENZA,
MA FATTA GLORIOSA E CELEBEE
dall’illustbe donna
CHE l’abitò.
In un ultimo articolo noi raccoglieremo, per metterli sott’occhio ai
nostri lettori, alcuni fra i più belli
pensamenti che tanto abbondano nelle
lettere della nostra Olimpia. Sarà questo il mezzo di fare viemmeglio conoscere quella donna sì degna, ad ogni
riguardo, di essere proposta all’imitazione delle donne italiane.
lilBERTÀ DI COSCIEIVZA
E DI ClJliTO
Articolo terzo.
Finquì dalla libertàdi pensare, la quale
per dritto di nostra inferma natura compete a noi tutti quanti, e niuno impedire
nè violentare la può senza offendere quel
moral precetto, che ci obbliga di non fare
ad altri quello non vorremmo fosse fatto
a noi, abbiamo dedotta la necessità di rispettare i n chi unque la libertà di coscienza,
e dover quindi anche tollerare ogni libertà
di culto cbe alla umanità non ripugni. Ora
a questa ragion di dritto naturale, altra
dello slesso genere ne aggiungiamo, ma
secondo ci pare, di assai più alto valore.
Benché negli antichi tempi e nei moderni v’abbia sempre avuto pensatori e
filosofi che ebbero, come dice Tullio, nel
secondo della Natura degli Dei, la mala
consuetudine ed empia di mettere in quistione la esistenza della divinità, è però
un fatto da non potersi rivocare in dubbio
che un vincolo misterioso lega le umane
menti al mondo invisibile, e più d’uno
di noi cesserebbe più presto di esser uomo
che non ammettere un Ente Supremo che
dà moto al mondo, lo architettò, lo dirige. Quegli stessi che lo negano, denno
fare incredibili sforzi d’ingegno per dare
una qualche apparenza di verosimiglianza
ad un’opinione, la quale anche in essi rimane pur sempre nello stato di dubbio,
anziché di verità dimostrata. Leggendo
infatti quanto seppero accumular d’argomenti dai tempi del greco filosofante Diagora, chiamato l’Ateo, e del latino Lucrezio, sino a quelli del barone d’HoIbach, di
Voltaire, e ai recentissimi di[S(rauss e di
Feuerbach, un ascoso istinto sentito nell’animo ritrae la mente dal prestare assenso
a quegli ingegnosi raggiri fatti coll’arte
del dialettico, ma senza la forza della verità. Accade a noi con essi, come a Diogene con Zenone: gli volea questi provare
con sottili e tortuosi sofismi che non esiste
nè può esistere il molo; Diogene non sapea o non volle dislacciarsi da quei vi-
9
luppi dialettici, e per tutta risposta si alzò
in piedi, e si pose a camminare : così mentre ii sofista si affannava a sostenere l’impossibilità dei moto, Diogene lo confondeva movendosi Noi ancora abbandonando intero ai citati lìlosoGe loro seguaci
il trastullo di tentar l’impossibile, tentando
la distruzione di Dio, ascoltiamo l’intima
voce della coscienza e del cuore che sentono a così dire in noi la presenza di Dio,
e irresistibilmente ci spingono a riconosoerneTalta maestà, e confessarne la provvida esistenza. Può ben la fllosofia che appellano critico-dialettiea in Alemagna vaticinare più 0 men lontano il giorno in
cui l’umanità potrà far senza Dio; noi discendendo col pensiero ne’ più segreti recessi dell’animo senza interrogar altri che
noi, sentiamo d’aver bisogno di Dio ; e
considerando la totalità del genere umano
non ci vengono veduti che pochi, pochissimi, i quali in alcuni momenti almeno
non si rivolgano anche involontariamente
ad invocare l’aiuto di Dio. Laonde fin dai
suoi tempi osservò Tertulliano che l'anima
umana era naturalmente crisliana , in
quanto che naturalmente cerca di vivere
in Dio e con Dio, dove mira condurci alla
fine la santissima religione del Vangelo.
Certo è che quella medesima legge di
natura che fa l’occhio per vedere, l’orecchio per udire, il piè per camminare, la
mano per agire, ha fatto altresì la ragione
capace di formarsi concetti d’ordine, di
causa, di effetto, di movente, di mosso,
di necessario, di contingente, di casuale,
di pensato. Ora contemplando ii mondo,
ed esaminando se stesso l’uomo con questi concetti, non può non sollevarsi all’autor dell’ordine, alla cagion delle cagioni»
a queH’altissimo e onnipotente Signore,
senza del quale niente era possibile, e al
cui sguardo tutto è presente, e niun avvenimenlo riesce nuovo ed imprevisto; non
può insomma non sentir l’esistenza di un
Ente Supremo che invincibilmente trae
l’attenzione del nostro intelletto a sè.
Ecco perchè al dir di Cicerone non vi fu
uomo grande che non sentisse inspirazioni
divine {De nat. Deor., lib. n), e molti
eletti spiriti filosofando dissero come Kant
che Iddio o si sente o si crede, ma non si
dimostra con sillogismi di scuola. Pare
la semplice intuizion della natura porti
airintuizione di Dio, e coloro che non lo
veggono cogli occhi della mente o sortirono
da natura uno spirito infermo come tanti
sortiscono infermo il corpo, o a se stessi
questa spirituale infermità procacciarono,
come tanti si procacciano la corporale.
Come però noi vogliamo che sia fatta
libera facoltà ad ognuno, che il voglia, di
non ammettere l’esistenza di Dio, essendo
nella libertà di pensare (la quale, come
abbiam veduto, compete per diritto naturale a ciascuno), inchiusa pur quella di
negare Dio, così ancora domandiamo che
sia a tutti concessa piena libertà di credere e di adorare il Signore Iddio. E poiché siamo neH’impossibilitàfcome abbiamo
osservato uell’articolo precedente) di sapere col mezzo della nostra sola ragione
l’unico e vero culto, che può essere gradito da Dio, e ancorché illuminati dalla
fede uon possiamo comunicare ad altri
questo lume se non lo comunicalddio dalla
cui sola grazia ci viene come un libero
dono, è assolutamente necessario che si
lasci a ciascuno la piena libertà di professare 0 solo 0 con altri quella maniera di
culto che più appaghi la sua ragione.
Conciossiachè portandolo la natura al bj_
10
sogno, al sentimento, all’ istinto di riconoscere ed adorare Iddio, convien ben
dire che la stessa natura gli Taccia dritto
di provvedere a questo bisogno, di soddisfare questo sentimento, di secondare
questo si sacro istinto. Chi pertanto gli fa
opposizione, o gii mette ostacoli o, come
che sia, lo molesta nell’esercizio di un tal
dritto (sempre stando la condizione che
non offenda le leggi dell’umanità) va conIronatura e oltraggia laiihertà di coscienza
e calpesta i diritti della ragione.
Nel soddisfare perù questo sentimento
0 bisogno 0 istinto che dir si voglia, è
impossibile, come abbiamo di già accennato, che l’umana mente convenga in ogni
luogo e tempo nella medesima forma e
maniera di culto: perciocché oissuna ha
l’evidenza matematica per sè, ’e quindi
nissuna può pretendere all’assenso unanime di|tutii. «I Bramani giurano che la
loro religione è vera, dicea il re del Mogor
ai missionarii cristiani. I Mulassi provano
che anzi quella di Maometto; voi, cbe solamente la cristiana; a chi debbo dar fede?
E come conoscere chi di voi s’inganna, o
se tutti 0 per avventura niuno?» Ciò che
avveniva per religioni diverse in quel regno delle Indie, avviene in tutti i paesi cri
stiani per la diversità delle forme con cu
SI professa la medesima religione di Cristo
1 cattolici papali chiamano traviati ed eretici e certamente perduti quanti non credono alla parola del papa, e i cattolici
Valdesi, Riformati, Presbiteriani, Anglicani, Americani, Alemanni, Francesi ec. deplorano la cecità dei papali perchè pospongono la parola di Dioa quella dell’uomo;
i primi si fanno forti con decreti, con
bolle, con adunanze di vescovi e colle
scomuniche; i fiecondi s’appoggiano alla
Bibbia e quindi ai profeti, agli Apostoli ed
agli Evangelisti; i primi capitanati da
duecentoeinquantasette papi, per solo ua
quinto decorati del titolo di santi, i se-,
condi muniti dell’antico e nuovo testamentosiprimi confidenti nella intercessione
de’ morti, i secondi fidati e sicuri nella
sola fede dei meriti e del sangue di N. S.
G. Cristo. Benché sembri fucila il conoscere da qual parte stia la verità, pure il
fatto dimostra che non è così, e dall’ pn
canto e dall’altro, non mancano persone
che vivono nella certezza di possedere la
verità. Chi dei due opposti culti avrà diritto di obbligar l’altro a considerarsi in
errore e a subire la proscrizione e la morte
se non si converte? I cattolici papali si sono
appropriali un tal diritto per circa quattordici secoli esercitando rigori a carnificineora sotto la protezione degli imperatori
d’Oriente, ora colle armi dei barbari soggiogati al Vangelo, ora cogli iniqui processi
della diabolica inquisizione, orcolleguerre
a morte contro gli infedeli ed eretici, or
colla docilità di bigotti regnanti. I cattolici non papali sui primi tempi della riforma nel secolo decimosesto ritenendo
alcun che della scorza di quel cattolicisroo che per divina bontà spogliavano, si
lordarono anch' essi d’uman sangue le
mani, ma rischiarati dalla luce evangelica
furono anche i primi a confessare l’errore
e sostennero i primi quella libertà di esame in religione che è fonte d’ogni libertà
scientifica, civilee politica. Hanno dunque
largamente riparato alle prime colpe dovute più presto alla comunione da cui
uscivano cbe non a quella dove entravano,
ed oggi i popoli della colta Europa non
vergognano di confessare che tutte le istituzioni liberali e civili noi le dobbiamo
11
come a principio da cui nacquero, alla libertà del Vangelo che dopo secoli di schiavitù ci ebbero predicala gli Apostoli della
riforma. Pei^quauto dunque i lumi del
passato, e la civiltà presente c’inseguano,
conviene che abbandonato il vecchio fermeuto de’pregiudizi antichi sappiamo una
volta, sull’esempio degli Stati Uniti di
America, viver concordi e tranquilli nella
discordia e nella opposizione dei culti.
Rispettiamo a vicenda il senlimenlo religioso d’ognuno, e se fraterno zelo ci move
a comunicare ad altri le ragioni per cui
ci pare di dover preferire un culto ad un
altro, non ci lasciamo giammai trascinare
dal fanatismo a richiedere la persecuzione
di nissuno.
Oltracciò l’uomo è animale essenzialmente socievole, e in qualsivoglia bisogno
materiale 0 spirituale deve lasciarsi libero
di comunicarlo agli altri suoi simili, conferirne con essi e vicendevolmente insegnare ed apprendere come a lui conviene
ed agli allri.
In tanta varietà di culli che si professa
da Pechino a Koma e da Pietroburgo alla
Mecea, e da Filadeifla a Ginevra, e da
Londra a Torino, chi vorrà mai impedire
che cerchi l’uomo d’ammaestrarsi, per veder di conoscere qual sia il più degno da
essere offerto alla divinità.^ Lasciamo sempre da banda i possessori della evangelica
fede, che appartenendo alla classe degli
eletti, hnchè non si diparton da questa
non hanno mai uopo di andare per questa
parte mendicando la verità da nissuno.
Tutti gli altri che mai non ebbero, o
più noo hanno questa santissima fede,
0 l’hanno sotto una forma di culto più
presto che sotto un’altra, perchè non dovranno potere capacitarsi colle più accu
rate indagini, se la religione, o la forma
professata da loro contenga errori da correggere, pecche da rimovere, superstizioni da sopprimere? Il sentimento cbe ci
fa divoli a Uio, ci fa pur anche impazienti
di sapere come meglio adorarlo e servire, e tulli i popoli non conienti di un
culto vago ed incerta ne Irascelsero sempre qualcuno determinato e positivo. Di
qui le tante e si diverse religioni in cui si
divide il mondo; di qui il continuo modificarsi delle medesime secondo il maggior grado, o minore d’intelligenza e civiltà a cui pervenivano i tem|)i. Non si
dimentichi mai che ora noi non parliamo
dell’unica religione rivelala che dalle patriarcali famiglia discese al popolo eletto
dove sempre si tenne viva la luce del vero.
E di fermo dalle cipolle e dai cocodrilli
delle regioni fecondate dal Nilo, alle divinità greche e romane quanto divario! qual
cambiamento di rili, di sacrifizi, di sacerdoti, e di feste! Se mai gli uomini non
avessero avuto libera facoltà di cambiar
religioni, o il mondo sarebbe ancor tutto
sommerso nelle grossolane paure della
superstizione primitiva, o i barbari culti
de’ popoli selvaggi uon sarebbero mai venuti alla gentilezza morbida umana e trattabile di tempi civili. Pare dunque che
anche la storica ragion dei tempi richiegga
che si lasci intera all’ uomo la libertà di
esercitare quel cullo, che meglio risponda
a’ suoi lumi, o al dettame di sua coscienza.
E poiché questa ragione storica parte da
una legge congenita all’ uomo che lo fa
essenzialmente animai progressivo, obbligato a conquistare, coll’andardel tempo,
lumi e principii che al social benessere
lo conducano, non possiamo negare che
eziandio la libertà de’ culti, come unica
12
via di correggere la superstizione, e di
scambiare la falsità dell’errore colla verità,
non sia una libertà di diritto naturale,
come quella di pensare, di migliorarsi e
di progredire.
Che se qualcuno ci apponesse, essere
ciò da ammettersi quante volte s’ignori la
verità del culto gradilo da Dio, non mai
dopo che Iddio degnò rivelarci l’unica vera
religione che salva, noi risponderemo che
anche dopo la rivelazione, l’uomo può ingannarsi suH’applieazioBe o sul modo di
eseguire il culto comandalo da Dio, o può
non sapersi assicurare di questa rivelazione, 0, come nel caso del cristianesimo,
può Iddio aver decretato che lo stesso
assenso alla sua divina parola non dipenda dalla libera volontà deU’uomo, ma da
un suo dono speciale di grazia. In tutti e
tre questi supposti rimane inviolabile la
libertà di culto, perchè nel primo caso vediamo chei Samaritani, adorando lo stesso
Dio de’ Giudei secondo la rivelata legge
mosaica, non voleano però aver comune
con essi il Tempio in Gerusalemme; nel
secondo caso veggiamo che Dio salva fra
le genti un Giob ed una Ruth, benché nè
l’uno, nè 1’ altra appartenessero alla discendenza di Abramo, la quale avea formato il popolo eletto, e sola possedeva
la rivelazione del Sinai; nel terzo veggiarao che Iddio concede la sua fede agli uni
e la nega agli altri, e di tutti gli abitanti
della terra in venti secoli non ancora un
quarto ha inteso e accettato l’annunzio
del santo Evangelo.
Quale arroganza pertanto o temerità
non sarebbe il pretendere d’imporre un
culto a preferenza d’un altro, o d’impedirne
un nuovo per amor d'un antico, o favorirne
un nuovo in pregiudizio d’un antico? Dove
la ragione non è e non può essere evidentemente chiara per tutti come due e due
fan quattro, abbiamo già detto nel secondo
articolo che è un oltraggi!^ un insulto,
un’aperta violazione del diritto naturale il
restringere o il comprimere, o come che
sia, impedire la libertà umana. Tanto più
che lasciandola padrona di usare di tutti
i mezzi di cui la fornì natura per acquistarsi lacognizion del vero, può dimettere
diversi errori, ed in tal modo sempre meglio accostarsi alla verità. E se Iddio nella
sua infinita misericordia ci dona per la via
del progresso tante utili scoperte di cui
va gloriosa la civiltà dei tempi, come ardiremo d’impedire a Lui che per la stessa
via non comunichi la scienza della salute
a molti de’ suoi eletti, in cui dalla eternità si compiace? Vorremo noi dire che
chi ha chiamato al conoscimento del vero
un Giobbe gentile ed un Saulo fariseo non
potrà dai Fachiri dell’Indie, o dai Mandarini della Cina o dai Dervis della Mecca o
dai Rabbini di Giuda chiamar quando gli
piaccia una generazione d’eletti? Perchè
dunque perseguitarli,inseguirli, esecondo
parlò una congrega di vescovi Goti a Toledo, e d'altri vescovi ancor semi-barbari
in Laterano, e una serie di papi da Urbano
secondo in poi, farsi coscienza di sterminarli colla persecuzione e coll’armi?
Non è questo un por leggi alla Provvidenza di Dio, e un pretendere con orgoglio
uon tollerabile in creatura di voler come
correggere il mal fatto del Creatore? Quando fosse volontà di Dio che tutti vedesser
la luce, avrebbe egli bisogno del braccio
fragile de’vescovi, de’Concilii e de’papi
per aprire a forza gli occhi de’ciechi? Non
è egli che disse: si faccia la luce, e fu fatta
la luce? La stolta imperdonabile smania
13
di compiere l’opre ammirande di Dio per
la via che si compion quelle deH'uoiDO ha
purtroppo traviato le menti di uomini più
zelanti che saggi, e più bigotti che pii,
a commettere ferocie e crudeltà di cui
rabbrividisce al sol ricordarle l’umana natura. La libertà dei culli è dritto di ragione come è dritto la libertà di pensare,
come è drillo l’islinlo che ci porla alla
riverenza di Dio, e come è dritto li legge
del migliorare e progredire.
Aggiungasi che questa libertà preziosa
è richiesta dai sentimenti più cari posti
in noi dalla mano della Provvidenza, perchè godiamo più lieta la socielà del consorzio. Se tutti proviam per indole di natura, consolazioni e piaceri inenarrabili
nello scambio degli affetti di famiglia, di
parentela e d’.amicizia, siamo anche orribilmente vessati da qualunque ostacolo si
frapponga a contrarre o mantenere fra noi
questo, che noi chiameremo, desiderato
traffico di cuore. Ora il vietarci di communicare fra noi i pensieri e gli affetti
della Religione, quale delle anime religiose noD vede e non sente quante soddisfazioni di spirito ci toglie, e quante
volle non ci rende selvaggi vicino dei nostri più caldi amici o più stretti congiunti?
Finalmente per conchiudere gli argomenti cbe in breve discorso abbiam come
spigolato dal campo del dritto naturale in
prò della libertà dei culti: in famiglia e in
società l’uomo è nato libero di chiedere
l’altrui concorso pel bene proprio, e libero
nel prestare il suo; di qui si deduce che
ogni relazione, ogni associazione, ogni
amicizia d’individui fra loro, quando non
attenti ai dritti altrui, deve esser libera
per tulli, e la soverchieria usata contro
un sol cittadino diventa offesa di tulli. Con
questi principii il padre gesuita Taparelli
d’Azeglio, che oggi nella CìdìÌììì CaUolica
di Roma legittima le inquisizioni e persecuzioni per cause d’opinioni, invocava libertà per sè e per le sue opinioni religiose
dalla rivoluzione siciliana , e eoo quesli
noi la domandiamo all’universo per noi e
per tutti. E come l’esercizio d'un culto
altro non è che una associazione di liberi
cittadini che si uniscono a venerare Iddio
secondo una forma dettata dalla individuale coscienza di ciascun di loro, non può
nè in cielo uè in terra avervi ragione di
sorta per disturbarlo o impedire. Quando
pertanto i giornali gesuitici di Francia e
«l'Italia gridano contro la libertà di coscienza e di culto, rompono guerra ad ogni
principio di naturale diritto e vogliono
persuader gi'inlelletli, non come ha ordinato Iddio creando nell’uomo una facoltà
non possibile mai a condursi che per via
di ragione, ma come lor suggerisce il fanatismo e l’orgoglio, vale adire per via di
violenza e di forza.
Esamineremo appresso alcune obbiezioni che ci fanno i filosofi contro la libertà di coscienza e di culto, c poi la
stabiliremo sul diritto Evangelico, contro
i sofismi che traggono dall’Evangelo al- '
cuni più presto declamatori e rélori, che
non veri e sapienti Teologi.
]VOTlZIE REIilCilOSE
FinENZE.—L’Arcivescovo, con circolare
diretta al dilellissimo clero e popolo, invita
tutti quanti i suoi diocesani « ad adunarsi
« per tre giorni appiè della Gran Ver«gine... per offerirle un attestato dolo« roso di condoglianza pel firavissimo
14
« oltraggio (non sappiamo quale ei sia)
«slato non ha guari commesso da sacrili leghe mani a danno della sacra immagine
«di Lei« che «decorsi pochi giorni, ac« corse, appena invocata, al trono delH l’adirata giustizia del divino suo Figlio,
Ite, fatto cadere dimane il flagello di una
«improvvisa inondazione che minacciava
■' recare ovunque desolazione e sterminio,
«aggiunse questo agli innumerevoli be«nefizii di cui le va debitrice la sua pre« diletta Firenze».
Noi saremmo bramosi di sapere su quale
passo della Sacra Scritlura, l’arcivescovo
di Firenze siasi appoggiato per dettare
questa circolare.
Roma. —Dal supplemento all’indice dei
libri proibiti testé pubblicato dalla Camera apostolica, si ricava che la somma
del libri condannati dal 30 maggio i8il
ai 22 agosto 1851 è di 169, media per
ciascun anno, 16.
Fhancia. — Finalmente dopo cinque
anni d’incertezze, di affermazioni, di negazioni, il preteso e fruttuosissimo miracolo della Salette (quella vecchia storia
dell’apparizione della Vergine a due giovani pastori) ha, per parte di M. Filiberto
vescovo di Grenoble, ottenuto il certificato
d’autenticità. La miniera era troppo ricca
per trascurarla. Certamente sarà ammirata da tutti, come lo è stata da noi, la
prudenza che ha fatto scrivere da monsignore a calce di quel certificato: JYoi
vietiamo espressamente ai secolari ed
ai chierici della nostra diocesi, di non
mai insorgere pubblicamentc, a viva
voce, o'in iscritto, contro il fatto che oggi
noi proclamiamo, e che perciò esige il
rispetto di tutti.
Ascora Estissac e Thuisy. — « Questa
nuova chiesa (cosi un corrispondente del
Témoin de la vérité), dietro una rassegna
testé fatta presentare al minislro, onde
venga quella chiesa ofJìcialmente riconosciuta, annovera al S membri che ci paiono
nella loro maggioranza ben stabiliti e scrii. I preti hanno fatto del pari una rassegna, dietro ordine del vescovo e del prefetto;
ma la metà almeno della popolazione che
non ci ha dato ancora la sua adesione in
iscritto, r ha niegata al curato. Ciò dice
abbastanza che se non sono ancora dei
nostri, non stenteranno a diventarlo. Si
aspetlaa giorni l’arrivo di un ottimo maestro pei ragazzi e d’ una maestra per le
femmine. Abbiamo 100bambini iscritti e il
numero crescerà presto, se, come lo speriamo, la noslrascuolacamminerà meglio
della cattolica romana. 11 consiglio municipale ci ha concesso all’ unanimità
il convento delle suore, vasto e comodo
fabbricalo, eretto 8 anni sono, e;che
ha costalo 50,000 franchi. Vi sono, a
pian terreno , due sale spaziose , di cui
una per la scuola dei maschi, l’altra per
ii culto, infinattantoché sia dal ministro
dei culti sanzionata un’anteriore deliberazione municipale che ci concede la chiesa
ed il presbiterio di Thuisy, il quale è siccome un sobborgo di Estissac (vedi quella
deliberazione riferita per intiero nel nostro
ultimo numero). Io m’ aspetto a vedere
quel movimento propagarsi nei circostanti
comuni. Tutti sentono e capiscono che
l’Evangelo, che professa la chiesa rifor-
15
mata, è l'unica via per ogni vero progresso
e qualunque siasi stabile miglioramenlo».
Da un altro giornale , il BuUetin du
monde chrètien, ricarlanno cbe' un pastore
evangelico il signor Dugand, insieme con
un istitutore sono giunti a Estissac e vi attendono alle loro rispettive funzioni.
ÌRLASD.v. — La prova irrefragabile che
non esagerammo, parlando in alcuni nostri
numeri antecedenti, degli stupendi progressi dell’ Evangelo in quell’ isola , i
nostri lettori se 1’ avranno da persona
non sospetta, cioè dallo stesso Monsignore Cullen, arcivescovo e primato papale
di tutta Irlanda, il quale io una lunga
lettera testé scritta all’ Univers, si lagna
appositamente che i protestanti facciano
gran frutto colle loro missioni in quell’isola, staccando un gran numero d’irlandesi dalla comunione di Roma.
Vero è che si lagna con parole niente
aiTatto evangeliche, chiamando p.e. i Missionari evangelici predicatori di piazza,
uomini di vile naicita (come se gli apostoli
scelti da Cristo, san Pietro, s. Andrea, s.
Giacomo ecc. fossero siati uomini di nascila principesca, e non anzi pescatori poveri e del tutlo ignoti al mondo) ignoranti, senza educazione, senza cognizione
delia verità, apostoli della bugia-, come se
il sig. Cullen avesse dritto o mandato di
j|pe peggio die può a carico de’missionari
protestanti, che almeno per educazione
egli dovea trattare coi riguardi della civiltà, se non gli piaceva di usar loro anche
quelli della carila; o come se egli avesse
facoltà di processare persone che non gli
sono soggette, o come finalmente se la
parola anminziata dagli apostoli drl van
gelo pigliasse efficacia e virtù dai merit?
deh’uom peccatore che la predica, e nor>
più presto dai meriti infiniti e onnipotenti
di Cristo nostro Signore ed unico Salvatore.
Vero è ancora che per attenuare reiTetto
di si numerose com'ersioni, egli parla di
«poveri ragazzi quasi nudi, affamati, allettati con promesse di viveri, vestimente o
denari», e di «somme enormi spese a pervertire le anime redente col sangue prezioso del nostro divin Salvatore». Ma noi,
già chiariti sul valore di tali insinuazioni,
cento volte dimoslrate false coi fatti alla
mano, e senza più badare al linguaggio del
Primato, nella cui coscienza non dobbiamo
entrare, ci rallegriamo di tatto cuore d'^essere da lui stesso assicurati che il santo
Evangelo si diffonde in Irlanda, e vi è da
moltiss'mii riceruto con docilità e con
frutto.
D’altronde non è solo 51'' Cullen fra i
cattolici a testimoniare di quei progressi.
Ecco quanto ricaviamo in tal proposito
dal Dubling Evming-Post, uno fra gli organi più accreditali del callolicismo romano in Irlanda.
« Noi ricaviamo, da fonte sicura e eat« tolica, che i successi dei convertitori,
K sopra quasi tutti i punti del paese e nella
« capitale segnatamente, hanno oltrepas« salo quanto avrebbero potuto farlo te« mere le più triste apprensioni. Non solo
« sarebbe inutile il negare i falli, ma
« sarebbe un atto traditone inverso la
« chiesa catlolica il nasconderli o il tacerti li, come se non fossero di grave imporli tanza. Non v’ha un solo cattolico, se in« telligente e sincero, e non ciarlone c
« millantatore, il quale non contempli un
16
« tal movimento, eravamo per dire con
« tristizia, ma è meglio detto con inde
• gnazlooe e con rossore ».
CROXACHETTA POIITKA.
Piemonte, li bilancio della guerra ed il
Iraltalo comniierciale coll’Austria hanno
intieramente assorbito le ultime tornale
della Camera dei deputati. Dal rimanente
d'Italia non giungano notizie di qualche
importanza.
Compagnia di San Paolo.
Sappiamo da fonte sicura che i venerandi paolini, dopo ascollala nel mallino
di ieri la consueta messa ed invocato il
divino aiuto, misero in discussione se si
dovesse aderire al nuovo invito fatto loro
dairintendeiile generale cavaliere Pernali
regio commissario, di procedere alle nomine dei quindici membri destinati a fare
parte della direzione amministrativa della
Compagnia. Posta ai voti la proposta, sopra 73 votanti ebbe DUE soli voti favorevoli.
Ora staremo a vedere che cosa saprà
fare il commendatore Galvagno per vincere tanta ostinazione.
(Croce di Savoia).
Francia. Ecco l’esatto risultalo del voto
sul plebiscito del 2 dicembre :
Sì 7,439,216
No Ci0,737
Bullettini annullati 36,880
—Il Tedeum che fu cantato a Noire Dame il 1“ gennaio costò la non vile sointua
di 190,000 fr—ContinuaraumentODei fondipubblici: ¡'Francesi vennero chiusi il dìSj
al02,60ed i Piemontesi a 9S,S5.—Il Presidente lascia VEliseo per andare a stabilirsi alle Tuilleries.—Al gallo è stata sostituita l’aquila sulle bandiere francesi.—
Un decreto del Presidente toglie al giurì
la cognizione dei reati di stampa, per diferirli ai tribunali correzionali.
Prussia. Pare voglia il governo stare
fermo nella sua decisione di non intervenire al congresso doganale di Vienna.
Austria. È abolita fin dal primo gennaio la Costituzione del 4 marzo 1849. Il
medesimo editto che porta questa abolizione, interdice la pubblicità degli affari
comunali e dei giudizi, sopprime il giurì,
estende all’Ungheria ed alla Transilvania
il codice austriaco, e ristabilisce privilegi
e prerogative a favore della nobiltà.
Inguilterra. BomcEÌca, 28 dicembre,
venne in tutte le cappelle caltoliche-romane di Dublino pubblicato un editto contro i matrimonii misti, cioè tra cattoliciroruani e protestanti. Qualunque membro
della Chiesa cattolica s’accasasse ormai
con un protestante, sarebbe scomunicato.
Coloro che già sono uniti in matrimonio
con eretici, saranno sopportali, se pure si
adopereranno, con ogni mezzo possibile,
ad educare la loro prole nel dogma della
Chiesa romana.
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Bacchetta gerente.
Torino, — Tip. Sociale degli Artisti.