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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PKKZZO n>Ali»S0CI,\7.10\F.
(A domicilio)
Torino, per un anno L. 0,00 L,7,00
— per sei mesi « 4,00 » 4,50
Per le provincie e l’eslero franco sino
ai conlìni, un anno . . L. 7,20
per sei mesi, » 3,20
A/.)56eùovti{ Sì ìvàyinti
Sfgucnilo la verità nella cirit»
Efes. IV. ÌS.
L’Ufficio della RUONA NOVELLA è in
Torino, presso In libreria-Evangelica
di GIACOMO BIAVA, viaCarlo Alberlo,
dirimpetto al Caffè Dilei.
Le assuciazìoni si ricevono in Torino allo
stesso Unìcio.
Gli Associati delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla libreria Biava.
1 Confessori di G. G. in Italia nel secolo XVl; p0(Tip0DÌ0 Alglori. — Studii storici tul
Purgatorio. — L’Eucaristia e la Chiesa primitiva. —Risposta alla pafttorale del
Vescovo di Wizza ; Lettera III. — Notizie religiose. —Cronachetta politica.^
Rettifìcazione.
l CONFESSOUl m G. C. IN ITALIA NEL SECOLO XVI
PO]TfPO:VS0 AliCiKERf.
Tu ^ure, o giovine di belle speranze, tu pure colpito dal fanatismo
sacerdotale, cadesti vittima entro le
mura di Roma. 0 benedetto i le tue
ceneri meritavano di posare accanto
alle ceneri de' martiri che inaiarono
del proprio sangue il nascenle albero
della fede ; imperciocché la tua pietà,
quantunque nel flore degli anni, li
rendeva degno di loro. — Ti sia lieve
la lerra, e su di essa piova dal cielo
un raggio di luce immortale, sicché
le tue virtù siano a’viventi di esem
pio e guida al ben fare.
Pomponio Algieri studiava legge
in Padova, quando lo spirito della riforma agitando dall'un capo all’altro
la penisola, penetrava in quella celebre Università ; ed egli che d’ingegna»
e diligenza vincca pressoché tutli ù
suoi compagni, in breve tempo si distìnse fra loro per la fede evangelica;
di cui divenne zelante propugnatore:.
Ciò risulta dagli scritti e segrete
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corrispoudeaze die gli furono sequestrale dalle autorità ecclesiasticlie ; le
quali, medilando feroci persecuzioni
contro i principali sostenitori delle
nuove dotlrine, per lungo tempo tennero d’occhio il giovine Pomponio,
designandolo come una delle primarie
vittime che bisognava immolare sull’altare del loro fanatismo, tosto che
loro ne fosse venuto il dcj-fro. E il
giorno sospiralo giunse per esse; tclchè l’infelice Pomponio cadde ne’Ioro
artigli, e fu senza indugio soitoposto
a processo. 1 qualtro esami da lui
subiti possono più propriamente chiamarsi dispute religiose; avendo Pomponio costretlo i magistrati a scendere seco lui nel campo della discussione. Giammai le dottrine della Chiesa
romana erano state confutate con
più solide ragioni, e maggiore evidenza. Nell’impugnare gli argomenti
allegatj a prò del papato, egli moslravasi dotto conoscitore non che del
Vangelo, ma dello stesso diritto canonico, dando saggio in pari tempo
d’alto ingegno, di fede vivissima, e di
un’indole dolce e modesta unita a
mirabile fermezza di carattere e tenacità di convinzioni.
Egli stesso, dal fondo della ])rigioiie in cui giaceva, inviavane un
sunto a’ suoi confedeli, a/;compngnandolo di poche, raa generose parole :
■«StrellQ a voi di elenio legame, direva
egli, e non trascurando cosa alcuna che
possa piacervi, soddisfo al vostro desiderio, trascrivendo per sommi capi la
fede che ho confessato davanti a’ miei
giudici. Il difetto che ho di tempo,
di comodilà e di salute m’ impedisce
di raccogliere qui estesamente e con
Online tutte le risposte da me indirizzate agli avversarii, e confortarle di
lutti i passi biblici da me allegati nel
giudizio. Vi prego a scusarmene. Tulto
ciò che ho detto e risposto in difesa
delle mie dottrine è stato da me corroborato con citazioni di leggi e canoni della stessa curia romana a maggior confusione di quest’ultima, e ad
esempio degli Apostoli, 1 quali per
convincere i Giudei della venula del
Messia, da questi ultimi condannalo e
crocifisso, servivansi della stessa legge
ebraica.
« I miei avversarii da un momento
all’altro conlraddicevansi, e Dio mi
ha concesso la grazia di chiuder loro
parecchie volte la bocca e confonderli; protestandomi ognora davanti
ad essi di uon ritrattarmi se non
quando con la Sacra Scrittura alla
mano mi avranno convinto' di bestemmiti e di errore. Cosa che non avverrà; imperciocché io dico e sostengo che la fede da me professata
sia eminentemente crisliana, fondala
sulla vera Chiesa di Gesù Cristo, e
pura della benché minima eresia. Essi
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Togliono lottare col lledentore, ma
spero di mostrar loro quanto sia potente lo Spirito (li Dio. Intanto, o fra-'
teili, pregovi di domandare per me
aH’Eterno Padre , forza, speranza e
carità ond’io possa continuare a dargli gloria. Amen ».
Crediamo far cosa utili*, a ¡«rata ai
nostri letiori piibblicaiido il sunto dei
quattro esami subìli da Pomponio
Algieri, accioccliè veggano pur essi
quanlo viva ,e ragionata fosse la di
lui fede.
Primo esame.
Domanda. Credele nella Chiesa
cattolica?
Risposta, Sì, e ne professo la dottrina.
D. Credete che la sanla Chiesa
romana sia cattolica, e volete sottoporvi ad essa?
R. La Chiesa romana non è cattolica, ma particolare. Io non sono
soggetto ad alcuna Chiesa particolare;
imperciocché mi reputo membro della
Chiesa universale, la quale nel suo insieme forma uu corpo mistico, che è
di Gesù Crislo. La Chiesa particolare
può traviare, come spesse volte succede; e le lettere di s. Paolo, i libri de’
primi Dottori, e le leggi della curia
romana ne fanno testimonianza.
D. Perchè non volete obbedire alla
Chiesa romana? svelatecene gli errori, lasciando a parte gli abusi.
/?. Lasciando a parte gli abusi >
non sarebbe più il caso di rispondere
alla vostra domanda; imperciocché
tolti codesti abusi, la Chiesa rousana
più non esisterebbe. Ciò non ostante,
poiché lo volete, parlerò degli errori
e non degli abusi (sebbene fra di essi
esista poca diflerenzii). Ed in primo
luogo io sostengo che la Chiesa da
voi detla romana abbia errato insegnando che la noslra salute sia fondata non solo su’meriti di Ge,5Ù Cristo, ma pure sulle nostre opere. Quanto
questa dottrina sia falsa può vedersi
nelle epistole di s. Paolo a’ Uomani,
cap. 5, a’ Galati, 5, a Timoteo, 1“,
e negli Atti degli Apostoli, 13.
D. Voi dunque niegate le buone
opere ?
R. Col dire che la noslra salute
venga dalla pura misericordia di G.
Crislo, io non ho niegato le buone
opere. Credo che le buone opere siano
necessarie al cristiano, e che senza di
esse nessuno possa dirsi tale; uel
modo che un albero non può dirsi
buono se non produca buoni frutti ;
credo ehe le buone opere siano i frutti
della fede; rna la dottrina della Chiesa
romana che sostiene il bene venire
da noi medesimi, e il conseguimento
della beatitudine dipendere dalla nostra volontà, è falsa e contraria alla
legge di Dio, la quale c’ insegna che
nulla di lodevole può fare l’uomo se
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la grazia di Dio non opera in esso. É
Dio ciie ci ispira il buon volere ed il
ben fare , come dice s. Paolo nelle
epistole a’ Filippesi, cap. 2, ed a’Corinti 3. La noslra carne, soggetta alia
morte, al cospetto deli’ Eterno Padre
non apporta che abbominazione. E
ciò risulta anche dail’ultimo capitolo
della quarta distinzione de connecraiione, ove è scomunicato chiunque
creda che l’uomo sia capace di alcun
bene, senza la grazia. Inoltre la Chiesa
romana sostiene un vituperevole errore, insegnando che gU uomini siano
da Dio eletti pe’ loro meriti e buone
opere, e non per misericordia e dono
del Signore ; e ciò è iu contraddizione
col capitolo semel immolatus, nella
seconda distinzione de consccrat. E
Ja ragione è chiara,- imperciocché se
la salute ci viene gratuitamente, ne
segue per necessità che noi siam eletti
per grazia, e non per buone opere.
Qui gl' inquisitori ad una voce
esclamarono: Tu sei un eretico puzzolente.' non dobbiamo parlare più
leco; ¡Volalo, scrivéte quello che ha
detto.
R. Perchè mi chiamate eretico?
appartengo io forse alla setta Giacobina, Cordeliera, Basiliana, Crociata,
Eremitana , Sabatina , Benedettina ,
Cartusiana, o Carmelitana? Se voi
credete che io erri, correggetemi, e
mostratemi il mio errore.
D. Cosa pensate del Sacramento?
fì. Io vi risponderò anche intorno
al Sacramento; ma prima compiacetevi dirmi quale eresia trovate in me?
Iu mi protesto di non appartenere ad
altra setta (se così la chiamate) che
quella di Gesù Crislo.
D. Non occorre dir altro; tu sei
un diavolo, un lebbroso. Tu devi credere tutto quanto è insegnato dalla
nostra Madre Chiesa, e lo devi ritenere come articolo di fede; tanto più
che ce l’impongono i papi, vicarii di
Cristo, e lo confermano tanti Dottori
e santi Padri. Tu dovresti arrossire
di levare il capo per opporti contro i
successori di san Pietro, capi della
Chiesa.
R. 0 piuttosto tiranni ed Anticristi.
— Io non voglio riconoscere altro
capo che Gesù Cristo, principe della
Chiesa universale. Udite infatti cosa
sta scritto nell’epistola agli Efesi, cap.
4, e in quella ai Colossesi,...
Qui gli Inquisitori con ira esclamarono: Noi non siamo così sciocchi
da ignorare che Cristo è il capo in
Cielo e in terra; ma il papa non è
forse quaggiù ii di lui vicario?
R. Cristo e la Chiesa universale,
delta Cattoli(ai, non sono che un
corpo solo , come risulta dall’epistola agli Efesi cap. 4. Egli non è mai
diviso da questa Chiesa, la quale è
solamente appoggiata sopra di lui, nè
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può avere altro capo e fondamenlo
oltre a lui. Nè crediate che egli faccia come i vostri vescovi, i quali
abbandonando le loro pecorelle in custodia d’altri che chiamano vicari,
se ne vanno a prendere ì loro passatempi a Ronui, dandosi con gran facilità in preda alle libidini, al lusso,
alla crapola ed a tutti i piaceri di
questo mondo. Ah, no! GèsùCristo
non lascia mai il suo gregge, ma
¡stancabilmente lo rende oggetto di
sue cure e sollecitudini, e di sua inesauribile carità. Or siccome un sol
corpo non può avere che im capo
solo, altrimenti diviene mostruoso,
in pari modo cotesto corpo composto
della Chiesa e di Gesù Cristo non ha
altro capo tranne quest’nltimo che è
il vero tìglio di Dio. Se noi ce ne
fabbrichiamo un altro in questa terra,
allora ne risulterà un corpo a due
teste.
D. Voi dunque niegate che Cristo
abbia ordinato in terra pastori sul
suo gregge.^ Ma s. Paolo non dice
che Egli costituì alcuui evangelisti,
altri apostoli, dottori, pastori e simili?
lì. Io confesso e credo che i pastori furono ordinati dal Signore.
Ma voi non mi avete provalo (uè ciò
si trova in alcun luogo) chc Cristo o
gli Apostoli abbiano stabilito che un
pastore sia al disopra degli altri suoi
compagni; dovendo cotale dignità attribuirsi al solo figlio di Dio, come
sta scrilto nel Vangelo di s. Giovanni:
0 lo son il buon Paslore che conosco
il mio gregge e sono conosciuto da
esso « \ e in s. Matteo: « lo colpirò
il Pastore, e le pecore saranno disperse «; la qual cosa fu detta degli
Apostoli di cui egli era Pastore e capo, come è adesso di tutta la Chiesa
Callolica. E nessun altro dee temerariamente occupare il suo posto, usurpando per tirannia, violenza, guerra, rapine, frodi, inganni e ipocrisia
1 poteri di Gesù Cristo, da lui acquistati a si gran prezzo offrendosi in
olocausto delle nostre colpe, onde
placar l’ira del Celeste Padre. È vero
che in ogni parie della sua Chiesa Dio
ordina ministri e vescovi, ma senza
dare ad alcuno di essi il primato.
Anche giusta le vostre leggi, essi han
tutti uguale potenza, come risulta dal
cap. antipenultimo versetto si autem,
distinzione 95. Lo stesso Gesù Cristo
si dichiara principe, maestro, signore
e capo di tutti; e poi se alcuno ha
r ardire di farsi chiamare ia terra
signore, maestro , capo o principe
universale non è, secondo i vostri
canoni, scomunicato, appunto perchè
agirebbe contro Dio ? Ecco le parole
del decrelo nella quarantesima distinzione, cap. ullimo : « Chiunque aspira al primato in terra, in cielo sarà
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confuso, e chiunque tenta divenir
principe, non deve appartenere al
numero de’servitori di Dio». Lo
stesso è detto nel capitolo antipenultimo e penultimo della distinzione 99.
D. Dove sono adunque i pastori
di cui s. Paolo fa menzione (come
sopra abbiam detto) e come si possono trovare e conoscere in codesta Chiesa cattolica che tu fabbrichi
nell’aria? Se questa è astratta ed immaginaria come possono esservi pastori ?
R. La Chiesa che io confesso non
la cerco coll’immaginazione e nelle
nuvole, come voi dite ; ma è qui, in
terra, fra coloro che sono servitori di
Cristo ed abitano in questo mondo
sparsi qua e là; e il vostro capitolo
Catholica, dist. 11, lo conferma. Imperciocché tutti i cristiani sono nella
Chiesa cattolica ed universale che
essi medesimi costituiscono. Altro è
il considerare la Chiesa in concreto,
come dicesi, altro il considerarla come
un corpo mistico composto deU’unione de’ crisliani e di Crislo; ed è per
ciò che essa è detta Corpo di Cristo
al cap. In Ecclesia 1, quest. 1. La
Chiesa cattolica comprende nella sua
fede diversi membri, cioè tutti i cristiani, epperciò ogni Chiesa particolare. In risposta poi a quanlo mi dite
io sostengo essere ragionevole che vi
siano paslori fra’ crisliani ed in lutte le parli apparenti della Chiesa
cattolica ; ed ecco ciò che chiamasi
Chiesa in concreto. Oc considerando
la Chiesa mistica, io credo che essa
sia spirituale, e concepibile solamente
dallo spirito.
E in quesla Chiesa mistica non vi
è altro pastore che Gesfi Cristo ; gli
stessi vescovi non ne sono che membri al pari degli altri, e pecorelle di
codesto pastore universale.
D. Se dunque confessate con tanta
loquacità che la Chiesa cattolica è iu
terra, e che nessuno ne è capo universale olire a Cristo, dove sono i pastori di cui parlavamo poco fa ?
7i. I pastori di cui parla s. Paolo
devono essere in ciascuna parte apparente di delta Chiesa cattolica. Mostratemi una Chiesa particolare e apparente, ed io vi mostrerò il pastore
che dev’esservi necessariamente.
D. Se vi chiamate membro della
Chiesa universale, e sostenete che
dev’esservi un paslore in ciascuna
parte apparente, dite, dov’è il voslro
pastore ?
R. In terra souo due specie di
pastori ; l’una è tulta secolare che
veglia per difesa de’ buoni e punizione
de’ tristi ; l’altra ha la missione d’insegnare ed istruire i cristiani nel timore di Dio c nella fede cristiana
colle parole, e il buon esempio, e per
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amminislrar loro i sacramenti. Ciò
poslo, io riconosro per mio pastore
nelle cose secolari il maguifico Goveruatore di Padova ed i signori di
Venezia che sono i miei principi ; ma
in quanlo alla parola di Dio ed ai
sacramenti uou riconosco per mio
pastore nissuiio fra tutti quelli die
ritengono per Chiesa apparente la
sinagoga del papa, alla quale non
voglio in modo alcuno appartenere.
D. Se non volete appartenere ad
essa, ed in questa ciltà siete senza pastore, vi dichiarate da voi stesso fuori
della Chiesa ; giacché s. Paolo dice
che tutte le Chiese hanno il loro pastore.
R. Questo ragionamento non si
regge ; infatti vi può essere qualche
crisliano fra’Turchi, in paesi barbari,
il quale, quantunque non sia nella
congregazione de’ fedeli, e non abbia
alcun pastore evangelico, pure se egli
confessa Gesù Cristo, non lo si può
reputare fuori della Chiesa cattolica,
nè meno crisliano degli altri. I pastori apparenti devono essere uella
Chiesa apparente. Se la Chiesa non
è apparente, a che cercarvi paslori e
vescovi ?
D. Basta, basta; la notte si avvicina, e ancora non avete risposto
drca a’ sacramenti. Ritornate in prigione, meditate, e conoscerete d’essere
senza pastore; e intanto preparalev
a ritrattarvi.
R. Ritornerò volentieri alla prigione, ed andrò, se piacerà a Dio,
anche alla morte. {Continua)
siymi siOHia u pirgaiorio.
IV.
Nel sesto secolo della Chiesa la dottrina
del Purgatorio prese un nuovo sviluppo.
Gregorio I, sopracchiamato il Grande, vedendo chc nè I passi della Bibbia interpretati a rovescio, nè le pretese tradizioni, nè
ia fdosofla pagana potevano dare un solido appoggio a questa dottrina che avrebbe accresciuto di mollo la potenza dei
papi, e che avrebbe dato al clero la chiave delle ricchezze, ricorse alle visioni ed
alle rivelazioni che erano la mercanzia la
più accreditala a quei tempi. Egli dunque
per istabilire il Purgatorio a forza di visioni propose II seguente quesito. Perchè,
diceva egli, in questi noslri tempi si manifestano lanle rivelazioni, e si sanno tante
cose che prima uon si sapevano sullo stato
delle anime?Dalla questione stessa di san
Gregorio noi rileviamo die la doltrina del
Purgatorio era una doltrina nuova. Ad
una tale queslione egli risponde, che siccome nel fmire della notte prima che il
Sole si levi si fa vedere l’aurora, set»bene
ancora mescolata colle tenebre, così prima della fine del mondo ( Gregorio avea
predetto prossima la fine del mondo) cominciano a comparire nelle tenebre del
mondo le cose spirituali dei secolo venturo. Dopo tale preambolo comincia a
narrare le storie di rivelazioni o visioni
che egli slesso od altre persone divote
aveano avute.
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Narreremo brevemente qualcuna delle
visioni raccontate dall’infallibile Gregorio. Egli racconta che l’anima del re Teodorico bolliva continuamente in una grande caldaia che era neil’ interno del monte
Etna. Noi domanderemo ai difensori delr infallibile Gregorio una semplice spiegazione : desidereremmo sapere per nostra istruzione come un’aDima che è uno
spirito possa bollire in una caldaia? San
Gregorio dico cbe là, nelle viscere dell’Etna, sono tutte le caldaie del Purgatorio le quali bollono con tanta maggior
forza quanto più cresce il numero delle
anime che \ i sono gettate dentro. Racconta di un tale Stefano, il quale morì,
ma quando fu per prendere il suo posto
nella caldaia, gli esecutori si avvidero che
non era lui che cercavano, ma un allro
delio stesso nome: allora, dice san Gregorio, che lo Stefano sbagliato risuscitò ,
tna che nello stesso istante morì il vero
Stefano che si cercava. Non vogliamo
omettere una saviissima riflessione di san
Gregorio stesso su questo falto. Egli osserva cbe fu una gran fortuna per il po
vero Stefano di essere stato uu pover uomo, imperciocché se fosse stato ricco,
sarebbe stato imbalsamalo, secondo l’uso,
ed allora era (ìnita per lui.
Racconta lo slesso san Gregario che alcune monache erano morte scomunicate
da san Benedetto, però con tutta la scomunica furono sepolte nella Chiesa ; ma
ogni manina quando il diacono, secondo
r uso, si voltava verso il popolo per fare
uscire dalla Chiesa quelli che non si comunicavano , una nudrice vedeva che la
sepoltura si apriva e le monache scomunicate uscivano dalla Chiesa. Fu rapportato il miracolo a san Benedetto, il quale
fece dire una messa per le anime scomunicate, che d’allora in poi riposarono in
pace.
Il tormento del diacono Pascasio raccontato da san Gregorio merita di essere
qui riferito. Colesto diacono era stato uno
dei principali autori dello scisma di Lorenzo contro papa Simmaco : era morto
nello scisma, ed era andato in Purgatorio. Ma il Purgatorio di Pascasio consisteva in questo , di essere condannato a ricevere lutto il fumo dei bagni che usciva
dalle stufe di Pozzuoli. Colla stessa serietà racconta che l’anima di una monaca
fu tagliala in due parti eguali, una delle
quali fu mes.sa al fuoco e soffriva, e l’altra era libera. È celebre l’altro fatto raccontato da Gregorio, di quel medico divenuto monaco, che per avere conservalo
tre scudi mori scomunicato e fu sepolto
nel letamaio per ordine dello stesso Gregorio ; ma dopo avendo fatto dire trenta
messe per la sua anima, quell’anima apparve ad un monaco e disse che era salva per le trenta messe. Su tali relazioni
che in quei tempi si credevano più che il
Vangelo, si stabiliva la dottrina del Purgatorio nella Chiesa Latina.
La Chiesa Greca però più tenace a ritenere le antiche doitrine, avea già condannato nel quinto Concilio ecumenico la
dottrina del Purgatorio siccome un errore
di Origene : ma, circa la metà del secolo
vili, un impostore conosciulo sotto il nome di Giovanni di Damasco pubblicò delle
visioni dello stesso genere di quelle di
Gregorio per ¡stabilire anche nella Chiesa
Greca il Purgatorio. Questo impostore dice che s. Macario, monaco del iv secolo,
mentre passeggiava un giorno pregando
per le auime del Purgatorio, vide sulla
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strada un cranio iimauo mezzo scoperto;
lo disotlerrò col suo bastone, e poscia
battendo sopra di esso domandò a rhi
avesse appartenuto : il cranio, sebbene
senza lingua gli rispose avere appartenuto
ad un sacerdote gentile. Macario voleva
continuare la conversazione, ma il cranio
gli disse cbe continuasse a pregare, perché mentre egli pregava per i morti, essi
si sentivano sollevati dai loro tormenti.
Lo stesso Damasceno ripete quello che
già avevano dello Giovanni e Paolo diaconi nella vita di san Gregorio, che cioè
un giorno mentre papa Gregorio passeggiava Del Foro Traiano,"pensò di pregare
per l’anima di quello imperatore. Allora
senli una voce dal cielo che gli diceva:
« Per questa volta li ho esaudito, ma ti
proibisco da qui innanzi di pregare per i
malvagi ». La liberazione di Traiano dall’inferno è confermata nelle rivelazioni di
s. Brigida e di s. Metilde. Con lali storielle si voleva fare ricevere anche alla
Chiesa Greca la doltrioa del Purgatorio ,
ma essa è stata ferma, e non ha mai voluto accettarla.
Intanto nella Chiesa P.omana di gioruo
in giorno si moltiplicavano le visioni ed i
miracoli per ¡stabilire sempre più il Purgatorio. Un impostore sotto il nome venerabile di Cirillo Gerosolimitano, mise fuori
nel secolo x un’opera dello stesso genere
per provare il Purgatorio, onde confondere, dice l’autore, quelli che ancora non ci
credono. Egli racconta che s. Girolamo,
dopo la sua morie apparve ad un tale Eusebio e gli ordinò di porre il suo abilo
sopra tre cadaveri, i quali al santo tocco
risuscitarono, eresiarono per venti giorni
in vila onde predicare il Purgatorio. Essi
raccoularono cbe dopo iu loro morte Id
dio li avea condannati all’ inferno, ma'essendos¡ opposto s. G¡^olamo, l’esecuzione
della loro sentenza fu sospesa, e loro fu
accordalo di risuscitare per fare penitenza ; ma s. Girolamo per fare ad essi conoscere quanto a lui dovevano, li feue non
solo passare per l'inferno e per il Purgatorio, ma loro fece assaggiare le pene di
ambidue i luoghi. L’impostore Cirillo dice
avere appreso da quei tre risuscitati mollissime cose che egli racconta sul Purgatorio. Tali e lante sono le assurdità che
Cirillo racconta in quel libro, che sembra
impossibile che un uomo abbia avuto il
coraggio di pubblicare simili menzogne.
Un solo fattarello adattato ai tempi racconteremo per edificazione dei nostri lettori. Un tale Teobaldo vescovo in Lombardia, in un giorno di gran caldo, per un
suo particolare guslo avea poslo i suoi
piedi sopra un gran pezzo di ghiaccio.
Allora dal ghiaccio uscì una voce che spaventò ¡1 buon vescovo. Era una voce umana che diceva; « Io sono un’anima che
sono tormentala in queslo ))ezzo di ghiaccio per i miei peccati ; potrei essere liberata se mi facesti subito dire trenta messe I). Le messe furon delle, ed il ghiaccio
si fuse e queU’anima volò in cielo.
L’EUCARISTIA
E I.l
CHIESA PRIMITIVA.
Un nostro amico ci scrive per sapere
quale fo^se la doltrina che era in vigore
nei primi secoli della Chiesa sulla presenza reale del Signor nostro Gesù Cristo nel
sacramento della santa Cena, chiamata anche Eucaristia ; e ci domanda spiegazioni
sopra un passo di s. Ignazio martire nella
10
lettera a quei di Smirne, sopra un altro
di s. Ireneo al lib. 4, cap, 32, e sopra uno
di s. Ambrogio al lib. 4, cap. i. Il nostro
corrispoadente non cita i passi più di cosi ; ma per dimostrare quanto noi riceviamo volentieri tali domande , ci siamo
incaricati di cercare i passi citati in quel
modo, e far vedere che da essi uou può
dedursi che la credenza dei primi secoli
della Chiesa fosse che Gesù Cristo fia
realmente e sostanzialmente presente nelr Eucaristia.
Facciamo osservare io primo luogo che
noi evangelici prendiamo le nostre dottrine unicamente dalla Bibbia che è parola di Dio : noi rispettiamo i santi padri
come dottori, ma non riceviamo le dottrine che essi insegnano se non sono insegnule dalla parola di Dio. Se un antico
padre come Ignazio avesse insegnato un
errore, quell’errore uon diverrebbe una
verità per la sua antichità. Girolamo, che
è pure un antico padre , insegna cosi in
molte delle sue opere (sul capo vii di Gerem. sopra Aggeo al cupo i ecc.): «Non
sono, egli dice gli errori dei nostri antenati che noi dobbiamo seguire; bensì l’autorità delle Scriilure ed i comandamenti
di Dio. Tutlo quello che si propone senza
l’autorità delle Scritture come se fosse
una tradizione apostolica, viene colpito
dalla spada di Din ».
Una seconda osservazione la desumiamo dalla lestimoninnza degli stessi cattolici : essi esaltano la testimonianza dei
padri quando loro fa comodo, ma quando i padri propongono le doitrine evangeliche in opposizione a quelle della chiesa romana, allora i padri non fanno più
per essi alcuna autorità. Il P. Petavio gesuita nelle sue note sopra s. Epifanio dice
così ; « Molte cose sono sparse ne’ scritti
dei santi padri, e specialmente nelle omelie del Grisostomo, che se si volessero
accomodare alla regola della verità sembrerebbero vuote di buon senso ». Ecco
i santi padri mancanti di buon senso. « Le
sentenze dei .santi padri sono spesso in
contraddizione fra loro » ; dice Alfonso di
Castro nel 1“ lib. delle eresie al cap. vii :
ed ecco ohe i padri non solo mancano di
buon senso, ma si contraddicono. Melchiorre Cano celebre teologo domenicano
nel suo seltimo libro dei luoghi teologici al
cap. Ili dice: «Che se si eccettuano gli scrittori'dei libri canonici, tutti gli altri santi
hanno scritto con ¡spirito umano; ed alle
volte hanno erralo anche in quelle cose
che po.ìcia si sono dichiarate essere di fede ». Ecco i santi padri errare nelle cose
della fede. Sisto da Siena grande teologo
anche egli, nella prefazione deHerzo libro
della sua biblioteca sostiene che: « Colesti antichi maestri della Chiesa si sono
alle volle allontanali di molto dalla verità » e nello stesso luogo dice che « nei
libri dei santi dottori che fanno autorità
nella Chiesa si trovano alle volte delle
cose malvagie ed eretiche « : ecco i sanli
padr¡ erel¡ci. Ora noi non po.ssiamo comprendere come i teologi romani invochino
l’autorità dei padri che essi stessi dichiarano mancanti di buon senso, pieni di contraddizioni, di errori e di eresie.
Potremmo anche osservare ohe a cagione delle alterazioni, e delle corruzioni
che han sofferto gli scritti dei padri, noi
non possiamo mai essere certi della loro
genuinità; ma per non dilungarci soverchiamente passiamo sopra ad unn lale osservazione, e veniamo al passo di s. Ignazio.
11
il passo citato è tolto da una lettera
scritta alla Chiesa di Smirne ed atlriliuila
a 8. Ignazio martire. Ma molli scrittori
dottissimi, dubitano dell’ nuleulicitìi di
«luelle lettere attribuite ad Ignazio: diffatti le lettere di un dotlore, di un martire , di un discepolo degli apostoli,
dovevano essere in grandissima aulorità
nella primitiva Chiesa : eppure tino al
quarto secolo nessuno scriltore ha citato
quelle lettere sebbene ne avessero avuta
l’occasione : non le ha citate Tertulliano,
e le avrebbe potute citare con gran fruito
contro Marcione; e quando Tertulliano divenne montanista i catlolici avrebbero citato s. Ignazio contrario alle doitrine dei
moDianisti. ¡Non sono citate nè da Clemente Alessandrino, uè da Epifanio, nè
da Origene, nè da verun altro prima del
quarlo secolo.
Un’altra ragione che ci fa credere supposte le lettere di s. Ignazio è un Jot'iimento prodotto da Anastasio il Bibliotecario, cioè un indice di libri apocrifi fatto
da Niceforo patriarca costantiuopolilano,
nel quale si trovano notate come apocrife le lettere di s. Ignazin. Inoltre in es-^c
SI parla degli erelici Cleobulo, Teodoto e
Basilide che vissero dopo la morte d’Ignazio. Per queste e molte altre ragioni molli
dotli crilici caltolici e protestanti negano
l’aulenticilù di quelle leilere; ma noi non
vogliamo prevalerci di un lale aigomeiito
c preferiamo rispondere diretlameiite ul
passo che ci si oppone.
Questo passo crediamo sia quello cilato
dal Bellarmino nel lib. ii, cap. 2 De Eucharùtia. Ecco le parole letteralmente tradotte; «Non ammeltono le Oblazioni e le
Eucaristie perchè non confessano l’Eucaristia essere la carne del Salvatore la quale
ha sotl'erto per i nostri peccati e la quale
il Padre ha risuscitato per sua misericordia ».
Osserviamo in primo luogo che gli errori inlorno alia Eucaristia incominciarono assai dopo la morte d’Ignazio, imperciocché nè Ireneo nè Epifanio i quali hanno scritto la sloria delle eresie hanno parlato di tali eretici. Ma poslo ancora che la
letlera sia d’Ignazio, e che il passo citato
sia genuino, ciò non proverebbe per nulla
che s. Ignazio avesse creduto alla presenza reale di Gesù Cristo nella Eucaristia. Difalti lutta la forza dell' argomento
sarebbe in quelle parole: I’ Eucaristia essere la carne del Salvatore. Il primo senfo
che poirebbn darsi a quesla espressione
sarebbe, che Ge.'ù Cristo il quale è morto
ed è risuscitato per noi, è la nostra vera
Eucaristia, cioè il rendimento di grazie
per la nostra salvezza, e non indicherebbe punlo in queslo senso né la presenza
reale, nè la transustanziazione. Ma nun
amriieltendo una tale spiegazione, si dovrà necessariamente ammettere che sant’Ignazio parlasse della Eucaristia come
simbolo e figura del corpo di Cristo, in
quanto cheGesù Cristo si trova sacramentalmenle e non materialmente in e.^sa.
Chc lille KÌa il senso d’Ignazio apparisce
chiaramente da varii jiassi paralleli. Per
esempio, nella lettera a quei di Filadelfia
chiama l’Evangelo la carne di Cristo, eppure non sappiamo fino ad ora che nessun
teologo abbia preso alla lettera queste parole. Nella lettera «i Tralliani dice che
la Fede è la carne di Criato e che la Carità è il suo sangue. Era dunque una
espressione usitata di s. Ignazio, la quale
non ei deve assoluiamcnte prendere iu
12
— m —
senso materiale, ma deve essere iolerpretata spiritualmente.
Per quello die riguarda la citazione di
s. Ireneo, nel libro iv contro le Eresie al
capo 34 {e non 32 come scrive il nostro
amico) ce ne sbrigheremo con poche parole attendendo schiarimenti maggiori per
rispondere meglio se mai avessimo preso
abbaglio. Veramente non credevamo a noi
stessi quiindo abbiamo vedulo che su questo passo d’Ireneo i teologi romani fabbricano uno dei loro solili castelli incantati, Per l’onore di s. Ireneo non avrebbero dovuto mettere fuori un lale passo ,
imperciocché di l;iap|iarisce che s. Ireneo
era imbevuto della dottrina di Platone chc
ai nostri giorni si chiamerebbe Pon/eismo,
imperciocché dice in quel luogo con una
grande circonlocuzione, che il pane eucaristico è il corpo di Cristo perchè Gesù
Cristo è il Creatore di tutte le cose. Ecco
le sue parole : « Come sapranno essi che
il pane sul quale sono state rese le grazie
è il corpo del suo Signore, ed il calice il
sangue di lui, se non confessano egli stesso essere il figlio del fabbricatore del mondo , vale a dire, il suo Verbo per il quale
l’albero dà i fruiti, scorrono le fonli, e la
lerra dà prima il fieno , poscia la spiga e
finalmente il frumento? » Ci rincresce il
dirlo, ma queste parole d‘ Ireneo non ci
sembra che sentano la scuola del Vangelo, ma piuttosto ([uclla di Platone, di
Cicerone , di Virgilio e dei moderni Panteisti.
Per riguardo al passo indicato di s, Ambrogio, esso deve essere tolto dal lib, iv,
capo 4 dei sacramenti. Ora egli è certo
presso tutt’ i dotti che i libri dei Sacramenti non sono afiutto di s. Ambrogio,
ma sono una produzione del Medio Evo,
citati per la prima volta da Lanfranco
nell’undecimo secolo; ed i teologi savii
ed onesti, come Natale Alessandro ed altri, si astengono dal citare quel passo,
perchè falso , ma è solo citato dal Bellarmino e suoi seguaci, per i quali citare il
falso è una indulgenza purché conduca al
loro scopo.
Questa è la risposta che abbiamo potuto
dare su due piedi al nostro amico che ci
interroga : se avrà altre diliìcoltà su questa 0 su qualunque altra materia religiosa
non si astenga dal proporcele, che , purché sieno di un qualche interesse noi ci
faremo un dovere di rispondere non solo
a lui, ma a chiunque dei nostri amici cbe
ci proponessero questioni su materie evangeliche.
RISPOSTA
ALLA
PASTORALE
DEL
VESCOVO DI Wl\.
LETTERA TERZA.
Monsignore,
Mentre sono stato attendendo inutiltncuie una di lei risposta, mi sono occupato a studiare la mia Bibbia, e specialmente mi sono occupato di quel passo
della letlera di san Paolo ai Romani (x. 17)
che V. S. cita nella sua pastorale. L’Aposlolo, Ella dice, non c’ insegna chc, la fede
viene leggendo, ma ascoltando. Ora, io
dico, se i Romani avessero voluto ascoltare quella lettera senza leggerla, crede
Lei che quella letlera avrebbe parlato?
Secondo san Paolo, avea torto san Paolo
stesso scrivendo ai Romani, imperciocché,
os.servi Lene, san Paolo non scrive al pa|ia.
13
■ :t....., ■■■■■ .
ma a tuU' i Cristiani ili Roma, ed il titolo
stesso delia leltera lo dice oiilarainenle;
n A voi tulli cLe siete in Roma ¡>. Desidererei ancora che osservasse, che sau Pao
lo ha avuto torlo di scrivere al popolo,
questo torto l’ha avuto molte volle, imperciocché ha scrilto non solo ai Romani,
ma due volte a quei di Corinto, due volte
a quei di Tessalonica ecc. ecc.
Ma san Paolo non è il solo che abbia
siTitto per farsi leggere dai semplici fedeli; imperciocché se gli Evangelisli hanno
scrilto lo hanno fallo cerlamenle aliìnchè
il Vangelo fosse lello cd ascoltalo nello
slesso lempo, a meno che non si trovasse
il mezzo di far parlare i libri come altrettanti automi. Per essere dunque tutli di
accordo, io credo che noi dobbiamo leggere la Bibbia da per noi stessi ed ascoltarla quando altri la leggono, così faremo
quello che dicono i protestanti e quello
che dice Lei, cd il Vangelo verrà a noi
nou solamente per gli orecchi ma anche
per gli occhi. Percorrendo la Bibbia bo
veduto che Mosè non si contentava die gli
Kbrei leggessero la parola di Dio, ma voleva altresì che la scrivessero; « Tu scriverai quesle parole sulle tue porte » egli
disse. E Gesù Cristo disse inoltre che la
Bibbia non solo dove essere letta, ma ancora investigala: « Investigate le Scritture, disse Egli agli Ebrei, perciocché voi
pensate per esse avere vita eterna u. Veda
dunque, Monsiiinore, che io cerco mettere d’accordo il suo consiglio col buon
.senso; studio la sua pastorale, ma la
studio colla Bibbia alla mano, e siccome
mi trovo contento di un lale metodo, credo che V.S. mi permetterà di continuare.
Parlando dei falsi profeti V. S. dice che
il segno al quale si conoscono sono i loro
frutti, cioè le loro operazioni* Que.sta riflessione è perfellamente giusta, ed io
tanto più volentieri I’ accetto , in quanlo
che è una citazione del Vangelo. Ma quali
sono questi falsi profeti che si conoscono
alle loro operazioni malvagie? Per sapere lale cosa bisognerà che noi studiamo
quegli uomini che si spacciano per profeti, ossia per inviati di Dio, sieno pure
caltolici 0 proteslanli. V. S. conosce bene
che un uomo del popolo, un ignorante
come io sono non può spingere molto oltre le sue ricerche : io conosco poco quel
lo che si passa qui in Nizza, e non conosco per nulla quello che accade a Roma
od a Londra. Mi sembra però che il luogo
per fare quesla comparazione potrebbe
benissimo essere il nostro paese. La soavità del nostro clima fa si che in ogni anno molti pastori protestanti vengono quà
per ristabilirsi in salule. Senza uscire dunque di quà osserviamo i pastori protestarli, ed i preti catlolici. I pastori protestanti che vengono qui sono quasi tulli
attaccati da mali di gola, lo che fa supporre che parlano molto e predicano mol
lo nelle loro chiese: questo è un attestato
della loro attivila e del loro zelo. Ma cosa
fa il nostro clero catlolico? Noi lo vediamo conlinuatnenle ingombrare le vie , le
pubbliche passeggiate, i caffè, i saloni dei
ricchi ed anche il teatro. I nostri frali soffrono forse di male alla gola per predicar
troppo? Sono forse oppressi dalla fatica
dal visitare c soccorrere i poveri quei
frali mendicanli che grassi e rossi col
soldo del povero pollriscono nei loro convenli? E quando vanno di |iorla in porta,
vanno essi per dare o per prendere? Io
non ho mai inteso dire che un solo di
questi paslori protestanti sia stato messo
14
in prigione e condannato per furti o per
immoralità : non nè ho mai vedulo neppure uno nel nostro teatro, neppure uno
nelle nostre prigioni, neppure uno.......
Una sola volta vidi un pastore protestante
disputare coi doganieri; faceva forse cnnIrahhandi? No, egli voleva fare passare
alcune Bibbie, non già per venderle , ma
])er donarle.
Farò ora ii confronto della condotta dei
preti protestanti con <|uella dei preti cattolici? No, Monsignore, io sono buon cattolico, e so che mi è lecito di esaminare
la condotta degli Erelici, ma non mi è lecito di fare altrettanto col clero della nostra sanla madre Chiesa, lo non voglio
dunque sapere se i noslri ecclesiastici fatichino 0 no per l’istruzione dei poveri :
non voglio sapere se vivono delle loro fatiche 0 del sudore del povero: uè se lutti
e sempre osservino quella moralità che
predicano, nè se ve ne ha qualcuno che
sia stato dall’ autorità legittima scacciato
dalla nostra citlà, nè voglio investigare
allre cose che non si converrebbe neppure nominare ; io voglio essere giusto
con tulti, ed anche verso i forestieri, e
verso gli Erelici stessi, lo voglio acceitare
i loro libri, voglio ascoltare le loro parole,
e voglio altresì domandare a l.,ei, Monsignore delle Spiegazioni per così esaminare
lutto fino a tanto che sia convinto della
verità.
Le ripeto dunque, Monsignore, che a
Lei appartiene illuminarmi, non solo me,
ma tutti quelli che si trovano nello stesso mio caso. Invece dunque di pubblicare
pastorali che sono immediatamente lacerale, c die il giorno dopo se ne cercherebbe
invano un esemplare, ci dia delle pubbliche conferenze ove i cattolici disputino coi
protestanti : confonda una volta questi
Eretici, e ci renda persuasi che la ragione è dalla sua parte. Ma badi bene. Monsignore, che se Ella ricusa, molti crederanno die ciò sia cITetlo della paura, e
diranno che V. S. cerea le tenebre e fugge
la luce. La prego dunque di non lasciarci
in tale stato. I.ei è pastore, vegli sulle sue
pecore e cerchi di convertire luiche i lupi;
imperciocché questi, che Lei chiama lupi,
hanno anche essi un’anima immortale da
salvare.
N0T1Z11Ì UFJJÌÌIOSR
Piemonte. —L’arcivescovo di Vercelli
ha pubblicato una cosi detla omelia da
lui predicala il giorno dell’Ascensione,
sulla divina alleanza tra il sacerdozio ed
il principale. Se non prendiamo abbaglio,
ci sembra che monsignore di Vercelli abbia in essa voluto far risorgere la viela
teoria del medio evo, che il sacerdozio è
allo Stato quello che l’anima è a! corpo.
Questa omelia ha meritato gli elogi del
Cattolico-, ma non meriterà certo gli elogi
dei cristiani, i quali desidererebbero, e
con tutta ragione, che i preti incominciassero una volta a predicare il Vangelo,
e non si mescolassero di politica.
Roma. —Una corrispondenza della fiilancia dà qualche dettaglio intorno alla
protesta fatta dal papa contro il Piemonte,
e c’informa delle gentilezze che il papa
usa a quel di Napoli nel fare la stessa
protesta. Dopo il ritorno del papa da
Gaeta, dice la corrispondenza che citiamo,
il papa aggiunge ogni anno alla protesta
contro Napoli queste parole: « Speriamo
« cbe il re Ferdinando, figliuol nostro
Il dilettissimo, che tante prove ne ha dato
15
IT di munificenza preclara e di filiale pielà,
» appena avrà composti gli alTari del reit gno, vorrà eziandio provvedere sicché
fi non abbia più luogi) la presente proli testa ». Tali gentili parole non si usano
a riguardo del Piemonte.
— Allorché iu un testamento vi sono
lasciti per opere di beneficenza, che in
termine di curia si chiamano cause pie,
la congregazione della reverenda Fabbrica
Apostolica entra in possesso di rpiella
parte del lascito, e mette sequestro su
tutla la eredità. Quello poi che è più specioso, si è che nel caso in cui gli eredi
0 l’esecutore testamentario facessero opposizione a tale cousegoa devono fare
la causa senza appello innanzi allo stesso
tribunale della Fabbrica, ed i giudici sono
tre canonici di s. Pietro ; per cui la Fabbrica cita, giudica ed eseguisce. E siccome la Chiesa non può mai perdere, nel
caso impossibile che gli eredi vincessero,
non possono mai reclamare le spese.
Quando in un testamento vi sono legati
di messe, allora entra nella eredità cogli
stessi diritti la sacra congregazione della
Visita Apostolica. È morto dunque negli
.«corsi giorni in Koma un tal Galli, uomo
ricchissimo, ed ha lasciato la sua pingue
eredità di 200,000 scudi (l,0(ì0,000 fr.j,
aflinchè fosse erogata la opere di pubblica lieueficenza, ed ha nominato suo
esecutore testamentario l'avv. Ales.=andro
Franchi, acciò scegliesse maturamente a
suo piacimento le opere di beneficenza
da eseguirsi. La reverenda Fabbrica ha
citalo avanti a sè il Franchi a consegnare
lutta la eredità: atlesocM non essendo nel
testamenio delerniinata alcuna opera pia,
si deve intendere U eredità devoluta di
diritto alla reverenda Fabbrica.
Una così pingue eredilà non poteva non
eccitare lo zelo di altri pii sacerdoti, e
perciò la s. Congregazione della Visita
pretende, che siccome la migliore opera
pia è la messa, così non essendo nel testamento specificata la pia o|)era da e.iseguirsi, debba tulta la erediti essere erogala in tante me.sse. Così i preti si litigano
santamente fra loro una eredità che in
tempi di tanta miperia .strappano al povero. Edificante esempio di carità evangelica !
FRA^'cu.—La nuova legge francese
sull'insegnamento che toglie In parte la
grande influenza del clero sulla pubblica
islruzione ha cagionato grandi rumori fra
i preti. Nel dipartimento del Giura specialmente han luogo varii scandali. I parroci si riuniscono in conferenze, e dopo
un lauto desinare conferiscono intorno ai
mezzi di mettersi in opera da essi onde
impedire l’eiTetto della legge. Queste discussioni sono state in molte località assai burra.'cose. Intanto le antiche liberi,^
della chiesa gallicana sono scomparse per
tutto. Sono stati tolti perfino i galli da
sopra i campanili perchè passavano per
essere un emblema della chiesa gallicana.
Ai.lkm.\gna. — Nel corso deli’anno -1853
nella sola provincia prussiana di Silesia
si souo dichiarati per la religione evangelica -17 Israeliti, e 862 caltolici.
C[.\cis:<ATi. — Il Rev. P. Kroeger parroco della Trinità è stato sorpreso ncH'atto
di fare violenza ad una fanciulla mentre
la confessava in una camera vicina alla
sagrestia ove era solilo cnnfes.=are le donne.
La giustizia agisce collie di dovepo, e fra
poco comparirà anciic questo martire innanzi ai tribunali.
CAN.tnÀ.— Anche nel Canadá, paese ul-
16
tracattolico, i magistrati ÌDCominciano ad
assentarsi da certe funzioni ecclesiastiche.
1 giornah parlano del sig. Domenico Mondelet, capo della magistratura, chc si ricusò formalmente di assistere in questo
anno alla processione del Corpus Domini.
CRONACHETTA POLITICA
PiEMO.NTE. — Fu dal Governo data comunicazioDO alla Camera dei Deputati di
un Decreto reale con cui la sessione delie
due Camere è prorogata a lutto il 27 novembre ¡834.
— L’Avv. Brofferio ha cessato dalla
carriera del giornalismo per dedicarsi unicamente al foro.
— Il giorno ■18 giunse felicemente nel
porto di Genova il Persian, che porta con
sè a bordo la corda del telegrafo sottomarino che dee eongiungere la Corsica e
la Sardegna al nostro Continente. Jer sera
parti da Torino, accompagnalo dai ministri dei lavori pubblici e della guerra,
S. A. R. il principe di Carignano, per assistere in nome di S. M. il Re alla inaugurazione di questa maravigliosa linea telegrafica.
— Il primo esperimento della ferrovia
tra Torino e Pinerolo riuscì felicissimo.
Si crede che l’inaugurazione possa aver
eiTetto il giorno 2S del corrente mese.
Spagna.—L’insurrezione che si diceva
EoUbcata, pare anzi si propaghi in modo
spaventevole pel governo : ecco parte dei
proclama del generale 0’ Donnei agli Spa ■
gnuoll.
« Spagnuoli:
<1 Noi vugliamo, scrive il capo deil’armata liberate, la conservazione del trono,
ma senza la camarilla che lo disonora.
« Vogliamo l’esecuzione rigorosa delle
« leggi fondalnentali, ed il miglioramcnII to soprattutto della legge elettorale e
« di quella della stampa. Vogliamu la di« miuuzione delle imposte. Vogliamo che
« negli impieghi civili e militari si rispet« tino i diritti d’anzianità e quelli del
« merito ; vogliamo slraiìpare i coiiumi
« alla centralizzazione che li divora. FiK nalmente, come guarentigia dei popoK lari diritti, vogliamo stabilire sopra soK lide basi la milizia naziouale ».
Teatro della guerka al .nord. —
Scrivono da Danzica in data del 7 alla
Patrie, cbe il governo russo aveva rinnovale ai comandanti delle piazze forti del
golfo di Finlandia, del golfn di Bolnia e
delle altre località situate in quella parte
deH’impero russo, le istruzioni che loro
avea dato, per raccomandare nel modo
più formale che rimanessero sulla difeusiva ed evitassero ogni conflitto colle
squadre di Francia e d’Inghilterra.
TEAinO DELLA GUEBllA AL SUD. — Leggesi nel Uoyd di Vienna in data del Gela
Bukarest:
Regna un gran terrore in questa citlà.
Il generale Budberg ordinò stamane agli
archivisti di tutti i ministeri vallachi di
porre i loro archivii in pacchi a fine di
poterli trasportar via ad ogni istanle. Dinanzi a ciascun edifizio contenente archivii sta un picchetto di Cosacchi, e ciascun impiegato che ne esce è frugato attentamente per vedere se mai recasse via
qualche documento.
— Una lettera particolare della cosla
d’Abazia del 2o conferma il fatto di cui
erosi parlato, cioè che Sciamil aveva interdetto la vendita delle donne fra le tribù
circasse soggette all’autorità di lui. Questa determinazione, inspirata da un senti.
mento di umanità, dev'essere considerala
come un allo di civiità importauliisimo.
— Un allro dispaccio del IS da Vienna,
riferito dal Journal des Débats, dice :
Oggi alla borsa di Vienna si faceva correre il dispaccio seguente:
Le truppe turche, coadiuvate da 18,000
anglo-francesi, hanno riportalo una nuova
vittoria, in seguito alla quale la città di
Bukarest sarebbe stata occupata dagli
eserciti alleati.
IIETTIFICAZ10.\E
Dobbiamo ammonire i nostri lettori cho
siamo incorsi in un errore, dando nel nostro numero scorso come proprio dii
giornale/(ssoctazione e Lavoro un articolo
da quest’ultimo tolto ad imprestito dalla
Luce Evangelica,
Direttore P. G. MEILLE.
Gbo.sso Domenico gerente.
TIP. SOC. DI A. PONS E COMP.