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ECO
DELLE VAILI VALDESI
Past. TACCIA Alberto
10060 ANOROGNA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Num. 33-34
Una còpia Lire 60
ABBONAMENTI
Eco: L. 2.500 per I’interno
L. .3.500 per l’eptero
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TORRE PELLICE - 29 Agosto 1969
. Claudiana Torre Pellice - C.CJ*. 2-17557
SI STA SVOLGENDO IL SINODO VA LOESS >969 /7n incnntm prnmosso ad Agape
Il corteo sinodale
esce dalla Casa valdese e sì avvia al
tempio di Torre PellicCi per il culto
inaugurale. In tesi»,
il predicatore d\ifficiOf pastore Enrico
Geymet e il candidato alla consacrazione pastorale, Raymond de Rahm; die-^
tro di loro si scorgono i due Moderatori
della Chiesa Valdese^
i pastori Neri Giampiccoli (zona europea) e Delmo Rostan (zona sudamericana).
(foto Pellegrin)
Equiliirio 0 sdliilarjeià
di posiziofli diinirse?
« Sarà un Sinodo di chiarimento? » — ci chiedevamo nell'ultimo
numero. Mentre scriviamo, il Sinodo è lungi dall'essere concluso;
tuttavia, se l'esigenza del chiarimento è senza dubbio avvertita,
non pare profilarsi una soluzione,
un'indicazione sia pure iniziale. Si
può dire che è un Sinodo meno
« caldo » di quello scorso (manca
fra l'altro ogni forma di contestazione, e ci si chiede se vi è un senso ci; delusione, di allontanamento
da parte dei contestatori, o se la
consegna potrebbe esser suonata;
« non spaventare i borghesi! »);
ma questa maggiore pacatezza,
che non esclude qualche isolata
fiammata, può anch'essa essere
giudicata diversamente: un modo
più cauto, e al limite sornione di
affrontarsi, di calcolare le forze
nel gioco dei gruppi e delle correnti, ovvero una effettiva volontà di fraterna tolleranza, di rispettare cioè la vocazione diversa
deir altro e di offrirle un'effettiva
possibilità di esplicazione? Vorrei
poter rispondere decisamente che
quest'ultima è la realtà, e vi sono
stati in effetti momenti felici in
tal senso, ma purtroppo non si
può escludere dalla considerazione anche il prim,o termine dell'alternativa.
Questo clima di relativa cautela
si è riflesso in qualche misura pure nel lavoro intenso della Commissione d'esame (Marcella Gay,
Carlo Pons, Paolo Ricca e Giorgio
Bouchard relatore). Grosso modo,
e con qualche notevole riserva critica su taluni punti particolari, la
Commissione si è dichiarata d'accordo nel fondo con le linee di valutazione e di programmazione del
rapporto della Tavola (la questione delle « scelte » che s'impongono e la loro articolazione); ma
mi pare non abbia fatto risultare in tutta la loro acutezza le questioni ultime in gioco e non sia
quindi riuscita, più della Tavola, a mettere in luce alternative
veramente chiare e chiarificatrici
che aiutassero il Sinodo e la Chiesa tutta in questa faticosa ricerca
che tutti teoricamente o sentimentalmente desiderano e auspicano,
ma che pochi sono disposti a tentare faticosamente. Il tempo della
confusione non pare dunque volgere alla fine, ancora, e probabilmente i delegati delle chiese, pastori e membri, se ne torneranno
alle comunità con questo rinnovato senso di disorientamento, in
cui la tristezza secondo la carne e
quella secondo Dio si mescolano e
del quale portiamo tutti la corresponsabilità.
La predicazione del pastore Enrico Geymet, al centro del culto
inaugurale del Sinodo — nel corso del quale è stato consacrato al
ministero pastorale il candidato
Raymond de Rahm al quale rinnoviamo l'augurio più fraterno ■—
ha cercato di concentrare l'attenzione su questa situazione di intima lacerazione. Predicando il testo di Luca 12: 32, « Non temere,
o piccai gregge, perchè al Padre
è piaciuto darvi il Regno », egli ha
descritto gli svariati motivi di disorientamento e quindi di timore
che la chiesa odierna, ovunque nel
mondo, ha indubbiamente, insistendo in modo particolare sulle
linee di una certa ricerca teologica, che ha la sua matrice nella corrente bultmanniana e soprattutto
Postbultmanniana (talune citazioni erano di fatto impressionanti)
dnlln Federazione delle Chiese Eunngeliche in Italia
WSL '
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che giunge in qualche caso a un
vero svuotamento del contenuto
evangelico. Il testo di questa predicazione sarà diffuso a parte dal
pastore Geymet e ci è difficile
« condensarlo » qui. È tuttavia da
segnalare la sensibilità manifestata dal predicatore nella scelta del
testo e della tematica, nell'intento
di risalire a una delle radici più
p ro f o n de del disorientamento
odierno della chiesa, che non manca di ripercuotersi anche fra noi.
Forse il predicatore non è riuscito
nei fatti a mantenere pienamente
il suo assunto, ma nel relativo grigiore teologico e spirituale di questa sessione sinodale la sua preoccupazione non può comunque essere sottovalutata.
Per altro, però, la relazione relativamente breve, stringata, concreta della Commissione d'esame
è efficace nel guidare, parallelamente al rapporto della Tavola, i
lavori del Sinodo; questi — se considerati a prescindere dai problemi ultimi — si stanno svolgendo,
come abbiamo detto, con relativa
pacatezza, con una indubbia volontà di composizione (patto?
compromesso? armistizio?) fra le
posizioni contrastanti, con ricorrenti lungaggini che tra l'altro
hanno dilatato in modo sproporzionato il dibattito sugli Istituti
d'istruzione secondaria (il Collegio non si chiude, o almeno non
per un po' di anni, ma di questo
come di tutte le altre questioni riferiremo con più calma e un po'
più di distacco e riflessione nei
numeri prossimi). La presidenza,
assicurata dal pastore Roberto Nisbet e da Gustavo Ribet, conduce
senza mano pesante i lavori, e la
fatica è sempre gr,ossa, per la nostra indisciplina italiana e valdese; in qualche momento è parso
a qualcuno di riscontrare nell'atteggiamento della presidenza
qualche sfumatura di parzialità,
nel modo più che nei fatti, in senso inverso a quella riscontrata
nella presidenza dello scorso anno: tanto vibra la passione delle
posizioni (e infatti nella votazione
della presidenza del Sinodo si era
ingaggiata la prima battaglia di
questa sessione sinodale, domenica pomeriggio); lo si nota qui per
dovere d'obbiettività, avendo
avanzato lo scorso anno riserve
analoghe. I presidenti sono coadiuvati da un seggio costituito
da Bruno Bellion, Franca Coisson
e Enrico Scarinci segretari, Mario Bianconi e Franco Sappé
assessori: su loro, unitamente
alla segreteria dei la Tavola, cade
il peso rnaggìófé'^ila faticosa settimana sinodale; ma non certo leggero è il ritmo di queste giornate
per tutti i membri del Sinodo, con
due sedute serali, oltre alla seduta
del Corpo pastorale che, udita una
relazione del pastore Giorgio
Tourn, ha discusso della predicazione: piti che delle forme, del
contenuto, alla luce delle più recenti correnti teologiche, nell'affrontarsi delle posizioni barthiane e post-bultmanniane.
Graditi, sempre, la presenza e i
messaggi di numerosi delegati di
Chiese sorelle; sottolineiamo la
la partecipazione del Moderatore
de la Mesa Vaidense sudamericana, il pastore Delmo Rostan, e della delegazione metodista: il presidente Mario Sbaffi, il pastore Gino
Manzieri, i fratelli Bruno Loraschi
e Piero Trotta.
Qualcuno diceva, un po' per celia un po' sul serio, che questo Sinodo — a differenza dalla scorsa
sessione nettamente dominata dalla « contestazione » — potrebbe
essere caratterizzato dal fatto
che alla presenza di un gruppo
di pressione si è ora affiancata quella di un secondo gruppo di pressione, ovviamente antagonista. Questa notazione, che
non è priva di giustificazione, coglie soltanto un aspetto della situazione, e ci auguriamo il più
esteriore e mondano, certo presente ma non definitivo. E se, nel
nostro disorientamento e nei nostri contrasti, ci disponiamo a
chiudere il Sinodo con la partecipazione comune alla mensa del Signore, è perché crediamo tutti
che al di là di queste due e di ogni
altra nostra via, vi è sempre la
Sua via, quella dell'appello al ravvedimento e del perdono, della riconciliazione e della speranza che
fonda le nostre scelte sulla Sua,
di cui siamo oggetto e che le relativizza radicalmente nell'« umorismo » pieno d'amore con cui il Signore deve guardare il rovello di
queste sue piccole creature.
Gino Conte
ir Con questo numero riprende la regolare pubblicazione settimanale.
La posizione deiie
di fronte
Su questo argomento la Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia ha
organizzato im incontro di studio, che
si è svolto ad Agape nei giorni 20, 21 e
22 agosto. Fra i circa 60 partecipanti
all’intera serie degli incontri, oltre, naturalmente, ai relatori, che poi menzioneremo, erano i pastori Neri Giampiccoli e Mario Sbaffi; hanno preso
parte ai lavori durante uno o due giornate alcuni altri visitatori.
Chi, dalle paludi delle basse valli o
della pianura, sale fino a raggiungere,
con gli ultimi gradini di Agape, i 1500
metri, fruisce di alcuni benefici effetti
sul sistema neurovegetativo in genere,
e sul simpatico in particolare, che inducono una particolare perspicuità
della veduta sulle cose anche più lontane nel tempo e nello spazio. Quando
poi uno ridiscende, subisce analogo e
contrario effetto depressivo, le cose
prossime gli sembrano più grosse, e
le lontane nebulose; giova, tuttavia, ricordarsi delle cose vedute dall’alto.
Analogo effetto subiscono talora, scendendo a valle, gli abitanti della Montagna, i quali, a dispetto delle galliche
tradizioni, si ascrivono alla Palude con
più gusto dei soliti abitatori del padule. Ma vedo che sto uscendo dal
seminato, anzi dal seminario, di raro
interesse, costituito dalle prime due
relazioni, di Valdo Vinay, sulla teologia del separatismo di A. Vinet, e di
Giorgio Spini, sui rapporti delle chiese
evangeliche con lo Stato, nel Risorgimento: trattazioni delle quali anche i
non impegnati potevano ricavare im
vero godimento intellettuale. Di alto
interesse anche l’ampio excursus con
cui Alfiedo Sonelli introduceva alcuni
concetti basilari sulla posizione teologicamente corretta della chiesa evangelica di fronte allo stato. Con l’esposizione di Sergio Bianconi suH’azione
delle nostre chiese verso lo Stato dal
1948 a oggi, gli impegnati conseguivano una visione perspìcua e pimtualmente documentata deH’argomento,
cui si dedicava l’Incontro. Al che inoltre concorrevano, dal punto di vista
delle indicazioni teologiche deducibili
dal Nuovo Testamento, una relazione
preparatoria di Sergio Bostagno, e dal
punto di vista dell’indagine che ci si
proponeva, altro documento preparatorio redatto a guisa di orientamento,
da un protagonista dell’azione suddetta qual è Giorgio Peyrot.
La discussione iniziava già dopo la
relazione del Sonelli e proseguiva ampiamente, il secondo giorno, dopo la
relazione del Biaconi. Alcuni interventi avevano l’organicità e le implicazioni conoscitive di veri e propri
Chiese evangeliche
allo Stato
contributi e, insieme ai punti salienti
delle relazioni, sono confluiti nei documenti conclusivi, che si trovano riprodotti in quarta pagina. Il Documento A (sugli aspetti di principio) era
a cura di un gruppo diretto da Sergio
Rostagno e Sergio Bianconi; il documento B (dedicato agli aspetti attuali)
era opera precipua di Giorgio Tourn e
Franco Becchino. Più arduo, per essere compendio di istanze restie alla
definizione, il parto del documento
dei Sergi; al cui esito felice contribuivano, con accorte indicazioni terapeutiche, Aldo Comba, presidente con apparente nonchalance e sostanziale efficacia, e, con arte majeutica, Giorgio
Spini, di tutti garbato docente, anche
fuori dei lavori veri e propri.
Chi scrive è nuovo putroppo ai problemi concreti soggiacenti agli aspetti teorici, ma può attestare che furono
trattati con estrema attenzione, voltati e rivoltati da tutte le parti ;
avrebbe il medesimo desiderato che
gli organizzatori avessero prescritto
anche un esame, sull’arco risorgimentale in senso ampio, del pensiero vaticano sui rapporti con gli stati, prima, e poi lo stato italiano, che, se richiesto, lo Spini avrebbe certo delineato, se pure meno consono alle sue più
note ricerche, validamente; lo scrivente stesso tentò, in proprio, di accennare che, nella misura in cui l’odierna
ambiguità dello Stato si determina nel
punto in cui Cristo e Roma spezzano
il quadro dell’Antico Testamento, anche quest’ultimo è in qualche modo
implicato nella ricerca.
Infine, e al principio del convegno,
la bella ricostruzione fatta dal Vinay
del pensiero di Alexandre Vinet, squadernando nella forma che ebbe alTorigine una corrènte di pensiero, in cui
i nati nell’anteguerra si trovarono immersi dalla nascita, magari per la mediazione del Frommel e di Ernesto
Comba, ci faceva constatare che, di
quel vinetto del Lemano, sono pieni,
ancor oggi, i nostri calici. Anche per
questo era utile riunirsi ad àgape, in
quel d’Agàpe, con quegli esperti tastevins.
Si dice che alcuni, che sarebbero
venuti al Ciabas, o per troppo affetto
all’usato padule, o per timore del cardiopalma, o per disdegno del doversi
rifare il letto, a quelTàgape non ci
vollero venire. E fecero male perché,
se Frali non dà vino, dà pur dell’acqua
che, come dicono, vale il viaggio.
Augusto Comba
(leggere in quarta pagina i documenti
conclusivi elaborati dai partecipanti al
convegno ).
Al Comitato Centrale del CFC, a Caiiteibury
L'uomo e lo sviluppo
In questi giorni si è riunito a Canterbury (Gran Bretagna) il Comitato centrale del C.E.C e ci riserviamo di dare prossimamente un
resoconto dei lavori. Frattanto, il n. 29 del soepi dà un estratto
della relazione del presidente del Comitato M. Thomas, presentata
il 13 agosto scorso e avente per argomento l'uomo e lo sviluppo
M. Thomas, laico della chiesa siriana Mar Thomas direttore dell’Istituto cristiano per lo studio della religione e della società di Bangalore (India) è stato eletto durante la IV assemblea del CEC ad Upsala nel luglio 1968.
Certuni hanno visto, nell’accento iwsto sull’uomo ad Upsala, l’affermazione della direzione « orizzontale » del
cristianesimo a spese della dimensione « verticale » ed il ritorno all’antico
umanesimo aristocratico, ha detto
Thomas. « Il pericolo esiste senza dubbio ma questa critica porta a conclusioni errate per quanto concerne Upsala, perché questo fu un tentativo di
definire la responsabilità alla luce del
rinnovqmento escatologico di tutte le
cose nell’incarnazione, la morte e la
risurrezione di Cristo».
A volte tuttavia non vi è continuità
fra la ricerca storica degli uomini o
il loro progresso storico di umanizzazione e l’umanità escatologica dì
Gesù Cristo : « La cristologia soggiacente a questo umanesimo escatologico non è estranea né all’ortodossia
orientale né a quella del protestantesimo ».
In quanto Gesù Cristo viene procla
mato l’unico uomo per cui gli uomini
ricevono il perdono e la filìalità ed accendono alla vera umanità, né la trascendenza né l’escatologia vengono
negate. L’accusa di liberalismo, di panteismo o di storicismo non pare perciò legittima».
Il presidente del Comitato centrale
ha poi ricordato che Upsala ha chiesto
che il programma del Consiglio renda
conto del ruolo delle chiese nella lotta
contemporanea per una « comunità
mondiale a quattro livelli; sviluppo
del mondo, giustizia razziale, pace internazionale e educazione ».
La questione dello sviluppo è stata
particolarmente dibattuta ad Upsala
— ha sottolineato Thoma — per cui
essa è diventata la maggior preoccupazione di parecchie divisioni e dipartimenti del CEC. « La risposta delTappello di Upsala alle chiese che chiede
la messa a disposizione di una certa
percentuale dei loro bilanci per lo sviluppo mondiale è stata notevole ed il
Comitato esecutivo ha approvato la
convocazione di un colloquio relativo
alla miglior utilizzazione possibile e
la miglior distribuzione dei nuovi fondi delle chiese ».
(continua a pag. 4)
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pag. 2
N. 33-34 — 29 agosto 1969
Servile Iddìo sulla terra Contro la fame degli altri
Non voglio contrapporre questo imperativo airalfro « Lodate Iddio dai
cieli » apparso sul n. 29-30 dell’« EcoLuce ». Ma vorrei fare sull’articolo così intitolato qualche considerazione.
^ Anzitutto, non c’è niente da dire sull’affermazione riportata « siamo orgogliosi di essere uomini »? E questo il
senso delle parole del salmo ottavo,
pure riportate in testa all’articolo di
cui sopra? Mi pare che in esse sia contenuto un senso di meravigliata umiltà deH’uomo che si vede « coronato di
gloria e d’onore » malgrado la sua
condizione di creatura: riconoscimento quindi della grazia, e senso di sottomessa gratitudine che ne deriva. E
questo lo stato d’animo di chi « era
orgoglioso », è questa l’attitudine « ufficiale » di chi ha parte nella vicenda
lunare? E chiaro, per tanti uomini,
che sia « la gloria del Signore ad essere illuminata e inneggiata » in questa complessa azione umana? Se non
è chiaro — e non lo è — bisogna dirlo, e richiamare l’uomo alla sua realtà.
Il prof. Gabriel Widmer, nel suo articolo riportato nell’ultima pagina dello stesso numero del giornale, avanza
alcune autorevoli riserve sul significato che si dà in generale all’impresa lunare e spaziale; ma soprattutto credo
che dovremmo meditare con molta serietà sul parere del pastore Abernathy, riportato proprio accanto all’articolo che ha dato lo spunto a queste
rnie modeste osservazioni. Mi pare che
sia proprio questo ciò che i cristiani
dovrebbero pensare sull’argomento.
Perché tutto quello che avviene nel
mondo è sotto il giudizio della Parola
di Dio, che noi lo comprendiamo o
no, che noi Io condividiamo o no. E
non mi pare che questo giudizio possa
suonare in modo molto diverso da
quello che dice il pastore Abernathy.
Dice bene G. C.: « il problema è reale; non può essere taciuto né accantonato ». Il permesso-ordine dato dal
Creatore aH’umanità (Gen. 1: 28):
« riempite la terra, e rendetevela soggetta », a parte varie considerazioni
che si devono fare sulla natura del dociunento in cui è contenuto, è stato
pronunziato prima del peccato. Esso
è certo ancora valido, ma può l’uomo
ottemperarvi qui ed ora? Dice ancora
G. C.: « la ricerca (umana) non è sociologicamente ’pura’ perché non è
teologicamente pura; l’uomo vi si
esprime nel suo bene e nel suo male... ». E allora, dov’è il compiacimento che l’uomo può trarne? « Basta un
po’ di lievito a lievitare tutta la pasta ». Se c’è del peccato in tutto quello che facciamo, cerchiamo ■ di fare
solo quello che è necessario. Ed è necessario andare a spasso per il cosmo,
senza un preciso e chiaro ordine di
Dio? Si dirà: gli ordini di Dio non
sono così espliciti, ed è necessario,
semmai, andarli a cercare fra le pieghe del linguaggio biblico, che d’altronde diviene sempre meno comprensibile. Meglio seguire gl’impulsi vari
della vita. Ma questo è linguaggio da
stolti. Se Dio è l’Iddio vivente — e lo
è — trova sempre modo, sia pure in
modo comprensibile all’uomo solo nella misura della sua fede, di fargli fare,
volente o nolente, quello che Egli vuole. E se l’uomo non sente la volontà
di Dio quando sta per intraprendere
un’azione, è meglio che se ne astenga,
se la cosa non presenta reali caratteri
di necessità. Correrà meno il rischio
di peccare.
Nessuno può sostenere che le imprese spaziali presentino un carattere
di necessità, sul piano della vita di
tutti i giorni, la quale invece presenta
ben altre esigenze. Non c’è bisogno di
enumerarle: tutti le sentiamo incombere con la loro tragicità. Ed il jjensare a farvi fronte include anche parecchi di quei caratteri ideologici coi
quali si tenta di glorificare le imprese
extraterrestri. Provvedere a che gli uomini qualunque vivano meglio comprende molte esigenze scientifiche ed
economiche che sembra siano soddisfatte meglio mandando alcuni uomini addestrati fuori dall’ambiente che
è loro naturale, violentando così le
leggi della natura. La ricerca può e deve avvenire sulla terra, dove c’è tanto
da fare; dove c’è da fare proprio quello che il Creatore voleva e vuole, pronunziando l’ordine di rendersi soggetta la terra. Rendersi soggetta la terra
vuol dire, anzitutto, restaurare in essa
l’ordine sconvolto dal peccato. La sola
ricerca che renda l’uomo veramente
uomo, come dice G. C., è quella della
volontà di Dio per applicarla: ci vuole in questo lavoro assai più intelligenza, energia, studio ed impiego di
capitali che per andar sulla luna. Ed
i soli nuovi orizzonti di cui l’umanità
ha bisogno sono quelli dello spirito,
che sono, questi sì, e solo essi, parabola della nuova creazione. Nessima
impresa passata o presente, nessuna
scoperta ha il valore dell’obbedienza
a quell’ordine: chi non ha scoperto
nuove terre solo per ubbidire a Dio ha
sbagliato, anche se sulla nuova terra
ha innalzato la croce: una croce di legno, che è stata subito seguita e sostituita dalla spada, con risultati esatta
mente opposti a quelli voluti da Dio.
Per cui oggi quasi tutte le tanto vantate conquiste del « genio » umano
grondano lagrime e sangue.
Perché, acquattato com’era nel principio fra i rami dell’albero della vita,
è dovunque il peccato. Gli uomini oggi
sorridono a questa parola; ed è questa la nostra tragedia, è questa l’apostasia di cui parla Paolo ai Tessalonicesi: dimenticato il peccato è dimenticata la croce, e quindi è ritenuta inutile la salvezza e Colui che la porta. Il
mondo giace allora tutto intero nel
male, come questo desiderava. Ed il
male moltiplica le'sue tragiche e grottesche manifestazioni, per modo che
non si può davvero dire che la terra
sia sempre più soggetta all’uomo: è
vero il contrario. Sempre più siamo
presi nell’inestricabile sviluppo di conseguenze malefiche anche delle invenzioni che sembravano buone. Con qualche eccezione, dovuta alla misericordia dell’Iddio vivente che lascia crescere la zizzania insieme col buon grano, in attesa di fare ogni cosa nuova.
Invano oggi si aspetta il bene dallo
« spirito dell’Apollo 11 ». Lo Spirito
che dà il bene è uno solo, e noi sappiamo che soffia dove e quando vuole,
ma soffia.
« Figlioletti, guardatevi dagl’idoli ».
Lino de Nicola
Pubblichiamo un nuovo elenco delle
sottoscrizioni pervenuteci e ci auguriamo che, coll’inizio dell’attività autunnale, tanti altri lettori vogliano contribuire, con fraterna solidarietà, a
questa nostra iniziativa con generose
offerte. Potremo così effettuare al più
presto possibile un ulteriore versamento al Centre Familial del Gabop,
che, com’è noto, si interessa al problema della malnutrizione dei piccoli ed
all’innalzamento sociale degli adulti,
ma è ostacolato in questa sua attività
da difficoltà di carattere finanziario.
Attendiamo con fiducia le prossime
sottoscrizioni, mentre ringraziamo i
numerosi donatori per il loro impegno
fedele e costante.
Ricordiamo coll’occasione che le offerte vanno possibilmente inviate al
conto corrente postale n. 2/39878 intestato a Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70, 10133 Torino.
Da Borrello (Chieti): I. Palmieri L. 2.000.
Da S. Remo: L. de Nicola 5.000.
Da Torino: L. e G. C. 10.000; A. De Agostini 1.000; M. Sacco 1.000; G. Gay 20.000;
fam. Caruso 1.000; L. Magliana 1.000; C.
Peyrot 5.000.
Da Pomaretto: G. Laetsch 5.000.
Da Campobasso: P. Corbo 2.000.
Da Villar Pellice: L. Peruggia 1.500.
•miHtiHmiiiiHMimiiHiKi'
imuJiimmmiuiiitumhimiiiiiiimmiiiiMimiiiiiiiiiiiimiiiiiii
iiiiiiiiiMiiiiiiiiimimuiiiimiiiM
I iiiiiiiiiiiiiiiuimimi.
Le funzioni dei Convitto di Torre Peiiice
[secondo lettere e documenti ufficiali)
« Un edificio consacrato ai giovani
sarà eretto a Torre Pellice per ricordare ed onorare la memoria dei nostri
eroi caduti in guerra. L’edificio avrà
per scopo quello di facilitare gli studi
ai giovani in generale, e ai giovani vaidesi in particolare e inoltre di contribuire nel miglior modo possibile al loro sviluppo intellettuale, morale e fisico ».
« Crediamo che non si potrebbe onorare meglio la memoria dell’eroica gioventù di ieri che facendo del bene a
quella di oggi e di domani; che non si
potrebbe incoraggiare meglio e in modo pratico le famiglie provate e soprattutto quelle delle classi più modeste
che venendo in loro aiuto per l’educazione dei figli, che non si potrebbe rispondere meglio a un bisogno generale del nostro piccolo popolo, che incoraggiando sempre di più ravviamento
dei giovani dei due sessi verso* le professioni liberali; e ciò per far si che
le forze preziose che attualmente emigrano e si perdono nei centri lontani,
talvolta in ambienti poco raccomandabili, possano restare qui ed essere utili alla loro Patria ».
Ecco cosa si legge nella relazione al
Ven. Sinodo del 1917 a proposito della
creazione del futuro Convitto.
Inaugurato il 4 settembre 1922, nato
con finalità educative e di aiuto verso
« le classi più modeste » ebbe subito
una vita molto difficile e ospitò un
solo orfano di guerra. Per fortuna le
borse Rastellini, permettendo alla Tavola di ospitarvi gratuitamente giovani di valore, ne tennero alto il tono
per alcuni anni. Venendo in seguito a
mancare questo apporto l’ambiente
decadde.
II Past. Forneron scriveva al Moderatore: « Coloro che pensano che il
Convitto è un comodo canonicato dovrebbero provare un mese soltanto a
domare certi cialtroni e forse modificherebbero un pochino le loro idee »
(lettera del 1.3.37).
Ma già molti anni prima (a soli
quattro anni daH’inaugurazione) il pastore Grill lamentava: « Riguardo alla
condotta vorremmo poter dire che tutto procede bene, ma fintanto che le
condizioni sono quelle che sono non
sarà facile ottenere grandi miglioramenti: o il Convitto potrà diventare
quello che sono altri istituti consimili,
o si riduce a una semplice pensione
per studenti » (lettera al moderatore
del 19.7.26) da cui si vede che il fatto
di far decadere il Convitto a semplice
pensione per studenti (tralasciando
cioè l’aspetto educativo) era considerato un fatto deprecabile.
Ma anche di recente uno studio della (vecchia) commissione permanente
per l’istruzione secondaria, riconosceva la funzione autonoma dei convitti
dicendo: « La funzione degli orfanotrofi e dei convitti va tenuta distinta
da quella dell’istn^ione secondaria alle Valli, che è fuìizione specifica per lo
E’ USCITA
la prima raccolta di canti tradizionali e popolari
delle Valli Valdesi
— La fede e la storia
— L’amore e la natura
— La piccola patria valdese
ecco i temi presentati dal nuovissimo microsolco PRINCE 33 giri
30 cm. corredato di un ricco opuscolo illustrativo con testi,
commenti bilingui, note di storia e folklore.
Il disco, eseguito dalla Corale Valdese di Torre Pellice, è in
vendita in tutte le sedi della Claudiana e presso i negozi di musica.
Per eventuali prenotazioni rivolgersi alla Corale Valdese, Corso
Fiume, 29 - 10066 Torre Pellice.
Da S. Germano Chisone: N. N. 2.000; V.
Vinçon Viti 2.500.
Da Venezia: A. Bogo 1.000: D. Ispodamìa
2.500; G. Ispodamìa 2.500: famiglia Zecchin 3.000.
Da Bergamo: Un lettore 20.000.
Da Lucca: R. Cerchiai 1.500.
Da Angrogna: R. M. F. C. 1.000.
Da Roma: G. Conti 10.000.
Totale L. 100.500; tot. prec. 333.386; in
cassa L. 433.886.
più di portata locale. La creazione di
un collegio-convitto sembrerebbe voler fondere due attività che in realtà
si presentano su piani distinti » (documento « O » del 22 nov. '64).
Le poche citazioni che precedono
per informare chi desidera essere informato su documenti di prima mano.
* * *
Attualmente il Convitto ha raggiunto la sua piena funzionalità con l'occupazione totale dei posti disponibili,
con 67 iscritti in quest’anno scolastico. Per 52 di essi si riscontra una carenza o una impossibilità educativa
più o meno grave da parte delle famiglie, o vi sono situazioni ancor più dolorose.
Il Convitto dà quindi una casa a
molti ragazzi, cerca di educarli, fa conoscere loro l’Evangelo. Di questo tutta la Chiesa può certo rallegrarsi.
F. G.
A Torino chiese
in luo^o di case
Il Consiglio comunale di Torino ha approvato la concessione a favore delFOpera Diocesana di sedicimila metri quadrati di terreno di
proprietà del Comune per la costruzione di sei
nuove chiese cattoliche ritenute necessarie per
assicurare l’assistenza religiosa ai nuovi quartieri periferici della città, la cui popolazione
aumenta continuamente per la immigrazione di ingenti masse di lavoratori meridionali.
Alla concessione si sono invano opposti i
consiglieri dell’opposizione osservando, tra l’altro, che l’assistenza religiosa non rientra fra i
servizi urbani di competenza del Comune e
che vi sono problemi edilizi più urgenti e più
vitali da risolvere. Il consigliere Raffo }ia sostenuto che l’assistenza religiosa è in realtà un
« pubblico servizio » di cui il Comune non
può di.sinleressarsi (l’oratore si riferiva ovviamente all’assistenza dovuta ai soli ciltadini di religione cattolica).
La donazione è stata approvata con 42 voti contro 19; ma su proposta dei consiglieri liberali si è voluto darle l’apparenza di una
«concessione in affitto» per novantano\r anni, al canone annuo puramente simbòliro di
lire mille.
Così il Comune di Torino ha appiriviitemente affittato, ma in realtà regalato alla Chiesa cattolica terreni fabbricabili del valori' complessivo di oltre cento milioni, mentre la città manca di aree disponibili al centro c alla
periferia, per le case popolari e per altri edifici di pubblica utilità (il palazzo di giiisti/ia. le
nuove carceri giudiziarie, le scuole pubbSiebe,
eoe.) la cui costruzione è urgente dato i\ favoloso aumento della sua popolazione.
Ma non è da stupire ebe concessìoiìi di
questo genere siano consentile a Torino •-d in
altre piccole e grandi città settentrionali e
meridionali se sì considera che resem]>in di
queste facilitazioni viene dalla capitale, dove
si stanno attualmente costruendo, col concorso
finanziario dello Stato, quindici nuove chiese cattoliche, ed» altre quarantotto verrarmo
edificate nei prossimi anni, secondo un piano
quinquennale elaborato dal Cardinale vicario
Dell’Acqua. Si sa che per la costruzione della
maggior parte di queste nuove chiese « provvederà » lo Stato (lo ha annunciato pubblicamente il cardinale) mentre per le altre si
farà ricorso ad una « operazione finanziaria »
non meglio precisata ed al volontario contributo individuale dei cittadini di buona volontà
(ai quali una speciale raccomandazione al riguardo è stata recentemente rivolta da ìhiolo
VI). Frattanto ramministrazione provinciale
e quella comunale di Roma hanno provveduto
a vincolare alcune centinaia di aree fabbricabili per la edificazione delle nuove parrocchie, che nel 1975 saranno più di trecento in
luogo delle duecentocinquanta attualmente
esistenti nella capitale e ritenute insufficienti
dalle autorità ecclesiastiche. Questi problemi
interni di edilizia religiosa riguardano esclusivamente la' Chiesa, alla quale non mancano i
mezzi finanziari occorrenti per l’acquisto e la
costruzione di nuovi edifici senza fare ricorso
ai contributi dello Stato e di altri enti pubblici.
Mario Berutti
(« LTncoiitro », luglio-agosto 1969)
I LETTORI CI CE Sl> SCRIVONO
Fede, vita,
predicazione
Un lettore, di Villar Perosa:
Caro direttore,
scusami se vengo ancora una volta
ad importunarti con una lettera, ma
sembra, leggendo VEco-Luce che la situazione stia sfociando in una strada
più ampia e più cristiana.
Da quel che ho capito dalla risposta
a Gianna Sciclone, ciò che tormenta
una parte dei nostri fratelli è il fatto
che si possa svuotare il valore della
predicazione della Parola redentrice di
Dio. in un impegno sociale unicamente; senza motivare il perché di questo
impegno, cioè facendo di questo impegno una cosa personale e quindi non
generatrice di salvezza per coloro che
si vuol aiutare.
Può benissimo darsi che vi sia questo pericolo, ma non possiamo stare
fermi tutta una vita per paura di sbagliare: e anche Gesù che lo dice: se
per esempio prendiamo la parabola del
figliol prodigo, vediamo che, quando
egli capisce di aver sbagliato e se ne
pente, suo padre lo accoglie a braccia
aperte, mentre l’altro fratello che è
sempre rimasto a casa non ha rallegramento perché ha fatto unicamente
ciò che doveva fare. Tutto sta nel cercare nelTEvangelo quella Luce che ci
illuminerà il nostro difficile cammino..
Venendo alla nostra situazione dobbiamo dire che non possiamo predica
re la Parola di Dio se ci manca la
Fede in essa in quanto non cerchiamo
un modo di viverla.
Gli uomini giudicano non secondo la
parola ma secondo i fatti, e vi è pericolo di udire rivolto contro dì noi ciò
che Gesù disse contro i Farisei e gli
Scribi : « Ascoltate ciò che dicono ma
non imitateli». «Non chiunque dice:
Signore, Signore, entrerà nel regno de’
cieli, ma coloro che avranno fatto la
volontà del Padre mio ».
(( Un albero lo si giudica dai frutti e
un albero buono non può dare frutti
non buoni ». Se l’albero non da frutti
ciò non vuol dire che sia buono e se
solo pochi rami danno frutti, secondo
l'Evangelo, gli altri .saranno tagliati e
gettati nel fuoco ». Ma soprattutto dobbiamo ricordarci che, se crediamo dì
essere nel giusto e di avere ragione, la
Parola di Dio non è per noi, perché
Gesù dice: «Io non son venuto a
chiamare dei giusti ma dei peccatori ».
Infatti oggi tutti vogliono dir la propria opinione ritenendola l’unica giusta, ma nessuno è così umile di cercare con i suoi fratelli, sulla Bibbia,
ciò che Dio vuole da noi e, qualunque
.e.sso sia, metterlo-in pratica.
Or « niuno può servire due padroni
perché o odierà l’uno e amerà l’altro o
si atterrà all’uno e sprezzerà l’altro. Voi
non potete servire a Dio ed a Mammona» ; ciò significa che essere cristiani
vuol dire (e questo lo intendo su un
piano personale) essere sì, sì, no, no
(Mt. 5: 37). Significa scegliere fra il
caldo ed il freddo e non adattarsi al
tiepido, significa che tutti i valori poI litici e terreni sono nulla di fronte alla
Parola di Dio.
Se noi andiamo poi a leggere l’Apostolo Paolo, nella sua lettera ai Co^ rinzi egli dice : « Quand’io parlassi le
lìngue degli uomini e degli angeli, se
non ho carità divento un rame risonante, un cembalo squillante. E quando
avessi il dono della profezìa e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza
\ ed avessi tutta la fede in modo da
trasportare i monti, se non ho la carità non son nulla; e quando distribuissi tutte le mie facoltà per nutrire i
poveri, e quando dessi il mìo corpo ad
essere arso, se non ho carità, ciò niente
mi giova... Or dunque queste tre cose
durano: fede speranza e carità. Ma la
più grande di esse è la Carità ».
Mentre scrivo questa lettera mi rendo conto che il primo ad essere colpevole sono io.
Sperando che questa mìa dia l'avvio
ad una ricerca sincera ed umile nell’agape fraterna, saluto cordialmente
e spero che il Signore .voglia far soffiare il Suo Spirito Santo su di noi.
Roberto Bleynat
P. S. - Ringraziando per la lettura
mi renilo conto che sono « belle parole », perciò allego L. 1.000 perch’ VEcoLuce po.ssa continuare a rispecchiare la
nostra difficoltà. NeU’ultimo numero
dell’Eco-Luce ho letto la lettera del fratello di Genova e devo dire che anchio ho deciso di inviare i miei soldi
agli Istituti di Beneficenza Valdesi ed
interessarmi ad essi. Ho deciso così per
ché pen.so che sarebbe bene che ogni
comunità fosse madrina di un Istituto in modo da interessarsi a coloro che
soffrono.
Ringraziando con fraterno affetto e
lieto se mi sarà fatta un po’ di luce.
R. B.
Il cerchio
e la botte
Un lettore da Firenze:
Caro direttore,
nel n. 31-32 dell’8 agosto 1969, il
Sig. Roberto Peyrot, con il « Notiziario
Ecumenico » ci fa conoscere che i convenuti alla « Conferenza di tutte le
Chiese dell’URSS per la cooperazione
e la pace tra i popoli », comprendenti
J80 delegati di 25 organizzazioni religiose dell’Unione sovietica (buddisti,
mussulmani, ebrei e cristiani) nonché
118 invitali di 39 paesi stranieri, hanno
rotato diverse dichiarazioni relative alla situazione internazionale.
In primo luogo (c come poteva essere altrimenti) è stata votata una dichiarazione sul Vietnam con la quale
si condanna la « guerra aggressiva degli Stati Uniti », guerra prossima al
« genocidio » e « la più vergognosa dei
nostri tempi ».
La seconda dichiarazione riguarda
quei 40-50 milioni di poveri arabi (con
alla testa Nasser, Re Hussein ed altri
principi e principotti carichi di miliardi) provocati, scacciati, ed assassinati
da quei 3-4 milioni di ebrei!
La terza dichiarazione, che certamente avrebbe dovuto riguardare l’Ungheria, non è stata riportata dal nostro
giornale! Sarà stata una dimenticanza
del Sig. Peyrot...
La quarta dichiarazione, che certamente avrebbe dovuto riguardare la
Cecoslovacchia, con il sacrificio del giovane evangelico J. Palak, senza parlare della museruola imposta all’altro
protestante Dubeek, la .simpatica invasione del suo territorio da parte delle
truppe corazzate russe e dei fratelli comunisti. non figura tra le note del Sig.
Peyrot!!! Eppure, a mio modesto parere. queste sono cose che dovrebbero
essere annoverate tra « i più vergognosi dei nostri tempi ». Che ne pensa il
Signor Peyrot?
Vogliamo decìderci una Imona volta
a chiamare pane il pane e vino il vino?
Facciamo anche noi TUTTI come
quei contadini, diamo un colpo al cerchio (ohe se lo merita) ed uno alla botte (che se lo merita anche lei), altrimenti ci ritroveremo ad avere o quello
rotto o questa .sfasciata.
Cordialmente
Francesco Paolo Massa
Caro fratello Massa,
Rispondo subito, come mio dovere, e
ben volentieri, alla sua lettera passatami per ^^competenza" dal direttore.
Il ’’Notiziario ecumenico'’ da me curato si avvale di notizie di agenzia (e
nella fattispecie, del SOEPÌ) che traduco e qualche volta, di rado, commento, preferendo lasciarlo fare ai let
tori: si tratta infatti di una rubrica
informativa. Non mi è stato possibile
parlare delle dichiarazioni relatwe all'Ungheria ed alla Cecoslovacchia per
il semplice motivo che non sono .state
fatte: inoltre, nel mio breve commento,
facevo rilevare come sia stato un peccato che la Conferenza non si sia pronunciata sulla grave tensione russo-cinese.
Infine, per quanto riguarda la questione dell’occupazione della Cecoslovacchia, penso che le sia sfuggito un
ìnio scritto su Eco-Luce del 18-10-68 (o
forse — cosa possibilissima! — non lo
ricorda più) dal titolo ’’Cosíantininnesimo all'Est” in cui Vatteggiamento
delle chiese deWarea socialisla veniva
così definito: « ...dobbiamo dire con
sgomento che esse (le chiese dell'area
socialista) o non hanno condannato
raggressione o addirittura Vhanno giustificata. Abbiamo detto con "sgomento” e non con ’’sorpresa” perché purtroppo — tranne qualche eccezione —■
.sia in occidente che nelVest siamo or; mai abiliiati a vedere le chiese schieI rarsi dalla parte del potere costituito
! senza avere la forza di opporsi alle, più
, flagranti violazioni della legge cristici\ na ( vedi le benedizioni alle truppe, ed
' alle ormi americane che massacrano i
\ vietnamiti, rei di volere Viinificazìono
; del paese, comunista o no che sia: vedi le giustificazioni dell'aggressione alla Cecoslovacchia, per non citare che
due casi fra i più recenti) ».
Un fraterno saluto.
Roberto Pevrot
3
29 agosto 1969 — N. 33-34
pi.g. 3
FOLLA ALL’APPUNTAMENTO DEL XV AGOSTO A PRAROSTINO
^ Considerazioni suila XX Mostra
Imputata: la predicazione d’Arte di Torre Peiiice
Anche quest’anno una vera iolla si
è ritrovata puntuale all’appuntamento
del XV Agosto, in una cornice veramente stupenda di verde e frescura.
Ma il quadro, anche se pittoresco, ha
interesse relativo. Decisamente ci si
ritrova non solo per rivedere conoscenti che non si incontrano da mesi,
ma per fare in qualche misura il punto della situazione, almeno su alcuni
aspetti particolari della nostra vita ecclesiastica.
E fin dalle prime battute, cioè fin
dal culto di apertura presieduto dal
Pastore di Prarostino Marco Ayassot,
ci si è sentiti inseriti in questa atmosfera di ripensamento della nostra vocazione. Di fronte alla affermazione
dell’Apostolo Paolo sulla « pazzia » della croce ( 1 Corinzi 1 ; 18-31 ) e sul desiderio che ognuno ha di affiancarle la
sua giustizia e la sua sapienza, siamo
stati invitati all’umiltà ed al ravvedimento, a riconoscere che oggettivamente nella nostra predicazione Cristo viene costretto a forza nelle pastoie della
nostra « forma mentis », a constatare
che troppo spesso vediamo la giustizia
di Dio attraverso la lente deformante
della nostra giustizia o piuttosto del
nostro concetto di giustizia. Siamo
stati invitati a riconoscere che di Dio
che noi predichiamo è in realtà un
dio che non dà fastidio né al mondo
né a noi, perché è il dio al quale diamo una minima parte di noi stessi,
dal quale non tolleriamo domande imbarazzanti sul nostro modo di comportarci nel mondo, sul nostro modo di
amministrare il nostro denaro, un dio
eh! non abbiamo nessuna voglia di
ascoltare.
In questa prospettiva anche la predicazione più energica, più tagliente,
noli porta con sé la pazzia della croce,
ma .solamente la nostra sapienza umana. Anche oggi continuiamo ad avanzare la pretesa che la croce ci dia la
sua approvazione, la vittoria, una specie di imprimatur. Solo la potenza di
Di'!, la sua sapienza, cioè Cristo crocifisso, possono veramente rompere
questo nostro modo di vedere e di sentire, possono veramente portare aria
nuova nella nostra vita stantia, posso’so toglierci l’illusione di portare
are. nti il nostro orgoglio ed i nostri
pi t giudizi. Vocazione della Chiesa e di
no; tutti è quindi l’accettazione della
pazzia della croce, di quella pazzia capace di svergognare il mondo, accettazione della debolezza della croce, capace di svergognare le cose forti.
E che la predicazione fosse l’imputata principale di questo XV Agosto si è
visto meglio ancora nel seguito della
giornata. Vi è stata infatti una « tavola rotonda » ( il tavolino era in realtà
quadro, ma la cosa ha importanza relativa!) dedicata interamente a questo,
argomento.
Ha preso la parola innanzitutto il
pastore Giorgio Tourn il quale ha impostato molto opportunamente il problema dal punto di vista storico sottolineando come la nostra concezione
della predicazione, normalmente limitata al «sermone» domenicale, sia in
realtà unilaterale e propria di una
parte del cristianesimo. Essa ha la sua
origine al tempo della Riforma ed era
allora concepita come lettura e spiegazione seguita di un testo biblico. Ed
ha avuto la sua ragion d’essere proprio
ne! fatto che il testo biblico necessitava di una comprensione che era ormai
Un appello rivolto ai giovani
per la creazione di una comunità aperta al servizio degli altri.
Centro Diaranale
Sono aperte le iscrizioni al
Centro Diaconale che, a Dio piacendo, si aprirà nel novembre di
quest’anno. A richiesta viene in\iato gratuitamente il fascicolo
con la descrizione dettagliata
del progetto. Per ulteriori informazioni e chiarimenti, iscrizioni, richiesta di documentazione,
rivolgersi a: Past. Alberto Taccia, 10060 Angrogna (Torino).
andata perduta con la enorme distanza
che separava i lettori del XVI secolo
dagli autori sacri. Questo è, secondo il
Tourn, il compito della teologia: innanzitutto comprensione del testo in
sé, in vista della sua spiegazione.
Il dottor Marco Gay ha messo in
luce quello che pensa un membro di
chiesa quando si trova nei banchi ed
ascolta un « sermone ». Innanzitutto
ha sottolineato la difficoltà che ogni
predicatore incontra nel rinnovare
ogni volta la forma della sua predicazione ed ha in seguito indicato i pregi
ed i difetti dei due tipi di predicazione
che a suo avviso si possono riscontrare oggi.
Il primo tipo chiamato « vecchia
maniera », ricco di citazioni bibliche
con frequente invito al ravvedimento
rischia di non essere incisivo, di restare generico, finendo per produrre
una « religiosità del disimpegno ».
11 secondo tipo, chiamato « nuova
maniera », consistente nel porre le premesse necessarie all’annuncio cercando in un secondo tempo di tradurlo in
linguaggio corrente, corre il rischio di
insistere troppo sulla realtà della società in cui si vuole inserire dimenti
cando, sia pure involontariamente, il
messaggio da annunziare.
Il p^tore Ernesto Ayassot sottolineava invece l’esigenza che per predicare la croce il predicatore sia egli
stesso afferrato dalla croce di Cristo.
Insisteva pure sulla necessità che il
messaggio annunziato si indirizzasse
contemporaneamente alla comunità
nel suo insieme e ad ogni singolo individuo. La predicazione inoltre non
può in alcun caso essere annunzio di
idee, ma deve essere annunzio di una
persona, cioè di Cristo. Oggetto della
predicazione è « ciò che Dio ha fatto
e fa per noi». E in questa prospettiva
è Dio stesso che annuncia se stesso,
attraverso strumenti deboli ed inadatti
quali sono le persone umane che sono
chiamate ad annunziare TEvangelo.
Il pastore Alberto Taccia esprime
l’esigenza che la predicazione non rimanga « cosa del pastore », ma sia
fatta dalla comunità tutta. In una
preparazione comunitaria della predicazione si ha veramente riconoscimento dei vari ministeri, il pastore porta
il suo contributo di conoscenza biblico-teologica, ma la comunità porta la
sua conoscenza del mondo, nel quale
si deve inserire la predicazione. E questa conoscenza del mondo è necessaria perché la predicazione sia credibile e non astratta.
Nelle brevi repliche Giorgio Tourn
insiste ancora sulla risposta che la
comunità deve dare alla predica udita, sulla necessità di decidere che cosa
significhi per essa l’annunzio udito. In
questo senso la predicazione non è
ascolto passivo, ma creazione ed invenzione da parte della chiesa di una
nuova testimonianza a Cristo.
Ernesto Ayassot da parte sua richiama le comunità aH’obbedienza allo
Spirito Santo, solo capace di scuotere
le chiese dal loro torpore ed invita
ognuno a ripensare alla sua responsabilità di preghiera. Nel pomeriggio il
pastore Giorgio Bouchard ha illustrato l’attività del gruppo di Cinisello
Balsamo e della Scuola Media Jacopo
Bombardini. Ed è stato per tutti assai
interessante ascoltare di questo lavoro
per ora solo agli inizi ma da cui è
lecito aspettarsi frutti abbondanti, sia
per coloro che vi sono oggi impegnati
come insegnanti, sia per coloro a cui
questo impegno comunitario apre la
speranza di prendere in mano il proprio destino sia come persona, sia come categoria sociale.
Canti di un gruppo inglese che si
trova ad Angrogna per un campo di
lavoro, una interessante illustrazione
del Convegno di Roccapiatta del 1814,
nemmeno un mese dopo l’abdicazione
di Napoleone, da parte del pastore
Franco Davite, i saluti del Moderatore della Mesa Vaidense pastore Delmo
Rostan e del pastore Alfredo Janavel
della comunità valdese di New York
concludevano la giornata.
Se è lecito al cronista aggiungere
due parole, dirò che un ringraziamento deve essere indirizzato alla comunità di Prarostino per la perfetta organizzazione di questa giornata. Certo
vi erano cartelli indicatori per cui
non era possibile perdersi! Quasi pensavo che doveva pure essere stato altrettanto bello alla prima festa del 15
Agosto, quando sulle alture della Rognosa di Angrogna ì nostri antenati
per ritrovarsi gli uni gli altri, nella
nebbia, si facevano guidare dal canto
degli inni! E se un buffet fa sempre
piacere, doveva pure essere stato bello,
nella stessa occasione, ritrovarsi « intorno alla fontana di B. Odin per mettere in comune il nutrimento frugale
che ciascuno si era portato », come si
esprime il cronista dell’epoca!
B. Bellìon
Presentala da Corrado Calsolaro, assessore
airistruzione della Provincia di Torino e specificatamente da Corrado Maltese ordinario di
Storia dell’Arte all’Università di Cagliari, sta
per concludersi la Mostra d’arte contemporanea di Torre Pellice quest’apno alla sua
XX edizione.
Venti esposizioni sempre orientate verso
l’informazione al più alto livello sud fatti dell’arte d’oggi, senza programmatiche esclusioni
di tendenze, rappresentano im fatto di per sé
consistente ma complesso che richiederebbe
una disanima attenta anche ai riflessi sociali
e di costume, oltre ben inteso, a quelli di
natura culturale.
Speravamo di vedere apparire la pubblicazione riassuntiva delle venti manifestazioni
che si .fono susseguite, quasi sempre nelle sale
del Collegio Valdese, dal 1949 ad oggi, che
Filippo Scroppo, appassionato organizzatore
della rassegna, ci aveva a suo tempo preannunziato. Ma il progetto, che non si è realizzato .quest’anno, ci auguriamo non venga accantonato e compaia opportunamente al più
presto.
Sulla scorta dei soli venti cataloghi della
mostra potremmo ricavare tuttavia innumerevoli preziose notizie, dall’elenco lunghissimo
di artisti di fama internazionale quali Picasso, Chagall, Daly, De Chirico, Guttuso, Manzù, Jorn, Appel, Brien, Mastroianni, Morlotti,
Cassinari, Cagli, Veronesi e cento altri a quello purtroppo assai lungo dei pittori non più
in vita che rispondono ai nomi di Matisse,
Braque, Leger, Arp, Giacometti, Morandi,
Tosi, Rosai, ecc. ai quali è stata dedicata quest’anno una sezione commemorativa in cui
fanno spicco le opere di Casorati, Spazzapan,
De Pisis, Fautrier, Prampolini, Soldati, Carra,
Severini, Mino Rosso, Gallizio, Mus, fioccati
e Calierno oltre quelle del celeberrimo Lucio
Fontana il polemico poeta inventore dei « buchi » e del sensibilissimo Charler Rollier,
mancati lo scorso anno, presenti con delle piccole ma assai significative retrospettive.
Altra eccezionale sezione è quella rassegna
nazionale biennale del disegno riservata ai
imiiiiimMmiimiiHiiniiiimmiiimiiiimmiMiimrmimmiiMiMiiiiim
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
VILLASECCA
La comunità ringrazia il suo ex aoziano
Signor Giosuè Ribel che ha presieduto il
culto del 10 agosto, e il missionario Signor
Giacomo Pons che ha predicato la domenica
17 agosto. I loro messaggi sono stati vivamente apprezzati.
Un gruppo della Dorale di Chiotti ha effettuato una gita storica ai villaggi fondati
dai Valdesi fuggiaschi a motivo delle, persecuzioni, in Germania. Un gruppo di 9 persone con 3 macchine, è partito la mattina
del 5 agosto, facendo tappa a Denens, in
Isvizzera, dove ha pernottato, calorosamente
accolto dai Signori Moret e ospitati nel meraviglioso castello che si erge sopra il Lago
Lemano. Il g'orno seguente il gruppo, attraverso la bellissima Svizzera, e dopo aver visitato Tinteressante città di Berna, fossa degli
orsi compresa, ha raggiunto Gross Villar ne]
Wùrtemberg, mèta del viaggio.
Nei g orni seguenti il gruppo ha visitato
le sabbie mobili di Wildbad, poi alcuni dei
numerosi villaggi valdesi : Klein Villar,
Schoenenberg con l’interessante museo di storia Valdese, Pinache e Serre.
Molto fraterna è stata l’accoglienza dei
fratelli di Gross Villar con i quali il gruppo ha potuto fraternizzare sopratutto durante
le serate in comune con quei fratelli : studi
biblici canti e giochi, di cui tutti serbano
un grato ricordo. La domenica 10 agosto il
gruppo ha partecipato al culto nel bel tempio dì Gross Villar durante il quale il Pastore
Signor Murthum ha rivolto ai fratelli delle
Valli un cordiale e fraterno benvenuto
Alla comunità di Gross Villar e al suo
Pastore, al Pastore dott. Eiss di Pinache e
a tutti ì cari fratelli di Germania, vada il
saluto riconoscente di quanti hanno partecipato a questa visita. Il gruppo di Chiotti
ringrazia sentitamente la Signorina Amalia
Gsymet che l’ha accompognato con la sua
« macchina pilota ». Ottimo lo spìrito fraterno che ha animato la comitiva e che certo ha contribuito a rendere ancora più piacevoli e belle le otto giornate vissute insieme.
Comin'.ato. - Venerdì seia 22 agosto l’intera popolazione di Bovile, Valdese e Cattolica si è riunita in casa Bert per salutare
Suor Ida che alla fine del mese lascierà il
natio villaggio e si recherà alla Casa delle
Diaconesse a Torre Pellioe.
Nel corso di una fraterna riunione il Pastore ha rivolto a nome di tutti i presenti
parole di viva riconoscenza a Suor Ida per
il ministero che essa ha esercitato a beneficio di tutta la popolazione per oltre trent’anni, con vero spirilo di dedizione e di amore.
La testimonianza dì fede e di amore che
Suor Ida ha dato a tutti, sarà sempre di
esempio e di incoraggiamento a perseverare
nella fede. Desideriamo ringraziare ancora
Suor Ida da queste colonne e testimoniarle
tutto il nostro affetto con l’augurio d un
soggiorno benedetto dal Signore alla Casa
Madre di Torre Pellice.
COAZZE-SUSA
In ritardo segnaliamo che anche la Festa
alla gloria di Dio e in onore della « mamma »
è riuscita : vi hanno collaborato gli alunni
delle due Scuole domenicali i quali hanno
recitato e cantato a Susa e a Coazzc ed hanno avuto un pensiero « fiorito » per la festeggiata.
A Scuola tutti i nostri figliuoli sono stati promossi onore\ol mente e a Susa Letizia
Tomassone è risultata la prima della classe,
prima Media.
Di cuore simpatizziamo con le famiglie di
Umberto e di Costantino Ostorero della Chiesa di Coazze per la dipartita della Mamma:
come pure con i coniugi Pons-Gay della
Chiesa di Susa per lii morte tragica, in un
incidente stradale, delstero fratello e cognato
Albertino Pons di Angrogna; come pure cm
i congiunti del nostro fratello ed am’co Mario Giorsa-Cervaro di Torino quivi decedu'o
vittima sul lavoro. Questi, da quando il figlio era artigliere a feusa, quattro anni fa,
quasi tutte le domeniche, con qualunque
tempo, veniva con la sua compagna per il
Culto, con questa Comunità; come pure con
la figlia Dott. V. Mongini e famiglia di Vische per la dipartita della Mamma nostra
sorella sig.ra Amalia vedova del Generale
C. Arnione spentasi fidente e serenamente,
circondata dai suoi, in Vische dove ha avuto
luogo la sepoltura con Fannunzlo della Risurrezione e della Vita, presenti una folla di
Vischesi che amavano e stimavano la Signora, la Chiesa dei Fratelli di Piverone e una
rappresentanza della Comunità di Susa deUa
quale Ella faceva parte. Avevamo conosciuto
nonna Amalia ad Aosta solerte nel partecipare, con i suoi a tutte le attività di quella
Chiesa ed ha continuato ad esserlo altrettanto. fi nché Le è stato possibile, di quelle della Chiesa di Susa prima da Torino e poi perfino da Vische.
Ringraziamo cordialmente il nostro fratello Ugo Tomassone della sua collaborazione
nel sostituire il Pastore in pulpito.
NOVITÀ’
CLAUDIANA
THOMAS VAN DEN END
Paolo Geymonat e il movimento
evangelico in Italia
nella seconda metà
del XIX secolo
p. 354, L. 3.800
Collana della
Facoltà Valdese di Teologia, 9
A. M. HUNTER
Il dibattito
sul Vangelo di Giovanni
pp. 220, L. 1.300
{«P.B.T.», 5)
Le nuove scoperte ed i nuovi
orientamenti della critica biblica sul Vangelo di Giovanni
Ampia bibliografia
Ordinazioni a
LIBRERIA CLAUDIANA
Via Pio Quinto, 18 bis
10125 TORINO
giovani che non abbiano passato il 35° anno
di età.
Attraverso ì fogli inviati sono emerse le tendenze e le proposte che animano il mondo
giovanile delle arti contemporanee; ma che
non di rado lasciano dubbioso o perplesso il
visitatore meno provveduto.In genere le medaglie d’oro i premi acquisto deUa C. Delcré
di Torino sono apparsi bene assegnati, ma alcune medaglie d’argento e qualche segnalazione della Giuria sembrano date contro il
« buon senso » dei molti.
Ma tale differenza di giudizio si nota in
tutte le altre sale che compongono il corpo
effettivo della mostra che è rassegna viva delle forze artistiche contemporanee, specie in
quanti arrivano prevenuti da preconcette simpatie per scuole d’altri tempi o per filoni artistici presunti inesauribiU.
Se un corpo è vivo non può non avere le
sue immancabili mutazioni. La mostra di Torre Pellice, pur non trascurando l’opera serena
di molti pittori che chiedono fiduciosi al mondo sensibile il soggetto della loro produzione,
è volta a sottolineare gli sforzi di quanti al
quieto vivere delle formule cristallizzate in
accademia, si oppongono decisi anche alla derisione o aU’isolamento.
La lezione della vera avanguardia, pionieristica, riguardante le molteplici discipline
dello spirito è soprattutto di audacia e di amore e non può pertanto non essere perennemente valida.
X. V.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia Pons, profondamente
commossa per le numerose manifestazioni di simpatia e rimpianto, per l’improvvisa dipartenza di
Albertino
Direttore responsabile: GiNO Conte
Reg, al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To)
SAN SECONDO
Inaugurazione della sala
di attivila “Bruno Don,^
Domenica 31 agosto sarà inaugurata
la nuova sala dì attività « Bruno
Don ». Alle ore 19,30 il culto sarà presieduto dal Moderatore; alle ore 15
avrà luogo Finaugrurazione. Ai partecipanti sarà offerto un rinfresco ; il « Coro Alpino Val Pellice » eseguirà un
programma di canti e cori valligiani.
Un fraterno invito a tutti.
VILLAR PEROSA
Nozze. ■— Il 9 agosto abbiamo celebrato
le nozze della nostra sorella Prof. Dia Griset
col Prof, di lingue slave Jiirgen Kristophson,
assistente all’università di Bochum. La cerimonia si è svolta in francese e in italiano,
seguita da un messaggio in tedesco del Pastore Riebeling di Detmold ed è stata aW>ellita da vari pezzi di flauto, suonato con maestria dal Prof. Montrucchio deUa Rai di Milano, accompagnato all’armonium daUa moglie del Pastore. All’agape fraterna che ha
visto riuniti una settantina tra parenti ed
amici in un’atmosfera di viva gioia, ha preso la parola il padre della sposa, il venerando Prof. Griset che, con commossi accenti
ha salutato la sua diletta figliuola, augurandole ogni bene accanto al campagno da lei
scelto. Sono seguili alouni altri messaggi, fra
cui uno in versi e poi la sig.ra Riebeling, accompagnata con la chitarra dal figlio, ci ha
fatto udire, in russo, alcuni canti particolarmente suggestivi.
Ai cari sposi rinnoviamo i nostri auguri
tanto affettuosi e chiediamo al Signore di
benedire il loro focolare.
Battesimi - Katìa di Silvano e Dda Roccione; Sandro di Gino c Carla Coucourde; Ida
di Renato e Claudina Gardiol; Cinzia di Gioffredo e Elbana Notta. La grazia del Signore
accompagni questi bimbi e le loro famiglie.
Ospiti graditi - Ringraziamo sentitamente
il Dott. Guido Ribet ed i Pastori Enrico
Tron. Gustavo Bertin, Arnaldo Genre e Roberto Jahier che hanno tenuto il pulpito
dandoci dei messaggi molto apprezzati. Ringraziamo pure il Pa.store Schwabedissen di
Lippe Detmold ed i suoi familiari che hanno soggiornato da noi con le tende c ci
hanno dato, oltre ad una predicazione, vari
canti che hanno abbellito i nostri culti.
Abbiamo pure ricevuto la visita di un
gruppo di cari fratelli di Losanna, guidati
dal sig. Chavannes, che ci ha dato un messaggio al culto del 3 agosto. Per quell’occasione i nostri Trombettieri si .sono mobilitati
e la Corale ha fatto udire alcuni dei suoi
canti. Molto apprezzato il gesto di alcune
nostre sorelle che hanno indossato il' costume valdese.
Tre giovani di Pinache-'Wiirtt, i fratelli
Gilles-Roiix e Koernig-Rivojr, ci hanno iledicato 15 giorni delle loro vacanze, per collaborarc in modo pratico alla costruzione del
nostro tempio, lavorando coi muratori. 11
loro gesto, altamente significativo, ci ha
commossi e ha contribuito a stringere maggiormente 1 legami che già ci uniscono con
quei fratelli lontani.
ringrazia tutte le persone che nell’ora
del lutto e del dolore hanno voluto
esprimerle amicizia ed affetto per il
caro scomparso.
Un particolare ringraziamento ai Pastori Taccia e Deodato, agU amici e
coUeghi maestri degli Sci-Clubs di Sestriere, Monte Amiata, Prato Nevoso
e VandaUno ed al Gruppo Ass. Naz.
Alpini di Angrogna.
«L’Eterno ti proteggerà da
ogni male; Egli proteggerà
l’anima tua. L’Eterno proteggerà il tuo uscire e D tuo
entrare da ora in eterno».
(Salmo 121; 5-7-8)
Angrogna, 9 agosto 1969
RINGRAZIAMENTO
La sorella EveUna con D marito Beniamino Pons e figlio Gianfilippo ringraziano quanti hanno preso parte al
loro dolore per la dipartita del loro
caro
Aidolfo Costantin
di anni 73
Un ringraziamento particolare ai Signori Dottori Gardiol, Scarognina,
Lanza; all’Ospedale Mauriziano di Luserna; al Pastore Sig. Taccia ed ai
vicini di casa.
Angrogna (Raggio), 7 agosto 1969
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4
pag. 4
N. 33-34 — 29 agosto 1969
Notiziario
ecumen ico
Documenti di un in^conti^organizzato^ ad Agape dalla Federaziojie delle Chiese Evangeliche in Italia
la posizioRe iene Chiesa Evangeliche di frante alln State
a cura di Roberto Peyrot
IL DIRITTO ALLA LIBERTÀ
IN IRLANDA
Parigi (bifi) — Non basta precisare che il
pastore irlandese Jan Paisley, di cui si conoscono gli eccessi, rappresenta poco più
che se stesso ed in ogni caso non la Chiesa
presbiteriana d’Irlanda per giustificare la
gravità della situazione od erna esistente nelrirlanda del Nord. Non basta neppure sottolineare i tentativi ecumenici di questa regione e gli atti di pacificazione delle autorità cattoliche, anglicane e riformate. Questo è il pensiero della Commissione degli Affari internazionali della Federazione protestante francese e dei competenti organismi
del Consigl'o Ecumen’co delle Chiese.
Effettivamente — come viene sottolineato
dalla stampa internazionale e francese — la
popolazione cattolica dell’Ulster è praticamente colonizzata dai protestanti giunti dalla Scozia nei secoli scorsi. Sui piani sociale,
politico, legislativo, pedagogieo e culturale,
la minoranza cattolica è dominata dalla maggioranza protestante e dalla sua polizia.
Viene da paragonare questa situazione a
quella dei negri della Rhodesia o dell’Africa
del Sud, anche jn questo caso sottomessi a
protestanti. In un caso come nell’altro la
violenza si manifesta per colpa di cristiani
che, d’ora innanzi, non hanno più il diritto
di parlare in nome della libertà e di rimproverare al cattolicesimo la sua intolleranza in Spagna o in Colombia.
LA RIUNIONE
DELLA C.E.A.I.
Cambridge, Gran Bretagna (soepi) — Il
Comitato esecutivo della Commissione delle
chiede per gli Affari intemazionali (CEAI)
del CEC si è recentemente riunito a Cambridge, per la 24“ volta e ha deciso di studiare da un nuovo punto di vista le cause
e gli effetti delle tensioni internazionali allo scopo di rendere coscienti le chiese membri del Cec.
E’ stata una delle riunioni più importanti
della Commissione : erano presenti membri
dei sei continenti, dei responsabili di vari
governi e di organizzazioni internazionali.
Compito tradizionale della CEAI è quello
di aiutare le chiese nelle loro preoccupazioni
politiche e di rappresentare il Cec presso governi ed organizzazioni intemazionali.
Due sono stati i programmi proposti:
I) Stabilire contatti più stretti con le
234 chiese membri ed i Consigli di Chiesa
regionali e nazionali per avere da loro informazioni e consigli comunicando loro nel contempo le informaz'oni ricevute da altre
chiese;
II) Mettere a punto degli studi che permetteranno di stabilire dei criteri per l'azione.
I membri della Commissione hanno proposto di organizzare un colloquio per analizzare i probabili cambiamenti che avverranno sulla scena internazionale all'inizio degli
anni 70. Si tratterà di determinare in qual
misura questi cambiamenti comporteranno
una trasformazione della posizione cristiana
di fronte al problema della sicurezza nel
mondo, dell’eguaglianza e dell’interdipendenza dei paesi, della responsabilità legata
alla potenza e dell’adoz'one di nuove stmtture.
Dn certo numero di altri problemi attuali, quali il conflitto niger ano, le relazioni
fra Cuba e Stati Uniti, il Vietnam, lo sviluppo, la Grecia, la Rhodesia, il razzismo, la
situazione dell’Africa del sud, l’Europa e le
super-potenze sono stati oggetto di discussioni
e hanno dato luogo a raccomandazioni destinate al Comitato centrale del Cec che si è
riunito dal 12 al 23 Agosto a Canterbury
(e di cui daremo notizia nel prossimo numero).
IL PRESIDENTE NIERERE
E LE CHIESE CRISTIANE
Dar es Salam (soepi) — Le chiese cristiane in Africa hanno la possibilità di partecipare allo sviluppo nazionale « mettendo in
pratica c o che esse predicano da secoli », ha
dichiarato il pres'dente deUa Tanzania, Nierere, ai membri del gruppo consultivo sulla
missione nei centri urbani ed industriali.
Questo gruppo consiglia la Divisione della
Missione ed Evangelizzazione del Cec.
Nierere ha manifestato molto interesse nei
riguardi del lavoro comiputo dalla comunità
cristiana in Tanzania in campo missionario.
« Penso che le Chiese abbiano una nuova
opportunità in Africa, ma temo che ancora
una volta esse se la lascino sfuggire » egli
ha soggiunto.
Laico impegnato. Nierere ha criticato le
chiese istituzionalizzate che sono restate silenziose allorché j dirigenti politici manifestavano la loro preoccupaz'one riguardo ai
diritti di tutti i gruppi razziali, etnici e nazionali.
Le chiese dei paesi sviluppati « si sono finora schierate dalla parte dei privilegiati, dei
potenti e dei ricchi, lasciando ai pretesi atei
la cura di difendere la causa degli appressi,
dei poveri e di coloro che sono privi di potere ».
Il presidente ha poi parlato del suo « sogno » di edificare una repubblica nella quale tutti i cittadini possano godere dei benefici della vita e vivere in armonia gli uni
con gli altri.
Per quanto concerne gli aspetti di
principio del problema della posizione
delle Chiese evangeliche rispetto allo
Stato italiano, si sono rilevati i seguenti elementi:
1 - Ambiguità dello Stato
I partecipanti — senza riaprire una
discussione sulle dottrine filosoficogiuridiche intorno aH’autorità e alla
sua origine — hanno concentrato la
propria attenzione sullo Stato nella
sua realtà concreta di esercizio del potere, richiamandosi all’atteggiamento
dei cristiani primitivi di fronte al potere imperiale.
Lo Stato è apparso come un dato
« ambiguo »: da un lato esso si presenta sotto l'aspetto di un ordinamento giuridico volto a garantire la civile
convivenza; da un altro lato esso si
presenta come un potere, che può diventare demoniaco, dietro il quale
operano forze di cui l’apparato statale
stesso diviene strumento. Nella nostra
concreta esperienza odierna, queste
forze si identificano solitamente con
l’egemonia in una classe dominante.
Questi due volti dello Stato sono così
intimamente connessi che non si può
nutrire l’illusione che le Chiese possano instaurare rapporti soltanto con
l’ordinamento giuridico e non al tempo stesso con le forze soggiacenti al
potere statale e quindi che le Chiese
possano evitare i pericoli che da ciò
derivano.
Tradizionalmente lo Stato moderno
tende ad integrare nel suo sistema determinati fatti sociali, come il mondo
del lavoro o la cultura e quindi anche
le Chiese. Nell’Italia attuale il sistema
concordatario realizza una compenetrazione evidente tra lo Stato e la
Chiesa cattolica Romana. Le Chiese
evangeliche, respinte ieri ai margini di
tale sistema di compenetrazione da
ima politica di ostilità e di vessazioni,
sono da qualche tempo oggetto di una
politica di benevolenza e di concessioni, che tende ad integrare il fermento
evngelico stesso nel sistema ideologico dominante.
2 - La Chiesa
I partecipanti hanno altresì rinunciato ad opporre alla realtà Stato una
reakà « Chiesa » concepita come una
istituzione, preferendo metter l’accento sulla predicazione evangelica quale
antagonista dello Stato. Rinunciando
a fare un’ecclesiologia sistematica si è
voluto concepire la Chiesa semplicemente come la comunità di coloro che
la predicazione rende personalmente e
collettivamente implicati nel rapporto
col mondo e quindi con lo stato. L’esser implicati nel mondo si estende anche agli aspetti materiali e amministrativi della vita ecclesiastica.
Le chiese devono esser consapevoli
della responsabilità alle quali le chiama il messaggio che esse dovrebbero
annunciare, conseguenti con se stesse
in modo che dichiarazioni di principio
non vengano smentite dall'azione pratica e capaci di rinunciare a vendere
la propria primogenitura per un piatto di lenticchie.
3 - Etica nei rapporti
fra chiesa e stato
Partendo dal Nuovo Testamento i
partecipanti hanno messo in evidenza
la dialettica tra Romani XIII e Apocalisse XIII, cioè tra un riconoscimento
della funzione dell’autorità civile ed
una contestazione delle pretese ideologiche del potere. Questa resta sostanzialmente la posizione delle chiese
evangeliche di fronte allo stato italiano; per cui esse da un lato hanno diritto ad appellarsi all’ordinamento giuridico per reclamare libertà di predicazione dell’evangelo e dall’altro hanno il dovere di denunciare in modi
concreti le tendenze malvage del potere.
Tanto più esse sono impegnate a rinunciare per se stesse ad ogni forma
di privilegio che lo stato intenda accordare loro in ragione del loro carattere religioso.
B
Gli aspetti attuali
del problema
I partecipanti all’incontro di Agape
del 19-23 agosto 1969 su « posizione
delle Chiese Evangeliche di fronte allo Stato » hanno convenuto sui seguenti punti:
1. Hanno avvertito anzitutto la necessità di ribadire alcuni principi attinenti al rapporto Stato-Chiesa, in generale, consci della responsabilità di
testimonianza e di predicazione che
portano nei confronti dello Stato e delle sue leggi, pur essendo consapevoli
che le nostre chiese non sono state
sempre immuni dalla tentazione di
conseguire vantaggi mediante compromessi.
a) Respingono pertanto ogni concordato come sistema di regolamentazione dei rapporti fra Stato e Chiesa,
quand’anche si tratti della confessione di maggioranza, deplorano in particolare che la nostra Costituzione abÌ3ia adottato tale sistema per regolare
i rapporti tra lo Stato italiano e la
Chiesa cattolica romana, sistema che
risulta in sostanziale contrasto con i
principi della libertà religiosa, pur accolti nella carta costituzionale, e che
si rivela contrario alle aspirazioni di
un numero crescente degli stessi cattolici.
b) Rifiutano il criterio in virtù del
quale il pensiero e la predicazione della Chiesa possano o debbano essere
difesi mercé speciale tutela penale offerta dallo Stato e pertanto respingono non solo, e innanzitutto la configurazione di reati di vilipendio alla religione (come in generale respingiamo
ogni reato di vilipendio sostanzialmente contrario ai principi di libertà), ma
anche la configurazione di una tutela
penale differenziata delle Chiese, dei
suoi ministri e del suo patrimonio rispetto alla ordinaria tutela penale predisposta per le associazioni, le persone e i beni; denunciano pertanto resistenza dei reati di vilipendio ed in generale della tutela penale della religione, come espressione della confessionalità dello Stato e della sua tendenza ad integrare la Chiesa nelle strutture di potere.
c) Richiedono ancora una volta la
sollecita approvazione di una legge
che dia riconoscimento giuridico alla
obiezione di coscienza al servizio militare, sia essa fondata su motivazioni
religiose, ovvero filosofiche o umanitarie.
d) Ribadiscono la necessità che la
scuola pubblica sia sottratta ad ogni
influenza ed ingerenza confessionale e
risulti pertanto rispettosa delle diverse posizioni religiose, o non religiose,
di tutti i cittadini.
2. Ravvisano nel documento approvato dal 2° Congresso delle Chiese
Evangeliche italiane circa « La posizione delle nostre Chiese nello Stato »
una indicazione tuttora valida a determinare i criteri con i quali le nostre Chiese devono muoversi nei confronti dell’ordinamento giuridico italiano e, pertanto, riconfermano la richiesta che siano sempre assicurate
una completa libertà per la predicazione e la testimonianza dell’Evangelo,
una piena indipendenza delle confessioni religiose da ogni ingerenza statale, un trattamento paritario in materia ecclesiastica che garantisca uguale
libertà per tutti e non comporti in nessun caso che debba essere dato allo
Stato quello che è da rendere solo a
Dio.
3. Riconfermano, sulla linea del sumrnenzionato documento, che il principio delle « intese » previsto dall’ultimo
comma dell’art. 8 della Costituzione
della Repubblica italiana, non può e
non deve essere considerato come Io
strumento per giungere ad una sistemazione concordataria dei rapporti tra
le confessioni religiose evangeliche e
lo Stato, posto che una tale sistemazione non è conforme al pensiero evangelico generalmente accettato dalle
nostre chiese. Il principio delle « intese » deve essere invece considerato coinè una garanzia costituzionale per la
libertà delle confessioni evangeliche
(non potendo lo Stato legiferare in materia che riguardi i suoi rapporti con
le confessioni evangeliche se non in
base alle intese raggiunte e in completa aderenza ad esse) e pertanto come garanzia sia contro qualsiasi normativa persecutoria o discriminatoria,
sia contro qualsiasi normativa che
comporti trattamenti di privilegio o
forme di integrazione della Chiesa nelle strutture di potere dello Stato o di
altri gruppi sociali, inaccettabili per
noi, al pari di atteggiamenti persecutori o discriminatori.
4. Proprio perché considerano lo
strumento delle « intese » nel senso testé precisato, ritengono che le nostre
Chiese, attraverso il Consiglio della
Federazione debbano operare urgentemente ed attivamente per ottenere dai
competenti organi dello Stato che siano definiti chiaramente e una volta
per tutte:
a) la procedura attraverso la quale le « intese » si debbano attuare ed
acquistare precisa fisionomia giuridica
(ciò potrebbe avvenire mediante una
legge ordinaria, di attuazione costituzionale, emanata sulla base di « intese » con le rappresentanze delle confessioni di minoranza).
b) Il principio secondo cui le « intese » devono precedere la legge e non
seguirla in sede di attuazione.
c) Il principio secondo cui la legge deve restare del tutto aderente alle « intese » e non può discostarsi da
esse.
5. Questi criteri ci conducono a non
ritenere opportuna una legge organica generale che regoli globalmente i
rapporti tra le confessioni di minoranza e lo Stato, pur rendendosi conto
che sussiste tuttora l’ordinamento giuridico italiano la legislazione sui culti
ammessi del 1929-30, anche dopo la entrata in vigore della Costituzione e pur
parzialmente abrogata da sentenze della Corte Costituzionale. Questa legislazione solleva infatti alcuni problemi:
a) Per la parte concernente la materia matrimoniale, quella relativa alla esenzione dal servizio militare, alla
cappellania, Tistruzione religiosa nelle
scuole è evidente che si potrà parlare
di abrogazione o di riforma solo dopo
che le nostre Chiese avranno chiarita
la loro posizione su questi punti. D’altra parte, per alcune di queste materie, nulla vieta che le chiese eliminino
fin d’ora alcune posizioni che possono
considerarsi di privilegio (rinunciando, ad esempio, alla esenzione del servizio militare dei ministri di culto, che
rappresenta una facoltà e non un obbligo) ovvero modifichino il proprio
atteggiamento verso certi istituti (rinunciando a far conseguire al matrimonio celebrato davanti ai propri ministri gli effetti civili ed invitando i
nubendi a contrarre, prima della benedizione, il matrimonio civile, nel qual
caso non sarebbe più necessario richiedere l’approvazione governativa
per i pastori).
b) Per la parte riguardante il diritto di ottenere l’esenzione dall’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, trattasi di un principio che, nella situazione attuale, garantisce la nostra libertà e quella delle confessioni di minoranza in genere
e deve pertanto essere mantenuto.
c) Per la parte riguardante il regime patrimoniale delle nostre istituzioni è accettabile il criterio generale
di ricondurlo al sistema del codice civile, mentre non è accettabile l’eventualità di ulteriori interferenze che la
detta legislazione consente e che ha
carattere discriminatorio; tuttavia
questa parte della legge può fondatamente ritenersi incostituzionale in riferimento all’art. 20 della Costituzione, per cui potrebbe essere eliminata
da un intervento della Corte Costituzionale.
d) Per la parte riguardante Tapprovazione governativa dei ministri di
culto pur essendo il suo valore limitato oramai al conseguimento degli
effetti civili del matrimonio celebrato
davanti a tali ministri (e sempre che
debba mantenersi questo criterio per
il conseguimento di tali effetti e non
possa essere sostituito dal principio
che soltanto la confessione di appartenenza è competente ad accreditare i
propri ministri ad ogni fine) si rileva
una pesante procedura poliziesca per
giungere a tale approvazione che pone l’esigenza di una riforma.
6. Circa le materie che dovrebbero
essere regolate mediante « intese », e
sempre sulla linea di pensiero sopra
esposta, esse potranno individuarsi da
parte nostra con chiarezza soltanto
dopo che le nostre confessioni avranno maturato una posizione teologicamente corretta sulla missione della
Chiesa e sulla natura dello Stato.
Echi della settimana
LA TRAGEDIA
DELLA SFIDUCIA
« Quale cambiamento (neirultimo quarto di secolo) nelle ambizioni delFURSS é nell immagine ch^essa ojfre di sé stessa! L’esercito liberatore di ieri è diventato un simbolo
d oppressione, e diventato il gendarme d’un
impero ognor più contestato nelVinterno, ognor
meno rispettato alVesterno. Il “campo socialista , tarito celebrato per il suo monolitismo,
minaccia di scindersi, ben presto, in altrettante tendenze quanti erano ieri i suoi membri
componenti.
Si combatte sulla frontiera cinosovietica,
e la Romania non giudica superfluo, per proteggersi dal proprio protettore, d’invitare in
casa propria il capo di quella nazione contro
la quale la Romania stessa dovrebbe esser
protetta.
E forse prossimo al tramonto quell’ideale
socialista che, nel nostro tempo (se non in tutti i tempi, a partire da quello dei cristiani),
ha suscitato sacrifici devoti e disinteressati
senza confronti? Milioni di persone, in tutto
il mondo, si rifiutano di crederlo. Molte di
loro non possono ammettere che tanti anni di
lotta quotidiana siano stati vani, così come il
sacrificio dei loro compagni caduti per donare a questa terra non volto più fraterno. Esse
rimangono convinte d’aver scelto la via buona e che, presto o lardi, la rivoluzione saprà
liberarsi dalle scorie che la ricoprono. In numerosi paesi, dal Vietnam a Cuba, il patriottismo e la volontà di trasformare la società,
confluiscono insieme nel galvanizzare le energìe. Un po’ dappertutto, nel “terzo mondo”,
permane la convinzione, malgrado numerose
delusioni, non esistere altro mezzo, per liberarsi dal sottosviluppo, che un’ideologia nella
quale la giustizia e la razionalità si congiungano. Nel nostro proprio mondo occidentale,
che si dibatte nel suo vuoto morale e nelle
sue incertezze economiche, la rivolta del maggio 1698 ha messo in evidenza, pur con i suoi
infantilismi e con le sue violenze assurde,
tutte le incocrenze di tale mondo, ha mostrato l’ampiezza dell’aspirazione ad un altro stile di vita, nel quale l’attività umana dovrebbe
rispondere a motivazioni più nobili della
semplice ricerca del profitto (•..).
Il socialismo é, per definizione, ottimismo.
Crede che l’uomo sia guastato dall’ambiente
sociale, crede che sia possibile strapparlo all’egoismo per metterlo al servizio della comunità. Il socialismo non ammette la necessità della violenza, che per eliminare la violenza stessa. È vero che, nell’adempimento
della propria vocazione, esso rischia di venir
trascinato molto più lontano di quanto inizialmente progettato, per poco che le difficoltà
concrete da superarsi si presentino più ardue
del previsto: ma ciò non toglie assolutamente
nulla alla sua concezione fondamentalmente
umanistica (...).
Kruscev, ottimista inveterato, persuaso che
il socialismo avrebbe vinto rapidamente il capitalismo, credette di poter mettere il punto
finale alla precedente tragica epoca di Stalin.
Ma ben presto la rivolta ungherese venne ad
insegnargli il rischio che un impero, fondato
sulla sfiducia, corre nel voler anche soltanto
socchiudere le porte. I suoi successori hanno
imparato la lezione: di Stalin, essi non hanno
ritrovato né la grandezza tragica, shakespeariana, né il potere affascinante; ma essi ne hanno ripreso l’abito alla sfiducia, a tal punto che
questa è diventata il fattore principale della
loro politica, mostrando d’ignorare che solo
l’audacia avrebbe loro permesso di restaurare
quel prestigio, senza il quale ogni potere è
votato alla decadenza.
Essi non hanno saputo cogliere l’occasione
propizia, a loro offerta l’anno scorso. Infatti
essi avrebbero potuto capire che la primavera di Praga apriva al socialismo una nuova
giovinezza, il cui sviluppo avrebbe fatto completamente dimenticare i delitti dello stalinismo, e avrebbe procurato al mondo occidentale, sempre più dubbioso dei propri valori, la
soluzione di ricambio confusamente attesa.
Essi avrebbero potuto semplicemente limitarsi
a dare generosamente la propria cauzione a
un movimento, che si sarebbe concluso col
ridare un senso agli ideali del campo socialista, a quegl’ideali che il socialismo continua ad invocare volgendo loro troppo spesso
le spalle. Ma essi hanno preferito vedere in
a cura dì Tullio Viola
quella ripresa della corrente, dalla quale la
Rivoluzione d’Ottobre era scaturita, una minaccia per la loro autorità. Essi l’hanno soffocata con dei metodi degni della diplomazia
delle cannoniere, invocando dei pretesti assurdi e dei principi che sembrano richiamarsi
a quelli della Santa Alleanza ».
(Da un articolo di André Fontaine su u Le
Monde » del 19-8-1969).
Noi credenti, che abbiamo visto da mUlcnni sempre nuovamente riconfermate le icìee
del Salmo 2, non ci meravigliamo di quaiiìo è
accaduto ed accade e che il nostro articoli ita
giustamente deplora.
UN PERSEGUITATO
E Giorgio Mangakis, professore di diritto penale all’Università di Atene, arrestato
dalla polizia militare greca (il 26-7 c. a.) c poi
torturato. Di lui scrive Tamico Panos 13.
Kokkas (in una lettera a « Le Monde » del
19-8-1969) quanto segue.
« Per 35 anni, con una soddisfazione ognor
crescente, ho seguito la carriera di G. M.,
non solo come vecchio compagno di liceo, ma
soprattutto nelle mie funzioni di editore dun
giornale.
L’ho visto, nel 1943, studente giovanissìaio,
diventar partigiano. In seguito l’ho visto salire brillantemente tutti gli scalini della c arriera accademica. L’ho visto, nel 1964 dimettersi dalle proprie funzioni di segretario generale della giustizia, per restar fedele ai ?,tioi
principi di rispetto assoluto dell’indipendenza
giudiziaria. L’ho visto, dopo il 21-4-’67. rifiutare la cattedra offertagli dall’università di
Friburgo, per poter restare al fianco della gioventù studiosa di Atene, fedele al proprio dovere di professore aggregato, incaricato dei
corsi di diritto penale. L’ho visto ancora venir nominato professore alla cattedra di diritto penale della facoltà di giurisprudenza dell’università d’Atene; poi perdere tale cattedra e, per di più, venir radiato dai quadri
della facoltà, per non aver accettato di curvare
la schiena davanti al governo dei colonnelli.
L’ho visto infine tenere la sua ultima lezione
nel modo più commovente, degno d’un intellettuale cosciente della propria missione. In
poche parole: l’ho visto sempre essere all’altezza del proprio ruolo, e conformarsi all’ideale dell’ “uomo onesto” (•••)•
Il fatto che un regime, invece d’onorare
degli uomini come il professor Mangakis, si
crede obbligato ad infierire contro di loro, é
una prova supplementare ma innegabile delVincompatibilità di quel regime coi valori
umani che costituiscono la sostanza stessa dell’Europa e della Grecia (...) ».
iiiimiMiiiiiiiimiiiiiiMiiiimiimiimiimit
iiiiiiiiimimiiimtitii
L’uomo e lo sviluppo
(segue da pag. 1 )
Ma in definitiva, ha soggiunto Thomas, « i problemi del sottosviluppo dì
vaste regioni non possono essere risolti che dalle iniziative degli stati e
col realizzarsi di strutture che favoriscano lo sviluppo. Il Comitato esecutivo ha dunque ritenuto che l’educazione in vista dello sviluppo rimanga
prioritaria, non solo nei paesi in via
di sviluppo, ma anche nei paesi sviluppati ».
’Thomas ha infine ricordato la conferenza organizzata dal CEC a Londra nello scorso maggio sul razzismo
(di cui demmo a suo tempo notizia),
che ha permesso di mettere a punto
un programma in vista dell’eliminazione del razzismo, che il Comitato
centrale dovrà esaminare ed eventualmente approvare.
« Non mi resta che concludere dividendo con voi il profondo sentimento
che il movimento ecumenico è attualmente una delle realtà più vive e dinamiche del mondo moderno e se vi è
speranza per l’avvenire del mondo
questo dipende in buona parte da tutti noi che siamo qui riuniti ».