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LA BUONA NOVELLA
Si dislribuisce ogni Venerdi. — Per caduu Numero ceulesimi 10. — l*er caduna linea d’inserzione centesimi 20.
Condizioni «l’Associazione t
Per Torino — u/i Anno L. S. — A domicilio L. 6 - — Pbovi.ncie L, « SO.
Sei mesi > a. — • 8 SO — • 3
Tre mesi > t. — • S — • S SO.
Per Francia e Srizzera franco a destinazione, e per ringliilterra franco al conflne lire 9 &0
per UR anno, e lire & per sei mesi.
Le Asaocjazioni si ricevono : in Toriso airi/ni*lo del (;lorn«ile, viulc dd Re, num.SJ.
_X Geno>a, aila t'appella %'aldeMe. mura di S. Cliiuru.
Nelle provlni-ie, presiU) tutti gli Ufliài j>09luli por mezzodì Vaglùi,v\ic dovranno estere iuviaii
franco al Direttore dcllu Ih <»!<a N<»> f.i.la c non altrimenti.
All'estero, ai Regnenti indirizzi: Lo?<nr.A, dai sigg. NiMhctt e librai, ai Bernern-^lreMi;
Parici, diUlalibreria C. Meyrucis, rm- Trom-het, 2; NimK!». dui hig, IVyiol-Tinel libraio; Liiioe;
dai sigg. DrniH et Pelit Pierre librai, rne Neuve, is; (ti?«kvha, dal sig. K. Heroud libraio
Losa:ina, dal sig. Delafoiilainf' libraio.
AVVISO IMPORTANTISSIMO.
Come per lo passato mandiamo i due
primi numeri dell’anno a tulli i nostri
Associali indistintamente. I numeri susseguenti non saranno più mandati se
non a coloro che ne avranno fallo formale richiesta.
Le lettere e plichi dovranno essere
inviati franchi zW’Vffizio della Buona
Novella.
Collimarlo.
Ancora suU’Assegpamento ai Valdesi. — Società
dei Trattati religiosi per l'Italia ; prima circolare
del Comitato c'Staluto della Soeieti. — Necrologia:
Rosalia Mathey. — Amenità clericali. — Notizie religiose : Piemonte, Inghilterra. — Annunzi.
ACCORA DELL’ASSEGNAMEMO AI VALDESI
Se torniamo su questo argomento egli nou
è già perchò gli diamo, dal canto nostro, neanco
la centesima parie deirimportanza che lo spirito di setta si è industriato ad attribuirli, ma
al solo fine di rettificaro alcune asserzioni meno
che esatte sul proposito, poste in campo dal
giornale La Patria, e che non venendo raddirizzate , potrebbero per avventura trarre piìi
d’uno in inganno sulla bontà e la giustizia dolToperato della Camera nella seduta dei 17 p. p.
Ricorderanno i nostri lettori come a giustificare la ripristinazione nel bilancio dei 6500
franchi assegnati al culto valdeso, anche dopo
che si era altrimenti provveduto ai bisogni del
culto cattolico, il Ministero primieramente e
dopo di lui la Commissiono, dimostrassero con
valide ragioni essere questa somma non già
un sussidio, come da taluni si voleva dare ad
intendere , ma bensì un tenue compenso (al
quale uon credette di potersi rifiutare lo stesso
governo assoluto) ai beni di gran lunga superiori, di cui, contrariamente ai trattati, erano
stati i Comuni valdesi spogliati.
Alla Patria non paiono ammessibili tali dottrino :
« Cominciamo ad accennare, dice ella , che
infatto non crediamo vero che quei beni fossero stati dati in proprietà del culto valdese.
nè dalla Commissione esecutiva, nft da Napoleone; Ô assai chiaro dai testi dei succitati decreti , che furono dati in amministrazione e
godimento a servizio del culto valdose, ma con
riserva di determinarne poi con precisione,
quando il detto culto venisse organizzato a
norma delle leggi vigenti in Francia *.
Ma como sosterrà la Patria il suo dire, so
noi, col testo stesso dei 'decreti da essa invocati, le mostreremo allato il contrario di quanto
asserisce?
Il primo di quei decreti in data 88 brumaio,
anno IX (19 novembre 1800), si esprime, egli
è vero, in termini tali che potrebbero , se fosse
l’unico, favorire fino ad un certo punto l’interpetrazione della Patria. Egli dice :
Les biens et les rentes fixes des paroisses des
vallées de Luserne, St-Martin et Enrers-Pirouse, les quelles ont été réduites pur l’arrêté en
date de hier qui leur assure en même temps
un traitement tuflisant seront administrés par
les modérateurs taudois.
Ma corne parla il secondo in data 13 nivose,
anno IX (3 gennaio 1801), evidentemente destinato a surrogare il primo ? Eccolo
Les biens fonds et retenus confiés à ¡’administration des modérateurs taudois, par l'arrêté
28 brumaire, an IX, appartiendront üéfi.mtiVEMENT PLEixE PROPRIÉTÉ üux CoMmunesdeg
Vaudois, sur le territoire desquels ils sont
situés.
E come parla ancora il terzo, in data 11 germinale, anno IX (I” aprilo 1081), pubblicato in
occasione della restituzione allo due parrocchie
di Luserna e di Perosa dei beni alle medesimo
spettanti, e della corrispettiva indennità assegnata in quest'occasione ai Valdesi 7
» Per una giusta e conveniente indennitii
alle anzidette Comuni dei Valdesi, sentito il
Consiglio, ecc., decreta:
« In compenso dei beni delle ¡larrocchie di
Luserna e Perosa, dei quali i rispettivi parroci
continuano ad avere l’amministrasione , sono
assegnati in piena proprietà’ ai Comuni vai
desi i seguenti beni, ecc.....Spetteranno anche
in PIENA proprietà’ ai Comuni dei Valdesi i
beni ai medesimi assegnati coi decreti dei i8
brumaio e 13 nivoso .scorsi, ovunque li stessi
beni si trovino situati».
Ora noi domandiamo alla Patria se quello
che emerge da siffatte citazioni, sia come ella
pretende, che tali beni € furonojdati solamente
in amministrazione o godimento a servizio del
culto valdese », o non piuttosto come lo pretendeva il ministero e con esso lui l’onorevole
relatore della Commissione, che furono dati, e
non una volta soltanto, ma ripetutainento in
piena proprietà ai Comuni valdi^si ?
Ma ai successivi decreti della Commissione
esecutiva, cho abbiam ri|iortati, tien dietro, sul
proposito degli stessi beni, un decreto lieirimporatore Napoleone, in data ¿5 termidoro, anno
XIll. Ora conio si esprime un lai dntrotoT
Les conression* (e sappiamo ciò che, nel caso
attuale, suoni quesla |)ari)la) des biensfonds
el rentes faites aux bahitants de la vallèe ile
Pélis el des deux vallées d'.ini/ronne H de Val
lialsille, arondissement de l‘i;inerol, dé/iartement du Pò, connus sous le nom de Vaudois,
par Ics arrétés de la Conimissinn cx^rutivo du
ci-devant Piémont, des ¿8 liruniaire, 13 nivose,
M el 22 germinai, an 9, povr subvenir aux tiépences de leur culle, soni conjirmées.
Vero é, che l’articolo .secondo di detto decreto porta ciò che segue ; Le prodnit de ceji
biens sera pris en r/)midéralion lors de l’orynnisation ducuUedans les Vallées ci-desxus éiuntcées, conformément à la loi du 18 germinai,
an X. — Ma che perciò? Vuole forse dire
questa disposizione che quando fosse stata posta in opera questa nuova organizzazione ,
avrebbero quei beni cessalo di appartenere ai
Comuni valdesi ? (^osì vorrebbe darlo ad intenderà la Patria, ma i fatti stabiliscono il contrario; poiché la nuova organizzazione ecclesiastica di cui fa parola il decreto venne attualo poco lempo dopo, senza cbe fino al 18U
i Comuni valdesi cessassero di godersi in tutta
proprietà i beni stati loro assegnati nel 1800.
Ma la Patria va più oltre ancora :
t Checché sia però, dice ella, dcH’intenzione della Commissione esecutiva che diede
il possesso di quei beni ai Valdesi, e di Napoleone che lo confermò, o si ammette o non si
ammette il valore pratico del diritto di proprietà in generalo, e segnatamente di quella di
proprietà religiosa. Se si ammette, la Commissione esecutiva ha fatto ingiustizia e nullità,
togliendo arbitrariamente alle parrocchie ed allo
popolazioni cattoliche i loro beni, e dandoli per
puro atto di favore e di benemerenza ai Vaidesi, e il governo di Vittorio Emanuele I ha
fatto atto di naturale giustizia restituendo ai
cattolici il fatto loro.
€ Che se poi non si ammette il diritto di
proprietà (o si tergiversa per le proprietà religiose) sostenendo che la (¡ommissione esecutiva potò legittimamente tórre ai cattolici ciò
che aveano, senza compenso nò ragione, si dcns
pur consentire che ro Vittorio Emanuele potò
nel 1816 (per diritto almeno pari di sovranità ,
e cou ragione a sai preponente di equità), ri-
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ilare ai cattolici professanti la religione dello
Stato ciò che erano da secoli in possesso. Nell’un sistema e ncU’altro poi non esiste, nè potò
esistere titolo di proprietà poi Valdesi su quei
beni, nè ragion di compenso come debito obbligatorio per lo Stalo cbe li ritolse *.
Ma adagio! signori della Patria, chè questo
modo di ragionare si chiama imbrogliare le
([uistioni anzichò dilucidarlo. Qui non si tratta
nè di saper se si ammetta o non si ammetta il
diritto di proprietà; nòdi ricercarese chi diede
tali beni in piena proprietà ai comuni Valdesi,
avea o no il diritto di farlo. La legittimità cos\
delle donazioni fatto come dei contratti passati
dal governo della repubblica francese e di quello
che gli succedette, da lungo tempo è stata portata dal campo delle teorie in quello della pratica. Il papa coronando l’imperatore, i trattati
di Vienna e di Parigi dichiarando validi quei
contratti, valide quelle donazioni, han proclamata, ognuno a modo suo, questa legittimità più
assai chc non lo sia mai slata quella di nissuna
fra le proprietà dette ecclesiastiche, di cui, come
ben lo sapete, sarebbe pericolosissimo per quelli
che le tengono, il rintracciare l’origine, se si
potesse fare; co.sì che dal lato della legittimità
non vi può essere dubbio, nemmeno per i più
.sfegatati cattolici.
Rimane il dirilto che avrebbe avuto, .secondo
la Patria, Vittorio Emanuele I di togliere senza
compenso ai Valdesi i beni da questi legittimamente posseduti.— Ma un tal diritto noi recisamente lo neghiamo. Lo neghiamo per questa
ragione ehe la legittimità di quel possesso era
da Vittorio Emanuele I consentita per mezzo
del suo plenipotenziario, il quale appose la sua
firma, como tutti gli altri, ai trattati suddetti;
lo neghiamo perchè il non aver intaccato per
nulla lo altre analoghe donazioni o contratti, fu
per parte dello stesso sovrano la negazione formale di un tale diritto anche rimpetto ai Vaidesi ; lo neghiamo infine perchè, coll’assegnamento sebben tenuissimo che il governo di Vittorio Emanuele non credè di poter niegare ai
Valdesi, riconobbe quel governo, persino nell’atto che lo violava, il diritto di questi, il che
equivale ad una dichiarazione di novrdiritto
per parte sua, nel senso cho dice la Patria.
Non mancherà, lo sappiamo, di dirci su tal
proposito, la Patria, che quell’interpretazione
<la noi data dell’operato di Vittorio Emanuele
è cosa tutta nostra propria, e niente affatto conforme alla storia, poiché di compenso non è
fatto parola nè nelle RII. Patenti del 1816, nè
nelle ftorrelative provvidenze, ma bensì di sm■Hdio, di fatare, od altre espressioni di questa
latta.
Ma chi è che trasportandosi col pensiero all’epoca della ristaurazione possa meravigliarsi
di questa cosa, e trovare strana l’assenza di
una tal parola negli atti emanati dal governo
d’allora? Da un altro lato chi è che tornando col
pensiero a quei tempi, e ricordando di quale
spirito fossero animati coloro che erano consiglio al Principe, possa persuadersi che senza
sentirvisi in realtà obbligato, il governo si fosse
deciso a stabilire un assegnamento per quel
culto che il suo costante sforzo, anzichò di soccorrerlo era stato di sradicare dal nostro suolo? |
Nò si creda che così parlando noi vogliamo
menomamente disconoscere quei sensi di bontà,
di giustizia, di mansuetudine che furono mai
sempre il carattere distintivo dei nostri principi
abbandonati a se medesimi. A tali virtìi ereditarie nella stirpe sabauda, non ha mai cessato
la popolazione evangelica di questi Stati di rendere la più schietta testimonianza, anche nei
tempi in cui si avrebbe avuto più fondali motivi di dubitarne, e nel caso di cui si tratta
noi non esitiàtno punto a credere, che testimone della trista condizione a cui trovavansi
ridotti i pastori delle Valli, Vittorio Emanuele 1
cedendo a nissun altro influsso che a quello
del suo cuore paterno, si fosse preoccupato del
mezzo più acconcio di venir loro in aiuto.
Ma sa[>piamo altresì che circondato come
egli era da gente che si sarebbe ascritta a peccato mortale l’essere pietosa verso eretici, l'assegnamento in discorso non sarebbe mai stato
fatto ai pastori Valdesi, senza la coscienza di
un obbligo che era meglio ricordare da sè piuttosto che di farselo ricordare da altri, che non
avrebbero mancato di farlo.
In conclusione, anziché, sia la Camera, sia il
Ministero, sia la Commissione, nel conservare
nel bilancio la categoria : Assegnamento ai Vaidesi, abbiano fatto cosa illegale od ingiusta,
come pretende la Patriae con essa l’Armmtia,
non han fatto così gli uni come gli altri, che
apporre nuova sanzione ad un atto di giustizia
e di equità già proclamato tale dallo stesso governo assoluto.
SOCIETÀ'
DE’ TRATTATI RELIGIOSI PER L’ITALIA
Prima circolare del Comitato.
La necessità di pubblicazioni religiose destinate a coadiuvare l’opera dell’evangelizzazione,
intrapresa e continuata da qualche anno in
Italia, non ha aspettato a quest’oggi di farsi
sentire.
Quest’opera trovavasi per anco nel suo primissimo inizio, e già la nostra letteratura, così
povera sino allora in fatto di produzioni schiettamente evangeliche, erasi arricchita, in parte
per zelo d’individui isolati, in parte per cura di
società amiche, di parecchie pubblicazioni religiose, alcune delle quali importantissime.
D’allora in poi il movimento, lungi dall’affievolire, andò sempre crescendo. Tuttavia,
mentre da un lato quanto fu eseguito iu proposito è assai al di sotto do’ bisogni che vanno
aumentando di giorno in giorno, dall’altro la
maniera più o meno disgregata con cui questa
parte dell’opora venne compiuta, in un colla
circostanza chc lo fu in gran parte a mezzo di
persone straniere al nostro paese e in conseguenza poco al corrente de’ suoi veri bisogni,
è forse stata un ostacolo al producimento di
tutti quei frutti che dalla stessa poteansi ragionevolmente attendere.
In fatti risultò da questo modo di procedere,
fra gli altri, gli inconvenienti cho seguono;
Difetto d’unità in ordine allo scopo propostosi;
2° Mancanza di soda organizzazione atta a
diffondere lo stampe uscite alla luce;
3" Necessità, per iscarsezza di mezzi pecuniari sutTicienti, di limitarsi a piccole edizioni,
la quale necessità ne chiamava un’altra dietro
di sè, quella cioè di assegnare alle opere poste
in vendita un prezzo troppo elevato, perchè
non ne provasse nocumento la diffusione;
i" Pubblicazioni (per poca conoscenza dei
bisogni e fino a un certo punto dei gusti da
appagare) di buon numero di trattati eccellenti
nella sostanza loro e per i paesi iu vista dei
quali furono a principio composti, ma senza
interesse nè utilità reale pel nostro popolo.
Colpiti dai suddetti inconvenienti e sinceramente desiderando rimuoverli, entro la sfera
dello forze loro, certo numero di cristiani di
cotesto contrade, pastori e laici, sentironsi
spinti a costituirsi in Società de’ Trattati religiosi per l’Italia, nel duplico scopo 1“ di animare la traduzione e la composizione di quegli
scritti religiosi ch’eglino giudicheranno più acconci ai bisogni spirituali de’loro compatriotti;
2“ di adoprarsi con tutti i mezzi che hanno alla
maggior diiTusione di tali opere una volta pubblicate.
I fondatori dell’indica ta Società non s’illudono
intorno alla insuflTicienza loro in un’intrapresa
così importante, ma confidano che il Signore,
in nome e per la di cui gloria l’assumono, soccorrerà colla sua grazia al lor difetto e compierà
la sua virtù nella lor debolezza.
I fondatori fan calcolo altresì sulla benivoglienza e fraternale cooperazione di tutti quelli
(e son molti) in Italia e fuori, cui sta a cuore
l’evangelizzazione del nostro bel paese. In particolare si fanno lecito di porgere tale domanda
di concorso alle diverse Società de’ Trattati
religiosi cho esistono già e dalle quali aspettansi
(in aggiunta ad una cooperazione materiale che
di certo non verrà loro negata) incoraggiamento,
consigli e preghiere onde avanzare in questo
nobile ma scabroso cammino, nel quale si sforzeranno i fondatori di seguirle da lunge, non
potendolo da vicino.
' In qnanto al rimanente, che a Dio il Padr*
del nostro Signore Gesù Cristo, a questo Figlio
della sua dilezione, il di cui sangue ci purifica,
e allo Spirito Santo che consola e santifica sia
la gloria della nostra intrapresa !
I membri del Comitato
G. P. Meillk, segretario
G. Malajì, deputato, cassier»
A. Bert, pastore, membro
G. P. Revel, moderatore, id.
B. M.\lan, pastore, id.
Crediamo di fare cosa grata ai nostri lettori
dando loro, oltre alla circolare del Comitato, lo
Statuto della Società.
Art. I. — Una società è formata per la pubblicazione e la diiTusione di scritture destinate
a far conoscere in Italia i veri principii e la
pura morale deli’Evangelo.
Art. IT. — La Società prende il nome di Società de’ Trattati religiosi per l'Italia.
Art. III. — L’amministrazione degli affari
della Società è confidata ad un Comitato centrale, residente in Torino, e a’ varii Comitati
locali eretti in altre città, seguenti ciascheduno
3
le corrispettive incombenze qui sotto stabilite.
Art. IV. — Il Comitato centrale si compone
di un segretario effettivo, di un cassiere e di
altri tre membri, nonché di un segretario onorario.
Art. V. — Il Comitato si raduna almeno una
volta ogni bimestre, nel giorno fissato da lui
medesimo, e piìi spesso, dietro l’invito del suo
segretario, se questi ed un altro membro del
Comitato lo giudicano necessario.
Art. VI. — Le attribuzioni del Comitato centrale sono le seguenti :
aJ Ottenere , esaminare , far stampare e
diffondere trattati o altre pubblicazioni
della Società ;
bJ Raccogliere i fondi necessari per sopperire ai bisogni della Società ;
cJ Inserire definitivamente nel catalogo
della Società gli scritti pubblicati dai
Comitati locali ;
d) Presentare ogni anno ai membri della
Società, convocati in assemblea generale,
un resoconto de’lavori, introiti e spese
della Società ;
Art. VII. — La nomina del Comitato centrale
appartiene a\YAssemblea generale, di cui è fatta
menzione nell’articolo precedente, e ha luogo
alla maggioranza assoluta dei voti de’ membri
presenti.
Art. Vili. — Sono riconosciuti membri della
Società tutti coloro che con doni avranno manifestato il desiderio di concorrere al buon successo dell’opera.
DE’ COMITATI LOCALI.
Art. IX. — Lo scopo de’ Comitati locali è lo
stesso di quello del Comitato centrale.
Art. X. — Le attribuzioni loro son pur le medesime del suddetto Comitato centrale, però
sotto le seguenti avvertenze :
aJ Eglino sono soli responsabili degli scritti
che pubblicano e diffondono;
b) Saranno obbligati di cedere , a prezzo
di costo al Comitato centrale le pubblicazioni loro;
c) Il Comitato centrale potrà sempre stampare ed inserire nel catalogo gli scritti
pubblicati dai Comitati locali;
dJ I Comitati locali dovranno trasmettere
tutti gli anni al Comitato centrale il
terzo almeno de’fondi che avranno raccolto ;
e) Ogni anno, ad epoca determinata dal
Comitato centrale, i Comitati locali doTranno mandargli un resoconto dei lavori loro, introiti e spese.
NECROLOGIA.
ROSALIA MATHEY.
Riceviamo da un caro nostro fratello, sulla
vila e morte di quella umile e fedele serva di
Dio, che fu Rosalia Mathey, il seguente carteggio,[che ci affrettiamo di pubblicare, ringraziando con tutto cuore, a nome nostro e dei
nostri lettori, chi gentilmente ce l’indirizzava:
Caro fratello!
V’ha nell’Evangelo una forza ed un’evidenza
intrinseca, che la coscienza spesso la sotto
mettono tanto pili, che più invisibili e più intimi
sono gliJefTetti da esso sortiti. Si « le cose invisibili sono eterne », e l'uomo, anche il più incredulo, non può sottrarsi alla morale potenza di
una vita fedele e di una morte gioconda. Quantunque ei dicesse : « Io non credo se non quel
che veggo », pure si ha di che rispondergli ; si
può dirgli : « Vieni e vedi ! > « V'ioni e vedi »
come muore un Lutero dopo aver detto *! a tutte
le promesse deli’Evangelo ; « Vieni e vedi » pome
muore un Cristiano esclamando: amore! amore!
amore ! come avveniva, non è molto tempo, di
un pastore fedele » ; e oggi io gli direi : « Vieni e
vedi » come muore un'umile diaconessa, che dopo
aver vissuto una « vita nascosta con Cristo in
Dio », ha esperimentato che Iddio non abbandona
mai quelli che sono suoi, e che oggi aneora Egli
se ne sta sulla sponda del gran fiume della morte
per dolcemente portarli suH’altra riva, c Vieni e
vedi » con qual pace essa s’addormenla nelle
braccia del suo Dio; e se in te balte un cuore di
uomo, fossi tu anche un Balaam, sarai pure costretto ad esclamare : « Muoia la mia persona
a della morte degli uomini diritti, e sia il mio
c fine simile al suo! » — Si, la nostra cara sorella Rosalia Mathey non è più, e rimarrà vuoto
per molto tempo il posto ch'essa occupava nel
cuore di quelli che l’amavano, nell’ospedale che
dirigeva, e sui banchi delle nostre raunanze da
cui non si assentava quasi mai ; ma Iddio l’ha a
noi preferita, e non ha voluto donarcela, adonta
che glielo domandassimo con preghiera, perchè
la volea sua.
Nata a Fleurier, nel cantone di Neufcliàtel, da
una famiglia di mezzana condizione, ella dedicossi alla cura dei suoi genitori finché vissero.
I rapporti che ebbe col sig. Delachaux, anziano
della Comunità dei Fratelli Moravi del Lode, le
rivelarono ad un tempo l'Evangelo, che ricevè
colla vivacità di un cuore ardente, e la Chiesa
morava, di cui divenne membro ed alla quale
dedicò un affetto che ancora si appalesa nella
espressione della suprema sua volontà, poiché
nel suo testamento dettato ad un'amica trovasi
un lascito di 400 fr. a prò delle opere benefiche
di quella Chiesa. Dopo aver la nostra sorella
dato le sue cure ad alcuni ammalati isolati, essa
si senti chiamata ad intraprendere la carriera di
diaconessa. « Si dice talvolta » osservava ella ad
un’amica durante l'ultima sua malattia < che per
orgoglio appartansi le diaconesse dagli altri cristiani; io per me non ho trovato nella mia vocazione cibo troppo abbondante al mio orgoglio,
ma unicamente l'abbracciai perchò mi ci sentiva
da Dio chiamata ». Si mise sotto la direzione del
venerando sig. Germond di S. Lupo, che l’amava
con affetto tutto paterno, e dopo aver prestato le
sue cure all'interessante giovane del sig. Vieusseui-Colladon di Ginevra, fu mandata a Torino,
dove per ben due anni diresse Votpedale valdese
di questa città per passar poi a quello di Torre,
ove con rara sollecitudine prodigò a numerosi
ammalati le cure le più tenere. La contemplazione di quell'esistenza solitaria, senza famiglia,
priva di società, esposta a numerosi disinganni,
nonché ai falsi giudizii del mondo, involontariamente ti metteva sulle labbra questa domanda:
c Ma dimmi, o forestiera, qual sia quel principio
misterioso ed arcano che ti fa agire? Non la pretensione di fare con questo la tua salute, non lo
spirito di casta, come troppo spesso accade nella
Chiesa romana, ti spingono a questi sagrificii.
Quale é dunque quella misteriosa potenza ispiratrice di tanta divozione?» E forzatamente affacciavansi alla mente quei passi della Scrittura che
dicono ; « Cristo é la mia vita, e la morte mi é
guadagno ». t Voi siete morti, ma la vostra vita
é nascosta con Cristo in Dio ». Essa avea rinvenuto l'unico punto d'appoggio capace di far si •
che un uomo cammini felicemente e sicurament»
da per se solo, con la sua coscienza o con la Parola di Dio. D’una mansuetudine rara, essa attingeva nel sentimento del dovere tina singolare
fermezza, qualità del tutto indispensabile nel
compimento di un'opera come la sua. Non è
gran tempo inibiva ad un ammalato di parlare
di religione ai suoi compagni di camera, essendosene reso indegno per via di una menzogna.
Più di una volta la videro i suoi amici che piangeva, sia perchè era morto un ammalato, sulla
di cui eterna salute non era tranquilla, sia perchè non le parevano frequenti abbastanza le visite pastorali fatte agl'infermi. Ammalò sul principio di dicembre e presto l'invase la persuasione
che non si sarebbe ristabilita più. Ma grado grado
che appressavasi alla partenza, più intime e più
intense diventavano la sua pace e la sua felicità.
€ Non avete dunque nulla da dirmi di Gesù?»
esclamò ad un tratto un giorno che mo ne
stava accanto al suo letto silenzioso e senza intertenerla delle sue sper.mze. — c Siete voi in
pace col vostro Salvatore?» le dissi allora.—
« Oh! si. Egli é così buono per me ! » — La sua
brama era che si pregasse molto accanto di essa:
« Ciò non mi stanca iiulla afTatto » diceva agli
amici che temevano di recarle incomodo. Ascoltò
con gioia la lettura dei versetti 6, 7 e 8 del Salmo rxvi, e a coloro che le domandavano se si
sentisse felice, rispondeva: «Oh! si, felicissima;
10 sono col mio Salvatore». Nonostante le cure
assidue del dottore e la continua assistenza d>
una sorella di Torino e d’altri suoi amici, il male
fece sempre più rapidi progressi, e con ardore
anelava il giorno della partenza, soggiungendo
però sempre a voce intelligibile: «Sia fatta la
volontà di Dio! » Finalmente nella notte del 28
dicembre verso le 11, dopo di aver ancora avuto
in quella stessa sera la visita di alcuni suoi amici,
si addormentò dolcemente con una paco che nè
morte, nè inferno, nè giudicio non varranno a
turbare. Una folla immensa accompagnava la
domenica seguente la sua salma all’ultima dimora. Le vergini piangenti di Torre e di S. Giovanni portavano alla sala di aspettazione la vergine « avveduta » nella speranza che colle loro
lampadi preparate al pari di essa le troverà il
giorno delle nozze. I.a deposero le compagne
sull’orlo della fossa; gli Anziani della Parochìa,
11 Moderatore della Chiesa valdese, lo fanciulle
dell'Asilo delle Orfanelle , al quale attende la
propria sorella della nostra cara defunta,
concorso immenso d’amici venuti in parte dall*
circonvicine parrochie accalcavansi attorno a)
pastore di Torre, il quale con voce commossa «
forza singolare parlò loro sopra Giovanni, xi. 9.
Non ri sono eglino dodici ore nel giorno^ ecc.; insistendo perchè non alla parte agevole della vita
cristiana, alle feste, alle raunanze e alla lettura
si limitassero i discepoli di Gesù Cristo, ma si
ricordassero che sono le opere il segno al quale
si riconosce la fede. L’esempio, la vita e la morte
di questa nostra sorella sono da per sè una potente predicazione: Dio voglia che la comprendiamo e che la conserviamo nei nostri cuori !
Addio, caro fratello, vi abbraccio teneramente ecc.
Di Torre, 2 gennaio 18.56.
G. APPIA.
Amenità clericali.
Sotto il titolo: Alfabeto delle disgrazie che attristano Io sventurato Piemonte, l'Armonia stam-
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|>aTa nel suo numero di veuerdì scorso una lunga
-Infilzata di nomi proprii e comuni, in cui agli
Àtiassint, ai Borsaiuoli, ai Falsarii, ai Galeotti,
igli Impiccati, ed altri soggetti di questa fatta,
trovansi accozzati i nomi d’alcuni ministri: Cavour,
Durando, Paleocapa, Rattazzi, oltre all’intiero Ministero: quello di corpi diversi, i Valdesi ciò s’intonde , gli Efcret, gli Emigrati, i Gallicani, la
Guardia Nazionale, ecc., ecc., il Giornalismo, la
Stampa, la Libertà, il tutto terminato con questa
.«fjclamazione desunta dalla lettera Z di quel alfabeto- Zucche, Zuccotti, Zucconi che stanno a contemplare colle mani ai fianchi tutte queste benedizioni di Dio !
E dirsi che tali cose si stampano ncH’Armonia
della Religione colla Civiltà, ed all’unico fine di
glorificare Iddio ! Davvero che se altra religione
nè altra civiltà esistesse fuor che quella rappresentata e propugnata àa\l'Armonia, sarebbe il caso
di far voti incessanti onde ignorarle sempre.
— Lo stesso giornale passando a rassegna nel
suo numero di sabbato p. p. i trionfi di Satanasso
in Piemonte nell'anno 1835, fra i quali trionfi tiene
il primo posto (la cosa è piii che naturale procedendo daU’ArnioJn'a) tutto quel po’ di bene, che
è stato fatto, politicamente parlando, in questo
anno in Piemonte, chiude la sua rivista con queste parole : « Ma il più segnalato trionfo di Sa« tanasso si fu, allora quando messa a confronto
< la vera e sola religione di Cristo, e la tacita e
« desolante eresia, si diè replicate volte la pre
< ferenza a questa su quella; quando il Ministero
« dapprima chiese un credito per dare ai Valdesi
< quello che aveva tolto ai Cattolici ; quando poi
<f scrisse nel bilancio \in assegnamento ai Valdesi,
« dopo aver cancellato l’assegnamento alla sola
« religione dello Stato ; quando finalmente si di» apensarono dagli esami i professori del collegio
« della Torre di Luserna, e vi si obbligarono le
< cattoliche Dame del Sacro Cuore di Ciamberì.
« Satana non ebbe mai invita sua maggiore con» solazione ».
Ma perchè cosi fosse, converrebbe, anche ammesso il punto di vista dell’Armom'a, che quel
uemico di Dio e degli uomini avesse mutato in
modo straordinario la sua natura per tenersi
soddisfatto e soddisfattissimo di un trionfo, in
tìa dei conti, così meschino; la quale cosa noi
non sapremmo ammettere.
Ma il vero trionfo di Satanasso iu Piemonte
ueiranno 1855 ie che pur troppo gli è anche assicurato per il 18ó6j, trionfo nel quale egli deve
sovra ogni altro compiacersi per il vantaggio
Jfrande oltremodo che gliene ridonda, vuole la
aostra consorella che glie le additiamo, poiché
ee n’è dimenticata nella sua rivista? Egli è quesk), che a difendere nel nostro paese ed infra i
nostri concittadini, gl’interessi di Dio e della reJigione esista uu giornale come l’Armonia; poiché
(e questo non a caso nè per celia, ma con profondo convincimento noi lo diciamo) non crediamo chc fra lutti i giornali che vedono la luce
in Piemonte, sieno pure frivoli, empii, cinici
o peggio ancora , ve ue sia un altro che in
realtà arrechi più danno alla religione e concorra
a far dubitare di Dio, della verità, dell'onesto
più efficacemente di quel foglio che dicesi sostenitore della religione, ha dei preti a redattori,
ed a patrono l'intiero episcopato.
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PiKMONTE — Una sentenza favoreTOle alla libertà di coscienza. Il 27 scorso mese ebbe luogo
dinanzi al Tribunale di Cuneo il dibattimento
contro il gerente della Gazzetta delle Alpi, accusato di offesa alla religione dello Stato, per l’articolo da noi riferito in parte ed intitolato Cadono i vecchiumi. Il fisco conchiudeva a 3 mesi
di carcere e 300 franchi di multa, invocando l’applicazione dell’art. 164 del Codice penale. I giudici, udita l’eloquente difesa presentata dall’egregio avv. Boggio e dopo lungamente maturata la
sentenza, pronunciarono non essere applicabile
all’articolo incriminato il sovracitato § del Codice penale, e riconoscendo il principio della libera discissione in materia religiosa, appoggiati
all’art. 16 della legge sulla stampa, condannarono
il gerente alla pena minima di polizia in 5 giorni
d’arresto e 51 lire di multa per aver ecceduti i
limiti d’una temperata discussione. Noi, ad onta
che non dividiamo i principii religiosi della Gazzetta delle Alpi, pure ci rallegriamo con essa di
questa sua quasi assoluzione , e sovratutto che
« un tribunale ragguardevole dello Stato abbia
« riconosciuto che la nostra legislazione, dopo la
« promulgazione dello statuto, ammette in mas« sima il gran principio della libera discussione
« in materia religiosa ».
Inghilterra — Miss Nightingale e l’Univers.
Il nostro giornale ha già registrato con venerazione il nome di miss Nightingale: ha fatto conoscere la di lei opera di carità in Oriente, presso
i feriti e i travagliati da pericolose malattie; ha
in ispecie offerto a modello la di lei umiltà nel
rifiutare ogni omaggio personale che i più illustri
capi del governo inglese e d’ogni partito politico,
in un apposito meeting, avevano risoluto di offrirle; ha finalmente resa palese, dietro il suindicato onorando rifiuto, la decisione presa dal
Comitato di quella numerosa assemblea, di testimoniare alla sublime Nightingale la nazionale
simpatia e riconoscenza per la pietosa di lei opera,
col fornirle i mezzi necessari onde aggrandirla;
siccome più dolce e più magnanima ricompensa
delle sue fatiche e de’ suoi trionfi. Or, qual indegnazione non devono provare tutte le anime
non solo cristiane, ma semplicemente oneste,
nell’udire l’Univers, cotesto fratello in turpitudini ed enormità clericali della Civiltà cattolica
e deH’Armowia, ecc., insultare all’eroismo cristiano di quelle sante donne, alla cui testa trovasi miss Nightingale, che libere, senza voti monacali, senz’obbliglii di obbedienza conventuale,
lasciati i domestici focolari e gli agi della vita
recaronsi nelle inospitali steppe della Crimei,
in mezzo alle stragi della guerra e ai gemiti dei
morenti. Ecco in qual modo severo, giusto e meritato uno de’ redattori del Journal des Débats,
M. Alloury, risponde alle inaudite esorbitanze
dello svergognalo Universi
« Nulla havvi di respettabile nè di sacro per
« l’Univers. E noto il nome di miss Nightingale
« e l’abnegazione ammiranda colla quale cotesta
« donna, degnissima d’ogni rispetto, si è consa« crata a sollievo de’ malati e de' feriti negli
« ospitali dell’armata inglese ; è noto che il nome
<t di miss Nightingale è oggidì benedetto in tutta
« l’armata d’Oriente e dal popolo inglese. Eb« bene! questo nome popolare e venerato non
« trovò grazia presso la redazione dell’Umtierj.
« Da qualche tempo in qua il detto giornale si
* è assunto il caritatevole ufficio di provare che
« gli sforzi di miss Nightingale rimasero infrut« tuosi, e che la più parte delie persone asso« ciate alla di lei opera si dispersero. Egli ri« torna oggidì suH'argomeuto per abbandonarsi
« a nuove insinuazioni, il di cui scopo si ò quello
« di darci ad intendere che — le suore prote« stanti ossia evangeliche avevano ai loro servigi
« persone mercenarie, onde far ciò che il lor
« ministero presso i feriti esigeva di più penoso.
« e che queste dame, quand’erano all’opera, Si
c contentavano di dirigere, di ordinare, d’invi*
« gilare, lasciando a mani servili le cure che 1«
« vere Suore di carità non cederebbero di certo« ad alcuno. — Noi non faremo l’insulto a miss
« Nightingale e alle sue degne compagne di di» fenderle contro assalti cotanto miserabili. Ab« bandoniamo cotesto infamare sistematico, coli testo assunto preso d’impicciolire un’opera di
« abnegazione e d’amore veramente evangelico.
» all’indegnazione di tutti gli uomini onesti. Le
« Suore protestanti (ossia evangeliche) han fatto
« e continuano a fare il bene a modo loro, coi
« mezzi di qualunque specie che sono in lor po
« tere, senza veruna pretesa di rivalità nè di con« correnza colle Suore di carità. Mischiare si« mili orgogli e sentimenti in un’opera di abne« gazione e d'umanità, discutere sovra tali me« rili, cercare d’impicciolire e spregiare gli uni
« a prò degli altri è far cosa odiosa, spiegabile
« soltanto col più grossolano fanatismo. Ma è
« COSI che l’Univers intende e pratica la carità
« cristiana ! >
Noi soggiungeremo : Ah I fosse pure soltanto
grossolano fanatismo, nel senso religioso, come
sembra voglia prenderlo il Débats < ma i clericali
non sono che una setta politica in armatura religiosa; politico è il loro fanatismo ; barbarico
il loro combattere. Non diremo di più.
CàroAMO Domenico gerente.
AL DEPOSITO DI LIBRI RELIGIOSI
Viale del Re, IS’o 31.
Li SACRA BIBBIA
Versione Italiana di G. Diodati, in-8» in-
dorata. . . . Fr.
Id. in-8“ non indorata. . >
Id. in-12“ con riferenze in dorata.....»
Id. in-12“ con riferenze, non
indorata.....>
Id. in-18», indorata. . . >
Id. in-18», non indorata. >
Versione Francese di Martin, in-8®, non
indorata.....»
Id. in-12“, con riferenze, in dorata.....^
Versione Latina detta Volgata, in 12». »
Testo Ebraico, in-12»........
Versione Tedesca di Lutero, in-8» grande »
Id. in-12“. , »
Versione Spagnuola in-8». ... »
Id in-12".....t
6 00
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IL NUOVO TESTAMENTO
Versione Italiana di Diodati, in-32, indorato. » 1 00
Id. in-12°, non indorato. i 0 50
Id. di Martini, in-32, indo
rato. » 1 00
Versione Francese di Ostervald, in-32,
indorato. » 1 00
Versione Tedesca, in-32, indorato. . » 1 00
Versione Inglese, in-32, indorato. . . ■ 0 50
Testo Greco, in-12".......> 3 00
Il Pellegrinaggio del Cristiano, seconda
edizione italiana, 1 voi. in-8“ piccolo di
circa 300 pagine........» 1 50
Horae Apocalipticse, ossia Spiegazione di
Daniele e deU’Apocalisse, seconda edizione torinese, 1 voi. in-li“, di circa
300 pagine..........» I 00