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Anno 115 - N. 5
1 febbraio 1980 - L. 300
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ARCHIVIO TAVOLA VALDESI
10066 TORRE PELLIGE
ddle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
CATTOLICI E PROTESTANTI INTERPELLATI IN FRANCIA
La interpretazione veramente
allarmante dell’invio al confino
del dissidente russo Sakharov ci
sembra essere quella che vede
in esso la preparazione ad uno
stato di guerra vero e proprio
tra le due superpotenze. Un po’
come la insistenza di Carter nella richiesta di boicottaggio totale delle Olimpiadi. Solo l’ipotesi di una attesa di guerra calda
dà una spiegazione razionale a
due fenomeni che forse, almeno
possiamo sperarlo, sono solo
reazioni irrazionali. D’altra parte le repressioni contro i dissidenti in Russia hanno avuto fasi alterne, appesantendosi quando le nubi all’orizzonte internazionale erano più dense e alleggerendosi, sempre col metro
russo, quando più si affermava
la distensione.
Possiamo quindi sperare che
valga maggiormente l’altra interpretazione, che vede nei due
fenomeni aspetti legati più alla
situazione politica interna dei
due paesi: Carter cercando di
guadagnarsi la rielezione col fare la faccia dura e correndo un
rischio ben calcolato ; Mosca
cercando di risolvere una situazione di confiitti interni (l’atteggiamento dell’Accademia delle
Scienze sembra significativo )
motivati dalla cattiva salute di
Breznev e relativa successione,
col reprimere posizioni tollerate
fino ad ora in una situazione politica più stabile.
Ma, detto questo, non possiamo non sottolineare eome il caso Sakharov presenti aspetti che
sono totalmente inaccettabili per
lui, come per tutte le vittime
della violenza del Potere, ovunque esse siano. E ciò anche indipendentemente dalla non applicazione di accordi, come quelli
di Helsinki, a suo tempo liberamente accettati e sottoscritti.
Sakharov aveva goduto fino ad
ora di un trattamento di favore, la sua ferma e costante opposizione essendo in qualche modo tollerata, sia per il prestigio
dello scienziato (ancor oggi valido se l’Accademia delle Scienze ne rifiuta l’espulsione), sia
per i legami che aveva stabilito
a livello mondiale e che gli procurarono il premio Nobel. Altri
oppositori rappresentanti valori
di una cultura non scientifica e
privi di sostanziali agganci con
l’esterno ebbero a subire trattamenti ben più duri. Vale quindi
la pena di cercar di capire perché questo trattamento di favore
è stato bruscamente interrotto.
Torna forse la Russia stalinista?
Forse no, perché al tempo di
Stalin lo Sakharov sarebbe semplicemente scomparso e solo dopo qualche tempo si sarebbe saputo che era morto di una opportuna malattia. Ora Sakharov
va al confino non in un Gulag,
ma in una città viva e moderna
come Gorki, che lo isola però
completamente dai suoi contatti
internazionali. Ma certo ne appare una Russia che non è più
quella distensiva di Breznev e
che, solo dopo la successione di
costui, farà conoscere il suo nuovo volto.
DaH’altra parte sembra più facile sperare che, una volta nominato il nuovo Presidente (o riconfermato Carter), la ineluttabilità logica di una politica distensiva si riaffermi e il deterrente atomico riprenda tutta la
sua pericolosa importanza nel
decidere cosa si può e si deve
fare per evitare al mondo intero, e non solo alle due superpotenze, la catastrofe di una
guerra atomica.
Niso De Mlchelis
Per comprendere la preghiera
Due inchieste sui fenomeno della preghiera dimostrano il forte scarto tra sentimento religioso e frequenza ecclesiastica e approfondiscono un aspetto insostituibile della fede cristiana
« Prego per un bisogno fisico:
quando non ho pregato mi sento come se non mi fossi lavato ».
Alla domanda: « Perché preghi? »
un altro risponde: « Se prego è
per dire tutto a Dio ». Nello stesso senso un altro aggiunge: « Attraverso la preghiera, io mi concentro sull’essenziale, stabilisco
una relazione diretta con Dio ».
In Francia si è tentato di comprendere il fenomeno della preghiera attraverso due significative inchieste tra la popolazione.
La prima è della rivista cattolica
Prier su un campione di 1900
persone rappresentative dell’intera popolazione. La seconda inchiesta che si basa su ottocento
risposte ad un complesso questionario sulla preghiera, è stata
promossa dal settimanale Le
christianisme au XX siede. Ma
anche in America si è fatto qualcosa di simile. Recenti sondaggi
Gallup dimostrano che se i giovani americani si disinteressano
della chiesa essi restano « estremamente religiosi ». Un’alta percentuale di loro crede in Dio, in
un Dio personale che pregano regolarmente. Solo n% dichiara di
non appartenere a nessuna confessione religiosa. La partecipazione a « retraites » o fine-settimana comunitari attira in modo
straordinario sia ragazzi che ragazze e particolarmente quest’ultime manifestano uno spiccato
interesse per vocazioni religiose.
Sempre in America un terzo degli
adolescenti si ritiene « molto religioso » ma non frequenta la
chiesa. Si può essere buoni cristiani o buoni ebrei senza andare in chiesa o in sinagoga; questa è l’idea che va per la maggiore tra i giovani americani.
« Prier »
Ma ritorniamo all’inchiesta sulla preghiera in Francia. Secondo
la rivista Prier il 49% dei francesi dichiara di non pregare mai e
il 51% dice di «pregare ogni
tanto». Tra quest’ultimi il 15%
dice di pregare tutti i giorni, il
4% tutte le domeniche e il 32%
solo occasionalmente. Una prima
constatazione: c’è più gente che
prega di quella che va in chiesa
(la pratica religiosa è attestata
sul 30%). Sul 51% di quelli che
pregano la netta maggioranza è
costituita da donne mentre i giovani pregano meno regolarmente
delle persone anziane. Il 43%
prega per chiedere una guarigione o una soluzione ai propri problemi. Il 2% per ascoltare Dio; il
18% per lodarlo; il 18% per ringraziarlo e il 2% per resistere ad
una tentazione. Sempre secondo
Prier su un campione di 1900 per
Abbonamentì
in aumento
Il numero dei nuovi abbonamenti — aila fine del
primo mese del 1980 — è
rallegrante e segna un netto aumenta rispetto agli
anni scorsi. Ma perché
questo passo avanti non
sia annullato è necessario
che tutti gli abbonati del
1979 rinnovino al più presto il loro abbonamento.
Molti lo hanno già fatto.
Attendiamo con fiducia
gli altri.
sene il 53% si rivolge a Dio Padre; il 20% a Gesù Cristo, il 14%
alla Vergine Maria, il 4% a qualche santo, il 2% allo Spirito Santo. Il 69% utilizza formule tradizionali. L’87% prega in solitudine; il che fa supporre perlomeno che la spiritualità individuale
è in forte ascesa.
L’inchiesta dimostra da un lato il forte scarto tra sentimento
religioso e frequenza ecclesiastica e dall’altro che ateismo e
agnosticismo interessano meno
della metà della popolazione.
Quest’ultimo è un dato — commenta il quotidiano Le Monde —
assolutamente nuovo.
« Christianisme
au XX siècle »
Destinato soprattutto ad un
pubblico protestante (il 67% delle risposte degli 800 intervistati)
il sondaggio molto dettagliato di
Le christianisme au XX siècle
rileva risposte interessanti (anche se nei risultati finali non si
discosta molto dai risultati che
dicevamo prima). Così per esempio alla domanda « Ha l’impressione che le sue preghiere siano
state esaudite? » ci sono stati tre
gruppi di risposte. Il primo_ di
questi dichiarava che effettivamente la preghiera era stata
esaudita nel caso, soprattutto, di
malattie. Per il secondo, che rappresenta la maggioranza, esaudimento significa « accettare la
realtà ». Un’intervistata ha dichiarato: « Sì, le mie preghiere sono
state esaudite poiché avverto una
pace interiore, una buona salute
e la forza necessaria per andare
avanti ». Il terzo gruppo ritiene
che preghiera e azione siano legati: « Dio non ha che le tue mani per esaudire la tua preghiera ».
Ad un’altra domanda, « In che
modo pregate? », la maggioranza (92%) ha dichiarato di pregare in forma solitaria. La preghiera familiare, caratteristica delle
chiese della Riforma, è ormai poco praticata. « L’impiego dei tempo nella nostra epoca — giustifica
un intervistato — non permette
più la preghiera familiare ». Una
anziana signora confessa: « .Non
posso pregare in famiglia perché
siamo una coppia mista, cattolico-protestante ». E una giovane
coppia aggiunge: « Siamo tutti e
due cristiani impegnati nel servizio della chiesa. Andiamo d’accordo. Parliamo di Dio, di Bibbia,
di chiesa, senza problemi. Ma
pregare è diverso. Una specie di
pudore ci impedisce di pregare
insieme ».
Perché pregare
L’inchiesta, che ha anche turbato qualche coscienza ( « è uno
scandalo ridurre la preghiera alle caselle di un questionario ») è
servita, in ogni caso, a comprendere e discutere un aspetto della
fede, come la preghiera, di cui
non s’era inai parlato in termini
statistici. Il questionario sulla
preghiera, è stata un’occasione di
riflessione e scambio d’idee che
merita d’essere ripresa anche in
altre situazioni. « Quando prego
— ha concluso un intervistato —
penso al salmo 2: Colui che siede nei cieli ne riderà. Questa
risata di Dio mi mette a mio
agio. Prego per entrare in comunione con il Signore, per parlargli più intimamente, per essere
alla sua presenza. Prego per lodare, glorificare, ringraziare, dire la mia gioia di vivere. Prego
per discutere ciò che mi sta a
cuore e per protestare contro
tutto ciò che mi turba ».
G. Platone
EVANGELIZZAZIONE
Annuncio con franchezza
Che l’annunzio dell’Evangelo
debba essere preparato nella preghiera e accompagnato dalla
preghiera della comunità, ci pare ovvio, ma in realtà non lo è;
o lo è in modo insufficiente e secondario, come se « il problema
di fondo dell'esistenza delle nostre chiese, quello della evangelizzazione », dovesse essere affidato prima di lutto al nostro
studio ed alle nostre riflessioni,
alla nostra tecnica in quel campo specifico, senza alcun riferimento alla preghiera della comunità.
Nel suo apostolato Paolo ha
più volte sollecitato la collaborazione e l'impegno della comunità con un preciso invito alla
preghiera di intercessione. Ai Colossesi egli scrive invitando la
comunità a pregare « anche per
noi, affinché Dio ci apra una porta per la Parola, onde possiamo
annunziare il mistero di Cristo...
e che io lo faccia conoscere parlandone come debbo ». Più o meno la stessa richiesta è rivolta
agli Efesini in questi termini:
« Pregando in ogni tempo... ed
anche per me, affinché mi sia
dato di parlare apertamente per
far conoscere con franchezza il
mistero dell’Evangelo... affinché
io l'anntmzi francamente, come
conviene ch’io ne parli ».
Nel cap. IV degli Atti degli
apostoli, c’è però un episodio
estremamente interessante al riguardo e meritevole d’essere segnalato. Si tratta della comunità di Gerusalemme "in conflitto
con le autorità religiose e politiche di quel tempo. L’annunzio
dell’Evangelo provoca ostilità e
persecuzione. Come reagisce quella comunità? Con una controffensiva o semplicemente con una
fuga più o meno silenziosa? Il
libro degli Atti non sottintende
alcun lamento, non registra nessun sbandamento. I credenti affidano il loro annunzio e la loro
« evangelizzazione », insieme con
le loro difficoltà, alla « potente
mano di Dio », il quale regna ed
opera mentre « le nazioni tumultuano e i popoli meditano cose
vane»; i re della terra si trovano e si consigliano insieme « contro l’Eterno e contro il suo Unto... Colui che .siede nei cieli ne
riderà, il Signore si befferà di loro ».
Intanto, la comunità è in preghiera; essa prega, ma non in
modo vago ed opportunistico;
anzi i credenti pregano sapendo
bene ciò che fanno e perché debbono farlo: « Adesso, Signore,
considera le loro minacce, e concedi ai tuoi servitori di annunziare la tua parola con ogni
franchezza ». L’annunzio dell’Evangelo non è alla mercè dei potenti e neppure dei nostri schemi o della nostra strategia evangelist ica. È piuttosto affidato alla potenza di Dio che si attua
nella debolezza dei suoi servitori.
La parola "franchezza" nella
lingua greca del N.T., possiede
una varietà di significati. Franchezza è « il coraggio di parlare
e la libertà (interiore) di dire
tutto quello che si ha da dire,
senza lasciarsi chiudere la bocca dalla paura o dai riguardi di
questo mondo o da piccoli calcoli opportunistici » (B. Corsani). Franchezza è l’ardire, la convinzione sincera che l’Evangelo
è parola di verità e di salvezza,
il rifiuto di confondere la verità
con la menzogna secondo i tempi e le circostanze.
L’evangelizzazione richiede uno
spirito di franchezza, non di
umana prudenza e di paura. E
la comunità dei fedeli, in queste
circostanze, è coinvolta in una
stessa preghiera al Signore; non
si lascia fermare dalle sofferenze e dalle debolezze umane, ma
è unita in una precisa richiesta:
« Concedi ai tuoi servitori di annunziare la tua parola con ogni
franchezza ». Non la liberazione
ad ogni costo ed in primo luogo, ma la possibilità di predicare con ogni franchezza. Per la
chiesa di Gesù Cristo, questa
franchezza è essenziale in ogni
tempo. A ciò sono chiamati non
soltanto i grandi teologi ed i pastori, ma tutti i membri del popolo di Dio, giovani e vecchi, popolani senza cultura specifica;
come Giovanni e Pietro, capaci
di porgere agli uomini il messaggio dell’Evangelo, in una comunione di fede, di speranza e
di carità. Quando lo Spirito Santo ci rende capaci di « contenrplare » a viso scoperto, come ù}
uno specchio, la gloria del Signore, allora Egli ci dona anche
la « franchezza » di confessare e
di proclamare apertamente e con
sincerità di fede la parola del Signore nelle situazioni storiche ed
umane in cui ci troviamo.
La chiesa cristiana non è chiamata a fare un po' di tutto, ma
è certamente chiamata a compiere la missione che il suo Capo
le ha affidato: « Andate, ammaestrate, evangelizzale, pregate il
Signore della messe ». Alla preghiera della comunità, Dio risponde con la forza che Egli dà:
« E dopo che ebbero pregato, il
luogo dov’erano radunati tremò;
e furono tutti ripieni dello Spirito Santo e annunziavano la parola di Dio con franchezza ».
Ermanno Rostan
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1“ febbraio 1980
VERONA
Il tempio, luogo di libertà
« Questa mattina alle 12 venne solennemente inaugurato il
nuovo tempio della confessione
evangelico-valdese sito in via
Duomo; le pareti sono semplici
e nude di qualsiasi ornamento,
solo vi si legge qualche iscrizione tolta dalle massime del vangelo... ».
Con queste parole il giornale
locale commentava il 6 gennaio
1879 l’apertura del locale di culto di Verona; un secolo dopo la
comunità ha voluto ricordare
questa data riflettendo sulla sua
storia.
L’incontro ha visto la partecipazione di un centinaio di persone dalla città e dalle comunità vicine che hanno fraternizzato con un pasto in comune,
ascoltando alcune riflessioni storiche e assistendo ad un interessante filmato prodotto da
Protestantesimo.
Le comunità di Vicenza, Padova, Venezia, Trieste, Brescia e
Mantova hanno espresso saluti
ed auguri, il sovrintendente Giovanni Carrari, portando l’affetto di tutti gli assenti, ha sottolineato la sempre maggiore unità che si va stabilendo tra le comunità del Triveneto.
Brevi messaggi sono stati portati dai pastori che hanno svolto a Verona il loro ministerio
negli ultimi venticinque anni.
Il pastore Taccia ha rievocato
la situazione di oscurantismo
clericale degli anni ’50 e lo sfor
zo della comunità di non farsi
soffocare; il pastore Colucci ha
ricordato il suo ministerio svoltosi dal 1960 al '68 come un tentativo di uscire fuori dalla Chiesa per capire cosa succedesse,
per cogliere l’occasione di dire
qualche cosa insieme con gli altri, per collaborare con i primi
fermenti del mondo cattolico
progressista. L'emigrazione allora massiccia fu una occasione
per porgere un aiuto ai più bisognosi con un centro di assistenza.
Il past. Rivoir ha detto che
rammenta con gratitudine l’esperienza di diaspora vissuta a Verona. Una caratteristica di quel
periodo, fu quella di aver fatto
del tempio un posto di libertà,
venivano gruppi che se anche
non avevano rapporti stretti con
la comunità sapevano che si favoriva la ricerca di libertà.
Il past. Bertinat commentando un passo di Malachia ha messo in evidenza la continuità dell’azione dello Spirito nella storia, al di là di ogni barriera confessionale.
La predicazione nella mattinata è stata tenuta dal moderatore
past. Bouchard, il quale commentando il passo di Matteo « voi
siete il sale della terra » ha indicato l’obiettivo della costruzione
in Italia di una minoranza cristiana significativa, la quale sappia evitare da un lato il rischio
dell’emarginazione della setta e
dall’altro il rischio dell’integrazione della comunione col mondo. Questa minoranza significativa si costruirà con un nuovo stile di vita basato sulla povertà,
sulla fraternità, sulla responsabilità, facendo fino in fondo i
conti con la Riforma, assumendoci i nostri impegni davanti- al
mondo: « affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino
il padre vostro che è nei cieli ».
A chiusura della giornata il
past. Sbaffi ha ricordato i primi
vent’anni della comunità dal
1866 al 1886; in verità la storia
dell’evangelizzazione inizia a Verona con la presenza di un colportore che nel lontano 1816 fu
malmenato mentre esponeva in
piazza le sue Bibbie. Sotto il dominio austriaco le attività si
svolgevano nel piccolo tempio
della dominazione austriaca, ma
poiché il luogo non era ben visto dagli italiani, nel 1868 il past.
F. Rostagno aprì una sala per
l’evangelizzazione in centro. Contemporaneamente fu aperta una
scuola popolare tenuta lungamente aperta da maestri inviati
dalle Valli. La vita della comunità evangelica di Verona non fu
facile, da un lato per il clima di
durissima polemica creato dalla
Chiesa cattolica, dall’altro per i
rapporti con le Chiese libere che
rispecchiavano le idee dell’ala
radicale del Risorgimento italiano. Sotto il ministerio del Lissolo, essendo la comunità cre
Marsala
scinta di numero, fu acquistata
una chiesetta romanica ridotta
a magazzino. Tutto questo avveniva tra le grida di scandalo del
cardinale il quale commentava:
« Preghiamo che il pervertimento non metta radici »; a lui Lissolo rispondeva sempre sulla
stampa locale: « Perché mai un
cardinale preferisse che una chiesa fosse ridotta a deposito di
carbone e petrolio anziché diventare un luogo ove si celebra
Iddio in Spirito e Verità ».
Il pastore Sbaffi ha concluso
il suo discorso dicendo che come movimento evangelico non
possiamo restare legati al passato, il nostro compito è quello
di percorrere le nuove vie che
il Signore ci indica nel presente,
in quanto la creatività di Dio è
sempre nuova in ogni tempo.
Ruggero Mica
Richiesta
di evangeli
« Non so per quale via lei abbia avuto il mio indirizzo, comunque il suo dono mi ha fatto veramente piacere perché mi è
giunto in un momento particolare nel quale avevo perduto la
fiducia in tutto ». Così scrive una
donna di Porte (Torino) per ringraziare del dono di una copia
delI’Evangelo secondo S. Marco.
Chi glielo ha spedito, insieme a
migliaia di altre copie da ogni
parte, è Salvatore Garzia, della
Chiesa valdese di Marsala che da
quasi trent’anni compie un’intera opera di evangelizzazione in
Sicilia distribuendo trattati ed
Evangeli di casa in casa e spedendoli a mezzo posta sul continente. Recentemente il fratello
Garzia ha cominciato a spedire
l’Evangelo in Sardegna ma pur
avendo la possibilità di finanziare 8000 spedizioni non dispone
del materiale necessario: da Roma infatti (Libreria delle Sacre
Scritture) e da Modena (Voce
della Bibbia) le riserve si sono
esaurite. Salvatore Garzia si rivolge quindi agli anziani e ai
pastori chiedendo loro di rovistare nei loro ripostigli ed angoli nascosti nelle case e nelle comunità per scovare gli evangeli
inoperosi, pieni di polvere, e
mandarglieli al suo indirizzo di
via De Gasperi 6.
È una richiesta che non può
non metterci a disagio: sono davvero tutti « operosi » gli evangeli
nelle nostre comunità?
DALLE CHIESE
Un seminario sul Valdismo medievale
TORINO - L'Assessorato alla
Cultura del Comune di Torino e
il Centro Evangelico di cultura
organizzano a partire dal 14 febbraio, ogni giovedì pomeriggio
dalle 18 alle 20.15, un seminario
di studi sul valdismo medievale.
Ogni serata comprende una
introduzione di circa 40 minuti
seguita da una ricerca a gruppi
su testi essenziali tradotti in
italiano, seguita da un riepilogo
finale.
Il seminario si propone:
a) di correggere i più radicati luoghi comuni ed errori storici sui Valdesi medievali con
im puro intento di fedeltà al
dato storico;
b) di ricostruire, per quanto possibile su fonti interne al
movimento, il pensiero, le aspirazioni, la visione del mondo,
la fede, l’etica e la prassi dei
Valdesi medievali (fino al 1532,
data di adesione alla Riforma
protestante), nei diversi periodi
e nelle varie zone di radicamento;
c) di analizzare soprattutto
la risposta valdese a quei temi
che conservano tuttora una attualità nel dialogo ecumenico
(es.: l’autorità nella chiesa, la
libertà di predicazione, l’ecclesiologia, l’eucaristia, i rapporti con
il potere statale, la pena di morte, il giuramento ecc.).
Una « tavola rotonda » finale
dovrebbe « tirare le fila » di questa ricerca attualizzandone i
risultati.
14 febbraio: La Chiesa nel XII
sec. - situazione ecclesiale e politica a Lione. Valdo, la sua
« confessione di fede », le sue
scelte, il suo movimento - Introduzione di Carlo Papini.
21 febbraio: La disputa di
Narbona. I laici e la predicazione. Le prime accuse di eresia.
La risposta del valdese Durando d’Osca con il suo Libro contro l’eresia - Introduzione di
Giorgio Toum.
28 febbraio: I « Poveri lombardi » nella realtà politica dei
Comuni: il giuramento, i rapporti col potere - Introduzione
di Grado G. Merlo.
6 marzo: Il Valdismo austrotedesco dalla seconda metà del
’200 agli inizi del ’400 - Introduzione di Giovanni Gönnet.
13 marzo: La vita e il pensiero
valdese: I. La ecclesiologia - Introduzione di Mario Polastro.
20 marzo: La vita e il pensiero valdese: II. L’etica e la nonviolenza - Introduzione di Giovanni Scuderi.
27 marzo: L’incontro con la
Riforma hussita del sec. XV in
Boemia e sue conseguenze per il
Valdismo - Introduzione di Luigi Santini e Carlo Papini.
10 aprile: L’adesione alla Riforma protestante (1532) e la
trasformazione della teologia e
prassi valdese - Introduzione di
Valdo Vinay.
17 aprile: « Tavola rotonda »
finale. Il significato della vicenda valdese per la situazione ecumenica odierna - Introduzione di
Franco Giampiccoli, Franco Barbero e altri.
La sede del seminario non è
stata ancora fissata. Informazioni presso la segreteria della chiesa, tei. 68.28.38.
USA: integrazione
vaido-metodista
NEW YORK — Il 16 settembre
ultimo scorso, la nostra Chiesa
ha avuto il piacere di ospitare
per la giornata un buon gruppo di fratelli e sorelle della United Methodist Church di Sicklerville del New Jersey, venuti col
loro pastore Rev. Edgar Bonniwel e con la guida del nostro
solerte Oreste Canal organizzatore della gita.
Lo scopo dell’incontro oltreché rinnovare la fraterna amicizia che unisce le nostre due comunità era di rallegrarci insieme per l’avvenuta integrazione
delle chiese valdesi e metodiste
in Italia.
Al culto con Santa Cena, il pastore Bonniwel predicò sul testo
« Beati i perseguitati per cagion
di giustizia » e colse l’occasione
per fare un parallelo nella storia delle nostre due denominazioni.
« Il nostro incontro, ci scrisse
il Bonniwel più tardi, ha servito
a dimostrare la nostra capacità
di unire due grandi tradizioni
della nostra fede in Cristo. Siamo ripartiti da voi con una maggiore apertura teologica e con
l’apprezzamento per l’intensificarsi di fratellanza tra Valdesi
e Metodisti ». L’incontro si concluse con un fraterno ricevimento nei locali stessi della Chiesa.
• Il 21 ottobre abbiamo avuto la visita del pastore Eritreo
Ande Micael accompagnato dalla Signora. Il pastore Micael un
ex allievo del past. Emilio Ganz
già missionario in Eritrea ci portò i saluti della sua chiesa e
ci descrisse in discreto buon italiano le traversie del suo popolo e della chiesa in questo pe
riodo così arduo per l’Eritrea.
Lo stesso pastore ritornò a visitarci la domenica successiva e
ci condusse nella meditazione
della Parola. « La mano dell’Eterno non è troppo corta per
salvare » (Is. 59: 1).
• Nel decorso dell’armo 1979
sono deceduti: Enrico Long di
Pramollo; Henriette Long vedova Cooper di S. Germano; Marie
Godin Rihovey di S. Secondo;
Pauline Costabel ved. Zecca di
Torre Pellice (Prad’Gay) all’età
di 95 anni, una delle più attive e
fedeli collaboratrici nella chiesa; Giovanni Luigi Garrou di
Prali (Villa).
La comunità conserva un vivo
ricordo della testimonianza di
fede di questi amici deceduti.
Bazar e
recita
CARRARA - La domenica 16
dicembre i membri della chiesa
ed amici e simpatizzanti sono
stati invitati al « Bazar », che era
stato preparato con entusiasmo
e molto lavoro nei mesi precedenti dalle sorelle della comunità sotto la guida della presidente delle attività femminili. Silvana Del Monte. Spirava già aria
di Natale, la saletta era decorata
con festoni, le tavole colorate ed
allegre imbandite di oggetti e regali adatti alle prossime leste, i
dolci fatti in casa ed il thè invitanti, e l’allegria generale e contagiosa! Il risultato... 480.000 lire, che non è poco considerando
che chi lavora e contribuisce, chi
vende e chi infine compra sono
in fondo sempre le medesime
persone! Quel che invece non si
traduce in termini finanziari è
l’atmosfera di festa in famiglia,
la coscienza di aver svolto un
buon lavoro insieme e la gioia
di stare insieme!
• Il culto di Natale ha visto
riuniti tutti i membri, grandi e
piccoli, della comunità al mattino del 25 dicembre. La chiesa
era decorata con un bell’albero,
preparato dai bambini della
scuola domenicale sotto la guida della direttrice, Gisella Jimenez, e davanti su un tavolo c’era
— ancora vuota — la grotta di
Betlemme, che i bambini avevano costruita in precedenza.
Dopo la predicazione del fratello Senesi, mentre le monitrici
Bettina e Francesca leggevano
il racconto di Natale secondo
Luca 2, i bambini — tutti tra i
3 e 10 anni — si facevano avanti
e posavano le figure del presepe
che avevano modellate, pitturate e laccate nelle settimane prima di Natale nella grotta, sui
campi davanti e sulle colline della piccola scena. Canti corali e
due « Soli » in lingua spagnola
completavano la « recita » che
ha trovato nella sua semplicità
e spontaneità molti consensi.
A convegno
con i Battisti
VERBANIA INTRA — Circa
70 persone provenienti dalla chiesa battista di Varese e da quella metodista di Domodossola, si
sono date convegno il giorno
dell’Epifania a Intra per trascorrere una giornata comunitaria
con i fratelli della chiesa locale.
Il culto è stato interamente
condotto dai ragazzi della S. D.
intrese, guidati dalla loro direttrice, con un programma di letture bibliche, canti e messaggi.
Il tema che emergeva dai vari
interventi era la triste constata
zione che la potenza della violenza e deU’ingiustizia sembra
trionfare incontrastata nei confronti della mansuetudine e della giustizia. Realtà, le prime, di
cui i nostri ragazzi, anche se in
piccola parte, sono quotidianamente, vittime. Ma, pur nella
semplicità delle loro parole e
concetti, essi ci hanno annunziato la definitiva vittoria su queste potenze per mezzo della debolezza della croce di Gesù, vittoria di cui abbiamo già qui
i segni e la caparra nella presenza del Vivente in mezzo ai
suoi. Alla comunità dei credenti
è affidato il compito di vivere,
in mezzo ai nostri contemporanei, l’attesa della totale manifestazione di questa vittoria con
una vita che di essa sia annuncio e testimonianza.
Errata
• La mozione sull’installazione dei
missili sul territorio italiano è stata votata dalla Assemblea del 7“ Circuito
delle chiese valdesi e metodiste e non
dalla Assemblea della Federazione del
Triveneto, come erroneamente scritto
nel n. 51-52 del giornale.
• L'incontro tra le comunità di Luino e Varese si è svolto presso la
chiesa battista di Varese e non a Luino come scritto nel n. 3 del giornale.
Ester Antenna Trobia
Il 17 gennaio la chiesa di Pachino ha dato l’ultimo saluto alla
sorella Ester Antenna vedova
Trobia, richiamata, in età di 82
anni, al servizio in quella Casa
del Padre dove non ci sono più
né travaglio, né affanni, né morte.
La sua gioventù si era aperta
a un avvenire pieno di promesse
a fianco di suo marito Vittorio
Trobia. Questi era figlio dell’anziano evangelista Vincenzo Trobia, capostipite di numerosi Trobia che tanto hanno dato e danno al servizio della Chiesa. Vittorio aveva seguito la vocazione del padre e nel 1912 era stato
inviato a lavorare a Riesi. Sposò
Ester Antenna, insegnante nelle
scuole di Pachino. La famiglia
venne presto rallegrata dalla nascita di un figlio e una figlia. Ma,
richiamato alle armi, contrasse
una malattia che si trascinò per
due anni fino alla morte nel ’17.
La vedova venne a trovarsi in
una situazione molto difficile, ma
coraggiosamente si dedicò alla
sua missione di insegnante nel
le scuole evangeliche. Nuove difficoltà sorsero per lei nel 1932
quando l’amministrazione della
Chiesa Valdese assillata da gravi difficoltà economiche decideva
di sopprimere le ultime sue
scuole elementari, che tanta parte avevano avuto nell’espansione della Chiesa.
Dopo un periodo di gravi ristrettezze Ester Trobia ottenne
un posto nelle scuole governative. Ma si può dire che il pensiero dominante di questa donna
fu la sua comunità, che servì anche come membro del Consiglio.
Nel 1963, collocata in pensione,
diceva: « Così posso lavorare di
più per la Chiesa ». E così fece
fintanto che le forze glielo consentirono, quando chiese di essere accolta nella Casa di riposo di Vittoria.
Alla sua memoria deponiamo
il fiore della riconoscenza, ringraziando il Signore per avere
adoperato questa donna per glorificare il suo Nome.
Roberto Nisbet
3
1" febbraio 1980
DISCUSSIONE
CONVEGNO EGEI
Non gonfiamo il “caso Kiing”
Ho rimpressione che il caso
Kiing rischi di essere gonfiato;
cioè venga valutato fuori dei limiti delle sue proporzioni. Comprendo perfettamente che vi siano cattolici, osservanti e riverenti verso la Curia romana, che
intendano adoperarsi per giustificarne in qualche modo l’operato davanti alla pubblica opinione scrivendo anche su quotidiani, come Jemolo su « La Stampa » e Colombo sul « Corriere
della sera ». Così comprendo del
pari che tutta l’ala di quel cattolicesimo che ripensa la sua
fede e non pone più la totale obbedienza ai voleri della Curia
romana quale caposaldo del suo
essere cattolico, protesti e sollevi il caso Kiing, e vari altri consimili recenti e futuri, per porre
in risalto lo stato di degradazione in cui viene a trovarsi, nel
quadro del cattolicesimo, a 15
anni dalla conclusione del secondo Concilio vaticano che aveva
fatto insorgere in tale ambiente
non poche speranze, l’esercizio
dei diritti umani da parte dei
singoli cattolici, appartengano
essi al clero od al vulgus pecum
dei semplici credenti.
Ma da parte protestante! Ho
sentito da ultimo adoperare sul
detto caso espressioni inadatte
a valutarlo ed aggettivazioni imprudenti od improprie. Si è persino parlato di ecumenismo, affermando con calore che se la
condanna inflitta al Kiing gli
toglieva la qualifica di teologo
cattolico, a lui si addiceva ora
quella di teologo ecumenico.
Quasi che con la condanna avesse conseguito la meta, o dovesse per l’occasione proclamarsi l’avvento di un nuovo cristianesimo superconfessionale. Tutto ciò mi dà l’impressione di
nuovo trionfalismo teologico-ecclesiastico. Anche in questo specifico caso mi pare inaccettabile
ogni nuovo etichettaggio, sempre
riduttivo come tutti gli altri.
Fede e teologia
Ho inoltre sentito leggere il
dispositivo del provvedimento
preso dal Vaticano contro il
Kiing in modo del tutto anomalo, come se si trattasse di chissà
quale enormità da cui conseguirebbero subitanee rivelazioni nei
confronti del divenire, già scontato, dell’incontro tra credenti
cristiani di fedi diverse. Ritengo
anzitutto che, anche in questo
caso, si debba procedere per distinzioni chiarificatrici. Penso
occorra attuare in tutta la sua
portata la distinzione tra fede e
teologia. Quella è infatti un dono di Dio umanamente percepito
come fatto dello spirito; questa
solo un fatto del pensiero umano, una scienza a cui gli studiosi si applicano nelle loro ricerche. Ora nel caso Kiing è coinvolta solo la teologia, non la
fede! A mio avviso se si deve —
e si deve — parlare di credenti
di fede confessionalmente diversa, non si può invece parlare di
Praga
teologi cattolici o protestanti, ma
solo di teologi. E ciò anche prima che si rendesse manifesto il
caso Kiing. Teologi cioè che studiano e conducono ricerche ciascuno nel quadro confessionale
in cui è inserito. Così Kiing, prima e dopo la sentenza vaticana
che lo concerne, era e resta un
teologo di origine svizzera che
svolge le sue ricerche e conduce
i suoi studi nel quadro del cattolicesimo tedesco dove è inserito e di cui ovviamente riflette
tutti gli specifici condizionamenti spirituali e culturali. Parimenti — ad esempio — i professori
della Facoltà valdese, quali teologi, riflettono come operatori
scientifici, l’area del protestantesimo italiano a cui appartengono.
La sentenza vaticana, ove la si
voglia leggere nella sua oggettività giuridica, fuori dall’immanenza del quadro specifico del
cattolicesimo espresso dalla Curia romana — e che a noi non
interessa sperimentare in proprio —, non ha modo alcuno di
incidere sulla identità del Kiing,
quale teologo, nel senso che ho
sopra cercato di specificare e
che rappresenta del resto sostanzialmente ciò che lui stesso
dice di sé. E ciò contrariamente
a quanto taluno ha ritenuto di
poter affermare.
Scarsa incidenza
La detta sentenza precisa infatti che il Kiing non può più essere considerato un « teologo
cattolico ». Ma tale espressione,
ove la si legga nella sua rilevanza giuridica, significa soltanto
che la Curia romana non intende più oltre valersi dell’opera
del teologo KUng nei casi in cui
le occorra far ricorso a teologi
per il disbrigo dei propri affari
religiosi ed ecclesiastici. In modo alcuno il giudicato dice che
il Kùng non è più un cattolico,
o che cessi di essere prete, o
che non sia più un teologo. Kiing
resta quindi cattolico, prete e
teologo anche per il Vaticano,
ma la Curia dichiara, come è
suo diritto, — a parte il metodo
con cui l’ha fatto — che non intende più valersi di lui.
Non si tratta pertanto né di
una gravissima condanna, come
è stato detto da alcuni, né tanto
meno di una condanna a cui segue una pena lieve. La condanna
denuncia lo stato di scarsa incidenza che oggidì l’organo giudicante può esprimere in seno all’umana società. Una povera cosa; e si vedrà sino a che punto
potrà influire sull’attività dell’interessato. La pena comminata
poi, ristretta al fatto di non poter più insegnare in modo utile
per la Curia romana, non costituisce una pena lieve, ma una
pena debole. In altri tempi, quando il Sant’Uffìzio e l’Inquisizione
romana incidevano gravemente
sull’andamento di una società civile prona e conseguentemente
sulla condizione degli umani, un
caso Kung sarebbe stato altrimenti concluso con più severa
condanna e la pena relativa avrebbe potuto consistere anche
in un rilascio al braccio secolare e comportare flnanco il rogo.
Ma i tempi sono cambiati.
Per evitare di ingigantire il
fatto e per tenerlo viceversa nei
limiti in cui mi sembra vada
inquadrato, suggerirei di tener
presente quanto sono venuto esponendo. Soprattutto fatti del
genere vanno a mio avviso valutati senza lasciarsi coinvolgere
nel sistema in cui si verificano,
neH’illusorio tentativo di comprenderli meglio. Un esame canonistico del caso va fatto, ma
considerando le cose da fuori;
guardandole nella prospettiva
che rivestono nella loro proiezione reale verso di noi. Penso
siano da tralasciare spinte emotive e che non occorra sbilanciarsi in apprezzamenti ecumenici di equivoca rilevanza, specie
in un campo, come quello teologico, che tanto più oggi esige
un distaccato impegno ed un estremo rigore scientifico in ogni
suo aspetto.
Giorgio Peyrot
(Ci scusiamo per il ritardo, dovuto a mancanza di spazio, cori
cui pubblichiamo questo contributo).
Educazione
in vista della
fede
Da tempo, nelle nostre riunioni, era emersa l’esigenza di incontrarsi con altri gruppi giovanili evangelici per confrontarci,
scambiare le proprie esperienze
e proposte di lavoro. Esigenza
questa, non nuova anche all’interno di gruppi di altre comuni-,
tà; motivo per cui non è stato
difficile organizzare un convegno
cui hanno partecipato, oltre al
nostro gruppo di Sampierdarena
quelli di Savona, Sestri Ponente
e Genova centro.
Il 15 e 16 dicembre, ci siamo
dunque riuniti nella casa valdese
di Borgio con l’intento oltre che
di conoscerci meglio, di discutere il problema dell’educazione in
vista della fede. L’argomento è
stato introdotto da Gustavo Bouchard per quanto riguarda
l’aspetto biblico e da Massimo
Aquilante che ha affrontato storicamente il tema, con particolare riferimento all’ultimo decennio; ne è seguita un’interessante
discussione.
Il giorno seguente abbiamo invece preferito proseguire i lavori dividendoci in due gruppi: il
primo ha discusso sull’educazione in vista della fede nell’ambito
della famiglia mentre il secondo
ha analizzato la posizione della
comunità verso l’ambiente esterno.
Partendo dalle proprie esperienze più o meno positive è
emerso che l’educazione centrata
sulla Bibbia non è solo una trasmissione di contenuti, ma una
ricerca comune, nella quale
l’adulto deve essere coinvolto in
modo tale da non delegare l’insegnamento alla comunità. Queste
a loro volta non devono chiudersi in se stesse ma aprirsi all’esterno, non solo per annunziare revangelo della Speranza ma
anche per partecipare alla vita
politico-sociale, assumendo posizioni precise di fronte alle situazioni che si creano di volta in
volta, quale concreta testimonianza.
Il discorso naturalmente non si
chiude qui. Dall’incontro ne è
scaturita la decisione di ritrovar
si ancora, dato l’esito positivo e '
di proseguire il dibattito all’interno delle chiese unitamente al
nostro impegno nell’ambiente in
cui viviamo.
Daniela Bouchard
Precisazione
Pomaretto, 26.1.’80.
Sull’ultimo numero dell’Eco
ho Ietto l’interessante trascrizione dell’intervista fatta al Pastore della Nuova Caledonia T. Thako. Purtroppo l’articolista è incappato in un grosso errore a
proposito della situazione politica di quel paese.
La nuova Caledonia non è indipendente ma tutt’ora Territorio francese d’oltre mare (in altre parole provincia francese come la Bretagna o l’Alsazia!). E
vero che al referendum del luglio scorso l’82% dei melanesiani si è espresso per l’indipendenza, ma purtroppo i melanesiani rappresentano poco più del
50% dell’intera popolazione. II
resto è composto da bianchi,
vietnamiti, indonesiani e meticci, che naturalmente si sono pronunciati per il mantenimento
dello stato quo. È importante
sottolineare, come ha fatto l’articolista, la presa di posizione
delle chiese protestanti che attraverso il loro Sinodo si sono
espresse al 100% per l’indipendenza.
Dopo il referendum il Governo francese ha fatto affluire in
quelle isole rinforzi di polizia
per « garantire l’ordine ». Il timore è però che vengano suscitati dei disordini per giustificare una politica più dura nel
paese.
Dobbiamo essere riconoscenti
al Sinodo della Nuova Caledonia
per il coraggio dimostrato con
la sua presa di posizione e chiedere al Signore che vengano risparmiati a quei nostri fratelli
in fede tempi più duri.
Renato Coisson
T. Vmay; laurea
ad honorem
Il pastore Tullio Vinay ha ricevuto recentemente il titolo di
dottore honoris causa della Facoltà Comenius di Praga (non
della Facoltà di Debrecen come
abbiamo erroneamente pubblicato sul numero scorso nella rubrica « Echi dal mondo cristiano). Qualche tempo fa, aveva ricevuto il Premio triennale della
Fondazione Hélène de Montigny, per il suo contributo alla
pace.
Tullio Vinay, attualmente sofferente, è ricoverato in una clinica in Germania e non ha potuto recarsi a Praga per ricevere di persona la distinzione di
cui è stato onorato. Mentre ci
complimentiamo con lui per i
titoli ricevuti — che costituiscono un riconoscimento della sua
fedele e instancabile predicazione dell’agape — auguriamo a
Tullio Vinay una pronta guarigione.
Aumenta il numero
degli studenti
di teologia nella RDT
Le autorità della Repubblica
Democratica Tedesca hanno ammesso all’iscrizione del 1“ anno 112 studenti, contro gli 83
dell’anno precedente. Questa constatazione è interessante, se si
tiene conto che dal 1965 al 1976
il numero degli studenti, che
frequentano facoltà teologiche
aH’interno delle università di stato, era andato continuamente diminuendo, passando dai 642 iscritti nel 1965 ai 371 del 1976.
Anche negli istituti di preparazione per i predicatori gestiti
dalla chiesa evangelica il numero degli iscritti è leggermente
aumentato, per cui si pensa di
poter meglio rispondere alle richieste di molte comunità.
Vita dell’Alleanza
Riformata Mondiale
Verso la metà di dicembre
scorso, il Presidente ed il Segretario Generale dell’Alleanza Riformata Mondiale hanno inviato
un messaggio a tutte le chiese
che fanno parte di questa « famiglia di chiese ». In essa si
sottolinea come oggi più che mai
una grande responsabilità incomba all’Alleanza Riformata
per far fronte alle sfide che le
vengono rivolte da varie parti.
Innanzitutto la realtà di una
famiglia di cui fanno parte 145
chiese sparse nei sei continenti,
con tutti i fenomeni di culture e
tradizioni storiche diverse, ma
unite in una comprensione comune della fede cristiana che si
è espressa nel corso dell’ultima
sessione del Comitato Esecutivo
tenutosi a Seul, nella Repubblica di . Corea in settembre, nelle
linee seguenti:
Il fatto che i lavori del Comitato Esecutivo si siano tenuti a Seul ha messo in evidenza
l’interesse che quelle chiese pre
echi dal mondo cristiano!
a cura di BRUNO BELLION
sbiteriane, in rapida espansione
numerica, hanno per tutto ciò
che avviene nelle altre chiese riformate.
Il fatto che al colloquio teologico (che ha fatto seguito ai
lavori del Comitato esecutivo)
abbiano partecipato molti teologi
del Nord-Est asiatico è stato senza dubbio di arricchimento, tanto che uno dei vice-presidenti
dell’Alleanza ha affermato che
questo incontro non rimarrà
senza conseguenze per le chiese
e per molti intellettuali asiatici.
Il fatto che tre nuove chiese
abbiano chiesto di entrare a far
parte dell’Alleanza: la chiesa
presbiteriana evangelica del Cile, la chiesa evangelica cristiana
di Halmahera in Indonesia e la
chiesa evangelica congregazionalista d’Argentina. Queste ammissioni allargano l’orizzonte
dell’Alleanza Riformata che è
passata da 117 membri del 1970
ai quasi 150 del 1979.
Da queste constatazioni deriva
la convinzione che la ricerca
delTAlleanza deve svilupparsi
prioritariamente in tutto ciò che
può approfondire i legami tra
le chiese membro. In questo
senso si impegnerà in modo particolare il dipartimento dì cooperazione e testimonianza il cui
nuovo segretario, pastore Aldo
Comba, si è messo al lavoro
proprio in quest’ottica.
Una richiesta che viene da
molte chiese membro è di approfondire la comprensione del
messaggio tipicamente riformato che non vuole mirare a una
conservazione e ad una chiusura verso le chiese di altre tradi
zioni (compresa quella romana),
ma all’opposto a portare nei contatti e nel dialogo con le altre
chiese o famiglie di chiese un
contributo specificamente riformato più cosciente e più concreto. In particolare, nella situazione attuale deH’ecumenismo,
può essere significativo vedere il
contributo non solo delle singole chiese che ne fanno parte, ma
appunto delle diverse tradizioni
confessionali riunite in famiglie
di chiese (Alleanza Riformata,
Federazione Luterana ecc.).
E per dimostrare anche ai riformati italiani che sono bene
in casa loro nell’Alleanza Riformata, non mancano le note piuttosto preoccupate relative alla
situazione finanziaria! I contributi delle chiese per il funzionamento dell’Alleanza Riformata
Mondiale sono rimasti pressoché
invariati dal 1971 ai giorni nostri, il che è preoccupante, tenuto conto della grave crisi finanziaria che ha investito il mondo
intero. Questo significa un ridimensionamento delle possibilità
di azione, proprio in un momento in cui si riconosce invece la
validità di un maggiore impegno.
Da ultimo la lettera comunica
che è stata decìsa la convocazione di una Assemblea Generale
(come si ricorderà l’ultima Assemblea era stata sospesa e sostituita da un Comitato Inacutivo « aperto e allargato », il che
aveva suscitato alcune reazioni
negative anche da noi in Italia)
che si terrà ad Ottawra, in Canada, nell’agosto 1982, sul tema
« A Te appartengono il Regno,
la Potenza e la Gloria ».
Ecumenismo
in Polonia:
sempre difficile
In una recente sessione del
Consiglio Ecumenico delle chiese di Polonia che riunisce otto
chiese non cattolico-romane, è
stato sottoiineato che i rapporti
con la chiesa romana permangono molto difficili, sebbene funzioni ormai da più di cinque anni
una commissione mista di studio. La elezione di un polacco alla « cattedra di Pietro » non ha
migliorato la situazione, così come non l’ha migliorata la visita
di Giovanni Paolo II nella sua
terra natale. Anzi, in molti casi
essa è stata occasione di maggiori difficoltà per le chiese protestanti.
Il Consiglio Ecumenico delle
chiese polacche è presieduto
dal prof. Witold Benedyktowicz,
docente di teologia sistematica
all'accademia teologica di Varsavia e sovrintendente della chiesa
Metodista polacca.
Difficoltà per i
cristiani in Etiopia
Da notìzie attendibili si apprende che in Etiopia i cristiani
incarcerati e sottoposti ad un
processo di « rieducazione » sono
numerosi. Si tratta per lo più di
giovani. I metodi di questa « rieducazione » fanno spesso ricorso
alla tortura. Secondo i responsabili del dipartimento missionario
della chiesa tedesca, queste « rieducazioni » colpiscono particolarmente i membri delle chiese protestanti per la loro posizione critica nei confronti degli sviluppi
della politica del regime etiopico. Finora la chiesa ortodossa
e i musulmani sono indenni da
queste forme di controllo e di
intimidazione. Il segretario generale della chiesa evangelica
etiopica, pastore Gudina Tumsa,
rimane in carcere.
4
1” febbraio 1980
DIRITTI DEI MALATI E DEI MORENTI
Dalla parte dei morenti
L’unico antidoto alla morte è
la risurrezione. La non morte o
una morte senza malattia possono essere il conseguimento più
alto della scienza, ma non risolvono il problema della morte,
che poi è il problema della vita.
Per questa ragione i cosiddetti
casi terminali pongono una serie
di interrogativi che comprendono e travalicano quelli inerenti
al problema del dolore e della
malattia. Le risposte che noi
possiamo dare a tali interrogativi possono essere solo delle indicazioni provvisorie, che rimandano alla soluzione vera che è,
come ho detto, la risurrezione
dei morti. Tale è stata la risposta di Gesù sia durante il suo
ministero, sia dall’alto della sua
stessa croce. Difatti, quando uno
domanda « Perché morire »? in
effetti dice: Ma che vita è questa
se il suo principio e la sua fine
affondano le loro radici nel nulla? L’unica risposta a questa domanda, perciò, non è il prolungamento indefinito di questa vita, ma una vita del tutto nuova
le cui coordinate non sono il
nulla e la morte, ma l’amore e
la vita.
Questa possibilità per noi credenti è reale, perché Cristo è
stato risuscitato dai morti e perché per noi anche la vita attuale
è nascosta con Cristo in Dio.
Esserè dalla parte dei morenti,
perciò, significa essenzialmente
rendere o mantenere viva questa
fede e questa prospettiva reale.
E ciò è quanto di più difficile
si possa immaginare. Non si può
accostarsi al letto dei morenti
per fare loro dei sermoni o delle lezioni di teologia. Nel mio
ministero ho dovuto più spesso
tacere che parlare. Anzi ho sperimentato che gli atti, i gesti, i
piccoli fatti sono assai più comunicativi di qualsiasi parola.
Certo tutto è molto più significativo e quasi facile se il morente è un cristiano convinto. Oltre
ai vari casi che mi sono capitati, vorrei citare la testimonianza di due credenti, Margaret
Simpson e Francis A. Martin,
(Coping With Cancer, Broodman
1976) cioè un libro in cui sono
raccolti i loro pensieri, le loro
disperazioni, i loro recuperi, gli
attimi di serenità, la speranza
della vita. Quest’opera dimostra
non tanto che i cristiani muoiono meglio degli altri, quanto piuttosto che l’educazione alla morte è di fondamentale importanza
per ogni persona umana.
E qui mette conto citare un
passo della relazione che ha preparato una commissione sinoda
le valdese sul tema dei diritti
dei malati e dei morenti.
« Nella prospettiva della fede cristiana, "educazione di fronte alla morte”
significa in concreto tre cose; significa anzitutto comprendere la realtà
tenebrosa della morte sia in sé, come
limite invalicabile di ogni creatura vivente, sia come segno del giudizio di
Dio sul peccato (Rom. 6: 23), Questo
comporta lucida consapevolezza della
nostra condizione mortale e quindi superamento di atteggiamenti di incoscienza, di fuga o di rimozione della
morte.. In secondo luogo ... significa
dedicarsi con maggiore assiduità a
quella che Calvino chiamava "meditazione della vita futura" .(non quindi
della morte!), nella linea — ad esempio — del "desiderio" che Paolo nutriva di "partire ed essere con Cristo” (Fi). 1: 23; Il Cor. 5: 8), pur riconoscendo la necessità di restare
nella carne per continuare il ministero
apostolico. Questa "meditazione della
vita futura” oggi negletta forse perché
ritenuta alienante, non relativizza gli
impegni terreni, ma relativizza e ridimensiona la morte e le ombre che
essa vorrebbe getttare sulla nostra
vita. È meditando sulla vita futura che
si può scoprire che morire, nella prospettiva biblica, non significa "essere
spogliati" ma "essere sopravvestiti"
(il Cor. 5: 4).
Infine, "educazione di fronte alla
morte" significa imparare a morire
ogni giorno a se stessi, a dare la propria vita spendendola ("perdendola")
per amore di Cristo e dell’Evangelo. La
morte viene sdrammatizzata nella misura in cui ghermisce una vita già
spesa, già donata, già trasfusa nell'offerta di sé; alla morte, in un certo
senso, non resta nulla da prendere.
L’amore sottrae alla morte la sua preda. "Chi perderà la sua vita per amore
Paolo Spana
{continua a pag. 10)
TINTARELLA
RADIO E TELEVISIONE
Con crescente disagio
I rivoluzionari deH’Ottocento,
liberali, mazziniani o socialisti,
cercavano in tutti i modi di aiutare il popolo a progredire, lottando contro l’analfabetismo e
la superstizione in modi che noi
oggi possiamo giudicare ingenui
e paternalistici, ma con un impegno sincero e coerente.
Quando il monopolio governativo sui mezzi di comunicazione
radiotelevisivi fu finalmente incrinato, speravo che le reti « laiche » riprendessero, con tutti gli
opportuni miglioramenti, quel
vecchio programma.
Ora, non si può dire che non
si sia fatto nulla; abbiamo potuto vedere e ascoltare programmi
che prima ci erano rigorosamente vietati e il fatto stesso di potere scegliere una trasmissione
anziché subire quel che passa il
convento è un fatto positivo.
Tuttavia, non so se sono la sola
a provare un crescente disagio
di fronte al modo in cui si sfrutta questa possibilità.
Non sono in grado di documentare le mie critiche; per fare riferimenti precisi, bisognerebbe avere il tempo di seguire
almeno per una settimana tutti
i programmi prendendo appunti.
Spero che qualche lettore del
nostro settimanale lo faccia e ci
mandi quindi le sue osservazioni.
Per cominciare, c’è tutta una
serie di testi utilissimi per aiutarci a rivedere criticamente un
certo tipo di storia che ci insegnavano a scuola; mi sembra
che s'intitoli appunto « storia e
controstoria ». Però essa tende a
rivelare le colpe dei « grandi »
ma si limita talvolta alla parte
negativa, mentre mi pare che
sarebbe opportuno offrire più
spesso esempi di comportamento validi in contrapposizione con
gli idoli che si smascherano. Più
grave considero il fatto che da
qualche tempo le reti « laiche »
dedicano uno spazio sempre maggiore agli oroscopi, agli indovini
e ai maghi. In questo periodo di
rinascente superstizione è proprio la cosa più intelligente da
fare per liberare le masse? E le
medesime masse si liberano dai
tabù sessuali con sfilze di parolacce, con gesti e atteggiamenti
che sono ancora più brutti che
sconci? Io credo che il modo
migliore di superare l’ipocrisia
bacchettona sul sesso non sia la
ostentazione provocatrice, ma il
sereno rispetto del corpo, nostro
e altrui.
Così, per quel che riguarda la
musica, mi domando perché le
medesime reti ci ammanniscano
a tutte le ore (specie la radio)
i più idioti e rumorosi dischi di
importazione americana. Forse
sono io a non capire i ritmi moderni, ma, se si ritiene il popolo
troppo bue per apprezzare la musica classica (ma bisognerebbe
prima provare a fargliela conoscere per avere il diritto di dirlo), perché non dargli almeno
un po’ più spesso musica popolare nostra (e ce n’è tanta), degli altri paesi della comunità europea (e si collaborerebbe alla
formazione di una cultura comune fra popoli sempre più strettamente collegati), dei paesi di
oltre cortina, per evitare che oltre alle barriere politiche ed economiche si faccia sempre più
TRIBUNA LIBERA
Marxismo ancora vivo
grave anche la frattura culturale
fra i due gruppi, e naturalmente anche delle due Americhe. Fa
rabbia ritrovare anche qui il medesimo scollamento fra i bei discorsi teorici sul diritto della
gente alla cultura e quel che concretamente viene ammannito.
Lo stesso discorso si potrebbe
fare per lo sport, in cui spesso si
alimenta il tifo (salvo poi piangere sui morti negli stadi) anziché incoraggiare a fare dello
sport in prima persona.
Mi rendo conto di aver brontolato troppo e di aver trascurato
tutto quel che invece è apprezzabile, ma ogni tanto fa anche
bene protestare! !
M. G.
Satira
fuori posto
A quanto pare, una trascurabile parte dei teleutenti italiani
paga il canone di abbonamento
e la RAI-TV si trova nella materiale impossibilità di costringere
i renitenti a fare il proprio dovere: può multare chi versa l’abbonamento in ritardo, ma se dovesse esercitare un controllo fiscale su ogni apparecchio, spenderebbe assai di più di quanto
ci rimette allo stato attuale delle cose.
Tuttavia, come mezzo di persuasione, la RAI-TV organizza
lotterie e giochi a premi, uno dei
quali: « Che combinazione! » va
in onda sulla Rete 2 la domenica sera.
La Rete 2 si vanta di mettere
in onda le trasmissioni meno
conformiste, quindi tra un balletto e qualche strillo dell’insopportabile Rita Pavone, ha introdotto un accenno di satira poli
Ho letto il « neretto » del Direttore
ne " La Luce - del 21 dicembre scorso
relativamente al proditorio ferimento
del fratello Paolo Turin.
D'accordo in tutto, però vien fatto
di rilevare che anche in questo « fattaccio » noi valdesi abbiamo la nostra
parte di oggettiva responsabilità.
Senza frasario falsamente pietista
dobbiamo purtroppo confessare che abbracciando come chiesa la politica (non
importa il colore) prendiamo indirettamente parte alla violenza ohe è appunto il frutto della politica, di tutta la
politica che travaglia il nostro disgraziato Paese È una violenza morale e
materiale basata sull'equivoco, sull'odio, sul contrasto acceso ed offensivo,
sulle continue minacce larvate od aperte e perfino sulle azioni delittuose.
Ecco perché noi evangelici che siamo stranieri in questa terra (italiana
in modo particolare) abbiamo il preciso dovere di stare lontani dalla politica, s'intende come chiesa (lo ripeto)
onde non essere coinvolti come compartecipi e quindi ovviamente responsabili sul piano collettivo morale e
cristiano: « lo non prego per il mondo
ma per quelli ohe tu m'hai dato »
(Giovanni).
Con tutto ciò è ovvio che si deve
lasciare ad ogni singolo evangelico la
libertà (anzitutto) e la conseguente
responsabilità cristiana delle sue ideologie, dei suoi pensieri e dei suoi atti (anche politici) nel cospetto di Dio,
Un vero cristiano non dovrebbe mai
giungere a far prevalere il proprio fanatismo politico al sentimento religioso, specialmente se nella chiesa ha
un posto di fiducia e di responsabilità.
La nostra chiesa non ha altra forza
ed altra voce (per la sua essenza,
per la sua irrisoria consistenza numerica e per la sua povertà) che rivolgere una costante e fervente preghiera
al Signore se, beninteso, si crede veramente Ch’Egli è onnipossente, onnipresente ed onnisciente.
In questo nostro mondo di cattiverie, di ingiustizie, di prepotenze, di
abusi di forza e di potere da ogni parte
almeno noi dobbiamo sentirci sinceramente uniti, lealmente fratelli nella nostra incrollabile fede, sia pure costituendo un '< ghetto » (che non è mai
stato!) M ghetto (o meglio l’oasi) dell'amore di Dio e della Parola del nostro Signore che nessuna politica ha
mai accettato né intende palesemente
e dichiaratamente di ascoltare e seguire; (« la religione è l’oppio dei popoli »!).
Il ferimento del fratello Turin ci richiama tutti noi valdesi al ravvedimento applicando reciprocamente il sentimento del perdono, deH'amore e della pace cristiana.
Ritorniamo quindi uniti come prima
di commettere l’errore di lasciarci contagiare daila deleteria contestazione
della quale nella nostra chiesa non
si doveva sentir mai parlare e invece
si è commesso perfino il sacrilegio
di contestare anche la Parola di Dio!
Ritorniamo dunque insieme, dimenticando del tutto il brutto passato, riprendendo la via maestra che avevamo
erroneamente abbandonato ed amia
È stato pubblicato in data 4
gennaio 1980 sul nostro settimanale « La Luce » un articolo scritto dal fratello Renato Paschetto
dal titolo « Imputato il Comunismo ». In esso si critica e non
benevolmente, il pastore Franco
Giampiccoli per avere bensì unito la sua voce al coro delle riprovazioni per le condanne inflitte in Cecoslovacchia ai «dissidenti » della Charta 77 ma nello
stesso tempo detto, che di questi atti repressivi non sia responsabile il marxismo, ma la
paura di singoli uomini.
Personalmente, se veramente
in questa affermazione è racchiuso il pensiero del pastore
Giampiccoli, per quanto conti
poco il mio giudizio, sono d’accordo con lui, non è la dottrina
di Marx che va posta sotto processo, ma coloro preposti alla
sua pratica e corretta applicazione. Proseguendo, Renato Paschetto si chiede ancora se
Marx sia vivo o morto, e afferma che guardando all’esito negativo della sua dottrina nei paesi dell’Est si può sicuramente
affermare che egli è ben morto.
Di fronte a questa errata interpretazione, non scevra da un anticomunismo che ormai da oltre
cinque decenni sono abituato a
sentire, vorrei precisare che il
Marxismo è ancora vivo, non
solo nei paesi dell’Est, ma nel
resto dell’Europa e anche in al
tri continenti. La sua dottrina
malgrado le sue imperfezioni trova ancora molti proseliti.
Il fratello Paschetto si stupisce
anche e si rammarica che specialmente tra i protestanti (Vaidesi) ci siano tanti ammiratori
(davvero tanti?) di quel sistema politico, e aggiunge che se
si pone mente a quello che è accaduto in Cina a Cuba e nel Vietnam non si può fare a meno
di affermare che l’imputato è il
comuniSmo, sorvolando sulle enormi distruzioni compiute durante l’invasione americana, di
cui già tante volte si è parlato
— distruzioni che ancor oggi ne
ostacolano la ricostruzione e il
progresso sociale ed economico
— vorrei osservare riguardo alla
Cina, che un più preciso aggiornamento su quanto succede in
quel grande paese avrebbe dovuto portare il Paschetto a migliori considerazioni. Si pensi, che
in tempi non troppo remoti, prima dell’avvento dell’attuale sistema politico, le femmine poco
dopo la loro nascita, venivano
abbandonate dai loro genitori
impossibilitati di provvedere al
loro mantenimento. Attualmente
se è vero che tutti usano la bicicletta, più nessuno soffre la
fame, tutto il paese è teso verso il suo progresso sociale e che
per raggiungere il più rapidamente possibile questo obiettivo
tutti si sottopongono a gravi sa
crifici. Cosa che noi, in questo
difficile momento sarebbe bene
sapessimo imitare.
In quanto a Cuba, ai tempi
della dittatura del sergente Batista — si ricordi bene da chi
sostenuta — oltre alla molta povertà, nessuna libertà anche apparentemente democratica era
ammessa e l’analfabetismo era
di casa. Attualmente quella società oltre ad assicurare un maggior benessere offre a tutti i cittadini la possibilità di accedere
a spese dello Stato a tutte le
scuole. L’analfabetismo è totalmente debellato.
Per tornare a Praga, ritengo
che non sia giusto rinnegare una
dottrina a motivo delle brutture commesse da uomini preposti
alla sua attuazione e diffusione,
altrimenti per paradosso prendendo per spunto la dottrina
Cristiana, assai più elevata del
Marxismo e la confrontassimo
con le azioni compiute da uomini cosiddetti cristiani, alcuni dei
quali nel cristianesimo si sono
lavati anche i piedi, ci sarebbe
più di un motivo per allontanarsi da esso, ed al culmine rinnegarlo; ma questo non è avvenuto. Oggi a distanza di due millenni grazie a Dio il cristianesimo è ancora predicato e accettato nel mondo purificato dal sangue del Salvatore.
Sergio Riposio
tica.
Si tratta di una presa in giro
del telegiornale, che utilizza filmati originali e scenette su misura. La satira può tuttavia essere del tutto fuori posto come
nella recente scenetta sui profughi vietnamiti, dove si vedeva la
nostra eroica marina da guerra
che navigando e cannoneggiando
scopriva alcuni pochi profughi
da salvare e li trasportava in
Italia dove venivano venduti come elettrodomestici. Certamente l'intenzione era di ridicolizzare questi « salvataggi » un po’
propagandistici, però lascia sempre un’impressione penosa la comicità che si esercita su esseri
umani che non possono difendersi. Ieri i profughi vietnamiti,
oggi forse i cambogiani, domani
gli afghani saranno strumentalizzati all’est e all’ovest, ma queste non sono proprio cose da far
ridere.
La satira politica è giusta e
necessaria quando la si esercita
sui potenti (ma nemmeno la seconda rete ci ha mai concesso
un simile divertimento) e si propone di sviluppare il senso critico degli spettatori; non ha senso quando la si sfrutta per dare
un po’ di lustro ad una trasmissione commerciale e si cerca di
far ridere ironizzando sulla triste sorte di alcuni poveri disgraziati.
L. V.
moci gli uni gli altri, tutti protesi in
una fattiva opera di carità verso tutti
e segnatamente in una vera, attiva,
costante e fervida azione di evangelizzazione (a cominciare dalle nostre
stesse file) e quindi equidistante da
tutti: bianchi, rossi, neri, verdi, celesti. gialli ecc. come Dio comanda.
Ha ragione da vendere quindi il caro
fratello Santini nella sua lettera intitolata « Con franchezza » pubblicata
nello stesso numero del 21 dicembre.
E conseguentemente, caro fratello
Direttore, cambiamo i connotati anche
a « La Luce » affinché venga abbandonata ogni e qualsiasi... inutile ed ambigua tintarella. C'è bisogno di infondere fede, speranza e carità oltreché
cultura biblica nei nostri lettori e non
cultura o informazione politica (ce n'è
anche troppa nei quotidiani) come potrebbe fare la cellula di un qualsiasi
partito.
Ferruccio Giovannini, Pisa
Forse qualche volta molta della tintarella che vediamo sulla faccia degli
altri dipende dagli occhiali che ci troviamo ad avere sul naso... Ad ogni modo. poiché è stato citato Giov. Il: 9.
conviene non dimenticare il v. 15 dello stesso capitolo: r: Io non ti prego
che tu li tolga dal mondo, ma che tu
li preservi dal maligno ». Dobbiatno
certo stare attenti a non predicare al
mondo i suoi colori bensì la Parola di
Dio; ma dobbiamo anche fare attenzione a non ritenere che sia efficace
solo fuori del mondo quella Parola che
proprio nel mondo ha dato la sua vita
per gli uomini. (F.G.)
5
1° febbraio 1980
DAL DISCORSO PROFETICO DI GESÙ’
Una parola per il nostro tempo
Or voi udirete parlar di guerre e di rumori di guerre ; guardate di non turbarvi, perché bisogna che questo avvenga,
ma non sarà ancora la fìne (Matteo 24: 6).
è oggi diffusa una sorta di
amaro catastrofismo che vede nel futuro, non lontano
ma immediato, il disastro
finale e inevitabile. Apocalypse now, Apocalisse ora, è il
titolo indicativo di un film
attualmente in circolazione.
Questo atteggiamento può
essere di tipo religioso-settario e da tempo si è rilevato
come questo sia un tempo
particolarmente fertile per i
movimenti apocalittici che
annunciano l'imminenza della distruzione. In questo caso un elemento del messaggio biblico, il giudizio, tende
a far scomparire ogni altra
prospettiva e a riempire di
sé tutto lo spazio futuro.
Ma può essere anche un
atteggiamento laico, secolare, frutto di un grande disorientamento e di uno scoraggiato pessimismo che non
trova più alcun terreno solido su cui far leva per rea
mo a non prendere questa
parola come la previsione
cronologica degli avvenimenti che stanno per succedere,
quasi che essa volesse significare per noi: se anche ci
sarà una guerra, non preoccupiamoci eccessivamente
perché non sarà la distruzione atomica finale!
Questa parola dell'Evangelo intende dare non le date
di un calendario delle cose
ultime e penultime, bensì un
messaggio e una prospettiva.
E il messaggio — rivolto originariamente ad un tempo in
cui la febbre apocalittica era
ancora più alta che nel nostro — è che non dobbiamo
confondere la grande crisi
con la fine.
Nel linguaggio biblico « fine » non è una parola dal significato totalmente negativo, che appartiene alla storia
degli uomini essendo il risultato della loro incosciente
autodistruzione. « Fine » per
la fede biblica è una parola
che appartiene alla storia di
Dio, è parola temibile, ma
che ha un indubbio suono
r!na scena davvero d'altri tempi: americani e sovietici
si danno la mano incontrandosi sull’Elba il 21 aprile
1945. Oggi le due superpotenze sono a un passo dal
confronto diretto.
re. In altre parole, grazie a
Dio la fine sta non nelle nostre mani ma nelle sue!
Non perdere la testa
Quale indicazione di comportamento ci viene dunque
da questa parola? « Guardate di non turbarvi perché bisogna che questo avvenga, ma non sarà anco
Realtà irreale
Dalla fine della II guerra
mondiale, mai come in queste prime settimane del 1980
siamo stati così vicini ad un
nuovo conflitto generalizzato
— ci ammoniscono i giornali e la televisione. Eppure
per molti il pensiero della
guerra è in una certa misura
irreale. Metà della popolazione, quella al di sotto dei
35 anni, è nata e cresciuta al
di fuori dell'esperienza diretta della guerra, ma anche
in molti che hanno vissuto
quell'esperienza da bambini,
da ragazzi, il ricordo è ormai
molto sfumato. Ma più che
questo, l'esperienza di 35 anni di « tensioni controllate »,
non certo di pace, ma di
guerre e guerriglie parziali,
costituisce una tremenda abitudine, una assuefazione
che rende per molti un po'
irreale l'eventualità di una
tensione incontrollata di una
guerra totale.
La parola di Gesù sulle
« guerre e rumori di guerre »
ha un suono di crudo realismo di fronte alla tentazione
della fiducia nell'equilibrio
del terrore: « guardate di
non turbarvi, perché bisogna che questo avvenga ».
Bisogna: si tratta forse di
una necessità dello stesso genere di quella altre volte
espresse negli evangeli («è
necessario che il Figliuol dell'uomo soffra molte cose »),
espressione di un piano di
Dio che si attua anche attraverso la crisi del levarsi di
una nazione contro l'altra?
O si tratta della necessità dell'uomo, dell'inevitabile conseguenza della sua incapacità di condurre in porto la
sua esistenza nel segno dell'amore e del dono di sé, della sua irrefrenabile tenden- rnm ■■ ■■■ fmmmm ■
un atteggiamento predatore, Sfiducia neiruomo e fiducia in Dio
violento, 'Suicida?
Guerre e rumori di guerre
gire con l'impegno e la lotta. In questo caso la distruzione cosmica come possibile sbocco di autodistruzione
diventa la conclusione finale
e obbligata di una vicenda
storica che appare come una
insolubile assurdità.
La parola di Gesù sposta
gli accenti di questa visuale
catastrofica: « guardate di
non turbarvi perché bisogna
che questo avvenga, ma non
sarà ancora la fine ». Badia
positivo per chi prega col
Cristo « il tuo regno venga! »,
in quanto indica un compimento per la vicenda umana, uno scopo che le è donato malgrado la sua follia
autodistruttiva. In questo
senso la parola di Gesù ci
ammonisce a non identificare la grande crisi, anche totale!, che gli uomini possono
produrre, con il senso dell’esistenza, individuale e collettiva, che Dio solo può dona
ra la fine ». Con un linguaggio più vicino a noi possiamo intendere: badate a non
perdere la testa! E non c’è
niente di più facile nel nostro tempo che perdere la
testa, essere dominati e condizionati dalla paura. E’ un
tempo — per usare termini
usati in questo capitolo di
Matteo — in cui di fronte al
crescere del male e della
violenza degli uomini tanti si
scandalizzano e ne gettano la
colpa su Dio, in cui l’odio e
il contrario della solidarietà
invadono i rapporti interpersonali, in cui molti si lasciano ingannare dai messaggi
più menzogneri, in cui .aum.enta l'ingiustizia e la violenza e di conseguenza decresce la carità soffocata da un
egoismo arido e inacerbito...
Ma l’Evangelo ci chiama al
contrario di questi segni del
« perdere la testa », ci chiama a perseverare fino alla
fine con una linea, una direzione, una costanza malgrado il disorientamento e l'incoerenza del nostro tempo.
Questo è possibile solo in un
rapporto di fiduciosa attesa
nei confronti di Colui che
non ci risparmia il suo giudizio, ma nelle cui mani misericordiose Gesù ha posto al
sicuro la nostra sorte. Solo
così è possibile che, qualsiasi cosa avvenga, noi non ci
scandalizziamo, non odiamo,
non tradiamo, non ci lasciamo ingannare, non vediamo
raffreddarsi la nostra carità,
in una parola non perdiamo
la testa. Per noi allora potrà
valere la promessa: chi avrà
perseverato fino alla fine sarà salvato.
Franco Giampiccoli
Forse è difficile qui distinguere e separare la necessità
dell’uomo e la necessità di
Dio, ma una cosa mi sembra
essenziale nel messaggio di
questa parola: la consapevolezza che tra la generazione
che ascolta l’Evangelo ■—
qualunque generazione — e
lo scioglimento finale della
storia, c’è la grande crisi di
cui guerre e rumori di guerre sono segno ed anche espressione. Non si arriva alla fine della storia in carrozza, senza portare il peso di
una impostazione autodistruttiva della storia stessa.
Di questo dobbiamo essere
ben consapevoli, al di là delle nostre esperienze e dei nostri ricordi più o meno sfumati, per non essere còlti impreparati, per non essere ingenui illudendo noi stessi,
per saper resistere nell’ora
della grande crisi.
Apocalypse now
Ma di fronte al pericolo di
guerra c’è anche un altro tipo di reazione. Sia tra gli anziani che ricordano distintamente l’ultima guerra, sia
tra i giovani che non ne hanno avuto alcuna esperienza.
In questi giorni, in cui non
si apre giornale senza leggervi che siamo vicini alla guerra come non mai in questi
ultimi 35 anni, ho ripensato
a tre quadri che, pur con
qualche differenza significativa, rappresentano ciascuno
una scena di morte. Sono tre
quadri che ho visto accanto
al tavolo da lavoro di tre
persone che so diversissime
tra loro ma che hanno — e
la scelta dei quadri lo dimostra — almeno un punto in
comune: ben poche illusioni
sulla bontà dell’uomo in generale.
La prima riproduzione è
quella della battaglia di S.
Romano, dipinta nel Quattrocento da Paolo Uccello.
Rappresenta uno scontro fra
cavalieri in un bosco: lance
spezzate, guerrieri riversi e
calpestati dagli zoccoli dei
cavalli.
Eppure, al di là del soggetto, la scena è quasi festosa: è una lotta fra eguali, i colori sono allegri, chiari e puliti, nella luce diffusa
del giorno. Si sente la solidità dei corpi e degli oggetti,
la cura dei particolari, che
rivelano nell'artista l’amore
per la vita e la gioia della
bravura raggiunta nel costruire prospettive complicate.
La seconda persona ha invece scelto un’opera di Goya:
i fucilati del 2 maggio a Cadice; siamo al tempo delle
campagne napoleoniche. Nel
buio opaco della notte una
luce sporca si proietta su un
gruppo di condannati a morte, su uno sfondo di colline
squallide e brulle. In primo
piano a destra, quasi di spalle, domina la massa scura
e anonima dei soldati, un po’
ingobbiti, con i fucili spianati; fra i caduti scomposti,
macchiati di sangue bruno,
spicca chiara una figura rimasta ancora un attimo in
piedi dopo gli spari, con le
braccia aperte in un gesto
quasi da crocefisso.
Siamo lontanissimi dalla
serena compostezza, pur nella vivacità dei movimenti e
delle linee spezzate, del pittore rinascimentale, fiducioso nelle possibilità dell’uomo, sicuro delle dimensioni
del mondo in cui si muove e
che può dominare. Qui la
guerra e la morte sono sentite nella loro realtà sporca
e crudele, ma soprattutto
c'è un preciso giudizio di valore: da una parte ci sono le
vittime, dall’altra i carnefici.
I fucilatori sono servitori
passivi, impersonali; le vittime risaltano come individui, ma sconfitti, soli, nel
buio della notte.
Il terzo soggetto è il più
tragico ed anche il più vicino
a noi: è « Guernica », ispirata a Picasso da una città
della sua Spagna, distrutta
dai fascisti durante la guerra
civile.
I colori sono scomparsi:
sul fondo bianco linee contorte e spezzate segnano profili sproporzionati e assurdi
accostamenti di oggetti eterogenei. Lo spazio è chiuso,
come una prigione, l’unica
fonte, illusoria, di luce, è una
lampadina opaca penzolante
da un filo; non c’è movimento, non c’è vita; l’unica presenza umana è un cadavere
buttato per terra come un
burattino disarticolato, deforme, disegnato in modo apparentemente infantile, con
una mano enorme e l’altra
minuscola.
A distanza di secoli, i tre
pittori, ritraendo un preciso
episodio di guerra, ci hanno
trasmesso una visione dell’umanità che si è fatta di
volta in volta più desolante,
ma in cui non possiamo non
rispecchiarci.
E le tre persone di cui parlavo all’inizio hanno voluto
tenersela davanti agli occhi,
come un monito e un impegno. Ma c’è una differenza
tra loro: mentre « Guernica »
campeggia sola sulla parete
bianca, nelle altre due case
al di sopra della stolta aggressività degli uomini, si leva un altro quadro, la crocifissione di .Masaccio, tutta
rossa e oro, con la Maddalena prostrata ai piedi della
croce.
E sembra incredibile che
una prostituta inginocchiata
davanti ad un poveruomo
torturato e assassinato riesca a trasmettere a chi la
guarda una tale impressione
di serenità e di pace, di una
presenza viva che offre, anche alla nostra demente storia, una possibilità di riscatto nell’amore di un Dio che
si è fatto uomo nella sofferenza e nell’umiliazione e
nella risposta di dedizione
totale della peccatrice pentita.
Marcella Gay
6
1“ febbraio 1980
cronaca delle valli
INTERVISTA A DARIO VARESE
Quale futuro per
di Torre Pellice e
gli ospedali
Pomaretto?
Con la riforma sanitaria si è iniziato ad affrontare il problema della salute ma molti interrogativi, anche a livello locale, restano aperti - Il ruolo dei nostri ospedali per « lungodegenti »
Uno dei punti « caldi » che
sono stati sollevati nel corso
del recente convegno di studi
sugli anziani, svoltosi a Torre
Pellice, riguarda il problema
sanitario ospedaliero a livello
locale. Ne abbiamo voluto parlare con un partecipante direttamente interessato a tutto il
problema: il prof. Dario Varese,
consigliere medico della Commissione Istituti Ospedalieri
Valdesi (CIOV).
— Una prima domanda: com’è stato affrontato il problema
degli ospedali nel corso del convegno di Torre Pellice?
— Evidentemente anche in
questo convegno è emerso il
fatto che ogni problema che
interessi la salute non può fare
a meno di una definizione ben
precisa del ruolo che gli Ospedali, sia come sede di ricovero
che di prestazioni ambulatoriali, debbono avere nel piano
di programmazione. Il grande
argomento degli Ospedali (Civile di Pinerolo, Valdesi di Torre
Pellice e di Pomaretto, Mauriziano di Lusema) navigava del
continuo sotto le acque del convegno, già mosse per tanti motivi comprensibili quando si
trattano tanti problemi in ima
unica giornata. Questo tema —
una vera balena — ha fatto sentire la sua presenza, non solo
nel gruppo di studio che lo ha
direttamente affrontato, ma anche nel contesto generale e da
qualche vigoroso colpo di pinna ne sono derivate sia doccie
fredde sia proposte alternative.
— Ma esattamente cosa è emerso a proposito degli ospedali locali?
— La Regione ritiene nel suo
piano programmatico, e ben finalmente venga un piano che
da dieci anni attendiamo!, che
non vi sia un futuro per gli Ospedali di Torre Pellice, Pomaretto e Mauriziano di Luserna.
Non già che non si riconosca
la loro utilità nel presente: ma
una diversa organizzazione del
problema sanitario ed un miglioramento della attuale realtà
socio-assistenziale, dovrebbero
comportare la loro chiusura come sede di ricovero ospedaliero e la creazione nelle Valli (se
presso un ex Ospedale od altrove, tutto è ancora da vedere),
di una struttura ambulatoriale,
con o senza Ospedale diurno.
Tutti coloro che, nonostante
i più svariati interventi socioassistenziali, presentassero malattie acute o croniche — comunque sempre e solo invalidanti, necessitanti di prestazioni sanitarie ospedaliere, dovranno essere ricoverati nell’Ospedale di Zona (Ospedale Civile di Pinerolo).
_____VALLI CHISONE E GERMANASCA
Attività della
cooperativa agricola
Dopo quasi due armi di attività,
il servizio di raccolta del latte
messo su dalla Cooperativa Agricola Montana Valli Chisone e
Germanasca ha dato risultati
soddisfacenti.
È stato il primo tentativo di
organizzare su basi di cooperazione e di razionalizzare un’attività tradizionale delle nostre valli, l’allevamento del bestiame,
che, dopo essere stato nei secoli
passati la maggior fonte di reddito dei montanari, era entrato
in una fase di lento decadimento.
Le ragioni di questo abbandono sono note a tutti: lo spopolamento delle zone più adatte al
pascolo, la prospettiva di un guadagno sicuro nelle fabbriche, una certa squalifica del lavoro
contadino, l’invecchiamento della
popolazione agricola e molte altre ancora. La constatazione che
sui 175 soci della Cooperativa un
centinaio fornisce anche il latte
dimostra che le mucche non sono ancora tutte scomparse. Anche se ovviamente il prezzo fissato dalla Regione (attualmente
328 lire il litro) è inferiore a
quello che si ottiene con la vendita a privati, gioca a favore della raccolta organizzata il fatto
che essa si svolge senza il minimo disturbo per l’allevatore, sia
che il camioncino della Cooperativa prelevi il prodotto direttamente alle stalle, sia che lo si
versi nei contenitori refrigeranti.
Sul prezzo regionale, vengono
trattenute 30 lire per le varie
spese.
I dati dimostrano che il quantitativo di latte fornito è raddoppiato nell’ultimo anno e di conseguenza è anche aumentato il giro
d’affari della Cooperativa: l’incasso totale dal 1° gennaio al 31
novembre 1979 è stato di 168 milioni. Il servizio di segreteria e
di consulenza è svolto dal personale della Comunità Montana,
ma per il rimanente, la Cooperativa è del tutto autonoma.
Nel maggio ’79 è anche stato
aperto un centro di vendita a
Perosa Argentina con lo scopo
di fornire al consumatore i pro
dotti locali. Infatti vi si vende
il latte raccolto nella valle e vari tipi di formaggi che provengono dalla lavorazione del prodotto in un caseificio di pianura,
oltre a castagne, noci, miele e
actinidie.
Il centro vendita ha incassato
fino ad oggi più di 10 milioni al
mese e, dopo un contributo iniziale, ha potuto sostenere tutte
le spese di gestione.
Il prodotto più richiesto è il
latte fresco, che proviene da allevamenti risanati e controllati
periódicamente. Per il futuro, i
soci della Cooperativa si propongono di incrementare ancora il
servizio di raccolta, convincendo con i dati positivi altri proprietari di mucche. In questo
momento di crisi dell’industria,
l’attività agricola, anche se insufficiente a garantire il reddito
per tutta la famiglia, può tuttavia essere una seconda occupazione per chi possiede ancora
una giusta quantità di terreno.
Un altro settore in fase di sperimentazione è la produzione di
piante medicinali o di essenze
da distillare. Per esempio il genepì praticamente scomparso allo stato naturale per la dissennata raccolta che ne è stata fatta,
torna ad essere coltivato in vai
Chisone.
Un certo numero di famiglie
si è anche dedicato alla coltivazione dei lamponi, i quali hanno
il vantaggio di trovarsi altrettanto bene in montagna quanto nella bassa valle. Rimane il problema della commercializzazione
del prodotto che ora serve per
gli usi familiari o al massimo
per rifornire i negozianti loca’i.
Darebbe invece maggiori garanzie la vendita in blocco del prodotto ad una industria specializzata nella surgelazione o nella
liofilizzazione. Anche in questi
casi, l’obiettivo ultimo è poi
sempre lo stesso: rendere possibile nella valle un reddito modesto ma sicuro, legato ad un’attività agricola che nessuno vorrebbe veder scomparire compietamente. L. V.
In quest’ultimo Ospedale dovrebbero essere quindi ricoverati anche quei pazienti che affetti da malattie gravemente
invalidanti sono, oggi, assistiti
presso case di riposo. È evidente che gli Ospedali che dovranno farsi carico di questi malati
dovranno attrezzarsi, trasformarsi e caso mai ampliarsi per
far fronte alle nuove esigenze.
Nella prospettiva della riforma sanitaria chi ha veramente
bisogno di assistenza ospedaliera dovrebbe averne diritto
anche per tutta la vita! Questa
linea programmatica deriva dal
concetto moderno del grande
Ospedale che risponde alla logica della funzionalità diagnostica e curativa (presenza di attrezzature le più svariate e di
molti specialisti) che presume
un determinato tipo di organizzazione. E risponde allo stesso tempo alla logica economica.
Il costo di gestione per una valida assistenza ospedaliera è
tanto minore quanto più è grande l’Ospedale.
— Come medico e amministratore cosa ne pensi di questa
logica?
— Da ormai dodici anni, in
forza della legge n. 132 del 1968,
essa è in atto. Ed è proprio in
base a questa logica che sono
state abolite le cosiddette: «Infermerie ». Anche gli Ospedali di
Torre Pellice e Pomaretto erano
Infermerie, prima della loro
classificazione in Ospedali per
Lungodegenti.
— Ma i nostri Ospedali, ai
quali è stata riconosciuta una
funzione particolare vale a dire
di « lungodegenti », che ruolo
dovrebbero svolgere nel futuro?
— La classificazione per «Lungodegenti », è attualmente superata dalla nuova Legge di Riforma: questa ultima Legge tuttavia non conferisce a questi
Ospedali una particolare funzione. Tutto è lasciato alle singole Regioni nell’ambito delle
linee generali della politica sanitaria. Le Regioni, possono
anche lasciarli così come sono,
trasformarli, o chiuderli a seconda delle esigenze del piano.
— Quindi nessuno ha ancora
chiarito chi è realmente il paziente « lungodegente »?
— No, il grave errore dei nostri legislatori è stato quello di
definire la politica ospedaliera
nei rapporti delle esigenze dei
malati acuti, prima di quella
relativa ai « lungodegenti ». Se
la scelta prioritaria fosse stata
diversa avremmo già risolto il
problema degli « acuti » e non
ci troveremmo nella situazione
odierna nella quale non sono
risolti né i problemi degli uni,
né quelli degli altri. E basti
pensare all’affollamento dei letti negli ospedali per capire come mai questi non funzionino
soddisfacentemente perché i loro
letti sono occupati da troppi
« lungodegenti ». Qui nelle nostre Valli, si sono comunque
fatti progressi: molti valligiani
hanno alleggerito l’Ospedale Civile di Pinerolo, che solo pochi
anni fa aveva una divisione di
Medicina di oltre 110 posti letto.
— Secondo te, per il futuro,
con la nuova politica assistenziale si ridurrà la necessità di
ricovero ospedaliero?
— A mio parere non vi sarà
assistenza socio-assistenziale, foyer od altre iniziative che saranno in grado di ridurre a tal
punto le necessità di ricovero
ospedaliero da non rendere, anche nel futuro, indispensabile lo
ampliamento dell’Ospedale Civile di Pinerolo se si dovrà concretare la chiusura degli Ospedali Valligiani.
Qui bisogna essere concreti:
se è reale questa ipotesi ci troveremo dinanzi ad una migrazione ospedaliera, con ricoveri
di media-lunga o perenne degenza, da parte di pazienti valligiani, con tutti gli inconvenienti
della lontananza dal proprio habitat, in un ospedale di massa,
che non ostante ogni sforzo organizzativo (è ormai riconosciuto da tutti), comporta una inevitabile compromissione del1’« umano ».
— Come valuti la prospettiva di una chiusura, diciamo futura, degli Ospedali di Torre e
Pomaretto?
— La risposta a questa domanda è contenuta nel docu
mento in cui i responsabili della
CIOV hanno esposto la loro tesi. In questo documento, in base a dati di fatto (osservazione del tipo di richiesta di ospedalizzazione nelle Valli) e nella
prospettiva della patologia legata all’anziano e dei suoi aspetti riabilitativi si ritiene indispensabile anche per il futuro
(nessuno pensa di chiudere gli
ospedali valligiani tra breve)
la permanenza dei nostri Ospedali quali sede di ricovero. Una
valida qualificazione assistenziale potrà essere garantita e a
costo ragionevole evitando in
tal modo tutte le conseguenze
che possono derivare al paziente, ed ai suoi parenti, riguardo
al trasferimento in un ospedale
che, pure non lontano, non è
quello dell’ambiente in cui è abituato a vivere. Comunque il problema che tu sollevi con questa
domanda merita d’essere esaminato da diversi punti di vista,
compreso quello degli utenti direttamente interessati.
a cura di
Giuseppe Platone
RORA’
Consiglio
comunale
4 i punti aH’ordine del giorno della
seduta di giovedì 17. E’ stato approvato il Piano Regolatore Intercomunale redatto dalla Comunità Montana, è
stata confermata la precedente delibera del Consiglio in merito ai « contributi per costi di costruzione )> (stabiliti per Tintero territorio sul 5%); si
è rinnovato Taffitto di una casa a Pradeltorno al Sig. Payre e discusse le modalità per la richiesta di contributi per
il riscaldamento agli anziani bisognosi,
in base alla recente legge regionale. A
questo proposito alcuni consiglieri hanno fatto notare che Rorà si trova in
una situazione privilegiata rispetto ad
altre realtà. Le richieste che perverranno saranno prese in esame in un
prossimo incontro. Seppure non fosse
alTo.d.g., la questione che più ha animato la discussione e di cui ancora
non si intravvedono soluzioni immediate è stata quella del trasporto pubblico. Il sindaco ha resa nota la rinuncia presentata dalla SAPAV alla Regione di continuare il servizio pubblico il venerdì ed i giorni festivi, documentando la scarsa presenza o assenza
totale di utenti. Qualcuno si è chiesto
se la SAPAV ha anche informato la
Regione dei casi in cui il servizio non
è stato effettuato!
Evidentemente le difficoltà per istituire un servizio pubblico sono nume
rose, occorrerà valutare con una precisa
documentazione tutti gli aspetti del
problema. Una cosa è però assodata :
l’insufficienza dello scuolabus attuale
rispetto alle necessità della popolazione
scolastica; la sua sostituzione dovrebbe
pertanto avvenire entro breve.
SAN SECONDO
Un’area industriale discutibile
Lasciando la circonvallazione
di Pinerolo per imboccare la provinciale di Torre Pellice si attraversa un paio di km. sul territorio del Comune di S. Secondo,
zona che si trova 2/3 km. a valle del capoluogo.
In detto territorio in questi
ultimi anni sono spuntati capannoni come fossero funghi, capannoni di tutti i tipi e misure, artigianali, commerciali e industriali. Il Comune è stato molto permissivo ed ha concesso licenze
senza nessun piano di fabbricazione e senza le opere di urbanizzazione.
In questa situazione due anni
fa il (Comune cercava di dotarsi
del Piano Regolatore generale comunale, su questo Piano l’area
dei capannoni veniva ancora allargata; a chi ne chiede il motivo il Sindaco risponde che è destinata a diventare molto probabilmente l’area industriale del
comprensorio.
Nonostante le osservazioni di
cittadini, soprattutto agricoltori,
il Piano Regolatore passa in consiglio con la sola astensione di
un consigliere perché ritiene che
le osservazioni dei cittadini andrebbero valutate.
La Regione blocca questo piano di sviluppo del Comune e os
serva che andrebbe ristretto a
meno che non diventi una zona
industriale comprensoriale. Il
problema viene quindi rimandato al comprensorio.
Per il comprensorio va bene
quest’area come una delle zone
di piccole industrie, ma non decide e chiede un parere al Comune di S. Secondo.
Nella riunione del Consiglio
comunale del 17/12 u. s. non si
trova una soluzione chiara per
cui si pensa ad un’assemblea
pubblica per sentire il parere
della popolazione.
Nel frattempo anche la locale
sezione D.C. organizza una riunione sull'argomento il 9 gennaio nella quale gli intervenuti
dicono un chiaro « no » ad un
ulteriore sviluppo della zona.
All’assemblea organizzata dall’Amministrazione comunale partecipano un centinaio di persone,
principalmente abitanti di quella zona e sono più o meno tutti
del parere che di capannoni ne
esistono già abbastanza e sono
propensi a respingere Tallargamento; al massimo si potrebbe
attrezzare l’area, ma vi sono forti perplessità se questo dovesse
significare un aumento dei capannoni già esistenti.
L’assemblea termina senza che
nessuno abbia le idee chiare. Si
arriva così alla riunione consigliare del 23 c. m., la più lunga
della storia di questa amministrazione.
Sorgono divergenze all’interno
della stessa DC, infatti la zona
dei capannoni è sempre stata un
un buon serbatoio di voti democristiani e quindi una parte della DC si schiera con l’unico consigliere che in questi anni si era
pronunciato contro l’espansione
incontrollata. Vi sono quindi secondo il Sindaco tre possibilità:
1) attrezzare l’area così com’è
dando la possibilità ai capannoni esistenti di aumentare fino ad
un 50% se troveranno terreno
da acquistare; 2) la soluzione
precedente più un piccolo allargamento da decidere; 3) no alla
scelta comprensoriale per la zona in questione.
Messo ai voti dà i seguenti risultati: la 1“ soluzione: 1 voto;
la 2“ soluzione; 6 voti; la 3” soluzione: 6 voti, con una dichiarazione di voto del consigliere
Vicino messa a verbale che votava per la 3“ soluzione perché
alcuni capannoni sarebbero stati costruiti contro la Legge.
La riunione termina alle ore
2,20 con un NI alla zona industriale. Mauro Gardiol
7
1" febbraio 1980
CRONACA DELLE VALLI
scriveteci,
vi risponderemo
a cura di GIORGIO GARDIOL
SCUOLA LATINA DI POMARETTO
Che cos’è
ractinidia
— Da parecchi anni sono
abbonato all’Eco delle Valli Valdesi e vorrei approfittare della nuova rubrica
« Scriveteci e vi risponderemo » per un'informazione. Ho visto tempo fa impiantare un rampicante che
oggi dà n-iolti frutti, piccoli e con una leggera peluria. Mi dicono che questa
pianta si chiama ACTINIDIA. Al momento della
messa a dimora ho visto
che oltre al normale concime si era aggiunto del sangue di bue. Vorrei saperne
di più. Grazie per l'attenzione.
Giovanni Alberto Bertalot, agricoltore - Praz.
Jourdan - Angrogna
Risponde il prof. Italo
Eynard della Facoltà di
Agraria dell’Università di
Torino:
La coltivazione dell’Actinidia si sta diffondendo
anche in Piemonte: la specie è originaria delia Cina,
ma si è diffusa soprattutto in Nuova Zelanda, dove
ha trovato condizioni climatiche particolarmente
favorevoli.
Non bisogna coltivarla
dove c’è rischio di gelate
primaverili tardive e dove
non si ha la possibilità di
irrigare frequentemente le
piante. 1 frutti si raccolgono a fine ottobre-inizio
novembre, sono molto ricchi di vitamina C e per ora
spuntano prezzi molto interessanti. La varietà miglioi-e per dimensione, sapore e conservabilità dei
frutti è la Hayward: occorre piantare una pianta
maschile ogni 6-10 piante
femminili. È utile una buona concimazione organica
all’impianto, ma non necessariamente a base di
sangue di bue. Anche in seguito è bene concimare
abbondantemente per ottenere una buona produzione.
Italo Eynard
ANGROGNA
Consiglio
comunale
Non è stata una seduta
di normale amministrazione, quella di lunedì sera
ad Angrogna, anche se ormai non stupisce più nessuno — e rientra quindi
nella normalità — che nel
nostro Bel Paese occorrano come minimo 10-15 anni per definire una lite tra
il Comune ed un semplice
cittadino, quando invece
basterebbero pochi mesi
per risolvere il contrasto,
specie quando il sopruso
— da una parte o dall’altra — risulta evidente.
È il caso della vertenza
intentata dal Comune di
Angrogna nei confronti di
un signore di Pinerolo il
quale, nel 1966, per procul are acqua al ciabot acquistato qualche tempo prima,
non trovò di meglio che
intubare quella di una fontana poco più a monte.
Privati dell’acqua, gli abitanti di Rognosa cominciarono a protestare; l’amministrazione comunale tentò
diversi accomodamenti durati 9 anni, che però non
sortirono esito alcuno. Infine la questione fu portata
in Ti'ibunale.
Finalmente — è storia di
questi giorni — la transazione: il signore di Pinerolo si tiene l’acqua captata (forse) abusivamente,
ma destina ad uso pubblico un’altra fonte di sua
proprietà, a valle del ciabot, pagando le spese necessarie per i lavori di l'ipristino.
Un compromesso accettabile, specie per i contadini di Rognosa che riavranno così l’acqua dopo...
15 anni.
Una vicenda che lascia
comunque l’amaro in bocca nel pensare come è ancora facile oggi, per Tinteresse di un singolo, calpestare i diritti di una piccola comunità!
Se la grana di Rognosa
si avvia dunque alla conclusione, cosi, non si può
dire di quelTaltra in cui si
trovano coinvolti, oltre naturalmente al Comune, il
Beneficio Parrocchiale di
Angrogna o, più esattamente, il suo conduttore don
Francesco Ricca.
Anche questa è una storia che viene da lontano,
1974 o giù di lii, quando la
passata Amministrazione
pensò bene di realizzare
un ampio parcheggio nelle
adiacenze del Capoluogo
Una nuova impostazione
deii'insegnamento reiigioso
spianando due « bruas »,
uno di proprietà del Concistoro Valdese, l’altro della Parrocchia di S. Lorenzo.
Ma, mentre il Concistoro cedeva gratuitamente il
terreno. Don Ricca si accordava con Tallora Sindaco Bertin perché il Comune, in cambio dei 300 metri del piazzale, gli cedesse
un corrispettivo di 1500
metri di terreno comunale
su alla Rugnusa.
Il Consiglio però, anche
in considerazione dell’utilità pubblica dell’iniziativa, non ratificava l’accordo, chiedendo al prete di
cedere gratuitamente la
sua parte, così come aveva fatto la chiesa valdese.
La vertenza non era però ricomposta, e toccava in
eredità alTamministrazione
Coisson che qualche anno
dopo (1978) proponeva al
parroco di risolvere la questione con il versamento,
da parte del Comune, di
un indennizzo finanziario,
un tanto al metro quadrato.
Questa proposta non era
accettata, e con una lettera del dicembre 1979 il Ricca tornava alla carica con
la richiesta del 5:1; una richiesta, a quanto pare, appoggiata dalla Curia di Pinerolo che non vedrebbe
di buon occhio una alienazione di terreni di proprietà del Beneficio Parrocchiale.
Il Consiglio, con 9 voti
favorevoli e 1 contrario, ha
respinto questa proposta,
confermando la precedente decisione di indennizzo.
Non resta, a questo punto, che attendere il seguito della vicenda...
Tra le altre decisioni
adottate segnaliamo infine
l’approvazione del progetto del II tronco della strada Serre - Buonanotte Arvura, dal Cougn alla
Croni.
Si tratta di lavori per
un importo di 47 milioni
di lire che, aggiunti ai 20
del primo tronco, portano
a 67 la spesa necessaria
per realizzare nemmeno un
quarto dell’opera complessiva.
Occorreranno molti altri
milioni... purché arrivino
in tempo, prima che Cacet
e TArvura siano ormai disabitate !
Jean Louis Sappé
« Perché non scrivete
mai nulla sull’Eco del vostro lavoro alla Scuola Latina? », ci è stato detto da
più parti... è vero, ed è giusto che diamo qualche informazione ai fratelli in
fede che s’interessano al
nostro lavoro e che desiderano seguirlo.
Una novantina di allievi, provenienti da Pomaretto e dalle Comunità delle Valli Chisone e Germanasca, trascorre la giornata a scuola fino alle 16.30,
ora in cui ripartono gli
scuolabus. I ragazzi del posto tornano a casa per il
pranzo, gli altri, accompagnati da un insegnante,
usufruiscono del servizio
mensa — molto apprezzato — presso il Convitto di
Pomaretto.
Nel pomeriggio, le ore
non di lezione sono dedicate allo svolgimento dei
compiti, ad attività di ricupero o ad attività complementari, di cui parleremo in seguito. Questo doposcuola è da noi inteso
come « servizio » in un
ambiente operaio e contadino, dove in molti casi i
genitori sono ambedue lontani da casa tutto il giorno.
L’équipe di insegnanti è
ben affiatata e attiva, sia
nel portare collegialmente
la responsabilità della
scuola, che nello svolgimento dell’attività didattica, ed è coadiuvata da un
buon numero di genitori,
direttamente impegnato in
alcune attività della scuola.
Tanti amici, soprattutto
all’estero, seguono con partecipazione il nostro lavoro e, quando sono alle Valli, ci vengono a trovare e
si incontrano con i nostri
ragazzi. Al mese di ottobre, per esempio, abbiamo
trascorso un bellissimo dopopranzo con i Catecumeni di Pinache (Colonia Valdese), che ci avevano ac
colti così bene durante il
nostro viaggio in Germania la primavera scorsa.
Un « comitato » di allievi
della Scuola Latina ha organizzato una movimentata caccia al tesoro ed una
abbondante merenda! Due
classi sono in corrispondenza con gli alunni della
Pastoressa Wartenweiler
di Pratteln (Basilea).
Spinti dal desiderio sincero di creare un corso di
istruzione religiosa, rispondente alle esigenze dei nostri ragazzi e ai problemi
di fede, e che d’altra parte
lasciasse spazio ad esperienze di vita cristiana e
fosse basato su un continuo confronto con la Sacra Scrittura, stiamo sperimentando una iniziativa
a cui molte persone collaborano: insegnanti, genitori, pastori e laici impegnati.
Anzitutto bisognava deliberare il programma di
questo corso: in un dibattito con le tre classi sono
stati esposti numerosi problemi di fede e di vita
cristiana a cui i ragazzi
non sanno dare risposta.
Un gruppo di genitori e
insegnanti si è volontariamente impegnato a partecipare a turno a queste
lezioni-incontro con Pastori e laici delle due valli.
Fino ad ora l’esperimento
sembra avere un risultato
positivo ed essere seguito
con interesse, sia dagli allievi che dalle loro famiglie, che, almeno in parte, si sentono più direttamente coinvolte. Fino ad
ora sono stati trattati i seguenti argomenti: le Colonie Valdesi in Geruiania e Uruguay; le differenze tra Evangelici e Cattolici; la storia Valdese, anche locale di Pomaretto ; la
CEvAA e il suo lavoro particolare in Nuova Caledo
PINEROLO
Mensa scolastica
Piovono le proteste di
insegnanti e di studenti
delle superiori per il cattivo servizio effettuato dalla ditta appaltante il servizio.
Gli studenti hanno precise denuncie da fare: pasta scotta, cibi freddi, e
— in qualche caso — an
che dissenteria come conseguenza del pranzo. Di
fronte a questo disservizio
gli studenti e le Organizzazioni Sindacali chiedono
che il Comune non appalti
più il servizio ma, come
per gli anni scorsi, lo gestisca direttamente con la
partecipazione di genitori,
insegnanti, studenti.
Inagibile Palazzo Vittone
I tecnici del comune
hanno dichiarato inagibile
l’ultimo piano del Palazzo
Vittone. L’ex Ospizio dei
catecumeni costruito dal
Vittone per ospitarvi gli
studenti valdesi che erano
forzatamente convertiti al
cattolicesimo, ospita ora
alcune aule dell’Istituto
Magistrale e i corsi serali
del Comune. Motivo del
provvedimento sono state
le lesioni che l’edificio ha
avuto a causa del terremoto.
Ricordiamo che sulla
destinazione dell’ ultimo
piano a aule scolastiche vi
era stata mobilitazione e
scioperi degli studenti contro questa soluzione.
Doni CIOV
OSPEDALE VALDESE
POMARETTO
L. 6.000: Breuza Wilma (Perrero).
L. 10.000; Talmon Albino (Porosa Argentina; Travers Emilio
e Olga in mem. di Bruno Pugliese (S. Germano).
L. 15.000: Toch Alberta ricordando fratelli e sorelle di Susa; Long Silvio (PramoHo).
L. 20.000; Elme Bouchard ricordando la cugina Alina; Bouchard Edvico in mem. di Alessandro Maurino: Iron Margherita Maria (Massello): Salengo
Luigia (Roure); Bounous Anna e
Claudio riconoscenti al Signore
(Pramollo).
L. 25.000: Reymond Carolina
(S. Germano Chisone); La suocera Adele e lo zio Enrico Pontet in mem. di Nino Petran; La
cognata Adelina Long e i figli
tutti in mem. di Elena Jahier in
Long (Pramollo).
L. 30.000: Comba Anna (Prarostino): Pons Aglietta (Massello).
L. 50.000; N.N. ricordando la
loro cara sorella; N.N. (Prarostino).
L. 100.000: Landi Severina in
Bertalotto (Perosa Argentina); La
sorella e i nipoti in mem. di
Ribet Silvia (Pomaretto).
L. 150.000: N. N. in mem.
di Chambon Ida.
L. 200.000: Piera e Luigi Maddaloni (Perosa Argentina).
nia; violenza, non-violenza
e armamenti.
Il « ciclo » di dicembre
è stato dedicato alla preparazione delle visite di
Natale: sei gruppi di ragazzi, accompa^ati da insegnanti e genitori, hanno
visitato 26 famiglie, dove
sapevano di trovare persone anziane e malate, ed
hanno augurato loro «buon
Natale » con il loro canto
giovanile e gioioso e con
un piccolo culto semplice
e spontaneo. Un 7° gruppo
ha visitato i malati dell’ospedale di Pomaretto ed
un 8° gli ospiti della Casa
di Riposo di S. Germano.
Nella prima assemblea
dei genitori è stato proposto di creare il « gruppo
di pronto intervento», comprendente un certo numero
di padri (elettricisti, muratori, idraulici, falegnami ecc.), mossi da buona
volontà e pronti a svolgere volontariamente tutti
quei piccoli lavori di manutenzione che si rendono necessari in una vecchia
scuola popolata da 88 ragazzi vivaci ed esuberanti.
Ogni mese organizziamo
una settimana di corsi: cucina, cucito, lavori manuali, tessitura scialli, pittura
su stoffa, vasi e legno, cori vocali e strumentali,
danza nostrana della courenta...
L’équipe di insegnanti ha
accettato di prestare volontariamente la sua attività
per seguire questi corsi ed
è coadiuvata da alcuni genitori ed ex allievi, la cui
collaborazione è preziosa e
positiva.
Vogliamo concludere con
un pensiero che ci aiuta
spesso nel nostro lavoro,
che non è sempre facile,
né esente da preoccupazioni e problemi.
Un’ insegnante siciliana
cattolica, da poco mancata, visitando un paio d’anni fa la nostra scuola —
prima che fosse ripulita e
abbellita dai restauri di
quest’estate — esprimeva
qualche perplessità di fronte alle nostre strutture assai modeste, ma concludeva così: « la vostra, è una
scuola dove regna l’entusiasmo ! ».
L’équipe di Insegnanti
della Scuola Latina
GIAMNi QA Y
• Casalinghi
• Articoli regalo
• Forniture alberghiere e
per comunità
Piazza Cavour, 22 Via Savoia, 45
Tel. 22066 - PINEROLO
Mobilificio
GIUSEPPE GRIVA
10060 ABBADIA ALPINA
PINEROLO - Via S. Secondo, 38
di fronte alla Caserma Ber ardi degli Alpini
API - Onoranze
e trasporti funebri
-- Disbrigo di tutte le pratiche inerenti ai
decessi
— Prelievo salme da tutti gli ospedali
— Trasporti in Italia e all’estero
— COFANI COMUNI E DI LUSSO
— Unica ditta autorizzata con diritto di
privativa ai trasporti nei Comuni di Torre Pellice e Luserna S. Giovanni.
— Servizio ininterrotto
TORRE PELLICE - Via MaHeotli, 8, - Tel. 932052
LUSERNA 5. GIOVANNI - Viale De Amicis, 6 - Tel. 90771
BIBIANA - Via Pinerolo, 6 - Tel. 932052
PEROSA ARGENTINA - Piazza III Alpini, 3 . Tel. 81688
MONTANARO ■ Piazza L. Massa, 17 - CALUSO . Via Michelelti, 3
NOTTURNO E FESTIVO TELEF. 932051
8
8
CRONACA DELLE VALLI
1“ febbraio 1980
NEL CAMPO DELL’ISTRUZIONE RELIGIOSA
Pentecoste '80 ■ bambini guardano
ia loro comunità
Questo è il simbolo che
è stato scelto per la Festa
delle Comunità del 3° Circuito del 25 maggio a Perrero.
Si stanno preparando degli autoadesivi e delle medagliette, con questo simbolo, che saranno posti in
vendita al più. presto (speriamo entro il 17 febbraio)
per il finanziamento della
organizzazione della festa.
« INSIEME OGGI PER COSTRUIRE IL DOMANI »
Sarà questo il motto della giornata.
Insieme: Perché la Pentecoste ha dato il via ad una comunità di testimoni e ci invita a realizzare anche nel
la nostra generazione una solidarietà ed una comunione di vita e di impegno.
Oggi: Nella realtà difficile di questi anni con tutti i suoi
problemi di emigrazione, di spopolamento della montagna, di difficoltà nel trovare lavoro ecc.
Per costruire il domani: Come credenti e come comunità
siamo chiamati ad essere parte attiva e responsabile
nella costruzione degli anni ’80 che si aprono davanti a noi.
A CHE PUNTO SIAMO CON L’ORGANIZZAZIONE?
Queste sono le quattro
commissioni che sono al
lavoro con le relative competenze :
LOGISTICA
Preparazione dei locali
(panche e tavoli, podio,
schermo per proiezioni,
impianto elettrico, altoparlanti) parcheggio e ordine
pubblico, trasporti.
Coordinatore : Ferrerò
Emilio - Tel. 8524 - Frali.
CUCINA
Pranzo (polenta, spezzatino, salsiccia); bibite;
buffet.
Coordinatrice ; Rostan
Dora - Tel. 8592 - Frali.
STANDS
Organizzazione stands
vari (comunità, gruppi di
studio, istituti presenti in
valle, Claudiana, Eco delle
Valli, ecc.).
Coordinatore : Rivoir Eugenio - Tel. 8514.
PROGRAMMA E
COORDINAMENTO
Definizione del programma, sensibilizzazione delle
comunità, informazione.
Coordinatore : Coisson
Renato - Tel. 81.288 - Pomaretto.
COORDINATORE
GENERALE
Geme Raimondo
rero.
Ciascuno scelga il
re in cui pensa di
dare la propria collaborazione e si metta in contatto con il coordinatore. C’è
lavoro per tutti!
La Comm. Programma
e Coordinamento
- Per
setto
poter
« I primi cristiani mettono in comune i loro beni »; questo è, nella traduzione interconfessionale
del Nuovo Testamento, il
titolo del passo di Atti 4
che va dal versetto 32 al
versetto 37. Esso è uno dei
temi centrali attorno ai
quali avviene in questi mesi la riflessione dei ragazzi
e dei monitori della Scuola Domenicale. Può essere
interessante vedere come
i ragazzi recepiscono il
« messaggio » di questo
brano, anche dopo che è
stata data una sommaria
« spiegazione » di esso da
parte del monitore.
Il gruppo è composto da
una ventina di ragazzi di
I e II media, tutti nati alle Valli. Si tratta di fare
dei cartelloni che siano in
grado di « comunicare » a
chi entrerà nella stanza ed
ai ragazzi degli altri grup.
pi, la nostra comprensione
del passo e che diventi, in
un certo senso, la nostra
« predicazione ». I ragazzi
si dividono in gruppi ed
alcuni decidono di esprimersi con il disegno ed i
fumetti. La discussione fra
di loro è accesa. Alla fine,
il risultato è un grande
cartellone con tanti colori
intitolato « LA COMUNITÀ’ PRIMITIVA », diviso in
tre parti poste in evidenza mediante vari accorgimenti: a sinistra in alto
stanno « i ricchi » (come
li chiamano gli autori), che
dicono: « Io ho venduto il
mio campo; io ho venduto
la mia casa; io ho portato
dei soldi per i poveri... »
ecc. Al centro del foglio ci
sono due apostoli molto
più grandi delle altre figure, vestiti di bianco, che
dicono: « Bravi, avete fatto bene, non come Anania
e Safììra... » e a destra in
basso, una folla di personaggi («Sono il popolo»)
ai quali nessuno sa quali
DALLA LAPPONIA IN PIEMONTESE
Cita conta dia vita d’ën pòver fioiòt
Dalla lontana Lapponia abbiamo ricevuto questo documento. Per quanto accessibile solo ai piemontesi lo
pubblichiamo dato il carattere eccezionale della provenienza. L'autore accompagna lo scritto con una lettera,
in italiano quasi perfetto, raccontando di una sua visita
a Roma (con partecipazione al culto in P.za Cavour) e
chiedendo di poter ricevere un « libro usato con alcuni
canti valdesi (con note e musica)». Chi volesse rispondere scriva a Alfred Berglund, Viarp, S - 26091 Forslor,
Svezia.
Notizie utili
Patate da semina
Anche la Comunità Montana Val Pellice mette a disposizione degli agricoltori un certo numero di quintali
di patate da semina selezionate.
Gli agricoltori interessati possono prenotare le quantità desiderate presso gli uffici della Comunità Montana.
I prezzi indicativi sono i seguenti:
BINTJE
BEA
SASKIA
SIRTEMA
PRIMURA
DRAGA
AMINCA
SPUNTA
DESIREE
KENNEBEC
da vive come cassador, pescador e boscaté.
Entratant son éncaminame ’dcó a studié le lenghe
e son émprendume Titalian
da ’n dissionari Svedeis/
Italian ch’a l’avia chijehé
rególe ’d gramática. Ent
ésta manera son émprendume 'dcó veire áutre lenghe foréstere.
Edeò mè nòno Josef a
j’era n’òmo divòt. Mnisand
vej e bòrgno a Tha fame
cadò ’d soa Bibia con éste
paròle: « Désmentia nen
Olanda L. 23.000
Olanda L. 26.000
Olanda L. 26.000
Olanda L. 26.000
Olanda L. 38.000
Olanda L. 33.000
Olanda L. 33.000
Olanda L. 41.000
Francia L. 26.000
Canada L. 28.000
al quintale
al quintale
al quintale
al quintale
al quintale
al quintale
al quintale
al quintale
al quintale
al quintale
Contributo per il minimo vitale
PINEROLO. Chi gode di redditi minimi (meno di
200.000 mensili se solo) ed è pensionato, invalido o handicappato, può ricevere l’integrazione delTimporto della
sua pensione fino alla cifra di 200.000 lire mensili, facendo domanda all’assessorato all’Assistenza. Per informazioni più dettagliate e per aiuto nel formulare la domanda rivolgersi al servizio di Assistenza Sociale del Comune.
2 posti da geometra
PINEROLO. E’ bandito un concorso pubblico per
due posti da geometra presso l’ufficio tecnico comunale.
La domanda va fatta entro il 29 febbraio. Per informazioni rivolgersi all’ufficio Personale del Comune.
1 posto Capo sezione tecnica
PINEROLO. E’ bandito un concorso per un posto di
capo sezione tecnica. La domanda va fatta entro il 29
febbraio. Per informazioni rivolgersi aH’ufficio personale
del Comune.
El vilage dova i son nà
a Té 'nt él pais bianch dia
Lapònia; ’n leu servaj. L’invern a dura quasi set meis
a Tan, e pér vaire sman-e
dTinvern él sol as vëdd
nen a Torizont. A Té quasi “ *•
'n dì ’d festa quande ’1 sol ® P’''
a toma mandé soa lus pér
la fnesta. ..... .
La vita e la speransa as
désvijo e la lus a chérs
énpressa. Ent Tistà la lus
dèi sol a vince l'ombra dia
neuit e pér tré meis Toma
le neuit bianche. Mè pare,
Oskar, a l’era n’òm tann divòt e a l’era ’n paisan; la
nòsta cassin-a a s’és-ciamava « Ca die fior » pérchè a
j’era tante fior éd montagna. Ij camp a j’ero cit e
coltivavo mach patate e
òrzo, e ’1 fengh pér le bestie che tajavo 'nt ij prà
'd montagna. Mè pare s’é
peui amalasse 'd na maladìa ’nvaribila. Pér sòn mia
marna Cariòta a Té staita
obligà a fé tuj ij travaj ’d
ca e dij camp.
ma dia mia colession éd
Bibie, ch’a conta 'ncheuj
quasi 700 còpie ’n autretante lenghe foréstere.
Na volta Thai scrivuje na
litra ’n latin al Papa Paolo VI, ciamandje la Bibia
’n. latin, e con mia granda
gòj a Tha regalarne na còpia bin soagnà dia « Bibliorum Sacrorum Versionis
Vulgatae ».
Am pias tantissim viagé
e son stait tré vòte an Italia. Son édeò n’éscritor (diletant) e botanista.
Alfred Berglund
’fumetti’ mettere in bocca,
ed alla fine si decide di far
loro dire: « Hai visto che
cosa è successo a quei due
che hanno mentito? ».
Dunque tre gruppi separati: uno di gente soddisfatta di sé; uno di persone « diverse » che approvano e fanno da intermediari; un terzo di personaggi indefiniti, che stanno
a guardare e aspettano di
ricevere qualcosa.
Come chiarimento, i ragazzi precisano che il ’popolo’ rappresenta indilferentemente: i ’pagani’; i
'cattolici’; i ’poveri’, « quelli che non hanno niente da
dare », « quelli ai quali gli
apostoli distribuiscono i
beni raccolti ».
Mi sembra una rappresentazione impi'essionante
di quel passo biblico, comunque la si analizzi. Se
è vero che l’interpretazione
’istintiva’ di un brano deriva in massima parte daila realtà che l’interprete
sta vivendo, questo non
dovrebbe farci riflettere su
come i nostri ragazzi « vivono » la realtà delle nostre comunità? Con quale
dei tre gruppi essi si saranno identificati? È chiaro che a questo punto i
nionitori sono intervenuti,
si è discusso ulteriormente ed alla fine altri personaggi sono stati aggiunti
per eliminare gli spazi vuoti ed i fumetti sono stati
in parte modificati (anche
se c’è stata una certa resistenza ad abolire i personaggi centrali, in bianco).
Sarà sufficiente attribuire
questa interpretazione dei
ragazzi al fatto che essi
hanno ampiamente subito
l’influsso della « cultura
cattolica » negli anni della
scuola elementare, dato
che nessuno di essi ha mai
chiesto l’esonero? O la ’colpa’ è dei monitori?
G.T.L.
L’angolo di Magna Linota
Apress la mòrt éd mè
pa, a Té mnuje ’d temp éd
miseria nèira.
Sovens mia mare a l’era
malandaita, pér j’éstrapass
ch’as piava. Ma pér grassia
’d Nosgnor Toma mai patì
la fam.
Mi j’era ’n fioiòt con éd
capacità lenghistiche e dato che j’era ’n pò n’originai
j’era ciamà « E1 misterios ». Dal moment che
j’ero pòver a m’é nen stame possibil studié e son
dovù sté a ca; ’m vagnava
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Per Natale ho regalato
al mio nipotino « Pra del
Torno non deve cadere»
della Claudiana. Quando gli
ho chiesto se gli era piaciuto, mi ha risposto: — Sì,
la storia è interessante e i
paesaggi sono belli, ma
perché ha fatto i personaggi così brutti? Io avrei voluto che fossero giovani e
forti, come Tex e Zagor; invece sono persone qualsiasi — La sua risposta mi ha
fatto un po’ paura. Anche
quando le storie che i ragazzi leggono non sono cattive e crudeli, mi spaventa,
non mi piace che si abituituino a considerare buoni
i giovani lottatori biondi e
muscolosi, che vincono
sempre, e cattiva la gente
qualsiasi, piccolina, un po'
calva, con le rughe e la
pancetta.
Ho visto troppi giovani
forti in divisa mimetica
sparare sulla gente che
scappava o bruciare i nostri fienili divertendosi a
guardare il falò; vorrei ringraziare Umberto Stagnerò che ha disegnato i nostri antenati come dovevano essere e spero che i suoi
fumetti aiutino i bambini
a capire che i veri eroi sono molto spesso persone
qualsiasi, con facce simili
a quelle che incontriamo
tutti i giorni per la strada,
e sono eroi non perché riescono sempre a buttare a
terra i nemici, ma perché
rispettano la gente e lottano per la verità, la libertà,
la giustizia e la pace.
Io mi domando perché:
non possiamo imparare
dai metodisti e dai cattolici una maggiore partecipazione al culto. Proprio noi
che parliamo così spesso
del sacerdozio comune a
tutti i fedeli, in chiesa lasciamo fare tutto al pastore, e all'organo, o all'armonium.
Parecchie vicine di casa
cattoliche venute a sentire
un nostro culto conìmetttavano stupite: « ma da voi
uno va in chiesa solo per
sedersi su una panca e poi
stare a guardare come davanti al televisore. Noi partecipiamo molto di più:
leggiamo dei salmi, rispondiamo alle preghiere, cantiamo tutti anche quando
non c’è la musica. Anche i
metodisti dicono almeno
"amen ". Da voi sembra di
andare a una conferenza ».
Le cose non vanno proprio così dappertutto: in
alcuni posti cantiamo ancora tutti, certe volte partecipiamo, almeno mentalmente, alle preghiere liturgiche, abbiamo dei lettori
laici, e qualcuno osa perfino fare una preghiera. Ma
mi pare che varrebbe la pena di pensarci su un momentino e cercare di vivere sempre l’ora del culto
come un momento in cui
tutti insieme lodiamo il Signore, cerchiamo di capire
la Sua volontà, ci troviamo
con i fratelli, anziché come
l’occasione in cui andiamo
a sederci su una panca, vicino a gente sconosciuta,
per ascoltare il pastore, o
per pensare ai fatti nostri aspettando che finisca
e che si possa uscire soddisfatti pensando di aver fat
to il nostro dovere e di essere a posto per tutta la
settimana.
Io mi domando perché:
in questi ultimi Sinodi si
è persa l’abitudine di chiudere ogni seduta cantando
un inno. E’ vero che parecchie volte ho provato un
senso di disagio, o addirittura di ribellione, come di
fronte a una forma di ipocrisia, quando, dopo una
litigata , particolarmente
rabbiosa, ci mettevamo a
cantare insieme parole di
pace e di fraternità. Ma
era giusto, come cominciare la giornata meditando
insieme la parola di Dio,
concludere ogni discussione, spesso miseramente
umana, riconoscendo la
presenza e il giudizio di
Dio su tutti noi, confessando che spesso l’unica cosa
che univa i nostri esasperati individualismi era la
sua grazia.
Perciò oggi non vorrei
che il fatto di non cantare
più indicasse un prevalere
dei nostri dibattiti umani
sulla ricerca della volontà
di Dio, prevalere che può
motivare, almeno in parte,
il nostro disagio anche nel
partecipare al culto domenicale. Sì, questo può dipendere da un linguaggio
liturgico non più capito oggi, ma anche dal fatto che,
se dimentichiamo durante
tutta la settimana l’esigenza del culto di riconoscenza a Dio, faremo sempre
più fatica a riscoprirla la
domenica mattina.
Magna Linota
dei Codini
9
1“ febbraio 1980
CRONACA DELLE VALLI
Attività della Società
di Studi Valdesi
TORRE PELLICE
SAN GERMANO
Studi biblici I catecumeni sul
L’attività della Società prosegue regolarmente per quello che
è la sua vita amministrativa ma
si apre a nuovi impegni in previsione del centenario della Società stessa che avrà luogo, fra non
molto, nel 1981.
Per quella occasione sono allo
studio una serie di iniziative e
manifestazioni interessanti. Il
Seggio ha previsto infatti la pubblicazione di un volume commernorativo con i contributi di studiosi del valdismo, volume, di
cui sarà presto avviata la prenotazione, che si annunzia pieno di
interesse.
Sempre in tema di editoria e
di prenotazioni si annunzia la seconda edizione della Bibliografia
Valdese a cura, come la precedente edizione, di A. Armand Hugon e G. Gönnet. Sarà notevolmente arricchita e perfezionata
e costituirà lo strumento indispensabile per ogni ricerca sul
tema della storia valdese. Questo
volume sarà posto in prenotazione fra non molto, anche se i
tempi di pubblicazione risulteranno piuttosto lunghi, come ben
si capisce, trattandosi di un volume di notevole mole e tecnico.
E’ stato altresì condotto a termine il lungo lavoro di schedatura dei nomi di tutti i personaggi
ed i luoghi menzionati nel « Bollettino » della Società e questo
insostituibile strumento di lettura costituirà uno dei prossimi
Bollettini.
Per quanto concerne il .Museo
le notizie sono buone e non; non
è buona notizia quella che riguarda la chiusura durante i mesi invernali del nostro Museo,
comprensibile data la poca affluenza dei visitatori ma soprattutto il costo di un riscaldamento dell'intero edificio. Il Museo è
sempre aperto s'intende ma non
è visitato se non da coraggiosi
che osano sfidare la temperatura
imbacuccati a dovere, resta comunque ampio spazio durante
l’anno per non dover scegliere
dicembre o gennaio per fare una
visita che si può fare con comodo a luglio.
Buona notizia è invece quella
che riguarda la domanda fatta a
suo tempo dal Seggio alla Regione Piemonte riguardo ad una
sovvenzione per la stampa del
catalogo-guida del Museo; la
somma di tre milioni è stata assegnata da una recente delibera
del Comune di Torre Pellice s.1
riguardo. Sempre in tema Museo
può essere interessante comunicare che una équipe di tecnici
dell'Assessorato alla Cultura della Regione ha effettuato la schedatura fotografica di tutti gli oggetti di artigianato del Museo, a
cura della Società sarà poi effettuata la redazione delle schede
stesse, una per ogni oggetto.
L’opuscolo del XVII febbraio,
in corso di stampa, è quest’anno
opera del prof. Armand Hugon
ed ha per titolo « La donna nella
storia valdese », L. 600 prezzo di
vendita, naturalmente inviato
gratuitamente a tutti i soci; le
chiese sono invitate a fare al più
presto le prenotazioni rinviando
l’apposita cartolina o meglio telefonando al prof. Armand Hugon (0121/91064) o alla Tipografia (0121/91334).
Ultimo progetto in fase di esecuzione: una Mostra sul tema
« Valdesi in Piemonte » organizzata in collaborazione con la Società dal Museo Nazionale della
Montagna, nei locali del Museo
stesso, a Torino nel periodo 16
febbraio 16 marzo.
E’ già stato predisposto un eie
gante catalogo-guida riccamente
illustrato ed è in fase operativa
l’allestimento della mostra. La
inaugurazione avverrà la sera del
16 con un tradizionale falò sul
monte dei Capuccini, davanti al
Museo stesso, e partecipazione
della corale valdese di Torino,
un falò delle Valli trasferito per
la prima volta a Torino!
G. Tourn
LUSERNA SAN GIOVANNI
La cappella dei Jalla
Sulla strada che collega San
Giovanni alla borgata Jalla, un
centinaio di metri prima del vecchio camposanto valdese, nascosta dai rovi e circondata da un
muretto diroccato, si poteva notare, alcuni mesi or sono, una antica cappella ormai ridotta ad un
vero e proprio rudere.
Nel secolo scorso era un luogo
di adunanza di alcuni valdesi dissidenti che, guidati dal pastore
Coucourde, si erano separati, per
motivi teologici, dal resto della
comunità di San Giovanni: un
dissidio che, col passar degli anni, si era attenuato fino a spegnersi del tutto. Rimaneva questa cappella ormai in disuso ed
esposta al logorìo degli anni e
delle intemperie.
Quando lo scorso anno si profilò il timore che questo antico
luogo di culto, ancora caro a molti valdesi della comunità, andasse a finire in mani estranee, l’allora diacono Jacques Jalla decise di acquistarlo e farne dono al
concistoro.
In seguito, con grande impegno e fatica, questo nostro fratello diede mano al piccone ed
alla vanga per estirpare i rovi,
spianare il terreno circostante e
ripulire l’interno dai detriti ac
___________________ROR A^
• Ricordiamo il prossimo incontro dell’Unione femminile
mercoledì 6 febbraio alle ore
14,30 al capoluogo.
• Martedì 5 febbraio riunione
quartierale alle Fucine : continuiamo lo studio sul documento-’
inchiesta del Circuito evangelizzazione-ecumenismo.
• Lunedì, 14 gennaio abbiamo
accompagnato al cimitero Pavarin Domenica Adele del quartiere delle Vigne, deceduta all’ospedale di Luserna dopo lunghe sofferenze. Vogliamo qui ricordare
questa bella figura di credente
ed esprimere ai familiari la nostra profonda solidarietà cristiana.
cumulatisi nel tempo. Con una
liberalità davvero encomiabile,
dopo aver rifatto completamente
il tetto, rimesse a nuovo le grondaie e scavati attorno ai muri gli
alvei per la raccolta delle acque
piovane, egli si è ora impegnato
a continuare, sempre a sue spese, la ristrutturazione di questa
cappella perché possa servire alla comunità come luogo di adunanze, di culto e di riunioni quartierali.
Con la collaborazione della
Commissione Stabili per i consigli tecnici e la parte amministrativa in relazione ai permessi per
gli allacciamenti elettrici, idrici
e di costruzione, i lavori sono a
buon punto e speriamo che questa nuova sala possa essere presto utilizzata.
Il concistoro è grato a questo
nostro fratello per essersi assunto questo non indifferente onere
finanziario e per lo zelo con cui
egli cerca di portare a termine il
lavoro. Dino Gardiol
• L’Assemblea dell’Asilo solita a tenersi al principio di ogni
anno avrà luogo, nei locali dell’Asilo, sabato sera, 9 febbraio
alle ore 20,30.
Verrà letta la relazione finanziaria e si parlerà sui problemi
inerenti alla gestione dell’Istituto.
Tutti i membri della comunità
sono cordialmente invitati.
___________ANGROGNA
Mercoledì scorso, durante la
riunione quartierale al PrassuitVernè è stata battezzata la piccola Silvia di Iolanda e Claudio
Rivoira da poco, nuovamente,
residenti ad Angrogna. Ai familiari auguri da tutta la comunità affinché la piccola Silvia possa
crescere nella verità evangelica.
• Domenica 3 febbraio alle
14.30 incontro dell’Unione Femminile al Serre. Il pomeriggio
sarà aperto da una riflessione oiblica.
Giovedì 7 febbraio alle ore 18
e sabato 9 alla stessa ora, riprenderà lo Studio Biblico che molti membri della comunità attendevano. L’argomento che verrà
affrontato sarà stabilito nei prossimi giorni. Per il momento il
calendario ricalca quello dell’anno scorso con due gruppi paralleli, in modo da soddisfare le
necessità di orario dei partecipanti, che si spera siano numerosi come nel passato.
Ha iniziato nel frattempo la
sua attività, per iniziativa di alcuni membri di Chiesa, un altro
gruppo biblico, che esamina il
problema della comunità, partendo da Atti 2: 37-47. Il gruppo si
riunisce ogni lunedì alle ore
20.30 alla Casa Unionista ed attende la partecipazione dei fratelli della comunità che intendono confrontarsi con la Parola
sui temi fondamentali della comunità cristiana. Con il suo lavoro il gruppo intende approfondire alcune questioni, affiorate
nel corso della riflessione comunitaria del mese scorso, quali:
Andare al culto la domenica significa essere comunità? Partecipare alle diverse attività significa essere comunità? Facciamo
parte di una comunità evangelica
o di una assemblea di clan? Il
nostro vivere di tutti i giorni è
collegato, in qualche modo, alla
vita della nostra comunità?
• Il gruppo dei Cadetti ha
programmato la propria attività
del mese prossimo. Sabato 9 alle 20.30 ci sarà, alla casa unionista, una serata di diapositive sul
Madagascar. Domenica ló tutti i
catecumeni dei quattro anni sono invitati ad una giornata comunitaria, che prevede: la partecipazione al culto del mattino,
il pranzo al sacco (con un piatto
di spaghetti a L. 500), una discussione che riprenderà le tematiche della riflessione del mattino, una caccia al tesoro e, in
conclusione di giornata, il tè offerto dai cadetti.
In occasione del 17 febbraio
uscirà il -giornalino «Cadetti » il
cui primo numero è stato diffuso,
con buon successo, a Natale.
• L’agenda degli appuntamenti prevede per i prossimi giorni: 3 febbraio. Unione Femminile, ospite la sig.ra E. Jalla; 5
febbraio. Società Missionaria, casa Coisson alle ore 14.45; 6 febbraio, Concistoro sul tema della
Evangelizzazione, ore 20.30.
• Il 20 gennaio, all’età di 90
anni, è deceduto Enrico Augusto
Beux. Alla famiglia in lutto la
comunità è vicina con simpatia
fraterna.
___________POMARETTO
17 Febbraio
Anche quest’anno, come già
l’anno scorso, il pranzo del 17
Febbraio è a cura della Comunità, ed avrà luogo, come al solito, nei locali del teatro e del convitto di Pomaretto. l biglietti
per la prenotazione del pranzo
si trovano presso i signori ; Beux
Frida, Menusan Ida e Bleynat
Enrico a Pomaretto; Giaiero Elio a Perosa Argentina; Coucourde Ilario a Clot Inverso Pinasca; Long Renato a Fleccia.
È in visione anche il « menù ».
Il prezzo è il seguente: adulti
L. 5.500; bambini fino a 12 anni
L. 4.500.
Solito il programma: il 16 sera accensione dei falò alle ore 20.
Il 17: partenza del corteo dalle
ex scuole alle ore 8,30; culto al
tempio alle ore 10 ; Agape al Convitto alle ore 12,30. Partecipano
le bande musicali di Pomaretto
e di Inverso Pinasca. La Pilodrammatica di Pomaretto si presenterà al pubblico la sera del
17 e del 23/2 alle ore 20,30 con:
« Erano tutti miei figli ».
Anche quest’anno verrà effettuata la solita « Colletta per i festeggiamenti ».
Le prenotazioni al pranzo si
ricevono fino alla sera del 13
febbraio. H Conùtato
• Mercoledì, 23 gennaio ha avuto luogo il funerale del nostro
fratello Peyrot Romildo, deceduto improvvisamente a Pomaretto all’età di anni 67.
Ai familiari in lutto tutta la
simpatia cristiana della comunità.
significato del Natale
Noi, ragazzi del 2° anno di Catechismo della Comunità di S.
Germano Chisone, abbiamo fatto ■— prima di Natale — uno studio a gruppi sul significato del
Natale.
Basandoci sui Passi di Luca
cap. 2 versetti 8 a 20 (i pastori di
Betleem) e su un messaggio natalizio trasmesso da Radio Evangile/Montecarlo, abbiamo dato
una risposta alla seguente domanda: Quali sono le differenze
tra il Natale dell’Evangelo e i nostri Natali?
Hanno risposto:
1° gruppo: ...una volta il Natale
si festeggiava pensando veramente a quello che era successo: la
nascita di Gesù. Qggi, invece, ci
rallegriamo all’arrivo del Natale,
ma solo per i regali, per il divertimento. Certo, andiamo al culto,
tutto il paese va al culto, in quel
giorno la chiesa è gremita di gente gioiosa. In effetti, bambini e
adulti sono presenti solo con il
corpo, ma non con l’anima. Noi
pensiamo a quello che verrà dopo...
2° gruppo: Il Natale di oggi ha
perso la sua vera importanza.
Pur essendo passati tanti secoli,
i contrasti fra gli uomini che vi
erano durante la dominazione romana in Israele sono gli stessi
che ci affliggono tutti i giorni.
Eppure i pastori di Betleem, con
tutti i loro problemi, nella speranza di poter veramente vedere
il Messia, accolgono con niacere
l’annuncio degli angeli e. fedeli a
Dio. accorrono alla stalla, sicuri
di trovare il loro Salvatore. Ai
giorni nostri la grande festa di
Natale ha un significato importante, ma solo dal punto di vista
materiale in quanto tutti pensiamo solo al divertimento...
3° gruppo: Qra il Natale è solo
più un modo per passare una
giornata in compagnia, ridendo,
senza pensare al vero significato
della festa. Natale è sfruttato
commercialmente in tanti settori...
Noi, pur riflettendo e accorgendoci di avere sbagliato, ci rendiamo conto di essere caduti nello
stesso errore, perché siamo tutti
condizionati.
Durante la nostra riflessione
— dopo Natale — abbiamo letto
i Passi del Sermone sul Monte
(Matteo cap. 6 versetti 19 a 34)
ed abbiamo cercato il versetto
più importante che ci è parso essere il versetto 33: « Ma cercate
prima il regno e la giustizia di
Dio e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte ». Abbiamo abbinato il versetto alla parabola
del tesoro nascosto (Matteo cap.
13 versetto 44) e ci siamo cosi
accorti che la precedenza bisogna darla a Dio, ma è piuttosto
difficile di mettere il tutto in
pratica.
Con questa riflessione vorremmo aprire un dialogo con adulti
e ragazzi anche di altre comunità, per aiutarci a vicenda a vivere Natale e anche le altre ricorrenze cristiane quali la Domenica delle Palme, Pasqua e Pentecoste, in un modo più conforme all’Evangelo.
Il 2° anno di catechismo
Il CIRCUITO
PERRERO
Giornata
comunitaria
Si è svolta domenica 20 gennaio nei locali della chiesa di S.
Secondo la « Giornata comunitaria del secondo circuito ». L’incontro che ha riunito un buon
numero di partecipanti in una
fraterna atmosfera s’è aperto
il mattino con il culto, cui è seguito un vivace pranzo al sacco.
Nel pomeriggio animata discussione sulla programmata « Giornata dell’Evangelo » da tenersi
nel corso dell’anno in una comunità del circuito. Vengono
proposte: Prarostino e Piossasco e si cerca di arrivare ad
alcune decisioni concrete. Si è
innanzi tutto insistito sul fatto
che tutte le comunità devono
essere unite nell’impegno. La
scelta deirargomento ha trovato
tutti concordi; parlare di ciò
che la Bibbia ci dice. Concepire
l’evangelizzazione come un arricchimento personale del credente ed insieme testimoniare a
chi è fuori, aiutare noi stessi e
nello stesso tempo gli altri a
capire il senso della fede. Invece alcune difficoltà si sono riscontrate per stabilire il luogo
in cui si svolgerà e il modo di
condurre la prossima giornata
di evangelizzazione. Viene poi
proposto Piossasco. Al termine
dei lavori si è nominato un «comitato promotore ed organizzatore ». La Giornata si è chiusa,
verso le 17, con il canto di un
inno e la preghiera comune. I
partecipanti hanno sciolto l’assemblea arricchiti di una nuova
speranza: ritrovarsi ancora, più
numerosi, con l’aiuto di Dio.
Hanno collaborato a questo
numero; Donatella Bouchard, Gino Conte, Franco
Davite, Salvatore Garzia, Ermanno Genre, Alfredo Janavel. Rosetta Mannelli, Franco Taglierò, Margarethe Ziegler.
AVVISI ECONOMICI
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi
destinazione, preventivi a richiesta:
Sala Giulio, Via Belfiore 83, Nichelino, Tel. 011/6270463, 6272322.
Piano
regolatore
Il progetto preliminare del
Piano regolatore generale intercomunale è stato discusso in due
sedute pubbliche domenica 27 a
Maniglia e a Chiotti.
Domenica 3 febbraio le riunioni avranno luogo a S. Martino
alle ore 15,30 e a Ferrerò capoluogo alle ore 20,30.
Il Piano regolatore, presentato dall’architetto Alfredo Salvo,
sarà in seguito esaminato dal
Consiglio comunale in una prossima seduta.
I familiari della compianta
Enrichetta Plavan
ved. Balmas
ringraziano tutte le gentili persone
che in ogni modo hanno preso parte
al loro dolore e in particolare il Pastore Conte.
S. Germano Chisone, 28 gennaio 1980
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10
10
1° febbraio 1980
I RAPPORTI DEL SIPRI E DELL’ONU Dalla parte dei morenti
Armamenti: cifre
e dati da capogiro
Come per gli anni scorsi, anche per il 1979 il SIPRI ha pubblicato il suo rapporto sulla corsa agli armamenti nel mondo.
Ricordiamo brevemente ai lettori cos’è questo SIPRI. Si tratta dello Stockholm International
Peace Research Institute, specializzato sulla questione del disarmo e sul controllo degli armamenti a livello mondiale. È un
Istituto indipendente, direttamente finanziato dal Parlamento svedese, e fondato nel 1966
per celebrare un secolo e mezzo
di pace ininterrotta della Svezia.
A differenza di altri analoghi
Istituti che di solito lavorano
in direzione nettamente filooccidentale — come fa notare M.
Simoncelli sul periodico « Lotta
antimilitarista» da cui traiamo
questi dati — il SIPRI, dotato
di una équipe internazionale, fornisce cifre assai più attendibili
ed obiettive, e le sue analisi
sono altrettanto equilibrate.
Citiamo poche cifre. Le spese
militari della NATO sono passate dai 96.923 milioni di dollari
del 1958 ai 119.412 del 1978. Parallelamente, il Patto di Varsavia è passato dai 33.280 milioni
di dollari ai 79.816 del 1978. Sia
in un caso che nell’altro gli Stati Uniti e l’Unione sovietica vi
fanno la parte del leone con una
spesa (per il 1978) rispettivamente di 71.475 e di 71.000 milioni di dollari.
Impressionanti appaiono le cifre relative al commercio degli
armamenti nei confronti dei Paesi del Terzo mondo. Il loro valore, dai 1.203 milioni di dollari
del 1959, è passato alla cifra pazzesca di 13.948 milioni di dollari
del 1978. Si tratta di un incremento di dimensione eccezionale, sia pur considerando l’inflazione in atto. In questo odioso
commercio sono in testa gli Stati Uniti con 5.800 milioni di dollari, seguiti dairURSS con 4.020
milioni, dalla Francia con 2.000
milioni, dalla Gran Bretagna con
660 milioni. Al quinto posto, con
621 milioni (naturalmente sempre di dollari) segue l’Italia che,
fra l’altro, ha venduto aerei, veicoli corazzati, missili, navi da
guerra. Sempre per quanto riguarda la nostra nazione si apprende che essa è passata nelle
spese militari, dai 2.033 milioni
di dollari del 1958, ai 3.187 del
1968 sino ai 4.152 del 1978.
Anche rONU (l’Organizzazione
delle Nazioni Unite) ha redatto
un rapporto sull’argomento con
particolare riferimento alle conseguenze della corsa agli armamenti, redatto da 13 esperti internazionali. Molto di recente il
Consiglio regionale del Piemonte, che oramai da tempo va dedicando una particolare attenzione a questa drammatica questione, ha pubblicato un opuscolo
dal titolo «Fermare la corsa agli armamenti » ( che si può richiedere alla Regione stessa) e
che contiene fra l’altro parti del
suddetto dossier. Giustamente,
nella presentazione dell’opuscolo il presidente del Consiglio regionale Sanlorenzo dice che il
problema degli armamenti riguarda ognuno di noi in quanto
le conseguenze di questa politica
sono nefaste rispetto a qualsiasi
prospettiva di sviluppo dell’umanità. Egli fa un unico esempio: i
fondi pubblici destinati alla salute sono il 60 “/o delle spese militari, mentre mezzo miliardo di
persone nel mondo vive in condizione di denutrizione e milioni
di altre vivono (e muoiono) con
razioni alimentari di molto inferiori al minimo vitale.
Secondo i dati dell’ONU, che
appaiono già superati da quelli
più recenti ancora, le ultime cifre ufficiali danno una spesa annua di 290.500 miliardi di lire
a fini militari. Questo settore assorbe nel mondo risorse equivalenti a circa due terzi del prodotto nazionale lordo dei paesi
poveri.
L’organizzazione Mondiale nella Sanità (QMS) ha speso circa
83 milioni di dollari in dieci anni per eliminare il vaiolo: somma inferiore all’acquisto di un
bombardiere strategico. Il Programma per eliminare la mala
ria, con un preventivo di 450
milioni di dollari, è bloccato per
mancanza di fondi. E tuttavia
questo costo rappresenta solo
un terzo della somma necessaria
per l’acquisto di un sottomarino nucleare. E così di seguito,
lo sradicamento delle grandi malattie che ancora infestano il
mondo verrebbe a costare cifre
insignificanti in rapporto a quelle destinate al riarmo. Altri significativi esempi vengono forniti in relazione al fatto che in
molti casi il settore militare contribuisce largamente all’esaurimento delle risorse naturali. Si
pensi ad esempio che il consumo dei carburanti liquidi a scopi militari (escludendo i prodotti petroliferi utilizzati per la fabbricazione di armi e materiali
vari) si aggira sui 700/750 milioni di barili annui, cioè il doppio
del consumo attuale di tutta
l’Africa!
In chiusura del citato opuscolo è pure stampato il documento petizione lanciato dagli ex
combattenti del mondo per il
disarmo e la pace in occasione
dell’incontro di Roma dello scorso ottobre. Eccone la parte finale:
<■ Quali rappresentanti degli ex combattenti, delle vittime di guerra, dei
resistenti, dei deportati, degli invalidi,
dei prigionieri di guerra, dei combattenti delle guerre di liberazione e di indipendenza, venuti da 54 paesi di tutti
i continenti, consapevoli delle nostre
responsabilità e della forza morale che
la nostra volontà comune rappresenta:
Noi respingiamo la fatalità della
guerra.
Noi ci impegniamo per il disarmo.
Fiduciosi, nei destini deH'uomo, noi
ci rifiutiamo di lasciare alle generazioni
future un mondo di rovine, di desolazione e di morte.
Noi confermiamo la nostra volontà
di contribuire a far sorgere il mondo
della vita, del progresso e della giustizia, nel rispetto della libertà e della
dignità dell'essere umano ».
* * *
Recentemente, in un suo articolo, il prof. Norberto Bobbio —
uno dei pochissimi intellettuali
italiani che si interessa alla questione degli armamenti e della
pace -— ha detto che di fronte al
pazzesco riarmo del mondo intero la mente si ritrae inorridita.
Ma questo « ritrarsi » non può
che essere il primo istante di
una reazione che deve portare
l’uomo a ben altri pensieri ed
azioni. In modo particolare, e
proprio in quanto credenti, non
possiamo non prendere una incondizionata posizione di denuncia totale contro la politica delle armi, uniformando quotidianamente la nostra vita in tal senso. Sarà bene anzi ricordare a
noi stessi ed ai lettori che hanno avuto la pazienza di leggerci
fin qui, il documento votato dal
Sinodo 1978, che riportiamo integralmente:
« Il Sinodo, nella consapevolezza ohe
la corsa agli armamenti ha raggiunto
livelli tali da rendere problematica .n
ogni momento la sopravvivenza dell umanità, valutando con estrema preoccupazione il progressivo deteriorarsi
delia situazione internazionale e I estendersi dei conflitti in atto, propone alle
Chiese un’attenzione particolare e permanente ai problemi del disarmo, della pace, della nonviolenza, deil’obiezione di coscienza, prendendo contatto
con il Programma AntimiJitarismo del
CEC, colle altre Chiese, coi movimenti e le organizzazioni che lottano
per la pace e la nonviolenza. Questa
attenzione dovrebbe avere come finalità non solo una maggiore informazione su questi problemi, ma anche di
rendere le Chiese stesse centri p-romotori per la pace ed M disarmo. In particolare suggerisce che venga affrontato e posto poi ogni anno all'attenzione dei giovani e segnatamente dei catecumeni il problema del servizio militare e del significato di tale istituzione ».
Roberto Peyrot
(segue da pag. 4)
di me e dell’Evangelo, la salverà”
(Me. 8: 35) ».
Non tutti i morenti, però, sono credenti e non tutti i credenti sono di questo calibro. Resta
quindi la necessità di stare dalla loro parte comunque essi la
pensino e qualsiasi sia la loro
condizione. In questi casi tutto
sarà più facile, ma, anche evitando presuntuosi atteggiamenti religiosi, è pur sempre necessario
che essi in qualche modo intendano o percepiscano la speranza che porta Evangelo della risurrezione.
Quest’opera di sostegno ai morenti non è da realizzarsi con le
parole, ho già detto, ma con tutti quei gesti e quegli atti concreti
che esprimono la speranza, la
solidarietà, l’amore. Ultimamente, un uomo che era sul punto
di morte mi bisbigliò: « Come
è bello non essere soli, ora ». Non
furono dette molte parole in quei
giorni di agonia, ma fu possibile
mantenere accesa una fiaccola
di speranza e di amore soltanto
essendo presenti.
Ma il caso estremo e più terribile rimane sempre quello in
cui si propone l’opportunità dell’eutanasia. Confesso che anch’io
come molti altri, non ho una risposta limpida e univoca. Tuttavia sono convinto che alcuni
PROFUGHI PALESTINESI
Appello del CEC
Dal 4 all’8 novembre scorso,
si è riunita a Nicosia (Cipro) la
« Consultazione sul Servizio ai
Profughi Palestinesi », convocata dal Consiglio delle Chiese del
Medio-Oriente, in cooperazione
con riCA (Inter Church Aid) e
il Servizio Profughi del Consiglio
Ecumenico delle Chiese.
Prendendo atto dell’avvenuto
riconoscimento dei diritti politici del popolo palestinese e delle
ingiustizie inflitte a questo popolo, la Consultazione afferma
che le Chiese hanno la responsabilità morale di appoggiare e
di promuovere l’attuazione di
questi diritti, e di provvedere all’aiuto ai rifugiati palestinesi al
fine di ridurre la miseria delle
loro condizioni di vita e di lavoro.
La Consultazione ricorda gli
imperativi morali e storici sui
quali si basano i diritti del pc>
polo palestinese. Prende posizione per una giusta soluzione
del problema palestinese: una
soluzione cioè che garantisca
l’esercizio della auto-determinazione e il diritto ad avere uno
stato in Palestina, alla pari degli
altri stati esistenti in quella regione.
Negli ultimi anni, sono stati
raggiunti alcuni accordi rna, secondo la Consultazione, si tratta di accordi parziali e non soddisfacenti in quanto non affrontano questi due problemi fondamentali che sono l’auto-determinazione e il diritto del popolo
palestinese ad avere uno stato.
La Consultazione prende atto
con soddisfazione dell’aiuto dato dairiCA al Consiglio delle
Chiese del Medio-Oriente per il
suo programma in favore dei
profughi palestinesi. Tuttavia,
considerando il protrarsi della
tragedia palestinese, chiede a
tutte le Chiese di intensificare il
loro aiuto materiale e morale.
La Consultazione rileva che alcune chiese hanno riconosciuto
il ruolo sempre più rappresentativo deirOLP (Organizzazione
per la Liberazione della Palestina). Pertanto ritiene che le chiese sono chiamate a diffondere
l’idea che l’OLP deve essere artimessa come partner a pieno titolo in ogni decisione riguardante il futuro della Palestina e dei
Palestinesi. E cosciente che il
raggiungimento di una giusta
soluzione al problema palestinese dipenderà in larga misura dall'atteggiamento prevalente in
Israele.
Infine, la Consultazione esprime la sua ferma convinzione che
finché non sarà trovata una giusta soluzione al problema palestinese, non solo la Palestina ma
l’intera regione medio-orientale
sarà presa nella spirale della
violenza, causando immense tragedie umane, distruzioni, e catastrofi economiche, che potrebbero anche estendersi all’intero
globo.
J. J. P.
punti vadano affermati:
1 - Il problema dell’eutanasia è collegato ad una precisa
definizione della morte della persona umana. Infatti è la persona
che conta non una qualche forma di sopravvivenza vegetativa,
(con tutto quello che essa comporta in termini di sofferenza,
di costo sociale, di stress per i
sopravviventi).
2 - Non si può facilmente generalizzare, né è utile partire da
affermazioni teoriche astratte
perché ogni caso va analizzato
per sé. Infatti, sono molti i fattori che bisogna considerare in
rapporto alle condizioni fisiche,
psichiche e culturali del morente.
3 - Se è vero che il prolungamento della vita è la condizione
indispensabile per aprire il discorso sulla qualità della vita, è
anche vero che non ogni prolungamento della vita permette di
aprire il discorso sulla qualità
della vita e quindi appare discutibile ogni tentativo di realizzarlo.
4 - Non sono del parere che
l’eutanasia passiva si possa confondere con quella attiva, se non
altro perché quest’ultima si pone nel contesto della manipolazione della vita umana, che è un
problema più generale per il quale non s’è fatta ancora chiarezza, mentre la prima rientra nel
rispetto dei processi naturali
che presiedono alla vita e alla
morte.
5 - Le convinzioni e la coscienza del medico sono una
componente essenziale nella valutazione dei casi per cui s’invoca l’eutanasia.
Vorrei terminare queste sparse riflessioni citando un passo
di un teologo contemporaneo
Eberhard Jungel, preso dal volume « Morte » (edizione Queriniana 1972 p. 187), perché lo ritengo rilevante a tutto il discorso che abbiamo fatto sui morenti a partire dall’Evangelo
della risurrezione:
« Si minaccia la morte se ci si guarda dal minacciare la vita. Qui la fede
è socialmente impegnata contro la
morte, proprio perché essa riconosce
Dio e soltanto Dio quale limitazione
della vita umana. La speranza del Dio
che, nella morte, ci circonda da ogni
parte proteggendoci, libera dalla preoccupazione egoistica per la propria fine
e al suo posto fa subentrare l’interessamento per la vita degli altri. Ogni
uomo ha il suo tempo di vita per cui,
in esso, può avere la sua storia. Delimitare il tempo della vita spetta a
Dio e soltanto a lui. La fede è impegnata a protestare pubblicamente contro
tutti i tentativi umani di accaparrarsi
il diritto di delimitare il tempo della
vita umana. Nessun uomo, nessuna istituzione, nessuna giustizia ha il diritto di delimitare il tempo della vita che
appartiene alla finitudine dell uomo, il
cristiano ha il dovere di opporsi con
azioni ad ogni manipolazione della morte. La manipolazione della morte è illegittima, e ciò in ogni campo dell’essere umano. Se Dio ha preso su di sé
la morte per vincolarsela per sempre,
vuol dire ohe essa non può più essere
un mezzo legale, che ogni pena di
morte” è un crimine di lesa maestà
contro il Dio crocifisso ».
(3 - fine)
Paolo Spanu
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