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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Set I i m a n ale
della CUesa faldese
Anno XCII - Num.
Una copia Lire
50
4C
ABBONAMENTI
{
Eco: L. 1.500 .per l’interno
L. 2.200 per Testerò
u Eco 0 e « Presenza Evangelica »
interno L. 2.500 - estero L. 3.700
Spediz. abb. posude - I Gruppo
Cambio d’indirizzo Lire 50
TORRE PELLICE, 21 Dicembre 1962
Ammin. Ctandiana Torre Pellice • C.C.P. 2-17557
MEDITAZIONE DI NATALE
La grande alternativa
Simeone disse: ecco, questi è posto a caduta ed a rialzamento di molti in
Israele, e per segno a cui si contraddirà, affinchè i pensieri di molti cuori siano
(Luca 2: 34, 35).
L’opera della CIMADE
rivelati »
In queste parole del vegliardo Simeone, pronunziate dinanzi al bambino Gesù, nel tempio di Geruisalemme,
c’è un tono di gravità che contrasta
con la gioia tradizionale di Natale. 11
contrasto, però, è solo apparente; perchè noi tutti sappiamo quanto la gioia
di Natale sia efiknera, se non è fondata sulla fede in Gesù Cristo, in
presenza del quale bisogna che « i
pensieri di molti cuori siano rivelati ».
Nel popolo d’Israele Gesù Cristo
apiparve come un « segno di contraddizione ». Nacque da un’umile donna
e fu deposto in una semplice mangiatoia, lui che un giorno dirà: «.Ogni
potestà in'è stata data in cielo e sulla
terra ». Maria lo fasciò come ogni madre fascia il proprio bambino, eppure in lui la Parola di Dio s’era fatta
carne per abitare in mezzo agli uomini « piena di grazia e di verità ».
Rivelò la sua grandezza non secondo
i criteri del mondo, ma nel servizio
e nel « dare la vita sua come prezzo
di riscatto per molti ». Chiamò beati
i « mansueti, i misericordiosi, gli umili, i puri di cuore gli operatori di pace », in un mondo che cerca altrove
le vie della felicità.
Dinanzi a quel segno di contraddizione i suoi contemporanei furono costretti a decidersi: o iper lui o contro
di lui. Gli Scribi ed i Farisei, i sacerdoti ed i capi del popolo furono incapaci di scorgere nel fanciullo di Betleem l’adempimento della profezia
messianica, il « ramo che uscirà dal
tronco d’isai, il rampollo che spunterà dalle sue radici ». Altri, invece, come Simeone, credettero in lui, e, dinanzi alla sua apparizione, lodarono
Iddio; lo seguirono, rispondendo alla
sua chiamata, i dodici primi discepoli, Zaccheo il pubblicano, il cieco di
Gerico, Maria di Betania ohe aveva
scelto « la buona parte che non le sarà tolta ».
Da allora in poi le stesse cose accadono nel mondo dove Cristo è apparso; e non soltanto a Natale, ma
ogni giorno della nostra vita, per il
nostro tormento o per la nostra pace.
Fino alla conclusione della storia
umana. Cristo rimarrà in mezzo agli
uomini « qual segno di contraddizione » : scandalo e illusione per gli uni,
verità e vivente speranza per gli altri.
Oggi non possiamo ignorare la sua
venuta, anche se l’asipetto e l’agitazione esteriore del Natale trovano
modo di farcela dimenticare. Non
possiamo illuderci di fare a meno di
lui, senza che la sua Parola ci raggiunga e raggiunga anche i po.poli della terra con gli accenti del giudizio o
della ipromessa. Ed è inutile che ci
serviamo di lui soltanto per dare una
apparenza cristiana a ciò che cristiano
non è, perchè tutto ciò che è fondato
sull’iipocrisia non dura che un tempo
e lascia dietro a sè il vuoto e l’amarezza nel cuore.
Cristo è in mezzo a noi per il nostro « rialzamento » o per la nostra
« caduta ». E’ la luce di Dio che risplende in mezzo agli uomini, affinchè non camminino più nelle tenebre.
E’ la pietra angolare che molti hanno
riprovata urtandovi contro, ma che
Dio ha posta per essere « pietra vivente, eletta e preziosa », talché
« chiunque crede in lui non sarà confuso ».
Ecco iperchè se è giusto che ci rallegriamo a Natale insieme con tutte
la Cristianità, rendendo ^azie a Dio
per l’Aurora che « daH’alto ci ha visitato », è pur doveroso ricordarci che
l’apparizione di Cristo è un avvenimento serio ed imipegnativo, non una
fiaba che ci affascina e
te nei nostri sogni.
ci addormen
Perciò, pur nella gioia serena ed
intima del Natele cristiano, l'alternativa rimane dinanzi a noi.
Rimane non soltanto, come forse
si pensa, sul piano dei grandi contrasti ideologici del nostro tempo, fra
Cristo e Marx, fra una civiltà e l’altra, fra l’Ckiente e l’Occidente, come
se il problema della fede in Gesù Cristo dovesse risolversi innanzitutto secondo la nostra appartenenza ad una
società piuttosto che all’altra. L’alternativa ohe ci riguarda è anche fra Cristo e Mammona, la potenza del denaro, fra Cristo ed un metodo di vita
paganeggiante in seno alla civiltà
« cristiana », fra il Natele di Cristo
caratterizzato daH’umiltà e dalla fede, e il Natele gastronomico del nostro tempo, ricco di piaceri e di stordimenti, ma povero di certezze profonde e di vera bontà verso gli uomini.
11 bambino Gesù continua ad esser
¡posto « a caduta ed a rialzamento di
molti », in tutti i ¡popoli ed in tutte le
età. Molti cristiani cantano « pace in
terra », pensando prima di tutto alla
lóro pace ed alla loro quiete, senza
però preoccuparsi di « dar gloria a
Dio ». E malgrado le apparenze, invece di costruire la loro vite sulla pietra angolare, edificano sulla sabbia
che i venti ed i torrenti travolgeranno facilmente.
La gioia e la benedizione di Natele sono vere ancora oggi per coloro
i quali, come Simeone, s’accostano al
fanciullo di Betleera, umilmente disposti a riconoscerlo ed a credere in
lui. Natale rimarrà sennpre il segno
deH’amore e della fc<teltà di Dio. Gli
uomini si agitano e si agiteraimo ancora neH’illnsione di poter fare tutto
da sè; verrà il gionio in cui dovranno riconoscere in Cristo il « Figliuolo
dell’Altìssimo... perchè è lui che salverà il suo popoli) dai suoi peccati ».
Viene il Natale, non come un tempo di festività mondana, ma come un
tempo di gioia e di adorazione nella
fede. E’ il tempo in cui il volto misterioso del Padre diviene visibile nel
Figlio. Dio è venuto ad abitare per
un tempo in mezzo a noi; la pace di
Dio calma i nostri turbamenti, la luce
di Dio rischiara i nostri passi: « Non
temete »!
Coloro i quali sanno riconoscere in
Gesù Cristo rEminanuele, vale a dire
« Dio con noi » pur sotto il segno della contraddizione, possono rallegrarsi
oggi e tutti i giorni della loro vite,
fino a quando diraMo col vegliardo
SimeOne ; « Ora, o mo Signore, tu lasci andare in pace fi tuo iservo, secondo la tua parola; poiché gli occhi
miei han veduto la tua salvezza ».
Ermanno Rostan
Marsiglia. - Questa donna e queste bimbe vengono regolarmente a cercare assistenza al centro locale della CIMADE.
Un impegno cristiano di solidarietà
A Natale la nostra offerta di riconoscenza sarà indirizzata all’assistenza dei
profughi algerini: aiutiamo chi opera anche a nome nostro nell’amore di Cristo
La CIMADE
ehi è costei?
L’O. d. G. votato dal Sinodo che fa
riferimento ad una colletta di solidarietà con la Chiesa Riformata di Francia in favore della CIMADE avrà lasciato perplessi molti delegati e lalacerà altrettanto perplessi i lettori
del nostro giornale. Nessimo disapproverà certo questa colletta (fissata
dalla Tavola per il giorno di Natale)
ma molti si domanderanno per chi si
raccoglie questo denaro, a chi lo si
invierà, che cos’è questa misteriosa
sigla; CIMADE? La domanda è legittima ed anche gli estensori dell’O. d.
G. non sembrano aver avuto un’idea
molto precisa di questa attività nè ci
hanno esplicitato molto chiaramente
che cosa volessero.
La CIMADE è una organizzazione
ecumenica nata all’inizio della seconda guerra mondiale per assistere i rifugiati protestanti che dall’Alsazia si
erano ritirati in seguito alTocoupazione tedesca neH’interno della Francia. Il suo nome infatti lo dice esplicitamente: è un «Comité Inter-Mouvements Auprès Des Evacués », un Comitato per l’opera in favore degli evacuati a cui partecipavamo tutte le
confessioni evangeliche e la chiesa
ortodossa. Una attività sociale dunque, di assistenza, di aiuto.
Gli inizi della attività furono naturalmente modesti, pochi giovani
impegnati, scarsi i fondi, e, come spesso accade in casi del genere, scarso
anche l’interesse delle chiese per questo lavoro del tutto nuovo che si presentava. Durante la guerra la CIMADE estese la sua attività ai campi di
concentramento dando, dove era po.ssibile, la sua collaborazione in favore
di detenuti politici ed ebrei. E’ però
solo al termine del conflitto ìhondia
le che l’attività di questo modesto comitato crebbe in modo inaspettato e
l’influenza della CIMADE si estese a
molti settori assistenziali. Si iniziò
l’opera in favore dei rifugiati, dei si
nistrati, dei prigionieri, si fondarono
centri di aiuto in Germania; celebre
è stato per molti anni quello di Berlino; il conflitto in Indocina e particolarmente la guerra in Algeria posero però questa ancor debole e incerta
iniziativa di fronte a problemi gravissimi e superiori alle sue forze. Nell’ultimo decennio la CIMADE è ormai
diventata un organismo maturo, ha
una autorità indiscussa, posta in certi settori sullo stesso piano della Croce Rossa; conta oltre 120 membri nelle sue équipes, distribuisce in Francia
ed Algeria viveri e vestiario nell’ordi
Altrettanto utile e benefica è la
Scuola internazionale di studenti a
Sèvres, nei pressi di Parigi, un convitto moderno ed attrezzato che ospita
una sessantina di studenti, di origine
diversa; rifugiati africani, francesi.
Ambiente semplice e sereno in cui i
giovani trovano modo di conoscersi e
arricchire la loro visione del mondo,
modesto ma efficace contrttjuto alla
soluzione del gravissimo problema della massa degli studenti parigini senza sistemazione.
Un’iniziativa nata nei quartieri di
Dunkerque con scopo sociale, dopo la
Il Sinodo, nella riconoscenza a Dio per tutte le sue grazie e in particolare per il dono della riscoperta della solidarietà concreta delta Chiesa Universale, invita tutte le Comunità ad attuare in misura sempre
maggiore questa solidarietà ; in questo spirito, invita la Tavola a istituire una colletta da inviarsi alla Chiesa Riformata di Francia in favore
della CIMADE per la sua opera di soccorso in mezzo ai rifugiati algerini.
Sinodo Valdese 1962 - O.d.g. n. 18
ne di tonnellate (ogni 3 mesi nella
sola Parigi da 8 a 10 tonnellate), aveva nel ’5fl un bilancio di oltre 3 milioni di NF, equivalente di un 370 milioni di lire.
Dove lavora
la CIMADE
Consideriamo brevemente i vari settori di attività in cui opera la CIMADE:
I carcerati e particolarmente gli excarcerati costituiscono uno idei più
antichi problemi cui ha cercato di dare disposta, sin dai tempi della guerre. Opera silenziosa, nascosta, che non
desta attenzione e che pure caratterizza un atteggiamento di carità cristiana (come ben sa la Sig.na Selma
Longo che da noi svolge un’attività
consimile!).
guerra si è mantenuta ma trasformata in attività educativa ed ha assunto un carattere evangelistico molto
interessante.
Attività consimile è quella dell’équipe di Dakar, in Africa, a carattere medico-educativo con dispensario e scuole; si rivolge in particolare alle donne e ha raccolto negli ultimi anni larghi consensi delle autorità del
Mali.
Attività altrettanto utile e forse più
appariscente è quella svolta in favore di sinistrati in zone particolarmente colpite: a Fréjus, la cittadina francese devastata in seguito al crollo della diga, ad Agadir la città del Marocco distrutta dal terremoto, nelle Cevenne o nel Queyras la CIMADE ha
organizzato soccorsi, distribuito aiuti. raccolto fondi.
Tutte queste attività assistenziali
non occupano però che il 35% circa
delle forze; molto più importanti sono
l'opera presso ì rifugiati e presso gli
algerini.
In accordo con il Consiglio Ecumenico e con organismi intemazionaU quali le Nazioni Unite, la Fondazione Tolstoi, i responsabili della CIMADE si sforzano di provvedere nei limiti
delle possibilità a risolvere i problemi
dei profughi in Francia; si tratta di
persone che la guerra ha costretto ad
abbandonare i loro paesi d’origine; albanesi, rumeni, jugoslavi, rmgheresi,
eoe. Famiglie o isolati, gente che necessita di ogni cosa, dalla casa al lavoro, trasferiti da un campo all’altro ;
come integrare queste creature nella
collettività? ecco il problema. Centri
di raccolta, case per vecchi (in particolare russi, come nel caso di Villa
Olanda), corsi di lingua, pratiche negli uffici per favorire l’emigrazione
verso altri paesi, raccolta di vestiario
e di viveri, tutti gli strumenti insamma che un servizio di questo genere
necessita sono la base per l’opera della CIMADE.
Particolarmente significativa, anche
se meno ampia, è l’opera per l’Algeria
compiuta da questa associazione. Opera in Francia in favore degli algerini,
(a Marsiglia, a Parigi, nei centri minori si sono creati dei foyers con attività educativa, corsi, dopo-scuola,
colonie); op>era in Algeria stessa: a
Médéa, a 80 Km. a sud di Algeri, e in
Algeri st^sa ifel quartiere arabo del
« Clos Salembier ». Nuovo, eccezionale impulso ha ricevuto l’attività della
CIMADE in Algeria nel corso del 1962
da quando è stato costituito in quel
paese ormai indipendente un nuovo
organismo: il «Comitato Cristiano
di senùzio in Algeria», alle dipendenze del Consiglio Ecumenico delle
Chiese.
Tutte le Chiese evangeliche ed ortodosse del Consiglio Ecumenico han
GIOBGIO TOURN
iconlinua a ¡mg. .1)
2
pag
N. 50 — 21 dicembre 1%2
NATALE
di un
immigrato
Poesia del Natale, alberi illuminati, occhi lucenti di bimbi, ricordo di
Natali lontani, malinconia di volti
scomparsi.
Poesia del Natale, pastori lindi e
gentili come sacrestani, stalle calde
ordinate come alberghi esotici, asini
e buoi quasi umani nel partecipare
all’ Evento.
Poesia del Natale, coro di voci
bianche di angeli. Madre senza sofferenza e senza stanchezza. Fanciullo così esteriormente divino da domandarsi se è veramente nato.
Poesia dei nostri Natali, ma quel
Natale di allora?
Dice il racconto biblico che non
vi era posto per loro nell’albergo;
’’per loro”; se fossero stati commercianti o politici o criminali famosi
avrebbero prenotato il posto per
mezzo di corrieri, il telegrafo di allora; se fossero stati giudei di Giudea avrebbero abitato al caldo delle loro case o di case di amici. Ma
’’loro”?
Loro erano immigrati, gente strana, venuta da una provincia lontana,
in fondo semi-barbara, non si sente
da come parlano che son diversi da
noi? E poi hanno usi strani, se te li
metti in casa chissà quando se ne
vanno, e solo degli immigrati possom> pensare di mettere al mondo un
figlio quasi per la strada. Son venut. per il censimento, e va bene, ma
che poi pretendano di abitare con
noi, e di disturbarci con le grida del
neonato, questo è troppo; vadano
nella stalla, è un posto adatto per loro. Senonchè le stalle devono essere
scomode per mettere al mondo un
bambino, buoi e asini non sono di
alcun aiuto, e i pastori, quelli veri,
son gente rozza e che puzza; e gli
angeli? non sarebbe stata meglio
una buona levatrice?
Quel Natale non è avvenuto sotto
il segno della dolce e pulitina poesia
dei Presepi, ma sotto quello della
necessità dura e violenta, del sottile
razzismo degli autoctoni e degli installati: è stato il Natale di un immigrato.
O forse ora a distanza di tempo,
ora che ci illudiamo di avere assorbito, reso come noi quell immigrato,
potremmo dimenticare gli aspetti più
tragici del Natale di allora e circondarlo di poesia, ripulire pastori e
animali, far sorridere la Madre e
mettere una corona al Bimbo? Potremmo, e spessso lo facciamo, ma
non è più quel Natale, è il nostro,
non è più cjuel Bimbo, è uno di noi.
La stranezza e, in fondo la vera poesia di quel Natale sta proprio in questo: che quel bimbo era od è diverso
da tutti noi; la sua vera corona sta
proprio nel fatto che Egli era ed <•
VAltro: il Dio sconosciuto immigrato nel mondo egoista e razzista degli
uomini.
Chi, se non Lui, poteva esser così
forestiero e insieme così realmente
incornato? Chi, se non Lui, poteva
così portare la Croce, fin da allora,
e ordinare agli angeli Suoi messaggeri, di dire proprio per questo
’ ’Pace agli uomini”?
Chi se non Lui, l’Uomo, poteva
riscoprire l’umanità dei rozzi pastori? Chi se non Lui, l’Eterno, poteva scegliere le cose umili del mondo
e farne, il Suo Regno?
Chi se non Lui?
Poesia dei nostri Natali, non togliamola ai fanciulli e neppure a noi:
abbiamo tutti talvolta bisogno di illuderci. Ma è bene che i fanciulli,
cresceiulo, imparino che la vera poesia di quel Natale è stata un altra,
più tragica e più vera; è stata l’incontro tra l’Amore che. dà e l’Egoismo che ignora. Quando, come a
tutti accade, ci sentiremo soli e stra
nieri tra la massa, è. bene che ricor
diamo la realtà di quel Natale: quel
Fanciullo oggi vive e quell’alberga
t.ore oggi è ricorrlato solo come l’om
bra che mette in risalto la luce
Quatulo, come a tutti accade, ci sen
tiremo oppressi e quasi travolti dal
l'egoismo, è bene che sappiamo che
da quel Natale in poi è l’Amore che
vince, nonostante tutto.
E qu4‘sta è poesia, e realtà.
Pierluigi .Iam.a
GIACOMO “IL GIUSTO
99
{Seguilo e fine)
Fu Giacomo
vescovo di Gerusalemme?
Girolamo, nel Commentario ai Galati, al cap. r, ver. 19, parlando di
Giaxxono, fratello del Signore, afferma; « Questo Giacomo fu il primo vescovo di Gerusalemme». Egesippo, a
sua volta, scrive che « d^o che Giac^
mo il Giusto fu martirizzato come il
Signore per la stessa predicazione, fu
costituito vescovo un figlio d’imo zio
del Salvatore, Simeone di Oleopa »
(cit. da Eusebio, Storia Ecclesiastica,
IV, 22, 4). Questo ha fatto pensare che
ad un certo punto, nella chiesa primitiva, si fosse instaurato una specie di
«califfato» ereditario in seno a coloro ohe avevano vincoli di parentela
col Gesù storico (Goguel). Per analogia con il califfato maomettano, si dovrebbe attribuire a Giacomo un episcopato di tipo monarchico come si
sviluppò, altrove, solo molto più avanti nella storia della Chiesa! '^ttavia,
questo potrebbe essere se si ^mostrasse che « la parentela di Gesù fu il inotivo determinante dell’elezione di Giacomo» (Hamack, Missione e propagazione del Cristianesimo, pag. 424 i.
Ma ciò risulta solo dalla tradizione riferita anche da Egesippo, il quale, in
altri passi, forse si avvicina maggiormente al vero, come notò il Campenhausen, quando collega l’autorità di
Giacomo, più che alla sua parentela
(principio dinastico!), alla colleganza « de facto » col gruppo dei Dodlc;.
(« L’amministrazione della Chiesa di
Gerusalemme la ricevette insieme con
gli Apostoli, Giacomo, fratello del Signore» cit. da Eusebio, II, 23, 4).
Un altro elemento di un certo peso
che può avere portato Giacomo alla
direzione delle comunità di Gerusalemme può essere stata la sua grande
pietà. Eusebio e Girolamo citano ancora Egesippo a questo proposito:
« Egli fu santo fin dal grembo materno: non bevve vino nè altro liquore
inebriante, non mangiò carne, la forbice non scese sulla sua testa, non si
spalmò di olio nè fece uso di bagni ».
Era talmente dedito alla preghiera di
intercessione per il suo popolo, che
era sorta la tradizione, tramandata
appunto da Egesippo, « che la pelle
dei suoi ginocchi si era incallità come
quella del cammello per il continuo
stare prostrato ad adorare Iddio e a
chiedere aiuto per la sua gente ». La
stessa fonte ci riferisce un’altra tradizione, probabilmente dello stesso valore, che Giacomo, cioè, avrebbe avuto la possibilità di entrare nel « luogo saiitissimo » del Tempio di Gerusalemme, privilegio riservato al Sommo Sacerdote. Queste due leggende
sono però un indizio della fama di
Giacomo come uomo di preghiera e
particolare pietà, pei le quali è conosciuto come « il Giusto ». Probabilmente fu il grande ascendente della
sua personalità, non disgiunto dai
fatto di essere fratello del Signore, a
mantenere unità alla Chiesa apostolica e subapostolica nel diffìcile momento del trapsisso dall’una all altra
fase della storia, e per quanto il racconto del « concilio di Gerusalemme »
(Atti 15) possa essere stuto redatto
alcuni decenni dopo e quin^ mancare di precisione nei dettagli, il ruolo
assunto da Giacomo in quell’occasione può riflettere la natura del suo particolare ministerio, di essere un vero
e proprio « moderatore » fra le vane
tendenze. Egli avrebbe così contribuito efficacemente alla conservazione
aell’umtà (Schoeps, Teologia e storia
del Giudeo-cristianesimo, pag. 262).
11 martiriu di Gìacuuiu
Giuseppe Flavio, nelle Antichità
Giudaiche, racconta la morte di Giacomo con queste parole ; « Il giovine
Anano (o Anania), cui abbiam detto
salito al pontificato, era uomo d’indole franca e ardita oltremodo. Tenevasi ancora alla setta de’ Sadducei, genie dura e crudele nel giudicare piu
ch’altri mai in Giudea. Uomo adunque di tal fatta com’era Anano, pen
sondo che quello fosse tempo opportuno, quandoi, già morto Festo, Albino era ancora in viaggio, raduna il
consesso' dei giudici, e introdotti di
Cristo è la nostra pace
"La pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati per essere un sol corpo, regni nei vostri cuori”. (Col. 3: 15).
La Pace di Dio, profetica ed attiva, annunziata nell’Antico Testamento, è giunta a noi e porta un nome: Gesù Cristo.
Questo è cantato dagli angeli a Natale: « Gloria a Dio nei luoghi
altissimi, pace lin terra... » (Luca 2: 14).
Questo è affermato dal Signor Gesù stesso; «Io vi lascio pace, vi
dò la mia pace... » (Giov. 14: 27).
Questo è predicato dalFApostolo quando afferma : « Cristo è la nostra pace » (Ef. 2: 14).
Cosa vuol dire l’aipostolo quando dice « Cristo è la nostra pace »?
Si tratta di una formula teologica? di una affermazione teorica? No certo, ma in questa es,pressione concisa e lapi'daria è riassunto il messaggio
che altre ipagine della Sacra Scrittura ci annunziano estesamente : il perdono di Dio e la riconciliazione di Dio con Tuomo ci sono donate per
mezzo di Gesù Cristo : la ,pace di Dio in Gesù Cristo è perdono e riconciliazione.
Come la pace di Dio è inserita totalmente nella umanità nella persona di Gesù Cristo : la Parola che « è fatta carne e che ha abitato per
un tempo fra noi, così, per la fede, questa pace di Cristo si inserisce totalmente nella vita del credente, in modo così pieno e sovrabbondante
che rApostolo Paolo, scnivendo ai Colossesi, esce in questa esipressione :
« La pace di Cristo regni nei vostri cuori ».
Ma ci appare subito chiaro che questa pace di Cristo non è un affare privato, una questione che riguarda soltanto Dio e me: essa mi inserisoe invece nella realtà degli « altri », mi apre gli occhi sugli « altri »,
mi conduce decisamente alla pace con gli « altri ».
Questi « altri », nel contesto del passo deirepistola ai Colossesi,
sono gli altri credenti; infatti l’Apostolo dice: « ...alla quale (pace) siete
stati chiamati per esisere un solo corpo ». 11 dono della pace di Dio ricevuto in Cristo Gesù diventa così azione, tensione, realtà costruttrice di
nuovi rapporti con gli altri che con me sono chiamati da Dio ad essere
la sua « Chiesa ».
L’Apostolo non lascia il discorso nel va-go, ma, come è sua abitud'ine, parla in modo chiaro e concreto: « Vestitevi dunque di tenera compassione, di benignità, di umiltà, di dolcezza, di longanimità; sopportandovi gli uni gli altri e .perdonandovi a vicenda se uno ha di che dolersi di un altro » (Col. 3: 12). Certo la realtà della vita comunitaria è
talvolta ¡pesante e non gradevole perchè nella Chiesa non c’è la nostra
scelta, ma quella di Dio e siamo avvicinati gli uni agli altri per la Sua
volontà e non per la nostra, per questa ragione nelle nostre chiese vi
sono spesiso difficoltà, incomprensioni, invidie ed altro... ma siamo chiamati appunto a portare in questa pesante carnalità della nostra chiesa
(a cui noi partecipiamo pienamente) la pace di Cristo che si fa pace col
fratello nella sopportazione, nella umiltà, nella .pazienza e nella forza
del .perdono. La pace di Cristo ci costringe. Se non ci costringe allora
siamo nel mondo delle chiacchere vane e della ipocrisia religiosa, ma
non nel mondo della fede autentica.
Forse questa è una delle grandi .possibilità date oggi alla chiesa per
la sua testimonianza al mon.do. Mai come oggi gli uomini sono stati
alla ricerca della pace, mal essi ne hanno sentito così profondamente il
valore. La pace conquistata concretamente e cotidianamente in una Comunità di credenti è una predicazione estremamente efficace e comprensibile al mondo di oggi, un inidice volto a mostrare che la sola vera pace
è Cristo Gesù.
Sia dato alle nostre Comunità grandi e piccole di essere un tal senno efficace e benedetto. Franco Som mani
nanzi a queU’aBsemblea il fratei di
Gesù detto Cristo, che Giacomo si
nominava, e con lui alcuni altri, dopo accusatili di aver trasgredita la
legge, li sentenziò a dover essere lapidati. Ma le persone, ch’erano in città tenute per più discrete e zelanti
deU’osservanza delle leggi, ne furono
assai dolenti...» (XX, 9, 1 trad. dell’abate Angiolini).
Anano approfittò probaMlmente
della presenza a Gerusaletmme di un
ufficiale romano di grado inferiore fra
U) morte di Festo e l’arrivo del suo
successore Albino, per strappare il
consenso a quello che è stato chiamato dal Lietzmann un colpo di forza
contro Giacomo, motivato da ragioni
oscure, che lo scrittore ebreo non riferisce: forse motivi personali, forse
gelosia della popolarità di cui Giacomo godeva presso il popom, pur essendo Cristiano (Goguel)? Questa
ipotesi sembrerebbe giustificata anche
dal capo d’accusa. Giacomo non sarebbe stato accusato di essere cristia
no e quindi bestemmiatore (come per
es. Stefano) ma di essere « trasgressore della legge » : gli « altri » messi a
morte insieme a lui difficilmente erano cristiani: la comunità di Gerusalemme, che non aveva molti martiri
da venerare, ne avrebbe certamente
serbato memoria. Invece la tradizione
ha dato vita a una fioritura leggendaria solamente con riferimento a
Giacomo: già in Egesippo, sempre citato da Eusebio, troviamo un lungo
r£(x:onto che cerchiamo di riassumere per i nostri lettori; dopo aver riferito le tradizioni sulla santità e sulla perseveranza nella preghiera ohe
abbiamo citato sopra. Egesippo narra
che i capi del Giudei si recarono da
Giacomo, timorosi che tutto il popolo
finisse per diventare cristiano in conseguenza della sua testimonianza, e
cercarono di convincerlo a esortare
il popolo « di non lasciarsi ingannare
su Gesù». Infatti moliti pensavano
che Gesù fosse il Cristo. Per rendere
questo servizio Giacomo avrebbe (iovuto mettersi, il giorno di Pasqua, in
un luogo eminente: il pinnacolo del
Temnio! Quando Giacomo fu ben in
vista' di tutta la folla, gli Scribi e i
Farisei lo apostrofarono, invitandolo
a fare la sua pubblica dichiarazione
su Gesù. Allora Giacomo rispose con
voce forte : « Perchè m’interrogate intorno al Figliuolo deU’uomo? Egli siede nel cielo alla destra della Potenza,
e ha da venire sulle nuvole del cielo ».
Allora i nemici del Oristìanesimo si
resero conto di aver sbagliato tattica
e reso un servizio’ alla causa di Cristo,
e saliti al pinnacolo precipitarono il
confessore. Ma la caduta non aveva
provocato la sua morte, e decisero di
finirlo con la lapidazione; e Giacomo,
postosi in ginocchio, pregava dicendo ;
« O Signore, Dio e Padre, ti prego perdona loro perchè non sanno quello
che fanno». Uno dei sacerdoti tentò
di frenare gli uccisori dicendo « Arrestatevi! Che fate? Il Giusto prega per
voi ! ». Allora un lavandaio prese il suo
bastone e con quello percosse Giacomo sul capo e lo uccise. Lo seppellirono sul luogo stesso del suo martirio.
E’ evidente l’evoluzione del racconto nel senso delle leggende dei marti
ri. Sono state rilevate diverse inconguenze del racconto, la richiesta degli Scribi a Giacomo, del tutto inverosimile; roflerta di quella straordi
l'aria tribuna a un cristiano, anri al
capo stesso della comunità ; l’uccisione nel Tempio e l’erezione di un se
polcro sul luogo stesso. Ma anche letterariamente, un lettore attento, e coi.oscitore della Bibbia, ritrova degl'
elementi presi dalla passione di Gesù
(Il Figliuol deU’uomo alla destra della Potenza, Matt. 26: 64) e dal martirio di Stefano (la preghiera per i per
secutori. Atti 7 ■ 60, nonché la lapidazione). Il pinnacolo del Tempio è sta
to suggerito probabilmente dal racconto della tentazione di Gesù. Tutti
(juesti elementi farmo ritenere leggendari i dettagli del racconto di Egesip
po, ma ciononostante esso rimane
sempre una testimonianza del fatto
che gli ha dato .erigine, cioè la fama
di santità di Giacomo, e la sua uccisione da parte dei Giudei.
Il resoconto di Giuseppe Flavio,
che abbiamo citato p«r primo, contiene invece una notizia utilissima per
fissare la data del martirio di Giacomo; quella deH’intervallo fra il governo di Festo e quello di Albino, uno de
gli elementi più sicuri di tutto il racconto. La data corrisponde all’anno
VÌU.Ì.1 mOSTRH
1963
Nella triplice edizione (italiana,
francese e inglese) è uscito il noto calendario, che la Claudiana è
lieta di presentare al pubblico. 6 quadricomie - 6 fotografie in bianco e
nero - Un messaggio del Moderatore
a presentazione del calendario - Tre
pagine documentarie che presentano
« La Chiesa Valdese e l’Ecumene »,
« Le Valli Valdesi », « L’evangelizzazione nella penisola » • Aggiornalo e
ricco indirizzario di chiese, opere e
pastori evangelici in Italia e delle
chiese di lingua italiana aH’estero.
Anche quest’anno il prezzo del calendario è di L. 400 la copia. Le prenota
zioni saranno evase al più presto; ehi
non si fosse prenotato, è invitato ad
inviare al più presto la sua ordinazione! Editrice Claudiana, Via Principe
Tommaso 1, Torino (ccp. 2/21641) oppure Torre Pellice (To) (ccp. 2/175.57).
62 d. C. Saremmo dunque a otto anni
di distanza dai 44, in cui, come abbiamo visto, Giacomo aveva preso con
molta probabilità la direzione della
chiesa in Gerusalemme, e anche a otto anni dalla catastrofe del 70 (conquista di Gerusalemme da parte dei
Romani. Eusebio aggiunge che «i più
assennati fra i Giudei pensarono che
la sua uccisione fu la causa dell’assedio di Gerusalemme », e che « Giuseppe stesso non dubitò di condividele questa opinione nei suoi scritti»
(Storia Eccl. II, 23, 19-20). Se quest’ultima notizia è vera non ci sono pervenute opere dello scrittore ebreo con
questa affermazione. A Giacomo fu
riSiparmiato il dolore di vedere la sua
comunità esule e dispersa.
Ohe buona parte del suo ministerio,
e soprattutto' che il suo martirio siano rimasti fuori del racconto degli
Atti degli Apostoli, e perciò ignorati
ai più, è forse conforme alla modestia
che certo accompagnò la pietà di Giacomo « il Giusto ». Non per questo egli
merita di essere dimenticato, e nella
ricorrenza del XIX centenario della
sua morte ne abbiamo voluto rievocare la figura. Bruno Corsani
DALLA RIVISTA « SOUTHL AFRICAN OUTLOOÌU
Notizie sud-africane
La nuova legisilazlone del governo sud
africano lia obbligato luUe le d«non«ina*ioni protestanti a riorganizzare Tinsegnamenlo teologico dei loro eandidali al ministerio pastorale.
Aiutate dal fondo per gli studi teologici
del Consiglio Boumeuico delle Obi esc
(Tlieoilogiiial Bducation EAind), 8 eliiese e
missioni lianno deriso di fondare assieme
un Centro di Stud'i Teologiri, virino alla
uuiversiità 'di Fort Bare. (Juesle cinese sono: Fai 'Oliiesa Presbiteria'na Bantu — La
Cliiesa Presbitieriana (europea) — La Clvie,sa Anglicana -- I^a Chiesa Melodista —^ L Unione Congregazionalista — La Missione
.Americana (American Board ot Mis.sions)
La Missione Scozzese — La Missione di
1.0 udrà.
II! Coiniitalo incaricalo della fondazione
<li ques.a Flacoltà, che verrà chiamata « Facohn Federale di Teologia dell’Africa del
Sud », !ia già inizialo i lavori dì cO'Struzione '.su un terreno coucesso dalla Missione
Scozzese. Ogni denominazione avrà una
sezione con convitto per i suoi studenti,
ma il 9()"(, dei corsi saranno in comune per
i 200 'Bludenti di qualunque razza, die si
spera di poter ammetticre. Il governo ha
approvalo questo progetto, od ha accetlalo
die in questo istituto non vi sia discriminazione delle razze.
Il Fondo per gli Studi Teologiei lia pròme.sso di pagare circa il 50% delle spese
per la costruzione dei locali comuni a tutti :
Aule, biblìoteon, uflSri ecc. Ogni denominazione provvederà i locali necessari alla propria sezione.
Sì spera die questa Facollà F’ederaile servirà ad elevare il livello degli studi teologici neH’Afrii'a del Sud, e die favorirà
una collaborazione sempre più efficace tra
1: varie denominazioni. E’ particolarmente
incoraggiante il fatto che audio la Chiesa
Anglicana !ia accettato di collaborare con
le altre diiese protestanti in questa lacolla
l’cderale.
Le (inique diie.se riformate olandesi ddl’Africa del Sud (iNederduitsc Gereformeerde Kerkl sì sono unite ed è stato Cioslituito un Sinodo Generale die si riunir.i
ogni quattro anni. I Sinodo locali coutinuijranno a fiunzionare, e si riuniranno annata!mente. Il Dr. van der Merwe, dì tendenza
liberale, è stato eletto primo Moderatore
del Sinodo Generale.
Sot'lo gli auspiici della Conferenza di tulle le diiese afrirane, (All Afriicaiii Lliurcb
Conferenze) avrà luogo a Salisburg (Sud
Rhodesia) dal 29 dicembre 1962 al 10 gennaio 1961, una conferenza per sludiare « La
Bdiuciizioine Cristiana in un’Africa die cambia ». L’erganìzzatore di questa conferenza
è il Dottore I). M’Timkulu. I problemi die
saranno studiati sono mollo importanti ipef
l’avvenire dell’Africa e sono pure m^to
vasti. Basta citare alcune cifre slabiliie
dalla comsultazione die ebbe luogo ad A(
dis Abeba nel 1961. Soltanto per riusegiianienlo secondario ri vorrebbero 23.000 profes,sori nel Congo, 11.000 in Etiopia, 9.00
nel Kenia, 6.600 nel Mali e 14.000 nella
Nigeria. R-
3
21 dioMniire 1962 — N. 50
pag. 3
Un impenno cristiano di soiidarielà
Pieds-nus al Centro di Médéa. nell'interno.
iSatide (1%1) per i bimbi delle famiglie
di rifugiali albnne.d. al Centro
glienza di Sucy-en-Brie.
(continua da pag. 1)
no infatti preso a carico l’Algeria per
svolgervi un’opera cristiana di aiuto.
E' probabilmente a questa nuova iniziativa che rOxl.G. del nostro Sinodo voleva alludere. In questo caso
non si tratta di raccogliere del denaro per le Chiese Riformate di Francia ma di rispondere semplicemente
airappello del Consiglio Ecumenico
lanciato molti mesi or sono per una
raccolta in favore dell’Algeria: la CIMADE non è ora in Algeria che uno
degli strumenti più idonei a compiere
questa opera sociale.
Game lavora
la GIMADE
Quale è il significato di tutta questa attività, di queste molteplici iniziative? in che spirito si svolge questo lavoro? Si può rispondere molto
semplicemente : tutto questo è fatto
come una testimonianza cristiana resa a Gesù. Sin dalle origini la CIMADE ha chiarito che la sua attività era
una attività ecclesiastica, che mante
neva stretti legami con tutte le chiese e si considerava in certo senso
espressione di tutte le chiese presso i
diseredati, in modo particolare i profughi. Tale carattere è rimasto alle
équipes della CIMADE in Francia,
Germania, Africa; e si può affermare
che il quadro di San Martino che costituisce il simbolo delle pubblicazion: della CIMADE esprime adeguatamente la sua impostazione: S. Martino, il credente che ha diviso il suo benessere con i poveri, la chiesa che impara nuovamente nei tempi moderni
a spartire il suo p^e e il suo benessere con gli uomini diseredati.
In questo spirito le «équipes» della
CIMADE svolgono la loro attività ma
è da sottolineare il fatto che si tratta
sempre di uomini e di donne impegnati insieme, in grui^, come una
piccola comunità: due o tre secondo
le necessità. In questo lavoro comune, come nelle responsabilità comuni si crea lo spirito della moderna testimonianza cristiana; se abbiamo
menzionato a proposito dell’opera
presso i rifugiati il parallelismo con
la nostra « Villa Olanda », a proposito
del lavoro e dello spirito della CIMADE dobbiamo menzionare i nostri
gruppi di serv'izio, in particolare il
gruppo a Riesi col pastore Vinay.
Questo modo di manifestare la no:tra speranza cristiana in Gesù Cristo, modo concreto e in gruppo, in con'unità, sembra a molti una delle testimonianze più efflcaci, ima delle
evangelizzazioni più vere; molti anzi
iiiiiiimiuiiiimiiiiiuiiimiiiuiiiiimiimimimmiiii
Gesù non si è vergognato
di chiamarci fratelli
Ascoiltiamo il Vangelo di Natale
secondo Matteo cap. 1 dal versetto 18.
Cari amici ; « Ora la nascita di Gesù
Cristo avvenne in questo inonlo ». E’
quanto mai necessario che questo ci
venga ricordato, infatti la spiegazione moderna del Natale rischia di farcelo dimenticare. 11 Pastore di una
comunità del sud della Francia mi
raccontava poco tem.po fa di una inchiesta da lui condotta tra i bambini
ilei suo villaggio. La'domanda era:
perche e che cosa festeggiamo a Natale? Su dieci bambini uno solo sapeva che il bambino di Natale è Gesù Cristo. L,a cosa sembra quasi incredibile e credo che una tale ignoranza sia comunque abbastanza rara.
Eppure ci si può domandare: dove
si trova il vero Gesù, l’autentico e
vivente Gesù in tutto il movimento
sentimentale e commerciale che si
crea intorno alla mangiatoia?
Ma non ci siamo riuniti questa sera per porre delle questioni critiche
agli altri, a coloro che qualifichiamo
facilmente « pagani ». Che ne sappiamo? Dio non potrebbe forse illuminare il loro cuore con un raggio della
grande allegrezza che tutto il popolo
avrà, secondo l’annuncio deH’angelo
ai pastori di Betleem?
Il racconto di Matteo ci fa riflettere se non siamo proprio noi ad aver
dimenticato ohe la nascita di Gesù
avvenne in questo modo, se la nostra
religione e la nostra teologia non
hanno sostitiuito le nostre fantasticherie alla realtà di questo avvenimento
Che cos’è dunque questo modo
reale e realista della nascita di Gesù?
Era una perplessità e poteva divenire
uno scandalo: un giovane giudeo si
accorge un giorno che la sua fidanzata aspetta un figlio che non è suo.
Giuseppe, precisa il racconto, era
« uomo piusto ». Si era formato con
una istruzione religiosa e morale che
non gli permetteva di trattare questa
questione alla leggera nè di volgere
■sentplicemente le spalle a questa di.sgraziata ragazza e neppure gli permetteva di attribuire una importanza
relativa a questo incidente dicendo:
può capitare, pazienza! Passiamoci
sopra e continuiamo!
E’ vero: una certa immoralità facilita la vita. Ma stiamo attenti! Ognuno di noi isa che cosa significhi essere
stato messo al mondo e dover vivere
ora, nella lotta della vita umana, giorno dop» giorno, dalla nascita fino alla morte. Quanto è grande il potere
che Dio ha dato a un uomo e a una
donna di trasmettere la vita a un
nuovo essere umano! Quanto dobbiamo temere la nostra responsabilità!
Per questa ragione la legge ebraica
era severa su questo punto. Una ragazza che si fosse trovata nelle condizioni della fidanzata di Giuseppe,
se fosse stata riconosciuta incinta per
colpa sua, avrebbe corso il rischio di
essere lapidata o strangolata. Eppure
il Giudaismo cercava degli argomenti
per non applicare la legge in tutto il
suo rigore e l’esecuzione di una fidanzata infedele era estremamente rara. Ciò non toglie che una denuncia
avrebbe rovinato resistenza di Maria. Giuseppe non lo voleva. Non volendo esporla ad infamia, si propose
di lasciarla occultamente.
Ma come rompere il fidanzamento
dal punto di vista pratico e legale?
Non lo sappiamo. E bisogna riconoscere che per un simile caso una buona soluzione non esiste. In un modo
o nell’altro lo scandalo deve scoppiare.
Conosciamo per esperienza situazioni inestricabili nelle eguali, anche
con la migliore buona volontà, il danno non può essere riparato. Più avanziamo nella vita e più soffriamo di
queste esperienze.
Ma ecco che. in sogno, non solo
viene indicata a Giuseppe la buona
soluzione, ma l'incidente disonorevole gli è presentato come l’avvenimen
MEDITAZIONE DI NATALE
TENUTA
ALLA FACOLTA' VALDESE
DI TEOLOGIA
IL 21 DICEMBRE 1961
to più gioioso e meraviglioso: « Giuseppe. figliai di Davide, non temere
di premier teco Maria tua moglie:
perchè ciò che in lei è generato è dallo Spirito Santo ».
Ah, se ciò fosse vero! Ma non sarebbe troppo bello? Non diciamo con
ragione: « Sogno è menzogna »? Giuseppe non lo dice, crede in ciò che
l’angelo gli ha spiegato, fa ciò che
gli ha comandato e prende la sua fidanzata incinta per moglie.
Coisì non c'è più infamia, non c’è
più ombra di alcun genere su Maria
nè su Giuseppe nè sul bambino.
Ma non è altrettanto evidente che
in questo modo tutta la vergogna ricade su Dio? E anche, a maggior ragione, su questo bambino, se egli è
veramente il figliuolo di Dio?
Sì! e proiprio questo è l’Evangelo:
Dio non ha vergogna di mettere al
mondo il suo figliolo in questo modo.
Corre il rischio, non teme che gli uomini lo interpretino a suo detrimento,
E il suo Figliolo eterno non si vergogna di diventarlo in questo modo. E’
così che egli diventa il fratello di tutti gli uomini. Non si vergogna di
mangiare e di bere con loro, di partecipare alle loro gioie e alle loro pene, di portare il fardello, la malattia,
la vergogna e il .peccato di ciascuno
Nessuno tra loro, nessuno tra noi,
quale che sia la sua condizione, po
trà più dire: la mia vita non ha .senso. non avrei mai dovuto nascere. No!
Se Gesù è il nostro fratello allora Dio
non si vergogna più di me. allora la
mia vita non è persa, malgrado tutto,
sì. malgrado tutti gli errori e i peccali che ho commessi.
Perchè ciò sia chiaro Giuseppe ha
dovuto dare a questo primogenito di
sua moglie il nome di Gesù : perchè
è lui ohe salverà il suo popolo, tutti i
suoi fratelli e sorelle dal loro peccato.
Ancora, l'angelo ha spiegato a Giuiseppe che questo modo di nascere
umano del Figlio dEDio non è stato
per così dire, una Àprovvisazione del
Padre eterno, ma" è il compimento
della profezia di Isaia che otto secoli
prima aveva annunciato la nascita di
Emmanuele, che interpretato vuol dire: Iddio con noi.
Questo modo di nascere del Figliolo
dell'Uomo, Dio lo aveva preparato
fin daH’inizio della storia umana, in
parlicolare nella storia del popolo
eletto. La genealogia di Abramo e di
Davide che precede nel primo Evangelo il racconto della nascita di Gesù
ne porta delle tracce evidenti. Quivi
parecchie donne interromipono la filiazione legittima delle generazioni :
Tamar che da suo suocero Giuda divenne madre di Fares; Rahab che era
una meretrice cananea; Ruth la bisnonna di Davide era Moabita e come
tale esclusa da un matrimonio legittimo con un Israelita; anche Salomone era nato da un matrimonio concluso da Davide dopo aver commesso
radulterio e l’omicidio di cui egli si
era reso colpevole con la moglie di
Uria.
In questo albero genealogico rultimo germoglio è Giuseppe, il marito
di Maria dalla qnale nacque Gesù.
Ed è ,per questo albero genealogico e quindi iper l’unità della rivelazione di Dio, che questo Giuseppe deve legittimare il figlio illegittimo della sua fidanzata.
Ecco l’inverso delTadozione che
Dio aveva praticato nei tempi antichi
ogni volta che aveva adottato un nuovo re tra i discendenti di Davide didiiirando: Tu sei il mio figliolo, oggi io t’ho generato. Qra è Giuseppe
che deve adottare il Figlio eterno di
Db in nome della famiglia di Davide in nome di Israele, in nome delTimanità.
Questa è l’importanza di Giuseppe.
Eixo perchè il .primo Evangelo metti in risalto la sua figura, mentre il
terzo rivolge la sua attenzione parti(olarmente a Maria.
In questo modo Gesù è diventato
lostro fratello, uomo tra gli uomini,
1 più umano, il solo veramente e au:enticamente umano, perchè autenticamente divino. Il bambino che in
Maria è generato è dallo Spirito Santo. Lo Spirito Santo è Tamore che
Wilhelm 'Vicher
{contiti'ju a pag. H
considerano che la chiesa ha in quest«: attività ima forma nuova, una
sfieranza di avvenire. AMiiamo pereonalmente avuto modo di incontrare
nel corso dell’estate, alla conferenza
di Graz, un gruppo di giovani impegnati nel lavoro della CIMADE. La
testimonianza resa dalla giovane responsabile del gruppo del « Clos Salembier» (quel gruppo che visse durante i più tristi mesi della guerra
d’Algeria nel quartiere arabo, solo
gruppo di europee in mezzo agli arabi) fu indubbiamente per molti di noi
una testimonianza impressionante
pur nella sua semplicità: non si trattava solo di un gruppo di volenterose
ragazze che facevano della beneficenza. ma di credenti che realizzavano il
miracolo della presenza cristiana in
mezzo ad un mondo scatenato nell’odio, era veramente la chiesa cristiana nella sua più pura espressione
in mezzo alla tragedia umana.
L’Oliera della CIMADE, simile sia
pur in proporzioni diverse a molti
aspetti della nostra opera evangelica
anche in Italia, appare dunque destinata a rinnovare la testimonianza del
Protestantesimo francese, a recargli
idee ed esigenze nuove: essa merita
proprio per questo di essere conosciu
ta ed appoggiata.
Il plano do! GGSA
por l'Algeria
Il Dipartimento d’assistenza del
Consiglio Ecumenico delle Chiese ha
lanciato il 19 marzo 1962 un appello
alle chiese membri del C.E.C. per una
opera di soccorso in Algeria. Da questo appello è nato il Comité Chrétien
de Service en Algérie (C.C.SA.), che
predispone le iniziative necessarie per
questo lavoro. Il progetto prevede per
il primo anno l’opera di un centinaio
di volontari (inclusi gli équipiers della CIMADE) ed una esecuzione di
progetti per la somma di 6.846.006 NF
(in lire la somma supera gli 800 milioni). Come saranno spesi questi fondi?
1") Distribuzione di viveri e di indumenti a circa 1.400.000 bisognosi, nella
sona di Costantina affidata dal governo algerino al COSA.
3") Potenziamento delle équipes della CIMADE a Algeri, Médéa, Sidi-Naamane, Belkitane, trasformandole in
équipes medico-sociali.
3“) Attrezzamento di due cliniche
mobili nella zona di Costantina.
Il simbolo delle pubblicazioni della CIm.ADE: S. Martino che dà il proprio
mantello all’ignudo.
4") Programma di aiuto biennale
per un totale di 3.500.000 giornate lavorative.
Questo ultimo punto è particolarmente interessante: le distribuzioni
gratuite non risolvono il problema
del>a miseria e della disoccupazione e
creano una mentaUtà negativa. Il programma di lavoro prevede invece Firnpiego di mano d’opera locale retribuita con viveri, ottenendo di provvedere
ai bisogni della popolazione locale, favorendo un’opera di educazione, cooperando allo sviluppo della nazione
algerina. Il lavoro più adatto i»r le
esigenze della regione di Costantina è
apparso allo stato attuale delle cose
il rimboschimento delle immense distese deserte della regione.
Si calcala che, a causa del disboscamento, degli incendi provocati dalle
truppe durante la guerra, dell’abbam
dono delle terre, circa 100.000 ettari di
terra coltivata siano persi annualmente!
Il piano del CCSA prevede la piantagione di 31 milioni di pini e olivi su
una superfìcie di 30.000 ettari, in 38
cantieri, dando lavoro a 60.000 capifamiglia al mese. La retribuzione, come abbiamo detto, avviene in natura
e non in denaro, sulla base di 1.000
lire giornaliere (un operaio guadagna
così in 10 giorni 150 Kg. di grano, 6
Kg. di latte in polvere, 3 Kg. di olio
bastanti a mantenere la famiglia per
la durata di 3 mesi).
In questo modo diretto e aderente
alle esigenze la chiesa evangelica sarà presente anche in questo nuovo
paese e recherà alla popolatone algerina una parola di pace e di speranza
dopo tante stragi. Possa la nostra riconoscenza e la nostra siieranaa crescere come i pini piantati sulle colline di Algeria per amore di fratelli in
Cristo. Giorgio Tourn
Ci scrive un’équipière
della CIMADE
.Abbiamo chiesto alla Signorina Pons,
impegnata nell’équipe della CIMADE a
Médéa fino al luglio 1962 e ora professoressa in un liceo di Algeri, di .scriverci
qualcosa sulla sua attività. La ringraziamo
per la risirosta e- te auguriamo di continuare gioiosamente, la sua bella opera.
( La famiglia della Sig.na Pons è originaria di Massello e Villasecca).
Pittura libera dei piccoli algerini al Centro della CIMADE in un quartiere d’Algeri
Fin da quando giuinsero in Algeria, nel
1937, le nostre piccole équipes ecumeniche e iulemazionali Iianno voluto essere
seiuplii-einenle, come altri erieliani, una
presenza che sost-enesse la l'hiesa in Algeria, un segno di ri<-'onciliiazioine fna le coniiunità e una Iilice di -speranza — modesta
ina feilele — in questo cieco inferno deirodio.
liiKtall-ati prima in mezzo alle bidonvilles (li un quartiere poipolofto di A'.geri,
le nostre équipes so<no poi peneirate più
addeulro nelle monitagne del Sud algerino, attorno a Médéa, e più tardi nella zona a sud di Costanlina, per cercare di
aiutare pure gli intemaili deM’intemo,
piccoli contadini costretti ad alubandonare
(-ase e t-erre e ridotti alla mendicità. Si
dovette dunque organizzare, eon l’aiuto
dei làiei delle chiese, un’immensa rete di
distribuzioni, at'lraverso lulta l’Algeria,
dei doni ricevuti dalle thiese di tutto il
mondo : missione difficile, perchè si aveva
semipre rimpressione di dare troppo poco
per alleviare quella miseria e di rimane
re molto lontani da quelle masse di derelitti anonimi e spìnti agli estremi.
Le équipes staibilì erano favorite a causa dei eonitalti uiraariii -stabiliti con la popolazionie, che coiupirendeva assai presto
perchè eravamo là, perchè vìvevamo in
mezzo a loro e ci occupavamo- d-eì loro
himibi c «'uravamo ì loro maiali.
A Médéa e. più tardi, su scala più vasta, in lulla la regione di Costantina, vi
sono stati pure tentativi di istruzione
agraria: creazione di fraitteti, dissodamento di terreni incolti.
La fisioniomia delle nostre équipes si
modiifiica un poco, a partire dall’Iudipender.za. Non si tratta più soltanto di alleviare la miseria — che rimane altrettanto
grande — ma di lavorare con i (juadri del
nuovo Stato per costruire il paese. Le infermiere nel bled -sono rimaste al loro posto, ma alcune insegnanti lianno lascialo
i loro gruppi di ricupero scolastico per
funzionare in qualche scuola quartierale o
in qualche liceo. La CIMADE stessa, in
quanto organizzazione, si è inserita nel
grande inovimenito del servizio in Algeria
del Consiglio ecuinenko delle Ohic.se
(C.C.S.A.).
Mutano pure le difficoltà da affrontare:
abbiamo conosciuto l’angoscia della guerra e i lacerameuili portali dalle contradditorie solidarietà die ci legavano ai nostri
aiinici europei e musulmani. La pace è
lornaita, ma, doipo le crisi iuteme, l’entusiasmo di molitii -si è spento e la vita
economica del paese è precaria. La miseria aumenta. Che ne sarà in pieno inverno? si trema a pensarci. Perciò grande è
la nostra responsabilità di criistiani. Più
die mai, noi che forse abbiamo dimeiili(-alo die cesa sigiiilit-a essere ossessionati
dalla fame, c vedere i bambini morire di
freddo, d-oliliiaiiio fare uno sforzo per
soccorrere questi « pi<x-oli » die sono nostri fratelli e che (piindi Dio ci lui affidati.
Ilélène Pons
d tutu il lattoni
e i collaêolatoü
cmguìiamo
un gioiabo l/latale !
-¥-4F-¥-
4
pag
N. 50 — 21 ditemlK-e 1962
VENITE, ADORIAMO...
INVOCAZIONE
Nel nome del Padre, del Piglio e dello Spirito Santo, un solo Dio ohe era,
che è e che viene, benedetto in eterno.
Amen.
Io sono la lucente stella mattutina
— dice il Signore — Io sono la luce
del mondo; sono venuto affinchè
chiunque crede in me non rimanga
nelle tenebre.
Padre nostro, ohe vuoi abitare nei
nostri cuori, fa brillare in noi la tua
luce. Poiché ci prometti di essere in
mezzo a noi, rendici capaci di offrirti
un culto gioioso e vero. Amen.
Inno 43: 1, 2
CONFESSIONE DEI PECCATI
La luce splende nelle tenebre, e le
tenebre non l’hanno ricevuta (Giov.
1- 5).
Signore, nostro Redentore, è giusto
che anche sul nostro Natale, come sul
tuo, vi sia quest’ombra grave. Noi siamo tenebre, malgrado tutte le nostre
luci. Tutto ciò che di tenebroso e di
cscuro è in noi, ha posto un’ombra
sulla vita terrena del tuo Figlio, fin
dal suo aprir gli occhi alla luce di
quaggiù. Quel che è più grave : non
siamo solo tenebre prima di aver creduto, ma torniamo ad esserlo sempre
di nuovo anche dopo aver creduto,
continuamo ad essere quelli che ti respingono. Ti supplichiamo, abbi pietà
di noi, Dio nostro. Tu dicesti, il primo
giorno: Sia la luce, e la luce fu; fa
brillare nei nostri cuori la luce calda
s feconda di Cristo, illumina e riscalda le nostre esistenze, la nostra fede,
la nostra speranza, la nostra carità.
Perdonaci, e dacci la tua pace, per amore di Gesù Cristo! Amen.
Inno 99
DICHI.ARAZIONE DI PERDONO
Dio ha tanto amato il mondo, che
ha dato il suo unigenito Figliolo, affinchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. E’ stato
chiamato Emmanuele, « Dio con noi »,
dalla nostra parte. Non temere, abbi
solo fede! Amen.
Inno 194
LA PAROLA DI DIO
Luca 2; 1-20; Matteo 2: 1-12.
Benedictus
Benedetto sia il Signore, l’Iddio d’Israele, perchè ha visitato e riscattato
Il suo popolo e ci ha suscitato un potente Salvatore nella casa di Davide,
suo servitore (come aveva promesso
ab antico per bocca dei suoi profeti).
Egli usa così misericordia verso i nostri padri e si ricorda del suo santo
Fatto, del giuramento che fece ad Abramo nostro padre, affin di concederci che gli servissimo senza paura
lutti i giorni della nostra vita. L’Aurora dall’alto ci visiterà, per risplendere su quelli che giacciono in tenebre
e ombra di morte, per guidare i nostri
passi sulla via della pace. (Luca 1).
Inno 49: 1, 2, 3
PREDICAZIONE
Vi è una grande differenza tra questo culto natalizio e i culti che si tengono regolarmente ogni domenica
nel resto diell’anno in questa Chiesa.
Oggi voi siete qui numerosi; nel resto deU’anno solo un gruppetto più
modesto si raccoglie e la gran maggioranza non viene qui nè regolarmente nè saltuariamente. Eppure questo culto ha qualcosa di identico a
tutti gli altri culti che si tengono qui
settimana per settimana: la lettura
e la meditazione della Parola di Dio.
Ogni volta che noi ci riuniamo, noi
apriamo la parola di Dio, la leggiamo
e la meditiamo insieme. Abbiamo portato qui le nostre idee, ma cerchiamo
una idea diversa; abbiamo portato le
nostre parole, ma aspettiamo che ci
venga la Parola diversa. Il culto evangelico è un confronto tra i nostri pensieri, la nostra mentalità e la scala
dei valori che Iddio ha fissato e ci ha
posto dinanzi come norma.
Noi siamo qui riuniti ' oggi per festeggiare Natale. Chiediamo dunque
alla parola di Dio di dirci che cosa sia
Natale; e facciamo il paragone con il
significate' che altri danno a questa
festa per scegliere quello autentico.
Ci sono in circolazione infatti molti tipi di festività, ciascun tipo ha i
suoi seguaci e forse noi apparteniamo
in misura maggiore o minore ad essi.
Vi è per esempio il Natale dello stomaco. Questa è la festa di ohi si rallegra di ricevere o di fare doni, di acquistare oggetti lungamente desiderati; di dare un morso sia pure modesto a quella torta che l’Europa offre ai suoi abitanti. In questi anni i'
livello di vita del nostro paese è salito di molti gradini e molti possono
mordere una fetta più grande che
una volta: che però non li soddisfa
che parzialmente perchè l’appetito è
nel frattempo cresciuto. Questo miglioramento delle possibilità finanziarie comporta però parecchi aspetti ne
gativi. L’antico concetto di famiglia
per esempio ne è rivoluzionato senza
che uno nuovo lo abbia ancora sosti
tuito. Il concetto di lavoro è modificato lasciando molti dubbi sul rapporto tra esso ed il benessere, tanto
che molti si convincono che tra i due
ron vi sia addirittura alcun rapporto.
Si è prodotto così uno squilibrio,
una incertezza nella mentalità corrente: i teddy ìxnys, ragazzi di buona
famiglia diventati rapinatori, la corruzione delirarnministraaione pubblica non sono che i segni esteriori di
questo disorientamento. E allora molti, combattuti tra il piacere del benessere e i dubbi sulla giustezza della via
scelta, accolgono Natale con sollievo
come un jnezzo per esorcizzare le pau
re e in un certo senso purificare la
corsa al benessere. In fondo all’animo molti s-embranc pensare : Bere
spumante mentre c’è gente che ha fame non è giusto; ma se bevo alla salute del buon Dio, vuol dire che non
c’è nulla di male — e con una pennellata religiosa sperano di togliere dal
quadro le molte ombre che lo deturpano.
Un confronto tra questo punto di
vista e il racconto evangelico non lascia dubbi che essi non hanno nulla
in comune. Intorno alla mangiatoia
di Betleem ci sono dei poverissimi (i
pastori, Giuseppe e Maria) e dei ricchissimi (i Magi): e nessuno di loro
si cura alcunché della propria situazione. Hanno ben altro a cui pensare!
E potremmo dire che se dalla scena
anche se studiandolo da vicino avremmo una conferma del fatto ohe Gesù
è nato non in uno scenario cinematografico ma nel pieno di una realtà
durissima. Basti menzionare che gli
storici gli attribuiscono fra gli altri
l’assassinio di due cogriati, di sua moglie e del suo figlio primogenito.
Quello che ci deve far riflettere piuttosto è la sua reazione di fronte ai
Magi, provenienti dal lontano oriente che giungono a Gerusalemme e
chiedono: Dov’è il Re dei Giudei che
è nato?
Essi non hanno bisogno di spiegare
cosa intendono con il Re dei Giudei.
Subito vengono compresi da Erode
Essi parlano del Messia, del Re Salvatore. Fin dai banchi della scuola
ogni giudeo ha imparato a memoria
i passi dei profeti che parlano del Re
atteso. Non è una notizia nuova quella portata da questi Principi orientali. Settecento anni prima Isaia aveva
descritto chiaramente il Re che doveva venire; e il profeta Michea aveva
addirittura indicato, nel cap. 5 del
suo libro, il luogo dove sarebbe nato:
Betleem, terra di Giuda.
Quando Erode era salito al trono
sapeva dunque chiaramente che il suo
Regno era provvisorio, che il vero Re
era un altro; come Davide e Saul o
tutti i re della monarchia ebraica pri
ma di lui, sapeva di regnare in vece
e quale luogotenente del Re vero.
sare per esempio che il trono gli arrecava troppi vantaggi : benessere,
prestigio, potenza. Si imò pensare che
fosse soprattutto preoccupato della figura che avrebbe fatto di fronte agli
estranei; si immaginava le grasse risate che si sarebbero fatti a Roma,
alla corte imperiale, apprendendo che
Erode il grande si era arreso ad un
neonato solo perchè certe antiche carte parlavano di un Messìa che doveva nascere.
Coà ci si può domandare perchè
noi continuiamo a voler tenere Io
scettro deila nostra vita, perchè continuiamo a condurre la nostra esistenza sul presupposto di esserne i Padroni. Ma in definitiva non è il perchè
che conta, ma Io stato di fatto : ed esso è che accettiamo il Re di Israele
a parole, riconosciamo il dominio di
Dio sul mondo in teoria : se no avremmo già dato le dimissioni da questa
comunità e non saremmo venuti a
questo culto.
Ma quando si tratta poi di trarne le
conseguenze personali, quando si tratta di un incontro diretto con Dio,
quando si tratta di pagare un prezzo,
allora il meccanismo non scatta. Siamo evangelici ma revangelo non
crienta tutta la nostra vita.
Sappiamo chi è il Messia, ma troviamo troppo scomodo rinunciare all’egoismo ohe permea tutta la nostra
vita fin nelle fibre più profonde. Sap
^ ontinuamo la pubblicazione
del testo di un culto intero, pensando in modo particolare, ma non esclusivo, agli
isolati delle distanze, dell'età,
della malattia, nelle comunità e
nella diaspora.
Questa volta offriamo il testo di un culto di famiglia per
il giorno di Natale. La predicazione è del Past. Mario Musacchio, tenuta nel Natale 1961
a Trieste.
r
Il Natale degli uomini
IL NATALE DI CRISTO
J
natalizia esce una parola essa non è:
Cercate o disprezzate il vostro benessere — ma: Cercate il benessere aegii altri!
H< 4c ^
Vi è d’altra parte un gruppo di persone per le quali la festa è soprattutto dei cuore. Intendiamoci: essi raccolgono volentieri le loro briciole della grande torta. Ma Natale evoca in
loro soprattutto pensieri di gioia casalinga e di serenità. Essi oppongono
questo loro natale a quello maieriai.'stico dei più e pensano di essere nei
giusto perchè pur facendo come gu
altri gii acquisti nataiizi li fanno con
spinto diverso; e vedono nella scena
ai Betleem il simbolo di una serenità
e intimità familiare che oggi sono
sempre più difficili a conservare.
Anche a queste persone il racconto
evangelico si incarica di dare una doccia ireoda. Vi è in esso infatti tutta
una serie di elementi, non casuali, di
sapore tutt’altro ohe sentimentale,
uu parto prematuro, illegittimo, per
cominciare: cosa c’è di tanto romantico in questo? Una stalla; e le stalle
sono scomode, fredde e antiigieniche ;
e tutta la retorica natalizia non può
cambiare il fatto che puzzano in mouo disgustante.
Vi sono dei pastori intorno al presepio; gente ben nota alia gendarmeria palestinese perchè disonesti, corrotti e violenti — tanto che la loro
lestimonianza non era accettata nei
tribunali. Altro che poesia, altro ohe
intimità: qui siamo in mezzo ad una
situazione anormale, scomoda, addirittura tragica — la situazione dei
profughi, la situazione di milioni di
persone oggi nel Congo, in India, in
tìioilia e in città vecchia a Trieste.
Se dal confronto con il Natale biblico queste due altre interpretazioni,
che mi sembrano essere le più diffuse, restano escluse, noi dobbiamo concentrare la nostra attenziooie per cercare di intendere un significato originario, autentico della data.
Può darsi che a questo punto quaicuno di voi fratelli e sorelle, pensi
dentro di sè: Il nostro giovane pastore crede di venire qui a insegnarci
lui che cosa Natale significhi. Noi di
culti a Natale ne abbiamo ascoltati a
bizzeffe, siamo di famiglia evangeli
ca da generazioni forse e non abbiamo bisogno di lezioni di cristianesimo. Condannare le degenerazioni materialistiche o sentimentali della festa, è giusto ma rischioso : perchè
quando si tratta poi di venire alla
parte positiva allora salta fuori più o
meno la solita tiritera, con le solite
belle frasi teologiche, le solite affermazioni bibliche giustissime ma innocue, che non significano nulla per la
nostra vita quotidiana. E cosi forse
qualcuno si è convinto ohe questo sia
la realtà di Natale: una leggenda poetica tonificante mentre la vita di ogni
giorno è altra cosa.
Fratelli e sorelle, vi era qualcuno
allora in Palestina che sarebbe stato
d’accordo con questo punto di vista :
e io vorrei cercare di penetrare il significato di Natale esaminando l’atteggiamento di questo personaggio
che sta un po’ in margine del quadro
e probabilmente non è mai stato oggetto di un sermone natalizio: il Re
Erode il Grande.
La sua persona non ci interessa.
Perchè adora Erode non va con i
Magi a cercare quel bambino a Betleem e a dirgli: Ecco rimetto nelle
tue mani lo scettro che ho tenuio in
vece tua?
Erode non può aver dimenticato
tami episodi della storia oei suo poporo e sa che se Dio ha deciso di agire in un certo modo, nessuno può feritale la sua opera. Nessuna potenza o
iraccmnazione ha mai poruto lermare l'adempiersi della volontà divina.
Esau e Giacobbe, Saul e uaviue,
Giuseppe e i suoi fratelli — tutta la
s-oria ebraica e l’esistenza stessa del
ijupoio erano dovuti a questa regoia;
c li trono stesso su cui Erode sedeva
sussisteva appunto in virtù ai questo
principio: la volontà di Dio trionia
sempre, gli eletti deboli oei »ignore
vincono sempre i potenti maledetti.
In fondo per chiunque conoscesse la
stona ebraica — ed Erode la conosceva — la nascita di quel bambino a
Betleem non era ohe il ripetersi ui
un episodio antico quanto Israele: ii
debole vince il forte se è armato della
potenza di Dio; il semplice sconhgge
li furbo se è condotto dalla saggezza
dellEterno.
Erode, astuto e intrigante, abile nei
manegg.'. politici conosce tuttavia la
sua Bibbia e sa di essere compresa
nel raggio della azione di Dio, specialmente in quanto Re di Israele.
Eppure, quando si trova personalmente di fronte ad una azione di Dio :
quando dal campo delle idee passa ad
un incontro diretto, qualcosa non scattata nel meccanismo ed Erode non
accoglie il Re che è nato. Altri Ebrei,
a Natale e più tardi, non riconosceranno m Gesù il Re d’Israele, mette
ranno in dubbio la sua qualità di
Messia. Ma Erode non sembra aver
dubbi di questo genere: è anzi taimen
te convinto che Gesù sia il pretenciente al trono di Israele che cerca subito di farlo ammazzare per eliminare il concorrente potenzialmente pericoloso. Non risponde ai Magi : « Ma
quello non è xm Re, U Re sono io,
quello è un impostore di provincia»
— ma invece è subito all’erta e prepara l’azione per stroncare subito e ra
dicalmente l’avversario. Il fatto uno
ristico che l’avversario sia un bambi
nello in fascie non può turbarlo, ap
punto perchè isa dall’Antico Testamento che Dio ha l’abitudine di agire
in quel modo paradossale e di ser/ir
si della debolezza per manifestare la
sua forza.
« ♦ «
Nella figura di Erode, fratelli e sorelle, mi sembra sia una rassomiglitnza di fondo con il nostro atteggiamento di fronte a Natale. Anche noi
sappiamo che il Re è venuto: quando
poi si tratta di riconoscere la sua fflvranità sulla nostra vita, allora cp
qualcosa che non scatta nel meccanismo. E’ come un composto chimico in
cui siano presenti tutti gli elemeni
ma in cui, per qualche ragione miste
ri osa, la reazione attesa non avviene
Da anni festeggiamo Natale; siam«
urtati dalla festa materialistica e in
tuiamo che a Betleem c’è qualcosa d;
più : ma poi rimamamo lì, nulla cam
bia nella nostra vita e continuiamq
ad andare avanti esattamente come
i materialisti e i sentimentaloidi, senza che Natale abbia inciso, abbia toccato, abbia mosso qualcosa in noi.
Perchè Erode vuole eliminare Gesù? Si possono fare varie ipotesi: pen
p:amo che contro la volontà di Dio
è inutile mettersi, ma poi nella vita
di ogni giorno facciamo quel che ci
pare.
H« 4: «
Con questa constatazione termina
la nostra meditazioine. Qualcuno potrebbe dire : Ma a Natale ci aspettavamo un altro' genere di sermone che
ci incoraggiasse, che ci facesse bene
al cuore: un insegnamento positivo
che ci rallegrasse.
Cari fratelli, nella parola di Dio non
rnanoa la gioia, gli insegnamenti positivi, non mancano le promesse. Ma
non sono mai promesse a buon mercato. Dio ci offre la liberazione ma ci
chiede di abdicare prima di accettar
la Promette di consolarci ed aiutarci
ma ci chiede prima di rinunciare ad
essere piccoli Re nel nostro piccolo
mondo personale.
Cosicché la scena natalizia, presentandoci tra gli altri personaggi anche
quello di Erode il grande, ci mette d'
fronte ad una scelta. Non ci culla nel
nostro sentimentalismo religioso ma
ci chiede un impegno, ci presenta delle esigenze integrali da accettarè o
respingere chiaramente.
Se Dio è il Sovrano — ci dice — inginocchiatevi davanti a lui ; allora
potrete essere arricchiti dei doni delia
sua grazia, consolati dal suo amore,
illuminati da-lla sua sapienza. Abdicate e solo allora potrete regnare con
lui.
E allora, in conclusione, nessun
predicatore può dire ohe cosa sia un
Natale autenticamente cristiano. Può
dirlo solo ciascuno di voi per se stesso.
La venuta del Salvatore sta là come
oggettiva possibilità di salvezza, come porta apertaci da Dio per uscire
dalla prigione.
Ma per noi essa diventa realtà nella misura in cui la accettiamo e la
adottiamo in pratica. Non possiamo
adorare il Re del mondo stando nel
nostro comodo palazzo a Gerusalemme ; Cristo è là nella stalla di Betleem
e noi dobbiamo fare la strada scomoda e dura per andarci.
E’ questa l’unica vera alternativa
alla festa dello stomaco e a quella del
cuore: il Natale di chi riconosce il
Re del mondo e lo accetta nella propria vita come Sovrano assoluto, come Padrone del nostro benessere e
dei nostri sentimenti, ogni giorno dell’anno.
Voglia il Signore che sia questo il
nostro Natale.
Inno 48
PREGHIAMO
Signore !
Ti lodiamo di poter vivere questo
giorno nella pace e nella gioia in coiiiune. Ogni cosa buona ci viene da
te e i nostri cuori te ne rendon
grazie. Ti ringraziamo di averci invialo Gesù Cristo-. Hai voluto che fosse
per coloro che credono in lui una sorgente perenne di luce e di vita.
Perdonaci se preferiamo spesso le
i.'ostre luci a questa luce ohe tu ci hai
iata. Con la nostra cattiveria, il nostro orgoglio, il «nostro egoismo mettiamo ostacolo a ohe i suoi raggi giungano fino a noi. Ne siamo profondamente addolorati.
Riempi, oggi, i nostri cuori di una
luce nuova che traspaia pure nella
nostra vita che gli uomini possono
vedere. E che la speranza di cui ci fai
portatori nel mondo trasfiguri le sofferenze di coloro che sono provati, solitari o disperati. Che non ci sia creatura la quale, udendo il messaggio di
Natale, non ne sia consolata e rallegrata. Amen.
Padre nostro...
Inno 18
ESORTAZIONE E BENEDIZIONE
Ed ora, splenda la vostra luce davanti agli uomini, affinchè vedano le
vostre buone opere e glorifichino il
Padre vostro che è nei cieli. Il frutto
della luce consiste in tutto ciò che è
bontà, giustizia e verità.
Il Signore resti con noi. Ci conduca
oggi e sempre nella sua luce e per la
sua gloria. Amen.
Gesù non si è vergognato
di chiamarci fratelli
(segue (In ¡uig. 3)
u-ni,sce il Padre ed il Figlio. E’ lo Spirito creatore che ha creato l’universo
ne! quale viviamo ed è lui che ora,
con la nascita di Gesù Cristo, ne fa
una nuova creazione.
Se Gesù è diventato uomo senza
vergognarsi di chiamarci fratelli, se
c diventato solidale con noi tutti partecipando interamente alla nostra vita, Egli lo fa perché vuo-le farci partecipi della sua vita, della sua vita
autenticamente umana e autenticamente divina affinchè diventiamo con
lui e in lui l’uomo nuovo creato ad
immagine di Dio. Lo Spirito Santo
che ha generato Gesù nella vergine
Maria, vuol fare di noi dei neonati
che gridano « Abbai Padre! ».
Lo Spirito stesso ci apre il cuore
per ogni altro uomo, affinchè riconosciamo in ogni uomo che incontriamo
un fratello, una sorella di Gesù e quindi un fratello , una sorella che Gesù
ci dà. Imipo-s-sibile allora -per noi disprezzare un uomo, comunque esso
sia e chiunque esso sia, impossibile
per noi vergognarci di lui e maltrattarlo.
Come ha scritto Giovanni Miegge:
« Ma basta considerare ruman-ità di
Gesù, l’umanità che si dona per amo
re del’altro, deiruomo e .pone la sua
gloria nel servire fino al supremo sacrificio, iper comprendere quanto le
concezioii più ardite che oggi reclamano per sè l’aweflire, sono in realtà arcaiche e su-perate. Esse non si
collocano ad un gradino superiore di
evoluzione, non sono l’avvenire, sono
il passato atavico, preistorico, che rigurgita nella coscienza acutamente
raffinata di una umanità malata di accentramento egocentrico e di profondo smarrimento spirituale. Sapere
questo è forse il principio della fede.
E può darsi che « l’imitazione di Cristo » del semplice, umano Gesù degli Evangeli debba essere anche oggi
la via di un nuovo discepolato, come
in altre e-poche, in cui la fede risorse
viva e fresca da crisi morali e intellettuali assai meno gravi della nostra.
« Una viva, fresca intuizione della
figura umana di Gesù è forse anche
oggi la via segnata a coloro che cercano ansiosamente di uscire dalle perplessità di questo nostro temipo ».
Voglia Iddio servirsi di questo Natale per dare a tutti noi e a tutti i
nostri fratelli! una viva, fresca intuizione della figura umana di Gesù.
Wilhelm Vìscher
(Trad. Bruno Bellion)
5
jj dicembre 1962 — N. 50
P«g. 5
Un Natale così
Cronaca del Concilio
Oiiiù anno sono più belle le strade
e le piazze; più luci, più colori, più
di tutto. L’atmosfera incomincia a caricarsi un mese prima, si ha quasi il
iinum- che si ripetano le stesse cose
dell’amw precedente e non si presenti
nulla di nuovo, allora si cerca di superare quanto è stato già fatto. Perchè è Natale. Natale che viene con
un seguito di giorni lieti legati con la
cordicella dorata nella carta a fiori e
candeline. Ogni volta che sciogliamo
una cordicella è un giorno da vivere,
una notte festosa, sotto gli archi delle lampadine tra gli arcobaleni del
neon o davanti a un albero acceso.
Natale è fatto di tutto questo in un
contorno di tavole imbandite, magazzii.i affollati, navate di chiese.
Ci sono anche molte altre cose che
"fanno" il Natale: il pranzo offerto
ai poveri dai soliti enti benefici, le
mance, le cartoline che aumentano di
numero ogni anno e gli auguri scambiati a v(K:e con tono entusiasta, più
per un reciproco annuncio di festa che
per profondo e amoroso deshlerio di
augurare qualcosa di bene a qualcuno.
Sì. in verità vogliamo bere a tutti
perchè ci sentiotno virtuosi e ci affrettiamo a mantenerci tali verso coloro che ci sono vicini anche se ignoti passanti in un'ora della nostra vita:
e questo metterci in regola con il prossimo ci rassicura che nessuna nota
stonata turberà la serie dei giorni che
ci aspettano, legati con la cordicella
d’oro.
E’ Natale. Tanti auguri. Ricambiameli. fammi un bel sorri.so, non mi
parlare delle tristezze, se ne hai. che
ti impediranno dì godere questo giorno, fai il vi.w allegro, ne ho bi.sogno
perchè serve a decorarmi la festa come le candeline colorate e i regali.
La parata gastronomica deUe vetrine di alimentari è al ma.vsimo del
suo splendore, l negozi di mode e di
regali hanno sottolineato dégnamente
' il "boom" ilei miracolo economico.
Un tcK'chino per Natale non può essere .soltanto un animale da cortile
miseramente finito nel forno, deve essere qualcosa di più .smagliante: un
simbolo, una caratteristica assunta ad
istituzione.
Ben venga la festa, ma che sia fe
sta soprattutto dentro di noi, nella nostra parte migliore. In questo giorno
Gesù Cristo scese sulla terra, non ancora invasata di luci e di parate natalizie ma già immersa da secoli nella palude del peccato. Quella notte
ebbe per unico splendore il volo degli angeli osannanti e una lampada
appesa alle travi della stalla di Betleem. Riviviamo quell’ora che la fantasia delle narrazioni fiabesche ha falsato della sua realtà così meravigliosamente scarna e divinamente irxantevole. Non c'era la neve in quella
notte, nè laghetti con i cigni nè piccole case civettuole tra ciuffi di piante da giardino. La notte calma e fredda serenamente bella alitava sulle colline deserte, tra pianure di pascolo
dove il verde si fondeva nei sentieri
sassosi ai limiti delle terre d’extra.
Qua e là capanne di pastori dove la
vita sembrava ferma, impietrita come
la creta dei tetti. E il Figlio di Dio
nasceva.
Penso se all’improvviso in una di
queste sere, quella del 24 dicembre,
un avvenimento mutasse tutto l’apparato scenico intorno a noi. Non più
luci nè colori, strade e piazze semibuie con rari lumi che brillano in un
silenzio d'attesa neH’ora del miracolo. E nelle case soltanto un riverbero
di candeline, intorno a una tavola coperta della tovaglia bianca e poche
cose essenziali per una cena raccolta.
Ma in compenso un cielo bellissimo
come in una notte d’Oriente, con la
e.siesa teoria delle costellazioni percorse dalla scia melodiosa del coro
d’angeli. E noi tutti compresi da quella bellezza, paghi .<<olo di quella, intenti a ricordare.
Buon Natale! ripetuto l’uno all’altro con un cuore fervido di speranza,
rinnovato nella Fede e nell’amore, un
augurio di pace offerto e richiesto per
gustare l’antico .sapore del pane sacro al destino dei mortali. Un augurio che è desiderio .struggente e dolcis.simo dì udire nelle pause del .silenzio, mentre udiamo battere il nostro
cuore, il pianto del Bimbo Dìvitio.
Una culla dentro ognuno di noi. desiderio antico di pace alia nostra inquietudine, sconosciuto bisogno di
un Natale così. Marco
De Ecclesia
Proprio sul finire della prima sessione il Concilio ha affrontato quello che in molti ambienti cattolici è
considerato come ”il tema centrale
del Concilio” : la Chiesa. E’ questo
uno dei temi su cui mttggiormerUe si
.sta esercitando, da alcuni decenni
ormai, la riflessione teologica cristiana ed anche il Concilio ha sentito
la necessità di formulare una sua dottrina della Chiesa. Nulla di preciso
ì dato di conoscere sul contenuto
dello schema ”De Ecclesia”, elaborato dalla Commissione Teologica.
Sono invece stati resi noti alcuni degli argomenti in esso trattati: la natura della Chiesa; V appartenenza
alla Chiesa (chi ne è membro, quindi chi è salvato, dato che ’’fuori della Chiesa non c’è salvezza”); l’episcopato; i laici; il magistero; l’autorità e l’obbedienza nella Chiesa; la
evangelizzazione; i rapporti tra
Chiesa e Stato; l’ecumenismo. Finora gli interventi favorevoli e quelli
cautamente contrari allo schema
sembrano essersi equilibrati. Sempre
di nuovo riemergono quei due (in
realtà sono molti) tipi di cattolicesimo di cui abbiamo parlato in altra
occasione: es.si non .sembrano destinati
ad e.scludersi nè a neutralizzarsi a vicenda e neppure a fondersi l’uno
nell’altro ma piuttosto a equilibrarsi in una ampia sintesi teologica che
integri i valori delle varie tendenze
novit;^’
VITTORIO SUBILIA
Il problema del Cattolicesimo
Pagg. 244 - L. 1.800
SELMA LONGO
Il vecchio della montagna
(racconto di Natale con disegni
di Edina Prochet)
Pagg. 24 - L. 200
Claudiana, Via P. Tommaso 1Torino
e possa costituire una base comune
a tutto il cattolicesimo attuale, in vista di un suo rilancio sia in campo
ecumenico sia nella società attuale —
rilancio cui questo Concilio sta dando la spinta iniziale.
Intervallo
La discussione sulla Chiesa riprenderà, a Dio piacendo, nel settembre
1963. In questo lungo intervallo le
commissioni conciliari saranno al lavoro, verosimilmente per adeguare
gli schemi non ancora discussi a quel
lo che si è rivelato essere l’indirizzo
teologico prevedente in Concilio, o
quanto meno allo spirito che vi ha
finora regnato. Molti schemi, infatti,
peccano di unilateralità, esprimono
cioè una sola tendenza del cattolice
simo — quella, invero, che finora ha
fatto testo. Ma il Concilio, che si fa
eco della voce corale della Chiesa
cattolica (e non solo di quella curiale ) non poteva non reagire a tale uni
l ater alitò: e difatti ha reagito energicamente. Si può prevedere dunque che anche gli schemi non ancora presentati in Concilio saranno
sottoposti a un riesame preliminare
da parte delle commissioni conciliari, rendendoli più consoni alle finalità prevalentemente pastorali del
Concilio, in modo da semplificare i
lavori della prossima sessione (che
avrà inizio, com’è noto, l’& settembre 1963) e possibilmente accelerarne il ritmo. Questa sessione si chiude infatti con un bilancio piuttosto
modesto. C’è chi ha osservato che
l’unico risultato finora acquisito è
T inserimento del nome di San Giuseppe nel canone della messa. In
realtà, c’è di più. E’ vero che temi
di capitale importanza come quello
sulle fonti della rivelazione o sull’unità della Chiesa sono stati rinviati a più tardi, perchè non si è potuto creare su questi argomenti un
consenso soddisfacente fra i ’’padri”
conciliari. Ma non va dimenticato
che gli schemi intorno a cui tale consenso avrebbe dovuto crearsi erano
veramente i meno adatti a questo
scopo. Quei rinvìi non significano
dunque che il Concilio sia teologicamente sterile, ma denunciano piuttosto l’inadeguatezza degli schemi proposti. Si è saputo, intanto, che lo
schema rielaborato sulla rivelazione
non avrà più come titolo ”De Fontibus Revelationis” ma ”De Divina
Revelatione”. Quanto allo schema
sulla liturgia, non ne è ancora stato
approvato il testo definitivo, ma si
può prevedere che lo sarà, e a larghissima maggioranza. Anche l’episcopato conservatore lo approverà:
è questa la migliore prova del fatto
che, per quanto lo schema contenga
delle innovazioni di carattere pratico per lo più orientate in senso evangelico, esso mantiene intatta la dottrina cattolica tradizionale della messa, per cui permangono, in campo liturgico, i motivi profondi del nostro
dissenso da Roma.
L’enfant terrible
Massimo IV Saigh, patriarca di
Antiochia dei Melchiti e ’’enfant
terrible” del Concilio Vaticano II",
il a, dicembre, durante la discussione dello schema ”De Ecclesia”, ha
fatto in Concilio un intervento la cui
audacia teologica ha stupito anche i
vescovi più spregiudicati. Tanto che,
secondo alcuni, se quella mattina
Ruffini avesse presieduto la seduta
probabilmente Massimo IV sarebbe
stato interrotto e messo a tacere. Ma
il a dicembre, durante la discussiodese Alfrink... Massimo ha parlato,
come al solito e di proposito, in
francese (con traduzione italiana),
anziché in latino ed ha polemizzato
vivacemente contro l’accento eccessivo posto sul primato del papa, affermando, sulla base di Giovanni 21
(colloquio di Gesù con Pietro), che
il primato del papa non può essere
altro che un primato d’amore e che
non è su tale primato che riposa il
fondamento della Chiesa, in quanto
’’la pietra angolare non è il papa ma
Cristo” — avrebbe detto espressamente. Molti ’’padri”, purtroppo,
non capiscono nè il francese nè l’italiano. Paolo Ricca
(iconti-nua a pag. 6)
La maestra Esterina sedeva in fondo alla saletta del culto ed era infastidita e disorientata. Osservava le poche file di sedie, i sette od otto uomini da una parte, le altrettante donne
dall’altra, e i bambini seduti tutti insieme davanti. Ecco, i bambini erano
i più numerosi; si vedevano le loro testoline brune agitarsi al livello degli
schienali, e le loro gambe dondolare
irrequiete appena al disotto dei sedili... La maestra guardava ogni cosa;
le pareti bianche, il testo biblico dall’ingenua illustrazione appeso da un
lato, il tavolo dietro il quale l’anziaiio
evangelista parlava con la Bibbia in
mano. Tutto era decoroso nella piccola sala evangelica, ma tutto molto diverso dalla chiesa donde proveniva
Esterina, chiesa moltitudinaria, raccolta in una vasto tempio, con l’organo, il coro, le tante persone amiche.
La maestra era perplessa, si sentiva a
disagio ; non era più giovane e i cambiamenti non le piacevano. Aveva accertato quella nuova sede d’insegnamento in una cittadina di mare, perchè i medici avevano consigliato alla
sua vecchia madre il clima marittimo; era riconoscente d’aver trovato
nella località ima chiesa evangelica,
perchè lei e sua madre non avrebbero
potuto farne a meno, e bisognava ammettere che erano state accolte con
affetto cristiano da quei fratelli semplici e sinceri. Ma la comunità le sembrava così misera, così sprovveduta!
Senza volerlo Esterina sospirò, e la
madre, una graziosa vecchietta tutta
bianca e rosea seduta accanto a lei, la
guardò e le sorrise, lieta e serena come al solito. Come faceva la mamma
ad essere sempre così serena, sempre
contenta di tutto e di tutti, Esterina
proprio non lo capiva ; la mamma, per
esempio, s’era subito inserita nella vita della piccola chiesa e nel cuore di
ognuno, con il suo garbo e la sua dolcezza; in poco tempo aveva imparato
il nome dei bambini, e sembrava conoscere già a fondo quelle famiglie
che Esterina distingueva a malapena
le une dalle altre; apprezzava l'anziano evangelista ed amava il suo modo di esporre la Parola di Dio, cosi
pieno di fervore e di fe^e, che le comunicava un grande conforto, diceva.
Per la mamma tutto era facile, pensava Esterina; ma per lei no, lei era
diversa ; le occorrevano tante cose per
essere soddisfatta, anche nella chiesa... S’accorgeva d’aver esercitato in
modo particolarmente vivace il suo
spirito di critica verso tutto e verso
tutti da quando era arrivata; ma non
poteva fare altrimenti.
Adesso il culto era terminato e il
★ unii mm di mm ★
piccolo gruppo di fedeli, dopo essersi
soffermato sull’uscio a salutarsi calorosamente a più riprese, s’era sparpagliato per le vie della cittadina, tra
un festoso vociare di bimbi.
★
Anche Esterina e sua madre s’erano avviate lentamente verso la loro
dimora, e la vecchia signora parlava
del culto, che era stato particolarmente buono; Esterina ascoltava confusa
ciò che diceva la madre, e si stupiva
di dissentire completamente da lei...
E’ vero che non aveva seguito molto
il predicatore, che era stata distratta,
annoiata. Ma che cosa le mancava
dunque? perchè non era come la dol
ce signora che le camminava a fianco? perchè era così chiusa, rigida, dii
fiche da accontentare, senza vera gioia nè vera pace nel cuore?
La madre continuava a parlare, assorta nella sua interiore letizia ; « Si
avvicina il Natale, Esterina; pensa, il
nostro primo Natale in questa simpa
tica comunità... ». « Chi sa come lo festeggiano qui il Natale », rispose Esterina di malumore e quasi indispettita, perchè non riusciva a condividere
la serenità deH’anziana signora.
« Pensavo, figlia mia, che dovresti
organizzare qualche cosa per l’occasione; per esempio, una bella festa di
bambini. Tu sai farlo tanto bene; forse, come dici, qui non hanno mai avuto una vera festa di Natale con l’albero, le recite e tutto; sarebbe per loro una gradita sorpresa... ».
La conversazione su questo argomento si prolungò per tutta la strada e
poi ancora più tardi nella giornata;
la maestra e sua madre fecero insieme vari progetti, in seguito ai quali
Esterina sembrò ritrovare tutta la sua
energia, lasciò da parte la perplessità
e si dispose seriamente all’opera.
★
Il risultato di questa volonterosa
decisione .si potè vedere la vigilia di
Natale, giorno stabilito per la festa,
quando la maestra Esterina con la parola « attività » impressa su tutti i
tratti del volto e della persona, si mise in moto fin dal mattino presto ed
incominciò ad andare e venire neiralloggio per adunare una quantità di
oggetti, scatole, gingilli, pacchetti, costumi di carta; apri e chiuse almeno
dieci volte l’armadio; sistemò la madre confortevolmente nella poltrona.
e poi uscì, con passo risoluto seguita
da due o tre ragazzetti carichi di
borse d’ogni specie, che erano venuti
ad aiutarla, e si trasferì nella sala della chiesa, (^ui non ebbe più sosta durante l’intera mattinata: adomava
l’albero, impartiva ordini, spostava sedie e tavoli, faceva ripetere poesie e
recita, provava e riprovava il coro.
A mezzogiorno, finalmente, ognuno
fu libero di ritornare a casa propria
per mangiare un boccone alla svelta,
onde essere pronto nelle prime ore del
pemeriggio, quando la festa tanto attesa avrebbe avuto inizio.
... Com’era da prevedere, il program
ma natalizio organizzato dalla maestra Esterina riuscì molto bene : la saletta era stipata aH’inverosimile ; i
bimbi bravi ed entusiasti; i genitori
commossi e riconoscenti; così che,
quando la maestra potè finalmente
andare a letto, alla fine della faticosa
giornata, si sentì contenta per la prima volta da quando faceva parte di
quel piccolo gruppo di fedeli.
In effetti, sua madre aveva ragione:
lei poteva fare qualche cosa per quella chiesetta senza iniziative ; e poi l’attività a favore degli altri era una buona norma, dava un senso di soddisfazione, di forza, di fiducia in sè stessi e
nelle proprie capacità; dava uno scopo alla vita. Porse era appunto questo che le era mancato, pensava la
maestra... Ma il Signore la conduceva
silenziosamente verso qualche cosa di
più profondo.
dr
L’indomani, giorno di Natale, all’uscita del culto, Esterina fu abbastanza stupita di essere invitata da Olimpia, una sorella della chiesa che faceva la sarta, per la sera stessa dopo
cena, in casa sua. « Siamo solite ritrovarci fra sorelle la sera di Natale;
una cosa molto semplice, sa? se vuole
venire ci farà tanto piacere... ».
Come? un’altra festa di Natale dopo la sua di ieri, e perchè mai? Allora l’avevano la festa di Natale, e non
avevano detto niente! lei s’era data
tanta pena per organizzarne una, quasi che la comunità non sapesse che
cosa volesse dire festa natalizia, ed
ecco già la sera dopo ce n’era pronta
un’altra in casa di Olimpia!... Elsterina era seccata, non capiva. E, in de
finitiva, a dire il vero, non aveva alcun desiderio di andare.
Ma come fare? non si poteva dire
di no; quelle donne si sarebbero tutte offese: ieri l’avevano tanto lodata
e ringraziata, che essa veramente oggi non poteva rifiutare il loro invito.
S’era proposta di trascorrere una beila serata di Natale tranqifilla, vicino
al fuoco, con la madre, scrivendo alle
amiche; invece... Pazienza, sarebbe andata.
★
L’alloggetto dove abitava Olimpia
era al terzo piano di una casa popolare, vecchia e brutta, dai muri screpolati, male illuminata, con un cortiletto pieno di gatti, ed una stretta
rampa di scalini alti e sbrecciati che
non finiva mai, lungo la quale stagnava un insopportabile odore di fritto
di pesce, di modo ohe la maestra arrivò su senza fiato e nauseata. Ma l’accoglienza delle sorelle, già tutte radunate, fu tahto simpatica e affettuosa,
che Esterina si rinfrancò .
La stanza era piccola, pulita, ordinata; vi era in un angolo la macchina da cucire, e dietro un paravento
spuntavano, appesi, alcuni vestiti in
prova; uno specchio, un tavolo grande, intorno al quale tutte le sorelle
presero posto, non aj>pena la maestra
venne fatta sedere premurosamente a
cfipo tavola. Non v’era niente all’intorno che preannunziasse una festa
qualsiasi, nè sul tavolo, nè sulla creaenza. S’era però subito diffuso tra le
presenti un senso di fraternità semplice e calda, senza alcun artifizio, reso più dolce e vivo da una conversazione pacata, sottovoce, come in attesa di qualche cosa d’importante. Infatti poco dopo, tutte trassero dalle
loro borse, una Bibbia; la sfogliarono
con mani riverenti ed esperte, senza
esitare nè confondere i capitoli; trovarono rapidamente im passo suggerito da Olimpia, ed incominciarono a
leggere a turno, lentamente, con impegno, con amore per quanto legge
Esterina era molto stupita: non si
aspettava questo; non aveva mai pensato che si trattasse di una riimione
così ; non aveva portato la Bibbia, era
confusa... Ma già Olimpia gliene aveva aperta una davanti, e le indicava
il passo che ora toccava a lei leggere
Senza neanche sapere come, la maestra udì la propria voce — una voce
strana, un po’ velata, che non riconosceva — leggere i versetti indicati:
« Siate dunque imitatori di Dio come
figlioli suoi diletti, e camminate nel
l’amore, come Oristo ci ha amati e ha
dato sè stesso per noi» (Ef. 5; 2). Il
turno di lettura continuava: dopo la
maestra, toccò a Giulia, la guantaia;
poi a Rosa, la mamma dei quattro
bambini più irrequieti della comunità; poi alla vecchia Francesca, e così
via... Ogni tanto una interrompeva la
lettura per fare un’osservazione su ciò
che aveva letto; per partecipare una
esperienza personale; per sottolinea
re il valore e il significato di un versetto; per metterlo in relazione con
un altro passo simile della Scrittura.
A misura ohe la lettura e la meditazione biblica continuavano in questo
modo così semplice eppure così serio,
Esterina era sempre più interessata, e
sentiva che qualche cosa si scioglieva
in lei, qualche cosa di duro, di arido
di pretensioso, di compassato, che l’aveva accompagnata per anni, ed era
stato come un velo pesante davanti
al suo spirita. Le parole della Bibbia,
letta e commentata da quelle donne
senza istruzione, ma credenti convinte, le si rivelavano finalmente quali
esse erano in realtà: perle di meravigiiosa bellezza, così vive e vere, che
parev.ano cadere ad una ad una sul
tavolo disadorno di quell’iunile stanza
e formarvi un monile sfolgorante. La
Parola veniva a lei, senza pompa alcuna, senza nessun apparato, con il
suo suono dolce e sottile, ma con iurta la sua potenza, ed essa ne era scossa fino nel fondo dell’animo.
Lei non sapeva, non aveva an<»ra
mai compreso, irretita nelle sue abitudini, nel suo formalismo, ripiegata su
se stessa, ricercando sempre e ancore
se stessa in tutto ciò che faceva e pensava; era soltanto di ieri la sua soddisfazione vanitosa, le sue considerazioni meschine sulle proprie capacità... In verità non sapeva nulla dell’amore di Cristo che batte ed urge
nei cuori; della vocazione che sospinge e preme da ogni parte il credente
a servire e a donarsi, unicamente per
amore, come si è dato il suo Signore.
« Risvegliati tu che dormi e risorgi
dai morti, ed il Signore t’inonderà di
luce» (Ef. 5: 14) stava leggendo Olimpia, e la maestra sapeva che questa
parola era diretta a lei. In quella piccola modesta stanza il Signore l’inondava di luce, rivelandole l’amore di
Oristo « ohe ha dato sè stesso per noi »,
dono ineffabile del Natale.
Qui era la vera festa di Natale e
non altrove; qui dove si meditava in
tal modo sull’amore di Cristo e lo si
accoglieva fervidamente in cuori ben
disposti. Ma era una festa e una gioia
tutta interiore, ohe il mondo non poteva capire. Edina Ribef
6
pa«. 4
N. 50 — 21 dicembre 1962
A PACHINO
La comunità accoglie
il Moderatore
Nei reeocoralo della Conferenza Dieteetaule di Catania, ali{iiaiso recenaemente eu
queeao giornale, è veniata fuori una frase
infelice che biisoigna ehiarificare; «Pachino. Esortazione a tutte le comunità a inviare aiuti finanziari ». Non so a quali
disastri il lettore avrà potuto pensare. In
realtà a Pachino non si lamenta nul‘la di
anormale. I/anno eotdesiastico è inizialo
rogolairnienite con là ripresa di tutte le
attività sospese durante Pe^te. Il 2 novembre Ita avuto luogo al cimitero la
consueta cerimonia die attira ogni anno
non meno di 200 persone all’ascolto della
predicazione della speranza cristiana. Alcuni dei nostri membri di Chiesa Itaivno
coatosciuto X’Evattgelo in quell’occasione
che si ripete di anno in attuo.
La sera del 2 dicembre, di ritorno da
Caltanissetta, il Moderatore ha visitato la
Chiesa di Pàdiino, presiedendo un culto
con S. Cena. L’ora tarda ha impedito a
molti dei nostri di essere presenti. Il
tempio era tuttavia quasi al completo.
L’indomani si diceva in paese ohe gli
evangelici sono stati visitati dal loro vescovo, persona icoltiasima, dalla bella voce.
Non sono cO'mpetenle di storia valdese,
ma il Moderatore Rostan è forse quello
die ha visitam di più le Cliiese del Meridione. La Chiesa di Pachino gli è particolarmente riconoscente.
Prossimamente, se Dio vorrà, procederemo a dei lavori di antpliamenlo. Il tempio è ormai troppo pioco'lo. Contiene appena i membri di Chiesa. Non appena si
fa una cerimonia a cui intervengano degli estranei, non si sa più dove mettere
la gente. L’8 diceanhre, in occasione del
matrimonio di Briante Giuseppe con
Anienta Conceltina, c’erano in Chiesa 200
persone, i posti a sedere nei bandii sono
80, con le sedie die si possono aiggiungere si arriva a poco più di 100! In occasione di un altro matrimonio, qudlo delPlnig. Achille Fortuna, buona parte degli
invitati rimasero fuori. Era presente uu
nostro fratello residente in America da
molti anni. Egli fu cosi sconvolto che si è
messo a far pressioni sulla Tavola perchè
si proceda a lavori di ampliamento. Si è
sottoscritto per la somtna di 3 milioni.
Anche l’Asilo avrebbe bisogno di essere
ampliato. Due piccole aule non bastano
per contenere oltre 60 bambini. Il Moderatore li ha visti pigiati, seduti in 4 per
Ogni banclietto a 2 posti. Ma non s’è trovalo ancora un finanziatore.
Quest’anno è particolarmente benedetto
dal Signore. Avevamo tanto cercato una
maestra giardiniera evangelica die desse
il cambio alla nostra Sig.ra Giardina Maria ved. Caloigero, ormai avanti negli anni e cagionevole di salute. Essa ha già
dato per R Signore il meglio della sua
vita e non si è ancora ritirata. Quest’anno ne aihbiamo due e forse ne avremo 3.
Si è costituito a Pachino um gruppo di
servizio die comincia la sua giornata col
culto alle 8,15 e vive la sua giornata ser
vendo il Signore ueUa persona dei piccoli
fanciulli.
Ad Avola lè nostre riunioni sono state
disturbate recentemente da una ventina
di giovinastri die schiamazzavano davant
al nostro locale di culto, recentemente re
siaurato. La polizia è intervenuta questa
volta iu' nostro favore, dando prova di al
to senso di civismo. A Priolo continua il
nostro sforzo di evangelizzazione nell’am
hienite industriale. Mentre si parla di ca
rena a di vocazione, noi abbiamo trovato
collaiborazione non solo fra i fratelli d
Pachino, ma anche in elementi evaragelic
assai qualificati di Siracusa e di Catania
Niente dunque falsi allarmi per Pachi
no. La Conferenza Distrettuale dell’8 no
vembre ha semplicemente esortato le
Chiese del Distretto a sostenere finanziariamente l’Asilo di Padlino. La no-slra
piccola Comunità non potrebbe infatti da
sola soelenere un’npetu sociale così impegnativa. E bisogna dire ohe l’esortazione è stata accolta con entusiasmo anche
fuori del Distretto. Lo dimostra l’denco
delle offerte ricevute che diamo qui di
seguito.
Offerte ricevute dall’Asilo Infantile Valdese « Il Redentore » di Padlino a parti*
re dal l» ottobre 1962:
Chiesa di Pachino L. 10.600; Fam. Arena N'Uzzi (Catania), in mem. di Arena
Iole, 5.000; Scuola Domenicale di Bergamo 25.000; Lidia Mailacrida (Como) 2.000;
Carla Rostain Zavaritt (Bergatno) 30.000;
Elisa Munri Troti (Bergamo) 5.000; Unione Femminile di Zurigo 35.000; Chiesa
Valdese di Vittoria 6.900; Unione Femminile di Verona 30.000; Enrica Zavaritt
I Gode) 20.000; Matilde Steiner (Bergama) 10.000; Edvige Kriili (Treviso) 3.000;
Danilo Venturi (Boloigna) 2.000; Giulio
Cesarò (Palermo) 2.000; Odelboliz (Svizzera) 2.000; Famiglia Messina (Vittoria)
10.000; Camnelo Buodiieri (Vittoria) l.OOO:
Alpino G. Tara (Milano) 10.000; Gay Margherita (Milano) 1.000; Rutili Iselin (Svizzera) Fr. 20; La Rosa Bernardo (Catania)
2.000; Jacques Roos (Olanda) 7.000; Alice
Jo’uve (Toirre Pdlice) 1.000; Mario Coreani (Torre PelJice) 1.000; Chiesa Valdese
(Torre Pelliee) 5.000; Unione Giovanile
(Bergamo) 25.000. S. G.
CRONACA DEL CONCILIO
{segue da pag. 5)
Un balzo innanzi
Nel suo discorso d’apertura del
Concilio, il papa affermò, tra l’altro,
che ”lo spirito cristiano, cattolico
ed apostolico del mondo intero attende ”un balzo innanzi verso una
penetrazione dottrinale e una formazione delle coscienze...” Al termine della prima sessione del Concilio
non si può ancora dire che tale
’’balzo innanzi” sia stato compiuto,
nè ci si poteva ragionevolmente
aspettare che lo fosse: la grande avventura conciliare è in fondo appena, ai suoi inizi. Si può però già dire
che il cattolicesimo attuale, (¡naie è
emerso dai dibattiti conciliari, non
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
;ls
Dipartenze. - Domenica 2 dicembre, si
sono iivoiLi i funerali della nostra sorella
Baret Caterina ved. Cbianforano, dei Roman, deceduta, dopo anni di infermità alla età di 84 anni; sabato 15 quelli della
sorella Pastre Ida in Girard, di S. Bartolo
meo, deceduta in seguito a grave incidente
stradale alla giovane età di.30 anni, lasciando nel dolore il marito e quattro giovani
buinbini, nonché numerosa parentela. Il
Signore consoli i cuori afflitti e turbati.
Riunioni. - Abbiamo avuto nella Comunità fin’ora dite turni di riunioni quartierali, nel (-orso détte qual iil Pastore lia incotninciato a pairlare sul tema della « testimonianza cristiana n come da racooniandazione sinodale.
Avvento. - Nelle predicazioni domenicali dii questo mese, la Comunità viene posta
dinanzi alla, meditazione dell’Avvento per
mezzo di passi dell’Antico e del Nuovo
Testamento. Siamo impegnali, in tutti i settori della vita ecclesiastica, alla preparazione del Natale. Iddio benedica questa
preparazione per il bene di tutti.
Sim-imtia. - Un ; gruppo di sorelle della
Unione delle Madri sta accompagnando, in
questi -giorni, la Sig.ra Peyrot in un giro
di visite atte socdle .anziane e animalate
della Comunità, alle quali è recata una parola di simpatia e di solidarietà. Tale visita è molto apprezzata dalle sorelle.
Colletta in natura. ■ E’ in corso in tutti
i quartieri detta Parrocchia la colletta in
natura a favore degli Istituti Ospitalieri
Valdesi, condotta sotto la guida dei Sigg.
Anziani e con la coMaborazione del gio
vani.
Il nuovo ambulatorio
evangelico a Firenze
La prima opera sociale realizzata dal Centro Evangelico di
Solidarietà
Il 10 novembre u. s. a Firenze ha avuto
luogo la prima assemblea generale di tutti
i sostenitori del « Centro Evangelico di So
lidarietà ». Sono state presentate le rela
zioni del lavoro «volto fino a quel giorno
e tutta l’attività compiuta dal dimissiona
rio Comitato Direttivo, è stata ampiameu
te approvata dalla stessa Assemblea, all’u
nanimità e con prolungati applausi. Le eie
zioni svoltesi durante il corso deli’Assem
blea hanno riconfermato molli de^ì appar
tenenti al precedente Comitato e hanno
portaito nuove forze in. seno al nuovo Consiglio Direttivo che è risultato così compo
sto: Sansone Leopoldo, Presidente; Botti
ni Ugo, Vice Presidente; Capouetto Sara,
Segretaria; Zarotti Luigi, Tesoriere; L’A
baie Alberto, Raipporli con Enti Esterni;
Tesio Piera, Responsabile Ambulatorio;
Gagliardi Lilia, Assistenza; Lombardo Già
corno, Responsabile alla raccolta; Rappresentanti delle ebiese di Firenze: Fabiani
Osvaldo, Scalzo .Antonio, Bartoletli Cornelio (oltre al tesoriere Luigi Zarotti).
La prima opera sociale realizzata dal
Centro Evangelico di Solidarietà, è stata
inaugurata la sera del 7 dicembre u. s.
Dopo il culto di ringraziamento, presieduto dal Pastore Metodista di Firenze sig.
Sergio Carile, al quale hanno partecipato
membri di tutte le chiese evangeliche della
citlà e numerosi amici, sono stati aperti !
locali del nuovo Ambulatorio.
Si tratta di un complesso di tre stanze,
servizi igienici e accessori, su circa 100 mq.
di superficie, arredati in modo che tutto risulta funzionale e necessario. Il nuovo ambulatorio non avrà soltanto la funzione ohe
la parola stessa indica, ma sarà un centro
medico sociale nel cuore del più -popolare
quartiere fiorentino. Direttore del nuovo
Ambulatorio (che fra poco sarà un -poliambulatorio con le seguenti specialità: ostetrìeia, cardiologia, otorinolaringoiatria,
pedia-tria ed endocrinologìa) è stato nominato il fratello Doti. Marco Ricca; la re
fpon-saibile dell’ambulatorio, Piera Tesio.
valente Assistente Sanitaria, si avvarrà della -coll-aborazio-ne di una assistente di ambulatorio fissa e della collaborazione del
fratello -Alberto L’Abate, spceializzato in
Af sistenza Sociale. Il nuovo « Centro Medico-Sociale » del Centro -Evangelico di Solidarietà cercherà, con l’aiuto del Signore
e la collaiborazione dei vari medici, di portare ancora in mezzo atta Comunità ed al
popolo fiorentino una dimostrazione prati
ca deli’amore cri-stiamo che anima ogni credente.
Presto sarà emanato il programma di lavoro che -prevede fra l’altro oltre a-ll’aiasislenza ambulatoriale, a-nclie quella domiciliare gratuita per coloro che risn-l-teranno
privi di ogni assistenza medica e che desiderano avvalersi di questo nuovo servizio.
Rendiamo grazie al Signore per aver dato al « Centro » la possibilità di -realizzare
que-sla opera che è stata compiuta con il
Suo aiuto e la collaborazione di molti fratelli fiorentini e d’Italia.
Il complesso costerà circa L. 2.000.000, il
doppio di quanto preventivato all’inizio dei
lavori.
Un fraterno appello a tutti gli amici fiorentini e agli amici di -tutta Italia perchè
non si istanchino di- collaiborare con il
« Centro » che vuole soltanto mettersi si
servizio del nostro Salva-tote e di tutti gli
uomini bisognosi di co-nforto e di amore.
Ohe si possa realizzare veramente in tutti i credenti quello che con Ioni veramen
te spirituali il Pastore Carile ha indicato
durante il e-ulto di ringraziamento: tutto
ciò che si fa, lo si faccia nel Nome di Gesù.
TI Centro Evangelico di Solidarietà continua con ri-nnovata energia il suo lavoro
in Firenze. Il suo programma prevede anche la ««istruzione di un Giardino d’Infanzià ; la pensione per uomini senza famigli«!
e forestieri dì passaggio dalla città, altre
opere necessarie e utili in una comnnità di
credenti e a testimonianza dett’amo-re ohe
anima la vita di ogni credente.
La sua sede sociale è in Via dei Benci 9
(Chiesa Metodista); l’Ambnla-torio è in Via
dei Serragli 49 (Istituto Gonld); il conto
corrente postale è il numero 5-20840 (tonti correnti po.stali di Firenze).
LUSERNA S. GiOVAKHl
Autunno. — Il precoce tempo invernale non ha impedito la piena ripresa delle
(livcirse attività di chiesa. I culti serali
negli sparsi q-uarlieri del vasto territorio
parroiochiale, le Scn-ole Dome-miicali, le
tornate delle diverse Associazioni, Feniyiiinile. Giovanile e Corale so-n-o in fe-rvo-re d’attività, anche se ognuna lamenla
ra-sseniteiisano di molti oletueuti c-lie si cerca dii raggiungere con aippetti e visite domiciliari per dniserirtt nettia adatta 'atlività.
iL’« Unione Giovanile Evanigeli-oa », <-o-ii
Un originale felice niutamenlo di iniposlazione del proprio lavoro e una eltìcienle ripartizionie dette responsabilità, ci
sembra decisamente impegnala sulla via
indicata dalla propria desi-gnazio-ne e dalla propria lonlama origiin-e. Ottimi, J-nte
ressanli sca-uibi di visite lianno avuto
luogo già con altre Unioni delle due
Valili.
Anche il n-o-slro « Organo » di (Illesa
ha, in oecasiome del suo pritno decennale di vita, proceduto ad una necessaria
revisione interna, ossequiente alla raccomandazione del suo rimpianto cosliruuore, Fairtigiain-o Berutti di Torino. Ed ora
il suono del prezioso strumento si è nolevolmente -addoloito, peirmetlendo una
assai migliore fusione di tutte le voci.
La spesa cospicua della avvenuta riparazione non è però ancora coperta che per
i due terzi dalle offerte vol-ointa-rie fin qui
pervenute. Mentre la Commissione pro
Organo rinigrazi-a viva-mente gli 80 soUeciti donatori, ricorda a tulli gli altri che
è ancora e più -che mai tempo di ridestare le sopite generose intenzio.ni.
Una visita d’eccezione. — La comunità
ha beneficiato, Doment-ca se-ria 9 dicembre, detta visita di un interessante gruppo di giovani tzigani evangelici francesi,
frullo di una vasta opera evangelistica che
pastori pro-testa-ntì Iianno iniziato da alcuni anni in Francia, per la riabilitazione
soeiiale e spirituale del misconosciuto e
diisprezzato popolo degli Tzigani, ramingo, e senza patria nè stalo civile nel mondo. I nostri amici giungevano con proprio automezzo dire-tlamente dalla Grecia
(2000 Km. senza tappe!) d-uve si erano
recati per annunziare ai loro confratelli
ellemci tpi-ett’Evangelo che aveva tra-sformat-o la loro vita. La bella ri-unio-nie nel
-tempio, diretta dal pastore Le Coissec che
li accompagnava e alia quale oigni tzigano ha contribuito con una fresca vibrante
testimonianza personale, ha lanciato atta
nostra fede, cosi Inaniqiuilla e ri-servata,
urna sfida die dovremmo raccoigliere, ricordando anche le parole del Cristo a
proposito dei fanciulli e dei semplici di
cuore ai quali è indiispenisabile rassomigliare per avere accesso al suo Regno.
Verso l Altra Riva. — In queslo periodo dell’anno eodesiaslico la nostra Coniiunità è stala assai provata per la dipartenza di fratelli e sorelle dei quali ricordiamo con co-minoissa gratitudine e con
ferma speranza i cari nomi :
Domenico Colucci, Bey, padre del Pasiorc Direttore di Villa Olanda, il 4 otto
hre in età di 98 anni ; Giovanni Giacomo
Ricca, il 16 ottobre i-n età di 81 anni ;
Pietro Prassuit, il 20 c-llobre in età di 88
anni ; Luigi Stefano Rivoira, il 28 ottobre, in età di 71 anni ; Paolina Bertin, il
22 novembre, in età di 78 a-nini ; Giuseppina Benech, il 28 novembre, in età di
60 anni; Elsy Melania Ricca-Bonnet, il 29
novemihre, in età di 57 ai ni; CLeineme
Alberto Jouvenal, padre del prof. Roberto, a Bo-rdigliera il 30 n-ove-m-lvre i,n età
di 74 anni e inuma,lo ne] n-ost-ro Gi-milc-ro
{1 3 dicembre; Giorgio Anseimo. deceduto in Ospedale a Torino in elA di 53 anni
c inumalo a -S. Giovan-n-i il 13 di-ce-mbre ;
c il 14 dicemibre il Signore ha richiainalo
u Sè la nioistra giov.a-niiissi.m-a cate-cumeina
Malvina Favout di Enrico, in età di 11
anni.
Alle faniiìglie nel duolo rìnn-o-vi-aim-o
r'espressione della -nostra profe-nda parteciipazi-one al loro dolore e alla lo-ro ferma
speranza iristia-na. J.
VILLAR PEROSA
Ln festa dell’Albero di Natale avrà luogo do-merai-ca pomi-eri ggio 23 corr. alle ore
14,30 in un salone del Ristorante Olivero
gcnlilme-nte concesso e die qui ringraziamo sentitamenle.
Il cnl-to di Na-la-le avrà luogo alle ore
nove in un salone del Ristorante l’ingon
pure ge-nt-ilment-e conc-ass-o e che qui, pure, ringraziamo sentitamenle.
Gli altri culti dOm-enleali hanno luogo
regolarmente al presbiterio: Casa Venturi, Boriga-la So-ulier, alle ore 10,30.
La SiC'Uola Domenicale, ogni domenica
alle ore 9, al presbite,rio.
Le lezioni di catechismo, il giovedì ed
il sabato atte ore 15.
Le alli-vità unio-nisl-e, ogni sabato sera
alle ore 20,15 nella piccola romantica sale! la delle Chenevières.
Il Signore ha richiamato a sè il nostro
fcale-llo Bou-cliard Oleanente -di anni 51.
In modo inailteso, l’altro mattino, mentre
tornava da una corsa nel fondo valle, per
iiin infarto, nella via, a pochi passi da
caisa sua.
Pochi giorni prima, in o-ecasioue di una
visita del P-astore, gli aveva detto; « Una
chiesa nuova, come quella che stiamo fondlando, deve a-nehe possedere una biblioteca, mi p-e-nnetta di offrirle, per da-ile
inizio, queslo volume » e gli aveva messo
nelle mani una bella co,pia, rilega-la, del
volume « La Bibbia aveva ragione ». Nessuno avrebbe potuto immiaiginare, allora,
ohe a pochi giorni di distanza, egli sarebbe stato anche il primo ad inaugurare
u-n altro libro; quello dei decessi.
Molto amato dalla popolazione delle
Chenevières e d-ai suoi co-mpagmi di lavoro della RIV, ricevette lunedi 10 coit.
in occasione del proprio aocompa-gnia-m-euto funebre, una fervida di-mostra zìo ne di
stima- e dì cordoglio. Le .sue spoglie
mortali sono stale deiposte in quett’oasi di
pace che è il piccolo cimitero delle Glieli evi ères.
A CATANZARO
Visita del Moderatore
La -sera di Domemiica 11 Novembre u. s.
atte ore 19,30, abbiamo avuto il -piacere di
ricevere la gradita visita del nostro Moderatore, Pa-st. Eirmauino Rostan. Dopo un
breve saluto, rivolto dal nostro pastore, il
Moderatore ha presieduto un culto, parìaUiilo -sul testo di Atti 11: 26 : « -E avvenne che per un arano intero essi si raunarouo
nella chiesa e ammaestrarono -un gran popc-lo; e fu lira Antioolua che per la prima
volta i discepoli fraron 'chiamali cristiani ».
« Oggi il nome di cristiano è un titolo di
onore. Come, voi fratelli di Catanzaro,
portate questo nome? •— Ila detto il Moderate-re — Con orgoglio e con van-ità, oppure umilmenite e con fede? Io vi auguro che
queslo nome lo sappiate portare come i discepoli detta chiesa di Anlioebia ».
Buona parte dei membri di chiesa era
presente e tutti sono stali od-ifi-cati dalla
parola del Moderatore. Egli ha anche iiluslrato brevemente le opere della Clidesa
Valdese in Palermo (nel quartiere della
Noce) e -in Riesi, indiea-ndo le difficoltà in
cui si svolgono queste opere e facendoci
notare la posizione di privilegio che abbiamo qui in Catanzaro, con un bel Io-cale di
culto e un ambiente non molto ostile, che
ci permette di svolgere il nostro lavoro con
serenità e -senza eccessive difficoltà.
Voglia il Signore benedire il lavoro di
responsabil-kà del nostro Moderatore e, con
lui, la nostra Comunità di Catanzaro, il
nostro ipaistore e la sua brava compagna c
tutta l’opera della nostra Chiesa in Italia.
Possa la nostra vita essere ogni giorno di
nuovo guidala e sorretta dal Signore per
un servizio sempre più fedele. E. Scorza
è statico e che una parte non solo
periferica (come in genere si pensava) di esso non è più ancorata alle
posizioni difensive, altere e scomunicanti della Controriforma. Se di
un balzo innanzi non si può parlare.
Si pili) parlare di un sensibile sposta,
mento di larghi settori dell’episcopato verso altri poli della spiritualitu cattolica — spostamento abbastanza repentino, si direbbe, e che
ha colto un po’ tutti di sorpresa.
Tale spostamento, che è certo in par.
te dovuto all’influenza della teologia
protestante ed al rinnovamento biblico ormai all’opera anche in seno
alla Chiesa cattolica (la Parola di
Dio non è incatenata), sembra annunciare la fine del monopolio curiale nella elaborazione dottrinale e
nella giurisdizione della Chiesa cattolica. Questo significa che assisteremo non già ad una sostanziale revisione dell’ apparato teologico cattolico, che è tuttora impensabile nella
Chiesa di Roma, ma forse a un progressivo, seppur cauto, accantonamentó di certe affermazioni dogmatiche e di certe posizioni spirituali,
giudicate non incompatibili ma poco
congeniali col nuovo corso che si
vuol dare al cattolicesimo. Il catto
licemo di domani, il cattolicesimo
aggiornato”, non sarà identico a
ijuello cui siamo stati abituati. ”Lu
natura c l’importanza di questo canih.iaménto costituiscono il mistero
dell’immediato avvenire c le comeguenze di questo cambiamento costituLscono il mistero dei prossimi de( e.iiiiT’ (Jean-Marc Chappuis, in La
Vie Protestante del 23-ll-’6ìl). Le
s;ranrli tesi dei Riformatori, per
quanto siano, come ogni cosa umana, storicamente condizionate, hanno mi valore permanente e determinante', un valore canonico, che non
solo non è diminuito ma anzi è accresciuto dall’attuale situazione del
cattolicesimo. Esse sono irrinuticia
bili. L’opera iniziata dai Riformato
n del XVI secolo e che per Tintran
sigenza romana si è dovuta svolgere
finora a lato della Chiesa cattolica,
può e deve essere continuata. E se
potrà ora, in parte almeno, cominciare a svolgersi anche all’interno
della Chiesa cattolica (oltreché, s’intende, nelle nostre chiese, che sono
anch’e.sse sempre da riformare) —
questo sarà per noi motivo non già
di avventati ottimismi pseudoecumenici ma di attesa vigilante, di speranza e di preghiera.
Ma ci rendiamo conto che queste
considerazioni non si situano più al
livello della ’’cronaca del Concilio”,
bensì già al livello della sua (e nostra) storia. Paolo Ricca
Direttore resp.; Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175. 8-7-1960
Tìo. Subalpina s.p.a. - Torre Pelliee (To'
Il 12 dicembre, all’età di 92 anni si
è spento a Napoli il signor
Isidoro Odin
addolorati ne danno il triste annunzio la figlia Elide, la sorella Giulia, i
nipoti Franco e Marco.
« Dio darà pace all’anima mia »
(Salmo 55: 18)
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