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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguendola verilà nHla cartkà
Erss. IV. 15.
Si dislribuisce ogni Venerdì. — Per cadun Numero cenlesimi 10, — Per caduna linea d’inserzione cenlesimi 20. g
C/'oiidizioui d’A»«fiocinxiones
Per Tobino — Un Anno L. S. — Adomicilio L. 0
Sei mesi -3. — • 3 SO
Ti-e mesi • *. — . * »»
Per Francia e STizzera franco a destinazione, e per l'Inghilterra franco al confine lire » sm
per un anno, e lire 5 per sei mesi.
— Provincie L. M *0.
— . « *S.
— ■ t SO.
Le Associazioni si ricevono; in Torimo nll tinizlo dpi <;lornalc, via Valentino, cara.
Bellora, N" 12, 3” piano; e dai Frniolll ■■lanca lilirai, via I). V. degli An);cU, eaiia Pumha.
— A (icnora, alla ('appella »aliIPMp. mura di S. Chiara.
Nelle provincie, prcsao tutti gli Uffirii postali per mezzodi Vaglia, che dorranno essere inviali
fraìico al Direllore della Bro>A Noyfci,LA e non allrimenli.
AU'eslero, ai seguenli indirizzi : I.o^nrA, dai «Igg. Nis«l>ell e C, librai, 2| Bcruers-irtrest;
Parigi, dallalibreriaC. Meyrucis, rue Tronchet, 2; Ninta dal sig. Pcjrot-Tincl lilvraiu; l.iEo»;
dai sigg. Denis et Petit Pierre lihrai, me Neuve, IS; bi»c\itA,dal aig. E. Beroud libraio
I.OSASMA, dal sig. IJclafoniaine libraio.
ERRATA-CORRIGE.
Nel numero antecedente, colonna terza, linea
20, dove è parlato dell'annuo regolare stipendio
che ai pastori di 13 fra le parrocchie delle Valli
viene pagato snl fondo cosi detto reale inglese,
invece di 3000 (fremila), come fu erroneamente stampato, leggasi 300 (ipecento).
IL DOTTORE GILLY.
(Vedi Buona Novella num. 43 e 45).
III.
Poco prima della sua partenza ei riccvea una
lettera che gli diceva : < Dove sono i vostri
banchieri? è intento nostro depositare nelle
lor mani 2000 lire sterline, da impiegarsi a
vostro arbitrio in benefizio dei Valdesi ».
« Potete figurarvi con qual trasporto, dice il
€ signor Gilly, io rispondessi a tal lettera ed
« accettassi l’offerta generosa del donatore. Gli
« palesai l’intento mio di consecrare il suo dono
« alla fondazione d’un collegio, in cui i giovani
« valdesi potessero, senza espatriare in Isviz« zera o altrove, avere convenevole educazione.
« Mi fu risposto; — Siamo cosi incantati del
« vostro piano, che portiamo le lire 2000 a
« 5000 (I2.d,000 fr.). — Cotal somma fu im« mantinente depositata presso il mio banchiere
« e lasciala alla mia disposizione ». Il medesimo
benefattore, così generoso a favor del collegio, diede inoltro I300 lire sterline per un
presbitero in Torre e l’erezione d’un nuovo
tempio. Ripieno di gioia e di speranza, l’amico
nostro tornò nelle Valli in compagnia della
giovine sposa e di un fratello di lui. Ci ha lasciato nella seconda sua opera il frutto delle
sue accurate indagini sulla storia e lo stato
presente de’ Valdesi, come della commovente
simpatia cristiana per quella Chiesa da lui prediletta. « Dopo un abboccamento coll’incaricato
« d’affari della Gran Bretagna, il sig. conte di
« San Giorgio, allora di ritorno dalle Valli, ci
« ponemmo in via per Torre, ove giungemmo
« alle 7 di .sera. Impossibile il descrivere la
« piena d’affetti che m’innondava l’anima nel
« rivedere quei luoghi a me così noti e cari,
« al pari quasi del natio paese. Neirattraversar
« quella via diritta diritta di Torino a Pinerolo,
« pareami ritornare a casa, anziché andare a
€ rinnovare antica amicizia. Quando poi spiccò
« allo sguardo la punta del Castelluzzo, che
« San Giovanni colla sua chiesa ed i verdeg« gianti colli. Torre col suo ponte, si discopcr
* sero ai miei occhi, profonde, soavi e vera« mente invidiabili erano le mie emozioni ; mi
t stava accanto un’anima che meco le divideva.
« Se fu mai felicità pura provata da un mortale,
< la conobbi io in quella sera che mi ritrovai
« nelle contrade sacre del Pollice e del Chisone,
€ noU’antica sede della Chiesa di Cristo, accolto
< qual amico nella casa ospitale del sig. Hert,
t pastore di Torre ».
II dott. Gilly godette, per tutto il tempo del
suo soggiorno, di quei riguardi d’un’amicizia
cordiale e delicata; e mentre egli attendeva ai
doveri della vita sociale e domestica, e godeva
del sublime spettacolo della natura, non perdeva di mira il precipuo suo scopo. Furono visitate tutte le parrocchie; i pubblici stabilimenti,
la loro organizzazione, la loro statistica, i possibili miglioramenti, tutto ei passò a rassegna.
Prima di lasciar le Valli, il dottor Gilly consacrò alcuni giorni a visitare lunghi celebri che
pili particolarmente gli stavano a cuore. In
compagnia del fratello e di alcune intrepide
guide si calò nella celebre caverna del Castelluzzo, ove in tempi di persecuzione nascondevansi persino 500 de’ nostri antenati. Percorse pure il campo deH’attività missionaria di
F. Neff., cui dedicò un’opera che vide la quinta
edizione. Di ritorno da Rriangon, volle vedere
il Pragelato, antico asilo de’ Valdesi perseguitati nella prima parte dei regno di Luigi XIV;
i nomi delle famiglie, dei borghi, delle rupi;
le case, e in molte fra esse, la Bibl>ia serbata
qual tesoro ereditario, tutto rammentavagli, in
queirinteressante vallata, il tempo felice, in
cui vi era conosciuto il vangelo. Sentiamo dalla
propria sua relazione un tratto interessante di
quella sua alpestre peregrinazione.
( Sapendo il popolo ch’io era ministro protestante, mi seguì di borgo in borgo e mi fece
scorta fino allo sbocco della valle. Era bramoso
di trattenersi collo straniero. — Avrebbe un
Nuovo Testamento francese? mi disse uno di
essi pel mezzo della guida. —Sì. —Me lo vuol
vendere? — No, non mi è lecito venderlo, non
debbo farlo.— .Me lo vuol dare? — Non posso, voi
conoscete la legge. Se ciò facessi saremmo tutti
e due carcerati. —Me lo vuol dare in prestito ?
--- Neppure. Ad un tratto gli balenò alla mente
uno spediente ingegnoso. L’alpigiano mi disse:
Lo smarrisca, lo ritroverò io ».
Per quella gita, conservò il dottor Gilly dolce
rimembranza e simpatico affetto al Pragelato ;
negli ultimi mesi della sua vita, esternava il
vivo desiderio che fosse la contrada riacquistata
al vangelo, ed offriva a tal fine la sua attiva
coopcrazione.
In questo soggiorno di due mesi il dott. Gilly
si confermò nel pensiero di dotarle V'alli d’un»
SciioUt superiore, e entrò in trattative coll»
competenti autorità. Sorsero le gare municipali
tra le diverse valli. PramoI olTriva il legname.
San Germano un terreno o i trasporti, col patto
che fosse eretto il cellegio nel vai Chisone.
Dal canto loro quei di San Giovanni facevano
le più larghe prolTorte, proponendo di fabbricare a proprie speso am|>io edificio con adatl»
recinto, da nominarsi Cam dfilU- Valli; una
petizione firmata dai duo terzi dei membri della
parrocchia fu mandata in Inghilt<irra, perch«
si prendesse in considerazione la loro olTerta;
ed in mezzo agl’imbarazzi cagionati da quel
dissidio di pareri e di voli, congratulavasi il
fondalor del collegio di veder apprezzalo il suo
progetto a segno da diventar pomo di gewrosn.
discordia.
Erano ina^nifiche le proposizioni di San Giovanni ; la fresca memoria però delle vessazioii
e restrizioni cui andò soggetta quella parrocchia, non permetteva di stabilire il centro dell’istruzione valdese in luogo così preso di mira
dalle autorità papistiche, avverse allo nostro
libertà. Nel 181 i fu chiusa per ordine superiora
la chiesa parrocchiale, come troppo vicina alla
chiesa cattolica; fu poi riaperta, ò vero, ma
in termini poco benevoli ai Valdesi; oggi ancora
i vecchi rammentano il tempo in cui il pastora
del luogo non potea pernottare sul territorio di
San Giovanni. Il pastore Appia, narra uno di
essi, fu veduto una sera avviarsi alla sua casa
de’ Curi; spie malevoli ne avvisarono le autorità di Luserna, e la gendarmeria, sperando
coglierlo in flagrante, entrò all’improvviso, di
notte, ma lo trovò a sedere ; il che non era
contrario ai termini della legge, e se ne tornò
mortificata. La prudenza consigliava quindi di
rinunciare a un terreno contrastato, ed il collegio fu stabilito in Torre, provvisoriamente in
casa del sig. Brezzi, sotto la direzione del .sig,
Revel, già pastore in .Alassel. Appena aperto,
con otto allievi, venne l’ordine superiore di
chiuderlo: e con gran diiTicollà, dopo lunghe
pratiche dell’assennato moderatore P. Bonjour,
coll’egregio intendente Nota, si ottenne la riapertura della scuola e la sua legale autorizzazione con biglietto regio di Carlo Alberto.
Il dott. Gilly non potè intervenire allo stab:
limento definitivo della Scuola supcriore; ao~
vette regolarne i particolari in un carteggia
colla Tavola. Il mezzo da lui immaginato onda
por fiao ai litigii insorti, fa onore quanto al
2
suo giudizio, altrettanto alla sua gonorositù.
Una scuola latina succursale fu stabilita allo
sbocco della vai San Martino in Pomareto, sotto
la direziono del signor Peyraii e nelle medesimo
condizioni della scuola inferiore di Torre. Gli
allics'i SI dell’una cho dcH’altra saranno mandati alla scuola superiore di Torre o Colkyio;
ma lo dieci parroccliie più lontane goderanno
il beiicflcio di 101 borne di tOO fr. l’una, conferito da una Coiumisi^inne npeciale. « Spero,
« dice egli alla fine di una lettera, che lutti
« saranno contenti di queste risoluzioni. Es« sendo la scuola latina del comitato olandese
« iu Torre, è giusto cho un’altra sia stabilita
« nel centro delle valli Perosa e S. Martino, e
« che il collegio pei giovani più avanzati si
« trovi nel centro di tutta la popolazione val« deso ». Siccome e impossibile il buon andamento di uno stabilimento di educazione, seuza
un direttore che nc sia l’occhio, la mano, l’aìiiina; la scelta del direttore fu l’oggetto delle
.suo speciali cure. Tutta futilità, tutta la prosperila del collegio, diceva, dipende dal primo caso
deiristituzioiie. Dietro il volo del fondatore, gli
allievi non doveano entrare nello stabilimento
che a tredici anni, salve alcune eccezioni di
jL,NOvani distinti per talenti e progressi. La Commissione attenderà acciocché sia osservato il
fìiorno del riposo conformemente allo spirito
del cristianesimo; tutti gli allievi interverranno
idla preghiera e alla lettura della Sacra Scrittura. L’insegnaraeuto sarà allatto conforme alle
r'infcsnioni <\e,\ 1100, Kioo, e serviranno queste
di baso per un corso iuinuo di religione dato dal
principale professore. « Lo scopo del collegio,
« .scriveva egli posteriormente (I8;J9|, non è
« solo di condurre i giovani al punto di essere
« ammessi in filosofia nelle accademie di fuori,
« ma principalmente di somministrar loro i
« mezzi di terminare gli studii teologici nelle
« valli. Perciò ho procurato di dare all’istitu
< zione un’estensione e una direziono da ren
< «lerla utile ai futuri ministri, ai maestri di
« scuola. Io vedo qui a Durham, proseguiva,
« quanto si possa ottenere con un nuovo sta^ bilimento accademico, in cinque o sei anni.
« Il collegio di Durham, fondato dai miei col
leghi nel 1833, ha due professori, tre sottd« maestri, con cento venti studenti; e conosco
« varii studenti che in detto collegio ]irincipia« rono e compirono i loro studii, che si distin« sero por zelo alle loro funzioni, per sapere
« teologico. Il profe.ssore di teologia ha trenta
« studenti, uno fra essi dirige l’educazione del
« mio figlio maggiore; ad uu allro io aflido con
« intiera fiducia, per tre mesi d’assenza, la mia
<( parrocchia di 3000 anime. Sono pienamente
« soddisfatto, scriveva a queU’cpoca, cho il si« gnor Bonjour sia nominato ispettore si)ecialo
« del collegio, e gli ho scritto di consultare
« colla Commissione sul modo più acconcio di
« rendere il collegio più direttamente utile «.
Con altro disposizioni intendeva che il denaro
«Ielle borse fosse dato dietro il principio: detur
Dwliori.
In mezzo allo moltiplici cure della sua parrocchia, compite eon zelo e fedeltà cristiana, il
<lottore Gilly seguiva col cuore e col pensiero
lo svolgimento della Chiesa valdese, e in ¡.specie
-dello stabilimento a lui tanto caro. Continuava
a parteciparne gl’interessi tutti innanzi ai suoi
connazionali, tratteneva attivo carteggio colla
Tavola valdese ed alcuni amici, e foce dare a tre
giovani valdesi accurata educazione in Durham.
Si addolorava per la mancanza di vita cristiana, godeva per i miglioramenti ancorché
minimi, partecipava con cristiana simpatia i
consigli, esternava voti e talvolta rivolgeva a’
Valdesi severe ammonizioni.
I!. REDENTORE
annunziato neliÀntico Testamento.
[Vedi num. 39).
V.
Nei sublimi cantici d’Israele, nei salmi, vediamo in varii modi celebrato il lledentore; vi
troviamo descritta la sua reale grandezza, e
d’altra parte vi sono lo più precise profezie
intorno al suo abbassamento e le sue solferenze.
Moisè ci olire del Redentore un concetto
semplicissimo, quello cioè d'un profeta a lui
consimile, d’un conduttore del ¡topolo, ed abbiamo già avuto occasiono di diro cho al lempo
di Gesù Cristo era sparsa qua e là quell’idoa
intorno al Messia. Fossero stati intesi i riti con
cui era prefigurata l’espiazione ! fosse stala
compresa l’idea che stava alla base dei sacrificii che ogni festa, ogni giorno anzi facevansi
nel tempio per tutto il popolo! Israele avrebbe
avuto del suo Messia un’idea più completa,
non si sarebbe scandalozzato nella croce, ed
avrebbe adorato quel Gesù che tuttora rigetta!
Ma non entrò nella mente, troppo |u-eoccirpata
di una grandezza anteriore, quel carattere pur
cos'i essenziale del Redentore. Eppure dopo
averlo rappre.sentato noi tipi, Dio volle che
fosse esposto in modo più vivente dal salmista.
Del resto, nei salmi sono indicati tutti gli ufllzii
del Cristo, e ne è dichiarata persino la doppia
natura.
Vediamo primieramente come sia celebrata
la grandezza e la dignità gloriosa del Redentore.
Il salmo secondo è fra quelli che più evidentemente si riferiscono a Cristo ; e quantunque
alluda allo opposizioni che egli incontrò, e
che furono istrumenti della sua passione, purè
da porsi il primo fra quelli che decantano la sua
gloria e la sua potenza.
« I principi consigliano insieme coniro al
Signore e contro al suo Unto », — sonza interpretazione si direbbe contro al suo Messia.
Questo titolo trovasi qui per la prima volta
neH’Antico Testamento, o ritrovasi in Daniele;
al principio delfora nostra era generalmente
adoperato tra i Giudei per significare il Liberatore.— Ve n’è un altro ancora in queslo salmo
cho nella mente doi Giudei indicava pure una
particolare aiTinità con Dio, anzi una eguaglianza
fondata neH'identità di natura ; è quello di figlio
adoperato in senso speciale Cdior. I, 49; Mat.
XXVI, 63; Gior. X, 29-31). Da quei passi del
salmo secondo e del libro di Daniele deve essere derivato l’uso generale di quei nomi.
Ciò è segno che quel salmo era generalmenlo
inteso in senso messianico. La tradizione, ossia
la storia, ci prova in fatto che sino a Gesù
Cristo fu unanime l’interpretazione messianica;
se d’allora in poi fu rigettata dagli Ebrei, fu
per non darla vinta ai Cristiani. Ecco la prova
storica che Gesii Cristo era annunziato prima
che egli venisse, e cho il salmo secondo era
considerato come uno degli annunzi. Ma ciò
non basterebbe.
Nel Nuovo Testamento questo salmo è citato
più volle; se ne-servono gli apostoli per provare cho Gesù è il Cristo, il Figliuolo di Dio.
Leggete Atti XIII, 33 ; IV, 2Ò-2C,; Eb. l,o;
V, o; .ipoc. II, 27, ecc. So gli apostoli, ammaestrati da Cristo nelle Scritture ed illuminali
dal suo Spirilo^ s’accordano a vedere in quelle
parole l’annunzio di Cristo, quale cristiano potrebbe mai dubitarne?
Ma poi a quelli che non attribuiscono agli
apostoli alcuna autorità, si può chiedere quale
dovesse essere, quale sia mai stato quel Cristo
a cagiono del quale tanto rumore dovea destarsi
noll’universo ; — quel re, da Dio formato in
Sionne, il qualo è iu pari tempo il figlio suo,
il quale da Dio o non dall’uomo ò generato;
quel re, cui, non por forza d’armi né por politiche combinazioni, ma per pura opera di Dio,
souo stale conferite in eredità le nazioni della
terra. — Egli é in fatto che in mezzo a molta
incredulità e ad onta di molte opposizioni. Cristo
è adorato sino aU’eslrcmilà della terra; che in
lutto le nazioni egli ba i suoi adoratori che,
per lui redenti, professano di appartenergli.
Niuno allro re ebbe mai uu tanto impero. Davide fu ro onorato da Dio e grande fra gli uomini;
nondimeno egli non avrebbe potuto rilevare cotanto il suo potere, la sua grandezza. Così dal
contenuto stesso del salmo, astraziouc falla dal
senso che vi davano gli Ebrei avanti Cristo e
gli apostoli dopo, risulta chiaro che vi è un
annunzio del Redentore.
Il salmo XLV é un bell’inno all’onore di
Cristo e della sua sposa, la Chiesa, sia Israele,
sia poi le nazioni convertito che ad Israele debbono essere aggiunte, ed entrare nella reale
casa, cioè nella divina alleanza. Le cose spirituali, prima di essere manifestale, debbono essefe espresse con figure sensibili e materiali,
aiTiniJiè sieno intese, ma debbono essere pur
sempre spiritualmente interpretate e ricevute.
Se questo è misticismo, non ò però errore, né
incertezza; se non si negano i rapporti con
Dio, nou si pnò rigettare assolutamente il misticis^|l0. V’é un mist'cismo che è la verilà, la
vora religione, come ve n’è uno che è illusione,
e non costituisce che uua certa pietà o divozione
cho non solleva l’animo al suo Creatore. So
intendiamo spii-itualmente questo salmo, nel re
riconosceremo Gesù Cristo; nella sposa, Israele;
nelle vergini suo compagne, lo nazioni convertite. Tutto il salmo é un’allegoria; coH’inlerprotaro letteralmenlo l'allegorico — quale retto
senso si polrebbe mai ottenere?
Che vi sia allegoria, no fan prova l’opinione
costante degli antichi Giudei, e la stessa ammissione del Cantico nel sacro canone, e l’origine del medesimo, che fu fallo dai figli di
Core, autori di altri boi salmi adoprati per la
comune edificazione.
Se non vi fosso allegoria, non s’avrebbe che
un inno nuziale. Come mai sarebbe egli stato
gradito dai fedeli per l’edificazione nell’adunanze ?
3
Il sonso letterale offre inoltro gravi difficoltà,
cose che non hanno senso, die non sono conformi agli usi 0 costumi. — Non era l’uso di
condurre vergini colla sposa noi palazzo dello
sposo; nò sarebbe stato questo un complimento
da porgere al re Salomone, ancorchò egli lo
avesse fatto; sarebbe stato invece una satira al
suo indirizzo. Giammai avrebbero dotto i figli
d’Israele al loro re : « 0 Dio, il tuo trono è in
sempiterno t>, v. 7 ed al v. 8; perciò Iddio,
riddio tuo ti ha unto. Il popolo d’Israele, i fedeli , non si rendevano rei di qucU’idolatria
verso i loro re.
Il senso spirituale è magnifico. La realo dignità di Cristo vi ò dipinta al vero. Il suo trono
è in sempiterno ; ma egli è fondalo suU’pqiiità
e la dirittura. La stessa sua natura divina, per
la quale egli ò degno di regnare in eterno e
sopra tutti, è chiaramente rivelata. Il suo amore
per la sua (Ihiesa non potrebbe essere piii tenerarnente e religiosamente rappresentato che
sotto l’immagine assai frequente nella Scrittura deH’amore dello sposo per la spo.sa. I puri
di cuore non possono scandalezzarsono ; omnia pura piiris omnia impura impuris. Le
nazioni sono più volte dai profeti rappresentate
quali vergini fin. i7-5i; fierem. ifi, ecc.). Lo
stesso Talmud e Kinichi ci vedono profetizzata
la conversione dei popoli. — Questa conversione
fa la gloria di Cristo, ed è l'opera del suo regno.
Alcuni versetti del salmo souo per soprapiù
citati nell’Epivlola a;ili Ebrei, per dimostraro
la superiorità di Cristo sugli angeli, cioè sovra
ogni più eminente creatura. Non occorre allra
prova per accertarsi del sen.so messianico del
salmo, nè occorre vedere nell’Anlico Testamento
alcun allro sublime annunzio del Redentore.
ANCORA LA PERSECUZIGNE RELIGIOSA
in Toscana.
Quante volte in pochi anni non ci è già
leccalo di dover al nome del gentil paese accozzarff il funesto vocabolo di persecuzione!
Ad ognuna noi speravamo che fosse l’ultima,
0 che alla fine quel governo si sarebbe stancato
di quella parte |ioco decorosa che gl’impongono
1 preti, di esecutore delle loro vendette. Ma
vana 6 stata la nostra speranza; chò anzi le
lettere che ci giungono di colà non sono d’altro
piene che di particolari, gli uni più degli altri
dolorosi, sulle vessazioni di ogni genere a cui,
per parte della polizia, vanno soggetti quei
cristiani, cho non potendo ormai professare in
coscienza le dottrine papistiche, a cui più non
credono, si dichiarano francamente per l’Evangelo. Ecco, fra allre, quanto ci scrivono da
Pontedera ;
Pontedera, ottobre 1855.
« Jieirultima metà deirottobre del passato anno
1854, il Delegato di Governo faceva precetto ad
Eusebio Massei, quivi nato e domiciliato, padro
di sette figli , d'anni 44, di professione fornaio,
di presentarsi subito al Tribunale; il che fece il
Massei, e giunto appena, senza complimenti fu
cacciato in prigione. Dopo qualche giorno gli fu
permesso di parlare ai sig. Delegato, dal quale
apprese essere stato imprigionato per avere ester
nate delle massime contro la S. Religione Apostolica Cattolica-Homana, ed aver pronunziate
delle parole contro i ministri della medesima,
ed in ispecie contro il supremo gerarca, il pontefice romano. Inutile fu al Massei il chiedere
di conoscere almeno l’accusa, lo contestazioni,
sapere almeno donde e como il colpo veniva,
inutile; il Tribunale era convinto doU’esistcnza
del delitto, e ciò bastavai Finalmente senza dar
adito a giustificazione o difesa veruna, con sentenza emanata dalla Prefettura di Pisa , venne
condannato il Massei ad un anno di carcere correzionale, e con le debito formalità di catone,
manette, ccc. fu condotto nello stabilimento
dell’Ambrogiana, a tal uopo destinato. Non suppliche , non pianti della desolata moglie del
Massei, sono state sufficienti ad intercedere la
libertà del marito. Egli è tuttora colà ad espiare
fino all uliim ora l'enorme delitto a lui contestato
in uu modo che ricorda la in apparenza defunta
Inquisizione del S. l’iHzio.
0 Questo fatto altro non è cho l'episodio di un
dramma più spettacoloso! Sembra che il mese
d'ottobre sia climaterico in Pontedera, cd i suoi
influssi siano fatali ai galantuomini di questa
terrs. Il Massei fu una vittima insuificicnte a
placare lo sdegno dei moderni Tartufi. Altre
teste son fatte segno ai loro .strali vibrali nell'oscurità del mistero. In questo presente ottobre
di questo anno 18ó3, col medesimo metodo tenuto con il Massei nell’anno ¡lassato, si ¡irocede
contro quindici o sedici individui, che hanno il
delitto di badare a' fatti suoi, giacchò nei tristissimi tempi in che siamo il badare a sò è considerato per vero e reale delitto, perchò si suppone
che anche chi non parla, pensi (cosi si usa qua,
ma ho la consolazione di credere che altrove non
sia cosi]. Ma consoliamoci, la verità non sarà
nascosta, poichò da questi ministri di polizia ò
stato ritrovato un bel metodo per rintracciarla;
hanno inventato una semi-tortura, poiché a quelle
persone interrogate da loro, a deporre come
testimoni del voluto delitto, minacciano la carcere se uon dicono a modo loro. Ad un tale O. F.
che nell’esame diceva di non avere nulla a deporre contro gli imputati, l’esamiuaute, dopo
avergli fatto replicare il giuramento di dire la
verità, e di nuovo interrogato iu proposito, ed
ottenute le medesime risposte, con un cipiglio
che sapeva di Torquemada, così gli diceva; Dorrexta eisere ancora coi un protcsiantc eretico come
loro; ma vi faremo parlare. Quindi veduto che
nulla otteneva e che non erano stati fatti bene i
conti, riguardo a questo 0. F., che non faceva
altro che replicare che le persone, sulla condotta
delle quali era chiamato a deporre, uon le conosceva che per uomini dabbene, licenziollo con
questa clausola: Badiamo di couseriare il più
assoluto silenzio su quanto è stato quivi parlalo;
diversamente andcrete in prigione.
« Con questo stile, non vi ha dubbio, la j)olizia
trova il delitto ove lo vuole, e fa delitto di ciò
che vuole; e chiunque ha la disgrazia di non
garbare a quei signori o ad altri clic a loro appartengono, è reo immancabilmente; se non è
l’uno sarà l’altro che dica: .S”i, il tale è protestante,
è eretico. Chiunque lo dica, non ba neppure l'incomodo di confermare in pubblico quanto asserisce in segreto ; quando ha scarabocchiato il
suo riverito nome a pie’ di uno scarlafaccio di
carta bollata, basta!
« Viva il secolo decimonono!!
La (ÌVZZI'TTA HKLIi] ALI'!
e la BUONA NOVELLA.
Al nostro articolo del 2G o'tobre ha la (¡azzclla
delle Alpi risposto in soslanza quanto segue;
(Jli errori da uoi accennati non « poter essero
che un solo », non essendo tutto il resto « chc
un grup|)o di legittime ronseguenzi!, e tutta la
quistione tra la (Jazzetta delh Alpi c la Buona
Xovella riducendosi a un capo essenziale, jiurnon
una parola e di ¡tassaggio accennato » c sul
quale non crede la dazzetta « nò prudente nò
conveniente discendere per ora ad a])crto certame ». Del rimanente si maraviglia la Gazzetta
come, unicamente por alcune sue espressioni
enfatiche, noi abbiamo potuto sujiporre ch'essa
ammetta la religione come scienza e la neghi
come lenlimentn. ■ N'on siamo noi, dice ella in
proposito, che vogliamo l'uomo freddo come il
calcolo, tutto ragiono e niente alfctto, tutto intelletto c niente cuore , tutto i.f icnza c niento
poesia. Oli ! fi noi cel sajipiamo i:he se hi mente
ha fame e sete del voro, il cuore ha ancora più
fame c .-de d’amore; ma non ammettiamo por
queslo certe eonsegucnze ascetiche della Ihmnn
Korella ».
In riguar<lo alla domanda .’he le faremmo,
cioò . so i mali che travagliano l'umanità la Gazzella li giudicava cosi superficiali, da credere
seriamente che una forma di governo, fi..,ie arche la più perfetta, sostituita ad iin'.iltra. basta -e
a farli scomparire o solo a sremarli cflicaecniento,
essa risponde francamente di no, c ripeti' il pià
detto, clic a sortire tale effetto sia noe siMiria
« una nuova fede, con un credo brevissimo,
nella qnale si confondino insieme il turco o l'ebreo, il cattolico cd il protestante, l'indiano ed
il cinese ». Inoltre la frase di società demorratica
non vuol pià significare, come noi erroneamente
l’abbiamo interpretata « una forma di goTerno >,
ma « un» società secondo il vero spirito dol
Vangelo, dove chi è primo sia servo degli ultimi,
dove le imposte siano pagate dai ricchi e non
dai poveri ; dovo regni la giustizia, c dovi; tuttr>
si facci-» i>el bene comune». La Gazzetta confessa, egli è vero, «cho pur troppo siamo ancora
lungi da tanta felicità», ma si conforta col pensiero che «ogni di cade un vecchiume, ed uua
nuova civiltà rimane ».
Xoi sinceramente ringraziamo il giornale cuneóse, come per la rispo.sta di cui ci ha degnati
cosi pel modo urbano e leale con cui ci combatto:
simili avversarii, ai di nostri, in Piemonte, non
sono tanto frequenti, che rincontrarne uno
a quando a quando nou atibia da .stimarsi gran
ventura.
In quanto poi'alla dilTcrenza che, a dotta della
Gazzella delle Alpi, jiassa tra questa e la Buona
Xovella, si persuada la nostra consorella che nou
ci era sfuggita affatto affatto, e che anche noi,
anzichò piccola, la stimiamo grandissima. La
Gazzella nou erode tuttavia prudente , nò conveniente discendere per ora ad un aperto certame
su tali divergenze, e noi, quantunque dolenti di
questa sua determinazione, la risjiettiamo.
Solo non ])ossir.mo resistere alla tentazione di
farle, sull'ultiuia parte del suo articolo, due domande, a cui ci sarebbe assai caro che rispondesse, seuza che però pretendiamo d'imporglielo.
Primieramente, quale sarebbe quel credo hrerissimo, e veramente meraviglioso, in cui (ureo
ed ebreo, cattolico e protestante, indiano e chinese ( senza cessare di esser tali ?) avrebbero
campo di confondersi?
In secondo luogo , essendo ammesso come
l’ideale più perfetto di uno Stato, quello deli-
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neatoci dalla Gazzetta, delle Alpi « dove chi è il
primo sia servo degli ultimi, dove le imposte
sieno pagate dai ricchi e nou dai poveri, dove
regni la giustizia, e dove tutto si faccia pel bene
comune», quale sarà, in fuori della fede nel
Gesù Cristo degli Evangelii, la via per giungervi? Ostacolo più di ogui altro formidabile al
•conseguimento dì un tale scopo, lo sa al pari
di noi la Gazzetta, si è l'egoismo. Ora a sradicare
questo non valgono né ragionamenti, nè leggi,
nè carceri, nè patiboli. Xon spetta che al bene
di vincere il male. Xon vi è che ¡’amore che possa
venire a capo dellegoismo e sconfiggerlo. Ma
appunto quell’amore dove andremo noi ad attingerlo quando ci verrà preclusa la via al Calvario, o che in quella vittima che vi pende dalla
croce, non potremo più ravvisare il « Ferito
per i nostri misfatti, e fiaccato per le nostre iniquità» di cui ci parla un profeta?
KOTIZIE RELKÌIOSE.
Londra. — Alleanza Kvati¡felina. — Xella conferenza annuale del ramo inglese, sir Culliug
Kardioy riferì alcuni particolari sulla deputazione inviata a! re di Prussia, a nome del Conci
lio generale evangelico riunito a Parigi, e di cui
abbiamo già fatto parola.
Buona accoglienza era .stata predisposta alla
deputazione presso il re dal cav. Bunsen, da un
aiutante di campo del re medesimo, dal dottore
Krummacher, e per una visita che il dott. Baird
aveva fatto a S. M. a Berlino.
Profittando della presenza del re di Prussia
nella sua provincia del Reno, sir Culling EardJey (uno de’membri della deputazione) aveva
sollecitato ed ottenuto da S. M., per la deputazione, un'udienza fissata al 3 ottobre a nove ore
e mezzo del mattino, a Colonia.
All'ora indicata, la deputazione si recò al palazzo del governatore, dove trovò la gran sala
delle udienze affatto riempita di tutte le autorità
civili, militari ed ecclesiastiche della provincia,
le quali venivano a presentare al re gli omaggi
loro. Dopo una mezzora il re apparve.
La deputazione, sapendo che una mezz’ora più
tardi il re era atteso pel collocamento della prima pietra d’un ponte sul Reno, cominciava a
temere di non poter essere ricevuta da S. M.
Tuttavia, verso la fine dell’udienza generale,
ella fu invitata ad avvicinarsi, e il re, vedendo
da una nota che gli era stata rimessa, di che si
trattava, ritornò in una sala interna, ed ordinò
al suo ufficiale di cerimonie d’introdurvi la deputazione. Evidentemente il re voleva riceverla,
ed intrattenersi cou essa più in libertà che non
avrebbe potuto farlo nella sala delle udienze. Sir
Culling Eardley espose da prima con brevissime
parole l’oggetto della deputazione, supponendo
già che fosse noto a S. M. « Si, disse il re, ma
io non conosco abbastanza i fatti. e sarei molto
contento che voi m’illuminaste in proposito ».
Allora sir Culling disse che si trattava della
causa della libertà religiosa; espose tre o quattro
fatti, ed aggiunse che per non abusare degli
istanti di S. M., la deputazione aveva esteso una
memoria, e chiedeva il permesso di rimetterla
ad alcuno degli ufficiali delia sua casa. « Date,
rispose il re, a mano, ciò è più sicuro ». E mentre egli riponeva la memoria nel suo casco che
teneva in mano, sir Culling Eardley- disse che la
deputazione si presentava in nome de’Cristiani
riuniti a Parigi in numero di 1200 persone, appartenenti a quindici nazioni diverse, e fra le
quali aveva sempre regnato la più intima unione. «Quale benedizione! esclamò il re: io me
ne rallegro e ne ringrazio Iddio *.
Sir Culling fece inseguito allusione ad alcuno
dei fatti d’oppressione religiosa riferiti nella memoria; egli citò l'esempio dei due fidanzati battisti, che pel rifiuto dei pastori nazionali non
poterono maritarsi nel loro paese (Mecklemburg-Schwerin), e che essendosi posti in via
per far benedire il loro matrimonio in Inghilterra, furono arrestati e messi in prigione in
Hamburgo.
Il re espresse la sua meraviglia, mostrando
di dubitare un po’ della verità del fatto, che del
resto è autentico, e sarà debitamente certificato.
Sir Culling Eardley avendo fatto J’osservazione che gli esempi i più tristi d’oppressione
religiosa avevano avuto luogo nel ducato di
Mecklemburg-Schwerin, in cui de’battisti sono
stati forzati ad emigrare e spogliati de’ beni
per causa della fede loro , il re, meravigliato,
promise di scrivere egli sìesso al granduca.
« Noi siamo amici daU’infanzia, egli disse; è un
uomo pio e ben disposto».
Questo colloquio durava da più di mezz’ora,
pieno di benivoglienza, si può dir d’affezione,
per parte del re, di confidenza e di franchezza
per parte della deputazione, allorquando questa
si ritirò con la forte convinzione che S. M. ha
il desiderio sincero di rimediare ai mali che gli
sono stati indicati.
— Martiri. —In tutta l’estensione dell’ Inghilterra e della Scozia, con sermoni, con meetings
e con discorsi, fu solennizzato il terzo centenario del martirio de’ vescovi Ridley e Latimer,
bruciati vivi ad Oxford, quali eretici, il 16 ottobre 1555, per ordine della romanissima e sanguinarissima Maria. Una tale dimostrazione non
è ella un pegno del pieno compimento di queste memorande parole di Latimer pronunciate
sul rogo? «Coraggio, maestro Ridley, e compòrtati da uomo ; oggi, per la grazia di Dio,
noi accendiamo un fuoco che nulla potrà mai
estinguere». Che ne pensa l’Univers, che cosi
spesso ha cantato il suo de profundis al protestantismo inglese? [Archives du Christianisme).
— Scuole domenicali.—In un’assemblea anniversaria delle scuole di domenica, unite alla Chiesa
congregazionalista di Sittingbourn (Kent), il pastore, Rev. John Adey, di Londra, presentò un
sovraintendente delle scuole, M, Wood, testimonio prezioso d’affezione e di rispetto.
Il venerando vecchio, ringraziando i suoi colleghi, disse ch’egli aveva avuto il privilegio di
occuparsi attivamente delle scuole di domenica,
nella detta città, durante il corso di 42 anni ; nei
qual tempo non aveva potuto assentarsi dalle
scuole una sola voltaquindi aveva lavorato
nell’opera di Dio in mezzo ai fanciulli per 218-1
domeniche consecutive. — Fatto assai raro e
commovente.
BOLLETTIXO POLITICO.
Lunedi scorso, come è già noto, ebbe luogo
l'apertura della Sessione legislativa, e tutti conoscono il bel discorso pronunziato dal nostro
Re Vittorio Emanuele II. Quanti si trovarono
presenti devono di certo aver sentito viva commozione, allorché, principiando, egli ricordò le
prove crudeli pel suo cuore avute nell’anno, gli
alleviamenti ricevuti nelle « lagrime della intera
nazione associate ai lutti della sua casa, e la
forza con che Iddio lo sostenne nell'adempimento
dei suoi doveri ». Nulla diremo della parte poli
tica del discorso, imperciocché ormai tutti i
giornali ne hanno parlato; soltanto riferiamo il
principio di un articolo della Stampa, essendo
conforme alla nostra opinione: « Chi, al pari di
noi, antepone a tutte le quistioni quella dell’indipendenza, e considera il nostro libero Stato
come il più strenuo campione , può trarre buon
pronostico dal veder nel discorso reale affermato
due volte ed in modo esplicito il principio della
nazionalità. Lo stesso riserbo imposto _ dalle
convenienze diplomatiche rende più importanti
quelle dichiarazioni, onde apparisce esser ferma
convinzione nei consigli della Corona che non
possa conseguirsi durevole pace se questa non si
fonda sulla ricognizione dei diritti legittimi delle
nazioni, la quale convinzione, pienamente giustificata dalla giustizia e dalle condizioni d’Europa, è più che mai debito del ministero altamente manifestare e propagare nelle corti degli
alleati ».
— Ieri alle tre e mezzo pomeridiane (lo stesso
giorno dell’ apertura del Parlamento) il battaglione di Borgo Nuovo si recava al municipale
palazzo per il cambio della guardia ; era preceduto dalla musica in uniforme di parata e seguito da una folla immensa.
Schieratasi la guardia nazionale sotto il porticato alla presenza del Sindaco, venivano scoperte al pubblico le tavole in bronzo dei Fiorentini morti a Curtatone ed a Montanara ; tavole
che già furono in Santa Croce di Firenze, e che
per avversità dei tempi, come dice la sovraposta iscrizione, dovettero cercare l’ospitalità altrove.
Ed ospitate furono qui, in questa città, che
sarà da quind'innanzi la sacra cittadella, la cittadella armata di Italia tutta.
A quei nomi furono ‘presentate le cittadine
armi, e la tricolore bandiera li ha salutati al suono
guerriero delle trombe.
Lo stemma della Città di Torino era stato
scolpito accanto al Giglio, stemma della Città
di Firenze, ed entrambi hanno sopra una corona
di torri.
Le due città si sono baciate sui loro mprti, e
di due speranze ne hanno fatto una sola.
E questo uno di quegli eventi che segnano un’epoca, perchè le tavole dei morti Fiorentini poste accanto alla lapide dei Torinesi morti a Novara dimostrano come una £Ìa la causa, una la
famiglia ; comuni gioie, dolori ed avvenire.
(Gazz. del PopoloJ.
— Il governo di Spagna ha annunciato alle
cortes che i capi carlisti, compreso Marsala ,
caduti di questi giorni nelle mani delle truppe
regie, sarebbero fucilati. Alcuni di essi sono
preti.
— Dalla Crimea nulla di nuovo : soltanto si
sa che una gran vigilanza è esercitata sulla linea della Cernaia.
I disertori annunziano che il generale Gortschakoff, prima di ritirarsi, avrebbe in animo di
tentare un ultimo colpo. Ordini perciò si sarebbero dati ai Russi di tenersi pronti alle offese.
Si costruiscono ponti volanti, e gli alleati tutte
le notti rinforzano i loro avamposti e fanno avanzare l’artiglieria di campagna.
UroM.vo Douienlco Rcronle.