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F
Anno 121 - n. 8
22 febbraio 1985
L. 500
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
In caso di mancato recapito rispedir»
a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
ANCHE PER IL NOSTRO PAESE LA RESPONSABILITÀ’ DI UN IMPEGNO DI SOLIDARIETÀ'
In questi giorni si è concluso
il processo ai responsabili ed
agli animatori della comunità di
San Patrignano. Muccioli ed i
suoi coliaboratori sono stati condannati a pene detentive — che
non sconteranno, usufruendo della condizionale — di poco superiori ad un anno e mezzo, perché
nello svolgimento della loro attività di recupero dei tossicodipendenti hanno impiegato metodi coercitivi e maltrattamenti
tali da ledere la libertà personale di alcuni di questi.
Da questa vicenda ne esce male lo Stato italiano, il quale risolve le sue responsabUità verso
i cittadini facendosi, ora e in
questo caso particolare, paladino
della libertà individuale rispetto
al tipo di costrizione che è stata esercitata, ma rimanendo sostanzialmente incapace di affrontare seriamente il problema del
recupero e del reinserimento
nella società di migliaia di individui segnati nella loro esistenza dall’esperienza delle ’’droghe”,
preferendo delegare ogni iniziativa ancora una volta ai privati
0 a quelle associazioni religiose
che operano in questo campo.
Da questa vicenda ne escono
male anche gli operatori sanitari ed i volontari che, in questi
ultimi anni, hanno lavorato con
1 tossicodipendenti. 11 dibattito
che il processo ha suscitato ha
dimostrato la povertà culturale,
che spesso accompagna alcune
iniziative, e che impedisce da
una parte di cogliere la complessità delle motivazioni e delle ragioni personali e sociali che creano il "drogato”, dall’altra parte
di superare il pregiudizio secondo il quale il tossicodipendente è
solo un malato a cui si può dare
un aiuto o fornendogli sostanze
sostitutive (metadone, farmaci)
o relegandolo in comunità terapeuticne.
£’ nei limiti di questa cultura
che è possibile far risorgere e
rinfocolare nella mentalità comune che le catene di Muccioli
oggi, così come gli elettrochoc di
una volta, non solo sono inevitabili, ma necessarie rispetto ad
una fascia di persone che hanno
dimostrato nella loro scelta per
la droga di essere ’’incapaci d’intendere e di volere”. Intorno a
San Patrignano si gioca il rinascere del diritto a sottrarre i
diritti. Non solo, si gioca anche
la divisione della società m sani e malati, integrati ed esclusi,
buoni e cattivi, amici e nemici,
noi e loro, gli altri, i diversi, gli
stranieri, gli alieni.
E’ dilHcile esprimere un giudizio articolato su tutta la storia
della comunità terapeutica di
San Patrignano e le sue vicende giuridiche. E’ più facile porsi degli interrogativi: nell’attuale
vuoto legislativo sul problema
del recupero dei drogati, chi può
e deve decidere il tipo d’intervento da praticare nei loro confronti? Quali sono le modalità
che ci permetteranno di operare
per i drogati mettendo ai centro
di ogni nostro eventuale intervento, non solo il loro recupero
e reinserimento, ma anche il rispetto dei loro diritti?
A questi interrogativi è necessario rispondere attivando la
responsabilità dei cittadini e
delle istituzioni, superando però
l’attuale dibattito concentrato
solo sui ’prò o contro Muccioli’.
Mauro Pons
Sud Africa: campagna per la libertà
La lotta contro l’apartheid riceve nuovo vigore dall’azione negli Stati Uniti, dall’apertura
del partito bianco di opposizione diventato misto e dalla critica della Confindustria Sudafricana
Prospettive nere (è il caso di
dirlo), quelle lasciate in eredità dal 1984 al regime razzista
sudafricano. La cosa ha degli
aspetti sorprendenti, perché l’anno da poco concluso doveva, nelle intenzioni dei dirigenti di Pretoria, essere un anno di consolidamento sul piano militare e
sociale, oltre che di riverniciatura « democratica » dell’apartheid (ad uso dei paesi occidentali). Dalla fine dell’estate in
poi, tuttavia, le cose hanno cominciato ad andare in modo
ben diverso dai piani dei razzisti: e in particolare negli ultimi
tre mesi le cose sono precipitate, grazie anche all’eccezionale
movimento anti-apartheid sorto
negli Stati Uniti, che finora erano stati i « padrini » economici
e politici del regime sudafricano.
Ancora nella scorsa primavera il governo di Pretoria sembrava all’offensiva su tutti i
fronti: la guerra non dichiarata
condotta dal Sud Africa contro i
naesi che da sempre avevano
rappresentato le retrovie dei
movimenti di liberazione ANC
(sudafricano) e SWAPO (della
Namibia) aveva già costretto
Angola e Mozambico a, firmare
accordi che, in cambio della fine dell’aggressione, li impegnavano a non aiutare più i guer
riglieri. Poi l’iniziativa si è concentrata sulla situazione interna. Negli scorsi anni il regime
sudafricano aveva inventato i
« bantustan », stati tribali, veri e
propri ghetti situati nelle parti
più povere del paese, nei quali
era stata concentrata la popolazione nera. Con l’istituzione di
questi stati-fantoccio, i razzisti
si proponevano essenzialmente
due scopi: creare delle oligarchie nere moderate, e dare ai
neri uno status di « stranieri in
patria » (le miniere e tutte le
altre principali fonti di lavoro
si trovano fuori dai « bantustan »). Su questo contava molto il regime per migliorare la
sua immagine all’estero: perché
scandalizzarsi per le discriminazioni razziali? Si tratta di immigrati, non di cittadini sudafricani!
Il camuffamento « democratico » sarebbe dovuto giungere a
compimento l’estate scorsa, con
l’elezione di due parlamentini
rispettivamente per le comunità asiatica e meticcia; i due
gruppi etnici, però, hanno boicottato in massa le elezioni-farsa, e da quel momento — era la
fine di agosto — le cose hanno
preso una piega decisamente
sfavorevole per il governo del
premier Botha.
« Solo bianchi », « Solo gente di colore »; la discriminazione sistematica dell’apartheid è una politica, un’ideologia e un costume che
devono 'finire (foto « La vie protestante »).
Gli ultimi fatti
All’inizio di settembre si sono
sollevati i neri contro gli aumenti dei prezzi e degli affitti;
particolare significativo, la loro
rabbia si è rivolta innanzitutto
contro i dirigenti dei « bantu
MATTEO 22: 15-22
A Dio e a Cesare, ieri e
ogg^
Nel numero scorso abbiamo riferito sulla tavola rotonda che
si è tenuta a Torre Pellice sabato 9 febbraio sul tema «La responsabilità delle chiese nella società democratica ». Presentiamo ora, in
una trascrizione non rivista dall’autore, la predicazione che il pastore Giorgio Tourn ha tenuto il mattino dopo nel tempio di Torre
Pellice.
Rendete a Cesare quel ch’è dì Cesare, e a Dio quel ch’è di Dio.
(Matteo 22: 21)
7 Farisei cercano di cogliere
Gesù in fallo nel tempio, nel luogo santo, con una domanda trabocchetto: A tuo giudizio, dobbiamo o no sottostare all’autorità imperiale pagando il tributo? Il tributo era la « tassa di
occupazione » che ogni cittadino del territorio occupato della Palestina doveva al potere
occupante, ai romani, e doveva
essere pagata in moneta imperiale. Nel tempio invece si potevano usare soltanto monete
ebraiche che non portavano l’insegna dell’imperatore. La domanda era quindi molto sottile.
Se Gesù avesse risposto di no,
che non si doveva pagare, era
chiaro che Gesù era un contestatore dell’ordine costituito,
che Gesù si schierava con i ribelli. propugnando la lotta contro Roma. Se invece avesse detto di SI, che .si doveva pagare,
era chiaro che Gesù da ebreo,
israelita, si comprometteva invitando a collaborare col potere occupante.
Gesù invece dice: ma di chi è
questa faccia? E sul denaro che
gli sporgono c’è la faccia di Cesare Augusto Tiberio e c’è l’iscrizione « Cesare divino augusto
imperatore ». Non era un po’
strano che nel tempio, dove non
doveva entrare nulla di profanato, e proprio nelle tasche di
questi piissimi Farisei ci fosse
la moneta maledetta? Non hanno avuto bisogno di andare a
cercarla fuori, l’avevano in tasca! Vuol dire che già nel cuore
loro questi sottili argomentatori si erano venduti al potere.
Allora Gesù dice: questa roba
di chi è? Di Cesare. Dagliela, è
roba sua! E a Dio che cosa dai?
Dai quello che resta? Certo no.
A Dio dai quello che è suo. E
che cosa è suo? Per un ebreo
tutto è di Dio. Dunque Gesù risponde sottilmente: dai a Dio
tutto e restituisci a Cesare la
roba sua, che non è né tua né
di Dio.
Questo testo è fondamentale
per capire l’argomentazione di
Gesù e per capire l’atteggiamento di Gesù nel suo tempo. Ma
questo testo non ci serve motto
0 non ci serve in modo immediato per risolvere il nostro problema di cittadini e di cristiani
nel mondo. Perché in primo luogo noi cittadini della Repubblica italiana non abbiamo più un
Cesare, il potere nel nostro paese non è detenuto da un’autorità travestita da divinità che si
imponga a noi, non siamo più
sudditi di un Cesare ma cittadini di uno stato. Questo vuol
dire che in qualche modo il potere si è frantumato nel nostro
paese e tutti noi ne deteniamo
una piccola parte. Cesare non è
più fuori di noi; Cesare è in noi.
Certo sappiamo benissimo che
nel nostro paese ci sono dei poteri che non sono nostri o che
sfuggono al nostro controll i. Ma
voglio soltanto dire che a differenza degli uomini del tempo di
Gesù, nel cammino della nostra
storia noi stessi siamo diventati
1 costruttori della realtà politica
in seno alla quale viviamo.
E cosa vuole dire allora per
noi rendere a Cesare quello che
è suo? Il discorso di Gesù non
quadra. E non quadra per un
secondo motivo: che noi cioè
non siamo ebrei ma siamo cristiani; noi non siamo dei farisei nel tempio cioè degli uomini
per i quali il senso della religione è l’obbedienza alla legge,
Giorgio Toum
(continua a pag. 2)
stan », visti come dei traditori
del loro popolo. A metà del mese e poi di nuovo in novembre,
sono stati gli operai neri a scendere in sciopero. Fatto nuovo, a
sostenere le agitazioni stavolta
c’era il Fronte Democratico Unito (UDF). Questa organizzazione,
nata nella comunità indiana durante la lotta per il boicottaggio
delle elezioni-farsa, ha in effetti
assunto un ruolo via via sempre
più importante per la sua strategia che si basa su azioni illegali ma non clandestine, di massa, e allarga così notevolmente
il fronte di lotta all’apartheid,
finora limitato alla « tradizionale » guerriglia dell’ANC.
Non per questo la risposta del
regime è stata meno brutale: la
repressione è costata, secondo
l’UDF, 140 morti nel solo periodo febbraio-novembre 1984. Un
altro fatto nuovo di notevoli proporzioni si è verificato di lì a
pochi giorni, con la decisione
del nartito bianco di opposizione PFP, che rappresenta la popolazione di origine inglese, tradizionalmente la parte più « illuminata » della minoranza bianca, di scendere decisamente in
campo contro l’apartheid con la
decisione di ammettere nel suo
seno anche neri, indiani e meticci. Contemporaneamente — in
modo sorprendente, perché Reagan aveva appena stravinto le
presidenziali e gli umori americani parevano essere ben diversi
— è iniziato il movimento antiapartheid negli Stati Uniti.
La campagna in USA
Nata per iniziativa di un piccolo gruppo di intellettuali neri,
che dal 21 novembre scorso hanno cominciato a manifestare
presso l’ambasciata di Pretoria
a Washington, la campagna per
la libertà in Sud Africa ha riscosso subito consensi insperati: si
è mohilitata — naturalmente —
la comunità nera, e i suoi personagg- più noti sono stati in prima fila nelle manifestazioni, da
fesse Jackson a Ceretta King,
Paolo Fiorio
(continua a pag. 2)
2
2 fede e cultura
22 febbraio 1985
DIBATTITO
IVREA
I tempi degli uomini
e il dono di Dio
L’articolo che Francesca Spano ha steso per rilevare un particolare della lettera sinodale ai
due dissociati di Rebibbia, raddrizza in parte il problema fondamentale insito in quel passo
biblico (Ec. 3; 3) su cui han girato sia gli autori della lettera
al Sinodo, sia gli estensori della
risposta.
Ritengo sia molto probabile
che P^inarc e Vitelli abbiano
letto quel passo in modo troppo soggettivo; come se significasse: posto che v’è un tempo per
uccidere (ii che è avvenuto), ve
n’è anche uno per guarire dal
fatto di uccidere o di aver ucciso (il che è parimenti avvenuto in loro). Purtroppo a mio
avviso anche la lettura del passo, a cui si è fatto prevalente
ricorso nel dibattito sinodale, ha
subito, come riflesso, un’intonazione troppo personale. Anche
Francesca Spano, pur avendo
giustamente posto il problema,
non mi sembra lo abbia centrato nella sua portata.
Penso infatti che non sia possibile in termini umani, di relazioni tra umani cioè, elevare
certe posizioni ad assoluti. Il dire che « nella logica dell’Evangelo il tempo di uccidere non
viene mai», può sembrare molto bello, ma è un non senso;
poiché non è questa la «logica
dell’Evangelo ». La logica dell’Evangelo è la resurrezione, non la
morte che non viene per uccisione. Né credo che si possa, o
si debba, condannare o giustificare qualcuno sul fatto di «uccidere », nonostante vi sia un
comandamento imperativo che
lo vieta, ed il perdono di Cristo
per i nostri peccati.
Uccidere permane un illecito
vietato; e forse è peggio ripensarci sopra sperando un perdono, perché si è pariti dall’uccidere. Si tratta di due realtà che
accadono. Cosa è avvenuto infatti tra noi nel 1561 quando,
malgrado il divieto di Calvino,
appositamente interpellato sul
proposito di poter difendere la
Campagna per la libertà
(segue da pag. 1)
a Arthur Ashe, a Larry Holmes;
ma sono scesi in campo anche
gli ebrei, le chiese cristiane (il
vescovo metodista Hartford
Brookins è stato anche arrestato nel corso di una dimostrazione), il potente sindacato AFLCIO, parlamentari di entrambi i
partiti (35 deputati repubblicani
hanno clamorosamente chiesto a
Reagan sanzioni economiche
contro il regime sudafricano).
La scena è sempre la stessa,
ogni giorno da più di due mesi
sottc l’ambasciata e ultimamente anche presso i 13 consolati
sudafricani negli USA; i dimostranti si radunano, ci sono canti, preghiere, discorsi; poi un
gruppo varca la « pólice line »,
oltre la quale la polizia non permette di avvicinarsi, e si lascia
arrestare. Fino ad oggi, sono finite in prigione oltre duecento
persone a Washington e quasi
mille in tutto il paese.
Della grande realtà del movimento anti-apartheid, da noi è
conosciuto solo il nome di Desmond Tutu; ma è soltanto la
punta dell’iceberg. Nelle ultime
settimane gli attacchi al regime
di segregazione razziale sono stati numerosi come forse mai prima d’ora: la SWAPO ha aperto
un fronte di guerriglia nella Namibia del Sud, quasi ai confini
col Sud Africa, dimostrando di
poter fare a meno dell’aiuto angolano; la stessa SWAPO, insierne all’ANC, è stata ammessa alrONU in veste di osservatore;
il senatore americano Tea Kennedy è andato a parlare contro
l’apartheid nel ghetto nero di
Soweto e si è poi incontrato con
Botila solo per esprimergli la
sua totale condanna del regime
sudafricano (mentre ancora nel
giugno scorso Craxi e altri capi
di governo europei avevano di
fatto aiutalo il governo di Pretoria a fornire un'immagine ’presenttibile’ di sé, ricei'endo Io
stcs.'io Botila nelle rispettive capitali).
Un colpo dairinterno
Ma il colpo più significativo
l’apartheid lo ha ricevuto forse
daH’intemo del sistema; all’inizio dell’anno, infatti, la stessa
Confindustria .sudafricana ha
preso posizione contro il mantenimento del regime di segre
gazione. Avranno pesato, nella
decisione, le preoccupazioni per
la crescente tensione sociale alrintemo, o i timori per eventuali sanzioni economiche internazionali: ma il fatto resta. E ci
mostra come ormai l’apartheid
si regga su due soli pilastri; da
un lato, l’odio e la violenza dei
gruppi dominanti nella minoranza bianca sudafricana; dall’altro, l’indifferenza e l’ipocrisia
dei paesi occidentali, che a parole condannano, ma sottobanco
continuano a commerciare coi
razzisti. Manca però, ormai, il
terzo pilastro: vale a dire, la
funzionalità dell’apartheid a un
per\ erso modello di sviluppo basato sul supersfmttamento dei
lavoratori neri. Oggi questo, grazie alla lotta non solo dei neri,
ma di tutti i gruppi etnici discriminati in Sud Africa, oltre
che al movimento sviluppatosi a
livello internazionale, è sempre
meno praticabile; e una parte
degli stessi bianchi sudafricani
comincia a prenderne atto.
Apartheid vicino al crollo, dunque? Non ancora, ma sicuramente in grave difficoltà. E se
non possiamo essere certi della
sua fine, possiamo almeno —
questo è il fatto nuovo — scorgerne la possibilità. Ed è il momento di pregare e lottare perché la possibilità diventi realtà.
Paolo Fiorio
Lotta
aH'apartheid
in Italia
• ROMA — fi 24 scorso si è costituito a Roma ii Coordinamento nazionale per la lotta contro l'apartheid in
Sud Africa che raccoglie le forze politiche dell'arco democratico, le tre confederazioni sindacali, organismi per la
solidarietà e la cooperazione col Terzo
Mondo, movimenti ecclesiali, associazioni culturali ed esponenti del mondo
dell'economia, della cultura, dello spettacolo e dello sport. In occasione del
21 marzo prossimo, proclamato dalrONU giornata internazionale contro il
razzismo, il Comitato promuove una
settimana di iniziative straordinarie
volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla segregazione razziale in Sud
Africa. Chi volesse aderire può rivolgersi al MOLISV. Piazza Albania 10,
Roma, tei. 06/5750941.
Etica cattolica
e protestante
fede con le armi, i nostri hanno combattuto e conseguentemente ucciso varie persone tra
le milizie sabaude difendendo
se stessi e la loro fede; e così
di seguito in altre occasioni sino al rimpatrio del 1689 compreso? Non penso che in proposito ci sia da condannare o da
perdonare; non spetta a noi. E’
accaduto così; e personalmente
dico grazie a quei nostri per
averlo fatto e per esser poi guariti da quell’uccidere ; poiché altrimenti non sarei oggi qui a testimoniare della loro e della mia
fede in Cristo Gesù.
Il richiamo ad Ecclesiaste 3: 3
impostato in termini di peccato
e perdono come interazioni
umane, è sbagliato. L'Ecclesiaste ci pone dinanzi alla constatazione di quanto accade tra
gli umani. I primi 9 versetti del
capo 3 di questo libro dell’antico Patto si innestano integralmente nel nuovo. E’ sempre verissimo; è quello che accade tra
gli umani che abitano questo
globo; quello che è sempre accaduto ed accade; è quanto descritto in questi versetti dalla
« nascita » alla « pace » in un giro di affermazioni doppie, di
sconcertanti contraddizioni. Tutto il senso ed il non senso della
umana esistenza è qui concentrato. Il tutto è poi racchiuso
tra i versetti che iniziano e concludono quel libro, raccogliendo il profitto che gli umani si
sforzano di conseguire nel loro
vivere su questo globo, nella vanità delle vanità. Questa contrapposizione di contrari, quei
rovesciamenti di proposizioni
nelle loro implicite contraddizioni, esprimono l’umana esistenza che accade senza che nulla succeda, perché tutto è vanità. Ciò può essere molto spiacevole per molti, ma è così. Questi versetti mi sembra vadano
letti come un tutto, come il quadro della vita umana. Non è lecito strappare da questa collocazione unitaria una delle contraddizioni e contrapporla ad
un comandamento ; poiché si
tratta di una serie di constatazioni, non di insegnamenti.
Al tempo dell’uccidere poi
l’Ecclesiaste non poteva contrapporre il suo contrario, ma solo
un rimedio di uscita. La morte
che si reca è un salario da riscuotere e da pagare. Al tempo
di uccidere non si può se non
contrapporre il tempo di risorgere, di far tornare a vita. E la
resurrezione viene con Gesù, non
rientra tra le umane fatiche che
si compiono sotto il sole. Il tempo della resurrezione è il dono
di Dio in Cristo <jesù. L’Ecclesiaste ne tace, forse proprio perché sa che non accade sotto il
sole.
Il contesto reso dal conglobamento delle 28 contrapposizioni
deU’Ecclesiaste costituisce a
mio avviso il quadro della « stagione » in cui tutto accade tra
noi e nella quale v’è un tempo
per ogni cosa. E’ la condizione
umana dalla quale solo Gesù
può farci risorgere, il « guarire »
che avviene al suo interno non
vale né più né meno dell’uccidere a cui si contrappone, resta
un fatto umano. Quel passo dell’Ecclesiaste non può esser preso per misurare il pro o il contro; vale come ineccepibile constatazione globale dell’umana
esistenza.
Se andiamo alla chiusa di quel
libro possiamo comprendere come il « timor di Dio » si completi nel suo grande amore datoci in Cristo Gesù, sola salus,
per coloro che faticano su questa terra.
Giorgio Peyrot
Nel quadro del ciclo di conferenze-dibattiti su « Interrogativi
etici » organizzato dal locale
Centro Evangelico di Cultura,
venerdì 1“ febbraio si è svolto
il primo incontro davanti ad un
pubblico di più di 150 persone.
Titolo della conferenza ; « Etica
cattolica ed etica protestante »,
oratori: il pastore Sergio Rostagno e Mons. Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea.
Ha iniziato il prof. Rostagno
ricordando che il rispetto per
il mondo come creazione di Dio
costituisce un punto fondamentale in comune alle due etiche.
Egli ha poi evidenziato diversi
punti problematici, esaminando
parallelamente l’aspetto etico
cattolico e quello protestante :
ispirazione dei testi biblici, sacramenti, libertà di coscienza,
apertura verso il mondo moderno, posizione di fronte allo Stato. Ha concluso sottolineando
il carattere positivo comune alle due etiche degli slanci della
carità nelle organizzazioni di
diaconia e nel senso di servizio
verso l’uomo di oggi.
Mons. Bettazzi ha centrato il
suo intervento solo sull’etica cattolica precisandone i due aspetti fondamentali ; l’esigenza di
uniformità di orientamento e di
indicazione generale di norme
morali come aiuto nella formazione della coscienza individua
le e il richiamo alla conversione
ai valori profondi in obbedienza alla Parola di Dio. Dopo aver
esaminato il sacramento della
penitenza, egli ha tracciato a
grandi linee una storia dell’etica
cattolica nei secoli passati e, in
conclusione, ha ribadito il valore di un’etica cristiana fondata
sul servizio e sulla carità verso
i grandi ideali di oggi; vita, pace, giustizia, solidarietà.
E’ seguito un interessante dibattito in cui gli oratori hanno
risposto a domande sui rapporti grazia-natura, fede-ragione,
sulla scomunica, sull’importanza
della testimonianza e del lavoro
comune nell’impegno per la pace. I prossimi incontri avranno
luogo ;
Venerdì 22 febbraio ; « Verso
una nuova concezione cristiana
della sessualità » con il pastore
Alfredo Berlendis e Don Gianni
Piana, professore di Teologia
Pastorale nei Seminari di Torino e Novara.
Venerdì 22 marzo : « Credenti
di fronte alla sofferenza» con il
pastore Franco Giampiccoli e
don Arrigo Miglio, vicario generale della Diocesi di Ivrea.
Venerdì 19 aprile : « Trasgressione e riconciliazione » con il
pastore Ermanno Genre e l’ing.
Ettore Morezzi, membro del Sinodo diocesano di Ivrea.
Cinzia Vitali Carugati
A Dio e a Cesare
(segue da pag. 1}
ai comandamenti. Gesù non ci
ha dato una legge in base alla
quale noi daremmo a Dio la totalità del nostro impegno di ubbidienza. Per noi è fondamentale ciò che Gesù è stato ed è.
Gesù è vissuto, è morto ed è
risorto nel cuore della nostra
umanità ed è di li che parte la
nostra fede. La religione per noi
non è né un'evasione — un trovare un luogo fuori del mondo
in cui situarsi spiritualmente —
né un’interiorizzazione della verità. Noi non siamo né dei guru
arancione né degli israeliti praticanti. Per noi la fede è la costruzione di una realtà di vita
vissuta nella comunione col Cristo risorto. La nostra fede è il
tentativo di situare in questo
mondo il Cristo vivente, lo sforzo, per così dire, di incarnare il
Cristo nel mondo. Questo è il
senso della nostra vita, della nostra comunione con lui, della
nostra obbedienza.
Ed allora cosa ci dice il testo?
Ci dice che la lucidità che Gesù ha mostrato nel dare la sua
risposta deve illuminare la scelta della nostra strada, e che l'interrogativo che Gesù ha formulato nella sua risposta deve diventare il criterio con il quale
noi costruiamo la nostra vita.
Poiché la divisione tra Cesare e
Dio — che per Gesù era chiaramente espressa dalle due monete — passa ormai all’interno di
ciascuno di noi, all’interno della nostra chiesa, delle chiese cri.stiane e ciò che Dio ci chiede è
la lucidità di saper distinguere
dov’è la sua volontà e dov’è la
nostra. E la nostra volontà è di
realizzare noi stessi, mentre la
sua volontà è l’esigenza che noi
riusciamo a incarnare il Cristo.
Ed è in noi stessi che si gioca
il dramma, il dilemma tra realizzare la nostra umanità o fare
della nostra vita un luogo per
il servizio dèi Signore.
Perciò credo che il cammino
della « responsabilità delle chiese nella società democratica »
che ieri sera ci è stato presentato dai nostri oratori ed amici sio
un cammino difficile. Chiedia
mo al Signore di darci lucidità
e fedeltà per percorrerlo in verità. Forse su questo cammino
può essere d’aiuto la ragazza somala che vi ha accolti quest’oggi all’entrata di questo tempio.
Molti di voi non si sono accorti
che c’era, siete entrati e non vi
ha detto nulla perché è soltanto
dipinta su un manifesto. Eppu
re è una persona reale: non e
un disegno bensì una fotografia
quella che sta sulla porta del
nostro tempio. Quella ragazza
somala vive in mezzo a voi, forse fa la cameriera in qualche
ristorante italiano, ed è là sulla
porta, a dire a voi cittadini italiani: Io sono come voi, una figlia di Dio, una sorella di Gesù
Cristo. Dare a Cesare quello
che è di Cesare e a Dio ciò che
è di Dio vuol dire: impara a costruire la tua repubblica in modo onesto, vero; ma va’ oltre l'onestà, va’ oltre la rettitudine, va’
oltre la formulazione giuridica
perfetta delle tue leggi, va’ oltre
e scopri la verità fondamentale
dell’Evangelo che è la verità dell’amore. Perché soltanto se ci
sarà in noi un sovrappiù di amore noi faremo delle leggi giuste;
soltanto chi fa più della legge
fa una vera legge. Quella ragazza ci dice dunque: sappiate amare quelli che sono fra voi come
stranieri e battetevi perché da
questo amore nasca una legge di
giustizia. Se Gesù fosse qui non
ci direbbe più: date a Cesare
quello che è di Cesare e a Dio
ciò che è di Dio. Mollo più semplicemente ci direbbe: Vai a
chiedere a questa ragazza somala perché è nel tuo paese e
che cosa si aspetta da te, vai e
fallo in ricordo della mia morte
e della mia risurrezione. Uscendo per iniziare una nuova settimana, il Signore vi dia la grazia
di salutarla non come si saluta
una cosa che si dimentica, ma
come si saluta una persona di
cui si è scoperta la presenza.
Giorgio Toum
3
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22 febbraio 1985
fede e cultura 3
TEOLOGIA PROTESTANTE E MINISTERI - 1
Com'è cambiata la chiesa
I nostri principi generali: gerarchia di assemblee e non di individui,
nessun ministero superiore agli altri, nessun monopolio di attribuzioni
La chiesa può cambiare? Certo. E uno dei punti in cui è cambiata maggiormente (mi riferisco alle chiese valdesi e metodiste, ma in parte questo può valere anche per la chiesa cattolica) è quello dei ministeri. Dire
ministeri significa dire il modo
che ha la chiesa di svolgere la
sua missione, di prendere decisioni, di amministrarsi. Chi deve
avere la responsabilità di queste
cose? Ministero vuol dire servizio: a chi sono chiesti i servizi
da cui dipende 1’esistenza e l’attività della chiesa?
Il prossimo Sinodo dovrà dare
una risposta, al documento ecumenico su Battesimo. Eucaristia
e Ministero (BEM). Dalla discussione che è avvenuta in molte
nostre chiese si sa già che la nostra risposta, come quella di
molte chiese riformate sarà abbastanza critica, soprattutto sulla parte riguardante il ministero.
Ma non sarà una risposta improvvisata e superficiale. Non
lo sarà, perché proprio sui ministeri (più che su battesimo e
santa cena) si è svolta nella nostra chiesa una lunga e fruttuosa
riflessione, che ha alle sue spalle una solida ricerca teologica. E
non si tratta più neanche di idee
innovatrici di pochi teologi, ma
di una concezione della chiesa
che ha trovato formulazione nella Disciplina e nei Regolamenti,
cioè nelle regole che stabiliscono il funzionamento delle nostre
strutture.
La Disciplina generale, approvata dal Sinodo del 1974, è basata su un riconoscimento fondamentale che è comune a tutte le Chiese della Riforma: « La
Chiesa riconosce come unico capo il Sisnore Gesù, il Cristo »
(Art. 2, 1“ comma). Ciò significa:
l’esistenza e l’attività della chiesa dipendono unicamente dall’azione del Signore Gesù; nessuna struttura umana si può sostituire a quell’azione, nessuna
struttura salva e rinnova la chiesa. Le strutture della chiesa servono a permettere una testimonianza umana, nelle parole e nei
fatti, all’azione di Gesù Cristo.
Questo vale innanzitutto per le
strutture che servono per prendere delle decisioni: « La Chiesa
è retta da una gerarchia di as
semblee aventi ciascuna un proprio ambito di competenze: l’assemblea di ogni chiesa locale,
l’assemblea di ogni raggruppamento regionale di chiese, il
Sinodo nelle sue due sessioni italiana e rioplatense » (Art. 7, 1®
comma). Così si taglia la strada
a ogni pretesa di sostituirsi a
Gesù Cristo, perché una gerarchia di uomini tende a rappresentare visibilmente e fisicamente il governo di Cristo, mentre
una gerarchia di assemblee esprime semplicemente la ricerca e
l’ascolto della volontà del Signore, che può avvenire soltanto nella comunione tra i membri di
una chiesa locale e nella comunione tra tutte le chiese locali.
Il Regolamento sui ministeri,
approvato nel 1979, anche se ha
il difetto di essere ancora troppo centrato sul ministero pastorale, afferma chiaramente che
l’azione del Signore ha come conseguenza il servizio di tutti i credenti. Art. 1 : «La molteplicità e
la varietà dei ministeri si manifesta per vocazione dello Spirito
e riconoscimento della Chiesa.
Ciascun ministero è espresso nel
la Chiesa in collaborazione con
gli altri ministeri in reciproca
sottomissione; nessuno di essi
costituisce uno status diverso da
quello proprio del sacerdozio
universale dei credenti». Art. 3:
« L’esercizio di ogni ministero è
annuncio di Gesù Cristo. La Parola di Dio è la sola autorità
nella Chiesa: ogni ministero le è
sottoposto. A nessuno è conferito l’esercizio esclusivo delle attribuzioni proprie del ministero
riconosciutogli ».
Il contributo
di ’’Diakonia”
Mi sembra che sulla base di
questi articoli ognuno possa dare una risposta alle domande che
ci facevamo all’inizio. La dignità
e la responsabilità di servire il
Signore Gesù Cristo spetta a
tutti i credenti. Vi possono essere dei ministeri di particolare
importanza, ma nessuno è superiore agli altri, in quanto tutti
sono annuncio di Gesù Cristo,
testimonianza della sua azione.
Vi possono essere dei ministeri
speciali, ma nessuno lo è in modo esclusivo: la predicazione può
essere compito del pastore, ma
tutti predichiamo.
Sono principi che forse non
tutti hanno ancora ben capito,
ma che cominciano a operare e a
essere messi in pratica nella vita
delle chiese. Tanto che alcuni temono che si cada in un eccesso
opposto all’autoritarismo: una
sorta di confusione generale, in
cui tutti pretendono di fare tutto, anche senza una vocazione e
una preparazione specifica. Tuttavia non si può negare che le
nostre Discipline tentino di esprimere una concezione della chiesa più vicina a quanto leggiamo
nel Nuovo Testamento. A questa
riscoperta dei ministeri non si è
giunti aH'improvviso, ma attraverso un cammino che io vedo
ben esemplificato nelle prime
annate della rivista « Diakonia »,
una rivista nata proprio per
rendere comune la ricerca sul
servizio (Diaconia è tm’altra parola che significa servizio),^ e che
si è pubblicata in forma ciclostilata a partire dal 1960. Gli anni
dal 1960 al 1965 si possono corisiderare il periodo in cui la rifiessione sui ministeri si è svolta più intensamente nella nostra
chiesa, e non sarebbe male avere
a disposizione un’antologia degli
scritti di quegli anni, dovuti a
laici e pastori, in modo che anche oggi chi vuole possa leggere
e conoscere quali sono state le
premesse per l’attuale nostra
concezione della chiesa.
Accanto alla riflessione di
« Diakonia » va ricordato l’insegnamento di Valdo Vinay (condensato in un articolo intitolato
Il ministero ed i niinisteri e
pubblicato in Protestantesimo
1/1961), e l’esperienza vissuta in
comunità come Agape, Riesi, Cinisello.
Ma per comprendere in che cosa la chiesa sia cambiata, è forse
bene chiederci com’era. Proseguiremo quindi il discorso, cercando di descrivere quelle concezioni della chiesa che oggi riteniamo superate.
Bruno Kostagno
INTERVISTA A MARIO MIEGGE
Panzieri e i Valdesi
Vent’anni fa moriva a soli 43
anni Raniero Panzieri, un intellettuale e dirigente politico che
ha profondamente rinnovato la
cultura marxista del nostro paese. Era nato a Roma, da genitori ebrei, il 14 febbraio del
1921. A causa delle leggi razziali
aveva dovuto frequentare corsi
di diritto all’Istituto pontificio
dove si era interessato all’esistenzialismo religioso. Al termine della lotta di liberazione, collaborò
con Rodolfo Morandi e divenne
un apprezzato dirigente del PSI.
II lavoro di dirigente politico
non lo distolse dalla ricerca intellettuale, nel suo periodo siciliano tradusse infatti il 2° libro
del Capitale di Carlo fdarx. Dopo la morte di Morandi assunse
la direzione della rivista teorica
del PSI, Mondo Operaio, sulla
quale pubblicò un saggio (in
collaborazione con Lucio Libertini) sul controllo operaio.
La ricerca teorica lo allontanò gradualmente dal PSI e nel
1959 abbandonò la rivista e si
trasferì a Torino per lavorare
alle edizioni Einaudi. Qui con
un gruppo di altri giovani intellettuali fondò la rivista ’Quaderni Rossi’ che molti storici considerano come l’origine di quel
fenomeno politico di rinnovamcnt:) del marxismo che sarà
poi chiamato « nuova sinistra ».
Un’esperienza durata solo quattro anni che si interruppe con
la .sua morte avvenuta il 9 ottobre 1964.
In questa esperienza torinese
Raniero Panzieri viene in contatto con alcuni giovani intellettuali evangelici, con il Movimento Cristiano Studenti, e con
Agape. Tra gli intellettuali evangelici che collaboreranno ai Quaderni Rossi vi è Mario Miegge,
al quale chiedo qual è stata l’occasione di quest’incontro.
« Fin dal 1958 ad Agape si organizzarono campi ad argomento politico. A questi campi parteciparono anche persone che
non appartenevano al mondo
evangelico, ad esempio Lelio Basso, Tristano Codignola . e altri dirigenti del PSI. Vennero
anche ad Agape giovani come
Giovanni Mottura e Vittorio Rieser che a Torino avevano dato
origine all’esperienza dei Quaderni Rossi ».
Prima di tutto un incontro politico, ma qual era l’interesse filosofico religioso di questi marxisti eterodossi ed in particolare di Ranieìro Panzieri?
« Panzieri era ben cosciente di
cos’era Agape, ma aveva anche
interesse per i valdesi. Panzieri,
ebreo di origine, aveva un forte
interesse per la cultura moderna in tutti i suoi aspetti e fra
l’altro sua moglie, Pucci, è stata
la traduttrice degli scritti politici di Lutero pubblicati dalla
UT ET. Ci sono state perciò anche discussioni di tipo filosofico.
La prima volta che venne ad
Agape fu nel campo invernale
del 1961 che era un confronto
tra marxismo e cristianesimo ».
E qual era la posizione di Panzieri a questo proposito?
« Panzieri pensava che la teologia protestante proponesse un
uomo diviso tra la vita storica
e il momento religioso della trascendenza. Perciò continuava a
muovere alla teologia protestante le stesse critiche che tradizionalmente sono state mosse dai
marxisti. Però il fatto specifico
del suo pensiero era che per lui
il marxismo non era un dogma,
era una scienza che andava sperimentata. Non chiedeva perciò
ai valdesi che collaboravano ai
Quaderni Rossi una professione
di fede marxista ».
Panzieri in quegli anni aveva
dimostrato un’attenzione tutta
particolare al fenomeno rivoluzionario così come era stato elaborato dal marxismo, posizione
che lo aveva portato lontano
dall’elaborazione teorica del partito socialista. Questa sua posizione quali problemi poneva a
voi giovani valdesi?
« 7 valdesi tradizionalmente
hanno sempre avuto delle posizioni politiche che andavano dal
liberalismo Olla socialdemocrazia e nonostante il disagio provocato in loro dal predominio^
democristiano di quegli anni
non si erano avvicinati al marxismo. Negli anni 50 ci fu, gra
zie anche all’influenza di uomini del movimento di Unità Popolare e del Partito d’Azione, quali
Parri e Calamandrei, un avvicinamento al partito socialista che
allora collaborava col PCI. Però
nei valdesi e anche in quelli che
venivano ad Agape c'era sempre
Una diffidenza nei confronti del
marxismo, verso i partiti politici marxisti, perché vi era diffidenza verso il dogmatismo, verso l’adesione a principi che non
potevano essere condivisi e c'era
soprattutto la visione della rivoluzione come un qualcosa che
viene condotto da un partito sostanzialmente autoritario, scarsamente democratico. Panzieri
aveva invece una visione molto
più aperta e nel lavoro dei Quaderni Rossi i giovani protestanti videro la possibilità di un lavoro_ politico che non era dogmaticamente e rigidamente inquadrato in una organizzazione
che_ pensa di avere in mano la
verità ».
Gli anni 60 erano gli anni del
riformismo, del centro sinistra,
non c’era quindi una grande attenzione culturale al marxismo
rivoluzionario...
« Certo, ma la posizione^ di
Panzieri è stata quella di riscoprire l’auionomia e la creatività
della^ classe operaia con poche
mediazioni organizzative. Panzieri venendo a Torino aveva
vissuto un’esperienza analoga a
quella di Gramsci, cioè quella di
trovare nei movimenti spontanei della classe operaia più avanzata, capacità di lotta e di creazione di nuove istituzioni. Panzieri aveva trovato una conferma atte sue tesi sul controllo
operaio, cioè sulla capacità della classe operaia di governarsi
con proprie istituzioni democratiche. I valdesi che incontrarono
Panzieri trovarono il marxismo
sotto un’altra forma, diversa da
quella tradizionalmente conosciuta. Non una rigida organizzazione politica, non il dogmatismo, ma l’inchiesta e le forme
dell’organizzazione spontanea ».
Perché l'inchiesta?
« Erano le organizzazioni del
movimento operaio torinese che
Raniero Panzieri con
il gruppo giovanile
PSI di La Spezia.
in quegli anni volevano conoscere le nuove forme dell’organizzazione del lavoro per cercare i
terreni sui quali poteva rinascere l’azione sindacale dopo la
sconfitta degli anni 50. Panzieri
venendo a Torino trovò persone
che erano già al lavoro in questo campo nel tentativo di riallacciare rapporti con la fabbrica... ».
Erano gli anni del cosiddetto
neocapitalismo e della presunta
integrazione della classe operaia, invece Panzieri portò l’attenzione sul terreno della tecnologia, delle macchine...
« Attraverso le inchieste e una^
rilettura molto attenta degli
scritti di Marx, Panzieri riscoprì che la tecnologia avanzata
non è affatto neutrale, un fatto
di progresso, ma si basava su
nuove forme di sfruttamento.
Le tecniche non sono neutre e
l’organizzazione del lavoro rimane capitalistica e i progressi
tecnologici passano attraverso
allo sfruttamento e alla lotta di
classe. Anche una civiltà avanzata è fondata sullo sfruttamento del lavoro, non brutale come
quello del secolo scorso, ma uno
sfruttamento che asservisce una
capacità produttiva sociale. Il
progresso tecnico è dentro il capitale mentre la classe operaia
reagisce nel quadro dell’organizzazione del lavoro. Questa elaborazione di Panzieri è stata
una anticipazione di temi che
sono stati poi al centro dell’iniziativa politica alcuni anni dopo ».
11 marxismo di Panzieri e dei
Quaderni Rossi è stato dunque
un importante tentativo di uscire dai dogmatismi, dagli schematismi del marxismo realizzato sia dai paesi socialisti che
dai partiti ed è singolare che
questo tentativo ad un certo
punto della sua evoluzione sia
entrato in contatto con la teologia del « totalmente altro ». Perché questa analogia di comportamento, di ricerca?
« Panzieri aveva una convinzione forte sul fallimento del socialismo reale ed accusava la sinistra italiana di non essere andata fino in fondo nell’operazione verità nel riconoscere quello
che era stato lo stalinismo, e
che la rivoluzione d’ottobre era
ormai bloccata. In questo senso il parlare df comunismo rimetteva in evidenza gli aspetti
di utopia presenti nella visione
marxista. Cera dunque un’affinità di atteggiamento colla ricerca protestante. Panzieri non
aveva nessuna garanzia alle spalle, era estremamente coerente
e questo faceva sì che un ateo,
qual era, avesse interesse per la
teologia, come discorso che non
si fonda su realtà di progressi
storici previsti e sicuri ».
Giorgio Gardiol
4
4 vita delle chiese
22 febbraio 1985
SETTIMANA DELLA LIBERTA’
FORUM TEOLOGICO DEL 1° DISTRETTO
... I
Giustizia
senza barriere
Antropologia del rito
La partecipazione alla manifestazione, sul tema dello straniero tra di noi, organizzata a Pinerolo dalla Commissione Esecutiva del 1° Distretto in occasione della settimana della libertà, è stata decisamente buona.
Paolo Naso, segretario della
FGEI, ma qui in veste di rappresentante del Servizio Migranti della PCEI, ha iniziato la serie di interventi, tracciando brevemente il quadro della situazione e dei problemi emergenti
rispetto alla questione dell’immigrazione dai paesi extra-europei verso l’Italia.
Innanzitutto le cifre: gli immigrati in Italia sono fra i 450/
700 imla, di cui più dei due terzi vivono nel nostro paese in
stato di clandestinità. Ci si trova di fronte ad un fenomeno
che tende ad aumentare e non a
diminuire, un fenomeno che non
sarà limitato nel tempo, ma diventerà sempre più una realtà
che caratterizzerà nei prossimi
anni la vita del nostro paese.
Varie, ha continuato Naso, sono le cause che determinano le
dinamiche di espulsione dai paesi extra-europei e motivano atl’origine il fenomeno dell’immigrazione rendendolo, nel loro intrecciarsi, complesso ed articolato
a vari livelli. Indubbiamente la
povertà è la motivazione principale che spinge molti lavoratori stranieri ad immigrare alla
ricerca di una occupazione che
garantisca la loro sopravvivenza. Ma anche la mancanza di
regimi democratici e di forme
di libertà politica, sociale ed economica sono la causa d’immigrazione. Più facili da individuare le dinamiche d’attrazione
Ciotfedì 21 febbraio
□ INCONTRO
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
PINEROLO — Dalle ore 17 alle ore
22 presso I locali della chiesa valdese si tiene la riunione mensile dei
collaboratori dell'Eco delle Valli Valdesi. Cena in comune.
Sabato 23 febbraio
n ASSEMBLEA CESP
PINEROLO — Alle ore 21 presso i
locali del Cesp si tiene l'assemblea
dei soci che sarà dedicata tra l'altro
all'esame del tema; « La proposta del
solidarismo cattolico; una terza via? ».
□ DIPARTIMENTO
DIACONALE
1° DISTRETTO
LUSERNA S. GIOVANNI — Dalle ore
15 alle ore 21 si tiene presso l'Asilo
per anziani il corso di formazione per
gli operatori delle case per minori
(Convitti di Pomaretto. Torre e Uliveto).
Domenica 24 febbraio
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — Alle ore 14.30
presso la Casa Unionista si tiene l'Assemblea del movimento Testimonianza Evangelica Valdese.
Sabato 2 marzo
□ CORSO DI ANIMAZIONE
BIBLICA FFEVM
VILLAR PEROSA — Con inizio alle
ore 14.30 si tiene presso il Convitto
il corso di animazione biblica per i
gruppi e le unioni femminili del 1° Distretto. Per informazioni contattare
Katharina Rostagno (0121/51372) entro
Il 25 febbraio.
che spingono gli immigrati nel
nostro paese: la facilità con cui
vi si entra essendo sufficiente un
passaporto turistico, ma soprattutto la flessibilità del mercato
del lavoro italiano, grazie alla
quale è sempre possibile trovare una qualche attività, specialmente nel sommerso della nostra economia.
Naso ha concluso ipotizzando
quattro tipi d’interventi possibili: l’assistenza al lavoratore immigrato; l’impegno per la definizione di un intervento legislativo a favore degli immigrati; il
sostegno ad una politica di cooperazione internazionale con i
paesi extra-europei; la costruzione di una sensibilità ed una mobilitazione sulla questione delrimmigrazione.
Michel Ogba, immigrato eritreo a Milano, intervenendo, ha
precisato che il fenomeno dell’immigrazione trova la sua motivazione profonda nella politica
di dipendenza a cui sono sottoposti i paesi in via di sviluppo.
In particolare la dipendenza economica da una delle due superpotenze comporta un elevato
sfruttamento delle risorse naturali e la creazione di un sistema produttivo copiato dall’occidente, ma non adatto ai paesi
emergenti, tanto che i benefici
sono spesso di gran lunga inferiori ai danni causati. In queste
condizioni la povertà non può
mai essere sconfitta ed i regimi
dittatoriali, necessari per mantenere sottomesse le popolazioni
che vivono in condizioni di massima indigenza, non potranno
mai essere abbattuti e cambiati.
Le chiese evangeliche, ha poi
concluso, possono avere un ruolo importante in quanto possono diventare la voce che sa e
può denunciare le situazioni di
disagio e di precarietà in cui vivono i lavoratori immigrati in
Italia.
Il Moderatore Giorgio Bouchard ha iniziato il suo intervento ricordando come i paesi
occidentali assorbiti dalla crisi
del mondo industriale non si siano resi conto della contemporanea esplosione demografica che
interessava in modo particolare
i paesi del terzo e quarto mondo. Ora l’esuberanza delle popolazioni extra-europee si fa sentire anche sui paesi occidentali che
sono interessati da un vasto
flusso migratorio. Per quanto ci
riguarda, abituati come siamo
a considerarci poveri, tendiamo
a dimenticare che nonostante la
nostra particolare crisi, siamo
uno dei primi paesi industrializzati del mondo, e con un reddito pro-capite molto elevato.
Allora, ha proseguito Bouchard, è necessario porsi già fin
da adesso alcuni problemi che
entro breve tempo saremo chiamati comunque ad affrontare e
risolvere. Cosa fare, per esempio, rispetto alla guerra tra poveri già scatenatasi tra i braccianti tunisini e braccianti siciliani e napoletani? Gli immigrati
hanno diritto di voto in caso di
elezioni locali? Come affrontare
il problema dei matrimoni misti e la nascita conseguente della
seconda generazione: sapremo
batterci per far loro costruire
delle scuole e difendere il loro
diritto al bilinguismo?
Inoltre, ha concluso Bouchard,
per noi credenti rincontro con
molti di questi immigrati significa incontrare dei fratelli in
fede. In questo senso la nostra
chiesa, che ha fatto molti progressi rispetto ad una realtà
pluralista della società, deve saper proporre a questi fratelli
immigrati una piena cittadinanza in essa, non come oggetti di
cura ed assistenza, ma come
soggetti chiamati a vìvere anche
in questo contesto la loro vocazione cristiana.
Il prof. Filoramo, docente di
storia delle religioni all’Università di Torino, ed il prof. Peyrot, già docente di diritto ecclesiastico all’Università di Perugia e alla Facoltà 'Valdese di
teologia di Roma, hanno introdotto, nel pomeriggio del 10 febbraio a Torre Pellice, rincontro
di studio del Collettivo teologico del I distretto.
Il problema della ritualità è
stato esaminato dal punto di vista antropologico, ossia del comportamento e delle relazioni umane.
Come già nell’incontro precedente, in cui si era esaminato
il rito nei suoi aspetti psicologici, anche questa volta lo studio ha cercato di individuare i
caratteri del rituale prescindendo, per quanto possibile, dalle
situazioni-tipo che si presentano
nella vita di una comunità religiosa.
L’operazione in questo senso
si è però rivelata più difficile da
attuare, perché l’approccio antropologico dello studio non poteva non tener conto della dimensione specifica in cui le relazioni umane si sviluppano.
Gli elementi acquisiti in questi incontri del Collettivo teologico dovranno permettere uno
studio quanto più critico dei
momenti rituali che caratterizzano la vita di una chiesa delle
Valli. Individuato il rituale come una sequenza fissa, stabilita
nel tempo e nello spazio, di azioni, se ne sono precisate le funzioni caratteristiche in una comunità di uomini con bisogni
di carattere spirituale, prendendo spesso come paradigma situazioni proprie di popolazioni
« illetterate » ( una volta sì diceva «primitive»).
S’è visto come il rito abbia
funzioni di carattere cognitivo
(in relazione al quale si è messo in rilievo il rapporto esistente tra rito e mito), comunicativo (per il quale assume importanza l’elemento simbolico presente nel momento rituale), sociologico (in questo senso il rito assolve ad una funzione equilibratrice di tensioni sociali),
psicologico, emozionale (il rito
coinvolge la persona che lo vive nella sfera emotiva, e ciò contribuisce al rafforzamento di
un’immagine della identità della
comunità, in cui il singolo si situa, che è continuamente minacciata).
Il bisogno di momenti rituali è proprio della condizione
umana; gli uomini hanno bisogno di immagini per vedere le
cose nella loro realtà (già Platone con le sue « idee » andava
in questa direzione) ed a questo
bisogno di immagini si risponde con dei riti. Attraverso l’im
magine però si presenta una
realtà del vero che non è quello
che è ma quello che l’uomo vuole che sia, quello che si rappresenta.
Il rito è quindi spesso una
maschera adottata per appropriarsi di una realtà difficile da
afferrare o da accettare, quando non inesistente.
Il rito assolve dunque al bisogno sociale di rendere accettabile al singolo ed alla massa
nella quale egli si disperde, la
propria identità individuale o
collettiva, mascherando conflitti altrimenti difficili da accettarsi.
Queste mi paiono le indicazioni da trarsi dalle relazioni fatte
nell’incontro di Torre Pellice,
formulate in modo astratto, e
che attendono una verifica nella
analisi che si dovrà fare, a partire da esse, dei momenti rituali che si vivono nella vita della
chiesa.
Ulteriori elementi di analisi
saranno acquisiti dai partecipanti al Collettivo teologico nel
prossimo incontro, che si svolgerà il 10 marzo nei locali della
chiesa valdese di S. Secondo, e
che avrà come tema; la critica
della teologia protestante e del
discorso di riforma della chiesa
degli anni sessanta al rituale.
Paolo Gay
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Gli incontri del XVII febbraio
Quest’anno la serata del 16
febbraio è stata caratterizzata
dall’abbondante nevicata che ha
recato non pochi problemi a coloro che si sono recati ai falò
preparati nei giorni scorsi e che
come al solito sono stati numerosissimi in tutte le località delle Valli Valdesi.
In alcune comunità in occasione dell’accensione dei falò sono state organizzate delle fiaccolate: a Luserna S. Giovanni il
gruppo dei cadetti ha riproposto
la tradizionale fiaccolata che dal
piazzale del tempio si reca a
Ciò d’Mai; a Prarostino un lungo
corteo ha raggiunto uno dopo
l’altro i tre grossi falò che erano
stati preparati sulla collina.
Invece ai Coppieri di Torre
Pellice la serata è stata dedicata
alla presentazione da parte del
gruppo dei cadetti delle diapositive sull’Ospedale Valdese. Per
l'occasione è intervenuto il pastore Alberto Taccia, presidente
della CIOV, che accompagnava
un gruppo di fratelli della comunità di Torino.
A Pinerolo invece sono stati
preparati due grossi falò, uno in
località Besucco, l’altro all’Abbadia.
La mattina del 17 in alcune comunità il programma della giornata di festa prevedeva la partecipazione al corteo: così a Pomaretto i due tronconi del corteo, uno partito da Inverso Pinasca accompagnato dalla banda
della frazione, Paltro da Pomaretto stesso accompagnato dalla
locale banda musicale, si sono
incontrati sul ponte sul Chisone
confluendo poi insieme al tempio. A San Germano il corteo formatosi davanti al tempio ha attraversato il paese recandosi all’Asilo dove la banda, la Corale e
i bambini della Scuola Domenicale hanno intrattenuto brevemente gli ospiti presenti.
Molti culti hanno visto la partecipazione delle Corali (Luserna,
Torre, Angrogna, Rorà, Perrero, Pinerolo, San Germano) e
delle Scuole Domenicali (Torre
Pellice). In alcune comunità il
culto è stato gestito in gran parte dai bambini della Scuola Domenicale e dai loro monitori:
così a Bobbio Pellice la liturgia è
stata proposta da loro; a Pramollo la Scuola Domenicale ha
vivacizzato il culto; a Villar Pellice sono stati presentati brevi
messaggi, canti, pezzi musicali
eseguiti al flauto grazie all’aiuto
del maestro Frasso. A Prarostino i bambini cantando l'inno
Lux lucet in tenebris hanno disegnato la croce ugonotta e la
bibbia.
Ad Angrogna i bambini hanno
presentato, nel culto, una drammatizzazione della « Revoca dell’Editto di Nantes ».
In molte comunità, sparse normalmente su un territorio molto
vasto, il 17 è diventato l'occasione per ritrovarsi insieme in un
unico posto: così le comunità
di Perrero e Maniglia si sono ritrovate a Maniglia in un unico
culto; Villasecca e Chiotti si sono riunite per il culto nel vecchio
tempio di Villasecca superiore;
la comunità di Coazze si è riunita in parte con la comunità di
Piossasco.
Il culto del 17 febbraio diventa in altre comunità anche occasione per ascoltare brevi messaggi; ad Angrogna l'ospite di turno,
il fratello Agostino Ntumba, rispondendo alle domande dei catecumeni, ha avuto la possibilità
di dare una testimonianza diretta sui problemi e sulle condizioni
di vita degli immigrati in Italia.
Paolo Naso, a Luserna S. Giovanni, ha fatto una interessante
panoramica sullo stesso problema degli immigrati.
Particolarmente apprezzate sono state anche le predicazioni di
pastori ospiti: a Bobbio Pellice
ha predicato Paolo Ricca; a Pomaretto il moderatore G. Bouchard.
Dopo il pranzo comunitario,
frequentatissimo, ogni comunità
organizza un programma vario
per il pomeriggio. Ad Angrogna
è stato ancora il fratello Ntumba
ad intrattenere i partecipanti all’agape, riprendendo il suo inter
vento in sinodo sul nroblemr
della "giustizia senza barriere’
A Perrero Lucilla Tron ha parla
to della sua esperienza nel lon
tano Camerún. A Pinerolo si è
trascorso un pomeriggio insieme
ascoltando prima una breve riflessione su una vicenda particolare della storia valdese, ricordata come il patto del podio, quindi guardando le diapositive che
G. Griva ha fatto durante lo svolgimento della spedizione sull’Aconcagua.
A Pramollo G. Bounous ha presentato delle diapositive fatte negli USA e riguardanti alcune minoranze (valdesi, lamsei e naturalmente i pellirosse). A S. Germano si è svolta un’Assemblea
di chiesa sul tema: « Essere
chiesa ». A Villar Perosa G. Leibbrand e la signora D’Ari, ospiti
con un gruppo della comunità di
Rimini, hanno parlato della diaspora evangelica. A San Secondo
si è parlato del problema dell’immigrazione.
Infine, in molte comunità la
serata del 17 si è conclusa con
spettacoli teatrali o momenti
d’intrattenimento: ad Angrogna
il Gruppo Teatro ha ripresentato il suo spettacolo « Ninna nanna della guerra ». Al termine, di
fronte a un centinaio di persone,
Ntumba ha tracciato un quadro
della situazione dei lavoratori
africani nell’Europa Occidentale.
A Bobbio Pellice il gruppo giovanile ha presentato una serie di
scene su come la comunità festeggia la ricorrenza del 17 febbraio. A Luserna S. Giovanni il
Gruppo filodrammatico ha pre.sentato un lavoro di B. Brecht. A
Pramollo è stata presentata la
commedia: « Un ispettore in casa Birming ». A Villar Pellice è
stata presentata la commedia
«Mamma». A Torre Pellice è stata
rappresentata la recita «Tegel»
di D. Bonhoeffer. Concerti di
bande musicali hanno intrattenuto i partecipanti alle serate di
Villar Perosa e Pomaretto.
5
22 febbraio 1985
vita delle chiese 5
RICORDIAMO I DUE PASTORI EMERITI METODISTI CHE CI HANNO LASCIATI
Emanuele Santi
Il pastore, il fratello, l’amico
Emanuele Santi ha terminato il
suo lungo, fedele apostolato di
testimonianza cristiana.
Avendo combattuto il buon
combattimento e serbata la fede, gli è riservata, secondo la
Scrittura (2 Tim. 4: 7-8), la corona di giustizia, ossia la vita
eterna, che il giusto giudice assegna a quanti, amando la sua
apparizione, perseverano, sino
alla fine, in tutte le cose udite e
imparate dalla Parola di Dio.
Per molti anni Emanuele è
vissuto negli USA dove ha svolto attività sociali e culturali, allietate dal violino che egli suonava magistralmente. In quelle
lontane Comunità Metodiste, che
lo ebbero come conduttore spirituale, lascia un vivo rimpianto
e il ricordo d’una costante operosità per la edificazione delle
anime, la diffusione dell’Evangelo della salvezza per grazia e
Tavanzamentc del Regno di Dio
fra gli uomini di buona volontà.
Rientrato a Portici, col fratello Teofilo, direttore dell’Ospedale Evangelico di Ponticelli,
Emanuele ha diretto e curato,
amorevolmente, la Comunità Metodista di Portici e i bimbi della benemerita Casa Materna fondata, un anno dopo la sua nascita, il 12 giugno 1905, dai coniugi : Pastore Riccardo Santi
ed Ersilia Bragaglia.
Si affaccia alla mia mente il
ricordo dei nostri giochi infantili, della nostra schietta amicizia, delia comune fede in Gesù
Cristo, della medesima vocazione pastorale di cui Dio ci ha reputati degni.
Nel tributare al caro collega
scomparso l’estremo saluto dolente, sono preso, posseduto dall’evangelica certezza che Emanuele, al pari di tutti i cristiani
veraci, avendo avuto, per gli
esclusivi meriti di Cristo, Il diritto di diventare figliuolo di
Dio, è, altresì, erede alla vita
eterna ( Gicv. 1: 12: Gal. 4: 7).
Secondo un vitale principio
evangelico, l’anima, venuta da
Dio ùTim,;rtale, rigenerata e riscattata mediante il sangue della Croce, sopravvivendo alla
morte corporale, ritorna all’Iddio dei viventi.
Eleviamo a Dio la nostra lode
di ringraziamento per l’esempio
in ogni opera buona dataci da
Emanuele domandandogli d’insegnarci a contare i nostri giorni affinché acquistiamo un cuore savio e proponendoci di camminare nella luce che vivifica,
nella verità che affranca, nell’amor fraterno soccorrevole che
è un efficace antidoto contro le
avversità e le afflizioni del nostro prossimo.
Francesco Cacciapuoti
Mercoledì 30 gennaio u.s. ha
concluso la sua esistenza terrena Emanuele Santi, pastore della Chiesa Metodista Episcopale
d’America, in attività di servizio
presso la Chiesa Metodista di
Portici, nonché condirettore dell’Orfanotrofio « Casa Materna ».
Aveva 81 anni essendo nato a
Napoli il 21 marzo 1904.
Il pastore Santi, nel 1957, provenendo dalla Chiesa di White
Plains in Florida ha portato in
« Casa Materna » il soffio dei
tempi nuovi, un grande spirito
di libertà. Sotto la sua guida i
ragazzi di « Casa Materna» sono
cresciuti e si sono realizzati secondo i principi moderni dell’educazione, così essi hanno acquistato ima loro personalità,
hanno preso coscienza liberamente del « credo » religioso loro impartito nelle classi dell’Orfanotrofio, hanno assunto,
infine, un loro carattere particolare che li differenzia dai ragazzi di tutti gli altri collegi
confessionali cattolici. Il rispetto della personalità dei ragazzi
con Emanuele Santi ha raggiunto traguardi insospettabili prima, tanto che le scuole annesse al collegio hanno visto sviluppare, anno dopo anno, sempre
di più il numero delle presenze.
Dunque criteri nuovi nell’educazione dei ragazzi dell’Orfanotrofio uniti ad un grosso messaggio cristiano: il messaggio dell’Amore realizzato nello spirito
di servizio spinto sino alle estre■ me conseguenze.
Emanuele Santi fu anche un
artista sensibile e completo: il
violino fu lo strumento con cui
riusciva ad esternare tutti i suoi
sentimenti più nascosti. Specialmente quando il pastore si
recava fuori sede per testimoniare in favore della sua « Casa Materna » il violino era alla
base del suo messaggio. Molti in
Europa 0 nel mondo rammenteranno Emanuele Santi anche
per questo: per la musica, per
la buona musica che sapeva proporre e per il pathos che con
quella musica sapeva creare.
Laureato in Lettere e Filosofia e poi in Teologia, Emanuele
Santi ha fondato la sua predicazione soprattutto sul messaggio
dell’Amore che ha presentato,
studiato, evidenziato in tutte le
sue forme, in tutti i suoi aspetti
esortando del continuo la comunità all’Amore, soprattutto all’Amore fraterno, all’Amore ver
so il prossimo : « Diletti, amiamoci gli uni gli altri. Chiunque
ama è nato da Dio e conosce
Iddio...». Il pastore ha consolidato la comunità di Corso Garibaldi 235, con la sua opera efficace l’ha arricchita di nuovi
membri, con la sua continua testimonianza l’ha rafforzata nella fede, ha suscitato numerosi
fedeli testimoni delTEvangelo.
Sempre presente in Chiesa fino
a qualche settimana prima della
sua morte, il pastore Santi ha
seguito continuamente tutte le
attività della Comunità ed ha
lasciato un esempio luminoso di
attaccamento al suo ministerio,
alla sua chiesa, alla sua comunità ed alla sua « Casa Materna ».
Ai funerali, svoltisi il venerdì
1° febbraio, hanno partecipato
oltre un migliaio di persone :
tutti ì membri della Comunità,
alcuni membri del Comitato Internazionale giunti da diverse
parti d’Europa, diversi membri
delle varie Comunità di Napoli,
tutti i pastori presenti a Napoli, alcune autorità cittadine, e
centinaia e centinaia di simpatizzanti, di amici, di ammiratori
dell’opera della « Casa Materna ».
Ha presieduto il culto il Sovrintendente del Circuito pastore Giovanni Anziani che ha portato un messaggio di conforto e
di speranza ed hanno portato
il loro saluto il Presidente Aquilante espressamente venuto da
Palermo, il pastore Carco, il Padre Galeota dell’ordine dei Gesuiti, fraterno sincero amico del
pastore Santi ed i fratelli di
chiesa Sfamali e Baglio.
E. B.
Aldo Carsaniga
« Quando Bava Beccaris cominciò a prendere la folla a cannonate, mio padre decise di ’’andare a vedere” e partì per Milano. La mamma si agitò talmente
che io nacqui settimino ». Così
Arnaldo Carsaniga raccontava le
circostanze della sua nascita, l’ultimo di sette figli in una famìglia
che le circostanze avevano fatto
scendere da una certa agiatezza
medioborghese verso difficoltà
economiche proprie delle classi
popolari. Così Aldo (come lo
chiamavano in famiglia) dovette
presto lasciare la scuola e mettersi a lavorare come garzone di
idraulico. Lo slittamento di classe e l’interruzione dell’istruzione
formale, che avrebbero notuto
incidere negativamente, diventarono invece per lui fattori positivi: lo spinsero verso una lunga
carriera di appassionato autodidatta, e fecero coincidere in lui
lo stimolo derivato dall’ambiente
verso l’elevazione sociale con l’intima aspirazione ad una elevazione spirituale e intellettuale.
La ricerca di amici da cui potesse apprendere lo mise in contatto con ambienti protestanti e
con la loro cultura non conformista e perciò più stimolante di
quella ufficiale. La chiamata alle
armi poco prima di Caporetto lo
trovò impiegato alla casa editrice Sonzogno, dove lo aveva condotto il suo amore per la lettura.
Dopo la guerra lavorò alla «Vo
CORRISPONDENZE
Mostra di P. Paschetto
GENOVA — Nel corso della
« settimana della libertà », nei
locali della chiesa valdese di Genova il pastore Paolo Sanfilippo
ha allestito, con alcuni collaboratori, una bella mostra illustrativa dell’arte di Paolo Paschetto. Grazie a una serie assai ricca di riproduzioni (c’è anche un originale : il disegno dell’artistico lampadario in ferro
battuto della chiesa battista di
Chiavari, con scritto autografo
dell’artista) si documentano alcuni settori: 1) l’illustrazione
che il Paschetto ha dedicato al
naesaggio e alla storia valdese;
2) la sua intensa attività grafica
per la pubblicistica protestante
( copertina e illustrazioni di libri e riviste); 3) disegni, xilografie e pitture di carattere biblico-teològico ( particolarmente
belle due serie dedicate Luna al
« Padre nostro » e l’altra al Credo : ma anche assai delicata una
serie di quadri illustranti i
salmi); 4) l’arte di Paschetto a
servizio del Paese (bozzetti dello stemma della Repubblica, di
parecchi francobolli).
Con il suo volumetto su L’arte di Paolo Paschetto, uscito in
questi giorni e di cui proprio
qui è iniziata la diffusione, il
Sanfilippo ha reso un buon servizio al ricordo del fratello e
dell’artista, e ha fatto un dono
generoso ai genovesi che hanno visitato la mostra e che gli
dicono grazie di cuore.
Errata
Si precisa che neH'artioolo su « Vilia
San Sebastiano - Presenza evangelica
in Abruzzo» deii'1.2.85 non compare
il nome del pastore metodista Tullio
Di Muro iniziatore ed organizzatore
della Cooperativa di uso di macchine
agricole, tuttora funzionante. Ci scusiamo d'aver attribuito la paternità dell'iniziativa cooperativistica villese al
pastore Sergio Aquilante che ne fu,
invece, attivo prosecutore.
Nuovo telefono
Segnaliamo il nuovo numero telefonico del Professor Paolo Ricca presso
la Facoltà Valdese di Teologia di Roma: 06/3608632.
ce del padrone », e poi studiò per
due anni e mezzo agronomia in
Germania, dove ascoltò Rudolf
Steiner e fu influenzato dal suo
messaggio. Tornato in Italia, si
sentì sempre più spinto invece
che a coltivare frutteti a coltivare la vigna del Signore.
Dopo un periodo di studio alla
scuola teologica che allora la
Chiesa Metodista aveva a Roma,
Aldo accettò l’incarico di segretario della Associazione Cristiana dei giovani di Milano, che
combinò con mansioni di predicatore laico e coadiutore dei pastori Cervi e Cavazzutti.
AITACDG, dove rimase per un
decennio a partire dal 1927, si dedicò particolarmente a potenziare l'attività culturale, invitando a parlare nomi prestigiosi nel
mondo intellettuale italiano come Adolfo Omodeo, Luigi Salvatorelli, Adriano Tilgher, Piero
Martinetti, Ernesto Buonaiuti,
Ugo Janni, Vittorio Macchioro.
Nel 1937 Aldo decise di dedicarsi a tempo pieno al ministerio
pastorale, e fu accettato dall’allora Chiesa Metodista Wesleyana
come pastore sot 'o prova. La sua
prima destinazione fu Rapolla,
in quella Basilicata che solo un
decennio dopo Carlo Levi avrebbe rivelato agli italiani. Aldo, e
la moglie Annamaria (sposata nel
1928), portarono il messaggio di
Cristo e la pratica della vita cristiana ben più a sud di Ebolì.
Mentre Aldo si occupava della
comunità di Rapolla e di gruppi
e fratelli isolati a Melfi, Barile
Rionero e Venosa, Annamaria la
vorava al suo fianco come segretaria, amministratrice, assistente
sociale, visitatrice, infermiera, I
legami di amicizia forgiati allora
durano a distanza di quasi mezzo secolo: il figlio Giovanni, professore universitario in Australia, vi ha trovato alcuni rapollesi
emigrati, figli di amici di membri di chiesa, i quali ricordano
la sua famiglia con affetto e ammirazione. Non c'è da meravigliarsi se le autorità ecclesiastiche e secolari del tempo considerassero Aldo come un individuo di cui occorresse limitare
l’attività. Si ricorse aH’espediente di far invadere dai carabinieri
un locale a Venosa dove Aldo
stava tenendo un culto a porte
chiuse per accusarlo di presiedere a una riunione pubblica non
autorizzata, condannarlo a quattro anni con la condizionale e
ingiungergli di non muoversi da
Rapolla. Ma dove Aldo non poteva andare, andava Annamaria,
spesso in bicicletta, o sotto la
neve.
Nel 1941 Aldo fu trasferito a
Napoli. Confermato pastore in
piena relazione divenne sovrintendente di un vasto circuito che
comprendeva le sue precedenti
chiese lucane. Difficile e rischioso il lavoro negli anni della guerra. L'edificio della chiesa nel centro di Napoli fu colpito da una
bomba incendiaria, e, se Aldo
non si fosse lanciato da solo a
spegnere l’incendio, le fiamme
avrebbero consumato non soltanto lo stabile, con chiesa dalla
volta in legno, locali sociali e appartamenti, ma (a detta degli
agenti della protezione antiaerea) anche buona parte del quartiere. Nel 1951 Aldo passò a Carrara, e poi alla Spezia dove presiedette all’ inaugurazione del
nuovo edificio ecclesiastico. Le
ultime due tappe furono Intra e
Padova, sempre come sovrintendente di circuito, e con la cura
diretta di almeno due chiese.
Uomo normalmente soave, gentile, tranquillo, Aldo era capace
di sorprendenti scoppi di attività
ed energia, e di bruciante indignazione. Tenacissimo, incrollabile nel tener fede ai suoi principi e ideali, conformava la pratica dei suoi rapporti col prossimo
a comprensione, indulgenza e
flessibilità. Alcuni colleghi lo definivano « il serafico Carsaniga »,
garbatamente alludendo a una
sua asserita mancanza di praticità e di senso della realtà. Ma
chi lo conosceva bene sapeva
quanto egli fosse realistico e pratico nel suo lavoro pastorale di
ogni giorno, e tutt’altro che etereo nel calore emotivo che dimostrava con le sue azioni e le
sue parole. Nella sua predicazione (nata da ansiosa e talvolta
angosciosa preparazione, e da
ispirata improvvisazione) la sostanza del messaggio finiva per
imporsi al di là di un certo disordine formale. Ma per Aldo la
predicazione era soltanto una
parte del culto, a cui erano coessenziali dignità di ambiente, senso della bellezza, comprensione
del profondo significato della liturgia, sensibilità ai valori creati
dalia partecipazione collettiva.
Per questo Aldo istintivamente
diffidava di certi aspetti un po’
scamiciati e populistici del revivalismo d’oltre Atlantico importato nelTimmediato dopoguerra.
Questo non gli impediva però di
fraternizzare con cristiani e persone di altre fedi quale che fosse
il loro indirizzo: era persuaso
della necessità deH’ecuraenismo
molto prima che l’idea venisse
di moda. Aldo era in fondo uno
spirito libero che del 'Vangelo
seppe intuire e diffondere il messaggio essenzialmente liberatorio
e ad esso uniformò la sua vita.
Il rimpianto per la sua scomparsa cede alla gratitudine per
quanto della sua vita è rimasto
nel cuore di molti. G. C.
6
6 prospettive bibliche
22 febbraio 1985
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Contro l'amnonia
degli dei e degli uomini
ATTI 19: 23-41
23 In quel periodo vi fu un gran tumulto a proposito della nuova via.
24 Perché un tale, di nome Demetrio,
orefice, che faceva tempietti di Diana in
argento, procurava non poco guadagno
agli artigiani.
25 Riuniti questi e gli altri che esercitavano il medesimo mestiere, disse: Uomini, voi sapete che da questa industria
proviene la nostra prosperità;
26 e voi vedete e udite che questo Paolo ha persuaso e sviato molta gente non
solo a Efeso, ma in quasi tutta l’Asia,
dicendo che quelli costruiti con le mani,
non sono dèi.
27 Non solo vi è pericolo che questo ramo della nostra arte cada in discredito,
ma che anche il tempio della grande dea
Diana non conti più e che sia perfino
privata deUa sua maestà colei che tutta
l’Asia e il mondo adorano.
28 Essi, udite queste cose, accesi di sdegno si misero a gridare: Grande è la
Diana degli Efesini!
29 E tutta la città fu piena di confusione; e trascinando con sé a forza Gaio e
Aristarco, Macedoni, compagini di viaggio
di Paolo, si precipitarono tutti d’accordo
verso il teatro.
30 Paolo voleva presentarsi al popolo,
ma i discepoli glieio impedirono.
31 Anche alcuni magistrati dell’Asia, che
gli erano amici, mandarono a pregarlo
di non avventurarsi nel teatro.
32 Intanto, chi gridava una cosa, chi
un’altra; infatti l’assembiea era confusa;
e i più non sapevano per quale motivo
si fossero riuniti.
33 Dalla foUa fecero uscire Alessandro,
che i Giudei spingevano avanti. E Alessandro, fatto cenno con la mano, voleva arringare il popolo a loro difesa.
34 Ma quando si accorsero che era ebreo, tutti, per quasi due ore, si misero a
gridare in coro: Grande è la Diana degli
Efesini!
35 Allora il segretario, calmata la folla,
disse: Uomini di Efeso, c’è forse qualcu
non mescolare - 2
no che non sappia che la città degli Efesini è ia custode del tempio della grande
Diana e della sua Immagine caduta dal
cielo?
36 Queste cose sono incontestabili; perciò dovete calmarvi e non far nulla di
precipitato;
37 voi infatti avete condotto qua questi
uomini, i quali non sono né sacrileghi,
né bestemmiatori della nostra Dea.
38 Se dunque Demetrio e gli artigiani
che sono con lui hanno qualcosa contro
qualcuno, ci sono i tribunali e ci sono i
proconsoli: si facciano citare gli uni e gli
altri.
39 Se poi volete ottenere qualcos’altro,
la questione si risolverà in un’assemblea
regolare.
40 Infatti noi corriamo il rischio di essere accusati di sedizione per la riunione
di oggi, non essendovi ragione alcuna con
la quale poter giustificare questo assembramento.
41 Detto questo, sciolse l’assemblea.
A Efeso ^ il culto indigeno originale era quello della Grande Madre, la dea della natura del Medio Oriente, che rappresentava I abbondanza e la fertilità della
forza vitale. Quando i greci vennero
a Efeso, questo culto più antico ricevette una certa vernice ellenica, che
non ne mutò tuttavia i caratteri essenziali. Secondo il libro degli Atti
(19: 35) il popolo di Efeso credeva
che l’immagine della dea nell’Arfemision fosse caduta dal cielo; ci si riferisce qui a una statua di Artemide
(come indicano molte traduzioni) o
a una pietra sacra (come nella traduzione della Revised Standard Version ^)? Comunque fosse, è probabile
che si tratti qui della tradizione relativa a un culto feticista, simile alla
pietra che fu portata a Roma nel
205 a C. e che era considerata il trono della Grande Dea Madre. Artemide stessa era raffigurata con un gran
numero di mammelle, per sottolineare, come dice Gerolamo, « che essa è
la nutrice di tutti gli animali e di
tutti gli esseri viventi ».
Un crogiolo di culti
Gli altri culti di Efeso appartenevano in gran parte alla medesima
sfera; vi era un culto di Ecate e, specialmente, un culto di Bacco; secondo il racconto di Plutarco, quando
Antonio entrò in Efe.so, vi entrò come Dioniso (cioè come Bacco).
Oltre che per questi culti, Efeso
divenne molto presto un centro importante per il culto dell’imperatore; il tempio dedicato alla dea Roma e ad Augusto venne posto in parte accanto e in parte entro la cinta
delì’Artemision. E’ ben noto che Efeso fu anche un centro importante di
arti magiche, cosi che in tutto il Medio Oriente le formule magiche venivano chiamate comunemente Ephesia grammata.
Efeso ha avuto un posto particolare nella storia del sincretismo anche perché è stato il luogo in cui
Apollonio di Piana, il filosofo e taumaturgo del I secolo, vide il suo
grande successo e venne persino adorato. Se possiamo credere al suo
biografo Filostrato, che scrisse nel
III secolo, Apollonio ha viaggiato fino in Egitto e addirittura in India
per conoscere le religioni di quei
paesi; egli insegnava che tutti gli dei
Continuiamo ad attingere all’opera di W.A. Visser ’t Hooft, già segretario generale del C.E.C., La fede cristiana dinanzi al sincretismo, alcune pagine dedicate a far risaltare come, in alcuni casi particolari, i testimoni del Nuovo Testamento hanno affrontato la tentazione del ’’sincretismo”, della mescolanza religiosa, allora particolarmente forte, nel
mondo ellenistico-romano, crogiolo di credenze e di culti, e oggi nuovamente intensa e profonda. Dopo l’esempio della Samaria, eccoci questa
volta a Efeso.
a cura di Gino Conte
sono espressioni di una sola divinità
solare; a questa forma di sincretismo filosofico univa anche le arti
magiche. E’ interessante notare che
questo rappresentante tipico di combinazioni religiose, considerato da
taluni difensori delle antiche religioni come una figura religiosa molto
superiore a Gesù (così ferocie nel
suo trattato contro i cristiani, citato
da Eusebio), non soltanto era contemporaneo di Paolo e di Giovanni,
ma faceva i suoi proseliti nella stessa città di Efeso in cui certamente
Paolo e probabilmente Giovanni ®
proclamavano l’Evangelo.
La piazza scatenata
Un altro [dopo quello della Samaria, con la figura di Simon Mago]
aspetto del conflitto tra cristianesimo e sincretismo viene illustrato dagli avvenimenti drammatici accaduti
durante la visita di Paolo a Efeso.
La città della grande Artemide, con
i suoi numerosi pellegrini, offriva
agli specialisti di arti magiche l’opportunità di un fiorente commercio.
Il culto di Artemide era spesso unito aH’impiego delle Ephesia grammata, le formule esoteriche inintelligibili, che si supponeva avessero potere magico.
E’ curioso che, secondo gli Atti degli apostoli, prendevano parte a queste pratiche anche dei giudei Ancora una volta il nome di Gesù veniva
considerato una formula magica che
si era ben lieti di aggiungere alla collezione. Paolo respinse questa impossibile confusione: il risultato della
sua predicazione fu una violenta reazione contro la magia, in cui costosi
libri di magia vennero bruciati. Demetrio orefice, uomo d’affari che pare avesse una posizione chiave nel
mercato degli articoli di culto, cominciò ad agitarsi quando vide che i
maghi, suoi colleghi, avevano delle
noie. Non sarebbe toccato subito
dopo al suo commercio? Egli dette
così l’avvio a una campagna contro
« questo Paolo con la sua propaganda » (19: 26), adottando lo slogan
che Artemide era in pericolo; slogan
che aveva naturalmente buona probabilità di successo in una città la
cui vita intera aveva il suo centro
neWArtemision. Ne seguì un tumulto
generale, in cui la plebaglia eccitata
manifestò contro i cristiani e i giudei.
Chi ebbe lo sguardo
più acuto?
Finalmente il segretario riuscì a
calmarli, dicendo che non vi era da
preoccuparsi per la stabilità del culto di Artemide. Come può essere in
pericolo una dea la cui immagine è
discesa dal cielo? In ogni caso non
era stata pronunciata nessuna bestemmia contro di lei. Il segretario
poteva avere apparentemente ragione, perché Paolo, per quanto ne sappiamo, non attaccò direttamente nessun culto in particolare. Ma anche
Demetrio aveva ragione, perché è
chiaro che Paolo predicava effettivamente dovunque che « gli dei fatti
con le mani non sono dei » (19: 26).
Questo aveva detto a Listra e ad
Atene.
Si trattava perciò di una cosa grave; se Paolo avesse semplicemente
proposto il nome di un nuovo dio,
sarebbe andato ancora bene; non
molto tempo prima l’imperatore divino aveva avuto il suo posto vicino
ad Artemide; ma negare la realtà e
il potere di tutti gli dei era un peccato imperdonabile.
La colpa imperdonabile
Questo era proprio il peccato comune dei cristiani e degli ebrei, che
poteva minare realmente l’intesa
fondamentale su cui era basata la
società dell’epoca, cioè che deve esservi armonia fra tutti gli dei e tutti
gli uomini. Demetrio vedeva più lontano dei magistrati: egli aveva compreso che la proclamazione di una
rivelazione unica avrebbe avuto conseguenze rivoluzionarie ^
Vi era in gioco la questione fondamentale se gli uomini potevano continuare ad -avere ” fede nella fede”,
cioè in una fede qualsiasi, oppure se
dovessero « da queste cose vane
convertirsi aH’Iddio vivente » (Atti
14: 15), come Paolo diceva a Listra.
W. A. Visser ’t Hooft
^ Oltre alla voce « Efeso » sui Dizionai :
biblici (cfr. quello della Claudiana), si trrivano dati storici, archeologici e letterari,
oltre che religiosi interessanti in H. Metzger. Les routes de saint Paul dans
l'Orient grec (Neuchâtel 1956, p. 40 ss.) e
in J.L. Vesco, En Méditerranée avec l'apôtre Paul (Paris 1972, p. 133 ss.) che cita
quest’inno significativo all’Artemide efesia: « la sovrana, la signora, la regina, la
grandissima, la guida e la protettrice della
città, colei che guarisce e che salva, colei
che presiede, la pura, la santissima Artemide ». Singolari assonanze con certi inni
mariani...
^ E’ la più moderna traduzione inglese
della Bibbia.
® L’antica tradizione cristiana vuole che
l’apostolo Giovanni abbia predicato a lungo, per tutta l’ultima parte della vita, a
Efeso, la metropoli deH’Asia minore, un
grande centro culturale e d’irradiamento
missionario. Sia effettivamente l’apostolo,
o meno, il Giovanni che si presenta come
l’autore dell’Apocalisse, è caratteristico
che alla chiesa di Efeso, la ’’capitale”, sia
indirizzata la prima delle lettere alle
sette chiese dell’Asia (minore); e che la
visione apocalittica e la stesura dell’Apocalisse sia avvenuta a Patmos, la più selvaggia delle Sporadi, proprio in faccia ad
Efeso, dove i romani avevano creato una
colonia penale e dove Giovanni sconta
una condanna « a motivo della parola di
Dio e della testimonianza di Gesù »
(Apoc. 1: 9).
* E’ noto per altro che non tutto il giudaismo, nella diaspora ellenistico-romana,
resistette alla tentazione di un sincretismo almeno larvato, specie di tipo filosofico; si pensi alla figura del filosofo ebreo
ellenizzante Filone Alessandrino.
^ Come per il caso di Simon Mago abbiamo visto che non si può parlare solo
di « simonia » (commercio di cose sacre),
ma di « simonismo », cioè di un vero atteggiamento spirituale, al limite anche « in
buona fede », così anche ad Efeso non si
può ridurre la questione e il tumulto a
una faccenda d’interessi e di quattrini;
tutt’al più i soldi, gli interessi minacciati,
l’ordine turbato sono la cartina al tornasole, il detector che porta alla luce il profondo contrasto di atteggiamento spirituale, fra religiosità e fede, irriducibile e
inassimilabile.
7
T
22 febbraio 1985
obiettivo aperto 7
NECESSITA’ DI UNA RECIPROCA TOLLERANZA PER LA SOLUZIONE DELL’ANGOSCIOSO NODO IRLANDESE
Religione e nazionaiismo
neiie isoie britanniche
Nelle Isole britanniche ci sono
cinque diversi Paesi e in ciascuno una differente confessione
religiosa dominante è l’espressione esteriore più ovvia del loro sentimento e carattere nazionale.
In una delle due isole vi sono
prima di tutto gli inglesi, che
sono di cultura prevalentemente anglicana, sebbene tuttora
esistano differenze sociali tra
« Chiesa » (la Chiesa anglicana
costituita) e « Cappella » (le
chiese non conformiste, cioè non
anglicane). Il partito laburista
sostiene di dover più al metodismo che al marxismo, mentre
la signora Thatcher, cresciuta
metodista ha ora conquistato
uno «status» anglicano. Tuttavia
la Church cf England oggi non
è più solo il partito conservatore
in preghiera.
La regina d’Inghilterra è il
capo della Chiesa anglicana, ma
come regina di Scozia è capo
della Chiesa di Scozia (presbiteriana). Non solo vi è una diversa
religione ufficiale, ma anche il
sistema legale, il diritto, la scuola sono differenti. L’istruzione è
ad esempio un diritto praticato
sin dal tempo di Knox.
Il Galles, poi, ha quattro religioni strettamente connesse:
« cappelle » non conformiste,
canto corale, rugby e partito laburista. Lloyd George costruì la
sua fama politica combattendo
i privilegi della Chiesa del Galles,
la Chiesa anglicana costituita
che rappresentava la minoranza
possidente.
Però, nonostante tali differenze, la tolleranza è la base fondamentale di queste società
pluralistiche a maggioranza protestante. Ciò vale anche per i
non cristiani. I tre milioni di
musulmani asiatici residenti in
Gran Bretagna superano ora in
numero i metodisti e dove essi
predominano, le chiese « disoccupate » vengono vendute come
moschee o perfino come templi
Sikh o Hindú.
Situazione irlandese:
un po’ di storia
NeH’altra isola britannica, l’Irlanda, prevalentemente cattolica. la battaglia per una società
tollerante e pluralistica, lungi
dall’esser stata vinta, non è anzi mai neppure iniziata. Eppure
i] 90“b sia dei protestanti sia dei
cattolici va in chiesa ogni domenica.
L'Irlanda non è sempre stata
cattolica. Il Rinascimento irlandese del VI secolo, che tenne
viva la cultura classica negli anni bui del Nord, produsse pure
una cristianità monastica celtica diramando i missionari che
cristianizzarono l’Europa settentrionale e comunque ne illuminarono anche il Sud. Irlandese fu il famoso monaco Alenino
di Carlo Magno, ad esempio.
Progressivamente dopo il VII
secolo la chiesa celtica accettò
la superiore organizzazione della
piccola Chiesa cattolica del Nord
e rirlanda, spostandosi verso la
periferia divenne una morta gora. I Vichinghi fondarono Dublino, i loro cugini Normanni ne
colonizzarono i dintorni, ma la
maggior parte dell’isola durante
il Medio Evo restò indipendente a caro prezzo.
Per gli inglesi essa costituì
sempre una minaccia alle spalle, un luogo in cui ogni nemico
del continente poteva sbarcare
o radunare un esercito per attaccare le loro retrovie. Elisabetta I ci mandò Essex per
sviare un simile tentativo da
parte del cattolico Filippo II di
Spagna e Cromwell, debellata
una rivolta ispirata dai francesi
nel 1651, insediò dei presbiteriani scozzesi neiruister. L’insediamento si rivelò decisivo per la
Inghilterra durante la rivoluzione del 1688-89 quando lo spodestato cattolico Giacomo II con
un esercito francese inviato da
Luigi XIV pose assedio a Londonderry, dopo aver preso il resto delTisola. La popolazione
protestante resistette fino all’arrivo di Guglielmo III (d’Orange.)
La sua vittoria alla battaglia di
Boyne è ancor oggi commemorata con marce delle logge protestanti orangiste che sottolineano come sia ancora vivo il senso di minaccia che la minoranza protestante sente da parte
della maggioranza cattolica in
tutta l’isola.
I presbiteriani non sono i soli
protestanti d’Irlanda, tant’è che
T« Ascendency », la classe dirigente anglo-irlandese è sempre
stata anglicana. Tali furono ad
esempio i seguenti famosi scrittori irlandesi: Swift, Gcldsmith,
Burke, Sheridan, Wilde, Shaw,
Synge, Yeats e Beckett.
La questione irlandese fu una
importantissima istanza della
politica britannica del XIX secolo e spaccò il partito liberale di maggioranza in due, gli
Home Rulers (indipendentisti
capeggiati da Gladstone) e gli
Unionists. La Chiesa cattolica,
sperando di poter costruire imo
stato cattolico — quello che ora
ha — incoraggiò il movimento
indipendentista. Ovviamente la
differenza religiosa tra padroni
(spesso assenteisti come Palmerston o il duca di Wellington)
e contadini acquistò una rilevanza decisiva. Intanto nel frugale
Ulster presbiteriano Belfast divenne una prosperosa città industriale.
A Pasqua del 1916 in piena
guerra mondiale ci fu la famosa
insurrezione nazionalista di Dublino, naturalmente favorita dall’esercito tedesco e la guerra civile dilagò per tutta l’isola.
Nel 1922 il libero stato irlandese era creato, ma gli unionisti presbiteriani dell’Ulster erano pronti a continuare a combattere piuttosto che imirsi ad
esso. Gli ufficiali deH’esercito
britannico dichiararono che avrebbero rassegnato le dimissioni piuttosto di combattere contro i protestanti per imporre
loro un’Irlanda unita.
Le due Irlande
L’Eire (la repubblica d’Irlanda) divenne sempre più uno stato confessionale; nel 1926 fu abolito il divorzio e il cattolicesimo
fu proclamato religione ufficiale.
L’aborto è tuttora proibito grazie ad un emendamento alla Costituzione e la contraccezione,
oltre ad essere inottenibile, costituisce reato. Lo stato impone
l’indice pontifìcio. Durante la
seconda guerra mondiale, la repubblica si mantenne neutrale
ma con simpatie filo-tedesche e
navi e sottomarini tedeschi poterono usare i porti irlandesi.
L’IRA divenne un utile braccio
dello spionaggio nazista.
Tutto ciò, più l’assenza totale
di « Welfare State » ha alimentato l’apprensione delTIrlanda
protestante circa le intenzioni
dei vicini e i sospetti nei confronti della sua sempre crescente minoranza cattolica. Nel 1922,
quando una commissione designata stabilì la frontiera era
cattolico solo il 12% della popolazione dell’Ulster. Oggi grazie all’incoraggiamento papale
alle famiglie numerose, tale cifra si avvicina al 40%.
In questo contesto va analizzata la situazione. La provincia
del Nord Irlanda era semindi
pendente, fino al 1972. Inviava 22
parlamentari a Westminster, ma
aveva anche il suo Parlamento,
il suo bilancio, le sue leggi. La
maggioranza protestante temendo la minoranza cattolica « infida » certo governava nel suo
proprio interesse e i partiti politici erano strettamente confessionali.
Un apartheid europeo
Le due comunità hanno sempre vissuto esistenze reciprocamente segregate, entrambe con
scuole confessionali, università
separate, e così via. L’indirizzo
di ima persona rivela la sua religione, così come il suo lavoro.
Impieghi pubblici e lavori specializzati sono quasi sempre protestanti, dal momento che quasi
tutti i cattolici considerano collaborazionismo il lavoro per lo
stato. Industrie navali come la
Cammell Laird’s o l’industria
aeronautica sono per tradizione
protestanti. I cattolici tendono
a emigrare in Inghilterra in cerca di lavoro.
Nel 1968 prese avvio un movimento cattolico per i diritti civili contro il governo accusato
di costruire più case popolari
per la comunità protestante. La
« Pólice Reserve », i famosi B
speciale, quasi tutti protestanti, temendo per i suddetti motivi un attacco dell’IRA attaccò
il movimento per i diritti civili e
Callaghan, ministro degli Interni
del governo laburista, inviò le
truppe britanniche per proteggere la comunità cattolica. Le
truppe sono ancora là. Il primo
ministro conservatore Heath impose il comando diretto di Londra sospendendo il parlamento
nordirlandese con la sua automatica maggioranza protestante. Fu tentata una soluzione militare simile alle leggi speciali
in Italia, con l’arresto preventivo di terroristi cattolici e protestanti noti come tali, che però
fallì anche per la sua scarsa popolarità nel Regno Unito. Vale la
pena di ricordare che i famosi
« blocchi ad H » del carcere di
alta sicurezza di Long Kersh sono appositamente costruiti per
separare i prigionieri cattolici
da quelli protestanti.
Vari tentativi sono stati fatti
per una condivisione del potere,
tutti falliti perché i cattolici sarebbero solo soddisfatti da una
unificazione con il Sud, mentre
la maggioranza protestante insiste per restare parte del Regno
Unito. Non solo, se venisse da
esso espulsa è già armata e
pronta a creare il suo indipendente « Israele protestante ».
La situazione è strana o come
direbbero gli inglesi, « irlandese » sotto molti aspetti. Ci sono
probabilmente più cittadini irlandesi nel Regno Unito che nell’Eire e interi reggimenti dell’esercito britannico sono formati da cittadini cattolici della
repubblica del Sud Irlanda. Tutti i cittadini dell’Eire hanno diritto di vivere e votare nel Regno
Unito. L’Ira Provisionals e TINLA (Ireland National Liberation
Army) sono organizzazioni illegali neU’Irlanda repubblicana.
Bobby Sands era in prigione per
rapina a mano armata nel Nord
quando morì per sciopero della
fame nel tentativo di esser riconosciuto prigioniero politico.
Sarebbe comunque stato in prigione nel Sud in quanto membro deiriNLA. Nello stato cattolico, però, dove il suicidio è reato perché è peccato mortale,
sarebbe stato nutrito a forza.
Nel 1972 Roy Jenkins, ministro
degli Interni laburista, stabilì il
principio che il suicidio, come
l’aborto, è una scelta personale,
perciò lo stato non ha il diritto
Irlanda:
la speranza differita
rende il cuore
malato
(Proverbi 13: 12).
di costringere nessuno a vivere.
Dieci anni dopo il governo Thatcher si attese a questa regola
con Bobby Sands. Per l’occasione i vescovi irlandesi cattolici
(ma non quelli inglesi) dichiararono ufficialmente che la morte per sciopero della fame non
è suicidio. Ecco una « reductio
ad absurdum » del conflitto tra
pluralismo tollerante e paternalismo totalitario, benché nessuna delle due parti consideri la
sua scelta morale assurda o evitabile.
Una Irlanda unita?
Il governo e la popolazione
del Sud coltivano il romantico
sogno di un’Irlanda unita, ma
non sembrano altrettanto pronti a mutare la loro Costituzione
per concedere i benefìci di una
società pluralistica o di uno
stato assistenziale a quello che
sarebbe un 20% di minoranza
protestante.
La soluzione dell’altra isola —
autonomia ma con un unico
parlamento — ha anch’essa i
suoi svantaggi. Ad esempio Scozia e Galles hanno m gran maggioranza votato laburista alle
ultime elezioni ma il risultato
ottenuto è anche per loro il governo Thatcher inglese.
Ritornando al problema è comunque ovvio che non ci si può
aspettare che la Gran Bretagna
mantenga aH’infìnito 12.000 soldati in Nord Irlanda, ma se essi
venissero ritirati oggi, i cattolici si rifugerebbero al di là del
confine temendo la maggioranza
protestante agguerrita e impaziente. Nascerebbe un Israele
presbiteriano o come parte del
Regno Unito c più probabilmente separato da esso. Lungo la
frontiera verrebbe costruita una
recinzione. Il pastore lan Paisley, leader populista e fondatore
del partito unionista democratico, parlamentare a Londra e a
Strasburgo è già stato in Israele per studiare la recinzione.
Ulteriori problemi potrebbero
condurre ad una colonna armata
in marcia su Dublino. Paisley
rappresenta e infiamma le viscerali passioni dei presbiteriani.
Sa che prima o poi l’esercito
britannico lascerà l’Ulster e al
grido di « non ci arrenderemo »
è pronto a instaurare una novella città di Dio. Per un italiano
o un inglese 11 suo modo « knoxiano » di parlare può parere
ripugnante, ma è la voce genuina e tradizionale degli
« Scotch-Irish ». E’ per evitare
questo scenario che le truppe
britanniche sono ancora lassù,
attaccate da entrambe le parti,
ma soprattutto da coloro che sono stati inviati a proteggere.
Nel contesto di questa impasse del XVII secolo vanno viste
le recenti bombe IRA deH’anno
scorso. Se i suoi militanti riescono a uccidere il primo mini
stro o un membro della famiglia reale è decisamente possibile che la lunga tradizione di
tolleranza nell’altra isola cessi.
L’IRA è ^à stata non ufficialmente avvisata di quanto succederebbe in Nord Irlanda in questa eventualità, ma le cose potrebbero farsi difficili anche per
gli immigrati irlandesi nel Regno
Unito, molti dei quali vivono
del sussidio statale di disoccupazione.
Dobbiamo pregare il Signore
che il governo della repubblica
d’Irlanda riesca a liberarsi della
stretta paralizzante del legato
papale e di quella dei suoi preti
più fuorvienti e aspiri a diventare il tipo di stato pluralistico
in cui un presbiteriano possa —
come può farlo ora nell’Ulster —
vivere, lavorare, credere in Dio,
amare, sposarsi e allevare i suoi
figli.
Protestanti e cattolici che
lavorarono e combatterono insieme contro gli inglesi per la
fondazione di un libero stato
irlandese contemplarono un’Irlanda molto diversa da quella
attuale, come ebbe a dire sull’abolizione del divorzio nel 1926
il grande premio Nobel per la
poesia e senatore irlandese
Yeats. La repubblica d’Irlanda
è stata usurpata da una confessione e la grande tradizione storica e religiosa che unisce le
molte razze che formano il popolo irlandese e che lo rende
tanto interessato e appassionato
alla religione non è né protestante né cattolica, bensì celtica.
In tutto ciò l’altra isola potrebbe dare un aiuto dando una
data definita per il rapido ritiro delle sue truppe, la cui presenza permette che un senso di
irrealtà persista in entrambi i
lati della frontiera.
O la Chiesa cattolica in Irlanda riesce a convertire il milione
di calvinisti irriducibili oppure
impara a convivere con loro e
speriamo impari da loro. L’unità
può venire solo dalla reciproca
tolleranza, difficile da raggiungere dopo più di 300 anni di
sanguinosa e sospettosa contesa
tra le due « città di Dio ». Il simbolo dell’Ulster è una mano tagliata sanguinante (una mano
protestante tagliata da ima spada cattolica). I cattolici hanno
la propria martirologia e per
loro Crom-well è un diavolo.
Nell’altra isola dove il protestantesimo è predominante, la
tolleranza ha trionfato nonostante le differenze di nazionalità,
espresse in termini di differenti
confessioni. Resta da vedere se
rirlanda a maggioranza cattolica riuscirà a sviluppare la fiducia necessaria alla tolleranza
di forti differenze nazionali e
religiose alTinterno di una società pluralistica. Senza fiducia e tolleranza un’lrlanda unita e pacifica è impossibile.
Richard Newhury
8
8 ecumenismo
22 febbraio 1.985
1» MARZO: GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA
SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’
Preghiera
e azione per la pace
Un invito alle donne evangeliche a perseverare nelle azioni di pace
e a superare con la preghiera gli inevitabili momenti di sconforto
Per convinzione
Ogni anno, il primo venerdì
di marzo, donne cristiane di tutto il mondo celebrano la Giornata Mondiale di Preghiera. Nata nel 1887 in alcune Chiese Protestanti, la Giornata Mondiale
di Preghiera (G.M.P.) oggi ha
assunto carattere ecumenico e
viene ormai celebrata in tutte
le nazioni del mondo con una
liturgia i cui testi sono elaborati
di volta in volta da dorme di
una nazione diversa su un tema
scelto da un Comitato Internazionale. Il tema della G.M.P.
1985 è; Pace attraverso la Preghiera e l’Azione e i testi della
liturgia sono stati preparati dalle dorme dell’India.
Se è vero che la celebrazione
della G.M.P. presenta il pericolo reale di cadere nel ritualismo
con l’eccessiva cura per forme
di esteriorità che allontanano
dall’essenza, è anche vero che
non va sottovalutata l’importanza di poter vivere un momento di comunione fraterna
con una preghiera che esprime
situazioni di sofferenza e di
emarginazione e la speranza della liberazione. Nel Sud Africa,
per esempio, la liturgia della
G.M.P. 1984; ’Gesù Cristo sorgente di acqua viva e nostra
speranza’ è stata tradotta in
tutte le lingue africane e in molte nazioni dell’Africa le offerte
della G.M.P. 1984 sono servite
per aiutare i rifugiati che nel
mondo africano assommano a
circa 15 milioni di persone, la
maggior parte dorme, vecchi,
bambini. Le donne africane hanno colto l’occasione offerta dalla G.M.P. 1984 per chiedere a
tutti i credenti un impegno concreto perché in Africa cessino
le discriminazioni razziali, le
guerre civili, la crisi economica, la lotta per il potere. In Polonia, la G.M.P. 1984, per la prima volta celebrata ecumenicamente in una chiesa ortodossa,
ha permesso alle dorme ortodosse di cambiare la vecchia
tradizione che esclude le donne
dalla celebrazione del servizio
religioso.
Il testo della liturgia della
G.M.P. 1985 chiede alle dorme
cristiane di tutto il mondo di essere ’facitori di pace’, con concrete iniziative, nei rispettivi
Paesi, al Nord e al Sud, all’Est
come all’Ovest. Per le donne
evangeliche italiane, già da tempo impegnate nei Comitati per
la Pace, la G.M.P. 1985 è un invito a perseverare nelle azioni
di pace e a superare con la preghiera gli inevitabili momenti
di crisi e di sconforto.
Il messaggio
di M. Williams
Margaret Williams, della Chiesa di Scozia e Presidente del
Comitato Internazionale per la
Giornata Mondiale di Preghiera, in occasione della G.M.P.
1985 invia a tutte le donne cristiane il seguente messaggio ;
« Il tema della G.M.P. 1985 : Pace attraverso la Preghiera e l’Azione ha acquistato per me un
nuovo significato in seguito alla mia visita alla NATO e alla
SHAPE ( Supreme Head-quarters Allied Powers Europe). Questo è avvenuto durante i due
giorni che, su invito, 20 persone
della Chiesa di Scozia abbiamo
trascorso a Bruxelles. Non ho
mai detto così poco ma non ho
mai imparato così tanto. All’interno del Movimento della Giornata Mondiale di Preghiera, la
parola ’politica’ non fa parte del
nostro vocabolario, perché viviamo in nazioni diverse con
culture diverse dove questo vocabolo assume significati molto
diversi. Tuttavia ci sono alcune
considerazioni in termini generali che mi piacerebbe fare perché esse ci interpellano come
cristiane là dove vìviamo. Parte
della mia preghiera sarà di
chiedere a Dio di mostrarmi in
che modo io possa agire. Che cosa possiamo fare quando veniamo a contatto con il potere delle armi, specialmente quelle nucleari, che diventano sempre
più ’’sofisticate” eppure sempre
più portatrici di morte? In che
modo operare perché avvenga
un cambiamento nell’atteggiamento di una nazione verso l’altra che possa allontanare la paura e quindi le minacce che costituiscono le basi della guerra?
Il nostro Movimento può avere
un ruolo in tutto ciò? La risposta che ciascuno di noi dà è diversa a seconda del luogo in cui
vive, ma come Movimento mondiale noi possiamo usare la nostra rete per rafforzare le relazioni attraverso le barriere e per
modificare il modo di pensare
dell’opinione pubblica affinché
qualsiasi immagine si abbia del
« nemico » venga rimossa. Noi
possiamo superare le barriere
servendoci della cultura, del
commercio, del turismo ecc. secondo i nostri interessi personali e la nostra sfera di conoscenze. Abbiamo il compito di
gettare dei ponti e di abbattere
gli steccati. Là dove la violenza
sembra essere la « norma » e
viene a mancare ogni forma di
responsabilità morale verso gli
altri in presenza della minaccia
nucleare e degli arsenali militari, possiamo contribuire a
creare nelle nostre nazioni un
clima di maggiore tolleranza. Vi
chiedo di pensare quale sia il
valore morale di una nazione
quando si è coinvolti in tali cose. Io credo che noi tutti siamo
coinvolti in modo indefinibile,
insidioso. E’ una influenza malvagia che grava su noi tutti e
a cui dobbiamo resistere.
Credo ohe noi tutte comprendiamo abbastanza bene che cosa sia la preghiera perché ne
facciamo un uso costante. Che
cosa possiamo fare per la parte del nostro tema che si riferisce all’Azione? Non ho una risposta per questo, neppure per
me, ma i miei due giorni a
Bruxelles mi hanno convinta
che devo trovare una risposta.
Alcune di voi forse l’hanno già
trovata, siate benedette, amiche
mie. Per molte di noi non è
così e diventiamo apatiche e
soddisfatte che qualcun altro
possa agire al posto nostro.
Tutti noi dipendiamo dalla
misericordia di Dio in questa situazione di paura a livello mondiale, ma se abbiamo il compito di annunziare che il mondo
è una famiglia sotto la sovranità di Dio, non temiamo di parlare agli altri delle vie di Dio, della
verità di Dio, della vita in Dio.
Potremo ritrovarci senza via,
senza verità, senza vita se non
prendiamo sul serio il tema
della Giornata Mondiale di Preghiera 1985».
(traduzione di Vera Velluto
da World Day of Prayer
News)
Leggendo le varie relazioni fatte sulla Luce del 1.2.85 riguardanti la settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani, mi ha
colpito una frase; « più per convenienza che per convinzione ».
Mi sono posta la domanda; a
Baveno, nella chiesa cattolica,
per la quarta volta abbiamo fatto un incontro di preghiera durante rottavario. La preparazione è fatta in comune da cattolici e protestanti. Quest’anno abbiamo invitato le comunità cattoliche del Verbano e le comunità evangeliche metodiste di Luino, Verbania, Domodossola e
Omegna con il loro pastore. L’incontro è avvenuto domenica 27
gennaio, alle ore 17,30 presso la
Chiesa Parrocchiale dei SS. Gervasio e Protasio a Baveno (Novara).
E’ stato un incontro di convenienza o di convinzione?
Per saperlo, bisognerebbe interrogare tutte le persone che
erano presenti domenica sera,
circa 130. Un incontro di preghiere, di canti, di riflessioni, di
testimonianze di vita cristiana e
di predicazioni che si è protratto
fino alle ore 19 senza lasciare
posto ad una sensazione di noia,
di stanchezza o di fastidio non
può essere un incontro di convenienza.
I due temi trattati; Ez. 37;
15-28 commentato dal pastore
Agostino Garufi e Giov. 3; 1-23,
commentato da Don Alfredo Fomia, sono di scottante attualità.
I due legni accostati l’uno all’altro da Ezechiele in modo da
formarne uno solo mostrano la
volontà di Dio di unirci a Lui,
anche se da soli, con tutti i nostri poveri sforzi, rimaniamo dei
pezzetti di legno divisi e sparpagliati. Ecco la vera unità; convertiti e riconciliati tutti in Cristo.
L’altro testo, altrettanto forte,
ci mostra Nicodemo che di notte va a trovare Gesù. Quest’uomo, maestro in Israele, capo de
T" Echi dal mondo
cristiano
a cura di CLAUDIO PASQUET
Dalle chiese svizzere
(SPP) — « L’Evangelo di Gesù
Cristo non è più una buona novella per molti uomini e donne
che cercano fuori di Cristo e della Chiesa il senso della loro vita (...) il nostro paese sta diventando poco a poco una terra di
missione post-cristiana ». Questo il messaggio che le chiese
svizzere (cattolica, riformata,
cattolica-cristiana, metodista, luterana, battista, esercito della
salvezza) hanno diffuso in occasione della settimana per l’unità
dei Cristiani.
Stati Uniti:
fede senza volto?
(BIP) — E’ curioso, ma vero;
la corte .suprema degli USA deciderà prossimamente se la libertà di religione, garantita dalla costituzione, può permettere
ad un cittadino USA di avere
una patente senza la foto. Il caso è stato sottoposto alla corte
suprema da una donna del Nebraska. membro di una setta
che osserva strettamente le regole dell’Antico Testamento, tra
cui appunto ricordiamo il « non
farti immagine alcuna ».
Una prima corte d’appello, del
Nebraska, ha già sentenziato
che le idee di questa signora,
benché inusuali nel XX secolo.
sono basate su convinzioni religiose, nelle quali lo stato non ha
diritto alcuno di interferenza.
Egitto: liberato il
papa Shenouda III
(SOEPI) — Come avevamo
già anticipato tempo fa, il papa Shenouda III, capo della
chiesa copta d’Egitto, è stato liberato.
Con un decreto in data 1.1 .’85
il presidente egiziano Hosni
Moubarak lo ha ristabilito nelle
sue funzioni, dopo che il 5 settembre 1981 il presidente Sadat
10 aveva esiliato nel monastero
di Deir Amba, sulla strada tra
11 Cairo e Alessandria. Il « papa » dei cristiani d’Egitto ha potuto celebrare la messa di Natale (secondo il calendario ortodosso questa festa cade il 7 gennaio) nella cattedrale di Morkosseya nella capitale egiziana.
Ginevra: visite al
Consiglio Ecumenico
(SOEPI) — Nel 1984 146 gruppi organizzati per un totale di
circa 4.000 persone hanno visitato la sede del Consiglio ecumenico delle chiese a Ginevra.
Tra questi gruppi 44 erano tedeschi, 35 svizzeri, 28 statunitensi. Se SI contano anche i vi
gli Ebrei, viene di nascosto a parlare con il Messia. Perché? Sembra forte, ma è pieno di dubbi;
non trova da solo risposte a
tutti i suoi perché. Non è il vero
ritratto dell’uomo del ventesimo
secolo, apparentemente forte e
sicuro di sé, ma in fondo pieno
di problemi e di insicurezze?
L’incontro è proseguito con testimonianze sul tema; « vivere
da cristiani oggi » e preghiere
spontanee sia da parte cattolica
che da parte evangelica. Si è
concluso con im gesto di carità
comune a favore del Gruppo
Abele di Verbania, gruppo che si
occupa di tossicodipendenti.
Adesso, aspettiamo tutti un seguito a questo incontro, per provare a noi stessi e agli altri che
non era soltanto una bella riunione, piena di sentimento e di calore, ma bella di promesse che
cercheremo di mantenere in avvenire.
Altri momenti di preghiera per
l’unità dei cristiani, partecipati
e apprezzati, si sono tenuti a
Intra e a Luino.
A nome delle Comunità evangeliche metodiste del Verbano,
Cusio, Ossola.
G. Dutoit
Abbattuto
sitatori singoli si arriva a un
totale di 4.300 visitatori.
Cina: timida
liberalizzazione?
(SPP) — Pare che, almeno dal
punto di vista religioso, in Cina
vi sia una certa crescente libertà, niente di grandioso, ma si è
tornati a poter tradurre e diffondere la Bibbia, non ancora in
cinese, ma almeno in una delle
lingue minori. Sono stati infatti stampati 10.000 esemplari del
Nuovo Testamento nella lingua
Miao e 15.000 esemplari di cantici nella lingua Lisu.
Dialogo
cattolico-riformato
(SPP) — Si sono incontrati in
Svizzera dal 2 all’8 gennaio ’85
i rappresentanti deil’Alleanza riformata mondiale e quelli della
chiesa cattolica per proseguire
una serie di dibattiti sui punti
di accordo e di disaccordo tra
le due confessioni. ,
Cardenal: resto
prete e rivoluzionario
(SOFPI) — La «cuna» dei
.gesuiti di Roma ha comunicato
che il ministro dell’educazione
nicaraguense, il nrete Fernando
Cardenal è stato espulso dall’ordine. Il prete ha dichiarato
però; «Nessuno può impedirmi
di continuare a vivere come prete e come rivoluzionario ». Inoltre egli ha accusato il clero ( e soprattutto l’episcopato) nicaraguense di « aver mal consigliato
il Papa » su questa questione.
un muro
PORDENONE — Si è tenuto,
nell’ultima settimana di gennaio, un incontro ecumenico di
preghiera con la partecipazione
di evangelici e cattolici della
provincia di Pordenone.
La riunione, tenutasi nella
Chiesa Evangelica Battista di
Pordenone, ha visto la partecipazione di oltre trecento persone che stipavano in modo inverosimile il tempio della Chiesa. Lo svolgimento della riunione ha visto laici cattolici ed
evangelici alternarsi alla lettura
ed al commento di alcuni passi
biblici che sviluppavano il tema
dell’incontro ; « Dalla vita alla
morte con Cristo » ; vi sono stati inoltre momenti di canto comunitario ed alcuni inni eseguiti dalla corale della Chiesa Evangelica.
Nel corso della serata si è
inoltre raccolta una offerta per
le popolazioni affamate del Corno d’Africa, questo gesto ha
avuto un preciso significato : un
segno dì ringraziamento al Signore che potesse esprimere in
maniera tangibile un aiuto fraterno verso il prossimo.
Questi incontri ecumenici di
« vertice » (partecipava anche il
vescovo della Diocesi di Concordia - Pordenone A. Freschi» possono essere a volte criticabili
per la loro ufficialità un po' piatta; ma in questo caso ritengo
che la riunione fosse motivata e
significativa.
Questo perché innanzitutto
non si è trattato di una manifestazione estemporanea, infatti
già da due anni la comunità
evangelica ha proficui rapporti
con comunità cattoliche e vi è
anche un gruppo di lavoro ecumenico formato da membri di
entrambe le comunità.
Vi è anche da sottolineare come l’opinione pubblica ed i
mass media pordenonesi hanno
dato risalto all’evento indicando che una tradizione storica si
era spezzata; per la prima volta il vescovo era entrato nella
Chiesa Evangelica di Pordenone
che vanta oramai un passato di
quasi un secolo.
Un muro è stato cosi abbattuto, speriamo che il futuro dell’ecumenismo pordenonese, e
non, abbatta ben altri muri più
significativi.
M. C.
9
f
22 febbraio 1985
cronaca delle Valli 9
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
La fèto
Fra le nostre feste, quella del
17 febbraio ha un prestigio particolare, sancito anche daU’Art.
30 degli Atti del Sinodo dell’agosto 1848: « L’Assemblea, all’unaniniità, decide che da ora innanzi il 17 febbraio sarà per tutti i
valdesi un giorno di festa... ».
Da allora le comunità valdesi,
dal Piemonte alla Sicilia, festeggiano, in vari modi, la conquistata libertà. In particolare nelle
vallate del Pellice, del Chisone e
della Germanasca, la sera del 16,
ogni centro si illumina di tanti
fuochi, fuochi di gioia! Si accendono dappertutto, anche quando
le condizioni atmosferiche sono
avverse. Attorno ad ogni fuoco
c’è tanta agitazione: chi va e chi
viene per ore ed ore. E’ veramente entusiasmante questo ritrovarsi, ricordarsi di cari assenti:
saluti, abbracci, ci siamo anche
noi! Si fraternizza intorno ai falò. e poi, in massa ai culti e numerosissimi alle agapi, dove non
mancano mai proprio quei vaidesi, che invece alle normali attività ecclesiastiche sono quasi
.sempre assenti, salvo ai matrimoni o ai funerali.
E' proprio questo ciò che caratterizza la festa del popolo
valdese, ed ogni anno vecchi e
giovani, donne anziane e giovinette indossando i costumi tradizionali si ritrovano insieme e
partecipano alla loro "festa".
.Anni or sono, il 16 sera mi trovavo a Pomaretto, e, partecipando al "falò", ho pensato come
questo mi ricordasse i tempi dei
"roghi", quando uomini e donne,
giovani e vecchi, considerati eretici a causa della loro diversa fede, venivano bruciati dagli inquisitori della chiesa romana.
Per questo ritengo che il popolo valdese fa bene a festeggiare,
anno dopo anno, il 17 febbraio:
tutti devono sapere, e nessuno
deve dimenticare, che la nostra
libertà ce la siamo guadagnata
ed è il frutto di secoli di martirio per tutto un popolo fedele al
suo unico Signore, alla Verità ed
alla Parola dei vangeli.
.Ma perché non ricordare, anche oggi, i nomi di alcuni di questi credenti e testimoni della parola di Dio?
Nel 1389 il frate Michele Berti
venne bruciato a Firenze; il 29
marzo 1558, il predicatore Giaffreclo Varaglia è arso vivo in
piazza Castello a Torino. Nel
1560 tre roghi: a Catania l’eretico luterano G.B. Rizzo; a Palermo Giacomo Bonello, originario
di Busca e a Roma, il 16 settembre, il martire G. Luigi Pascale.
Proprio un 17 febbraio a Roma. in Campo dei Fiori, il domenicano apostata Giordano Bruno
è messo al rogo. Nel 1724 vengono tremendamente suppliziati e
poi messi al rogo due credenti
originari di Caltanissetta, giudicati apostati e infetti di luteranesimo: il frate Romualdo di S.
Agostino e la suora Maria Gertnule Cordovana.
I falò-roghi facciano riflettere
ricordandoci i martiri della fede
e la riconoscenza che dobbiamo
al Signore per i testimoni che
nei tempi ha suscitato e sostenuto fmo all’estremo.
Domenico Abate
Hanno collaborato a questo
numero: Eugenio Baglio, Michele Campione, Giovanni
Carsaniga.
Difesa delipaesaggio:
occasione mancata
Gli amministratori della Val Pellice sono contrari ai vincoli del decreto
Galasso, ma quali alternative propongono per proteggere l’ambiente?
In breve
Aggressività
Il 21 settembre 1984 il Ministero dei beni culturali ed ambientali ha emesso un decreto
di « dichiarazione di notevole interesse pubblico » relativo ad
una parte del territorio italiano e che i giornali hanno subito pubblicizzato come « decreto
Galasso » dal nome del sottosegretario che lo ha proposto.
Contro questo decreto all’unanimità hanno protestato gli amministratori della Comunità Montana Val Pellice con una dura presa di posizione deliberata nell’ultimo consiglio.
Ma cosa prevede di tanto scandaloso il decreto Galasso? Di
fronte al fatto che nonostante
una legge (la 1497) del 1939 che
tutela i beni paesaggistici del
nostro « bel Paese », sono attualmente in vigore in tutta Italia
solo dieci piani paesistici e che
in molte zone vincolate « sono
state compiute molte costruzioni abusive », il decreto dichiara
di notevole interesse paesaggistico le coste marine, le rive dei
laghi per 300 metri dalla battigia, i fiumi e i torrenti per una
fascia di 150 metri dalla riva, le
montagne per la parte eccedente i 1800 metri, i ghiacciai e i
circoli glaciali, i parchi e le riserve nazionali e regionali, i boschi
e le foreste, le zone riservate alle università agrarie e agli usi
civici. Tutte queste zone « ad eccezione dei centri abitati delimitati dagli strumenti urbanistici »
sono soggette al vincolo paesaggistico ed in attesa della realizzazione dei piani paesistici « è
vietata fino al 31/12/’85 ogni modificazione dell’assetto del territorio nonché opere edilizie e lavori ».
I primi a protestare contro
questo decreto sono stati gli
esponenti di quella potente lobby edilizia che, resasi responsabile di gravi abusi, era riuscita
a far presentare dal ministro Nicolazzi al parlamento il famoso
provvedimento sul « condono edilizio ». Poi è venuta la protesta
ili alcune Regioni che vedono nel
decreto una misura accentratrice
da parte dello stato che da una
parte, dà loro dei poteri in materia urbanistica ed ambientale
e dall’altra legifera autoritariamente in questa materia.
A tutti costoro si aggiungono
adesso anche gli amministratori
della Comunità Montana Val Pellice che ritengono « che le misure previste non possano essere
rispettate se non con gravissimo
danno per le popolazioni residenti, spesso unico presidio del
territorio da tutelare, costrette a
non intervenire neppure per il taglio di boschi maturi o pericolosi in vista delle piene dei torrenti » e protestano vivarnente
« ...per l’immobilismo cui (il decreto) costringe amministrazioni e popolazioni locali, persino
per quanto attiene la concreta
quotidiana tutela dell’ambiente ».
C’è da chiedersi se veramente
le condizioni locali giustificano
una tale presa di posizione. Il
decreto Galasso è certamente
criticabile sotto molti punti di
vista per l’idea centralistica che
lo permea, ma da un’amministrazione attenta ai problemi dell’ambiente mi sarei aspettato che
quest’ultima accettasse come
provocazione positiva gli aspetti sostanziali che sottende.
Nel decreto Galasso è infatti
positivo il fatto che esso individui alcune categorie di beni territoriali (coste, boschi, rive) come meritevoli di tutela. E’ sicuramente un provvedimento par
ziale, ma è pur sempre qualcosa di positivo in una Italia dove
il degrado ambientale rischia di
arrivare ad un punto di non ritorno. E’ certamente riduttivo
limitare la protezione ambientale ad alcune aree ed è meglio
proteggere il territorio in quanto tale con opportuni piani organici sia urbanistici che ambientali e paesistici. Col decreto Galasso siamo ancora alla logica di
« salviamo il salvabile ».
Allora perché gli amministratori della Comunità Montana non
hanno voluto prendere questa
provocazione in positivo e deliberare di modificare il piano urbanistico di valle comprendendovi anche il piano paesistico?
Ne avevano i poteri e così la pianificazione urbanistica poteva diventare veramente territoriale
come vuole la legge regionale.
Quanto al paventato « blocco
del taglio dei boschi maturi o
pericolosi » è proprio vero che
le cose stanno così? La Comunità Montana ed i comuni sono titolari di poteri per i cosiddetti
« piani di assestamento forestale ». A che punto sono in Val
Pq)lice? Per il taglio dei boschi
pericolosi è inoltre sempre possibile chiedere le autorizzazioni
necessarie alla Regione ed alla
Sovrintendenza dei beni ambientali, che è disposta a concederle dopo aver esaminato le richieste motivate.
La protesta degli amministratori della Comunità Montana mi
sembra dunque culturalmente
immotivata. Non è tardi per
correggere gli errori, superare i
limiti culturali, invertire la tendenza, ma bisogna che le occasioni non vengano perdute.
Giorgio Gardiol
INIZIATIVA DELLA COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
Per la salute dei contadini
La Comunità Montana Val Pellice USSL 43 aderendo ad un
progetto regionale di indagine
sui rischi derivanti dallo svolgimento di attività agricole promosso ed interamente finanziato
dalla Regione Piemonte con un
contributo di L. 150.000.000 ha
avviato una serie di iniziative
volte all’individuazione dei rischi
agricoli presenti in Valle programmando successivamente attività di prevenzione ed educazione più « mirata » nei confronti degli agricoltori.
Il programma, denominato
« Progetto ricerca sulla salute
dei contadini » è stato suddiviso
in tre fasi nelle quali sono previsti i seguenti interventi:
— nella prima fase verranno
effettuati una serie di incontri
a livello intercomunale con i titolari delle aziende agricole e gli
Amministratori comunali al fine
di illustrare le metodologie adottate e gli obiettivi che l’USSL si
è prefissata di raggiungere mediante l’indagine.
Verrà successivamente individuato, in modo casuale, un campione di aziende in cui analizzare, attraverso un apposito ouestionario, la struttura e l’organizzazione delle diverse unità
agricole nonché individuare i rischi per la salute degli agricoltori;
— nella seconda fase, nelle
aziende che presentano i rischi
più rilevanti, si effettuerà una
indagine ambientale più apnrofondita (rumorosità, vibrazioni,
concentrazione di sostanze tossiche ecc.);
— nella terza fase saranno
effettuati dei controlli sanitari
mirati ai rischi cui sono esposti
gli agricoltori. I dati raccolti
verranno riportati su un libretto
di rischio lavorativo che verrà
consegnato al singolo lavoratore.
Per la realizzazione degli interventi su esposti sarà impiegato personale dell’USSL e verranno assunte alcune figure specializzate (tecnico d’ambiente, tecnico agricolo, assistente sociale).
L’articolazione del programma
è stata concordata con le organizzazioni sindacali zonali di categoria (Coldiretti, Confcoltivatori. Unioni Agricoltori) che collaboreranno anche nella fase attuativa del progetto.
Parallelamente alle tre fasi
precedentemente ricordate è stato strutturato un programma di
Educazione Sanitaria articolato
sui seguenti temi:
— Infortuni - tipologia, prevenzione e primo soccorso;
— Zoonosi - tipologia, prevenzione e cura;
— Uso di farmaci veterinari, detenzione ed uso corretto.
In primo luogo verranno af
frontati i problemi del rischio
infortunistico da mezzi meccanici, e dei sistemi di prevenzione nell’uso di antiparassitari, con
l’ausilio di audiovisivi ed in collaborazione con il servizio di
Igiene e sicurezza del lavoro dell’USSL 1-23 di Torino.
Tali incontri avranno il seguente calendario:
— 26 febbraio, ore 20,30: Villar
Pellice, presso il Comune;
— 28 febbraio, ore 20,30: Luserna San Giovanni, presso il
Bocciodromo;
— 12 marzo, ore 20,30: Bricherasio, presso sede del Distretto Via S. Michele, 19;
— 14 marzo, ore 20,30: Torre Pellice, presso Centro di Incontro.
Inoltre si svolgerà nei Comuni sopra indicati, in data da destinarsi anche un Corso di Primo Soccorso che prevede l’imnegno di quattro sere.
Per partecipare al corso è necessario iscriversi entro T8 marzo presso: il Distretto di base di
Bricherasio, il Centro d’incontro di Bibiana, il Centro d’incontro di Luserna San Giovanni, il
Centro d’incontro di Torre Pellice, la Comunità Montana di
Torre Pellice (Servizi Tecnici per
l’Agricoltura, Via Caduti per la
Libertà, 4 - Servizi Sociali, Piazza Muston, 3).
TORRE PELLICE — L’Asilo
Nido, in collaborazione con il
Comune di Torre Pellice e la
Comunità Montana Val Pellice
U.S.S.L. 43, organizza un incontro pubblico per venerdì 22 febbraio alle ore 2®.30 nei locali della Scuola Materna Statale (V.le
Rimembranza) sul tema: «Questo bambino picchia... che cosa
ne facciamo? ». Il tema dell’aggressività verrà sviluppato dalla dott.ssa R. Bottazzi, psicoioga
dell’équipe Tutela Materna Infantile - U.S.S.L. 43.
Ristrutturazione della
Casa Barbero
BIBIANA — Sarà ristrutturata
la Casa Barbero che ospita persone anziane. Il progetto di ristrutturazione, il cui costo è di
200 milioni sarà finanziato parzialmente dalla Regione e prevede la costruzione di due prefabbricati ad un sol piano. Serviranno per ospitare due comunità alloggio di 6 persone e ima
casa protetta per 15-20 persone.
Verso le elezioni
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Gli indipendenti di sinistra organizzano per il 27 febbraio
alle ore 20.45 al bocciodromo
un pubblico dibattito sul tema
« Cosa significa fare politica come indipendenti di sinistra ». Intervengono il Sen. Carlo Galante
Garrone e Angelo Tartaglia consigliere comunale a Torino.
Comitati pace
PINEROLO — I Comitati per
la pace e il disarmo del pinerolese organizzano per sabato 23
febbraio, alle 14.30, presso la Camera del lavoro (via Demo 8 Pinerolo) il seminario « Identità
ed iniziative politiche dei Comitati pace ».
Il seminario avrà il seguente
svolgimento:
— relazione introduttiva
— lavori in due gruppi:
1) identità politica dei Comitati e Carta dei principi;
2) forme organizzative e iniziative politiche;
— riunificazione dei due gruppi e dibattito finale.
Il seminario è aperto a tutti.
Sottosviluppo e fame
PINEROLO — Il coordinamento dei gruppi disarmo e pace organizza per venerdì 22
febbraio alle ore 20.30 presso il
Centro sociale di San Lazzaro
(via dei Rochis 3) un pubblico
dibattito sul tema « Sottosviluppo e fame ». Partecipano all’incontro esponenti del CISV (Comunità impegno servizio volontariato), un organismo che opera da anni in Africa.
Verrà illustrata con diapositive la campagna « Per il diritto dei popoli a nutrirsi da sé ».
L’ambiente
in Val Pellice
TORRE PELLICE — Giovedì
21 febbraio alle ore 20.45 si terrà presso il Convitto di via Angrogna una riunione dedicata
ai problemi dell’ambiente in
Val Pellice. La riunione organizzata da D.P. sarà introdotta
dai dr. Gianni Caruso e Valerio
Vecchiè, del servizio di Igiene
Ambientale della USSL 43.
10
10 cronaca delle Valli
22 febbraio 1985
PROGETTO CULTURA DELLA PACE - 1» DISTRETTO
COMPRENSORIO
Dalla Svezia per la pace
Ha l’abitudine di appuntare,
con un breve commento, tutti
gli im.pegni che ha preso. La lista è già molto lunga. Ma prima di lasciare l'Italia c’è da credere che il suo elenco sarà più
che raddoppiato.
Gisela Schoier, la « svedese
della pace » come la chiamano
ormai familiarmente i ragazzi
della FGEI, a 22 anni ha accettato di compiere un anno all’estero per conto del movimento per la pace.
Dopo il liceo Gisela ha lavorato ad Uppsala, neH’ufficio del
comitato cittadino per la pace
ed ha partecipato ad alcune dimostrazioni contro l’installazione dei missili e contro l’esnortazione di armi nel Terzo Mondo.
Finché attraverso l’A.F.S.A.I.
(un’organizzazione interculturale
che organizza scambi paritetici
tra giovani su scala intemazionale) si è presentata l’occasione di lavorare per la pace anche
in Italia, per un anno, nell’ambito della chiesa valdese. Sbarcata in Italia, il primo impatto
è stato con la Sicilia, il grappo
di Catania, il centro giovanile
di Adelfia. Poi il Nord {’così
profondamente diverso dal Sud’)
con il progetto del Distretto delle Valli Valdesi: ’Cultura della
pace e protestanti nel pinerolese’. Gisela oggi vive nel Convitto di Pomaretto (« non è il mio
luogo di lavoro ma ci vìvo bene,
conosco i ragazzi, i loro problemi. C’è un’atmosfera molto bella ») e lavora con un gruppo di
persone attive nel progetto pace
del Distretto.
Luterana (« in Svezia tutte le
domeniche al culto partecipo alla Santa Cena; qui la celebrate
troppo di rado »), appassionata
di lavoro teatrale, Gisela ha già
visitato molte nostre realtà. Dalle n'unioni quartierali, ai grappi
femminili, ai culti, all’animazione in alcune scuole domenicali.
In italiano si esprime bene ed
è molto disponibile a discutere
0 a raccontare della sua realtà
in Svezia.
Ovviamente è un po’ presto
per tracciare, dopo sei mesi di
lavoro, un bilancio; ma è anche
vero che le prime impressioni
sono quelle che restano. « Una
cosa che spesso mi impressiona
durante gli incontri nelle riunioni quartierali — dice Gisela —
è il raffronto che faccio mentalmente tra la nostra e la vostra
situazione. Mi spiego: da più di
150 anni in Svezia non ci sono
guerre. Da noi la parola guerra
evoca l’immagine dell'olocausto
nucleare. Qui, nei discorsi che
sento, la parola guerra è spesso
un’esperienza concreta, vissuta.
E non di rado le ferite che la
guerra ha prodotto non sono ancora completamente rimarginate ».
Qual è, a proposito di pace, il
problema principale? « Si tratta
— continua Gisela — di far prendere coscienza alla comunità
cristiana che pace non è soltanto una questione di lotta agli armamenti o di assenza di guerra
ma il termine pace comprende
una vasta gamma di problemi
che investono l’intera società. Io
sono persuasa che dalle comunità dei credenti può nascere la
speranza che le cose possono
cambiare. E può nascere la certezza che la lotta contro le ingiustizie sociali, contro la povertà
e lo sterminio per fame di migliaio di persone sono l'espressione più importante della nostra fede in Cristo ».
In Italia, paese della fantasia,
della musica, della creatività,
hai trovato un modo nuovo di
vivere la fede? « Veramente, da
questo punto di vista, sono rimasta un po’ delusa. Più che
fantasia e creatività ho trovato
molta serietà. La fede, anche tra
1 giovani della FGEI, va di pari
passo con le questioni dell’identità protestante; un’identità continuamente cercata, discussa.
perfezionata. Qui non si vive la
fede attraverso i gesti, il corpo,
il pregare insieme ma soprattutto attraverso la mente, penso alle interminabili discussioni che
ho ascoltato, oppure attraverso
tin_ chiaro impegno sociale o politico. E’ tutto molto razionale,
oggettivo, intellettuale e un po’
triste, manca appunto un po’ di
fantasia e di gioia che mi sarei
aspettata di trovare maggiormente nel Paese del sole e della
musica ».
Questa malinconia di fondo
non dipenderà da un nostro complesso di minoranza? Tutto sommato siamo un atollo protestante nell’oceano cattolico... « Sì,
ho immediatamente avvertito,
appena ho cominciato a lavorar
re nel quadro della chiesa vàldese, che qui siete una minoranza. In ogni momento, in ciascuno di voi, c’è sempre un alto
grado di consapevolezza in quello che si sta facendo. Bisogna
avere le motivazioni teologiche,
bisogna aver discusso la linea,
bisogna testimoniare. Direi che
anche nel movimento della pace, in generale, il grado di politicizzazione, di approfondimento dei problemi è molto elevato.
Da noi, in Svezia, c’è molta più
ingenuità. La base delle chiese
deve scuotere i vertici perché
aprano gli occhi. Qui è il contrario. Spesso chi ha grosse responsabilità è più aperto, progressista della base, anche se
questo discorso tra vertici e base per la vostra chiesa non ha
molto senso. Ho incontrato nei
miei giri alle Valli Valdesi per
esempio dei catecumeni, dei giovani, indifferenti a tutto. Nessuna emozione, nessuna fantasia,
molta passività. Queste frange
che assistono passivamente all’impegno di tutta una chiesa
per la pace e la giustizia tra i
popoli mi fanno paura ».
A Pasqua Gisela guiderà, attraverso alcune comunità delle
Valli Valdesi, un grappo di 25
persone che fanno parte del
Consiglio ecumenico per la pace
in Svezia. « Cercherò di far loro
comprendere — conclude Gisela
— lo spirito valdese e il senso
del mio lavoro qui alle Valli. Lo
farò volentieri perché ho l’impressione che l’impegno che sto
svolgendo in mezzo a voi è una
tappa fondamentale della mia
vita ». La serietà della FGEI ha
contagiato la svedese? Pare proprio di sì!
Giuseppe Platone
IN MARGINE AL RECENTE DIBATTITO
Una visita alle valli
La visita alle Valli Valdesi degli onorevoli Spini e Chiarante c
del presidente del Senato Cossiga — invitati dalla Società di
Studi Valdesi (S.S.V.) — accanto al dibattito pubblico di cui abbiamo già riferito nello scorso
numero, ha registrato alcuni altri momenti interessanti di cui
riferiamo per completezza d’informazione.
La visita è iniziata con un incontro tra il Seggio della S.S.V.,
nella sala rossa della Casa valdese, e i tre uomini politici a cui
sono stati illustrati i settori d’interesse della S.S.V. A questo primo incontro ha fatto seguito un
rinfresco nella Biblioteca e una
visita al Museo valdese. Il presidente Cossiga si è particolarmente soffermato su alcuni documenti storici concernenti il
’’rimpatrio" e l’attività del colonnello Beckwith (1789-1862).
Alla sera, classica cena da
"Flipot” e dopo il dibattito nel
Tempio valdese, particolarmente
gremito ed attento (molti giovani tra il pubblico), i tre uomini
politici hanno ripreso, in una
conversazione informale, i temi
della serata, presenti alcuni organizzatori dell’incontro che hanno fatto le ore piccole nella elegante ’’hall" dell’Hotel Gilly (in
compagnia dell’inseparabile .guardia del corpo).
Cattolico liberale, dotato di
una vasta conoscenza del mondo
anglicano inglese (particolarinente sensibile ai temi liturgici) e
del protestantesimo in generale,
il presidente Cossiga ha partecipato, il giorno dopo, al culto nel
Tempio di Torre Pellice. Prima
di recarsi alla Abbazia di Staffarda dove avrebbe partecipato
alla messa, Cossiga ha ancora,
brevemente, visitato il Tempio
del Ciabas del 1555 ed il Tempio
e l’Asilo valdese di Luserna San
Giovanni, dove c’è stato un momento di incontro con gli anziani
ospiti e lo scambio dei saluti.
Alla S.S.V. Cossiga ha portato in
dono la voluminosa Storia della
Chiesa dello Jedin ed ha ricevuto
l’Histoire des Eglises Evangéliques del Léger insieme alla recente riedizione di « Alle porte
d’Italia » del De Amicis, curata
dall’editore Meynier.
Nelle conversazioni con Chiarante, Spini e Cossiga si sono
continuamente intrecciati temi
storici (legati alla vicenda valdese), temi giuridici (l’Intesa ha
fatto la parte del leone) e altre
questioni riguardanti la realtà
della minoranza protestante italiana. Spini, come sempre, si è rivelato informatissimo sugli argomenti legati all’Intesa ed è stato
accolto come uomo politico e
fratello in fede. Chiarante si è
rallegrato del contributo di crescita democratica espresso, pur
in mezzo a tante difficoltà, dalla
chiesa valdese e metodista. Cossiga si è confrontato, con vivace
cordialità, con il mondo valdese
delle Valli rivelandosi uomo di
forti interessi culturali ed ecumenici. A Radio Beckwith, la Ir
bera emittente di Torre Pellice, i
tre ospiti della S.S.V. hanno rilasciato una breve intervista. Il
pastore Tourn, organizzatore dell’incontro, si ritiene soddisfatto?
« E’ stata una bella e importante
occasione di conoscenza e scambio che s’inquadra in un crescente interesse per la storia e l’attualità del mondo valdese ».
Meglio tardi che mai. G. P.
La salute
dei pinerolesi
Nelle sue ultime battute prima dello scioglimento dovuto
alle elezioni amministrative, il
comprensorio di Pinerolo si è
occupato dei problemi della salute degli abitanti del pinerolese. La presidenza di Aurelio
Bernardi sembra aver portato
nuova energia a questo ente,
che in molti vorrebbero sopprimere. Ed anche lo stesso comprensorio ha approvato, prima
del dibattito, un ordine del giorno che prevede il passaggio delle competenze di programmazione proprie del comprensorio
alla Provincia.
Grande accusata è stata la
USSL 44 di Pinerolo. Per i presidenti delle due altre unità sanitarie locali. Davi ero e Coisson, è mancato il coordinamento tra le USSL che pure la legge prevede per la gestione di
un presidio « multizonale » quale è l’ospedale civile di Pinerolo.
Ciò ha provocato non poche disfunzioni e anche spreco di risorse.
Per ovviare a questa mancanza di coordinamento il presidente della commissione sanità
del comprensorio, il democristiano Di Stefano, ha proposto —
a nome del suo partito — l’accorpamento delle tre USSL in
una unica e Taffidamento del comitato di gestione a tecnici qualificati. Proposta che è stata rifiutata da tutte le altre forze politiche e alla fine il presidente
del comprensorio, anche lui democristiano, ha dovuto rettificare il tiro dicendo che non si
voleva proporre altro che il
coordinamento tra le USSL, che
per altro il presidente della
USSL di Pinerolo ha accettato
proponendo anche concrete forme organizzative per realizzarlo.
Altri temi toccati sono stati
il rapporto tra la cosiddetta medicina di base e l’ospedale. « La
medicina di base — ha detto Losano del PCI, ma anche docente di fisiologia umana alla Università di Torino — non funziona e si scaricano sull’ospedale
problemi che potrebbero facilmente essere risolti con minor
spesa pubblica con un corretto
funzionamento del lavoro dei
medici li famiglia ». Per Gìardiol, DP, è mancato nei confronti dei medici di base un’azione della USSL perché questi ultimi assumessero come criterio
del loro lavoro anche la prevenzione. Franca Coiisson, della Sinistra Indipendente, ha portato
l’esperienza della USSL 43 in
materia asserendo che ormai i
medici di base hanno accettato
quest’ottica ed « in Val Pellice
si opera ormai con il criterio
della cartella clinica orientata
per problemi ». D.P. ha inoltre
lamentato la mancanza di dati
sull’effettivo stato di salute della popolazione, cosa imposta per
legge, e ciò impedirebbe una
concreta programmazione dei
servizi sanitari e un’analisi costi-benefici.
Sempre Losano del PCI ha
osservato l’eccessivo ricorso a
strutture private nella gestione
deU’USSL 44.
A tutte queste critiche ha risposto il presidente delTUSSL
di Pinerolo, Chiomio, che ha
detto che l’USSL è impossibilitata a svolgere ricerche epidemiologiche per mancanza di personale e perché « ha altre cose
da fare » e che le strutture private sono necessarie per via delle carenze della struttura pubblica. Tutti concordi infine sulle proposte della commissione
circa l’educazione sanitaria, il
pieno utilizzo delle strutture per
anziani, per il miglioramento
dei servizi agli handicappati, ai
tossicodipendenti e per il trasporto degli infermi.
G. G.
I PROGRAMMI DI
RADIO BECKWITH
PM 91.200
Pubblichiamo qui di seguito i
programmi di Radio Beckwith
PM 91.200. Per ragioni organizzative interne, contrariamente a
quanto annunciato, la radio non
è ancora in grado di passare
dalla fase sperimentale a quella definitiva.
Pertanto i programmi qui annunciati potranno subire qualche modificazione.
L’équipe della Radio Beckwith è grata a quanti vorranno
dare indicazioni e suggerimenti
per migliorare i programmi e
vaglierà attentamente proposte
di collaborazione.
Radio Beckwith può essere
ascoltata per ora nei comuni di
Torre Pellice, Villar Pellice, Luserna San Giovanni ed in alcune zone di Angrogna e Bobbio
Pellice.
La radio ha in progetto il po
tenziamento degli impianti, ma
per il momento non ha le risorse finanziarie necessarie. Chi
voiesse contribuire finanziariamente al progetto può mettersi
in contatto coi responsabili della radio telefonando al numero
0121/91.507.
Giovedì: ore 12.30: E mi cliantu
(Folk nel mondo); ore 16.30: Nero su
bianco (invito alla lettura) (R); ore
19.30: Cineoccltio (spettacoli).
Venerdì: ore 11: Cineocchio (R);
ore 16.30: Alle Valli (rassegna di stampa locale); ore 19: Grünen (ecologia agricoltura).
Sabato: ore 10.30: Grünen (R): ore
11: Bla bla bla (incontro con...): ore
18.30: In copertina (informazione libraria) .
Domenica; ore 10.30: Culto Evangelico; ore 12.15: Fra le righe (dentro una
notizia); ore 18.30: Meditazione.
Lunedì; ore 11; Alle Valli (R): ore
19.30: Fra le righe (R).
Martedì: ore 11: Nero su bianco;
ore 18.30: Bla bla bla (R).
Mercoledì; ore 10.30: Al di là del*
bene e del male; ore 11: In copertina:
ore 18.30: E mi chantu (R); ore 19
Culto Evangelico.
Rubriche quotidiane fisse: ore 11.30
Classica mix; ore 12: Il Carnet di Mi
ster Beckwitli; ore 12.30; Remember
ore 17.30: Beethoven and Company;
ore 18: Il Carnet di Mr Beckwith: ore
20.30: Classica mix (R); ore 21.30:
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11
22 febbraio 1985
cronaca delle Valli 11
UN XVII PIU’ SOBRIO
Era il 17 febbraio del 1848 quando
giunse da Torino la grande e gioiosa
notizia dell’emissione delle Lettere Patenti di Carlo Alberto sovrano del Regno Sardo.
Dopo quasi sette secoii di aspre lotte e amare umiliazioni subite dal popolo valdese si intravvedeva in questo
la piena libertà per i credenti di essere testimoni di Cristo su questa terra.
Da allora il cammino è stato lungo
e tortuoso, prima con I residui delle
grandi discriminazioni culturali e religiose. poi la repressione fascista con
la proclamazione, attraverso il concordato. della vera ed unica religione ed
ora dopo dieci anni di polemiche e
battaglie politiche e teologiche la firma
delie intese con lo stato italiano.
Oggi, nel febbraio del 1985, penso
sia doveroso ricordare e rendere grazie al Signore per il dono di questo
giorno e per la libertà che esso rappresenta per il popolo valdese.
Dobbiamo però anche capire fino a
che punto celebrare oggi il 17 febbraio
sia ringraziare il nostro Iddio e non
solo partecipare ad una festa di pura e
semplice cultura popolare.
Mi sembra che rispetto a questo
problema alle valli oggi abbiamo svariati esempi di diverse interpretazioni
del significato del 17.
Dal grande cenone con selezionatissimo menù da « vero barbette » che ci
viene proposto dai locali più tipici
deila nostra zona, alla consuetudine di
invitare alle agapi fraterne di alcune
comunità le autorità del paese, le quali nel momento in cui alcuni credenti
delle stesse comunità cercavano di
esprimere la loro solidarietà cristiana
a dei lavoratori in procinto di perdere il
posto di lavoro, erano in prima fila nelle azioni di repressione affinché la logica del più forte (vedi Fiat) vincesse ancora una volta.
Non mi sembra il caso, a questo punto. di fare dei discorsi moralistici.
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica ;
DOMENICA 24 FEBBRAIO 1985
Villar Perosa; FARMACIA DE PAOLI
Via Nazionale, 22 - Tel. 840707
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva:
tei. 932433 (Ospedale Valdese)
Guardia Farmaceutica ;
DOMENICA 24 FEBBRAIO 1985
Luserna S. Giovanni; FARMACIA
SAVELLONI - Via F. Blancio 4 - Lu
sema Alta - Tel. 90223
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
Vorrei però azzardare l'ipotesi che, se
noi riuscissimo a vivere questa giornata in modo leggermente più sobrio, ad
esempio condividendola, invece che
con le autorità in un fastoso pasto, con
alcune famiglie di disoccupati a reddito zero, con le decine di stranieri
privi di qualsiasi libertà e diritto che
si trovano alle valli ed altri esempi
di questo genere forse si riuscirebbe
a dare un contributo a questa nostra
società affinché la parola del Signore
non sia vana o gettata al vento ma
diventi « il sale di questa terra » alla
luce della quale possano trionfare la
giustizia e la libertà di tutti invece
che le discriminazioni ed i soprusi
che siamo abituati a vedere attorno a
noi tutti i giorni.
Mauro Long, Villar Perosa
DIBATTITO
MANCATO, PERCHE’?
Grande avvenimento a Torre Pellice
sabato 9 febbraio. La Società di studi valdesi ha invitato per un dibattito
su: La responsabilità delle Chiese
nella società democratica » due esponenti della vita politica: Valdo Spini
deputato PSI e Giuseppe Chiarante
senatore PCI alla presenza del Presidente del Senato Francesco Cossiga.
Queste persone sono state invitate
non come uomini politici, ma come
« uomini di cultura ■> ha affermato il
Presidente della Società di studi vaidesi.
Il Tempio di Torre Pellice, sede scelta per mancanza di ampi locali disponibili è gremito. Tre interventi molto
interessanti, seguiti attentamente dai
convenuti, sotto i tari delle camere
televisive.
Poi è il momento dei sollecitati interventi da parte del pubblico.
A parte qualche personale esposizione di alcuni intervenuti rivolta piuttosto agli « uomini politici » esulando
dal tema principale, per il resto un
vuoto che mi ha lasciato un'amarezza.
" Responsabilità delle Chiese nella società democratica »!
Come mai non abbiamo saputo cogliere questa favorevole occasione per
esprimere il nostro pensiero, per lanciare un segnale ed un messaggio?
Forse non abbiamo avuto abbastanza
tempo per raccogliere le idee?
Forse lo stimolo venuto dai tre oratori non è stato abbastanza mordace?
Forse non abbiamo pensato che qualche intervento si sarebbe potuto preparare con anticipo? Forse 1 meno colti
tra noi sono stati intimiditi di fronte
agli « uomini di cultura »?
Forse coloro che meglio avrebbero
potuto esprimersi sono stati sopraffatti da grande incertezza?
O forse perché non è chiaro neanche
a noi quale sia la <■ nostra » responsabilità di Chiesa nello Stato democratico e sarebbe bene cominciare a par
lame? Queste domande mi ponevo ritornando a casa.
Forse avremmo potuto semplicemente dire: stiamo affrontando il problema: <■ Lo straniero che è dentro alle
tue porte »; non è questa una responsabilità?
Qppure dire; la responsabilità delle
Chiese non è quella di prevalere sullo Stato, di dettare norme e codici, di
occupare posizioni di privilegio, di voler a tutti i costi imporre la propria
ideologia, ma la responsabilità di far
maturare le coscienze, per essere attenti ad ogni forma di soprusi, sopraffazione, ingiustizie, intolleranza, ineguaglianza, predicando quel Gesù che
ha voluto rapporti diversi tra gli uomini?
Eccezionale la conclusione del pastore Giorgio Tourn. Bella la compostezza dell'assemblea. Visite così importanti, per la loro carica, sono un
privilegio per la nostra cittadina, ma
nessuna euforia ha dato luogo a manifestazioni inconsulte.
Alba lazeolla. Torre Pellice
Pro Asilo Valdese
di San Germano Chisone
Pervenuti nei mese di gennaio 1985
FONDO DI SOLIDARIETÀ'
L. 400.000: Unione Femminile Valdese, Genova.
L. 200.000: Telma Malacrida, Milano.
L. 150.000: Barone Martini Rosa (lascito), Genova.
L. 100.000; Alma Long, in memoria
del cugino Edvy Long, Torino; Chiesa
Valdese Massello; Martinat Giulio, in
memoria di Zingaropoli Pietro; Alma
e Elda Forneron, ricordando i genitori (S. Germano).
L. 60.000: I coscritti della classe
1924, ricordando gli amici scomparsi,
S. Germano,
L. 55.000: Conte Lalla, Genova.
L. 50.000: Famiglia Prot; Scuola Domenicale; I parenti, in memoria di
Tonioio Erminia v. Bosio; Jahier Mar
gherita e figli, in memoria del caro
barba Guido; Fiorella e Carlo Bounous,
ricordando il papà (San Germano); Alimonda Rita; Biglione Eunice (Genova).
L. 40.000: Tron Garrone Geneviève,
S. Germano.
L. 30.000: Famiglia Giraud Giovanni
Emma e Claudio, in mem. del cognato
e zio Guido Jahier, S. Germano.
L. 25.000: Micol Ernesto, Massello.
L. 20.000: Pons Luigi, Massello;
Conte Gino, Genova; Sappè Ugo, in
memoria di Ivonne Micol Meytre, S.
Germano.
L. 15.000: Maria Armosini, Vado Ligure; Lilia, in memoria del caro cugino Guido Jahier, S. Germano.
L. 10.000: Falchi Velia, Genova; Giaiero Valdo e Evelina, Inverso Fin.;
Lilia Malacrida, Como; Qreste e Marianna Bounous, un fiore in mem. di
Olga Giacone; Giraud Renzo e Elda,
un fiore per barba Guido; Margherita
Jahier, ricordando Jenny Forneron;
I coscritti, in memoria di Ivonne Micol Meytre; Long Lino e fam. Long
Livietta; Gardiol Elsa v. GardioI; Rostan Ezio (S. Germano).
FONDO DI RISTRUTTURAZIONE
I nominativi con l’asterisco (*) si
sono impegnati per un milione.
L. 5.000.000: Comune di Villar Perosa.
L. 2.105.000: Chiesa evangelica Valdese, Susa.
L. 1.000.000: In memoria del nipote
Castagna Mauro: Charrier Remigio Elvina e Claudio, Barai Adolfo Alda Armando e il figlioccio Amos, Castagna
Silvio e Elda (Pomaretto); N. N. per
Viturin, Inverso Pinasca; Unione Femminile di San Remo, Imperia e Alassio; Una Valdesina ricordando la cara
nonna. Il mio caro Renzo e le nostre
care Piera e Claudina, Torino; Irene
e Ernesto Malan, Angrogna; Paschetto Lidia, Pinerolo; Poét Qsvaldo, Per
rero; Rostan Adolfo e famiglia, Torino; N. N.; N. N., Prarostino; Lisetta
Alliaud, ricordando i suoi genitori;
Un’amica dell’Asilo « La mia grazia ti
basta »; Tron-Garrone, San Germano.
L. 750.000: Griot Aldo *, San Germano.
L. 735.591; Giovanna Pons, Zurigo.
L. 500.000: Salma Evelina, Perosa;
Giovanni Refourn e famiglia *, Pomaretto; Clot Alberto e Giovanna, Perrero; Un’amica dell'Associazione Amici *; Ines e Enrico Baimas, San Germano,
L. 400.000: Davide e Silvia Jahier,
S. Germano.
L. 300.000: Famiglia Pascal Alberto,
Perrero; La famiglia, in memoria di
Zaninetti Paolino; Ribet Rino e Comba
Clara (S. Germano); Ditta Aiello Antonio, Villar Perosa,
L. 260.000: Bazar della FFEVM del 1”
Distretto alla Conferenza Distrettuale
di Pramollo,
L. 250.000: Vaucher e Castagna Emilio, in memoria del nipote Castagna
Mauro, Pomaretto.
L. 200.000: Chiesa Valdese, Coazze;
Poét Enrico e llda, Pinerolo; Clot v.
Elena, Riclaretto; Avòndetto Bruno, Prarostino; Barai Qscar, Massello; Rostan
Ida V. Richard, Prali.
L. 150.000: Ribet Irma, Pinerolo.
L. 105.000: Comunità di lingua inglese, Torino; Giorgio Novara s.r.l., titolari e colleghi di Lilia Bouchard e
Sandro Sappè, Pramollo,
L. 100.000; N. N.; Forneron Sonia e
Rossano, in mem. dei nonni Angiolina
Alessandro e Creste: Paschetto Liliana e famiglia; Costantino Evelina, S.
Secondo; Lorenzo Zaninetti, in memoria di Mauro Castagna; Bert Enrico
e signora, S. Germano; Bounous A
driana, Pinerolo; N. N., Torino; Travers
Emma e Silvio; Peyronel Qlinto, Pramollo.
L. 70.000: In occasione del battesimo
di Elisa Monnet, papà e mamma, Prarostino.
L. 50.000: Vairolato Maria Forneron,
in memoria del marito Oreste, S. Secondo; Grill Irene Mattia, Arena; Giulia Ravazzini, Firenze; Massai Poét,
Perosa; Livia e Gustavo, ricordando
Mauro; Avondetto Albino e fam., in
memoria di Olimpia Godine, Prarostino;
Beux Franco; Moglie e figli, in mem.
di Guido Jahier, S. Germano; Irene e
Davide Long, in memoria del fratello
Ernesto Long, Pinerolo; Caramello Mario, Pinasca; De Lissandri Piero e Gigliola, in mem. di Livio Bouchard, Pramollo.
L. 40.000: Quartiere Brusiti, S. Secondo.
L. 35.300: Colletta Borgata Roc, Prarostino.
(Continua al prossimo numero)
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RIN&RAZIAIVIENTO
(c L’Eterno e il mio pastore
nulla mi mancherà »
(Salmo 23: 1)
all Signore, l’Eterno, asciugherà le lacrime da ogni viso »
(Isaia 25 ;
I familiari di
Alessandrina Bouchard
ved. Robert
5: 8)
ringraziano tutti coloro che hanno partecipato al loro dolore, con scritti, fiori
e parole di conforto. In modo particolare ringraziano il gruppo medici e il
personale del Reparto Medicina dell’Ospedale Civile Edoardo Agnelli di
Pinerolo, i vicini di casa e il pastore
Cipriano Tourn.
Prarostino, 13 fèbbraio 1985.
AVVISI ECONOMICI
« Nella casa del Padre mio ci
sono molte dimore; se no, ve
l’avrei detto; Io vo a prepararvi
un luogo, tornerò e v’accoglierò
presso di me, affinché dove sono
io, siate anche voi ».
Il giorno 2 febbraio ricorre la data
di nascita del nostro caro
Domenico Bologna
volato al Signore Gesù Cristo il 3
giugno 1984.
I familiari tutti lo ricordano a
quanti lo hanno amato e stimato.
In memoria le famiglie Bologna,
Serra, Rosati.
RINGRAZIAMENTO
a Quand’anche camminassi nella valle delVombra della morte,
io non temerei male alcuno,
perché tu sei meco ».
(Salmo 23 : 4)
La moglie, la figlia ed i familiari
dei compianto
Silvio Durand
commossi e riconoscenti per la grande
dimostrazione di stima e di affetto tributata al loro caro, nell’impossibilità
di farlo singolarmente, ringraziano
tutti coloro che con presenza, fiori,
scritti, telefonate e opere di bene,
hanno preso parte al loro dolore. Un
grazie .particolare ai nipoti, alle famiglie Comba Franco e Alessio e Pons
Ermanno, agli amici di )Mira e Sergio,
al Presidente della Provincia Dottor
IMaocari, al Dottore Della Penna, al
Pastore Paolo Ribet.
S. Germano Chisone, 10 febbraio 1985
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RINCRAZIAIMENTO
Il cognato, le cognate e familiari di
Germana Peyronel
ved. Jahier
ringraziano tutti coloro che parteciparono ai funerali. Un ringraziamento
particolare al Dott. V. Bertolino, ai
sanitari e personale dell’Ospedale Valdese di Pomaretto ed al past. Noffke.
Pramollo, 18 febbraio 1985
RINGRAZIAMENTO
« Io ho combattuto il buon
combattimento, ho finito la corsa, ho serbato la fede ».
(II Timoteo 4 ; 7)
La figlia e parenti della compianta
Clementina Eynard
ved. Maurino
nell’impossibilità di farlo personalmente, ringraziano tutti coloro che
gli sono stati vicini con affettuosa solidarietà nella triste circostanza.
Un ringraziamento particolare al
pastore Bruno Bellion e alla dottoressa Claudia Peyrot per le assidue cure
prestate.
Luserna S. Giovanni, 11 febbraio 1985
RINGRAZIAMENTO
« Vivere nel cuore di chi resta
non e morire »
In occasione della dipartita della
loro cara
Ida Ghigo in Giustetto
le famiglie Giustetto e Ghigo, cosi duramente colpite, ma sorrette oltre che
dalla fede, dairimponente manifestazione di simpatia, commosse ringraziano tutte le gentili persone che in
qualsiasi modo hanno preso parte al
loro dolore.
Un grazie al personale medico e paramedico del CTO per l’abnegazione
con cui hanno seguito il suo travagliato tramonto.
Ferrerò, 21 febbraio 1985
12
12 uomo e società
22 febbraio 1985
RISCHIO DI UN CAOS SEMPRE PIU’ ESTESO
Sri Lanka,
paradiso
perduto
Il mensile dello scorso dicembre del Soepi (servizio ecumenico
di stampa e di informazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese)
dedica un articolo alla drammatica situazione nello SRI LANKA
(ex Ceylon). Come in precedenza in Argentina, sotto il regime militare, anche qui migliaia di donne sfilano nelle vie di Jaffna per
avere notizie dei loro figli “scomparsi" e chiedono il loro rilascio.
La grande stampa non è molto prodiga di notizie al riguardo: riteniamo opportuno fornire ai lettori una sintesi del suddetto scritto.
Oggi lo Sri Lanka che già fu
definito « paradiso dell’Oceano
indiano » ed apprezzato per la
sua stabilità e le sue istituzioni
democratiche, è una nazione
sconvolta da lotte intestine che
minacciano di ripercuotersi sulla stabilità di tutta questa regione del globo.
In occasione di scontri avvenuti la scorsa estate fra le « forze di sicurezza » ed i guerriglieri
separatisti Tamili, durante i quali vennero uccisi alcuni soldati,
venne imposto ai genitori della
regione di Jaffna di condurre i
loro figli, dai 18 ai 35 anni, in
un centro comunitario « per interrogatori e successivo immediato rilascio ». Fu così che 350
giovani vennero caricati su autocarri e portati a Boosa, nel sud.
Le manifestazioni delle madri
angosciate per i mancati rilasci
erano alimentate dal ricordo di
precedenti moti, durante i quali 58 Tamili erano stati mortalmente picchiati.
A seguito delle proteste, parecchi giovani vennero rilasciati ma 140 furono trattenuti. Con
questi sistemi, come nota un
commentatore, lo Sri Lanka si
avvia verso il caos e la violenza, perché i capi politici rifiutano di guardare la realtà in fac
------------------------------>
- L'Eco delle Valli Valdesi »: Rea.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Redanori: Giorgio GardioI, Roberto Giacone, Adriano Longo, Mauro
Pons, Giuseppe Platone, Sergio
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IVA). Ricerche lavoro: gratuite.
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Intestato a « Ui Luce: fondo di solidarietà », Via Pio V. 15 - Torino
Stampa: Cooperativa rioogratica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
J
r. p.
eia. Giorno dopo giorno, diventa sempre più difficile trovare
una soluzione che ponga rimedio e fine ai dissensi fra gruppi
etnici ed ai moti razziali.
Le origini del conflitto fra la
maggioranza Singalese (che rappresenta il 70% dei 15 milioni
di abitanti) e la minoranza Tamili che vive principalmente nel
nord risalgono a parecchi secoli
fa. Quando poi lo Sri Lanka
giunse nel 1948 alTindipendenza
dalla Gran Bretagna la questione della divisione del potere si
rivelò spinosa, e, per di più,
complicata dalla presenza di oltre 50 milioni di Tamili nell’India del sud, che è separata dall’isola solo dallo stretto di Palk.
Nel 1956 il governo, dominato dalla maggioranza Singalese,
dichiara la lingua omonima lingua ufficiale aumentando così i
timori e i dubbi dei Tamili (anche se la loro lingua viene « autorizzata » nelle regioni dove essi sono in maggioranza).
Due problemi
Secondo il governo, oggi lo
Sri Lanka si trova di fronte a
due principali problemi: la rivendicazione di uno Stato separato da part^ dei Tamili e l’attività della guerriglia.
A loro volta i 'Tamili giudicano questa analisi errata e semplicistica. Essi affermano che la
loro principale rivendicazione è
la realizzazione di una struttura
federalistica. Questa richiesta è
sempre stata respinta dalla maggioranza, ma venne conclusa
una serie di « patti » coi vari governi succedutisi, che prospettavano una divisione dei poteri.
Ma i suddetti governi non hanno mai onorato alcuno di questi patti. Solo nel 1976 venne la
richiesta di uno Stato separato:
ma essa doveva anzitutto servire come mezzo di pressione ner
ottenere delle concessioni politiche.
« L’aspetto più inquietante della situazione nello Sri Lanka, dichiara un commentatore politico, è il modo con cui una questione politica è degenerata in
un conflitto armato ». Con l’insensata scalata della violenza
da ambo le parti, l’intera isola
è piombata nel terrore. Oltre 10
mila Tamili sono fuggiti per
cercare asilo in altre parti del
mondo, ed altri 45 mila si sono
rifugiati nella vicina India. Le
regioni costiere del Tamilnadu
in India costituiscono una base
sicura da cui essi continuano ad
attaccare le forze di sicurezza.
Queste, a loro volta, incapaci di
identificare i colpevoli, scatenano la loro violenza su degli innocenti.
La violenza non vince
Commentando i più recenti
avvenimenti, un settimanale dello Sri Lanka ha scritto: « E’ necessario ricordare due fatti essenziali in questo momento cruciale della nostra storia politica.
Il primo è che la ragione, la logica e la storia dimostrano che
AMNESTY INTERNATIONAL
I prigionieri
del mese
gli attivisti non abbandonano
mai la lotta a causa di un accrescimento della forza usata
contro di loro. Il secondo, è che
una rivoluzione non è mai stata
fatta dal terrorismo ».
E’ desolante constatare come
il governo non sembri essere cosciente dell’urgenza dell’attuale
situazione, né della necessità di
trovare senza altri indugi una
soluzione politica accettabile
dalle due parti. Più i giorni passano e più le opportunità di trovare questa soluzione si assottigliano, mentre il caos rischia di
estendersi sempre di più.
(Per la sicurezza di certe persone che vivono nello Sri Lanka
non è stato fatto alcun nome.
Questo rapporto è stato preparato in ottobre sulla base di documenti di fonte laica ed ecclesiastica locali).
Il Notiziario del mese dì dicembre di A.I. invita i lettori a
rivolgere appelli in favore dei
seguenti prigionieri per motivi
di coscienza ai rispettivi governi:
Mohamed Aden Sheikh - Somalia
Medico, membro del Parlamento e del Comitato Centrale del
Partito Socialista Rivoluzionario,
unico partito legale del paese.
Già ministro della Sanità, dell’Istruzione e della Informazione, daH’82 è Presidente dell’Accademia somala delle scienze.
Fu arrestato il 9 giugno ’82 e accusato di reati puniti dalla legge sulla sicurezza dello stato che
per essi sancisce la pena di morte senza possibilità di appello.
Non è ancora stato processato
e si trova in carcere in isolamento in condizioni molto dure. Amnesty ritiene che sia stato arrestato per le sue aperte critiche
al governo e in particolare al
Presidente.
Si prega di inviare cortesi appelli per il suo rilascio a: Sua
Eccellenza Mohamed Siyad Barre - Presidente della Repubblica
Democratica Somala - Palazzo
del Popolo - Mogadiscio - SOMALIA.
Radu Filipescu - Romania
Ingegnere elettronico di Bucarest, 28 anni. Fu arrestato nel
maggio delT83, mentre distribuiva volantini (da lui stampati).
Doni Eco - Luce
DONI DI L. 10.000
Svizzera: Aeschllmann Margrlt; Costabel Eli; Fischi! Elena; Graf Agathe;
Merkli Hanoi — Torino: Bleynat Roberto; Ribet Liliana — Perrero: Ribet Melina — Pinerolo: Breuza Renato —
Genova: Anziani Giuseppe; Barone Gabriella — Francia: Sappè Emile — Pramollo: Long Oreste — Nichelino: Long
Dante — Firenze: Melile De Filia Eva.
DONI DI L. 5.000
Torino: Leone Laura — Angrogna: Aglì Giuseppe — Villar Pellice: Negrin
Paolina — Marsala: Garzia Salvatore
— Germania: Scherffig Emanuella.
DONI Di L. 4.000
Inverso Pinasca: Lageard Long Irma
— Pistoia: Pistone Giacomo — Roma:
D'Àbramo Haydèe — Bonassola: Givri Celli Irma — Pinerolo: Micol Paimira — S. Secondo: Gay Vanni.
DONI DI L. 3.000
Pomaretto: Long Edmondo — Torre
Pellice: Gaydou Bruno; Malanot Pellegrin Ernestina — Pinerolo; Pogliani
Nelly — Perosa Argentina; Tron Rino
— Torino: Bertin Albertina — Loranzè:
Cristoforo Almerina — Villar Perosa;
Peyronel Adriano — Dubbione: Pascal
Ortensia — Genova: Conte Enrichetta
— Luserna S. Giovanni: ReveI Cesare.
DONI DI L. 2.000
Torino: Ferrara Cataldo; Prochet Codino Maria: Fenouil Pons Enrichetta
— Maserada: Bidinotto Rino — Perrero:
Pons Luigi (Saretti); Pascal Alda —
Bobbio Pellice: Baridon Favat Margherita — Perosa Argentina: Voiat Bartolomeo; Pons Marcello — San Secondo:
Longo Pietro; Genre Pietro Augusto;
Dan Elvina; Avondetto Emilio; Romano
Elvina — Torre Pellice: Goff Taylor June — Pinerolo: Rivoira M.; Giai Pietrina — Porte: Martinat Emilio — S.
Germano Ch.; Travers Leontina; Durand
Silvio; Sappè Ugo — Pramollo; Menusan Renato — Rorà: Rivoira Paimira
— Bricherasio: Mourglia Susanna —
Salò: Kirgis Ida — Pomaretto: Pascal
Aldo — Genova: Zotta Piero — Villar
Pellice: Gönnet Giuseppe — Sellia Marina: Giglio Luigi — Tramonti di Sopra:
Facchin Peronello Emanuele.
DONI DI L. 6.000
Collegno: Zebelloni Paolo — Torino:
VIsca Alda; Romagnani Matilde: Bertinatti Lea: Mattone Elia; Bandiziol Annita; Borione Eugenia; Martini Etisia
— Luserna S. Giov.: Bonjour Daniela;
Paschetto Hilda; Bensi Giordano; Aiiiaud Eiisa; Malan Ciementina; Bouchard Bianca; Odetto Yvonne Gaydou;
Gay Emma — Pomaretto: Peyronel Olga; Breuza Elena; Ribet Renato —
S. Germano: Bertalot Emma; Beux Emilio; Gallian Edvi; Rostan Ezio; Baret
Alfredo — Prali: Menusan Ester; Richard Aido (Giordano); Richard Silvio;
Peyrot Attilio; Richard Dario; Concistoro Valdese; Richard Aima; Rivoira
Lidia — Torre Pellice: Ricca Clara;
Genre Perrou Adele; Bernoulli-Crespi
Mirella; Cesan Bruno — Genova: Biglione Eunice; Caniglia Manfredi; Cattaneo Feiice; Giambarresi Gianni; Molfino Gabrielia; Acinelli Falanca Rosa
— Roma: Deodato Laura; Aiiio Ayassot
Emilia; Duprè Franco; Mandola Francesco — Ivrea: Canale Aldo; Marangoni Renzo — Peliestrina: Marmi Santo
— Biella: Bianchi Ester — Venezia: Terenzio Giuseppe — Parma: Bassi ines
— Corato; Frualdo Letizia — Mantova: Mantovani Enzo — Ravenna: Barlera Tina — Novara: Costabello Tina
— Pinerolo: Grill Bonjour Attilia; D'Urso Margherita: Rostagno Sorrento;
Gay Ida — Scandicci: Gatta! Luciano
— Perosa Argentina: Charrier Elvina —
La Spezia: Lo Brano Pietro — Venosa:
Lovecchio Angela — Mondavi : Martinetti Maria — Laveno: Rivoira Paola
— Caltanissetta: Farad Vincenzo —
Milano: Ciceri Gilda — S. Secondo:
Griglio Aldo — Firenze: Mazzarino
Antonio — Villar Perosa: Pascal Delfina; Forneron Alessandro: Martinat Giulio — Pistoia: Pasqui Valdo — Villar
Pellice; JanaveI Jacqueline — S. Lazzaro: Canè Alberto — Como: Di Toro
Achille — Perosa Argentina: Tron 0riana; Bounous Eugenia.
nelle buche delle lettere delle
abitazioni, con i quali, senza incitare alla violenza, invitava la
popolazione a chiedere la destituzione di Ceausescu da Presidente dello Stato e da Capo del
Partito comunista. E’ stato condannato a 10 anni di carcere per
propaganda e azioni atte a sovvertire l’ordine socialista e a
metter in pericolo la sicurezza
dello Stato.
Amnesty ritiene che egli abbia esercitato il suo diritto alla
libertà di espressione e di stampa.
Si prega di inviare lettere cortesi chiedendo il suo rilascio a:
President Republici Socialiste
Romania - Nicolae Ceausescu Calea Victoriei 49-53 - Bucuresri
R.S. ROlVIANIA.
Quattro prigionieri - Paraguay
Roque Ruiz Diaz, muratore,
60 anni; Maira Margarita Baez.
35 anni, manicure; Antonio González Arche, 33 anni, assicuracore; Emilio Asterio Lugo, 29 anni,
contadino.
Facevano parte di un gruppo
di 36 persone imprigionate a
Asunción al principio delT82.
Dopo l’arresto furono tenuti ”incommunicado” (in segreto) e
torturati; per le torture subite
la Baez che era incinta abortì
Amnesty ritiene che siano stati
arrestati perché sospetti oppositori del governo, in quanto
membri della fazione maoista
del partito comunista. Durante
il processo di giugno denunziarono le torture subite, ma i
torturatori non furono perseguiti. I quattro sopra menzionati
furono condannati ognuno a 4
anni e 8 mesi di carcere.
Si prega di inviare lettere cor
tesi chiedendo il loro rilascio a;
General Alfredo Stroessner
President de la República - Pala
ciò del Gobierno - Asunción •
PARAGUAY.
Ü! « *
Dallo stesso Notiziario apprendiamo che nel mese di ottobre
sono stati rilasciati 75 prigionieri in adozione o investigazione
di A.I. e sono stati assunti 89
nuovi casi.
(a cura del Gruppo
« Val Pellice » A.I.)
DUE STUDI
Etica
e nucleare
La recente decisione del Consiglio Regionale del Piemonte di
localizzare una seconda centrale
nucleare nel comune di Trino
Vercellese ha suscitato dibattito
ed ha rilanciato la discussione
sull’energia nucleare.
Giunge perciò a proposito il
volumetto di Etta Ragusa: « Centrali nucleari problema morale »,
edito da Pax Christi-Sud.
L’opuscolo presenta due studi
principali. Il primo dedicato alla
lotta di un comune (Avetrana in
Puglia) contro la possibile localizzazione di una centrale in
quella località e l’altro sull’elaborazione della teologia morale
cattolica in materia.
Conclude l’opuscolo una ricca
documentazione ed una bibliografia sull’energia nucleare e le
possibili alternative.
Etta Ragusa: Centrali nucleari
problema morale - Pax Christi
Sud 1984 - s.i.p.
L’opuscolo può essere richiesto a Etta Ragusa, Via San Francesco 41 - 74023 Grottaglie (Ta).