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ANNO X - N. 23.
II SEEIE
15 Dicembue 1801
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguendo la verità nella carità. — EFKa. VI. 15.
PEEZZO DI ASSOCIAZIONE j LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione] ....£. 3 00 i In Tomxo aU'Dffizio del Giornale, via deyillnclpe
Per la Svizzera e Trancia, id............. 4 25 ' Tommaso dietro il Tempio Valdeao.
Per l’Inghilterra, id...................5 5« J Nelle Pkoviscik per meizo di /raticokili po
Per U> Oermania id.................. „ 5 50 ' stali, che dovranno essere inviati fraaeo al Di
Non si ricevono associazioni per meno di un anno. ; rettore della Bdona Novella.
AU’estero, a’ seguenti Jndirizzi : Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue ftivoli,
Ginevra, dal signor E.*Beroud libraio; Inghilterra, dal signor Q. F. AÌuller;
General Merchant, 26, Leadenhall Street. E. C.
SOMMARIO
Ai-viso importantissimo—Giuseppe ncaster—Jisdi'ioiione biblica: Il supremo potere — Faricià ,■
Una «cuoia in KussLi — Corrisp. nza. deUa P Novella: Torino, 12 Dicembre 1|61 —
religiose : Torino, S. Vincenzo d -• avale, Si:. • — Annunzi. i. j „
-----L-Ujùdeb
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c. .aafeoiq
AVTISO IMPORTANTISSIMO
ili
Caldamente preghiamo quei sigg. Associati, sì esteri che
nazionali, i quali tuttora hanno da pagare la loro quot:
abbuonamento, a voler, senza ritardo, soddisfare ai
obblighi ; ed invitiamo coloro che si propongono ® I
nuare la loro associazione alla Buona Novella pçr 1’
venturo, ad informarne immediatamente la Direzîbï^.
ste due domande le porgiamo tanto più vive e premiase
che, coll’entrante gennaio, come già fu detto, il nostro Giornale muterà sede e si trasferirà in Toscana. A scanso adunque di ritardi e d’imbrogli, supplichiamo il nostro pubblico
a voler rispondere immantinente al nostro appello.
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GIUSEPPE LANCASTER
Palermo, 17 novembre.
“ Non v’è apostolato senz’apostoli, ” mi diceva un giorno, a Parigi,
l'egregio sig. Chevè (il quale ha introdotto nel ceto indnstrio.so della
capitale la musica vocale, colla notazione dei suoni a mezzo di cifre,
secondo il metodo di G. G. Rousseau), mentre io esternava la mia
ammirazione nel vederlo, quasi ogni sera, dalle 9 alle 11, offrire
gi’atuitamente al popolo una lezione di canto.
Affinchè un principio, una verità, un diritto scenda dalla sfera
della teorica per essere fecondato nella pratica, bisogna che l’idea
si personifichi, s’incarni, divenga uomo, come dit'enne uomo il divino
amore, come diverrà uomo il satanico orgoglio. Quello fu e sarà
sempre il potere dei martiri; in essi l’idea, il principio si mostra
¡)iù forte della natura ; e nel loro sacrificio, nella lor morte diventano
fecondi come il granello (S. Giov. xii, 24) ; l’idea è divenuta uomo,
e l’uomo è stato fecondato dal sacrificio. Anche l’istruzione pubblica
^aWs-i^uoi apostoli ed eroi, ai quali l’umanità va debitrice di varii
-Un,' tal uomo fu Giuseppe Lancaster. A tutti è noto il suo sistema
'»di intttuo insegnamento ; esso è stato introdotto nelle scuole comunali di Parigi; lo ritroviamo in quelle di Palermo, di Ginevi'a, di
Londra, ecc., ed ovunque ha mostrato che, se è adoprato da maestri
intelligenti e devoti, può produrre effetti utilissimi, purché sia modificato ed accomodato ai bisogni delle scuole particolari, e per io
più combinato coll’insegnamento simultaneo. Pochi però conoscono
l’origine di questo sistema, ed ignorano ch’egli è l’eredità d’una vita
di sacrificio consacrata aH’insegnamento popolare ; perciò ho creduto
far cosa grata ai vostri lettori comunicando loro la lettera qui appresso ricevuta teste da una parente attempata la quale ebbe una
speciale amicizia per Giuseppe Lancaster :
Brixton, 29 ottobre 1861.
“ Mio caro N,
“ Non so certo se sarò capace di darti particolari di qualche
rilievo, intorno al soggetto del quale mi parlasti. Senza dubbio
Giuseppe Lancaster è stato uno strumento scelto da Dio, e da Lui
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ampiamente benedetto negli sforzi clie fece per pronuiovere l’educazione della povera gente. Già prima ch’io fossi posta in relazione
col medesimo, egli era un cuore molto serio in fatto di doveri e di
fede, e credette per un tempo che sarebbe chiamato a recarsi nelFAfrica onde tentar qualche sforzo per educare i poveri Negri. La
buona gente alla quale egli esternò il suo desiderio, trovando probabilmente esagerate le sue speranze, lo distolse dall’eseguirle. Un caso
fortuito mise la nostra famiglia in rapporto con lui. Un giorno, passando nella strada, ravvisai esposto, fra altri vecchi stampati, in un
banclierozzo, fuor della bottega d’un panieraio, un libro che, già da
molto tempo, aveva bramato di possedere; pregai il caro mio babbo
di farne per me l’acquisto ; questi vi acconsentì, e la mattina dopo
andammo insieme dal bottegaio ; invece del padrone trovammo la
madre di famiglia, 1^ quale, vedendo che trattavasi di libri, ci propose di chiamar il figlio che teneva scuola nel fondo della bottega.
Pochi momenti dopo venne fuori un giovane di diciott’anni ; il suo
gran naso, lo sguardo inclinato, il parlare e l’andatura languida, gli
davano un non so che di bacchettone. Il mio babbo l’interpellò subito col domandargli : “ Grioviaotto, che cos’è questa tua scuola ? ”
“ Poveri ragazzi signore, ” rispose il giovane, “ avess’io un locale
“ più spazioso potrei ammaestrarne un migliaio ! ” — “ Un migliaio
“ sono molti, come potresti tu solo insegnarne tanti ?” — “ Qon uu
“ metodo mio proprio ” rispose quegli. '<■
Gente occupata non può spendere molto tempo in discorsi, soprattutto nel mattino, perciò il padre mio, pagato il prezzo del libro, gli
disse nell’uscire : “ Vieni a trovarmi in casa; ceniamo verso le cinque,
“ e dopo potremo discorrere intorno al tuo piano. Anni sono che ho
“ desideratodi trovare unmezzo pococostosodi rialzare,coll’istruzione,
“ la povera gente ancora sì generalmente trascurata. ” Giuseppe
Lancaster si recò all’invito, e mi ricordo ch’egli spiegò distesamente
le sue idee intorno al mutuo insegnamento al mio padre, il quale
10 giudicò tali d’affrontar la prova della pratica.
La prima quistione da decidersi era quella d’un locale sufficiente;
11 mio padre avendo caldamente raccomandato l’affare ad im suo
molto caritatevole amico Antonio Sterry, essi andarono insieme dai
procuratori di due parrocchie e domandarono se si potrebbe affittare
una certa fabbrica rimasta inabitata, peithè ambedue queste parrocchie pretendevano avervi diritto. Benché non fosse terminato ancora
il pavimento del pian terreno, ci mise subito qualche panca, tavolini
e iiulpiti rozzi, e poche settimane dopo il locale era già ripieno di
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.500 ragazzi. Ma tale era l’abilità del direttore, e tale l’efficacia dei
metodo suo, ch’egli poteva colFaiuto dei monitori suoi e d’una piccola gerarchia bene stabilita condurre l’intera armata, benché gli
Stessi monitori non fossero che ragazzi di 10 o 12 anni,
Vedendo tali stupendi progressi, il padre mio propose al giovane
l>edagogo di rivolgersi al duca di Bedford ed a lord Stanhope, e di
domandare ch’essi l’onorassero d’una personale visita ; la loro maraviglia fu grande nel vedere i risultati che otteneva un solo maestro;
[)ochi mesi passarono e Giuseppe Lancaster aveva raddoppiato il
numero degli allievi suoi ed era giunto al numero di mille.
Il re Giorgio III gli promise un regolare aiuto annuo di 2,500
franchi, e gli esternò il desiderio ch’egli entrasse nella chiesa episcopale, affine di essere promosso a più alta dignità; ma Lancaster
non curava di diventare vescovo; e quando i suoi avversarii gelosi dell’ottenuto successo, pretesero ch’egli aveva copiato ed imitato il sig.
dottore Bell, il quale aveva stabilito l’insegnamento mutuo nelle
scuole di Madras, nell’india, Lancaster rispose che facessero venire il
detto pedagogo nella sua scuola per persuadersi se fosse originale e
proprio il metodo da lui adoprato. 11 dottore Bell che si trovava in
quel momento presente in Inghilterra, venne difatti, in compagnia
ilei duca N. e d’un ecclesiastico, per visitar la scuola di Lancaster ;
tutti pagarono il dovuto ti’ibuto d’ammirazione al zelante giovane e
dissero' che una sola cosa eravi di comune tra il metodo introdotto
dal dott. Bell nelle scuole di Madras e quello di Lancaster, cioè
l’uso di occupare i piccoli bambini, facendo loro scrivere le lettere
dcH’alfabeto sull’arena sparsa su lunghi tavolini, affine di tenerli
attenti e tranquilli sino che venisse il monitore per correggere la
loro scrittura e cancellarla, passando un ferro spianato sulla sabbia
sparsa sul tavolino.
Lancaster puniva e castigava a modo suo c con molta varietà i
falli de’ suoi allievi; a mo’ d’esempio: se un ragazzo si mostrava infingardo, egli qualche volta faceva portare un guanciale; “ Beppino,
“ diceva, sei tanto stanco ch’io ti proporrei di sonnecchiare un poco
“ qua, poi sarai più sveglio ! ” — Tutti tremavano di veder portare
il guanciale e più ancora d’essere rimessi nella culla o ninnati da un
camerata. Per mettere in armonia la disciplina della scuola con quella
della famiglia, egli faceva venir a casa sua od alla scuola i padri
e le madri dei ragazzi, leggeva loro alcuni passi della Scrittura, inculcava loro il dovere di dar esempli di virtù e di pietà alle loro creature, e di pregare spesso per essi,ed anche per il progresso delia scuola.
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Le risposte ch’egli otteneva alle sue preghiere erano qualchevoUa
così dirette che si potrebbero dire quasi miracolose. Fa d’uopo osservare che l’ecouomià dei conti non era fra i doni suoi, e prima chc
Fox e W. Alien avessero stabilito un comitato per venirgli in aiuto,
recavasi egli spesso dal mio padre chiedendo un aiuto di 5 o 10 lire
sterline, essendo alle strette per qualche piccolo pagamento. Prima
di concedergli la somma domandata, il mio padre gli rimproverava
la sua imprudenza, e un giorno gli disse; “ non ti voglio i>iù anticipar nulla, non devi lasciar i conti così incerti ! ” Poco dopo Lancaster mandava di nuovo, chiedendo 20 lire sterline, che altrimenti
sarebbe incarcerato, nessuno avendo voluto anticipargli detta somma. — Il padre mio rispose con un rifiuto. — Non sapendo
nulla dell’accaduto, io andai a far una visita alla direttrice della
scuola femminile Harriet Howel, che stava accanto alla casa di
Lancaster ; “ Esther, mi disse essa, fammi il piacere di andare da
“ Giuseppe Lancaster, egli si trova in una tale distretta, ch’io temo
“ ch’egli attenti alla propria vita; lo stato suo nou è naturale ! ” —
Vi andai subito; nel princii)io non volle proferir parola, ma poi si
mise a gemere, e sciamò cou uua voce disperata ; “ Iddio mi ha abbandonato! ” Vedendolo così abbattuto ed esausto, con un tem[>erino
in mano, suonai il campanello e chiesi che qualcheduno portast;e un
bicchiere di “ brandy ” con acqua calda; quando ebbe bevuto un
poco e ripreso forza, gli feci rimprov'eri, dicendogli che non si portava
da cristiano, lasciandosi abbattere sino a disperare ; mentre io parlava uno de’ suoi ragazzi entrò con una lettera in mano, — è d’uopo
osservare che, nonostante la sua povertà, egli si teneva in casa due
ragazzi e tre bimbe della scuola, che erano nutriti ed educati da lui,
a spese proprie.
Lancaster prese la lettera, riguardò il suggello, la firma, il contenuto ; essa era mandata dal re Giorgio II [, e racchiudeva la solita
cambiale dei 2,500 franchi annui. Pure il pagamento regolare non era
scaduto, anzi non doveva farsi che due mesi ])iù tardi ; il re che aveva
una memoria stupenda, non faceva mai tali sbagli ; donde veniva
dunque una così inaspettata antecipazione? La scena cangiò allora
ad un tratto; dalla disperazione egli passò alla lode, dalla diffidenza
ai rimproveri contro se medesimo per non avere aspettato con piiì
intera fiducia d’essere immancabilmente esaudito.
Un’altra volta egli fabbricò una stanza addizionale alla scuola col
patto di pagare il povero mattoniere, subito terminato il lavoro, ma
licaduto il termine Giuseppe Lancaster non aveva moneta da pagare.
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e questa volta egli fu condotto alla prigione del Banco della Regina
(Queens’ Bandi). Prima di essere registrato e carcerato, il debitore
ha poche ore d’iadugio per domandare l’aiuto degli amici suoi. Isella
camera di aspetto sedeva con Lancaster un altro debitore ; tutte le
speranze d’aiuto erano riuscite vane, non mancava più che una
mezz’ora ed il termine era spirato, e Lancaster vedeva avvicinarsi
l’ora in cui non solo egli stesso, ma probabilmente ancora il povero mattoniere sarebbero tutti e due incarcerati, per colpa sua.
Nella sua distretta egli gridò al Signore, chiedendo che gli fosse
risparmiata una tale ingiuria. Poco dopo entrò un uomo ch’egli non
avea mai veduto prima, si avvicinò al povero- debitore, s’inginocchiò, pregò per esso e per la sua opera, poi alzandosi gli pose
in mano una somma di danaro, e sparì senza proferir una parola
di più. Lancaster se ne andò presto dal mattoniere, il quale giubilò
d’allegrezza, poiché il mandato d’arresto contro di lui era già stato
consegnato alla polizia; pagato quello aggiustò alcuni altri conti, e
trovò che la somma che gli era stata consegnata bastava esattamente
al tutto ; la medesima sera egli venne dal padre mio per cenare; il
volto, la voce, il cuore traboccanti di gioia e di gratitudine: “ Voi
“ non avete voluto aiutarmi, ma un altro ha mandato l’aiuto; — non
“ ho mai visto l’uomo che mi ha portato il danaro ed ignoro perfet“ tamente come abbia potuto conoscere la mia distretta! ”
Sentendo.si chiamato a promuovere con -ogni mezzo l’istruzione
popolare, egli lasciò per qualche tempo Londra onde viaggiare e
spingere dappertutto il progresso delle scuole.
I viaggi erano in quel tempo molto più costosi di quello che
sieno adesso, e Lancaster si trovò di nuovo alle strette. Il duca di
Bedford gli fece un regalo, ma dichiarò ch’egli non farebbe di più.
Lancaster era in grande angoscia, ma nella notte un sogno lo confortò, ed egli riprese speranza e fiducia. Di fatti un ricco amico
William Corston lo liberò di nuovo, pagando questa volta la
somma di 30,000 franchi. — Benché non fosse mai abbandonato
dal divino Maestro, era necessario per l’opera sua di avere qualche
regolare soccorso, e Dio gli fece riscontrare in un modo straordinario
un nuovo protettore. Essendo andato a Dower per visitarvi alcuni
amici, questi sparsero la voce ch’egli avrrebbe dato, nella giornata, una pubblica conferenza intorno all’educazione; il nome di
Lancaster e la curiosità fecero sì che una gran folla di gente si
radunasse per sentirlo; ma invece dì pregare specialmente per l’istruzione pubblica, egli si sentì spinto a parlare ed a pregare per un uomo
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che sarebbe stato in uua profonda ansietà e vicino della disperazione.
Sciolta l’assemblea, un signore lo fermò nella strada e lo invitò ad
accompagnarlo alla locanda; e quando furono soli il nuovo suo amico
gli disse : “ Signor Lancaster, io sono quell’anima disperata per la
“ quale avete pregato, ” e gli narrò molti fatti della sua vita passata,
lianciister lo confortò, gli parlò della vera, unica speranza, pregarono
insieme, e da quel momeuto Giuseppe Fox divenne un vero protettore i)er Lancaster. Questi e l’amico suo William Alien stabilirono
un comitato, riassestarono le finanze della grande scuola di Barough
Itomi, e diedero così un nuovo appoggio a Lancaster.
Ma nuovi disgusti l’aspettavano in casa ; la sua moglie, invece di
essergli di aiuto, perdè la ragione e gli fu una continua prova; l’unico
suo conforto terrestre era un’angelica piccola fanciulla ch’egli uon
voleva lasciare mai. — Lancaster era una natura tropi» indipendente per amai-e il controllo del nuovo comitato ; disgustato dallo
stato della propria casa, vedendo che molti desideravano ch’egli abbandonasse ad altri la scuola da lui fondata, egli recavasi da noi che
eravamo i figli del primo suo amico. Il mio fratello gli propose di
portarsi nell’America e glie ne procurò il mezzo, coll’aiuto di W. Alien.
Lancaster proseguì neH’America Settentrionale i suoi lavori per la
pubblica istruzione, poi passò ncU’America Meridionale dov’cglifece
conoscenza di Bolivar, il quale gli diede i mezzi di stabilire anche
colà numerose scuole per la povera gente.
Egli ritornò più tardi a Nuova York, e poco tempo prima della
sua rei)entina morte egli scrisse al suo amico W. Corston quant’egli
si sentiva felice e tranquillo'nell’anima sua. Diversi amici gli domandarono di scriver^ la sua biografia e fecero una sottoscrizione a
tale intento, ma essa non vide mai la luce. Non è da imitarsi ogni
co.sa nella vita di qualunque uomo; anche Lancaster ebbe come noi
tutti imperfezioni numerose. La vita tranquilla d’un Oberlin o d’im
padre Girard ci sembra più della sua simile alla vita del giusto,
della quale la Bibbia dice : “ Il sentiero dei giusti è come la luce
“ che spunta, la quale va viepiù risplendendo, finché sia chiaro
“ giorno ” (Prov. iv, 18). Ma ognuno ha il suo proprio dono; in un
tempo nel quale parlano molti di pubblica istruzione, ma pochi ci
mettono la perseveranza e la pazienza richiesta per una così santa
opera, non sarà forse disutile di rammentare, come abbiam fatto, le
fatiche e le sofferenze d’un uomo, il quale ha lasciato dappertutto
il suo nome, e ci prova che se vogliamo fare qualche cosaìili duraturo, fa d’uopo mettere iu pratica la parola della Scrittura : “fa a
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tm potere tutto quello che avrai modo di fare ” (Eccl. ix, 10) ; c
d’altronde che Iddio non lascia solo chi si adopra per il bene.
MEDITAZIONE BIBLICA
IL SUPREMO POTERE
Mi fu concesso ogni potere in cielo e sulla terra.
Matt. xxviii, 18.
Quanto è grande questo potere che comprende i cieli e la terra !
La chiesa militante e la trionfante, gli angeli e gli arcangeli, i santi
e i serafini sono tutti sottomessi a Gesù. Alla di lui voce si tranquillizzano le onde, fuggono atterriti i demonii, e i sepolcri restituiscono
la loro preda ! Egli porta sul capo molti diademi : ogni cosa fn
messa sotto i suoi piedi, ed egli fu posto sopra tutte le cose ond'essere il capo della CMesa che è il di lui corpo. Sì, sopra tutte le
cose, sulle più piccole al pari che sulle più grandi: nella destra egli
tiene le sette stelle, e passeggia fra i sette candellieri d’oro, alimentandoli coll’olio della sua grazia, e mantenendo le prime nella loro
propria orbita. Grande senza dubbio è il potere del principe delle
tenebre, ma grazie a Dio non è sua Xonnipotenza; giacché Cristo lo
tiene prigioniero, opponendogli una barriera insuperabile. Leggiamo
nel Vangelo che Satana non potè entrare neppure nel gregge dei
porci prima che Cristo gliel concedesse: leggiamo altresì ch’egli desiderava vagliare Pietro, ma che la potenza divina glielo impedì :
Zìo pregato per te, onde la tua fede non venga meno, disse Gesù al
suo discepolo.
Cristiano, quante volte questa grazia di Gesù non ha impedita la
tua eterna perdizione ! Pur troppo la chiave del demonio apriva
assai bene la porta del tuo cuore; ma Colui che è più,forte dell’uomo
forte, si oppose vittoriosamente alla sua entrata: il potere del nemico attizzava il fuoco, ma l’onnipotenza di Gesù ne lo spegneva.
Anzi in questo medesimo istante, se tu sei oppresso dal sentimento
della grandezza di tua corruzione, della debolezza del cuor tuo, o
assalito da qualche tentazione esterna o interna, guarda a Colui che
promise che ti sarebbe bastata la sua grazia. Sua è l'onnipotenza,
suo è l’amore infinito ! e la mano istessa che tiene lo scettro dell’impero universale, conduce dolcemente il popolo Suo stanco e oppresso.
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Colui che numera le stelle, ama altresì numerare le prove de’ figli
suoi ; e nulla è troppo grande, come nulla è troppo piccolo agli
occhi di lui ; egli pone le nostre lagrime ne’ suoi vasi, e fa* al sno
popolo un sentiero diritto nell’amor suo. Oh dilettissimo Gesiì I i
nostri eterni interessi non potrebbero trovarsi in mano migliori, e
piii sicure che nelle tue ! Sì, io posso riposarmi in pace sulla tua
onnipotenza, consolarmi per la tenera simpatia che tu ci dimostrasti
colla tua umanità, e aver tutta la confidenza nella perfetta sapienza
delle tue vie. Alcune volte, diceva un cristiano, noi aspettiamo una
benedizione alla nostra maniera ; ma Dio giudica meglio darcene
una secondo il cuor suo ” e checché ne sia, le sue vie e la sua volontà
saranno sempre le migliori. — Amore infinito, potenza infinita, sapienza infinita, ecco altrettante infallibili garanzie della nostra felicità: i suoi disegni sono immutabili, le-sue promesse fedeli, e non
una sola delle sue parole cadrà a terra senza conpimento.
1 cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non 'passeranno.
TARIETA
UNA SCUOLA IN RUSSIA
I seguenti tratti, che ricaviamo da autentica fonte, ci mostrano sintomo
rallegrante della grazia di Dio in Russia e lo spirito cristiano che anima
l’ottima signora fondatrice della scuola di cui imprendiamo a parlare.
Giugno 1860.— « S’avvicinavano le vacanze; io era commossa al pensiero
di veder partire i miei cari ragazzetti, e venerdì sera, sapendoli nel giardino,
andai a vederli lavorare un’ultima volta. Appena giunta m’avvidi di qualche
scompiglio nella mia cara famigliuola. Satana vi aveva infatti seminato la
nizzania. Molti di loro, fra i più piccoli, vedute alcune mele per terra si
erano indotti a prenderle ed a mangiarle. I maggiori dissero loro quanto
facessero male, che quelle mele non essendo loro proprietà, non avevano il
diritto di toccarle. Essi mostrarono i loro visi confusi di sentire la propria colpa, e quando aprii la bocca a parlare diedero in un pianto dirotto.
Io dissi che avevano grandemente oflFeso il Signore, che se io provava
dolore pel loro fallo, Egli ne provava uno maggiore assai. Io m’indirizzavo
specialmente a tre dei più colpevoli, e dissi a Piero (il monitore) d’iscriverli nel giornale soggiungendo : « Sebbene mi riesca dolorosissimo il pensare che alla vigilia stessa delle vacanze siete castigati, non posso perdo-
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narvi ; il Signore stesso noi consente ». Quanto più parlavo loro, tanto più
scorrevano abbondanti le lagrime. « Sentite voi di aver meritato un castigo,
e che n«n posso fare a meno d’infliggervelo? » —Sì, lo meritiamo, risposero
unanimi. « Scrivi dunque nel giornale Fièro chc M., B. e L. hanno mangiate mele non sue. Il maestro li castigherà oggi stesso ».
« Queste parole furono appena pronunciate ch’io sentii un singhiozzo
dietro a me, seguito di questa commovente confessione; « Signora, anch’io
ho mangiate le mele ». Era questo un quarto ragazzo non accennatomi come
colpevole, ma la cui coscienza illuminata dall'Alto, riconosceva di aver
meritato il rimprovero cd il castigo dei tre suoi compagni, ed egli si vergognava di esser tenuto per innocente. Così ingenua confessione mi strappò
una lagrima dagli occhi e dicevo fra me, che la semenza sparsa in quei
teneri cuori darà col tempo il suo frutto. Satana ben può seminare zizzania
fino al giorno beato in cui saremo appieno liberati, ma l’anima iUuminata
vede il peccato. Io sente e s’addolora.
« In seguito ad un incendio vi era molto da fare per nettare la corte e
frugar nelle ceneri. La mamma richiese i miei scolaretti per aiutare agli
operai. Facevano una lezione la mattina, ed il resto del tempo lavoravano.
Vedendo il secondo giorno che si portavano svogliatamente, ne feci l’osservazione al maestro affinchè nc facesse loro parola. L’indomani a scuola
fu parlato di quel lavoro, ed il dopo pranzo rimasi colpita nel vedere con
quanto brio cd alacrità essi s’adopravano. SuUa mia domanda, onde provenisse un tal cangiamento, risposero: « ci ha detto il maestro stamane che
qualunque cosa noi dobbiamo fare pel Signore; oggi lavoriamo pel Signore,
mentre ieri non pensavamo punto a Lui »,
« Un altro tratto dimostra che il cuor loro è veramente toccato e la loro
coscienza risvegliata. Sabato era un tempo magnifico, e ci fermammo
gran tempo al balcone a guardare i ragazzi che portavano via un mucchio di pietre. L. e D. disputavano per una palla; non fu lunga la contesa;
ma quando scendemmo, io rammentai loro la promessa fattami di esser
buoni gli uni verso gli altri; furono entrambi molto confusi; la cosa non
andò oltre; non credetti il caso grave assai da farlo inserire nel giornale e
mi scordai di farne parola al maestro che non rividi in quel giorno. Il lunedì si fa una ripetizione della spiegazione del Vangelo del sabato (si
spiega il sabato la porzione del Vangelo chc deve esser letta in Chiesa la
domenica). Si trattava in quel giorno di Gal. vi : « Voi, gli spirituali, ristorate un tale con ispirito di mansuetudine, » ecc. Il maestro disse : queste
parole non si riferiscono solo ai ministri (che al solito sono chiamati spirituali),ma a quanti, essendo ammaestrati, sono responsali della loro influenza
sul prossimo, p. e. ai maggiori in una scuola incaricati d’invigilare i più giovani, e che devono obbedire a questo comandamento, dando un buon esempio, essendo mansueti, amorevoli. Mentre ci parlava uno arrossì c<l abbassò
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il capo—« Clie c’è bambino mio? » domandò il m;iestro. Non si rispose. Fu
ripetuta più volte la domanda; finalmente colle lagrime in pelle in pelle
esclamò: « Sabato poco ci corse ch’io ue venisse alle mani con D. per
una palla, ho terribilmente coscienza del mio fallo ». Non era questa una
confessione forzata, strappata dal timore del castigo o dall'aspettativa di
una mercede, era la coscienza che parlava; si presentava ad essa un modello,
essa riconosceva di non averlo seguito, e siccome il maestro ignorava il
caso, ciò provava il bisogno di palesarlo e di riconoscere che non aveva
operato da spirituale.
« Passando una domenica vicino alla scuola entrai ; trovai i ragazzi riuniti
nella sala, che parlavano ad alta voce. Al mio apparire molti fecero : « zitti,
zitti, » — « Che facevate, bambini miei, quando entrai? di che parlavate?
10 sono venuta a vedervi, e non per darvi soggezione, proseguite. » T. rispose: « I genitori di E. sono venuti a vederlo e gli hanno portato i dolci.
Ei li spartiva con noi; non ha serbato per sè che la metà d’un uovo e ci ha
dato il rimanente ». Scorsi Emilio che si era appiattato in un canto e gli
domandai chi gli avea insegnato a dividere coi compagni così largamente.
Ei rispose : « il maestro ci ha detto ch’era bene di spartire sino all’ultima
bricciola, ed io avea tanti dolci ! » ,
Febbraio 1861. — « I ragazzi in numero di 26 stanno a sedere a tre tavole secondo la loro capacità. Il piccolo Filippino, dell’età di 9 anni, fece
in poco tempo così rapidi progressi che il maestro credette doverlo incoraggire e farlo passare dalla 3’' alla 2“ tavola, e gli additò il suo posto; entrando l’indomani nella stanza all’ora della lezione, rimane maravigliato di
veder Filippino quasi in capo alla tavola; non disse nulla però, riserbando
a tempo più opportuno le sue osservazioni. Gli altri ragazzi si fecero onore;
solo Filippino non corrispose all’aspettativa... Le sue risposte non furono
mai cosi imperfette e imbarazzate.
« Che è mai questo ? domandò il maestro, in tal modo tu dimostri la
gioia di essere stato premiato? ci deve essere qualcosa sulla tua coscienza,
qualche peccat» di cui non ti sei pentito, e pel quale il Signore ti nega il
suo aiuto. » I singhiozzi c le lagrime dapprima gli troncarono la parola in
bocca. Ma in capo a qualche minuto esclamò; t Sì, ho peccato, sono stato
orgoglioso. Iddio mi ha castigato. Mi avete accennato un posto ed io ne
voleva un altro più alto. » — « La Parola di Dio è sempre verace, ripigliò
11 maestro profondamente commosso. Egli sta scritto: s Iddio resiste ai superbi, ma dà la sua grazia agli umili (traduzione slava)», mentre tu eri umile
Iddio ti dava la sua grazia, U suo soccorso, tu progredivi. Ma quando ti
sei innalzato al disopra dei tuoi compagni. Egli ti ha abbandonato, por mostrarti che, senza di Lui e della sua grazia, non sei capace di niente.
Marzo 1861.— n Mi pareva di aver osservato uua mancanza d’amor fraterno in questa mia cara famigliuola e decisi coll’aiuto di Dio di farne
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loro parola; incontrando un giorno Andreuccio nella mia passeggiata gli
chiesi se voleva bene a tutti i compagni, « no, » mi disse. « E ti par
bene? » — « No, rispose il fanciullo, noi ci dovremmo amare tutti come
fratelli. Iddio ci ha riuniti presso il medesimo maestro, nella stessa scuola,
ci chiama alla stessa salute; dovremmo essere come una famiglia sola. »
Il nostro coUoquio fu interrotto ma non perduto pel ragazzino, nè per la
scuola. L’indomani era di domenica; lo struggersi del ghiaccio faceva qua
e là de’ pantani che rendevano impraticabili le vie. I nostri scolari si recavano alla chiesa. Ad un tratto furono trattenuti da uno di quei pantani.
Una donna che li osservava di soppiatto vide Andreuccio farsi avanti con
animazione e dire agli altri: « fratelli (espressione familiare in Russia)
non siamo tutti calzati per bene; quelli fra noi che hanno gli stivaletti
dovrebbero recarsi gli altri in ispalla per preservarli dall’acqua » (i contadini in Russia portano al solito zoccoli di scorza di tiglio che non resistono all’acqua). Detto fatto; Andreuccio alla testa, ed alcuni altri, coi
compagni in ispalla attraversano bravamente il pantano nel modo più ordinato e conveniente, a ciò spinti dal solo amore fraterno; e giunti in salvo,
ripigliano contenti la via della chiesa ».
CORRISPONDENZA DELLA B. NOVELLA
Torino, 12 dicembre’1861.
« Preg““ signor Dii-ettorc,
« Voglio comunicargli un fatto semplicissimo in se stesso, ma che a
fronte di ciò che ha luogo ordinariamente presso i nostri fratelli della
Chiesa romana nou lascia d’avere qualche importanza; e vo lo accerto, esso
recò in me maraviglia e rallegrommi il cuore.
« Leggendo, giorni sono, un testamento d’una certa damigella N. N.,
vi rinvenni all’articolo 1° queste testuali parole « raccomanda l’anima sua
airOnnipotente Signore Iddio, perchè pei meriti di Gesù Cristo, quando gli
piaccia di chiamarla a sèia faccia godere dell’eterna gloria in Paradiso ».
« Non occorre il dirvi l’effetto che produssero in me tali parole, giacché
ognuno può di leggieri comprenderlo, se si bada che chi pronunciava tai
detti era cattolica romana, figlia di quella Chiesa che insegna doversi i fedeli salvare colle loro opere, d’onde le opere meritorie ; e colle penitenze,
d’onde le flagellazioni del corpo, le astensioni del vitto, i pellegrinaggi, le
privazioni d’ogni genere; e coi doni, d’onde le offerte innumerevoli, i lasciti
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senza fine e le fondazioni di monasteri, chiese, ecc., non mai pei meriti di
G. C.....
« Mentre pertanto il romano intende sal%'arsi poi meriti suoi proprii,
l'anzidetta testatrice, pure romana, vuole e dicesi essere salva pei soli
meriti di Gesù Cristo! D’onde tale dottrina? D’onde tale pensiero?
« Questo vorrei chiedere alla Chiesa romana; e se mi rispondesse tale
essere la dottrina d’essa Chiesa, io potrei con tutta facilità provarle il
contrario coll’interrogare semplicemente un suo figlio il quale subito mi direbbe « tali saranno le mie opere, tale sarà la mia speranza di salvazione ;
la morte di Cristo- mi salva, ma debbo rendermi degno di tale salute ». E
questa io chieggo la dottrina evangelica trasmessaci dagli Apostoli ? 0 mi
risponde essere la persona a cui accenno un’eretica, una protestante, e
riesce chiaro allora dove ed in che si ripone l'eresia, — nel ritenere Cristo
come Unico Salvatore ! nel credere a Colui ehe disse; « per me solo si ha
la vita eterna! » nel credere a Colui che disse e dicc tuttora; « Credete in
me e sarete salvati! » Imparate, o romani, da questa N. N. a conoscere
chi sia il vostro vero Salvatore ! Per non dilungarmi troppo in questa mia,
termino, contento d’avere accennato a questo fatto il quale prova che
fortunatamente anche nella Chiesa romana v’ha chi crede non potersi salvare che pei soli meriti di Gesù Cristo.
« Gradite, signor Direttore, ecc. »
NOTIZIE RELIGIOSE
Torino. — Un’opera di beneficenza: La vendita testé fatta a pro’ della
Società delle Damigelle evangeliche per la protezione dell’infanzia povera
ebbe in quest'anno ancora ottima riescita, mercè le solleciti cure così delle
care giovani che volonterosamente si accinsero a quest’opera di misericordia,
che delle benemerite signore e dei generosi donatori e compratoci che, come
negli anni addietro, così in questo, risposero benignamente ed in gran numero
alla pietosa chiamata. Si abbiano sì questi che quelle, colle nostre congratulazioni, i nostri più sentiti ringraziamenti. Se li abbia poi in modo affatto
speciale la signora N. De-Fernex che, per la terza volta, non curando nè
disturbi, nè spese, yolle porre i suoi saloni a disposizione di quest’opera di
carità. Il risultato materiale della vendita 6 stato presso a poco il seguente;
valore degli oggetti venduti fr. 2,580; doni in danaro in occasione della
medesima fr. 540. Prodotto totale fr. 3,120. Dei quali fatta deduzione delle
spese che ammontarono a fr 192, rimane un prodotto netto di fr. 2,938.
S. ViNCENGO DEL Favale. — Un documento da conservarsi. — Il dì
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31 agosto p. p. moriva in Favale un inombro di cotesta piccola Chiesa evangelica, Angela Cereghino nata Cordano, lasciando dietro di sè il marito
infermo da oltre nove mesi e sei bambini tutti di tenera età. Circostanze così
pietose non valsero, come si sarebbe sperato, a frenare la rabbia dei fanatici
che, furibondi per questa nuova testimonianza data in sul letto di morte
alla verità deH’Evangelo, scelsero l’occasione del funerale e dolla venuta
colà dell’evangelista valdese di Genova, signor Bruschi, per fare, a mezzo
di conche marine, di sonaglio, di zappe ed altri arnesi ancora, il più spaventevole charivari che si possa immaginare, e del quale nonché coloro che
vi erano fatti segno, ma tutti i buoni della località furono sommamente
sdegnati. Fatto il signor intendente di Chiavari consapevole dell’accaduto,
diede immantinente i suoi ordini in proposito al sindaco, e questi fece affiggere all’Albo pretorio di Favale il seguente manifesto che altamente
onora così l’uno che l’altro magistrato.
MANIFESTO
« Il Sindaco di Favale, in esecuzione degli ordini del signor Intendente
di Chiavari, di cui in sua nota del 9 corrente mese, deduce a pubblica
notizia che, le leggi dello Stato tollerando qualunque Culto o Eeligione in
esso esistente, è preciso dovere di ogni cittadino di rispettare e lasciare
libero ad ognuno la libertà di esercizio di quella religione che professa.
« Che in conseguenza sarà denunciato alla Giustizia o punito a norma di
legge chiunque, in avvenire, si permettesse di deridere, ingiuriare, od in
qualsivoglia modo maltrattare gli individui appartenenti alla Congregazione
Valdese quivi dimoranti.
« Dietro quanto sopra, si spera che in avvenire non si avranno a lamentare disordini simili a quelli occorsi in altra delle scorse sere, comechè
contrarii alle leggi ed alla civiltà dei tempi.
« Dato a Favale, li 12 settembre 1861.
« Il sindaco DEMARTINI. »
Sicilia. — Ahlrucciamento di Bibbie in Girgenti e tumulti a Palermo
contro gli Evangelici. •— Un nostro corrispondente siciliano ci scrive quanto
appresso in data 5 dicembre : « Giorni sono un venditore di libri evangelici
andò in Girgenti, paese, a quanto mi si scrive, molto superstizioso e dominato dal clero. Appena esposta in vendita la Bibbia di Diodati ed altri libri
di simil natura, vi furono persone le quali spronavano dovere abbruciare i
libri, punire il libraio, e simili cose che i preti aveano interesse di approvare, anzi di fomentare. H giorno appresso un prete si presentò all’umile
negozio del colportore, e comprò una gran parte di opuscoli, per lire 11 ;
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rolea puro aversi tutte le Bibbie, ma il prezzo al quale aeceudevano ne lo
iiTipedi, e promise che sarebbe ritornato; non ritornò più; ma il giorno
20 novembre un prete per nome Emmanuele Lauricella tentò sollevare la
plebaglia e la scolaresca, e con un Cristo iu mano a capo di quella ciurmaglia spinta da un fanatismo religioso, gridava a più non posso : « bruciamo i libri dei Protestanti, morte ai Protestanti, » e giunti nel piano del
Seminiirio raccolte le Bibbie di Diodatl ed altri opuscoli li bruciarono.....
Essi cercavano il libraio per render compiuto quell’atto di fede ; ma il libraio si era fortunatamente ritirato. Il governatore di Girgenti, sig. Scelsi,
s'incontrò a caso in quel tumulto, ed accostandosi al prete indemoniato ,
cercava colla ragione distrarlo da quel baccano, ricordandogli la dignità
della quale era investito, e che se avea da lagnarsi lo facesse per via legale.
Intanto al prete si era fatto socio qualche fomentatore di tumulti molto sospetto per la lunghissima coda, e che meglio degli altri gridava. Persuasa
dal canto suo la Guardia Nazionale che quella dimostrazione suscitata da
un prete e da quel tale laico, non poteva avere un semplice scopo religioso,
e la religione non dovea esserne che il pretesto, ne fece il suo rapporto
alla Sicurezza Pubblica. H governatore per telegrafo diede conto dell’occorso al Governo, e la Sicurezza Pubblica incominciò le sue indagini sul
proposito. Si scoperse essere il prete ladro e reazionario; il laico avere le
medesime virtù del prete, perciò ambedue furono arrestati.
« Ma del fatto non ho raccontato che la parte del dramma, ora viene
la comica.
« Una donna, il giorno medesimo della dimostrazione, teneva cattedra
contro il protestantismo, essa diceva : « guai, guai a chi oserà toccare la
nostra santa religione, guai ai Protestanti » e simili sciocchezze. Or indovinino i signori preti chi era quella donna la quale pubblicamente si faceva
il propugnacolo del cattolicismo romano? Questa donna — debbo dirlo con
mio gran dolore — questa donna era la concubina di un prete ! ! ! »
■\''edete che bei campioni ha la Chiesa cattolica apostolica romana; un
prete ladro e reazionario, un laico similmente, una donna la cui gloria 6 il
disonore ! Con questi campioni la Chiesa romana intende abbattere la
Chiesa evangelica, quella Chiesa chc ha per base la Bibbia.
« Andiamo ora all’altro fatto accaduto in Palermo stesso la sera del
3 con-ente dicembre. Lo zelo di questo benemerito ministro evangelico per
rendere più estesa la luce della Bibbia, lo determinò ad affittare una casa
terrena per farvi le riunioni della sera. I preti si misero subito in azione,
e più sere io ne vidi taluno girovagare intorno a quel luogo di preghiera.
Sin d’allora conoscendo io a fondo le anime pretine, previdi che dovevamo
prepararci alla lotta, e che il tempo della prova era venuto. Infatti la sera
del 3, mentre il ministro evangelico spiegava la Bibbia ad un attento uditorio, alcuni preti soffiavano nella superstizione del popolo, giovandosi della
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sua ignoranza, e lo incitarono ad assassinarlo facendogli credere nei suoi
cristiani doveri, quello di esercitare un po’ di sant’uffizio contro il ministro
evangelico come ai tempi del fanatismo e dei roglii. Un’orda di miserabili
irruppe minacciosa fino al tavolo del ministro gridando; « Viva Maria SS.,
fuori i Protestanti, » e l’avrebbe malmenato se alcuni amici non avessero
fatto argine e non fosse accorsa la Guardia Nazionale, la quale persuase la
plebe non essere il ministro evangelico un borbonico, uu diavolo o qualcbe
altra cosa di simile, cbe i preti credono bene far trangugiare alla plebe
ignorante e superstiziosa. E questo si fa in un paese incivilito, dove si ba
uno Statuto che proclama la libertà dei culti ! H governo dovrebbe seriamente occuparsene. La maggioranza del paese, ed i giornali, si sono altamente pronunciati contro questi fatti che indognano ogni buon cittadino.
Questo fatto sarà, io spero, un nuovo passo pel trionfo del Vangelo. Se i
preti non vogliono finirla, anzi pretendono che altri la finisca, fondati come
siamo sulla giustizia della nostra causa, proseguiremo imperterriti a spargere dovunque la luce del Vangelo.
« Gradisca ecc. »
Woigt Giovanni gerente
ANNUNZI
Al DEPOSITO DI LIBRI RELIGIOSI, via Principe Tommaso, sono vendibili
LES DEUX SŒURS, avertissement à la jeunesse, par M^® Toage. Imité
de l’anglais........................................................... fr. 00 20
QUELQUES MALADIES SPIRITUELLES, par F. Lobstein,
pastem-................................................................. » 00 60
LE MESSAGER DE_MISÉRICORDE, auprès du Chrétien dans
l’épreuve, par le rév. James Smith................................ » 00 75
SOUVENIRS DE MARTHE, écrits par son frère, le rév. André
Beed. Traduit de l’anglais................ ......................... » 1 00
LES COMMENCEMENTS et>s PROGRÈS DE?LA^VRAIE
PIÉTÉ. Traduit de l’anglais De Philippe Doddridge ......... » 1 25
LE CŒUR DE L’IIOMME, temple de Dieu, OU ATELIER
DE SATAN ......................................................... » 00 20
TÜRISTO — Tipografia CLAÜDTANAj tiii etta dft R. Tromlbctta.