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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTESTE, METODISTE, VALDESI
venerdì io dicembre 1993
ANNO I - NUMERO 47
DI FRONTE Al CRIMINI DEI MINORENNI
NON
LASCIAMOLI SOLI
RITA GAY
Se i crimini commessi da
minorenni, di cui in questi
giorni tutta la stampa va parlando (e interpellando sociologi, neuropsichiatri, moralisti...) fossero stati commessi
da persone adulte ci avrebbero, ovviamente, sconvolto in
maniera molto minore. Ho
detto «ovviamente», ma sappiamo davvero il perché? Non
semplicemente perché, specie
se questi crimini sono consumati su altri bambini più piccoli o su persone comunque
appartenenti alla categoria degli ultimi (come i barboni), allora i nostri schemi saltano
per aria.
Il bambino, per noi, può essere solo oggetto e non soggetto di violenza: finché è capro espiatorio, vittima, martire, c’è qualche mostro o qualche mostruosità contro cui inveire e da cui differenziarsi:
dopo di che, tutto va avanti
come prima e noi rimaniamo
con la nostra buona coscienza.
Se però il bambino diventa
mostro, che cosa pensare? Su
chi buttare la colpa? Come
differenziare i bambini buoni
dai reprobi?
C’è da parte della gente un
gran bisogno di rassicurarsi,
in molti modi. E poiché si
tratta di bambini o di giovanissimi, è ovvio: la colpa va
data alla famiglia. La famiglia
viene demonizzata perché
«non sa più educare», perché
le dà tutte vinte, perché in essa il consumismo ha preso il
posto dei valori, ecc. La famiglia di oggi dunque è vista come un organismo determinante, con una sua assoluta libertà
di movimento, e capace anche
di creare mostri (in parte perché tra le sue mura si trova il
televisore, che come è noto arriva dritto dall’inferno senza
alcuna mediazione). Chi sostiene questa tesi non è, di regola, una persona che vive sola, e che quindi getta gratuitamente il suo discredito sull’
istituzione familiare; ma è di
solito un genitore, che in questo modo cerca di convincersi
di essere molto distante dal
correre rischi del genere.
Già questo fatto mette in luce una caratteristica delle famiglie di oggi che impone di
vedere le cose in modo meno
ingenuo, più attento alla complessità e quindi più umile.
Ogni famiglia è opi più che
mai una monade, rinchiusa su
se stessa, distante e spesso
ostile alle altre monadi. I sociologi ci parlano di questa
forte «neoprivatizzazione»
della famiglia di oggi come di
una situazione che a un tempo
denuncia e determina nei suoi
componenti delle capacità relazionali deboli, distorte, problematiche. Ma d’altra parte
la famiglia stessa, che oggi
deve affrontare un ambiente
sociale certamente più rischioso che in passato, è lasciata in
questa situazione di isolamento e quasi di emarginazione
paradossale, come se non fosse un soggetto sociale, come
se nel corpo sociale rappresentasse un necessario incidente.
In questa situazione in cui ci
sono, come sempre ci sono
state, famiglie con storie più
terribili e meno terribili, famiglie svantaggiate o privilegiate, è chiaro che le patologie
relazionali diffuse di cui oggi
soffriamo non possono essere
legate unicamente a carenze
economiche o culturali, ma a
una disgregazione di tutto il
tessuto sociale.
Viviamo in una situazione
di ecologia degenerata, e di
conseguenza tutti condividiamo, magari in modi indiretti
ma reali, le stesse responsabilità senza che si possa far ricadere la «colpa» (concetto
quanto mai sterile) su una determinata categoria: specialmente quella dei genitori, che
si trovano a essere considerati
gestori di una impresa educativa sulla quale hanno tutt’altro che il monopolio.
Per la stessa ragione, solo
con la cooperazione di tutti
potremo uscire da questa situazione gravemente patologica. In questo senso, persino
vicende d’infanzia allucinanti
come quelle che ora conosciamo potrebbero costituire uno
stimolo per interrogarci sul
nostro modo di stare insieme,
come esseri umani, fatti tutti
della stessa pasta, mossi tutti
dagli stessi bisogni.
L'avvento, il tempo dell'attesa del natale di Cristo - 3
La visitazione: un invito alPincontro
YANN REGALIE
«In quei giorni Maria si alzò e se ne
andò in fretta (...) entrò nella casa di
Zaccaria e salutò Elisabetta. Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino
le balzò nel grembo; ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo e a gran voce
esclamò: Benedetta sei tu fra le donne e
benedetto è il frutto del tuo seno!»
Luca 1, 39-42
Terzo quadro dell’attesa di Natale secondo Luca: la visitazione. Maria si
mette in cammino per ricevere il segno
promesso dall’angelo. L’avvenimento
della salvezza passa dall’annuncio alla
realizzazione; prende corpo nella storia
umana, e particolarmente nell’incontro di
due donne. All’altra estremità del racconto, nel momento della risurrezione di Cristo, la sequenza è la stessa: il silenzio,
l’annuncio degli angeli e la testimonianza
nella parola delle donne. Qui, corpi di
donne che portano la vita dal suo sorgere,
là donne die portano aromi e profumi per
un corpo senza vita. La promessa prende
corpo.
Nucleo centrale del Vangelo dell’infanzia, questo incontro contraddice ogni
spettacolarità. Elisabetta si nasconde e
Maria la raggiunge «in fretta», al riparo.
ad aspettare, nell’intimità tra donne, che
il tempo sia compiuto. Il nuovo non può
essere subito di dominio pubblico. La novità dei tempi si esprime dapprima
nell’inizio più comune: la gravidanza,
tempo di intimità, di progetti, e di speranze per un figlio che già c’è, eppure non
c’è ancora; tempo di parole scambiate,
come quelle che hanno preceduto la nascita di ognuno di noi. Ma i tempi nuovi
sono anche i tempi della fede sovversiva.
È rincontro fra due donne dalle maternità impossibili e incrociate: fra Elisabetta, per la quale era ormai troppo tardi per
una gravidanza e Maria, fanciulla per la
quale era invece troppo presto.
Nasce il tempo nuovo, ma come dirlo?
Zaccaria era stato costretto al silenzio e
Maria era sola quando l’angelo le era apparso. Chi testimonierà? Tra le due donne, più che un dialogo, incomincia uno
scambio di esclamazioni. Maria saluta
Elisabetta, che sente e riconosce i movimenti del nascituro nel suo grembo. Ripiena di Spirito, Elisabetta esclama ad alta voce: «Benedetta sei tu!». Saluto, sussulto di gioia nel ventre, benedizione e
beatitudine coinvolgono il corpo nella
sua intimità più profonda. La parola della
salvezza prende corpo. L’incarnazione ha
il suo luogo nell’incontro, tra due donne,
tra due tempi, tra due popoli. Elisabetta,
l’anziana, giusta e fedele nei precetti
dell’antica alleanza, figlia e moglie di sacerdoti, donna dalla lunga attesa finora
delusa, rimanda all’attesa di Israele; essa
riconosce la «madre del suo Signore» in
Maria, fanciulla sconosciuta, che si presenta come «serva povera». Nasce il tempo dei ribaltamenti di Dio.
L’incontro sbocca nel Magnificat. La
festosa esplosione di trombe e percussioni, che precedono il coro nel Magnificat di J. S. Bach , esprime in modo forte
il passaggio dalla dimensione interpersonale dell’incontro delle due donne, a
quella comunitaria e socio-politica
dell’inizio dei tempi nuovi. Dio sceglie
quelli che non sono niente, quelli che
hanno fame di pace, di giustizia e di speranp. «Ha tratto giù dai troni i potenti, e
ha innalzato gli umili». Le promesse di
ribaltamento del Magnificat sono già in
iUlijjipMaria è una delle piccole affamate
che Dio ama.
Il terzo quadro dell’attesa del Natale ci
invita all’incontro. Anche l’incontro più
banale può diventare un luogo di trasformazione. Dalla visitazione alla visita,
rincontro è un’arte, che può creare il
nuovo, e contribuire a renderci più disponibili, sia nel nostro corpo e nella nostra
intimità, sia nel nostro impegno per la
trasformazione della società.
Sindaci
L'Italia
progressista
Alla fine hanno vinto quasi
dappertutto i sindaci «progressisti». A Roma il sindaco
sarà il verde Francesco Rutelli, a Napoli il pidiessino Antonio Bassolino, a Venezia il
filosofo Massimo Cacciari, a
Genova il magistrato Adriano
Sansa, a Trieste l’industriale
Riccardo Illy, a Cosenza il
socialista Giacomo Mancini.
In alcuni centri minori invece
i sindaci sono a destra: a Caltanissetta Giuseppe Mancuso,
ex deputato missino. Latina
Aymone Finestra, anche lui
ex deputato missino. Al Nordo la Lega conquista i Comuni minori, Alessandria e la
Provincia di Varese.
Nelle elezioni del 5 dicembre si conferma così la tendenza alla polarizzazione del
voto tra una galassia di sinistra con al suo centro il Pds e
una destra rappresentata al
Nord dalla Lega, e al Sud dal
Msi. Scompare il «centro»
anche in quei Comuni dove i
suoi candidati avevano conquistato la partecipazione al
ballottaggio.
Tutta la sinistra ha buoni
argomenti per gridare alla
«vittoria» anche nella prospettiva del voto politico della prossima primavera. Se
verrà confermato questo trend
almeno il 60% del nuovo Parlamento sarà di sinistra, progressista e ambientalista. Il
nuovo sistema elettorale maggioritario potrebbe portare,
per la prima volta da cinquant’anni a questa parte, la
sinistra al governo.
Se invece non ci basiamo
solo sulle percentuali, ma
guardiamo il numero totale
dei voti ottenuti dalla sinistra,
dalla Lega e dal Msi osserviamo che la sinistra non ha beneficiato in termini assoluti
dei voti degli ex partiti di governo, che sono andati invece
alla Lega, che aumenta del
50% i voti presi alle politiche
del ’92, e al Msi. Se si guarda
alla «governabilità» della società la sinistra dovrebbe essere meno ottimista sul suo
futuro, (g.g.)
I protestanti
in Europa
pagina 2
All’Ascolto
Della Parola
L’amore
gratuito di Dio
pagina 6
Dibattito sulla
«Veritatis splendor»
pagina 10
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 10 DICEMBRE I993
Bensheim (Germania): consultazione presso l'Istituto per lo studio delle confessioni
Protestanti in Europa: rapporti sempre più
stretti tra luterani^ riformati e battisti
PAOLO RICCA
FRANCO SCARAMUCCIA
La via verso una maggiore unità del protestantesimo europeo è ancora lunga,
ma oggi lo è un po’ meno di
quanto non lo fosse alcuni
anni or sono. L’Assemblea di
Budapest del marzo 1992
aveva riunito le diverse chiese e tradizioni nate dalla
Riforma protestante; quelle
del 16° secolo (luterani e
riformati su un fronte, mennoniti e altri gruppi «radicali» raccolti sotto la generica
qualifica polemica di «anabattisti» sull’altro; a parte devono essere considerati gli
anglicani che hanno fin
dall’inizio una fisionomia
propria e fanno storia a sé);
quelle del 17° secolo: (battisti
e altri movimenti, come i
quaccheri, appartenenti al cosiddetto «protestantesimo
settario»); quelle del 18° secolo (in particolare i metodisti, dal cui seno è nato, nel
secolo scorso, l’Esercito della Salvezza). Erano ancora
assenti, a Budapest, i pentecostali e altri gruppi di matrice protestante sorti nel 19° e
20° secolo.
L’Assemblea aveva espresso r auspicio che si intensificassero i rapporti e, se possibile, si allargasse e approfondisse la comunione tra le
chiese nate o modellate, in
vari luoghi, tempi e modi,
dalla Riforma. Una prima risposta a questo programma si
è avuta nei giorni scorsi a
Bensheim (Germania), dove
l’Istituto (evangelico) per lo
studio delle confessioni ha
ospitato, dal 18 al 21 novembre, una consultazione a livello europeo tra rappresentanti delle chiese luterane,
riformate e unite (che nel
1973 hanno sottoscritto la
Concordia di Leuenberg) e
rappresentanti delle diverse
Unioni nazionali di chiese
battiste. Erano presenti sia il
segretario del Comitato esecutivo dei Colloqui di Leuenberg, Hiiffmeier, sia il segretario della Federazione battista europea, Walter. Dall’Italia erano presenti il presidente deirUcebi, Franco Scaramuccia e il prof. Paolo Ricca.
Va ricordato che negli ultimi vent’anni hanno già avuto
luogo a livello mondiale due
sostanziosi dialoghi teologici
con risultati incoraggianti:
quello tra riformati e battisti
(1973-1977) e quello tra luterani e battisti (1986-1989).
Anche se in nessuno dei due
si è riusciti a superare l’ostacolo maggiore costituito dal
battesimo dei bambini (che
luterani e riformati considerano cristianamente legittimo, mentre i battisti non lo
riconoscono come battesimo
cristiano), i due dialoghi hanno dimostrato che luterani,
riformati e battisti sono sostanzialmente d’accordo per
non dire unanimi nella comprensione dell’Evangelo che
è il vincolo principale (secondo noi) della comunione
cristiana, per cui essi sono
pronti a riconoscersi reciprocamente come comunità
all’interno della chiesa di
Cristo, malgrado le questioni
che tra loro restano controverse. Ciò che li accomuna è
molto più consistente di ciò
che li distingue e, su certi
punti, li divide: già ora essi
sono, tra loro, più uniti che
divisi. Sicuramente sono più
uniti di quanto non pensassero di essere.
Budapest: chiusura dell’assemblea dei protestanti europei
Un altro importante passo
di avvicinamento reciproco è
il dialogo avvenuto in Germania tra luterani e mennoniti (1989-1992) che si è
concluso con una pubblica richiesta di perdono da parte
dei luterani per le ripetute
condanne sovente infondate e
ingiuste (pronunciate ad esempio nella Confessione di
Augusta del 1530) nei confronti degli «anabattisti», ma
soprattutto per le terribili persecuzioni che ne sono scaturite. Il martirologio anabattista
è vastissimo. Oggi però la riconciliazione è desiderata e
possibile.
La consultazione di Bensheim ha accertato che vi sono oggi tutte le condizioni
per avviare tra luterani, riformati e battisti un dialogo serrato e impegnato che consenta di fare decisi passi
avanti sulla via della comunione. In questo quadro è stato anche illustrato e discusso
il «modello italiano», cioè il
documento di «riconoscimento reciproco» dell’Assemblea
battista e del Sinodo valdese,
varato nel novembre 1990. Il
passo compiuto dalle nostre
chiese in quell’occasione
(che sarà completato, speriamo, nella prossima Assemblea-Sinodo del 1995) può
incoraggiare altre chiese in
Europa a incamminarsi nella
stessa direzione. Qualcuno ha
sostenuto durante il dibattito
che il «modello italiano» per
quanto concerne i rapporti
Bmv «non è esportabile». La
maggioranza dei presenti invece ha manifestato interesse
per l’impostazione data in
Italia al problema spinoso del
battesimo e per la soluzione
adottata.
Va da sé che le ragioni
dell’avvicinamento tra luterani, riformati e battisti non risiedono solo nel ricco patrimonio comune e nella possibilità di raggiungere sulle
questioni controverse (come
il battesimo) non già insipidi
compromessi ma accordi
creativi. La ragione principale dell’avvicinamento è missionaria e consiste nella presa
di coscienza che in un’Europa largamente secolarizzata e
religiosamente sempre più
variopinta non possiamo più
permetterci il lusso né persistere nella presunzione di poter affrontare da soli le sfide
non piccole del nostro tempo,
come se fossimo gli unici cristiani del continente. Ciascuno di noi ha bisogno dell’altro e l’Europa ha il diritto di
udire più distintamente la voce unitaria del protestantesimo e di vedere più chiaramente quale testimonianza
Iraq del Nord: un fenomeno preoccupante
Lesodo dei cristiani
DOHUK — Dirigenti assiri dell’Iraq hanno lanciato un
appello ai paesi occidentali
affinché arginino l’ondata di
cristiani emigranti dal nord
dell’Iraq. Lo riferisce l’agenzia stampa Eglisi nel suo
numero del 28 ottobre. «I
paesi occidentali non devono
concedere così facilmente
asilo ai cristiani del nord
dell’Iraq - ha dichiarato il
prete assiro Emmanuel
Youkhanna -. Può darsi che
sia nell’interesse della gente
ma, per la comunità cristiana
del Kurdistan, è un disastro».
I cristiani armeni, assiri, caldei e siriaci vivono in quella
zona fin dall’alba del cristianesimo. Su circa tre milioni di assiri viventi nel mondo,
la metà si trova in Europa, negli Stati Uniti, in Canada e in
Australia.
Secondo Emmanuel Youkhanna, la sua comunità a
Dohuk è un esempio sorprendente del problema posto
dall’esodo. 40 anni fa, Dohuk
era cristiana al 90% mentre
oggi solo il 30% degli abitanti
è ancora cristiano. Cali simili
sono stati registrati in numerose altre città e villaggi, com
prese Zakho e Sarsinsk. Molti
cristiani assiri scelgono l’emigrazione a causa delle crescenti difficoltà esistenti nel
nord dell’Iraq. Prima della
guerra del Golfo, i cristiani etnici erano sottomessi a una
dura persecuzione da parte di
Saddam Hussein che cercava
di sradicare la cultura e l’identità cristiane con una politica
di arabizzazione ad oltranza.
Dopo la guerra, la pressione è
stata esercitata da parte dei
curdi che considerano i cristiani come traditori perché
non si sono opposti vigorosamente a Saddam Hussein.
«L’Occidente ha aiutato i
curdi minacciati da Saddam,
ma chi aiuta i cristiani contro
le minacce dei curdi?» chiedono i dirigenti cristiani.
Youkhanna dichiara che la risposta non consiste nell’aiutare i cristiani assiri a sfuggire dall’Iraq. «Sarebbe meglio
che l’Occidente aiutasse i cristiani qui affinché non abbiano più motivi di emigrare.
Questo paese ci appartiene da
5.OCX) anni. Non per nulla abbiamo con.servato la nostra
identità cristiana per 2.000
anni».
comune esso è oggi in grado
di rendere.
Il prossimo appuntamento è
l’assemblea generale delle
chiese che hanno sottoscritto
la Concordia di Leuenberg
(oppure che, come quelle metodiste, ne hanno accettato la
sostanza teologica indipendentemente dal contenzioso
specifico tra luterani e riformati, che ovviamente non le
riguarda), convocata a Vienna nel mese di maggio 1994.
La Federazione battista europea vi invierà una sua «delegazione fraterna» dopo di
che, si spera, il dialogo ufficiale inizierà.
Si sa che dialoghi di questo
genere esigono tempo e pazienza ma anche inventiva,
tenacia e speranza. Non siamo più divisi come ieri, non
siamo ancora uniti come domani. Nell’ecumenismo, comunque, è più importante
partire che arrivare. Più ancora che la meta, decisivo è il
cammino verso di essa.
L’ecumenismo è un ambito
nel quale la pazienza è ancora una virtù, purché non sia
una pazienza pigra e sterile.
Situazioni vecchie di secoli
non si risolvono in un batter
d’occhio. Essere o diventare
ecumenici significa anche sapersi liberare di falsi radicalismi all’insegna del «tutto o
nulla» e imparare ad apprezzare e valorizzare le tappe intermedie.
Tutto questo costituisce per
noi, valdesi, metodisti, luterani e battisti in Italia un incentivo ulteriore a lavorare
bene ai vari livelli possibili
(locale e nazionale) e soprattutto nelle coscienze, affinché
nel 1995 le nostre chiese possano in piena consapevolezza, libertà e responsabilità dichiarare e festeggiare insieme
la raggiunta comunione di fede, per poter rispondere insieme, sul piano della testimonianza e del servizio, alla loro
comune vocazione.
Europarlamento
L'importanza
delle elezioni
Nel suo primo bollettino di
informazione, la Commissione ecumenica europea per
chiesa e società (Eeccs) sottolinea l’importanza delle elezioni del 1994 al Parlamento
europeo. «A motivo della diffidenza crescente nei confronti delle istituzioni politiche dice l’Eeccs - le elezioni rappresentano un’occasione di
riaprire il dibattito sugli obiettivi della Comunità europea
imposti dall’alto». Il Parlamento era finora l’elemento
più debole del sistema decisionale. Il trattato di Maastricht però gli affida un ruolo
più importante. Ora il Parlamento ha più competenza in
alcuni campi e può opporre il
proprio veto alle leggi. Ha
inoltre il diritto di instaurare
un «ombudsman» e dei comitati di inchiesta in caso di cattiva gestione. Infine, tutti i cittadini della Comunità potranno d’ora in poi deporre petizioni presso il Parlamento europeo. I deputati sono ormai
più strettamente associati al
lavoro legislativo e possono
chiedere spiegazioni alla
Commissione europea in caso
di non adozione di una legge.
Mondo Cristiano
Slovacchia: i luterani lanciano
un appello alla condivisione
BRATISLAVA — Il vescovo generale Pavel Uhorskai ha
aperto la Convenzione della Chiesa evangelica slovacca di
confessione augustana con un appello alla condivisione. In
occasione di un culto solenne tenuto nella chiesa evangelica
della Trinità nella città di Presov, nella Slovacchia orientale
Uhorskai ha detto ai 98 delegati e ai numerosi ospiti presenti
che la separazione fra chiesa e stato in Slovacchia sarà causa
di gravi difficoltà economiche, soprattutto per le piccole comunità. «Sin da ora rivolgo un appello alle comunità ecclesiali più grandi e ricche: Pensate alle piccole comunità, anch’esse sono parte del corpo di Cristo e voi ne siete corresponsabili», ha detto. Nell’aula magna dello storico Collegio evangelico, tornato in possesso della chiesa aH’inizio dell’anno, il vescovo ha relazionato sul lavoro della Chiesa evangelica, fornendo anche alcuni dati statistici. 5.430 bambini sono iscritti
alla scuola domenicale e i partecipanti al catechismo sono circa 12.000. Ci sono 160 circoli giovanili con 2.800 membri e
124 cori con 2.800 coristi. La chiesa gestisce attualmente due
scuole elementari e tre scuole medie. Uhorskai ha anche toccato altri argomenti: la diaconia, i gruppi di preghiera, la criminalità giovanile, i mass media. Il vescovo di Zvoien (distretto occidentale) Jan Antal si è espresso criticamente nei
confronti dei gruppi pietisti, affermando che occorre ancorarsi
fermamente alla Confessione di Augusta. Il suo intervento ha
raccolto il consenso soprattutto dei vecchi pastori. Secondo
quanto riferito dall’addetto stampa, Vladimir Laska, nel 1994
tutti gli incarichi ecclesiastici, dai sagrestani al vescovo generale, dovranno essere rinnovati.
Gran Bretagna: i fedeli cattolici
accettano i preti anglicani
LONDRA — Una quarantina di preti anglicani, contrari
all’ordinazione delle donne al sacerdozio, sono entrati finora
nella Chiesa cattolica. Un gran numero di cattolici inglesi vede di buon occhio l’affidamento di una parrocchia a un ex
prete anglicano, scrive il settimanale cattolico «The Universe». In un sondaggio realizzato presso fedeli di otto parrocchie risulta che l’80% avrebbe risposto di non vedere inconvenienti ad accettare come parroci ex preti anglicani sposati. I
preti contrari all’ordinazione delle donne che, per questa ragione, lasciano la Chiesa anglicana, dovranno ricevere un
risarcimento finanziario. Lo ha deciso il Sinodo generale della
Chiesa anglicana riunito all’inizio di novembre per decidere
una serie di misure relative all’introduzione dell’ordinazione
delle donne.
Belgio: commissione ecumenica
di difesa dei richiedenti asilo
LIEGI — 25 rappresentanti delle chiese anglicana, cattolica, ortodossa e protestante della provincia di Liegi, riuniti per
la 3” Assemblea annua della Concertazione delle chiese cristiane della zona, hanno creato una Commissione ecumenica
per difendere i richiedenti asilo. «La tutela dei più deboli deve
essere la regola di base della democrazia... il rispetto della dignità umana è inviolabile» ha dichiarato il pastore Heidi Christmann, che ha presieduto rincontro. Questa azione ha suscitato qualche critica ma ha soprattutto provocato l’entusiasmo
per gli appoggi ricevuti per questo impegno delle chiese nella
società.
Italia: un catalogo di 100 parole
proibite ai cattolici
ROMA — L’ex direttore del quotidiano cattolico «Avvenire», Piergiorgio Liverani, ha raccolto in un fascicolo un elenco di 100 parole che i cattolici, secondo lui, devono evitare di
pronunciare nella loro vita quotidiana. Fra le parole messe
all’indice dall’ex direttore, si trova un gran numero di espressioni che egli attribuisce a una cultura laica minacciante in cui
si nascondono i crimini contro la vita e la morale. Al l’inizio
del suo elenco delle parole proibite ai cattolici, Piergiorgio Liverani ha posto l’espressione «interruzione volontaria della
gravidanza», che nella società odierna sostituisce volentieri
la parola aborto. Elenca poi le parole «prevenzione», «pillola», «partner», «gay», «frutto della concezione» invece di
bambino, infine «eutanasia attiva e passiva». Il fascicolo
dell’ex direttore deH’«Avvenire» sarà pubblicato dalla casa
editrice Ares, vicina alla prelatura dell’Opus Dei. Verrà inviata, per la diffusione, a tutte le librerie cattoliche italiane.
Israele: la prima chiesa
protestante di Gerusalemme
GERUSALEMME — «Christ Church» è la più vecchia
chiesa protestante esistente a Gerusalemme. La sua costruzione è stata ultimata nei 1849 ed è stata la prima chiesa cristiana
sorta nella città dopo le Crociate. Per lungo tempo, fu l’unico
edificio della Città Vecchia ad avere un tetto di legno. Scolpito in Inghilterra, trasportato per nave verso la Palestina e buttato a mare per approdare sulla costa, fu in seguito portato a
dorso di cammello da Jaffa fino a Gerusalemme. I tagliapietre
di Malta, i carpentieri inglesi e tedeschi che i protestanti fecero venire per costruire la loro chiesa furono i primi artigiani
moderni di Gerusalemme. Essi insegnarono il loro mestiere
agli arabi cristiani della città; così iniziò la lavorazione del legno di ulivo che divenne una fiorente industria locale.
3
venerdì io dicembre 1993
Ecumene
PAG. 3 RIFORMA
mm
Albania: l'opera di evangelizzazione del pastore battista Saverio Guarna nella capitale
Cinque battesimi nel mare di Durazzo
EMMANUELE PASCHETTO
Il pastore battista Saverio
Guarna si trova da circa
cinque mesi in Albania, dove
ha iniziato un’opera di evangelizzazione in accordo con
la Federazione battista europea. Abbiamo già dato delle
notizie del suo lavoro sul nostro settimanale, l’8 ottobre:
a circa due mesi di distanza
possiamo aggiungere qualche
novità.
L’opera di Saverio Guarna
si svolge in tre zone diverse
della capitale. Innanzitutto
nel centro di Tirana, dove sin
dall’inizio ha preso contatti
con le persone, a cominciare
dai vicini di casa. Molti capiscono l’italiano, anche se
Guarna sta cercando di apprendere l’albanese. Circa
una trentina di famiglie vengono visitate con regolarità:
di queste 5-6 sembrano seriamente interessate all’Evangelo e talvolta frequentano gli
incontri che da metà settembre hanno luogo presso il
Centro battista la domenica
mattina. Alle 10 c’è la scuola
domenicale per tutti, alle 11 il
culto. Accanto al gruppo missionario (18 fra adulti e bambini di diverse nazionalità)
che ha diverse mansioni soprattutto di carattere sociale,
c’è un nucleo fisso di una
dozzina di giovani albanesi. Il
culto è tenuto in albanese, e
per ora c’è bisogno ancora
dell’interprete.
Nella zona povera di Bregu
i Lumit (= Riva del Fiume),
dove vivono circa 7.000 persone, per lo più ex persegui
Tirana: il pastore Guarna con i bambini di Bregu i Lumit
tati politici, ci sono tre classi
bibliche in case private: una
di 14 giovani fra i 16 e i 22
anni, due di giovanissimi (1113 anni), con una ventina di
ragazze e una quindicina di
ragazzi. Il quartiere è disastrato, fatto quasi esclusivamente di baracche. Guarna
spera di poter affittare presto
una saletta per iniziare riunioni pubbliche.
Sempre sul fiume c’è una
zona ancora più degradata:
quella abitata dagli Evgjit,
zingari di origine africana,
che vivono nella miseria e
nella rassegnazione e sono
malvisti dagli altri abitanti
del quartiere perché neri.
!'. ■
.4 .■■•f
analfabeti, emarginati. Guarna visita regolarmente molte
famiglie e ogni domenica pomeriggio tiene un culto al
quale sono presenti 15-20 di
questi zingari.
Il 26 settembre ci sono stati
i primi 5 battesimi nel mare
di Durazzo: tre studentesse
universitarie e due studenti
delle medie superiori, tutti di
origine musulmana, provenienti del quartiere di Bregu i
Lumit.
Scrive Saverio Guarna, in
una lettera: «Certo, predicare
il Vangelo qui è cosa complessa. Per fare un esempio
la gente non sa che cosa significa “Bibbia” e “Gesù”.
Anche i cristiani (circa il
30% fra cattolici e ortodossi),
dopo decenni di propaganda
ateistica e di disinformazione
religiosa, sono tali solo per
tradizione e poco sanno della
loro fede... Io faccio l’unica
cosa che posso fare: esprimo
tutto il mio amore per la gente e parlo di Cristo, sperando
che prima o poi capiscano
qualcosa! Sto con loro, in casa, a tavola, per strada, in
tutte le occasioni; visito i malati, porto regalini ai compleanni, e il traduttore mi segue sempre come un’ombra.
Finalmente faccio il lavoro
per il quale Dio mi ha chiamato...».
Preghiera per l'unità dei cristiani 1994
La collaborazione
ecumenica in Irlanda
Il compito di redigere la
prima bozza di «Preghiera
per l’unità dei cristiani
1994» è stato affidato a un
gruppo ecumenico irlandese.
Questo gruppo espone qui la
situazione ecumenica in Irlanda dopo i gravi fatti di
violenza avvenute in queste
ultime settimane.
Il gruppo ecumenico irlandese si è riunito nella primavera ’93 a Ballymascanlon,
non lontano dal confine tra la
Repubblica d’Irlanda e Tirlanda del Nord. Il luogo scelto per rincontro rendeva i
partecipanti coscienti di alcune conseguenze dolorose della divisione politica e della
disunione dei cristiani.
Le divergenze politiche
hanno portato, nel 1920, alla
spartizione delTIrlanda e alla
creazione del confine, a qualche miglio soltanto da Ballymascanlon. Questa spartizione ha contribuito all’attuale
campagna di violenza che ha
reso TIrlanda del Nord tristemente famosa nel mondo intero. Profonde divisioni religiose hanno fatto parte della
vita del paese durante i secoli
e, di solito, l’appartenenza
politica è coincisa con T appartenenza confessionale, il
che ha fatto apparire il conflitto delTIrlanda del Nord
come un conflitto religioso.
Quantunque vi sia una dimensione religiosa, il vero
conflitto è di natura politica e
Si è svolto a Osnabrück (Westfalia), dal 7 all 2 novembre, il Sinodo della Chiesa evangelica tedesca
Avere ¡1 coraggio di riportare KEvangelo in piazza
Dal 7 al 12 novembre scorso si è tenuto a Osnabrück, in
Westfalia, il Sinodo della
Chiesa evangelica tedesca,
con 160 delegati delle 24
chiese territoriali.
Al centro della discussione
il problema dell’emorragia
dei membri di chiesa. Nel
1992 circa 320.000 persone
sono uscite dalla Chiesa
evangelica luterana. Si tratta
evidentemente di persone che
da tempo non si riconoscevano più nella chiesa e che
hanno deciso di ufficializzare
la loro posizione. Ma ciò non
nasce dalla comprensibile esigenza di esprimere coerentemente le proprie convinzioni
nei confronti della religione,
0 in particolare del luteranesimo, quanto piuttosto dal desiderio di sottrarsi al pagamento della tassa ecclesiastica. La
tassa era rimasta per molti
l’ultimo legame con la chiesa,
vista ormai come una istituzione estranea, un’organizzazione burocratica.
II Sinodo si è mostrato
preoccupato per questa situazione: «Bisogna guardare in
faccia la realtà e avere il coraggio di riportare T Evangelo
sulla piazza del mercato». La
chiesa deve interessarsi di più
dei propri membri, non spaventarsi per questo disimpegno progressivo, non perdersi
in appelli morali che non incontrano opposizione ma non
suscitano nemmeno consenso. E impegnarsi nel «supermercato» delle religioni a valorizzare meglio il suo «prodotto».
Non a tutti è piaciuto questo linguaggio con cui in apertura di Sinodo si è espres
so l’americano Peter L. Berger, sociologo delle religioni.
Molti hanno preferito parlare
della necessità di una conversione e del rafforzamento che
può nascere dal «pellegrinaggio nel deserto». Ma nel
complesso il Sinodo ha evidenziato il disagio che la
chiesa sta vivendo in una società sempre più ripiegata su
se stessa e assorbita dai problemi economici, razziali e
generazionali.
Un altro argomento che ha
sollecitato i convenuti è stata
la questione dei cappellani
militari. Poiché si fronteggiavano due tendenze:
una favorevole ad un rafforzamento della presenza
della chiesa in questo settore,
conservando l’inserimento
nell’organismo militare tramite il pastore-funzionario
statale e l’altra, rappresentata
soprattutto dalle chiese della
ex Ddr, contraria a questa
ipotesi, si è deciso di rimandare una decisione sulla questione.
Per quanto riguarda l’impiego dei militari tedeschi all’estero, sotto l’egida dell’
Gnu, il Sinodo si è detto
favorevole, purché si tratti di
interventi militari internazionali inevitabili e volti a combattere una evidente aggressione. «La guerra non è nella
volontà di Dio - è stato detto
- però coloro che sono minacciati devono essere difesi
e gli aggressori devono essere
puniti». Il Sinodo si è poi
pronunciato per lo snellimento dell’iter per la naturalizzazione degli stranieri nella Repubblica federale e per T introduzione della doppia citta
La presidenza del Sinodo: Jürgen Schmude (al centro), Herbert Dreßler e Barbara Rinke
dinanza. Per la concessione
del diritto d’asilo è stata richiesta un ampliamento delle
possibilità.
È stato anche affrontato il
problema degli interventi sociali, sia in Germania sia nei
paesi del Terzo Mondo. Per
quanto riguarda l’interno, si è
espressa preoccupazione per i
tagli alle spese assistenziali
effettuate dal governo nei
confronti degli anziani e dei
disabili. Inoltre la diaconia
della chiesa viene talvolta a
scontrarsi contro il crescente
dirigismo messo in opera dalle autorità dello stato. È stata
poi ribadita la necessità di potenziare l’azione del «Servizio per lo sviluppo», fondato
25 anni fa per gli interventi
nel Terzo Mondo. L’impegno
va rafforzato perché in molte
zone la miseria cresce, e la
situazione dei paesi dell’Est
ha aggravato ulteriormente la
situazione. Non è mancato un
forte richiamo alla solidarietà
con le popolazioni dell’ex Jugoslavia.
Il Sinodo ha approvato il
bilancio preventivo per il
1994 che prevede spese per
505 milioni di marchi. La
prossima seduta del Sinodo
della Chiesa evangelica di
Germania si terrà ad Halle,
dal 6 all’ 11 novembre 1994.
le chiese hanno sempre e
inequivocabilmente condannato ogni violenza.
Ballymascanlon tuttavia è
anche legata a circostanze
molto più felici per la chiesa
in Irlanda. In questo luogo infatti, situato a metà strada tra
Dublino e Belfast, le città
principali delle due giurisdizioni, ha avuto luogo nel
1973 il primo incontro ufficiale tra la Chiesa cattolica e
le chiese membro del Consiglio delle chiese irlandese.
Quell’incontro segnava Tinizio di un processo di cooperazione e di dialogo che oggi
viene chiamato «riunione interecclesiale irlandese». Essa
si svolge ogni diciotto mesi
circa sotto la presidenza congiunta del presidente del
Consiglio delle chiese irlandesi e del primate della Chiesa cattolica. Vi è inoltre un
comitato interecclesiale irlandese che si riunisce ogni due
mesi per coordinare le attività, un Dipartimento di teologia e un Dipartimento per
gli affari sociali, i quali hanno pubblicato numerosi lavori
in comune, fra cui appunti di
studi biblici e rapporti sulla
violenza e il settarismo. Così,
malgrado la persistenza di atti
di violenza, continua a svilupparsi un processo di comprensione reciproca e di cooperazione.
A livello ufficiale, i rapporti tra le chiese non sono mai
stati così buoni come adesso.
Responsabili e rappresentanti
delle chiese si riuniscono regolarmente e, per la prima
volta, numerosi protestanti e
cattolici si sono incontrati per
un autentico scambio a livello
della fede.
Il gruppo di lavoro incaricato di redigere il testo di base della Preghiera per l’unità
dei cristiani 1994 ha scelto
come tema: «La Casa di Dio:
Chiamati ad essere “un sol
cuore e un’anima sola’’» (Atti
4, 32). Il fatto di porre l’attenzione sulla chiesa in quanto casa visibile di Dio è considerato come una sorgente
feconda di preghiera per
l’unità nel 1994. L’Onu ha
dichiarato il 1994 «Anno della famiglia». Ci è sembrato
opportuno richiamare l’origine divina della famiglia umana e il parallelo stabilito nella
sacra Scrittura tra la famiglia
umana e l’alleanza di Dio col
suo popolo.
Il gruppo ecumenico irlandese che ha redatto il primo
progetto della «Preghiera per
l’unità dei cristiani 1994»
era formato delle seguenti
persone: rev. Brendan Comiskey (cattolico), rev. Patrick
Devine (cattolico), rev. Martin Drennan (cattolico), rev.
Eric Galagher (metodista),
rev. David Godfrey (anglicano), rev. Brian Hannon (anglicano), rev. Gillian Kingston (metodista), rev. Patrick
McGoldrick (cattolico), rev.
Robert McKee (presbiteriano), rev. Padraig Murphy
(cattolico), rev. Thomas Morris (cattolico), signora Helen
Taylor (presbiteriana), rev.
Edgar Turner (anglicano).
Hai fatto
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4
PAG. 4 RIFORMA________________
Y ITA JlJ^EL/LE C^HIESE
Il corpo dell'Esercito della Salvezza di Torino ha festeggiato i suoi primi cento anni
Cento anni di «buon combattimento»
in mezzo a affamati, ubriaconi e prostitute
VENERDÌ 10 DICEMBRE I993
________GINO DENTICO_______
Il 23 novembre il Corpo
deU’Esercito della Salvezza di Torino ha festeggiato i
suoi cento anni di vita. Ripercorrendo la storia di questi anni, per il periodo che vi
ho passato, rivedo, come in
un sogno, volti e personaggi
che hanno vissuto la gioia
della salvezza, trasmettendoci la loro fede «vivente» e la
loro eredità spirituale. Ancora oggi abbiamo la gioia di
combattere «il buon combattimento della fede».
Pochi mesi fa ci ha lasciati
perché «promossa alla gloria» (come diciamo noi) la
signora Carolina Giardini,
una testimone dell’apertura
dell’attuale sala di adunanze,
avvenuta nel 1925. Essa ci
ricordava sovente che il 23
novembre 1893 la prima
adunanza si era tenuta in un
seminterrato di via Principe
Amedeo, per poi passare in
via Madama Cristina e finalmente nell’attuale sede, allora ex sala da ballo e teatrino,
di via Principe Tommaso 8/c
(l’attuale spaziosa cantina).
Le brillavano gli occhi quando ci ricordava gli ufficiali di
«una volta», la loro fede e la
loro disponibilità e le molte
difficoltà sofferenze e persecuzioni. E ce li elencava, con
tutti i loro pregi!... Altri e
tanti compagni e ufficiali ci
hanno lasciato e di loro portiamo nel nostro cuore la loro testimonianza di fede...
Ma torniamo alla storia.
Dopo qualche anno venne
il «Ristoratore popolare» e
«l’attività sociale» ebbe inizio. Ma anche «il campo di
battaglia» ha visto il buon
combattimento nella fede.
Penso che tutte le bettole e i
bar di Torino abbiano visto
passare «i salutisti» con il loro giornale «11 grido di guerra», e abbiano sentito i canti,
più o meno intonati, accom
Manifestazione evangelica dell’Esercito della Salvezza a Torino nel 1926
pagnati qualche volta dalla
concertina, dei «compagni e
ufficiali» che portavano
l’Evangelo della salvezza e
la loro testimonianza personale al di fuori della chiesa.
Penso in particolare alle
«adunanze all’aperto», con la
caratteristica musica degli
strumenti a fiato che le accompagnava che per anni,
ogni domenica sera alle 20,
si tenevano in corso Vittorio
angolo via Principe Tommaso, a lato del tempio valdese.
Era l’invito a tutti per partecipare all’adunanza di salvezza delle 20,30. E i «miracoli moderni», le conversioni, per grazia di Dio, sono arrivate: vite cambiate dalla
potenza del Signore. Oggi,
che festeggiamo questi anni
trascorsi, non senza sofferenze e difficoltà, non vogliamo
fermarci.
E con gioia che domenica
abbiamo visto nuovi «saluti
È appena uscito:
1
Giorgio Tourn
PROTESTANTI
|fe;
una rivoluzione
Volume 1 : Dalle origini a Calvino
pp 400, 89 illustrazioni, L. 39.000
Un libro che va oltre gli eventi storici generali
per narrare il cammino percorso dai protestanti nei mondo, dal 1517 in avanti; narrare
nel senso di evocare fatti, persone, esperienze,
scoperte: una folla di esseri umani affascinanti per
intelligenza, coraggio, libertà.
I riformatori hanno introdotto nell’Europa cristiana una serie di elementi innovatori che produssero
una profonda rivoluzione nella coscienza dei paesi interessati dal movimento: hanno gettato le basi
dell'istruzione popolare, creato una coscienza
nuova della responsabilità personale e di una comune condivisione dei compiti che ha contribuito
al maturare della democrazia moderna.
Chi ha letto il best seller I valdesi apprezzerà
certamente il nuovo sforzo dell’autore per rendere
vive e avvincenti le grandi sfide del Rinascimento.
a mmedhrice
clauamna
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - C.C.P. 20780102
sti» pronti a testimoniare con
canti, musica e parole la loro
fede in Gesù. Nelle due adunanze sono intervenuti il pastore valdese Ruben Vinti e
la maggiore Miriam Vinti.
L’intervento del pastore, anche se ex ufficiale dell’Esercito della Salvezza, è stato un
un segno di ecumenismo che,
nonostante noi, il Signore ha
sicuramente voluto. L’invito
del pastore al ricordo della
vocazione del cristiano a un
«sacerdozio» personale e responsabile (I Pietro 2, 1-10) e
l’esortazione della Maggiore
a ricercare la nostra forza nel
Signore rispondendo alla sua
chiamata (1 Re 19, 1-18), sono stati, per noi, lo sprone
per il futuro.
Abbiamo accolto nella nostra sala, dimostratasi piccola
per l’occasione, i nostri compagni e ufficiali di Milano e
Torre Pellice che hanno voluto festeggiare con noi l’avvenimento. E siamo stati
davvero lieti per la partecipazione alle adunanze, in comunione di fede nel nostro
Signore Gesù, di fratelli e sorelle delle chiese battiste,
pentecostali e valdesi. In particolare il pastore Milaneschi
ha contribuito con una sua
testimonianza personale sull’attività sociale dell’Esercito
ed ha terminato l’adunanza
conclusiva con la preghiera.
Musica, gioia, interventi di
testimoni di tutte le età: commoventi le testimonianze dei
nostri «vecchi», di fede e di
anni, i sergenti Antonio Dentico e Giacomo Maggi. Dai
giovani abbiamo apprezzato
il messaggio di Gesù Salvatore, rappresentatoci con una
piccola recita.
Per il futuro, con il nostro
ufficiale responsabile magg.
Paolo Paone, che ci ha guidato in questa celebrazione
del centenario, abbiamo un
sogno: chiediamo al Signore
di essere un suo strumento,
nel particolare carisma che
lui ci ha donato, posto al servizio della chiesa universale
senza dimenticare mai il più
debole, partecipando con
gioia la fede, annunciando la
salvazione in Gesù Cristo,
dono di Dio per tutti.
Le parole del fondatore
dell’Esercito della Salvezza,
William Booth, sono ancora
valide per noi oggi: «Finché
ci sono donne che piangono,
bambini affamati, uomini
che vanno in prigione, ubriaconi (tossicodipendenti, ndr),
ragazze che si prostituiscono,
persone senza la luce di Dio,
combatterò, combatterò fino
alla fine». E con gioia ed attesa diciamo: «Vieni, Signore Gesù. Amen».
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Tele Radio Stampa s.r.i.
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¡1 periodico itodiano dove dialogano cattolici,
protestanti, laici, eòrei e musulmani
Un kihortUorto del pluralismo
tra le fedi e le culture
com VI, FN,« aTSl«
Conferenza del prof. Paolo Ricca a Padova
L^enciclìca: una sfida
agli evangelici
PAOLO T. ANGELERI
Invitato dal Gruppo di attività femminile della nostra
chiesa, lo scorso 24 novembre il prof. Paolo Ricca era a
Padova. La sua giornata si è
subito rivelata densa di impegni; un’intervista televisiva a
«Telenuovo», emittente veronese, che ha mandato in onda
un bel servizio sui protestanti; una conferenza nella nostra chiesa, che ha dimostrato
una volta di più la vitalità del
nostro impegno; e finalmente
un incontro fraterno con alcuni membri della comunità.
Argomento in discussione:
la «Veritatis splendor». Il
prof. Ricca ne ha toccato i
punti nevralgici, mettendone
allo scoperto aspetti positivi e
limiti. Da un iniziale fondamentalismo, l’enciclica passa
a una rigida proclamazione di
principi etici di fronte a un
mondo allo sbando: senza
riuscire a evitare però marcate contraddizioni in tema di
libertà e di coscienza. Se il riferimento a Cristo nelle prime pagine (§ 19 segg.: «Seguire Cristo è il fondamento
essenziale della morale cristiana») rappresenta un richiamo su cui anche le nostre
chiese farebbero bene a riflettere; se discutere di etica (non
però di un’unica etica impositiva, ma delle differenti proposte che emergono dalle
Scritture) sarebbe utile anche
agli evangelici, è pur vero
che il discorso papale non ha
nulla a che vedere con un libero confronto fra coscienze
«adulte» che vivono Cristo.
Persino la strutturazione
deH'enciclica ne rivela il
nocciolo duro: l’inno alla
Vergine viene lasciato per ultimo, sì da dar l’impressione
(voluta o casuale?) di un rovesciamento della stessa teologia mariana. Non più «per
Mariam ad Christum», ma
«per Christum ad Mariam»:
«Maria è madre di misericordia anche perché a lei
Gesù affida la sua chiesa e
l’intera umanità» (?!). E questo richiamo forte al marianesimo fa da supporto al discorso sulla libertà, intesa come soggezione non allo Spirito (che soffia dove vuole),
quanto piuttosto all’autorità
papale («cum Petro e sub Pe
tto»), unica garanzia per la
conservazione della «sana
dottrina» di cui si parla in 1
Timoteo 1, 10.
Per cui il dissenso è «contrario alla comunione ecclesiale e alla retta comprensione della costituzione gerarchica del popolo di Dio» (§
113). 1 teologi imparino finalmente a fare il loro mestiere:
esplicitino, e confermino, ciò
che le gerarchie ecclesiastiche sostengono nel loro magistero, limitandosi a dispensare al popolo di Dio «un insegnamento che non leda in
alcun modo la dottrina della
fede». Una visione dunque
del laicato, inclusi i teologi,
come di popolo minorenne,
ancora sotto tutela: e ciò in
contrasto con il messaggio biblico che postula di continuo,
ed esige, una libertà attiva,
responsabile, anche dissenziente.
E probabile che in tempi di
grande incertezza, di crollo
verticale dei valori, un richiamo a un’autorità visibile come quella del papa possa rappresentare per molti la risposta alle proprie inquietudini;
ma si tratta di semplice illusione: anziché poggiare sulla
potenza della Parola, il richiamo papale affonda le radici
nella fragile sapienza di una
chiesa gerarchica costruita
dall’uomo. L’enciclica è sicuramente densa di citazioni bibliche, a cui manca però il
collante dello spirito biblico.
Negli interventi da parte
del pubblico si è parlato di
autoritarismo papale, inevitabile conseguenza dell’universalità cattolica e di nostalgie
protestanti per la centralità di
un potere gerarchico visibile.
Il prof. Ricca ha respinto ogni
ipotesi in tal senso, per sottolineare invece, nel protestantesimo autentico, l’aderenza
al messaggio di Cristo volto a
far crescere i credenti, sì da
consentir loro un confronto
fraterno su qualsiasi problema. «Ogni critica del resto
non ci impedisce - ha concluso - di considerare questa enciclica una sfida agli evangelici, perché discutano nel loro
Sinodo lo stesso tema sì da
far hrillare, in un contesto rigorosamente biblico e attuale,
tutto lo «splendore della verità di Cristo».
Rina Lydia Caponetto
SCHERZO MATTUTINO
pp. 200 + 8 tav. f.t., L. 20.000
«Vìvere e basta non è abbastanza!
è necessario avere sole, libertà
e un piccolo fiore!»
(Hans Christian Andersen)
Il racconto gioioso di una piccola violinista, un
percorso simbolico nelle città rinascimentali italiane
(Firenze, Venezia, Ferrara, Mantova, ecc.) alla scoperta appassionante del bello.
Seguendo sempre un ritmo musicale l’itinerario si
addentra nella mitica Sicilia, nella tranquilla Svizzera,
nella verde Alsazia per trovare l’armonia, l’equilibrio
della vita.
Il riepetto di sé, degii aitri, delia vita umana: un
impegno a costruire un’Europa dove popoli di razze
e culture diverse s’incontrino nel rispetto reciproco.
Per un regalo ricco di contènuto
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Distribuzione: Cimidiana
Il libro può essere richiesto alle principali librerie, ad una
■ delle Librerie Claudiana, alla Libreria di cultura religiosa di
Roma 0 .alla sede dell'Editrice: via Principe Tommaso, 1 10125,Torino-c.c.p. 20780102-tel. 011/668.98.04,
5
venerdì io dicembre 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Napoli-Coroglio
Quattro
battesimi
DEBORA RUSSO
Domenica 26 settembre
alle 10,30, sulla spiaggia
adiacente ai locali della chiesa battista di via Coroglio a
Napoli, si è tenuto un culto di
evangelizzazione culminato
con il battesimo di quattro
persone che hanno deciso di
dare la loro vita a Gesù. Durante i preparativi siamo stati
tutti un po’ con il fiato sospeso perché il tempo si era
messo al brutto, c’era molto
vento e minacciava di piovere: temevamo di dover rimandare alla settimana successiva, ma alla fine non è
stato così.
Molta gente si è avvicinata,
mostrando curiosità o indifferenza per lo «strano» avvenimento. Al termine del culto
sono stati in molti a chiedere
spiegazioni, manifestando di
essere rimasti colpiti nel loro
cuore dal messaggio di Gesù
Cristo. Questo è lo scopo
principale che ci spinge a
svolgere in pubblico simili
manifestazioni e a tal proposito chiediamo a tutti i lettori
di pregare per tutti gli abitanti dei quartieri dove il Signore ci ha posti e di pregare anche per noi affinché egli ci
renda sempre più capaci di
portare anime a Cristo suscitandoci sempre maggiore entusiasmo per continuare la
sua opera.
A Reggio Calabria una rappresentazione dei Triaggianti di Lentini
Né masculu^ né fimmina
ENZO CANALE
Nel teatro del centro evangelico M. L. King di
Reggio Calabria la compagnia de «I triaggianti» di Lentini ha messo in scena una
pièce gustosa e ricca di contenuto. Il titolo è la traduzione
in dialetto lentinese di Calati
3, 28: «Nun c’è né masculu
né fimmina, picchi’ po’ signuri siti tutti a stissa cosa».
Nei quattro atti della commedia si snodano, in un ritmo
sapientemente serrato, le scene di un interno (popolare e
del profondo Sud) nel quale
si ripete lo scontro, vecchio e
irrisolto, fra un marito convinto del proprio ruolo di
«masculu» e una moglie afflitta dall’ennesima crisi depressiva.
Ciccina (Laura Maci), infatti, brontola che c’è qualcosa che non la convince più sul
ruolo di lavandaia, stiratrice e
cuoca che Dio le avrebbe imposto, ma Turiddu (Francesco
Formica) è sempre più convinto del suo destino di superiorità: «picchi’ u Signuri fici
l’omu a sua inounagini e assumigghianza, intelligenti e
beddu. Com’a mia!» E se, nel
corso del litigio, le rivendicazioni di Ciccina sembrano
aprire qualche varco alla maschera segnata e dura (da
«masculazzu» siciliano) del
marito, c’è in famiglia, per
Nuovo progetto per il Gignoro di Firenze
La casa sì apre alle
esigenze del territorio
Attraverso il Gignoro, la testimonianza degli evangelici
fiorentini (e non solo fiorentini) ha sempre saputo, nei limiti umani e con l’aiuto del
Signore, parlare nei vari momenti storici e nel mutare dei
bisogni delle persone anziane. E una storia di benedizioni e di sfide accettate con
umiltà e responsabilità da
tante persone che si sono succedute nel lavoro, in ruoli differenti, dal Comitato a chi lava i piatti, da chi pulisce le
camere a chi fa assistenza alle
persone
Ogni tempo ci interroga
sulla nostra capacità e volontà di rispondere ai reali bisogni che ci troviamo di fronte, perché la nostra diaconia
non sia un tacitare la nostra
coscienza, ma sia autenticamente tensione e amore verso
il nostro prossimo concreto e
storico.
Oggi la creazione di un
Centro diurno, all’interno
della Casa di riposo, cerca di
rispondere alla stessa vocazione che è stata rivolta negli
anni passati alla comunità del
Gignoro. Vorremmo partire
già a dicembre, in fase sperimentale con un numero molto
limitato di anziani, e per questo chiediamo le vostre preghiere e la vostra collaborazione. Al Gignoro le sfide si
sono sempre vinte insieme a
tutte le sorelle e i fratelli che
di questo lavoro hanno sempre fatto parte nei modi più
diversi. Il Centro diurno rappresenterà una più concreta e
strutturata occasione per i
singoli che vorranno inserirsi
in prima persona nel servizio
al prossimo; la possibilità di
aumentare il numero di anzia
ni assistiti e di migliorare i
servizi la giocheremo insieme
a tutti quelli che ci daranno
una mano.
La progettazione è stata
portata avanti concretamente
da alcuni giovani dell’ultimo
anno del Centro di formazione diaconale, che si incaricheranno di lavorarci nel periodo sperimentale e, ci auguriamo, in seguito. Il progetto
è stato approvato, poi discusso, adattato alle esigenze della Casa e approvato dal Comitato ed è ora all’esame del
Comune di Firenze per l’autorizzazione. L’iniziativa si
strutturerà in una serie di servizi organizzati per raccogliere gli anziani nell’arco della
giornata e permetterne il rientro serale nelle proprie abitazioni. Il Centro si propone di
evitare l’inabilità e l’apatia
attraverso forme diversificate
di prevenzione e riabilitazione fisica, psicologica e sociale, favorendo la comunicazione interpersonale ed evitando
il più possibile l’istituzionalizzazione dell’anziano.
11 Gignoro nel suo complesso si troverà arricchito di
professionalità che creeranno
un nuovo servizio sociale
complessivo dando man forte
all’animazione, aumentando
le possibilità di socializzazione dei residenti e favorendo
l’apertura della Casa al territorio. All’evolversi delle esigenze e dei bisogni di una popolazione anziana in continua
crescita, il Gignoro intende
rispondere mantenendo la testimonianza evangelica all’
avanguardia. Tutti coloro che
tengono a questa testimonianza sono interpellati in prima
persona.
fortuna, don Bastianu (Sebastiano Grasso), il padre di lui,
che si incarica di ricordare al
figlio i doveri di marito-tutore, e a se stesso i diritti di padre-padrone.
Dobbiamo osservare a questo punto che il rischio che la
tematica scada nella banalità
è forte. Ma intervengono miracolosamente sia il verismo
rigoroso della lingua (il lentinese strettissimo) sia il grottesco delle invenzioni.
E mediante la fusione di
questi due elementi che Fautore-regista (Enzo Caruso),
radicando nella realtà l’invenzione, costringe lo spettatore
a confrontare il proprio ménage col grottesco del ménage che gli sta di fronte, e ottiene la sublimazione della
banalità in verità.
Nelle scene successive gli
altri personaggi concorrono a
chiarire i termini del conflitto
e ad adombrare un’equa soluzione. Dio stesso, chiamato in
causa per l’ingiustizia subita
da Ciccina, si fa «rileggere»
al femminile; sulla scena, come nella vita, la maggioranza
dei personaggi è camposta da
donne, lo stesso pastore è una
pastora e compare pure fugacemente una copia di «Storie
di donne nella Bibbia» di Elizabeth Green. Ma non c’è
nessuna pedanteria teologica,
né la commedia prende una
piega «femminista».
Nell’ultima scena assistiamo alla caduta verticale del
«masculismo» (sic) dei due
protagonisti: Turiddu e Ciccina si ripresentano sulla scena
teneramente riuniti ai due capi del lenzuolo che stanno ripiegando e don Bastianu... se
ne va sfaccendando per casa
col grembiulino da cucina. La
catarsi è avvenuta, e i due uomini si alternano sul boccascena per spiegare il processo
attraverso il quale sono pervenuti alla «conversione».
Anche a questo punto, e più
che mai sul finire della commedia, la banalità è in agguato e rischia di trasformare
l’umorismo in macchietta.
Non so se degli attori di mestiere avrebbero saputo neutralizzare questo pericolo. Il
fatto è che i nostri interpreti
sono tutti credenti convinti e
appartengono alla Chiesa battista di Lentini. Così Francesco Formica riesce a trasformare il racconto di Turiddu in
una convincente testimonianza di fede e Sebastiano Grasso finisce col trasformare involontariamente se stesso in
personaggio, non trattenendo
un moto di vera commozione
prima di pronunciare la frase
conclusiva della rappresentazione: «(Dobbiamo convincerci) cca u Signuri non talìa
(guarda) né causi (calzoni) né
vistini. E’ cca intra (nel cuore) ca talìa. E nun s’asbagghi
(sbaglia) mai!».
Rail
Progetto Bibbia
Domenica 12 e lunedì 13
dicembre, alle 20,30, Rai 1
proporrà un appuntamento
col «Progetto Bibbia». Si tratta del film «Abramo» con la
regia di Joseph Sergent e con
un cast di attori tra i quali
R. Harris, V. Gassman, M.
Shell. Lo sceneggiatore per la
reahzzazione del film si è avvalso della collaborazione di
due protestanti italiani, i prof.
Daniele Garrone e Alberto
Soggin. Il «Progetto Bibbia»
si propone di realizzare una
trasposizione televisiva
dell’Antico Testamento in
quattro cich narrativi di circa
200 ore di trasmissione. Un’
iniziativa da seguire.
Chiesa valdese di Verona
Riaperto il tempio
Il 29 ottobre la Chiesa valdese di Verona ha celebrato
la riapertura del tempio dopo
una prima importante fase di
lavori di restauro, che ha visto impegnati lungo il corso
di un anno molti fratelli di
chiesa e in prima persona il
pastore Giulio Vicentini.
La celebrazione si è svolta
in modo insolito: non vi è stata liturgia, ma un concerto di
canti «spiritual», eseguito e
offerto come dono ecumenico
da un gruppo di giovani cattolici, il gruppo vocale e strumentale «Freedom» di Rovereto. Il tema centrale dei «Negro spiritual» è infatti la sofferenza di un popolo travagliato, ma altresì ìa sua ,gioia
e la sua riconoscenza per il
Risorto, che tutti ci attende
nei pascoli celesti.
Il gruppo Freedom, sorto
nel 1985 a Rovereto, vuole
esprimere attraverso le sue
scelte musicali, che comprendono le espressioni di diverse
realtà etniche e spirituali, le
esigenze di libertà, solidarietà
e amicizia che oggi più che
mai devono affratellare tutti i
popoli della terra. I giovani
del gruppo, coordinati e diretti con professionalità e passione dal maestro Alessandro
Martinelli, hanno dato inizio
alla loro esecuzione cantando
con slancio il sogno evocato
dal pastore battista nero Martin Luther King, allorché nel
1963 organizzava una marcia
pacifica su Washington in occasione del centenario
dell’abolizione in America
della schiavitù; è seguita
un’introduzione della prof.
Florestana Piccoli Sfredda sul
contesto storico, melico e religioso in cui sono nati nelle
piantagioni dei territori meridionali degli Usa, verso la fine del sec. XVIII, i Negro
spiritual. Ogni canto proposto
veniva preceduto dalla lettura
di testi biblici o poetici e da
brevi messaggi.
L’originalità degli spiritual
è costituita infatti dal sofferto
adattamento di versetti biblici
alla dura e disumana condizione dello schiavo. I Negro
spiritual, legati soprattutto alle predicazioni battista, metodista e pentecostale, esprimono l’animo ardente di fede
degli afroamericani. Al tempio valdese di Verona sono
stati proposti come una testimonianza di fede comune e di
fratellanza: il tempio era gremito, molto numerosi gli amici cattolici.
La responsabile del Sae di
Verona, dott. Paola Peloso,
ha rivolto un saluto alla Chiesa valdese: con profonda finezza e senso di condivisione, aveva desiderato far coincidere l’inaugurazione del
tempio valdese con l’inizio
del nuovo anno sociale del
Sae veronese, il cui tema è incentrato sulla fede in Dio nella sofferenza (Salmo 42).
Il pastore Giulio Vicentini,
dopo aver dato a nome di tutta la comunità il benvenuto ai
presenti, sottolineava come le
stesse mura del tempio portassero in sé un messaggio
ecumenico, avendo accolto
lungo i secoli credenti di diverse appartenenze ecclesiali.
Sono seguite espressioni di
gratitudine per quanti hanno
sostenuto l’opera di ristrutturazione, per la parrocchia del
Duomo che ha offerto ospitalità alla comunità valdese durante tutto il periodo dei lavori, per il vescovo di Verona e
per tutti coloro che hanno inviato un messaggio fraterno e
augurale.
«Una festa di famiglia è diventata un appuntamento ecumenico, un messaggio di fraternità, un annuncio di pace»:
così si esprimeva il settimanale cattolico «Verona fedele», offrendo ampio spazio
all’evento.
Un programma ecumenico per le donne
Lettere vìventi
VERA VELLUTO
Il decennio ecumenico delle chiese in solidarietà con
le donne (1988-1998) ha percorso metà del suo cammino.
Ma quante sono le chiese
membri del Cec che si sono
seriamente impegnate per gli
scopi che il Consiglio ecumenico delle Chiese si era prefisso attraverso questa iniziativa?
Per verificare quali progressi sono stati compiuti e
quanto resta ancora da fare
per rendere visibili le donne e
per eliminare ogni forma di
oppressione ai danni delle
donne, il Consiglio ecumenico delle chiese ha programmato un giro di visite alle 322
chiese che aderiscono al programma del decennio. Sono
state chiamate a far parte dei
gruppi visitatori persone di
ogni parte del mondo, esperte
del lavoro ecumenico e del
Decennio. Ogni gruppo sarà
composto da quattro persone,
più un membro del Cec, una
o due persone apparterranno
alla nazione o al continente
visitato.
Come vere «lettere viventi», i gruppi sono mandati dal
Consiglio ecumenico per discutere con ciascuna delle
chiese membri sugli scopi del
Decennio e principalmente
su: a) la violenza sulle donne;
b) la partecipazione delle
donne alla vita della chiesa;
c) l’ingiustizia economica nel
mondo, che colpisce particolarmente le donne; d) il razzismo contro le donne. Konrad
Kaiser, segretario generale
del Cec, ha inviato una lettera
alle chiese nella quale, fra
l’altro, si legge: «Queste visite mirano a riaffermare l’impegno assunto dalle chiese
membro per realizzare la comunità delle donne e degli
uomini.
Le visite rappresentano anche un momento per discutere quali siano stati gli ostacoli
che vi hanno impedito di andare avanti e per organizzare
insieme dei progetti che ci
diano la certezza che i rimanenti anni del Decennio siano
fruttuosi per la vita delle
chiese (...). Siamo a metà
strada; cinque anni sono ancora davanti a noi. Procediamo insieme con fede e con
lealtà verso la realizzazione
delle speranze che sin dal
principio sono state al centro
del Decennio».
Alle chiese membro, nel
nostro caso alla Tavola valdese, il Cec chiede di organizzare per il gruppo visitatore
un programma adeguato alla
propria realtà locale.
da: Decade Link - una
pubblicazione del Wcc - luglio 1993.
Un'esperienza interconfessionale a Napoli
Donne insieme
ANNA MAFFEI
In una realtà metropolitana
disgregata come quella napoletana vale forse la pena
soffermarsi per un momento
sull’esperienza ormai più che
decennale di un consistente
gruppo di donne delle chiese
evangeliche della città. Senza
tanti proclami, ma con costanza e regolarità, donne
provenienti dalle chiese vaidesi, battiste, metodiste e appartenenti all’Esercito della
Salvezza portano avanti un
programma comune. Gli ingredienti sono molto semplici: ci si incontra per discutere, si studiano insieme i contributi mandati dalla Federazione delle donne evangeliche in Italia (Fdei), si prega,
si canta, si condividono le
esperienze di tutti i giorni e ci
si confronta alla luce della
parola di Dio. Gli incontri, a
scadenza quindicinale, si
svolgono di volta in volta in
una comunità diversa: questo
dà il tono ai nostri appuntamenti, improntati sempre alla
comunione di fede nel rispetto e nella valorizzazione delle
diversità.
Proprio la diversità, particolarmente rispetto a fedi e
culture, è il tema degli studi
Fdei di quest’anno che il
gruppo ha intenzione di affrontare anche attraverso la
presenza e la testimonianza di
donne provenienti da altri
paesi ma che vivono e lavorano in mezzo a noi. A Napoli
due chiese, quella valdese di
via dei Cimbri e quella battista di via Foria, ospitano nei
propri locali comunità evangeliche di filippini. Abbiamo
intenzione di chiedere alle
donne di queste comunità, ma
anche a gruppi di africane
dell’area domiziana, di trascorrere con noi qualche ora
per conoscere più da vicino la
loro cultura e le loro tradizioni, la loro maniera di vivere
la fede ma anche i loro problemi, le loro difficoltà di inserimento, le loro aspirazioni
e speranze. Questo per creare
nuovi legami al di là dei pregiudizi, per porre un argine ai
luoghi comuni, agli approcci
superficiali e aprire la strada
a una condivisione finalmente
senza barriere.
Questa esperienza interconfessionale che le donne
evangeliche napoletane portano avanti caparbiamente, in
un’area tradizionalmente
mancante di coordinamenti
veramente efficaci fra le
chiese, è stato per anni un seme di unità gettato nel terreno della nostra realtà ecclesiale. Chissà che non sia venuto il momento perché esso
germogli e dia i suoi frutti alla gloria di Dio.
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 10 DICEMBRE 1993
VERSO IL NATALE-2
L'AMORE GRATUITO
DI DIO
GIANNI GENRE
Una delle delusioni più
forti che segnano il passaggio dall’adolescenza all’
età adulta consiste nel rendersi conto della fragilità dei
rapporti di amicizia che si
credevano eterni, incrollabili.
Dover riconoscere che questo
antico sentimento sembra infrangersi contro le prime difficoltà della vita, quando si è
costretti ad abbandonare il
mondo idealizzato e irreale
dell’infanzia, può condurre a
una forma di scetticismo nei
confronti delle relazioni interpersonali da cui ci si libera
con grande fatica.
Quando si sperimentano
queste delusioni, ci si sente
come immunizzati, attenti a
non «investire» più di tanto
in un eventuale nuovo rapporto umano. E, comunque,
dopo una scottatura pesante,
subentra una sorta di diffidenza che rischia di impedirci di essere, davanti agli altri,
pienamente noi stessi. Anche
di fronte a un amico, si tenterà sempre di nascondergli
le proprie contraddizioni e di
valorizzare invece i propri
aspetti positivi.
D’altra parte, non è difficile rendersi conto che molte
relazioni umane nascono sotto il segno e sotto l’ipoteca
della condizione. L’amicizia,
come l’amore, è sovente
effettivamente ciò che per
me (e forse per molti di noi)
dovrebbe dare contenuto
all’amore e all’amicizia.
Un amico, un compagno,
una moglie, un marito: qualcuno che conosce le tue piccole o grandi fratture interiori, i tuoi aspetti più contraddittori, proprio quelli che
cerchi di nascondere a te
stesso e agli altri per non dare una cattiva impressione di
te: qualcuno che malgrado ti
conosca così a fondo, tanto
da conoscere esattamente lo
scarto fra: quello che sei e
quello che cerchi di apparire,
ti capisce e ti ama.
Dio non pone condizioni
Ovviamente, questa non è
una definizione sufficiente a descrivere l’amore o
l’amicizia, ma riesce a coglierne un aspetto importante. L’amore, infatti, non è
mai qualcosa che possiamo
coniugare con il nostro vizio
di porre condizioni o di
avanzare pretese, ma ha a
che fare piuttosto con l’atteggiamento di chi sa sempre
«tenere conto del fatto
che...», di chi, cercando di
comprendere l’altro, è pronto
a concedere attenuanti. Ecco
perché la relazione d’amore
o di amicizia «sub conditione», che avvilisce i nostri
«Uamore vero è questo: non
rumore che abbiamo avuto
verso Dio, ma Vamore che
Dio ha avuto per noi: il quale
ha mandato Gesù suo Figlio,
per farci avere il perdono dei
nostri peccati,,. Noi amiamo
perché egli ci ha amati per
primo,,,»,
(I Giovanni 4, 10, 19)
condizionata. «Con te ci sto,
a patto che...; posso offrirti la
mia amicizia o il mio amore,
a condizione che...». Ovviamente questo tipo di ragionamento non viene verbalizzato
davanti all’eventuale amico o
all’eventuale partner, ma non
per questo è meno reale nella
maggior parte, appunto, dei
rapporti fra gli esseri umani.
Chi è un amico?
A proposito dell’amicizia,
mi ricordo di un biglietto datomi da un amico, in
Scozia, qualche anno fa.
L’autore di questo biglietto,
alla domanda «Chi è un amico?» rispondeva che l’amico
è «qualcuno che crede in te,
che è pronto ad ascoltarti, a
offrirti del tempo, che ti accetta per quello che sei;
l’amico è qualcuno con cui
tu puoi essere pienamente te
stesso, qualcuno che conosce, capisce e accetta le tue
contraddizioni senza per questo giudicarti». Quest’ultima
frase mi rimase impressa
perché mi sembrò che in
qualche modo esprimesse
rapporti di ogni giorno, è così distante da quello che dovrebbe essere il carattere autentico di questi sentimenti.
Purtroppo, e questo è uno
dei rilievi che più dovrebbero rattristarci, questo modo
di impostare i rapporti umani
usando il condizionale è stato anche il modo di concepire e di parlare di Dio da parte
delle chiese. E così molti nostri contemporanei hanno imparato a pensare all’amore di
Dio come a una realtà dove è
sempre presente (e forse dominante) il condizionale. La
loro comprensione di Dio è
piena di «se». Dio ti sarà favorevole se il tuo modo di
vivere corrisponderà a un
certo modello, se il tuo rapporto con la chiesa sarà di un
certo tipo, se, se, se...
Tutti noi, probabilmente,
abbiamo avuto modo di
ascoltare un certo tipo di discorso su Dio che nasce dall’opporre salvezza e dannazione, dove l’amore misericordioso di Dio viene subordinato all’osservanza di una
serie di norme e di un deter
minato modello di vita. Anche nei nostri ambienti si
può cogliere a volte l’impressione che la benevolenza
di Dio sia appannaggio delle
persone che soddisfano una
serie più o meno lunga e rigida di condizioni. «Se ti penti
e cambi strada, allora e solo
allora potrai conoscere qualcosa dell’amore di Dio».
Pensando a questo periodo
di Avvento non è forse vero
che ai bambini è stato sovente presentato un Babbo Natale che porta i regali soltanto
a chi se li merita, che offre
qualcosa soltanto «a condizione che il loro comportamento sia adeguato»? Anche su questi atteggiamenti,
apparentemente irrilevanti,
dovremmo iniziare a riflettere di più, poiché proprio attraverso questi piccoli fatti
che rimangono impressi nella memoria dei bimbi noi
dipingiamo loro una certa
immagine di Dio, un’immagine che li accompagnerà
sempre.
Nulla, infatti, è più lontano
dal messaggio evangelico
sull’amore di Dio di questo
modo di pensare. Nulla è più
estraneo dall’annunzio di
Natale delle nostre presentazioni di Dio usando il condizionale. E nulla al mondo
produce più sospetto, più risentimento e, a volte, un definitivo allontanamento dalla
chiesa e (purtroppo) da Dio
di questo tipo di discorso.
E la chiesa?
Quante volte dovremmo
ancora sentirci dire,
sempre tirando in ballo Dio e
le condizioni che egli pone
che, ad esempio, una malattia tragica come l’Aids potrebbe anche essere una risposta divina alla corruzione,
all’immoralità del nostro
tempo e della nostra generazione? Quante volte, nel corso della storia, Dio è stato dipinto come l’inventore di
una tragica calamità o di una
spaventosa epidemia pensata
come punizione per peccatori recalcitranti che non vogliono reimpostare il loro stile di vita accettando le condizioni che la chiesa pone in
quel dato momento storico?
E quante persone anche
oggi lamentano con grande
sofferenza la difficoltà, e a
volte l’impossibilità, di trovare una comunità umana o
religiosa in cui si possano
sentire accolti per quello che
sono, omosessuali o prostitute, sieropositivi o extracomunitari? Quante persone
non hanno trovato uno spazio comunitario per dare
espressione, insieme ad altri,
alla loro fede cristiana, alla
loro e alla nostra comune necessità di chiedere e di ricevere perdono, per potere
semplicemente continuare a
vivere, per poter continuare a
sperare, per non sentirsi
abbandonati dagli uomini e
da Dio?
Quante sono, nelle nostre
società profondamente corrotte e perbeniste, le persone
in attesa di una parola liberatrice, di redenzione? Quante sono le donne e gli uomini
che aspettano di sapere se da
coloro che pretendono di
predicare Cristo verrà una
parola di giudizio e di condanna o se invece, in modo
del tutto insperato, sarà ancora possibile essere raggiunti da una parola che guarisce e che accoglie, che per
mette di ricominciare e di sapersi amati?
Dio non ha posto condizioni per venire a condividere la
nostra umanità. I testi che
parlano della venuta di Gesù
sono molto chiari. Con Gesù,
la particella «se» esce definitivamente dal vocabolario
di Dio. D’altra parte, è bene
ricordarcelo, il «se» è la parola che caratterizza il discorso del diavolo nel tentare
Gesù (Matteo 4) e che fa parte della terminologia del serpente fin dall’inizio della vicenda umana (Genesi 3). 11
condizionale è la forma verbale usata da Satana, non da
Dio, comunque non dal Dio
cristiano, non dal Dio che è
venuto ad abitare il corpo di
Gesù di Nazareth per dimostrare che il suo amore non
sarebbe stato mai più un
amore condizionato.
Un nuovo rapporto
tra Dio e noi
Vivere l’Avvento, prepararsi al Natale significa
anche questo: comprendere e
accettare il fatto che un nuovo rapporto fra Dio e gli esseri umani, non più ipotecato
dai nostri «se», è possibile.
Solo un rapporto di questo tipo, d’altronde, può essere un
rapporto d’amore. L’amore,
infatti, può respirare solo
nella gratuità, nel darsi
all’altro senza pensare a un
tornaconto, senza sapere di
essere ricambiati.
A Natale, Dio ha preso
l’iniziativa nei nostri confronti in modo del tutto unilaterale, senza aspettarsi nulla da parte nostra anzi sapendo, questo è il carattere inaudito, scandaloso dell’incarnazione, che la risposta al
suo amore sarebbe stata la
croce.
Giovanni ci comunica questa Buona Novella quando
sottolinea l’assoluta priorità
dell’amore di Dio rispetto al
nostro amore. Dio ci ha amati per primo: l’Evangelo è
tutto qui, in questa scoperta
che ci libera per sempre dalla
nostra immagine di un Diopadrone che richiede obbedienza. Natale è la scoperta
di un Dio che non vuole essere obbedito, ma che ama
nella speranza di essere riamato nella fede.
Un Dio vulnerabile
Questo amore ha reso vulnerabile Dio e, certamente, molti di noi preferirebbero un Dio diverso da
quello che si nasconde sotto
le spoglie di Gesù di Nazareth; molti vorrebbero un
Dio onnipotente, che si impone alla coscienza di tutti,
dei buoni e dei cattivi, che
premia chi osserva le regole
e punisce chi sgarra. Un Dio
che ci persuade in virtù della
sua forza, che ci costringe
all’avventura della fede cancellando ogni dubbio e ogni
possibile domanda. Ma questo avrebbe significato uccidere l’amore, cancellare Natale e Pasqua, la mangiatoia
e la croce; per Dio avrebbe
significato cambiare la propria identità, l’identità di un
Dio che ci ha amati per primo, incomprensibilmente come incomprensibile è sempre
l’evento dell’amore, che si
tratti di quello di Dio o di
quello fra gli esseri umani.
Un dono: ecco cos’è Natale. Un dono che possiamo ricevere senza la necessità di
esibire certificati di buona
condotta o avere presupposti
particolari di tipo culturale,
morale o religioso. E l’Evangelo ci dice che accanto a
questo dono c’è una promessa. La promessa di un possibile cambiamento nella nostra vita, nei rapporti deteriorati della nostra umanità.
Il dono che ci viene chiesto
di accettare ci trasformerà.
Poiché né l’obbligo, né l’imposizione, ma solo l’apparente impotenza dell’amore
può cambiare e può vincere
il cuore degli uomini.
Preghiera
Prima che noi ti cerchiamo
Tu sei già accanto a noL
Prima che noi conosciamo il tuo nome
Tu sei già U nostro Dio.
Apri i nostri cuori a questo mistero
che ci avvolge:
Tu ci hai amati per primo
e con te noi possiamo essere felici.
Ora ci è possibile accostarci a te
non perché noi siamo buoni,
ma perché tu sei Dio.
F. Cromphout
7
S|X’dizione in ¿ibi), posi. Gr II A/70
In caso di nuincalo recapito rispedire a:
CASELLA POSTALE 10066
TORRE PELLICE
Fondato nel 1848
Delle
LLI Aàldesi
venerdì io dicembre 1993
ANNO 129 - N. 47
LIRE 1300
La Chiesa valdese di Pinerolo ospita nei suoi locali una famiglia profuga dalla Bosnia
Mentre guerra e freddo colpiscono la Bosnia
cresce la solidarietà: la storia di Sabina
MILENA MARTINAT
PIERVALDO ROSTAN
La guerra assurda e crudele che coinvolge le popolazioni dell’ex Jugoslavia ha
oggi, nella sua drammaticità,
un tremendo alleato: il freddo
inverno che da est sta investendo tutta l’Europa ma
che per chi non ha né casa né
beni, può diventare mortale
quanto le bombe.
Senza perdere la speranza
che un qualche accordo
venga trovato, che la ragione
prevalga occoiTe dunque fare
i conti con la realtà. Fortunatamente stanno sorgendo
molte iniziative a favore delle
vittime della guerra: si raccolgono soldi, vestiti, cibi,
giocattoli per i bambini a sottolineare che la guerra non
può annullare il tentativo di
dare un po’ di normalità alla
vita; si organizzano spedizioni, e anche qui è possibile
fare qualcosa. Sono ormai
migliaia i profughi fuggiti
dall’ex Jugoslavia, spesso si
tratta di donne con bambini,
altre volte di giovani disertori
che hanno voluto dire no alle
armi.
Da un paio di settimane, a
Pinerolo, presso i locali della
chiesa valdese, sono ospiti tre
bosniaci: si tratta appunto di
una giovane mamma che ha
perso il marito sotto il fuoco
dei serbi e dei suoi due bambini. 11 pastore Bruno Tron
racconta come si è arrivati a
questa iniziativa: «Da tre
anni abbiamo a Pinerolo,
come Chiesa valdese, un progetto di accoglienza di immigrati; in questi anni abbiamo
avuto più di 30 persone, provenienti in maggioranza dal
Nord Africa, ma anche dalla
Romania, dall'Albania. Il
comitato per l’accoglienza ai
profughi, che ha sede a
Torino, in primavera ci propose di ospitare delle persone
dalla ex Jugoslavia. Ne abbiamo parlato in Concistoro
e siccome prevedevamo di
avere entro l’autunno un
alloggio libero in via dei
Mille ci siamo resi disponibili
all’accoglienza di un nucleo
familiare di tre persone per il
periodo di un anno».
- Il comitato torinese ha
curato da parte sua tutta la
complessa parte burocratica;
quali impegni avete assunto
come comunità?
«A parte il fornire l’alloggio arredato e completo di
servizi, abbiamo deciso di
dare a questo nucleo familiare un assegno mensile di un
milione, per le spese quotidiane, e questo almeno fino a
quando la persona adulta
non troverà un lavoro».
- Chi farà fronte a queste
spese?
«Abbiamo ritenuto di non
dover gravare direttamente
sulle finanze della Chiesa
valdese di Pinerolo ma di
coinvolgere a titolo personale dei membri della comunità
chiedendo loro degli impegni
mensili per questa iniziativa.
Abbiamo così trovato quasi
quaranta persone che si sono
impegnate per un totale di
Un bambino profugo dalla Bosnia
oltre un milione al mese.
Parallelamente le altre chiese del circuito si sono impegnate a raccogliere somme
per coprire gli altri costi
(riscaldamento, luce, ecc.)».
- Se l’aspetto economico è
importante, altrettanto si può
dire per quanto si potrà fare
per far sentire queste persone
realmente in una comunità,
coinvolgendole, essendo loro
vicini...
«Effettivamente ci è parso
molto importante costruire
una “rete ’’ sia per le esigenze
pratiche (iscrivere i bambini
a scuola, scegliere il medico)
che per i rapporti umani:
l’accoglienza non può limitarsi ad offrire un tetto e un
letto. Abbiamo parlato molto
nella comunità di questo progetto e ci auguriamo che veramente si sappia dimostrare
solidarietà ed affetto».
A pochi giorni dall’arrivo a
Pinerolo tutto è nuovo per
Sabina e per suoi due bambini, nuovo e, per lei che per
mesi ha dovuto fuggire sotto
le bombe, insolitamente tranquillo. Sabina ha 28 anni e i
suoi bambini tre e nove. Fino
a un anno e mezzo fa vivano
a Doboj, una cittadina bosniaca a duecento chilometri da
Sarajevo. «Ho frequentato la
scuola superiore - spiega
Sabina - poi ho lavorato in
una fabbrica perché non era
facile trovare lavoro e quindi
si accettava ciò che si trovava. Ma vivevo bene con mio
marito e con i bambini».
Poi, il 3 maggio 1992 i
serbi hanno occupato la città
e quel giorno è iniziato, per
Sabina e i due bambini, un
anno di fatica ma soprattutto
un anno di paure continue.
«Quando c’è stata l’invasione serba sono scappata in un
paese vicino. Non ho portato
via quasi niente, avevo Damir
in braccio, che aveva poco
più di un anno, e Adis che ne
aveva sette. Il 3 giugno 1992
hanno ucciso mio marito che
aveva soltanto 33 anni.
Anche nel paese dove mi
ero rifugiata lanciavano
bombe, vi erano continui
allarmi. Poi, in autobus, sono
andata in Croazia, prima a
Spalato, poi più a nord per
arrivare a Zagabria: sempre
scappare con la paura addosso a causa delle bombe, i
bambini piccoli ed io che
stavo male. A maggio di
quest’anno ho potuto venire
in Italia; sono stata nel
Biellese ed ora sono a
Pinerolo».
- Ha avuto ancora dei contatti con qualcuno in Bosnia?
«I miei genitori sono rimasti a Doboj. Per un anno e
mezzo non ho saputo niente
di loro. Adesso ho potuto
parlare con loro al telefono.
E molto difficile vivere in
quella città che è sempre
occupata dai serbi. Dei miei
due fratelli non so più niente
da quel 3 maggio in cui ho
dovuto scappare. Da sabato
scorso vivo come una persona normale.
Ho una casa; Adis, che
adesso ha 9 anni, va a scuola
ed è molto contento, ha già
imparato bene l’italiano. Lui
ha sofferto molto per la perdita di suo padre e per la
paura delle bombe. Anch’io
ho subito molti choc, sempre
con i bambini a scappare;
ancora adesso fatico a dormire».
Forse chi dimenticherà
tutto più in fretta è Damir che
ora ha 3 anni. Lui parla allegro in italiano, guarda la televisione e gioca contento
nella sua nuova casa...
PER USCIRE DAL DISAGIO
SPERANZE ,
DI NORMALITÀ
CARMELINA MAURIZIO
La vicenda è ormai nota.
Due giovani membri di
una cooperativa sociale impegnata con il Comune di Torre
Pellice hanno lavorato alcune
ore all’interno delle scuole
elementari. I due operai hanno
un difetto: hanno alle spalle
problemi di dipendenza e di
disagio psichico. Dalla direzione didattica parte T allarme
per i problemi che la presenza
dei due giovani potrebbe generare con gli alunni; la Prefettura censura il Comune e,
in qualche modo, «emargina»
i due operai.
La sala della Comunità
montana non è stata in grado
di contenere tutte le persone
che volevano intervenire al
dibattito promosso daH’Ussl
con le associazioni del volontariato, gli operatori, gli amministratori pubblici. In tanti
hanno voluto essere presenti
a parlare di emarginazione,
riabilitazione, diversità e normalità.
L’episodio in sé per certi
versi è stato ridotto a bega di
paese generando fiumi di
parole dette e scritte sui
principali organi di informazione: accuse, rabbia e risentimento ne sono derivati, in
uno spirito che poco ha avuto
di costruttivo. Tuttavia nella
serata sono emersi diversi
spunti di discussione che
meritano di essere ripresi.
Forse i chiarimenti che ci si
attendeva non ci sono stati,
forse qualcuno che doveva
parlare con più decisione non
lo ha fatto, ma in tanti hanno
tirato fuori le ansie, le paure e
l’angoscia che probabilmente
ci si porta dietro. Quando si
parla di riabilitazione e di
reinserimento, ha detto qual
’ i'
e . ..f V. ■
cuno, in un cero senso ci si
trova sempre di fronte a una
provocazione. E in effetti
veniva da chiedersi se davvero da una parte c’erano i
buoni e dall’altra i cattivi, o
se dentro tutti noi è nascosta
in modo latente la paura di
non accettare, la paura di non
riuscire a considerare il disagio e i problemi dell’altro
come una normalità con cui
confrontarsi, verso cui tendere la mano.
C’era chi da anni dedica la
sua vita alla solidarietà, non
solo teorica ma concreta, e
c’era chi in prima persona,
con fatica, sta tentando di
rientrare in una normalità
perduta, per uscire dalle proprie sconfitte, per essere nel
mondo. E forse è proprio da
loro, protagonisti in vario
modo dell’incontro, che può
venire un vero chiarimento,
una voce che fa luce, scaccia
i fantasmi. Viene così da
pensare che, smaltita la rabbia e superate le «beghe paesane», non debba andar perduto quanto fin qui è stato
fatto per dare una speranza di
normalità.
Ma la speranza c’è e deriva
da quel concetto così spesso
abusato ma che è utile ricordare e applicare, la solidarietà: calarla nel concreto e
nel quotidiano, confrontarla
con il bisogno di normalità e
insieme di sostegno che determinate situazioni richiedono. E in futuro ciò dovrà essere fatto confrontandosi al
massimo, anzitutto fra operatori ma anche coinvolgendo
chi è stato fin qui fuori,
magari osservando o forse
dando giudizi con troppa facilità.
&L’_
Consiglio della Connunità montana valli Chisone e Germanasca
Arriva un no alHJssI «valdese
»
Un vento di sfiduciato pessimismo soffia su tutto il
paese e non risparmia neppure gli enti locali come le
Comunità montane: i gruppi
consiliari che avevano come
punto di riferimento i partiti
tradizionali perdono i loro
appoggi e le nuove aggregazioni sono fuori dalle aule
dove si svolgono le riunioni.
Così, nella seduta del
Consiglio della Comunità
montana valli Chisone e
Germanasca, venerdì 26
novembre, di fronte a tutte le
difficoltà di una gestione
senza grandi risorse e quasi
senza interlocutori sia in
Provincia che in Regione,
molti si sono domandati se
vale ancora la pena di esistere, in una situazione così precaria.
Il presidente Ribet, in
risposta, ha elencato le iniziative prese che interessano
molte persone, dai progetti
per la valorizzazione delle
miniere al corso per operatori
turistici, agli incontri culturali
e, ultimamente, al tentativo di
impedire la chiusura del mattatoio di Perosa e Pomaretto
allargandone la gestione ad
altri Comuni; ha tuttavia riconosciuto che la forte diminuzione (50%) dei eontributi
statali non consente grandi
voli di fantasia ed ha auspicato che si riesca a far sentire
le esigenze di questa piccola
ma non insignificante zona
montana anche usando le
armi della protesta sui giornali e delle manifestazioni pubbliche.
Una mozione di protesta
era già pronta, infatti, contro
il decreto di soppressione dei
piccoli plessi scolastici che
sono numerosi nelle valli
Chisone e Germanasca, svolgendo un servizio utilissimo
alla popolazione, servizio
che non si può quantificare
soltanto in termini economici. In tema di accorpamenti la proposta di unire le Ussl
42 e 43 in un unico ente non
incontra il favore degli
amministratori dell’Ussl 42 i
quali, di fronte alla perdita
dell’autonomia, preferiscono
puntare su un distretto sanitario che ne ricalchi il territorio, senza rinunciare ai servizi essenziali.
Nel corso della seduta è
stato anche approvato il regolamento per il funzionamento
e l’uso della piscina di Perosa
Argentina, ed è stata annunciata l’apertura di uno sportello presso la sede della
Comunità montana per le
informazioni del Cilo (Centro
di iniziativa locale per Toccupazione) di Pinerolo, servizio
che mette in comunicazione
aziende e giovani in cerca di
impiego e che ha già dato
buoni risultati in questo settore di vitale importanza.
Miniere di talco in vai Germanasca
Una bozza d'accordo
Anche dalle miniera di
talco della vai Germanasca
giungono segnali di crisi e
conseguenti richieste di riduzione di manodopera.
L’azienda che gestisce le
miniere, (oggi sono circa 190
i dipendenti di cui 100 minatori) deve fare i conti con la
concorrenza estera; il talco
della vai Germanasca, destinato per circa metà della produzione al mercato estero (in
Germania in particolare),
resta fra i migliori al mondo
ma ancora una volta da Est
giunge l’alternativa. Il talco
cinese costa molto meno ed è
comunque di buona qualità.
Per far fronte alla concorrenza l’azienda ha messo in
cantiere un piano per i prossimi tre anni che dovrebbe portare all’apertura di nuove gallerie nella zona di Rodoretto e alla chiusura di alcuni
vecchi fronti di estrazione.
Contemporaneamente si pre
vede un forte investimento in
tecnologie e come sempre
accade in questi casi a farne
le spese è l’uomo; si ipotizza
infatti il «taglio» di una cin
quantina di dipendenti.
Se teniamo conto che, pur
non avendo avuto nelle miniere molte assunzioni negli
ultimi anni, l’età media della
manodopera è comunque
abbastanza bassa (pochi sono
gli operai oltre i 50 anni) è
evidente che non sarà facile
trovare «ammortizzatori»; ci
sono in valle molti minatori
quasi per tradizione familiare
per i quali un’alternativa si
presenta assai difficile.
Venerdì scorso, fra rappresentanti dell’azienda e sindacati, è stata formulata una
bozza d’accordo; 25 persone
andranno in mobilità entro
tre o quattro anni, per altre 50
si paria di contratti di solidarietà.Nel '94, intanto, inizieranno i lavori a Rodoretto.
8
PAG. Il
VENERDÌ 10 DICEMBRE 1993
Val Germanasca: la borgata Orgere a Prali
Cronache
MOSTRE DI FOTOGRAFIA — Il gruppo fotografico Lumière di Lusema Alta organizza due mostre per il periodo
natalizio. La prima, a tema libero, si terrà a Lusema San
Giovanni nei locali deH’Informagiovani, dal 13 al 19 dicembre e sarà organizzata dalla Pro Loco. La seconda mostra, intitolata «Immagini della vai Pellice», avrà luogo
presso l’atrio del municipio di Torre Pellice dal 18 al 26 dicembre e sarà curata dall’Associazione commercianti e dal
gruppo lusemese che ripresenta la serie di immagini sulla
valle già proposta a Lusema Alta a luglio e nel corso
dell’ultima edizione dell’Autunno in vai d’Angrogna.
CORSA DI SPONSOR A SAN GERMANO — Si è svolta
domenica 28 novembre la corsa di sponsor organizzata dal
gruppo giovanile. La corsa, non competitiva, aveva questa
peculiarità: ogni concorrente aveva a disposizione un’ora
per percorrere il massimo numero di volte un dato percorso.
I vari concorrenti si sono scelti degli sponsor, disposti a pagare una certa cifra per ogni giro terminato. Lo scopo di
questa manifestazione era quello di raccogliere fondi per finanziare l’opera di riadattamento di alcune sale, come i
centri di incontro per ragazzi.
NUOVO MEDICO IN VAL GERMANASCA — Dopo mol
ti anni di apprezzato servizio, ha terminato la sua attività il
dottor Salvatore Meli. Al suo posto è subentrata la dottoressa Anita Tarascio, che farà servizio ambulatoriale a Ferrerò
il lunedì dalle 17 alle 18,30, il martedì e mercoledì dalle
8,30 alle 10, il giovedì e venerdì dalle 14 alle 15,30; a
Chiotti il martedì dalle 17,30 alle 18,30, il mercoledì dalle
14 alle 15,30; a Prali il lunedì dalle 14 alle 15,30 e il giovedì dalle 10 alle 11,30; a Salza il martedì dalle 14,15 alle
15; a Massello dalle 15,15 alle 16.
CACCIATORE UCCISO DURANTE BATTUTA — Per la
seconda volta nel giro di un mese una battuta di caccia diventa fatale per un cacciatore; poche settimane fa era accaduto a Cantalupa, la scorsa settimana nel vallone di Rorà
dove, durante una caccia al cinghiale è stato mortalmente
colpito Giovanni Gastaldi di Lusema.
L’AUTOLINEA ARRIVA AI CHABRIOLS — Con la fine
di novembre il servizio di collegamento interno alla vai Pellice con l’autobus giallo estende il servizio oltre l’ospedale
valdese di Torre Pellice, raggiungendo la frazione dei Chabriols. Sono previste quattro corse quotidiane; punti estremi
del percorso da un lato appunto i Chabriols e dall’altro Lusemetta.
UN ESPOSTO SULLE CENTRALINE — La Legambiente
della vai Pellice ha presentato alla Procura della Repubblica
un esposto nei confronti del sindaco di Bobbio Pellice per
presunte irregolarità amministrative nella concessione edilizia che sta alla base della costmzione della centrale idroelettrica di Malbec. «Non siamo contro questo tipo di energia “pulita” - dice il responsabile della Lega, Renato Armand Hugon - ma chiediamo trasparenza sugli atti e che
tutto venga fatto nel rispetto delle normative vigenti in modo da tutelare l’ecosistema del torrente e l’ambiente in genere. Non siamo per l’energia a tutti i costi».
Il Barathier è un liquore naturale ottenuto
tramite la macerazione di erbe scelte,
raccolte in Val Germanasca in periodi
che variano secondo la fioritura.
Il Barathier viene prodotto
dalla ditta Bernard su ricetta "centenaria"
custodita gelosamente.
BERNARD & C.
FABBRICA LIQUORI
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Consiglio comunale a Lusema S. Giovanni
Al via la nuova
scuola media
MARCO ROSTAN
I lavori per la costruzione
della nuova scuola media
di Lusema San Giovanni potrebbero partire entro la prossima estate; lo si è appreso
durante l’ultimo Consiglio
comunale che ha deliberato
circa r aggiornamento di due
mutui per la stmttura. Votando contro le delibere proposte dalla giunta, l’ex sindaco Longo ha sostenuto che
miglior scelta sarebbe probabilmente ristrutturare il vecchio edificio piuttosto che
costmime un altro; che qualcosa si muova è comunque
importante, visto che da anni
la situazione delle scuole medie, sul piano logistico, è almeno difficile.
Vivace discussione ha poi
provocato la nomina del collegio dei revisori, un collegio
che, specialmente negli ultimi anni, ha messo più volte a
nudo le pecche e i buchi del
bilancio comunale; ancora
adesso non è chiaro quale
sarà l’entità esatta del disavanzo a fine anno: le ipotesi
variano da 4 a 6-700 milioni,
comunque una cifra pesante.
Dei revisori uscenti tutti
hanno parlato bene ma alla
fine c’è stato un piccolo giallo nelle votazioni; eletti con
11 voti e sette schede bianche, ed avendo annunciato
voto favorevole i gruppi di
sinistra, è chiaro che qualcuno nella maggioranza ha
fatto mancare la sua fiducia.
Sempre nella maggioranza da
segnalare il cambio del rappresentante De in Comunità
montana; al posto di Co
lomba, «gravato dai nuovi
impegni di giunta in Comune» è stata eletta Maria Grazia Negri Marinaro, altra
silenziosissima consigliera di
Lusema.
Il Consiglio si è poi pronunciato in merito a una proposta di legge di iniziativa
popolare «L’asilo nido: un
diritto delle bambine e dei
bambini», illustrata dalla
consigliera Cecilia Pron. La
proposta di legge chiede che
i nidi vengano visti come primo momento educativo
dell’infanzia e dunque siano
inseriti fra le competenze del
ministero della Pubblica
Istmzione in accordo con Comuni e Regioni.
È stato fatto notare che attualmente il Comune diLusema spende nel settore 100
milioni per 10 bambini con la
convenzione con Torre Pellice. Va per altro ricordato che
un nido pubblico a Lusema
negli anni ’70 c’era ma venne successivamente chiuso
per carenza di utenti; una carenza, lamentano in molti,
causata dalla scarsa promozione dell’amministrazione.
Oggi le richieste sono maggiori e ancKe da parte di famiglie di altri Comuni della
valle, ma all’orizzonte non è
per ora visibile alcun cambiamento di rotta.
Nella discussione delle variazioni di bilancio da segnalare anche l’intervento «ecumenico» del verde Gardiol
che ha rimarcato fra i tagli
anche quello di 4 milioni e
mezzo che erano stati destinati alla riparazione del campanile della chiesa cattolica.
Risposte
parziali
Ringraziamo il sindaco di
Bobbio Pellice per aver risposto alla nostra lettera del
12 novembre scorso. Non ci
pare però che il signor Charbonnier sia entrato nel merito
delle questioni da noi poste.
In particolare per il rilascio
d’acqua alla presa: le centrali
in attività nel Comune di
Bobbio Pellice molto spesso
non rilasciano un solo litro
d’acqua nel Pellice o nel
Ghicciard, con le conseguenze che facilmente si possono immaginare. Per quanto
riguarda poi i depuratori,
chiunque frequenta il Pellice
sa benissimo che in determinati periodi dell’anno l’eutrofizzazione del corso d’acqua
è a livelli paurosi proprio a
valle dei depuratori di Bobbio e Villar. Ci preoccupa poi
il tono generale della lettera:
ci sembra di capire che il signor Charbonnier voglia gestire «in proprio» tutte le risorse del territorio al di fuori
di qualunque programmazione anche solo a livello provinciale. Trattandosi di gestione di un bacino fluviale,
questo ci sembra un assurdo.
Non capiamo poi molto bene
l’accenno alla caccia e alla
pesca per le quali si prevedono «interventi analoghi». Ci
auguriamo che il signor
Charbonnier sappia che queste attività sono gestite secondo precise competenze a
livello provinciale e che la
storia delle nostre associazioni è fatta anche di lotta democratica contro gli «usi civici» e contro qualunque privatizzazione delle acque. La
nostra associazione (come dimostra tra l’altro l’attività
dell’incubatoio di valle di
Lusema San Giovanni) è favorevole ad una gestione
equilibrata e scientificamente
fondata del fiume e su questo
siamo aperti a qualunque
proposta di confronto.
Associazione pescatori
riuniti della vai Pellice
Rassicuro
i pescatori
La lettera pubblicata sul n.
43 del vostro giornale a firma
dell’«Associazione pescatori
riuniti della vai Pellice» e relativa alle centrali idroelettriche in vai Pellice, merita una
doverosa replica da parte di
chi, come il sottoscritto, si
occupa per lavoro della materia. Non voglio accusare i nostri pescatori di «pescare nel
torbido», ma certamente diventa difficile giustificare
con la .semplice disinformazione la gratuità di certe
affermazioni.
Si parla di sproporzioni
fra i profitti privati (alcuni
miliardi) di chi costruisce le
centrali e i pochi milioni che
ritornerebbero al Comune.
Precisiamo che se quest’ultimo ha ritorni patrimoniali (tra l’altro ben diversi
da quelli indicati), ciò avviene unicamente per l’abile iniziativa dei suoi amministra
Priorità alle Comunità montane delle Valli
Bisogna tenere
le scuole aperte
Le recenti disposizioni del
Provveditorato agli studi calano una pesante scure su
molte scuole nei piccoli Comuni montani; in molti casi
la presenza di una scuola rappresenta uno dei pochi momenti di vitalità culturale e di
coesione di un paese. E dire
che, dopo i rischi corsi negli
scorsi anni, in diversi casi anche il numero di bambini è
aumentato dando un senso a
scuole che a un certo punto
sembravano destinate a
«morte naturale».
Durante i recenti Consigli
della Comunità montana della
vai Pellice e delle valli Chisone e Germanasca, sono state
adottate prese di posizione
contrarie ai progetti del Provveditorato. Forti da un lato i
richiami (Comunità montana
vai Pellice) «alla miopia del
comportamento politico che
non consente di individuare,
al di là dell’organizzazione
scolastica, le gravi conseguenze derivanti dalla chiusura delle scuole montane, con
pesanti problemi di trasporto
per bambini fra i 6 e gli 11
anni, e in definitiva emarginando ulteriormente le popolazioni montane».
Assai duro anche l’intervento della Comunità montana delle valli Chisone e Germanasca. La richiesta è di
non procedere al tagli delle
sedi nei piccoli Comuni «anche se il numero di alunni o
delle classi dovessero per un
prossimo futuro risultare inferiori alla norma». Ma il
documento approvato chiede
anche che «si passi finalmente da una politica della mon
tori e non certo in forza di disposizioni legislative. In secondo luogo tutta la comunità ha un considerevole ritorno o vantaggio economico
individuale nelle molteplici
opere che deve necessariamente eseguire chi costruisce
le centrali (ripristino di ponti
e o passaggi, pulitura di piste
e strade, ripulitura dei fiumi,
ecc.). Sono lieto di invitare i
nostri pescatori alla verifica
del bilancio dell’azienda da
me rappresentata, che metterò volentieri a loro disposizione al fine di individuare
quei profitti miliardari che a
tutt’oggi purtroppo non si sono ancora visti.
Leggo che gli impianti sarebbero realizzati «al di fuori» di programmazione di intervento sui bacini. La fra.se è
volutamente ambigua e difficilmente interpretabile. Affermano ancora i nostri pescatori che le concessioni
vengono spesso rilasciate
sulla scorta di vecchie norme
e con violazione di norme
più recenti. Non ha senso fare una simile affermazione,
né è possibile replicarvi, se
non si è in grado di confortarla con precisi riferimenti
normativi (a parte il fatto che
una norma giuridica resta in
vigore fino a quando non viene abrogata, indipendentemente dalla sua «anzianità»).
Altrettanto è del tutto gratuito affermare sic et simpliciter che la costruzione della
centrale ha delle conseguenze sull’ambiente (quali? cagionate da cosa?).
La richiesta di concessione deve superare una considerevole serie di filtri, costituiti da una miriade di
autorizzazioni regionali e
tagna “a parole” ad una politica della montagna dei “fatti” e che proprio a partire dal
problema scuola cessi quello
spirito punitivo che viene a
scaricarsi su una popolazione
già investita di considerevoli
disagi; che venga rivista totalmente l’ottica che vede la
scuola di montagna come un
peso sociale mentre essa rappresenta un fattore strategico
e il motore dello sviluppo futuro della nostra economia».
Dalla Comunità montana
viene anche la volontà di attuare «tutte le forme di mobilitazione e di protesta necessarie a scongiurare il taglio,
nella consapevolezza che la
presenza dell’uomo in montagna non è funzionale solo agli
interessi delle popolazioni
montane ma rappresenta, viceversa, un investimento i cui
frutti ricadono su tutta la collettività e di cui la stessa deve
farsi carico».
Di questi atti sono stati
informati non solo gli organi
scolastici ma anche quelli politici, sia a livello regionale
che nazionale attraverso i
parlamentari piemontesi e le
Commissioni competenti.
Torre Pellice
CONTAHO TELEFONICO
Il Club alcolisti in trattamento, in collaborazione
con Radio Beckwith
evangelica, offre un servizio di contatto telefonico ogni martedì sera,
dalle 20,30 alle 22 al numero 0121-91507.
provinciali. Quindi, a monte
della concessione esistono i
più diversi controlli amministrativi. Per esempio i
pescatori evidentemente non
sanno (e veniamo così alla
parte finale della loro lettera)
che chi costruisce la centrale
deve garantire il rispetto del
Mdv (minimo deflusso vitale) e cioè assicurare sempre
un deflusso idrico in quantità
precedentemente calcolata
dagli esperti. Analogamente
vengono imposte precise
prescrizioni atte ad assicurare
i passaggi dei pesci.
Per quanto riguarda infine
il resto della lettera, anche un
bambino (pescatore o meno)
dovrebbe sapere che l’acqua
utilizzata per sviluppare
energia esce dall’impianto
nelle precise identiche qualità e quantità di quando è entrata.
Quanto affermato dall’associazione mi è parso talmente assurdo da farmi dubitare suH’effettiva esistenza
dell’associazione stes.sa. Mi
si consenta un’ultima considerazione: le centrali idroelettriche costituiscono un valido (e ben più sicuro del nucleare) mezzo per sopperire
ai problemi energetici nazionali, che non determina fenomeni di inquinamento o di
deturpazione dell’ambiente.
Se, come mi auguro, i pescatori hanno a cuore la salvaguardia della natura, essi dovrebbero essere i primi a sostenere la costruzione delle
centrali idroelettriche, posto
che comunque il problema
energetico esiste ed esisterà
anche in futuro.
Vincenzo Lancia,
amministratore della
Malbec Idroelettrica s.r.l.
9
venerdì io dicembre 1993
E Eco Delle ¥illi ¥vldes:
PAG. Ili
mm
Storie di villaggio
L'inverno
di Pomeano
I nostri piccoli villaggi di
montagna si riapprestano a vivere una nuova, lunga stagione invernale: l’estate li ha visti animarsi di villeggianti;
persone che trascorrono solo
il week-end o fanno la gita
domenicale e altre che possiedono invece la seconda casa,
fmtto di eredità oppure acquisto. Pramollo conta 290 residenti ma in estate la popolazione è più che raddoppiata,
tutte le borgate sono abitate,
mentre in inverno diverse sono totalmente abbandonate.
Pomeano è forse il caso più
eclatante: in inverno vi abita
una decina di persone, mentre
nel periodo estivo si raggiunge il centinaio. Questo villaggio, ricordato dalla storia valdese per il massacro di donne
e bambini ad opera delle truppe francesi del generale Catinai nel 1686, una volta raggiungibile con una mulattiera
è oggi collegato alla provinciale da una strada carrozzabile interamente asfaltata. Inoltre è stato dotato in questi ultimi anni di una struttura polivalente per manifestazioni di
carattere sportivo e ricreativo
e di un piccolo campo da pallone.
A Pomeano c’è una bella
scuola Beckwith (nel 1864
contava 38 alunni e lo stipendio annuo del maestro, il signor Jacques Sappè, era di 95
lire), che venne usata come
scuola statale nel periodo fascista. Oggi, è forse inutile
dirlo, è in disuso come scuola
ma viene adoperata per i culti
tenuti in estate dal pastore
Vinti.
r;.-----------
RADIO
BECKWITH S
EVANGELICA i
FM 91.200-102.350
tel.0121/91.507
Le analisi dimostrano l'ottima qualità del miele nostrano
Non c'è solo la chimica nella
cura delle malattie delle api
ANDREA MELLI
La varroa, l’acaro parassita
dell’ape che ha già
provocato la distruzione di
migliaia di alveari, da alcuni
anni ha raggiunto le nostre
zone creando non pochi problemi a un’attività che sul territorio ha registrato nel tempo
un interessante sviluppo. In
passato l’uso di antiparassitari
inadeguati ha causato talvolta
danni anche gravi; ora la situazione pare contraddittoria,
pur in presenza di una profilassi più efficace.
Per saperne di più abbiamo
rivolto alcune domande ai tre
veterinari responsabili dei servizi delle Ussl pinerolesi. Il
dott. Fedele (Ussl 42) e il
dott. Surico (Ussl 44) si dimostrano cautamente ottimisti; in
particolare «vanno sottolineati - dice Surico - / passi in
avanti nel campo della profilassi che oggi si basa su trattamenti meno empirici e più
efficaci». Il dott. Fedele ricorda invece che l’Ussl 42 sta
sperimentando una serie di
applicazioni di carattere pratico su arnie di sua proprietà e,
in caso di esiti positivi, tali
trattamenti verranno consigliati agli apicoltori.
In vai Pellice, dove recentemente gli operatori del settore
hanno voluto fare il punto
della situazione in un incontro
pubblico, secondo il responsabile del servizio veterinario,
Ghisolfi, «si è verificata una
vera e propria selezione naturale; gli apicoltori che non
hanno adottato trattamenti
hanno avuto gli alveari distrutti e in molti casi hanno
cessato l’attività. Chi invece è
intervenuto è riuscito a creare
un regime di convivenza con
l’infestazione». E comunque
quello apistico un patrimonio
considerevole per le valli; nella sola vai Pellice nel 1991
erano stati censiti 1.560 alveari. Fra quanti da anni si
occupano di apicoltura c’è
Giovanni Baridon, insegnante
in pensione e per molti anni
amministratore pubblico. Baridon non condivide l’ottimismo dei medici: «Ho ricevuto
nei giorni scorsi una circolare che denunciava una situazione particolarmente allarmante circa la diffusione della varroa; se entro breve tempo non si troveranno soluzioni alternative rischieremo di
avere la distruzione di gran
parte degli alveari».
E dunque così difficile debellare questo parassita? «La
varroa si riproduce a rapidità
impressionante quando si trova in contatto con l’ape da
miele - afferma Baridon -;
nell’arco di un anno il parassita cresce numericamente di
venti volte. Non accade la
stessa cosa con l’ape da cera
che invece riesce a convivere
con la varroa».
Quali sono i trattamenti utilizzati? «Premetto che un
trattamento è considerato efficace quando riesce a distruggere il 95% dei parassiti
presenti in un’arnia. In vai
Pellice si è agito abbastanza
tempestivamente modificando
il fondo delle arnie prima
dell’arrivo dell’infestazione;
questo consente di vedere la
caduta delle varroe in seguito
alla somministrazione di
trattamenti.
Oggi viene usato prevalentemente l’«apistan», una serie di strisce di plastica contenenti un potentissimo veleno, il fluvalinate, che vengono inserite fra i telaini; le api
muovendosi si caricano il veleno e uccidono le varroe.
Esi.stono poi trattamenti a ba
se di essenze naturali (mentolo, timolo, eucaliptolo) che
però non garantiscono l’abbattimento al 95% delle varroe e, se usate impropriamente, l’odore di queste sostanze può trasferirsi al miele. Un altro trattamento consiste nello spruzzare acido
lattico sui due lati dei telaini
ma in questo caso l’intervento richiede un notevole impegno se si possiedono numerosi alveari. 'Vi sono infine i
metodi di lotta biologica come la moltiplicazione nell’arnia delle celle maschili che
attirano le varroe gravide; è
un metodo valido ma non sufficiente ad abbattere il parassita nelle percentuali volute e
soprattutto ancora una volta
assai laborioso».
Ma intanto in varie zone si
è registrato una recrudescenza
delle perdite di famiglie di api
probabilmente a causa della
formazione di ceppi resistenti
ai farmaci; è dunque possibile
che in prospettiva i prodotti
utilizzati finora non siano sufficienti. Ma intanto è legittima una domanda: l’uso di sostanze chimiche nella lotta alla varroa può influire sulla
qualità del miele? «Assolutamente no - rassicura Baridon
- a patto che le operazioni
vengano eseguite secondo
precise indicazioni; in valle
direi che esiste una radicata
coscienza il che fa si che le
analisi condotte sui campioni
di miele diano sempre risultati molto confortanti».
Anche il dott. Ghisolfi conferma: «Effettuiamo controlli
periodici sul miele; quest’anno essi hanno riguardato una
quindicina di produttori e le
analisi sull’eventuale presenza di residui di trattamenti
antivarroa hanno dato esiti
pienamente soddisfacenti».
Una nuova proposta per le scuole
Il parco deIKOrsiera
risorsa didattica
t ?
Il parco Orsiera-Rocciavrè
ha presentato, attraverso dépliant divulgativi presso tutte
le direzioni didattiche del
Piemonte, il riordino delle
proprie attività di educazione
ambientale. Queste propongono una serie di «pacchetti
di attività di educazione ambientale», dalla semplice presenza in classe all’intervento
più completo, con numerose
presenze anche sul territorio.
Il progetto didattico è stato
preparato da un gruppo tecnico misto composto da insegnanti, guardaparco e cinque
cooperative delle valli Chisone. Susa e Sangone: Naturalp. Antichi passi. Il mulino
di Mattie, Guide natura Valsusa e Progetto Gias.
L’espletamento dei «pacchetti didattici» offerti alle
scuole è stato assegnato alle
cooperative, cosa che permetterà ai guardaparco di
avere più tempo e maggiori
risorse interne da dedicare
alla gestione faunistica nonché ai prossimi interventi
prospettati dall’amministrazione, come il contenimento
di mufloni e cinghiali e il
reinserimento dello stambecco; tempo e risorse che in
parte finora venivano dedicate agli interventi in classe e
all’accompagnamento dei
gruppi.
«Le cooperative - dice
Mauro Deidier, presidente
del parco - hanno messo a
punto, con l’ausilio dei nostri
guardaparco e di insegnati,
una serie di pacchetti di educazione ambientale; molteplici interventi di diversa
complessità e impegno tra i
quali le scuole potranno scegliere. Si tratta di un’iniziativa sperimentale che ci servirà anche di esperienza per
migliorare in futuro».
La corale della Chiesa valdese di Pararostino ha ricordato i suoi cento anni con una serie di iniziative
Una memorabile giornata di festa fra solennità e allegria
KLAUS LANGENECK___
La cronaca della chiesa di
Prarostino riporta che
100 anni fa, nel 1893, è stata
fondata la corale con il nome
programmatico «Il risveglio»; la data esatta sfugge
alla nostra conoscenza. Per
motivi di economia del lavoro della corale, il centenario è
stato festeggiato il pomeriggio di domenica 24 ottobre
con un piccolo concerto, in
cui la corale ha presentato i
pezzi migliori del suo repertorio degli ultimi anni, con
un intervento di carattere storico curato da Bruna Peyrot
e, naturalmente, con un rinfresco con la torta del compleanno. Per l’occasione, la
corale ha raccolto fotografie
e altri documenti e ha allestito una piccola mostra sulla
storia della corale che ha trovato vivo interesse in particolare tra le persone che conoscono Prarostino e ricordano
la storia delle Valli degli ultimi decenni.
La festa è riuscita come ce
l’eravamo immaginata. Era
venuta molta gente, sia da
Prarostino e da San Secondo
che dalle altre chiese. La corale ha dato il suo meglio e,
con due contralti «presi in
prestito» dalla corale di San
Secondo, le quattro voci era
wmm
%9.
Ih
Un momento del Concerto a Grosvillard
no ben equilibrate. Certo, la
corale ha lavorato duramente
per ottenere questo risultato:
dal 15 agosto tenevamo due
prove settimanali. Ma la soddisfazione è stata grande.
Una parte del programma
l’avevamo portata al Deutschen Waldensertag a Grosvillars il 18 e 19 settembre,
dove eravamo stati invitati
per sottolineare il legame di
fraternità tra le comunità vaidesi fondate dagli esiliati del
1699 e le chiese delle Valli.
Il viaggio in Germania è stato
il regalo che ci siamo fatti
per il centesimo compleanno
della corale e a motivo delle
giornate splendide, di tutto
quello che abbiamo potuto
vedere, e non ultima l’ospitalità calorosa che abbiamo trovato nelle famiglie e nella comunità di Grosvillars, possiamo soltanto dire che è stato
un regalo molto bello. Abbiamo ricevuto molto e ci auguriamo di aver potuto dare anche qualcosa.
Per il eoneerto del Centenario avevamo imparato l’inno del centenario dell’Emancipazione del 1948, come
omaggio al passato. Senz’altro è stato un momento com
movente per tutti coloro che
45 anni fa hanno partecipato
alle manifestazioni di quel
centenario, che hanno vissuto
i grandi cambiamenti avvenuti da allora nella vita della
gente, dei paesi e delle chiese
e che hanno riascoltato l’inno
di quel momento di speranza
per il paese e per la chiesa.
Molto simpatico è stato il fatto che due ex direttrici della
corale sono state con noi per
la festa: Delia Revel, la vedova del pastore Umberto Bert,
che ha diretto la corale dal
1938 a 1950, e Anna Scarano, la vedova del pastore
Giovanni Peyrot, che si era
assunto questo impegno dal
1952 al 1964. Purtroppo le
altre persone che avevamo
invitato eome testimoni della
storia della comunità e della
sua corale non hanno potuto
venire per motivi di età e di
salute, ma hanno contribuito
alla festa con i loro saluti.
La nostra festa è stata come
ce l’eravamo immaginata anche perché c’era il rapporto
giusto, per noi di Prarostino,
tra solennità e allegria. Dopo
il concerto nel tempio, quasi
tutti si sono recati alla sala
del teatro per il rinfresco, che
è stato un momento di comunione e di fraternità, di incontri personali e di allegria.
Come corale di Prarostino
vorremmo ringraziare tutti
coloro che hanno contribuito
alla gioia di questa giornata
che ci ha riempito di soddisfazione e di entusiasmo per
il futuro.
Un ringraziamento particolare alla signora Bert, alla signora Anna Peyrot e a Bruna
Peyrot. Non possiamo sapere
se ci sarà un secondo centenario della corale. Se Dio
vuole, continueremo a cantare finché abbiamo salute e
voce, di più noi non possiamo fare. In occasione della
festa abbiamo però chiamato
il fotografo per immortalare
la corale del eentenario nella
speranza che, se ci sarà un
secondo centenario, qualcuno
possederà ancora questa foto
e la farà vedere come noi abbiamo trovato foto e materiale degli inizi della corale per
la nostra mostra. La mostra
rimarrà, per chi la vuole vedere, fino a Natale.
Le seuole possono quindi
valutare e scegliere fra le attività proposte, che vanno
dall’escursione guidata della
durata di un giorno a più
escursioni su temi discussi in
aula con uno o più interventi,
a soggiorni organizzati
aH’intemo del parco.
Per ulteriori informazioni è
comunque possibile rivolgersi direttamente all’ente
Parco, presso l’Istituto Pacchiotti di Giaveno (tei. 0119364265).
Con questa nuova iniziativa si potrà far fronte, dicono
al parco, alla crescita di una
domanda aggiuntiva di nuove attività didattiche senza
con ciò impegnare a tempo
pieno il personale di vigilanza. È possibile anche attivare
iniziative promozionali a largo raggio che nei prossimi
anni potrebbero rappresentare anche un ritorno economico per il parco.
BOBBIO PELLICE:
venerdì 10 dicembre, alle
20.30 presso la famiglia
Zatti, avrà luogo un’agape
quartierale dei campi.
• Sabato 11 dicembre alle
14.30 nella sala unionista i
cadetti, sotto la guida
dell’animatore giovanile
Massimo Long, hanno organizzato un pomeriggio di
incontro rivolto a tutte le
persone della nostra chiesa
che abbiano superano gli
80 anni. Un servizio di trasporto è a disposizione degli interessati.
FERRERÒ: mercoledì
15 dicembre, nella sala delle attività, alle 14,30 si
terrà la festa natalizia organizzata dall’Unione femminile, con la partecipazione
dell’Unione femminile di
Villasecca e di rappresentanti dell’asilo di San Germano.
ANGROGNA: le prossime riunioni quartierali,
dedicate alla riflessione sul
Credo e in particolare al secondo articolo «Credo in
Gesù Cristo», si terranno
sabato 11 dicembre alle 20
agli Odin Bertot, lunedì 13
alle 20 al Serre, martedì 14
alle 20 a Buonanotte e giovedì 16 alle 20,30 ai Prassuit Veraè.
FRALI: le prossime riunioni quartierali si terranno
martedì 7 a Urgere, mercoledì 8 a Malzat, giovedì 9 a
Pomieri e Giordano, mercoledì 15 a Ghigo, martedì
21 a Villa e mercoledì 22 a
Indiritti e Cugno. Il ciclo
delle riunioni è dedicato
dalla cristologia
TORRE PELLICE: domenica 12 dicembre, alle
ore 15, avrà luogo la riunione quartierale al Tagliaretto.
VISUS
di Luca Regoli & C. s.n.c.
OTTICA - via Arnaud 5
10066 TORRE PELLICE (TO)
L’OTTICO Di LUCERNA
di Federico Regoli & C. s.fi.c,
via Roma, 42
C 10062 LUSERNA S. GIOVANNI (TO) f
i: //7/z
y
10
PAG. IV
L* Eco DELLE %LLI ¥VLDES:
VENERDÌ 10 DICEMBRE 1993
Alimentazione e mangiare sano
VALERIA FUSETTI
Nel periodo che precede il Natale vorrei
darvi alcune ricette che
provengono da vari paesi
del mondo. Alcune di queste, come il Panpepato ferrarese e il Chutney di mele, ben confezionati possono diventare graditi regali.
Se desiderate passare in famiglia qualche domenica
pomeriggio, coinvolgendo
anche i bambini nella
confezione dei dolci da regalare a parenti ed amici,
le seguenti ricette vi potranno interessare.
Panpepato
ferrarese
La sua origine non è sicura, ma non può essere
datata prima del XVII secolo, dato che uno dei suoi
ingredienti è il cacao. Non
è un dolce di origine popolare, e la storia ufficiale lo
fa uscire dalle mani di un
capocuoco della corte
estense. In ogni caso dal
secondo dopoguerra ad oggi ha sostituito sia la ciambella che il «dolce del coppo» come dolce natalizio
della mia città d’origine.
Ingredienti: farina 00
125 grammi; miele 150
grammi; zucchero 125
grammi; uvetta 100 grammi; mandorle sgusciate
100 grammi; cedro e arancia canditi a cubetti 100
grammi; pinoli 100 grammi; cacao amaro 100
grammi; 1 cucchiaio di semi di anice; 1/2 bustina di
spezie, 1 cucchiaino di bicarbonato di soda; poco
burro per ungere la teglia.
Procedimento: mettete in
un recipiente il miele, lo
zucchero, il bicarbonato, i
semi di anice, le spezie e
versatevi sopra 2 decilitri
di acqua bollente, mescolate bene e fate cadere dal setaccio, lentamente, la farina e lavorate bene il composto. Aggiungete quindi
l’uvetta, le mandorle pestate, il cedro e l’arancia candita, i pinoli e il cacao. Mescolate sempre molto bene.
Imburrate una larga tortiera
rotonda, mettetevi il composto e ponetelo nel forno
già caldo a 190°, lasciatelo
sino a completa cottura.
Quando il dolce sarà freddo potrete tagliarlo a larghe
fette, spennellarlo di cioccolato fondente e, una volta indurito, avvolgerlo in
alluminio. Volendo si conserva alcuni mesi, ma a dire il vero a me non è mai
riuscito.
Se invece volete fame un
dono particolarmente raffinato vi consiglio di usare
tortiere piccole a forma di
stella o di orsacchiotto e di
mezzaluna: anche ai bambini saranno particolarmente graditi!
Dall’India invece viene
una salsa di mele adatta ad
accompagnare, a piccole
dosi, diversi piatti, dagli
arrosti ai bolliti misti. Dato
che non conviene farne
una piccola quantità, vi
consiglio di suddividerla in
vasetti da 250 grammi a
chiusura ermetica, si conserverà parecchi mesi.
Chutney di mele
Ingredienti: 2 chili di
mele renette; 6 tazze da tè
di aceto bianco; 3 tazze di
zucchero di canna; 1 cucchiaio di zenzero in polvere; 2 cucchiai di paprika; 1
cucchiaio di semi di senape; 3 spicchi d’aglio; 5
grani di pepe; 5 chiodi di
garofano; 1 bastoncino di
cannella.
Procedimento: sbucciare
le mele e tagliarle in grossi
pezzi. Metterle in una pentola con l’aceto e lo zucchero e lasciar bollire a
fuoco basso sino ad ottenere un purè. Aggiungete
quindi tutti gli altri ingredienti, rimescolare energicamente e lasciar cuocere
ancora cinque minuti. Togliere il composto dal fuoco, metterlo in un recipiente chiuso e lasciarvelo riposare tre giorni. Mescolare tre-quattro volte al giorno, indi riporlo in vasetti a
chiusura ermetica e conservare in luogo fresco.
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata
LA PRIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 - Tel. 0121/321682
PINEROLO
Lara Peyrot nella squadra nazionale di sci
L'atleta valligiana titolare in Nazionale
Lara Peyrot all'avvio
della nuova stagione
_______MILEWA MARTINAT_____
Lara Peyrot ha un grande
sogno: arrivare in Coppa
del mondo; «Facendo naturalmente un passo alla volta,
non sono la sola ad aspirare
a questo traguardo», così si
esprimeva lo scorso autunno
la giovane sciatrice di Prali.
Ora questo sogno è diventato
realtà.
Nel prossimo fine settimana a Santa Caterina Valfurva
vi saranno due gare di Coppa
del mondo e Lara Peyrot sarà
al via insieme alla Di Centa,
alla Beimondo, a Vialbe e legorova. «Queste atlete rappresentavano per me, fino a
pochi mesi fa, un altro pianeta. Ora sono le mie avversarie, anche se io sono ancora
molto lontana da loro».
- Come ti avvicini a queste
gare?
«Sarà tutto nuovo, come atmosfera, come ritmo di gara.
Faremo una 5 km, che nel
fondo sono uno sprint, e una
staffetta; sarà un’occasione
per fare esperienza».
- Lo sci di fondo è uno
sport di grande sforzo fisico e
psicologico per competizioni
individuali, solo nelle staffette vi è gioco di squadra.
Quanto è importante allora
allenarsi insieme?
«Si è abituati a gareggiare
da soli, per se stessi e con le
proprie responsabilità. Nella
staffetta cambia la situazione
ed è anche importante potersi
allenare insieme.
Mi alleno molto sulle nevi
di casa (ogni giorno due ore
sugli sci e 20 minuti di ginnastica) perché vado a scuola,
frequento l’ultimo anno di ragioneria a Pinerolo. Questo
essere sola in allenamento
ogni tanto mi pesa».
- Scuola superiore e sci di
alto livello agonistico vanno
d’accordo a patto di molti sacrifici e molto impegno dovuti ai periodi di allenamento
fuori regione, oltre al viaggio
quotidiano da Prali a Pinerolo. Cosa pensano i tuoi compagni di classe dei tuoi ottimi
risultati sia scolastici che
sportivi?
«Non sempre tutti mi capiscono fino in fondo. Molti
non sanno cosa vuol dire
praticare uno sport a un certo livello».
- Ora un altro sogno allieta
i sonni di Lara: le gare olimpiche di Lillehamer a febbraio...
«E vero, - dice ancora Lara - partecipare a una gara
olimpica sarebbe molto bello,
ma non ci sono solo io...».
CALCIO — Da dieci partite il Pinerolo è imbattuto nel
campionato nazionale dilettanti; domenica è andato a
pareggiare nella non facile
trasferta di Sanremo, segno
che la giovane squadra messa
insieme quest’estate dai dirigenti biancoblù sta assumendo sempre maggiore consapevolezza dei propri mezzi. 11
primo tempo ha visto il predominio dei pinerolesi che
hanno realizzato con Pallitto.
Altra musica nella seconda
frazione con i locali subito in
avanti e in rete dopo 6' con
Calabria; poi, poco da segnalare. Domenica il Pinerolo affronterà in casa la Valenzana,
penultima in classifica.
BOCCE — La capolista
del campionato di serie Al, il
Tubosider di Asti, è stata
bloccata domenica dal Bra
sul pari (8 a 8) e se ne sono
avvantaggiate le rivali Veloce
Club di Pinerolo, Chiavarese
e soprattutto Plozner che, superando per 16 a 0 il Valpellice, sale al secondo posto. 11
Veloce è ora a 62 punti, il
Val pel lice resta a 30. Sabato
prossimo, il Valpellice af
fronterà in casa il Tubosider
mentre il Veloce sarà in trasferta a Chiavari.
VOLLEY — Riprende il
proprio cammino la pallavolo
femminile in serie Bl; sabato
scorso, in casa con la Figurella, è stato un 3 a 0 netto. A
conferma dell’equilibrio nel
campionato, con la sconfitta
del Cecina, non vi è più nessuna squadra a punteggio
pieno.
Nella serie Bl maschile
successo del Pinerolo, 3 a 0 a
Cessalto. Sabato i ragazzi saranno in casa con il Voluntas
Asti mentre la formazione
femminile andrà a Valdengo.
Nel campionato provinciale
femminile il 3S è stato sconfitto dal S. Paolo, mentre nel
settore ragazze il 3S ha espugnato il campo di Perosa per
3a0.
PALLAMANO - Nel campionato juniores i ragazzi del
Luserna hanno subito un pensante 19 a 40 dalla'capolista
Libertas Alessandria. Nella C
femminile, in un’entusiasmante sfida, le lusernesi
hanno superato di un punto,
31 a 12, l’Einaudi Torino.
Venerdì 10 dicembre —
PINEROLO: alle 17,45, presso la sala di rappresentanza
del Comune, presentazione del
libro I frati e il convento di
San Francesco di Pinerolo.
Interverranno ii proff. Giorgio
Cracco e Rinaldo Comba.
Venerdì 10 dicembre —
TORRE PELLICE: il gruppo
di studio Val Lucerna propone
alle 20,45, presso la Comunità
montana in corso Lombardini
2, un incontro su Medicina e
malattie, metafore del male;
interviene Carlo Colombero.
Sabato 11 dicembre — POMARETTO: alle 21 al tempio
valdese, concerto del coro polifonico Turba Concineus.
Sabato 11 dicembre —
TORRE PELLICE: il Consiglio femminile della Croce
Rossa, in occasione della campagna nazionale «Ho bisogno
di te» a favore della popolazione dell’ex Jugoslavia propone,
alle 20,45 nel tempio valdese,
un concerto del Coro alpino
Valpellice. Il ricavato della serata sarà devoluto all’iniziativa.
Sabato 11 dicembre —
VILLAR PELLICE: alle 21,
nel tempio valdese, si tiene il
concerto conclusivo di Tacabanda organizzato da Radio
Beckwith e dalla Cantarana:
Evelyne Girardon e Robert
Amyot presentano Musique en
couple, canti e musiche della
tradizione francese.
Sabato 11 dicembre — LUSERNA SAN GIOVANNI:
Nel tempio valdese, alle 21, si
svolge un concerto con la partecipazione della corale valdese
di Luserna San Giovanni, del
coretto di Luserna e del coretto
dei piccoli di Torre Pellice.
Domenica 12 dicembre —
CHIVASSO: la Lega Nord
Piemont e il Grup d’Assion
Piemonteisa Val Pelis organizzano una giornata di studio sulla carta di Chivasso, nell’aula
magna dell’Itis «Leonardo da
Vinci», in via Orti.Inizio del
convegno alle 9,30; interventi
di Gino Lusso, Riccardo Sandrone, Franco Ferraresi, Roberto Vaglio, Sergio Hertel e Lucio Malan. Il Grup d’Assion
organiza un pulman; chi lo desidera può prenotare il pranzo a
Chivasso per 40 mila lire: per
informazioni telefonare al n.
0121-91696.
Martedì 14 dicembre —
RIVOLI: Il Comitato accoglienza profughi organizza, alle ore 21 presso la sala consiliare del Comune, una serata di
solidarietà a favore della ex Jugoslavia sul tema: Si continua
a morire; quali strategie di
pace? con riflessioni a cura di
Maurizio Girolami, Nanni Salio, Lorenzo Trucco. Partecipa,
con brani di musica polifonica,
il coro «Il ruscello» di Rivoli.
Giovedì 16 dicembre —
TORRE PELLICE: in occasione degli incontri organizzati
dalla sezione di Torre Pellice
dell’Università della Terza Età,
alle 15,30 nel salone della
Scuola mauriziana, in via al
Forte 2, si terrà nel salotto di
nonna Speranza, concerto con
Lady Palma, soprano, e Maria
Grazia Ficarra al pianoforte.
Giovedì 16 dicembre —
TORRE PELLICE: presso il
circolo Nautilus, in piazza San
Martino 6, alle 21,30 si terrà
un concerto degli Emanuele
Cisi trio jazz, con Alessandro
Maiorino al contrabbasso,
Maurizio Cuccuini alla batteria
ed Emanuele Cisi al sax.
Sabato 18 dicembre —
BRICHERASIO: alle 21, nella chiesa parrocchiale di Santa
Maria, si terrà il concerto di
Natale della Società filarmoni
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15 -10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolon. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa: La Ghisleriana Mondovi
Spedizione in abb. post.; Gr 2A/70
ca San Bernardino diretto da
Fabrizio Paddeu.
Sabato 18 dicembre ____
CHIOTTI: alle 20,30 nel tempio valdese, concerto prenatalizio delle corali della vai Germanasca.
Sabato 18 dicembre ____
TORRE PELLICE: alle 17, al
Caffè Arnaud, verrà allestita
una mostra di Guy Rivoir; durante il vernissage sarà possibile degustare prodotti caseari tipici della Latteria di Bobbio.
Fino al 21 dicembre —
TORRE PELLICE: è allestita
nei locali della Pro Loco, in via
Repubblica 3, la mostra di
sculture in legno di Albino
Pons. Orario: tutti i giorni dalle
9 alle 12 e dalle 16 alle 18,30;
chiuso domenica e lunedì.
EMA
TORRE PELLICE — Il cinema Trento propone: venerdì
10, ore 21,15, Il lungo
silenzio; sabato, ore 20 e
22,10, domenica, ore 16, 18,20
e 22,10, lunedì, ore 21,15, Per
amore, solo per amore.
BARGE — Questa la programmazione del cinema Comunale: venerdì 10, Madadajo; sabato II segreto del bosco vecchio; domenica, ore
14,15, 16,30, 18,45, 21, lunedì,
martedì e giovedì. Sol levante.
Feriali ore 21.
)ERVIZI
42 «**
CHiSONE - 6ERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENICA 12 DICEMBRE
San Germano Chisone: Farmacia Tron , tei. 58766
Fenestrelle: Farmacia Grippo
- Via Umberto I 1, tei. 83904
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81000
Croce verde, Porte ; tei. 201454
USSL 43-VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 12 DICEMBRE
Bibiana: Farmacia Garella Via Pinerolo 21, tei. 55733
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
USSL 44 • PINEROLESE '
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
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dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
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11
VENERDÌ 10 DICEMBRE 1993
Attualità
PAG. 7 RIFORMA
Iniziativa del Movimento internazionale di riconciliazione presso il Servizio cristiano
Educazione alla pace e nonviolenza a scuola
_____NiKOGULLOTTA_ l’esempio di Palermo (dove
lui è insegnante e volontario). À
Il 6 novembre, organizzato
da alcune realtà del Mir siciliano, ha avuto luogo presso
il Servizio cristiano di Riesi
un incontro con insegnanti e
alcuni residenti per far conoscere il Movimento internazionale di riconciliazione e
soprattutto per affrontare il
problema dell’educazione alla
pace a scuola.
Francesco Lo Cascio ha introdotto il primo tema, dando
alcune brevi informazioni sul
Mir e sulle attività che ha
svolto e che svolge attualmente, trattando il problema della
nonviolenza come metodo ed
esigenza. In Italia il Mir è nato nell’ultimo dopoguerra, ad
opera anche di Tullio Vinay;
gli aderenti al movimento sono alcune centinaia, mentre
nel mondo sono circa centomila. Nonostante l’esiguo numero, il Mir ha avuto otto premi Nobel (Albert Schweizer,
Albert Luthuli, Martin Luther
King, Adolfo Perez Esquivel,
ecc.) ed è in contatto e in
stretta collaborazione con altri
gruppi nonviolenti che lavorano per la pace nel mondo, secondo il metodo della nonviolenza attiva, che rifiuta ogni
tipo di violenza istituzionale
(militare, economica, politica)
e provocata dalla «malavita
organizzata, per la fame, l’emarginazione, l’indifferenza».
Il Mir comunque è il movimento nonviolento caratteristico per il suo ecumenismo
(vi sono presenti cattolici,
protestanti e anche membri di
altre fedi religiose non cristiane). Francesco Lo Cascio ha
anche evidenziato alcuni
esempi concreti, tra i quali
quello che è sembrato più importante (anche se spesso portato avanti spontaneamente e
senza «etichette») è stato
l’esempio di Palermo (dove
lui è insegnante e volontario)
A Palermo la gente ha più coscienza dei suoi diritti e vuole
reagire contro la mafia, la
quale sta perdendo terreno
proprio perché sta mancando
il «consenso» popolare. Aumentano le persone impegnate contro la mafia, aumentano
i pentiti che parlano e questo
può innescare un processo socio-politico e anche culturale
nuovo, molto pericoloso per
la mafia che finora ha agito
indisturbata a causa di un substrato culturale che la accettava e in un certo senso la giustificava.
Anche i gruppi di volontariato stanno sempre più prendendo coscienza del loro ruolo «politico» nei vari quartieri
«a rischio» della città, per cui
il loro compito non dovrebbe
essere più solo di tipo assistenziale, ma anche di tipo socio-culturale e di coscientizzazione democratica. Il metodo che si sta usando è prettamente nonviolento.
La seconda parte è stata più
specifica e ha voluto dare ai
docenti presenti degli elementi sia di carattere generale sia
di carattere concretamente didattico, indicando proposte e
testi adeguati. Si è sottolineato come l’educazione alla pace tocchi tutti gli ambiti
dell’organizzazione scolastica
e non possa limitarsi a lezioncine astratte, che non dicono
nulla e non lasciano segni.
Così come la nonviolenza attiva intende essere un mezzo
«di cambiamento personale,
sociale e politico e stile di vita», anche l’educazione alla
pace non deve diventare una
parola senza senso ma un
comportamento, un modo di
strutturare la giornata e gli
spazi scolastici.
Da qui l’importanza della
Un’immagine del Servizio cristiano di Riesi
disposizione spaziale dell’arredamento, delle regole di
classe e di plesso da formulare insieme ai bambini stessi, i
quali però devono tenerne
conto per non cadere nel rischio di un’educazione non
formativa e poco credibile;
l’opportunità di rivedere anche le materie tradizionali di
insegnamento (storia, geografia, educazione fisica, italiano, drammatizzazione,
ecc.) perché vengano viste
non alla luce di un nozionismo superato, ma alla luce del
rispetto di sé, degli altri e del
creato. Importantissimo è scegliere contenuti e usare metodi atti a che venga sviluppata
l’accettazione del diverso, acquisendo una propria identità,
non per chiudersi in se stessi
ma per aprirsi agli altri e per
scoprire la loro identità, per
uno scambio proficuo e amichevole.
Da qui i giochi per superare
la conflittualità, per conoscere
la realtà e i «diversi» tra noi,
avere delle corrette informazioni. Insomma, bisogna fare
in modo che l’educazione alla
Le diversità confessionali in una conferenza-dibattito a Treviso
Cattolicesimo e protestantesimo
Sabato 13 novembre, presso la sede comunale di palazzo Onigo a Treviso, il past.
Eugenio Stretti ha tenuto, come già avvenuto in precedenza, una conferenza di
evangelizzazione dal titolo
Differenze tra cattolicesimo
e protestantesimo, la terza
nel corso di quest’anno.
Il tema ha richiamato molte persone non protestanti,
tra cui don Pietro Fletta (professore presso il locale seminario), ed è stato trattato con
la nota competenza. Non è
stato un discorso apologetico
in difesa del protestantesimo;
pur enunciando quanto abbiano in comune la teologia
cattolica e quella protestante
(quale la confessione di fede
nel Dio creatore, in Gesù
Sabato 25 dicembre
Raidue
i'-'
>• ore 10
Culto di Natale
eurovisione
in diretta dalla Chiesa
valdese di Pidenno.
Il culto sarà presieduto
dalla pastora Laura Leone; il sennone sarà tenuto
dal pastore Giuseppe Piatente. 4,
Cristo, nelle Sacre Scritture e
nell’opera dello Spirito Santo) il pastore Stretti ha tuttavia messo in risalto il concetto di «chiesa sempre da riformare» per i protestanti e
quello del sacerdozio universale dei credenti, dove la
chiesa viene concepita non
come un’istituzione di tipo
gerarchico-piramidale, ma
come una forma di governo
di tipo assembleare.
Sono quindi stati elencati i
principi della «sola Scriptura» e della «sola grafia», da
cui derivano la gratuità della
salvezza, la centralità della
Parola nella predicazione e
nel sermone delle chiese
evangeliche. Inoltre è stato
ricordato che il protestantesimo non considera nessuna
mediazione (dei santi o di
Maria) all’infuori di Gesù
Cristo, unico mediatore, benché si riconosca il ruolo importante di altre donne, oltre
Maria, aU’intemo della Sacra
Scrittura. Anche i sacramenti, come segni della grazia di
Dio, cioè il battesimo (non di
acqua ma di Spirito Santo) e
la Cena del Signore sono stati ben illustrati e presentati.
È seguito un ampio e interessante dibattito, principalmente da parte di cattolici,
segno dell’interesse suscitato
nei presenti. La conferenza è
stata un’occasione di testimonianza pubblica evangelica che ci si augura possa far
«lievitare» l’annuncio della
Parola e contribuire a far conoscere a Treviso i protestanti italiani che non vogUono essere considerati «minoranza» ma componente della
società civile.
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aperto anche le domeniche
12 e 19 dicembre ore 9-13
e 15-19
pace non si insegni ma si viva, si respiri nel clima di ricerca, di dialogo e di amicizia
insito nella scolaresca, anche
tramite specifici impegni di
solidarietà da realizzare con
gli alunni stessi, in quanto
l’esempio è stato ed è la migliore lezione che si può dare
a dei bambini e ragazzi, che
va ben oltre tutto un anno di
parole e di pagine di libri.
Ci siamo lasciati con l’intenzione di rivederci ancora
(possibilmente allargati ad altri e per alcuni giorni: verso
Testate?) per svolgere un seminario o un campo scuola
specifico, dove si dovranno
affrontare delle tematiche anche più spicciole, come la disciplina e come conciliare
l’esigenza di educare a un
certo comportamento sociale
e di rispetto e l’esigenza di
educare alla libertà, senza che
si faccia pesare il ruolo «autoritario» dell’insegnante.
Le elezioni amministrative a Lentini
Spunta la primavera
____RAFFAELE VOLPE_ oppure in uno schietto tenti
Il 21 novembre si è votato
a Lentini. Una città che gli
antropologi sociali definirebbero «agrotown»: insediamento urbano meridionale di
dimensioni cospicue, popolata prevalentemente da famiglie contadine; ed erano proprio i contadini, in maggior
parte braccianti, che facevano di Lentini la città rossa.
Poi, nell’ultimo decennio, la
democrazia cristiana ha
sbiancato tutto: la Lentini
rossa è diventata un’anemica
città per quanto riguarda
l’economia, il vivere civile,
la sua amministrazione; il
palazzo comunale è diventato l’ente privato della partitocrazia, la politica un affare.
È da questa triste consapevolezza che è nato prepotentemente il bisogno di parte
degli evangelici storici di un
impegno in prima persona
per un rinnovamento della
politica; impegno che ha portato anche alla candidatura
nella lista di Alleanza democratica due membri della
chiesa battista: Nunziatina
Formica ed Enzo Caruso.
«Anche» perché la loro
candidatura è stata l’apice e
non il punto di partenza di un
coinvolgimento intenso nella
politica locale: mi ritornano
in mente le parole di Karl
Barth: «La parola di Dio esige che la comunità compaia
in mezzo al tumulto e vada
fra mani sudice, perciò essa
deve andarci e sporcarsi in
nome di Dio. E invece cerca
di ritirarsi verso un cristianesimo trascendente, oppure
verso la cura dell’interiorità.
oppure in uno schietto tentativo di equipaggiamento morale e individuale, oppure
verso la cura di altre cosucce
cristiane...».
Il 21 novembre scendevano in campo quattro schieramenti: una parte migliore
della democrazia cristiana,
una parte peggiore, il Pds e
un Patto di progresso, frutto
dell’unione tra Rifondazione
comunista. Alleanza democratica, Indipendenti di sinistra, fuoriusciti dal Pds, Rete
e una lista dal nome «Mani
pulite».
Un combattimento ad armi
quasi pari: non c’era più il
peso del voto di scambio. Ed
ecco i frutti: al ballottaggio
di dicembre c’è il candidato
sindaco del Pds e il candidato sindaco del Patto di progresso.
Il 70% dei lentinesi ha votato per uno schieramento di
sinistra o progressista. Peccato che il Pds locale non abbia ancora fatto suo l’invito
di Occhetto ad unire le forze
di progresso. Lentini avrebbe
avuto un sindaco al primo
turno, così come è successo a
Carlentini, a Patemò, a Priolo e in tanti altri paesi dove si
è costituita un’alleanza prò-*
gressista.
Nunziatina ed Enzo non ce
Thanno fatta: non saranno
consiglieri. Ma hanno avuto
la sensazione, e con loro tutti
quanti noi, che è finalmente
cominciata una primavera
della politica, e che tra le
tante diverse fioriture ce n’è
anche una speciale che ha
sempre predicato di non voler rinunciare alla dialettica
tra fede e politica.
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anno, quella a tema unico a maggio, l’altra a novembre.
ih ¡ni',.
uiii- Per abbonarsi, si versano £ 20.000 a: f
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LUX BIBLICA ^
c/oIBEI
Via del Casale Corvio, 50
00132 ROMA l
ccp. 74358003, ^
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12
PAG. 8 RIFORMA
venerdì io dicembre 1993
Quando la musica sacra e l'espressione visiva conobbero un notevole apporto
La fioritura artistica nel^età della Riforma
ELIO RINALDI
Nel 1983, anno delle manifestazioni per il quinto
centenario della nascita di
Martin Lutero, il prof. Boris
Ulianich deU’Università di
Napoli affrontò le complesse
argomentazioni intorno all’
ecclesiologia luterana: certo,
gli effettivi validi moventi
della Riforma furono dettati
dalle diverse scelte di interpretazioni spirituali, ma contrariamente a quanto si pensa
il campo delle arti non fu trascurato, anzi fu visto come
motivo di elevazione mistica
verso il sommo artista creatore, «l’Eterno, l’Iddio del cielo che ha fatto il mare e la
terra ferma» (Giona 1, 9).
Anche nelle arti visive,
dunque, oltre alle antitetiche
ragioni teologiche basilari, si
avvertì l’atteso anelito di mutamento per un rinnovato soffio vitale dello Spirito Santo.
In particolare fu valorizzata la
musica sacra (dallo Schopenhauer definita «la più spirituale delle arti») e insieme la
poesia, ma anche l’architettu
ra intesa come struttura non
solo funzionale ma liturgica,
e la pittura volta a evidenziare il soggetto biblico.. Ciascuna di queste discipline, secondo il proprio specifico linguaggio, possono essere alta
testimonianza di fede.
In musica furono evidenziate le due forme del Lied e
del corale luterano polifonico. Nel Lied si rivelò tra l’altro un’unità inscindibile fra
musica e poesia: il poeta infatti era a volte lo stesso compositore: unica era l’ispirazione della fonte cristiana. Il più
famoso degli inni sarà Ein’
feste Burg ist unser Gotto
(Una forte rocca è il nostro
Dio). Lutero affermava che
«la musica ha il suo posto accanto alla teologia».
Anche le arti dunque possono non essere mute ma viventi testimonianze per uno stimolo di trascendenza volto alla gloria di Dio. Nella traduzione dalla musica alla pittura
menzioniamo le originali
quanto preziose interpretazioni pittoriche della Bibbia,
specie del Nuovo Testamento,
attraverso le tele, i disegni, le
incisioni di famosi artisti tedeschi, olandesi e fiamminghi
oltre a quelli italiani: Cranach, Grünewald, Altdorfer, i
due Holbein e l’eccezionale
personalità di Albrecht Dürer
(1471-1528), di cui è stato
detto che «operò nell’arte in
profondità e in eloquenza pari ai sermoni luterani»', il tormento della sua anima fu
espresso nelle famose xilografie (1498) relative alle
drammatiche visioni
dell’Apocalisse, sintetizzate
nei conflitti fra la luce (il bene) e le tenebre (il male) con
il trionfo finale dell’agnello.
Il ministro della Giustizia, Conso, a Torino
Strategie mondiali
contro la mafia
ENRICO FUMERÒ
Albrecht Dürer, «Melancolía I» (1514)
In particolare «la riflessione
delle possibilità dell’intelligenza e della cultura dinanzi
al mistero del destino dell’uomo è vista dal Dürer nella
grande incisione rappresentante la malinconia: qui è facile fare il raffronto tra il più
grande degli artisti del Nord
Europa e la poesia di Michelangelo, ove avvertiamo tutta
la tensione del dramma cristiano nella consapevolezza
del peccato alla ricerca del
rifugio nella sola grazia di
Dio» (S. Caponetto, La Riforma protestante nell’Italia del
’500, Claudiana).
Con la Riforma, anche nella sua trasposizione artistica
pittorica e musicale, si può
ben dire che la Parola sostituì
ogni immagine che non rivelasse i valori del messaggio
evangelico.
La vera metànoia fu infatti
espressa nella libertà di coscienza, nell’autonomia di responsabilità del singolo credente dinanzi a Dio. Come il
salmista potremo allora dire:
«Non a noi, o Eterno, non a
noi ma al tuo Nome dà gloria
per la tua bontà e per la tua
fedeltà» (115, 1).
(da Diaspora evangelica)
TJensare localmente,
XVagire localmente»: il
motto che ormai da anni è alla base della difesa contro gli
inquinamenti ambientali dovrà simboleggiare anche
l’azione contro la mafia. E
ciò che emerge dalla relazione che il ministro della Giustizia, Giovanni Conso, invitato dalla Consulta regionale
europea, ha presentato l’8
novembre a Torino, introducendo il convegno dedicato
alla Dimensione europea del
fenomeno mafioso.
Mentre, fra tragedie e contraddizioni, gli organi dello
stato si organizzavano di
fronte alla minaccia mafiosa,
il fenomeno ha accelerato in
progressione geometrica la
sua espansione. «Le azioni
mafiose - ha detto Conso sono da leggersi ormai su
scala planetaria». L’estrema
rapidità di comunicazione
che caratterizza il mondo
d’oggi ha facilitato alle organizzazioni criminali l’adozione di schemi analoghi, il
coordinamento e il collegamento dei traffici illeciti. Oggi la piovra abbraccia con i
suoi tentacoli l’Oriente e
l’Occidente e trae profitti incalcolabili dai traffici di droga e di armi.
L’immagine del mafioso
con coppola e lupara non ha
più senso: servendosi della
«forza di intimidazione del
vincolo associativo», che è 1’
espressione usata dal Codice
penale per caratterizzare i
comportamenti mafiosi, le
organizzazioni criminali hanno introdotto i loro capitali
nelle più diverse attività economiche riuscendo ovunque
a mimetizzarsi.
Pensare globalmente, e
cioè prendere coscienza dell’ampiezza del problema,
non deve tuttavia diventare
uno stimolo al pessimismo.
«La lotta contro il male - ha
detto infatti il ministro rivolgendosi a una platea costituita in gran parte da studenti
delle scuole medie superiori
- è difficile ma non disperata». Occorre agire incisivamente, individuando i punti e
i settori maggiormente a rischio e adottando caso per
caso i comportamenti più opportuni.
Secondo Conso, il tallone
d’Achille della lotta contro la
criminalità organizzata è oggi l’Europa. E verso il vecchio continente che convergono le vie su cui scorrono i
traffici illeciti, è qui che si
concentra il denaro sporco, è
qui che l’azione delle polizie
deve essere più attenta.
Nella relazione di Lorenzo
Salazar, membro delTufficio
legislativo del ministero di
Grazia e Giustizia, sono stati
enunciati i termini di questa
azione: formazione di una
banca dati che consenta alle
autorità dei paesi europei di
scambiarsi velocemente ogni
informazione, lotta alle frodi
di cui sono spesso oggetto i
finanziamenti comunitari,
costituzione di una polizia
europea.
Roma: le decorazioni del tempio valdese di piazza Cavour legate al messaggio biblico
L'aurora che tiene salda la nostra speranza
nelle vetrate romane di Paolo Paschetto
CARLO GAY
La vetrata del tempio di Roma, piazza Cavour
A bbiamo trovato scamXx/V.po nell’afferrare la
speranza come ancora nell’
anima» (Ebrei 6, 17-19).
Si racconta che Paolo Paschetto, incaricato dal pastore
Arturo Muston di dare al tempio valdese di Roma di piazza
Cavour un qualche stile, che
gli conferisse un «colore
evangelico» e lo liberasse dal
biancore troppo tipico di una
moschea, abbia fatto confluire
le note del suo espressionismo
nell’abside e nei motivi floreali del «matroneo» ed abbia
riportato nelle vetrate il simbolismo delle catacombe di S.
Calisto e di Domitilla. Così
ammiriamo l’ancora, la palma, il buon pastore, la vite e i
tralci, la fenice (simbolo
dell’immortalità), la Gerusalemme celeste, l’agnello, l’Alfa e l’Omega, i segni di riconoscimento fra i cristiani.
Così abbiamo anche noi la
nostra Collegiata. A San Gimignano i pittori Bama di Siena e Bartolo di Credi diedero
nelle pitture dell’Antico Testamento e del Nuovo Testamento alle loro generazioni i
«libri degl’ignoranti» cioè la
visione dell’Antica Alleanza e
del Golgota e di Pasqua. Vi è
la passione di comunicare
l’Evangelo ad altri uomini, a
tutti gli uomini. Così Paolo
Paschetto comunica ai nostri
contemporanei, con il richiamo alle catacombe e alle prime generazioni cristiane, i «libri degli ignoranti» (cioè ai
«dotti» del secolarismo).
Le vetrate sono integrate
con il versetto biblico nello
stile tagliente della traduzione di Giovanni Diodati, lucchese, figlio di esuli lucchesi
a Ginevra, dove egli era professore di teologia presso
l’Accademia di Calvino.
«Abbiamo cercato il nostro
scampo nell’afferrare la speranza come ancora nell’anima». La Riveduta traduce:
«Abbiamo cercato il nostro
rifugio nell’afferrare saldamente la speranza che ci era
posta dinanzi, sicura e ferma,
penetrante al di là della cortina». La traduzione interconfessionale ci dà questa versione: «Così noi che abbiamo
cercato rifugio in lui, siamo
fortemente incoraggiati ad afferrare con forza la speranza,
che è messa di fronte a noi.
Tale speranza è come l’ancora della nostra vita: è sicura e
robusta e, attraverso il velo
del tempio celeste, penetra fino al santuario di Dio». Leggendo queste parole della lettera agli Ebrei, possiamo trarne tre motivi di riflessione.
1) La speranza è collegata
con la promessa. Dio ha promesso il suo regno: non è solo
il regno di «questo mondo». I
cristiani continuano a pregare:
Venga il tuo regno. Vale a dire: la tua promessa sia adempiuta, perché in questo tempo
non è ancora compiuta ma si
compirà perché Dio lo ha giurato. Dio non si pentirà. Queste espressioni dell’Antico Testamento sottolineano il progetto di Dio per la redenzione
dell’uomo.
2) La parola di Dio, che trasmettiamo a chi vive con noi e
a chi viene dopo di noi, non è
un vano soffio di vento, come
tutte le nostre parole umane,
ma è parola di Dio. Viviamo
nel tempo della predicazione
di questa promessa, che chiama, convoca, raduna il popolo
di Dio: la chiesa. Ricordo di
avere visto nella Kassel del
dopoguerra una chiesa completamente distrutta, ma una
parete restava in piedi, sulla
quale era scritta «La Parola di
Dio dura in eterno». I segni
esteriori possono scomparire,
ma la Parola non scomparirà.
3) Torniamo aH’immagine:
come l’ancora. L’ancora trat
tiene la nave sbattuta dai venti
e le impedisce di colare a picco. Ancora per la nostra anima o per la nostra «vita» agitata da ogni vento di dottrina,
da ogni tipo di eresia, dalla
«fragilità» dei nostri sentimenti. Ma l’originalità dell’
immagine sta nel fatto che
l’ancora della nostra speranza
è ancorata in modo fermo e sicuro, perché è ancorata al di là
della cortina. Il passo biblico
si riferisce alla cortina del
tempio: l’evangelista Matteo
(27, 51) accenna all’evento,
che si verifica dopo che Cristo
è spirato: «La cortina del tempio si squarciò in due, da cima
a fondo». La morte e la risurrezione di Cristo sono il mistero, per mezzo del quale
l’uomo può entrare in diretta
comunione con Dio, e Dio libera l’uomo da ogni incertezza. In Cristo troviamo scampo
da ogni dubbio, perché la nostra speranza diventa salda,
perché Dio è il Vivente e in
lui abbiamo la vita.
PROTESTANTESIMO IN TV
Domenica 19 dicembre - Raidue - ore 23,30
replica lunedì 27 dicembre - Raidue — ore 9
Il Messia di Händel
esecuzione di brani musicali introdotti
e commentati da Gianni Long.
13
VENERDÌ 10 DICEMBRE 1993
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
Novità Claudiana: un libro di Giorgio Girardet sui diversi modi di leggere la Bibbia
Osiamo recitare il nostro finale personale?
DANIELE BOUCHARP ____
^ / racconta che una
\\ kJ compagnia teatrale
rinvenne un giorno un dramma sconosciuto di Shakespeare, intenso e splendido
come Macbeth, tragico come
Amleto. Ma il finale era purtroppo andato perduto, il
dramma si interrompeva a
metà del quinto atto. Che fare? L’opera era così straordinaria e aveva talmente affascinato il capocomico e gli
attori che questi decisero di
rischiare e di presentarla al
pubblico cosi com ’era, senza
finale. Avvertendo soltanto il
pubblico che alla fine sarebbero stati gli stessi attori a
proporre una conclusione, a
recitare un loro finale.
Così fu: la compagnia teatrale si immedesimò nel
dramma e nei suoi personaggi e recitò alla fine quello che
era il “loro ” finale, un modo
o uno dei modi in cui avrebbe
potuto .scriverlo lo stesso autore. Oppure no? E avvenne
che a ogni replica, a seconda
delle circostanze e degli umori del pubblico e degli attori,
il dramma riscoperto riceveva un finale diverso, eppure
sempre, a suo modo, “vero”.
Così è la Bibbia»*.
Ciascuna persona, ciascuna
comunità esamini se stessa;
il dramma incompiuto Io abbiamo trovato, tutti ne abbiamo letto almeno le parti salienti, Tabbiamo studiato,
l’abbiamo discusso, l’abbiamo messo in scena con attenta e distaccata precisione filologica. Ma quante volte ci
siamo lasciati coinvolgere da
esso e abbiamo osato recitare
il nostro finale?
Non condivido l’opinione
secondo la quale la conoscenza biblica sarebbe in calo tra i membri delle nostre
chiese: è la passione per la
Bibbia che è in calo. Mi sembra perciò quanto mai opportuna, in questa fase, una riflessione sui diversi modi in
cui si può leggere la Bibbia,
valutando pregi e limiti di
ciascun metodo, nella ricerca
dei metodi più adatti a noi in
questo momento.
È precisamente questo
l’obiettivo dell’ultimo libro
di Giorgio Girardet, pubblicato in questi giorni dalla
Claudiana. Benché ovvie ragioni di continuità editoriale
abbiano suggerito di intitolare il libro Bibbia perché, una
rapida scorsa all’indice mostra che il titolo del libro
avrebbe dovuto essere Bibbia
come. Il testo non tratta infatti delle ragioni per cui la
lettura della Bibbia è importante, bensì dei modi in cui
essa viene letta o potrebbe
essere letta. Non si tratta, come il titolo potrebbe far pensare a qualcuno, di un opuscolo «di evangelizzazione»,
da far leggere a simpatizzanti
e catecumeni perché imparino
l’importanza della lettura della Bibbia. Il libro è invece diretto all’interno delle nostre
chiese, a chi la Bibbia già la
conosce, ai membri di chiesa
impegnati, ai catechisti, ai
monitori della scuola domenicale, ai predicatori, ai pastori,
agli studenti di teologia.
La lettura non richiede tanto una ferrata conoscenza
della Bibbia, che anzi aiuta
ad approfondire, quanto un
interesse per il problema della lettura biblica, un confronto in corso con il testo. Si
può studiare un testo senza
essere messi in questione
personalmente? Lo si può
leggere «così com’è», senza
interpretarlo? Il metodo storico-critico ci soddisfa? Quali
risultati ha prodotto la sua
diffusione nella vita delle nostre chiese? Vogliamo rimanervi fedeli in eterno? O vogliamo tornare a metodi pre
critici? O piuttosto vogliamo
andare avanti, oltre il metodo
storico-critico, per esempio
sulla strada di una lettura narrativa?
Queste sono le domande a
cui Girardet cerca di rispondere, teoricamente nella prima parte e praticamente, addentrandosi nelle forme e nei
contenuti dei testi, nella seconda parte del libro. Il modo migliore di valorizzare la
sua opera mi sembra che sarebbe studiarla e discuterla
all’interno di ogni comunità,
tra i catechisti, nei gruppi di
studio biblico, negli incontri
di predicatori (locali e/o pastorali).
L’autore non dice tutto
quello che c’è da dire sull’argomento, non tutte le sue affeimazioni saranno condivise
da ogni lettore e si potrà scoprire che il problema è più
complesso di come viene
presentato, ma lo scopo, e il
merito, di un testo come questo è appunto di voler aprire
una discussione, non di volerla concludere. A noi tocca
raccogliere lo stimolo.
(*) Giorgio Girardet: Bibbia perché. li iinguaggio e ie
idee guida. Torino, Claudiana
1993, pp 211, £ 20.000. La citazione è a pag. 66.
Una raccolta di sermoni di Gerd Theissen Un libro fotografico sull'ex Jugoslavia
La porta aperta
RUGGERO MARCHETTI
Dopo il successo del romanzo storico L’ombra
del Galileo, pubblicato nel
1990, la Claudiana ha dato alle stampe un’altra opera del
teologo tedesco Gerd Theissen. Non si tratta stavolta di
un romanzo, ma di una più
«tradizionale» raccolta di meditazioni bibliche dal titolo
Z,a porta aperta*: 25 sermoni
e studi biblici tenuti da Theissen nel decennio 1979-1989
agli studenti universitari di
Copenaghen e di Heidelberg.
Vorrei però subito sgombrare il campo da ogni possibile malinteso: se il genere
«raccolta di sermoni» è tradizionale, questo libro non ha
proprio niente di tradizionale.
Di fronte ai testi biblici
Theissen inventa, interpreta,
sperimenta nuovi metodi di
approccio e di predicazione:
le sue «variazioni bibliche»
(è questo il sottotitolo) «sono
sempre nuove, a sorpresa»,
come dice nell’introduzione
la traduttrice Giuliana Gandolfo, «ma raggiungono ogni
volta il risultato di rendere il
testo più comprensibile e attuale. spesso divertente, talvolta inquietante, sempre penetrante, puntuale nel suscitare, con mezzi diversi, riflessione su temi attuali, spesso
scottanti, della nostra fede e
della nostra vita». E in questo modo noi, soprattutto,
siamo portati a scoprire che
la Bibbia è un libro vivo, che
sa stimolare sempre nuova
vita e sempre nuovi, originali
pensieri in chi si lascia coinvolgere in profondità.
E poiché Theissen sa lasciarsi coinvolgere, è un «innamorato» della Bibbia, le
sue riflessioni non hanno mai
nulla di scontato, o di paludato. Anzi, come sottolinea
Giuliana Gandolfo, riescono
a essere addirittura divertenti.
E se questo può sembrare incredibile a chi é abituato a un
certo tipo di predicazione, è
però vero. Esistono, e questo
libro ne è la prova, anche dei
sermoni divertenti: ma si tratta di un divertimento particolare, che non ti distrae dalla
vita ma che ti scaraventa in
pieno, con un’energia e un
sollievo nuovi, nel cuore della vita. È un po’ come salire
a 2.000 metri a respirare
l’aria frizzante di una cima
per poi tornare rinfrancato
nel fisico e nel morale alle attività di tutti i giorni....
È davvero, insomma, un libro da «ascoltare» e da gustare. Solo, i membri di chiesa
che lo leggeranno non dovranno poi essere troppo severi nel giudicare i sermoni
dei loro pastori... E d’altra
parte noi pastori potremmo
imparare da Theissen a non
preparare le nostre predicazioni «con la toga addosso».
È possibile accostarsi alla parola di Dio senza troppo sussiego, per coglierne e comunicarne tutta la vitalità.
Termino citando direttamente una preghiera di
Theissen dalla meditazione
sulla «porta aperta» che dà il
titolo a questa raccolta: «Signore, io riconosco che non
posso insistere, perché tu mi
apra la porta della vita. Forse è giusto che il mio posto
sia fuori, davanti alla porta.
Ma se io non posso venire da
te, tu puoi venire a me. Se io
non posso aprire la porta
della vita, posso però almeno
aprirti la porta del mio cuore
e la.sciarti entrare... Per questo, ora, io oso invitarti da
me, qui fuori. Per questo ti
apro la porta del mio cuore
perché, con il tuo aiuto, io
possa essere trasformato
nell’immagine nascosta che
Dio ha progettato per me: affinché io, e noi tutti, diventiamo figli di Dio. Che cosa
farà Dio? Accetterà il nostro
invito. Ti dirà: ti amo!».
(*) Gerd Theissen: La porta
aperta. Variazioni bibliche.
Torino. Claudiana, 1993, pp
251, £28.000.
I volti dì una guerra
_______ALBERTO CORSANI
Il viaggio inizia con alcune
figure umane, alcuni volti
in particolare. Ma essi si pongono di fronte all’obiettivo in
modo anomalo, ci interrogano da un’angolazione tutta
particolare, che non è frontale, non è un profilo e se si avvicina maggiormente a una
ripresa di tre quarti, tuttavia è
un tre quarti ai margini
dell’inquadratura.
Sono volti (di un guardiano
di cimitero, di una donna alla
ricerca di cibo, di una mamma con bambino) che ci
guardano sfuggendo, prigionieri di logiche a noi incomprensibili.
Sono le prime immagini
del libro fotografico di Paolo
Siccardi, già reporter da Afganistan, Nicaragua, Albania
e dalla guerra del Golfo, sulla tragedia jugoslava*. Il
viaggio nella distruzione e
nella sofferenza di un popolo
(ma anche nella sofferenza
fisica delle costruzioni distrutte, dei palazzi imbottiti
di sacchi di sabbia) continua
per offrirci altre e più drammatiche immagini; i bambini
che guardano dai lettini di
ospedale hanno altri sguardi,
non perché l’autore enfatizzi
a bella posta la sofferenza,
ma perché è la situazione
stessa (le sbarre dei letti, per
esempio) a suggerirci la condizione di separatezza dei
bambini da quanto avviene.
Non consapevoli, non colpevoli, dipendenti dall’adulto
quando sono nel pieno delle
capacità fisiche, in ospedale
sono in totale balia degli
eventi: anche perché gli
ospedali funzionano nei limiti di un possibile che si assottiglia sempre più.
Nel libro ci sono anche
profughi, partenze, speranze
di salvezza e separazioni laceranti, per terminare con
un’immagine surreale scattata solo tre mesi fa: il violoncellista che in abito da concerto suona nella stazione
bombardata di Sarajevo. È
forse la ricerca di una speranza che sta al di là della
politica, al di là dei discorsi,
che trova nonostante tutto
del buono nelle capacità
dell’uomo.
Va segnalata, infine, l’ottima scelta di non accompagnare le fotografie da didascalie, che sono invece riunite alla fine del volume a fianco a riproduzioni ridotte delle immagini: in questo modo
non si forza la visione, non la
si racchiude nella lapidarietà
descrittiva di un testo, ma la
si lascia libera di cogliere
tutte le suggestioni della
realtà rappresentata.
(*) Paolo Siccardi: Una
guerra alla finestra. Ex Jugoslavia: il dramma della gente.
Torino, Edizioni Gruppo Abele,
1993, pp 62, £ 18.000.
Giacomo Leopardi (1798-1837)
Libri
Interpretazioni del moderno
Dostoevskij, Conrad, Baudelaire, Kafka, Musil: alcuni dei
numi tutelari della letteratura dell’Otto e Novecento ricorrono
in un libro singolare*, opera di uno studioso per metà filosofo e
per metà scrittore. Si tratta di un’analisi della modernità, non
tanto attraverso Tesarne di tutte quelle procedure critiche che
portarono alla crisi delle grandi teorizzazioni sistematiche, ma
soprattutto attraverso quei miti, quelle «figure» che ricorrono
nel mondo dell’arte e della creazione letteraria, senza disdegnare i riferimenti a Freud e alla psicanalisi.
La malattia, per esempio, è un mito della modernità; in Thomas Mann (ma già in Dostoevskij, si pensi alVIdiota) essa assurge addirittura a strumento di conoscenza; la percezione vaga
e sfumata delTorizzonte metropolitano (Baudelaire, Beiijamin)
e dell’idea di confine e territorio è un’altra caratteristica del
mondo di valori dell’uomo del Novecento (ma i riferimenti risalgono addirittura alla siepe dell’Infinito leopardiano), e così
pure la scrittura dell’inconscio.
Il libro di Relia, dotto ma non per questo stucchevole, è in
realtà una nuova edizione; apparve nel 1981 per le edizioni
Pratiche: ora è stato completato con un ulteriore apparato di notazioni e di osservazione successive.
(*) Franco Rella: Miti e figure del moderno. Milano, Feltrinelli,
1993, pp 168, £ 14.000.
Appuntamenti
Giovedì 9 dicembre — RIVOLI: Alle ore 20,30, presso la Biblioteca civica (corso Susa 132), Cesare Frassineti, collaboratore
del Cipax, e don Ermis Segarti intervengono sul tema: «Dopo
“Arena 5”; cambiamo questa economia».
Venerdì 10 dicembre — RIESI: Alle ore 17, al Servizio cristiano,
si inaugura il corso di formazione per esperti di qualità e valorizzazione dei prodotti agroalimentari. Intervengono il prof.
Alessandro Hoffmann (Università di Palermo) e il dott. Luigi
Germanetto.
Venerdì 10 dicembre — TERNI: Alle ore 17, presso il Centro
culturale evangelico (via Rismondo 10), il prof Daniele Garrone tiene una conferenza sul tema: «Cristianesimo e ebraismo
ieri e oggi».
Venerdì 10 dicembre — TORINO; Alle ore 20,30, nel salone valdese di corso Vittorio Emanuele 23, Cesare Frassineti interviene sul tema: «Dopo “Arena 5”: cambiamo questa economia».
Sabato 11 dicembre — MILANO; Alle ore 18, presso la chiesa
metodista di via P. Lambertenghi 28, il prof. Giorgio Spini
parla sul tema: «Il protestantesimo di fronte alle rivoluzioni del
nostro tempo».
Venerdì 17 dicembre — UDINE: Alle ore 18, presso la chiesa
metodista (piazza D’Annunzio 9), la curatrice Giuliana Gandolfo presenta il libro di G. Theissen «La porta aperta» edito
dalla Claudiana.
Sabato 18 dicembre — OTTAVIANO (Na): Alle ore 17, presso il
Centro socio-culturale «D. Bonhòffer» (viale Elena 24) il past.
Antonio Squitieri presenta il libro del giornalista e teologo cattolico Raffaele Mezza «Ethos ed eros».
Sabato 18 dicembre — BERGAMO: Alle ore 21, nel tempio
evangelico di viale Roma 4, si tiene un concerto di Natale. Musiche vocali e organistiche della prima metà del sec. XVII saranno eseguite dal coro diretto da B. Raffaele Foti e dall’organista Maurizio Manara.
Domenica 19 dicembre — PORTO SAN GIORGIO (Ap): Alle
ore 16,30, nella sala comunale, il dott. Mario Cignoni commemora il prof Mario Collina (1874-1970), medico valdese e
ispettore generale per la sanità.
Domenica 19 dicembre — ROMA; Alle ore 16, presso le suore
francescane missionarie di Maria (via Giusti 12), il gruppo Sae,
per il ciclo «Sinagoga, chiesa, moschea: un incontro possibile»,
organizza un incontro sul tema; «Musulmani, ebrei, cristiani:
un incontro interrotto», a cui partecipano la prof Lea Sestieri e
il medievista Antonio Thiery.
4-6 gennaio 1994 — SERRAMAZZONI (Mo); Si tiene il convegno dei giovani del Segretariato attività ecumeniche, sul tema;
«Tra memoria e profezia». Partecipano Massimo Aprile, Amos
Luzzato, Paola Palagi, Teresa Rossi, Brunetto Salvarani. Per
informazioni e iscrizioni, entro il 10 dicembre: Fabio Perroni
(06-5562829) o Francesco Consalvi (06-434853). Quota di partecipazione £ 100.000.
14
PAG. 10 RIFORMA
Argomenti
VENERDÌ 10 DICEMBRE I993
Un'analisi del maggiore filosofo protestante francese sull'ultima enciclica del papa Giovanni Paolo II, «Veritatis splendor»
La verità non è una norma immutabile^ ma una vita viva nella storia
_________PAUL BIgUR__________
Gli esegeti concordano
sull’idea che l’Evangelo
di Matteo sia il testimone di
un’epoca chiave, un’epoca
della rottura non compiuta
della chiesa con il giudaismo.
Alcuni passi appaiono durissimi, in particolare nei confronti dei farisei. Altri sottolineano invece la continuità tra
la legge mosaica e l’insegnamento di Cristo. Il testo scelto
dal papa in apertura della sua
enciclica, l’episodio del giovane ricco (Mt. 19, 16-22), testimonia di quell’equilibrio
instabile tra la continuità rispetto al giudaismo e la novità del «Vieni, seguimi» (v.
20). Il testo mi incuriosisce
perché, dopo la ripetizione e
ia conferma di alcune delle
prescrizioni della legge mosaica, esso enuncia una mancanza da parte del giovane
ricco: «Che mi manca ancora?» (v. 20). La risposta a
questa domanda viene data in
un modo estremistico: «Va’ e
vendi tutti i tuoi beni» (v. 21).
Mi sembra che la richiesta di
Gesù si riferisca più ad una
vocazione singolare che ad
una legge universale: «Tu, seguimi». Ora quest’aspetto singolare non viene evidenziato
molto nell’enciclica, la quale
insiste quasi esclusivamente
sull’immutabile e l’universale. Trovo che il testo abbia
tendenza a indebolire la tensione tra il carattere immutabile della Legge, la legge mosaica, e la dimensione di avvenimento che vi è nell’incontro con Cristo. Mi
chiedo se la nozione di verità
sia così univoca come lo suggerisce l’enciclica, se sia lecito cortocircuitare così la
storia per porsi nell’immutabile, nell’universale.
Prendete la legge mosaica.
L’enciclica ricorda molto giustamente che il suo insegnamento è legato all’affermazione: «lo sono l’Eterno,
tuo Dio» (Es. 20, 2); dunque a
un avvenimento di liberazione. Parallelamente viene detto, circa il ripudio: «Fu per la
durezza dei vostri cuori che
Mosè vi permise di mandar
via le vostre mogli; ma da
principio non era così» (Mt.
19, 8). La Scrittura introduce
dunque un certo «mosso»,
stabilisce una congiunzione
tra lo storico e il prescrittivo
di cui non è possibile non tenere conto. Ora la Veritatis
Splendor sovrappone i due livelli. Al sentimento molto caratteristico di accompagnamento della storia che assume
una forma acuta nell’invito a
seguire Cristo, essa sostituisce una concezione molto ellenistica, neoplatonica, tramite Sant’Agostino, dell’ordine
immutabile, astorico. Giovanni Paolo II usa una formula
bellissima a proposito delle
Beatitudini: esse disegnano,
secondo lui, «una sorta di autoritratto di Cristo» (n. 16).
Vi è qui qualcosa di diverso
che non un universale prescrittivo i cui due pilastri, nella nostra cultura, sono l’immutabile greco e il formalismo kantiano.
Questo scivolare dallo storico all’immutabile risalta sul
tono generale dell’enciclica.
È più un tono di ammonimento, in particolare nei confronti di alcuni teologi, che
non di esplorazione. Già il
preambolo è restrittivo. Si
apre sullo «splendore della
verità». Ma subito dopo c’è
un accumularsi di parole in
«ismo»: individualismo, soggettivismo, ecc... Anziché rischiare di dare l’impressione
di denunciare soltanto devia
zioni, converrebbe vedere
quali sono i problemi, le reali
perplessità esistenti. Si può
criticare lo storicismo. Ma
dietro a questo vi è la scoperta che la storia porta situazioni nuove, perplessità anch’esse nuove e quindi campi
di possibili variazioni.
Questa perplessità è condivisa dagli esegeti di Matteo.
Nello stesso Evangelo si legge: «Non sono venuto per
abolire ma per compiere» e
«Vi è stato detto, ma io vi dico». Questa punta, Kierkegaard l’aveva in mente quando parlava di «proposta
dell’impossibile». Lutero, nell’analizzare i differenti usi
della legge, distingueva tra
una legge destinata a mettere
ordine nelle pratiche umane e
una legge fatta per mostrare la
nostra incapacità a compierla.
Le due funzioni non si ricoprono. L’enciclica cita il secondo capitolo dell’epistola ai
Romani che sottolinea il primo aspetto. Ma, in quell’epistola, Paolo descrive anche la
legge come rivelatrice del
peccato, stabilita, potremmo
dire, per disperarci: cosa che
Lutero ha visto molto bene.
L’enciclica non ignora la dialettica della norma e della
mancanza, della legge e della
grazia, ma attutisce le tensioni a beneficio di un insegnamento direttivo in cerca di
coerenza, il che è in sé rispettabile. Veritatis Splendor è
I cardinali Tettamanzi, Ratzinger e Stafford alla presentazione dell’enciclica
una parola rivolta a una
comunità turbata, alla quale
essa dà punti di riferimento
precisi e fissi. Ma non prende
sufficientemente in conto le
ragioni reali del turbamento.
Alla fine del secondo capitolo sulla natura dell’atto morale, della coscienza, l’enciclica si impegna nella controversia teologica, affrontando
questioni estremamente dibattute. Così facendo, essa
non tiene conto non solo del
cambiamento nei costumi ma
neppure dell’evoluzione della
riflessione, della dottrina. Essa si ferma a San Tommaso,
come se non fosse successo
nulla da allora, come se Kant,
Hegel non avessero scritto.
Ho notato che essa critica alcune forme di conseguenzialismo, ripresa dell’utilitarismo
morale da parte dei teologi'.
L’utilitarismo è una dottrina
morale rispettabile, non compiacente bensì rigorosa, poiché pone l’interesse generale
al di sopra dell’interesse individuale. In quanto al conseguenzialismo, non si può eliminarlo d’un tratto: esso insiste sul fatto che l’uomo è responsabile delle conseguenze
delle proprie azioni e non so
lo delle proprie intenzioni,
delle proprie motivazioni. Paradossalmente, dopo quanto
ho appena detto, l’enciclica
usa un tono molto kantiano
che non tiene conto delle circostanze, delle eccezioni. Il
limite di Kant è il suo formalismo. Trovo Veritatis Splendor non abbastanza problematica, troppo direttiva.
Con il testo del giovane ricco siamo sul filo del rasoio,
tanto in un’ottica di ripetizione della legge quanto di rottura rispetto ad essa. A tal punto che alcuni commentatori
hanno sottolineato il carattere
-V . .
L'enciclica «Veritatis splendor» ha anche una finalità disciplinare
La verità e la sana dottrina cattolica
ALFREDO SORELLI
L9 enciclica Veritatis splendor ha fatto
molto rumore, all’interno e all’
esterno della Chiesa cattolica. Però non ci
si è fermati abbastanza sullo scopo primario dell’enciclica, che è soprattutto di carattere disciplinare. Infatti essa è rivolta
direttamente ai vescovi e si presenta
dall’inizio alla fine come condanna dei
teologi che in campo morale svolgono un
insegnamento diverso da quello ufficiale.
L’enciclica è importante soprattutto da
questo punto di vista, perché tutto il resto
era già stato espresso sia nei discorsi del
papa sia nello stesso Catechismo della
Chiesa cattolica pubblicato da Giovanni
Paolo II con la Costituzione apostolica
Fidei depositum dell’11 ottobre 1992: ad
esso infatti l’enciclica si richiama spesso.
La finalità «disciplinare» è affermata
nell’Introduzione dove è detto: «Si è determinata infatti una nuova situazione entro la stessa comunità cristiana, che ha
conosciuto il diffondersi di molteplici
dubbi e obiezioni, di ordine umano e psicologico, sociale e culturale, religioso e
anche propriamente teologico, in merito
agli insegnamenti morali della chiesa. ...
(si tratta) di una messa in discussione globale e sistematica del patrimonio morale,
basata su determinate concezioni antropologiche ed etiche». L’enciclica si inserisce nel contesto della fortissima tensione che costituisce la realtà della Chiesa
cattolica, in particolare dal Concilio Vaticano li in poi.
Il Concilio, fra tutte le ambiguità dei
suoi testi, aveva formulato alcuni enunciati -che, presi sul serio, erano veramente
rivoluzionari. Anzitutto la definizione
della chiesa come «popolo di Dio».
Gli anni successivi al Concilio sono caratterizzati dalla tensione fra la curia romana e la base cattolica progressista.
Aperta critica è fatta a Paolo VI quando
emana la famosa enciclica Humanae
vitae. Si assiste a uno sviluppo interessantissimo della ricerca teologica cattolica
assolutamente aperta; diventa sempre più
incisiva la presenza e l’azione delie donne nella chiesa. Temi come l’abolizione
dell’obbligo del celibato per i preti, l’ordinazione delle donne, la contraccezione,
il divorzio e anche l’aborto vengono di
battuti apertamente, nonostante le dichiarazioni contrarie del papa. Il dialogo ecumenico dà forza a questa primavera della
ricerca teologica cattolica e allo sviluppo
della coscienza della base di essere il popolo di Dio. La curia romana è fortemente impressionata: si è convinti che senza
l’assoluto potere del papa la Chiesa cattolica perderebbe la sua unità.
Il pontificato di Giovanni Paolo II è caratterizzato da un forte richiamo alla tradizione: il «Catechismo» è una proiezione
delle sue convinzioni più profonde. Egli
ha impegnato e impegna la sua forte personalità e le sue innegabili doti nel consolidamento della tradizione preconciliare
della Chiesa cattolica. Afferma l’universalità del suo potere episcopale girando il
mondo, costringendo varie Conferenze
episcopali a riunirsi a Roma. Tuttavia
constata l’inefficacia reale dei suoi sforzi.
Su questa reale situazione va misurata e
interpretata la Veritatis splendor.
L’interesse dell’enciclica è di affermare
l’assoluta validità dei principi dell’etica
che essa definisce. La tesi fondamentale è
la dipendenza etica dalla «verità», da una
«verità» assoluta, incontestabile, immutabile, che si imponga indiscutibilmente a
ogni uomo, in ogni circostanza. Questa
«verità» universale è la natura dell’uomo,
cioè la legge naturale stabilita da Dio
nell’atto stesso della creazione; ad essa si
aggiunge come perfezionamento e compimento il messaggio dell’Evangelo. Di entrambe custode unico autorevole è, per
mandato divino, il papa. In questa veste
Giovanni Paolo II presenta la sua dottrina, in opposizione a altre visioni dell’etica, particolarmente in opposizione al dissenso esplicito di molti teologi cattolici.
L’enciclica si sviluppa affrontando vari
argomenti di fondamentale importanza: la
libertà, la legge, la coscienza, il peccato,
senza dimenticare il tema della misericordia di Dio (e della Chiesa madre!). Largo
spazio è dato anche al tema dell’amore di
Dio per l’uomo, rivelato in Cristo, e del
fondamentale precetto cristiano dell’amore del prossimo.
Il tono della trattazione è vario: nella
maggior parte echeggia il linguaggio scolastico tradizionale, lasciando l’impressione che sia opera di teologi curiali di sicura osservanza scolastica. Tuttavia non
mancano pagine di forte calore umano e
cristiano attribuibili direttamente al papa.
Ma qui ci interessa mettere in luce la finalità disciplinare dell’enciclica. Infatti,
dopo la discutibile presunzione di riassumere le posizioni dottrinali di teologi cattolici che «non sono compatibili con la
sana dottrina» (n. 30, giudizio espresso
con varie formule ripetutamente), essa
conclude con l’indicazione ai vescovi delle misure repressive da adottare.
Al n. 113, a conclusione del capitolo su
«Il servizio dei teologi moralisti», è detto:
«Il dissenso, fatto di calcolate contestazioni e di polemiche attraverso i mezzi
della comunicazione sociale, è contrariò
alla comunione ecclesiale e alla retta
comprensione della costituzione gerarchica del popolo di Dio. Nell’opposizione
all'insegnamento dei pastori non si può
riconoscere una legittima espressione né
della libertà cristiana né delle diversità
dei doni dello Spirito».
Nel capitolo successivo, «Le nostre responsabilità di pastori, al n. 116, dopo
aver affermato che «Abbiamo il dovere,
come vescovi, di vigilare perché la Parola di Dio sia fedelmente insegnata», vengono indicate le misure disciplinari: «Una
particolare responsabilità si impone ai
vescovi per quanto riguarda le istituzioni
cattoliche. Si tratti di organismi per la
pastorale familiare o sociale, oppure di
istituzioni dedicate all'insegnamento o
alle cure sanitarie, i vescovi possono erigere e riconoscere queste strutture e delegare loro alcune responsabilità; tuttavia non sono mai esonerati dai loro propri obblighi. Spetta a loro, in comunione
con la Santa Sede, il compito di riconoscere, o di ritirare in casi di grave incoerenza, l’appellativo di "cattolico” a
scuole, università, cliniche e servizi socio-sanitari, che si richiamano alla Chiesa».
È bene ricordare che nella maggior parte dei casi la Santa Sede si è assicurata
l’esecuzione anche civile delle sue misure
disciplinari mediante concordati 0 intese
varie. È evidente il rifiuto del dialogo, del
mettersi in discussione apertamente, di
ascoltare, oltre che parlare. Quanto questo
sia conciliabile con un discorso sull’etica
lo lasciamo dire ai lettori.
(da Diaspora evangelica)
antigiudaico, e perfino antisemita, dell’Evangelo di Matteo. Altri vi hanno visto, in
questi anni ’80, un rafforzamento della posizione difficile dei cristiani, prima della loro espulsione dalla sinagoga.
La punta del testo è: «Che mi
manca ancora?» (v. 20). L’
ubbidienza alla legge lascia
una mancanza. Ciò che d’altronde esprime bene la bellissima fine dell’enciclica che fa
l’elogio del sacrificio, del
martirio, e che si ricollega alla linea dell’eccesso, del superamento della legge.
Bisogna prendere in eonsiderazione l’esito del colloquio tra Gesù e il giovane ricco. Quest’ultimo «.se ne andò
contristato» (v. 22). 11 disagio
di Matteo nei confronti del
giudaismo traspare probabilmente in questo riìievo. Si
tratta di mostrare che, a un
certo punto, il buon ebreo non
può seguire Gesù. Se l’interrogativo «Che mi manca ancora?» testimonia di un’apertura rispetto alla legge, il giovane ricco richiude subito la
porta. L’Evangelo gli appare
come un «troppo». Egli è destabilizzato. Il testo di Matteo
è molto destabilizzante. Ma
tutta l’enciclica ristabilizza in
qualche modo, giocando sul
registro dell’universale, applicabile a tutti gli uomini e a
tutte le circostanze, dell’immutabile e quindi del non toccato dalla storia. Il carattere
esemplare di Gesù introduce,
rispetto al tempo, qualcosa
che ha a ehe vedere non con
l’immutabilità ma con la perennità. La perennità dell’esempio non è la stessa cosa
dell’immutabilità della norma, sia che lo si interpreti in
modo platonico 0 kantiano.
Essa lascia posto all’apprendistato della vita morale a
contatto con l’esperienza storica.
Oltre a questi pochi rilievi
marginali, vorrei esprimere riserve sulla nozione di natura.
Ci sono a parer mio tre usi del
termine nell’enciclica: talvolta esso indiea la natura razionale; è la razionalità che costituisce la natura umana, che
ci distingue dal resto degli
animali. Talvolta la natura indica l’integralità della persona, la sua dignità; l’enciclica
comprende tutto un lato personalistieo, scheleriano, che
proviene dalla formazione del
papa e che è stato integrato al
suo tomismo. Altre volte infine l’elemento biologico della
natura viene posto in risalto.
Se non si fa un uso critico
della nozione di natura, si rischia di giocare alternativamente su uno di questi tre registri e di confondere i piani.
Ad esempio, si insisterà sulla
dignità della persona o sull’
universalità della condizione
umana per giustificare un uso
biologizzante della parola natura. Malgrado i dinieghi del
papa, credo che succeda proprio questo nel campo della
morale sessuale.
«Splendore della verità»:
questo è il titolo dell’enciclica. È lecito chiedersi se la
bellezza non splenda più del
rigore. Questo ci porta infatti
a parlare della luce non come
di un oggetto in nostro possesso, ma eome di ciò in cui
siamo. In fondo, io spero di
essere nella verità. Spero pure
che il mio avversario sia anch’egli, in un certo qual modo
che io non conosco, nella verità. Essere nella verità mi
sembra onorare la metafora
della luce e dello splendore
meglio di quanto possa fare la
nozione di norma e di legge.
(da L’actualité religieuse dans
le monde del 15.11.93)
15
venerdì io dicembre 1993
Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
)TA
La coppia
pastorale
Avendo letto l’articolo di
U. lavorone (Riforma n. 40),
vogliamo scrivere due righe
di commento sulla presunta
nuova esperienza di équipe
pastorale della coppia AprileMaffei.
Come sapete la famiglia ha
vissuto a Mottola fino al giugno di quest’anno e già nel
non troppo lontano 1985 (data del suo arrivo) il suo ministerio è stato a beneficio di
ben quattro comunità (Mottola e Martina, Santeramo e
Gioia) e quindi, pur non essendo un mezzo tempo, si
trattava comunque di tempo
ripartito in attività diverse per
tempi e luoghi, e numericamente più numerose dato che,
si badi bene, a ciascun pastore competevano due comunità, e non era prevista la presenza di entrambi in una stessa. Quindi, un vero lavoro di
équipe tra i due pastori, che si
rifletteva più largamente sulle
comunità in cura, e a volte
anche sulla vicina Chiesa valdese di Taranto.
Tra l’altro Anna e Massimo più volte si sono allontanati dalle comunità per seguire ulteriori attività pastorali e
non (segreteria nazionale
Egei, Comitato esecutivo
Ucebi, conferenze e convegni
vari), in quanto già da allora
si scorgeva la necessità da
parte dei pastori e delle comunità di un maggiore arricchimento e di una più completa formazione spirituale, o
anche a livello più tecnico:
questo era possibile solo partecipando a iniziative diverse
da quelle vissute strettamente
nella propria comunità o nel
luogo di residenza, anche di
pertinenza spiccatamente sociale.
Pertanto adesso, non rinvenendo nel pastore la figura
centrale della vita di chiesa
(ne dà atto la nostra attuale
fervida attività comunitaria),
riteniamo necessaria per le
comunità tutte la presenza, se
non di una coppia pastorale.
di almeno un pastore part-time, o meglio, di un coordinatore (chiamiamolo così) preparato teologicamente, che
possa disporre del proprio
tempo curando più comunità,
più attività, su un territorio
più vasto. La nostra prima
esperienza è stata positiva.
Un anziano del Consiglio
di chiesa di Mottola
Perché tacere
l'azione
evangelistica?
Caro Direttore,
ho seguito con interesse la
trasmissione televisiva di
Protestantesimo di domenica
14 novembre intitolata «Albania: la fede in libertà». Il
mio interesse era accresciuto
dal fatto che come Dipartimento di evangelizzazione
dell’Ucebi sono impegnata
sin dal 1992 a promuovere e
sostenere una campagna di
solidarietà delle nostre chiese
battiste nei confronti del popolo albanese, chiamata
«Progetto agape», attraverso
il canale di intervento attivo
della Federazione battista europea. Tra l’altro, è noto a
tutti, anche attraverso «Riforma», che dal giugno di quest’anno opera in Albania quale missionario il pastore Saverio Guama e che dalla sua
azione piena di slancio per la
predicazione del Vangelo è
già nato un piccolo gruppo di
credenti evangelici e una
chiesa sta muovendo i primi
passi.
Quale è stato quindi il mio
stupore quando nel reportage,
indubbiamente interessante
circa le vicende del popolo
albanese, è però mancato
qualsiasi accenno al lavoro
del pastore Guarna e tantomeno un’intervista con lui,
che pure si trovava a Tirana
al momento in cui è stato girato il programma. Se qualcosa è stato detto dell’opera
umanitaria che sta svolgendo
la Federazione battista europea con i suoi medici e insegnanti, niente è apparso circa
il lavoro evangelistico vero e
Riforma
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Ritorma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
del 1* gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Nella foto di prima pagina: Cuiia ai Maternity Hospitai di San Saivador
proprio, tanto più svolto da
un pastore di una delle chiese
federate e da questa stessa
chiesa sostenuto attivamente.
Da questa esperienza sono
nate alcune mie riflessioni, e
anche alcune perplessità circa
l’attuale intervento in Albania
da parte della Fcei e della
Fgei. Se da un lato è indubbio
che l’intervento umanitario
non conosce frontiere etniche
né steccati confessionali ed è
giusto aiutare semplicemente
chi ha fame dall’altro, nel
momento che esiste sul territorio un lavoro specifico di
evangelizzazione e di aiuto
portato avanti dalle chiese
battiste, non andrebbero forse
gli aiuti e gli interessamenti
perlomeno suddivisi o ampliati, in modo da includere
anche gli evangelici che stanno predicando il Vangelo a
una popolazione che ha fame
anche di conoscere la Bibbia?
Due anni fa è stato logico
porgere aiuti agli ortodossi
che costituivano per noi un
interlocutore immediato in
Albania, ma oggi la situazione è diversa e la «fede in libertà» riguarda anche l’esistenza di gruppi evangelici e
il loro lavoro in mezzo a una
larga fascia di popolazione
senza affiliazioni religiose e
in cerca di Dio. Penso perciò
che bisognerebbe rivedere alcune priorità di interesse.
Per quanto riguarda la trasmissione televisiva in sé, capisco anche come il pastore
Guarna operi perlopiù con
persone molto povere culturalmente su cui forse poco si
può costruire televisivamente,
ma anche in questo caso credo personalmente che si tratti
di un problema di priorità e di
scelte e che anche il lavoro
attualmente molto semplice
del pastore Guarna, se ben
presentato, possa contribuire
assai sia al «profilo» delle
chiese federate rispetto al
pubblico italiano che all’interesse diffuso, nelle e fuori
delle nostre chiese, di conoscere cosa accade oggi realmente sul suolo di Albania.
Con preghiera di pubblicare
questa mia nel tentativo di suscitare un dibattito sulle priorità dei nostri interventi umanitari ed evangelistici, la saluto molto cordialmente.
Adriana Gavina
Segretaria del Dipartimento
di evangelizzazione
dell’Ucebi
Non rieletto
Gentile direttore,
vedo con molto ritardo, sul
suo giornale, una lettera che
mi riguarda. Posso fare qualche osservazione?
Peccato che il signor Stella,
inviato del «Corriere della sera», abbia scritto una cosa
inesatta riassumendo in due
righe un assai lungo colloquio. È infatti chiaro a tutti, o
almeno a chi ricorda il Sinodo del 1991, che io non sono
stato «escluso» dal Sinodo
stesso bensì che io non sono
stato «rieletto» nel Comitato
del Collegio valdese dopo
che il pastore Luciano Deodato aveva dichiarato che non
era opportuno che i membri
del Sinodo votassero chi aveva fatto parte della organizzazione Stay Behind, la cosiddetta «Gladio». Qualcuno
spiritosamente (?) e anonimamente aveva addirittura aggiunto la specifica «gladiatore» accanto al mio cognome
sul tabellone dei candidati.
Il moderatore, Gianni Rostan, dopo essersi messo in
contatto con me (e ancora lo
ringrazio per la cortesia) ha
inviato lui una lettera di rettifica al «Corriere della sera».
A Marco Rostan vorrei ancora dire che, ebbene sì, ho
partecipato alla messa così
come da anni partecipo a
messe in occasione di battesimi, matrimoni, funerali, celebrazioni varie. E allora? Non
mi ero accorto che per un
valdese, anche se abitante a
None, fosse diventato un peccato.
Quanto all’ultimo capoverso della lettera di Rostan, voglio solo rispondere che, se
vuole, posso fornire un lungo
elenco di tutti quei partigiani,
quelli veri, non quelli dell’ultimo minuto, quelli ricchi solo di ideali e non di conti in
banca, che hanno costituito il
nucleo originario dell’organizzazione e che ancora negli
anni successivi ne sono entrati a far parte.
Grazie per la sua attenzione
e molti saluti.
Giorgio Mathieu - None
La festa
della Riforma
Vorrei proporre sei punti di
riflessione sulla festa della
Riforma a Roma.
1) Brillante come sempre la
prolusione di Giorgio Bouchard sugli alti e bassi dell’
evangelizzazione a Roma durante il Risorgimento, sulla
base degli studi di Valdo Vinay e di Giorgio Spini ripresi
da Mario Cignoni.
2) Pertinenti le testimonianze, ben calibrate tra due pastori (un uomo e una dorma) e
due laici (due donne): la più
applaudita mi è parsa quelladella giornalista luterana.
3) Ottima la predicazione
di Paolo Ricca, su Samuele 3,
1: «La Parola del Signore era
rara, a quei tempi...».
4) Per la liturgia del culto,
soltanto dei pastori, ben 5 sul
palco, oltre il predicatore
d’ufficio: perché non si è avvertita l’opportunità di impegnarvi qualche laico, in
omaggio al principio del sacerdozio universale rivendicato dalla Riforma e, prima
di essa, dal valdismo medievale?
5) Una domanda sulla partecipazione: sono state o no
interpellate, oltre le chiese
battiste, metodiste e valdesi,
anche altre chiese o gruppi
come Assemblee di Dio, pentecostali liberi, chiese avventiste, di Cristo, dei Fratelli,
ecc.?
6) Molto bene le corali,
metodista, luterana, valdese e
della comunità francofona di
via IV Novembre: quest’ultima in particolare, almeno a
mio parere.
Giovanni Gönnet - Roma
Piccoli
Annunci
Radio Torino biblica (Rtb),
remittente comunitaria evangelica che trasmette su
89.000 mhz a Torino e nel
Piemonte occidentale e su
101.250 per Asti, ha aumentato il tempo di trasmissione
dedicata agli stranieri residenti in Piemonte. A metà
novembre è iniziato un programma in portoghese destinato in particolare alla comunità brasiliana: Son do Ceu
(suono del cielo) preparato da
un fratello brasiliano e che va
in onda mercoledì, giovedì e
venerdì alle 19,30.
Oltre a presentare il messaggio deli’Evangelo, il programma comprende anche
musica brasiliana, e si aggiunge a quello in arabo (lunedì e martedì ore 19,30, sabato e domenica ore 14,45).
Rtb è una radio gestita e sostenuta su base completamente volontaristica.
Amnesty International
pubblica ogni mese sulla
sua rivista tre storie sulle
violazioni dei diritti umani
nel mondo. Vittime di
queste violazioni sono per
10 più gli adulti. Ma accade purtroppo che anche
bambini e adolescenti cadano sotto i colpi di fucile
di poliziotti, come è successo in Brasile, oppure
che due bimbe di 9 e 10
anni vengano prese in
ostaggio e una di loro
scompaia, come è avvenuto in Azerbaigian.
Ma oltre a questi casi
che coinvolgono bambini
e adolescenti, la rivista di
Amnesty presenta due storie di persone anziane: un
avvocato settantenne di
Myanmar e un comandante delle forze armate, pure
settantenne, d’Egitto.
U Shwe Ohn
MYANMAR
Avvocato, presidente
della Lega democratica
delle razze nazionali dello
stato di Shan, messa al
bando dalla giunta militare
nel febbraio ’92. Nel dicembre dello stesso anno
fu arrestato e nel febbraio
successivo condannato a
un anno di carcere;
nell’accusa le sue critiche
al coinvolgimento dei militari negli affari politici
dello stato. Shwe Ohn aveva espresso queste sue critiche in un memoriale inviato alla Convenzione nazionale, insediata dallo
Slorc, l’organismo dei militari al potere. I militari
abolirono la Costituzione e
si rifiutarono di convocare
11 Parlamento legittimamente eletto nel 1990.
Amnesty considera U
Shwe Ohn un prigioniero
per motivi d’opinione, detenuto solamente per
l’espressione pacifica delle sue opinioni politiche.
Indirizzo per gli appelli,
in inglese o italiano:
Senior General Than
Shwe/ Chairman of thè
State Law and Order Resto ration Council/ Ministry of Defence/ Signal
Pagoda Road/ Yangon Myanmar (Birmania).
I «bambini di strada»
di Rio - BRASILE
Sette «bambini di strada» e un adulto che era
con loro sono stati uccisi a
Rio de Janeiro. Era l’alba
del 23 luglio, una cinquantina di bambini dormiva
per strada nei pressi della
chiesa della Candélaria,
quando alTimprovviso uomini armati spararono colpi d’arma da fuoco contro
di loro. Cinque bambini
morirono all’istante e un
altro bambino morì dopo 4
giorni di agonia.
Nei pressi del Museo di
arte moderna furono uccisi
altri due bambini, e venne
assassinato anche un adulto che si occupava di loro.
Dell’eccidio della Candéleria furono incriminati tre
poliziotti e un civile, altre
persone furono sospettate
di complicità ma, nella
maggior parte dei casi, le
inchieste non furono mai
portate avanti e i processi
non furono mai istruiti.
Questo episodio fece scalpore tra la gente, sebbene
ci fossero già state tante
vittime tra i bambini e gli
adolescenti, ben 328 dal
principio del 1993. Questa
strage di innocenti avviene
soprattutto a opera di
«squadre della morte»
composte di poliziotti in
borghese; si tratta di vere e
proprie esecuzioni extragiudiziali compiute nelle
aree urbane del Brasile, in
primo luogo nei quartieri
«bene» abitati da uomini
d’affari. Questi finanziano
dei poliziotti per «eliminare» i ladruncoli e i bambini abbandonati e disperati,
che diventano presto dei
piccoli delinquenti.
Indirizzo per gli appelli
in inglese, portoghese o
italiano: His Excellency
Presidenti Itamar Franco/
Palacio de Planalto/ Brasilia D.F. - Brasile.
Libero!
Sa’ al-Din al Shazli
EGITTO
Ex ambasciatore e comandante delle forze armate egiziane, arrestato il
14 marzo 1992, ma all’ultima ora liberato! Ce ne
rallegriamo infinitamente.
Invece della sua storia raccontiamo qui quella della
bambina di 10 anni:
Ulyana Barsegyan
AZERBAIGIAN
È stata presa in ostaggio
il 10 aprile 1992 con la sorella Liana di 9 anni. Però
abbiamo appreso all’ultima ora che Liana è stata
liberata. Le due sorelline
di etnia armena erano state
prese in ostaggio nella regione contesa del Karabakh. Questa regione è
abitata prevalentemente da
armeni, ma si trova sotto
1’ amministrazione
dell’Azerbaigian. Questo è
il motivo del conflitto che
ha già fatto tante vittime,
specialmente tra i civili.
Questi vengono a volte
presi in ostaggio per essere usati come oggetto di
scambio. Possono venire
barattati con altri ostaggi e
persino con benzina o denaro. La famiglia di Ulyana è rimasta coinvolta in
questa situazione; tutti i
suoi membri sono stati
presi in ostaggio: la madre, la nonna, il fratello e
le due sorelline. Il padre è
morto per l’esplosione di
una mina.
Dopo un mese però la
madre, la nonna e il fratello hanno ottenuto uno
scambio e sono tornati a
casa. Si ritiene che le ragazze invece siano rimaste
presso una famiglia azera,
che voleva scambiarle con
la salma di un parente. Un
cugino, che era anche lui
in ostaggio, dichiarò di
averle viste. Ma di Ulyana
si sono perse le tracce già
nell’agosto 1992. E tuttora
non si sa nulla lei. Ci rallegriamo pertanto per la liberazione della sorella
Liana.
Indirizzo per gli appelli,
in inglese o in italiano:
His Excellency Heidar
Aliyev/ Chairman of thè
Milli Mejlis/ Baku - Repubblica dell’Azerbaigian
(ex Urss).
Affrancatura per i tre casi menzionati, per via aerea: £ 1.250. Si possono
anche adoperare gli aerogrammi, più convenienti,
acquistabili alla Posta.
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PAG. 12 RIFORMA
Globale
venerdì io dicembre 1993
Medio Oriente: hanno sempre preso parte agli avvenimenti politici e sociali
Il ruolo essenziale delle donne in Palestina
Alla vigilia della firma dell'accordo
Gatt e paesi del Sud
URS A. JAEGGI
Sumaya Farhat-Naser è
professoressa di botanica
e di ecologia all’università
Bir-Zeit nel «West Bank». Da
oltre 25 anni è una donna che
lavora, attiva in Palestina, in
una regione che per decenni
ha visto il succedersi di diverse dominazioni con tutte le
difficoltà che ciò ha comportato.
Sumaya Farhat-Naser inquadra il suo lavoro sullo
sfondo della situazione storica
e culturale della Palestina. Le
donne in Medio Oriente, contrariamente alle opinioni e ai
pregiudizi diffusi, hanno sempre preso parte agli avvenimenti politici e sociali. Come
donne che producono, come
madri ed educatrici hanno da
sempre esercitato una funzione essenziale, anche se, e Sumaya lo rileva, il lavoro delle
donne è comunque sempre
stato ed è tuttora soprattutto il
duro lavoro dei campi.
Anche in passato ci sono
state donne del ceto sociale
più elevato, della borghesia,
in particolare nelle città, che
hanno dato vita a organizzazioni femminili, e questo sin
dagli inizi del secolo. Il loro
sostegno alla lotta degli uomini contro gli occupanti, turchi,
inglesi, giordani, israeliani era
fortemente collegato all’esigenza di cambiamento del loro ruolo, anche se la loro azione aveva un carattere prevalentemente umanitario-caritativo. Esse si interessavano soprattutto di colmare le lacune
del tessuto sociale, nel settore
Donne palestinesi di Gaza
dell’assistenza sanitaria, nella
cura degli anziani, nell’accoglienza dei profughi. E fra le
donne della borghesia non è
cambiato molto in questi ultimi anni
Dopo la guerra dei sei giorni del 1967 ha cominciato a
profilarsi un nuovo movimento: le donne di una nuova
generazione, quella cui appartiene anche Sumaya, si sono via via mobilitate per affermare i loro diritti e per
occuparsi di se stesse, invece
di limitarsi agli interventi
caritativi per i poveri. Esse
hanno cominciato a guadagnarsi da vivere lavorando
nel settore dei diritti umani,
nell’educazione dei bambini,
nel far funzionare l’amministrazione del villaggio, cercando contemporaneamente
di dire la loro sulle questioni
politiche e sociali. Non è stata certamente un’impresa facile in una zona costantemente sotto pressione dal punto di
vista politico, economico e
religioso.
Uno dei primi obiettivi che
si sono posti i comitati femminili, operanti soprattutto nei
villaggi e nei campi profughi,
è stato di far prendere coscienza alle donne dei loro diritti nell’Islam, nella famiglia
e sul posto di lavoro. Fondare
un’organizzazione femminile
avrebbe comportato l’autorizzazione del governo militare
israeliano o del governo giordano, cosa non necessaria per
la creazione di comitati di
donne: per questo esse hanno
potuto agire nel loro ambito
con crescente incisività attivando, per esempio, dei corsi per preparare le donne ad
assumere funzioni e incarichi
di rilievo nella vita pubblica.
E chiaro infatti che il lavoro
delle donne può essere fortemente penalizzato se quelle
fra loro che ricoprono particolari uffici e hanno una certa
posizione non possiedono una
formazione e una qualificazione sufficienti. Nella Cisgiordania e nella striscia di Gaza
esistono quindi dei centri di
formazione nei quali le donne
non solo vengono aiutate ad
acquisire una coscienza politica, ma dove praticamente si
esercitano a scrivere discorsi e
articoli. L’aiuto che le donne
si prestano reciprocamente in
quest’opera è un mezzo assai
convincente per la rottura degli schemi tradizionali.
Secondo Sumaya FarhatNaser tutto ciò non serve solo
a fornire degli strumenti più
idonei per affrontare le difficoltà quotidiane che si hanno
nei territori occupati, ma va
visto anche in funzione del
processo di pace che lentamente si sta avviando. Per
molte donne palestinesi un
imperativo categorico del
momento che stanno vivendo
è dare un contributo essenziale a questo processo, perché
non sia solo nelle mani degli
uomini.
Nonostante gli sviluppi positivi, Sumaya è rimasta una
pragmatica e si rende ben conto che un miglioramento reale
della situazione può verificarsi solo se c’è un concorso di
tutte le forze e se i diversi
sforzi hanno un collegamento
fra loro. Sumaya ritiene che
sia di vitale importanza la collaborazione con uomini e donne sul piano locale, regionale
e internazionale perché ciò
garantisce nuove esperienze e
crea un clima di speranza rinnovato che può essere estremamente utile in questa fase
di transizione verso la pace.
Secondo tutti gli osservatori
politici ed economici, la data
del 15 dicembre (negoziato
sul mercato mondiale nell’ambito dell’Uruguay Round del
Gatt) sarà decisiva. Verrà raggiunto un accordo generale,
malgrado le richieste di rinegoziato da parte dell’Europa, in particolare della Francia, sulla questione agricola?
La Comunità di lavoro delle
opere svizzere di aiuto al Terzo Mondo (Swissaid, Action
de Carême, Pain pour le prochain, Helvetas Caritas) ha tenuto a Berna il 1° novembre
una conferenza stampa per illustrare il futuro economico
dei paesi del Sud in questo
contesto di libero scambio.
Richard Gerster, direttore
della Comunità di lavoro, ha
spiegato perché il libero
scambio non è sufficiente dal
punto di vista della politica di
sviluppo. Per certi paesi sono
necessarie alcune eccezioni.
Tra l’altro, ci vogliono protezioni doganali affinché questi
paesi possano mettere in piedi
la propria industria: occorrono
poi misure complementari, ad
esempio una riforma agraria,
affinché i paesi più poveri
possano usufruire delle ricadute commerciali.
Non bisogna dimenticare
che l’esigenza di un libero
scambio è sempre stata una
soluzione delle organizzazioni
più forti dell’economia mondiale per aprire nuovi mercati,
possibilmente senza intralci.
«Perché dare la stessa libertà
alla gallina e alla volpe all’interno del pollaio ha conseguenze ben diverse per
Luna e per l’altra», ritiene Richard Gerster. Si può, nell’ottica del Sud, fare il seguente
bilancio: i paesi più forti in
via di sviluppo, situati soprattutto in Asia e in America Latina, risulteranno fra i vincenti: nulla da stupirsi dunque
che essi richiedano a gran voce un accordo.
Per i paesi più poveri invece, soprattutto in Africa, le
prospettive sono limitate, anzi
chiuse. Una tale situazione
esige che misure speciali vengano prese a loro favore, in
particolare a favore dei paesi
africani al sud del Sahara.
D’altra parte, i paesi in via
di sviluppo non vogliono più
essere vittime delle politiche
agricole protezionistiche e
sovvenzionate del Nord, per
cui concordano sul fatto che le
regole del Gatt siano più efficaci contro le misure arbitrarie dei partner commerciali.
Infine, essi desiderano sostenere la propria produzione nazionale in funzione della loro
specificità. Nadine Keim, collaboratrice della comunità di
lavoro a Losanna, ritiene che i
paesi asiatici e latinoamericani trarrebbero vantaggi considerevoli da un accordo generale. Invece, i paesi africani,
caraibici e del Pacifico rischierebbero, a breve termine,
di essere perdenti. Essa pone
una domanda essenziale: i
paesi meno avanzati otterranno appoggi concreti? Sarebbe
inaccettabile che essi venissero «sacrificati» per permettere
al resto del mondo di approfittare maggiormente degli
scambi commerciali. (Spp)
Riforma.
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