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/^nnu - n. ^ i
29 maggio 1987
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
PENTECOSTE '87
Con T« incidente » che ha visto coinvolta ia fregata americana Stark, con la successiva
decisione degli Stati Uniti di
aumentare la propria forza militare nel Golfo Persico e di
« prestare » ia propria bandiera
alle petroliere del Kuwait (nazione che finora era rimasta neutrale nel conflitto) si apre un
nuovo capitolo nella storia di
quella regione e nella ormai settennale vicenda deila guerra
Iran/Iraq.
Gli Stati Uniti hanno motivato questo loro atteggiamento
col fatto della difesa dei loro
« vitali » interessi: motivazione
in effetti un po’ assurda, quando
si tenga presente che quella na^
zione importa dagli Stati arabi
sì e no un 10 per cento del proprio fabbisogno energetico. Ma
gli Stati Uniti hanno anche successivamente precisato che erano pronti a combattere, paragonando la situazione del Golfo
a quella dell’Europa nel secondo conflitto mondiale. Ancora
una volta questo « gendarme »
del mondo si mostra maggiormente incline alla politica dello
'scontro anziché a quella dell’incontro.
Alcuni commentatori politici
ritengono che gli Stati Uniti —
a costo di rischiare col fuoco
e di provocare le reazioni dell’altro « gendarme » sovietico —
giochino questa pericolosissima
carta per cercare di rifarsi la
faccia dopo aver tradito i propri principi in politica estera
(caso Irangate) e per riguada^
gnare una credibilità sulla scena internazionale. Nessuno però
— a mia conoscenza — ha fatto
riferimento alla dottrina bellica
americana denominata « AirLand Battle 2000 » (battaglia
aereo-terrestre del 2000), a cui il
nostro settimanale dedicò una
pagina fin dal 1984, nel n. del
3 agosto.
Questa dottrina, fra i vari scenari mondiali previsti nelio scorcio di tempo che va dagii anni
’90 ai primi lustri del prossimo secolo, prevede la competizione per l’accaparramento delle risorse minerarie ed energetiche in vista dei loro esaurimento. Questo problema diventerà
(cito) «la questione ambientale più significativa». Per uscire
vittoriosi da questa competizione — sempre secondo ii citato
documento — è previsto, oltre
all’impiego di armi convenzionali, anche quello di « armi nucleari, biologiche, chimiche, elettroniche e ad energia diretta ».
Come si vede, si tratta di programmi che, col persistere delle
molte, drammatiche situazioni
locali, costituiscono una pericolosa fonte di conflitti armati che.
potrebbero anche generalizzarsi.
Il presidente Reagan, nel discorso alle esequie dei 37 morti della Stark, ha fra l’altro detto: « Non rendiamo inutile il
sacrifìcio di questi eroi ». Eroi,
o non piuttosto povere vittime,
assieme ai loro cari, ma anche
assieme a quella parte di umanità pensosa di una situazione,
di un sistema che potrebbe condurre il mondo intero a conse.
guenze senza ritorno?
Roberto Peyrot
Vieni Spirito creatore, di paoé,
di giustizia, di vita
Nel messaggio (Jel CEC l’invocazione allo Spirito Santo contro la rassegnazione
Vieni, Spirito
creatore
« Lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle
acque », dice il racconto biblico della creazione, anche
quando « la terra era informe e vuota» (Genesi 1: 2).
Lo Spirito era protezione e
presenza di Dio, ordinatore
del caos come l’aquila che
« si libra a volo sopra i suoi
piccini; spiega le sue ali, li
prende e li porta sulle sue
penne...» (Deuter. 32: 11).
Lo Spirito di Dio rende la vita possibile sulla terra e, dal
caos deU’universo, fa nascere l’ordine.
Vedendo la distruzione delle foreste, dei fiumi e dei laghi, la totale sparizione di
alcune specie di animali, il
risultato dello sfruttamento
insensato del pianeta Terra,
è a quello Spirito che dona
la vita che noi gridiamo:
« Vieni, Spirito creatore ».
Come una madre, lo Spiri
to è pieno di sollecitudine nei
riguardi della creazione; Egli
invita l’umanità ad essere responsabile di tutta la terra
creata, affinché le generazioni future possano ancora rallegrarsi delle benedizioni di
Dio in una natura bella e
buona. L’impoverimento al
quale condanniamo il nostro
quadro di vita è una rivolta
contro lo Spirito amoroso di
Dio. Nel nostro pentimento,
noi supplichiamo: « Vieni,
Spirito creatore ».
Vieni, Spirito Santo,
Spirito di pace
Oggi noi celebriamo la Pentecoste, la venuta di quello
stesso Spirito che si prende
cura della creazione e che è
sceso per abitare con la prima comunità cristiana. Le
folle riunite a Gerusalemme
furono molto sorprese di sentire gli Apostoli parlare in
modi strani. Qualunque sia
stata la loro lingua o la loro
nazionalità li sentivano parlare del Signore crocifisso e
risuscitato, del Principe della
pace, nella propria lingua.
L'Apostolo Pietro dichiara:
« Qui si realizza questa parola del profeta Gioele: spanderò il mio Spirito sopra
ogni carne » (Atti 2: 16-17).
La rottura di Babele è adesso risanata, la comunicazione
ristabilita. Lo Spirito rende
possibile la comprensione comune, crea una comunità
nuova, impegnata ad operare
per la riconciliazione di tutta l’umanità, comunità chiamata a creare la pace ed a lavorare per la guarigione dei
popoli e dei paesi.
Eppure la realtà di Babele
continua a dominare gli affari del mondo. Viviamo in
mezzo a conflitti e divisioni,
a guerre ed a rumori di guerra. Ma Dio ha mandato lo
Spirito Santo per invitarci a
superare le divisioni dell’umanità, a diventare artefici
LUCA 10: 19
La gioia di Gesù
« ...e nulla potrà farvi del male ».
Terminavo la meditazione del
numero scorso con le parole di
Luca: «Io ti rendo lode, o Padre,
Signore del cielo e della terra,
perché hai nascoste queste cose
ai savi e agli intelligenti, e le
hai rivelate ai piccoli fanciulli! »
(Le. 10: 21).
La vittor'ia dell'Evangelo del
regno sulle schiavitù e le paure
degli uomini era già stata annunciata con le parole: « Ecco, io
v’ho dato il potere di calpestare
serpenti e scorpioni e tutta la
potenza del nemico, e nulla potrà farvi del male» (v. 19). Che
questa vittoria sia vera è dimostrato, secondo Gesù, da un segno inequivocabile: i saggi e gli
intelligenti (scribi, dottori della
legge, tuttologi di ogni tempo...)
non capiscono... Quelli che capiscono sono i piccoli. Non tanto i bambini in senso stretto,
bensì la gente semplice, quelli
che allora erano definiti « i poveri senza istruzione », quelli che
la letteratura rabbinica definiva
come costituzionalmente « empi
e peccatori », proprio perché po.
veri e deboli, senza potere, e chi
è senza potere è... colpevole! Ebbene, la predicazione dell'Evan
gelo della libertà viene compresa e accettata proprio da costoro!
Sono i deboli, i discriminati di
ogni tempo, i senza potere, che
ricevono l’annuncio della liberazione. Ma questo non è il frutto
di una maturazione storica, è il
frutto della libera grazia di Dio,
della sua libera scelta, della sua
benevolenza e della sua giustizia.
Gesù, quindi, « in quella stessa
ora giubilò per lo Spirito Santo».
Gesù giubila, letteralmente « salta di gioia »: il verbo greco non
allude ad un rallegrarsi educato
e compiacente, ma esprime una
gioia incontenibile, che impedisce di rimanere tranquilli, anzi
costringe a saltare e ballare...
Gesù però non gioisce pet’ché
gli addetti ai lavori, gli esperti,
quelli che avrebbero dovuto capire per primi, rimangono sordi
all’annuncio del suo regno..., gioisce perché chi era stato fino ad
allora escluso comincia a capire,
chi era stato tenuto lontano dalla comunione con Dio viene accolto da lui. E Gesù gioisce perché costoro riconoscono nella
sua parola quello che è realmente, l'Evangelo, un annuncio di li
berazione e di speranza. Ma la
gioia di Gesù non è solo in questo; egli aggiunge: « Ogni cosa mi
è stata data in mano dal Padre
nno ». La comunione tra il Padre e il Figlio è la cosa più importante: Gesù ci rivela il Padre,
ci dà di conoscere Dio. Ciò che
si è sempre cercato nella religione (di qualunque tipo) ora è
davanti a noi in Gesù Cristo.
Ma la conoscenza che Gesù ci
rivela non è quella delle idee,
nè quella delle teorie e delle dottrine, bensì, apvunto, lui stesso,
nella sua vita e nella sua piena
umanità. Essa è negli atteggiamenti che Gesù assume, nelle
sue scelte, nelle sue azioni, nei
rapporti che crea attorno a sè,
nella sua vita « vissuta » (e nella nostra vita "vissuta" in lui!);
così ci è dato di conoscere Dio.
Non un Dio astratto, lontano,
ideologico..., ma un Dio che ci
precede nella nostra umanità.
Conoscere Dio?... Chi può investigarne l’altezza, la profondi,
tà, l’infinità?... Impariamo a conoscere e a seguire Gesù, chi è,
che cosa ha fatto per noi, a che
cosa ci chiama..., poi potremo
cominciare a conoscere Dio.
Paolo Sbaffi
di pace e portatori di riconciliazione. Noi supplichiamo:
« Vieni, Spirito Santo, Spirito di pace ».
Vieni, Spirito Santo,
Spirito di giustizia
Nella visione del profeta
Ezechiele, lo Spirito di Dio,
soffiando nella valle delle ossa secche, trasforma la morte in vita. « Metterò in voi il
mio Spirito e voi tornerete
alla vita; vi porrò sul vostro
suolo e conoscerete che io,
TEtèmo, ho parlato ed ho
messo la cosa ad effetto, dice
l’Eterno » (Ezechiele 37: 14).
Le forze che si oppongono
alla vita nelle nostre società
e nel mondo ci fanno sovente
perdere la speranza e siamo
tentati di rassegnarci alle cose quali esse sono. Ma lo Spirito di vita abita in noi; noi
possiamo dunque annunziare
la fine di tutte le ingiustizie
ed offrire il nostro umile servizio alla causa della vita
rinnovata. « Vieni, Spirito
Santo, Spirito di giustizia e
di vita ».
In questa domenica di Pentecoste, preghiamo:
« Vieni, Spirito di Dio.
La sola Tua presenza può restaurare la creazione, oggetto
della Tua sollecitudine, riconciliare l’umanità e guarirla delle sue divisioni, fare rispettare la giustizia ».
Da soli non possiamo far
molto. Ma ogni cosa è possibile per mezzo della forza
dello Spirito.
Che la potenza dello Spirito faccia dono a noi, alla
chiesa ed all’intera umanità,
di saggezza, di amore, di grazia e di forza.
I presidenti del Consiglio
Ecumenico delle Chiese
Sig.ra B. Nita Barrow, Cave
Hill, La Barbade
Sig.ra Marga Btihrig, Binningen. Svizzera
II Metropolita Paulos Mar
Gregorios, Delhi, India
Il Vescovo Johannes W. Hempel, Dresda, Repubblica Democratica tedesca
Il Patriarca Ignatios IV d’Antiochia e di tutto l’Oriente,
Damasco, Siria
L’Arcivescovo W.P. Khotso
Makulu, Gaborone, Botswana
Il Pastore Louis M. Wilson,
Toronto, Canada.
(traduzione di
Dino Gardiol)
2
2 commenti e dibattiti
29 maggio 1987
DIO E MAMMONA
Ricchezza e avarizia
Un idolo che vede affannarsi intorno a sé cristiani e non cristiani Quando l’uso del denaro è finalizzato alia morte e alla distruzione
Mammona è una parola aramaica che vuol dire «ricchezza».
Non è stata una divinità, ma la
ricchezza è stata ed è un falso
dio, un idolo a cui presta culto la
maggior parte dell’umanità. Esiste infatti la parola mammonismo che indica il culto del danaro.
Gesù lo definisce con la parola ingiusto o iniquo; la TOB (la
traduzione ecumenica francese)
traduce: danaro ingannatore, ma
il testo greco lo definisce: mammona d’ingiustizia, perché nasce da ingiustizia ed è conservato con ingiustizia. In un quadro
ci sono: in mezzo Gesù, da una
parte il giovane ricco e dall’altra tanti poveri mendicanti seduti per terra (non ne ricordo
l’autore); Gesù parlando accompagna col gesto che accenna i
poveri quello che dice al giovane ricco: Dà le tue ricchezze a
questi poveri che hanno diritto
a ricevere il pane quotidiano che
Dio fa crescere sui campi per
tutti i suoi figli. Se Dio ha creato e produce tutto per tutti, è
giusto che tutti abbiano di che
vivere. Se qualcuno si impossessa di molti beni che non distribuisce, ma accaparra per sé, è
im ladro (come dice il sociologo
P. J. Proudhon).
La cupidigia della ricchezza
porta a -rendere culto, a servire
il « vitello d’oro », come è stata
anche definita la ricchezza accumulata in grande quantità.
Oggi cristiani e non cristiani
danzano volentieri intorno a
questo idolo. Per accumularlo
non pensano agli altri e al danno che le loro operazioni industriali, commerciali o bancarie
producono.
Sulle mura di Basilea si leggono certe scritte che parlano
contro quelli che sfruttano le
materie prime non per il bene
della umanità ma per il loro
profitto; ne cito solo una: « Prima uccidete tutti i pesci del fiume e poi... ».
Ma oltre aH’industria chimica
che avvelena l’aria, il terreno e
le acque sempre più, si pensi
alla industria della costruzione
delle armi che — consapevolmente — manda armi là dove
gli uomini continuano ad uccidersi. Si pensi poi alla costruzione di apparecchi militari costosi, mentre nel mondo c’è chi
muore letteralmente di fame.
Leggevo che con il denaro impiegato per costruire un aereo
militare si potevano metter su
e far funzionare 40.000 farmacie
per il Terzo Mondo!
Gesù dice ai suoi discepoli (noi
ci vantiamo di esser tali!) che
non è possibile servire nello stesso tempo Dio e mammona. In
un commento in francese leggo:
« Il denaro è dunque il ’’test”
della fedeltà dei discepoli ». Vivere per far denaro, per nuotarvi dimostra che non si serve
più Dio ma il denaro, i soldi!
Che pensare poi dei soldi sporchi che molti cristiani vogliono
rendere puliti con operazioni non
pulite!
Oggi l’idolo maggiore nel mondo, quello che ha più seguaci,
è proprio l’ingiusto mammona.
Gesù dà un consiglio salutare
per liberarsi da questa servitù:
distribuire a chi ha fame, a chi
è nell’estremo bisogno, vicino e
lontano, quelle ricchezze ereditate senza fatica o accumulate
senza onestà e senza carità verso gli altri.
Ad una predica in cui si diceva che Efeso era famosa per i
templi di Diana e per l’industria
dei tempietti di quella dea, e
Convocazione
Conferenze distrettuali
Sono convocate per i giorni 13 e 14 giugno le Conferenze distrettuali delle chiese valdesi e metodiste.
Le conferenze si svolgeranno ;
• I DISTRETTO : Villar Perosa presso il tempio valdese.
• Il DISTRETTO: San Marzano Uliveto (Al) presso la
Chiesa metodista.
• MI DISTRETTO: Velletri (Roma) presso Ecumene.
• IV DISTRETTO: Palermo presso il centro La Noce.
Per ragioni organizzative i responsabili delle delegazioni
delle chiese devono comunicare al Presidente della commissione esecutiva distrettuale entro il 30 maggio l'elenco di
coloro che vi partecipano. Alla Conferenza distrettuale possono assistere tutti i membri delle chiese valdesi e metodiste
dei Distretto.
TAVOLA VALDESE
Comunicato
La Tavola comunica che il primo fascicolo della relazione
al Sinodo sarà consegnato in occasione delle Conferenze distrettuali. Esorta i consigli di chiesa a far pervenire
al più presto agli uffici della Tavola di Roma e Torre Pellice
i mandati di deputazione. La relazione infatti potrà essere
consegnata ai deputati i cui mandati saranno pervenuti alla
Tavola entro il 10 giugno.
La Tavola comunica che in caso di sostituzioni non saranno spediti altri fascicoli. Il sostituito deve trasmettere il
fascicolo al suo sostituto.
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 31 MAGGIO
ore 23 ca. - RAI 2
«UN ESERCITO SENZA
FUCILI »
In occasione del centenario
dell’Esercito della Salvezza
in Italia il filmato presenterà
alcune tappe significative dell’opera svolta da questo movimento.
Per lo sciopero della RAI
la trasmissione di domenica
17 maggio non è andata in
onda; la stessa viene riproposta domenica 31 maggio.
per la stampa di
libri, giornali, riviste,
locandine e manifesti,
lavori commerciali
in genere
Coop.TIPOGRAFICA
SUBALPINA
Via Arnaud, 23 - @ 91334
10066 TORRE PELLICE (To)
DI RITORNO
DA DACHAU
IL DONO
che in certe città oggi ci sono
tanti templi di mammona, qualche persona si ribellava, giungeva a dire: « Non vogliamo distribuire i nostri beni ai miserabili
del Terzo Mondo vicino o lontano »!
Se oggi si preparano armi sempre più micidiali non è per difendere certi valori morali o
spirituali, ma per difendere il
proprio benessere, a danno di
altri che mancano di tutto! Platone, il grande filosofo, diceva:
« Tutte le guerre sorgono per
il possesso del denaro ».
L’odierno consumismo è frutto
della ricchezza e dell’egoismo dei
più. Se imparassimo ad avere
un animo contento del proprio
stato, come scriveva l’apostolo
Paolo (I Timoteo 6: 6), saremmo più sereni, vivremmo in pace e verrebbe meno lo « stress »
che nasce dalla cupidigia del
possesso sempre maggiore.
La parola avarizia in greco
suona cosi: « avere di più », sempre di più. E’ come volersi dissetare bevendo acqua salata!
Ci sia dato di capire Chi dobbiamo servire nella nostra vita,
e venga in noi una vera « metànoia », un mutamento nel considerare le cose in modo diverso
da quello che — seguendo l’andazzo — abbiamo avuto sino
ad oggi.
Liborio Naso
Signor Direttore,
al rientro dal viaggio fatto a Monaco di Baviera, dove ho partecipato al
concerto che la Corale valdese di Pinerolo ha tenuto la sera del 2 c.tti.,
su invito della locale Corale evangelica, nella Johannes Kirche, desidero
informare i lettori del suo settimanale
su di un episodio avvenuto durante il
nostro soggiorno in Germania, e dedicare loro una conseguente, breve riflessione.
All'offerta, da parte dei cortesi ospiti tedeschi, della possibilità di una
visita al campo di sterminio di Dachau,
sito ad una ventina di chilometri da
Monaco, la Corale ha aderito con vivo Interesse, nell’intento di rendere
onore a coloro che in quel tremendo
luogo lasciarono la vita.
La vista dell'unica baracca esistente (perché ricostruita fedelmente da
operai volontari della FIAT), con le
grandi foto ricavate da istantanee scattate clandestinamente da uno di quegli infelici, che mostravano decine di
poveri esseri allo stremo delle forze,
disumanamente ammassati in misura
almeno quintupla delle possibilità di
ricetto della baracca medesima, dagli
sguardi smarriti ed imploranti già presaghi della fine orribile ad essi riservata, ha causato, in ciascuno di noi,
una commozione sincera ed angosciante.
La pena si è poi ancora accentuata
alla vista delle camere a gas, camuffate da « docce collettive », dove dalle
bocchette fissate al soffitto uscivano
i vapori mortali, anziché l'acqua...,
per raggiungere il culmine davanti ai
quattro forni crematori dalle sinistre
aperture spalancate nelle quali erano
ben visibili le « barelle » su cui quei
poveri corpi senza vita (o forse, no!)
venivano eliminati. Camere a gas, forni, ganci d'impiccagione, bastoni e
letti per fustigazioni, erano proprio
quelli di quei tragici momenti, perché
il materiale di cui sono composti non
si è deteriorato, a differenza delle
baracche.
Lasciando Dachau, in preda ad intensa emozione, mi è venuta spontanea
una riflessione: i campi di sterminio
sono la testimonianza più evidente
della malvagità che può essere realizzata dall'uomo ohe si è allontanato da
Dio, che ha rifiutato l'insegnamento
di Gesù Cristo, perché non ne ha compreso il sublime messaggio d’amore e
di fratellanza universale!
■I La luce è venuta nel mondo, e
gli uomini hanno amato le tenebre
più che la luce, perché le loro opere
erano malvage » (Giov. 3: 19).
L'uomo malvagio, che ha volto le
spalle a Dio, ha ieri costruito i » Lager » (quale ironia, il « Gott mit uns » Dio con noi - che spiccava sui cinturoni dei soldati di Hitler!), ed oggi
continua a fare il male: Cile, Sud
Africa, Ulster, Bassora, Beirut, ne sono la prova più evidente, e la spirale
di malvagità continua ad avvolgere il
mondo, manifestandosi ovunque c'è
guerra, odio, sopraffazione, razzismo,
discriminazione, cinica strage di innocenti da parte di folli sanguinari che
non esitano a sparare o far esplodere
bombe dove si trovano inermi persone, per scendere più in basso nel baratro dell'orrore allorché sciagurati
genitori uccidono a botte la loro creatura!...
Malvagità del genere umano, in senso lato, oppure ristretta all'uomo che
ha abbandonato Dio? La risposta del
credente non può propendere che per
la seconda ipotesi!
Molto fraternamente.
Giorgio Morbo, Pinerolo
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Ho sottomano il numero del r maggio e rileggo la relazione del Rifugio
Carlo Alberto: - Difficoltà finanziarie
crescenti ».
Nell'agosto dell'anno scorso sono andata al Rifugio per salutare una sorella in fede degente da alcuni anni.
Le sue condizioni fisiche e psichiche
si erano deteriorate a tal punto che
solo il Rifugio ha potuto darle l'assistenza necessaria sino alla sua morte
avvenuta alcuni mesi fa. Mi stringe
ancora il cuore pensare a tutte le persone degenti non più autosufficienti
fisicamente e psichicamente che ho
visto, e faccio molte riflessioni su
come il fisico di ognuno di noi può e
potrà distruggersi ancor prima di morire. Tante persone indifferenti, egoiste, dovrebbero visitare questi am
bienti per riflettere sulla necessità di
portare in qualche modo un contributo
alle istituzioni costituite per questi
servizi di alta umanità. Il personale che
vi si dedica senz'altro deve avere un elevato spirito di servizio, ma deve pur
essere ricompensato. Non sappiamo
cosa la vita ci riserva prima della fine di questo cammino terreno, quindi .» riflettiamo ». La nuova costruzione
del Rifugio è senz’altro più confortevole per i degenti e anche per il personale che vi lavora, e sia ringraziato
il Signore ohe dopo varie peripezie è
funzionante.
Ma ora rimane la dolente nota delle
finanze e questo vale per tutte le nostre istituzioni, sia per gli anziani come per i giovani.
I nostri padri e anche i nostri nonni ci hanno lasciato delle istituzioni
umanitarie e sociali ohe avevano istituito con la forza della fede, incominciate dal nulla e senza mezzi, ma con
un forte impegno di fede che ha smosso le montagne. Forse quella forte fede non è più in noi? Quando il Signore
ci suggerisce di prendere parte attiva,
di prendere in mano il portafoglio e
sfilare la decima, ci tappiamo le orecchie e ci copriamo anche gli occhi
per non vedere? E' forse più soddisfacente fare la settimana bianca, la crociera, 0 altro divertimento? Il Signore
apprezza il donatore allegro, ma ¡o
aggiungo che si può apprezzare anche il donatore che ■■ mugugna » m:
che dona perché capisce la necessità
dell'amore fraterno operante. Le nostre
istituzioni devono vivere con l'impegno di tutti perché non sappiamo se
anche noi un domani, chissà, potren:mo essere nella necessità di bussare
a quella porta che ora non collaboriamo a tenere aperta. Non ci illudiamo delle istituzioni a cui il « Governo ••
dovrebbe provvedere perché già oggi
constatiamo !e carenze in questo campo verso gli anziani, gli inabili, gli
handicappati. Riflettiamo e tutti assieme rispondiamo all'appello finanziario
delle nostre opere che è a coronamento della fede in Gesù Cristo che
ha dato tutto se stesso per la nostra
redenzione.
Eunice Biglione, Genova Nervi
I CONFINI
DEL LIBANO
Spett.le Redazione,
con riferimento aH'articolo Pace:
una parola senza significato, apparso
sul n. del 1“.5.87 - pag. 7, vorrei cortesemente far notare che il Libano a
sud fino a prova contraria confina con
lo Stato di Israele e non con la Palestina come indicato nel riquadro a
fondo pagina dal titolo il Libano in
cifre.
La Palestina esiste come area geografica ma non è uno stato.
La questione è troppo spinosa per
permettersi trasandatezze di questo
genere. La cattiva informazione non
ha mai contribuito alla causa della
pace.
Cordiali saluti e buon lavoro.
Pierguido Viterbi, Milano
# Hanno collaborato a questo
numero: Archimede Bertolino,
Valter Cesan, Enos Mannelli,
Anna Marnilo, Paola Montalbano,
Bruna Peyrot, Lucilla Peyrot,
Teofìlo Pons, Piervaldo Rostan,
Dario Tron.
3
29 maggio 1987
fede e culturd 1
RICORDANDO PRIMO LEVI
ECUMENE
i- f - •
*
I
V
Semplicemente
e tragicamente ebreo
L’ebraismo torinese, ricordando lo scrittore, ne ha indicato il costante imperativo a non rimuovere mai dalla coscienza i fatti di ieri
Giovedì 21 sera, nella grande
sinagoga di Via Pio V a Torino,
alle ore 21 non c’è più posto.
Un migliaio di persone, di cui
decine e decine in piedi, ascoltano commosse ricordi ed interpretazioni del pensiero e della
vita di Primo Levi. E' il ”Limud”, lo studio ebraico che si
usa fare per onorare la memoria di un defunto un mese dopo la sua scomparsa. Dopo poche parole introduttive di Lia
Montel Tagliacozzo, presidente
della Comunità ebraica, parla
Bianca Guidetti Serra, avvocato,
consigliere comunale di Torino,
militante antifascista. Racconta
della sua lunga amicizia, quarant’anni, con Primo Levi: dagli anni dell’Università al settembre del ’43 in cui, dopo l’esultanza per la caduta del fascismo, inizia il tempo della diaspora per le valli, per le colline,
nella clandestinità. Infine cala il
silenzio tra i compagni per molti mesi; poi una cartolina fortunosamente giunta dalla Germania annuncia che Primo è ancoia vivo. Ottobre 1945: ima sera particolare quella che vide i
vecchi amici di nuovo insieme
nell’alloggio di Levi in Corso Re
Umberto. Per il sopravvissuto
di Auschwitz inizia il tempo del
raccontare per iscritto ciò che
,.aveva vissuto. Ma non si limiterà alla carta stampata, sparlerà
ai giovani, parlerà 'infinite volle nelle scuole, nelle associazioni... e perfino con gli avversari,
senza indulgenze. E qui Bianca
Guidetti Serra legge la poesia
di Levi dedicata agli amici:
« ...compagni d’un cammino
Follo, non privo di fatica,
E voi pure, che avete perduto
L'anima, l'animo, la voglia di
[vita.
O nessuno, o qualcuno, o forse
[uno solo, o tu
Che mi leggi: ricorda il tempo
Prima che s’indurisse la cera,
Quando ognuno era come un si
[gillo.
Di noi ciascuno reca l’impronta
Dell’amico incontrato per via,
In ognuno la traccia di ognu
[no... ».
E’ la volta di Alessandro Galante Garrone, visibilmente commosso, che colloca Levi nel contesto storico e politico degli anni
in cui l’Europa era attraversata
dal turbine antisemita. La testimonianza di Levi — dice Galante Garrone — non fu la nostalgia del reduce, ma Tavvertimento che l’orrendo male può nuovamente riaffacciarsi. Se è successo' può succedere ancora. Perciò è necessario impegnarsi ad
allargare gli spazi di vita democratica, come Levi ha fatto, vigilando affinché giustizia e verità trionfino ad ogni livello. Da
un punto di vista letterario Lorenzo Mondo richiama alla memoria di tutti i titoli dei libri
di Levi. Dopo « Se questo è un
momo », Levi si è espresso con
altre cupere altrettanto asciutte,
coinvolgenti, vere, indimenticabili. Mondo sostiene che « Se
non ora, quando? » è uno dei romanzi più importanti dello scrittore torinese. Effettivamente è
così; l’odissea umana di questo
grande romanzi» sprigiona tutta
la sete di libertà e di giustizia
che Levi aveva dentro di sè. Un
libro in cui è già racchiusa ed
anticipata l’ultima opera che ci
ha lasciato: « / sommersi e i salvati ». Mondo tratteggia la coerenza di Levi, il suo impegno
lineare animato da un’inesauribile curiosità che lo' porta a ca
CONVEGNO DI STUDI
Il bambino violato
Il mondo degli adulti fra
dei genitori e della scuola
i paure più diffuse - Le responsabilità
I problemi dell’affidamento familiare
Si è svolto nei giorni 10-12
aprile, presso il Castello Pasquini di Castiglioncello, il IV Convegno internazionale dì studi
sul « Bambino violato ».
L’edizione di quest’anno riprendeva il tema dello scorso
anno, ma in particolare i convegnisti hanno lavorato su alcune relazioni riguardanti il problema delle violenze quotidiane
subite dal bambino, delle sue
paure, nonché i problemi legati
aH’affìdamento familiare.
L’apertura dei lavori è stata
affidata a tre relazioni svolte da
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CLAUDIANA
• TORRE PELLICE - Piazza della Libertà, 7 ■ Telef.
(0121) 91.422.
• TORINO - Via Principe
Tommaso, 1 - Telef. (Oli)
66.92.458.
9 MILANO ■ Via Francesco
Sforza, 12/A ■ Telefono
(02) 79.15.18.
Sergio Tavassi, segretario nazionale del Coordinamento genitori democratici (OGD); da Clotilde Pontecorvo, ordinaria di
psicopedagogia nell’università di
Roma; e da Paolo Vercellone,
consigliere di Corte di Cassazione. Il convegno ha avuto anche
10 scopo di diffondere un’opera
capillare di prevenzione, in particolare nella scuola e nella famiglia; di sensibilizzare a questo scopo le istituzioni, ancora
troppo lontane da questo mondo di angosce spesso tutte private.
Un’inchiesta effettuata in 40
scuole su 20.000 soggetti ha portato alla luce un’infinita varietà
di paure. Più della metà ha paura della guerra, che cresce con
l’età; infatti a dieci anni sono
11 72% ad esserne terrorizzati.
Quando sono a casa la maggior
parte dei bambini ha paura dell’arrivo dei ladri e degli assassini. Nella graduatoria dei cattivi ai primi posti ci sono Gargamella dei Puffi e Rambo. Nell’insieme ciò che spaventa i bambini è proprio il «mondo degli
adulti ».
Per quanto riguarda i proble
Gramsci e la Riforma
La religione non è solo un fatto culturale - I
rapporti che intercorrono con il Rinascimento
IH«
■* ■ '
larsi tra luci e ombre dell’umanità: « un grande moralista del
nostro tempo che seppe riflettere sino in fondo intorno ai temi più importanti e concreti
della vita ».
Infine il rabbino Menachem
Artom commenta il brano: « Ricordati di ciò che ti fece Antalek, durante il viaggio, quando
usciste dall’Egitto » (Deuteronomio 25: 17). Ricordare — precisa
Tanziano rabbino che legge velocemente i suoi appunti — non
è solo registrare le atrocità che
il nostro popolo ha subito nel
passato, ma impegnarsi affinché
le idéologie di morte degh Amalek di ieri e di oggi vengano rimosse definitivamente. La giustizia piena sarà solo nell’era
messianica, ma nella attesa attiva della giustizia di Dio, se vogliamo che i sacrifici di chi ha
pagato di persiona per la giustizia non siano vani, — conclude
Artom — occorre sapere agire
doerentemente con i principi etici della Torah.
Il ’’Limud” si chiude con la
preghiera del Kaddish, antica richiesta di santificazione rivolta
a Dio.
L’ebraismo torinese, parlando
di Levi, ha parlato anche del suo
passato alla cittadinanza. Conoscere Levi significa anche conoscere i principi etici dell’ebraismo che hanno avuto in Levi
un grande testimone. Né vittima né vendicatore, modesto, autentico, Levi fu semplicemente
e tragicamente ebreo. Così anche noi loi vogliamo ricordare,
inserito in un popolo e figlio del
suo passato. La sua testimonianza non è stata vana.
Giuseppe Platone
mi legati alTaffìdamento familiare, Paolo Vercellone ha messo in
evidenza che non è facile lavorare in questo campo perché
spesso si incontra la resistenza
delle famiglie naturali. La legge
che regola l’affidamento esiste
ed è buona, ma mancano i mezzi per attuarla; anche i mass
media spesso operano in senso
inverso, illustrando situazioni di
famiglie in lacrime decise a non
lasciare i propri Agli, creando
così problemi ancora più grossi
ai minori.
Nella giornata di conclusione,
che gli organizzatori hanno utilizzato per esporre (in un’affollata seduta plenaria) i risultati
dei work shops, si è formulata
una « Carta dei diritti del bambino violato » articolata in sei
comandamenti per genitori ed
insegnanti.
A Marisa Musu, presidente del
CGD, è spettato il compito di
trarre le conclusioni del convegno che ha messo in evidenza
le carenze delle strutture pubbliche, la distanza dello stato
e l’incuria delle amministrazioni locali.
Santina Rabito Briante
A destra il prof.
Biagio De Giovanni,
docente di storia
delle dottrine
politiche
all’Istituto
universitario
orientale di Napoli.
A sinistra il sen.
Giovanni Ferrara.
Si è svolto ad Ecumene tra il
23 e il 26 maggio im seminario
di studio su « Riforma e Rinascimento » nei Quaderni di Antonio Gramsci. Relatore sul tema
è stato il Prof. Michele Ciliberto,
docente di storia della fìlosofìa
moderna e contemporanea alTUniversità di Trieste. Il seminario s’è sviluppato sia discutendo la relazione di Ciliberto,
sia commentando un gruppo di
testi dai Quaderni che erano stati distribuiti in anticipo ai partecipanti.
L’intero seminario, secondo un
criterio che si vuole trasformare
in vera consuetudine, sarà pubblicato in tempi rapidi.
In Gramsci, ha osservato Ciliberto, è centrale la riflessione
su Rinascimento e Riforma. L’asse teorico di questa riflessione
è molto netto; il Rinascimento
colto è visto come movimento essenzialmente regressivo, elemento di distacco tra lingua colta e
lingua volgare, distacco degli intellettuali da una ridefìnizione
della società nazionale. Il Rinascimento spontaneo che segue
all’anno Mille si esaurisce e si
blocca nel Rinascimento propriamente detto che diventa rinascita di élite. Tutt’altro il discorso
sulla Riforma: essa si lega profondamente alle orìgini del mondo moderno, si legge solo in una
radicale connessione con esso. La
direzione di questo rapporto si
può riassumere, in una formula,
nella capacità della Riforma di
far vivere il suo principio religioso come elemento di coesione
nazionale e linguistica, base di
uno Stato. Dalla Riforma si sviluppa il processo che conduce
alla fìlosofìa classica tedesca, che
è quella « alta cultura » che la Riforma non produsse all’atto della
sua nascita.
Da questo schema essenziale
la discussione s’è sviluppata in
modo vivace ed appassionato,
mettendo a contributo anche i
testi raccolti di Gramsci e un
loro più specifico commento. I
temi emersi hanno finito col raccogliersi intorno alla questione
della « religione in Gramsci ».
Quale il suo valore? In che senso
l’attenzione di Gramsci sul senso della Riforma protestante è
interesse per una vicenda che
ha un contenuto specificamente
ed essenzialmente religioso? Dalla discussione è emerso un punto
essenziale: in Gramsci, il problema della religione rimane centrale, non si riduce mai a questione puramente culturale; quel
concetto non perde mai la sua
specificità, il suo carattere proprio.
Tutta la riflessione di Gramsci sul significato contemporaneo della filosofia della prassi
si lega al principio di una centralità del rapporto tra religione,
politica e filosofia, nel senso che
solo questo nesso rappresenta
effettivamente i caratteri che
hanno assunto gli scontri per
l’egemonia nel mondo moderno.
Dunque centrale in Gramsci
non è la questione del superamento della religione in una civiltà dell’assoluta immanenza —
tema che certamente percorre i
Quaderni — quanto la interpretazione della religione come principio costitutivo della libertà moderna (non a caso per Gramsci
la filosofia della prassi è definita
« eresia della religione della libertà» di origine crociana), come relazione che deve diventare
tipica per grandi masse umane
per un principio di trasformazione del mondo.
Le domande sull’attualità di
Gramsci hanno attraversato
tutto il dibattito. Porse la risposta più netta che è emersa è
in questa direzione: in questione non è la sua attualità immediatamente politica ; i testi di
Gramsci sono testi che tuttora
inquietano ed appassionano, rappresentano un contributo ormai
classico alla conoscenza e alla
critica della storia italiana ed
europea, l’elemento di una coscienza nazionale da ripensare e
continuamente rimettere in discussione.
Biagio De Giovanni
gioventù
evangelica
anno XXXVII - n. 104 - aprile 1987
EDITOaiALt
Mezzogiorno; una questione (sempre
più) nazionale, di Franco Cazzola
Finanziamento pubblico alle chiese le ragioni di un no, di Samuele Bernardini
GIUSTIZIA
Tra I gironi infernali del debito estero, di José Luiz Del Rojo
Il Centro America sarebbe ricco se...
di Xabier Gorostiaga
PROTESTANTESIMO
Una confessione di fede; Perché?, dì
Domenico Tomasetto
Un contestatore contestato, di Ermanno Genre
I Profeti non sono cassandre, di Georges Casalis
Due provocazioni ecumeniche sulla
moratoria ecumenica, di Franca
Long
MATERIALI
I giorni cantati ovvero musica, cultura e politica, di Alberto Corsan!
Gioventù Evangelica: Via Luigi Porro
Lambertenghi 28 - 20159 Milano
tei. 02/6890227 - sottoscrizione per il
1987; annuale L. 19.000 - estero L.
25,000 - sostenitore L. 30.000 - versamento sul CCP 35917004
4
4 fede e cultura
29 maggio 1987
UN LIBRO DI ELENA CORSANI RAVAZZINI
UNA BIOGRAFIA DEL MUSICISTA
Barriere di carta
Heinrich Schütz
Uno dei pregi fondamentali
Nel racconto di dieci anni di esperienze scolastiche con portatori di
handicap emergono molte responsabilità alla base dell’emarginazione ne dei letton jno qu^^^ese
opere dimenticate, misconosciu
Elena Corsani Ravazzini lavora da anni airinserimento di handicappati motori ultraquattordicenni nella scuola media superiore.
La sua esperienza è raccolta
nel libro « Barriere di carta »
(ed. Gruppo Abele, Torino ’87),
presentato a Napoli dallo psicologo Ezio Ponzo TU maggio
scorso presso la libreria Dehoniana, con l’intervento dell’autrice.
« Spesso si sente per le strade,
nei bar, sui tram lanciare l’appellativo di spastico, per significare scemo, e la frase: ma
sei spastico? equivale a: non fare il cretino» (p. 32).
Bisogna sgombrare il terreno da molti equivoci. Handicappato motorio non vuol dire deficiente — ci ha detto Elena.
L’handicap fisico non ha nulla
a che vedere con le capacità
mentali.
Sulla base di questo equivoco
corrente si creano nella scuola
meccanismi di diffidenza o esclusione. Il problema è invece di
mettere in grado il ragazzo di
sfruttare al massimo le capacità fisiche e mentali che possiede, mettendo a disposizione attrezzature idonee e individualizzate per infrangere le « barriere »
che impediscono all’handicappato fisico di realizzare se stesso.
L’esperienza di Elena Corsani
entra nel vivo quando nel 1980
l’Istituto per il commercio Carlo Ignazio Giulio di Torino istituisce un corso sperimentale per
« coadiutori ai servizi di segreteria » per handicappati motori. Si
tratta di un esperimento importante in Italia, perché per la prima volta una scuola secondaria
superiore si occupa del proseguimento degli studi di ragazzi
ultraquattordicenni, rilasciando
un regolare diploma di qualifica,
valido ai fini dell’ingresso nel
mondo del lavoro, a conclusione di un regolare corso di studi autorizzato dal Ministero della pubblica istruzione. Nel corso si attua l’integrazione di ragazzi portatori di handicap (spastici, distrofici) in classi di alunni normodotati.
Siamo abituati a dire sbrigativamente normali ed handicappati. Si sa, le parole hanno una
storia ed un’evoluzione. Ma dov’è la norma, qual è la norma?
Nel libro della Corsani il confine è labile, non è mai netto.
L’handicap è anche della scuola che non accoglie, come dice
il sottotitolo, dei cosiddetti normali che frappongono «mille
barriere di carta » talvolta facilmente eliminabili.
« Sono un’insegnante — ci dice Elena — e non ho seguito
particolari studi di psicologia.
Solo dopo dieci anni mi sono
decisa a mettere per iscritto la
mia esperienza che non ha dimque carattere sistematico di ricerca scientifica, ma solleva un
problema molto concreto: che
cosa si può fare per questi ragazzi che, una volta usciti dalla scuola d'ell’obbligo, trovano
mille difficoltà e problemi a proseguire gli studi ».
Il libro è costruito sul filo di
frasi pronimziate o scritte dagli
alunni e che contengono alle
volte verità schiaccianti, grosse
come un macigno: « Ho vissuto
per anni come xm vegetale », è
la scoperta di un ragazzo che
descrive il periodo di inerzia
quasi totale che ha preceduto
il suo inserimento nel corso.
« Vorrei buttarmi dalla finestra,
ma neanche quello posso fare
da solo», è la disperazione impotente in un momento di scoraggiamento. Ma anche « finché
ho una testa per pensare, io vivo ».
« C’è una straordinaria convergenza tra l’esperienza viva come è descritta nel libro — ci ha
detto Ezio Ponzo — e i risultati
della ricerca sistematica condotta da anni a livello scientifico:
essa documenta in effetti la possibilità reale d’inserimento, un
migliore rendimento, il raggiungimento di xma maggiore stabilità emotiva ». Ma i problemi non
sono pochi. Ezio Ponzo ne ha
sollevati alcuni: il pietismo, altra faccia deU’emarginazione è
un handicap della nostra cultura, è l’ossessione delle buone
opere. I ragazzi ne sono particolarmente umiliati ed infastiditi. E ancora: i limiti deH’educazione sessuale in giovani che
probabilmente non avranno mai
relazioni sessuali con i cosiddetti « normali ». Avviene che dopo i primi approcci e le prime
inevitabili delusioni gli handicappati ripieghino e cerchino
tra di loro un rapporto sessuale.
Ma la gente non accetta neanche questo. I brutti, i deformi, gli
handicappati non fanno l’amore, o almeno è meglio non pensarci. Tutto intorno suggerisce
che ramore lo fanno solo i belli, i sani, i normali.
E infine, il discorso della fede. « La fede si conquista ogni
giorno, e questo è difficile ». E’
la dichiarazione della personale
fatica di credente handicappato
che ogni giorno compie un atto
di coraggio e fiducia nella vita.
Il libro di Elena Ccrsani getta un fascio di luce su un problema del quale si sa poco e si
vuole sapere poco. E’ un bel
libro. Se non l’avete ancora letto, leggetelo; ve lo consiglio.
Rosanna Nitti
LA SCUOLA
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Le vacanze sono in arrivo!
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«Barriere di carta», ed. Gruppo Abele,
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te o emarginate dal flusso principale della consuetudine concertistica e discografica. Il massiccio libro di Ferruccio Civra,
Heinrich Schütz, saecuU sui musicus excellentissimus, spende
431 pagine per riaprire, appassionatamente, l’ascolto dell’opera del più importante musicista
evangelico prima di Johann Sebastian Bach. Ferruccio Civra
è un sacerdote cattolico, che lavora e vive in una frazione di
Sommariva Bosco, in provincia
di Cuneo. Ha dedicato una vita
intera allo studio, all’identificazione di quel musicista secentesco nato a Köstritz, in Turingia, nel 1585, e presto indirizzato alla carriera di compositore
dall’intuitivo langravio Maurizio
d’Assia, che lo assunse come
cantore nella propria cappella e
che, verificatone il grande talento, lo spedì a Venezia come allievo di Giovanni Gabrieli. Civra, armato (ii molta tenacia e
di molta umiltà, è andato raccogliendo molti materiali e, un
giorno, ha cominciato a scrivere
quello che siolo « per l’affettuosa ma ferma insistenza di amici musicisti » (così lui stesso
scrive nella Premessa al volume) è divenuto un libro. A
introdurre questo autore, e la
sua analisi dello stile di Schütz,
che « tende inarrestabile ad un
qualcosa di sapore profetico:
l’annuncio della parola divina »,
è stato- Alberto Basso, che con
i due tomi del suo Frau Musika
(EDT/MUSICA, 1979-1983, 2 voli.,
pagg. 1792) ha costruito il pri
mo ’’monumento” musicologico
suH’opera di Johann Sebastian
Bach. Il tessuto di una sorta di
storia della musica protestante
(perché non pensarci in concreti termini editoriali?), dopo i
Bach di Basso e Long (J. S.
Bach. Il musicista teologo, Claudiana, 1985) riceve così da questo Heinrich Schütz nuova luce.
In una presentazione tenutasi
lo scorso 10 aprile presso il Centro Teologico di Torino, e pro
mossa anche dal Centro Evangelico di Cultura, è emerso proprio lo specifico della tradizione musicale protestante, fatta d.
continua invenzione, di costante
aderenza alla parola evangelica
di fondamentale presenza ne',
momento di culto.
Nel suo lavoro di Kapellmeister alla corte di Dresda (da:
1617 alla morte, nel 1672) Schüt/
aveva unito al rigore di creden
te l’esperienza vissuta a Venezia
neU’Italia cattolica, dove le nuove pratiche del basso continuo
e del recitar cantando ( la radice del melodramma, di provenienza fiorentina) stavano indirizzandosi soprattutto verso ii
repertorio- profano. Se con Palestrina (1525-1594) la musica sacra cattolica aveva vissuto l’ultimo suo grande momento creativo -e spirituale, con Schütz cominciava un’era di grande rinnovamento, che dopo Luteio
portava a tutti i credenti, nella
loro madrelingua, la parola biblica, tradotta dalla musica in
un messaggio di profonda, intensa emozione.
Daniele A. Martino
FERRUCCIO CIVRA, Heinrich Schiit;;,
saeculi sui musicus excellentissimus, Cavallermaggiore, Gribaudo ’86,
431 pp„ L. 68,000.
Un fascicolo
importante
Di particolare importanza il
numero della rivista « La Scuoia domenicale», in distribuzione in questi giorm, perché contiene la presentazione delle nuove schede di catechismo. Giunge a conclusione un lavoro durato alcuni anni.
Sempre sul catechismo alcune riflessioni su un’esperienza
svolta nella chiesa di Napoli/
Vomero, a cura di Silvana e
Rosanna Nitti e Biagio De Giovanni.
Completano il numero artt. di
Yann Redalié, Anita Tron, Franco Girardet, Rita Gay.
DALLA STAMPA ITALIANA
Protestanti e culto mariano
E’ stata segnalata il mese
scorso l’intervista a cura di Nazareno Fabbretti su La Stampa
a proposito dell’idea che Lutero
aveva di Maria: il discorso sulla sua figura nel mondo protestante viene ora ripreso da Jesus
nel numero di maggio.
In un’ampia intervista di Paolo
Vicentin a Martin Kruse, presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania (definito fra l’altro « in un certo
senso il ’’Papa” dei luterani »,
e anche « in certo qual modo il
successore di Martin Lutero »),
si ribadisce la qualifica, nei confronti della Madonna, che più
disturba i protestanti: « Lo era
per Lutero e lo è per noi, oggi:
troviamo molto difficile vedere
Maria come mediatrice della
Grazia ».
Riguardo aH’atteggiamento di
distanza da ogni iniziativa ecumenica che sarebbe stato deciso
dai protestanti italiani, Kruse afferma: «Si tratta in questo caso
di valdesi e metodisti e non di
luterani. Penso si possa spiegare la cosa con la particolare situazione ecumenica in Italia,
dove sussiste una fortissima posizione della Chiesa cattolica e
una minima delle altre confessioni cristiane. Ci si sente, quindi, minacciati ».
Più avanti, Max Thurian, del
monastero protestante di Taizé,
dice in un corsivo dal titolo
« ’’Redemptoris Mater” segno di
unità e dialogo »: « Dunque possiamo tutti ricevere nella nostra
casa Maria come una Madre
che intercede per tutti i cristiani, per tutti gli uomini e soprattutto per l’unità dei cristiani nella Chiesa di Cristo ».
Una successiva nota di Jean
Galot (« Cosa credono cattolici,
ortodossi e protestanti») spiega: « Nelle Chiese protestanti si
manifesta un atteggiamento molto critico di fronte al culto mariano e alla dottrina mariana
(...); l’opposizione alla dottrina
mariana proviene dalle obiezioni alla cooperazione della creatura con Dio nell’opera di salvezza. In nome dell’unicità della
mediazione di Cristo, la mediazione di Maria è esclusa. Il titolo di Madre di Dio non è più
ammesso dai teologi protestanti che hanno abbandonato la
fede nella divinità di Gesù. La
verginità di Maria è spesso posta in dubbio ».
Famiglia cristiana (n. 17 del
29 aprile) porta la notizia dell’ordinazione, avvenuta nella domenica delle palme, di un vescovo a Ginevra, dopo 454 anni
di assenza: « Nel 1533 il vescovo principale di Ginevra fu costretto a scappare in seguito all’introduzione della Riforma di
Calvino. La città passò quindi
sotto la tutela prima del vescovo di Annecy e poi di Chambéry.
Nel 1821 il titolo venne unito a
quello della diocesi di Losanna e
Friburgo con sede in quest’ultima città (...).
Da anni si parlava di ripristinare la sede diocesana di Ginevra. Nel 1983 il concistoro della
Chiesa nazionale ginevrina ha
definito la proposta ’’inopportuna” (...). La Santa Sedè ha
lasciato passare tutto l’86 (450
anni della Riforma) e il 12 febbraio scorso ha nominato monsignor Amadeus Grab (...).
Alcuni pastori, sui giornali
ginevrini, hanno definito la nomina ’’una manovra di riconquista cattolica”, come se l’ausiliare fosse un nuovo vescovo-principe. Altri, protestanti più mo
derati tra cui Max Thurian, hanno applaudito all’iniziativa, sottolineando le necessità pastorali di una città sempre più secolarizzata ».
In tutt’altro contesto,in un dialogo a distanza tra Sergio Arneodo, direttore del periodico
occitano Coumboscuro, e Tavo
Burat sul tema della religione
a scuola e del laicismo nelle
vallate alpine dell’area provenzale, si toccano alcune questioni
di « identità ».
Scrive infatti Arneodo: « Ammiriamo i valdesi nella storia
(...) ma con egual franchezza
conosciamo oggi una società
valdese come élite culturale di
forte vocazione maggioritaria,
candidata al ruolo di classe dirigente: per essa (come, d’altra
parte, per gli ebrei dei nostri
tempi) c’è da temere che il luminoso passato non rappresenti
più che una memoria storica.
Davvero ne è passato del tempo,
dagli editti di libertà di Carlo
Alberto ».
« Così oggi i valdesi (..) respingono l’insegnamento religioso e optano per la scuola di stato, che sarebbe culturalmente
’’neutrale”! Anche qui affar loro. Ma c’è da stupirsi? ». Al di là
della discussione interna a
Coumboscuro, sarebbe forse interessante e doveroso interrogarci sulla consapevolezza che
abbiamo adesso e della nostra
attuale identità e di ciò che deriva dalla storia passata.
E sarebbe anche interessante
sapere che cosa pensano i membri delle comimità israelitiche
italiane, che non coincidono con
la totalità degli ebrei italiani,
di paragoni e affinità con i vaidesi.
a cura di Alberto Corsani
5
29 maggio 1987
ecumenismo 5
SCHEDA
IMPEGNO ANTIAPARTHEID
Chi sono gli Avventisti Un passo significativo
Un secolo di presenza al servizio del prossimo - Cinque milioni
di membri di chiesa organizzati democraticamente in tutto il mondo
Ultimamente gli organi d’informazione si sono interessati più
volte alla Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno, in particolare in relazione alla firma
delle intese con lo Stato italiano,
oltre che per le diverse iniziative intraprese dalla Chiesa suddetta.
Sovente la realtà avventista italiana e mondiale è stata descritta
con imprecisioni e deformazioni.
Questa scheda vuole ovviare a
questa disinformazione.
La Chiesa Cristiana Avventista
del Settimo Giorno è un movimento mondiale che dia oltre un
secolo è presente nella società attraverso molteplici attività volte
alla proclamazione del Vangelo
« ad ogni creatura... ».
La Chiesa Avventista porta
avanti la sua opera nella consapevolezza di essere strumento per
annunziare il messaggio della
grazia di Dio e dell’ubbidienza ai
suoi comandamenti che scaturisce dalla Bibbia, sola regola della propria fede e della pratica.
Gli Avventisti credono anche di
vivere nel periodo finale della storia e per questo sentono l’urgenza di presentare il prossimo « ritorno di Cristo » come la soluzione ai gravi problemi dell’umanità.
La Chiesa Cristiana Avventista
del Settimo Giorno, strutturata
secondo un principio strettamente democnatioo al suo interno, si
propone di raggiungere tali obiettivi attraverso la testimonianza
religiosa ed etica, la presenza sociale, l’azione educativa, la difesa delle libertà civili, la solidarietà fraterna, ecc.
La Chiesa Avventista è organizzata democraticamente sulla base di cinque unità-livelli fondamentali : la chiesa locale, la Federazione, l’Unione di Federazioni, la Divisione e la Conferenza
Generale.
In questo modo, si stabiliscono
relazioni che uniscono l’intera
compagine dei credenti in un unico corpo; quello appunto della
Chiesa Cristiana Avventista del
Settimo Giorno. Essa è retta da
un governo rappresentativo. Ogni
membro vota per l'elezione degli
ufficiali nella propria comunità
locale, come anche per tutte le
questioni che riguardano la vita
della Chiesa.
Le chiese eleggono i delegati
da mandarsi alle sessioni delle
Federazioni e quindi, per mezzo
di essi, partecipare alle elezioni
dei rappresentanti ufficiali della
Federazione e alle sue decisioni
prese daH’Assemblea della Federazione stessa.
A sua volta, ogni Federazione
manda i suoi delegati alle sessioni della Conferenza Generale.
Nel quadro dell’organizzazione
mondiale, gli Avventisti italiani
sono organizzati in una Unione
di Chiese e in un Campo Siciliano e sono in relazione con la Conferenza Generale attraverso la
Divisione Euro-Africana con sede a Berna.
Alcuni dati
Le Chiese Avventiste sono letteralmente disseminate per il
globo. Recenti statistiche indicano in circa 5 milioni i mernbri
di chiesa e in quasi 15 milioni
coloro che si professano tali. Essi sono inseriti in 25.000 comunità sparse nella quasi totalità
delle nazioni della terra. La Chiesa si accresce ogni anno di circa
il 7%, un tasso notevole per un
movimento di tali dimensioni.
La Chiesa Avventista mondiale
— spesso indicata come «la Chiesa del servizio » — gestisce _ 160
ospedali, 251 dispensari e 65 case
di riposo che sono utilizzati ogni
anno da circa 6-7 milioni di personé. Inoltre la Chiesa porta
avanti un vastissimo sistema educativo forte di 3.500 scuole (6 in
Italia) con circa 33.000 insegnanti
e 700.000 allievi, dal livello materno fino a quello universitario.
In armonia con l’invito di Gesù a nutrire gli affamati e vestire gli ignudi, gli Avventisti hanno esteso ovunque la loro azione
di sostegno sociale. In tutto il
mondo LADRA (Adventist Development and Relief Agency) aiuta
le vittime di guerre, carestie,
terremoti, inondazioni e altri disastri.
In Italia agisce la sezione locale dell’ADRA: LO.S.A. (Opera Sociale Avventista). I suoi molteplici centri sono presenti in
quasi tutte le principali città.
Nello scorso anno circa 15 milioni di persone hanno usufruito
del soccorso degli Avventisti.
La Chiesa Avventista svolge anche una vastissima opera editoriale con più di 50 case editrici
che stampano in 190 lingue e
dialetti diversi.
Tra le pubblicazioni periodiche
in italiano ricordiamo: la rivista
« Segni dei tempi » che si rivolge alla famiglia trattando l’attualità da un punto di vista biblico, la rivista « Vita e salute »,
una guida per una salute totale,
« Coscienza e libertà », un periodico che si fa portavoce di una
problematica centrata sui diritti
civili e sulla libertà religiosa,
« L’Opinione », organo della gioventù avventista.
La Chiesa Avventista sostiene
anche tutta una serie di programmi radio e televisivi che portano
attraverso l’etere il messaggio
evangelico in tutto il mondo.
Attraverso installazioni poste
in Gabon, Portogallo, Italia (Forlì), Costarica, Guatemala, Guam,
Sri Lanka è possibile udire per
tutto il globo programmi avventisti in ’’onde corte”. Nel nostro
paese vi sono nove stazioni radio
in FM.
Significativa e molto apprezzata è anche l’azione fatta gratuitamente attraverso corsi per corrispondenza che trattano problemi religiosi e igienici.
Credenze
fondamentali
La Chiesa Cristiana Avventista
del Settimo Giorno sorse nel XIX
secoto come risultato di un « risveglio » religioso centrato sulla
fede nell’attesa dell’imminente
« ritorno glorioso di Cristo ».
Essa si organizzò ufficialmente
nel 1863 e iniziò la sua missione
e la sua espansione nel mondo.
Oggi, la Chiesa Avventista, nata
negli Stati Uniti, trova la sua diffusione maggiore nel Terzo Mondo grazie al suo messaggio e alla sua azione sociale.
Basando la sua fede e la sua
pratica interamente sulla Bibbia,
la Chiesa Avventista, attraverso
gli anni, ha sviluppato una serie
di credenze fondamentali che
riassumiamo qui di seguito:
La Bibbia
Le Sacre Scritture, Antico e
Nuovo Tesitamento, sono la Parola di Dio scritta e data per
ispirazione divina all’uomo per
trasmettere la conoscenza necessaria alla salvezza.
La Divinità
C’è un solo Dio: Padre, Figlio e
Spirito Santo, un’unità di tre persone coeterne. I caratteri ed i poteri espressi nel Figlio e nello
Spirito Santo sono la rivelazione
del Padre.
Gesù Cristo
Dio s’incarnò in Gesù Cristo,
e per mezzo di lui si compie la
salvezza dell’umanità. Tale salvezza si attua, nel singolo, attraverso l’accettazione della vita,
della morte e del ministerio di
Gesù Cristo.
La salvezza è offerta a tutti e
si realizza per la fede nell’atto
di grazia di Dio. Il concetto della
« salvezza per grazia mediante la
fede » è inteso nel senso ad esso
dato dai riformatori.
Il "ritorno di Gesù”
Il ritorno di Gesù (la ”parusia”) è la speranza dei cristiani,
il punto* d’arrivo del Vangelo e
della storia. Esso sarà letterale,
personale, visibile e universale e
corrisponderà al giudizio finale.
Conversione e battesimo
Il battesimo degli adulti, per immersione, è il simbolo della conversione e costituisce l’ingresso
ufficiale nella comunità dei credenti.
La Comunione
Essa costituisce il memoriale
del sacrificio di Gesù Cristo. Pane e vino sono rispettivamente
simboli del corpo e del sangue
del Salvatore.
L’uomo: sua natura
L’uomo è creatura di Dio, fatto
ad ’’immagine divina”; esso costituisce un’unità psicosomatica.
Egli è mortale e candidato all’immortalità che potrà ricevere
come frutto della salvezza in Gesù Cristo.
La morte è concepita come un
« sonno » fino al ritorno di Gesù,
dopo il quale ognuno sarà chiamato al giudizio finale.
L’umanità, come anche il resto
del mondo vivente, non è il risultato di una progressiva evoluzione della vita, ma frutto di uno
specifico atto creativo della divinità.
I Dieci Comandamenti
I Dieci Comandamenti costituiscono i grandi principi a cui la
vita personale, sociale e religiosa
del credente deve uniformarsi.
Essi sono espressione della grazia
di Dio. Il riposo del sabato è
parte integrante della Legge, è
il ricordo della creazione e della
redenzione, e come tale va osservato come giorno di culto e di
ministerio in armonia con Tinsegnamento e la vita di Gesù
Cristo.
Etica cristiana
I credenti convertiti accettano
di uniformare la loro vita ai
principi morali espressi nella
Bibbia, pur nel rispetto della cultura e dei costumi dell’ambiente in cui vivono. Tale impegno
attraversa tutti gli aspetti della
loro esistenza quali: l’educazione,
la vita familiare, la presenza sociale, le abitudini igieniche, lo
svago, ecc.
La Chiesa
E’ la comunità dei credenti che
confessano volontariamente Gesù
come Signore e Salvatore. Essa
non è depositaria unica della
salvezza ma strumiento, affinché
la buona notizia del Vangelo sia
trasmessa a tutti gli uomini. La
chiesa locale e quella mondiale
sono organizzate su basi democratiche e sul riconoscimento dei
vari doni e ministeri dei suoi
membri.
Essa trova il suo sostentamento attraverso il sistema delle decime e delle offerte.
La « nuova terra »
Dio offrirà ai redenti, al ritorno di Gesù, una terra restaurata
in cui regnerà la giustizia e da
cui saranno cancellati morte e
dolore.
(BIA)
In un messaggio inviato al segretario generale del Kirchentag,
Christian Krause, i responsabili del Programma di lotta contro
il razzismo esprimono la loro
soddisfazione per la decisione
assunta dal Kirchentag stesso
di ritirare i propri depositi dalla « Deutsche Bank », uno dei
maggiori istituti finanziari che
sostengono l’attuale regime sudafricano. « Consideriamo questo
ritiro — è detto nel messaggio
firmato da John Sindata — come un gesto significativo rivolto
ai cristiani e alle chiese. Esso
scaturisce dal profondo della nostra fede comune. Da molto tempo i nostri fratelli e le nostre
sorelle della Namibia e dell’Africa del Sud ci hanno chiesto di
assumere iniziative di questo
tipo, per manifestare la nostra
solidarietà con la loro lunga lotta ». Più avanti il messaggio pro
segue dicendo: « Agli inizi degli
anni 70 il Consiglio Ecumenico
delle Chiese ha adottato una politica di ritiro degli investimenti
da quegli istituti che sostengono e perpetuano il razzismo. In
questo contesto ha cessato le
proprie relazioni con la ’’Dresdner Bank”. In molti paesi sono
state prese misure per applicare sanzioni. Negli Stati Uniti, in
particolare, molte società e molte banche hanno interrotto ogni
relazione col regime dell’apartheid. Le iniziative di singoli
cristiani e di Chiese che hanno
ritirato i propri investimenti
hanno contribuito in modo sostanzioso alla lotta contro l’apartheid. La Repubblica federale tedesca è molto in ritardo rispetto al movimento mondiale
che si serve delle sanzioni per
combattere l’apartheid in Sud
Africa ».
Echi dal mondo
cristiano
a cura di Susanne Labsch
Nuovo segretario
del SACC
(epd/soepi) — Il pastore nero Frank Chikane è il nuovo segretario generale del SACC (Consiglio Sudafricano delle Chiese).
Oltre ad essere direttore dell’Istituto di Teologia di Johannesburg, il pastore Chikane è anche il vice-presidente del Fronte Democratico Unito (UDF) nella provincia del Transvaal. A causa del suo attivo impegno nella
lotta contro l’apartheid, il pastore Chikane è stato imprigionato già varie volte.
Ginevra:
no al vescovo
(spp) — L’Azione protestante
per il mantenimento della pace
confessionale (APMPC) di Ginevra ha scritto al consiglio della
Chiesa Nazionale Protestante
della città, protestando contro
l’installazione di un vescovo cattolico ausiliario, mons. Grab.
Ginevra non vuol perdere il suo
carattere di città animata da
uno spirito di libertà, vero ecumenismo e tolleranza. Per questo non sopporta'gesti vaticani
di tipo trionfalistico.
Stoccolma: dialogo
tra le chiese
(spp) — I tredici vescovi luterani della Svezia hanno inviato
una lettera a tutte le « chiese libere » del paese (fra le quali anche metodisti e battisti), invitandole ad un dialogo ecumenico.
Lo scopo dei luterani è quello
di aumentare la reciproca comprensione e cercare insieme una
comune base di fede.
America Latina:
debiti e ambiente
(epd) — I delegati di ca. 20
paesi dell’America Latina si sono incontrati a Montevideo per
la V Conferenza regionale sui
problemi dell’ambiente, organizzata dall’ONU.
I delegati hanno sostenuto
che i problemi dell’ambiente non
possono essere risolti se prima
non si risolve la questione dei
debiti. E’ infatti questo uno degli ostacoli maggiori per poter
reperire fondi necessari alla
conservazione dell’ambiente. La
Conferenza ha perciò rivolto un
appello alle organizzazioni per
gli aiuti internazionali chiedendo
di sostenere progetti particola
ri per la conservazione della natura.
Panama: no al taglio
dei boschi
(epd) — Il governo panamense ha proibito il taglio dei boschi in tutto il paese. Il Panama
cerca in tal modo dì salvaguardare l’ambiente naturale. Il Panama ha già perso circa un terzo dei suoi 3 milioni di ettari
di bosco, a causa di speculazioni commerciali. Negli ultimi anni il paese è stato colpito da
una siccità, fenomeno finora sconosciuto. Si pensa che essa sia
una diretta conseguenza della
diminuzione del patrimonio boschivo.
Svizzera:
salvaguardare
la natura
(spp) — L’assemblea delle
donne protestanti della Svizzera
tedesca ha tenuto il suo incontro annuale all’insegna del motto: « Salvaguardatrici della terra ». Le donne hanno rifiettuto
e discusso sulla questione del
come conservare la natura in
una società industriale. Il 27%
del territorio elvetico è coperto di boschi, ma le malattie degli alberi ne stanno compromettendo l’esistenza. Secondo le esperte, per poter salvaguardare
la vita dei boschi bisognerebbe
ridurre l’emissione di gas e altre sostanze tossiche ai livelli
degli anni ’50.
RFT: ostacoli al
pastorato femminile
(epd) — Il vescovo della chiesa luterana del Braunschweig ha
concesso a un giovane candidato al pastorato l’obiezione di
coscienza contro la consacrazione di donne al ministero pastorale. Il giovane si era rifiutato
di essere consacrato insieme a
delle donne ed ha ottenuto una
consacrazione a parte.
Il fatto ha suscitato molte discussioni dentro e fuori le chiese protestanti. Il vescovo si è
giustificato parlando di « rispetto per una minoranza »; altri
hanno sostenuto che questa consacrazione separata avrebbe giustificato, nonostante i regolamenti ecclesiastici, la discriminazione nei confronti delle donne. Altri ancora hanno osservato che il vescovo non avrebbe
dovuto consacrare il nuovo pastore.
6
6 prospettive bibliche
29 maggio 1987
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
IL SEGNO DI GIONA
MATTEO 12: 38-42
Un segno chiedono a Gesù gli
scribi e i farisei. « Maestro,
vorremmo vederti operare un
segno ». Domanda strana, a
ben pensarci, ma anche logica e prevedibile.
n desiderio di vedere, di toccare, di verificare — magari solo con la ragione — per credere ci è istintivo, indoms^bile: « Gli ebrei chiedono miracoili, segni, le genti sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso »,
scrive Paolo ai Corinzi dove c’erano degli uni e degli altri. Il segno ci
è dato, ma diverso dal previsto e dal richiesto. Paolo^ Ricca esamina la
risposta, il segno-realtà dato da Gesù, in questa predicazione tenuta il
22 marzo 1987 nella chiesa riformata di Brusio, nei Grigioni, in Svizzera.
a cura di GINO CONTE
Domanda strana...
Strana, perché Gesù aveva già operato tanti segni. DaU’inizio del suo
ministero non aveva fatto altro che
operare segni su segni, instancabilmente. Tanto che quando il Battista,
dal fondo della sua prigione, mandò
a dirgli per mezzo dèi suoi discepoli:
« Sei tu colui che ha da venire, o ne
aspetteremo noi un altro? », Gesù potè dare questa risposta: « Andate a
riferire a Giovanni quello che udite
e vedete: i ciechi ricuperano la vista
e gli zoppi camminano; i lebbrosi
sono guariti e i sordi odono; i morti
risuscitano e l’Evangelo è annunziato ai poveri. E beato colui che
non si sarà scandalizzato di me! »
(Matteo 11: 2-6). Cioè beato chi non
chiuderà gli occhi davanti a questi
segni, negando che sono segni di Dio
solo pierché li faccio io, « il falegname » di Nazareth (Marco 6: 3). I segni, dunque, ci sono, ce ne sono tanti,
ci sono tutti. C’è persino la risurrezione dai morti che di solito non risuscitano, c’è persino l’Evangelo ai
poveri che di solito hanno solo la povertà senza Evangelo. Che cosa volete di più?
In questo senso la domanda dei
farisei è strana, perché in realtà è
già stata ampiamente esaudita!
« Maestro, vorremmo vederti operare
un segno ». « Un segno, avete detto?
— così avrebbe potuto rispondere
Gesù —. Ma se ne ho già compiuti a
decine, davanti a voi, per voi, sotto i
vostri occhi! Un segno?! Ajicora uno?
Ma quale, dopo tutti quelli che vi
ho dato! Un segno?! Ma se ne avete
visti finché volete, quasi ogni giorno! Che domanda è mai la vostra?
Siete forse ciechi oppure volete esserlo? Che cos’è che veramente volete: un segno da parte mia o non piuttosto un argomento contro di me?! ».
Così in effetti avrebbe potuto rispondere Gesù.
...e pur logica
Ma per quanto strana, la domanda
dei farisei è molto logica e quasi
prevedibile. Perché? Per il semplice
motivo che i segni non bastano mai.
« Maestro, vorremmo vederti operare
un segno ». « Ma ne ho già operati
tanti! ». « Sì, ma daccene ancora
uno, solo più uno, l’ultimo, il decisivo, quello che veramente ci convince^
rà, quello che ci farà credere. Non ti
chiediamo un segno qualunque, no,
no, vogliamo vedere il segno per eccellenza, il segno inconfutabile, irresistibile, vincente e convincente. E’
questo il segno che vorremmo vederti operare ». Domanda logica e
prevedibile, perché questo segno decisivo, inconfutabile e irresistibile,
questo super-segno che dovrebbe generare la fede, deve sempre ancora
venire, manca sempre ancora. E
mancherà sempre. Ogni segno può
essere decisivo, non dipende dal segno, dipende da noi. La ricerca del
segno decisivo è in realtà im pretesto per non decidere. Scribi e farisei
chiedono il segno decisivo non perché vogliono prendere una decisione
ma perché vogliono eluderla. Chiedono un altro segno, perché così possono rinviare ancora una volta la
decisione. Se non vuoi giungere mai
alla fede, continua a chiedere dei segni e soprattutto il segno decisivo.
Vedrai che funziona: non crederai
mai! La via dei segni, come via che
dovrebbe condurre alla fede, è un vicolo cieco.
E noi, che cosa diciamo in questa
faccenda? Vorremmo anche noi vedere un segno? Probabilmente sì, anzi certamente sì, anche perché, a differenza dei farisei che avevano visto
molti segni, noi non ne abbiamo visto nessimo. Quindi la richiesta di
un segno, del tutto ingiustificata da
parte dei farisei che ne avevano già
visti tanti, è del tutto legittima da
parte nostra che non ne abbiamo visto nessuno. E’ vero che Gesù ha
detto: « Beati quelli che non han
veduto, e hanno creduto! » (Giov.
20: 29), ma ci riesce difficile vivere
questa beatitudine. Sì, vorremmo
proprio vedere un segno, almeno
uno, in mezzo a questa generazione
scettica e disincantata.
Segni per riflettere,
e per credere
E’ vero che ci sono i cosiddetti
« segni dei tempi ». Ne parlano in
tanti e talvolta si ha Timpressione
che ciascuno s’inventa un po’ i suoi.
E’ però indubbio che ci sono dei fatti che fanno riflettere, che sono come avvertimenti solenni, segnali d’allarme. L’incidente di Chernobyl, ad
esempio, o quello di Basilea (avvelenamento del Reno). Lo stesso AIDS
potrebbe essere un segno. O il fatto
che nei nostri paesi ci sono così pochi bambini, sempre meno: mancanza di bambini vuol dire mancanza di
futuro. Ma anche nella vita di tutti i
giorni ci sono molti segni: una morte improvvisa o una nascita inattesa;
un incidente o una circostanza fortunata; un incontro o un conflitto; la
nascita o la fine di un amore; un fiore, un sorriso... mille segni accompagnano la nostra giornata. Ma sono
appunto segni per farci riflettere.
Anche questi sono utili. Ma noi vorremmo segni per farci credere.
Questi invece mancano — non ne
abbiamo nessuno, neppure quelli che
i farisei avevano. Perciò la nostra richiesta di un segno sarebbe giustificata. Gesù è diventato compietamente invisibile e noi ne soffriamo.
Forse non lo ammettiamo, ma segretamente ne soffriamo. Certo è vero
quel che dice l’apostolo Pietro, che
possiamo amare e in realtà amiamo
Gesù « benché non l’abbiamo vedu
to » (I Pietro 1:8). Ma è anche drammaticamente vera la testimonianza
resa da Bonhoeffer dal fondo del
carcere nazista in cui era rinchiuso:
« L’invisibilità ci uccide. Questo perpetuo, folle, essere rinviati a un Dio
invisibile è qualcosa che l’uomo moderno non può più sopportare ».
« Maestro, vorremmo vederti operare
un segno »!
Risposta enigmatica
Ed ecco la risposta di Gesù, misteriosa, enigmatica. Nessun segno
sarà dato a questa generazione scettica e disincantata, o meglio sì, un segno le sarà dato, ma un segno che
in realtà è un contro-segno: il « segno
di Giona ». « Come Giona stette nel
ventre del pesce tre giorni e tre notti,
così il Figliuol dell’uomo starà nel
cuore della terra tre giorni ê tre notti ». Il segno di Giona è l’anticipazione della sepoltura di Gesù. Un segno
che è, appunto, un contro-segno: noi
vogliamo vedere, ed ecco Gesù scompare — nel cuore della terra. Ci
aspettiamo — come segno — qualcosa di grande, qualcosa di miracoloso, ed ecco, al contrario, una croce,
un uomo crocifisso. « Vorremmo
vederti operare un segno! ». « Nessun segno vi sarà dato, tranne il segno della mia morte; nessun segno,
tranne il se^o della croce! ».
Dunque, il segno non è un miracolo, non è un evento eccezionale, no, il segno è un uomo, un uomo
crocifisso. Che sorpresa! Che stupore! Che scandalo! Il segno dal cielo
è una croce piantata sulla terra! Chi
l’avrebbe pensato che l’unico segno
di Dio è la croce di Gesù! Volete vedere? In quel segno inatteso c’è davvero molto da vedere. Lì tutto diventa visibile!
...ma rende tutto visibile
Diventa visibile Dio: la sua potenza come potenza di amore, il suo
amore come potenza di perdono, il
suo perdono come potenza di riconciliazione. Dio diventa visibile, l’incomprensibile Dio della Bibbia, la
cui divinità consiste nel diventare
uomo, il cui volto divino è il volto
di un uomo — il Dio per noi, non
contro di noi; il Dio con noi, non
senza di noi. Dio diventa visibile —
il meraviglioso Dio di Gesù: il suo
giudizio come nostra assoluzione, la
sua giustizia come nostra giustificazione, la sua sofferenza come nostra redenzione, la sua morte corne
nostra vita. 0 profondità della ricchezza, e della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto imperscrutabili sono i suoi giudizi, e incomprensibili le sue vie! Il grande, unico, segno di Dio, dove egli diventa meglio
riconoscibile che in ogni altro luogo,
è la croce del suo Figlio!
Ma non soltanto Dio, alla croce, di
venta visibile. Anche tu, uomo, diventi visibile. Lì cade il velo che copriva
il volto di Dio, ma cade anche la maschera che copre il volto deU’uomo.
Anch’io, alla croce, divento visibile:
non solo il suo perdono ma anche
la mia colpa; non solo il suo abbassamento ma anche il mio vanto; non
solo la sua amicizia ma anche la mia
inimicizia; non solo la sua giustizia
ma anche la mia autosufficienza. Non
solo Dio, anch’io vengo rivelato. Sì,
lì, nel segno della croce, diventa chiaro non solo chi è Dio rispetto a me
ma anche chi sono io — chi sei tu,
chi siamo noi — rispetto a Dio. In
quel segno — unico ma decisivo —
appare la verità.
Più che un segno
Ma se le cose stanno così, se in
questo segno Dio e noi diventiamo
chiari, se cadono veli e maschere, se
questo segno diventa il luogo della
grande rivelazione, allora questo segno è in realtà più che un segno, è
la realtà stessa. « Ecco, qui vi è più
che Giona » dice Gesù — ed è proprio così, qui c’è molto più che Giona. Giona era un segno, Gesù non e
un segno, è la realtà stessa: « Chi mi
vede, vede il Padre» (Giov. 14: 9).
In Gesù, segno e realtà coincidono.
E proprio perché Gesù e la sua croce
non sono un segno ma la realtà stessa, non stupisce che non solo la regina di Saba (che venne dalle estremità della terra per udire la sapienza
di Salomone) ma tutti i popoli e tutte le genti, da tutte le estremità della terra, verranno per udire una sapienza più grande che quella di Saiomone, la sapienza della croce.
« Quando sarò innalzato dalla terra
— dice Gesù — trarrò tutti a me »
(Giov. 12: 32), non solo, come Salomone, la regina di Saba. Anche
Salomone era solo un segno, e attirò solo qualcuno. Gesù è la realtà,
e attirerà tutti.
Così comprendiamo alla fine la vera ragione per cui Gesù ha rifiutato
un segno. Lo ha rifiutato perché è
finito il tempo dei segni, è cominciato il tempo della verità. Gesù non
prolunga la via dei segni non solo
perché i segni non portano mai alla
decisione della fede e la via dei segni
finisce in un vicolo cieco, ma soprattutto perché Gesù vuole darci più di
uno o anche di mille segni, vuole
darci la realtà stessa, la verità.
Segno e realtà
Prossimamente si celebrerà in questa comunità la Santa Cena. Quando
la celebrerete, ricordatevi del segno
di Giona. Da sempre, a proposito del
pane e del vino, si discute e ci si interroga: segno o realtà? Giona ci insegna: segno e realtà, perché là dove c’è Gesù segno e l'ealtà coincidono.
Ed ecco allora che la domanda dei
farisei riceve piena risposta, ma
una risposta molto diversa dal previsto. « Signore, vorremmo vederti
operare un segno ». « Signore, abbiamo visto il segno — pane e vino —,
il segno della croce, e abbiamo capito
che questo segno è realtà, perché tu
ce lo dai ».
Paolo Ricca
7
29 maggio 1987
obiettivo aperto 7
LA CONFIGURAZIONE DI UN FENOMENO SEMPRE PIU’ ALLARMANTE IN UN’INTERVISTA A V. ANDREOLI
-•¿n
UN CONTINUO SUICIDARSI
Secondo l’Istat nel 1985 cì sono stati in Italia 3679 casi di suicidio, rispettivamente 607 e
828 in più dell’anno precedente e del 1983, concentrati nelle fasce d’età oltre i 45 anni e nelle
regioni del Nord del paese. Questi dati ed altri
meno recenti, comparati alla fotografìa ufficiale della realtà dei suicidi dal Primo al Terzo
Mondo, assegnano all’Italia il primato positivo
d’essere un paese tra i più industrializzati senza
gli squilibri, almeno rispetto a questo indicatore
di disagio, di Stati Uniti, Giappone, Canada,
Francia.
Le statistiche disponibili sono eloquenti: in
Italia il numero di suicidi è di 7,3 ogni 100 mila
abitanti (nel 1980, con variazioni lievi nel decennio precedente), negli Stati Uniti sale a 11,6
(1982), in Giappone a 17,7 (nel 1980, era di
25,6 nel 1958), mentre in Francia svetta addirittura a quota 20 nello stesso 1980, inferiore comunque a quello del paese del benessere per
definizione, la Svizzera, con 26 suicidi per 100
mila abitanti. Secondo le statistiche siamo poco
al di sopra dei livelli più bassi, registrati nel Terzo Mondo.
li'
— In un suo studio, fitto di
stimolanti considerazioni, lo psichiatra Vittorino Andreoli contesta questa fotografia "solare"
per l’Italia, rilevando le difficoltà di "contabilizzazione" del fenomeno nel nostro Paese. Perché
professore?
— I suicidi, in Italia, non li
portano nemmeno in chiesa cattolica, per dire come, in base al
condizionamento culturale fortissimo che persiste, da noi il darsi
la morte rappresenti ancora la
peggiore disgrazia per una famiglia che abbia "subito” quella di
un congiunto, e come tale va "nascosta”, spesso con l’accondiscendenza della polizia e del medico che deve certificare l’atto di
morte. Quante volte succede che il
decesso di una persona ricoverata
in ospedale per tentato suicidio,
dc»po avere assunto una forte dose di psicofarmaci, e morta in
capo a pochi giorni venga registrato sotto la voce causale di arresto cardiaco. Le stesse fonti
statistiche, del resto, non sono
concordi: risulta una notevole
differenza fra i dati sui suicidi
riferiti dalla forza pubblica e le
cenifioazionii sanitarie: nel 1980
4,67 per 100 mila abitanti secondo la prima fonte, 7,3 in base
alla seconda. In sostanza, anche
in una società come la nostra,
dove la razionalità si è imposta
sulla magia, non solo non si è
ancora totalmente infranto il tabù del suicidio, ma si stende un
velo bonario sul problema.
A quello dell’atteggiamento culturale aggiungerei però un altro
limite: la carente organizzazione
dei rilievi epidemiologici. In Italia non si sanno fare queste indagini. Basti pensare all’annosissima controversia per quantificare le dimensioni del problema
delle tossicodipendenze.
— Secondo interrogativo: nel
suo studio sottolinea il generale
aumento dei suicidi nel tempo,
con l’eccezione dei periodi bellici
durante i quali si è assistito ad
un netto calo. Il fenomeno però
si accentua nel Nord del mondo,
con una tendenza opposta nel
Sud (nel quale, come si è detto,
rientra il caso dell’Italia). Banalizzando, è anche una questione
di clima?
— Per dirla con una battuta,
il sole c’entra, ma giocano pure
le tradizioni culturali e le soluzioni di vita molto più creative e
dinamiche delle regioni meridionali, mentre la cultura della "caverna”, nel Nord, è portata alla
malinconia. Ma non solo di questo si tratta: lo studio antropologico del suicidio in Europa ha
mostrato come il fenomeno sia
sconosciuto in alcune città e presente in altre con andamenti differenziati secondo i momenti storici. Il "contributo suicidanio”, ad
esempio, della Gran Bretagna
rientra nel trend dei Paesi nordici, con il primato epidemiologico del fenomeno in Europa,
però le città di Cambridge e
Oxford mantengono l’indice di
massima frequenza relativa. Ai
fattori geografici si sovrappongono in ordine di importanza le
influenze culturali. Penso in particolare a quelle che hanno tolto
significato all’esistenza, proponendo il suicidio come insignificante
gesto che chiude un tempo inutile.
Ma penso anche ad altri fattori:
al senso di inadeguatezza del singolo nei confronti della società.
accentuato da un vissuto, di cui
la competitività, lo stress, la lotta per il successo costituiscono
un essenziale contenuto.
— Lei ha scritto che la cultura
del mondo giovanile di oggi e la
condizione che ad essa riserva
la società degli adulti sono rilevanti al fine del "rischio suicidario". Perché?
— Ciò che vorrei sottolineare
è che generalmente si pensa al
suicidio come all’ultimo atto condizionato dalla depressione, una
sorta di lumicino che si spegne.
Il suicidio non è un abbandonarsi. E’ piuttosto l’assunzione di
una precisa decisione. Questo
concetto serve a spiegare tanti
casi di suicidi di giovani che, a
detta degli stessi loro parenti e
amici, si sono tolti la vita senza
manifestare alcun segno di depressione. Bisogna che la gente
capisca che il suicidio non è solo
il risultato di una patologia, ma
che si può associare a condizioni
esistenziali con momenti di frustrazione, in particolare nei giovani, rispetto a cui l’idea del
suicidio viene percepita come soluzione momentanea.
— Quindi lei lo associa ad un
rapporto con lo spazio e con il
tempo sempre più ridotto alla
sfera della quotidianità.
— Si capisce; del mondo giovanile attuale il ■ fenoiheno che
più mi colpisce è la visione sempre più contratta del futuro, cui
tanno da contraltare la filosofia
della quotidianità e il conseguente rapporto con lo spazio e con
il temp)o. Non vi è dubbio che
oggi sussista solo una cultura
della sopravvivenza. Le stesse
identificazioni non si fondano più
sui progetti ma sulle contingenze, sulle occasioni: ci si accomuna, linsomma, in virtù della
scelta dell’abbigliamento e della
musica. La mia conclusione è che
una generazione con questa percezione del futuro, e cioè senza
futuro, svaluti la vita e contemporaneamente la morte. Addirittura togliersi la vita talvolta corrisponde a sacrificare quell’attimo di futuro che ancora si percepisce. Se pK>i è un attimo sgradevole diventa persino terapeutico. E’ drammatica, secondo la
mia cultura, la domanda sul perché del dolore e del sacrificio
quando la dimensione del futuro
spjarisce.
— Lei afferma che un’altra caratteristica del mondo giovanile
è la paura che, incrociandosi
con la condizione di solitudine,
evidenzia un fattore di rìschiosuicidio. Che cosa vuol dire?
— La p>aura è una sensazione
di insicurezza tale da far avvertire un vissuto da fine imminente, che presenta un p>ericolo più
o meno indefinito e che tuttavia
si profila vicino. Di fronte alla
paura si può reagire o con la fuga o con la violenza. La prima
reazione si identifica talvolta con
la maschera della passività e tei
altra con quella del suicidio. Così
come la violenza si riversa talvolta sulle cose, tal altra sulle
persone. Senza una motivazione
razionale, come pura azione. Sul
piano motivazionale l’aggressività
è molto spiesso impotenza, un
modo disordinato di colpire sulla
spinta della disperazione. •
— Lei scrive che la mancanza
di rumore è già morte.
— Le cosiddette comunicazioni
di massa sostituiscono un rapporto di gruppo temporaneamente interrotto: sovente si studia
e si lavora con la presenza di
una voce o di musica, incap>aci,
insomma, di stare nel silenzio, in
questo specchio della solitudine,
perché il silenzio è già un abbandono, perché la mancanza di rumore è già morte.
— La depressione giovanile: lei
però sostiene che legare in modo
rigido il suicidio alle sindromi
depressive rappresenti un errore
in psichiatria.
— Ciò non contraddice l’osservazione che una condizione preparatoria al suicidio possa essere
rappresentata dalla depressione.
Gli psicoanalisti del primo anno
di vita rhanno individuata già nel
neonato, caratterizzata dalla paura della perdita della madre con
la quale il piccolo è in simbiosi
necessaria e senza la quale non
è possibile resistenza. Una tale
percezione può persistere anche
per tutto l’arco della vita, se non
viene conquistata un’autonomia
individuale.
— Cosa può verificarsi in quel
caso?
— Quando si avverte la propria esistenza come parte di
un’altra o di quella di im gruppo e questa condizione viene a
mancare, si acquisisce la convinzione dell’impossibilità di esistere. C’è da osservare che accanto
ad una precoce autonomia mentale del mondo giovanile si rileva
una prolungata dipendenza affettiva, provocata dalla necessità di
un legame, di im qualsiasi legame per nion sentirsi soli.
Rispetto alla famiglia d’origine, p*er esempio, con una precoce dissociazione di pensiero e di
visione del mondo,, permiane una
dipendenza economica e di coabitezione legata sia alla difficoltà
di trovare un posto di lavoro sia
di reperire uno spazio abitativo
autonomo. Vedo un ra^orto di
tipo conflittuale tra il bisogno di
distacco e l’impossibilità di distaccarsi. Questa è una caratteristica che si estende oltre i confini familiari: sospesi tra un’espressa volontà di autonomia e
la necessità di stabilire continuamente rapporti di dipendenza. La
mia conclusione è che ogni qual
volta si rompe una tale relazione
rispunta la paura e con essa il
rischio di una risposta suicida
L’ATTO SUICIDARIO
Il legame tra depressione e suicidio è stato
sovraenfatizzato nella psichiatria ed ha dominato anche la nosografia più recente. Questo
rapporto diventa, a nostro avviso, un vero e
proprio errore quando lo si voglia estendere
alla dinamica della attuazione suicidaria, vedendola come l’estrema conseguenza di una
svalutazione del proprio essere nel mondo e
della propria inutilità.
L’osservazione particolarmente rivolta in
questi ultimi dieci anni alle dinamiche suicidarie, ed in particolare alla ricostruzione dei mancati suicidi, ci ha convinto che la dinamica dell’atto suicidarlo è di tipo ossessivo. Si lega,
dunque, alla ripetitività di ima idea o di una
immagine (d’azione) che ha ritmi iperattivi.
In modo generalmente acuto si presenta al pensiero una associazione che lega un gesto alla
morte. Successivamente questa associazione si
interrompe e automaticamente si ripresenta il
gesto. Tutto il pensiero si blocca su questa ripetitività e si compie mentalmente infinite volte un’azione che d’un tratto non si distingue
più dall’azione vera e propria che può consistere
nell’assunzione di una overdose di farmaci, o
nell’apertura di una finestra, o in un’altra delle
varie modalità di autosoppressione. La sequenza dunque è di carattere coattivo ed ossessivo,
una progressione che si può concludere solo
con la realizzazione che rientra coerentemente
nella successione.
Di qui l’importanza della solitudine, cioè di
una condizione in cui gli stimoli esterni non
possono giocare un ruolo di interferenza e quin
di di disturbo di questo automatico pacemaker del pensiero ridotto ad una singola frase
o parola o, come più spesso avviene, ad una
stereotipa immagine che ripresenta, come in
un disco alterato, lo stesso suono, o di un film
la identica rappresenteizione. Ci sembra corretta e quanto mai drammatica la affermazione
di un continuo suicidarsi: un suicidio mentale
a cui segue una esecuzione, cioè l’adeguamento
inconsapevole del corpo. La ripetizione mentale del suicidio, come in ogni seriazione ossessiva, perde in emotività ed il gesto viene svuotato di pathos, e il suicidio si riduce ad un
movimento da robot. Come premere il tasto di
un pianoforte. L’atto suicidario non è drammatico, in sé è un puro simbolo, im gesto appunto. Drammatico è il risultato. E’ dunque un
errore pensare (almeno in senso dominante),
alla sofferenza che dovrebbe accompagnare il
suicidio. Allo stesso modo che volervi affermare una partecipazione affettiva, e quindi anche
sofferenza, alla esecuzione gestuale d’un ossessivo. L’ossessivo soffre solo se non esegue la
liturgia gestuale. L’esecuzione è puramente
simbolica, ed ha dunque perduto ogni significato vicino o remoto, per farsi puro movimento. Da queste considerazioni deriva la necessità di correggere tutta la psichiatria a questo
proposito, incominciando dal ritenere il livello
depressivo un termometro di suicidio e del
suo gradiente di probabilità (rischio).
(Da un saggio di Vittorino Andreoli, in corso di pubblicazione)
— Il suo saggio pone t’accento
sull’imitazione come fattore rilevante del suicidio giovanile. E
sottolinea, in questo senso, le responsabilità dei mass media.
— Nel 1981 Littman ha riportato uno studio sui suicidi fra il
1954 e il 1977 compiuti da persone che avevano scelto di buttarsi sotto d vagoni della metropolitana di Toronto e vi ha messo
in relazione il numero di articoli
pubblicati dalla stampa in materia di suicidio e, in particolare,
dii suicidio nella metropolitana. Il
risultato è stato una netta correlazione a sostegno deU’ipotesi di
un « effetto stampa » di tipo imitativo nel suicidio. Altro studio:
nel settembre del 1986 Phillips
e Carstensen hanno riportato
l’effetto che tra ü 1973 e il 1979
hanno avuto sulla frequenza del
suicidio nei giovani le notizie e
le storie di suicidio riferite nello
stesso periodo da 38 canali della
televisione americana. Vi hanno
aggiunto il dato che, nei 7 giorni
successivi alle trasmissioni, il
numero dei suicidi aumentava rispetto al numero atteso sulla base dell’andamento del fenomeno.
La correlazione era altamente significativa ed a sostegno di un
effetto imitativo. Sempre nel corso dell’86 Gould e Shaffer haimo
mostrato che tra il 1984 e il 1985,
confrontando il numero di suicidi
avvenuti 2 settimane prima e 2
settimiane dopo la trasmissione di
film con contenuti suicidali in tv,
erano significativamente aumentati, dopo la proiezione, i suicidi
negli adolescenti.
Un fenomeno a carattere analogo si sta verificando per l’Aids:
dopo il primo caso di suicidio da
parte di un giovane, che si era
autodiagnosticato la malattia
(fatto ampiamente riportato dalla stampa), ne sono seguiti altri,
indicando un andamento su cui i
mass media e il tono drammatico con cui hanno riferito di questa patologia, hanno giocato un
ruolo importante. Suicidi da
stampa.
— Professore, lei è di ritorno
dagli Stati Uniti. Questo saggio
le è in parte suggerito dalla realtà dei suicidi in quel Paese-laboratorio, dove si tolgono la vita
più i giovani degli anziani, i bianchi della middle class rispetto
agli emarginati delle minoranze
razziali, gli uomini più delle donne.
— Negli States si ammazzano
tanti povani fra i 17 e 21 anni
perché quella fascia d’età rappresenta già un punto di arrivo in una società molto competitiva ed escludente come quella
americana. La stessa considerazione vale per quella giapponese.
Osserviamo le "curve” di mortalità in quei Paesi provocata da
suicidi: una punte si registra in
quell’età che corrisponde alla
prima verifica se si avrà successo o no, l’altra matura per la
classe d’età del periodo del preclimaterio, in cui una domanda
drammaticamente ricorrente è
quella del « che cosa mi resta da
fare in questa società? ». Viceversa per chi ha aspettative molto
basse, cioè i poveri, concentrati
in certe minoranze etniche, la
stessa emarginazione diventa paradossalmente una sorta di protezione dal suicidio, anche se p>oi,
almeno in senso sociale, l’emarginazione è una forma lentissima
di suicidio.
da ASPE
8
8 vita delle chiese
IVREA
La scuola infermiere
Come sono sbucati i valdesi?
Cosa pensano della madonna e
dei santi? Quali sono i loro sar
cramenti? Come considerano il
matrimonio? Cosa significano
per loro gli elementi della Comunione? Perché non « si segnano »
(non fanno il segno della croce)? Come vedono l’ecumenismo
con i cattolici? Che posizione
hanno sull’aborto? Cosa dicono
a im morente?
La Scuola Infermiere di Ivrea
comprende fra le sue materie anche ima parte di etica e in vista del loro futuro lavoro presso
i degenti in ospedali, case di cura o di riposo o altro, le allieve
pongono una serie di domande
sulla storia e su vari punti dottrinali alle confessioni religiose presenti sul territorio. Il 1°
corso della Scuola si è quindi
incontrato anche con noi, chiedendo di vedere il nostro locale (perché tanto spoglio?) e di
parlare col pastore e con qualche membro di chiesa. I contatti
preliminari erano stati coltivati dalla nostra sorella Graziella
Mariani e poi definiti con la direzione della Scuola.
Con molto piacere abbiamo
quindi accolto quindici ragazze
Visita ai
Riformati
dei Grigioni
per ima conversazione amichevole e informale, iniziando a
presentare a grandi balzi Valdo
e il suo desiderio di ritorno alla Scrittura nel mezzo delle contaminazioni mondano/paganeggianti della Chiesa del suo tempo. Il pastore Laura Leone di
Torino ha dato ampi cenni sul
« riscatto » della donna operato
da Valdo, da tma situazione di
insignificanza alla legittimazione
in nome delTEvangelo in qualsiasi fimzione ecclesiastica, a
cominciare dalla predicazione.
Siamo stati insieme quasi tre
ore in modo piacevole e disteso, cercando di alleggerire il discorso col tenerlo serio ma non
serioso, come è successo per esempio quando è stato chiesto
come « si entra » in una chiesa
valdese: dalla porta, ha risposto
uno di noi, mentre qualcun altro
subito precisava che la porta è
Gesù Cristo e che appartenere
a una chiesa valdese (o a qualimque altra) comporta un po’ di
noiosa ma innocua trafila burocratica, però questo è del tutto secondario a fronte della richiesta che per una chiesa evangelica dovrebbe essere inderogabile: accettare Gesù Cristo come
il Salvatore e il Signore della
propria esistenza.
Altre domande erano più direttamente legate all’attività che
le future infermiere svolgeranno: vicinanza e assistenza ai ricoverati, conoscenza e rispetto
delle varie posizioni di fede o
di non-fede o di fede diversa
da quella cristiana, con particolare attenzione a chi cristiano
lo è ma non cattolico. Poiché le
chiese evangeliche non hanno né
magistero né encicliche che dicano: tu devi pensarla così, sull’aborto e la morte abbiamo sostenuto la necessità di considerarli col massimo dì pensosità,
di libertà unita a responsabilità:
accanto alla deontologia professionale, l’etica cristiana dovrebbe occupare un posto altamente
impegnativo nell’attività che queste ragazze hanno scelto.
Ripensando al giro fatto recentemente nei Grigi'Oni sulle
tracce dei riformatori italiani
del secolo XVI, ricordo prima di
tutto con piacere e riconoscenza le due famiglie pastorali Scopacasa e Papacella, che ci hanno accolti molto fraternamente
a Brusio e a Poschiavo. L’aver
spinto la nostra ricognizione turistico-storica fino al Maloja attraverso il passo del Bernina, ci
ha consentito di lanciare uno
scardo anche alla Val Bregaglia, e dii metterci così in garado
di valutare concretamente le
grandi fatiche che dovettero sostenere i nostri Mainardo, Vergerlo, Giulio da Milano, Zanchi,
ecc. quando, a piedi o a cavallo,
visitavano le numerose comunità sparse lungo i tre lati del
triangolo Valtellina, BregagliaEngadina e Bemina-Poschiavo.
Oggi, per chi viene dall’Italia
concordataria con i suoi vari
problemi connessi all’ora di religione e alla proclamazione dell’Anno Mariano, salta agli occhi
la constatazione che i due mondi cattolico e protestante sono
ancora ben distinti, con la separazione sia dei "vivi” durante
l’ora di religione nelle scuole,
sia dei "morti” sepolti in cimiteri separati, e i oamposanti evangelici situati ai lati dei templi, come in molte regioni del
nord europeo.
Dal punto di vista culturale,
la presenza a Sondrio (Valtellina) di un attivo Centro Evangelico di Cultura è la garanzia che
l'opera pastorale non è limitata allo stretto ambito delle comunità protestanti dei Grigioni
di lingua italiana, ma interessa
settori importanti del laicato di
provenienza anche cattolica (pure
de] dissenso) di qua e di là del
confine italo-svizzero, settori dai
quali ci viene pure l'impulso ad
approfondire non solo i temi biblici e teologici, ma anche la
ricerca sulle nostre radici spirituali, dal medioevo ad oggi, tramite Valdesio di Lione, Francesco d'Assisi, Dante Alighieri,
Marsilio da Padova ed d grandi
maestri della Riforma del secolo XVI.
Giovanni Gönnet
Le minoranze
religiose nella città
Organizzato dal centro studi
« Guido Zanardi », il 23 aprile u.s.,
ha avuto luogo in una delle sale
del palazzo Muzzarelli-Crema un
interessante incontro suH’argo.
mento: « Le minoranze religiose a Ferrara: problemi e prospettive ». Dinanzi ad un pubblico numeroso ed attento, il Prof.
Mario Parizzi, presidente del centro culturale, rivolgendo il suo
saluto ai presenti ha brevemente
illustrato la questione delle minoranze religiose, che pur avendo nella città estense profonde
radici storiche è ancora oggi
ignorata dalla quasi totalità dei
cittadini. Ha quindi presentato il
Prof. Franco Adami, ordinario di
Diritto Ecclesiastico nella locale
Università, che ha parlato sull’iter della dottrina legislativa italiana nei riguardi delle minoran.
ze religiose, dalle origini fino alla
Costituzione della Repubblica ed
alla realizzazione delle « intese ».
Il Pastore Carmine Bianchi ha
soprattutto rilevato il ruolo della
Comunità Battista di Ferrara
nelle iniziative del nuovo corso
ecumenico, rivendicando al protestantesimo il sorgere dell’iniziativa ecumenica, prima neH’ambito delle proprie componenti e
delle Chiese Ortodosse, aprendo
poi la propria disponibilità al
dialogo con la Chiesa Cattolica.
Ma quest’ultima, nonostante le
prospettive indicate dal Concilio
Vaticano II, continua a considerarsi il centro della cristianità,
limitandosi ad attendere dalle
altre realtà cristiane solamente
l’espressione del loro consenso
alle proprie decisioni. La Chiesa
Evangelica in Ferrara è attualmente inserita nella vita cittadina, partecipando a quelle iniziative che riguardano la pace e la
giustizia sociale, proponendosi
quale alternativa per un cristianesimo non clericalizzato e svin.
colato da ogni gerarchia, basato
sul sacerdozio universale dei credenti.
Successivamente la Professoressa Celestina Ottolenghi, presidente della Comunità Israelitica
di Ferrara, ha presentato un lun
29 maggio 1987
Quindici di loro, e una quindicina anche di noi: mi sia consentito un forte ringraziamento
ai fratelli e alle sorelle della nostra comunità che hanno preso
parte all’incontro; e alla collega
Laura Leone, da me invitata e
molto cortesemente venuta nonostante il suo tempo già intasato.
Renzo Turinetto
FERRARA
go excursus storico sulla presenza degli Ebrei in questa città.
Spaziando dalla prospera comunità medioevale, favorita dai
principi estensi, alla ghettizzazione imposta dai successivi governi pontifici, alla spietata per.
secuzione nazifascista della « lunga notte del '43 », ha evidenziato gli attuali buoni rapporti con
la cittadinanza e con le autorità,
che spesso si dimostrano disponibili a collaborare alla salvaguardia del patrimonio storico della
comunità, che annovera diversi
edifici ed il famoso cimitero di
notevole interesse.
Martino Barazzuoli
FACOLTA’ VALDESE DI TEOLOGIA
Un anno di lavoro
L’anno accademico della Facoltà si è aperto in ottobre con
la riscoperta della realtà storica, sociale ed ecclesiastica delle
Valli Valdesi (per molti, specialmente per gli studenti non italiani, è stata una vera scoperta
più che una riscoperta!) e si è
praticamente concluso con un incontro con la Facoltà di Teologia dell’Università di Berna (che
ha consentito a professori e studenti di portare un messaggio
o un saluto a più di venti comunità di Berna e dintorni),
E’ stato un anno interessante,
generalmente buono, con quattro nuovi studenti di I anno
(del Nord, del Centro e della Sicilia) e con un gruppo di studenti annuali non italiani, quasi tutti molto ben inseriti nella
nostra piccola comunità e nel
lavoro del nostro istituto.
Siamo stati visitati da numerosi amici italiani e stranieri
che ci hanno portato lezioni o
hanno avuto con noi incontri vivi e stimolanti. Non possiamo
ricordarli tutti, ma dobbiamo nominare almeno Moltmann, Ri' coeur, Eric Puchs, Henri Mottu. Fra i docenti italiani ha dato
un tipo di apporto nuovo il prof.
Sorrentino, dirigendo insieme
al prof. Rostagno un seminario
su Schleiermacher.
Allo studio e alla ricerca si è
affiancato l’impegno pratico nelle comunità, in forme diverse.
specialmente nella catechesi. Anche qui non sono mancate forme
nuove di sperimentazione, come
il tentativo di inchiesta sulla
conoscenza che i romani hanno
del protestantesimo (per mezzo
di interviste con persone fermate per la strada) o la conversazione con i visitatori del tempio
valdese di Piazza Cavour, aperto
durante alcune ore pomeridiane.
Si potrebbe dire che la Facoltà guarda con fiducia al domani,
se non fosse per le gravi preoccupazioni create dalla necessità
di grossi lavori per la prevenzione degli incendi, che si sommano ad altri fatti recentemente per assicurare l’impermeabilità della copertura dell’edificio.
Siamo grati alle chiese e ai privati che hanno aumentato, in
alcuni casi anche di molto, i loro contributi, e ci rivolgiamo
con un fraterno appello alle altre chiese e agli amici della Facoltà perché ci sostengano robustamente in quest’emergenza.
Terminiamo con una nota lieta; in questa sessione d’esami
di giugno- discuteranno la tesi
e si « licenzieranno » quattro
studenti: G. Carrari, F. Ferrarlo,
V. Gardiol e E. Podestà. Nelle
sessioni autunnali e invernali si
erano licenziati S. Rutigliano e
D. Bouchard. Il seme sparso porta i suoi frutti.
B. Corsani
FINANZIAMENTI ECCLESIASTICI
Don Franco Patruno, responsabile del locale Istituto di Cultura
« Giorgio Cini », ha chiuso la serie degli interventi, considerando la graduale evoluzione di rapporti, che anche qui la comunità
ecclesiale cattolica tenta di instaurare con le minoranze reli.
giose. La comune presentazione
della Bibbia in lingua corrente,
avutasi presso l’Istituto da lui
diretto, i culti ecumenici tenuti
negli ultimi due anni nella Chiesa Battista in occasione della
« settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani », denotano
se non altro il desiderio di una
migliore reciproca conoscenza
aperta a nuove possibilità di
comprensione e di comuni iniziative. Domande sulle origini del
movimento evangelico in Ferrara,
sull’ora di religione, sulla macellazione rituale delle carni per gli
Israeliti, hanno dimostrato il vivo interesse dell’uditorio durante
il dibattito seguito. E’ stata anche ricordata la figura di Carlo
Emanuele Muzzarelìi, che dopo
essere stato Capo del Governo
pontificio, fu ministro degli esteri della Repubblica Romana. Esule a Genova, divenne uno degli
animatori dell’evangelismo e per
le sue nuove convinzioni religiose
pagò di persona con la persecuzione e l’espulsione la sua appar.
tenenza ad una minoranza religiosa.
Un sì da Palombaro
La Chiesa Evangelica Metodista di Pescara-Palombaro ha
esaminato i documenti su « defiscalizzazione, 0,8% e INVIM »
e, dopo ampio dibattito, si è pronunciata a favore della proposta Becchino e cioè; « ...affrontare questo aspetto del rapporto
con lo Stato, che l’ordine del
giorno della Camera ci costringe ad affrontare, con la stessa
logica di allora (quando nel 1948
ci venne offerto con l’art. 8 della Costituzione lo strumento dell’Intesa) e cioè non rifiutando
aprioristicamente lo strumento,
ma esaminando senza preconcetti quali contenuti si potrebbero dare a questa estensione
del regime profilato dagli articoli 46-47 della legge n. 222/1985 ».
Nel gruppo di Mutignano ci si
è rammaricati perché la decisione espressa da 60-61/SI/85 è stata presa senza consultare le chiese locali che, in alcuni casi, avrebbero potuto beneficiare di
detti finanziamenti per il risanamento del fatiscente patrimonio immobiliare.
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29 maggio 1987
vita delle chiese 9
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CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Sulle orme di Beckwith Dal primo Circuito
Una realtà che cambia, tra nuove forme di povertà e problemi degli immigrati - La Waldensian Church Mission e l’idea di chiesa universale
Il pastore Claudio Pasquet è
stato inviato dalla Tavola Valdese in Iinghilterna, dove ha compiuto un ginoi di visite e conferenze su invito della Waldensian
Church Missiion. Gli abbiamo
chiesto alcune impressioni di
questo viaggio.
— Innanzitutto dicci: che cos’è la Waldensian Church Mission? Perché ha organizzato questo giro?
— La Waldensian Church Mission è probabilmente una delle
più antiche associazioni estere
di aiuto ai valdesi. Figurati che
quest'anno si teneva la sua ló^
conferenza annuale. Ad essa aderiscono liberamente fratelli e
sorelle di tutte le chiese evangeliche inglesi, i quali si inupegnano a contribuire e a far conoscere nelle loro chiese il lavoro'
della nostra chiesa; la « Mission » inoltre pubblica una piccola rivista (The Waldensian Review) e organizza occasionalmente delle visite alla nostra chiesa in Italia. Ogni anno questa
associazione tiene la sua conferenza annuale e, di tanto in tanto, i suoi membri chiedono alla
Tavola di inviare un pastore
perché parli loro della vita della chiesa che amano. Questo è
quanto ho fatto io; dopo la conferenza, mi hanno poi invitato a
visitare vari gruppi di amici dei
valdesi in molte chiese di diversa denominazione. E' stato interessantissimo, in tre settimane
ho predicato 6 volte ed ho parlato della nostra chiesa a 15 diversi gruppi di fratelli e sorelle,
tutti erano molto interessati
alla nostra chiesa.
— A cosa possono servire questi contatti con realtà così diverse come quella delle chiese inglesi?
— Lasciamo un attimo da parte gli aiuti finanziari, che pure
sono imiportanti, e prova ad im
MI CIRCUITO
Scuole
domenicali
ad Agape
Le scuole domenicali del terzo circuito hanno trascorso insieme la domenica 17 maggio ad'
Agape. Il programma della giornata è stato pieno: al mattino
culto sul testo di Luca 13; 15-24,
con canti, preghiere ed una meditazione in gruppi in cui si è preparato qualcosa da presentare
nel momento d’insieme finale ; poi, pranzo preparato dai residenti di Agape ed un pomeriggio di giochi. Sempre nel pomeriggio vi è stato un momento
d’incontro con la famiglia Collazo, proveniente dall’Uruguay, e
che si fermerà ad Agape tutta
l’estate. Nella stessa giornata,
tra le ottanta e più persone presenti ad Agape, vi erano anche
una quindicina di catecumeni del
terzo anno, che hanno diviso alcuni momenti della giornata coi
bambini e ne hanno trascorso altri con un programma proprio:
per tutti è stato un momento
simpatico ed allegro per terminare un anno di scuola domenicale e di catechismo.
D.T.
mag;inare una cinquantina di inglesi che una volta all’anno si
riuniscono per tre giorni e per
tutta la durata di questo incontro (oltre a parlare della nostra
chiesa e a organizzare una conferenza pubblica ed un bazar,
sempre per noi) pregano per il
nostro lavoro e la nostra missione qui in Italia. Riesci a trovare una fotografía più esemplare del concetto di chiesa universale? Come non credere che
queste preghiere disinteressate
e piene di amore non siano un
fatto importantissimo per la vita della nostra chiesa? Come
non essere pieni di gratitudine
a Dio, sapendo che in varie comunità britanniche si pensa alla nostra missione? Poi c’è anche una utilità più immediata,
in questi contatti soopri idee,
iniziative, modi di vivere la chiesa che possono servire anche a
noi e i fratelli inglesi mi hanno più volte detto che noi eravamo serviti al loro lavoro. Insomma, ripetendomi direi che la
chiesa universale vive anche di
questi contatti.
— 'Varia e a volte contraddittoria. Inutile negare che anche
lì vi è una fortissima secolarizzazione, ma per la prima volta
dopo anni in alcune comunità
si riaffacciano i giovani e alcune chiese locali hanno trovato
il coraggio di uscire nel mondo
secolarizzato e di ricominciare il
lavoro di evangelÌ22àzione. Le
chiese inoltre sono stimolate
dalla realtà esterna, la disoccupazione, Timmigrazione e cercano di rispondervi con azioni concrete di testimonianza.
— Ecco, parliamo un po’ della realtà sociale inglese.
- Posso darti delle impressioni. Ho parlato in una chiesa di
Birmingham in un quartiere dove ormai il 90% della popolazione è composto da immigrati dal
Pakistan e il pastore mi ha detto della difficoltà di avere dei
contatti con persone dalla mentalità e dalla cultura cosi diverse. Un altro pastore, metodista,
mi ha parlato degli sforzi che
si fanno per impedire che passi
una legge dura e discriminatoria nei confronti degli immigrati. Un altro pastore, nella periferia di 'Londra, mi raccontava
del terribile problema della disoccupazione in certe zone dell’Inghilterra, della chiusura di
certi ospedali operata dal governo per risparmiare sulla spesa
pubblica, delle pensioni che sono fra le più basse della CEE.
Si deve poi sfatare un mito che
i nostri mezzi di informazione
spesso ci propinano: il governo attuale sarebbe sostenuto dagli « evangelical » protestanti.
Non è affatto vero: molti evangelical con cui ho parlato non
nutrono affatto grosse simpatie
per la signora Thatcher, uno di
loro mi diceva; « La cosa che
più rimprovero a questo governo è che negli ultimi anni i ricchi sono diventati più ricchi,
ma molti poveri si sono ancor
più impoveriti ».
— Ritorniamo al problema degli immigrati. Come si pongono
le chiese rispetto ad esso?
— Ti ho già detto delTimpegno di alcuni p>er ottenere una
legislazione non discriminante
nei loro confronti. Certo i problemi esistono: come annunciare Cristo a chi vive nelle tradizioni e nella cultura dell’Islam?
Un consiglio di chiese di Bir
mingham ha inviato un suo evangelista per due anni in Pakistan, perché impari la lingua
e le tradizioni locali e, al suo
ritorno, possa cominciare a
tessere dei contatti coi molti
immigrati di quel paese che vivono nei quartieri periferici.
Poi ci sono gli immigrati dalle Indie occidentali e dalTAfrioa che sono di confessione cristiana. Mi è successo due volte
di predicare a comunità (una
metodista e una della Libera
Chiesa d’Inghilterra) dove gli
anziani erano inglesi, ma la
rnaggioranza dei giovani presenti era composta da immigrati
del terzo mondo. Insomma, le
chiese li accettano e in molti casi sono proprio gli immigrati ad
essere il perno e il futuro delle
comunità. Non posso non pensare ad un ragazzo dalla pelle
nera che, dopo la mia presentazione della nostra chiesa e una
bella discussione comunitaria,
mi ha ringraziato e abbracciandomi mi ha salutato dicendomi:
« Cristo vive! ».
— Che impressione hai avuto
della realtà delle chiese inglesi?
— Vedi un futuro per i nostri
contatti con i fratelli e le sorelle inglesi?
— Lo auspico e credo che ci
sia. La Waldensian Church Mission opera a vari livelli. Innanzitutto la raccolta di fondi per
la nostra chiesa, dalle donazioni generose alle « penny box »,
piccole scatolette di cartone che
molti membri di chiesa tengono
in casa, nelle quali mettono piccole offerte per la nostra chiesa. Poi c’è il livello delTinformazi'One, i membri del comitato allargano continuamente i loro orizzonti, cercano nuovi contatti, interessano sempre nuove
persone al lavoro della nostra
chiesa. Approfittando del fatto
che ero lì, mi hanno fatto parlare in comunità dove si sapeva
poco o niente dei valdesi, dicendomi: « Tu pensa a seminare che
poi noi coltiveremo il campo ».
E poi, per concludere, dobbiamo dire che questa associazione, che continua a camminare sulle orme di Beckwith, è un
segno delTamore di Dio per questa chiesa valdese, così piccola,
ma così seguita all’estero da fratelli e sorelle che pregano, lavorano e si impegnano per essa.
Intervista raccolta da
Giuseppe Platone
Azione ^ s
noiwiolenta
Redazione: via Filippini. 2S/a - 37I2I Verona
Rivista di formazione,
informazione e dibattito
sulle tematiche della
nonviolenza in Italia e nel mondo
Mensile edito dal
Movimento Nonviolento
anno XXIV
Abbonamento 1987
annuo L. 22.000
d’amicizia L. 30.000
triennale L. 60.000
utilizzare il c.c.p. n. 10250363 imeslalo a:
'^mnimistrazione di A.N.. c.p. 21. 37052 Casaleone (VR)
Essendo interessato all'abbonamento. prego inviamti una
copia saggio
Cognome e nome «
Indirizzo
Città _
Ritagliate e spedite a:
Amministrazioiic di A.N.. c.p. 21.
37052 Casaleoae (VR)
L’assemblea del 1° Circuito si
è riunita, presso il tempio del
Serre di Angrogna, al termine
delTanno ecclesiastico, per esaminare le relazioni delle chiese
e trarre da esse alcuni spunti di
rifiessione.
Dal quadro generale non sono
emerse grosse novità, pur se alcuni passaggi delle relazioni hanno prodotto momenti di discussione. NeU’impegno che caratterizza le comunità parecchio spazio occupa l’accoglienza dei gruppi, specie stranieri che, sempre
più numerosi, sono ospitati nelle nostre Foresterie; a questo
proposito, su proposta del Consiglio del Circuito, è nato un
« Coordinamento delle strutture
ricettive » con sede presso la Foresteria di Torre, sul quale l’assemblea ha manifestato il suo
apprezzamento.
Ovviamente il problema dell’accoglienza andrà aumentando
in occasione delTanniversario
del Rimpatrio del 1989 sul quale,
e sulle iniziative previste, il Circuito stesso, attraverso la Società di Studi Valdesi, dovrà essere adeguatamente informato.
Fra gli altri argomenti discussi, le preoccupazioni per le finanze, proposte da più di una chiesa,
non come problema a sé stante
ma come frutto di un grave distacco di molti membri di chiesa
dalla propria realtà comunitaria ;
è stata ribadita la necessità di
confrontarsi con quanti oggi non
contribuiscono, potenziando le
visite per cercare di capire quali meccanismi determinino queste situazioni.
Un problema con cui l’assemblea è stata chiamata a confrontarsi nasce dall’imminente partenza per gli Stati Uniti del pastore Platone che per sette anni
ha ricoperto Tincarico di sovrintendente: la vacanza nella comunità di Angrogna e gli altri problemi derivanti sono stati risolti nominando quale nuovo sovrintendente il diacono Franco
Taglierò e chiamando nel nuovo
Consiglio il candidato in teologia Vito -Gardiol; sarà lo stesso
Consiglio di Circuito ad occuparsi direttamente della cura
pastorale ad Angrogna.
Infine ancora una nota di rifiessione sull’assemblea del Serre che va in parte controcorrente rispetto alTintroduzione della
relazione del Consiglio di Circuito : al di là di molte assenze
« fisiche » fra i membri dell’assemblea, gli interventi sono stati
ancora una volta quasi esclusivamente dei pastori...
Bazar
ANGROGNA — Domenica 31
Bazar presso la Sala Unionista
organizzato dall’Unione Femminile. Esso viene aperto fin dalle
11.30 (dopo il culto) e per tutto
il pomeriggio.
In questi giorni sono tra noi
membri della comunità di Steinheim (Germania), accompagnati
da Marianne Eisele, vedova di
Paul, il diacono che per tanti
anni è venuto in estate ad Angrogna per collahorare con la
nostra comunità e che è scomparso a soli 40 anni per una
terribile malattia. Sabato 30 sera nel salone della "Rocciaglia”
si terrà con questo gruppo di
amici un’agape fraterna e domenica 31, al Capoluogo, avremo con loro un culto bilingue
e scambio di messaggi.
• Sabato 23 ci siamo raccolti
numerosi nel Tempio di Pradeltorno per ascoltare l’annuncio
della risurrezione in occasione
della dipartenza di Emilia Rivoira ved. Gaydou, deceduta
improvvisamente all’età di 83
anni. Ai familiari rinnoviamo la
nostra solidarietà.
'• Domenica 24 abbiamo celebrato, durante il culto, il matrimonio di Giuseppe Bertone e
Maura Beneeh. Alla nuova coppia l’augurio di una vita insie
me illuminata dalla Parola di
Dio.
'• Sono già in vendita i biglietti per l’agape di Pentecoste (L.
10.000 l’uno presso gli anziani)
nel quadro della giornata speciale prevista per domenica 7
giugno.
Assemblea di chiesa
RORA’ — Domenica 31 c.m.
assemblea di chiesa sui temi:
impegno finanziario verso la Tavola per il 1988 e relazione morale annua.
Nuovi anziani
SAN SECONDO — Nel corso
del culto di domenica 24 maggio sono stati insediati due nuovi Anziani: Edda Paschetto e
Mirella Rivoiro. L’assemblea è
stata particolarmente numerosa; la chiesa continui ad accompagnare con la sua preghiera il
ministero di queste nostre due
sorelle.
Impegno finanziario
PERRERO-MANIGLIA — L’assemblea di chiesa del 17 maggio
ha accettato di rivedere i preventivi di spesa del 1987 e del
1988 per adeguarli alle richieste
della Tavola, con l’impegno di
avvicinarsi il più possibile alla
somma indicata.
L’assemblea ha anche ringraziato per il lavoro svolto con
dedizione i tre anziani Roberto
Massel, Aldo Tron e Claudio
Tron che hanno compiuto il loro mandato nel Concistoro e
che dovranno essere sostituiti
alla ripresa autunnale delle attività.
Sono state elette come deputati alla Conferenza Distrettuale: Dina Poét e Sylvaine Dupont;
al Sinodo, Ada Poét.
Pentecoste
PRAROSTINO — Il culto del
31 maggio sarà seguito da una
Assemblea di Chiesa indetta per
la discussione della Relazione
morale e dell’impegno finanziario per il 1988.
'• Il 7 giugno, Pentecoste, si terrà alle ore 10 il culto di chiusura
delle attività, con celebrazione
della Santa Cena e partecipazione della Scuola domenicale.
In questa occasione sarà battezzato il piccolo Fabio Gaudio
di Roccapiatta, al quale vanno
gli auguri di tutta la comunità.
• Benvenuta a Valeria Gay, di
Luciano e Clara Bleynat!
Nomine
VILLAR PELLICE — L’Assemblea di chiesa del 17 u.s. ha nominato deputati alla Conferenza Distrettuale: Geymet Silvia in
Barolin; Bonjour Lino e Geymonat Mario; supplente: Catalin Riccardo. Deputato al Sinodo è stata nominata: Garnier
Lilia.
Siccome non ha potuto essere
eletto il secondo deputato al
Sinodo né un supplente, l’Assemblea di chiesa è convocata,
D. V., per domenica 31 maggio
subito dopo il culto.
• E’ stato presentato al battesimo Buonamici Davide, di Sirio e di Berton Verena. Il Signore guidi con il suo Spirito questo
bambino ed aiuti i genitori a
mantenere le promesse fatte.
• Un benvenuto a Elisa, di
Dalmas Remo e di Baridon Ivana, e rallegramenti ai genitori
con l’augurio di ogni benedizione sulla loro famiglia.
• Il bazar organizzato dall’Unione Femminile ha avuto un
esito discreto; vogliamo porgere
im vivo ringraziamento a quanti in vario modo hanno collaborato alla sua riuscita.
I:
10
10 valli valdesi
29 maggio 1987
PERRERO - A DIECI ANNI DALLA FRANA
Container
o bidone?
Tutti ne parlano. Nei bar, alle file davanti agli sportelli bancari, alla posta è tutto un discutere sul caso Candellero. Riepiloghiamo brevemente i fatti.
Giuseppe (Nuccio) Candellero,
appartenente ad una delle famiglie più note di Vigone, un paese della pianura pinerolese, una
decina di anni fa decide di diversificare i propri affari ed
apre a Pinerolo una agenzia di
rappresentanza commerciale (la
R.ACO) che subito, accanto ad
una attività di brokeraggio in
campo assicurativo, si qualifica
in campo finanziario. I risparmiatori possono rivolgervisi per
far fruttare i propri soldi. L’investimento è in container, cioè
in enormi contenitori che viaggiano su camion, treni e navi.
Il risparmiatore compra un container che poi la RACO affitta
a quanti ne hanno bisogno.
All’inizio questa operazione
era fatta con una ditta italiana
di Trieste, la ICCU, poi, quando
il rendimento dei noli in Italia
diminuisce, la RACO dirà che
l’investimento è fatto con una
finanziaria svizzera, la Fragifin,
che noleggia i container ad una
compagnia europea, la Intercontainer di Basilea. La RACO promette e distribuisce interessi altissimi, quest’anno si era al 18%
netto.
Questa offerta di finanziamenti attira — in un periodo di inflazione alta — X piccoli risparmiatori, che portano alla RACO
molti miliardi (c’è chi dice che
3.000 risparmiatori, tutti residenti nella nostra zona, hanno conferito 50 miliardi di capitale).
La RACO offre ai risparmiatori garanzie (fotocopie dei contratti con l’Intercontainer, certificati assicurativi) e tutto sembra essere regolare.
. Candellero assume, parallelamente allo sviluppo degli affari
della RACO, sempre più una figura pubblica: diventa consigliere liberale al comune di Vigone, fa varie del Comitato comprensoriale, diventa presidente
del Vigone calcio, patron del Pinerolo calcio, dell’Hockey Valpellice, sponsorizza manifestazioni, pranzi, visite importanti di
ministri e persino un giornale
quotidiano, « Il corriere alpino ».
insomma è un personaggio che
conta nel mondo politico ed economico pinerolese.
Finché, due settimane fa. Panorama pubblica un articolo nel
quale si afferma a chiare lettere che l’affare dei container è
tutto una truffa. Non esiste la
Fragifin e all’Intercontainer non
sanno nulla della RACO. Anche
i certificati di proprietà sono
falsi.
Si agitano i risparmiatori che
vogliono indietro i loro soldi.
Qualcuno li ottiene. Altri no.
Candellero scompare e la magistratura inizia un procedimento
giudiziario per truffa aggravataNei discorsi che si fanno quello
che stupisce è il tentativo di
addossare ad una sola persona
tutta la responsabilità della faccenda. Senza una rete di amicizie, di avalli più o meno espliciti, tutto questo non avrebbe potuto accadere.
Giorgio Cardio]
Teniamola sotto controllo
Problemi aumentati dalla presenza di abitazioni sottostanti - Movimento lento ma continuo - Daviero: reali rischi solo in caso di forti piogge
A dieci anni di distanza e in
condizioni climatiche fortunatamente assai diverse, si ritorna a
parlare della frana di Ferrerò:
il Comune di Ferrerò, con la
previsione di un cospicuo finanziamento, ha affidato vari incarichi per una nuova progettazione di lavori da eseguire sul versante in movimento. Dopo’ anni
di studi e di rilevamenti si può
ora tracciare un « identikit » di
un dissesto che ha causato momenti di angoscia a numerose
famiglie quando, il 19 maggio
1977, una massa di acqua e fango si è riversaita sull’abitato, penetrando nelle abitazioni e invadendo la strada.
All’ingegner Piergiuseppe Daviero, di Pinerolo, che ha seguito aH’inizio questa travagliata
vicenda ed è stato nuovamente
incaricato della direzione dei lavori, chiediamo alcune informazioni sullo stato di salute della
frana e prima di tutto 'perché
è cosi speciale.
— La frana di Ferrerò non è
diversa da migliaia di altri eventi simili — risponde Daviero
— che non fanno notizia perché
non coinvolgono centri abitati.
E’ stata la presenza delle abitazioni sottostanti che ha reso tutto più difficile e ha richiesto gli
interventi più urgenti. Altre caratteristiche di rilievo sono la
grandezza del corpo di, frana,
che si trova per metà sotto e
per metà sopra la strada Perrero-Traverse, e il suio movimento
costante verso valle.
— Le piogge abbondanti o la
loro mancanza influiscono su
questo movimento?
— Non si può dire che dip>enda essenzialmente dall’acqua che
si infiltra nel terreno: certo, in
periiodi di grandi piogge è più
facile che vi siano degli smottamenti, però anche in iperiodi
di secca gli strumenti sistemati
sul posto hanno segnalato uno
scivolamento lento ma continuo.
La fuoruscita di acqua e terra
di dieci anni fa è stata molto
clamiorosa, ma quello non era
che un ramo secondario della
massa che, motando, ha aperto
un varco alle acque sotterranee.
La frana è assai più estesa e
profonda di ciò che si pensava
in un primo tempo, ma non
gravita sull’abitato, anzi tende a
spostarsi verso la zona del cimitero, dove non ci sono abitazioni.
— I lavori eseguiti allora si
sono rivelati utili?
— Qualsiasi cosa ne abbia
pensato la gente, i primi lavori
sono stati di indagine per capire le dimensioni del fenomeno,
e non per sostenere la frana.
Poi si è cercato di garantire la
viabilità alle borgate e di intervenire perché l’acqua che era
scesa nel rio Coumbalas fosse
incanalata fino al torrente: questo è stato fatto con quei grossi tubi piazzati sotto terra. Le
opere interrate sono ancora funzionanti, le canalizzazioni superficiali saranno invece abbandonate perché richiedono una manutenzione troppo costosa. Gli
strumenti hanno dato le informazioni che ci attendevamo, perciò adesso conosciamo la frana
molto meglio di dieci anni fa.
— Che cosa si farà, adesso?
— Con il nuovo intervento si
dovrebbero sostituire i tubi inclinometrici che si sono spezzati in seguito al movimento della massa franosa, cercando di
individuare una zona di roccia
ferma sopra le abitazioni. In
segiiito si dovrebbe intervenire
sopra la strada di Traverse dove non si è fatto ancora nulla
per mancanza di conoscenze precise: si cercherà perciò proba
bilmente di bloccare la parte alta della frana per alleggerire il
peso che grava sulle opere costruite più in basso per proteggere l’abitato.
— Gli abitanti di quella tormentata zona di Perrero, che
hanno ricostruito le loro case,
possono quindi dormire sonni
tranquilli?
— Il problema principale è
costituito dalla massa in movimento che è enorme e non può
essere sostenuta soltanto con
opere murarie: si spera che si
assesti per conto suo. Ora, la
parte che sovrasta le abitazioni
non dovrebbe più muoversi perché è bloccata dalle iniezioni di
cemento sulla strada di Cianderman. A venti metri di profondità, la roccia è perfettamente
cementata, ma risijetto al corpo
di frana a nella zona è minima
e può essere trascinata con il
resto. In condizioni ordinarie la
pericolosità è minima, in condizioni eccezionali sicuramente
sarebbe maggiore. Ma questo
vale per molte altre zone, che
sono sempre state considerate
sicure, prima di una catastrofe.
Non si è in grado di dire se
con i nuovi interventi la frana
si fermerà definitivamente, un
tecnico non è un profeta, ma
si può supporre che oggi, a parità di gra-vità dei fenomeni, la
protezione sia molto maggiore.
Infatti la frana è sotto il controllo del Seandzio geologico nazionale e sarà sempre così per
i prossimi trent’anni. In fondo,
dieci anni non sono molti per
studiare un fenomeno fisico
che si sviluppa per centinaia di
anni. Io penso che questo sia il
momento giusto per intervenire
e che il finanziamento previsto
consentirà di fare qualcosa di
utile.
Liliana Viglielmo
ISTITUTO ALBERGHIERO DI PINEROLO
Alla messa dei defunti
Non è stata seguita la legge 449/84 che recepisce il contenuto dell'Intesa tra Repubblica e Tavola - Ancora una forma di discriminazione
Un episodio che ha dell’incredibile s’è verificato aH’Istitutc
Professionale Alberghiero di Pinerolo: il 14 maggio, nelle due
ultime ore di lezione della mattinata, organizzata dall’Istitutc,
s’è svolta una funzione religiosa
nella vicina chiesa della Madonna di Fatima. La funzione era
in memoria di docenti e studenti prematuramente scomparsi.
Pare che sia una certa consuetudine, da alcuni anni a questa
parte, celebrare una funzione di
questo tipo. Ma se già la cosa
poteva lasciar perplessi negli anni passati, quest’anno, con tutto
il parlare sulla religione nella
scuola pubblica (e sottolineiamo
che l’Istituto Alberghiero è statale!), il capo dell’Istituto avrebbe dovuto adottare tutta una serie di precauzioni, per non dare
un carattere di provocazione a
un gesto del genere. E invece
nulla di tutto questo!
Una sessantina di allievi e 16
docenti avevano sottoscritto una
petizione al capo dell’Istituto
perché spostasse la funzione in
orario extra-scolastico. Il capo
dell’Istituto ha respinto la peti
zione adducendo la giustificazione che per « motivi educativi »
era importante che i ragazzi assistessero alla funzione. A questo punto i firmatari non si sono scoraggiati, ed hanno inviato
una seconda petizione nella quale citavano, fra l’altro, anche
quel passo della legge 449/84
(che ha recepito il contenuto
dell’Intesa tra la Repubblica e la
Tavola Valdese) dove, all’art. 9,
vien detto che « l’insegnamento
religioso ed ogni eventuale pratica religiosa (...) non abbiano
luogo in occasione dell’insegnamento di altre materie, né secondo orari che abbiano effetti
comunque discriminanti ».
Nonostante l’appello alla legge, il capo dell’Istituto ha ritenuto di poter comunque procedere nel programma: la funzione ha avuto luogo nel giorno e
nell’ora fissati.
E’ innegabile che la discriminazione c’è stata. I docenti che
si sono rifiutati di partecipare
alla funzione, preferendo fare
lezione, si sono trovati in classi
semideserte, e gli allievi che a
vevano scelto di « non avvalersi » non hanno potuto avere regolari lezioni.
Il fatto è veramente grave.
Anzitutto perché il capo dell’Istituto ha ignorato una legge della Repubblica che termina (come ogni legge) con le significative parole: « è fatto obbligo a
chiunque di osservarla e farla
osservare ». Per osservarla, in
questo caso, c’era bisogno di
un’apposita circolare (mai emanata) del Ministero della P.I.?
Non credo. Bastava che il capo
dell’Istituto avesse un briciolo di
sensibilità nei confronti di chi
si rifiuta di considerare la scuola pubblica statale come una
scuola confessionale. Ma questa
sensibilità non c’è stata. Un insegnante, il prof. Enzo Secondo,
ha mandato una lettera al Provveditore, chiedendo il suo intervento.
Sarà interessante vedere se il
Provveditore vorrà intervenire e
se l’azione del prof. Secondo sarà sosteiuita da genitori, allievi
ed altri insegnanti.
L. D.
Piano di sviluppo
in Val Pellico
Buona partecipazione al convegno organizzato presso l’hótel
Gilly di Torre Pollice dal PCI
e Indipendenti di sinistra sulle
ipotesi di sviluppo della Val Pellice. Le relazioni di Bellion, assessore all’agricoltura della Comunità Montana e di Suppo, capogruppo PCI nell’Ente di valle,
hanno messo in risalto da un lato la necessità di integrare pienamente qualsiasi tipo di sviluppo agricolo con un turismo che
cerca esattamente zone «pulite»
ed incontaminate come la valle, dall’altro la difficoltà ad immaginare un significativo aumento delle unità lavorative nel settore industriale. Dal canto suo
l’assessore ai trasporti della Comunità Montana, F. Coïsson, nel
ribadire Timportanza della ferrovia e della lotta del ’Comitato
difesa” (che ha prodotto alcuni
risultati positivi per gli utenti
a livello di orari) si è augurata
che tutte le ipotesi di collegamento viario nella valle tengano
conto di tutte le caratteristiche
della stessa, non escludendo l’ipotesi di studiare e riprendere un
vecchio progetto di collegamento ferroviario con la Francia.
L’arch. Chiaretta, invitato dagli Indipendenti di sinistra, ha
proposto un documento denso
di dubbi sulla ventilata ipotesi
di sviluppo legata alla costruzione di una funivia per il collegamento con la Francia, a partire dalla reale consistenza della
società che dovrebbe a settembre proporre un progetto dettagliato.
Raccolta funghi
In base alla legge regionale n.
32/82 la raccolta funghi è consentita previo rilascio di un tesserino da parte della Comunità
Montana competente per territorio; in Val Penice vengono rilasciati tesserini annuali per i
quali, quest’anno, bisogna effettuare un versamento di 25 mila
lire su c/c postale n. 31726104 intestato alla Comunità Montana
Val Penice.
Una volta effettuato il versamento, gli interessati devono recarsi agli uffici della Comunità
in via Caduti per la Libertà 4 a
Torre Penice con la ricevuta del
pagamento, una foto tessera, un
documento di riconoscimento ed
una marca da bollo da 3.000 lire.
Le persone già in possesso di
tesserino dovranno unicamente
effettuare il versamento sul c/c
postale ed allegare la ricevuta
al tesserino stesso.
Va comunque ribadito che il
tesserino non consente l’accesso
ai fondi di proprietà privata.
Cantiere di lavoro
La Comunità Montana Valli
Chisone e Germanasca organizza
un cantiere di lavoro della durata di 97 giorni, a cui saranno
avviati 20 lavoratori disoccupati appartenenti alle più basse
fasce di reddito.
Tre posti saranno riservati a
lavoratori in possesso della qualifica di operaio tecnico specializzato o di diploma di Istituto
tecnico o professionale.
Presso gli Uffici di collocamento e nelle bacheche comunali si
trova affisso il bando con l'indicazione delle modalità di funzionamento del cantiere e dei criteri stabiliti per la formazione
della graduatoria.
Possono presentare domanda i
lavoratori disoccupati iscritti
nelle liste degli Uffici di collocamento di Fenestrelle, Porosa Argentina, Roure e Villar Porosa.
A tal fine è sufficiente compilare un apposito modulo presso
il Collocamento di appartenenza,
entro il 19 giugno 1987.
11
29 maggio 1987
valli valdesi 1Í
ANGROGNA
TORRE PELLICE
Sulle tracce del
protestantesimo
d’oltralpe
Una nuova ambulanza
« La vieyo vilo d’Aigo morto,
la vilo dou rèi Sant Louis... »:
l’antica complainte scritta da A.
Bigot in lingua d’oc, cantata lassù, in quella cella della Tour de
Constance dove Marie Durand
trascorse 38 anni della sua esistenza insieme ad altre sventurate compagne, è stata un momento di suggestione intensa.
D’altra parte il viaggio che la
corale di Angrogna ed alcuni amici hanno fatto sulle tracce del
protestantesimo francese, di suggestioni ne offriva parecchie. Á
cominciare dal grazioso museo
di Poèt-Laval, vicino a Dieuleflt,
dove siamo stati accolti fraternamente dalla comunità locale
guidata dal pastore Engramer,
comunità con la quale abbiamo
iniziato un discorso che probabilmente porterà questi nuovi
amici a visitare le nostre valli;
e poi col più famoso e « classico » Musée du ¡Désert, dove, tra
l’altro, sugli elenchi dei prigionieri mandati a remare sulle galere di Luigi XIV abbiamo trovato alcuni dei nostri cognomi.
Questo viaggio, che è stato anche una sfacchinata, tre giorni
trascorsi in buona parte sul pullman, ha avuto Mialet come
« base ».
Mialet, dove il culto della domenica ci ha dato l’impressione
di essere in una comunità delle
valli, dove la scarsa redditività
dell’agricoltura montana e la
chiusura delle fabbriche locali
hanno portato via una buona
parte dei giovani.
La guida del Signor Meissonier ci è stata preziosa, in un
giorno solo abbiamo visto parecchie cose: Anduze, la porta delle Cévennes, col suo grande tem.
pio. Aigues Mortes, la Grande
Motte e, en passant (letteralmente) Nîmes.
E poi via, dalla spiaggia assolata della Grande Motte ai tetti
di Briançon coperti di neve e di
nuovo a casa con un’esperienza
senz’altro uositiva alle spalle, e
con una domanda che non ha
avuto risposta: ma come sarà
Saintes Maries de la Mer?
Gian Piero Bertalot
Un gruppo di volontari del soccorso di Torre Pellice.
E’ stata recentemente presentata alla popolazione la terza
ambulanza di cui i volontari della C.R.I. si sono dotati per poter offrire un servizio sempre
più valido.
La nuova ambulanza, che attrezzata costa quasi 30 milioni, è
Anche quest’anno, alla festa di
canto delle nostre corali, abbiamo goduto a sentir rinnovare le
lodi di Dio da folti gruppi in cui
tutte le età erano rappresentate.
Ma che contrasto con la ma
USSL 43
Aperto il CIAO
La struttura che ospita il « Ciao ».
E’ stato inaugurato sabato 16
maggio il « Ciao », centro diurno per portatori di handicap che
la Provincia di Torino ha costruito per i servizi della Comunità
Montana USSL 43 su un’area
messa a disposizione dal comune di Torre Pellice.
Il centro, che opera da diversi
anni in valle col nome di Cen
tro Socioterapeutico integrato,
si rivolge ai giovani portatori di
handicap ultraquattordicenni che
vivono su Questo territorio.
Fra le attività che si svolgono nella struttura ricordiamo:
pittura, ceramica, cucito, musica, cucina, attività motorie; parallelamente si svolgono « uscite
all’esterno » nei paesi, incontrando gruppi.
linconica realtà delle nostre assemblee domenicali!
Anche gli inni più ricchi d'entusiasmo e di gioia sono spesso
cantati sempre più lentamente
da voci sempre meno numerose,
mentre la maggior parte dei presenti partecipa certo a questo
momento importante del culto,
però a bocca chiusa, in rigoroso
silenzio.
Invece, fino a non molti anni
fa, tutta la giornata era accompagnata quasi continuamente dal
canto: fin dalla prima mattina,
in bagno, lavandosi o facendosi
la barba; sul lavoro, spesso ritmato e reso meno faticoso dal
canto; alla sera, soprattutto al
sabato, quando uscendo dall’U.
nione giovanile il gruppo riaccompagnava a casa i vari componenti continuando a cantare in
coro.
Adesso, tranne per pochi felici
appassionati, la musica è solo
qualcosa da ascoltare, non da vivere direttamente. Eppure credo che abbia ragione quel signore che diceva: « Se qualcuno non
sa più cantare, qualcosa dentro
di lui è morto ».
E poi, mi pare che una volta
si cantassero sia inni e canti ereditati dal passato più lontano.
sia le ultime melodie imparate
attraverso la radio. Oggi, da quel
che sento, la gente ascolta soprattutto quello che altri scelgo,
no al suo posto, imponendoglielo
come un’ossessione, e mi pare
che, specialmente fra i giovanissirni, la musica, anziché unire
nei cori, isoli ognuno in un ascolto a occhi chiusi, sia nel frastuono delle discoteche, sia con le
orecchie tappate dalla cuffia e
con la macchinetta in mano.
Io di solito sono un'ottimista e
non mi piace piangere su un passato che sembra sempre più bello
di quanto fosse realmente, ma
provo un po’ di pena per questa
nuova umanità, condannata troppo di frequente a crescere in un
mondo di rumori subiti anziché
di musica cantata gioiosamente
insieme agli altri.
E ricordo una vecchia signora
a cui qualcuno chiese un giorno
dove attingesse il suo sorriso sereno e la forza di continuare a
lavorare, piena di acciacchi come
era. Rispose: « Anche quando sto
zitta, dentro di me sto sempre
cantando o pregando ». Vorrei
che a tutti fosse possibile attingere a questa sorgente di serenità e di gioia.
Magna Linota
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stata acquistata col contributo
di molti cittadini e l’aiuto determinante della Cassa di Risparmio e della COGAV e viene ad
inserirsi in un servizio che vede
impegnate 40 persone che nell’anno passato hanno compiuto
oltre 1.000 interventi in tutta la
Val Pellice.
ROBA’ — Sabato 30 c.m. alle 20.30
presso la Chiesa Valdese concerto del
Gruppo Polifonico diretto dal maestro
Dino Ciesch. Ingresso libero.
TORRE PELLICE — Sabato 30 maggio alie ore 21, presso il tempio valdese, ha luogo un concerto vocale del
coro Croix de Camargue. Offerte a
favore della ristrutturazione dell'Ospedale Valdese di Torre Pellice.
TORRE PELLICE — Amnesty International, un movimento in difesa dei
diritti umani, invita la popolazione della Val Pellice al concerto ohe avrà
luogo nel tempio valdese sabato 6
giugno, ore 20.45. Saranno eseguite
musiche dell'BOO e del 900. Organo:
M.o Ferruccio Corsani - Canto: basso Cario Arnoulet. Neil'intervallo messaggio per Amnesty. Ingresso libero.
Programmi dì Radio Beckwith
______________91.200 FM_______________
TORRE PELLICE — Domenica 31 maggio alle ore 18 viene trasmessa la registrazione della festa di canto delle
Corali svoltasi a Luserna S. G.: tutte
le sere, ore 19, Per l’ora ohe passa » (meditazioni bibliche quotidiane).
RINGRAZIAMENTO
La moglie, il figlio, la nuora, i nipoti Andrea e Federico, le famiglie Perenni e Poleselli, profondamente commossi per la dimostrazione di stima ed
affetto tributata al loro caro
Cav. Mario Bertin
aiutante di battaglia degli alpini
ringraziano quanti in questo doloroso
momento sono stati, in vari modi, loro
vicino. Un sentito ringraziamento al
doti. Giovanni Mathieu, medici e personale tutto dell’Ospedale valdese di
Torre Pellice, al dott. Giovanni Buzzi,
medici e personale tutto del reparto
chirurgia dell’Ospedale civile « E.
Agnelli » di Pinerolo, all’infermiera
sig.ra Gemma Bertalot, al pastore Bruno Bellion. Un grazie di cuore al gen.
Michele Fornerìs, al Comandante del
Battaglione Alpini « Susa » di Pinerolo, Ten. Col. Davino Fazia per rinvio del picchetto d’onore, agli alpini
del picdhetto, al gruppo A.N.A. di Luserna San Giovanni, alla sezione A.N.A.
di Pinerolo, a tutti i gruppi A.N.A.
presenti e ai suoi alpini in congedo
che hanno voluto rendergli l’estremo
saluto.
Pinerolo, 29 maggio 1987
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 31 MAGGIO 1987
Rinasca: FARMACIA BERTORELLO Via Nazionale, 29 - Tel. 51017.
Ambulanza :
Croce Verde Porosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva a festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 31 MAGGIO 1987
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud 8 - Telefono
91.374.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: Telefono 91.996.
12
12 storia religiosa
29 maggio 1987
E’ NATA A GUARDIA PIEMONTESE
E’ stata fondata a Napoli il 10
dicembre 1986 la Società di Studi Evangelici (Atto Pubblico registrato ivi il 16.12.86, n. 14903/
B). Abbiamo atteso a dame comunicazione per avere il tempo
di presentarla corredata di quanto occorre.
Il titolo è troppo breve per
esprimere tutto quello che intendiamo. Nella prima parte ricalca i termini dell’analoga Associazione di Torre Pellice, di
cui si considera sorella. Nella
seconda parte dichiara il coinvolgimento di tutto l’Evangelismo meridionale. L’indicazione
geografica è stata omessa nel titolo abbreviato per mantenerlo,
appunto, breve, ma è da intendere inclusivamente. Già, perché il titolo completo è il seguente; « Società di storia delle Chiese Evangeliche e dei Movimenti di Riforma Religiosa
nell’Italia Meridionale».
Gli scopi deU’Associazione sono ulteriormente precisati nelTart. 4 dello Statuto; « Promuovere studi e ricerche sulla storia
e sulla diffusione dei movimenti di riforma religiosa e delle
chiese evangeliche, sia nella regione Calabria storicamente caratterizzata da un’incisiva presenza valdese e da un ricco martirologio, sia in tutta l’Italia meridionale il cui contributo alla
Riforma Protestante ed al moderno Movimento Evangelico la
Associazione intende trarre dall’oblìo in cui è caduto ».
L'uso bivalente delle due espressioni; società di storia e
società di studi segnala la volontà di mantenere il più possibile allargati gli spazi di intervento.
Il riferimento ideale a Guardia Piemontese è indicato nella
sede dell’Associazione, ivi; il
simbolo della Porta del Sangue
(stilizzato dal giovane barese
Roberto Brunetti) è stato adottato dal seggio esecutivo già
nella sua prima riunione, ed è
come ima bandiera in grado di
raccogliere molte « milizie » senza essere di parte, nel multiforme divenire dell’evangelizzazione al Centro-Sud dell’Italia, da
circa un secolo ai nostri giorni
e nel futuro.
Gli studi e le ricerche di cui la
S.S.E. si fa promotrice non cominciano da adesso; molti sono
già stati fatti; manca loro la
pubblicazione, sono a conoscenza di pochi, restano nel privato.
La S.S.E. si adopererà perché —
rivisti dagli autori — vengano
dati alle stampe e siano seguiti
da altri. (Abbiamo già un numero considerevole di titoli di lavori fatti!).
L’organizzazione, quanto mai
semplificata, è quella di ogni altra Associazione con fini analoghi; un’assemblea dei soci, un
seggio esecutivo, delle commissioni di lavoro.
I soci che consideriamo fon
Società di studi
evangelici
L’ente coinvolge tutto l’evangelismo del sud Attività editoriale e movimenti di riforma - Assemblea dei soci alla Conferenza distrettuale
datori sono 32. Il seggio esecutivo è costituito da; G. Vicentini,
presidente; R. Ciappa, vicepresidente; M. Scorsonelli, tesoriera; G. Bouchard, segretario; G.
Genre, membro. Il seggio esecutivo si è proposto di costituire
una conunissione scientffica che
sovrintenda alle pubblicazioni;
ne fanno parte; E. Campi, R.
Ciappa, J. Gönnet, C. Milaneschi,
S. Nitti, P. Ricca.
La prima assemblea annuale
dei soci si terrà a Palermo, durante la Conferenza del 4° Distretto, sabato 13 giugno, dopo
cena, in im breve spazio di tenipo cortesemente lasciato a disposizione dalla Commissione
Esecutiva.
Saremo lieti di raccogliere per
l’occasione — ma anche da subito — le richieste di adesione
alla S.S.E. da parte di quanti,
pastori e laici, si riconoscano negli scopi statutari e si
sentano di dare il contributo del
loro appoggio e, auspicabilmente,
anche della loro collaborazione.
(La quota prevista è di L. 20.000
annue).
Riconosciamo che l’importanza della nostra iniziativa è quanto mai modesta. Abbiamo pensato di accogliere un’esigenza,
ripetutamente espressa da più
parti, e di aver messo in moto
alcuni strumenti operativi in
grado di conseguire risultati a
completamento di conoscenze.
Giulio Vicentini
SOCIETÀ’ DI STUDI VALDESI
Notìzie
La S.S.V. continua le sue attività su più fronti. In particolare,
il gruppo di lavoro sul Museo ha
proseguito la formulazione del
nuovo progetto. Non si tratta di
un dibattito semplicemente tecnico, perché il problema è conciliare il materiale da esporre, i documenti, gli oggetti seguendo una
linea di discorso, im filone espositivo, avendo chiaro il messaggio da lasciare. Nelle discussioni
ci rendiamo conto che spesso il
cosa comunicare è incerto anche
per noi ed è sempre difficile mantenere l’equilibrio fra la testimonianza di una chiesa e la memoria del passato; del resto la necessità pratica di impostare un
nuovo museo ci costringe a pensarvi, facendo una ricerca molto
utile dell’essenziale.
E’ appena uscito il n. 5 della
Beidana. Ne consigliamo la lettura per capire « l’immagine » dei
valdesi nella storia. Sono dei sospetti da tener sotto controllo
perché trattano affari con un generale inglese? (A. Genre). Giocano come gli altri o non giocano affatto? (U. Ottone). Quando hanno costruito i loro templi,
avevano qualche stile particolare? (Bounous-Lecchi). Un cimitero può diventare una fonte storica? (L. Gobello). Sono alcuni
temi contenuti negli articoli dell’ultimo numero della rivista che
continua a raccogliere e ricercare
documenti e testimonianze, anche piccole, sulla cultura e la storia dei valdesi.
Abbiamo organizzato, inoltre,
come lo scorso anno, le gite
storiche, di cui daremo ancora
notizie più dettagliate in seguito.
In un mare di verde, in un’oasi di pace
Hôtel du Parc
RESTAURANT
Casa tranquilla aperta tutto l’anno
Facilitazioni per lunghi periodi di permanenza
Saloni per banchetti nozze
Viale Dante, 58 - Tel. (0121) 91367
torre pellice
BRICIOLE DI STORIA VALDESE
I Valdesi «Quiñi»
delia Vai di Lanzo
Un gruppo dì eretici che ci pone un interrogativo: quanti furono i valdismi nel Medioevo?
La prima si farà domenica 28
giugno al Bars d’ia Taihiola, sotto Castelluzzo, a Torre Pellice,
un luogo carico di ricordi, nascondiglio per la Compagnia Volante del 1561 e, secondo la tradizione orale riportata da Jean
Jalla, casa di im vecchio patriarca che in epoche remote, prima
dell’arrivo del cristianesimo, sanciva le unioni coniugali nella sua
tribù.
Il secondo appuntamento è per
il 26 luglio a Bovile, ima zona
fuori dai tradizionali percorsi
valdesi, dove visiteremo il tempio di Villasecca, che risale con
probabilità al 1556.
L’ultima gita sarà organizzata
la_ domenica 27 settembre, alla
Gianavella, tentando di ripercorrere l’itinerario di Gianavello
per andare a Piamprà. Per quanto riguarda orari e percorsi daremo più dettagliate informazioni volta per volta sull’Eco delle
Valli; pensiamo tuttavia di seguire l’esempio dello scorso anno; tragitti in auto o a piedi a
seconda delle esigenze, momento
dì rievocazione storica e picnic
in comune o merenda, n buon
successo passato ci fa pensare
che saremo numerosi e di tutte
le età I Tutti possono partecipare!
Ultima cosa ; stiamo ricostruendo la collezione dei calendari Valli Nostre e ci mancano
i seguenti numeri; 1943 - 1950 1951 - 1952. Se qualcuno ne fosse
in possesso e fosse disponibile a
lasciarceli, gliene saremmo molto
grati.
B. P.
Il 2 febbraio 1365 il domenicano Fra Pietro Cambiano di Ruffia, nel chiostro del convento di
S. Francesco a Susa, cadeva sotto le pugnalate di alcuni uomini
che, col viso parzialmente coperto da ampi mantelli, avevano silenziosamente scavalcato il muro
che separava il convento dalla
campagna circostante e che rapidamente si erano dileguati per
la stessa via prima ancora che
qualcuno potesse dare l’allarme.
Nativo' di Rùffia (piccolo borgo della campagna saluzzese), di
nobile famiglia saviglianese probabilmente originaria di Chieri,
entrato giovanissimo nella carriera ecclesiastica, verso il 1350
era stato nominato inquisitore
generale per il Piemonte e la
Liguria; « ad oppugnandos... heréticos qui Pedemontanam regionem corrumpebant » (per combattere gli eretici che corrompevano la regione pedemontana).
Gli assassini sembra si siano
rifugiati nella Valle di Lanzo,
probabilmente a Viù, presso la
setta dei « Quiñi ». Questo almeno è quanto risulta da una lettera del 17 dicembre 1403 dell’inquisitore domenicano Vincenzo
Ferreri che aveva compiuto una
missione nelle Valli Valdesi;
« ... e lo stesso dicasi per gli eretici delle Valli di Lanzo, cioè i
Quiñi, presso i quali un tempo
si rifugiarono gli uccisori del
beato Pietro martire ». Il Ferreri
nella sua visita trova l’eresia estesa, oltre che nelle Valli Pellice,
Germanasca e Chisone, anche nella Val Susa e nelle Valli di Lanzo e accenna a Valdesi, Gazari
(deformazione da Catari) e a questi « Quiñi » in Val di Lanzo, che
accomuna ai Valdesi per il fatto che qui si rifugiarono gli uccisori di Pietro Cambiano di
Ruffia, e Valdesi erano anche
quelli che sulla piazza di Bricherasio, il 9 aprile 1374 (9 anni
dopo) avevano ucciso Antonio
Favolo (o Paonio), inquisitore
succeduto al Ruffia.
Chi erano i « Quiñi »? Troviamo questo' nome solo nella lettera del Ferreri e non in altri documenti.
Le eresie erano diverse in quell’epoca e anche fra i Valdesi vi
erano delle varianti. Ce lo conferma il prof. Grado Merlo, che
ha intitolato un suo recente libro; Valdesi e Valdismi medioevali, proprio per sottolineare resistenza di questi gruppi eterodossi. (In Val Sangone, per es.,
vi erano gruppi di Valdesi che si
consideravano successori diretti
degli stessi Apostoli e non di Valdo, a loro del tutto sconosciuto).
E’ stata formulata l’ipotesi che il
nome derivasse da quello di « Beghine » e « Beguardi ». Si tratta
di congregazioni religiose femminili (Beghine) e maschili (Beguardi), dimoranti in luoghi appositi.
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detti « beghinaggi », la cui origine
è attribuibile all’attività religiosa di un frate di Liegi; Lamberto
il Balbuziente (in francese « bògue », da cui « beghine »), intorno
al 1170. Non pronunziavano r oti
né furono riconosciuti dalla Ciiiesa come ordini monastici. Taluni
gruppi si trasformarono in terziari francescani, altri furono poi
considerati eretici.
I gruppi maschili dei Beguardi
furono anche detti Begardi, Beghini e anche B'equini, da cui
sembra potrebbe derivare l’abbreviazione in « Quiñi » attribuita a questi eretici della Val di
Lanzo. Si tratta però di un’ipotesi
non confermata da nessun documento, tranne che in avienire
qualche ulteriore notizia possa
essere scoperta dalla lettura dei
processi celebrati nel 1373 contro
gli eretici di Lanzo e di Pessinetto, i cui manoscritti sono conservati in Roma presso la Biblioteca Casanatense, e che sono tuttora inediti.
Rimane perciò il dubbio se questi Quiñi della Valle di Viù fossero veramente collegati al movimento valdese, o fossero invece un gruppo eretico totalmente
diverso.
Osvaldo Coiss'on
« L'Eco delle Valli Valdesi »: Rea
Tribunale di Pinerolo n. 17S
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato. Giorgio GardioI (direttore), Paolo Fiorio, Roberto Giacone, Adriano Longo, Giuseppe Platone (vice direttore). Comitato di
redazione; i redattori e: Mirella
Bein Argentieri, Valdo Benecchi,
Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitti, Piera Egidi, Claudio H. Martelli,
Roberto Peyrot, Sergio Ribet, Massimo Romeo, Cesare Milaneschi,
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Redazione e Amministrazione; Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - Tel. 011/
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