1
Anno 121 - n. 43
8 novembre 1985
L. 500
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
In caso di mancato recapito rispedire
a; casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
iSLAM E CRiSTiANESiMO
« Il livello è basso » è stato il
commento del prof. PazzagUa,
tino dei più famosi politologi
itaiiani, a proposito delTincretìibile epilogo della crisi di governo.
Ricostruiamo i fatti: a metà
ottobre, Spadolini esce dal governo con gran baccano, denunciando le « ambig^tà » della politica estera italiana. Craxi si dimette con un discorso nel quale informa il Parlamento di ciò
che è accaduto a Slgonella. Per
una volta, la crisi è determinata
non da motivazioni interne al
« Palazzo », ma da problemi rea.
li, che fanno appassionare anche
i non addetti ai lavori.
Proprio perché è nata da problemi reali, la crisi di governo
appare difficile da risolvere con
un pateracchio come si è fatto
tante altre volte. Fra il Craxi
« difensore della sovranità nazionale » e lo Spadolini « paladino dei sacri valori dell’Occidente » si è aperto un conflitto che
sembra difficile da mediare. E così, nel timore che questo scontro possa nuocere alla coalizione pentapartita, si scivola lentamente verso la peggiore delle
soluzioni: far Anta che non sia
successo niente. Il governo ritira le dimissioni e si ripresenta
in Parlamento.
Ora, in politica i conflitti di
ideali e di interessi sono il pane
quotidiano, e vengono fisiologicamente risolti con la vittoria
dell’una o dell’altra parte, o con
dei compromessi in cui ognuno
rinunzia a qualcosa per avere
qualcos’altro. Gli sbocchi naturali di questa crisi sarebbero
potuti essere: o la costituzione
di una nuova maggioranza, o la
riproposizione di quella vecchia,
ma in una situazione di chiarezza riguardo ai motivi che avevano provocato la caduta del
governo. Insomma: aveva ragione Craxi o Spadolini?
Si è invece scelta la strada, del
tutto patologica, di fare come se
niente fosse successo: una sconfìtta per l’opimone pubblica che
aveva preso sul serio un problema serio, illudendosi che per
una volta sui calcoli di potere
prevalesse la sostanza delle cose; e un segnale di fiessimo auspicio per quel che riguarda la
coesione e la capacità di governare del governo appena risuscitato. Fin da ora, infatti —
mentre Craxi in Parlamento ha
fatto il possibile e PimpossibUe
per non parlare delle vicende di
Sigonella — sono ricominciati i
litigi fra i partners della coalizione: da una parte i socialisti,
per i quali la crisi ha lasciato le
cose come stavano, e si è quindi
risolta in una sconfltta di chi l’ha
promossa; dall’altra i repubblicani che vantano successi sul
merito (la politica estera) e sul
metodo (la « collegialità » del
governo).
Se poi si pensa che, a parte il
taglio della scala mobile, il pentapartito si è sempre spaccato su
tutto ciò che va oltre l’ordinaria amministrazione, viene addirittura il sospetto che, per i pan
titi di maggioranza, anche queste ultime vicende non siano state altro che un capitolo della faida che da diversi anni conducono
l’uno contro l’altro.
Davvero, il livello è basso.
Paolo Fiorio
Le frontiere
di Dio
La sfida dell’Islam nella terra che fu la culla
del Cristianesimo e dei primi grandi concili
La Turchia, l’Asia Minore ovvero la culla del cristianesimo;
la terra di Paolo e delle sette
chiese dell’Apocalisse. Non solo,
ma anche la terra dei primi
grandi concili della cristianità.
Qui si è pensata per la prima
volta in termini teologici e collettivi la fede nel "Figlio dì Dio”:
a Nicea, a Costantinopoli, ad
Efeso, a Calcedonia.
Ma cosa è rimasto oggi di quest’antica presenza cristiana? Abbiamo cercato di capirlo nel corso di un recente viaggio ecumenico in Turchia. Ad Istanbul, sei
milioni di abitanti, crocevia tra
l’Europa e l’Asia, i cristiani —
sommando gli armeni, i copti, i
greco-ortodossi, i cattolici e i
protestanti — non arrivano a
centomila persone. L’Islam, dopo avere convissuto per oltre
mille anni con il cristianesimo
ha finito con Toccupare tutto
lo spazio disponibile. Non è
escluso che, un giorno non lontano, l’Islam, che oggi interessa
mezzo miliardo di persone, diventi la religione numero uno
del pianeta.
Oggi la Turchia è uno stato
laico (che però paga gli imam,
i funzionari del culto); il cristianesimo fa parte del passato: lo ritrovi negli affreschi delle antiche chiese rupestri della
Cappadocia, lo rievochi tra le
rovine di Efeso o di Laodicea,
lo avverti di fronte ai grandi
monumenti deirepopea bizantina. Ma l’attualità del discorso
religioso, in Turchia, appartiene all’Islam. Non tutti, ovviamente, osservano i "cinque pilastri” della religione islamica.
Eppure spesso e volentieri, lo
abbiamo visto pochi giorni fa,
la gente corre numerosa nella
moschea per pregare e non c’è
villaggio sperduto che non abbia la sua piccola moschea dal
cui minareto la cantilena del
muezzin invita, cinque volte al
giorno, alla preghiera. « Voi in
occidente — ci ha detto un italiano cristiano che vive da molti anni sul Bosforo — avete una
religione del cervello, qui regna
invece la religione del cuore, del
sentimento ». Molti musulmani
ritengono il cristianesimo esageratamente complesso; troppe
divisioni, troppa teologia. La
trinità è inconcepibile. L’Islam
non ha un capo, non ha dogmi
è un "vis à vis” continuo con
Allah. Dante mise Maometto nel
posto più profondo delTInferno;
sappiamo delTodio di Lutero per
i Turchi e gli esempi storici si
potrebbero moltiplicare. Oggi ancora si dice: "bestemmi come un
turco”, ignorando che le scuole
teologiche coraniche straboccano di studenti (anche donne che
andranno ad insegnare) e si as
Più che una religione
l’Islam è una civiltà.
L’obiettivo aperto
di questa settimana
(pag. 7) raccoglie
fogli di viaggio
in Asia Minore tra
cristianesimo antico
e attualità islamica.
siste, da più parti, ad una rinascita dell’Islam.
Un unico Dio
Cercare le orme dell’apostolo
Paolo nella Turchia di oggi ha
significato per noi, al di là della
rievocazione ”in situ” dei latti
biblici collegati al dinamico ministero paolinico, scoprire la
realtà di un’altra religione monoteistica, di un’altra ’’fede vivente” con cui è parso necessario confrontarsi. Chi rimane
chiuso nelle sue frontiere non
avverte questa necessità. Ma
Dio non ha frontiere. Sono gli
uomini che hanno rinchiuso Dio
negli Stati e nelle civiltà. C’è una
unica creazione e un unico
creatore. Gesù, per i musulmani, è un fedele servitore di Dio
LUCA 10: 38-42
Marta e Maria
Mentre erano in cammino, egli entrò in un certo villaggio; e
una donna di nome Marta lo ricevette in casa sua. Ella aveva una
sorella chiamata Maria che, postasi a sedere ai piedi di Gesù,
ascoltava la sua parola. Ma Marta era occupata in molti servizi;
e disse: « Signore non t’importa che mia sorella mi abbia lasciata
da sola a servire? Dille che mi aiuti ». Gesù, però, le rispose: « Marta Marta, tu ti affanni e ti preoccupi per molte cose, ma una sola
è necessaria. E Maria ha scelto la buona parte che non le sarà
tolta ».
Ecco un testo che ci appare a
prima vista evidente, un testo
che pone, di fronte a Cristo, le
donne su un piano di uguaglianza con gli uomini. Il suo contesto
sembra indicare le categorie di
persone a cui Gesù vuole rivolgersi: i minimi, i bambini, gli
stranieri dispreizati, le donne.
Tre categorie di persone tenute
ben a distanza da Dio. Le donne
in particolare avevano il loro spazio di libertà nelle case ed il loro
onore era quello di accogliere gli
ospiti nel migliore dei modi.
L’ospite era l'unica apertura verso l’esterno di quella vita ripetitiva nel tempo e limitata nello
spazio. Possiamo immaginare la
curiosità suscitata da un ospite
come Gesù, e il desiderio di riceverlo in modo tale ch'egli non
dimentichi questa casa.
La scena che ci è raccontata in
quattro parole è tutto un mondo: Marta, la donna che ha ade
rito senza troppe storie al ruolo che il patriarcato le assegnava e pensa perciò di essere in
diritto di pretendere che ognuno
resti al suo dovere; Maria, che
si è lasciata affascinare dalle parole di Gesù, che le aprono un
mondo nuovo, di libertà e condivisione; Gesù, che accetta di parlare perfino a una donna ed anzi
giustifica e loda la sua scelta.
Ci appare oggi evidente che
tutto Vagire di Gesù verso le
donne conduce a liberarle dai
ruoli e dall’etica dominante, a liberarle dalla loro stessa adesione
a questi ruoli, perché esse siano
disponibili per il discepolato. In
realtà, sono le donne stesse che
vanno verso Gesù cercando di
scuotersi di dosso la morale limitante in cui sono costrette a vivere. E noi ci stupiamo forse
della banalità di questa liberazione, dell’evidenza di questo testo. Eppure ciò che ci è raccon
tato da Luca non è né banale né
evidente.
Troppi ostacoli sono ancora da
superare anche nella civiltà europea, prima che il rispetto dell’uguaglianza e della diversità
della donna diventi cosa accettata e banale. E l’evidenza del
nostro testo non data forse da
pochi decenni? Certo, oggi tutti
lo comprendiamo come una parola di liberazione di Gesù verso la condizione femminile. Ma
è la nostra sensibilità che è cambiata, a seguito delle lotte delle
donne nella nostra società. Le
banalità dell’evangelo non diventano evidenti finché chi le legge è
dalla parte del potere, in questo
caso dell’ ideologia e dell’etica
maschile.
Ma essere discepoli non significa solo ascoltare, e nell’ascolto
di questa donna c’è ben altro che
un atteggiamento passivo. Dice
Bonhoeffer che le cose udite che
non sono anche subito vissute è
come se fossero dimenticate, non
fan più parte di noi. E mi sembra che la stessa pratica ci venga indicata dal movimento femminista: ogni ascolto è anche
azione e non esiste conoscenza
Letizia Tomassone
(continua a pag. 2)
che afferma: « Dio è il mio e il
vostro Signore: adoratelo! Questa è la giusta strada! ». Per
l’Islam Gesù è un semplice messaggero della Parola di Dio. Non
muore in croce, non risorge. Il
Corano afferma che Dio lo avrebbe attratto a sé. Ma non c’è nulla
nel Corano contro Gesù Cristo e
i suoi credenti. Anzi, se questi
ultimi sanno vivere con coerenza e nella preghiera sono persone — dice il profeta delTIsiam — da lodare e da stimare.
Il grande successo dell’Islam
— a parte le ondate da "guerra
santa” stile Khomeini, rappresentante dell’ala dissenziente
sciita — risiede nella sua sostanziale semplicità. Allah solo è
immutabile ed eterno: tutto il
resto è transitorio. Anche l’arte
islamica riflette questa essenzialità teologica: materiali poveri che
non intendono fissare per l’eternità la natura o le persone. Sono i pagani che riempiono i loro luoghi di culto — pensa il
musulmano — di statue ed immagini di quella natura che appartiene soltanto al Creatore.
L’unica vera arte islamica è la
calligrafìa. I cento modi di scrivere i seimilaseicentosessantasei
versetti del Corano hanno impegnato centinaia di generazioni.
Abbiamo imparato in questi
anni a dialogare con l’ebraismo
superando pregiudizi, ignoranza e scoprendo nella cultura ebraica un mondo che non cessa
di arricchirci. Su un altro piano,
ma con la stessa intensità, dovremmo considerare anche l’IsIam Un nostro interlocutore
privilegiato. E’ possibile — in
altri termini — lavorare per il
dialogo Nord-Sud, per la pace
nel Mediterraneo, per l’inserimento degli immigrati dal Terzo Mondo Ignorando tensioni e
speranze del mondo musulmano? Sul piano della fede e del
rigore etico l’essenzialità islamica è una sfida al cristianesimo
dei beati possidenti occidentali.
Sappiamo, perché durante tredici secoli la storia l’ha ampiamente dimostrato, che le crociate o
le guerre sante non servono se
non a tentare, in un gioco pericoloso ed inutile, di rinchiudere Dio nelle nostre frontiere. Serve invece il dialogo, il confronto,
spinti dal bisogno di arricchimento spirituale reciproco, proprio come cittadini del mondo.
Quel mondo creato dall’unico
Dio in cui, pur in modi e tradizioni diverse, diciamo di credere.
Giuseppe Platone
2
2 fede e cultura
8 novembre 1985
CONTINUA IL DIBATTITO SULL’ETICA
Cristianesimo,
non nevrosi!
Con questo lungo intervento contìnua U nostro dibattito sul
radicalismo etico. Piera Egidi è una giornalista de «L’Unità» che
da alcuni anni segue ciò che accade nell’evangelismo italiano non
solo come inviata del suo giornale al Sinodo, ma anche come simpatizzante della chiesa valdese di Torino.
Credo che Rostagno ( « Il nodo
del radicalismo », 6.9) abbia detto cose sacrosante, almeno per
come appaiono a me — più « osservatrice » {anche se vivamente
compartecipe) nei due anni di
lavoro giornalistico al Sinodo —
sui rischi di ima « coerenza » evangelica così conseguente da poter diventare astratta, cerebrale,
punitiva e persino dogmatica, se
si tira fuori dalla storia e nega
la fertile contraddittorietà dell’essere uomini. Le posizioni di Rostagno erano generate «dal concreto » del dibattito sinodale, ma
andavano ben oltre, come oltre
andavano le successive argomentazioni di Giampiccoli: credo che
su queste tematiche generali sia
necessario rimanere, per affrontare in un dibattito allargato nodi fondamentali, dai quali conseguiranho o no singole scelte.
Dico subito che quello additato da Rostagno è per me il pericolo maggiore, per tutte le minoranze in ogni settore, perennemente tentate, nella compenetrazione tra testimonianza e identità, a divenire ideologicamente
minoritarie, a fare del proprio
minoritarismo una bandiera.
Non riconosco bene, invece, il
rischio opposto citato da Giampiccoli del « conformismo »,
( « Fede e comportamento: quale
rapporto? », 20.9), che io vedo
molto più evidente neH'insieme
della società, e che forse è un
discorso più comprensibile dall’interno, più rivolto a quanti per
gener2izioni appartengono ad una
identità, a una cultura, e che magari non colgono, come capita a
chi come me deriva da altre
esperienze, lo scatto di volontà,
di libertà, di lotta e di scelta del
protestantesimo.
Perciò io percepisco di più il
primo pericolo, quello del radicalismo etico, ohe, tradotto in
termini organizzativi e politici,
diventa settarismo, e ben sappiamo, per averlo vissuto per altri
versi nelle tragiche vicende politiche della sinistra negli anni
’70, quanto questo sia un frutto
avvelenato. Le virtù della coeren^, del rigore, l’ansia di giustizia, lo sforzo della volontà nella prassi, meravigliose e necessarie virtù del singolo e della
collettività, infinite volte nella
storia, se lasciate sbrigliare da
se stesse, hanno prodotto le ghigliottine, e i roghi, i campi di
sterminio e le guerre di religione, il terrorismo e i massacri.
Infinite volte, senza che fossero
mediate da altrettante consapevolezze: del dubbio, della ricerca,
della fallibilità e del fallimento,
della solidarietà e della consonanza, delle tenebre, in cui certamente può risplendere una
Lux — ma è la fiammella fragile eppure resistente, che perdiamo e riconquistiamo continuamente, del nostro umile bisogno,
della speranza, del desiderio, della fiducia in un nostro senso del
vivere, non il sole bruciante e
arrogante della assolutezza, della
verità, che stordisce e inorgoglisce.
Tutte le volte che noi esseri
umani, ancorati dall’ impaccio
della nostra corporeità — il limite, ma anche la dimensione della
vita, e quindi gioia e bellezza —
ci siamo slanciati in nobili voli
della mente e delle nostre facoltà « più alte », buttandoci nelle
nostre esistenze di singoli o nella
società a seguire e a tentare di
praticare l’assolutezza delle nostre idee, abbiamo fallito molto
miserevolmente, producendo guasti profondi a noi stessi e ai
nostri simili. I « puri » sono pericolosi a se stessi e agli altri
forse molto di più dei grandi
peccatori!
I grandi persecutori sono sempre stati dei « puri ». E i perseguitati in quanto tali — mi si
perdoni l’inciso — non sempre
sono i migliori, certe volte sono
soltanto i più deboli. Questo detto e tenuto presente come « igiene mentale », come dubbio metodico. Come scelta politica, come collocazione nella storia, come significato della ricerca di
verità, stiamo poi dalla parte dei
più deboli e dei perseguitati, non
tanto in quanto « migliori », il
che non è automatico (credo sia
necessario 'guardarsi dalla retorica dei « poveri ma belli » opposta e speculare a quella dei
« brutti sporchi e cattivi ») quanto per il dato politico dell’uso
dell’oppressione e della violenza
contro di loro.
Radicalismo
e settarismo
Inoltre il radicalismo etico che
diviene settarismo riduce il gruppo ai pochi, in una frenesia di
purezza, e i pochi aH’uno — e
chi controlla il controllore? — in
un meccanismo nevrotico e nerverso di ossessioni che si ritòrcono infine su ohi le ha scatenate, e l’ansia di giustizia si trasforma nelle più terribili ingiustizie, e il desiderio di perfezione si rovescia e distorce nel massimo di oppressione. Ho sempre
trovato molto da meditare nell’invito evangelico a non separare
il grano dal loglio (Matteo
13: 24-30).
Ma il radicalismo etico produce un altro guaio: porta alla paralisi. A 17 anni mi sono innamorata di Kant e del suo imperativo categorico, e nell’ingenuità e totalità dell’adolescenza per
lunghi mesi mi sono sforzata di
metterlo in pratica. Risultato: a
momenti la follia! Come riuscire infatti a praticare con assoluta verità di coscienza nei piccoli
atti della vita quotidiana la massima che nessuno deve essere
considerato come mezzo ma solo come fine? Impossibile! Qualsiasi azione anche minima ha
dentro di sé tali ambivalenze —
la psicologia ci può qui aiutare
— ci sono così infiniti strati di
motivazioni in ogni nostro gesto,
che in capo a qualche tempo
disperata e immobile contemplavo i cocci infranti ai miei piedi
dei miei nobili tentativi.
Ma io credo che il cristianesimo possegga un « di più » del
razionalismo, le cui sterili — se
pur necessarissime e direi preliminari e imprescindibili — nobiltà avevo conosciuto: un di più
che non si aggiunge, ma trasforma qualitativamente ohi lo accoglie, e che s’incentra nel mistero
dell’incarnazione del Cristo, che
così simbolicamente esprime il
mistero di ciascuno di noi, della
nostra esistenza: la dialettica
tra corporeità e spiritualità, eppure l’insieme: quel dissenso,
quello sforzo, queU’impegno, quel
patire, quello sperare, quel non
sapere, non possedere, eppure
anche il costruire, il proiettarsi
e Tessere ancorati, quel desidera
re, quelTaccettare, quel rimanere.
Cristo non era un eroe, era all’opposto della mitologia dell’eroe, era un « povero cristo »
come ciascuno di noi: non desiderava il martirio, nella passione si è disperato, si è sentito
abbandonato come ciascuno di
noi nella sofferenza, ha pregato
che si allontanasse da lui quel
calice, ha desiderato vivere, non
morire.
Eppure, di fronte alla necessità di essere fino in fondo se
stesso, che era anche essere Altro, come ciascuno di noi nella
fatica pur piccola e quotidiana
di rendere « testimonianza » a
qualcosa di più forte della nostra immediatezza — un’idea, un
sentimento, una dignità — ha
accettato, si è piegato, ha rimesso la propria singola volontà a
qualcosa che lo trascendeva.
E allora, dov’è il radicalismo
etico? Dov’è Quella norma rassicurante che ci mette nel giusto
e nel vero? O non si tratta piuttosto di una ricerca, di u>na tensione, di una difiìcile, faticosa ma
anche entusiasmante nostra condizione che ci impone un perenne « tradurre », interpretare, mediare, andare verso, rischiare?
Cristianesimo, non nevrosi! —
mi viene da dire con quel tanto
di forzatura polemica della battuta. Il radicalismo separa il nostro tutto di esseri umani,
COSI come l’eroismo: con l’ipertrofia di uno solo degli elementi
della nostra personalità — la razionalità, la volontà — rispetto
alTinsieme del nostro essere individui: l’affettività, la fantasia,
il piacere, la gioia, la sessualità,
il contraddirsi. Tessere intelligenti e stupidi, ridere e piangere, il
perdersi e il ritrovarsi che fanno
parte della nostra esperienza di
singoli e deli’universo, come il
giorno e la notte, lo stare svegli
e il dormire. Tesserci e il non
esserci.
E’ proprio dalla centralità
umana che bisogna continuamente ripartire, io credo, per evitare i guasti nevrotici delTintransigenza (o del piatto conformismo), avendo come bussola l’unico principio veramente radicale,
in quanto creativo, che é Tamore:
principio non codificabile, eversivo, poiché va ben oltre quello
di non - contraddizione, e non separa sé dagli altri, né parti di sé
da se stessi perché ci include.
Una centralità umana inoltre
particolarmente feconda, in
quanto punto di confluenza interdisciplinare di diversi e attuali filoni di ricerca, dalle arti alle
scienze sociali e storiche, dalla
psicoanalisi al femminismo. E
non credo sia un caso, ad esempio, che siano due donne filosofo che più intensamente si sono
occupate dal dopoguerra ad oggi
dei temi delTetica, da « Per una
morale dell’ambiguità » di Simone de Beauvoir, ai più recenti
« Morale e rivoluzione » e « Le
condizioni della morale », appena uscito, di Agnes Heller.
Abbiamo di fronte la necessità di una rivisitazione profonda
di tutto il nostro modo d’essere,
è un crinale di civiltà, un passaggio. Questo sarà nossibile
soltanto se metteremo l'essere
umano totale, uomo - donna, al
centro, accettando di trasformarci. Se no, rischieremo di fare
magari bellissime, ma astratte
battaglie sui sacri principi, ritrovandoci alla fine, invece che arricchiti e maturati, svuotati e
inutili come canne — non più
nemmeno pensanti — ma semplicemente secche.
Piera Egidi
PROTESTANTESIMO IN TV
La nostra rubrica televisiva
ci ha proposto lunedì 21 ottobre intorno alle 22,30 (come
ormai avviene abbastanza regolarmente), il tema «La Bibbia, questa sconosciuta ».
Lo spunto è stato offerto a
Marco Davite dalla recente
edizione della TILC. Un’inchiesta preliminare con interviste volanti ha permesso di
mettere a fuoco una realtà
purtroppo già nota, che cioè
ben pochi italiani leggono la
Bibbia, considerata ancora
dalla maggioranza un testo
per gli addetti ai lavori e non
il luogo dove l’azione di Dio
è resa evidente nella storia.
Di qui, attraverso una finzione cinematografica, sono
state ripercorse le tappe della
presenza del « Libro » nel
te stato, la famosa traduzione
Diodati è lo strumento dei
protestanti. Aggiornata più
tardi con la versione ’’Riveduta”, essa è giunta fino a
noi. Nonostante il nostro attaccamento a questo testo su
cui è maturata la nostra fede,
non possiamo misconoscere
l’ormai inderogabile necessità
di un testo « in lingua corrente » per le masse secolarizzate del nostro tempo. Né ci
deve sfuggire il significato
nuovo di una traduzione interconfessionale, evento inedito nella storia della diffusione
della Sacra Scrittura. Tutto
questo ci viene spiegato dal
sacerdote C. Ghidelli, uno
dei traduttori, e dal pastore
R. Bertalot che affronta anche lo spinoso problema del
Bibbia sconosciuta
mondo cristiano. La famosa
Vulgata, traduzione in latino
ad opera di Gerolamo, eserciterà la sua funzione fino al
Medioevo e oltre, ma non certo come strumento ad uso
della gente comune. Solo con
la grande esplosione della Riforma, aiutata dalla scoperta
della stampa, la Bibbia diventa il testo che universalmente si deve conoscere per misurare la fedeltà della Chiesa.
Ecco dunque la formidabile
operazione compiuta da Lutero con la sua traduzione in
lingua germanica.
Questa esigenza non poteva
non essere avvertita, dopo
Chanforan, anche dal piccolo
mondo valdese che affida la
traduzione della Bibbia in
francese ad Olivetano: un’iniziativa di portata storica, specialmente se rapportata alle
modeste forze dei committenti. All’epoca del Risorgimento con la concessione dei diritti civili ai valdesi e i progetti
di evangelizzazione del nascen
l’Imprimatur. Non ripeto qui
le sue argomentazioni in proposito per le quali rimando al
suo articolo sul n. 39 dell’EcoLuce. Si è avuta, al termine,
una suggestiva lettura di brani dell’Antico e Nuovo Testamento, tratti dal nuovo testo.
Ho trovato apprezzabili nella trasmissione l’ambientazione e i costumi che la rendevano visivamente gradevole,
come pure briosi e « credibili »
i dialoghi e le scenette riferite al contesto storico presentato. Temo però che il ritmo
veloce dell’insieme abbia reso
difficile ai « profani » (che —
come appunto si è rilevato —
sono molto numerosi) farsi
un’idea chiara della panoramica presentata, riuscire a inquadrare e comprendere il
ruolo dei protagonisti delle
iniziative illustrate. Il filmato
potrebbe però ancora essere
largamente utilizzato nell’ambito di auspicabili dibattiti e
presentazioni della nuova traduzione, occasioni preziose
che oggi ci sono offerte.
Mirella Argentieri Bein
Marta e
(segue da pag. 1)
staccata dal vivere. Il regno di
Dio non è un discorso di Gesù,
ma la sua prassi, tutta la sua vita ne è parte integrante. Egli
non compie quindi qui nessuna
scelta per il lavoro intellettuale
o contro la pratica. Soltanto egli
invita a riflettere sulle scelte pratiche di fronte all’evangelo che
egli incarna.
Le poche cose che sono necessarie alla giustizia del regno di
Dio sono proposte alla nostra
scelta. L’atteggiamento del discepolo, di colui che ascolta e vive
la parola di Gesù, è un atteggiamento di scelta e decisione, non
di abbandono passivo alla situazione in cui vive.
Vorrei concludere parlando un
momento delle nostre comunità.
Ormai molte donne sono entrate
o si avviano al pastorato. Che cosa diventano oggi le donne pastore rispetto alle altre donne
che da sempre hanno lavorato
in secondo piano nelle comunità?
Tutte coloro che si occupano
delle scuole domenicali, dei malati, dei bazar, delle corali e di
tanti altri servizi interni della
chiesa, si riconoscono nelle donne che lavorano come pastori?
O si crea oggi una nuova disuguaglianza fra donne, gelosia da
una parte, supremazia involontaria dall’altra? Le donne, adibite
ormai da secoli ai servizi interni
della chiesa, dove sono diventate
indispensabili, diventando pasto
ri assumono anche un ruolo pubblico.
Forse è la struttura stessa della
nostra chiesa che deve cambiare,
per far sì che non solo le donne
giovani e le intellettuali possano
riconoscere in Cristo il liberatore
delle donne dalla loro condizione
di chiusura imposta.
Esattamente come dice una
confessione di fede di giovani
donne europee, con cui vorrei
concludere.
Marta, vieni! Per favore, vieni
e unisciti a noi. Ciò che stai facendo ora, possiamo farlo insieme dopo. Vieni. Ciò che ho trovato è anche per te. Io so che tu
hai delle domande, dei pensieri,
compiuti e no. Per favore, vieni.
Siediti. Dicci che ne pensi.
Devi credere che i tuoi pensieri valgono qualcosa. Non pensare
che solo coloro che si esprimono
bene possono parlare. Non pensare che solo gli uomini hanno
il titolo per esprimere i loro pensieri.
Gesù ha detto: « Maria ha scelto la buona parte che non le sarà
tolta ». Io credo in Gesù, che ha
ascoltato le donne e si è occupato d’esse, che è stato nelle loro
case, che ha discusso il regno di
Dio con loro, che era seguito ed
aiutato da discepoli uomini e
donne.
Letizia Tomassone
(Dal sermone di prova precedente la consacrazione al ministero pastorale. Sinodo 1985).
3
8 novembre 1985
fede e cultura 3
TRECENTO ANNI DOPO LA CACCIATA DEI PROTESTANTI, IL DIFFICILE ESAME DI COSCIENZA DEI FRANCESI
La scomoda
attualità
della Revoca
dell’Editto
di Nantes
Salita a bordo dei protestanti condannati a remare sulle galere del re.
Della revoca dell’Editto di
Nantes il nostro giornale ha già
parlato ed ha già dato molte
informazioni sulle diverse manifestazioni con cui questa data
e stata ricordata sia in Francia
che nei paesi del « Refuge ». Fare un bilancio di questo avvenimento è ancora prematuro ma
si possono già fare alcune considerazioni di carattere generale,
in vista soprattutto delle manifestazioni che le nostre chiese potranno, se lo vogliono e lo sanno, organizzare a partire dall’anno prossimo e fino al 1989. E’
noto infatti che nel 1686 una
politica repressiva analoga a
quella fatta propria da Luigi XIV
venne applicata da Vittorio Amedeo riguardo ai suoi sudditi vaidesi con la conseguente loro cacciata dalle Valli, ed è altresì noto
che, a differenza degli Ugonotti
francesi, i Valdesi tornarono ad
occupare le loro terre con l’aiuto delle potenze protestanti. Vale
dunque la pena di riflettere a
questi avvenimenti anche in relazione alla nostra presenza in
Italia.
Il primo date di fatto interessante, che si impone al termine
delle commemorazioni della revoca d’ell’Editto di Nantes è il
successo delle iniziative. Sono
state molte, civili e religiose,
organizzate dagli archivi nazionali (mostra a Parigi) e locali
(in molte città francesi), dalle
parrocchie, dalla Société de
l’Histoire du Protestantism'e
Français, dalla Federazione Protestante (di cui ha dato relazione Bruna Peyrot su queste pagine).Ovunque successo di pubblico, interesse di partecipanti, presenza di mass media. Successo
anche sul terreno editoriale, le
numerose e varie pubblicazioni
hanno trovato un mercato insperato che ha travolto le prudenze degli scettici.
La Francia scopre dunque il
Protestantesimo, la sua storia,
e più ancora la sua realtà presente; il « parpaillot » (così viene con umorismo e bonarietà
qualificato il protestante, e così ama anche qualificarsi, come
un valdese «barbette») non è
più un estraneo, un bersaglio
per i quaresimalisti ma un essere vivente. Ma lo stesso processo di scoperta si ha nel Protestantesimo stesso. Alla luce della Revoca che gli conferisce dignità di esistenza storica e culturale il protestante si sente
esistere, ritrova se stesso, scopre la sua identità. Di questa
riscoperta di realtà può essere
considerato indice umoristico,
ma non tanto, quella che potremmo definire la caccia M rninistro: quanti sono i ministri
protestanti nel Gabinetto attuale? Tre? Quattro? Lo è anche
X. no, ma sì; il ministro delle
Poste che aU’iniziq delTanno si
considerava solo nipotino di un
maestro ugonotto va al Désert e
finisce col dare un ricevimento
nel suo Ministero agli invitati
della Federazione.
Una seconda osservazione,
frutto, a dir il vero, più di sensazioni personali, di intuizioni.
che di analisi documentate: la
Francia non ha ancora regolato
i suoi conti con la Riforma protestante. Sembra restare cattolica nel profondo della sua anima, anche quando è laica (e si
ga quanto l’aggettivo sia denso di
significati polemici e radicali,
la « laïque », per indicare la
scuola non confessionale, è tutto
un programma). I mass media
hanno parlato, certo, ma non
di rado sparlato, riproponendo
vecchi schemi storiografici lasciando percepire la vecchia calunnia del protestante non nazionale, appiattendo su cliché banali
o ad effetto la vita delle chiese
evangeliche come è accaduto alla TV su Antenne 2. Il protestantesimo c’è stato ma non avrebbe dovuto esistere, è una
malattia della Francia rinascimentale che non si è potuto
stroncare a tempo.
Il secolo della Revoca è il secolo di Bossuet e di Pascal, di
Fénelon e dei Gesuiti, un cattolicesimo ricco, vario, dinamico,
composito; la Francia è figlia di
Voltaire e di Diderot ma quando pensa cristianesimo pensa a
quella realtà, D’altra parte il
Protestantesimo francese ha una
storia molto particolare fatta di
fede e di martirio ma anche di
politica e dì guerre, è fatto religioso ma anche e spesse culturale, politico, fu uno stato nello
Stato.
E di qui parte la terza osservazione: la Revoca deH’Editto
di Nantes si deve valutare sotto
il profilo storico politico della
ragion di Stato o sotto il profilo
etico morale della comunità cristiana e della libertà? O i due insieme? Fu un atto politico, in effetti, squisitamente politico, che
si spiega perfettamente nel con
EUFEMISMI TRANSALPINI
Accoglienza degli Ugonotti
Ci sono molti modi per ricordare la revoca dell’Editto di Nantes
del 1685. La Francia che ha visto
fuggire dai suoi confini dai 2 ai
400 mila protestanti perseguitati
per motivi religiosi ricorda oggi
il tragico avvenimento, nel trecentesimo anniversario, con una
emissione caratterizzata dalla nota croce ugonotta e dal curioso
motto: accoglienza degli Ugonotti. Ma accoglienza di chi? Non
certo della Francia che anzi ha
visto dimezzarsi la chiesa riformata sotto la furia di quella che
è stata definita una "vittoria romana". Una perdita ingente di
uomini e di donne da cui la chiesa riformata francese non si è
mai più ripresa. Meglio sarebbe
stato lasciare ad altri la celebrazione dell’accoglienza degli Ugonotti. A quei Paesi che l’hanno
realmente esercitata come la
Svizzera, l’Inghilterra, i Paesi
Bassi, la Germania, l’Africa del
Sud, l’America del Nord... Sulle
colonne della "Vie Protestante’’
di Ginevra commentando' ironicamente questo singolare francobollo francese che tenta di leggere in positivo quello che fu un
disastro nazionale, si nota che:
qualche Ugonotto di oggi, discen
: WfKàKCAISB «sTEs
I %
> Qf
i s
• s
>
> Ai
dente magari da qualche deportato sulle galere del re, anziché
umettare con la saliva il retro
del francobollo potrebbe sputarci
sopra.
Al di là delle battute, la Revoca ha danneggiato irreparabilmente il protestantesimo francese e la stessa chiesa cattolica che,
con il suo assolutismo monarchico, ha finito per perdere di credibilità agli occhi-di migliaia di
francesi che hanno trovato in
questo ignobile atto d’intolleranza un argomento in più al proprio anticlericalismo, oggi ancora molto vivo. G. P.
Nella collana «TESTI DELLA RIFORMA» è uscito il n. 14:
BERNARDINO (XIHINO
(fra Bernardino Tommasini da Siena, detto l’Ochino)
I «DIALOGI SETTE»
E ALTRI SCRITTI DEL TEMPO DELLA FUGA DALL’ITALIA
Introduzione, edizione e note a cura di Ugo ROZZO
pp. 208 -I- 16 tavole f. t., L. 11.000
Uno dei testi fondamentali per valutare la « spiritualità » del1’« evangelismo » italiano del Cinquecento.
CLAUDIANA . Via Pr. Tommaso 1 - 10125 TORINO - c.c.p. 20780102.
testo della costruzione di uno
Stato unitario e centralizzato
quale è la Francia di Luigi XIV,
era inevitabile, logico, conseguente, non poteva non avvenire,
strano che sia avvenuto così tardi. E d’altra parte la ragion di
Stato non ha forse presiedute
alla politica di tutti gli stati europei del tempo? Che ha fatto
l’Inghilterra protestante con i
cattolici irlandesi? La periferia
cévenole e l’isola-colonia hanno
10 stesso destino. Non è dunque
11 caso di scomodare il confessore e l’amante, il pére de La Chai.
se et Madame de Maintenon ma
non è neppure il caso di scomodare lo stato di cattiva salute del
re; uno Stato moderne non può
tollerare un corpo estraneo che
per di più ha legami ideologici
con le potenze nemiche.
Non a caso l’intera Francia,
clero e nobiltà, popolo e grandi spiriti dai (àiansenisti a Racine hanno applaudito. Eppure
fu un errore, inevitabile finché
si vuole, ma errore: la Francia
perse uomini e mezzi, intelligenze 'e prestigio. Ammetterlo è però difficile perché equivale a dire
che lo Stato, la Francia stessa
si sono sbagliati. Non a caso il
presidente Mitterrand nella sua
brillante allocuzione parlò di
Enrico IV e del grande Editto
di Nantes, lo Stato lungirnirante
sì, l’altro, l’errore è meno facile
da gestire. Tutto questo è stato
detto con molta intelligenza e
distacco in conferenze, libri, dibattiti, simposi.
Ma è stato detto anche altro:
ogni atto politico incide sulla
vita di un popolo e la Revoca
ha inciso sulTanima della Francia in modo profondo. E non solo nelle lacerazioni di famiglie
distrutte, nelle sofferenze di uomini e donne ma nella violenza
fatta alle coscienze, nelTinstaurare la delazione, il sopruso, la
menzogna, nel costringere centinaia di migliaia di uomini a fingere di essere ciò che erano e
che ripugnava alla coscienza di
essere, cattolici che mangiano
l’ostia per paura (cosa che II
papa stesso rimproverò a Luigi
XIV come un atto blasfemo). La
storia della Francia è stata avvelenata da quegli anni e le esplosioni del 1789 ne seno la
conseguenza.
Tutto Questo discorrere di ragion di Stato e di morale a livello della nazione finisce però
col dire: il protestantesimo non
ha da dolersi, la sua fine era
nella logica dei fatti, è la Francia che ha finito col pagare il
prezzo, con la perdita di cittadini e l’avvelenamento delle coscienze, non vi sono colpe e tutto sommato, paradossalmente
lo choc della Revoca ha fatto
prendere coscienza alla minoranza ugonotta dei suoi valori e
dalla triste pagina di storia è
risorto il protestantesimo del
XVII secolo, del Désert.
Luigi XIV merita quasi una
corona di riconoscenza.
Celebrare o commemorare, ricordare è dimque più difficile di
quanto appaia a prima vista.
Giorgio Tourn
Celebrazioni
a Parigi
Sia all’UNESCO, con obbligo
tassativo di invito, ner udire le
allocuzioni del Presidente della
Federazione delle Chiese protestanti di Francia e del Presidente
della Repubblica, sia nel Palazzo
della Mutualité dove si sono svolti i lavori, nessun posto vuoto.
Al culto, erano presenti circa
2.500 persone. F tutto questo
senza carattere di celebrazione
ma come occasione per rievocare
con sobrietà e sincerità un avvenimento che privò la Francia
di un gran numero dei suoi cittadini più laboriosi ed operosi.
Due tavole rotonde, un dialogo
franco-britannico, tutti ad alto
livello; vorrei tuttavìa ricordare
il dibattito finale di notevole interesse.
Rispondere alla domanda:
« Che cosa rappresentano oggi
i protestanti ed il protestantesimo francese? », rivolta dal Direttore del settimanale protestante
Réforme ai rappresentanti di
quattro mondi diversi (Scienze
politiche, Studi arabi ed islamici.
Rivista Esprit, Giudaismo), è subito apparso difficile. Per l’uno
le differenze fra cattolici e protestanti sono meno nette che non
nel passato; per il secondo, interessante la sobrietà nei protestanti e nei musulmani moderni;
per il terzo, ex-allievo dei gesuiti,
fu una scoperta l’incontrare nel
1944, durante la Resistenza, due
cappellani uniti, l’uno cattolico
e l’altro protestante; per il quarto, è importante richiamare il genocidio di protestanti e di ebrei.
Alla seconda domanda: « Quale l’apporto del protestantesimo
nel mondo moderno? » è stato
risposto che occorre sottolineare
il ruolo sociale del protestantesimo, che ha pure carattere educativo ed al quale si avvicina oggi
anche il cattolicesimo; che è
necessario creare uno spazio fra
protestanti e cattolici per una
riflessione teologica che porterebbe con sé anche una riflessione teologica per i musulmani.
Ultima risposta: non c’è molto
da aspettarsi dalla comunità protestante!
Fd ancora vorrei dire che l’appartenere alla Chiesa Valdese,
alle « Vallées Vaudoises du Piémont », provocava simpatia anche verso chi, come me, non faceva parte della delegazione ufficiale (molto conosciuto il pastore Giorgio Tourn). Inviti, da amici di vecchia data, da « conoscenti » trasformatisi ben presto in
« amici », cordiale accoglienza da
parte del Segretario generale del
Comitato organizzativo (come
non riandare alla dotta conferenza del prof. Baubérot a Torino
nel 1983, anno luterano?), sorrisi
delle Diaconesse di Versailles,
dono di una croce ugonotta non
più in oro ma lavorata artigianalmente in « étain »... F’ questo il
privilegio di essere « minoritaires
panni les minoritaires » come
ebbe a dire il pastore Sahagian
nel suo sermone (Matteo 10:
17-31): lui armeno, non discendente da Ugonotti esiliati, perseguitati a causa della Révocation,
ma discendente da altri esiliati,
distrutti, però aiutati, consolati,
come un tempo gli Ugonotti nei
paesi del Rifugio.
Uniti nel culto dal canto, dal
Credo e dal Padre Nostro detti
ad alta voce (perché non fare noi
altrettanto?), dalla certezza della
salvezza per « sola grada », ci
siamo separati dopo aver cantato Tinno di Lutero « C'est un
rempart que notre Dieu... » (Forte rocca è il nostro Dio) che una
rapida e tempestiva registrazione
mi permette ancora di riascoltare con emozione.
Liliana Ribet
4
4 vita delle chiese
8 novembre 1985
GITA DI CHIESA: ANGROGNINI A PALAZZO CAVAGNIS
Dalle Valli a Venezia
« E’ Stata un’esperienza simpatica che ci ha permesso di conoscere meglio la gente delle Valli,
non come turisti ma come comunità di credenti». Pina Garufl, 30 anni, impiegata alla Regione Veneta che ha guidato per
tre giorni il gruppo di una quarantina di persone della chiesa
valdese di Angrogna per le ’calli’
di Venezia è visibilmente soddisfatta. L’incontro con la realtà
dell’ex-ghetto ebraico, gli antichi cancelli che all’imbrunire si
chiudevano alle spalle della numerosa comunità giudaica è una
delle immagini più forti che restano nella mente e che aiutano
ancor meglio a capire la realtà
dell’ex ghetto alpino in cui furono rinchiusi, per secoli, i vaidesi. La visita a due sinagoghe,
al museo ebraico arricchito dalle spiegazioni di una giovane
guida luterana ha permesso di
approfondire un aspetto importante nella visita a Venezia di
cui — dal 31 ottobre al 3 novembre — abbiamo toccato i punti
classici. Un tèmpo primaverile
ci ha, inoltre, accompagnato nell’escursione alle isole di Murano,
Torcello, Burano dove la nostra
attenzione si è soprattutto concentrata sulla ’’cooperativa delle
merlettaie”, i loro problemi e il
loro fine artigianato e sul lavoro
del vetro di cui abbiamo avuto
modo di vedere, nella fornace, le
diverse fasi di realizzazione sino
al prodotto finito.
Roberta Colonna Romano, insegnante, membro della comunità valdese veneziana ci ha inoltre guidato tra gli antichi vicoli
dell’Arsenale dove la ’’Serenissima” fabbricava i suoi migliori
vascelli.
Ma al di là della cronaca di
quella che è stata una classica e
curatissima visita a Venezia il
gruppo angrognino è rimasto
colpito dal bel palazzo Cavagnis,
situato a pochi minuti da piazza San Marco, adibito in parte
a Foresteria valdese dove siamo
stati accolti con fraternità ed
efficienza dal direttore della casa, Riccardo Bensì.
Molto interesse ha destato anche rincontro, programmato da
mesi, con la comunità valdese
locale con la quale si è celebrato,
insieme, il culto sotto il segno di
una predicazione che ha cercato
di attualizzare i temi del discepolato oggi. «Essere testimoni di
Dio, discepoli del Cristo non è
una conquista della nostra moralità — ha detto tra l’altro il pastore Platone di Angrogna — ma
è un dono di Dio. E’ lui che tira
l’aratro sul quale abbiamo messo le nostre mani ». Dopo il culto si è svolta un’agape con più
di 80 partecipanti in una atmosfera di vivace scambio di informazioni e di conoscenze reciproche. Mentre si mangiava, sotto
l’austero soffitto ligneo di questa
dimora nobiliare che fu dei Morosini, si è anche parlato di questa ’’finestra aperta sul mondo”
che la chiesa valdese ha aperto,
da tempo, nel cuore del centro
storico di Venezia. Quale ruolo,
quali prospettive ci sono per
questo luogo d’incontro, per questa chiesa? Nella celebrazione
del culto si è aggiunta, all’ultimo
momento, una corale evangelica
luterana di Eitausen in Baviera.
Abbiamo così realizzato quale
crocevia internazionale possa essere questo palazzo, che accoglie
più di tremila persone all’anno.
spesso interessate alla storia e
all’attualità del popolo evangelico italiano.
Ai valdesi veneziani abbiamo
infine rivolto un invito a visitare
le Valli e abbiamo lasciato nelle
loro mani un pannello simbolo
con il motto; ’Lux lucet in tenebris’, realizzato dall’artigiano
Levi Coisson. « Forse verremo,
in fondo non sappiamo molto
delle Valli Valdesi » ci ha detto
un’anziana signora al termine
del culto. Del resto anche noi
sapevamo cosi poco di Venezia
che ogni giornata è stata una
piacevole scoperta. Ma accanto
ai monumenti e al fascino dei
canali (per cui possiamo ripetere con gli antichi : « veni etiam »,
ovvero : vieni di nuovo ) abbiamo scoperto dei nuovi fratelli e
sorelle. Forse la ricchezza del
protestantesimo italiano la realizzi soltanto nella semplicità
dell’incontro tra comunità. Dove appunto avverti la dimensione più vasta e complessa della
testimonianza che si vuole rendere a Cristo e che travalica i
confini, i problemi e i personalismi di una singola comunità.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLf
Festa del raccolto
LUSERNA SAN GIOVANNI
— Trasformata in una graziosa
serra di prodotti ortofrutticoli
disposti in bella mostra da mani esperte, la Sala Albarin, in occasione della Festa del Raccolto
a metà ottobre, ha avuto una notevole affluenza di pubblico convenuto anche dalle vicine comunità.
Una festa il cui esito è stato
positivo sia per l’incasso che ha
permesso di coprire in parte il
mutuo contratto per i lavori di
restauro del tempio unitamente
al fondo per il rinnovo dell’organo, sia per l’occasione che abbiamo avuto di ritrovarci insieme e trascorrere alcuni momenti
di gioiosa comunione fraterna
conclusasi con una apprezzata
marenda-sinoira alla quale ha
partecipato un centinaio di persone.
Ospite della serata il fratello
Carlito Gönnet, tesoriere della
« Mesa Vaidense » dell’Uruguay,
in visita alle comunità delle Valli. In lingua spagnola, con il signor Gobello nelle funzioni di
interprete, egli ci ha portato il
saluto dei fratelli delTAmerica
del Sud dandoci interessanti notizie delle comunità valdesi d’oltre Oceano.
Mentre lo ringraziamo per la
visita e per le sue parole d’amicizia, diciamo ancora la nostra
gratitudine a quanti, fratelli e
sorelle, giovani e meno giovani,
hanno contribuito alla buona
riuscita di questa tradizionale
festa d’autunno.
Assemblea
VILLAR PELLICE — L’Assemblea di Chiesa è convocata
per domenica lo corr. m. alle
ore 10.15, nel corso del culto
che sarà più breve. All’ordine
del giorno la rielezione di quattro membri del Concistoro e la
relazione dei deputati al Sinodo. Un vivo appello ai membri
di chiesa perché intervengano
numerosi, data la particolare importanza dell’Assemblea per la
vita della chiesa.
• In questi ultimi giorni ci
hanno lasciati; il fratello Berton Stefano, di anni 60 (Teynaud) e la sorella Bouchard
Marcellina in Fasano, di anni 72
(Luserna S. Giovanni), da alcuni giorni ospite della casa «Miramonti » ; i rispettivi funerali
si sono svolti il 31 ottobre e il
3 novembre. Ai familiari colpiti
nei loro affetti più cari rinnoviamo le condoglianze e la solidarietà fraterna di tutta la chiesa.
® Si sono uniti in matrimonio;
Ayassot Desi e Catalin Natalino,
ai quali formuliamo i più vivi
auguri per la loro vita in comune.
• La nostra gratitudine al pastore Claudio Pasquet per il
messaggio rivoltoci nel culto
ch’egli ha presieduto in occasione dello scambio di pulpito tra
le Chiese di Bobbio e di Villar
Penice.
Agape
ANGROGNA — Sabato 9 alle
ore 21 s’incontra il Concistoro
al Presbiterio in vista della prossima assemblea con agape (prenotarsi presso gli anziani) fissata per domenica 17 novembre
in cui verrà inaugurata la nuova cucina della Sala Unionista,
dopo un anno d’intenso lavoro.
Proseguono intanto le riunioni quartierali sul tema della ristrutturazione dell’ospedale valdese di Torre Pollice e i problemi connessi alla nostra responsabilità; Capoluogo (11.11),
Martel (12.11), Prassuit-Verné
(13.11), Odins-Bertot (14.11).
Visita all’Asilo
di San Germano
VILLASEOCA — Carlo Mlcol
si è « addormentato nel Signore ». Alla compagna della sua vita Emma, che tanta cura e tanto affetto ha sempre dimostrato
per suo marito, rinnoviamo la
espressione di simpatia e di comunione della speranza cristiana nella resurrezione in Cristo.
• Rina Venturini, dopo una
lunga e tormentata malattia,
non è più tra noi. La nostra comunità rinnova i sentimenti di
speranza cristiana nella resurrezione dei morti in Cristo al figlio Claudio e parenti.
• Giovedì 17 ottobre, la nostra Unione Femminiie ha visitato gli Ospiti dell’Asilo di San
Germano. La predicazione della
Parola del Signore, fatta dal pastore, e la conversazione fraterna, piena di simpatia e di affetto, avuta con gli Ospiti, sono
stati i momenti più significativi
di questa vìsita. Una offerta di
L. 500.000 ed un piccolo rinfresco sono stati i segni esteriori
di questi momenti.
Non si dirà mai abbastanza
« grazie nel Signore » a tutte le
persone che svolgono ogni giorno l’intenso e diffìcile compito
dell’assistenza agli Ospiti.
• La nostra comunità ringrazia vivamente il predicatore locale Flavio Mlcol per aver presieduto il culto di domenica 20
/n un mare di verde, in un’oasi di pace
Hôtel du Parc
RESTAURANT
Casa tranquilla aperta tutto Vanno
Facilitazioni per lunghi periodi di permanenza
Saloni per banchetti nozze
Viale Dante, 58 - Tel. (0121) 91367
TORRE PELLICE
ottobre in sostituzione del pastore.
Nella stessa giornata il pastore ha guidato i catecumeni di
IV anno in un giro di visite di
studio nelle località di Prali e
museo. Agape, Rodoretto e Massello.
• Nel tempio dei Chiotti, è
stato celebrato il matrimonio tra
Paola Giacomino e Gilberto Laggiard. Per la nostra comunità è
stato il primo matrimonio celebrato sia secondo le Intese tra
la Chiesa Valdese e lo Stato italiano, sia secondo la formula cui
seguono gli effetti civili. A Paola e Gilberto la comunità rinnova la propria gioia e l’augurio
perché essi possano vivere da
credenti la nuova vita in due.
• Maria Bounous ved. Peyronel ed Elvio Peyronel sono stati insediati, quali nuovi membri
del Concistoro, durante il culto
di domenica 3 novembre. La comunità esprime loro gratitudine
ed auguri di buon lavoro nello
svolgimento del ministero cui il
Signore li ha chiamati per la
« edificazione » dei credenti.
Un nostro medico
POMARETTO — Come ormai
è consuetudine per il periodo invernale, da domenica 19 novembre p. V. il culto avrà luogo nella sala del teatro valdese dì Pomaretto anziché nel tempio. L’orario non varia ; sempre alle
ore 10.
• Il dott. Peyrot, medico condotto di Pomaretto, lascia il servizio mutualistico dopo un lungo periodo dedicato ai pazienti
che avevano riposto in lui la loro fiducia, certi di essere seguiti
nelle loro malattie ed amorevolmente curati. Oltre 30 anni passati ad alleviare il dolore altrui,
hanno fatto del dott. Peyrot un
confidente ed un conoscitore
profondo della vita di molti nomarini. Sono certo di interpretare i sentimenti di questi pomarini ringraziando il dott. Peyrot
di tutto quello che ha fatto per
la loro salute sia fisica sia morale, ed augurando a lui ed alla
signora un lungo periodo di riposo.
Il dott. Peyrot però non lascia
soli i pomarini; continuerà ancora a ricevere e curare in privato nello stesso ambulatorio in
Pomaretto, dove ha lavorato fino ad ora, coloro che vorranno
ancora essere da lui assistiti.
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedì
precedente la data di pubblicazione
del giornale
Domenica 10 novembi’e
■ ASSEMBLEA DELLE
CORALI
PINEROLO — In via dei Mille, alle ore
15.15 si riunisce l'Assemblea delle Corali per la programmazione delle attività.
■ CONVEGNO
FCEI-VALLI
POMARETTO — Il Convegno di programmazione delle attività inizia alle 10
con il culto con la comunità locale.
Pranzo al sacco, il primo è offerto. I
lavori si svolgono presso il Convitto
Valdese. Si voterà la nuova giunta.
Venerdì 15 novembre
■ ASSEMBLEA DEL 1°
CIRCUITO
LUSERNA S. GIOVANNI — Alle ore
20.30 è convocata l'Assemblea del 1°
Circuito nella Sala Albarin. AN’o.d.g.
la questione giovanile nelle chiese de'
Circuito ed informazioni sulla nostra
situazione.
Domenica 17 novembre
■ ASSEMBLEA DEL 2°
CIRCUITO
SAN GERMANO CHISONE — Alle
ore 15 avrà luogo l'assemblea del 2‘
Circuito sul tema: » La predicazione
all'Interno e all'esterno della chiesa ».
• L’Eco delle '^alli Valdesi •: Rva.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Redattori: Giorgio GardioI, Paolo
Fiorio, Roberto Giacone, Adriano
Longo, Giuseppa Platone, Sergio
RIbet. Comitato di redazione: I redattori e: Mirella Bein Argentieri,
Valdo Benecchi, Mario F. Berutti,
Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitti. Bruno Gabrielli, Claudio H, Martelli, Roberto Peyrot, Massimo Romeo, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Liliana Viglielmo.
Direttore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/
055.278.
Redazione l'Eco delle Valli Valdesi;
Via Arnaud, 23 - 10066 Torre Pellice.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Via Pio V, 15
- 10125 Torino.
Rrgist''n nazionale della Stampa n.
00961 voi. 10 foglio 481.
Abbonamenti 1986: Annuo L. 27.000;
Semestrale 14.000; Estero 55.000 (posta aerea 79.000); Sostenit. 50.000.
Decorrenza 1° genn. e 1“ luglio (semestrale] da versare esclusivtunente sul c.c.p. 327106 Intestato • L’Eco
delle Valli - La Luce » - Casella postale- 10066 Torre Pellice.
Pubblicità: prezzo a modulo (mm.
49x53) L. 12.000 (oltre IVA).
Inserzioni: prezzi per mm. di altezza, larghezza 1 colonna: mortuari
350 - sottoscrizioni 220.
Ogni parola: economici 250, partecipazioni personali 350 (oltre
IVA). Ricerche lavoro: gratuite.
Fondo di solidarietà c.c.p. 11234101
Intestato a « Lu Luce: fondo di solidarietà », Via Pio V. 15 ■ Torino.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
5
8 novembre 1985
vita delle chiese 5
LE ASSEMBLEE DI CHIESA NELLE GRANDI CITTA’
OPERE DIACONALI
Programmi
di lavoro per un anno
L’autunno è tradizionalmente
una delle stagioni più intense
della vita ecclesiastica: perché
ormai le varie attività delle chiese hanno ripreso il loro corso,
e al tempo stesso si fanno progetti relativi alle iniziative da
prendere durante l’anno al di là
rlell’ordinaria amministrazione.
Un momento essenziale di questa
fase « programmatica » è rappresentato dalle assemblee di chiesa, che in queste settimane si
stanne svolgendo in tutta Italia. Abbiamo svolto una mini-incniesta su come vivono questo
momento alcune chiese delle
maggiori città, vale a dire delle
realtà fortemente minoritarie,
ma al tempo stesso ben inserite
nella società di cui fanno parte.
Le chiese valdese e metodista
di Napoli-Vomer.0 hanno avuto
come tema principale della loro assemblea i corsi di catechismo. Un argomento solo apparentemente tutto « interno »: infatti il folto gruppo dei catecumeni dei vari anni (ben 22,
mentre i membri di chiesa non
superano di molto il centinaio)
comprende anche diversi giovani
che provengono da famiglie non
evangeliche. Il catechismo, quindi, anche come occasione di evangelizzazione.
Un altro argomento dibattuto
con passione è stato l’impegno
di solidarietà coi lavoratori africani immigrati. Si è deciso di
rispondere positivamente a un
gruppo di eritrei che avevano
chiesto un corso di alfabetizzazione e uno di cucito. Entrambe
le iniziative hanno già preso il
via, grazie alla disponibilità di
diversi membri della comimità.
E’ stato anche affrontato, senza peraltro arrivare a conclusioni precise, il problema dell’insegnamento religioso nella scuola
dopo l’approvazione delle Intese
e del nuovo Concordato. In particolare si è discusso di come,
alla luce di queste nuove norme,
debba oggi essere comunicata
alle autorità scolastiche la decisione di non usufruire delUora
di religione. Data la mancanza di
sufficiente informazione in proposito, la questione è stata accantonata in attesa di ulteriori
approfondimenti.
200 km. più a nord, le tematiche
dell’assemblea di una chiesa molto più grossa, quella di Roma piazza Cavour, non differiscono
molto da quelle del Vomero. Anche qui i rapporti con lo Stato
hanno avuto un posto importante nella discussione, per quanto l’interesse si sia polarizzato
a Roma sui rapporti «finanziari»
(detrazioni IRPEF, 8 per mille)
piuttosto che sull’insegnamento
della religione a scuola. Anche qui, peraltro, per la mancanza di chiarezza che ancora regna nelle chiese locali, si è deciso di rinviare una presa di posizione a dopo aver ricevuto il
materiale informativo che la Tavola si è impegnata a produrre.
Per il momento, sono stati costituiti due gruppi di studio:
uno a carattere tecnico, l’altro
teologico. Un altro argomento
importante è stata la valutazione, molto positiva, deH’operazione « Tempio aperto » (per 2-3
pomeriggi alla settimana, apertura dei locali e incontro con le
numerose persone che vi entrano). Con la partecipazione quest’anno anche degli studenti in
teologia, si cercherà piuttosto
di potenziare il gruppo che
realizza quest’iniziativa. Anche a
Roma, la solidarietà coi lavoratori eritrei è in primo piano.
Due iniziative saranno intraprese: innanzitutto, una volta al mese sarà tenuto, per quanti di loro
sono cristiani, uno studio biblico
nella loro lingua, condotto dal
pastore di Napoli-Vomero, Bruno
Tron, che in Eritrea è nato e ha
vissuto fino a pochi anni fa; inoltre, insieme con le altre chiese
evangeliche remane e con l’Esercito della Salvezza, si cercherà
di organizzare un poliambulatorio gratuito per questi lavoratori che quasi sempre sono esciusi dall’assistenza pubblica.
Già diversi medici si sono offerti
Contro
l’apartheid
Il Coordinamento Nazionale
contro l’apartheid, al quale aderisce anche la Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia
(FCEI), ha organizzato per il 14
dicembre prossimo — e non per
il 16 novembre, come precedentemente comunicato — a Roma
una manifestazione nazionale
che vedrà probabilmente anche
la partecipazione di Sandro Pertini e di Oliver Tambo, il prestigioso leader dell’African National Congress (il movimento di
liberazione sudafricano).
A tale proposito, la FCEI invita le chiese e tutte le organizzazioni evangeliche a partecipare
numerose e a ricercare adesioni
anche al di fuori deH’ambito ecclesiastico. Ulteriori informazioni possono essere ottenute telefonando alla FCEI (tei. 06/
4755120) o al pastore Saverio
Guarna (tei. 06/9588811).
di prestare senza compenso la
loro opera in questa struttura.
Quando ci spostiamo al nord,
per occuparci dell’assemblea della chiesa valdese di MUano, ancora una volta troviamo all’ordine del giorno la situazione dei
lavoratori africani immigrati.
La chiesa ha deciso di impegnarsi in due direzioni: da un lato
l’aiuto immediato, fatto di ospitalità per chi non ha im’abitazione,
e della raccolta di soldi e di indumenti La pressione sulle forze
politiche per ottenere l’approvazione di una legge nuova e più
giusta suirimmigrazione rappresenta invece l’altro settore di
impegno deciso dalla chiesa.
Quanto ai rapporti con lo Stato, poi, i valdesi di Milano hanno anch’essi deciso di formare
una commissione, che prima studi e in seguito illustri in tutti i
gruppi di zona e settori di attività problematiche ancora abbastanza astruse per il membro di
chiesa medio come la defiscalizzazione o l’8 per mille.
La nostra inchiesta si conclude
a Torino, dove per la verità le
tematiche dominanti differiscono
un po’ dalle altre chiese che abbiamo considerato. Qui in primo
piano sono la cura d’anime e
gli incontri quartierali: e ben
si capisce, trattandosi di una
chiesa molto grande (oltre 2.000
membri!), che può avvalersi dell’opera di quattro pastori, una
candidata in teologia, sei predicatori locali, una diacona; eppure, è sempre problematico
mantenere i contatti coi membri
di chiesa. L’assemblea ha deciso
di aggiungere alle riunioni quartierali delle « giornate comunitarie di zona », così strutturate:
culto, agape fraterna, momento
di riflessione comune su problemi attuali.
Ma questo tema fondamentale
— i rapporti fra i fratelli nella
chiesa — è ritornato nella discussione anche da un altro punto di
vista.
In uno degli interventi è stato
detto: « La libertà di parola è
uno degli aspetti più positivi del
nostro vivere come evangelici,
ma è grave non saper vivere nel
dissenso ». Toccato cosi il punto
dolente della presenza di divisioni nella chiesa e della necessità
di superarle nella ricerca comune di fedeltà all’evangelo, molti
altri interventi si sono poi focalizzati su questo tema. Che, com’è naturale, non è stato poi
oggetto di una particolare decisione, ma ha solo rappresentato una tappa di una riflessione
che deve andare bene al di là
del breve tempo di un’assemblea. Paolo Florio
Scuola: Intese non applicate
MEZZANO INFERIORE — La
PGEI Emilia Romagna ha tenuto
il 26 e 27 Ottobre a Mezzano Inferiore (PR) la 5” Assemblea Regionale.
I delegati presenti hanno discusso dell’applicazione delTInte.
sa, per quanto riguarda l’esenzione dall’ora di religione cattolica, dei provvedimenti riguardanti la scuola contenuti nella
’’Finanziaria ’86”.
L’Assemblea ha approvato due
documenti, che invitano i gruppi a mobilitarsi contro i tagli alla scuola, considerati anticostituzionali e discriminatori, non
risolutori dei mali della scuola.
Medesimo ragionamento per
l’ora di religione, che ad un anno daH’approvazione dell’Intesa
continua a seguire i contenuti
della legislazione fascista sui culti ammessi.
L’Assemblea ha accolto con
gioia l’adesione del gruppo battista di Ferrara alla Federazione
Regionale.
« Notti borghesi »
LA SPEZIA — Domenica 27
ottobre il sovrintendente di circuito Carlo Gay ha insediato il
nuovo pastore della chiesa metodista, Eugenio Stretti. Nel cor
Gorle: una casa
fondata sulla roccia
L’inaugurazione e il programma della casa
di riposo Caprotti-Zavaritt - Due cerimonie
CORRISPONDENZE
so del sermone, il pastore Gay
ha paragonato la « nostra attuale
lunga notte » alle delusioni degli
evangelici della fine del secolo
scorso, quando non si verificò lo
sperato crollo del papato e le
chiese protestanti rimasero una
minoranza sparuta e divisa.
« Notti borghesi » ha aggiunto
Gay; « I nostri figli li facciamo
avvocati, commercialisti, ingegneri, non certo pastori! »,
Nel corso del culto, hanno portato il loro saluto al pastore
Stretti rappresentanti della Assemblea dei Fratelli di La Spezia
e delle chiese battista di La Spezia e avventiate di La Spezia e
Carrara.
Sabato 19 e dominica 20 ottobre, con due cerimonie parallele — la prima con le autorità
civili (il prefetto di Bergamo,
il sindaco di Gorle, tra le altre)
e con i rappresentanti delle famiglie Capretti e Zavaritt, la seconda invece soprattutto cori i
membri della chiesa evangelica
di Bergamo — si è inaugurata
la « casa di riposo Caprottì-Zavariti ».
In un bel parco, a Gorle, a
pochissimi chilometri da Bergamo eppure già in mezzo al silenzio e alla quiete, la casa di
riposo ha potuto essere costruita
in seguito a due donazioni alla
Tavola valdese: la donazione
Zavaritt, che ha messo a disposizione la bella villa, e la donazione Caprotti, che ha permesso
la ristrutturazione della casa
esistente. A disposizione degli
ospiti ci sono attualmente 27
camere a uno o a due letti, con
una capacità di accoglienza,
quando la casa sarà compietamente occupata, di 40 letti.
Luciano Gay, presidente del
comitato di gestione. Neri Giampiccoli, per lunghi anni pastore
a Bergamo e Giancarlo Eynard,
ingegnere progettista e realizzatore del complesso, hanno presieduto le due cerimonie inaugurali, aiutando i presenti a riflettere sul senso del lavoro fra
gli anziani e guidandoli ad una
presa di contatto con la realtà
della casa. La mattina della domenica Alberto Taccia, presidente della CIOV, ha presieduto il culto nella chiesa di Bergamo, contribuendo allo sforzo
di collegare chiesa di Bergamo
e comitato di gestione in questo
nuovo impegno nel settore della
diaconia.
Nel discorso di apertura del
pastore Giampiccoli il riferimento al bel capitolo della prima
lettera di Paolo ai Corinzi sull’agape (che è senso di tutte le
cose) e alla casa fondata sulla
roccia (e che quindi può permettere di resistere nel tempo) di
cui parla l’evangelo ha indicato
la possibilità di partenza (un
dono che ci è dato) e la direzione del cammino (una possibilità
di solidarietà nel nostro tempo).
Una nuova opera così nasce
accanto ad altre nella vasta serie delle iniziative che impegnano membri della chiesa valdese
in terra lombardq. Si è parlato
molto, in questi giorni, anche
della necessità deH’intercessione
e dell’occasione di impegno che
a molti viene proposta. L’augurio
di molti dei presenti è che la riflessione sulla diaconia — e in
particolare sulla pastorale degli
anziani — venga stimolata da
questo nuovo strumento che ci
è stato messo fra le mani.
Eugenio Rivoir
FIRENZE
Osare
la pace
La EGEI, Pax Christi, Mani Tese, TAgesci, il SAE e l’Amicizia
Ebraico-Cristiana hanno organizzato due iniziative a Firenze, nelTambito della U settimana ecumenica per la pace: una di testimonianze pubbliche e una di riflessione e preghiera
La prima si è tenuta il 19 ottobre in p.za S. Spirito; prevedeva
interventi alternati a canzoni spiritual e folk di tipo pacifista.
Hanno preso la parola Davide
Melodia, che ha ricordato con
forza la necessità di non delegare a nessuno l’impegno per il disarmo, e la coerenza che deve
guidare l’azione del credente nel
rapporto con la natura e con gli
altri uomini, mentre padre Zanotelli, direttore di Nigrizia, ha
fatto il punto, con dati scientifici,
sulla vendita delle armi al terzo
mondo, in cui il nostro paese ha
primati non invidiabili. Emidio
Campi ha spiegato i nodi del rapporto sviluppo-sottosviluppo e ha
centrato il suo intervento sulla
pace nella giustizia, facendo anche un parallelo fra la lotta per
l’abolizione della schiavitù due
secoli fa e l’attuale battaglia pacifista. Infine Mario Batistini, di
Pax Christi, ex-obiettore, ha ricordato r importanza che ha
l’obiezione di coscienza come occasione di pensare e agire per la
pace.
La seconda iniziativa, il 23 ottobre nella sala di via Manzoni, è
stata introdotta da due brani biblici molto noti, la vocazione di
Abramo e le -beatitudini delTevangelo di Matteo. Sono intervenuti
Luciano Santini che ha parlato
sul primo testo, approfondendo il
senso della benedizione di Dio ad
Abramo e al suo popolo, il pastore Kleemann sul secondo testo,
soffermandosi sulla necessità di
tradurre in gesti concreti e quotidiani la pace di cui parla Tevangelo, il gruppo EGEI, che ha letto
un brano di M.L. King, la Federazione Giovanile Ebraica e Pax
Christi. L’incontro si è concluso
con la testimonianza personale
di un egiziano e un israeliano, divenuti amici a Firenze.
Pur con alcuni difetti, la settimana è riuscita ed è stata un
contributo al movimento fiorentino che intende presentare in
consiglio comunale una proposta
di denuclearizzazione della città.
Simone Cerrìna Feroni
6
6 prospettive bìbliche
8 novembre 1985
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Isha, ti amo
E Dio conduce ad Adamo questa « compagna partner » lasciandogli la possibilità di decidere se sarà la « buona »,
questa volta, se davvero è quella che
potrà trasformare il non-buono dell’uomo-a-sé-stante (Gen. 2: 18) in un
« molto buono », quello di Gen. 1: 31.
Nessuno si sogni dunque di contrapporre Gen. 1 e 2, si completano come Adamo e la sua... « metà », che
anzi è piuttosto il suo « doppio ». Si
noterà (negligenza di stile o intento
ben preciso?) che lo scriba ha già
dato un nome a questa metà: isha
(leggi: iscià, v. 22), lo stesso che le
darà Adamo (v. 23).
Connivenza
Credo che si sia trattato di un intento ben preciso: Adamo ritrova,
lui, il nome che Dio aveva già dato
alla sua compagna, oppure Dio aveva indovinato il nome che Adamo
le darebbe... importa poco, ma questa connivenza mi pare entusiasmante: gli occhi dell’uomo e le sue
decisioni vengono a coincidere perfettamente con quelli di Dio. Vista
dal Cielo, o vista dalla terra, la donna porta lo stesso nome. Sia detto
per tutti i frustrati, a cominciare da
Qohelet (lo si può forse spiegare se
ci si mette nei panni di Salomone
con un harem affollato) che nella
donna vede (7: 26) un trabocchetto,
una trappola, una rete destinati a
sedurlo, ad acchiapparlo, a ridurlo
a oreda della donna (di fatto, la
Bibbia attribuirà la responsabilità
delle idolatrie di Salomone alle sue
donne... straniere per di più).
Ritorneremo più avanti, se piace
a Dio, a Qohelet-Salomone (e ai proverbi), il quale aveva dunque delle
« scusanti » che non hanno avuto
coloro che nella chiesa, al seguito
di Agostino (che ad es. chiama la
moglie di Giobbe adjutrix diaboli,
aiutante del diavolo), hanno fatto
della donna quel che potremmo
chiamare una... « capra espiatoria »,
riferendosi appunto alla donna di
Adamo, colpevole ai loro occhi del
« pasticcio » universale nel quale siamo caduti e colpevole, più tardi, di
detenere, attraverso tutte le donne,
un irresistibile potere di seduzione.
L’Èva (qui ancora innominata) eterna doveva significare « eterna tentazione » per questi « poveri » scribi fragili e per i Padri... più fragili
ancora’.
Sullo zufolo
Tornando a Gen. 2, ripetiamo che
gli occhi di Dio, davanti alla donna,
sono come gli occhi di Adamo: immediatamente le danno lo stesso nome, isha. Ed ecco una scena che mi
ha sempre permesso di tendere qualche scherzoso tranello ai miei catecumeni (e ad altri), domandando loro: « Secondo voi, quali sono le prime parole umane che la Bibbia riferisce espressamente? » (ce ne sono state altre, prima, ad es. quando
l’uomo ha dato i loro nomi agli animali; ma la Bibbia non ce le riferisce). Ho sempre avuto risposte pie
ed esilaranti come « Un cantico, una
bella preghiera, etc.! ». Mai nessuno
mi ha risposto: « Un canto d’amore! ». Anzi, mi ricordo la quasi impossibilità di far dire a dei ragazzi (?)
Continuando e approfondendo la lettura di Genesi 2, l’esegeta e predicatore francese del quale stiamo riprendendo da « Le Christianisme au
XX siede » una serie di articoli, ci pone davanti a quel canto d’amore
— « le prime parole umane che la Bibbia ci riferisca espressamente »
— troppo messo in sordina o malamente trasfigurato nella tradizione
ecclesiastica. Si può forse osservare, molto sommessamente, che nel pansessualismo oggi dominante, se è giusto e doveroso evidenziare che
la Bibbia tutto è fuorché sessuofoba, va forse sottolineato il carattere di
relazione profonda, di comunione piena nel rapporto (suo) uomo(sua) donna, che si esprime nell’unione sessuale, ma appunto vi si
esprime e non vi si esaurisce. Il pendolo della sensibilità sociale oscilla
talvolta con grande rapidità.
a cura di GINO CONTE
scanzonati di 15-16 anni, malgrado
tutte le mie indicazioni e modemi.izazioni: « Una canzone d’amore ».
Un’inibizione, un blocco impediva
loro di pronunciare queste parole
davanti al pastore. Capisco Roland
de Pury intento a spiegare il Cantico dei cantici ai suoi catecumeni. Ma
capisco anche le difficoltà che i cristiani incontrano nell’amore connigale. Identica castrazione, quella
operata dalla gente di chiesa nel tradurre (male) 1 Cor. 7: 1... Mea culpa!
Grazie a Dio Adamo non conosceva né curati né pastori; davanti alla
sua donna, la riconosce e si riconosce. Viene da lui, è sua (e reciprocamente), ma è altra da lui. E me lo
figuro benissimo che si fa uno zufolo per cantare il primo canto d’amore, che è anzitutto un canto di
riconoscimento (reconnaissance: in
tutti i sensi del termine), poi l’affermazione della somiglianza, in parallelo con il gioco di parole ish (l'uomo) e isha (donna). Si chiamerà
isha, e àaWish è stata tratta.
Geniale
Attenzione. Il gioco di parole probabilmente non è semplice come pare. Se è indubbio che la prima indicazione data dal testo ne segue il
movimento: l’uomo e la donna sono
essenzialmente simili, stesse ossa,
stessa carne — è altrettanto vero
che, come accade spesso nella Bibbia, siamo di fronte a una filologia
poetica o teologica, a un’etimologia
popolare, dice un dizionario, poiché
è quasi certo che isha non è il vero
femminile di ish.
Ci sono infatti almeno tre termini per designare l’uomo (e ne abbiamo già incontrati due):
Adam: che si può tradurre « l’essere umano » o meglio « terrestre »
o « terroso » (« glébeux », di gleba,
fangoso, secondo Chouraqui!^), termine relativamente neutro che serve a ricordare il materiale (adamah)
da cui Adamo è stato creato;
Ish: che sottolineerebbe piuttosto
la forza e il carattere nobile dell’uomo (v. il suo ruolo regale). Al riguardo lo stesso Chouraqui non ha trovato di meglio che uomo. Lys suggerisce, con un grecismo, Andrea,
l’uomo signore della natura’;
Enosh, che è l’inverso di ish: l’uomo debole, meschino, il mortale. Il
Salmo 8: 5 dirà d'altronde: « Che
cos’è il mortale (enosh)... e il figlio
di Ada,m...? » per far risaltare più
forte il paradosso di un uomo « che
è Dio... quasi ». Dio e... mortale! Ora
pare che isha (plur. na.shim) sia il
femminile di enosh (l’uomo nella sua
debolezza); oppure un vocabolo autonomo. Avremmo più che una coincidenza curiosa.
In ogni caso, qualunque sia l’ori
gine (debolezza umana o « aspirazione » di un vocabolo diverso e autonomo), l’etimologia popolare, proprio come Adamo, ha avuto un colpo di genio: collegare il vocabolo
« donna » al vocabolo che sottolineava la nobiltà dell’uomo e non la
sua debolezza o la sua radicale alterità. Approfittiamo per piangere
sul francese [e sull’italiano!] che
non ci permette di rendere intelligibile, e neppure udibile, questo gioco di parole. Così come non ci permette di rilevare, come invece l'ebraico fa così bene, tre grandi caratteri dell’uomo: banale (adam),
tuttavia nobile (ish) eppure debole
(enosh).
Madre, madre...
Il canto d’amore di Adamo si conclude: « Perciò l’uomo abbandonerà
(non ’’lascerà”) suo padre e sua madre... ». E’ il giuramento di matrimonio (che Adamo ben presto manterrà, non ce ne rendiamo sempre
conto: Gen. 3: 6), giuramento che
rompe con il passato e con le radici
per offrire ai due sposi un avvenire
del tutto nuovo. Un avvenire da fare,
da inventare, un giuramento che è
altrettanto irreversibile quanto lo è
il tempo.
Ma qui io sono nelle peste, perché gli esegeti ci spiegano spesso che
queste parole sono dette nel contesto
sociologico di una esogamia maschile [il maschio lascia, alle nozze,
la sua famiglia] di cui non ho trovato altre tracce nella Bibbia, se non,
per contrasto, la messa in guardia
contro le mogli straniere: Proverbi,
Esdra ecc. Essi relativizzano la portata di questo testo, che oggi andrebbe attualizzato. Infatti, anche se voglio evitare la ’’tipologia” facile che
fissa l’uomo e la donna in atteggiamenti che si riproducono all’infinito, devo confessare che nel mio
quarantennale ministero ho incontrato molto spesso in un matrimonio quanta difficoltà ha, specie il marito, ad abbandonare il padre e la
madre.
Si era al punto che avevo ideato
una trappola, per il colloquio con i
futuri sposi: nel modo più innocente,
dicevo al futuro sposo: « E sua madre?... ». « Mia madre? la persona migliore del mondo! ». E benché pieno
di ammirazione, nell’intimo, per questo amore filiale, più cieco di ogni
altro, esitavo, prima di lasciar cadere: « Beh, tanto peggio!... ». Cioè tanto peggio per Lei, Signore, perché la
rottura deve verificarsi e sarà più
difficile di ogni altra. Non mi scalmanerò a rassicurare lettori e lettrici
precisando che se la rottura deve esserci, e deve verificarsi proprio all’inizio del matrimonio, non significa
assolutamente che si debba odiare i
genitori o « lasciarli perdere ». Ma la
Donne nella Bibbia - 4
libertà di un matrimonio è a prezzo
di questa rottura. Allora mi trovo davanti a un interrogativo: questo
amore abusivo della madre per il figlio sposato è un dato originario o
un frutto della civiltà? Non lo so, so
soltanto che a tre millenni di distanza il problema resta aperto... aggiungendo che, su questo punto, conosco
molti uomini che sono donne, e padri che sono madri.
In ogni caso il matrimonio (biblico, s’intende) significa sempre rottura, almeno parziale. Ci sono sempre radici da spezzare, legami da abbandonare, rinunce da fare. Il « sì »
del matrimonio rappresenta ed esige
non pochi « no ». L’uomo, o la donna, che si proponesse di continuare,
dopo, la medesima vita di prima,
può esser certo che fallirà il suo matrimonio... e la sua vita. La vetta dell’amore non sta nel dire semplicemente « ti amo », né nel donare il
proprio corpo, sta nel dare al proprio partner tutto il proprio avvenire, per costruirlo in due. Dunque
vuole anche dire rompere con il passato.
Sessuale
Nel seguito del canto di Adamo i
nostri traduttori sono stati spesso
piuttosto pudibondi, perché il verbo
tradotto con « unirsi » significa in
realtà « aderire », ed è chiaro che
s’intende la sessualità. Si potrebbe
almeno tradurre: « andrà a letto con
sua moglie ». Un altro sasso nel giar
dino degli angelici, che nella sessualità non vedono altro che una concessione alla nostra umanità, dovuta per
di più alla ’’caduta”. Mentre è evidente che appena Adamo ha visto la
sua donna, ne//’Eden, ha pensato di
andare a letto con lei.
Per un transfert curioso, tutti pensano che la sessualità sia evocata (in
modo figurato) da ciò che segue: «e
diventeranno una sola carne ». Invece mi pare che qui la sessualità, pur
non esclusa, non è affatto essenziale.
Prendiamo anzitutto il verbo « diventare », ancora più espressivo in
ebraico: « essere per... ». L’uomo e la
donna esistono, nella loro alterità,
per diventare, per diventare « Uno ».
L’unità data come originaria in Gen.
1, dove l’uno diventa due, è una promessa avvenire in Gen. 2, dove due
devono diventare uno. Rabbini e Padri non hanno avuto torto nello
scorgervi la promessa del figlio, incarnazione dell’unità della coppia.
Ma è troppo restrittivo.
Credo che « una sola carne » voglia dire una sola e medesima vita,
una sola e medesima storia. Il che
non avviene né in un giorno solo né...
senza storie. Ma l’unità sta alla fine,
all’arrivo, come era alla partenza.
Data, rimane da fare. .E Gen. 3 aggiungerà: « ...non senza fatica e dolore ».
(continua) Alphonse Maillot
^ Sulle distorsioni operate dalla teologia cristiana, v. E. Fuchs, Desiderio e
tenerezza, Claudiana, Torino, 1984, il cap.
IV : « Il cristianesimo e la sessualità : una
storia ambigua» - n.d.t.
2 André Chouraqui, studioso ebreo
francese, interessato al confronto ebraico-cristiano, ha curato una traduzione
moderna della Bibbia, che ha destato
molta attenzione - n.d.t.
E’, in parte, la sfumatura di significato che si trova nel greco anèr e nel
latino vir, dove però la componente sessuale è forse più marcata - n.d.t.
7
8 novembre 1985
obiettivo aperto 7
APPUNTI DI VIAGGIO IN TURCHIA
Sulle orme
dell’apostolo Paolo
Il giorno 4 ottobre 1985, alle ore 4.30 del mattino, partiva da Torre Pellice un autobus con 33
persone a bordo, diretto all’aeroporto di Caselle.
Altre 7 persone provenienti dalla ’’Val Supata”
(n.d.r.: Valle Germanasca) trovavano posto sul
pullman a Pinerolo. Poco più tardi, nella hall dell’aeroporto si componeva il gruppo formato da ben
4S persone in partenza per la Turchia: « Sulle
orme dell’Apostolo Paolo ». A Roma, infine, dopo
un momento di suspense, raggiungeva il gruppo
anche Mirella Sccrsonelli, proveniente da Napoli.
Iniziava così il viaggio alla scoperta della Turchia, che nel primo secolo dopo Cristo è stata
teatro della predicazione dell’Apostolo Paolo.
Di seguito pubblichiamo la cronaca ed impressioni sul viaggio di due partecipanti.
a preparazione al viaggio
« sui passi di Paolo » suggerita dalle guide teologiche ha certamente favorito
qiKst’incontro tra persone, ma
!a coesione era molto maggiore
dell’aspettativa di ciascun partecipante. Non a caso qualcuno
ha usato l’immagine della chiesa viaggiante. Sicuramente a tutto questo hanno contribuito anche gli organizzatori e la guida:
Gerard Cadier, con l’esperienza
di parecchi viaggi, sembrava un
gigante buono pronto a difendere e a riportare sulla strada giusta chi sbagliava. Giuseppe Platone non ha perso occasione
per animare il gruppo e renderlo attento alle cose che gli capitavano intorno; data la sua bravura, qualcuno ha suggerito di
fondare una nuova agenzia di
viaggio: la PLA-TOUR, viaggi e
cumenici. Selguk, squisita guida turca, con la sua attenzione,
cultura, umiltà e raffinatezza, è
stato motivo di turbamento per
le giovani signore facenti parte
del gruppo; qualcuno avrebbe
voluto metterselo nella valigia.
La Turchia è stata una vera
sorpresa per molti; ancora una
volta, la possibilità di conoscere
direttamente la situazione di
un Paese un po’ mitico ha confermato l’impcrtanza e l’urgenza di liberarsi dai pregiudizi facili e superficiali. Non si deve
dimenticare infatti che la Turchia è un ponte tra l’Oriente e
l’Occidente.
Prime tappe
viduando soluzioni che si allontanavano considerevolmente dalle prospettive specificamente bibliche.
Successivamente, abbiamo incontrato la città di Pergamo. Il
nostro pensiero è andate alle
sette chiese di cui parla l’Apocalisse: di esse abbiamo potuto
vedere Pergamo, Efeso, Smirne,
Laodicea. Innanzitutto abbiamo
potuto constatare che esse esistevano davvero; abbiamo realiz.
zato dalla visita della città che i
riferimenti nei messaggi della
Apocalisse sono pertinenti; ci
siamo resi conto della rilevanza
profetica dei messaggi incarnati
nella realtà della vita di quelle
chiese, i cui membri avevano
alle spalle tradizioni bèn diverse
dalla nostre. Particolarmente
suggestivo è stato il momento
di studio avuto sulle gradinate
del teatro di Laodicea, lontano
dai turisti: la lettura del messaggio alla chiesa di Laodicea —
Per una chiesa che si vanta —
commentata da Aldo Ribet è rimasta impressa in modo vibrante in ciascuno di noi molto di
più che lo studio accurato di
un commentario di valore.
A Efeso
Il viaggio è incominciato ad
Istanbul, città che dà veramente
la sensazione del ponte tra Oriente e Occidente, suggestiva,
multiforme, ricca di tesori e di
fascino. Da poco più di un decennio la città europea e la città asiatica sono collegate con
un grande ponte sospeso sullo
stretto del Bosforo. Con commozione siamo passati sul continente asiatico.
Prima ancora di incontrare le
città e i luoghi dove Paolo era
stato, abbiamo incontrato una
altra località molto importante
per la vita della Chiesa; la città
di Nicea. Attualmente è un centro agricolo di media grandezza, ma nell’anno 380 Nicea è
stata sede di uno dei primi concili che ha riunito un numero
elevatissimo di responsabili delle Chiese cristiane di oriente ed
occidente per discutere, chiarire e stabilire la natura trinitaria
di Dio, padre, Gesù, figlio, e Spirito Santo. La discussione teologica, che si era sviluppata nei
primi secoli dopo Cristo, era
molto intensa — ci faceva notare
il nastore Bogo. La necessità di
chiarire nel linguaggio comprensibile ai pagani che Dio, Cristo
e lo Spirito sono ben altro che
le figure mitiche degli dei pagani, costringeva i cristiani di allora a trovare formule che sono
arrivate fino a noi, creando già
a quei tempi problemi di interpretazione che stanno alla base
della divisione delle chiese cristiane di occidente da quelle di
oriente. Mentre in occidente si
discuteva della supremazia del
vescovo di Roma, in Turchia, nei
concili di Calcedonia (l’attuale
Istanbul asiatica), di Nicea e
di Efeso, la Chiesa poneva le
basi del modo di credere di
tutte le generazioni future, indi
La Diana di Efeso
Solo dopo 4 giorni di viaggio
abbiamo incontrato la città di
Efeso, dove l’Apostolo Paolo era
passato. Abbiamo avuto un momento di studio approfondito,
preparato dalle signorine Peyrot,
ricordando le informazioni che
la Bibbia ci dà a proposito dei
viaggi missionari di Paolo e degli elementi più importanti del
suo messaggio. Ma l’attenzione
del gruppo si è concentrata soprattutto sulla visita della città,
nel tentativo di assorbire il più
possibile lo spirito e il clima
della vit^ della Efeso di ,2000 anni fa. Non è stata una'fetica inutile: abbiamo potuto im.maginarci il lusso, la forza economica,
l’importanza politica, la sensibilità giuridica sviluppate dai suoi
abitanti di allora. In questa opulenza che si percepisce ancora
dalle vestigia della città, l’Apostolo Paolo ha portato lo scompiglio annunziando un messaggio
completamente nuovo, investendo tutti i settori della vita della
città. Il classico fulmine a ciel
sereno. Abbiamo riletto in questo ambiente affascinante il passo di Atti 19: 21 in cui si parla
della sommossa degli orafi di
Efeso che vedono messo in pe
ricolo il loro lavoro dalla predicazione di Paolo. Al di là della
rilevanza del messaggio che questo episodio ha per noi o,ggi, non
posso nascondere una certa simpatia per quelle persone che allora sono state investite così
bruscamente nelle loro usanze
consolidate e ritenute buone.
Anche la rilettura della lettera agli Efesini ha acquistato un
significato più concreto dopo la
visita alla città: gli argomenti
trattativi sono quelli della vita
di tutti i giorni, espressi nel linguaggio che poteva essere compreso dalle persone del tempo.
Particolarmente suggestiva ed
importante per tutti i partecipanti è stata la visita della città di
Mileto, dove Paolo, prima della
sua partenza per Gerusalemme,
incontra per l’ultima volta i responsabili della comunità di Efeso. Mileto dista da Efeso circa
40 chilometri, un porto sicuro,
lontano dagli sguardi indiscreti
degli avversari. Due sono gli 'elementi del discorso di Paolo: bisogna far conoscere la volontà
di Dio e avere cura gli uni degli
altri. Si tratta di uno dei primi
riferimenti ecclesiologici 'espressi nella storia della chiesa primitiva.
Dopo Efeso e Mileto abbiamo
visto molti altri posti dove Paolo è stato. Ma ho percepito questi due mcm'enti del viaggio come maggiormente significativi.
Già si pensava che ormai il
viaggio avesse soltanto più un
sapore turistico, quando abbiamo avuto un’altra sorpresa: la
Cappadocia. Questa regione molto vasta, conosciuta turisticamente soprattutto per le sue attrattive fisiche e gèomorfiche e
per i tappeti, è in realtà importantissima anche dal punto di
vista della storia della Chiesa. Infatti, a partire dal VII secolo,
quando incominciarono le pressioni dell’islamismo, queste zone furono il luogo dove i cristiani
trovarono riparo e poterono continuare la loro attività, scavando
le loro abitazioni nella roccia.
Abbiamo incontrato molti segni
interessantissimi della pietà di
quei cristiani che hanno sviluppato una tradizione sacra a noi
completamente sconosciuta. Nelle chiesa sotterranee che abbiamo visitato, abbiamo avuto la
possibilità di apprendere alcuni
elementi della vita di allora e
del modo di raffigurare la propria fede in Dio.
Assenza totale
Un fatto, tuttavia, che colpisca molto chi viaggia in Turchia,
dopo tutte le testimonianze viste
della fertilità della vita religiosa
cristiana nel passato, è costituito dalla quasi totale assenza di
cristianesimo oggi. A Konya, la
antica Icono di Paolo, la città più
importante della Frigia, la presenza cristiana è costituita da
due suore, e la presenza cristiana ad Istanbul è modesta. Abbiamo avuto l’opportunità di avere un incontro con un prete
cattolico e, in un’altra occasione.
Con un padre della Chiesa ortodossa armena di Istanbul. A
questo proposito il discorso si
fa molto difficile: bisognerebbe
riflettere sui cosiddetti principi
laici su cui si fonda la costituzione degli stati moderni e di
libertà religiosa e di espressione; la Turchia di oggi non è
esente da queste problematiche
e il rapporto con l’islamismo ha
portato lo stato turco a trovare soluzioni per noi impensabili e inedite. Porse una riflessione in questo senso sarebbe utile anche per noi in occidente.
In im viaggio di 15 giorni succedono molte cose, ci sono molti
fatti da ricordare. Non si può
dire tutto; è stato comunque
un viaggio ricco, un’esperienza
da consigliare a tutti; abbiamo
fatto del turismo: non c’è da
vergognarsi per questo. E’ stato
però un modo intelligente di
andare in giro, un investimento
personale che potrà essere messo a frutto anche per il lavoro
nelle comunità di provenienza.
Per questo esprimiamo la nostra
riconoscenza e il nostro ringraziamento agli organizzatori.
Andrea Ribet
La condizione
deiia donna oggi
Donne curve nei campi di cotone, intente alla raccolta sotto
il sole cocente. Uomini, giovani e
vecchi, seduti nella frescura dei
pergolati, davanti ai caffè. Sono,
queste, fra le prime immagini
che ci colpiscono all’inizio del nostro viaggio in Turchia, mentre
il pullman corre lungo la costa
occidentale, per portarci nei luoghi paolinici. Ci verrà spiegato
più tardi che, in campagna, le
donne sono addette alla raccolta,
considerata meno faticosa, mentre gli uomini si addossano i
lavori più pesanti.
La donna turca, questa donna
che vediamo sgobbare, in campagna, coi suoi tradizionali, pittoreschi pantaloni a sbuffo dai colori vivacissimi, la testa coperta dal lungo velo bianco (e in
Cappadocia ne vedremo parecchie con la parte inferiore del
volto velata), questa donna che
a noi pare immersa in un remoto mondo arcaico, in realtà gode
del diritto di voto fin dal 1936.
In questo ha battuto di alcune
lunghezze la donna italiana, che
al diritto di voto è arrivata solo
nove anni dopo. In Parlamento,
su quattrocento membri, le donne sono circa una trentina.
Una donna emancipata, dunque, che ha raggiunto una piena
parità con l’uomo? Sulla carta
certamente sì. Però ad Ankara,
ad Istanbul, vediamo solo poche donne circolare per le strade, far ressa sugli autobus, in
mezzo alla massa sterminata degli uomini. E notiamo che, nei
ristoranti, è eccezionale che una
donna ci serva a tavola. Il Corano attribuisce pari dignità religiosa all’uomo e alla donna, ma
durante la preghiera, nella moschea, le donne sono relegate in
fondo o nelle zone laterali, perché non siano motivo di distrazione per gli uomini.
Nella società turca, come d'altra parte in tutto il mondo islamico, la donna deve sposarsi per
trovare una posizione dignitosa:
il suo ruolo è quello di moglie
e di madre, il suo posto, che lo
voglia o no, è la famiglia, la
casa. La figura della donna nubile, che costruisce la sua vita
con indipendenza, quella figura
ormai così diffusa in Occidente,
non deve essere frequente né vista di buon occhio, in Turchia.
Secondo la concezione islamica, la donna è un dono di Dio
aH’uomo; la sua bellezza deve
essere gustata solo dal marito.
Per questo vigeva un tempo l’obbligo di velarsi il volto, obbligo
abolito da Atatürk, il fondatore,
negli anni Venti del nostro secolo, della Turchia moderna, laica, occidentalizzata. Ma ancor
oggi la donna turca si copre il
capo col velo a partire dai 1314 anni, quando la si considera
adulta. In genere l’uomo non
vuole che la sua donna lavori
fuori casa; ma oggi la donna è
largamente presente negli ospe
dali come infermiera, e nella
scuola, come insegnante. Nelle
grandi città può capitare che lavori anche in fabbrica. Per tradizione, invece, non la troveremo
mai a vendere nei bazar, dove
sarebbe troppo esposta a sguardi estranei.
Quello che è certo è che una
profonda differenza separa la
donna di campagna da quella
di città. In città il processo di
laicizzazione e di modernizzazione è molto più avanzato: le ragazze si sposano intorno ai 25 26 anni con matrimonio civile,
cui può seguire la cerimonia religiosa. Mediamente la famiglia
ha uno o due figli, perché la donna dà retta alla propaganda governativa per la limitazione delle nascite e fa uso di anticoncezionali. Ha anche la possibilità
di abortire legalmente in ospedali dello Stato, durante il primo mese di gravidanza. In campagna {e ricordiamo che la Turchia è un grande paese agricolo)
il matrimonio avviene molto più
presto, quando la ragazza è sui
14-15 anni. Qui le tradizioni religiose sono profondamente radicate e quindi la cerimonia religiosa precede quella civile. La
donna si rifiuta di prendere la
pillola, che pure il medico le
offre gratuitamente: da sempre
è abituata ad essere valutata in
base alla sua fertilità e il limitare le nascite sembra costituire
una minaccia alla sua posizione.
Di aborto non si parla nemmeno. I villaggi pullulano di bambini. A Seiime, ai confini con
la Cappadocia, in un agglomerato di 40 - 50 case, si contano più
di 400 bambini. D’altronde una
famiglia con meno di sei figli
non si considera benedetta dal
Signore... Ma l’eccessivo numero
dei figli provoca un frazionamento della proprietà fondiaria gravido di conseguenze negative: il
contadino non riuscirà più a vivere sul suo (fazzoletto di terra
e abbandonerà la campagna per
la città, soprattutto per la città
per eccellenza, Istanbul, la cui
popolazione cresce mediamente
di 8.000 unità al mese.
L’ultima immagine femminile
che ci si presenta in Turchia è
la giovane poliziotta che, all’aeroporto, ci perquisisce per
accertarsi che non portiamo armi su di noi. Tailleur scuro, capo
scoperto, sicurezza, efficienza.
Sembra che sia a distanze astrali
dalle contadine velate che, accosciate a terra davanti ai cortili, ad Uchisar in Cappadocia,
spaccavano le zucche per estrarne i semi e hanno fatto indignati cenni di diniego ai fotografi
pronti a riprendere la scena. Eppure, forse è la figlia di una
contadina come quelle, trapiantata in città per sfuggire alla miseria. Forse, chissà, i due estremi non sono poi così lontani.
Laura Trossarelli
8
8 ecumenismo
8 novembre 1985
USA: CHIESE PRESBITERIANE
ROMA
Processo contro
le chiese-santuario
Sempre più aspro il conflitto con l’amministrazione di Ronald Reagan
A vent’anni
dal Concilio
Convegno sulla « Teologia della liberazione »
In una lunga lettera-circolare — di cui pubblichiamo qui un
riassunto — inviata a tutti i pastori della Chiesa Presbiteriana
americana (United Presbyterian Church in USA) il segretario generale J^es Andrews partendo dal processo appena iniziato contro dodici dipendenti della Chiesa, fa il punto sui problemi dei rifugiati provenienti dal Centro America e sulla situazione delle
chiese-santuario che li accolgono negli Stati Uniti; ed invita i pastori ad informarne tutte le comunità, soprattutto attraverso l’abbondante materiale audiovisivo che il segretariato stesso ha preparato.
Il 15 ottobre scorso è iniziato
il processo contro dodici dipendenti della Chiesa Presbiteriana,
che sono stati rinviati a giudizio per l’aiuto fornito ai rifugiati provenienti dall’America
Centrale. Tra di loro vi è un
pastore, il rev. John Fife di
’Tucson (Arizona), oltre a membri della stessa Chiesa e anche
ad alcimi dipendenti cattolici.
Questi sanctuary workers
(cioè persone che, nell’ambito
del lavoro delle Chiese, si preoccupano di offrire rifugio agli
esiliati del Centro America)
erano stati denunciati il 14 gennaio 1985, nel corso di tm’azione
condotta su tutto il territorio
nazionale dal Servizio di Immigrazione e Naturalizzazione
(SIN). Durante la stessa operazione erano anche stati arrestati (e poi rilasciati) 64 rifugiati.
I dodici dipendenti della Chiesa Presbiteriana sono stati indiziati di reati quali il trasporto e l’ospitalità fornita a stranieri ’illegali' ; se condannati.
Guatemala. Si stima che siano
più di 750 mila i centroamericani che vivono negli USA illegalmente.
Lo scorso anno, ad esempio,
solo il 2,5% dei rifugiati salvadoregni ha ottenuto asilo da
parte della burocrazia governativa ed addirittura solo l’l% dei
guatemaltechi ; per contro sono
state accettate il 60% delle domande di esuli iraniani; il 40%
di afghani; il 33% di cecoslovacchi. Certo, è anche questione di
numeri, e non solo di percentuali; ma non è del tutto chiaro perché — in ogni modo —
5010 iraniani siano stati accolti,
mentre 13.045 salvadoregni e 758
guatemaltechi respinti. L’esule
proveniente da lontano fa meno
paura?
Progetto di legge
al Congresso
25 senatori e 164 deputati hanno appoggiato un progetto di
re negli Stati Uniti per un periodo di tempo limitato, in attesa di chiedere asilo altrove o
di chiarire la loro posizione.
Inoltre, il deputato di New York
Weiss, anche lui democratico, ha
proposto di riconoscere lo status
di rifugiati ai profughi dal Guatemala. L’amministrazione Reagan si oppone ad entrambi i
progetti sostenendo che queste
persone entrano in USA solo per
ragioni di opportunismo economico. Ma chi lavora nell’ambito delle Chiese e vede in continuazione sul corpo e sulla psiche dei rifugiati i risultati delle
violenze cui sono stati sottoposti nei loro paesi, sa che l’amministrazione mente.
Infiltrazioni
governative
Informatori del SIN si sono infiltrati nella vita di varie chiese
in Arizona, nei gruppi di preghiera come negli studi biblici; hanno registrato riunioni e telefonate (99 nastri per un totale di
molte ore di registrazione). E
sulla base di queste registrazio
Ideato dal « Gruppo romano
di ricerca sulla teologia della
liberazione » e organizzato dal
Centro IDOC e dalla Facoltà
Valdese di teologia, si svolgerà
il 15 e il 29-30 novembre prossimi un seminario di studio dal
titolo Evangelici e cattolici di
fronte alla liberazione storica
come problema teologico a vent’anni dalla chiusura del Concilio.
E’ intendimento del gruppo
promotore affrontare da un punto di vista di dialogo ecumenico il nodo, centrale nella vita
delle chiese, che vede i cristiani
impegnati nelle lotte di liberazione nel mondo. E’ su questo
terreno infatti, che si misurano
e si confrontano quanti vedano
nel messaggio evangelico l’annuncio di un possibile riscatto,
al di là magari di quelle che
possono essere le divergenze e
le distanze tra confessioni.
Se nei vent’anni che sono trascorsi dalla fine del Concilio Vaticano II è possibile registrare
un « rinnovamento della fede »
e un ampliamento degli orizzonti dell’impegno del cristiano, è
in questo campo, che giornalmente occupa le prime pagine
dei giornali, che tale rinnovamento può essere più tangibile.
Basti pensare, a titolo di esem
ni molte persone sono state rinviate a giudizio. In quello Stato .. ..
i rifugiati non osano più mette- Pio, alla situazione di perduranre niede in chiesa, per paura di te crisi nell’America Centrale e
essere scoperti. E molti mem- del Sud, oppure alla complessa
ognuno rischia ima pena fino a legge presentato dai due sena
cinque anni di carcere e/o mul- tori democratici De Concini e
te fino a $ 2.000 (circa 4 milio- Moaklev, rispettivamente dell’A
rizona e del Massachusetts. Se
verrà approvato, i rifugiati centroamericani potranno rimane
ni di lire) per ogni rifugiato
aiutato.
E’ lo Stato
a violare la legge
Questo processo è di importanza capitale per la Chiesa Presbiteriana americana. In ben
quattro occasioni differenti l’Assemblea Generale si è pronunciata a favore dell’aiuto da fornire ai rifugiati centro-americani « garantendo il suo appoggio
a tutte le congregazioni presbiteriane e non, le quali, a loro
rischio legale, hanno dichiarato
le proprie chiese luoghi di santuario, per rispetto alla santità
della vita umana...; incoraggiando ogni consiglio di chiesa a formare una Sanctuary Task Force
per rendere realizzabile l’istituto
del santuario» (dalla 197“ Assemblea Generale, 1985).
In altra occasione la stessa
Assemblea aveva già approvato
il comportamento di « chi, sulla base delle sue convinzioni cristiane e per ragioni umanitarie,
ha rischiato la prigione per salvare la vita di rifugiati dall’America Centrale, affinché questi
non venissero rinviati nei paesi
donde erano scappati» (196* Assemblea Generale, 1984).
James Andrews, segretario
dell’Assemblea, si dichiara convinto che gli atti dell’Assemblea
stessa non incoraggino i membri della Chiesa Presbiteriana
alla disobbedienza civile. « Sono
piuttosto il SIN ed il Ministro
della Giustizia a violare la legge (e più precisamente ”la legge sui rifugiati” approvata nel , .
1980), dal momento che negano r6ligÌ0S3 111 URSS
ai rifugiati centroamericani alcune forme di protezione garantite loro dalla legge americana ».
A tutfoggi vi sono 25 Chiese
presbiteriane e più di 200 comunità di altre denominazioni ed
ordini religiosi che si sono « dichiarate santuario ». E questa
azione è provvidenziale per la
sopravvivenza di migliaia di rifugiati, specie dal Salvador e dal
bri di chiesa, cittadini americani, non vogliono più parlare nelle assemblee. « Questo tipo di
infiltrazione governativa è un
precedente molto pericoloso »,
ha commentato James Andrews.
R. G.
situazione del Sudafrica, e all’impegno che attraverso varie
forme i cristiani si assumono in
tali frangenti storici. Pensiamo
anche, da parte della autorità
vaticana, alle condanne con cui
a volte sono state stigmatizzate
le teologie della liberazione (forse il caso di L. Boff è divenuto
il più noto) e si vedrà come sia
ormai necessario un bilancio, anzi, nelle parole del gruppo promotore, un « progetto di ricerca », giacché l’urgenza del dato
storico e di azione ha forse inevitabilmente prevalso sul ripensamento critico e ideologico :
rapporto tra « teoria e prassi
cristiana, tra liberazione storica
e costruzione del regno di Dio,
tra teologia della liberazione e
teologia della pace, tra l’unità
della fede e il pluralismo conflittuale delle teologie, tra liberazione della donna e rinnovamento della teologia » saranno
le questioni al centro dei tre
giorni previsti per il dibattito.
Tra le altre comunicazioni segnaliamo quelle di José Miguez
Bonino, dell’Instituto Superior
Evangelico de Estudios Teológicos di Buenos Aires (venerdì
15) e quella di José M. Castillo,
della Facoltà Teologica di Granada (venerdì 29), dedicate ad
« Unità nella fede, conflittualità
storica e pluralismo teologico »,
e per sabato 30, su « Liberazione
della donna e rinnovamento dei
la teologia», le relazioni di Eri
ka Tomassone, pastore a Piali,
e di Kari Bòrresen delTUniversità di Oslo. Semnre sabato 3G
sarà in programma una tavola
rotonda su « Regno di Dio e li
berazione storica », con la partecipazione di Mario Miegge,
dell’università di Ferrara, Rinaldo Fabris del Seminario diocesano di Udine e Armido Rizzi.
Sede del seminario la Facoltà
Valdese di teologia a Roma.
A. C.
Angola: appello
alla riconciliazione
(L’actualité religieuse dans le
monde) — In una lettera pastorale diffusa T8 settembre nelle
chiese del paese i vescovi angolani harmo protestato contro i
recenti attentati che nel corso
degli ultimi quattro mesi hanno
tra gli altri ucciso 3 missionari. Nella lettera esortano gli angolani ad una riconciliazione
che permetterebbe di addivenire
« ad una vera indipendenza ed
al rispetto dei diritti inalienabili di tutti i nostri concittadini».
Svizzera: gioia
per la chiesa di Vaud
(SPP) — Martedì 29 ottobre è
stato un giorno di gioia per la
chiesa evangelica riformata del
cantone di Vaud: dodici nuovi
servitori, 2 diaconi e 10 pastori,
sono stati consacrati al ministerio. Il culto di consacrazione,
tenutosi nella cattedrale di Losanna, è stato presieduto dal pastore Jean Paul Perrin 'ed è stato trasmesso dalla radio svizzera romanda. Dei dodici nuovi
consacrati cinque sono donne:
i due diaconi e tre pastori.
La libertà
Echi dal mondo
cristiano
a cura di CLAUDIO PASQUET
(SPP) — Il centro d’incontro
di Louverain, presso Neuchâtel,
ha organizzato di recente un interessante dibattito-contraddittorio sulla libertà religiosa in
URSS. Riportiamo le posizioni
espresse da tre intervenuti.
Secondo il pastore Theo Buss
del Consiglio Ecumenico delle
Chiese non è possibile lavorare
per la libertà religiosa in Unione
Sovietica senza adoperarsi per
la pace in Europa, come è impossibile sostenere con credibilità la lotta per i diritti dell’uomo se essa viene centrata sui
soli problemi delTURSS.
Il seconde intervento, portaparola deH’ambasciata sovietica,
del sig. M. Victor Borissenko ha
voluto sottolineare come, pur lottando per la costruzione di una
società comunista, in URSS vi
sia « la libertà di coscienza cioè
il diritto di professare qualsiasi
credo religioso, di partecipare a
dei culti religiosi o di fare propaganda per l’ateismo ».
Il terzo intervento, del prof.
Michel Sollogoub del movimento
’’Aiuto ai credenti in URSS”, ha
infine giustamente ricordato che
la Bibbia in Unione Sovietica
si trova solo al mercato nero,
che testimoniare la propria fede
al di fuori dei luoghi di culto è
assolutamente vietato, che solo i
genitori hanno il diritto di impartire un insegnamento religioso ai propri figli e che l’appartenenza ad una chiesa impedisce
qualsiasi carriera pedagogica o
culturale.
Tanzania: garanzie
per le chiese
(SOEPI) — Il presidente della
Tanzania Julius K. Nyerere ha
assicurato i responsabili delle
chiese cristiane partecipanti alla
riunione del consiglio cristiano
di Tanzania che il governo non
nazionalizzerà le scuole e gli
ospedali che da ora in poi verranno costruiti dalle chiese. Il
presidente ha dichiarato che le
nazionalizzazioni del 1971 si erano rese necessarie per sopprimere la differenza esistente in
quanto certi settori della popolazione non erano ammessi in
questi istituti. Ma allo stato attuale queste differenze sono state eliminate e qualsiasi cittadino
può essere ammesso in tutti gli
ospedali o scuole del paese.
Il presidente Nyerere ha anche
chiesto alle chiese di dare una
mano al paese nella costruzione
di scuole tecniche, attualmente
in tutta la Tanzania ve ne sono
solo due, una a Dar Es Salaam
e una a Sokoine.
Contro la tortura
e la pena di morte
(SOEPI) — Due lettere sono
state rese pubbliche dal Programma delle chiese circa i diritti dell’uomo, in vista della
applicazione dell’atto finale di
Helsinki, chiedendo alle chiese
europee e americane di lottare
per l’abolizione della tortura e
della pena di morte.
Le lettere sottolineano che a
questo momento 17 stati dei due
continenti hanno firmato la con
venzione deU’ONU centro la tortura ed i trattamenti inumani o
degradanti dei detenuti, ma
nessimo di questi stati firmatari (fra cui c’è l’Italia) ha finora
ratificato questa firma.
La lettera riguardante la pena
di morte ricorda che molti stati
dei due continenti ammettono la
pena di morte e che « la situazione negli Stati Uniti è particolarmente grave poiché più di 1500
uomini e donne attendono nelle
prigioni americane di essere giustiziati. Almeno due terzi di essi
sono neri e la maggior parte
proviene da fasce sociali particolarmente povere e sfavorite ».
Chi fa affari
col Sud Africa?
(SOEPI) — Ecco alcuni dati
sulle multinazionali operanti in
Sud Africa resi noti dalle Nazioni Unite. Nel 1984 operavano
in Sud Africa 1.068 multinazionali; 406 americane, 364 britanniche, 142 tedesco occidentali,
32 svizzere, 24 australiane, 21
canadesi, 2Ó francesi, 17 olandesi, 18 svedesi. Circa 600.000 sudafricani lavorano per queste
multinazionali di cui almeno
400.000 neri. Queste società impegnate soprattutto in settori
moderni dell’economia portano
un beneficio quasi solamente ai
ricchi bianchi sudafricani; il rapporto precisa; « si può dire che
le multinazionali hanno una particolare importanza per la protezione e la crescita d’ell’economia della minoranza bianca ».
La bassa manodopera è data
dai lavoratori neri, che proprio
a causa dell’apartheid, possono
accedere solo ai lavori meno
qualificati e ricevono di conseguenza un salario molto minore
di quello dei lavoratori bianchi.
9
8 novembre 1985
cronaca ddle Valli 9
I giovani
e la chiesa
Ci sono due momenti, nella vita delle nostre chiese, in cui è ricorrente il porre in primo piano
/i. cosiddetta « questione giovanile ». All'inizio delle attività e in
occasione delle ammissioni in
chiesa, concistori, genitori, responsabili di gruppi si interrogano. spesso con sofferenza, su che
kl sarà, che ne è di questi giovani che al culto non si vedono mai,
che non dimostrano interesse ver
la vita della comunità, né per la
storia... E’ un problema vecchio,
direi da sempre concatenato con
hi vita della chiesa; e ogni generazione ha cercato di affrontare
la questione cercando soluzioni,
inventando attività nuove, promuovendo inchieste e così via.
L'affrontare ancora una volta la
discussione, come si è fatto e si
farà per esempio nelle Assemblee
di Circuito (h e 3°, che non a caso dispongono di un animatore
giovanile a tempo pieno) mette
in evidenza una certa incapacità
di rutta la chiesa ad offrirsi alle
nuove generazioni come alternativa alle sollecitazioni che vengono dall’esterno.
Ma che cosa fanno i nostri giovani? Ai membri di chiesa di una
certa età (ma non solo a loro)
appare evidente che essi non sono presenti al culto domerìicale e
che non si inseriscono nei gruppi
giovanili. Ci sono giovani che si
rendono disponibili per il servizio nella scuola domenicale, altri
si inseriscono nelle Corali, ma
questo non basta. Qui e là ci
sono gruppi filodrammatici funzionanti, l’aggregazione sul tema
della pace è stata soddisfacente.
Ma poiché al culto i giovani non
ci vengono che in rare occasioni
e le « Unioni » non si sa bene se
ci sono e se fanno qualcosa, allora i giovani ( tutti) sono da biasimare.
Innanzitutto, sul tema culto,
vorrei ribaltare il problema. Dove sono i genitori dei giovani
che colpevolizziamo? Qual è la
media della frequenza domenicale dei membri fra i 40 e i 50
anni? La funzione pedagogica del
genitore in campo ecclesiastico
non ha valore? E poi, quale culto
proponiamo? E’ adatto, con la
sua staticità, alle giovani generazioni, abituate al movimento, alla varietà di situazioni, alle comunicazioni visive?
Veniamo ai gruppi giovanili. Le
« Unioni » di un tempo si sono
trasfonnate, salvo rare eccezioni. in gruppi di giovanissimi
che cercano un luogo di aggregazione e una nossibilità di impiego del loro tempo libero. Questo
va bene, ma la chiesa ha la possibilità organizzativa ed economica di gestire il tempo libero
dei giovani?
Altrove, all’estero soprattutto,
le chiese hanno organizzato gruppi sportivi, hanno trasformato
scantinati in discoteche, ma i risultati aggregativi sono stati
deludenti. La chiesa deve predicare, abbiamo rifiutato altre
volle l’oratorio per impegnare
forze sul laboratorio. Dunque siamo daccapo. Mi pare che non si
possa contare oggi sul giovane
organizzato in gruppo, se non
in modo occasionale, su temi
particolari (come la questione
pace). Oppure per manifestazioni episodiche che facciano leva
sulla ricerca di identità del giovane. Ma questo varrà, se è vero,
per i prossimi tre/quattro anni,
e poi dovremo ricominciare tutto
dall'inizio.
Franco Taglierò
LA VAL PELLICE PROTESTA CONTRO LA POLITICA GOVERNATIVA
NO alla chiusura
della ferrovia
Allarmanti voci su una soppressione del treno in tempi brevi - Proteste da chiese evangeliche in tutta Italia - Documento del Comprensorio
La settimana testé iniziata vede in Val Penice una serie di
iniziative urgenti per garantire
la continuazione del servizio ferroviario passeggeri sul tratto
Pinerolo - Torre Pellice. Si è
svolto infatti lunedì mattina 4
c.m. presso la Prefettura di Torino un incontro richiesto urgentemente dai sindaci della valle allarmati dalle notizie comparse giovedì e venerdì scorsi
sul quotidiano « La Stampa »
circa l’approvazione da parte del
Consiglio di Amministrazione
delle Ferrovie dello Stato, della
chiusura di 1055 Km. di linee
minori ritenute superflue, fra le
quali quella della Val Pellice.
A questo si aggiungeva la notizia che l’operazione avrebbe
effetto pressoché immediato,
cioè a fine anno.
In effetti, nessuno si aspettava che la situazione precipitasse da un giorno all’altro, poiché
nel dialogo con la Regione, i
responsabili dei Comuni e della
Comunità Montana avevano ricevuto delle assicurazioni che il
problema sarebbe stato comunque discusso con i rappresentanti della popolazione interessata ; non si potrebbe comunque capire come si potrebbe fare altrimenti. Infatti, l’eventuale decreto di taglio da parte del
Ministro non può avvenire se
non dopo una verifica regionale
dell’opportunità e della valenza
economica dell’operazione. La
Regione in questa fase sta dibattendo il problema; la Commissione incaricata della viabilità e
trasporti si dovrebbe riunire
mercoledì 6 per esaminare, fra
gli altri, anche i dati relativi al
traffico passeggeri, poiché quelli che in una prima fase del dibattito erano stati prodotti non
sembravano essere aggiornati e
corrispondenti alla reale situazione.
In vallata, nel contempo, la
mobilitazione continua. Martedì
5 presso la sala consiliare di
Torre Pellice si tiene un’assemblea aperta promossa dalla Comunità Montana per approfondire il problema con il contributo di consiglieri provinciali e
regionali e le organizzazioni sindacali ; infatti, l’eventuale conversione ad un trasporto su gomma deve essere studiata attentamente in relazione ai costi ed
alle possibilità effettive di percorrenza della strada per Pinerolo e Torino, già allo stato attuale fortemente intasata.
Sempre per questa settimana,
varie amministrazioni hanno indetto pubbliche assemblee o
Consigli comunali con all’o.d.g.
il problema della ferrovia, mentre continua con successo la raccolta di firme promossa dalla
Pro Loco di Torre che ha esteso
l’iniziativa anche agli altri Comuni interessati.
Segnaliamo nel contempo alcune telefonate di persone ap
partenenti a comunità evangeliche di tutta Italia che, sensibili
al danno che ne deriverebbe alla
Val Pellice, caratterizzata com’è
da una presenza valdese non
trascurabile, sarebbero disposte
a sottoscrivere ordini del giorno o ad inviare firme contro la
ventilata chiusura. Mentre provvederemo a mantenere aggiornati i nostri lettori sugli sviluppi del dibattito e sulle iniziative
che verranno prese, a coloro che
intendessero promuovere raccolte di firme o o.d.g. si suggerisce
di volerli inviare alla:
Redazione delTFco delle Valli
Valdesi - Via Arnaud 23 - 10®66
Torre Pellice.
Di qui si provvederà ad inoltrarli alle competenti sedi.
Adriano Longo
Diamo qui spazio ad un o.d.g.
votato dal Consiglio Comprensoriale nella sua seduta del 21
ottobre u.s.; o.d.g. che ricalca
quello votato in precedenza dalla Val Pellice.
« L’assemblea dei rappresentanti dei
Comuni nei Comitato Comprensoriale di
Pineroio, vista la deliberazione n. 225
dei 19.9.1985, con la quale la Giunta
deila Comunità Montana Val Pellice
reagisce alle notizie di stampa circa
l'eventuale soppressione del tronco
ferroviario Pineroio-Torre Peilice, nel
quadro della politica di riduzione della
spesa pubblica.
Considerato in particoiare:
— che detto tronco ferroviario è
rimasto praticamente inalterato dalla
sua costruzione ad oggi, senza sostanziali migliorie e con conseguente progressivo deterioramento del servizio,
a scapito sia degli utenti sia dell utilizzo stesso della ferrovia;
— che i’eventuale sóppressione del
tronco e l'espletamento del collegamento a mezzo autobus renderebbero praticamente impraticabile la strada Pinerolo-Torre Péllioe (già oggi con un
traffico eccessivo e tempi di percorrenza sempre più pesanti) con incalcolabili costi per la Valle sia sotto il
profilo economico sia sotto il profilo
umano e sociale;
Chiede che ogni decisione sia suffragata da una attenta analisi dei costi e
dei benefici e, comunque, sia confrontata con gli Enti Locaii del Pinerolese
e con la Regione Piemonte per gli
eventuali interventi alternativi che dovrebbero essere attivati, anche per un
migiior utilizzo deile risorse ».
UN ALTRO ATTACCO ALLA CULTURA DELLE ZONE ALPINE
In pericolo le <cpluriclassi»
in montagna
Un articolo del giornale occitano « Coumboscouro » - Sarebbero mantenute le scuole solo dove vi siano almeno dieci allievi - ’Socializzare’?
Il giornale occitano “Coumboscouro" denuncia, in un suo articolo che pubblichiamo quasi integralmente, una grave decisione
del governo che, nell’ambito dei
’’tagli” alla spesa pubblica, continua a colpire le aree più deboli
della società, fra cui le zone montane.
Il Governo ha presentato il
15 aprile scorso in Parlamento
un disegno di legge concernente
la nuova normativa sull’ordinamento della scuola elementare
(atto Camera n. 2801), che si
inquadra nel contesto dei nuovi
programmi didattici stabiliti per
la scuola elementare con il DPR
12 febbraio 1985.
Nel definire le linee di riforma della scuola elementare, il
disegno di tegge all’art. 3, 3°
comma, prevede che le pluriclassi in montagna siano attivate so
lo dove sono presenti almeno
dieci allievi.
Ciò ha provocato le giuste proteste delle Comunità Montane.
Infatti la pluriclasse è uno strumento importante nel processo
educativo e culturale del bambino di montagna.
La decisione del governo è molto grave per due motivi:
a) Privare una comunità alpina di quota della propria sedè
scolastica, per trasferirne giornalmente gli alunni a sede più
a valle col sistema dei pulmini
gialli, significa sottrarre il bambino alla sua cultura, e perciò
alla possibilità di crescere nella
sua civiltà naturale; una sede
scolastica anche soltanto 8 Km
più in basso, rappresenta spesso
già un fondamentale salto di
qualità culturale ed umana, una
lacerazione di mondi, in cui il
più debole — cioè il mondo etnico del bambino — è condannato
a soccombere, fagocitato daH’altro.
I fallimenti individuali di troppi piccoli montanari, sottratti
negli anni che contano alla loro
borgata ed al suo clima di interessi, ed innestati in una sede
scolastica a valle, ormai per lo
più presa in ritmi commerciali,
turistici, di costume da standard
urbano, furono e restano per noi
esperienze dolorose di diseducazione sistematica all’insegna
deH’efficienza e ci inducono a
parlare senza rossori di «deportazione scolastica ».
« Ma lassù il bambino non si
socializza! », si dice.
A tutti costoro vorremmo chiedere che cosa intendane per
« socializzare »: far crescere in
profondità la persona, nel quadro di valori spirituali autentici della propria civiltà? Oppure
farne un avveduto manovratore, una rotella efficiente d’un efficiente ingranaggio sociale, senza passione né scelte personali,
senza sofferenza ma anche senza vittorie, dove ogni identità
si perde nel numero privo di umanità?
Se davvero « socializzare » è
questo secondo caso, diremmo
subito, noi per primi: sopprimete immediatamente le scuole pluriclasse di montagna e trasferite gli alunni non già a fondovalle soltanto, ma in un superfalansterio metropolitano, con piscina, atletica, danza hawaiana,
basket, judo giapponese, businessman...; là il bambino verrà
giornalmente imbeccato di pillole enciclopediche, secondo una
ben dosata ingegneria pedagogica dell’efficienza manageriale,
oggi di moda. Probabilmente, però, avremo uno sradicato di più
ed un uomo di meno.
b) Secondo punto - la soppressione della scuola equivale
alla rapida cancellazione della
mini-comunità locale dalla geografìa umana della valle.
L’effetto, cioè, oltre che educativo, è profondamente sociale
e fisiologico: a breve distanza
dalla chiusura della scuola, la
« rouha » (la borgata) incomincia a morire, si avverte la disgregazione rapida delle residue forze di coesione del gruppo, l’ahbandono accelerato, fino al silenzio totale.
Quando si capirà che la scuoletta pluriclasse d’una borgata
(o del gruppo di borgate, il quartiere) è per essa l’ultima presenza deirapparato pubblico? l’ultima finestra di apertura verso
la società esterna? e perciò l'estremo polmone di fiducia al di
sopra della emarginazione?
Poiché da sempre siamo testimoni di questa concatenazione,
da sempre insistiamo, instancabili ed inascoltati, sul ruolo squisitamente sociale, oltre che didattico, della pluriclasse in montagna; da sempre predichiamo
che l’insegnante, oltre che uomo di scuola, deve essere operatore sociale; e che l’istituto
magistrale dovrebbe prepararlo
anche a questo compito, che,
d’altra parte, lega strettamente
e qualitativamente con la professione educativa.
/p Compagnia Italiana
Falegnameria di Assicurazioni
^MOREL UGO AGENTE GENERALE DI TORRE PELLICE
IwAWbRGMI WWW ARNALDO PROCHET
porte, finestre, persiane, scale, rivestimenti in legno, ecc. TUTTI 1 RAMI DI ASSICURAZIONE
Via 1“ Maggio, 40 - Tel. (0121) 900388 10062 LUSERNA S. GIOVANNI (To) Via della Repubblica, 14 Telefono (0121 ) 91820
10
10 cronaca delle Valli
8 novembre 1985
CONFERENZA-STAMPA A PINEROLO
ANGROGNA
Handicappati: USSL latitante Mostra di Amnesty
Da giugno sospeso il servizio di fisioterapia - Assistenza neuropsichiatrica solo per i casi meno gravi- Esposto al Tribunale dei Malati
L’USSL 44 di Pinerolo da giugno si è « dimenticata » dei bambini handicappati. Dal 13 giugno
il servizio di fisioterapia è cessato, per il trasferimento della
dottoressa che vi lavorava e da
allora per i bambini che ne usufruivano, handicappati motori
spesso gravi, ma in gran parte
ricuperabili, si è aperta questa
alternativa; o sospendere la fisioterapia, o rivolgersi a strutture private, carissime (25.000-30.000
lire l’ora) e comunque sovraccariche di lavoro e neanche loro in
grado di soddisfare la domanda.
Questa drammatica situazione
è stata denunciata il 29 settembre in una conferenza-stampa
dai genitori dei bambini e dal
Gruppo di Base per i Diritti degli Handicappati, che hanno colto anche l’occasione per rendere
pubbliche due iniziative di lotta.
Si tratta di due esposti, l’uno
presentato al difensore civico e
l’altro al tribunale per i Diritti
dei Malati. « E’ un disperato tentativo di smuovere le acque »
hanno detto i promotori, raccontando la loro triste odissea fatta
di sollecitazioni, proteste, anche
una lettera aperta; tutto senza
risultato, e senza che neanche
uno dei politici del Consiglio di
Amministrazione si rendesse disponibile per un incontro o spiegasse come realmente stanno le
cose.
Situazione esplosiva
Era l’altro, l’improvvisa mancanza della fisiatra non è stata
in fondo che il detonatore di una
situazione già esplosiva; gli utenti del servizio, infatti, erano oltre
40, di cui oltre il 60 per cento
spastici. Vale a dire, ima sola
persona era già troppo poco.
D’altro canto, anche gli altri servizi deirUSSL per gli handicappati versano in condizioni non
molto migldori; il servizio di logopedia, già largamente insufficiente per il passato (solo 6 ore
settimanali per tutta l’USSL) è
stato anch’esso sospeso da mesi,
e non si vedono per ora prospettive di ripristino; e il servizio di
psicologia è passato dalle precedenti 50 ore settimanali a sole
20.
La neuropsichiatra in servizio
presso rUSSL, che, per unanime
riconoscimento delle madri intervenute alla conferenza-stampa, è
disponibile ben al di là dei suoi
obblighi professionali, si trova in
questa situazione neirimpossibilità di trattare tutti i bambini
che avrebbero bisogno delle sue
cure, ed è costretta a selezionare
i casi meno gravi, con maggiori
speranze di miglioramento, e a
disinteressarsi degli altri.
Di fronte a questa montagna di
accuse, l’USSL è latitante, e continua a opporre alle legittime esigenze dei bambini handicappati
e delle loro famiglie il muro di
gomma della burocrazia; in estate fu detto, per esempio, ohe il
concorso per l’assunzione di una
nuova fisiatra non poteva essere
espletato per la mancanza di una
legge-quadro regionale. Ebbene,
la legge ora c’è, ma del concorso
non si sente nemmeno parlare.
Inoltre, adesso pare che della legge non ci fosse nemmeno bisogno, perché il posto di fisiatra
era ormai entrato a far parte della pianta organica deH’tJSSL; insomma, una serie di comporta
menti tali da rasentare la presa
in giro.
Alla conferenza-stampa era presente Giannina Tresso, del Tribunale per i Diritti dei Malati
di Torino, che ha assicurato il
concreto appoggio del suo movimento e ha esortato a continuare
la lotta.
Paolo Fiorio
85 ANNI DI STORIA « MINORE »
Cultura e Associazioni
Operaie in Piemonte
La dettagliata campionatura di
tutte le associazioni operaie in
Piemonte, con le loro attività ricreative, assistenziali, sportive,
culturali, illumina un mondo operaio ricco di iniziativa, capacità
progettuale, desiderio di cultura
non evasiva e impegno di studio.
Circoli, leghe, società, case del
popolo, intitolati, in genere, a
personalità del movimento operaio, a date emblematiche, a
principi ideali o al semplice luogo di ubicazione, sono il simbolo
di una storia operaia dalle alterne vicende. Si aprono in periodi
di crescita delle rivendicazioni
dei lavoratori e si chiudono nei
momenti di repressione poliziesca. Non solo, essi sono momenti
di vita comunitaria, « come la
continuazione della famiglia »
(p. 25), posti dove si può giocare a bocce e a carte, discutere,
riunirsi, conversare, ballare, organizzare lotte e rivendicazioni.
Hanno costanti precise; « esigenza di un luogo di incontro sociale, che offrisse qualcosa di più
della bettola o della trattoria;
profondo senso della solidarietà
di classe e deirinternazionalismo
proletario; aspirazione all’elevamento culturale e all’educazione
delle masse; volontariato e dedizione quasi missionaria nell’organizzazione e nell’esecuzione di
ogni attività; profondo rigore morale » (p. 16).
Le testimonianze orali costituiscono il filo stesso della narrazione e diventano un ragionamento
condiviso.
L’autrice divide la storia dell’associazionismo operaio in Piemonte in due parti; la prima fino
agli anni ’20 e la seconda dal dopoguerra fino agli anni ’50, periodo della guerra fredda che
congela e svilisce ogni forma di
organizzazione di base e criminalizza lo stesso movimento operaio. Questo, come ricorda Gian
Mario Bravo, è il protagonista
collettivo del libro di G. Levi e
la cultura di cui si è reso portatore sia nelle modalità organizzative sia nella soggettività dei singoli militanti esprime la sua autonomia ma anche Tinterdipendenza dalla società borghese.
Nella città di Torino, dove da
IflAURINO
IL CORRIERE DEL SESTRIERE
SERVIZIO GIORNALIERO
MILANO - TORINO - PINEROLO
VALLI CHISONE - PELLICE - GERMANASCA
AUTOCARRI TUTTE LE PORTATE PER
ITALIA - FRANCIA - SVIZZERA
10063 PEROSA ARGENTINA - VIA ROMA, 33
TEL. (0121) 81242 - 81046
sempre gli intellettuali si sono
fortemente impegnati con il movimento operaio, c’è una continua operosità culturale. Quando
nel 1956 finisce il Centro popolare
del Libro, nasce l’ARCI e Tanno
dopo i Cantacronache mentre i
circoli nati « contro il governo,
contro il prete, contro i padroni »
(p. 142) continuano a organizzare
biblioteche, recensioni parlate,
proiezioni, gare sportive, scampagnate.
La storia del Circolo di villa
Robilant, nel quartiere Lingotto
— di cui si parla nella terza parte del libro — è emblematica.
Era una casa di tutti, proprietà
FIAT, gestita dalla Direzione Servizi Sociali, a capo della quale
il CLN aveva nominato uno dei
più stimati operai torinesi, il comunista Santhià. C’era di tutto;
il buffet, la pista da ballo, la sala
per le conferenze, la squadra di
calcio, i giochi per i bambini, il
doposcuola, la filodrammatica. Si
parlava di tutto; politica nazionale, internazionale, scienza, letteratura. Lì si incontravano intellettuali come Pavese e Calvino,
giornalisti come Mario Montagnana, dirigenti come Terracini,
Di Vittorio, Secchia. A poco a
poco, con pretesti cavillosi e provocazioni pesanti — tre volte ci
furono perquisizioni per cercare
armi — viene chiuso e raso al
suolo. Quasi un decennio di cultura, forza, vita operaia finisce
sotto le ruspe FIAT mentre gli
operai « gomito a gomito » stanno a guardare « e si piangeva
come buttassero giù la nostra
casa, una nostra creatura »
(p. 228).
Un episodio di sconfitta, certo,
ma non definitivo. Tutta la storia del movimento operaio è fatta di scacchi, ma se letta complessivamente, nel suo filo conduttore, ogni sconfitta, ripensata,
diventa patrimonio per un successivo avanzamento.
Bruna Peyrot
MALANOT
Dott. Ferruccio
PRATICHE
AUTOMOBILISTICHE
ASSICURAZIONI
Corso Gramsci) 21
Tel. 0121/91410
10066 TORRE PELLICE
Nei giorni 26 e 27 ottobre si è
realizzato con successo il secondo appuntamento di Amnesty
International, Gruppo Val Pellice, con la manifestazione annuale « Autunno in Val d’Angrogna». Secondo le solite tecniche di A.I., sono state esposte
alcune fotografìe su tabelloni
che hanno attirato l’attenzione
del pubblico su vari problemi,
come la tortura, la pena di morte, l’apartheid in Sud Africa,
mentre alcuni cartelli invitavano genitori ed insegnanti ad educare ai diritti umani i giovani.
Al tavolino si raccoglievano le
offerte per l’opera di A.I. e le
firme alle petizioni in favore
della liberazione di « giovani in
carcere » per motivi di opinione,
infatti il 27 ottobre terminava la
settimana dedicata da Amnesty
ai giovani in prigione in occasione dell’Anno intemazionale della Gioventù.
Erano inoltre esposti libri ed
oggetti promozionali.
Il pubblico intervenuto ad
« Autunno in Val d’Angrogna »
ha dimostrato interesse e partecipazione alla presenza di
Amnesty International a questa,
come sempre, riuscita manifestazione. ajn.r.
Giorgina Levi, Cultura e Associazioni Operaie in Piemonte:
1890- 1975, Franco Angeli Edit.,
Milano 1985, pp. 242, L. 16.000.
Il tema della
adozione
Questa breve poesia di Khalil
Gibran, che desideriamo fare conoscere ai lettori delTEco/Luce
ha concluso la seduta del 3 novembre dell’Unione femminile
valdese di Torre Pellice deve si
è ascoltato, apprezzato e commentato la presentazione che la
signora Miriam Bein Buzzi ha
fatto sull’adozione dei bambini
in Italia e all’estero.
I tuoi figli non sono figli tuoi,
sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu II metti al mondo, ma non II crei.
Sono vicini a te, ma non sono cosa tua.
Puoi dare loro tutto il tuo amore, non
[le tue idee,
perché essi hanno le loro proprie idee.
Tu puoi dare dimora ai loro corpo, non
[alla loro anima,
perché la loro anima abita nella casa
[delTavvenire,
dove a te non è dato di entrare, nep[pure col sogno.
Puoi cercare di somigliare a loro, ma
che essi somiglino a te, [non volere
perché la vita non torna indietro e non
[si ferma a ieri.
Inventiamo
un adesivo
per Radio
Beckwith
E’ bandito un concorso per
trovare un simbolo-distintivo
per Radio Beckwith. Questo
simbolo verrà riprodotto su adesivi, pubblicità, manifesti e dovrà divenire l’emblema stesso
della radio.
I bozzetti, che saranno giudicati da un’apposita commissione esaminatrice, dovranno pervenire entro il 30 novembre
prossimo in via Beckwith 3,
Torre Pellice, alla sede della radio, secondo piano, tra le h. 14
e le h. 23.
Ci sarà un solo vincitore, ma
i premi saranno ben tre, con relativi festeggiamenti.
II disegno è libero, possibilmente con contenuto attinente
alla dicitura, che è;
Radio j^ckwith
91.200 Mhz in PM
La Voce deiia Vai Peilice
tei. 0121/91.507
Omaggio
a Italo Tajo
Questa iniziativa presa dalTAss. ex Allievi Liceo^Ginnasio
« G. F. Porporato » di Pinerolo
con il patrocinio del Comune di
Pinerolo che ha curato l’incisione di un disco il cui ricavato sarà devoluto all’Associazione per
la Ricerca sul cancro, si svolgerà a Torre Pellice presso THotel Gilly con il seguente programma ;
Sabato 9 novembre - ore 15
17.30': Testimonianze su Italo
Tajo di Cesare Clerico, Guido
Tartoni, Bruno Baudissone,
Giorgio Gualerzi, Leopoldo Stinchi con la partecipazione di
Magda Olivero.
Ore 21 : Concerto. - Daniela
Lojarro, soprano; Diego D’Auria, tenore; con la partecipazione di Italo Tajo; al pianoforte;
Eros Cassardo.
Domenica 10 novembre - ore
10; Tavola rotonda; «Italo Tajo,
cinquant’anni sulle scene ». Mo
deratore: Giorgio Gualerzi. Presentazione del disco di arie inedite : « Tajo. Una voce, un personaggio » fediz. Pentagramma).
Presentazione del libro : « Italo
Tajo. La parte di basso » di Cesare Clerico (ediz. Scomegna);
ore 12,30 : Buffet.
ORCHESTRA DI PRAGA
LUSERNA SAN GIOVANNI — Sabato
9 novembre alle ore 21 presso il Tempio Valdese neH'ambito di « Piemonte
in musica ■> della Regione Piemonte si
terrà un concerto delTorchestra da Camera di Praga, musiche di Schubert e
Mozart.
CORSI DI INGLESE
TORRE PELLICE — Si sono aperti dei
corsi tenuti da professori inglesi che
uniscono la docenza qualificata ai costi contenuti. Per informazioni rivolgersi alla Biblioteca Comunale o alla Comunità Montana. L'iniziativa è promossa dall’ARCI Val Pellice e dalla Biblioteca comunale.
Mobilificio
GIUSEPPE GRIVA
ARREDAMENTI
FABBRICA • ESPOSIZIONE
Via S. Secondo, 38 - PINEROLO - Tei. (0121) 201712
(di fronte Caserma Alpini « Berardi »)
11
8 novembre 1985
cronaca delle Valli 11
IL « CASO PIEMONTE » IN UN DOCUMENTO DELL’IRES
Si aggrava la situazione
sociale ed economica
Aumenta la produzione ma l’occupazione continua a calare - Diminuisce anche la popolazione - Per la sanità lo Stato spende poco
L’Istituto di ricerche economico-sociali, 1RES, ha presentato l’annuale « Relazione sulla
situazione socio-economica e territoriale del Piemonte ».
In oltre 400 pagine i ricercaton dell’Istituto analizzano i principali indicatori dello sviluppo
regionale, cercando di evidenziare i fenomeni che maggiormente
hanno inciso nella trasformazi'on, della società.
La « Relazione » non si present.-i dunque come una semplice
l uografla dell’esistente, ma si
pone l’ambizioso obiettive di rap.
presentare uno strumento utile
per la programmazione regionale.
Ma vediamo in sintesi cosa
emerge dal volume dell’IRES.
Il 1984 è stato senza dubbio
:n anno di ripresa per l’econoniia italiana e piemontese. Si sono cioè consolidati i segni di risveglio avvertiti alla fine del
1983. Resta però il fatto che l’area europea, contrariamente ad
USA e Giappone, ha avuto una dinamica più contenuta ed un minor ampliamento dei mercati.
La crescita produttiva avvenuta in Piemonte non è stata in
sostanza di intensità tale da
permettere il recupero completo
dei livelli produttivi pre-crisi,
mentre le prospettive per il 1985
sembrano, nel migliore dei casi,
confermare le tendenze dell’anno precedente.
Peraltro l’aumento della produttività ha coinciso con una impressionante riduzione della base occupazionale.
Per il memento non si intravvede nessuna innovazione destinata ad introdurre beni di consumo capaci di attivare l’economia in modo paragonabile a ciò
che avvenne con l’automobile e
gli altri beni di consumo durevole. Infatti il rapido progresso
tecnologico ha principalmente
effetti sui processi produttivi e
non è in grado di esercitare a
breve periodo un impatto rilevante sulla domanda di consumi finale. In altre parole l’insieme dei beni su cui si è fondato lo sviluppo economico del
dopoguerra ha esaurito buona
parte delle proprie capacità di
attivazione economica.
Per quanto riguarda la popolazione, prosegue il trend decrescente iniziato nel 19'17, anche
se ci si trova in presenza di segnali di frenata. I matrimoni sono in diminuzione ed in alcune
zone appare squilibrato il rapporto tra maschi e femmine (le
ultime sono più numerose).
Il Piemonte si conferma importante sede di ricerca scientifica, Infatti il 20% della spesa
italiana del settore è investito
nella nostra regione, prevalentemente dal comparto industriale,
anche se di qualche rilievo comincia ad essere il ruolo del settore pubblico.
Il settore commerciale è caratterizzato da molteplici iniziative di modernizzazione, soprattutto per le dimensioni mediograndi, con qualche aumento di
occupazione.
Nel settore scolastico va segnalata la tendenza all’espansione della scuola media superiore.
Mentre la cassa integrazione —
afferma la « Relazione » — rima ne uno dei fattori di maggiore
malessere sociale, una qualche
risposta viene da alcune vivaci
forme di imprenditoria minore,
anche se limitate in termini
quantitativi.
Sempre più grave è anche la
posizione degli anziani. La disgregazione della famiglia tradizionale aumenta tali problemi e fa
estendere la domanda ai servizi
sociali.
Per quanto riguarda la finanza locale, i Comuni piemontesi
(soprattutto piccoli) hanno dimostrato una buona propensione a far pagare agli utenti una
parte crescente dei costi dei
servizi pubblici individuali come
asili nido e scuole materne.
Per la sanità va sottolineato
come il Piemonte riceva dallo
Stato quote prò capite decisamente inferiori alla media nazionale, ciò è avvenuto anche per
quanto riguarda il Fondo investimenti occupazione (nonostante il recupero del 1984).
Gli interventi pubblici si concentrano soprattutto nella provincia di Torino, segno dell’uso
prevalentemente « anticrisi » degli interventi stessi. Al contrario,
dal punto dì vista territoriale,
si registra un minor peso di Torino e della prima cintura per
quanto riguarda la popolazione,
posti di lavoro e residenze, mentre tende ad aumentare in termini relativi l’importanza delle
corone più esterne del capoluogo piemontese.
In sostanza lo sviluppo e le
trasformazioni che hanno coinvolto il Piemonte nei periodi recenti, sono stati impressionanti
in termini di cambiamenti strutturali: occupazione, crescita demografica, sviluppo del reddito
e consumi. Questa espansione è
avvenuta in poco più di un decennio, ma altrettanto rapidi sono stati i cambiamenti di tendenza; basti pensare che a partire dal 1980 il numero dei posti
di lavoro persi nell’industria è
stato quasi pari a quello dei
posti creati nella fase migliore
dello sviluppo.
Porse, come spesso accade, è
più facile distruggere che costruire, ma sta di fatto che i
tempi di recupero e di trasformazione dell’economia piemontese non potranno che essere lenti.
R. G.
Lettere
all'Eco
delle Valli
Architettura:
rimmagine di
un mondo
Presentata ad Angrogna una ricerca sull’ edilizia rurale in Valle
In occasione d'ella recente rassegna « Autunno in vai d’Angrogna », è stato pubblicato anche il
quinto « Quaderno del centro di
documentazione »: « Architettura
rurale in vai d’Angrcgna ».
Questo documento rielabora
un audiovisivo già presentato
lo scorso anno ed è stato curato
dal geom. Renato Bertot, tecnico
impiegato presso la Tavola Valdese ed anche impegnato politicamente nelTamministrazione di
Angrogna.
Il lavoro si dimostra interessante sia perché consente di evidenziare alcuni aspetti che a
molti ancora sfuggono, sia perqhé raccoglie in un ciclostilato di
una trentina di pagine dpi dati
che consentono di dare un’immagine reale delle strutture edili
della Valle; in chiusura vengono
posti anche alcuni problemi di
’’gestione” di questo grosso patrimonio di case per l’avvenire,
problemi che vedono accomunati
tutti i comuni di montagna delle valli alpine, nessuno escluso.
Prima di vedere gli aspetti più
interessanti di questa ricerca
vale la pena di fare una considerazione: attraverso questa fotografia della disposizione delle
case, della loro struttura, delle
loro caratteristiche e della loro
funzionalità viene fuori anche
l’immagine di un mondo, di una
RAMELLA
accessori, ricambi, e
perche’ noi un’idea
regalo nuova per l'auto
Via 1* Maggio, 122
Luserna S. Giovanni
gente, del suo modo di vivere
per noi ancora assai vicino ma
che nel giro di due, tre generazioni ha molte probabilità di
diventare unicamente memoria
storica, vago ricordo, sentito dire.
L’afflancare alla parola architettura l’aggettivo rurale indica
non tanto una scelta di chi ha
condotto la ricerca, quanto piuttosto una realtà e cioè che quasi tutte le abitazioni della valle
erano legate alTeconomia locale
dunque all’agricoltura; di qui la
povertà di mezzi ma anche l’essenzialità e la funzionalità delle
costruzioni.
Essenzialità: nel numero di camere adibite ad abitazione, 00che perché si viveva molto fuori, nei campi; nella scelta dei
luoghi dove far sorgere la casa
o la borgata, su terreni diffìcilmente coltivabili; nel tipo stesso
di costruzione con materiale di
facile reperibilità (pietre e legno) e senza concessioni a motivi ornamentali che non fossero
le date di costruzione.
Funzionalità: nel costruire in
modo da lasciare una buona
esposizione alla luce sciare, nel
rendere la casa o la borgata un
piccolo mondo a sé stante col
suo forno e la sua fontana, i due
elementi indispensabili per una
vita accettabile.
Due altre caratteristiche emergono da questo quaderno: l’assoluta mancanza di protezioni, mu.
ra o anche solo porte di chiusura degli agglomerati malgrado
una situazione spesso di violenza durante gli attacchi portati
alla popolazione valdese, e le
scuole che a partire dalla metà
dell’800 ebbero grossa parte nel
processo di alfabetizzazione della popolazione locale, scuole che
presentano in tutte le valli vaidesi la loro tradizionale forma.
Non intendo dilungarmi sui
particolari stili di costruzione
essendo in circolazione il documento senonché vale la pena
fare un riferimento alle conclusioni che sullo stesso quaderno
sigillano questa ricerca.
Queste case sono state costruite per rispondere a funzioni ed
esigenze ben precise; oggi di
fronte ad un progressivo abbandono, vanno verso una apparentemente inevitabile distruzione:
ristrutturarne almeno una parte
mantenendo l’impianto originario può sembrare ima scommessa.
Pur con le difficoltà burocratiche ma anche con i limiti oggettivi, penso valga la pena pensare
a nuovi utilizzi che consentano,
nelle differenti condizioni sociali
odierne, dì mantenere questo
aspetto caratteristico delle nostre vallate.
Piervaldo Rostan
AVVISI ECONOMICI
TRASPORTI -Corriere qCLj,.
SJ1.C. - Via Roma, 33 - Perosa Air, ;
gentìna - Tel. 0121/81242 - 81046.
PRIVATO vende casa rustica abitabile, 6 vani. Luserna San Giovanni
fraz. Malanot. Telefonare (0121)
900388 oppure 901823.
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi
destinazione, preventivi a richiesta :
Sala Giulio, via Belfiore 83 - Nichelino, tei. (011) 62 70 463.
USSL 42 - VALLI
CHISONE ■ GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto tei. 81228 - 81691.
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 10 NOVEMBRE 1985
Perosa Argentina: FARMACIA Dott.
BAGLIANI - Piazza Marconi 6 ■
Tel. 81261.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva:
tei. 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica ;
DOIMENICA 10 NOVEMBRE 1985
Torre Pollice: FARMACIA MUSTON.
Via Repubblica. 22 - Tel. 91328,
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
FRA DOLCINO
E I VALDESI
Caro Direttore,
il fratello metodista Nando Branca
di Gallarate ha fatto bene a rilevare
(cfr. « La Luce » n. 40 del 18.10.85) la
poca partecipazione degli evangelici alle celebrazioni di Fra Dolcino, che si
svolgono ogni anno, ai primi di settembre, sui monti sopra Trivero in provincia dì Vercelli, ma non affermerei
che la figura del martire sia del tutto
ignota al mondo protestante.
infatti, la Claudiana di Torino ha
pubblicato nel 1979 un agile profilo
del Nostro a cura di Elena Roteili, con
una introduzione di Domenico Maselli — un lavoro sicuramente noto a
Nando Branca —, il prof. Tavo Burat
di Biella ha sempre puntualmente riferito sulle pagine di questo diornale
intorno alle giornate dolciniane alla
Bocchetta Margosio, pastori e laici
valdesi vi hanno tenuto dei culti (tra i
quali Sergio Ribet e Giuseppe Platone), il sottoscritto non mancò di puntualizzare l’anno scorso, in un dibattito pubblico a Trivero (cfr, « Biellese
Proletario » di gennaio 1985), quel che
Fra Dolcino ebbe sì in comune coi
Valdesi e con altri gruppi ereticali a
lui contemporanei — il richiamo a
Cristo come alla prima istanza dì fede
e di vita, la povertà volontaria, la libera predicazione, la valorizzazione
della donna, la comunanza dei beni,
il disprezzo dei luoghi di culto e di
sepoltura consacrati, il rigetto del giuramento eoe. —, ma su due punti (e
non dei minori) egli se ne distinse,
rimanendo su posizioni ancora troppo
conservatrici, come l’accettazione sia
della (pseudo) Donazione di Costantino, sia dell'istituzione del papato, per
quanto liberato da ogni scoria di potere temporale ed elevato alla sola
funzione carismatica di un vicario di
Cristo — ma pur sempre vicario! —
santo e degno.
Giovanni Gönnet, Roma
Hanno collaborato a questo
numero: Alberto Corsani, Roberto Lambertini, Luigi Marchetti, Téofilo Pons, Eugenio
Stretti, Franco Taglierò.
RINGRAZIAMENTO
E’ mancato alTaffetto dei suoi cari
Aldo Gay
Cav. di V.V.
di anni 86
Lo annunciano i figli : Duccio e
Nellina con le rispettive famiglie, la
sorella Lisetta, nipoti e parenti tutti.
I familiari desiderano ringraziare
tutte le persone che hanno preso parte
al loro dolore. Un ringraziamento particolare va al personale dell’Asilo Valdese che si è generosamente prodigato.
Luserna S. Giovanni, 4 novembre 1985
RINGRAZIAMENTO
E’ entrata nella luce del Signore
Jacqueline Malan Nelson
La sorella Anna Maria ved. Ruhoff,
commossa per le sentite dimostrazioni
di affetto e di simpatia ricevute, ringrazia tutti coloro che hanno preso
parte al suo dolore ed in modo particolare il pastore Giorgio Tourn, la dott.
Pisani ed il personale tutto delPOspedale Valdese di Torre Pellice.
Torre Pellice, 4 novembre 1985
12
12 uomo e società
8 novembre 1985
IL DIALOGO FRA CATTOLICI E COMUNISTI
AMNESTY INTERNATIONAL
Il ruolo dei credenti
Ridefinire gli ambiti di
« radicali domande
fede e politica - La formula rituale di Natta - Le
etiche » come possibile terreno d’incontro
Giovani detenuti per
motivi di coscienza
Lo scambio di lettere tra Alessandro Natta, segretario generale
del PCI e Giulio Girardi, prestigiosa figura di intellettuale cattolico non ha avuto la risonanza
toccata qualche anno fa a un suo
precedente illustre, il notissimo
carteggio tra Berlinguer, allora
segretario del partito, e Monsignor Bettazzi, vescovo di Ivrea,
esponente aperto e qualificato
della gerarchia ecclesiastica.
Dopo il 20 giugno del 1976, con
l’elezione di numerosi cattolici
nelle liste del Partito comunista,
ebbe larga eco sulla stampa l’iniziativa del vescovo Bettazzi, una
lettera aperta al segretario del
PCI nella quale si esprimeva la
preoccupazione, in presenza di
una forte avanzata comunista, di
garantire spazi di libertà all’iniziativa cattolica, alle sue organizzazioni assistenziali ed educative, avanzando perplessità sulle
forme di intolleranza e gli attentati alla libertà religiosa che potevano derivare dalla realizzazione di una società socialista.
Berlinguer in quell’occasione
rispose pubblicamente su « Rinascita» (14-10-77), non solo nel
senso di una rassicurazione ma
di una valorizzazione del contributo che « una sofferta coscienza » religiosamente formata può
dare, « posta di fronte ai drammatici problemi del mondo contemporaneo ».
Oggi, un’iniziativa analoga parte da un noto esponente di area
cattolica, un teorico del dialogo
cristianesimo^marxismo, militante del movimento dei cristiani
per il socialismo, che ha percorso in questi anni un complesso
itinerario intellettuale e si trova
oggi emarginato dall’istituzione
ecclesiastica dopo avervi svolto
un ruolo non secondario.
Al centro della lettera di Girardi una domanda impropria, non
pertinente, o almeno apparsa
tale: da che parte si schiera il
PCI? con l’istituzione potente o
con la chiesa povera e dei poveri?
Scelga, finalmente. E soprattutto qui in Italia non scelga diversamente da come sembra avere
scelto nella situazione déll’America latina, non smentisca il giudizio « preoccupato » che lo stesso Natta ha formulato a proposito dell’Istruzione vaticana sulla
teologia della liberazione. Il segno conservatore di questo documento consiste non solo nei suoi
contenuti, ma nel fatto che « esso esplicita le premesse ideologiche di una campagna internazionale che la gerarchia conduce da
anni contro i settori cristiani impegnati nelle lotte di liberazione,
particolarmente in Centro America », e « legittima la politica anticomunista dell’amministrazione
Reagan ».
L’orientamento complessivamente « restauratore » di questo
pontificato ha una valenza politica che non può sfuggire ad un
partito che ha posto con continuità il problema della collaborazione tra diverse componenti, di
diversa ispirazione ideologica,
presenti nel nostro paese.
Tocca al partito?
Dunque il PCI scelga, non resti neutrale. Una domanda, dicevo, impropria: tocca davvero ad
un partito politico scegliere tra
i cristiani in conflitto?
La risposta di Natta, per la verità, mi sembra non esca dai binari della formula rituale, che
dopo avere ripercorso le tappe
del dialogo tra forze di ispira
zione cattolica e movimento comunista, dal 1945 fino alle politiche del compromesso storico e
dell’alternativa democratica, pone in sostanza due problemi.
Da un lato, ribalta la domanda
di Girardi: non chiedeteci di scegliere, diteci piuttosto quale contributo siete pronti a dare alla
prospettiva di cambiamento della società italiana, e insieme a
un « profondo rinnovamento della sinistra e dunque anche del
nostro partito e della sua politica ». Il problema del « quale
contributo » non è nuovo — era
presente con altro respiro e con
maggiore duttilità nella risposta
di Berlinguer —, e risponde ad
un’esigenza oggi assai diffusa.
NeH’attuale situazione di disgregazione e di lacerazioni si ha bisogno di ricomporre, di sanare i
conflitti, di ’’riconciliare”, di promuovere un patrimonio di valori
comuni. Molti segnali orientano
in questa direzione. Si pensi che
perfino nel nuovo Concordato, su
un piano assai diverso, istituzioni
diversissime come lo Stato e la
Chiesa cattolica si impegnano alla promozione deH’uomo e al bene del paese.
Dunque, quale contributo? Il
contributo, per la verità, si dà o si
riceve in base ad un progetto, in
rapporto a giudizi di merito, a
concezioni del mondo, a un comune sistema di valori. Ma, ecco
il punto: è poi comune il sistema
dei valori? o meglio, come si
giunge a definire un comune sistema? Questo interrogativo trascina con sé il secondo problema
posto nella risposta di Natta: la
laicità.
Ripensare la laicità
Neanche questo è problema
nuovo. Dire che non spetta al
PCI scegliere, dichiarare l'incompetenza, la non pertinenza di un
intervento che entri nel merito
di dispute teologiche mi pare
francamente cosa così ovvia che
non sarebbe necessario neanche
parlarne. Ma è poi tutto qua il
senso della domanda di Girardi?
Nel dibattito che è seguito su
Rinascita mi ha colpito l’insistere sul tema della laicità della politica, alla ricerca di un modo
più dialettico di intendere il rapporto tra esperienza religiosa e
di fede e impegno civile e sociale.
Come, si osserva, non è più
possibile resuscitare sogni integralistici di ’’società cristiana”,
così è forse necessario ripensare
al tema della laicità sfumando il
rigido dualismo delle distinzioni
a cui ci ha abituati la coscienza e
il pensiero di tradizione borghese. Dunque schematica appare
una risposta che si limiti a registrare la separazione di due universi, di due ambiti distinti, la
fede e la politica, che non ammettano interferenze; lì dove non
è davvero privo di conseguenze
l’orientamento della coscienza
dei credenti e delle concrete confessioni religiose nei processi di
trasformazione sociale e politica;
come non è secondaria l’incidenza del dato politico sulla trasformazione delle coscienze.
In molti interventi (Gozzini,
Guerzoni, Colella-Iervolino) emerge con forza un’indicazione: il
terreno delle radicali domande
eliche con cui il credente interpella anche la politica, questioni
vitali come la pace, il disarmo,
la vita, e, nell’orizzonte della società meridionale, la lotta alla
mafia e alla camorra, alla corruzione e al clientelismo; un patri
monio di obiettivi etici costitutivo dell’agire politico, non « precostituito » o ideologico, « ma
continuamente da ricercare e definire nel concreto storico ».
E’ questo un reale terreno di
incontro, possibile per credenti e
non credenti, cattolici, laici e comunisti, rispettoso delle diverse
identità e degli apnorti di ciascuno.
Rosanna Nitti
L’anno scorso Amnesty International aveva dedicato la « settimana del prigioniero per motivi di opinione », che di solito si
svolge in ottobre, alle « donne in
carcere »; quest’anno, anche perché il 1985 è stato proclamato
dalle Nazioni Unite « Anno internazionale della gioventù », ha
dedicato la settimana 21-27 ottobre ai « giovani in carcere ».
Nelle numerose lettere che i
soci dei Gruppi Amnesty scrivono per chiedere la liberazione di
prigionieri viene spesso indicata
DENUNCIA DI « NIGRIZIA »
Eritrea: le colpe
del nostro governo
L’autorevole rivista cattolica
« Nigrizia » (organo dei comboniani, una pubblicazione specializzata sui rapporti Europa-Africa), denuncia nel suo ultimo
numero uno degli aspetti meno
chiari del conflitto eritreo: un
conflitto che molti, in Italia,
preferiscono fingere di ignorare
(ma ci riguarda, al contrario, in
modo diretto). «Nigrizia» denuncia un accordo tra Italia e
Etiopia stipulato in maniera semicland>estina nel febbraio 1982
e mai ratificate dal parlamento;
trebbe facilitare un processo di
riavvicinamento del governo di
Addis Abeba all’occidente. In
questa ottica esso potrà essere
presentato ai nostri alleati ».
Vale la pena di commentare
il cinismo di queste affermazioni: da un lato il governo etiopico, importante alleato africano
deirURSS, è sotto accusa a livello mondiale p»er la politica
repressiva e colonialista che conduce in Eritrea; dall’altro, da
parte occidentale — quanto meno, da parte italiana — si lavora
Un campo profughi nel Sudan. Più di un milione di eritrei sono
costretti a fuggire dalla loro terra.
su questo tema, inoltre, oltre
duecento fra deputati e senatori
hanno finora presentato interrogazioni: non una sola risposta
è venuta dai vari governi succedutisi dal 1982 ad oggi.
Il contenuto deiracccrdo è la
cessione all’Etiopia di 19 stabili
di proprietà del governo italiano;
una cosa insignificante, a prima
vista, considerato anche che l’Italia da oltre quarant’anni non
ha certo più potuto far valere
il suo diritto di proprietà. Però
— e proprio su questo qualcuno preferirebbe che si mantenesse il silenzio — si tratta di immobili che si trovano tutti in
Eritrea, e che tanto il trattato
di pace del 1947 quanto una risoluzione deirONU avevano attribuito a uno stato eritreo indipendente, del quale finora il
colonialismo etiopico ha impedito la nascita. Ora, questa « cessione » viene a costituire un elemento che di fatto convalida
sul piano giuridico le mire annessionistiche del governo di
Addis Abeba.
Naturalmente, da parte italiana non si è trattato di generosità disinteressata: come rivela
« Nigrizia », che cita una relazione governativa sull’accordo, si
tratta di una manovra che « po
per uno spostamento di Addis
Abeba verso una diversa collocazione intemazionale. Ma, per
ottenere ciò, non si opera per
una giusta soluzione della crisi
eritrea, magari attraverso una
mediazione fra le parti; al contrario, si alimenta l’intransigenza del governo etiopico! Ancora
una volta, nel gioco delle diplomazie, i diritti dei popoli non
sono che un oggetto di scambio
per fini diversi e molto spesso
non confessabili.
Per sensibilizzare l’opinione
pubblica e gli organi di informazione sulla drammatica situazione eritrea, la Lega per i Diritti
dei Popoli e il Coordinamento
Nazionale dei Comitati di solidarietà col Popolo Eritreo hanno
organizzato un convegno, che si
terrà il 9 novembre a Firenze.
Sul tema « La questione eritrea:
storia e lotta di un popolo » interverranno parlamentari italiani (fra i quali Enzo Enriques
Agnoletti e Giancarla Codrignani), magistrati, docenti universitari di diversi paesi, un rappresentante del Fronte Popolare di
Liberazione dell’Eritrea, e sarà
inoltre possibile assistere alla
proiezione di audiovisivi.
P. F.
l’età delle persone imprigionate
o scomparse per cui si intercede, molto spesso si tratta di giovani, sotto i trent’anni.
A questo scopo Amnesty ha
pubblicato un opuscolo intitolato « Giovani in carcere », in cui,
per prima cosa, richiama l’attenzione della gente sul « destino
degli obiettori di coscienza al
servizio militare in prigione », e
si dichiara molto preoccupata
perché i giovani continuano ad
essere incarcerati in tanti paesi
e ripetutamente a causa della,
loro obiezione al servizio militare. Cita a questo proposito al
cuni esempi rappresentativi e
presenta le legislazioni di ben
14 paesi: dalla Norvegia all’Ungheria, dalla Svizzera a Israe
le, dalla Finlandia al Sud Africa ecc.
Espone quindi i casi di nove
giovani in carcere (uno della
DDR, nel frattempo, è stato liberato). Tragico veramente è il
caso di Bede-Mariam Mekcnnen,
nipote delTimperatore d’Etiopia,
Hailè Selassiè, arrestato quando
aveva 17 anni ed era studente
del Liceo francese di Addis A
beba. Oggigiorno egli è ancora
tenuto in prigione! I suoi fra
telli sono pure in carcere con
lui e la madre è nel carcere femminile e così altre 10 parenti di
Hailè Selassiè, senza che sia
stato indicato il motivo della loro detenzione.
Dall’Etiopia al Perù: qui nei
dipartimento andino di Ayacu
cho in una incursione di forze
congiunte armate di marina, fanteria e guardia civile furono rapiti diversi residenti della zona
tra cui un bambino di 10 anni
con i suoi genitori e di questi
tre non si è saputo più nulla!
E ancora nel Guatemala: un.a
studentessa di economia dell’Università della capitale, Irma
Marilù Hicho Ramos, fu rapita il
21 maggio ’84 e come lei, prima
e dopo, altri 9 studenti. Nel novembre ’83 il Rettore di quella
Università aveva affermato che,
da quando aveva assunto il Rettorato nel luglio ’82, erano scomparsi 50 studenti e le famiglie
si rivolgevano a lui, nella loro
disperazione, per averne notizie.
E gli studenti dei Pakistan?
condannati a 7 anni di carcere e
10 frustate per il possesso di
volantini, in base ad un articolo della legge marziale.
Questi quattro casi citati sono
emblematici: ci sono migliaia o
migliaia di altri casi di giovani
prigionieri di coscienza, sparsi
nelle carceri del mondo, isolati,
frustati, torturati, condannati a
morte.
Ascoltiamo quindi Tappello
lanciato da Amnesty in questa
settimana di ottobre: diventiamo
soci, partecipiamo attivam>?nte
al suo lavoro, scrivendo petizioni, raccogliendo fondi, propagandando i suoi mandati! (1)
Anna Marnilo Reedtz
(1) Amnesty International Sezione italiana - Viale Mazzini
146, 00195 Roma.
E’ arrivato
il momento di pensare al rinnovo dell’abbonamen-
to all’Eco-Luce. meglio: di farlo. Ancora
Annuo L. 27.000
Semestrale L. 14.000
Estero L. 55.000
Estero + aereo L. 79.000
Sostenitore L. 50.000