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LA BUOi\A NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PIIKXXO UMS(«OCI «xioxk:
(X domieilioj
Torino, per un anno L. 0,00 l..7,00
— per sei mesi » 4,00 » 4,50
Per le provincie e l’eslero franco sino
ai confluì, un anno . . L. 7,20
per sci mesi , « 5,20
A)>i9iv5vtì; Si iv iyint;
Segacoiiu la verità nella cariti)
Epbs. IV. 15.
L’Uffido delia BUONA NOVELLA è in
Torino, presso la libreria Evangelici
diGI-\COMO BIAVA, via Curio Alberto,
dirimpello al Caffè Dilei.
f.p a.ssocinzioni si ricpvnnoin Torino ali«
stesso Ufficio.
Gli Associaii delle Provincie potranno prowfrferst di un vaglia postai»,
inuiandoìo franco alla libreria Biava.
Quoli effelti produrrebbe in Itelia la diffusione delle dottrine Evangeliche.
tera 1. — I Confe«ori di G. C. in Italia nel secolo XVI; Pietro Pnclo Vergerlo 1.
—<■ I«a Festa della Balxiglia neì!e Valli Valdesi. I. Gateohismo intorno al Pro*
testantÌKino ecc. Il, — Sonetto. — Notixìe religiose ^Cronachetla poUtice.
QUALI EFFi'TTI PRODLHREBBE LN ITAUA
DIFFISIOXE DELIE DOTTRINE EVANGELICHE
1.
Stimabilissimo Amico'.
He.’ rolloquii ripieni di sapere e di
affettuosa schiettezza che talora ho
seco voi, e nei quali in mezzo alla
aspirazione religiosa del voslro apo*
Molalo non dimenticate il cittadino,
voi mi esprimeste sovente ia vostra
sorpresa nel vedere come molti dei
nnatri periodici, che si proclamano
pomposamente difensori de’nazionali
interessi, sogliono riguardare come
necessario alla ristorazione della fortuna patria il mantenimento della gerarchia catlolica e la supremazia di
Roma, come l’ultimo legame di concordia che rimanga agli spiriti pur
troppo divisi de’ nostri concittadini.
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Voi vedete in colale opinione un
gravissimo errore religioso ; ed io
soggiungo, e voi pure siete meco di
accordo, che desso sia fonte pur troppo feconda di danni e di sventure
nazionali.
Nè vogliate essere sorpreso di coleslo mio incominciamento, il quale
non mi farà declinare la vera questione che voi m’avete proposta a
risolvere, cioè; quali sarebbero gli
effetti che produrrebbe in Italia la
diffusione delle doitrine Evangeliche.
La queslione non è semplice come
ella forse potrebbe sembrare a prima
giunta, poiché quale essa mi viene da
voi proposta è affatto ipotelica, nè
mi è possibile il tentare di darvi una
soluzione, se io non discendo ad interrogare il fatto reale, il quale mi
apra la via alla indagine dei possibili eiTelti futuri che sono neH'ipolesi
racchiusi. Essa non può avere quind'
un carallere puramente religioso, ma
dovrà in qualche parte uscirne per
seguire quelle considerazioni, le quali
non è in mio potere intralasciare,
avvegnaché il punto di vista razionale
mi sia certo da voi indicato ; raa il
punto di partenza, che è storico, mi
sia imposto da quel pregiudicato e
troppo accettalo principio degli Italiani: che all’Italia cioè convenga la
gerarchia ecclesiastica e la supremazia del ponteflce romano. Da ciò si
parrà l'armonia che esiste fra la natura particolare delle ricerche, che io
devo di necessità far precedere, e la
natura delle conclusioni cui mi deve
condurre l’assunto.
Prima infatti di discorrere i possibili elletli dell’Evangelismo, si deve
alcun poco toccarne l’essenza, nel
che fare non si addomanda opera
lunga, nè faticosa, poiché l’Evangelo
è il linguaggio de’semplici, che per il
cuore si apre la via alla ragione dei
poveri di spirito.
Ma questa non è la credenza generale degli Italiani, per iquali il Vangelo è un libro accessibile soltanto
per l’intermediario del prete. Per tal
modo a quella autorità divina si è
sostituita un’ autorità terrena, fallibile
e corruttrice la quale recatosi in mano
il privilegio deU’interpretazione tiene
con esso la chiave delle coscienze.
Ua tale stato di cose è stranamente
in opposizione collo spirito del Codice sacro ; raa tuttavolta è un fatto
incontestabile che l’opera deH’arbitrio
umano si è posta in luogo dell’opera
della salute divina.
D’onde ha origine codesto singolare traviamento? Dove sono le cause
lontane che vi hanno dalo origine?
Come si è potuto fondare codesta
autorilà pontiflcia che pretese al dominio dell’universo nel nome di Dio P
In tutta quest’opera esteriore e t«r-
3
- «T» —
rena non vi era egli per avventura di
che sedurre le menti italiane, e farle
perdurare in quella vecchia confusione
politeista della società religiosa e della
società civile?
Le cagioni esistono; esse hanno
una profonda radice nella sloria e
nella tradizione nazionale. Senza ciò
tornerebbe inesplicabile come in mezzo aH’odio di molti, ed allo sprezzo
di tutti, il popolo si regga ancora;
come fra’ suoi nemici si trovino molli
i quali lo vorrebbero conservaré
siccome stromento con cui rialzare
la patria travolta in cosi bassa fortuna.
Dopo dunque di avere indicato
quale sia lo spirito vero dell’Evangelismo, di avere mostrala l’opposizione
che esiste fra la credenza cattolica
ed il Codice evangelico, di avere indicate le cause storiche che condussero a questo travisamento, l’argomentazione ci conduce per naturai
via a cercare le conseguenze di tale
dottrina.
Esse si possono dedurre per due
maniere distinte: l'una affatlo subbieltiva ed appoggiata sulla conoscenza deU’animo umano, e sulla forza logica dei principii, i quali una
volta che sieno accettati, imperano
da tiranni, e trascinano l’uomo a
conseguenze, contro cui egli invano
opporrà l'ardore dei desiderii, l’ostinazione del volere reso impotente.
La seconda maniera di dimostrazione può essere attinta alla storia,
0 a quella stessa del popolo fra cui
vive ed è accettata quella dottrina,
0 alla condizione di altri popoli presa
ad esempio ed a lui applicala per
legittima quanto sana induzione.
Non vedete de’ popoli fra cui perpetua è una agitazione irrequieta,
dilfusa la miseria, comune l’ignoranza,
ritardata l’industria, scarsa la riccheiza, depravato il pubblico costume?
Chiedete un po’ quale sia la loro credenza, e troverete che essi sono i
sudditi spirituali di Roma.
Osservate di rincontro altri popoli,
essi vi presentano lo spettacolo della
potenza, dell’agiatezza, dei lumi, della
quiete interna, della benevolenza comune; uon si erra, essi sono attaccati alle vere dotlrine evangeliche.
La conchiusione naturale e spontanea che uscirà da queste brevi ricerche sarà; che l’impedimento più
grave alla vera concordia degli Italiani risiede nella loro dottrina: che
l’Evangelismo, ancorché non curi gli
interessi del regno di quaggiù, pure
è ii solo che per via indiretta possa
efficacemente giovarli per effettuare
1’ opera di felicità patria che è nei
loro voti. Intendimento generoso che
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certo non contraddice a quelle sublimi dotlrine, poicliè, il Vangelo uon
mutila il cuore deU’uonio, ma purificandolo , lo conduce meglio a quei
Cui stessi che l’infinila Sapienza può
avergli assegnati da compiere sulla
terra.
Mi riepilogo e vi addito in breve
di che nelle seguenli lettere vi terrò
parola; ossia per poter dare uua soluzioDC al problema che 0ji avete
proposto mi sembra necessario dover
partitamente di.scorrere:
1. Dello spirito deir Evangelismo
2. Della dottrina fiiUolica.
3. Della sua origine storica.
4. Delie sue consegueuzc.
5. Dimostrazione storica desunta
dal paragone dell’Italia cogli Stati
prolestanti.
6. La diffusione dell’Evangelismo
in Italia sarebbe estremamente benefica sotto il rapporto religioso, politico
e civile, e sarebbe la causa indiretta,
ma infallibile della nazionale concordia. 3Ii proverò perlanlo a soddisfare il voslro desiderio, quantunque
con mio dolore debba confessarvi che
porterò nel mio tentativo più di buon
volere, che di sapere e di erudizione.
Credetemi........
1 CONFESSORI 1)1 G. C. IS ITMU
NEL SECOLO XVl
FieU‘0 Paolo Vergerio.
L
L’ulililà! —ecco l’idolo fatale innanzi a cui l’uomo decaduto s’inchina
sagrificando bene spesso onore e coscienza, e quanto v’è al mondo di
più sacro; ecco 1’ orrendo fascino
dell’umano intelletto, l’inesorabile tiranno del cuore umano, che impone
silenzio alla ragione, e freno ad ogni
aspirazione generosa. L’ulililà! fonte
inesauribile di corruzione e delitti, da
cui emana l’ateismo religioso e .sociale,
e per cui l'uomo, dimentico de' suni
all! destini, e della meta statagli assegnata da Dio, si arresta a mezzo
sentiero, ed intende fondarvi il suo
regno, un regno di terrene delizie,
unico oggetto delle sue cure, unica
meta de’ suoi voli, unico diletto del
suo cuore depravato..... Ecco una
pagina della storia umana, pagina
dolorosa, eppur vera ! — Ma nel suo
rovescio si legge un’allra pagina breve sì, ma più bella; ed è la pagina
dell'abnegazione ; sublime virlù che
nobilita l'uomo e siede lieta sopra un
trono di miseria e di dolore, da cui
gli schiavi deH’utililà fuggono atterriti. L’abnegazione, figlia della fede,
non ha altra norma cho la verilà,
non ode altra voce che ia voce del-
5
l'onore, e non si pasce che di generose aspirazioni, sagrificando alla
sua volta, e con più merito, l’anibizione inerente alla natura dcH'uomo,
lo splendore del mondo, e le gioie
della vita. L’abnegazione dilTerisce
dall'utilità come il Cielo dilTerisce dalla
terra, lo slancio divino della poesia
dal freddo calcolo dell'interesse, l’impulso della coscienza da quello degli
umani riguardi, la libertà dalla schiavitii ; imperciocché gli utilitari, sotto
qualunque governo essi vivano, sono
schiavi, perchè non hanno altro criterio, altra norma, ed altra spinta nel
fare, che l’utilità; mentre gli uomini
che pensano e fanno come l’intima
convinzione lor detta, sono i soli, i veri
liberi ; appunto perchè non riconoscono forza 0 necessità esterna che li
costringa; ed è in queslo senso che
anche sotto la tirannide politica e
civile gli uomini possono mantenersi
liberi, amando piutlosto sagriflcarsi.
anziché cedere alle dispotiche esigenze
di chi li governa; anche il sagrilizio
ha le sue ineffabili voluttà !
Noi vediamo giornalmente sui campi di battaglia molti soldati abbandonare le proprie bandiere e riparare
sotto le bandiere nemiche; ma d’ordinario la loro defezione deriva o da
codarda paura, o da speranza di guiderdoni e di gradi. Similmente nella
lotta delle civili fazioni avviene spes
so che alcuni politici, imponendo silenzio alle proprie convinzioni, passino a’ partiti opposti ; ma il più delle
volte a ciò sono spinti dalla sciagurata ambizione, e dalla turpe sete di
guadagno, in una parola, daH'ulililà.
Codeste defezioni meritano il titolo di
apostasie, e chi le opera, quello di
rinnegati.
Ma quando il soldato abbandona
le proprie file perchè convinto ed
inorridito di combattere una guerra
ingiusta e crudele, e abbandonando
gli iniqui oppressori, va a sostenere
la ragione degli oppressi, anche col
pericolo di perdere il suo grado, le
sue decorazioni, il suo nome; quando
il politico illuminato dalla dottrina,
ammaestrato da maggiore esperienza,
si accorge di avere sostenuto l’errore
ed abbraccia quei principii e quella
causa che prima nella sua ignoranza
avea combattuto, ed ora sostiene a
scapito de’suoi inleressi, di cui fa
generoso sagrifizio, allora non v’è
pili nè defezione, né apostasia; l'uomo
che ciò opera, si riabilita davanti a
se medesimo e davanti a Dio il quale,
amico e padre della verità e della
giustizia, gli tien conto di sì nobile
e generosa abnegazione , in terra , u
in cielo, e gli prepara un premio a
fronte del quale i sagrificali interessi
non sono che nulla.
Quesle riilessioni ci vennero alla
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mente allorché leggemmo le memorie
intorno a Vergerio, sparse in più opere ¡storiche d’autori italiani e stranieri ; e tali come furono concepite
amiamo premetterle alla biografia che
scriveremo di questo luminare della
Chiesa evangelica.
Pier Paolo Vergerio nacque a Capo
d'Istria nel principio del secolo decimosesto. Lasua famiglia era nobile,
antica e chiara per uomini illustri.
Dapprima dedicossi allo studio della
giurisprudenza, che in ogni | tempo gli
uomini abili ed ambiziosi hanno scelto
come facile via per giungere alle
prime cariche degli Stati. Non appena laureato in diritto, malgrado che
molto si fosse distinto nell’università
di Padova, pure, come attesta lo storico Secisendorf, avea in animo di
perfezionare i suoi studi legali a Wittemberg, sotto gli auspicii e la protezione dell’ elettore Federico. Non
sappiamo per qual motivo non recasse a fine il suo disegno; forse per la
nomina di professore che poco dopo
ottenne in quella stessa Università, e
di supplente al potestà di Padova.
Quando poi diessi alia pratica degli
affari, si distinse nel foro di Venezia
per non comune eloquenza, fino a
meritarsi gli elogi dello stesso Tiraboschi.
Giovine ancora, era talmente rinomato per 4ottrina e saggezza, che nel
1532 il papa Clemente VII invidio,
in qualità di Legalo , in Alemagna,
alla corte di Ferdinando re de’ Romani. La missione di Vergerio avea
per iscopo d’impedire ad ogni costo
la riunione d’un concilio nazionale;
cosa che la Corte romana temeva fortemente, sapendo bene come quella
nazione fosse usa di dare in ogni sua
dieta sempre nuovi e irrefragabili argomenti di ostilità contro 1’ autorità
pontificia. Vergerio fu allora uno de’
più caldi difensori del romanesimo ed
accanito nemico de’ protestanti.
Frattanto a Clemente succedeva
Paolo III, il quale chiamò presso di sè
il nunzio Vergerio per udire dalla sua
bocca lo stato deU’Alemagaa, l’attitudine dei proteslanti e de’ caltolici di
quel paese, ed il risultato della sua
ambasceria. Oltremodo lieto della
condotta di questo nunzio, rinviollo in Germania con istruzioni novelle, tendenti a permettere, anzi a
provocare la riunione del concilio,
per lo innanzi avversata conferire
co’ capì riformatori e tentare di ridurli.
A tale oggetto, come dice il Sarpi,
Vergerio ebbe vari convegni co’princidi alemanni, ed a Wittemberg con
lo stesso Lutero, adoprando in sì delicate negoziazioni tutta la prudenza
e l’accorgimenlo d’un abile uomo di
Stato, n cardinale Pallavicini, in que-
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sta, come ia tante altre circostanze,
non è d’accordo colla narrazione dello
storico succennalo; ma è certo che
le seduzioni e le promesse usate dal
Vergerio sia in suo nome, sia in nome
del pontefice , non ebbero buona
sorte, ma furono respinte dal gran
riformatore.
Nel 1356, reduce in Italia, in premio de’ suoi servigi e del suo zelo,
fu promosso alla dignilà vescovile, e
destinato alla sede di Modruss in
Croazia, sede protetta dal re Ferdinando. In seguito Paolo III lo inviò
ambasciatore a Carlo V, e per nuovo
guiderdone a’ suoi novelli servigi nominollo vescovo di Capo d’Istria, sua
patria.
Allorché la Corte romana, dopo
lunga esitazione, dovette convocare
quel celebre concilio cosi lungamente
desiderato, tante volte interrotto, si
abilmente diretto e si poco soddisfacente nei suoi risultati, cioè il concilio di Trento, Vergerlo ebbe incarico di redigerne il proclama. Nel 1341
si preseutò alla dieta di Worms in
qualità d'agente di Francia per essere
meno sospetto a’ prolestanti, ma checché dica in contrario il Pallavicini,
con istruzioni segrete del papa. Inoltre scrisse un lungo ed elaboralo
discorso per provare l’importanza e
la necessità dcU'unità della Chiesa,
confutando le doitrine de’Riformali
che domandavano un concilio nazionale. Insomma Pier Paolo Vergerio,
diplomatico, oratore, scrittore, servi
alla curia romana in ogni maniera;
talché coirabililà del trattare , colla
potenza del dire e colla sapienza dello
scrivere, egli era uno de’migliori sostegni del romanesimo; e questo per
lui larga fonte di onori e dignità novelle, alle a lusingare ogni anima
per quanto cupida fosse e ambiziosa.
{Continua)
LA FESTA DELIA BAIZIGLIA
NELLE VALLI VALDESI.
I.
A coloro fra i nostri lettori che non sapessero che cosa si sia la Balziglia, noi
diremo essere questo un monte che ergesi, cinto da profondi dirupi, alla estremità N. 0. della Valle di S. Martiao, ed
ove nel 1C90, un pugno di Valdesi, tornati
daU'esiglio, valorosamente resistettero ad
un'armala regolare di più di 20,00u uomini tra francesi e piemontesi, capitanati
dal Catinai medesimo ; e con questa resistenza seguita da uua ritirala, che si può
dire miracolosa, umapamente parlando,
salvarono la Chiesa evangelica in Italia,
e chi sa quanti interessi con essa. Ed era
alio scopo di festeggiare una tale ricordanza, che per mezzo di una circolare
della benemerita Unione Valdese, la popolazione tutta delle Valli era stata convocata. E non in vano, chè fin dalla vigilia
torme di gente movevano dalla Valle di
Luserna verso quella di S. Martino, gl i
uni valicando i monti, gli altri meno intrepidi salendo per il basso, e tutti rice-
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vendo, come meglio si poteva, da quei
buoni montanari, quell’ospitalità cordiale
tutta propria del loro carattere.
Gran parte dei pastori e ministri raccolti in quel medesimo giorno a conferenza fraterna nel luogo di Pomaretlo,
imploravano sulla raunanza che doveva
aver luogo la benedizione di Dio.
L'indomani poi non era per anco spuntato il giorno, e di giài sentieri chc dalle
varie borgate poste sul pendìo dei monti
convergono al vallone di Massello, spesseggiavano di gente, uomini,donne, bambini, che vieppiù numerosi a misura che
si arrivava più in su, avvicinavansi frettolosi e colla gioia dipinta in sul volto ni
luogo del convegno.
È questa una prateria bastantemente
spaziosa che slendesi sulla sponda destra
della Germanasca, a mezzogiorno dei casolari ed appiè affatto della Balzialia che
tutta di là si scorge. Egli fu là, su quel
medesimo luogo ove circa due secoli fa
i Valdesi daH'alto delle loro rupi vedevano spiegarsi davanti migliaia di nemici
venuti per esterminarli, cbe in quel
giorno, scoccate le nove, più di 3,HOO
dei loro discendenti si trovarono raccolti
allo scopo di render grazie e pregare, e
colla contemplazione delle avite virtù,
rendersi vieppiù atti all’opera cui sentonsi chiamati nella loro patria. Erano fra
gl’intervenuti oltre quasi lutti i pastori e
minislri delle Valli, il sig. deputalo Malan,
parecchi forestieri di distinzione, fra i
quali i reverendi Roussel di Francia e
Noël d’Inghilterra, il sig. e la signora
llenderson di Glasgow, il doltore Thompson parimente di Glasgow, il dot. Marioli
di Basilea, il capitano Graydon agente
della società Biblica Britannica e forestiere, e di più varii italiani.
Il Vice Moderatore sig. Lantaret, chiamato all’onore della presidenza, 9prì la
seduta col ricordare il vero scopo di
questa convocazione, che se era da un
lato di festeggiare una gran memoria e
di rallegrarci nella contemplazione di
favori impartiti da Dio ai nostri padri,
da un altro doveva essere quello ancora
di penetrarci vieppiù degli obblighi solenni che tali memorie ci impongono, ed
ai quali sarebbe non che vigliaccheria,
prevaricazione e delitto il vulersi sottrarre.
Alla sua'allocuzione, che non possiamo
se uon abbozzare mollo imperfettamente,
tennero dietro prima il canto di un inno,
poi una fervida preghiera recitata dal
sig. prof. .Malan, in terzo luogo la lettura
di un salmo e del capo Xl.lll del profeta
Isaia ; quindi un altro canto: Il ritorno
dall'esùjlio ; poi la narrazione degli avvenimenti succeduti alla Balziglia, fatt.i dal
sig. Meille pastore-evangelista a Torino,
e finalmente il canto della Balziglia. Terminato questo, il Presidente pregò il Moderatore a voler presentare all assemblea
i fratelli forestieri, iì quali coll’unirsianoi
in similgiorno ci davano prova cosi commovente del loro affetto e dell'interesse
che ci portano.
Il primo presentato fu il reverendo
Roussel, al quale il Moderatore porse a
nome di lutta la Chiesa i più sentiti ringraziamenti per lo zelo con cui, durante
tre 0 quattro seltiraane, egli non avea
cessato dal bandire da tulti i noslri pulpiti la parola evangelica, pregandolo a
rivolgerci ancora qualche parola di eborlazioiuì prirns di lasciarci forse per
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sempre. Il pensiero che prese a svolgere
il Roussel, dietro tale invito, fu questo
deU’apoitolo S. Paolo (I Cor. I, 27j: che
Iddio ha scelto le cose pazze del mondo per
itvergogmre le savie, e le cose deboli del
mondo per isvergopnare le forti. Dopo
aver portato a conferma del detto apostolico la vittoria di Gedeone sui .Madianiti, la presa di Jerico, ed altri fatti tolti
ad imprestito cosi dal Vecchio come dal
Nuovo Testamento, n la Ual-iglia, esclamò egli, ci porge un esempio non meno
stiqiendo di questa verità. Quando i vostri padri erano là su quella rupe, mancavano forse a Dio i mezzi strepitosi per
liberarli? Non disponeva i'gli a tale effetto delle flotte dell' Inghilterra, della
Olanda, degli eserciti alleati avversi a
Luigi XIV e a Vittorio Amedeo, e pronti
sempre ad irrompere qualora Ei l’avesse
voluto? Ma di questi Ei non volle servirsi , ma bensì dei soli Valdesi. E non
già di quei 15 o 20,000 Valdesi che erano
prima del 1686, ma solo di quattrocento
fra di loro. E neanco ai quattroconto si
può dire ch’Egli abbia concesso la vittoria; ma, siccome ci è stato narrato, si
fu ad una donna cbe la concedette; e ad
una donna, osservatelo Itene, che non
era peranco Valdese di nascita, ma savoiarda convertita alla loro fede : e ciò
fece Iddio affinchè tutti comprendessero
ben bene cbe nè i molti, nè i pochi, nè
l’uomo, nè la donna furon quelli che
vinsero, ma Lui, il Signore, il medesimo
che dopo di aver respinti i nemici per
mezzo di uno stromento così debole ,
la notte stessa per mezzo di una cos^
più debole e piii inconsistente ancora,
per mezzo della nebbia, cbe non è Clic
un ¡po' d’acqua vaporizzata, salvi» la
Chiesa di Cristo in queste contrade dal
suo totale esterminio ! Gloria dunque a
Dio, al Signore, ed a nissun altro! —
Ora ¿0 seguitando la storia , fino ai
di nostri, e protendendola fìno nel
futuro, dico a voi, ciò che Iddio ha
(atto per lo passato, Egli lo farà ancora in avvenire. Egli abbisogna di
stromenti deboli, ebbene eccovi, eccovi in piccioi numero, ignoranti, poveri e senza influenza; ma appunto per
ciò Iddio vi vuole a suo servizio. E
quanto è più glorioso, più ammirabile
il servizio che oggi Egli richiede da voi,
di quello che richiedeva dai vostri padri!
Essi aveano caterve di nemici da respingere ; ma per voi al dì d’ oggi non si
tratta più di respingere nissuno,anzi si
tratta di andare in traccia..... di chi ?
dei figli stessi dei vostri persecutori,
per rivolgere i loro pensieri ed i loro
affetti a quel Signore che disconoscono.
Ecco, o fratelli, la vostra missione; missione più nobile, più santa, più sublime
che dir si possa. E la riuscita nou sarà
nè di voi, nè di me , nè di uomo al
mondo, ma di Dio, cosicché abbiano i
vostri nipoti ad esclamare insieme con
noi ; Gloria a Dio ! — Forse che io presumo troppo di voi? — No certo, perciocché io non aspetto niente da voi,
ma tutto da Dio. E quando io mi faccia
a contenq:)lare tutto ciò che Iddio ha
operato a prò di voi, i portenti coi quali
Egli ha conservato questo popolo attraverso secoli di sanguinarie persecuzioni,
io dico a me stesso : come mai Iddio,
cbe è perfettamente savio, avrebbe Egli
fatto tutto queslo per niente ? Ed in pegno di queir avvenire che è riscrbato
alla vostra Chiesa nel paese ove Iddio
10
l'ha posta, non 1’ avete fin d’ora negli
immensi beneficii che da qualche anno
a questa parte sono toccati alla patria
vostra? Ed il fatto solo ch’io, cha son
forestiere, posso senza un soldato, senza
un carabiniere che rae lo vieti, rivolgere
qui la parola a migliaia di persone pacificamente radunate, non vi dice nel
modo più sensibile qual differenza passi
fin d’adesso fra i tempi andati e quelli
che sono ? Andate, per sentire il vostro
privilegio, andate cercare nelle parti piii
ridenti della vostra beila Italia, a Napoli,
a Roma, a Firenze, uno che in presènza
di una folla come questa si ardisca di
parlare liberamente di Gesù Cristo , e
vedrete se vi riuscirà di rinvenirlo. No,
il nome di Gesù Cristo fa tremare di spavento i preti che colà imperano; e quelK
che invocano questo santo nome, se colà
li volete trovare, è nelle carceri oscure
che converrà che vi rechiate....
" All’opera dunque, o fratelli! all’opera, vale a dire alla preghiera, alla Bibbia,
ai vostri pastori che sempre rimastivi
fedeli nella raala fortuna, lo saranno ancora e tanto più ora che tempi migliori
•ono sórti su di voi. All’opera! e avanti!
Ma non mi stancherò di ripetervelo, ricordatevi che Iddio vuole stromenti che
si sentano « si riconoscano ciò che stmo
per se stessi, cioè deboli ; e se nella vostra debolez'za voi sventuratamente vi
credeste forti. Iddio vi schianterebbe. Ma
se sarete umili, come lo spero, se prima
d’imprendere di convertire gli altri, sentirete il bisogno di convertire voi stessi,
di accogliere nei proprii cuori quelle
verità che dovrete predicare al mondo, se
domanderete tutte queste cose a Dio,
Dio vele darà, efin d'ora io voglio doman
darglielo per voi».—Fino a questo punlo
gran parte degli uditori erano rimasti
seduti, ma quando la parola dell’oratore
cessò di rivolgersi agli uomini per rivolgersi a Dio, fu uno spettacolo commovente il vedere tutta quella moltitudine
alzarsi in piedi, scoprirsi il capo, ed
unire a quella dell’uomo di Dio la sua
orazione. (continua)
('ATECHISMO
INTORNO AL PROTESTANTESIMO
AD USO DEL POPOLO
|.er Gio. Perrone D. C. I). G.
(V. N°H).
II.
Tratta il Perrone, nella Lezione IV ,
degli autori e primi propagatori del pro~
testantesimo, e dal poco che abbiam loro
riportato precedentemente, possono i nostri leltori farsi un’idea del come sieno
trattali i Riformatori dal nostro catechista. 0 Melantone fu un ipocrita, simulatore , crudele, bestemmiatore e dedito
all’ astrologia giudiziaria. — Ecolampadio... «dopo aver disseminato l’eresia
in una gran parte della Svizzera, fu trovato morto accanto alla sua prelesa moglie ». — Bucero « fu un ex-frate, ohe
secondo il solito menò moglie... e fa disseminatore delle più infami dottrine. —
Beza poi fu un pubblico dissoluto, che
mise in versi le sue turpitudini per corrompere la gioventù ; fu inoltre mh tngannatore e sfacciato falsificatore della
Bibbia n. — Di questi e dei loro discepoli
■— chi morì di rimorso, chi terminò
nella disperazione , chi si uccise da se
siesso, dopo una vita più o meno miserabile e disperata.
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Lutero dopo di aver passato l'uliima
giornata di sua vila a Islebia, suapatria,
in lauto banchetto, tra buffonerie e risate,
fu la sera colpito di apoplessia, e morì
in brev’ora impenitente.... Calvino per
ultimo—mori disperato, bestemmiando
ed invocando il diavolo, di una malattia
la più vergognosa, ro$o dai vermi «.
Così scrive la storia, il gesuita Perrone, ad uso del popolo ! e pare che potesse bastare. Ebbene, no; ciò che sarebbe il sommo grado d’impudenza per
un altro uomo qualunque, noa basta per
UD gesuita, ed egli non si fermerà se non
quando avrà chiamato la culla della riforma, « una Greggia d’Epicuro sotto
ogni riguardo», assicurando per soprappiù il suo catechizzato, che tutte le cose
che gli racconta non solo sono vere,
ma stanno di molto al disotto della verità,
poiché per non esagerare, egli si è tenuto
al menomo !!!, p. 22.
Il moda in cui questo Protestantesimo
così orribile si sia stabilito, viene svolto
nella Lezione V, ed ecco come introduce
l’argomento il nostro Autore: «Una religione come quella dei protestanti, la
quale favorisce cosi potentemente le passioni, trovò subilo in ogni città ed in ogni
valle e borgata uomini maturi per abbracciarla con avldilà, cioè tulli i malvagi
che in ogni tempo si trovarono sempre
in abbondanza. Inoltre lutti i vani umanisti e grammatici formati ad una letteratura superficiale, ed avidi di gloria ed
insofferenti di freno, i quali col cervello
vuoto volevano farla da teologi, ingrossarono anch’essi le file dei ribelli in un
secolo in cui tutti aspiravano alle novità».
Aggiungete a questo l’avidità dei principi, che non favorirona la Riforma se
Doii per incamerare i beni della Chiesa,
e voi avrete, a detta del Perrone, il segreto degli immensi e colossali progressi
che la nuova doltrina fece in pochi anni ;
ed il popolo sarà avvertilo che i proteslanli son tulti bricconi e perturbatori,
fuorché quelli che « avvolti nel turbine
senza volerlo, e nou conoscendo nemmeno quale fosse questo nuovo Vangelo
che si dava loro ad intendere, seguitarono in buona fede, e come tradizionalmente, a conservare il fondo dell’insegnamenlo cattolico : questi sono coloro che
conservarono una certa colai probità nel
protestantesimo, perché ne ignorano le
dottrine corrotte ! »
La lezione VI traila della tolleranza
nel Protestantesimo. Voi, o lettori, credevate, e parecchi credevano con voi, che
si godesse assai maggiore tolleranza in
fallo di opinioni nella generalità dei paesi
protestanti, chc non là ove dominano i
preti di Roma ; ebbene disingannatevi,
chè siete in un grandissimo errore, ed è
il Perrone che ve lo dichiara. Se i protestanti sono tolleranti, egli è solo nel principio, e finché sono deboli : ma «appena
possono alzare il capo e prevalere, tosto
danno mano alle confische, ai bandi, ai
supplizi contro i cattolici senza pietà»-,
e se questi ultimi invocano alla loro volla
la tolleranza, i proteslanti « rispondono
colle irrisioni, colle beffe, cogli insulti ;
seguitano di piè fermo il loro sistema
della più barbara persecuzione ; fan sentire tulto il peso della oppressione, e lascian gridare chi grida, e piangere chi
piange, senza darsene per intesi ! >» —
Queslo, s’intende, è quello che fanno si
presente; ma volete sapere ciò che fecero per lo passato? Sentite ed ioorridit«:
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« Essi (i protestanti} banuo ìDcrudelito
con tale squisitezza di supplizii e di tornieoli contro i cattolici , che vinsero in
crudeltà gli stessi imperatori pagani. Il
ferro, il fuoco, gli aculei, le ruote, i lacci,
tutto fu messo i?i opera co?itro i cattolici
fedeli al loro Dio ed alla loro religione,
l proteslanti non perdonarono né a donne
né a fanciulli. Instiluirono inquisizioni
tremende periscoprire se si appiattassero
nei loro paesi, preti, religiosi ecc. ecc. ».
E così, grazie al padre Perrone, Il popolo pel quale egli scrive slmili bufTouate
(sarà persuaso che tutto ciò che i protestanti ban sofTerto per parte dei cattolici,
sono anzi quelli che l’han fatto soffrire a
(¡uestl ; e che perfino l’inquisizione è
stata dai primi inventala (e ciò tre o quattro secoli avanti che esìstessero) per
resterminazione dei secondi! Mi si trovi
queli’iionio cbe non sia un gesuita, e che
sia capace di scrivere tali cose!
Nelle Lezioni VII e Vili, l'autore passa a
discorrere primieramente dei fautori del
protestantesimo, ed in secondo lungo del
fine che si propongono i medesimi. In
quanto ai fautori, eccoveli descritti in
pochi cenni, ma significanti ; « Non volendo parlare dei demagoghi e dei rivoltosi d’ogni razza, e degli addetti alle
società segrete, i quali parteggiano pel
protestantesimo unicamente per disfarsi
del papa e dei re, i piii caldi fautori
della Riforma e del puro Vangelo sono
ordinariamente i callivi caltolici, la feccia più vile della società, e i più viziosi
ira i cittadini, i quali non praticano o
non hanno veruna religione,...............
cervelli vuoti, ignoranli di tutto,_____e
perciò che spetta a probità ed onestà,
»>)u avendone che l’apparenzi, « spesso
DOD avendo neanco questa, non essendo
in reallà che un sacco di vizii e di malvagità ».
Le persone cui si rivolgono questi fautori del protestantesimo per guadagnarle
alle loro teorie, sono in tutte le città le
persone « piii irreligiose e più scostumate >> che vi si trovino, «ed è questa
la caccia più preziosa che possono fare.
Girano come i cani affamati, che fiutano
ovunque sperano trovare qualche carcame, e quando l’ hanno trovato, vi si
gettano sopra con fame veramente canina
per divorarlo ».
La gioventù forma l’oggetto tulto speciale del costoro apostolato, ed ecco a
cbe stato essi la riducono : « In casa riescono disubbidienti e protervi, e formano
la croce dei loro genitori ; nel pubblico
compariscono baldanzosi, altieri, passeggiano con sopracciglio per le strade, niostran dispregio per chiunque non è inizialo nei profondi misteri da lovo appresi.
Nelle scuole riescono il flagello dei maestri e lo scandalo dei compagni. Nelle
chiese, se pur vi compariscono, affettano
a bello studio positure indecenti ed indevote. Insomma mostrano aldi fuori quello
che sono al di dentro, e recano il frutto
del seme pestifero gettato nelle loro menti
e nel loro cuore ».
Riguardo al fine che si propongono cotali fautori del proteslantesimo, egli non
può essere dubbio ; « Recare in Italia
l’irreligione e la licenza, il libertinaggio
e l’incredulità, ed infine it comuniSmo
ed il socialismo » ; ecco ciò che vogliono,
e niente altro.
Ora, noi lo domandiamo, è egli cosa di
cui si abbia a stupire, se genitori, i quali
le dottrine evangeliche e la loro influouza
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non le conoscono che per mezzo di lihri
così audacemPHte nicuizogneri come è
il catecliisniodel Perrone, si credono autoriziati, e più che autorizzati, coscienziosamente obbligati ad adoprare perfino la
violenza onde allonlanarne i loro tìgli che
vi si sentirebbero attratti ? — E dirsi che
cose simili le scrive mi prele, e quel che
pili monta le scrive a maggiore gloria di
Dio!! (Continua)
Sebbene ci asteniamo in genere dal pubblicare poesie nelle nostre colonne, crediamo tuttavia di dover fare una eccezioDe
a favore del seguente sonetto inviatoci da
persona che ba tult’altra professione cbe
non quella di scrìvere dei versi; che quindi non lo fa perchè ambisca una gloria letteraria che sa mollo bene non competerle,
roa solo, come ci scrive, per dare sfogo
ai sentimenti del suo cuore, e perchè sieno questi pochi versi come uo salato affettuoso e sincero che essa, che è novellamente convertila all’Evangelo, manda
ai suoi fralelli die si irovano nella medesima condizione. (Red.J
SONETTO.
Divin Gesù’, mio Sommo Unico bene,
Hen d’ogiiun che in te crede e ti desia,
Deh ! ti movi a pietà deU’alma mia
Che versa in mar delle più crude pene.
Mira con quali mostri mi conviene
Sempre lottar in questa mortai via !
Tutta in’è conlro l’infernal genì;i:
Cadrò, se il braccio luo nou mi sostiene.
0 buon Gesù’, che lanlo m’ami e lanto
Sperar mi fai nel luo glorioso seggio,
Deh, mi soccorri! deb, tu stanimi accanto!
Sì che il lion onde assalir rai veggio
Non mi morda e m'adduca allristo pianto;
Non vinceratnmi se con le guerreggio.
Torino 27 luglio 183Ì A. B,
NOTIZIE liELIGlOSK
Torino. — Leggesi uella Gazzetta Piemontese dtl 22;
■I Que.sla maltina poco prima delle ore
quattro, le monache Cappuccine usciroim
dal locale che occupavano in Torino per
recarsi a Carignano, nel convento delle
Clarisse, di cui una parie venne :id esse
assegnala per dimora. Il delto locale delle
Cappuccine è messo temporariamente a
disposizione del Municipio, per uso di
Lazzarello. Duole al Ministero dover dichiarare che tulle le istanze falle presso
l’autorilà ecclesiastica acciò consentisse
alla temporanea occupazione di delto locale, riuscirono vane.
— L'Armonia del 22 ci fa assapere che
monsignor Fransoni saputo appena in Lione losgomberamenlodi varii conventi per
parte dei loro abilanli, mandò al suo Clero l’ordinp di recitare 1’ orazione conlro i
persecutori della Chiesa , la quale è cosi
concepita: « 0 Signore! fiaccate, ve ne
u preghiamo, la superbia dei vostri nen mici, cd atterrate col valore della vo« sira destra la loro contumacia «.
Nizza di mare. — Non hanno dimenticalo i nostri letiori quella sconcia scena
avvenuta due settimane fa a Nizza, a cagione della sepoltura di una rispettabile
oltuagenaria evangelica. Leggano ora l’esordio di una leltera che l’indomani stesso
di lale scandalo , scriveva al figlio desolato della defunta un certo Don Nicola
Ugo Giuseppe, e ci dicano se sia que.slo
il linguaggio che si addice a chi si pretende ministro di Crislo :
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« Amato mio sig. G.....
« La giornata di ieri fu per me un col« po quasi mortale. Sua madre sepolta
« dai protestanti ! Dunque ia madre dei
u caro mio sig. G.....era rinnegala ! Dun
« que oggi essa è nell’inferno! Dunque
K per tutta una eternità sua madre si di
0 spererà uel fuoco, senza poter mai ces
« sare di esistere !.......»
Francia. Coste del Nord. — Il Témoin
de la Vérité, giornale stampato in Sainles, pubblica la lettera seguente, che gli
viene indirizzata da un evangelista di
Dinan, citlà di Bretagna.
« Il 22 del mese passato io sono stato,
come un vii reo, chiamato a comparire
dinanzi al tribunale correzionale di Dinan
per aver parlato dell’Evangelo e distribuiti alcuni trattati religiosi. Dopo alcune
rimostranze da parte del giudice, sono
stato coodannato a 100 franchi d’amraenda e alle spese. Sono stato condandato sulla deposizione di una donna, la
quale ha dichiarato che non mi avea mai
veduto, ma ehe avea sentito dire che io
avea delto che « fintantoché vi sarebbero
sottane, le genti sarebbero infelici». 1
preti s’immaginavano che una tal condanna con mancherebbe d’intimidire i
loro parrocchiani, e d’indebolire il mio
zelo; ma avvenne il contrario ; i loro
parrocchiani sono indignati di un tal processo, e da parte mia io ho preso doppio coraggio, e spero, colla grazia di
Dio, di far conoscere in questo paese ripieno delle favole della Madonna, la verilà del cristianesimo. Ho la contentezza
di annunziarvi che l’Evangelo è ricevuto
dai Bretoni; oggi, nel nosiro campo di
attività ne contiamo sette cbe hanno dato
il loro addio a Roma, ed ud numero
considerevole è beli’e pronto ad unirsi a
noi, quando il Signore giudicherà opportuno di darci un luogo di culto».
— Gli ultimi numeri dell’f/mwrs descrivono molli casi d’insubordinazione nei
ranghi della gerarchia romana, i quali
mostrano che l’ammirabile organizzazione
di cui Roma si vanta è lungi dallo aver
fatte scomparire lutte le dissensioni provocate dall’ambizionB e dalle pretensioni
personali.
Egli è così che il cardinale Wiseman ]si
trova cilato a comparire, pel IO agosto,
alle assise di Guildfort, dinanzi a giurati
protestanti, edè un prete dellasua diocesi
che accusa sua Eminenza. L’t/'nit'ers trova
cho questo è un processo assai scandaloso.
— VUnivers si lagna altresì di un abbate Moussa, che esercita scismaticamente
le funzioni di parroco a Porto-al-Principe, nell’isola di Haïti, benché sia stato
formalmente revocalo dal delegato apostolico, monsignor Spaccapietra.
Infine lo scisma della Cbiesa indo-portoghese continua a dare molta amarezza
M'Univers-. il clero indo-portoghese ricusa ostinatamente di sottomettersi ai vicarii mandati dalla Santa Sede, e l’arcivescovo di Goa lo incoraggisce nella sua
resistenza. VUnivers descrive quel clero
recalcitrante come dato in preda ad una
spaventosa corruzione. «I preti, diceesso,
comprano le voci dei loro parrocchiani
distribuendo loro danaro ed inebhrianti
liquori ».
— 11 giornale Archives du Christianisme pubblica il seguente documento, che
è un curioso saggio della manìa d’intervenzione nelle cose religiose, che possiedono certe autorilà municipali di Francia.
Si tratta di uu permesso d’ioumazioDe per
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UQ bambino protestante, cosi coDce|iito:
« Noi, Desjardins Carlo, maire (siadaco)
ed uiTiciale dell ostato civile della comune
di Danizy, cantone di La-Fère, distretto
di Laon [Ayo}, autorizziamo l’inumazione
di Dhubert TeoHlo-Enrico, dell’età di sedici giorni, mortp, per quanlo ne siamo
assicurati, il S giugno d8i)4, a 11 ore della
manina. Non vi sarà nè canto, nè sermone
durante il trasporto del corpo, nè al cimitero; non potrà esser falta che una
breve preghiera (due minuti) immediatamente avanti di togliere il corpo.
« Falto e deliberato in Danizy il selle
di giugno 1854, all ore della mattina ».
(Semaine religieuse).
Parici, 20 agosto.—Il processo del cardinale Wisemann a Londra, di cui si è
fallo un gran cicalare in questi giorni da
una parte della stampa inglese e francese,
merita, a mio credere, di altirare alquanto r attenzione del pubblico sia per l’alta
posizione delle persone in esso compromesse, sia per 1’ argomento dell’accusa,
sia per le cose che da esso si rivelano al1' occhio dell’accorto osservatore. Lascio
al voslro corrispondente di Londra la cura
di narrarvi gl’incidenti e le peripezie del
processo, e mi accontento a riprodurre
qui alcune delle considerazioni che un
mio amico irlandese, avvocato e cattolico
liberale, mi esponeva.
11 venerando Boyle è sacerdote zelante
che rifulge per castigatezza di costumi,
per carità cristiana e per rara eloquenza,
e se venne spedestato dell’impiego che
copriva in una parrocchia di Londra, non
lo fu certo perchè abbia mai fallito ad alcuno dei doveri che a degno ministro del
culto incombono. Ma egli è uno dei più
caldi fautori dei privilegi della Chiesa catlolica anglicana, e perciò si oppose per
quanlo era in lui alla nomina del cardinale AViseman ad arcivescovo di Westminster. Quest’alta carica non veniva per lo
addietro conferita che sopra la proposta
del clero anglicano-cattolico e sopra una
rosa di tre candidati che il clero suddetto
presentava alla S. Sede. Al sommo pontefice competeva lo scegliere fra i tre, ma
non il nominare a suo capriccio chi meglio gli talentasse, còme fece nella nomina del Wisemann. Il sacerdote Boyle adunque è riputato dai catlolici inglesi una
vittima deH’ullramontanismo, ed è perciò
da essi sostenuto caldamente. Non è a
credersi che il signor James suo avvocato
si dia per vinto dal giudizio che ebbe sfavorevole , perchè essendo in sua facoltà
di riproporre la queslione al nuovo lermine, che comincia in novembre prossimo, si dice che verrà riproposte e più ampiamente svolta.
A questo punto è mio debito notare una
cosa non lanto indiflerente, ed è che nel*
rIrlanda, paese intimamente cattolico,
r avversione per il cardinale Wisemann è
pronunciatissima : si teme ivi, non cerio
senza fondamento, che queslo prelato trami di soppiatto di porsi a capo del caltolicismo nei tre regni britannici, distruggendo così di un sol colpo i privilegi della
Chiesa irlandese , e disautorando questa
nazione che secoli di persecuzione non
valsero a condurre ad aliiurare il callolicismo. Gli Irlandesi, alteri a giusto lilolo
della loro pertinacia e del loro coraggio
io mezzo ai pericoli che loro seppero suscirare i protestanti, meritano ed esigono
maggiori riguardi dalla curia romana.
(Parlamento).
16
CROXACHETTA POIITÌCA
Torino. Lo stato sanilario della napitale seguita ad essere soddisfacente, sovraltulto in riguardo alle provincie ove
il morbo asiatico infierisce in un modo
più che ordinario. I casi dì cholera vi
sono stati dalla mezzazotte del 21 a quella
del 22, di 22, e i decessi di ìì -, dalla
mezzanotte del 22 a quella del 23 , casi
■18, decessi 9; in questo numero sono
compresi ancbe i sobborghi ed il territorio di Torino.
Genova. 11 Bulletiino sanilario del 23
porla 92 casi e SG morii. Nella provincia
oasi 55, moni 28.
Napoli. 1 decessi di cholera nei giorni
15,16, 17 sono stali in quesla cillà di
199, 149, 180.
Parigi, 21 agosto. — 11 Moniteur pubblica un proclama indirizzato da S. M. I,
ai soldati ed ai marinai dell’armata d’Oriente, ove si felicilà della costanza e
dell’ energia colle quali essi hanno sopportato la molestia di un formidabile
flagello, e spera coll’aiuto di Dio veder
ben presto diminuire i mali ed aumentare
la gloria. 1 colpi portali dalla Francia e
dall’Inghilterra saranno decisivi.
Spagna. — 11 patriarca delle Indie ha
ricevuto l'ordine di lasciare Madrid e di
fissare per ora la sua residenza ad Asterga.
Il padre Fulgenzio, noto per la parie che
ha preso or sono alcuni anni negl’intrighi di palazzo, ba pure ricevuto l'ordine
di lasciare Madrid. — Si procede al disarmo di tutte quelle persone che uon
appartengono alla guardia nazionale, mentre si spinge attivamente l’armamento di
qupsta, Le elpzioni sono sH’ordìne del
giorno. Il ministro di grazia e giustizia si
dice stia preparando un progetto di legge
per la soppressione completa dei gesuiti,
e delle altre comunilà puramente religiose. Le ultime nolizie di Barcellona sono
rassicuranti.
Mar BAi.Tico — L’attacco di Boiiiarsund, al dire della Patrie, incominrialn
il 15, è stato sospeso due volte. Il primo
forte è stalo investito dai cacciatori di Vincennes dopo una lotta abbastanza l ini.’.' .
I russi pèrdettero molta gente in quella
faiione.
Gli abitanti delle i.sole Aland hanno fatto
alle truppe anglo-francesi il più simpatico
accoglimento. Hanno messo spontaneamente a disposizione del corpo d’occupazione i loro bestiami, ed ogni altra rosa
necessaria alla vita.
DISPACCIO ELETTRICO
Parigi, 23 aposto
Vienna, 22. — Gli austriaci sono enirati
nella Valacchia il 20; occuperanno Bufh.v
rest il 5 settembre; Sbrigate si preparano
a porsi in marcia per occupare la Moldavia.
Dispaccio dell'ammiraglio Parceval.
Appena le squadre ebbero comincialo a
far fuoco per secondare, l’esercito, la fortezza si è arresa. .Mille prigionieri furono
imbarcati per Brest ; mille furono messi a
disposizione deU’ammiraglio Napier. — Si
attende la relazione generale del fallo.
Direttore P. G. MEILLE.
Grosso Domenico gerente.
TIP. SOC. DI A. POJÌS K COMP.