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I
Anno 119 - n. 49
16 dicembre 1983
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
LA CHIESA PROTESTANTE CONTRO LA CREAZIONE DI UNA DIOCESI CATTOLICA A GINEVRA
Disco rosso per il vescovo
Una concezione gerarchico-politica derivata dal Medio Evo non consente ancora che I episcopato cattolico sia ricondotto alla sua sola e unica funzione legittima: quella pastorale
E’ stata saggia la decisione delle chiese evangeliche di Roma, e
della Federazione, di non partecipare a! culto ecumenico che si
è svolto i’il dicembre nella Chiesa luterana con la presenza —
e una predicazione — del papa.
La decisione è stata saggia perché, tra tante confusioni ecumeniche, è stata chiara, anche se
spiacevole nei confronti dei fratelli luterani.
Si tratta anzitutto di stile. C’è
un modo di essere chiesa che,
proprio perché c’è di mezzo il
papa, appare troppo distante dal
nostro modo di concepire la chiesa come una « comunità di egruali », lontana il più possibile dai
centri del potere, dell’autorità,
del prestigio. Quando le due
chiese si incontrano facendo perno proprio su quella figura che
per i cattolici è determinante e
centrale, c’è sempre chi vince e
chi perde; c’è una parte istituzionalmente debole che perde, al di
là della buona volontà e dei propositi più smeeri, e un’altra parte che vince. La parità desiderata
si rivela impossibile. I gesti simbolici, come quest’incontro tra
un papa e una comunità luterana, perdono la loro forza perché
sfuggono di mano ai promotori
e non dicono più quello che nelle loro intenzioni essi volevano
dire. Anche lo spiegamento della
polizia, le transenne, i biglietti
di invito, la perquisizione all’ingresso, diventano fatti teologici
sui quali riflettere. Che è mai
dunque questo « fratello » che ci
viene incontro? E’ veramente
possibile parlare con lui e incontrarlo da uomo a uomo, da fratello a fratello, come tutta la liturgia e lo svolgimento del culto
vorrebbero? Oppure egli rappresenta ormai soltanto una chiesa
che è diventata una struttura
forte, un potere, al quale segretamente ci inchiniamo e che forse, sotto sotto, qualcuno invidia?
Ma non era soltanto una questione di stile. E’ la figura stessa del papa e del suo ministero
nella Chiesa romana, con la sua
proposta di farsi un ministero
per tutte le chiese, che costituisce il centro stesso del problema ecumenico. Su questo centro
non è lecito lasciare uno spazio
a incertezze, o dare l’impressione che si tratti di cose opinabili
e, con un po’ di buona volontà,
superabili.
E’ vero che i luterani di Roma
hanno fatto il possibile per ridimensionare la portata dell’incontro insistendo sul suo carattere locale (che è stato rigorosamente rispettato) e dichiarando
aUa stampa che questo invito
non significava un riconoscimento dell’autorità del papa. Essi
hanno anche voluto elencare
esplicitamente prima dell’incontro quali erano 1 punti controversi dell’attuale situazione ecumenica, indicando soprattutto l’impossibilità dell’intercomunione
e la questione dei matrimoni misti. Sono stati gesti di chiarezza
evangelica, da tenere presenti.
Eppure il risultato finale, il messaggio che ne è emerso, non è
stato chiaro. Forse che la pace
tra le chiese è cosa fatta e il papa può essere ormai riconosciuto come « vescovo dì Roma »?
Giorgio Gìrardet
« Lo scandalo di una divisione
profonda tra cattolici e protestanti è altrettanto intollerabile
quanto la sospensione dei colloqui per il disarmo tra russi e
americani che si è verificata nella
nostra città ». Così un ginevrino
ha commentato indignato la risposta negativa che il « Concistoro», l’organo esecutivo della Chiesa nazionale protestante di Ginevra, ha dato alla Chiesa cattolica che, nella persona del vescovo di Friburgo, l’aveva interpellata a proposito della eventuale
creazione di una diocesi cattolica
con sede vescovile a Ginevra. Il
settimanale « La vie protestante »
ha dato notizia della risposta del
Concistoro pubblicando integralmente la dichiarazione e registrando, il numero successivo,
un coro di proteste soprattutto
rivolte al titolo infelice con cui
la redazione aveva presentato il
documento (« No al vescovo, sì
all’evangelo! »). Ma se le prime
reazioni sono appunto negative,
non si può dire per questo che
la dichiarazione del Concistoro
prescinda dalia realtà della chiesa. Al contrario, il documento
specifica che la risposta è stata
data àolo ora — dopo un lungo
dibattito di cui abbiamo dato
qualche notizia anche sul nostro
giornale — a causa del « procedimento tipicamente riformato
della consultazione delle parrocchie che costituiscono questa
chiesa ».
Motivazione
E’ quindi sulla base di uno studio preparato da un professore
della Facoltà di teologia di Ginevra e di un documento di studio
preparato dal segretario generale
della Chiesa di Ginevra che i singoli consigli di chiesa hanno
espresso il loro parere. Per la
quasi totalità si è trattato di un
parere negativo. Su che base?
Nel riferirne, il documento distingue tra elementi teologici e
elementi storico - politici. Meno
interessati a questi ultimi, riportiamo la posizione del Concisto
ro relativa alle ragioni teologiche
del rifiuto.
« Il Concistoro riconosce che
la funzione pastorale del vescovo trae la sua legittimità dal
Nuovo Testamento, qualunque
sia il luogo in cui è esercitata.
Quanto alla funzione politica o
temporale del vescovo, che è
esercitata storicamente nella
Chiesa d’Occidente sia dal sommo pontefice come capo di stato,
sia dal suo rappresentante come
vescovo del luogo, essa non^ò
essere legittimata né dal‘’NuOTO
fp^FmriSlTfòrTie dalla tradizione
della Chiesa dei ~primi~~secoli.
Fònaandosi suTfa-parÓla di Dio
attestata nella Scrittura e richiamandosi alla fede della
Chiesa antica e delle sue
prime confessioni di fede, le,
Chiese riformate si sono volontariamente distanziate da una
concezione dell’episcopato diventata spesso di tipo « vescovo^principe », concezione che era il capolavoro del sistema gerarchico
della Chiesa cattolica romana. In
forme diverse esse hanno gene
TEMPO DI AVVENTO - 3
Una chiamata che è speranza
«Ho chiamato mio figlio dall’Egitto» (Matteo 2: 15)
La fuga di Giuseppe con la sua
famiglia in Egitto è qualcosa che
si può ben comprendere, dinanzi
alla volontà sterminatrice di
Erode.
Dovendo fuggire da Betlemme
era infatti meglio andare a sud,
cioè verso l’Egitto, piuttosto che
a nord verso Gerusalemme e la
regione che Erode dominava.
Ma quali difficoltà doveva contenere quel viaggio con una donna ed un piccolo lattante! Attraversare valli, deserti, spiagge lungo il mare, salire e scendere colline, forse con penuria d’acqua, di
giorno sotto la sferza del sole, al
freddo e nella solitudine di notte. E pericoli vari di animali vaganti, di ladri in agguato, di soldati di pattuglia. Giorni e giorni
di difficoltà per giungere poi dove? Nella grande e popolosa Alessandria, centro commerciale e
culturale d,ove si incrociavano
tante razze, lingue, dialetti, costumi, ma con la difficoltà, per dei
provinciali, stranieri, di trovarsi
in una metropoli sconosciuta?
Ovvero in qualche località di
campagna nella bella e fertile valle di Goscen, dove in antico già
dimorarono gli antenati? Ma non
era ancora più difficoltoso abitare in un villaggio col rischio di
essere subito individuati?
Certo la giurisdizione di Erode
non poteva giungere fin là in
Egitto. Ma per affrontare quella
romana ci voleva altrettanto coraggio per le eventuali inchieste
della polizia, che certamente controllava i punti di passaggio per
esigere un qualche tributo. Un
viaggio difficile dunque e pieno
di incognite.
Non c’è esperienza della vita
che, seppur triste, non insegni
qualcosa e non induca a riflettere sul senso della nostra esistenza e della volontà che Dio esercita su di essa.
Così Matteo, piuttosto che soffermarsi sui particolari della vicenda umana che tanto a noi
avrebbe fatto piacere leggere, ha
voluto narrarci questa storia solo perché noi ne rilevassimo l’importanza profetica.
Nella vita di Gesù si fonde e si
riassume la storia stessa del popolo d’Israele. Dio ama questo
popolo come si ama un figlio. Gesù che è il figlio di Dio viene per
incarnare la fedeltà del popolo
al Padre suo.
Così la discesa in Egitto va
letta, come deve essere letta dai
credenti tutta la Scrittura, non
con l’accento sarcastico dello
scetticismo, ma col tono trepidante della fede.
L’Egitto è il simbolo del mondo che vuole tentare e sedurre il
popolo di Dio. L’Egitto è il paese
che simboleggia la realtà in cui
gli uomini non sono più liberi e
responsabili. E’ il paese della
schiavitù che annulla il senso
della vita. E’ il paese dei morti,
simile allo Scéol, dal quale bisogna guardarsi verché può sedurre con l’astuzia d’un aspide
che uccide.
L’Egitto è anche una terra ambigua. Perché rappresenta uno
scampo, in esso si può sopravvivere, anzi è la vita. Lo è stata
per Abramo, per i figli di Giacobbe, per Giacobbe stesso quando
vi si stanziò, per il profeta Uria
e per altri ancora. Per tutti l’Egitto è stato necessario. Eppure
l’Egitto è il luogo del peccato e
della morte.
Sembra quasi che nella storia
d’Israele sia stato necessario
sguazzare per qualche tempo nel
fango e nell’abbondanza dell’Egitto, per poi esserne tratti fuori.
Non pochi vedono nel racconto della fuga della famiglia di Gesù in Egitto, una voluta coincidenza con la vita di Mose che nella sua infanzia subì pericoli simili a quelli di Gesù. Gesù allora
sarebbe il nuovo Mosé venuto
per guidare il popolo degli schiavi verso la vera libertà.
Ma forse nel viaggio, di colui
che è la speranza del popolo, verso il paese della morte c’è anche
un altro significato. Cristo, fin dalla sua origine, è il servo dell’Eterno, che viene ad assumere
su di sé le responsabilità del popolo infedele che lo condurranno
alla morte sostitutiva.
Fuggendo in Egitto, se egli
scampa ad Erode, non scampa
però al destino di riassumere in
sé la storia d’Israele.
Egli, fin dal primo momento,
scende obbediente in Egitto, nel
mondo del peccato e della morte, per uscirne più tardi quando
i suoi nemici saranno sconfitti.
Certo nell’aria c’è ancora l’eco
Odoardo Lupi
(continua a pag. 2)
raímente difeso una concezione
dell’episcopato le cui funzioni
sono strettamente pastorali e
vengono esercitate collegialmente, per quanto esistano dei vescovi riformati, nell’Europa orienta-le ». Il Concistoro prosegue osservando che anche oggi
le Chiese riformate continuano
a interrogarsi sulla validità delle
prerogative e dei poteri accordati al vescovo (ordinazione, amministrazione del sacramento
della cresima, direttive nell’insegnamento e nel diritto canonico).
Il Concistoro constata perciò le
difficoltà che ne derivano ad un
riconoscimento da parte cattolica della funzione episcopale e
del ministero pastorale quali sono ammesse dalle Chiese riformate e della validità della Santa Cena da esse celebrata. « Queste difficoltà — conclude il documento — sembra che non saranno superate se non quando,
nella strada aperta dal ConciUo
Vaticano II e a seguito del dialogo in corso tra le diverse Chiese, la funzione pastorale del vescovo, ed essa sola, definirà l’essenza del ministero episcopale e
il suo esercizio ».
Incomprensione?
C’è chi ha rilevato che i ginevrini non hanno capito la domanda del vescovo di Friburgo
e hanno risposto come se fosse
stato loro chiesto di accettare la
concezione cattolica dell’episcopato. Ma se la domanda aveva un
senso al di là della semplice cor^
tesia (essendo evidente che ogni
chiesa si organizza al suo interno
come meglio crede), poteva il
Concistoro non affrontare il problema teologico del ministero
episcopale? In questo campo —
con argomenti che possono essere giudicati più o meno fondamentali — il (Concistoro ha dato
una risposta riformata che in
fondo non è ristretta alla sola
diocesi che comprende Ginevra.
Se voi ci chiedete se siamo d'accordo sull’istituzione di un nuovo seggio episcopale cattolico —
si potrebbe dire allargando la
questione — noi come riformati
non possiamo che esprimervi
tuttora il nostro parere negativo
perché sulla base del Nuovo Testamento non riconosciamo la
legittimità della concezione g^
rarchica. monarchica e^g^lSffF
e vi vediamo uno dei maggiori
ostacoli del dialogo ecumenico.
Le prime reazioni alla presa di
posizione del Concistoro della
Chiesa nazionale di Ginevra sono
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 2)
Una strada per il
Signore
A pagina 8 pubblichiamo la predicazione tenuta dal pastore Oiristoph
Meyer In occasione della visita di
Giovanni Paolo 11 e una dichiarazione della Federazione Chiese Evangeliche.
2
2 fede e cultura
16 dicembre 1983
MANIFESTAZIONI SU LUTERO A GENOVA NELL’ARCO DI UN ANNO
Belle occasioni di testimonianza
Come nelle varie località dell’arco ligure nel quale vi sono
comunità protestanti, le nostre
chiese genovesi hanno ricordato
con insistenza la figura, il messaggio di Lutero: a se stesse, e
alla cittadinanza. Più indietro
nel tempo se ne era rievocata la
vicenda. A primavera il prof.
Paolo Ricca era venuto a tenerci ima originale e vivace presentazione di « Lutero secondo Lutero », contro le varie « maschere » di Lutero create interessatamente da detrattori e sostenitori. Quindi il past. Gino Conte
aveva presentato « Lutero e la libertà. del cristiano ». Ogni volta
Tinvito, rivolto dalle chiese vaidesi e metodista della città,
era stato accolto da un buon
pubblico e il luogo di culto di
Via Assarotti si era riempito.
Quest’autunno, lieti che anche
la locale chiesa luterana si sia
associata al nostro programma,
abbiamo prima avuto, in occasione della « festa della Riforma », ima bella presentazione
di « Lutero e il canto corale
della Riforma » da parte del
prof. Ferruccio Corsani. Valendosi di una ricca e appropriatissima serie di audizioni musicali (gli ascoltatori avevano in
mano, policopiata, un’accurata
documentazione), egli ha inquadrato l’opera poetico-musicale di
Lutero e l’avvio del ricco filone
del corale luterano, caratterizzandoli nei confronti del canto
ecclesiastico precedente e sottolineandone il vincolo profondo,
organico con la Parola di Dio,
e la forma corale, comunitaria
(anche pedagogica). Un aspetto
meno noto, ma di grande importanza è stato così lumeggiato
a noi e a un buon pubblico di
’estranei’.
E infine abbiamo avuto ancora una presentazione, da parte
del past. Gino Conte, di quello
che non tutti riconoscono, ma
che a noi pare sia la chiave di
volta della Riforma: « Al cuore
del messaggio di Lutero; la giustificazione per fede ». La giustificazione per grazia, mediante la
fede: non uno fra i tanti punti
della dottrina cristiana, protestante, e come tale forse integrabile con cautela, in una sintesi cattolica, bensì chiave interpretativa dell’intero rapporto
con Dio, e dunque con il prossi
mo, con la chiesa e con la storia.
Un pubblico oscillante fra le
100 e le 180 persone ha seguito
tutte queste conferenze, e ogni
volta si è avuto un momento
prolungato, a tratti vivace, di dibattito. Numerosi, sempre, gli
estranei, ai quali è stata pure
presentata una scelta di libri di
e su Lutero, mentre l’atrio del
nostro luogo di culto era tappezzato di una serie di bei posters preparati e diffusi per l’anno luterano dal Goethe Institut.
Queste manifestazioni, proposte alla cittadinanza con locandine sugli autobus urbani e con
annunci alla radio e stampa locali, coincidendo le ultime con
le ’aperture’ pontificie, ci hanno
poi valso alcuni inviti. Una parrocchia cittadina ha organizzato
in un cinema capace, « Araldo »,
una rievocazione di Lutero, con
una presentazione a due voci:
10 storico gesuita Millefiorini e
11 past. Conte. Il tempo non è
stato molto e si è potuto toccare solo qualche punto fondamentale, ma la serata, caratterizzata
da serietà e schiettezza, ha certo
servito a chiarificare molte cose, anche rispondendo a varie
domande e affrontando vari problemi avanzati nel dibattito prolungato. Il pubblico, costituito
da almeno 500 intervenuti —
molti i giovani — è rimasto praticamente compatto e interessato fino a sera avanzata. All’ingresso grandi banchi — l’uno
cattolico, l’altro evangelico, curato da Sergio Rastello — offrivano una larga scelta di pubblicazioni, e molte sono state quelle acquistate.
Infine, rinnovandosi occasioni
già più volte occorse negli ultimi anni, il past. Conte è stato
invitato a parlare di Lutero e a
colloquio con gli studenti, in due
contesti scolastici molto diversi:
prima in tre classi magistrali
dell’istituto Ravasco, retto da
religiose, poi al liceo scientifico
di Voltri. Nel primo caso, nelle
tre classi, su invito dell’insegnante di religione, mezz’ora di presentazione e mezz’ora di domande e risposte, su Lutero, ma anche su aspetti più vasti e vari
del protestantesimo; sempre in
assoluta libertà e piena schiettezza, e di questo clima ospitale si
dà atto con grato apprezzamento. La settimana dopo, quadro
Una chiamata
(segue da pag. 1)
dei pianti per la morte degli innocenti di Betlemme, ma se il
dolore non può trovare in questo
viaggio in Egitto una risposta immediata, può almeno udire l'annuncio di una promessa di speranza e di vita ed aggrapparsi ad
essa:
« Ho chiamato il mio figliolo
dall'Egitto ».
Quando più tardi, circa trenta
anni dopo, Gesù uscirà dall'immersione nelle acque del Giordano, ancora una volta, all'inizio
della sua predicazione, così come
accadde all'inizio della sua vita
con la discesa in Egitto, egli darà
un altro segno che è venuto per
prendere su di sé il peccato del
popolo ed anche il peccato del
mondo.
Ma solo la croce sarà il vero
discendere nel paese della morte
per liberare tutti gli schiavi e
condurli verso la libertà. E quando il Padre potrà dire: « Ho chiamato il mio figliolo dall'Egitto »
risuscitandolo. Egli sarà in grado
di ridare vita a tutti i morti, sarà in grado di condurre con sé i
risorti verso la terra dove abita
la giustizia e la pace.
Così il tema di Natale, le complicate e sorprendenti vicende
dei primi giorni di vita di Gesù,
diversissimo: una vasta palestra
a gradinate, a Voltri, e almeno
150 ragazzi di sei classi terminali
del liceo scientifico; poteva essere nella fossa dei leoni, il pastore valdese: invece sono state due
ore molto vivaci e piacevoli. La
riunione era stata organizzata
dai professori di storia e filo
sofia; 35 minuti di presentazione,
quindi un fuoco di fila di domande, rivelanti per lo più un interesse e anche una sensibilità e
una preparazione notevoli, inattesi; e in due ore filate non è
stato necessario neppure un ricfiiamo da parte di un insegnante: da non credersi! Sono occasioni in cui molti pre-giudizi vanno a farsi friggere, lietamente.
Così, non ha avuto del tutto
mano libera, a Genova, l’interpretazione che di Lutero ha dato — senza contraddittorio — il
card. Siri, in una conferenza al
« Quadrivium ».
Gino Conte
UN BILANCIO CATTOLICO SU LUTERO
Modesto teologo?
possono trovarsi ad essere strettamente collegati alla conclusione della sua vita, ai giorni di Pasqua, quando l'Innocente subirà
un martirio immeritato, ma liberamente accettato in sostituzione
e per amore di tutti.
Natale, Pasqua, Pentecoste non
devono essere ciclici, limitati avventi utili per scandire il tempo
della vita cristiana. Sono piuttosto le parti d'un tutto che dice: « Dio è amore ».
Questo Dio è con noi, vicino a
noi per liberarci dalla paura, dal
male, dalla oppressione della
schiavitù e dagli amari pianti per
la sorte atroce degli innocenti.
Questo Dio è un Dio che vuole
la pace tra gli uomini e che vuole
vivere in pace con gli uomini.
« Ho chiamato mio figlio dall'Egitto » significa dunque: speranza! Perché quelli che desideravano la sua morte non ci sono
più. Significa che il debole ha
vinto il forte, il semplice ha vinto il furbo, il povero ha vinto
l'oppressore, il pacifico ha vinto
il violento.
Se la vita di colui che si è identificato con l'umanità è scampata, anche la vita dell'umanità, se
si conformerà a lui, al Cristo, potrà essere salvata.
Odoardo Lupi
Martedì 8 novembre presso la
Libreria Queriniana di Brescia,
il teologo prof. Franco Molinari,
docente di Storia Moderna presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha presentato il suo
ultimo lavoro. Si tratta di un
agile studio a carattere divulgativo di pp. 32, su Martin Lutero
ieri e oggi — Elementi per un
bilancio nel 5° Centenario della'
nascita (Ediz. ELLE DI CI - Leumann, Torino).
Il pregio di questo volumetto,
oltre al suo contenuto, è costituito appunto dal suo carattere
djvulgariyp; non traftandosi
quìfididi un’opera che approfondisce i vari temi e quindi resta
circoscritta ad ambienti specializzati, ci auguriamo che possa
avere la più ampia possibile diffusione e sia presa a modello dagli insegnanti di religiònèTìglle
sgtóle.'
^òpo una rapida analisi degli
sjudi più squalificanti dell’uomo
e delTa~sùa'operàT'cla'Cocleus in
poi, il prof. Molinari afferma
che con l’opera classica di Joseph Lortz (La Riforma in Germania) e quella deH’Iserloh, ormai la storiografia cattolica ha
carattere scientifico e con serie
analisi su Lutero, il suo pensiero, la sua azione, è pervenuta ad
una rivalutazione che si approfondisce sempre più, riconoscendo valide e perfino indispensabili almeno alcune ragioni della
sua protesta.
A nostro avviso, come abbiamo fatto rilevare nel dibattito
che è seguito alla presentazione, il pur pregevole studio del
Molinari presenta delle lacune
e tende, sulla scia della interpretazione dello studioso Ricardo García Villoslada (che ha condensato mezzo secolo di ricerche su Lutero in due volumi
pubblicati nel 1973), a privilegiare l’aspetto "religioso” di Lutero: « Lutero è modesto come
teologo, è grande come pastore
d’anime. La pastorale è il suo
capolavoro. Lutero fu un re del
pulpito, ed è stato un gran maestro di preghiera ».
Le conclusioni sono però quelle solite di tutti i più recenti studi rivalutativi. Lutero ha giustamente reagito contro gli abusi
delle indulgenze. Lutero ha combattuto contro un « cattolicesimo che non era càtfòliBBX Intefèssantiri^punti in cui” l’Autore
demolisce i luoghi comuni della
NOVITÀ’
PHILIP HALLIE
«Il tuo fratello ebreo
deve vivere!»
Un villaggio e il suo pastore nonviolento nella resistenza
8”, pp. 304, 18 ill.ni f. t., L. 15.000
— Il coraggio della fede; l’eccezionale vicenda di un villaggio protestante delle Cevenne e del suo pastore nonviolento, André Trocmé, che si mobilita per la salvezza di migliaia
di profughi ebrei durante la Resistenza.
— Una « storia vera », appassionante come un romanzo,
che pone quesiti precisi alla nostra coscienza etica attuale.
« Uno dei rarissimi libri che possono incidere sul modo in
cui abbiamo impostato la nostra vita » (« Harper’s », N. York).
« Dopo Olocausto, questo sarà un altro best-seUer, tanta
è l’umanità, tanta è la ricchezza ideale di questo racconto
che ha il sapore della verità ad ogni pagina» (P. Gordan
OSB, in «Freiburger Rundbrief»).
CLAUDIANA - Via Pr. Tommaso 1
ccp 20780102
10125 TORINO
TELEVISIONE
Uccelli
di rovo
polemica antiluterana, dal « pecca forti ter » (di cui spiega il vero significato) al concetto di salvezza per la sola fede, senza le
opere. Deboli, a nostro avviso,
alcuni punti in cui, con Mons.
Klein, membro del Segretariato Vaticano per l’unione dei cristiani, il Molinari indica le « zone di convergenza tra cattolici
ed i figli della Riforma ». Tra
questi: la sottolineatura della
« teologia della croce » e il ruolo
dei laici e del sacerdozio universale. Deboli, dicevamo, perché a proposito della « teologia
della croce » il teologo Brunero
Gherardini (nel suo ampio ed
accurato studio su Theologia
Crucis ■■ L’eredità di Lutero nell’evoluzione teologica della Riforma) non esita ad affermare
(pag. 16) che questo concetto
« ...ha in comune con l’uso cattolico della formula poco più
che le parole ». Ed in quanto al
ruolo dei laici e del sacerdozio
universale (senza dubbio rivalutato dal Concilio Vaticano II),
resta pur sempre vero che la
teologia cattolica distingue tra
« sacerdozio universale » (che
comprende anche i laici) ed il
« sacerdozio ministeriale » (risei*vato ai sacerdoti).
Nonostante queste nostre riserve, resta valido il giudizio positivo che abbiamo dato all’inizio di questa presentazione.
Enrico Corsani
Prete prima, poi vescovo e infine cardinale, il protagonista di
« Uccelli di Rovo » (film tratto
dal romanzo della scrittrice qjnerican^ Collen McCollough, màhdatò m onda sul Canale 5, in una
lunga serie di puntate), sceglie e
risceglie « Dio » — termrnèTOrTfifflellTerimpTòprib usaìoTìèT'filrn
:per dire7Ma~CHIesar'oWeTcT <rla
càriTfflfa~~HCctesiasìlCa' »~——ironos'Tnùt5~5'conffb"ùìrpfofondissimo
amore che lo lega a una splendida creatura australiana: 'Vmmi
mora^dncT^bariiBina^ la segue
con il suo amore ■— sempre cor
risposto — per tutta la vita.
Amore spirituale ma anche fisico: nascerà un figlio dal loro rapporto, che, seguendo le orme del
padre — non rivelato — si farà
prete anche lui.
Al di là del patetico e drammatico del lungo filmato, emergono due considerazioni.
La prima: la possibilità autentica di un amore capace di resistere ad ogni avversità, ad ogni
lontananza, ad ogni sofferenza,
ad ogni altro evento della vita.
La seconda: l’assurdità di un
celibato imposto“ar'clCTo’Tatto
Tico, cli5~'SSffDca-g~carica^'Sofferénze e assurde rinunce, in nome di Dio, ciò che di più
Mio Dio ha donàfo~~nJte^'SIte
creatùfg;—EAmòrg'MléTèga nei
gÌSsp^iù vero e profondo due
vite.
Lato positivo del film: l’amore
del prete^vescovo-cardinale non_è
mai vissuto con « senso del peccato », nonostante la~conSapevo
( segue da pag. 1)
lezza della trasgressione ai voti;
questo rende ancora più tragica
la continua rinuncia che diventa
da sé denuncia della disumanità,
spesso lacerante, del celibato
che la Chiesa cattolica continua
a richiedere ai suoi servitori.
G. Gand.
Disco rosso
in gran parte in chiave negativa
e accusano la chiesa ginevrina
di chiusura. C’è però da chiedersi se il termine « chiusura » e il
suo opposto « apertura » siano
adeguati. In base ad essi, in una
valutazione ecumenica corrente,
le chiese manifesterebbero posizioni reazionarie e conservatrici
(ieri l’episcopato francese sulTintercomunione, oggi la Chiesa di
Ginevra sulla creazione della nuova diocesi); mentre i teologi che
hanno composto attraverso i decenni l’ormai famoso BEM (il documento di Lima che esprime il
massimo accostamento sui temi
del Battesimo, dell’Eucaristia e
del Ministero) evidenzierebbero
posizioni progressiste e avanzate.
Ma è giustificata un’ottica e
una valutazione di questo genere? E’ in fondo questa la questione centrale che abbiamo di
fronte nello studio che le nostre
chiese stanno conducendo quest’anno sul documento di Lima.
Può darsi che, nell’attuale momento ecumenico, siamo portati
a scegliere una riformulazione,
rigorosa e non polemica ma soprattutto preoccupata della propria ortodossia, delle posizioni
confessionali, oppure una composizione delle rispettive formulazioni confessionali nel sapiente
e dosato mosaico del BEM. Ma
può anche darsi che siamo spinti su nuove strade da un’acuta
nostalgia per un profondo rinnovamento della Chiesa di Cristo
che né Tuna né l’altra di queste
due possibilità sembrano proporsi come ansia e passione dell’essere cristiani nel nostro tempo. F. Giampìccoli
3
fede e cultura 3
16 dicembre 1983
RISPOSTA DEL MODERATORE AL PRESIDENTE CRAXI
« E LA NAVE VA » DI FELLINI
Riaffermiamo ie esigenze
espresse dai Sinodo
Indifferenti verso
la fine di un’epoca
In data 12 dicembre il moderatore Bouchard ha inviato al
presidente del Consiglio dei ministri Craxi la lettera che qui
di seguito riproduciamo. A questa risposta ufficiale facciamo
seguire un primo commento che apre il dibattito.
Onorevole Signor Presidente,
La ¡ingrazio cordialmente, anche a nome degli altri membri
della Tavola valdese, per la lettera che Lei mi ha indirizzato in
risposta al messaggio invìatoLe
10 scorso agosto dal Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste.^
Le siamo grati per l’attenzione con crii ha voluto esaminare
11 messaggio del nostro Sinodo,
e per la lettera, ampia e circostanziata, con cui vi ha dato risposta, malgrado i tanti impegni di governo che gravano su
di Lei
Abiaiamo reso noto questa Sua
risposta alle Chiese valdesi e
nictixìiste ed alle altre Chiese
et'angeliche d’Europa nella certezza che essa contribuirà ad
una ulteriore approfondita discussione sul poblema vitale della pace.
Noi ci rendiamo ben conto che
le responsabilità di un governo
Le imnungono una linea di attenta valutazione delle forze che
sono in campo e delle conseguenze, anche lontane, delle pro
prie decisioni. Tuttavia, nell’ambito delle nostre responsabilità,
ci sembra doveroso riaffermare
le esigenze espresse dal nostro
Sinodo, che non solo nascono da
una profonda preoccupazione
per la pace, diffusa in tutta la
cristianità evangelica, ma rappresentano un tentativo di risposta alle obiettive difficoltà
della situazione internazionale di
oggi, dove la violenza cresce ad
un ritmo spesso incontrollato e
sempre inaccettabile.
In questo quadro, ogni iniziativa di pace che il Suo governo
assuma, può avere grandi conseguenze positive, e contribuire a
disinnescare la spirale di violenza e di paura, in cui il nostro
paese è ormai coinvolto. In questo senso va il nostro augurio e
anche la nostra preghiera a C(>
lui che è al di sopra di tutti noi.
Con un cordiale augurio per
lo svolgimento del Suo ministero politico.
al prestigio, alla « sicurezza », alla potenza (ma questa parola non
viene mai pronunciata) che non
allo spirito di comprensione e
collaborazione mondiale ed alla
giustizia fra individui e popoli.
Ne consegue che, proprio come
credenti — e senza tema idi farci
strumentalizzare — dobbiamo
portare avanti i nostri dibattiti,
le nostre azioni per il disarmo.
La lettera di Craxi si pone pròprio m^jinio optx>sto di quello
che hir~sSnbi^ debba essere il
sentimento di uiTcrtìdenLe.
Ho scoperto che il pastore protestante cbe appaiò con tanto
di facciole e toga nelTultimo ffim
Come si può~prefSSl®é (parafrasando im noto i>asso dell’Evangeio) di chiedere al nostro
vicino di « levarsi il missile dall’occhio » quando il nostro occhio
si riempie di missili? La lettera
poi prosegue dicendo che la maggioranza degli italiani «non ~si
rTcbn5s5ere5bè~Gièll'iinllaterah.tà» ~
dèi disamio nucIeareTMa una recentissima inchièsta di un settimanale ci ha informati che solo
il 14,3“/o degli italiani è favorevole all’installazione dei missili a
Oomiso: è un ennesimo caso di
distacco fra‘~ir~FSese regie ed i.
suoi U'ùinmi politiciJII^
Per la Tavola valdese
il moderatore Giorgio Bouchard
Ma — per rimanere alla lettera, ed anche per non essere troppo lun.go — il punto più preoccupante ed inquietante è proprio quello finale, quando viene
affermata la volontà di trattare,
L’utopia di Craxi
La risposta del presidente del
Consiglio Craxi alla lettera inviatagli dal nostro Sinodo mi ha favorevolmente colpito. Mi ha cioè
fatto piacere che quest’uomo, 'così pressato da gravi ed innumerevoli impegni, abbia trovato rm
momento di tempo per rispondere alla suddetta lettera. Ciò premesso, e tralasciando la prima
parte della sua risposta relativa
al documento del C.E.C., debbo
dire che Craxi non poteva dare
una risposta diversa da quella
che ha dato, in coerenza alla politica attualmente praticata dal
l’attuale maggioranza al potere.
Un primo risultato comunque è
stato raggiunto: Roma conosce
esattamente come la pensano le
Chiese valdesi e metodiste sulla
questione del disarmo e delia
pace.
Ma un secondo risultato non è
da trascurare: questo « carteggio » fra Chiesa e Potere credo
debba profondamente rafforzarci nella nostra azione di credenti su questa vitale questione. I
partiti, nella loro stragrande
maggioranza, perseguono ima politica che guarda molto idi più
« senza delegafe~5jmte a nessu- '
poliTQuesta, si. e vcramaite irtopia; se questo giudizio pare troppo azzardato, basti pensare solo
alla questione che più .cd tocca
da vicino: i missili di Comiso sono armi americane che saranno
usate solamente dagli americani. In un mondo (che già oggi è
in grado di autodistruggersi par
recchie volte) queste nuove armi
non solo non sono moralmente
accettabili in quanto strumento
di sterminio e quindi di offesa,
ma a loro volta, oltre ad aver
causato la rottura delle trattative di Ginevra, provocheranno fatalmente all’Est nuovi provvedimenti di riarmo, in una escalation senza fine, o meglio, fino all’apocalisse finale.
Roberto Peyrot
grPellinili E la ñiveriíínrsnMa;
ma Pertica e fa il g'iOTHalista al
Messaggero. E^ lui — uno dei
cento strani volti che popolano
il film"— che legge il salmo 23
(in traduzione cattòlicaT~mentre
il vento sparge sul märe le ceneri del soprano Edmea. Per
compiere questo rito funebre un
gruppo di amici della famosa
cantante, tipici rappresentanti
della 'belle epoque’, si imbarca
da Napoli sulla « Gloria N. ». Siamo nel luglio del 1914: la crociera tra pranzi lussuosi, collane,
esercizi lirici, discorsi futili, adulteri, è ’rovinata’ "dàlFaccoglimentò' a bordo di un gruppo di
poveri naufraghi serbi fuggiti,
dopo l’attentato di Sarajevo, di
fronte all’avanzata dell’esercito
austroungarico. Il contrasto tra
i ricchi signori, che schifati relegano su un angolo áenarTolda
recintato il proletariato naufrago, è tipico di Fellini (come non
ritrovare questa digerenza di
classe in certe scene di ’Amarcord^).
Ma fin qui sarebbe niente se
improvvisamente non apparisse
sul mare di plastica, lattiginoso
(come le nebbie di Amarcord) la
corazzata austroungarica cne richiede il gruppo serbo riparato
sulla ’Gloria N.’ a titolo di prigionieri di guerra. Mentre le
scialuppe scendono per avviare
il triste popolo naufrago al suo
destino di morte, la niù giovane,
bella e virgínea figura traTnasseggeri seguii iimamoràta, un
le nostre paure, della nostra cattiva coscienza. L’unico essere per
il quale, nel film, si piangerà. Si
tratta, insomma, di un film divertente, attraversato da una
grande carica creativa. In questi
mesi « E la nave va » per i suoi
simboli, le sue allusioni e suggestioni è stato al centro di grosse discussioni tra cultori e conoscitori di cinema.
Mi pare che uno degli elementi caratterizzanti quesfultima
opera di Fellini sia l’atmosfera _
di ecatombe finale. Si"Tjarla dèi'"
igmnaT^iflìcilè non cogliere
chiari riferimenti all’oggi: i lunghi cannoni della corazzata austroungarica di ieri sono i missili a testata nucleare di oggi...
Ma al di là delle allegorie, rip^
to, l’atmosfera ò quella di oggi.
L’opulento e soddisfatto mondo
òccidencale ■CDnTr'Suù bagaglio
giovane" serbo che, più tardi,
compirà un gesto tragico ma risolutivo.
Partono le prime cannonate,
la ’Gloria N.’ con un fianco
squarciato lentamente cola a
picco mentre il rito funebre, com’era stato previsto, prosegue.
Dal naufragio si salverà soltanto il giornalista-cronista Orlando (una simpatica figura da letteratura inglese alla Conan Doyle) che durante tutto il film, con
un po’ di pedanteria, racconta e
annota i fatti più salienti. Si limita a registrare soltanto ciò
che è evidente. E sulla barca che
lo porta al largo, con lui c’è anche il rinoceronte, il móstro del
occidMU^p-CDii 11 suo^ oagagno
arbOnsiimi e ’grandi possibilità’
sta viaggiando verso il tragico
incontro con una nuova corazzata austroungarica. A bordo
tutto continua come prima ma
in realtà, dietro l’apparente normalità, la nave comincia ad imbarcare acqua. E anche quando
lo si avverte nessuno fa una piega. E’ il viaggio di un’umanità
indifferènte, che non sa piu reagire hé ìncllgnarsi forse perché
superabituata a sentire racconti
di catastrofi e tragedie e a vederne le immagini. DaU’umanità
borghese e decrepita che affonda con la 'uionà N.’ — simbolo
di un’epoca come il mitico Titanic — cantando i più bei brani della lirica italiana, sino al
gruppo dì slavi profughi e disperati rematori sotto i tiri della
corazzata, c’è tutta la gamma di
situazioni umane che impariamo a conoscere attraverso gli
’Orlando’ del nostro tempo :
giornali, radio, televisione. Eppure il film di Fellini, se l’ho car
pito, non è un invito alla rassegnazione. Il fatto stesso di iroriizzare^^lla fine di un’epocaT
•gnl Tiiodo di fare informatone
tradisce la voglia di andare avanti con una mentalità nuova, che
butti a mdfé~ rindmerenza, il
formalismo, l’ipocrisia. Se è cosi allora si può veramente dire:
grazie Fellini!
Giuseppe Platone
A differenza della n^iicoanalisi
classica, volta al aà avvenuto,
in quShtò « dîrëïta allô studio
dell’ inconscio strutturato dalle
rimozioni e perciò codificato nel
passato », la psicosintesi, nella linea degli sviluppi della più recente psicologia umanistica è
« diretta allo"studio HélTìhconscio plastico creabile dal pensiero», appare volta al futuro, al potenziamento delle capacità inespresse deH’uomo ed alla sua rèafizzazionè quale"unità biq-psicospirituale. In tale^offìcà" si pone
liâïïrSTBSggio Gilot*, studiosa di
psicosintesi e metafisica vedanta^
e insegnante àT psicosmtesi in"
Italia e negli Stati Uniti, con la
sua proposta di una genuina visione sintetica della totalità umana nella sua creatività sempre da
riscoprire, rivalutare e condurre
alla piena espressione delle sue
molteplici potenzialità, allo scopo di giungere a quella realizzazione che sostanzia la vita di scopi e valori nuovi, in quanto è intesa come meta che trascende le
esperienze del quotidiano e la
struttura logica delTapproccio alla realtà fenomenica. Il volume
pertanto non vuole essere altro
che « un capitolo della psicologia
dell’uomo sano... al fine di sottolineare le motivazioni dello sviluppo della personalità e di favorire la lettura dei disturbi nsicologici 4el livello ’’alto” dell^
psìch5rT*cui~coTiteriiitL ’ìpiritiiali
sono"^ polari rispetto a quelli
TRA I LIBRI
Cos’è ia psicosintesi?
istintuali » (p. 16). L’argomentare è rigoroso e condotto in modo da presentare in rapida sintesi non solo il cammino compiuto
dai classici delFindagine psicoanalitica fino ai moderni fautori della psicologia umanistica
(cfr. il cap. su « Le nuove vie
della psicologia », pp. 19-36), da
Freud ad Assagioli, da Jung a
Maslow, da Fromm a May e a
Frankl, ma ancl®"e so-prattutto
in modo da evidenziarne i punti
di contatto, nelle intuizioni e nei
contenuti, con la filosofia orientale e lo yoga. Le argomentazioni
prioste e là metodologia terapeutica indicata dalTA. si pongono pertanto in un’ottica che
non esitiamo a definire sincretista, esse nascono infatti « dalla
c'Snfluenza di tre ordini di studi;
la psicologia analitica, la psicosìntesl e la filosofia orleHfale »
(p. ib), in particolari la metafisica vedanta, confiuenza che appare particolarmente significativa in quanto è stato accertato, ed
il volume non manca di darne le
prove a conferma, che « le esperienze sottolineate dalla cultura
orientale rientrano nelle esperienze trascendenti studiate dal
la psicologia transpersonale :
(p. 30).
In tale contesto si situano anche gli interessanti paralleli che
TA. non manca di evidenziare,
con alcuni aspetti della mistica
cristiana, le cui affinità contenutistiche con la filosofia orientale
sono innegabili (cfr. ad es. p.
73, 137 s) e con i moderni dati
scientifici offerti dalla fisiologia,
dalla neurofisiologia (cfr. ad es. p.
172 ss, 178 s) e dalla fisica quantistica.
Certo non tutto ci è parso convìncente, ad es. il parallelo proposto tra la concezione tridimensionale dell’uomo: «conscio-inconscio - superconscio », secondo
la definizione psicosintesista, e
la classica concezione di una triplicità documentata nell’induismo, nel vedanta, nella dottrina
cristiana della 'Trinità e nella
concezione plotiniana dell’uomo
corpo - anima-'Spirito (cfr. p. 38);
né ci sentiamo di condividere la
definizione che l’A. dà della realtà della morte, intesa come « processo alchemico di scioglimento
di una materia grossolana in una
più sottile » (p. 44).
Eppure il volume, corredato di
una ricca bibliografia con ben 148
titoli di opere specializzate sulr argomento, (p. 237-240) non
manca di fascino, suscita attenzione e induce a ulteriore riflessione. Infatti, se è vero che l’uomo è una unità bio-psico-spirituale, o per usare termini a noi più
familiari, è « uno » nella totalità
della sua persona, {si pensi alla
antropologia di Genesi 1-2 che
esclude ogni dualismo di marca
greca), è altresì vero che esiste
una stretta interdipendenza tra
manifestazioni fisiche e spiritua
li, cioè tra corpo e spirito, e
taìr
somatizzazione dei diversi sta
dell’io Tie'"e prova~coirFtacehté“
■■quanto dolorosamente attuale,
basti pensare al fenomeno delle
malattie psicosomatiche dalla
fhultif5rme~sihtomatologià^ Perciò, quando TA. sostiene che ogni
livello di manifestazione umana
nella sua « espressione contiene
energie non sviluppate e inattive » (p. 77), ci rende attenti al mistero « uomo », cioè al mistero
che ciascuno di noi è, e che non
può essere risolto sbrigativamente con una riaffermazione sic et
simpliciter dei presupposti filoso
fici o religiosi che sono specifici dell’ottica antropologica che
ciascuno di noi condivide, sia
per semplice inconscia acquisizione di moduli intellettuali, sia
per convinzione criticamente
acquisita. Il problema uomo non
può essere sottratto a priori alla
complessità problematica insita
nelle nuove proposte di soluzione
avanzate da discipline a noi forse ancora estranee ner contenuti
e terminologia e, forse proprio
per questo motivo, avvertite come elemento scomodo e uresenza
impertinente. E poiché la « neurologia conferma che solo il dieci per cento del cervello è conosciuto e analizzato: il resto giace
come una miniera ignorata e tutta da scoprire » (p. 77), l’approccio al problema vitale della CTarigione - salvezza (i due termini in
OTgññrEomcidónoLhhe si pone in
f^rnini di corretto rapporto tra
terapia e messaggio salvifico, che
ad essa è strettamente collegato
anche nell’ottica biblica, e pertanto è fondamentale per ,la cura d’anime del malato ad es.,
può indubbiamente essere facilitato e ricevere un apporto utile di riflessione e di chiarificazione dal contributo che Laura
Boggio Gilot ci offre in Questo
volume. Giovanni Scuderi
1 Laura Boccio Gilot, Psicosinlesi
e meditazione. Psicologia transpersonale. Edizioni Mediterranee, Roma,
1983, p. 240, L. 12.000.
4
4 vita delle chiese
16 dicembre 1983
CORALE DI VILLAR - BOBBIO PELLICE
T.E.Y.
Tre concerti di corali luterani
■X
L’opera teologica e creativa di
Martin Lutero è stata ancora una
volta illustrata dalla Corale di
Villar-Bobbio nel corso di tre
concerti che hanno espresso la
medesima realtà in contesti
estremamente diversi tra loro.
A Milano la Corale ha presentato in chiesa un concerto che,
per sua natura, per il tempo e
per il luogo, era destinato a coinvolgere sostanzialmente persone
già preparate e direttamente interessate alla problematica luterana.
La domenica mattina invece ha
visto la Corale esser direttamente parte integrante del culto nella chiesa di Bergamo. Il canto
luterano ha infatti sostituito, per
oculata scelta del pastore Neri
GiampiccoU, buona parte della
liturgia domenicale. Il canto, dunque, non è stato solo accompagnamento ma — come la tradizione luterana insegna — parte
integrante e corpo portante del
culto comrmitario.
L’esperienza di Brescia, infine,
ha avuto ima spiccata fuhzione
esegetica. Il concerto, orgaifizzato dal Comune di Brescia, ha visto forze politiche e religiose,
molto eterogenee contribuire ad
una scelta culturale legata al cinqueccntesimo anniversario del riformatore. La splendida sala seicentesca interamente restaurata
ha fornito ima cornice particolarmente simpatica con il lavoro
della Corale. Un pubblico attento, costituito anche da parecchi
cultori di musica religiosa —
protestanti e cattolici —, ha permesso al Direttore Dino Ciesch
e alla Corale di lavorare in un
clima « caldo » ed estremamente favorevole ad un’esibizione rigorosa e coinvolgente.
Interesse musicale, momenti di
vita comunitaria, motivazioni di
fede, si sono potute fondere felicemente in una mini-tournée
che ha lasciato la sua piccola ma
importante traccia.
P. C.
ARMONIE
DI
NATALE
La Corale Valdese di Torre
Pellice offre un pomeriggio di
musiche, canti e pensieri sul
Natale, la domenica 18 dicembre 1983 alle ore 15 nel
Tempio Valdese di Torre Pellice.
Al termine del concerto tutti
sono cordialmente invitati per
fraternizzare attorno ad una
tazza di thè, alla Foresteria
Valdese.
Viaggio
in israeie
,« Testimonianza Evangeiica Vaidese »
conferma il viaggio in Israeie dai 15
al 27 marzo 1984. li costo del vfigglo”
(cÌreè aperto a tutti) è di lire 570.000
più €10 doiiari. Ail'atto deli'iscrizione
si chiede di versare L. 200.000. Le
iscrizioni e ia caparra vanno indirizza
te a Ade Gardioi - Viaie Trento 14
10066 Torre Pellice, Tel. 0121/91.277
oppure al pastore Giovanni Conte
10065 San Germano Chisone - Tel
0121/58614.
La partenza è prevista da Torre Pei
iice, Torino e Roma. Si viaggerà con
Alitalia; i posti sono già prenotati.
li viaggio è organizzato dal pastore
Gérard Cadier con moita cura, affinché ne rimanga un ricordo indimenticabile. Sottolineiamo che tale viaggio
non vuol essere una semplice impresa
turistica ma un'occasione per visitare
la Palestina con la Bibbia alla mano.
VI sono già parecchie iscrizioni. Si
invita chi intende aderire a fario ai più
presto. Per la partecipazione non necessita nessuna vaccinazione, occorre
unicamente ii passaporto individuale.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Il corso di animazione biblica della FFEVM
Con un’intera giornata ospiti
delTU,F. di Lusema S. Giovanm è terminato domenica 27/11
il corso di animazione biblica
indetto dalla PF.E.VM. del I Distretto che ha visto la partecipazione di rappresentanti di
quasi tutte le Unioni delle Valli.
Per quattro giovedì consecutivi dal 20/10 al 10/11 si sono
ritrovate a Pinerolo per studiare l’argomento : « La donna nella Bibbia » che è stato diviso in
quattro parti; 1) la creazione;
2) le donne testimoni della resurrezione; 3) le donne nelle
epistole paoline; 4) la samaritana.
Il tema veniva presentato dal
pastore Luciano Deodato, quindi le partecipanti si dividevano
in gruppi di studio per poi ritrovarsi tutte insieme per le conclusioni. Oltre al lavoro delle
quattro riunioni il past. Deodato aveva prima guidato la preparazione delle conduttrici dei
diversi gruppi.
A lui vada un sentito ringraziamento per la disponibilità, la
chiarezza e la competenza nell’esporre i vari argomenti sperando che questo lavoro possa
produrre benefici effetti «a cascata » quando le partecipanti
al Corso si faranno « animatrici » nelle rispettive unioni.
Nota nuova sono stati quest'anno i momenti musicali e
ritmici che pure potranno rientrare in futuro nel campo di attività delle nostre Unioni.
Anteprima
RORA’ — Quasi una « anteprima» a Rorà, sabato 26 novembre : il « gruppo del XVII »,
di Luserna San Giovanni, ha
presentato un suo originale allestimento di «Lutero », tratto
da John Osborne, che verrà replicato a San Giovanni per il
prossimo 17 febbraio. Molto apprezzati anche Tallestimento e
la scenografia, dal pubblico, non
numeroso ma attento, che ha
seguito la rappresentazione.
• La corale di Rorà ha partecipato il l” dicembre alla riunione quartierale delle Fucine
con un suo programma di inni
e canti tradizionali. Domenica 8
ha incontrato gli ospiti dell’Asilo di San Giovanni, accompagnata anche dal canto dei bambini, e da alcuni pezzi suonati
dai più giovani flautisti. Un ringraziamento a ospiti e responsabili dell’Asilo per la bella ospitalità offerta.
• Il laboratorio artigiano col
legato con il museo riprende la
sua attività, anche con la collaborazione della Comunità Montana. Le iscrizioni sono aperte.
Si prevede lavorazione del legno,
intreccio, tessitura, mentre i
più piccoli stanno lavorando alla fabbricazione di burattini, e
gli animatori stanno mettendo
a punto un teatrino artigianale,
Domenica 18 dicembre avrà
luogo, nel pomeriggio, 11 bazar
natalizio delle Fucine: tutti sono cordialmente invitati.
Emilio Barai
FERRERÒ — Una gran folla
si è raccolta nella chiesa valdese, martedì 6 dicembre, per accompagnare alla sua ultima dimora Emilio Barai, deceduto a
74 anni. Alla famiglia vada il
pensiero affettuoso di tutta la
comunità, con le parole di speranza nella resurrezione.
Riunioni
ANGROGNA — Con le riunioni di questa settimana (Capoluogo, Martel, Prassuit, Odin) e
della prossima: il 19 al Serre, il
20 ai Jourdan e il 21 a Cacet si
conclude il ciclo su Israele. Dopo le festività, su richiesta dell’assemblea, inizierà un ciclo sul
tema della pace oggi. Da domenica 18 verrà messa in distribuzione « La Sentinella » con il calendario natalizio e altre informazioni interne. Sempre domenica 18, mezz’ora prima del culto, prove di canto delle Scuolfe
Domenicali in Cappella.
Riunioni d’Avvento
SAN GERMANO — Ecco il
calendario degli incontri d’Avvento e di Natale: mercoledì 14
dicembre le sorelle dell’Unione
femminile hanno avuto il loro
incontro natalizio ; venerdì 16
dicembre le sorelle si sono ritrovate all’AsUo dei Vecchi per partecipare con gli ospiti della casa
al culto d’Avvento; sabato 17 dicembre, alle ore 20.45, nel tempio, la corale della Val Germanasca e la nostra organizzano
una serata natalizia. La colletta
sarà, a favore del «progetto
S. Salvo » ; venercfi, 23 dicembre,
ore 20.30, culto comunitario di
avvento con canti ed inni preparati dalle varie attività della comunità. Colletta a favore dell’Asilo dei Vecchi di S. Germano;
domenica 25 dicembre, ore 10,
culto di Natale con Santa Cena ;
lunedì 26, ore 14.30, festa di Natale dei ragazzi con tutta la comunità. Colletta a favore dell’Asilo dei Vecchi di S. Germano;
sabato 31 die., ore 20.30, culto
di fine d’anno con Santa Cena;
domenica T- gennaio ’84, culto di
Capodanno alle ore 10.30.
• Domenica il dicembre la
nostra Corale ha ;^rtècipato ad
un incontro natalizio nel tempio dei Chiotti, assieme alle Corali di Frali, Ferrerò, Villasecca.
Diciamo un sincero grazie ai fratelli della Val Germanasca per
la calorosa accoglienza ricevuta.
• Sempre domenica 11, nella
nostra sala, la banda musicale
ci ha offerto un bel concerto ricco di meiodie e di ritmo, simpaticamente presentato da due
giovani e ottimamente diretto
dal maestro Sergio Comba. Grazie ai suonatori per questa sorpresa che hanno fatto a tutti 1
sangermanesi.
Studi biblici
BOBBIO PELLICE — Questo
anno ecclesiastico ha portato
con sé una novità nella nostra
comunità, alcuni fratelli e sorelle hanno espresso la esigenza
di avere un momento di studio
biblico per approfondire la conoscenza della Bibbia. Questo
ciclo di incontri, indipendente
dalle riunioni quartierali, ha
scadenza quindicinale e affronterà il tema dell’A. Testamento
affrontandone le tematiche e i
personaggi più importanti.
• Il giorno 4 dicembre, nel
corso del culto domenicale abbiamo avuto la gioia di invocare la benedizione del Signore
sul matrimonio, celebrato poco
prima civilmente, di Wilma Gay
e Franco Taglierò. Alla sposa,
membro della nostra comunità,
e allo sposo, che la comunità
ben conosce per aver svolto le
funzioni pastorali per un lungo
periodo di vacanza pastorale,
vadano i migliori auguri di noi
tutti.
• In occasione del Natale la
nostra comunità è invitata a
questi appuntamenti:
Domenica 18 dicembre : ore
10.30 culto dei bambini della
scuola domenicale. Ore 12.30:
pranzo comunitario cui sono invitati i bambini coi loro parenti
e amici... Nel pomeriggio; giochi e intrattenimenti vari per i
nostri allievi delle scuole domenicali.
Domenica 25 dicembre, ore
10: Culto di Natale con celebrazione della S. Cena.
Riuscito pomerìggio
VDULASECCA — Nel pomeriggio di domenica 11 abbiamo
potuto trascorrere piacevolmente insieme alcune ore di comunióne fraterna con le corali dell’alta Val Germanasca e con
quella di San Germano. Un’ora
di musica e canto. Un abbondante rinfresco a cura della nostra unione femminile e canti
popolari hanno concluso il pomeriggio cui ha partecipato anche una rappresentanza delle
comunità viciniori. La colletta
di lire 179,330 è stata devoluta
all’opera di San Salvo.
• Domenica 18 dicembre alle
ore 10 si terrà l’assemblea di
chiesa per l’elezione del secondo membro del Concistoro per
Chiotti.
• La comunità e l’Unione femminile in particolare augurano
a Clot Villielm Giovanna una
buona riuscita dell’intervento
chirurgico cui verrà sottoposta
nei prossimi giorni.
Natale, segno di pace
TORRE PELLICE — Sabato
17 dicembre le comunità evangeliche (chiesa valdese, dei fratelli, avventista, ed Esercito della Salvezza) si ritroveraimo per
una meditazione comune sul tema « Natale, segno di pace ». Vedere programma nella rubrica
calendario.
Concerti
TORRE FELLICE — Venerdì 16 dicembre alle ore 21 presso il Tempio Valdese: Concerto dei Madrigalisti di Praga: « Il Natale neII’Euroi>a del Medio
Evo >. Musiche di H. Schütz: La Storia
di Natale; C. Monteverdi: Madrigali
guerrieri et amorosi (dall’Ottavo Libro).
venerdì 16 dicembre
□ PRESENTAZIONE
DI CNT
PINEROLO — Alle ore 21 nel locali
del Comitato di quartiere di San Lazzaro, in Via Rochis 3, è in programma
un incontro in cui saranno presenti alcuni redattori di Com Nuovi Tempi, il
quindicinale di fede, politica e vita quotidiana che, da molti anni, rappresenta
in Italia una voce evangelicamente critica e propositiva alTinterno delle chiese cristiane.
Da pochi mesi CNT, passando da
settimanale a quindicinale, ha avviato
uno sforzo di rinnovamento che ha
bisogno dell'apporto, anche critico, dei
lettori.
La serata, però, offre ai partecipanti
un momento di riflessione sulla « Teologia della liberazione » e, nello stesso
tempo, permette uno scambio di idee
sulla nuova esperienza in atto da sei
mesi appena. Saranno presenti Luca
Negro e Ramos Regidor della redazione
romana di CNT.
sabato 17 dicembre
□ NATALE
SEGNO DI PACE
TORRE PELLICE — Alle ore 15.30 presso la Biblioteca Valdese si tiene un incontro delle comunità evangeliche della
città (avventisti, fratelli, valdesi. Esercito della Salvezza) col seguente programma; Preghiera; Coretto; Presentazione dell'incontro;
Pace nella sofferenza (Esercito Salvezza); lettura biblica; riflessione; Inno.
Pace tra i popoli (Avventisti); lettura biblica; riflessione; Coretto.
Messttggio
Gesù, Signore della Pace (Comunità
Fratelli); lettura biblica; riflessione.
Pace e giustizia (Valdesi); lettura biblica; -riflessione; Inno.
Conclusione con preghiera.
□ MUSICHE NATALIZIE
SAN GERMANO CHISONE — Le Corali della Val Germanasca (Prali, Perrero, Villasecca) con quella di San Germano, presentano una serata di musiche natalizie per coro e organo nel
tempio di San Germano, alle ore 20.45.
□ TELEPINEROLO
CANALE 56-36
Alle ore :9 va in onoa la trasmissione • Confrontiamoci con I tvangelo
la cura di Marco Ayassot, Attilio Fornerone e Paolo Ribeu.
n ASSEMBLEA
CENTRO SOCIALE
PROTESTANTE
PINEROLO — Alle ore 21 nei locali
di via dei Mille 1 si tiene l'assemblea
del CESP per discutere le iniziative
future.
domenica 18 dicembre
□ RADIO KOALA
FM 96.700 - 90300 - 93700
Alle ore 12.30 (circa) : Culto Evangelico a cura delle Chiese Valdesi del II
Circuito.
lunedì 19 dicembre
□ INCONTRO PASTORALE
TORRE PELLICE — Il prossimo incontro pastorale del r Distretto avrà
luogo presso la Casa Unionista, con
Inizio alle ore 9.15.
— Riflessione biblica.
— Documenti di Lima su Battesimo,
Eucaristia e Ministero.
— Questioni organizzative.
giovedì 22 dicembre
□ INCONTRO
FCEI-COMUNITA’
DI BASE
PINEROLO — Presso il Centro Sociale di San Lazzaro (via Rochis 3) Incontro pubblico sul tema della situazione
In Libano. Studio biblico e celebrazione
della Santa Cena.
PARTECIPAZIONI
PERSONALI
La Comunità di Villar Perosa si rallegra con la sorella Marilisa Bessone,
che ha conseguito la laurea in materie
letterarie alla Facoltà di Magistero di
Torino.
5
16 dicembre 1983
vita delle chiese 5
CONVEGNO DEL IV DISTRETTO A MONTEFORTE IRPINO
NUOVO DIRETTORE ESECUTIVO ALL’AWAS
Un progetto di testimonianza Frank G. Gibson
nelle contraddizioni del sud
I lettori dell’Eco-Luce ricorderanno che il sinodo ’83 a conclusione dell’ampio dibattito sul
mezzogiorno, dava mandato alla
Commissione esecutiva del IV Distretto:
« — di procedere, in collaborazione con i circuiti del Mezzogiorno, alla elaborazione di un
progetto di presenza evangelica,
nel quale venisse precisato Fimpiego delle risorse umane e materiali necessarie affinché essa
possa qualificarsi airinterno di
processi di trasformazione del
Mezzogiorno;
— di curare in questa linea, in
accordo con la Tavola, la ricerca
e la formazione teologica di quanti sono chiamati ad animare e a
sostenere tale iniziativa;
— di ricercare la collaborazione piena della FCEI e delle Chiese evangeliche presenti nell’area
meridionale » (art. 12 Atti sinodali ’83).
La CE del IV Distretto, così
direttamente chiamata in causa,
ha riflettuto a lungo su come impostare questo lavoro che, come
è ovvio, nel breve volgere dei 12
mesi che separano un sinodo dal
successivo, può solo essere avviato. E dico subito che non ci
siamo sentili né di fare programmi, né di elaborare progetti, né
di lanciarci in iniziative, senza
aver prima fatto, come si dice,
il punto della situazione, e senza
aver cercato di individuare il
percorso da compiere.
Abbiamo perciò ritenuto utile
convocare una consultazione informale, che ha avuto luogo a
Monteiorte Irpino (ci è sembrato significativo incontrarci in
uno dei Centri evangelici sorti
in seguito agli interventi della
FCEI in seguito al terremoto del
1980), ed abbiamo invitato a prendervi parte alcune persone investite di responsabilità specifiche
neH’ambito delle nostre Chiese:
i sovrintendenti di tutti i circuiti
meridionali, la CE del III distretto, i responsabili delle Opere
evangeliche nel Mezzogiorno, il
SAS della FCEI, l'UCEBI — che
però non ha inviato un rappresentante —, la EGEI, alcuni pochi fratelli, fra i molti competenti della materia. Per la Tavola è intervenuto il Moderatore.
Ha dato l’avvio alTintensa giornata una relazione di Sergio
Aquilante, il quale, dando giustamente per conosciuta quella da
lui presentata al sinodo, e da
questa prendendo le mosse,ha illustrato quali siano stati nel passato i motivi ispiratori della presenza evangelica, e quel che le
chiese e le opere nostre sono riuscite concretamente a porre in
essere, per poi metterci davanti
alcune ipotesi di lavoro per l’oggi e per il domani:
— Topportunità di non perdere di vista i problemi reali, fra i
quali importantissimo quello dell’individualismo, che può rappresentare un pericoloso polo di attrazione per chi ponga fra le linee ispiratrici del proprio lavoro
la (ri)valorizzazione dell’individuo;
— il puntare su ciò che possiamo fare in alcuni settori (come
l’educazione dell’infanzia e la
promozione di una mentalità —
e di una prassi — coonerativistica), per gettare una sfida alle impostazioni vigenti, non meno che
per raccogliere la loro;
— il confronto con i diversi
« dissensi »;
— l’urgenza di riconsiderare la
nostra predicazione, nonché di
riaprire il discorso sulle « campagne di evangelizzazione », liberandoci, in negativo e in positivo,
del complesso del fare proselitismo;
— il rimanere aperti all’azione
di Dio, che fa saltare le nostre
umane impossibilità nei confron
ti del « nuovo ».
E’ chiaro che ho im po’ tagliato con Faccetta il discorso di
Aquilante, che d’altra parte non
ho né rintenzione né la possibilità di riassumere in questa sede: me ne scuso con
lui, e con i lettori, ai quali
mi auguro tuttavia di esser riuscito a fornire qualche elemento
per immaginare come siano andate le cose, e come si sia avviata la ricerca. Ricerca che è proseguita per tutta la giornata, neF
Tapprofondimento delle analisi
(e non tutti e non sempre eravamo d’accordo), e nell’ipotizMre
possibilità di impegno che siano
significative del nostro richiamarci al Signore della vita e della storia.
Alla conclusione dell’incontro,
la CE ha ritenuto indispensabile costituire alcuni piccoli
gruppi di lavoro su base regionale, chiedendo a ciascuno di loro di voler fornire, entro la fine
di gennaio, una scheda sulle varie realtà, presentando la situazione politica, economica e sociale di ciascuna Regione, con
eventuale particolare riferimento a problemi specifici o più specificamente avvertibili; e facendo
anche il punto sulla presenza
evangelica: numero, consistenza
e denominazione delle chiese e
delle opere, collaborazioni in atto o in programma, linee di lavoro ecc. Dopo che avremo ricevuto ed elaborato questo materiale, abbiamo l’idea di convocare un altro convegno che comìnci
a venire, se possibile, più nel
concreto... ma come dicevo, non
ci siamo posti scadenze eccessivamente capestro, anche se ciò
non vuol dire lasciar andare le
cose alla deriva.
L’atto sinodale 12/83 impegnava anche « tutte le nostre Chiese
a sentire come propria l’azione
che una parte significativa di
esse è chiamata più direttamente
a svolgere ». A quanto ne sapniamo (e la cosa ci fa assai piacere), l’invito è stato preso sul serio, e forse qualche risultato interessante si potrà già concretare la prossima estate, in occasione e durante il mese del sinodo.
Se siamo in molti, ciascuno
utilizzando le proprie possibilità
di intervento e/o di partecipazione, a portare la responsabilità di
un’impresa che è di tutti e a sostenere le forze in campo nel
Mezzogiorno, ciò darà frutti non
per alcuni soltanto ma per tutti,
e sarà positivo l’averci lavorato
insieme.
Salvatore Ricciardi
Un nuovo dinamico Direttore
esecutivo della American Waldensian Aid Society — l’associazione di sostegno che opera nel
Nord America a favore delle chiese valdesi — ha iniziato il suo
lavoro lo scorso ottobre, prendendo il posto del pastore Charles Arbuthnot ritiratosi, come abbiamo annunciato a suo tempo,
quest’anno. Si tratta del pastore
presbiteriano Frank G. Gibson
che viene simpaticamente presentato nella « News Letter » dell’AWAS di dicembre. Il pastore
Gibson, è detto nella presentazione, ha credenziali particolarmente forti per questo posto. Nato
49 anni fa a Pittsburgh, sede di
uno dei più antichi gruppi delTAWAS, dopo gli studi secondari
per due anni ha soggiornato durante il suo servizio militare
(1956) in Italia dove ha conosciuto e in seguito sposato Maria
Meunier di Vicenza. Venuto a
contatto con la Chiesa valdese
egli prolungò il suo soggiorno
dopo il servizio militare venendo
a far parte del gruppo residente
di Agape nell’anno 1957-58. Tornato negli Stati Uniti Frank
Gibson ha studiato teologia all’Union Th. Seminary di New
York, si è sposato ed è stato pastore a Cincinnati e Rochester e
dal 1967 nell’area di Newark,
New Jersey, dove si è occupato
della missione urbana e del ministero urbano ecumenico, un
programma per un ministero pa
storale impegnato per la pace e
la giustizia.
Con la Sig.ra Gibson, che è ins^
gnante nelle scuole secondarie, il
pastore Gibson ha effettuato diversi viaggi in Italia e la sua conoscenza del paese e della lingua
gli permetterà di svolgere un proficuo lavoro. Per l’immediato,
Frank Gibson ha in progetto un
giro per prendere contatto con i
diversi gruppi dell’AWAS negli
Stati Uniti. Con la primavera
prenderà la direzione della
« News Letter », una miniera di
notizie ner quanti negli Stati
Uniti seguono il lavoro della
chiesa valdese ma non possono
leggere « La Luce ». A Pasqua il
pastore Gibson si propone di accompagnare il moderatore Bouchard lungo una visita di tre settimane negli Stati Uniti.
All’amico e fratello Frank, che
molti hanno già conosciuto in
Italia, i nostri rallegramenti per
l’incarico che ha ricevuto e l’augurio di un lavoro benedetto dal
Signore.
# Hanno collaborato a questo
numero: Domenico Abate,
Gian Piero Bertalot, Clara
Bounous, Alberto Bragaglia,
Paolo Cerrato, Gino Conte,
Giuliana Gandolfo, Vera
Long, Claudio Pasquet, Paolo Ribet, Sergio Ribet, Aldo
Rutigliano, Dario Varese,
Alessandro Vetta.
CORRISPONDENZE
La Parola, vero terreno ecumenico
SUSA — Il gruppo ecumenico, che da anni raccoglie cattolici valdesi e battisti intorno allo studio della Parola, ha trovato spazio recentemente sul settimanale «La Valle di Susa»
per un’intervista a più voci. « Ci
troviamo, ha detto il pastore
Vetta, per cercare il Signore e
per poter rivalutare i talenti
che Egli ci ha dato. L’unità della Chiesa è ima realtà, dono del
Signore; dobbiamo riscoprirla e
rallegrarci». Il pastore battista
Cammisa ha sottolineato l’importanza di conoscersi meglio;
« stiamo sfatando alcuni preconcetti che avevamo ».
Per parte cattolica, mentre il
padre Pio Tamburrino di Novalesa ha sottolineato la necessità di accogliere il seme della Parola che porterà i frutti che Dio
vorrà, don Giuseppe Viglongo
ha proposto di cancellare il termine « fratelli separati » « perché, egli ha detto, in realtà siamo fratelli nella fede. E’ una sola fede che ci unisce ».
« La nostra collaborazione tra
valdesi e battisti procede molto
bene trovando il suo momento
migliore nel pomeriggio comunitario che ha luogo ogni ultima
domenica del mese a Bussoleno.
« Tutta la comunità apprezza molto lo studio biblico che
ha luogo ogni ultima domenica
del mese, dopo un breve culto
liturgico.
• Domenica 20 novembre u.s.
hanno avuto luogo nel nostro
tempio le nozze di Piero Gallo e
Lucia Gilli, rispettivamente di
Almese e di Avigliana. Rinnoviamo i migliori auguri e benedizioni da Dio ai giovanissimi
sposi.
• Purtroppo, per un tragico
evento, ha perso la vita il nostro giovane catecumeno Andrea
Telmon. I funerali si sono svolti
nel nostro tempio e al cimitero
locale il 28 novembre u.s. alla
presenza di una folla immensa
di amici e di compagni di scuola. La comunità rinnova la sua
simpatia cristiana ai genitori Anna e Tullio, al nonno Giovanni
Rostagno e a tutti i parenti.
Precongresso FGEI
VENEZIA — Si è tenuto sabato 26 novembre il precongres;
so congiunto delle federazioni
giovanili regionali triveneta ed
emiliano-romagnola.
Dopo una relazione introduttiva di Maria Bonafede, membro del consiglio, che ha sviluppato in particolare il tema
del VII Congresso ; « Annunziare la parola vivente contro gli
idoli di morte», si è avuto un
vivace dibattito su vari argomenti che si spera verranno approfonditi dal Congresso.
Nello specifico, notevole interesse ha suscitato la ricerca teologica nuova, intesa anche come sfida alla società moderna
che si sta cercando di portare
avanti oggi nella Egei. Non una
teologia della pace, ma una teologia attenta al quotidiano, che
respinge la logica della catastrofe e richiama gli uomini ad un
reale pentimento.
Rimane in ogni caso l’impegno attivo per la pace che ha
caratterizzato le chiese evangeliche in questi ultimi tempi e che
viene condotto senza trionfalismi o sensazionalismi inutili. Altri punti di dibattito sono stati
il problema dell’obiezione di coscienza e del servizio civile in
collegamento con il fenomeno,
ultimamente piuttosto vistoso
nelle nostre chiese, del volontariato ; l’aggregazione all’interno
della Egei e i rapporti con i movimenti nonviolenti e non federati con i quali vi possano essere notevoli punti di convergenza.
Sono anche state stilate tre
mozioni, ima sul servizio civile
e l’obiezione di coscienza ; una
sulle lotte di autodeterminazio
ne dei popoli e una sull’educazione alla pace. Tali mozioni saranno presentate al Congresso
nazionale.
In conclusione, i circa venti
partecipanti hanno deciso di
sottoscrivere la mozione proveniente dal gruppo Egei di Torino sui portatori di handicap.
Centenario
ROMA — I cento anni dalla
fondazione della prima chiesa
valdese a Roma sono stati ricordati domenica 27 con un culto
nella chiesa di via IV Novembre
nel quale sono state rievocate le
vicende di oltre un secolo di protestantesimo romano. Sabato 19,
in una conferenza organizzata
dal Centro evangelico di cultura,
Mario Cignoni ha ripercorso la
storia delle origini del primo
nucleo valdese a Roma, nel clima acceso degli anni immediatamente successivi alla presa di
Porta Pia.
Dell’avvenimento il nostro
giornale darà relazione più ampia in uno dei prossimi numeri.
Nuovo membro
del concistoro
FELONICA PO — E’ ormai
pienamente inserito nell’attività
del Consiglio di Chiesa, Fabrizio Zerbini, eletto nell’ultima Assemblea di Chiesa e insediato
nei culto del 26 ottobre. Ha sostituito la Sig.a Ondina Zancuoghi Righi che per motivi di famiglia non ha accettato una seconda rielezione, ma che la chiesa di Felónica ringrazia per il
valido aiuto dato nel passato,
specialmente come apprezzata
monitrice della Scuola Domenicale. A Fabrizio e alla Sig.ra Nonna Negri rieletta per la seconda volta auguriamo nell’esercizio del loro ministerio capacità
di discernimento e prontezza di
scelta in ogni occasione.
• Alle predicatrici Franca Barlera e Maddalena Costabel che
hanno ultimamente sostituito il
pastore per due culti il nostro
ringraziamento sincero per la
collaborazione prestata. Un grazie particolare alla Sig.a Èva
Rostaing della Chiesa di Bologna che è stata tra di noi per
presiedere il culto del 4 dicembre, seguendo un programma di
scambio di pulpito organizzato
dal Circuito per la domenica del
predicatore locale.
• All’età di 86 anni è deceduto Mario Confortini, Cavaliere
di Vittorio Veneto. Il funerale
ha avuto luogo il 7 novembre e
la comunità si è ritrovata compatta nell’esprimere alla vedova
ed ai molti parenti l’espressione
della sua simpatia cristiana.
Conferenza di
Mario Miegge
BRESCIA — Venerdì 16 dicembre, alle ore 20.45, presso il
Liceo Arnaldo da Brescia il prof.
Mario Miegge terrà una conferenza sul tema : « Lutero e la
cultura moderna ». La manifestazione è promossa dal Comune di Brescia e dalla Chiesa valdese.
Spettacolo
teatrale
TORINO — L'attualità del messaggio
dell’Apocalisse emerge da uno studio
compiuto per due anni dal Gruppo
Teatro Giovani che ha prodotto uno
spettacolo teatrale dal titolo « Di Babilonia in Babilonia -, centrato sulla figura di Giovanni, un uomo travolto
dalla verità ohe si trova davanti. I cinque quadri sono presentati venerdì 16
alle ore 20.30 nel salone di Corso Vittorio 23.
6
6 prospettive bibliche
16 dicembre 1983
OSSERVAZIONI IN MARGINE AD UNO STUDIO BIBLICO
Ossessione e coscienza di peccato
Il dialogo ecumenico, condotto con sincerità e rispetto, è indubbiamente una delle esperienze più valide e arricchenti della
vita cristiana odierna; ne abbiamo avuto una riprova recentemente neU’incontro del collettivo biblico ecumenico di Torre
Pellice e la verifica effettuata in
quella sede mi pare particolarmente interessante, tale da avere un qualche interesse anche
per i lettori del nostro giornale.
Il dibattito aveva come punto di partenza il cap. 14 dell’evangelo secondo Giovanni, ma
si sviluppò liberamente in molte direzioni finendo coll’incontrarsi sul versetto 6, dove Gesù
dice « io sono la via, la verità,
la vita ».
Analisi di
concezioni diverse
Che Gesù sia la via, nel senso
di essere l'unico mediatore fra
Dio e gli uomini, non sembrava
far problema, ne faceva di più
l’affermazione riguardo alla « verità » per una serie di considerazioni che non è qui il caso di
menzionare.
Ad un certo momento del dibattito, non saprei neppure bene dire come, venne fatto riferimento al peccato e la persona
che intervenne ne risentiva la
presenza in modo negativo. Non
tanto per se stessa quanto per
coloro che vivono nel mondo
(espressione tipica di Giovanni)
e sono così lontani dalla via di
Cristo.
Nel tentativo di aiutarla a vedere le cose dal punto di vista
giovannico, e conseguentemente
chiarirle a se stessa, feci alcune
affermazioni, dal mio punto di
vista perfettamente coerenti col
rnessaggio evangelico e che considerai non particolarmente arrischiate ma che provocarono
una reazione così forte ed appassionata da modificare tutto
il dibattito. Affermai semplicemente che jl peccato è realtà così profonda cBé''o^uno di noi
la reca in sé in modo non solo
passivo ma attivo. Ognuno di
52Lè. m9Ìiyo.^fonìg.:^^
per gli mtn. rechiamo, anche
senzavolfefto e senza saperlo,
sofferenza attorno a noi, spegniamo speranze, fuorviamo persone in ricerca, deludiamo attese. E questo, affermai, è vero
anche all’interno del ministero
pastorale, non solo ho mancato
a certi miei doveri ma per causa mia degli uomini hanno smarrito la strada della fede, per
mia negligenza nel momento della ricerca, per mia insensibilità,
per mia impreparazione.
Questo pensiero, che mi pareva semplice e quasi banale da
un punto di vista cristiano, suonava invece inaccettabile. « Come è possibile che uno faccia
solo il male (significativo il fatto che venisse introdotta nel dibattito questa parola che io non
avevo usata), come credere che
non esiste nulla di bene? Che
posto si fa alla grazia di Dio,
alla presenza dello Spirito? ».
Nel dibattito che seguì, molto
vivo e partecipe, si costituirono
subito due schieramenti che
jtranamerùe'Tmncidevanocon^
^nressìiff[er''MìloIicr'ed'~5vaiige^
ncTTsiifafiìnnente, perché in molte altre circostanze Tappartenenza confessionale non aveva avuto peso.
Solo al termine di ima lunga
ricerca comune si intravvidero
chiaramente i termini del problema: la parola peccato, pur
avendo per tutti lo stesso significato teologico, era percepita a
livello di sensibilità spirituale in
modi diversi, evocava pensieri
e sensazioni diverse.
Parole che oggi
suonano inaccettabili
Per i cattolici esprimeva un
senso di dolorosa impotenza, di
oppressione, di frustrazione, evocava il quaresìmalista che con
parole infuocate e suggestive fa
percepire al suo uditorio le minacce dell’inferno, si identificava col confessionale, il frugare
nelle colpe, il rivangare il proprio fallimento esistenziale.
Per gli evangelici suscitava invece pensieri di realtà, di concretezza, ricordava la grande tematica biblica dai profeti a
Paolo.
Ciò che per i credenti cattoli
ci era una ossessione per gli
'®3ngdEiI2Ea-Jitìà pressr di cu^
sciejiza. ----------•
nCosforzo legittimo e giustificatissimo dei primi era la liberazione daH’ossessione, il superare € vincere il senso di frustrazione che ne deriva, con la
ricerca di una vita cristiana più
libera, autentica, responsabile
(quale sia l’attualità di questo
problema si è visto nel recente
dibattito sulla confessione); per
gli evangelici lo sforzo era di
approfondire la coscienza di peccato.
E mentre questa coscienza di
peccato è costruttiva, produce
impegno, si risolve nella consapevolezza del perdono nella fede, l’ossessioneael peccato Tl^agna come un’impalpabile nube tenebrosa sulla vita del credente. La coscienza di peccato
produce azione, l’ossessione del
peccato frustrazione.
L’allusione al quaresimalista
era perfettamente logica e pertinente, nella quaresima il dramma del peccato e della salvezza
è interiorizzato, vissuto a livello
di coscienza individuale, rivissuto in chiave psicologica eTìòn
div^rsy'fert’SSpSrrénzaaègli esen
cizi spirituali. Quello stupefa^
cènIè~%st5ocl'ramma, geniale invenzionedr Ignazio di Loyola,
che ha guidato per secoli la coscienza cattolica. Ma mentre
Ignazio inventava gli esercizi,
Teodoro di Beza recitava a Poissy quella confessione di peccato
ben nota in tutte le chiese rifor
mate, che inizia con le parole:
confessiamo in presenza della
tua santa maestà di essere miseri peccatori...
Questa situazione ha però un
altro risvolto, non meno essenziale; è in corso nella nostra
Chiesa una ricerca sull’etica cui
il nostro giornale ha già dato
ampio spazio.
Un’etica cristiana autentica
non può prescindere dalla realtà del peccato: io vivo da credente nel peccato ed è malgrado il peccato che si realizza la
mia nuova umanità. Riesaminare il problema del peccato è perciò importante, essenziale.
Mentre ci si libera da una ossessione di peccato, una coscienza di peccato non può essere eliminata senza che cada il
senso stesso della fede, la si può
reinterpretare, sì, riesprimere,
certo, ma non sopprimere. Molti
oggi sembrano confondere i due
livelli ed assumono nel problema del peccato e del suo superamento, criteri erronei.
La liberazione evangelica dell’uomo passa dalla liberazione
dall’ossessione del peccato, è
certo, ma è altrettanto certo che
passa anche da una ricostmzione della coscienza di peccàfò~e
mite esistenziale ma del fallimento esistenziale a cui solo la
croce di Cristo olire sbocco nella reinterpretazione di se stesso
alla luce della grazia.
Giorgio Tourn
DIO VIENE - 1
Salmo 96: 13
Viviamo una volta di più
il tempo dell’Avvento
Viviamo una volta di più il tempo dell’Avvento.
Ma ci rendiamo conto che, nel fondo di
quest’espressione che forse ripetiamo idistrattamente, c’è un’assoluta contraddizione? Anno dopo anno, a scadenza di calendario, segnato sulle nostre agende, torna questo periodo particolare, questa serie di settimane, di domeniche nelle quali, con imo sforzo d’immaginazione non
si sa quanto riuscito, noi ci mettiamo di
colpo ad aspettare... qualcosa che è già
accaduto. Qualcuno che è già venuto!
Come si compie e si rinnova il ciclo
delle stagioni, così toma a srotolarsi, in
costante ripetizione, quello che noi chiamiamo T« anno ecclesiastico »; in esso riviviamo in qualche modo la vicenda di
Gesù: Lattea, poi la sua venuta, la sua
passione, morte e risurrezione, il dono
dello Spirito e gl’inizi della chiesa; poi...
la pausa estivai E si ricomincia.
Se l’Avvento ha qualche posto nella nostra vita, che cosa significa per noi? Che
cosa significano, cioè di che cosa sono segno, rivelatore e indicatore, i gesti che
forse compiamo in questo periodo, le corone d’Avvento, i preparativi? Nel raptus
celebrativo — e anche consumistico di
qu^te settimane, troviamo il tempo e la
lucidità per farci questa domanda? Tutti
sanno che è l’Avvento, e come farebbero
a non saperlo, abbagliati dai festoni luminosi, sballottati nelle corvées di questo periodo? Ma se qualcimo, ignaro, ci
domandasse che cos’è l’Avvento, che oos’è per noi, che risponderemmo?
L’« anno ecclesiastico »...
Non si vuol dire, con questo: buttiamo
a mare 1’« anno ecclesiastico »; e infatti
stiamo parlando dell’Awento. Ma occorre
che abbiamo chiaro il rischio di trasformare proprio questo, che è l’aspetto più
dinamico, più teso della nostra fede cristiana, in una routine religiosa, sostanzialmente ripetitiva e stracca, anche se la
copriamo con una momentanea, effìmera
effervescenza sentimentale e attivistica.
Occorre insomma che ci lasciamo seriamente ricordare dali’Evangelo che la vita
del cristiano è la vita di imo che aspetta.
Il tempo dell’Avvento ha quest’unico senso: accentuare la dimensione dell’attesa
nella nostra vita; ma se riesce a farlo, al
a cura di Gino Conte
Nell’eterno ritorno di tutte le cose, ecco tornare l’Avvento. Come viviamo il fluire del tempo? Dobbiamo sempre riproporci questo interrogativo, e confrontarci con
il modo in cui, nella Bibbia, si vive questo aspetto fondamentale della nostra esistenza. Ciò, o meglio Colui che impone alla vita, alla storia la sua dinamica, è TEtemo, il
Dio che viene.
lora è un momento essenziale, vitale; luminoso e orientatore. La stessa cosa vàie
ovviamente per ogni momento dell’« anno
ecclesiastico », e la domenica, il « giorno
del Signore » è lì settimanalmente a ricordarci che tutto questo ha senso, alla fin
fine, perché Cristo, venuto, morto per noi,
è risorto.
* « «
Il Salmo 96, salmo di lode e di gioia
esultante di fronte a Dio, culmina nella
proclamazione — ed è al tempo stesso
invocazione —: « Jahvè viene ». VIENE.
Israele non dice « Dio è », ma « Dio viene ». Non annuncia, non medita, non canta tanto la natura’ di Dio, bensì i suoi
ir-terventi creativi, il suo venire a fare
cose nuove, inaudite; e soprattutto — ricordandosi del passato, rivivendolo —
li aspetta, questi interventi. Lo aspetta,
aspetta che venga ancora.
Speranza e giudizio
Israele si è costituito come popolo perché Dio è venuto,-è interv^uto: ciò che
ha plasmato questo popolonchiesa è la
esperienza fondamentale dell’Esodo, della
liberazione dalla servitù egiziana, del Patto al Sinai, della terra promessa e donata.
Jahvè non è il patrono e il garante degli immutabili cicli della natura, dal quale ci si può solo attendere, procurandosene il favore, che egli, di anno in anno, faccia piovere (« apra i cieM ») al momento
giusto e faccia germinare e figliare fecondamente. No, JaJivè cambia lo status quo,
cambia la situazione, muta le condizioni
di vita, trasforma la storia, la riorienta.
Quando Jahvè viene e interviene, un clan
come quello di Abramo emigra in terra
straniera, o comunque vive in un’ottica
particolarissima un flusso migratorio più
grande di lui. Quando Jahvè viene neanche l’esercito corazzato e la cavalleria
scelta egiziani riescono a trattenere il popolo schiavo (esattamente l’inverso del nostro canto risorgimentale: «Quando un
popolo si desta, Dio si mette alla sua te
sta... »).
Però è Jahvè a venire: viene lui, non lo
si fa marciare. Quando gli israeliti credono di farsene scudo come di un « carroccio », contro i filistei, perdono la battaglia,
e anche la sacra arca (1 Samuele 4). E il
venire di Dio può anche essere temibile,
un giudizio severo e devastatore: dies
irae, dies fila! (Sofonia 1: 15; si veda su
una chiave biblica, alla voce « ira » = giudizio, qoianto spesso il venire improvviso
di Dio è passato come un aratro sovvertitore, come un erpice implacabile nella
vita del popolo, del suo popolo eletto! E
non ha parlato anche Gesù di quel giorno,
che viene come il ladro di notte, inatteso,
come l’improvviso cataclisma devastatore?).
Poiché Jahvè viene, e « viene a giudicare la terra » (Salmo 96: 13), l’insistente
avvertimento profetico, ora più struggente, ora più duro, è: « Preparati, Israele, a
incontrare il tuo Dio! » (Amos 4: 12).
Il venire di Dio
cambia le situazioni
Questo venire di Dio ha davvero cambiato le situazioni, inciso nella storia: è
stato, per Israele, il succedersi di ondate
di invasioni, vassMlaggi e occupazioni
sempre più pesanti, finché la stessa entità politica di Israele, prima, di Giuda,
poi, è stata cancellata dalla carta geografica e i superstiti hanno sgranato attraverso il deserto e la steppa le loro file di
deportati verso Babilonia, di profughi verso l’Egitto.
Ma ancora è venuto, è intervenuto, Jahvè: guai all’Assiria e a Babilonia, verghe
della sua ira, strumenti del suo giudizio
(Is. 10: 5; 14: 29)! Hanno dovuto mordere
a loro volta la polvere, conoscere in prima persona la messa a sacco, la distruzione, l’asservimento inflitti ad altri. E Ciro,
lo shah-ln-shah, il nuovo dominatore, è addirittura chiamato l’Unto, il Cristo di
Jahvè (Isaia 44: 28; 45: 1), suo strumen
to per liberare Israele — insieme a molti
altri piccoli popoli asserviti — e ricondurlo in patria.
E poi ancora la dominazione ellenistica, di quei Seleucidl che furono per Israele il primo, crudo esempio di Stato totalitario-religioso (cfr. il libro di Daniele),
e l’insurrezione messianica maccabea. Ed
ecco Toccupazione romana, apparentemente definitiva.
Il « resto » che aspetta
Ma anche sotto molta cenere, la cenere
delle atroci disillusioni e sconfìtte, ricaduta (fall out) delle erompenti fiammate
del giudizio di Dio, sotto la cenere di secoli, covava la brace ardente dell’attesa.
Quando Gesù nasce, viene fra coloro che
« aspettavano la consolazione d’Israele »,
il ribaltamento dell’ira in grazia, del giudizio in salvezza effettiva, concreta, tangibile. Questa « consolazione d’Israele »
era qualcosa di molto realistico: il popolo di Dio libero e in pace, in un ordine
socialé rinnovato (e in un’armonia che
avrebbe rinnovato l’intero creato), perché
sarebbe restaurata la comunione con Jahvè e Jahvè regnerebbe, il suo regime di
pace e di giustizia, idi vita piena abbraccerebbe tutto il popolo, in ogni aspetto
della sua esistenza, a cominciare dagli
umili, dagli ultimi; e dal popolo di Dio
irraggerebbe sugli altri popoli, anch’essi
suoi, anch’essi amati.
Cantare « Jahvè viene! » vuol dire questo. Certo, la storia, anche quella storia,
può essere ed è letta pure in tutt’altra
attica: vedendovi una semplice concatenazione di fatti economici, politici, etnici,
militai, culturali. Ma Israele crede e annuncia, canta e spera, e aspetta: « Jahvè
— che è venuto — viene! ». Guardando a
Gesù Cristo siamo anche noi invitati a
crederlo e ad annunciarlo, a cantarlo, a
sperarlo; ad aspettarlo: « Vieni, Gesù, Signore! ». Gino Conte
‘ Il nome stesso di Dio, che nelie irostre traduzioni ci estenuiamo a cercare di rendere, è in
realtà, per essenza, intraducibile. Inesprimibile.
E’ un nome, perché indica e esprime una persona: ma chi potrà conoscere, capire, dire quella
Persona? Il rispetto, non formale, che Israele ha
per l'impronunciabile « tetragramma sacro » (le
quattro lettere del nome personale di Dio, del
quale non conosciamo assolutamente la retta pronuncia), ci è sempre di ammonimento. A titolo
di curiosità, non futile, notiamo che nel suo bel
romanzo Davide, lo scrittore Carlo Goccioli chiama sempre Dio « Divina Presenza », cercando di
rendere così II Nome; e forse è meglio, più allusivo e vitale del nostro piuttosto statico « l'Eterno ».
7
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16 dicembre 1983
obiettivo aperto 7
1943-1983: AUTONOMIA E FEDERALISMO
PER I DIRITTI DELLE POPOLAZIONI ALPINE
Cosa rimane oggi dell'intreccio di motivi storico-spirituali che ispirarono la "carta” per l’autonomia delle popolazioni valdostane e valdesi? - il passato e il presente in una Tavola rotonda organizzata dalla nostra redazione
La Tavola rotonda che la nostra redazione ha organizzato venerdì 25 novembre a Torre Penice sul documento di Chivasso —
che sotto riproduciamo integralmente — rimbalzerà domenica
18 dicembre a Chivasso, sotto il
patrocinio della Provincia di Torino, e lunedì 19 dicembre ad
Aosta, organizzata dal Consiglio
Regionale. Con questa nostra iniziativa abbiamo inteso ripercorrere storicamente la nascita di
questa ormai storica "carta” delrautonomia — redatta nel 1943
da valdesi e valdostani — e coglierne alcuni aspetti di attualità.
In questa pagina riproduciamo
una sintesi degli interventi introduttivi e alcuni spimti del dibattito che ne è seguito tra gli oltre
cinquanta oartecipanti.
si doveva fare U punto sulle rinascenti autonomie delle popolazioni alpine. A quelTincontro parteciparono dalla Valle d’Aosta il
notaio Emile Chanoux — che pochi mesi dopo morirà nel carcere fascista — e l’avvocato Ernesto Page; il professore Federico
Chabod che all’ultimo momento
non potè partecipare inviò im
suo intervento scritto. Dalle Valli
Valdesi vennero a Chivasso —
che era a metà strada per le due
rappresentanze — il dott. Osvaldo Coisson, il dott. Gustavo Malan di Torre Pellice e i professori
Giorgio Peyronel e Mario Alberto
RoUier rispettivamente deH’Università e del Politecnico di Milano.
PLATONE — Il 19 dicembre ’43
s’incontrarono a Chivasso, nelTospitale casa del geometra valdese Edoardo Pons, alcuni rappresentanti della Val d’Aosta e
delle Valli Valdesi per un convegno clandestino in cui — dopo
anni di centralismo fascista —
Da quelTincontro di una giornata nacque il cosiddetto "documento di Chivasso”, manifesto
del federalismo integrale che influenzerà sul punto delle autonomie locali il dibattito alla Costituente e che conserva una sua
notevole attualità. Come nacque
questa "carta” dei piccoli popoli
delle Alpi? Quali gli antefatti, la
situazione storica e le successive
influenze? Siamo qui per capirlo
insieme a due protagonisti dello
storico incontro, Coisson e Malan, e a due studiosi della Valle
d’Aosta: Valdo Azzoni, giurista,
di fede valdese, (ha pubblicato
un libro sulla dichiarazione di
Chivasso) e Anseimo Lucat, presidente della Commissione Regionale di Controllo della regione
Valle d’Aosta. Ma prima di dar
loro la parola vorrei rivolgere da
questa sede un pensiero di solidarietà alle famiglie degli scomparsi: Emile Chanoux, Mario Alberto RoUier, Ernesto Page, Edoardo Pons che oggi avremmo
voluto avere con noi a quaranta
anni da quella profonda intuizione politica, frutto di un chiaro
impegno di vita speso per la libertà di tutti.
Cerchiamo dunque di ripercorrere questo "itinerario”.
LUCAT — Oggi, dopo quarant’anni una rilettura di quella « Dichiarazione » può essere molto
diversa secondo i punti di vista.
Non solo, ma questa diversità
La carta di Chivasso
19 DICEMBRE 1943
Noi popolazioni delle vallate alpine
fedeli allo spirito migliore del Risorgimento
c) AUTONOMIE ECONOMICHE
CONSTATANDO
DICHIARIAMO
che i venti anni di malgoverno livellatore ed accentratore sintetizzati dal motto brutale e fanfarone di
« Roma Doma » hanno avuto per
le nostre valli i seguenti dolorosi
e significativi risultati:
a) Oppressione politica attraverso l’opera dei suoi agenti politici
ed amministrativi (militi, commissari, prefetti, federali, insegnanti)
piccoli despoti incuranti ed ignoranti di ogni tradizione locale di cui
furono solerti distruttori;
b) Rovina economica per la dilapidazione dei loro patrimoni forestali ed agricoli, per l'interdizione della
emigrazione con la chiusura ermetica delle frontiere, per l'effettiva
mancanza di organizzazione tecnica
e finanziaria dell’agricoltura, mascherata dal vasto sfoggio di assistenze centrali, per la incapacità di
una moderna organizzazione turistica rispettosa dei luoghi; condizioni
tutte che determinarono lo spopolamento alpino;
c) Distruzione della cultura locale per la soppressione della lingua
fondamentale locale, laddove esiste,
la brutale e goffa trasformazione dei
nomi e delle iscrizioni locali, la
chiusura di scuole e di istituti locali autonomi, patrimonio culturale
che è anche una ricchezza ai fini
dell'emigrazione temporanea all’estero;
quanto segue:
a) AUTONOMIE POLITICHE AMMINISTRATIVE
1. - Nel quadro generale del pros
simo stato italiano che economicamente ed amministrativamente auspichiamo sia organizzato con criteri federalistici, alle valli alpine dovrà essere riconosciuto il diritto di costituirsi in comunità politico-amministrative autonome sul tipo
cantonale;
2. - Come tali ad esse dovrà co
munque essere assicurato, quale che sia la loro entità numerica, almeno un posto nelle assemblee legislative regionali e
cantonali;
3. - L'esercizio delle funzioni poli
tiche ed amministrative locali
(compresa quella giudiziaria) comunali e cantonali, dovrà essere
affidato ad elementi originari
del luogo o aventi ivi una residenza stabile di un determinato numero di anni che verrà fissato dalle assemblee locali.
b) AUTONOMIE CULTURALI E
SCOLASTICHE
AFFERMANDO
a) che la libertà di lingua come
quella di culto è condizione essenziale per la salvaguardia della personalità umana;
b) che il federalismo è II quadro più adatto a fornire le garanzie
di questo diritto individuale e collettivo e rappresenta la soluzione
del problema delle piccole nazionalità e la definitiva liquidazione del
fenomeno storico degli irredentismi, garantendo nel futuro assetto
europeo l’avvento di una pace stabile e duratura;
c) che un regime federale repubblicano a base regionale e cantonale è Tunica garanzia contro un ritorno delia dittatura, la quale trovò
nello stato monarchico accentrato
italiano lo strumento già pronto per
il proprio predominio sul paese;
Per la loro posizione geografica
di intermediarie tra diverse culture,
per il rispetto delle loro tradizioni
e della loro personalità etnica, e
per I vantaggi derivanti dalla conoscenza di diverse lingue, nelle valli
alpine deve essere pienamente rispettata e garantita una particolare
autonomia culturale linguistica consistente nel:
1. - Diritto di usare la lingua loca
le, là dove esiste, accanto a
quella italiana, in tutti gli atti
pubblici e nella stampa locale;
2. - Diritto all'Insegnamento della
lingua locale nelle scuole di
ogni ordine e grado con le necessarie garanzie nei concorsi
perché gli insegnanti risultino
idonei a tale insegnamento. Lo
insegnamento in genere sarà
sottoposto al controllo o alla
direzione di un consiglio locale;
3. - Ripristino immediato di tutti i
I nomi locali.
Per facilitare lo sviluppo delTeconornia montapa e conseguentemente combattere lo spopolamento
delle vallate alpine, sono necessari:
1. - Un comprensivo sistema di tas
sazione delle industrie che si
trovano nei cantoni alpini (idroelettriche. minerarie, turistiche,
di trasformazione, ecc.) in modo che una parte dei loro utili
torni alle vallate alpine, e ciò
indipendentemente dal fatto che
tali industrie siano o meno collettivizzate;
2. - Un sistema di equa riduzione
dei tributi, variabile da zona a
zona, a seconda della ricchezza
del terreno e della prevalenza
di agricoltura, foreste o pastorizia;
3. - Una razionale e sostanziale ri
forma agraria comprendente:
a) l'unificazione per il buon rendimento dell’azienda, mediante scambi e compensi di terreni e una legislazione adeguata, della proprietà familiare agraria oggi troppo frammentaria;
b) l'assistenza tecnico-agricola esercitata da elementi residenti sul luogo ed aventi ad esempio delle mansioni di insegnamento nelle scuole locali
di cui alcune potranno avere
carattere agrario;
c) il potenziamento da parte delle
autorità locali della vita economica mediante libere cooperative di produzione e consumo;
4. - Il potenziamento dell'Industria
e delTartlgianato, affidando alTamministrazione regionale cantonale, anche in caso di organizzazione collettivistica, il controllo e Tamministrazione delle
aziende aventi carattere locale;
5. - La dipendenza dall'amministra
zione locale delle opere pubbliche a carattere locale e il controllo di tutti i servizi e concessioni aventi carattere pubblico.
Questi principi, noi rappresentanti delle Valli Alpine, vogliamo vedere affermati da parte dal nuovo stato italiano, cosi come vogliamo che
siano affermati anche nei confronti
di quegli italiani che sono e potrebbero venire a trovarsi sotto II
dominio politico straniero.
Tavola rotonda nella sala della Casa Unionista di Torre Pellice. Da
sinistra; G. Malan, V. Azzoni, G. Platone, O. Coisson, A. Lucat.
può dipendere anche dalTetà di
colui che a questa rilettura si
accinge.
Alcuni capisaldi, però, restano
e sono basilari in quanto rappresentano valori universali che erano, sono e saranno, nella sostanza identici non solo a distanza
di una o due generazioni ma a
distanza di secoli.
Mi riferisco alla libertà e ai diritti della personalità che si concretizzano nella libertà di pensiero, di parola, di religione, di lingua, di cultura.
Questi valori fondamentali li
troviamo, anche se espressi in
termini diversi, nei vari testi che
sono stati esaminati a Chivasso. In tutti c’è, infatti, un unisono contro «-Toppressione, il
malgoverno delle nostre vallate
alpine, la noncuranza degli interessi locali, la dilapidazione dei
nostri patrimoni, la distruzione
dei centri vivi della nastra cultura locale, dei nostri dialetti,
della lingua... », come si può leggere nella « Introductiòn des représentants des vallées vaudoises », il cui testo è stato redatto
nel novembre 1943 da Coisson e
Malan.
A sua volta Mario Alberto Rollier proclama che « tutte le popolazioni alpine posseggono il diritto alla bilinguità » e rivendica,
per tutelare la trasmissione nel
tempo di detta bilinguità « un sistema scolastico autonomo in
cui le due lingue saranno insegnate per im numero eguale di
ore fin dalla prima classe elementare ».
Federico Chabod, pur non avendo partecipato alla riunione,
aveva mandato un suo documento nel quale pur « riaffermando
la... volontà di rimanere uniti all’Italia libera di domani » (nel
1943 il nord Italia era ancora sotto il governo della repubblica
sociale e sotto l’occupazione nazista), rivendica per le valli Alpine bilingui «oltre all’autonomia
amministrativa comune a tutte le
regioni italiane, una particolare
autonomia culturale e linguistica. La bilinguità dev’essere cioè
pienamente rispettata ».
Giorgio Peyronel scende ancor
più nel dettaglio e anche lui pur
« riaffermando la volontà di rimanere uniti all’Italia libera per
la cui creazione essi (i popoli
delle vallate alpine) hanno da im
secolo dato ampio contributo di
lavoro, di intelligenza e di sangue» chiede autonomie politicoamministrative, economiche e
culturali. In particolare sostiene
che « alle valli alpine bilingui
dovrà essere riservata Tautonomla oomime a tutte le regioni italiane da cui esse dovranno però
essere distinte come circoscrizioni cantonali ». Ed ancora: « la
bilinguità delle valli alpine deve
essere pienamente rispettata e
garantita da una particolare autonomia culturale e linguistica ».
Infine, Emfle Chanoux rappresentante, con Ernesto Page, deh
la Valle d’Aosta al convegno di
Chivasso, dichiara che « il diritto
a parlare pubblicamente, ad insegnare nelle pubbliche scuole e
ad usare la propria lin^a in tutti gli atti pubblici e privati è un
diritto essenziale dell’uomo, il
quale deve essere riconosciuto
dalle leggi fondamentali deUo
stato e garantito dai trattati intemazionali ». Dal testo di Chanoux emerge, quindi, un nuovo
concetto: quello della garanzia
intemazionale.
Un altro concetto che troviamo in alcuni dei testi predisposti in vista della rifinione di Chivasso è quello del federalismo.
RolUer accenna ad un « regime repubblicano a base regionale », Peyronel chiede che le valli
alpine bilingui siano distinte dalle altre r^ioni italiane « come
circoscrizioni cantonali (cantone della Valle d’Aosta, cantone
delle Valli valdesi, cantone dell’Alto Adige) », richiedendo nel
contempo la riserva di « almeno
un posto nelTassemblea legislativa nazionale ».
Lo stesso concetto è ripreso e
accentuato da Emile Chanoux.
Nella sua « dichiarazione dei diritti delle popolazioni alpine »
ritiene che la « forma federale
o largamente decentrata sia, in
questo momento storico, la migliore che potrebbe assumere lo
Stato Italiano ».
Dopo ampia discussione delle
varie prc^ste presentate alla
storica riunione di Chivasso è
stato redatto ed approvato un
documento: la «Dichiarazione dei
rappresentanti delle Popolazioni
Alpine » o, come usa dire oggi la
«Dichiarazione o Carta di Chivasso ».,
AZZONI — In im articolo apparso su La Stampa di dieci anni fa il professore Passerin d’Entreves scriveva: « A rileggere oggi a 30 anni dalla sua redazione
il documento di Chivasso, non
pare poi tanto rivoluzionario».
Eppure io non cesso di meravigliarmi di fronte a questo documento se penso a quello che
questi uomini riioscivano a compiere in un’epoca, come quella
fascista, in cui i concetti politici
legati agli istituti dello studio
intemazionale e allo studio dei
partioolarismi locali e tante altre
cose erano proibiti. Certamente
nella popolazione valdostana c’era da tempo ima sensazione viva
di autonomismo espressa in modi e sensibilità diverse. (The cosa
ne rimane oggi?
(continua a pag. 10}
8
8 ecumenismo
16 dicembre 1983
ROMA: PREDICAZIONE DEL PAST. MEYER NELLA CHRISTUSKIRCHE
Una strada per il Signore
Le imma£ini televisive dell’interno della Christuskirche di Roma e i resoconti della stampa hanno dato grande risalto e abbondante informazione alla visita di Giovanni Paolo II alla Chiesa luterana. Riteniamo tuttavia che per avere una esatta valutazione delrawenimento, per parte evangelica, sia utile conoscere per esteso
il sermone pronunciato in tale occasione dal pastore Meyer. Nella
stessa Unea di documentazione pubblichiamo anche la dichiarazione rilasciata il 6 dicembre dalla Giunta deUa Federazione Chiese
Evangeliche in Italia con cui essa ha espresso il proprio punto di
vista sull’incontro e motivato la propria assenza.
La voce d'uno grida: « Prepa- verso da quello di oggi; due su
rate nel deserto la via dell’Eterno, appianate nei luoghi aridi
una strada per il nostro Dio!
Ogni valle sia colmata, ogni monte e ogni colle siano abbassati;
i luoghi erti siano livellati, i
luoghi scabri diventino pianura.
Allora la gloria dell'Eterno sarà
rivelata, e ogni carne, ad un tempo, la vedrà; poiché la bocca dell’Eterno lo ha detto » (Is. 40: 3-5).
Da Dio viene la visione, da Dio
viene Tinvito: costruite per l’unico Signore, ima via nel deserto:
poiché Dio ha già preparato, per
i credenti, l'unica via: anche là
dove non lo credete possibile!
Il « deserto », per i credenti di
Israele, è illuminazione, è aiuto,
è vita. Mosé nel deserto, Elia nel
deserto, Giovanni Battista nel
deserto, Gesù nel deserto: è là
che tutti hanno avuto la visione
dei grandi doni di Dio, ne hanno
parlato ed hanno chiamato alla
penitenza.
La visione di Isaia, nel quadro
di questo nostro culto solenne, è
affascinante: il profeta ascolta e
vede le cose importanti che avvengono neH'officina invisibile
dalla quale Dio guida la storia,
sullo sfondo degli eventi mondiali, visibili e tremendi; egli ascolta e vede a cosa gli uomini sono
invitati; costruire una strada che
raccolga tutte le strade per i credenti dispersi, i quali non possono rendere a Dio un culto comune, né celebrarne la lode; è una
strada che è stata forse costruita
dagli spiriti celesti, dagli angeli;
una strada che conduce fino al
redentore. Apriamo gli occhi e
gli orecchi alla visione profetica!
Essa giunge a un mondo di 2600
anni fa, che poi non è tanto di
perpotenze che lottano per la supremazia mondiale, due diversi
sistemi economici, due civiltà che
nascondono un conflitto nordsud.
Se ora continuiamo a considerare la visione, potremo udire in
spirito i colpi dello scalpellino
e dello spaccapietre che costruiscono queirunica strada che dalla dispersione conduce alla gloria di Dio. E' forse un sogno di
esseri angelici, che fanno quello
che è impossibile agli uomini; ma
può anche essere che queste parole stiano a indicare la strada
che conduce alla stalla di Betlemme, dove cantano gli angeli, o la
via per la quale Gesù è entrato
in Gerusalemme nel giorno delle Palme.
Ma è lo stesso libro di Isaia
che ci ricorda con chiarezza in
che modo opera la Parola di Dio:
« Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiata la terra,
senza averla fecondata e fatta
germogliare sì da dar seme al seminatore e pane da mangiare,
così è della mia parola, uscita
dalla mia bocca: essa non torna
a me a vuoto, senza aver compiuto quello che io voglio, e condotto a buon fine ciò per cui l’ho
mandata » (Isaia 55: 10-11). La
parola di Dio dura in eterno!
Una sola strada
Allora, cari fratelli e sorelle,
facciamo quello che qui ci viene
annunziato; facciamo penitenza,
andiamo a costruire la strada,
torniamo a colui che è il giudice
e il salvatore del mondo. La visione di Isaia indica una sola
Invito declinato
La giunta della Federazione
delle chiese evangeliche in Italia, ricevuto dalla comunità evangelica luterana di Roma l’invito
a partecipare al culto dell’ll dicembre in occasione della visita
del papa alla comunità, pur apprezzando cordialmente le intenzioni che animano i nostri fratelli nell’accogliere il papa per
una predicazione nella loro chiesa, non ritiene di poter accogliere tale invito.
E’ certo interessante che questo incontro avvenga al termine
dell’anno luterano, proponendo
così ancora una volta all’attenzione dei cristiani di tutte le chiese l’opera e il pensiero del riformatore tedesco. Viene così a cadere quella sorta di ^omun^icg
jjgicologica che vietavS’~ffnò"ad
oggPlìr^attolico di avvicinarsi
liberamente alla storia, al pensiero teologico e alla fede della Riforma protestante.
Al di là delle buone intenzioni
noi riteniamo però che le condizioni in cui il culto dell’ll si svolgerà non aiutino a chiarire lo
stato attuale del dialogo ecumenico, in quanto potrebbero creare l’impressione, anche per il gioco dei mezzi di comunicazione
di massa, che le confessioni cristiane abbiano già raggiunto ampie forme di collaborazione e
addirittura di unità, e che le attuali differenze confessionali siano ormai prive di significato.
Sappiamo che non è questo il
pensiero della comunità luterana di Roma; ma proprio per
questo preferiamo non dare dei
strada comune, non due strade
parallele; una strada che conduce al solo Cristo, l’unica strada
che conduce alla rivelazione della
gloria e bellezza della piena grazia di Dio! Ma qui ora mi rallegro, perché finalmente possiamo
comprendere le ragioni delle cose
non positive, delle nostre divisioni! Proprio là dove non tutto
è positivo, cioè là dove le opinioni o le convinzioni non stanno allo stesso livello, ci mettiamo al
lavoro con l’appoggio della parola di Dio per andare incontro agli
esseri celesti e per porre le fondamenta e costruire i pilastri che
rendono possibile il cammino.
La visione di Isaia è efficace
anche oggi, di nuovo! Chi avrebbe mai pensato, quando questa
comunità è stata fondata, nell’anno 1817, che le chiese sarebbero state in grado di lavorare
insieme! Quanto grande il fossato che esisteva! Esisteva! Ora invece ci sostiene e ci impegna un
lavoro di costruzione sul tratto
di strada che si chiama « battesimo in Cristo ». Ma ora dobbiamo connettere insieme le pie
tre successive, per quanto spigolose possano essere: ma ho fiducia che alla Parola di Dio ogni
cosa sia possibile. Esistono già
delle pietre squadrate, adatte,
che possono essere utilizzate, come per esempio i concetti di
« Unione in una sufficiente unità
di fede »; ovvero credere in una
« diversità riconciliata ». Avremo
poi bisogno come ulteriori pietre da costruzione, delle diverse
e più sicure tradizioni e dei diversi carismi. Alla pietra fondamentale dell’« Eucarestia », o Santa Cena, che sta al centro stesso
della nostra fede, bisogna lavorare ancora, con spirito fraterno,
poiché la mensa del Signore è
già apparecchiata nel cielo aperta a tutti. E poi penso anche all’altra pietra fondamentale, quella del ministero ecclesiale! E il
fatto che Lei, Santità, è oggi in
mezzo a noi è un altro e nuovo
segno. Il tempo è breve. I cristiani temono di rattristare il
Signore il quale, prima di compiere sulla terra l’opera della redenzione, ha detto a tutti noi;
« Prendete e mangiate, prendete
e bevete... ». Ma non è necessario
rattristarlo, perché il giorno viene!
Promessa di un dono
Preparare la sola, unica via:
è un lavoro difficile. Quando per
esempio la chiesa cattolica dà
una valutazione positiva di un
testo confessionale come la Confessione Augustana, gli evangelici se ne rallegrano moltissimo.
Tuttavia è solo in quel momento che comincia il vero lavoro;
poiché la chiesa si domanda se
davvero essa ha mantenuto fede a tutto quello che i nostri
padri nella fede hanno affermato nel 1530. Non è forse necessario che oggi esprirniamo la nostra fede in modo diverso? Il
principio della chiesa luterana è
infatti quello di verificare in ogni
tempo i testi confessionali sulla
testimonianza della Bibbia e in
questo accordare le voci dei cristiani, o dare ascolto alle altre
confessioni di fede... Le confessioni di fede non sono mai
qualcosa di rigido; esse manifestano ogni giorno una vita nuova.
La promessa di Dio nel « deserto » significa: E’ un dono che
noi riceviamo: la strada viene
costruita con l’aiuto dello Spirito santo. La parola di Dio vi
modella e vi trasforma in uomini capaci di costruire la sola
strada! Ai nostri problemi viene
già data « nei cieli dei cieli » una
risposta e una via. E’ soltanto
sulla terra che non siamo ancora pronti; e questo, nonostante
tutti i passi avanti che ci è stato
dato di compiere, è cosa triste.
Kyrie eleis. Dio Padre, Figlio e
Spirito santo, sta’ vicino a noi
con la tua forza. Amen.
Christoph Meyer
Informazioni dalla Comunità
Evangelica di Azione Apostolica
Manifestare al mondo
che Gesù Cristo è la sua vita
l’ecumenismo un’immagine pubblica non rispondente alla realtà.
Questo non significa tuttavia
che non siamo disponibili per
incontri comuni di studio e di
preghiera, che del resto avvengono da anni in molte delle nostre chiese con parrocchie e comunità di base. In queste occasioni ci confrontiamo con i problemi che coinvolgono oggi il
mondo cristiano; la lettura attuale della Bibbia, la ricerca di
un’etica personale svincolata dalle ipocrisie del passato, il riconoscimento della spinta di emancipazione delle donne nella società e nella chiesa, la ricerca di
un’equa regolamentazione dei
matrimoni misti. In questi incontri abbiamo anche imparato
ad impegnarci insieme per molte cause di umanità e di giustizia, per la pace e per il disarmo,
per il diritto dei più deboli, per
una società più giusta. Ma queste nostre preoccupazioni non
formano, non possono formare,
indipendentemente dalla buona
volontà dei singoli, la sostanza
del culto comune dell’ll dicembre. Così, senza che nessuno lo
voglia, quella celebrazione resterà in qualche modo estranea a
queste nostre esigenze, confermando l’impressione già diffusa
che Tecumenismo sia una faccenda interna alle chiese. Per queste ragioni, e pur riconoscendo
il diritto dei nostri fratelli di
agire liberamente secondo le loro convinzioni di fede, non saremo presenti al culto dell’ll dicembre.
Siamo tutti alla ricerca di forme di vita comunitaria che ci
permettano di comunicare TEvangelo attorno a noi. Potremo
manifestare al mondo che Gesù
Cristo è la sua vita, senza impegnare le nostre chiese, le nostre
famiglie, i nostri gruppi nella ricerca di un’autentica vita idi comunità?
Gli animatori teologici delle
Chiese della CEvAA si sono incontrati a Porto Novo (Benin)
dal 30 ottobre alT8 novembre di
quest’anno. Il tema delTincontro
era, appunto: « Per mezzo di quali forme di vita comunitaria possiamo manifestare al mondo che
Gesù Cristo è la sua vita? ».
Il sottoscritto rappresentava
la Chiesa Valdese, mentre altri
29 animatori rappresentavano le
25 Chiese che, con la nostra, hanno voluto associarsi in vista di
un lavoro di evangelizzazione e
di rifiessione. Questo, come si sa,
su di un piano di reciprocità e di
molteplice scambio di progetti,
uomini, mezzi, a partire da una
pianificazione comune su scala
mondiale. Era presente anche il
pastore Eben-Ezer Woungli-Massaga della Chiesa Protestante
Africana del Camerún, che alcuni di noi hanno incontrato in
Italia.
L’incontro internazionale degli
animatori è stato, quest’anno,
egregiamente ospitato dal Centro d’incontro della Chiesa Metodista del Benin, situato in una
zona centrale della città di Porto Novo, sullo stesso terreno che
ospita anche la Scuola di Teologia.
La nostra rifiessione è stata
alimentata da una lettura interculturale di due testi dell’Evangelo di Giovanni (13: 1-17 e 15:
1-17), da un’informazione su situazioni concrete delle nostre
chiese rispettive e dall’incontro
con varie comunità della Chiesa
del Benin. Tutto è iniziato con
un ricchissimo culto di apertura
nel grande tempio della « Cité de
Grâce », presieduto dal presidente della Chiesa Metodista. Ben
quattro corali hanno dato il loro
vivace contributo al canto del
l’assemblea e, certo, ci si sentiva
lontani dall’atmosfera un po’
compassata dei nostri culti europei!
Poi ci siamo messi al lavoro,
prima esclusivamente sui testi
biblici, poi anche sulle « situazioni» alle quali erano rivolti
Non è qui possibile rifare tut
to il percorso coi lettori del gior
naie. Ci siamo domandati quali
erano, secondo i testi di Giovanni, gli elementi indispensabili
ad una vita comunitaria significativa. Che cosa impedisce, nelle
nostre comunità, che questa vita
comunitaria si sviluppi e cosa
fare per rinnovarle? Che cosa
esprime la gioia della vita nelle
nostre comunità? Ecco alcune
domande che ci siamo posti, assieme alla constatazione che in
tutte le nostre comunità vi sono
degli elementi che rendono testimonianza ail’evangelo ed altri
che tendono a fare proprio il
contrario. Varrà la pena di proseguire questa rifiessione con
tutte le nostre comunità, anche
sulla base di una traccia di studio proposta agli animatori, che
cercheremo di diffondere largamente. Inutile dire che, nella
grande diversità di situazioni in
cui ognuno di noi si trovava, ci
siamo resi conto della somiglianza fondamentale di certi problemi che dobbiamo affrontare al
di qua e al di là dell’oceano. Per
altri (la poligamia, ad es.) i nostri fratelli africani stanno cercando delle risposte che siano
dettate dalla parola di Dio e da
una vera comprensione del problema.
Vita di preghiera
Vorrei farvi partecipare alla
ricchezza della vita di preghiera
che abbiamo vissuto insieme, al
senso di profonda comunione di
intenti che si realizza in queste
occasioni. Senza contare le tre
giornate memorabili di contatto
con varie comunità della chiesa
ospitante. Siamo andati, a due
a due, in vari distretti dell’interno o della costa, lungo il fiume
Quemé, in villaggi persi nelle lagune o isolati nella foresta, in
comunità cittadine più occidentalizzate. Dovunque raccoglienza
è stata calorosissima. Con Hervé
Dennemont, della Chiesa presbiteriana delTisola Mauritius, abbiamo percorso le piste rossastre del distretto di Dangbo che
copre una vasta regione, dalla
costa risalendo lungo il corso
dell’Ouemé. Canti, danze, spari
(di gioia), messaggi. Un intenso
scambio di informazioni, di domande, culti sempre molto ricchi. Paziente spiegazione del significato della CEvAA (tutt’altro
che conosciuta anche laggiù dalla base delle comunità). Molti
si aspettavano di avere in noi
dei rappresentanti di una Società missionaria dispensatrice di
fondi! Gli è che molte costruzioni di templi, di sale, sono rimaste bloccate per mancanza di fondi. I responsabili locali (pochi
pastori, molti evangelisti) hanno
una grande difficoltà per seguire
le varie comunità, spesso assai
lontane Tuna daH’altra, anche
per mancanza di mezzi di trasporto. La sola macchina disponibile nel distretto ci ha piantati in asso ben dodici volte in tre
giorni, dando alla nostra tournée
un sapore assai avventuroso ed
al pastore grossissimi grattacapi. Ma siamo ugualmente riusciti a terminare quasi tutto il programma previsto, sia pure al
prezzo di lunghissime giornate
dalle sei del mattino alle 24, e
di ingegnosissimi rattoppi al
mezzo! Poi ritorno alla base, valutazione del week-end di incontro e di tutta la sessione. Ed era
già il momento di separarsi.
Presto abbiamo lasciato l’aeroporto di Ootonou per le destinazioni più diverse. Dopo una sosta ad Abidjan, col gruppetto degli svizzeri e un rapido contatto
con la chiesa metodista locale,
l’aereo mi ha riportato verso il
pallido sole romano e la fredda
nebbia piemontese, ricco di uno
scambio che, nel suo piccolo, solo la CEvAA può dare anche alla nostra Chiesa.
Giovanni Conte
9
/Í-
16 dicembre 1983
cronaca delle Valli 9
ri:
I;
ASSEMBLEA PUBBLICA A FRALI
•'V;
La
discarica
Una discarica, si sa, eccetto
che sia abusiva, non fa notizia.
Al massimo solleva le rimostranze di Qualche persona particolarmente sensibile al decoro
pubblico (o all’aria maleodoranle che si alza dalle immondizie,
troppo vicine a casa sua). In effetti, sulle prime, uno borbotta
un po’, poi, nei più dei casi, scrolla le spalle e decide per una pacifica coesistenza con il cocuzzolo di rifiuti. Davanti a forza maggiore Viniziativa di ognuno va in
"tilt”.
Il fatto è che, qui, il nostro
senso civico si lascia ingarbugliare dalle necessità e dalle comodità del progresso. Vogliamo tanto le une quanto le altre, quindi,
come è logico, dobbiamo sostenere il peso di entrambe. E le
conseguenze stanno lì, di fronte
agli occhi di tutti: tonnellate di
roba oramai inutile, da far sparire alla meno peggio, magari riciclandola.
Stando così le cose, il buon cittadino ritiene di comportarsi con
correttezza se raccatta dalla strada l’anonimo sacchetto di plastica pieno di cartacce, oppure se
usufruisce degli appositi cestini
per gettare la lattina di birra
vuota. Più in là non va; il suo
dovere è tutto qui. Non capisce,
invece, che il nocciolo della questione è, piuttosto, nel tenore di
vita che ha scelto.
.Accettando la comoda filosofia
deU'usa e butta, abbiamo finito
coti il calpestare la natura circostante. Ci siamo messi una pinzetta da bucato al naso e ora tiriamo diritto, pronti a scavalcare
qualsiasi barriera di immondizie,
in nome di un consumismo, a
quanto pare, gratificante.
Intendiamoci: la situazione, in
concreto, non è così catastrofica;
soprattutto in periferia e nelle
valli.
Ma come non vedere nero davanti, per esempio, al tipo che
scaraventa nel ’’cianai” la sedia
sdraio, appena un po’ arrugginita. perché .scomoda rispetto alla
nuova e imbottita poltroncina da
terrazzo e che, poi, addobba la
propria villa con vecchie ruote di
carri con scassate lanternine fin
de siècle. con ferri di cavallo ripescati da chissà quale rigattiere,
a chissà quale prezzo? Caso limite, paradossale? Può anche
darsi.
Con ciò nessuno vuole fare i
■conti in tasca agli altri, né indignarsi e scandalizzare, per carità. Comunque, a parte la maleducazione del singolo, colpisce un
dato generale, o per lo meno generalizzabile: la nostra incapacità ad accostarci correttamente alle cose; cioè a quegli oggetti che
sì possediamo, ma che apprezziamo sempre di meno per il loro
uso e a cui siamo sempre di meno legati da un’attività creativa.
Li compriamo e li buttiamo senza che, per noi, cambi niente.
Troppo spesso ci lasciamo guidare da una sorta di ostentazione mondana e dallo spreco caratteristico della società del benessere. Questo a scapito di una
schietta sobrietà. Úna sobrietà
che, diversa dalla ristrettezza
■economica e dalla frugalità, sarebbe pure vicina alla tradizione
■etica protestante.
Forse, riavvicinandoci a una dimensione, come dire, più nostra,
eviteremo il « collaS'so delle pattumiere ».
Marco Bomo'
L’occupazione in Vaile
Nonostante la grave crisi industriale sono pochi i giovani ad interessarsi del loro futuro - Verso una soluzione la crisi della Talco e Grafite
Si è tenuta giovecb sera, nei
locali della chiesa di Frali, una
assemblea pubblica organizzata
dal comune di Frali su invito
della comunità valdese locale per
discutere dei problemi dell’occupazione in vai Germanasca,
con un accento particolare alla
crisi che colpisce attualmente la
Talco e Grafite. Erano presenti
i sindaci di Frali, Massello e Salza, vale a dire i comuni dell’alta
valle più direttamente colpiti
dalle minacce di licenziamenti
alle miniere ed alcuni minatori,
in tutto 25 persone.
Froprio alla scarsa partecipazione e, di conseguenza, alla
scarsa sensibilità della popolazione locale a problemi dai quali è direttamente investita si sono riferiti numerosi interventi,
che hanno fatto il punto sulla
situazione dei licenziamenti e dei
prepensionamenti previsti o già
in atto airisolantite ed ai vari
stabilimenti e miniere della Talco e Grafite (Malanaggio, Crosetto, Gianna), informando i
presenti sulle trattative tra i
c.d.f. e sindacati e i delegati dell’azienda, spostatesi attualmente
in sede regionale, e riferendo del
progetto di assorbimento dell’T
solantite da parte del gruppo
SECI, che eviterebbe la chiusura dello stabilimento, ma non
una ulteriore riduzione di personale.
Il problema della crisi della
Talco e Grafite è stato da una
parte inserito nel contesto di
una più vasta crisi a livello del
pinerolese, che dovrebbe spostare la lotta per i posti di lavoro
da un livello locale ad una dimensione più ampia, cercando
di resistere in modo unito all’attacco ai posti di lavoro che
porta come prima conseguenza
una fuga sempre più massiccia
dalla vallata, e dall’altro alla situazione occupazionale della valle negli altri settori, in partico
lare turismo ed agricoltura, che
non sembrano poter assorbire
più forze lavorative di quante
ne impieghino ora.
Nella discussione è stata anche posta in risalto la partecipazione quasi nulla dei giovani
che, sicuramente, saranno tra i
primi a pagare la perdita di posti di lavoro che, a differenza
del passato, non si risolve più
tanto facilmente con il pendolarismo.
NeH’insieme ne è risultato un
momento di confronto e di informazione sicuramente utile, e
da ripetersi in un futuro prossimo, per non lasciarsi sorpassare dal rapido svolgersi degli
avvenimenti; bisogna puntare ad
una maggiore partecipazione a
questo tipo di incontri, che sarebbe necessario anche pubblicizzare maggiormente e con più
anticipo.
Marco Bellora
LA SCOMPARSA DEL DOTTOR
Emilio Peyrot
Ricordare la figura di Emilio
Peyrot, uomo e medico, in un
tempo in cui si sta discutendo
sulla crisi del rapporto tra medico ed ammalato, significa per
chi lo ha conosciuto come collega ed amico, evidenziare come
Egli abbia saputo, in tanti anni
di professione, vedere nell’ammalato anzitutto la persona.
Emi Peyrot, medico colto ed
umffifo, sapeva anzitutto ascoltare. Noli aveva fretta, non era impaziente. Ascoltava, visitava, valutava e convinceva: non prescriveva farmaci per accontentare la
sviante richiesta delFassistito; e
non ha fatto della sua professione uno strumento di lucro. Ha
semplicementg^ servito con c^:
tura, umanità tutti quelli cheTn
3TT anni erano accorsi da Lui come valente pneumologo e internista ambulatoriale.
Alle Valli, ove era di casa e dove, nel tempo passato, aveva conosciuto la popolazione montanara ed operaia ai tempi della
Resistenza, era tornato al lavoro,
quale Consigliere della CIOV :
PREMI CAMERA COMMERCIO
La cultura del castagno
La Camera di Commercio di Torino,
neii'intento di promuovere il risanamento e la rigenerazione del castagneto
da frutto in provincia di Torino, d'intesa con l'Istituto per le piante da legno
e l'ambiente, indice un concorso dotandolo di contributi premio sino ad un
ammontare complessivo di lire 10 milioni.
Al concorso possono prendere parte
gli agricoltori che nei fondi di loro
proprietà procedono ad interventi di
piantamento o di risanamento e di ringiovanimento con sbrancature ad arte
del castagneti adulti e la sostituzione
degli esemplari irreversibilmente deperiti con giovani soggetti di migliorata
resistenza verso gli agenti patogeni,
con un intervento minimo complessivo
di almeno 20 piante.
I contributi premio saranno di L. 10
mila per interventi di abbattimento di
soggetti adulti, morenti o secchi e loro sostituzione con giovani soggetti in
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VIA ARNAUD, 3b - 10066 TORRE PELLICE (To)
quivi la sua parola, _ rara ma
efficace, era sempre npìSHÉPììi
(fueflS^saggezza che proviene dalla esperienza e dalla oggettiva
valutazione critica delle cose. Come Medico, ovunque fosse richiesta la sua opera, non ha mai pontificato, vociferato, emesso sentenze.
Molti tra i più grandi problemi che assillano la sanità nel nostro paese sarebbero attutiti se
operatori ed amministratori sanitari agissero nello stile e nel
contenuto che Emilio Peyrot ha
saputo insegnarci.
Per queste considerazioni, al di
là dell’affetto che nasce daH’amicizia e quindi del dolore che ha
colpito tutti quelli che l’hanno
conosciuto, siamo vicini ai suoi.
A Caterina che gli è stata preziosa consorte nella vita e nella
professione, ai figli ed, in modo
particolare, a Bnmo, studente in
medicina che ha avuto in suo padre una guida ed un esempio per
il futuro.
d. V.
Della vigna
e del vino
SAN GERMANO — Con questo titolo è uscito in questi giorni il 4” opuscolo della serie «H
Ponte », curata dal Comitato del
Museo di S. Germano Chisone.
E’ il 1° dedicato all’agricoltura
e presenta un tema che verrà illustrato nel Museo.
Il testo sì suddivide in due
parti : una prima è dedicata alla
storia della vite con particolare
riguardo alla, nostra zona, la cui
documentazione è stata in gjran
parte attinta dalla biblioteca
della Facoltà di Agraria di Torino, e una seconda più strettar
mente etnografica che si avvale
delle testimonianze di alcimi viticoltori sangermanesi circa il
lavoro della vigna.
L’opuscolo è corredato da alcune illustrazioni di stampe antiche e da disegni riproducenti
gli attrezzi del vignaiolo.
Iniziative per
il Nicaragua
PINEROLO — Il comitato Nicaragua organizza una serie di
riunioni pubbliche per illustrare
la situazione di quel paese costretto ad una situazione economica difficile dal blocco degli
aiuti attuato dagli USA e da par
recchi governi occidentali.
Giovedì 15, alle ore 20.30, si
terrà nella sala valdese di via
dei Mille 1 una proiezione .di
diapositive con dibattito.
Mercoledì 21 dicembre invece
si terrà a Torre Pellice, presso
il Centro d’incontro, un incontro con tutte le associazioni,
partiti, organizzazioni, chiese,
singoli desiderosi di impegnarsi
a contribuire alla lotta contro
l’emergenza economica del Nicaragua.
La comunità di base invita
inoltre coloro che volessero contribuire con offerte in denaro a
favore del Nicaragua a versare
le stesse alla redazione del settimanale « Cronache » (corso
Torino 18) che rilascerà -ricevuta e curerà l’inoltro all’ambasciata del Nicaragua.
nestati, da L. 10.000 a L. 30.000 secondo
l'entità degli interventi, per potature di
rimonda e rigenerazione su castagni
dom-estici adulti colpiti da cancro, compresi In zone a buona tradizione frutticola, di L. 3.000 per l’innesto con
varietà pregiate di giovani selvatici
preparati ad arte e verranno assegnati
dalla Amministrazione Camerale viste
le risultanze del collaudo, con un contributo massimo di L. 350.000 per cia^
scun concorrente.
A parità di condizioni verrà concessa la preferenza ai coltivatori diretti.
Per gli abbattimenti sarà -richiesto II
preventivo nulla osta dell'autorità forestale.
Le domande di partecipazione al concorso, compilate In carta libera o su
appositi moduli -in distribuzione presso
questa Camera di Commercio devono
pervenire a questo Ente entro il 31 dicembre 1983.
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10 cronaca delleValli
■TT
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16 dicembre 1983
ANGROGNA
Verso la chiusura
della scuola
Chiot ’dI’Aiga?
Sessanta milioni da spendere,
una disponibilità attuale di 23
milioni circa. Questa è la situazione in cui si viene a trovare il
comune di Angrogna di fronte
alla circolare che impone ai comuni di adeguare i locali adibiti ad uso scolastico alle norme
antinfortunistiche. E questo con
molta urgenza, infatti 1 lavori
devono essere decisi, aflSdati ad
un’impresa ed iniziati entro il
31 gennaio 1984.
Discussione molto vivace e clima perfino un po’ troppo teso
hanno caratterizzato l’assemblea
indetta daU’amministrazione comunale di Angrogna, martedì 6
dicembre, per discutere con i
genitori, con gli addetti ai lavori
e con la popolazione questo serio problema.
Le cifre che si dovrebbero
spendere sono cosi ripartite; 26
milioni per la scuola materna;.
19 milioni per la scuola elementare di Chiot ’dl’Aiga; 15 milioni per la scuola elementare del
Capoluogo. E tutto questo mentre gli utenti della scuola elementare, che sono adesso 30, fra
cinque anni saranno 17, e quelli
della scuola materna sono 13 e
saranno negli anni a venire xma
decina.
E’ giusto investire una cifra
così alta per gli alunni delle
scuole elementari e materna che
sono all’incirca 1/18 della popolazione?
Bisogna ricordare che gli amministratori hanno detto chiaramente cosa vuol dire questo per
il Comune, vale a dire tre anni
in cui non ci saranno soldi da
destinare ad altre opere (strade, ecc.).
E quale potrebbe essere l’alternativa?
Una possibile soluzione potrebbe essere la chiusura della
scuola di Chiot ’dl’Aiga, con conseguente trasferimento degli alunni (ed insegnanti) al Capoluogo. Molto decisa a questo riguardo l’opposizione dei genitori della zona interessata, del resto comprensibile, anche se non
tutte le motivazioni possono essere ritenute accettabili.
Certamente, come faceva notare anche il maestro Sappè, la
chiusura di una scuola significa che il quartiere interessato
perde qualcosa di molto importante, che lo spopolamento e l’invecchiamento stanno andando
inesorabilmente avanti. D’altra
parte la chiusura di questa scuola è inevitabile in un future purtroppo assai prossimo, ed il Direttore Didattico dott. Eynard,
presente all’assemblea, precisa
COMITATO PACE
VAL PELLICE
Il comitato pace e disarmo Val Pellìce si riunirà il 19 dicembre presso il
Centro d'incontro di Torre Pellice (via
Repubbiica 1), alle ore 21. Si discuteranno due proposte di iniziative, da
portare avanti nei prossimi mesi, emerse all'interno del comitato stesso:
— proposta di richiedere ai comuni
delia Valle di dichiararsi zona denuciearizzata;
— interventi nelle scuole medie Inferiori e superiori in collaborazione col
distretto scolastico.
Altre proposte potranno essere fatte
in tale incontro.
Sono invitati a partecipare a queste
riunioni del comitato tutti coloro che si
sentono legati al movimento per ia
pace o che comunque sono interessati al problema della pace e del disarmo.
Per i diritti
delle popolazioni alpine
(segue da pag. 7)
va che se il trasferimento al Capoluogo viene concordato fra
Comune e Direzione Didattica,
senza aspettare cioè che la decisione venga presa dal Provveditorato agli studi quando non ci
sarà più un numero sufficiente di
alunni, si hanno delle buone possibilità di poter mantenere un
numero più alto di insegnanti,
con conseguente migliore qualità del servizio.
E’ giusto chiudere anche questa scuola, dopo le tante altre
che già hanno fatto questa fine?
No, non credo proprio che questo sia giusto.
Ma fra il non giusto e l’inevitabile c’è una grande differenza,
e non penso che ci sia tra gli
amministratori, chiamati a decidere, qualcimo che si rallegri
di questa soluzione.
Il sindaco faceva notare che
qui non si tratta di sopprimere
un servizio, ma di trasferirlo altrove, ed il servizio di trasporto
garantisce questa possibilità. E
poi, continuava la prof. Coisson, non si tratta solo dei 19
milioni da spendere adesso, ma
anche delle spese per il riscaldamento, per le pulizie ecc. a fare sì che la soluzione prospettata sia economicamente vantaggiosa.
Una considerazione viene spontanea; come mai gli edifici scolastici di Angrogna (materna a
parte), che sono entrambi di costruzione abbastanza recente,
sono stati giudicati idonei dai
vari collaudi effettuati, ed ora
invece bisogna spendere un sacco di soldi perché idonei non lo
sono più? G. B.
Lo spirito di Chanoux, che era
un federalismo diffuso teso a
coinvolgere non solo le vallate
alpine ma tutte le componenti
geografiche italiane, non si può
dire che sia stato recepito dalla
Costituzione che prevede due tipi di ordinamenti regionali; uno
speciale concesso a cinque regioni sulla ventina e un ordinamento ordinario per tutte le altre. A
Chanoux premeva un federalismo
globale che investisse tutti i lati
della persona intesa come individuo e come gruppi associati e
gli premeva pure la garanzia intemazionale che venne meno non
solo nel primo ma anche nel secondo dopoguerra per cui il principio federalista, che era l’unico
che ^teva preludere all’autodeterminazione della Valle d’Aosta
— e che era stato previsto da
Wilson alla fine della 1“ guerra
mondiale — con il secondo dopoguerra scompare dalla visione
politica. In altre parole abbiamo
assistito ad un processo di progressivo sgretolamento di quella
che era la visuale di Chanoux.
Storicamente si passa dal decreto luogotenenziale — il primo e
l’unico che sopprime a chiare
lettere la provincia e il prefetto
— ad altri decreti sino allo statuto del ’48 che è lontanissimo
dalla visione del principio federalista. In mezzo sta l’unico statuto serio che — almeno in Val
d’Aosta — ha rispecchiato il pensiero federalista e cioè quello del
’47 emanato dal Consiglio di Valle. Si trattava di uno statuto più
lungo dell’attuale che prevedeva
una corte costituzionale per la
Valle d’Aosta e tutti gli organi
valdostani come microstrutture
di un piccolo stato autonomo.
PLATONE — Ritorniamo brevemente alle Valli Valdesi.
Cara magna Linota,
che ne pensi dei nostri soldati
italiani in Libano? Era giusto
mandarli? E’ giusto oggi parlare di ritirarli?
Ti saluto.
Barba Pierre
Caro amico,
la grande politica mi fa star
male, perché capisco che, anche
solo per una fettina piccola così. le cose del mondo dipendono
perfino da quel che pensa, dice
e fa la gente che non conta nulla
come me. Ma come si fa ad avere un’idea precisa di quel che
succede lontano da te sapendo
che tutti te lo raccontano come
fa comodo a loro? Per il Libano, ho sempre davanti agli occhi
le fotografie di Sabra e Chatila.
Non possiamo dire che sono cose che non ci riguardano e pensare solo ai fatti nostri. Se la
presenza dei nostri soldati ha
evitato l’assassinio di uno solo
di quei ragazzini spaventati, come si fa ad essere contrari? Credo anche che gli Italiani abbiano spesso una capacità di fare
amicizia con gli sconosciuti che
forse manca ad altri popoli. (E’
una delle poche cose italiane di
cui sono fiera).
Però... Perché sono andati là
come una « forza multinazionale », venuta fuori non si sa con
quali criteri, e non come caschi
blu deirONU? Come la mettiamo con le rappresaglie sulla popolazione, già avvenute o solo
minacciate dai loro colleghi francesi e americani?
E, se è vero che hanno una
paga di tre o quattro milioni al
mese, che cosa succederà a questi ragazzi, una volta che, dopo
essere stati abituati ad avere
molto denaro e ad assistere a
continue sparatorie, torneranno
in Italia per trovarsi con ogni
probabilità disoccupati e senza
prospettive per il domani?
Come \edi, non so proprio che
cosa risponderti, ma nell'insieme la faccenda non mi piace^ e
mi piace ancora meno se penso
che quei poveri diavoli di Libanesi si stanno distruggendo, forse proprio con le armi che l'industria italiana ha loro venduto, visto che, a quanto pare, siamo fra i grossi produttori di armi del mondo.
Ciao.
Ma torniamo al nostro convegno clandestino. Si scelse Chivasso perché era a metà strada
per valdesi e valdostani e poi c’era la casa del geometra Pons che
poteva ospitarci. Se fosse intervenuta la polizia c’erano presenti im geometra, un notaio e si
poteva raccontare che si doveva
fare un atto di acquisto. Ricordo che Rollier era arrivato da
Milano con il suo testo da dibattere che estrasse dai calzini. E
anch’io, quando rientrai, usai lo
stesso sistema per evitare seri
guai in caso di perquisizione da
parte della polizia. A Chivasso il
dibattito fu molto intenso ma in
serata arrivammo alla stesura di
im testo comune che è quello che
abbiamo sotto gli occhi. Rientrato a Firenze dove allora abitavo
vissi da lì a poco la liberazione
da parte degli alleati. Diedi così
ad un amico ufficiale inglese il
testo di Chivasso che fu consegnato allo stato maggiore di Alexander. Conseguentemente ricevetti la visita di addetti militari
alleati che volevano sapere di
quale autonomia si trattava. Finita la guerra dalla Toscana mi
trasferii nuovamente a Torre Pellice e, francamente, speravo di
vedere tutta la popolazione inneggiante al documento di Chivasso. Invece nulla. Il nostro documento cadde nel vuoto.
COISSON — Quarant’anni fa,
noi giovani studenti eravamo tutti iscritti ai Gruppi Universitari
Fascisti (G.U.F.). Si trattava di
im’iscrizione fatta col mugugno
soprattutto per noi valdesi che
eravamo comunque sempre considerati degli estranei. Per il regime bisognava essere cattolici e
italiani: un’unica religione, im
unico sentimento nello stato. Tra
noi, qui alle Valli, sovente si diceva: « Come sarebbe bello vivere per nostro conto, essere autonomi e fare la nostra piccola repubblica ». Del resto, nella storia
valdese, non mancano dei precedenti in questo senso: alludo agli
affrancamenti post-medioevali sino alla repubblica di San Martino. Bisogna anche dire che sotto
il fascismo qui alle Valli pochi
avevano un’educazione politica,
salvo alcuni come un Mario Alberto Rollier che politicamente
ci formava.
Magna Linota
Anticamente il consiglio comunale dei paesi delle Valli era diviso in due: c’era la metà valdese
e la metà cattolica. E ci si riuniva insieme soltanto per risolvere problemi cornimi. Ora ritengo
che se rautonomia qui alle Valli non è stata mai molto sentita
è perché c’era. Ed era l’autonomia della Chiesa valdese, con le
sue scuole, i suoi ospedali e le
varie istituzioni. Il problema è
stato il passaggio dal popolo valdese al popolo delle Valli Valdesi ma ciò non toglie che esista
ancora oggi una lotta autonomista valligiana nel quadro della
lotta occitana, che comprende im
territorio più vasto del nostro.
Dobbiamo dire che è confortante
constatare che oggi nel momento in cui le Valli Valdesi non
riescono più ad esprimere una
vera e propria dirigenza laica,
come è stato nel passato, la
Chiesa valdese rilanci il dibattito
e la rifiessione culturale e politica a diversi livelli. E’ sintomatico il fatto che un dibattito come questo, su federalismo, autonomie e altri temi legati aH’esperienza di Chivasso sia promosso
dai giornale della Chiesa valdese e non da forze laiche. Ritornando sul nostro documento non
bisogna dimenticare che esso intendeva esercitare una incidenza
non soltanto per la Val d’Apsta
o le Valli Valdesi ma per tutte
le popolazioni alpine. Non solo
ma voleva avere incidenza sull’Europa perché è im documento federalistico di respiro europeo ed infine un’incidenza sullo
Stato italiano. In effetti c’è chi
sostiene che il documento di Chivasso abbia influenzato la nascita delle Comunità Montane e
delle Regioni a statuto ordinario
e speciale.
PLATONE — La Chiesa valdese
nel 1943 voleva o non voleva l’autonomia delle Valli Valdesi?
COISSON — No, non credo che
la volesse. Però, nella Tavola Valdese, c’era certamente un autonomista ed era il padre di Mario A.
Rollier, Eric Rollier che intendeva sottolineare la diversità dell’essere valdese. Il fatto insomma del non doversi mimetizzare
ma vivere pienamente questa diversità culturale, linguistica e
di fede. Certamente con queste
idee non ha trovato molti segua
PLATONE — E in Val d’Aosta
qual è stata la posizione della
Chiesa cattolica?
AZZONI — Dei quattro statuti
che sono stati redatti prima dello statuto che è entrato in vigore uno, molto interessante, risale
a monsignor Giocondo Stévenin,
uomo leader delTautonomia. Credo che si possa dire che, almeno
inizialmente, la Chiesa cattolica
fu per rautonomia della Valle
d’Aosta.
MALAN — C’è la strofa di una
canzone che dice: « Là où l’Italie
commence au pied des monta ».
E’ la ’’complainte” di Mérendol.
Nel 1500 perseguitati, distrutti
dal barone d’Oppède i valdesi
guardano con nostalgia ai loro
paese d’origine. Questa nostalgia
è la stessa nostalgia che qualcuno ha ritrovato — credo — andando recentemente a Guardia
Lombarda impropriamente ribattezzata Guardia Piemontese. E’
la stessa nostalgia che provarono
i valdesi emigranti in Uruguay o
in Carolina o che ebbero gli emigranti in Germania, cioè il senso
dell’esistenza di questo paese
valdese, denominato Valli Valdesi ma che non è abitato soltanto
dai valdesi di religione.
PLATONE — Siamo alla fine
del 1983. In questi 40 anni sono
successe molte cose. Sono nate
le Regioni. La Val d’Aosta ha uno
statuto speciale. Ma il trasferimento delle funzioni dallo Stato alle Regioni non è ancora completato... molte realtà italiane che
hanno una loro precisa identità
culturale, storica sono semplicemente conglobate, in regioni a
statuto ordinario. Insomma cosa
fare per decentrare ulteriormente le funzioni dello stato e
per valorizzare, anche sul piano
giuridico e amministrativo, la
realtà delle minoranze nei nostro Paese?
LUCAT — Occorre orientarsi
verso una soluzione europea del
problema e guardare, quindi verso il Parlamento europeo. Le minoranze nazionali devono battersi per essere rappresentate in
quel consesso. E’ il solo modo
per poter far sentire la propria
voce. E’ il solo modo per far
giungere questa voce alle tante
nazionalità che vivono nei vari
stati europei. Porse per il 1984,
data delle prossime elezioni, i
tempi sono stretti. Se tutto andrà bene si potrà parlare di rappresentanza di minoranze al Parlamento europeo nel 1989. La soluzione di questo problema è
comunque della massima importanza per le comunità etniche.
Dal metodo che sarà scelto per
l’elezione del piarlamento si potrà rispondere al quesito: « L’Europa rimarrà un’Europa di Stati o potrà diventare un’Europa
di popoli? ». Per gli autonomisti
solo quest’ultima sarà in grado
di assicurare alle minoranze etniche ciò che hanno auspicato i (
rappresentanti delle vallate alpine presenti a Chivasso nel 1943
e cioè; « il diritto di conservare
i propri caratteri, la propria personalità etnica e storica, a qualsiasi complesso politico appartengano ».
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16 dicembre 1983
cronaca delle Valli 11
COMITATO PACE E DISARMO DI PINEROLO
OSASCO
Il rapporto nord-sud una scuoia
Cortei e manifestazioni sono
solo un momento, per quanto
necessario e importante, nella
ricerca della pace e della giustizia: a guidare l’attività quotidiana delle singole persone impegnate in questo lungo e difficile compito sono utili gli incontri in cui si tenta di capire
sempre meglio in quale realtà
complicata vogliamo costruirle,
in modo che le nostre buone intenzioni possano tradursi in gesti concreti ed efficaci.
Bene quindi hanno fatto l'assessorato airistruzione e Cultura di Pinerolo e il comitato pinerolese per la pace e la giustizia a organizzare una serie di
riunioni su vari aspetti di questo problema. Ma le cose da fare sono tante, alla fine di una
giornata di lavoro si è stanchi,
in questa stagione fa freddo, e
così la sera del 5 dicembre erano davvero poche le persone riunite ad ascoltare Gianni Balcet,
professore di economia politica
all'università di Perugia, sugli
ostacoli che ci attendono sul
diffìcile cammino dalla giustizia
alla pace. E' un peccato, perché
troppo spesso parliamo di Sud
e di Terzo Mondo in modo approssimativo e generico: anche
nel mondo politico italiano abbondano gli avvocati e i professori, ma scarseggiano gli esperti
di economia.
Il professor Balcet ha fatto un
lucido riassunto delle varie spiegazioni che gli economisti hanno via via foiTiito sui motivi della miseria che affligge quel 30%
dell’umanità definito nelle statistiche deìl'ONU molto povero,
cioè con un reddito medio non
superiore alle 250.000 lire annue.
Chi si è soffermato sul circolo
vizioso della povertà (i bassi
redditi non consentono i risparmi necessari agli investimenti
che permetterebbero di aumentarli) ha visto il rimedio nell’apporto di capitali esterni. Chi ha
denunciato il vantaggio per il
mondo industrializzato di poter
contare su una riserva di manodopera sottoccupata, ha proposto la creazione di nuove attivi
tà basate più sul lavoro umano
che sulle macchine, tali quindi
da occupare il maggior numero
possibile di persone. Altri hanno sottolineato Tinterdipendenza nord-sud, per cui la stabilità
economica è frutto di una dipendenza molto accentuata, tant’è vero che l’area del sottosviluppo è formata da ex-colonie.
Non sono idee nuove, ma il
panorama di diagnosi e rimedi
proposti ne ha ben mostrato insieme la fondatezza e i limiti.
Altrettanto è avvenuto nella seconda parte della relazione, che
ha elencato i vari tentativi dei
popoli per ottenere, dopo l’indipendenza politica, Tindipendenza economica: nel periodo fra
le due guerre mondiali si è puntato a ridurre le importazioni
con una politica protezionistica;
verso il 1950 si è cercata l’esportazione dei manufatti con la liberalizzazione; negli anni settanta è esploso il fenomeno dell’industrializzazione OPEC, grazie ad ima materia prima in continua rivalutazione; infine gli anni ottanta hanno portato la tragica crisi finanziaria attuale,
mentre occorre tener conto del
fatto che il cosiddetto terzo mondo non è per nulla omogeneo:
accanto ai nuovi paesi industriali e all’isola delTOPEC rimangono tutti gli altri paesi in cui le
cose continuano ad andare sempre peggio.
E’ vero che gli economisti sono i primi a riconoscere l’enorme importanza nella storia umana dei fattori extraeconomici,
ma è altrettanto vero che questa situazione economica si assomma agli altri motivi di tensione.
L’Italia ha una possibilità di
inserirsi nei progetti di superamento di questa crisi e una legge del 1979 pone a disposizione
del nostro ministero degli esteri
fondi ragguardevoli per progetti
di attività in cooperazione, in cui
è previsto anche l’utilizzo di
gruppi di volontari. Qui c’è forse uno spiraglio per intervenire
più e meglio di quanto si sia fatto finora. M. G.
per
l’agricoltura
Merita di essere segnalata l’attività, iniziata alcuni anni or sono, dell’Istituto professionale di
Stato per l’Agricoltura con sede
in Osasco, guidato dalla competente operosità del prof. Cammarata. Per quanto ci risulta _ è
una delle pochissime scuole, in
Piemonte e Tunica nel pinerolese. che cura la formazione di
giovani alla istruzione e preparazione nel vasto settore agricolo-alimentare. Al momento l’Istituto consta di cinque classi con
un totale di 125 allievi; ai corsi,
strutturati in due sezioni, sono
iscritti quanti sono già inseriti
nel mondo agricolo (piccole o
medie aziende proprie o in affitto), ed anche allevatori, coltivatori interessati allo studio dei
terreni, l’ecologia, la conservazione delTambiente, la produzione di alimenti senza uso di sostanze nocive, ecc.
I due Corsi comprendono;
1) un Corso di qualifica della durata di 2 anni; 2) un Corso di
post-qualifica, di 3 anni, con conseguimento del titolo di maturità professionale relativo ai settori agricoli. Questo corso offre
una vasta gamma di possibilità
di impiego per le qualificazioni
specifiche; conduzione di aziende agrarie, guardia forestale, addetti ai Consorzi agrari, assistenti tecnici per l’agricoltura, operatori nelTindustria zootecnica,
semenziere, alimentaristica, ecc.
Per i giovani che hanno conseguito gli studi di una Scuola
Media l’Istituto di Agricoltura
di Qsasco è aperto ad accettare
la loro iscrizione con la possibilità avvenire agli iscritti di inserirsi nel vasto campo del lavoro agricolo o in quello delTalimentaristica. La madre terra non ha mai tradito nessuno
e dà sempre a chi ama il lavoro, un sereno avvenire.
d. a.
COSTUME
VALDESE
PRESIDENZIALISMO
ALL’USSL 42?
Egregio Sig. Direttore,
Con sommo mio dispiacere devo
purtroppo dare torto al pastore sig.
Giorgio Tourn quando sulle colonne
deH’Eco delle Valli scrive che il costume indossato dalle donne valdesi nelle
solenni circostanze della chiesa sia di
esclusivo possesso della chiesa valdese, Secondo me (e badate bene che la
mia asserzione è suffragata da precise
testimonianze delle persone anziane del
mio paese) il costume attualmente indossato dalle donne valdesi era il costume della valle indipendentemente
dal credo religioso delle donne che
lo portavano. Mio padre buon'anima
mi raccontava che nei tempi àélla sua
gioventù diverse buone donnette di religione cattolica indossavano sia nei
giorni feriali che alla domenica il costume cosiddetto valdese con la cuffia
e tutto il resto. Ed anzi [mi raccontava
sempre mio padre) quando era la festa del paese (nella fattispecie la ricorrenza di Santa Maria Maddalena e cioè
la domenica più vicina al 22 di luglio)
Magno Ghituccio, una donna cattolica di
Ferrerò usava aprire le danze nel ballo pubblico indossando il tradizionale
costume che d'altronde portava nei
giorni di lavoro. L'abitudine cessò con
l'evolversi dei tempi e col fatto che j
qattolici abbandonarono il costume per
cUattPHuèfsi dal~vaSas^he continuano
a_eerterlo al giorno d'oggi. Dunque non
di coslTrrtre^valdese si tratta ma bensì
di costume valligiano, patrimonio comune tanto dei valdesi che dei cattolici.
Tanti saluti
Amelda Peyran, Ferrerò
Lettera aperta agli utenti della USSL 42
della Valle Chisone e Germanasca
Amministrare una USSL non significa
certo governare a proprio piacere; ma
presuppone un rispettoso e costante
confronto sia con le rappresentanze
del personale sia con la popolazione
sui problemi di funzionamento e organizzazione dei servizi, nonché sulle questioni programmatiche (Organizzazione
distrettuale, formazione del personale,
ecc.).
Furtroppo, dobbiamo constatare che
fino ad oggi il Fresidente ed il Comitato
di Gestione della USSL 42, non hanno
recepito affatto o hanno recepito poco di questi aspetti-gestionali, pertanto
prima di intraprendere azioni più incisive, l'Assemblea del personale ha rinnovato l'invito al Presidente e al Comitato di Gestione a rivedere i rapporti con le rappresentanze del personale
(sindacato e il consiglio dei delegati).
(...).
Alcuni mesi or sono in un incontro
con il Comitato di Gestione e successivamente solo con il Presidente, al
fine di superare ogni incomprensione
ed equivoco, le OO.SS. e il Consiglio
dei delegati proposero l'attuazione dei
seguenti punti:
1) Informazione preventiva con le OO.
SS. sulle questioni che attengono al
personale della USSL.
2) Consultazione preventiva con le OO.
SS. sui problemi di funzionamento,
organizzazione dei servizi e programmi.
3) Informazione sulle decisioni successivamente assunte dagli organi del
Pro Associazione Amici
Asilo dei Vecchi
di San Germano
Pervenuti nel mese di settembre 1983
L. 280.000: Rotary Club di Pinerolo,
in mem. di Guido Vinçon.
i. 250.000: La famiglia in mem. di
Barai Marta.
L. 100.000: Le figlie di Magna Angelina Long.
L. 80.000: Barale Marta.
L. 55.000: N. N., Villar Perosa.
L. 50.000: Elsa e Giulietta Bajma, in
mem. zio V. Coucourde; M. S. D., con
infinita riconoscenza.
L. 46.020: Rostagno Franca.
L. 20.000: llda Richiardone, in mem.
cara Madrina Giuditta Avondet ved. Bertalot.
L. 15.000: Ada, in mem. cara mamma
e marraine Liana.
L. 5.000: N. N.
Pervenuti nel mese <H ottobre 1983
L. 690.000: Comitato di Zurigo.
L. 559.390: Scuole Domenicali Pomaretto, Perosa, Inverso Pinasca.
L. 176.000: Scuola Domenicale di
Sussen.
L. 100.000: Dorcas, Torino, in mem.
Armande Penseyres e Violette.
L. 66.000: I compagni di lavoro di
Ermanno, in mem. della mamma.
L. 60.000: Sauro Gottardi, Albissola
Superiore.
L. 59.000: Sig. Bisi, a nome amici
di Pramollo.
i. 50.000: Tron Adele ved. Ribet;
Giuliana Ciardi de Filippis, in mem.
mamma; Pastore Emerito Long Silvio,
Lugano; I.E.C., Pramollo; In mem. Bertalot Ernest e Peyronel Alice, i cugini
Pens, New York; In mem. Bounous Eraldo, sorella, cognato, e figlioccio; Irma e Mario Bianconi, in occ. « Nozze
d'Oro ».
L. 30.000: Clelia Bouchard Balmas, in
mem. suoi cari; Travers Emma e Silvio, Pramollo; Griglio Lidia e Nadia,
S. Secondo, in mem. Griglio Giovanni.
L. 20.000; Maria Armosini e Rita Pampili. Vado Ligure: Frida e Ettore Massel,
in mem. Tante Susanne e Enrichetta
Vinçon Travers; Rama Jolanda ved. Farese.
L. 10.000: Magiiana Lidia; Avondet
Irene; N. N.
Pervenuti nel mese di novembre 1983
la USSL.
Allora sembrò di percepire una certa
adesione da parte degli Amministratori
a tale metodologia, purtroppo però non
confermata dai comportamento successivo. Infatti è continuata imperterrita
l'assunzione di provvedimenti riguardanti trasferimenti di personale, modifiche degli orari di servizio ecc. senza
la consultazione con le rappresentanze del personale e qualora questa si è
verificata, sempre su richiesta delle
OO.SS., è stata unicamente col Presidente il quale si limitava a sentire le
proposte avanzate dalle OO.SS. che
puntualmente venivano stravolte in sede
di Comitato di Gestione.
■ Su richiesta telegrafica (urgente) delle OO.SS. della Sanità e del Consiglio
dei delegati per un incontro con il Comitato di Gestione, il Presidente convoca (dopo 20 gg.) le OO.SS. ed il
Comitato di Gestione, risultato dell'incontro: assenza totale dei componenti
del Comitato di gestione.
Lasciamo ai lettori immagirtare come
possano funzionare le Unità Sanitarie
Locali.
E' nostro desiderio dire BASTA (anche come cittadini) con le irresponsabilità politiche, BASTA a fare amministrare il denaro pubblico (miliardi) a
persone che pensano di giocare con I
nostri soldi, BASTA con le responsabilità scaricate sui lavoratori (le responsabilità stanno altrove), BASTA con
questo potere politico antidemocratico, BASTA...
Non chiediamo ai componenti del Comitato di Gestione della USSL 42 ma
agli utenti della Sanità se questo è un
SERVIZIO alla popolazione.
CGIL-CISL-UIL . SANITÀ'
Consiglio dei delegati USSL 42
L. 120.000; Catecumeni di Pomaretto.
L. 100.000: Chiesa di Pramollo; E.
Avondetto Peter, Svizzera; I nipoti Luciano Gallian, Elena Giordan, in mem.
zia Olga Simondi in Gallian.
L. 50.000: Irene e Walter Long, in
mem. nipote René Perez; Irene e Walter Long in mem. genitori; Il marito e
famiglia, in mem. Pontet Lidia; Sig.
Biedermann Maria ved. Acunzo e Renato Acunzo, in mem Riccardo Acunzo;
N. N., in mem. Toja Giuseppina ved.
Ferro; Chiesa Ev. dei Fratelli, Collegno.
L. 32.240: Sergio Gottardi, Canada.
L. 20.000: Beux Eli e Lina, in mem.
Magna Angelina; Balmas Attillo: Pascal
Armando e Delfina, in mem. loro cari.
L. 10.000: Jahier Liliana in Bettola.
Pro Ospedale Valdese
di Pomaretto
Pervenuti nel mese di ottobre 1983
Pro progetto
Ospedale di Torre Pellice
Pro Ospedale Valdese
di Torre PeIJice
Pervenuti nel mese di ottobre 1983
iL. 500.000: Franca e Marco Eynard,
Torre Pellice, in mem. papà, mamma.
Dante, Romana e Ezio.
L. 110.000: in mem. Alda Charbonnier
in Long.i cugini e nipoti.
L. 100.500: ( compagni di lavoro di
Ivan, in mem. del papà Gaydou Carlo.
L. 30.000; in mem. nostri cari. Gönnet Margherita, i figli Arata e Carlo
Alberto: Enrico e Marcella Jourdan,
Torre Pellice, ricordando il Dr. Gustavo Comba.
Pro Rifugio « Carlo Alberto »
Pervenuti nel mese di ottobre 1983
i. 10.000: Cerbi Elena e Vittorio, Torino; Magiiana Lidia, Torino; Selma Longo, Torre Pellice.
RINGRAZIAIMENTO
« Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbato la fede »
(II Timoteo 4: 7)
Il giorno 3 dicembre è mancato alTaffetto dei suoi cari
Giulio Coucourde
di anni 95
Il figlio Alberto con i familiari ringrazia sentitamente tutti coloro ohe,
con la presenza ai funerali o con scritti, hanno espresso la loro simpatia.
Un particolare ringraziamento al Pastore di Pinerolo Sig. Ayassot per le
sue parole di conforto, alla Sig.ra Irene Borno, al marito Emanuele per l’affettuosa assistenza e a tutti coloro che
lo hanno visitato durante la sua malattia.
Bobbio Pellice, 9 dicembre 1983
RINGRAZIAMENTO
La famiglia Bosio ringrazia quanti
con la loro presenza, con scritti, con
fiori hanno preso parte al suo grande
dolore per la perdita di
Giovanni
Un grazie particolare a quanti hanno
partecipato aUe ricerche, ai cari compagni della Sucai e della Geryasuttj, ai
Carabinieri di Perrero, alla”CroceVerde di Perosa Argentina, a tutti gli
amici di Pramollo, di Massello e, in
particolare, di Campo la Salza.
Torre Pellice, 11 dicembre 1983
La Commissione degli Istituti OspitaUeri Valdesi si stringe attorno al proprio Vice Presidente Dott. Emanuele
Bosio ed alla famiglia tutta con affetto
e commozione per l’improvvisa scomparsa del figlio
Giovanni
Torre Pellice, 11 dicembre 1983
L. 130.000: Fiori in menti, di Bounous
Eraldo: Amici e partigiani, Bounous
Roberto, Bounous Aldo, Boccardo Carlo, GIraud Giovanni, Jahier Edvi, Rosso
Silvio, Rostan Ezio, Avondet Alberto,
Comba Silvio, Comba Gino, Costabel
Enrico, Jahier Ermanno, Tron Enzo.
L. 105.000: I condomini de « Le Betulle » San Germano, fiori in mem. del
Sig. Eraldo Bounous.
L. 50.000: Ughetto Cesarina, Villar
Perosa, in mem. Galvan Lucia; Famiglia Favetto, Pomaretto, in mem. Costantino Anna ved. Favetto.
L. 30.000: Rolfo Luciano. Prarostino,
in mem. Rolfo Vittorio.
L. 20.000: Ottone Eugenio, Pinerolo.
L. 10.000: Drudi Angelina, Rimini, in
mem. del marito.
L. 5.000: Panerò Pasohetto Caterina,
Torino, in mem. Signora Piola.
Pervenuti nel mese di ottobre 1983
L. 220.000: Chiesa Evangelica di Bari.
USL 42-VALLI
GHISONE-GERMANASCA
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 18 DICfiMORE 1983
Perosa Argentina: FARMACIA CASOLATI - Via Umberto I - Tel. 81205.
Ambulanza:
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USL 44 - PINEROLESE
(Distretto
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo; 22664.
USL 43-VAL PELLICE
Guardia Medica:
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese) .
Prefestiva-festiva; tei. 90884 (Ospedale Mauriziano).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 18 DICEMBRE 1983
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud, 8 - Telefono
91.374.
Ambulanza:
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
Í
12
Í2 uomo e società
16 dicembre 1983
t :
__________________________ISRAELE - L’EREDITA’ DI BEGIN - 5
Un appello all'altra mano
Il movimento per la pace in Israele tende una mano che non ha
ancora trovato il corrispettivo nella sua controparte palestii
Lo sguaido panoramico che
abbiamo potuto dare sulla situazione attuale in Israele non è
certamente esauriente e, proprio
per questo, non è esente da lacune. Si spera tuttavia che esso
possa servire per evitare le semplificazioni ed i partiti presi in
un senso o nell’altro. Esso dovrebbe almeno farci intravvedere la complessità di una realtà
umana con i molteplici e profondi risvolti psicologici e sociologici. che in un brevissimo tempo ed in una ridotta area geografica si sono aggrovigliati, sovrapponendosi l'uno all’altro,
senza possibilità di sedimentare,
senza che un momento di requie
nello stato di guerra permanente che dura da circa 60 anni permetta l’avvio a quel processo di
autoidentificazione del popolo e
di una serena individuazione del
proprio destino.
Sentenziare dinanzi ad un tale popolo sottoposto da due milleimi a prove che nessim popolo
europeo ha mai conosciuto diventa difficile. E tanto più assumere atteggiamenti da crociata.
Per dei cristiani, malati essi stessi da secoli di un antigiudaismo,
spesso sanguinario, e che solo
da pochi decenni hanno incominciato a curare, dovrebbe essere
sospetta ogni tendenza a scoprire dentro di sé anche l’inizio di
un’animosità nei confronti degli
Ebrei che vivono in Israele. Il
solo atteggiamento cristiano possibile ci appare l’Amore per gli
uni come per gli altri: perché
sia gli uni che gli altri sono i
poveri, i miseri e gli oppressi di
cui ci parla la Bibbia, perché gli
uni e gli altri sono stati condotti apparire come dei reciproci simboli di oppressione; perché sia gli uni che gli altri vivono nel terrore e nella paura, un
terrore ed una paura che sono
dei cattivi consiglieri e che, comunque, spingono ognuno ad
annullare l’altro moralmente o,
peggio ancora, fisicamente.
Detto ciò è tuttavia necessario trarre qualche insegnamento da quanto è stato detto, cogliendo l’occasione per puntualizzare.
1) Esiste in Israele un forte
« L'Eco delle Valli Valdesi Reg,
tribunale di Pinerolo N. 175.
Comitato dì Redazione: Franco
Becehino. Mario F. Berutti, Franco
Carri, Dino Ciesch, Ntso De Michelis, Giorgio Gardioi, Marcella Gay.
Adriano Longo, Aurelio Penna. JeanJacques Peyronel, Roberto Peyrot.
Giuseppe Platone. Marco Rostan,
Mirella Scorsonelli, Liliana Viglielmo.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Via Pio V, 15
• 10125 Torino.
Direttore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/
655.278 . C.C4I. 327106 Intestato a
« L’Eco delle Valli ■ La Luce ■>.
Abbonamenti ’84: Annuo L. 21.000;
Semestrale 12.000; Estero 40.000 (posta aerea 64.000); Sostenitore 40.000.
Decorrenza 1° genn. e 1° luglio (semestrale).
Redazione Valli: Via Arnaud. 25 ■
10066 Torre Pelllce.
Pubblicità: prezzo a modulo (mm
49x49) L. 7.000 (oltre IVA).
Inserzioni: prezzi per mm. di altezza, larghezza 1 colonna; mortuari
280 - sottoscrizioni 150 - economici
200 e partecipazioni personali 30"
per parola (oltre IVA).
Fondo di solidarietà c.c.p. 11234101
intestato a « La Luce: fondo di solidarietà •, Via Pio V. 15 - Torino.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pelllce (Torino)
movimento per la pace che raggruppa quasi la metà dell’opinione pubblica e questo movimento merita tutto il nostro appoggio e tutta la nostra simpatia.
2) Non esiste però attualmente, né in ambito palestinese, né
nei vari paesi arabi, nesstm movimento per la pace che tenda
la mano al movimento israeliano.
. Purtroppo la rappresentatività detVOLP, sempre discutibile e contestata, è crollata a valori prossimi allo zero. La questione palestinese continua ovviamente ad esistere in tutta la
sua drammaticità, ma è ormai
priva di chi ne rappresenti i legittimi interessi ». Questo giudizio figura neH’editoriale del quotidiano La Repubblica del 25.10.
1983. Si tratta soltanto di una
constatazione, ma nessuno, che
conduca un’indagine seria sul
conflitto arabo-israeliano, può
sottrarvisi.
4) Fino ad oggi le posizioni
dell’OLP sono rimaste sostanzialmente quelle della Costituzione che essa si è data, la quale
non è mai stata modificata. Citiamone alcuni punti, fondamentali per l’argomento di cui ci occupiamo, cosi come vengono rias
inese
sunti a p. 149 dell’ottimo libro
appena pubblicato di Nicola Garribba su «Lo Stato d’Israele»
(Editori Riuniti):
a) gli ebrei costituiscono una
religione e non una nazionalità
e quindi non hanno diritto né
aH’autodeterminazione né a uno
Stato (art. 20);
h) sull’intero territorio del
mandato britannico dovrà instaurarsi uno stato palestinese
che riconoscerà come cittadini
solo gli ebrei che vi vivevano
prima dell’aggressione sionista
(art. 1-2-6);
c) solamente i palestinesi hanno diritto aH’autodeterminazione
e al possesso pieno dell’intero
paese (art. 9);
d) ogni soluzione che non consista nella totale liberazione della Palestina mandataria deve essere respinta e lo scopo della liberazione può essere raggiunto
solo attraverso la lotta armata
(art. 21-9);
e) la creazione dello stato d’Israele è da considerarsi nulla e
non avvenuta (art. 19);
f) il sionismo è un movimento politico associato all’imperialismo intemazionale, razzista,
fanatico, espressione del colo
TORINO
Assemblea piemontese
degli obiettori fiscali
Si è svolta domenica 27 novembre a Torino, ospitata dal
Centro di documentazione su
pace, sviluppo e partecipazione,
la prima assemblea regionale piemontese degli obiettori fiscali. Il
tema dell’incontro era stato formulato così: « Obiezione di coscienza alle spese militari: una
forma concreta di resistenza popolare e nonviolenta contro la
minaccia di sterminio nucleare ».
Da dati distribuiti dagli organizzatori risulta che nel 1983 hanno partecipato alla campagna
« obiezione fiscale alle spese militari » 1644 persone; soprattutto impiegati (26% delle indicazioni ricevute), insegnanti (19%L
ojserai (10%), liberi professionisti (8%), studenti (7%), operatori e assistenti sociali (4 per cento), infermieri (4 per cento), casalinghe (3%); i partecipanti, richiesti di indicare un’area prevalente di riferimento, segnalano
genericamente « area nonviolenta » il 34%, « area cristiana di base » il 21%, « pacifista » il 17%,
«cattolica ortodossa» il 16%,
«demoproletaria» Tll%, «comunista » il 5%, « radicale » il
4%..
Questi ed altri dati sono reperibili in una documentazione preparata dal centro per la nonviolenza di Brescia, che ha coordinato quest’anno la campagna per
l’obiezione fiscale. Risulta tra
l’altro che i motivi per cui è stata praticata l’ohiezione fiscale sono nell’ordine, di tipo politico,
morale, religioso, sociale, che il
fine perseguito con l’obiezione è
il disarmo unilaterale, la difesa
popolare nonviolenta, la rivendicazione di un diritto civile, la riduzione delle spese militari, il disarmo unilaterale atomico. Quest’anno sono stati raccolti in queto modo quasi 90 milioni; circa
10 milioni sono stati adoperati
per spese organizzative e legali a
beneficio di quanti, a causa della
loro obiezione fiscale, sono perseguiti dalla legge; degli altri 80
milioni, il 20% sarà utilizzato per
progetti di sviluppo nei paesi del
Terzo Mondo, 20% per finanziare sperimentazioni di nuovi modelli di sviluppo e il 60% per
campagne e iniziative contro il
riarmo (Comiso, ecc.).
I lettori possono immaginare
quanti problemi aperti e quante
diversità di risposte nascono dietro queste cifre; il dibattito, anche tra coloro che si sono mossi
in questa direzione è tuttora vivacissimo: molti problemi sono
da esaminare, molti obiettivi da
ridiscutere. Di qui la necessità di
incontri, di discussione intensa,
di riflessione sulle conseguenze
di queste azioni.
A Torino, presenti un centinaio
di persone, il dibattito è stato
aperto da Giorgio Jannuzzi, che
ha parlato sull’identità del movimento, e da Enrico Peyretti, che
ha esaminato il ruolo dell’obiezione di coscienza nella lotta per
la pace. In sintesi, si è detto, è
importante vedere in primo luogo
come motivare in modò corretto
l’obiezione fiscale di fronte aiTopinione pubblica, in secondo
luogo è necessario chiarire bene
gli scopi, e infine studiare accuratamente gli effetti di questa
campagna. Gruppi di lavoro si
sono formati, il primo su questioni legali (denunce, pignoramenti, ecc.), il secondo sulle forme di solidarietà interna degli
obiettori fiscali, il terzo sulla destinazione dei fondi, il quarto
sul rapporto tra l’obiezione fiscale e la difesa popolare nonviolenta, e il quinto sulle questioni
organizzative e sui rapporti con
chiese, partiti, sindacati, ecc. La
discussione, naturalmente, è stata molto viva e appassionata,
molte questioni (se non proprio
tutte) sono rimaste sul tappeto,
ma un minimo di organizzazione
è stata creata. Chi volesse saperne di più, abitando nel Piemonte, può rivolgersi al centro di documentazione di Via Assietta 13
a Torino. Eugenio Rìvoir
Una manifestazione del movimento "Pace adesso" che è riuscito a
mobilitare una forte percentuale di israeliani.
nialismo che usa metodi nazifascisti (art. 22).
Chi credesse, appoggiando
TOLP, di mettersi soltanto « dalla parte del più debole » dovrebbe rendersi conto di aver fatto
delle scelte di ben diversa natura.
5) Per oltre diciotto secoli, dalla sconfitta di Bar Kochbà nel
135 d.C. alla disperata rivolta del
ghetto di Varsavia, nel 1943, gli
ebrei hanno scelto la via del disarmo unilaterale. Hanno subito con rassegnazione, animati
dalla loro fede nel Signore, le
peggiori persecuzioni. Senza mai
ricorrere alle armi, neanche per
difendersi. Coloro che li perseguitavano erano il più spesso
dei cristiani e questi cristiani
erano bene armati. Il pacifismo
ha condotto questi ebrei all’Olocausto. Deve essere ben chiaro
nella nostra mente che il pacifismo degli israeliani di oggi non
è più un pacifismo disarmato: è
soltanto una mano che viene tesa. Questa mano rischia di rimanere tesa inutilmente se dall’altra parte un’altra mano non
si fa avanti.
6) La simpatia per i pacifisti
israeliani non deve condurci a
demonizzare gli israeliani che
pacifisti non sono. Questi ultimi
sono in grande maggioranza le
vittime dirette degli Arabi, dai
quali sono stati cacciati, e vivono attualmente all’interno della
comunità ebraica di Israele un
diffìcile processo di emancipazione rispetto al razionalismo dei
padri fondatori di provenienza
europea. Dobbiamo guardarci da
atteggiamenti razzisti nei confronti di questi ebrei orientali:
la loro aggressività nei confronti degli Arabi è la conseguenza
emotiva della violenza che essi
hanno subita da parte di questi
ultimi.
7) Le nostre posizioni nei confronti della situazione interna
israeliana non possono venire
disgiunte dal modo in cui impostiamo i nostri rapporti con gli
Ebrei che vivono nel nostro paese e dal modo in cui la nostra
sensibilità ci renderà capaci di
viverne e di capirne le tensioni,
spesso laceranti. Ricordiamo che
,gli Ebrei, siano essi di destra o
di sinistra, sono quasi sempre
degli isolati nel nostro paese
(chiediamoci quale responsabilità abbiamo in questo isolamento!) e che essi vivono sempre i
contraccolpi di tutti i grandi avvenimenti, fausti o infausti, che
si producono in Israele in modo
traumatico. Diamo quindi la parola, per concludere, alla Presidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane Tullia levi, una persona nota per l’equilibrio delle sue posizioni (dalla
rivista mensile ALEF - Qttobre
1983): « In una società condizionata dalla recessione economica
e dalle forniture di vetrolio arabo la guerra del Libano, e soprattutto i massacri di Sabra e
Chatila, hanno agito come dei
catalizzatori perversi. Era forse
l’occasione che taluni inconsciamente attendevano per liberarsi
del "complesso dell’Olocausto’’
e quindi concedersi una libera
manifestazione di riflessi ancestrali fondati sull'antico tema
della colpa collettiva ebraica. Le
comunità ebraiche europee, dalle più piccole alle maggiori, hanno dato una valutazione sostanzialmente omogenea di quanto è
accaduto: i fatti del Medio Oriente hanno avuto gravi ripercussioni sulla vita ebraica in
Europa, alimentando una nuova
forma composita di antisemitismo. Malgrado si possa affermare che, ideologicamente si può
essere anti-sionisti. antl-Begin e
critici della politica israeliana
senza. essere antisemiti, di fatto
r antisemitismo strumentalizza
l’antisionismo. La xenofobia ra::zista-nazionalista della destra,
gli antichi pregiudizi cristiani
contro gli ebrei e l’antisionìsmo
della sinistra — un tempo separai: e distinti — hanno trovato
nella mancata soluzione del problema palestinese che si trascina da oltre trent’anni, e nella
guerra del Libano comuni giustificazioni. Non più tacciali di
essere sovversivi, o plutocrati o
deicidi, come solevano venir definiti dai loro detrattori di vario
segno, gli ebrei si sono trovati
accomunati sotto l’accusa di e.csere tutti aggressori e ammazzapalestinesi ».
(fine) Elia Boccara
Fondo di
solidarietà
Informiamo e ringraziamo quei
lettori che con la loro generosità ci hanno dato di versare lire
2.500.000 a favore della lotta contro la fame nel mondo e lire
4.200.000 a favore dei lavoratori
cacciati dalla Nigeria e rientrati
in Ghana.
Le due destinazioni che attualmente sono aperte sono quelle a
carattere permanente:
— della lotta contro la fame
nel mondo con in cassa 228.000
lire e
— del programma di lotta contro il razzismo con in cassa lire
310.000.
Queste due sottoscrizioni hanno bisogno di essere alimentate
da nuove offerte. Vi invitiamo a
farle pervenire sul conto corrente postale n. 11234101 intestato
La Luce . Fondo di Solidarietà,
Via Pio V 15, Torino.
Vi diamo ora l'elenco delle offerte ricevute da giugno '83;
da L. 5.000: Barbera Giuseppe; Mimi
Tron Bernoulli;
da L. 10.000: Campese Mary; Jourdan Maddalena per due volte;
da L. 20.000: Armosini Maria; Gottardi Sara e Sauro per tre volte; Vezzosi Giovanni;
da 1. 25.000: N.N.; Salma Giulietta
ed Elsa; Scuola domenicale di Borgìo
Verezzi;
da L. 40.000: Myriam Beìn Buzzi;
da L. 50.000; Bufalo Olindo per due
volte; Cornelio Silvia; Bein Ernesto e
Mirella; Scuola domenicale Appiotti di
Torre Pelllce; Di Toro Domenico; Castellina Elisabetta; Tourn Cipriano e
Ruth;
da L. 60.000: N.N.; Lemmon Torsello
Antoinette;
da L. 100.000; Fontana Delia per due
volte; N.N.; Bein Ernesto e Mirella;
da L. 180.000; Clemenzi Aldo per tre
volte;
da L. 196.000; comunità valdese di
Pomaretto;
da L. 600.000; Coucourde Giulio.
Inoltre ci sono pervenute per errore
da Torino L. 20.000 e da Angrogna L.
10.000 che non abbiamo registrato e
abbiamo trasmesso al destinatari: Missione evangelica contro la lebbra e
Tavola valdese per la chiesa nel Sud'
America.
Totale ricevute L. 2.511.000; precedertte L. 4.727.841; versate L. 6.700.000;
in cassa L. 538,841.