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BIBUOT^CA P.JLIC
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ECO
DELLE WII VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 109 - Num. 40
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Occorre inlensificere i repporti callolici dissidenli e proleslanli
E’
I
forse utile riprendere e proseguire il discorso avviato la settimana scorsa con l'articolo « Due chiese
alternative », imperniato sul confronto,
anzi sul conflitto, tra la visione della
chiesa del cardinale Daniélou quale risulta dal suo libro recente La nostra
Chiesa, e quella dell’ex-sacerdote cattolico Percelsi quale traspare dalla lettera da lui indirizzata a tutti i preti
della diocesi di Torino in occasione
del suo matrimonio. Si tratta di due
visioni della chiesa incompatibili tra
loro. È illusorio credere di poterle in
qualche modo far convergere in una
sintesi ecumenica futura o almeno far
coesistere, in nome del pluralismo cristiano, come due varianti legittime del
rnodello biblico di chiesa. Diventa ogni
giorno più chiaro che il cattolicesimo
del dissenso, in alcune sue posizioni di
fondo (anche se non ancora in tutte),
non costituisce una semplice variante
del cattolicesimo tradizionale e conciliare ma piuttosto la sua antitesi. Lentamente ma sicuramente emerge dalla
ricerca teorica e pratica del dissenso
cattolico un abbozzo di chiesa che pur
senza porsi esplicitamente in contrapposizione frontale con la chiesa esistente, tende a costituirsi e affermarsi
come progetto ecclesiologico alternativo.
I cattolici del dissenso stanno qjiin- ^
di facendo una esperienza analoga a
quella fatta da tanti altri cristiani attraverso i secoli: l'esperienza del carattere irreformabile dell'istituzione ecclesiastica romana e del suo sistema
dogmatico-istituzionale. Tutti coloro
che nella chiesa di Roma hanno sollevato istanze evangeliche di fondo, capaci di riformarla veramente, si sono
trovati, senza averlo voluto, a dover
vivere la loro fede e la loro libertà cristiana ritrovata nell'ubbidienza alla
Parola di Dio fuori della chiesa di Roma e indipendentemente da essa. Come l'órgànismo umano rigetta un corpo che gli è estraneo, cosi ristitùziohe
romana rigetta le istanze evangeliche
che la contraddicono, f nostri padri
pensavano che la chiesa romana fosse
riformabile dal di fuori, non dal di dentro; alcuni nostri contemporanei pensano che la chiesa romana sia riformabile dal di dentro, non dal di fuori. Noi
pensiamo che essa non è riformabile
né dal di dentro né dal di fuori.
I cattolici del dissenso si trovano, di
fatto, fuori dall'orizzonte spirituale del
cattolicesimo cosiddetto ufficiale. Ma
che cosa significa uscire dal giro della
chiesa di Roma? Significa qualcosa di
più che abbandonare una struttura,
una teologia o una liturgia. Significa
staccarsi da un tipo di fede e adottarne o almeno ricercarne un altro. Ed è
questa, in fondo, l'esperienza dei cattolici del dissenso: il loro contrasto
con Roma prima che disciplinare è di
fede. Si tratta di « cattolici » che non
credono più le stesse cose che Paolo VI
e Daniélou credono. Credono cose diverse e in modo diverso. Cercano un
modo nuovo di essere cristiani, un modo nuovo di essere chiesa, quindi in
primo luogo un modo nuovo di credere e vivere la fede.
Sembra dunque che il contrasto evidentemente irriducibile tra cattolicesimo ufficiale e cattolicesimo del dissenso sia il risultato di una div„e.rsa posizione di fede. Se così è, ciò non può
non avere dei riflessi nei rapporti che
le chiese evangeliche hanno da un lato
con la chiesa di Roma e dall'altro con
il dissenso cattolico.
Per quanto concerne la chiesa di Roma, è superfluo ribadire il nostro completo dissenso da una concezione della chiesa e del cristianesimo come
quella esposta, poniamo, da Daniélou
nel suo libro. È un dissenso che dura
da più di quattro secoli e che dovrà
continuare ancora per molto, forse per
sempre. Con Daniélou, siamo in disaccordo su tutto: sulla natura della fede, sulla funzione del magistero, sulla
nozione di ministero, sui cosiddetti sacramenti e in particolare sull'eucaristia, sulla nozione di libertà cristiana
e sul suo esercizio, sulla natura, struttura e missione della chiesa nel mondo, sulla posizione della Bibbia rispetto a tradizione e magistero, sui rapporti tra chiesa e stato, e via dicendo;
in ultirria analisi siamo in disaccordo
sul modo di intendere il cristianesimo
e quindi sul modo di credere ed esprimere la realtà e presenza di Dio nel
mondo. Le divergenze sulle singole
questioni sono l'espressione di un dissidio più profondo che tocca le radici
stesse della fede.
L'esistenza di questo dissidio di fondo non deve paralizzare il dialogo interconfessionale, deve anzi provocarlo.
Nes.sun disaccordo tra cristiani dev'esj
sere considerato definitivo sia perché
in questo mondo di definitivo non c'è
letteralmente nulla sia perché credia
L’alternativa evangelica
TORkE PELLICE 6 Ottobre 1972
-Amm.: Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
30 settembre 1965’
in Indonesia
mo nello Spirito Santo creatore sia
perché il presupposto fondamentale del
movimento ecumenico è che non vi
siano situazioni immutabili che non si
posano più modificare. Detto questo
però bisogna aggiungere che tutta la
storia della chiesa di Roma e ultimarnente ancora la vicenda del cattolicesimo del dissenso confermano in pieno l’antica e non ancora smentita convinzione protestante che Roma si trasforma ma non si riforma, si aggiorna
ma non si ravvede. E questo non per
impenitenza ma per coerenza! Roma
crede che solo restando fedele a se
stessa è fedele all'Evangelo, solo continuando per la sua strada, percorre
la via del Signore. E questo il grosso
handicap di tutti i rapporti con Roma
ieri come oggi, a dispetto di tutti i dialoghi e di decenni di ecumenismo. Son
cose note ma non sempre tenute presenti: per Daniélou e Paolo VI la vera
riforma della chiesa è la contro-riforma! Quello che per noi è riforma, per
loro è deformazione. Mantenere la
Chiesa romana così com'è è per loro
una questione di fede, così come per
noi è una questione di fede optare per
una chiesa alternativa. Perciò postulare una riforma autentica, in senso
evangelico, della chiesa di Daniélou e
Paolo VI è una ingenuità ecumenica
che né i protestanti né i cattolici del
dissenso possono più permettersi. La
chiesa di Roma è caratterizzata da ir
refqrmabilità congenita pur nei suoi
continui adattamenti e aggiornamenti.
In questo senso il dialogo con Roma
non può a nostro avviso portare lontano. Questo discorso può sembrare
duro, ma dura è la realtà, non il discorso.
Che dire, ora, dei rapporti tra il cattolicesimo del dis.senso e le chiese
evangeliche? Diremo che sono rapporti ancora troppo sporadici e discontinui, che però possono e debbono essere intensificati e approfonditi. Due fatti fondamentali accomunano evangelici e dissidenti cattolici: l'esperienza
dell'irreformabilità della chiesa di Roma e l'esigenza di una chiesa che ritrovi la piena misura dell'autenticità
cristiana modellando sull'Evangelo non
solo la sua predicazione ma anche la
sua vita: una chiesa apostolica non solo nel messaggio ma nelle condizioni
concrete di esistenza. Questi due fatti bastano come premessa e avvio di
un rapporto fecor.lo e duraturo. Finora non si può dire che vi sia stato:
i rapporti tra chiese evangeliche e catolici dissidenti, per quanto numerosi
e molto cordiali, hanno avuto un carattere saltuario, occasionale, e sono
dipesi più da iniziative personali che
da decisioni comunitarie. Non è mancata da parte protestante una certa
difficoltà a comprendere la vera natura del fenomeno del dissenso cattolico, mentre da parte dei dissidenti cat
tolici c'è stata talvolta una certa reticenzà a incontrarsi in modo continuato con gli evangelici, forse anche per
evitare di essere subito tacciati di
« protestantesimo » dalla gerarchia con
l'intento di rnetterli in cattiva luce e
screditarli agli occhi del popolo: come
del resto in qualche caso è avvenuto.
Queste però sono cose passate. La situazione è cambiata, molte cose si sono chiarite, nuovi passi possono essere compiuti. Quel tanto di isolamento
che ancora sussiste tra cattolicesimo
del dissenso e chiese evangeliche deve
essere vinto e superato.
Riteniamo oggi possibile e auspicabile sia per le chiese evangeliche che
per il dissenso cattolico istituire tra
loro forme permanenti di collegamento fraterno, di consultazione reciproca. di incontro regolare. In fondo sia
gli uni che gli altri, pur partendo da
posizioni ed esperienze diverse ed autonome le une rispetto alle altre, ci
situiamo oggi in una analoga prospettiva di ricerca che ha come termine di
confronto e come criterio normativo
l’Evangelo. Non ha senso che la nostra
ricerca sia soltanto parallela: dev'essere comune. I modi in cui ciò può avvenire potranno essere studiati in seguito. Qra bisogna appurare se nel dissenso cattolico e nelle chiese evangeliche esiste la volontà e il desiderio di
una comunione, affinché non viviamo
e lottiamo i.solati, ciascuno per conto
suo, ma insieme, in vista di quell’alternativa evangelica che tutti ricerchiamo.
Paolo Ricca
A PROPOSITO DEL REFERENDUM ELVETICO
Le Chiese e il cotiimercio delle armi
Come in Svizzera, così in Italia sono flagranti le contraddizioni tra gii aiun al
Terzo mondo e le vendite di armi - Molti cristiani si chiedono: « Può la mano
sinistra ignorare ciò che fa la destra? Possiamo proclamare il diritto alla vita
ed essere al tempo stesso complici della morte? »
Abbiamo dato notizia, nello scorso
numero, del referendum popolare tenutosi recentemente nella Confederazione elvetica suH'opportunità o meno
di continuare nel commercio mondiale
delle armi. Com'è infatti noto, questa
nazione, malgrado le sue minuscole dimensioni e la sua neutralità militare,
è al decimo posto fra le nazioni esportatrici di armi nel mondo.
Come forse i lettori ricorderanno, il
risultato del referendum è stato abbastanza sorprendente, infatti (a parte la
bassissima percentuale di votanti) solo
per un minimo scarto di voti — poco
più di ottomila — hanno « vinto » i
fautori della prosecuzione delle esportazioni: il 49,6% ha detto « basta »,
mentre il 50,4% ha detto « continuiamo ».
Per quanto riguarda gli schieramenti, si apprende che i partiti politici de)
centro e della destra sono stati compatti nel proporre il rigetto dell'iniziativa popolare affermando che l'eventuale approvazione avrebbe avuto ripercussioni negative sulla produzione
industriale del paese. A favore si sono
invece schierati i partiti della sinistra;
parallelamente, anche le Chiese avevano assicurato il loro incondizionato appoggio.
È appunto sotto questo aspetto che
vogliamo ancora dire qualcosa e documentare ai nostri lettori l'attività
svolta dalla Chiesa a questo proposito.
Ce ne dà lo spunto il « giornale » edito per l'occasione dal Comitato svizzero « Pane per il prossimo » e dal Consiglio svizzero delle missioni evangeliche, giuntoci solo ora.
Innanzi tutto, viene ricordato che
già sin dal novembre 1970 la Conferenza interconfessionale Svizzera - Terzo
Mondo convocata a Berna, composta
dalla Chiesa protestante, da quella cattolica romana e da quella cattolica cristiana definì la propria posizione nel
modo seguente: « Considerando che,
colle sue esportazioni di armi, la Svizzera si rende complice della violenza
oppressiva, istituzionalizzata e arbitrariamente legalizzata (che regna negli
Stati senza conflitti sanguinosi o senza aperta guerra civile) il gruppo di
lavoro chiede alle chiese di prepararsi a prendere posizione ufficiale a favore dell'iniziativa per un maggior controllo delle industrie delle armi e per
il divieto della loro esportazione ». Ed
ancora: « Come cristiani, siamo coinvolti dalle esigenze di giustizia dell’Evangelo nella nostra società. Queste
esigenze di giustizia vogliono che prendiamo la difesa dei poveri, dei diseredati vittime delle armi svizzere espor
tate in Africa, in Asia e in America latina ».
Il suddetto giornale fa altre interessanti rivelazioni (sarebbe altrettanto
interessante che anche in Italia le Chiese cercassero di sollevare il sipario —
tenuto così ben celato — su questo
gravissimo problema). Avevamo detto
nello scorso numero che la Svizzera
occupa il decimo posto, in assoluto, nel
commercio mondiale delle armi. Ma
ora apprendiamo che, relativamente al
numero degli abitanti, le esportazioni
di armi verso i paesi sottosviluppati
nel periodo 1969-70 erano al secondo
posto, a livello mondiale, precedute solo dalla Gran Bretagna, e seguite dagli Stati Uniti, dalla Francia e dall'Unione sovietica. In quattro anni — prosegue la pubblicazione — le esportazioni di armi svizzere verso il Terzo mondo sono quintuplicate. La Svizzera inoltre « partecipa in modo sfrenato alla
corsa agli armamenti su piano mondiale ».
Alcuni esempi della destinazione di
queste armi:
Nell'estate del 1968 il popolo svizzero dà del danaro per comprare viveri
e medicinali per il Biafra accerchiato.
Nello stesso periodo, dei delegati svizzeri della Croce Rossa e dei diplomatici constatano che dei cannoni svizzeri « Qerlikon » hanno sparato sugli
aerei che trasportavano i viveri e i
medicinali svizzeri in Biafra.
Due anni fa, dei giornalisti hanno
scoperto che pacifici aerei « Pilatus »
fabbricati in Svizzera erano impegnati
nella guerra in Vietnam e in modo
particolare in Laos e in Cambogia.
Tutti ricordiamo gli orribili massacri perpetrati dal Pakistan occidentale
contro l'attuale Bangladesh. Qra, durante i tre anni precedenti, la Svizzera
ha venduto armi al Pakistan. La proibizione di inviare armi non è stata decisa se non nei giorni successivi ai fatti d'arme.
L'Iran è uno dei più forti acquirenti
d'armi svizzere. In questo paese la tortura è quotidiana e gli oppositori al
regime sono assai sovente fucilati. Ma
la vendita continua.
Quanto allo spauracchio agitato da
certi settori circa il riflesso negativo
che la cessazione del commercio delle
armi potrebbe avere sull'occupazione,
la pubblicazione precisa che l'esportazione di questo settore non rappresenta che lo 0,80% della totalità delle
esportazioni. E possibilissimo, dal punto di vista tecnico, orientare questa
produzione nel settore civile. D'altronde, gli stessi operai si rendono bene
conto che l'esportazione d'armi serve
troppo spesso a opprimere operai di
altre nazioni. (Ed infatti gli elettori
che risiedono nelle città sedi delle
principali fabbriche d'armi hanno votato per la cessazione). « La cessazione
del commercio delle armi — continua
la pubblicazione — non significherebbe
la disoccupazione per un gran numero
di operai, ma anzi, essa potrebbe significare una maggior sicurezza di lavoro. Infatti, l’esportazione d’armi è, per
definizione, instabile, in quanto essa è
strettamente dipendente dalle tensioni
internazionali, e quindi da situazioni
più che aleatorie ».
Nel porre in rilievo la grave contraddizione fra gli aiuti al Terzo mondo e
la vendita d'armi, lo stampato conclude: « Può la mano sinistra ignorare ciò
che fa la destra? Possiamo proclamare il diritto alla vita e allo stesso tempo essere complici della morte?... Si
tratta di un atteggiamento in flagrante
contraddizione colla parola di Cristo:
'Il vostro sì sia sì e il vostro no sia no'
E ricordiamoci anche di quell’altra parola di CHsto: 'Guai a chi è causa di
scandalo’. Esportare armi svizzere è
causa di scandalo per il più debole ».
Ma anche in questo caso, purtroppo,
la Parola è stata sopraffatta dal dèmone dell'egoismo e dell'interesse, dal dèmone di Caino.
Roberto Peyeot
Il giorno
del massacro
Il 30 settembre 1965 l'Indonesia, a
pochi anni dall’indipendenza, era sommersa in un bagno di sangue. La vicenda è lungi dall’essere chiarita, a nostra
conoscenza, sulla base di una documentazione vagliata e indiscussa; ed è velata da contradittorie interpretazioni
ideologiche globali: per la conservazione neocoloniale, un colpo di stato comunista era stato battuto di stretta
misura sul tempo da un controcolpo
conservatore, che avrebbe assicurato
tl permanere del regime democratico;
nella prospettiva marxista, invece, (si
veda ad es. l’articolo di Enrica Collotti
Pischel su "Il Manifesto” del 30 settembre, appunto) la rapida estensione di
"zone rosse” nell’Indonesia nuova postcoloniale aveva allarmato l’imperialismo occidentale, americano in particolare, e le forze locali della reazione,
scatenando una repressione feroce, tristemente riuscita, nella zona nevralgica
del sud-est asiatico.
Probabilmente entrambe queste spiegazioni peccano di schematismo, e né
Luna né l’altra esaurisce o spiega pienamente la realtà senza dubbio complessa. Quello che è certo è che ci furono alcune centinaia di migliaia di
morti — due-trecentomila secondo gli
uni, mezzo milione secondo gli altri
morti comunisti. Un massacro sistemàtico, interi villaggi distrutti dai militarE^
e gli abitanti uccisi in massa, interi'
clan familiari sterminati sistematica
U modo in cui si è svolta questa vicenda sanguinosa sembra comunque
indicare che non si può pensare a una
sorta di guerra civile di tipo spagnolo.
Vi è stata l’eliminazione dell’avversario
— tempestiva, di una sagacia demoniaca — condotta dal regime al potere a
costo di un fiume di sangue.
Pochi lo ricordano, questo anniversario: non i vincitori, che non han davvero da vantarsi di questa truce vittoria; non i sovietici, che hanno mantenuto e intensificato i rapporti economici e politici con i "reazionari” indonesiani, inclusa la fornitura di armi;
gli stessi cinesi sono stati assai misurati nella deplorazione e sostanzialmente pronti a dimenticare: anche nella
prospettiva della lotta rivoluzionaria i
falliti e i vinti hanno sempre torto? È
"Il Manifesto” che ha ricordato questa
data, anche a noi. Vogliamo ricordarla, e cercare di pensare queste centinaia di migliaia di massacrati, nelle
campagne di Giava e di Sumatra, da
dove il loro sangue ancora grida, anche
se molti pensano che la terra ri-arata
l’abbia soffocato e considerano ammirati come anche l’Indonesia viva un
suo miracolo.
In questa drammatica ricorrenza,
poi, pensiamo con angoscia a quel che
potrebbe succedere oggi nelle vicine
Filippine, 'Ove il regime del presidente
Marcos ha imposto la legge marziale,
in una situazione da anni esplosiva.
Gino Conte
Domenica 1° ottobre, in varie località dell’Ulster
In riunioni oii'aperto, cnnoiici e protestanti
hanno intercedoto insieme per in pece
Si ricorderà che lo scorso autunno
il Moderatore Neri Giampiccoli, con il
pastore svizzero A. Mobbs, aveva, su
incarico dell'Alleanza Riformata Mondiale, compiuto una visita in Irlanda,
rinsaldando i vincoli con quella Chiesa
presbiteriana. Qra il segretario generale della Presbyterian Church in Ireland — le cui comunità si trovano sia
nelTUlster sia nell'Eire — ha scritto
una lettera al Moderatore in cui lo informa che nella prima domenica di ottobre, nella provincia di Belfast e altrove, erano in programma numerosi
culti all'aperto, in particolare volti all’intercessione, e tenuti congiuntamente da cattolici romani e da protestanti.
« L’invito — scrive il past. A. J. Weir
— è stato lanciato dalle principali Chiese irlandesi: Chiesa d’Irlanda, Metodista, Presbiteriana e Cattolica Romana.
Nella semplice liturgia da esse propo
sta si insiste per la partecipazione di
laici e di bambini, ad esempio suddividendo in varie parti l’intercessione.
« È troppo presto per sapere quale
sarà la risposta, anche se le reazioni
sono per ora divise. Ci sono coloro che
salutano con gioia la possibilità, che
così si ripresenta, di prendere posizione insieme in termini specificamente
cristiani e in numerosi distretti sia di
Belfast sia della provincia parecchi responsabili sono già a buon punto nella
preparazione dei relativi convegni. Altri pensano che le relazioni si sono talmente deteriorate da rendere manifestazioni del genere superficiali e assurde; inoltre, qualunque tipo di convegno, nelle loro zone, sarebbe pericoloso.
« Questa giornata è stata deliberata(continua a pag. 6)
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pag. 2
N. 40
6 ottobre 1972
Una chiesa che affronta la crisi,
e la supera
NOTE DI STORIOGRAFIA VALDESE - 9
.« Così la chiesa per tutta la Giudea, la Galilea e la'Samaria
aveva pace, .essendo edificata; e camminando nel timor
del Signore e nella consolazione dello Spirito Santo, moltiplicava». (Atti 9; 31)
Quel che l’autore del Libro degli Atti dice della Chiesa del tempo apostolico ci lascia perplessi, turbati ed anche angosciati, perché la Chiesa di oggi non si riconosce in questa descrizione, anzi, di fronte a questa descrizione appare più evidente il grigiore
della nostra situazione.
E allora siamo tentati di pensare
che l’autore del libro ci abbia dato, così, in astratto, una immagine idealizzata della Chiesa che non trova riscontro nella realtà.
Ma una lettura più attenta del testo
ci convince che la nostra impressione
è errata. Non si tratta di un’immagine
idealizzata della Chiesa, bensì di termini che esprimono, come un sospiro
di sollievo e di riconoscenza e di fiducia, il ritrovato senso della presenza
vigile e della guida del Signore nelle
situazioni non sempre facili che la
Chiesa attraversa.
La Chiesa di cui ci è parlato nel nostro testo è infatti una Chiesa che è
appena uscita da una crisi che l’aveva
seriamente minacciata nella sua pace
e nella sue edificazione e che ne avrebbe intralciato o addirittura impedito
il cammino.
È dopo che la crisi è stata risolta, e
per il modo in cui è ‘ stata risolta, che
l’autore può dire, come traendo un sospiro di sollievo, e con riconoscenza e
con rinnovata fiducia: « Così la Chiesa aveva pace, essendo edificata, e
camminando nel timor del Signore e
nella consolazione dello Spirito Santo,
moltiplicava».
La lettura ^dei versetti che precedono il testo ci rilette al chiaro della vicenda.
Saulo, scampato con una fuga notturna Che ha del romanzesco, ai Giudei di Damasco che volevano ucciderlo perché non riuscivano a contrastare la potenza della sua predicazione,
era giunto a Gerusalemme, e, com’era
naturale che facesse, aveva subito tentato di entrare in contatto e in comunione con i credenti della città. Ma contro la sua più viva aspettativa, si era
trovato di fronte a un muro impenetrabile di diffidenza: « tutti lo temevano, non credendo ch’egli fosse un discepolo ».
È qui che sorge e si manifesta la crisi: in questo rifiuto della comunità al
l’inserimento di Paolo nella comunione fraterna , per la diffidenza di cui è
circondato.
Certo il passato di Saulo offriva delle buone ragioni perché si diffidasse di
lui. E c’era voluta la coraggiosa e generosa mediazione di Barnaba perché
la diffidenza nei suoi confronti fosse
superata.
Diffidenza degli uni verso gli altri, di
un gruppo verso un altro, di una corrente verso un’altra, ce n’è ancora molta, sia pur per altri motivi, anche nella
nostra Chiassi e tutti sappiamo quanto danno essa arrechi, ma quale benedizione quando nella Chiesa dei credenti c’è chi, come Barnaba, prende
l’iniziativa di adoperarsi a fare opera
di chiarificazione e di informazione e
di mediazione ,affinché ogni diffidenza
degli uni verso gli altri sia dissipata!
Allora la Chiesa ritorna ad avere la
percezione della presenza del Signore
e « ha pace », la pace del Signore che
unisce nella comunione della fede.
E in questo modo che la Chiesa « è
edificata », cioè quando si sviluppa e
cresce nella comunione di fede dei
suoi membri.
Noi commettiamo sempre un grave
errore di valutazione quando cediamo
alla tentazione, così facile, di vedere
lo sviluppo e la costruttività della Chiesa basandoci principalmente sul numero e sulla arditezza delle iniziative che
essa intraprende, sul moltiplicarsi delle attività in cui disperde le sue energie, sulle sue costruzioni, sulle sue opere sociali, e via di seguito.
Rischiamo sempre di pensare, e molto spesso diciamo, come giustificazione di tutto questo attivismo, che sono
tutti modi di dare una testimonianza.
Ma può accadere che ci sia tutto questo e che manchi quello che è essenziale, quello di cui vive la Chiesa e che
la edifica. La Chiesa è edificata quando vive la fede e cresce nella fede,
quando veglia e si adopera, al di sopra
di ogni altra cosa, a rendere vivo e
reale, e non soltanto convenzionale, e
a sviluppare e approfondire il legame
che unisce i fratelli nella comunione
della fede.
Ed è così che essa dimostra di « camminare nel timore del Signore e nella
consolazione dello Spirito Santo ».
Nel caso specifico era chiaro che, rifiutando l’inserimento di Saulo nella
comunità dei discepoli, la Chiesa si lasciava guidare da considerazioni umane di prudenza e di opportunità. Ma
l’intendimento del Sigriore era diverso.
Scoprendo, non senza travaglio, l’intendimento del Signore, quella Chiesa
aveva saputo mettere da parte e superare tutte le sue considerazioni dettate dalla prudenza e dalla opportuni'tà, per lasciarsi guidare dal Signore,
attraverso la testimonianza di Barnaba.
Camminare nel timor del Signore
deve significare anche per noi sforzo
continuo di discernimento del suo volere, il quale può risultare proprio agli
antipodi di quello cui ci portano le nostre considerazioni umane, ed avere
perciò piena disponibilità a rivedere
le nostre opinioni, le nostre vedute
particolari o i nostri giudizi preconcetti.
La consolazione dello Spirito che accompagnava quella Chiesa nel suo
cammino può allora essere sperimentata anche da noi. Essa ci è data quando possiamo riconoscere con gratitudine che il Signore aveva ragione e che
noi avremmo sbagliato persistendo
ostinatamente nel nostro atteggiamento.
Quale consolazione più grande può
essere data alla Chiesa quando essa ha
la conferma di essere stata condotta a
interpretare rettamente il volere del
Signore e ad agire in,,CQnformità? Essa acquista allora maggior fiducia e
serenità, sente di poter contare sulla
direzione del Signore e perciò di poter
osare di più; non si ripiega in se stessa, intristendo sulla considerazione
dei suoi problemi; il suo orizzonte si
allarga; la sua testimonianza diventa
più coraggiosa, più libera, più gioiosa,
irradiante.
« La chiesa moltiplicava », conclude
il nostro testo, e questo, che è il frutto dello Spirito, costituisce il segno
della sua autenticità.
Achille Deodato
(Questa predicazione e stata rivolta alla
chiesa di Pinerolo, la domenica 1° ottobre,
nel corso del culto per la ripresa autunnale
della vita comunitaria).
OTTO BRUDER - ERNST W O L F
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della generazione della
coponcntr
chiesa confessante
La storia di Otto Bruder non è delie
più consuete. E nato ebreo e si chiama Otto Salomon. Appartiene alle cerehie liberali della sua religione, ma
trova la sua strada nell’incontro con
Gesù, del quale lo colpisce soprattutto
la predicazione del regno di Dio.
Col nome di Otto Bruder dirigerà
dal 1922 al 1938 la casa editrice Kaiser
di Monaco, nota per aver pubblicato
libri e riviste di Barth e dei barthiani
della chiesa confessante tedesca. Sarà
proprio Otto Bruder a legare il giovane Bonhoeffer a questa casa editrice.
Con le leggi razziste anche il Nostro
ripiega in Svizzera: a Zurigo dirige
un’altra casa editrice protestante, a
Ginevra il consiglio ecumenico gli affida la corrispondenza con i prigionieri
di guerra. II suo nome viene conosciuto da tutte le filodrammatiche parrocchiali della chiesa confessante, che recitano i pezzi che egli scrive per loro.
Lessi per la prima volta intorno a
Otto Bruder poche righe del prof. E.
Schweizer di Zurigo, che ne lodava il
romanzo Der Grendel*: « il primo romanzo cristiano veramente buono e
accettabile ». Il titolo è il nome immaginario di una montagna che sovrasta
il paese dove si svolge l’azione: un
paese di confine.
Quella montagna incombe sul paese
e la sua presenza — o la presenza di
qualcuno al di là della montagna —
viene percepita come una oscura minaccia, reale o solo immaginaria, ma
comunque piena di influenza sulla vita
quotidiana. L’angoscia di fronte alla
minaccia serpeggia inconfessata; vi è
anche chi raffronta apertamente, ma
la maggior parte la subisce.
V’è subito chi ne approfitta. E il romanzo è costruito attorno alla figura
di un losco imbroglione, che si presenta con il viso della modernità e della
efficienza e trama un vasto raggiro. La
angoscia egli sa intrattenerla con tutti i mezzi, le debolezze che ne vengono
fuori sa metterle al servizio del suo
piano, e le vittime che lascia sul cammino sono colpevoli quanto lui. Egli
non riuscirà che parzialmente ma potrà sempre ricominciare da un’altra
parte. Nel paese c’è anche un pastore
e un vecchio cieco. Ma il pastore sente giorno per giorno come il paese viva le sue paure senza minimamente
pensare a parlargliene, convinto che la
predicazione abbia obbiettivi del tutto
diversi. Egli stesso sente poi come la
routine ecclesiastica e la stessa predi
* Der Grendel,
go 1960, p. 351.
Zwingli Verlag, Zuri
cazione siano impotenti a trasmettere
il messaggio evangelico e cerca la parola che ha autorità.
Quanto al vecchio cieco, egli è un
credente che sa penetrare le tenebre
con uno sguardo pieno di speranza, e
sa vedere molto più chiaro di tutti gli
altri nelle vicende del suo paese. Egli
incarna la speranza. Tra le varie figure minori c’è il non-credente socialista,
il giovane figlio del cieco, che a un certo momento è l’unico a comprendere
il pastore.
Mi ha sempre meravigliato come pochi dei miei colleghi avessero letto
questo libro, pur potendolo leggere. Le
visite del capo-distretto, le riunioni
pastorali alle quali si partecipa nella
vicina città sono così ben descritte che
non è poi più possibile rifarle nello
stesso stile. Ma non vorrei con questo
dare l’impressione che si tratta di un
romanzo per pastori esclusivamente.
Al centro sta quel fatto così universale come l’angoscia così sapientemente
suscitata e sfruttata a fini interessati, che è un po’ la caratteristica anche del nostro tempo.
Nella paura diventiamo deboli e prede facili; il compito principale diventa quello di una resistenza che sappia
distruggere miti e leggende e dire la
verità. Il problema della predicazione
diventa quello della lungimiranza e del
saper vedere al buio. Otto Bruder ha
espresso questo tema anche in una
poesia; — Lui sperava — non aveva
sogni né visioni — ma la percezione
della civetta al tramonto —. Tra i molti trovò quelli che aspettavano — e il
suo sguardo li animò.
Otto Bruder è morto il 18 maggio
1971 e non potevamo fare a meno di
ricordarlo.
Accanto a lui possiamo mettere qui
il nome di Ernst Wolf (1902-1971), professore di teologia (a 28 anni il primo
dottorato honoris causa), guida teologica per quella stessa casa editrice Kaiser che abbiamo menzionato, amico
di Barth ed eminente personalità della chiesa confessante.
E incredibile tutto quel che sapeva
E. Wolf e le iniziative culturali che
portò avanti sono numerosissime. Ha
lasciato solo qualche volume di scritti, perché si è prodigato a fondo a correggere, a stimolare, a pubblicare lavori di altri che accettavano di buon
grado la sua indiscussa autorità. La
precisione delle sue frasi brillava anche nelle brevi indicazioni della sua
rivista « Evangelische Theologie », di
cui in una pagina sapeva tracciare la
via per un decennio. Non era il solitario, irraggiungibile direttore, ma anzi
amava far discutere e convocava spesso convegni di critica e autocritica.
Compravamo o no libri su un suo giudizio o consiglio, perché lo si sapeva
impegnato, ma anche rigoroso ed esigente.
Scompare così a poco a poco, com’è
nella natura delle cose, la generazione
della teologia dialettica e della chiesa
confessante, dalla quale dipese tutta
la nostra preparazione.
Sergio Rostagno
(Questo articolo e apparso sull’ultimo numero di “Voce Evangelica”).
Ancora sui perché della
nel 1179; appefle al papa,
concilio, oppnre richiesta
Dai dati offerti dalle fonti che abbiamo esaminate nelle due puntate
precedenti, si possono congetturare vari e diversi perché della presenza valdese a Roma nel 1179:
a) secondo l’Anonimo di Laon, Vaidesio sarebbe andato di sua volontà a
Roma per farsi approvare dal papa
non solo il voto di povertà, ma anche
il proposito di predicare liberamente
il Vangelo;
b) la riserva del pontefice — per
altro non confermata dal domenicano
Moneta — che tale predicazione non
fosse esercitata se non dietro esplicita
richiesta del clero locale, ha fatto nascere il sospetto che Valdesio avesse
già àvuto filo da torcere con l’arcivescovo di Lione;
c) ora, sempre secondo l’Anonimo
di Laon, l’unico contrasto che Valdesio avrebbe avuto col presule lionese
prima del suo viaggio a Roma era stato, a dir il vero, d’ordine puramente
familiare, sanato con l’ingiunzione che
il ricco mercante fattosi povero e soccorso dalle elemosine altrui prendesse
almeno i pasti a casa della moglie!
Tutto sommato, ha ragione il Selce
— da noi citato all’inizio della sesta
puntata — quando ribadisce l’ipotesi
che Valdesio si fosse recato a Roma
proprio per chiedere personalmente al
papa la dispensa dalla regola canonica che interdiceva la predicazione _ ai
laici, e non per appellarsi alTautorità
suprema del capo della Chiesa ufficiale contro un ipotetico divieto fattogli
dall’arcivescovo di Lione, né tanto meno per giustificarsi dei sospetti di eresia che forse pesavano già su di lui.
All’epoca del III Concilio Lateranense, era titolare nella città del Rodano
l’arcivescovo Guichard (1165-1181), al
quale successe — dopo un anno d’interregno d’un titolare « incapace e rimasto anonimo », secondo quanto precisa la Thouzellier — quel Giovanni
Belles-Mains (dalle belle mani), di fronte al quale Valdesio avrebbe pronunziato, ma solo dopo il 1182, il fatidico
« bisogna ubbidire a Dio piuttosto che
agli uomini ». Le cose a Lione, durante la titolatura del Guichard, non si
erano ancora definitivamente aggravate. Certo, la pretesa di predicare avanzata da un semplice laico aveva senza
dubbio sollevato qualche difficoltà nei
rapporti tra Valdesio e il clero locale,
ma sembra che, almeno fino al viaggio a Roma, le cose fossero rimaste
allo « statu quo ». Comunque, l’esame
che — secondo il monaco inglese Map
nofi^Vi'h.i'cspQnsabili valdesi subirono
nell Uroe, rifeiiuava iieiia jjiui^cuuia
di « routine », trattandosi di semplici
laici. D’altra parte, questa rivendicazione laica di una predicazione di carattere penitenziale e a livello popolare non era, ai tempi di Valdesio, un
fatto eccezionale, e gli stessi successori del novatore lionese ne erano perfettamente coscienti quando un decennio dopo, alla disputa di Narbonne del
1190, ricordavano ai loro contraddittori cattolici l’esempio del laico Raymond Paul che, ad imitazione di Robert d’Arbrissel, aveva voluto, autentico pauper Christi, consacrare la sua
vita agli indigenti disseminando la parola di Dio in mezzo al popolo dei fedeli come avevano fatto i primi apostoli, laici anch’essi e per giunta semplici e senza lettere. Il polemista Bernard de Fonteaude, che ci dà un resoconto dettagliato della disputa di Nar
Scaricatore di porto e prete
Presentiamo ai lettori un’ennesima figura di
prete-operaio, personaggi caratteristici della
nostra epoca, e precisamente Andrea Bergonier, prete francese, scaricatore nel porto dì
Marsiglia. Ne abbiamo già presentati alcuni
in questa stessa rubrica, e ogni volta essi ci
hanno da un lato profondamente attratti per
il loro senso vocazionale della vita, per Par
dente amore del prossimo che li rende capaci
di molti sacrifici, e daH'altro lato ci hanno an
che resi perplessi per certi atteggiamenti af
fermazioni e prese di posizione estranee al no
stro spirito di riformati. Per es. i preti-ope
rai hanno per missione di portare, o riconci
liare o far conoscere ed amare la chiesa di
Roma nel mondo nel quale si sono impegnati
a svolgere un lavoro di manovali; essi amano
l.a chiesa di Roma, ad essa sono legati indissolubilmente ed è a questa chiesa con il suo
credo, le sue forme, la sua tradizione, che vogliono avvicinare gli operai; non dunque semplicemente al Cristo e aU'Evangelo. Essi non
svolgerebbero la loro missione come uomini
tra altri uomini, credenti in mezzo agli increduli, perché sono soprattutto sacerdoti della
chiesa romana; dichiara padre Andrea Bergonier: «c’è tutto il problema del sacerdozio
come mistero e come predestinazione nell’umanità; abbisognano di uomini-preti là dentro
(nel centro del lavoro)». E altrove; «credo
profondamente al prete, uomo di tutti; la
chiesa chiama al sacerdozio e invia in missione ».
Inoltre i preti-operai suscitano in alcuni
compagni e compagne di lavoro una sconfinata devozione che fa di essi una figura totalmente a parte, un « santo » da venerare, qualche cosa dì extra o super-umano. Una delegata sindacale, entusiasta di Andrea, si lancia
in paragoni più che discutìbili: «quest’uomo
è stato chiamato ad un destino estremamente
serio, come Abramo, come Mose »: e ancora :
« andare in seminario per diventare prete (e
lasciare la fabbrica) era così sciocco, come
Abramo che lasciò Ur in Caldea per un paese ignoto..., era rischioso come il sì della
Vergine Maria airAnnunciazione ».
È strana l’indistrutlìbile necessità del cattolico di porre sempre qualche suo simile sugli altari, per prostrarsi davanti a lui, dì sostituire figure umane peccaminose — se pure esemplari — all’unica ed insostituibile figura del Cristo.
Malgrado tutto questo, ci avviciniamo ad
Andrea Bergonier con un senso di umiltà, per
la sua totale abnegazione al servizio del prossimo. Andrea era nato a Chartres nel 1929;
dopo gli studi, frequenta la scuola militare dì
Saint Cyr. Alla vigilia di essere nominato tenente, dà le dimissioni per diventare prete tra
gli operai, e incomincia subito a lavorare, ancor prima di aver preso gli ordini; più tardi
entra in seminario, nel settembre del 1965 è
consacrato al sacerdozio, s’impegna come docker nel porto di Marsiglia, e il 24 novembre
dello stesso anno muore accidentalmente svolgendo il suo lavoro.
La casa editrice Jaca Book raccoglie in un
libro curato da padre Louis Rétif — che ha
conosciuto personalmente Andrea — parecchie lettere del prete scaricatore dì porlo, nelle quali, come in vere e proprie confessioni,
traspare il travaglio della vocazione di Andrea,
e il suo amore per la chiesa di Roma ; « amo
la chiesa romana con passione » egli scrive.
Peccato che queste lettere, scritte in un
francese attuale e molto vivace, siano assai
mal tradotte, per cui la lettura ne risulta faticosa, continuamente inceppata da frasi in
un italiano che non esiste, e purtroppo anche
da errori grossolani.
Edina Ribet
Louis Rktif, Scaricatore di porto e prete.
Ed. .Taca Book. Milano. L. 1.500.
presenza valdese a Roma
GDOvocazIone da parte del
di dispensa?
bonne nel suo Adversus Waldeniium
sectam über scritto verso il 1193, ha
cura di mettere in rilievo che la Chiesa accettò sì che il laico Raymond predicasse, ma lo fece in quanto costui si
comportava da buon cattolico, predicava in modo corretto e col permesso
dei vescovi, non insinuando alcun errore ma mostrandosi in ogni cosa ortodosso, ossequiente ai rettori delle
chiese e pieno di ardore per la salvezza delle anime (cf. Enchiridion Fontium Valdensium I, a cura del sottoscritto, 1958, p. 73 e 75).
Dunque, fino al 1179, i ponti con Roma non erano ancora tagliati. Valdesio e i suoi accompagnatori ritornano
a Lione forti dell’autorizzazione papale, ancorché condizionata dal buon volere delle gerarchie locali e soprattutto dall’infelice esito dell’esame di fede ricordato dal Map. Forse qualche
sospetto sull’ortodossia di questi primi valdesi rimase presso i dignitari
del Concilio, se è vero che un anno appena dopo l’incontro romano un sinodo diocesano, convocato a Lione nel
1180 sotto la presidenza del cardinalelegato Enrico di Clairvaux e alla presenza dello stesso Guichard, avrebbe
convinto Valdesio ad abiurare la setta
da lui fondata. Questa notizia del tutto nuova ci è data dal cisterciense
Geoffroy d’Auxerre in un commentario
Super Apocalipsim scritto prima del
1188. L’autore racconta di aver partecipato anche lui a quel sinodo, in mezzo ad una folla imponente di notabili,
soprattutto ecclesiastici. L’abiura dell’iniziatore del movimento valdese, nominato Wandesius nel nostro testo, ci
è confermata da una fonte anonima
Dosteriore di qualche decennio, intitolata De Valdensibus e aggiunta come
ultimo capitolo ad un’opera contro i
Catari di Ermengaud di Béziers, un
compagno di Durando d’Osca che, exvaldese come Quest’ultimo, era passato anche lui nelle file dei Poveri Cattolici. Ora, mentre Geoffroy d’Auxerre
adopera il verbo « abiurare », l’autore
anonimo del brano sucitato — che per
comodità citeremo sotto il nome di
pseudo-Ermengaud — si limita a scrivere che Valdes, inventore degli errori confutati nel testo, « giurò » nelle
mani di un cardinale della Chiesa romana che d’ora in poi avrebbe rifiutato e quella setta e i soci di quell’errore (cf. Enchiridion cit., pp. 156-157).
Goffredo è meno laconico. Agli occhi
suoi, la setta abiurata dal suo stesso
inventore consta di persone disprezzabili e del tutto indegne le quali, prive totalmente o. quasi di lettere ma soprattutto dì spirito, usurpavano Tufficiò della predicazione, andando in giro per città e villaggi sotto il pretesto
della povertà e allo scopo di predicare,
e mendicando impudentemente il loro
pane anzicché guadagnarlo col lavoro
delle proprie mani. Due, dunque, le
imputazioni principali fatte da Geoffroy ai Valdesi, da una parte la mendicità e dall’altra il disprezzo del clero.
Purtroppo — aggiunge il nostro autore — Valdesio, già convinto in quel sinodo di sacrilega presunzione, « ritornò a vomitare », non cessando dal fare
discepoli, tra i quali non mancavano
misere donnette piene di peccati, che
ardivano penetrare nelle case altrui,
curiose e verbose, procaci, perverse e
impudenti! (cf. Enchiridion cit., p. 46).
Questo dell’abiura di Valdesio a Lione nel 1180 è un dato del tutto nuovo
nella storiografia più recente sui Vaidesi. Esso va collegato con un’altra
circostanza anch’essa inedita, cioè della firma di una professione di fede tipicamente cattolica fatta dal nostro
lionese in quell'occasione. Vedremo
nella prossima puntata in che cosa consiste questo documento, come possiamo collocare la cosidetta « abiura » di
Valdesio nella trama delle vicende fin
qui narrate, e quali sono state le implicazioni dirette o indirette di tale
fatto.
Rabat, 24 settembre 1972.
Giovanni Gönnet
(segue: Una professione di fede cattolica di Valdesio)
Il PC CECOSLOVACCO
MODIIITATO CONTRO
L'INSEGNAMENTO RELIGIOSO
Vienna (Relazioni Religiose) - Secondo una
relazione giunta da Bratislava a Vienna, il
partito comunista cecoslovacco è stato mobilitato in questi giorni per impedire che i genitori si pronuncino liberamente prò o contro Tinsegnamento religioso dei loro figli che
frequetano i corsi scolastici. L’azione in tal
senso è particolarmente violenta ed opprimente nella regione slovacca del paese. Ai genitori
che sono disposti a rinunciare alle lezioni di
catechismo per i loro figli, il potere politico
offre vantaggi di impiego. I propagandisti
comunisti di Bratislava usano largamente durante la campagna in corso un documento
della « comunità ecclesiale di Roma » che ha
iniziato una campagna affinché i genitori
cattolici italiani chiedano l'esenzione daH'insegnamento di religione per ì loro figli, che
frequentano le scuole statali italiane.
3
pag. 4
N. 40 — 6 ottobre 1972
L
Val Chisone e Germanasca
Cronaca delle Valli
Val Pellica
Il Consiglio delle Valli Chisone e
Germanasca ha recentemente istituito un « Servizio informazione e documentazione » che è stato affidato al
consigliere comunale di Villar Perosa
Pier Cesare Morero. Il primo numero
uscito in data 1 settembre è stato inviato ai 340 Consiglieri dei 21 Comuni
interessati e a circa 150 altre persone.
Nel motivare questa iniziativa il presidente del Consiglio delle due ValU sig.
Eugenio Maccari, sindaco di Pramollo, fa presente che si tratta, in Italia,
di una novità : « Credo sia il primo
Consiglio di Valle in Italia che inizia
un tale servizio indirizzato ad un così
vasto numero di persone impegnate
neirambito del territorio... ».
Lo scopo di questo bollettino è il seguente; 1) creare uno spìrito di Valle;
2) dare un’informazione a tutti gli interessati ai problemi delle Valli, e in
particolare ai 340 Cons^lieri Comunah che « spesso non sono a conoscenza
di cosa sia il Consiglio di Valle, a cosa serva, e cosa faccia », sull’attività
del Consiglio di Valle, sulle iniaative
dei singoli Comuni e dei problemi del
Pinerclese in generale; 3) fornire una
documentazione utile: leggi nazionali
c regionali che interessano direttamente la nostra zona.
Stralciamo dal bollettino quanto può
essere di interesse comune.
nali: a Fenestrelle per i Comuni dell’alta Val Chisone, a Frali per i Comuni della Val Germanasca ed a Perosa
Argentina per i Comuni della media
e bassa Val Chisone.
L'indagine, la prima che venga svolta nelle Valli, oltre a permettere di conoscere bene la situazione attuale, permetterà di approntare un piano pluriennale per lo sviluppo economico sociale della zona.
il Rag. Trombotto, Vice-Sindaco di Perosa Argentina, seguono attentamente
l’iniziativa promossa dal Comune di
Pinerolo per la costruzione di un inceneritore consortile.
In analogia con quanto è avvenuto
nel Canavesano esistono concrete possibilità della realizzazione qualora si
creasse un consorzio tra i Comuni interessati o ancora meglio tra i Comuni e la Provincia.
NUOVA DELIMITAZIONE
DELLA COMUNITÀ' MONTANA
DELLE VALLI
CHISONE E GERMANASCA
INDAGINE PRELIMINARE
AL PIANO DI SVILUPPO
ECONOMICO SOCIALE
NEL COMPRENSORIO DELLE VALLI
CHISONE E GERMANASCA
In ottemperanza alle circolari ministeriali il Consiglio di Valle sta provvedendo alla compilazione dello studio
preliminare del piano di sviluppo che
dovrà costituire la base della futura
attività della Comunità montana.
Lo studio comprende un’analisi degli aspetti demografici, della struttura
economica e dei servizi sociali esistenti.
Seguiranno dei rapporti sui problemi
dell’assetto idrogeologico, sul settore agricolo, sul turismo, sulle attività
commerciali e infine un rapporto sull’assetto territoriale e sui problemi di
sviluppo socio-economico.
La redazione del piano è stata afBdata all’Istituto Ricerche EconomicoSociali di Torino (1RES).
Il Consiglio di Valle ha ritenuto opportuno affiancare ai tecnici torinesi
una équipe specializzata di esperti locali, che meglio d’altri conoscono la
realtà della zona.
L’équipe è così composta: Ing. Piccoli c Ardi. Ognibene per l’aspetto territoriale, Ing. Daviero per l’assetto
idro-geologico, Dr. Bounous per il settore agricolo e il Dr. Chiabrando per
le strutture dei servizi sociali.
Per meglio divulgare lo scopo di
quest’indagine, decisiva per il futuro
della nostra gente di montagna, sono
avvenuti degli incontri tra il presidente, l’équipe e gli amministratori comu
In applicazione della nuova legge
per lo sviluppo della montagna (N. 1102
del 3 dicembre 1971) si sono ultimate
le riunioni che la Regione Piemonte
aveva in corso con i Comuni montani
della nostra Provincia per definire le
delimitazioni delle zone all’interno delle quali sorgeranno le nuove comunità
montane.
Da questi incontri è oggi possibile
fornire un’indicazione sulle delimitazioni della nuova struttura organizzativa della nostra montagna.
Il Consiglio delle Valli Chisone e
Germanasca, rispetto alla situazione
attuale, perderà i Comuni di Prarostino. San Secondo di Pinerolo, Pinerolo,
San Pietro Val Lemina, Cantalupa.
Questi Comuni con Cumiana ora della
Val Sangone e con Piossasco e Roletto, classificati montani solo recentemente, verranno a far parte di una
nuova comunità pedemontana.
Questa nuova delimitazione deliberata in base a criteri di omogeneità territoriale, economici e sociali ha accolto il parere favorevole dei Comuni interessati. Spetta ora alla Regione, entro il 1972, discutere e riconoscere con
legge Regionale la nuova Comunità.
Il Consiglio di Valle, Consorzio volontario tra Comuni,, cesserà cosi di
esistere per lasciare il posto alla Comunità montana, ente di diritto pubblico, strumento di programmazione a
livello decisionale ed operativo.
Per la prima volta alle genfi di montagna verrà data la possibilità di essere creatrice e protagonista del proprio avvenire.
Continua rinchiesta
alle Valli degli studenti
di Bochum
In questi giorni un gruppo di studenti dell’università di Bochum visiterà i
Comuni di Ferrerò, Frali, Massello e
Salza di Pinerolo per continuare l’inchiesa cominciata lo scorso anno in
Val Pellice.
Mentre auguriamo a questo gruppo
di studenti e al lóro professore Dr.
Büttner buon lavoro, invitiamo le famiglie delle rispettive comunità a voler
rispondere con la maggior precisione
possibile al questionario che sarà loro
consegnato.
Martedì 10 ottobre alle ore 21,
presso il Convitto femminile di torre
Pellice, si riunirà il Centro Diaconale.
All’ordine del giorno la discussione sulla relazione presentata alla Conferenza
del Primo Distretto e al Sinodo 1972 e
le linee di lavoro per questo prossimo
anno di attività. Tutti quanti sono interessati a questo lavoro sono cordialmente invitati.
COSTRUZIONE CONSORTILE
DI UN FORNO INCENERITORE
PER LA DISTRUZIONE
DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI
Ricordiamo che rincontro della
« Scuola catechetica » in via di formazione, avrà luogo durante il week-end
del 14-15 ottobre presso la Foresteria
Valdese di Torre Pellice a cominciare
dalle ore 15 del sabato.
Gli interessati sono pregati di comunicare la loro partecipazione ai pastori
G. Tourn e P. Ricca.
Il problema dello smaltimento dei
rifiuti sòlidi nei comuni della Valle ed
il tentativo di uniformare le varie soluzioni attuali con un unico metodo,
in cui siano salvi gli aspetti igienicosanitari e la protezione delTarnbiente
in cui l’uomo vive, sono i terni dello
studio preliminare che il Consiglio di
Valle sta preparando.
A questo scopo il Dott. Maccari ed
Venerdì 29 ottobre si è riunito
per buona parte della giornata, nel
quadro ospitale del «Castagneto» di
Villar Pellice, il colloquio pastorale
della ripresa. I pastori del. I Distretto
erano presenti al completo (con la sola eccezione di uno, assente dalle Valli), e la cosa merita di essere sottolineata, come la volontà di lavorare insieme durante l’agno che si apre. Un
nuovo colloquio convocato a Plnerolo lunedì 9 ottobre, alle ore 9,30. Probabile la presenza del Moderatore
A. Sbaffi, che giunge per partecipare
ad alcuni comitati nella zona.
Notiziario Evangelico Italiano
Ulvacl commenti alla visita del Presidente Leone In Vaticano
La scorsa settimana abbiamo commentato
criticamente il colloquio fra il pontefice romano e il presidente italiano, in occasione della visita ufficiale di quest’ultimo in Vaticano.
Pur avendo deplorato che il presidente Leone
abbia di fatto rapresentato più se stesso o il
suo parlilo che Finsieme degli italiani, come
avrebbe dovuto, ci eravamo soffermati sopratutto sul discorso di Paolo VI. « Nuovi tempi » della scorsa settimana ha invece concentrato la sua riflessione sulPatteggiamento del
Presidente della Repubblica, pubblicando una
« lettera aperta » che ha suscitato qualche
eco anche alFesterno del nostro ambiente: è
stata ad esempio ripresa in buona parte, e
con notevole rilievo, da « Il Messaggero » di
Roma del 30.9.1972. Ci pare utile e interessante riportare anche per i nostri lettori che
non leggono « Nuovi tempi » questa lettera
aperta lucida e vivace.
Signor Presidente
della Repubblica
dobbiamo dirLe con tutta franchezza
che i protestanti italiani non si sono
sentiti rappresentati da Lei nell’indirizzo di saluto che Ella ha rivolto a
Paolo VI in occasione della Sua visita
ufficiale in Vaticano la settimana scorsa. Ci permetta dunque di esprimere
apertamente il nostro pensiero, anche
se il carattere rappresentativo della figura del Presidente e la sua asserita
« apoliticità » hanno creato l’abitudine
che le espressioni critiche nei confronti delle Sue azioni vengano di regola
espresse in un linguaggio allusivo o dirette su altri obiettivi.
Non è pero questo il nostro stile.
Esprimiamo perciò il nostro rammarico perché, in una visita ufficiale e in
rappresentanza di tutto il popolo italiano, Ella ha manifestato nei confronti del capo della Chiesa cattolica un
riconoscimento di autorità, che risponde senza dubbio ai suoi sentimenti personali, ma che è condiviso da una parte soltanto del popolo italiano. Inoltre
Ella ha chiamato direttamente in causa i non cattolici parlando di « italiani
che fuori della Chiesa riconoscono nel
la Sua (del pontefice) la più alta cattedra di insegnamenti morali ». Parlando di « Chiesa », Ella aveva senza dubbio in mente la Chiesa cattolica; non
sarebbe stato inopportuno specificarlo,
dato che i protestanti italiani, per la
loro fede fondata esclusivamente sull’Evangelo di Gesù Cristo, non sono
« fuori della Chiesa ». Eppure essi non
riconoscono in alcun modo nell’autorità del pontefice romano una « più alta cattedra di insegnamento morale ».
Non l'hanno mai riconosciuta né hanno alcuna intenzione di farlo ora. Essi
non hanno neppure mai considerato
che la prossimità della sede romana
all’Italia fosse da ritenersi un « privilegio », né hanno mai accettato il Concordato; anzi ne hanno chiesto più volte in forma ufficiale, per la bocca dei
loro sinodi e delle loro assemblee, l’abrogazione. Anche recentemente.
Ci dispiace sinceramente. Signor Presidente, che di questa diversità di
orientamenti Ella non abbia creduto
di dover tener conto nel Suo indirizzo
al pontefice romano. Tanto più che.
Ella lo sa certamente, i protestanti
non sono i soli a rifiutargli il riconoscimento di una superiore autorità di
magistero, specialmente in un tempo
conte il nostro in cui, al di là delle affermazioni ufficiali di « cattolicità » degli italiani, esiste una realtà di disinteresse e di opposizione alla chiesa
cattolica. È vero che i prudenti accordi di potere che sono in corso al vertice fanno ritenere conveniente che gli
atteggiamenti reali di gran parte degli
italiani vengano negati o nascosti. Resta il fatto che gran parte degli italiani sono stati e restano (perché non dirlo apertamente?) anticlericali, cioè
contrari a quel potere al quale Ella ha
dato il Suo riconoscimento e il Suo
omaggio. E questo avviene (occorre ricordarlo a Lei che conosce così profondamente la vita del nostro popolo?)
sia da parte di chi rifiuta un’ipotesi di
fede e la autorità che la rappresentano, sia da parte di numerosi cristiani
che, anche restando formalmente cattolici, sono avversi alle forme di autorità nella chiesa e di potere nella società che la gerarchia ecclesiastica, appunto, rappresenta.
Ci saremmo perciò rallegrati se il
Primo Cittadino della Repubblica avesse tentato di rappresentare a Paolo VI
i sentimenti reali degli italiani, che su
questo punto sono particolarmente di
ci è sembrato infine che il suo riferimento ad una « pace religiosa », che il
Concordato avrebbe il compito di rafforzare, suonasse come un concetto
astratto perché riferito a istituti e problemi che riguardano gli organi centrali dello Stato, della Chiesa cattolica
e dei partiti, come astratto suonava il
riferimento alla famiglia «cellula originaria e insostituibile della società ».
La « pace religiosa », se vogliamo chiamarla così, ci sembra essere quella che
una comunità di credenti vive nel suo
seno e con le comunità consorelle, in
un’armonia fra parola evangelica e
prassi quotidiana, fra predicazione e
giustizia. E la famdglia ci sembra essere protetta più sicuramente da condizioni sociali e politiche che impediscano, per esempio, l’emigrazione forzata degli uomini soli q costringano ad
abitare in baracche o in case malsane,
piuttosto che da una difesa di « principi » religiosi in forza di leggi.
Non solo: il riferimento alla "pace
religiosa" è suonato ai nostri orecchi
come un’eco dolorosa di un’altra “pacificazione’’ fra Stato italiano e Chiesa
cattolica che aveva dato origine appunto al Concordato: quasi il suono di
una minaccia per quella eguaglianza e
libertà di tutti i cittadini che la Costituzione garantisce. Saranno forse le
orecchie ipersensibili di chi proprio
dal Concordato ha ricevuto discriminazione e ingiustizia a renderci così
attenti al suono di queste parole? Può
darsi. Ma Ella dovrà senza dubbio riconoscere che se un accordo più stretto dovesse realizzarsi in Italia fra una
Chiesa e quella parte del potere politico che ha interesse particolare nell’accordo, questo non potrebbe avvenire che a danno della eguaglianza e della giustizia per tutti i cittadini. Di quei
beni, cioè, di cui Ella, Signor Presidente, è il tutore e il garante.
« Nuovi Tempi »
Lavori in corso ad ingrogna
Mai come quest’anno c’era stato ad
Angrogna un fervere di opere pubblfi
che così intenso, il che sta a dimostrare da una parte che si è finalmente posto mano a molti lavori di grande utilità e dall’altra che la nostra valle era
ancora priva di opere di prima necessità.
Strade, luce, acqua sono tre temi che
assillano la vita di ogni popolazione
montana, ma ora qualcosa si muove
ad Angrogna, per rendere meno dura la
permanenza nella valle semispopolata.
STRADE
Finalmente possiamo annunciare
che la strada San Lorenzo-Serre è
asfaltata, dopo due anni di promesse. Nella lunga storia di questa strada,
c’è da notare che la richiesta di bitumatura è stata rivolta dalla popolazione stessa direttamente alla Provincia e
che essa è intervenuta con una cospicua somma, alla quale si è aggiunto il
contributo del Comune in ragione di
un terzo. La ditta Abrate incaricata
del lavoro, ha svolto scrupolosamente
ed alacremente il suo compito, con
grande soddisfazione della popolazione interessata. In occasione di questo
lavoro, gli abitanti del Serre hanno voluto la bitumatura della strada che. attraversa il villaggio, pagandola di tasca propria e dimostrando così di sapersi mettere d’accordo e di voler contribuire igenerosamentè per una spesa
utile a sé ed agli altri.
Intanto fervono i preparativi per la
asfaltatura della strada che da San Lorenzo conduce a Prassuit, da realizzarsi anch’essa in questo periodo, promossa e finanziata dal Comune di Angro
gna.
Un avvertimento ci pare necessario:
occorre in tutti i modi volere e promuovere strade della massima utilità
per la gente del posto e non prestarsi
a speculazioni che estranei fanno a loro vantaggio ed a nostro danno. Infine
una raccomandazione a chi viene a visitare la nostra valle (come tutte le
altre): i prati, le piante, le case, che
si trovano lungo le strade, sono da rispettare, non da deturpare e danneggiare, come purtroppo accade spesso,
con grande disappunto dei contadini,
che, di conseguenza, si vedono ancora
una volta sfruttati in cambio di un più
rapido collegamento col fondovalle.
ACQUA
L'acqua corrente in casa sta diventando una realtà per molti abitanti di
Angrogna sparsi nell’arco BaussangSerre, grazie alla realizzazione dell’àcquedotto comunale ormai quasi ultimato. Gli utenti sono già più di cento ed
i lavori di collegamento non sono ancora tutti eseguiti. Peccato che il lavoro
si svolga a singhiozzo, senza tener presente le esigenze ed i disagi della popolazione, e senza molta cura.
LUCE
Anche il problema della luce elettrica, inesistente in parecchie borgate ed
insufficiente in molte altre, sembra
sbloccarsi, dopo che si sono visti avviati i primi lavori nella zona superiore a San Lorenzo (Carlevà, Marchetti,
Isoardi). Il piano di elettrificazione rurale, favorito da un cospicuo stanziamento da parte del Consiglio della Val
Pellice, sta dunque per realizzarsi? Non
erano vane promesse preelettorali quelle avute in primavera? Lo sperano vivamente tutti coloro che ancora viv^
no al « lume di candela » o nella migliore delle ipotesi con l’ausilio della
luce a gas.
SCUOLE
Un altro lavoro sta avviandosi alla
conclusione dopo decenni di progettazioni, ma, come tutte le cose che si realizzano a lunga scadenza, le scuole na
scono già vecchie e non più rispondenti alle moderne esigenze. Un edificio si
sta ultimando al Capoluogo con due
aule, servizi, garage, impianto di riscaldamento, ma sorge in una posizione
molto infelice e senza locali ausiliari
ora necessari per mettere in pratica i
nuovi metodi di insegnamento. Un altro edificio sarà presto costruito in località Chio dl’Aiga, pure con due aule
e in più un alloggetto per l’insegnante.
Forse sarebbe stato più opportuno costruire un unico ampio edificio al Capoluogo, nel quale far confluire tutti
gli ormai pochi bambini con un mezzo di trasporto, per evitare il loro isolamento e favorire la loro socialità.
Intanto i genitori della zona del Serre avevano chiesto la riapertura di
quella scuola: qual’è la risposta delle
autorità competenti? Se non venisse
riaperta, non sarebbe il caso di istituire un servizio di trasporto con il pulmino del Comune dal Serre e dal Prassuit al Capoluogo, ora che ci sarà la
strada asfaltata in entrambe le direzioni?
Salendo dal fondovalle verso Pradeltorno, ci sono altre due novità in fatto
di strade: è stato tracciato il pezzo che
collega la già realizzata strada asfaltata alla borgata di Pradeltorno, fino al.
cimitero. Però i lavori sono stati interrotti e ci domandiamo perché non siano stati ultimati. All’altezza del Chio
dl’Aiga l’altra novità, il tracciato della
nuova strada Chio dl’Aiga-Serre, che
per ora sembra soltanto Una scena di
desolazione e di distruzione, con grave
disagio e pericolo per gli abitanti delle
borgate interessate, ma che presto, speriamo, prenda la figura di una strada.
Pure verso il Chio dl’Aiga inizia un
nuovo tracciato di strada che raggiungo la borgata della Novarea, antica sede della scuola omonima: questo è opera di una pala meccanica inviata dalla
Provincia e di un campo di lavoro promosso dal prete locale.
Intanto sulla strada della Vaccera
aperta Tanno scorso, ha lavorato una
pala meccanica della Provincia per
sgomberare la sede stradale, occupata
dagli smottamenti dovuti alla neve dell’inverno scorso ed alla pioggia di questa « calda estate ».
Tutti questi lavori in tema di strade
non possono che rallegrarci e farci sentire meno isolati dal resto del mondo.
Un altro lavoro in corso, da segnalare per completare il quadro, è il riadattamento dei locali del Mimicipio, nel
quale verrà pure installato un impianto di riscaldamento. Fra le altre cose,
la sala del Consiglio, dove ora stanno
a mala pena i 15 consiglieri comunali,
dovrebbe diventare più ampia, in modo da contenere anche il pubblico. Speriamo che questo aspetto pratico possa favorire maggiori contatti e più collaborazione tra amministrazione comunale e popolazione, tramite assemblee, affinché le scelte che vengono fatte siano sempre più segno della coscienza di responsabilità da parte degli
amministratori e risposta alle necessità degli amministrati.
Franca Coïsson
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii>ii"iiii"i<iii"
Seminario
sulle Alpi Occidentali
Dall’8 al 22 ottobre si terrà a Torre
Pellice (Torino) un seminario interdisciplinare sulle Alpi Qccidentali con la
partecipazione di specialisti e giovani
provenienti da diversi Paesi. Sono disponibili delle borse consistenti in vitto e alloggio.
Per candidature (livello làurea) e informazioni rivolgersi all’Istituto Universitario di Studi Europei, Corso Vittorio Emanuele 83 - 10128 Torino, indirizzo telegrafico: EUROSTUDI Torino.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIHIIillllllll»llllllllllll
Alla redazione di questo numero ha
collaborato Ermanno Genre.
RINGRAZIAMENTO
Piero e Niny Boér e famiglia ringraziano sentitamente il personale
tutto dell’Ospedale Valdese di Torino
per le affettuose cure prestate alla
Signora
Margherita Trogliero
vedova Jouvenal
e in particolare il Prof. Dario Varese,
caposale e infermiere, Livio Gobello,
la Signorina Ravazzini, i pastori Franco Giampiccoli e Carlo Gay.
Eventuali fiori in memoria all’Ospedale Valdese di Torino, Reparto Medicina.
« Ecco, io sto alla porta e picchio: se uno ode la mia voce
e apre la porta, io entrerò da
lui e cenerò con lui ed egli con
me» (Apocalisse 3: 20).
Torino, 2 ottobre 1972.
« L’Eterno è il mio pastore, nulla
mi mancherà» (Salmo 23: 1).
Le famiglie Grill, Genre e Turchi
commosse per le dimostrazioni di affetto ricevute in occasione della dipartenza della loro cara
Elda Grill Rostan
ringraziano tutti coloro che hanno
preso parte al loro grande dolore. Un
grazie particolare al pastore Davite e
Signora, ai Medici ed al personale dell’Ospedale di Pomaretto ed ai vicini
di casa.
Ghigo di Frali, 24 settembre 1972.
4
6 ottobre 1972 — N. 40
pag. 3
Ï ;s:< r.v ’
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
UN’ESPOSIZIONE EVANGELISTICA A FILEY (INGHILTERRA)
Durante la visita in Svizzera
del presidente della Germania federale
lii Chiesa Valdese preseete alla graade _________________________
aspasiziaae dell'apara evaaialistica ael aiaaila ai centro Ecumenico di Ginevra
Non capita spesso, almeno ad un
protestante italiano, di trascorrere una
settimana intera in compagnia di oltre seimila fratelli e sorelle in fede,
riuniti in un unico luogo, interamente
ed esclusivamente riservato per l’occasione. Poiché ho avuto tale privilegio,
la settimana scorsa, penso che qualche notizia potrà interessare i lettori
del, giornale, in quanto lo scopo della
mia presenza era proprio quello di
rappresentarli e di presentare lo ’stand’
dellq Chiesa Valdese aU’esposizione
collegata al raduno.
Due parole per dare im’idea dello
scenario: Filey è una località balneare sulle coste del mare del Nord nella
regióne del' Yorkshire. A due-tre km.
dalla cittadina c'è uno di quegli immensi villaggi per vacanze conosciuti
col nome di « Butlin’s », loro fondatore e proprietario. Trattasi di tutta una
catena di « villaggi-campings » (oltre
una’ dozzina) disseminati lungo le
spiàgge deiringhilterra.
Ogni villaggio è, in sé, una piccola
cittadina autosufficente, recintata, su
terreno riservato e con spiaggia propria. Le abitazioni sono costituite da
chàlets e bungalows, i pasti sono serviti in grandi refettori; nel centro della piccola città c’è tutto un insieme di
servizi e locali da far invidia a molte
città vere e proprie.
: Il campo-villaggio di Filey dispone
di circa 2.000 tra chàlets e bungalows,
formanti tanti piccoli villaggi di circa
250-300 chàlets, disposti a ferro di cavallo attorno al centro del campo dove, oltre ài grandi refettori, ci sono
una quantità di altri edifici: 3 teatri,
2 cinematografi, vari bars, ristoranti,
negozi, tra cui un grande supermercato, i servizi: medico, postale, bancario,
nonché la lavanderia, una « nursery »
per la custodia dei bambini, saloni per
rirmioni, per giuochi, piscine all’aperto
e coperte, un maneggio per l’equitazione, uno stadio coperto ecc.
Tutto questo non ha. Ovviamente,
nulla a, che fare, con la religione, ma
ecco ctìé. Ogni anno, Tinteró complesso, con tutti i suoi servizi, viene affittato per una settimana, dopo la chiusura della stagione balneare, dal « Movement for world evangelisation » (M.
W. E.) per il convegno. Il M.W.E. è
un’organizzazione interdenominazionale che ha lo scopo di promuovere e
aiutare l’opera evangelistica sia in Gran
Bretagna che in Europa e, in qualche
caso, anche nei campi di missione. ,
Il convegno ha un programma ininterrotto di riunioni, di conferenze, studi biblici ecc... per i quali vengono invitati a parlare j più quotati evangelisti del mondo di lingua inglese. Le riunioni hanno come salone centrale il
più grande dei teatri, capace di 2.000
posti, e collegato con gli altri teatri o
cinema mediante un circuito televisivo interno che permette a tutti di partecipare contemporaneamente, anche
se suddivisi in vari locali, al medesimo programma. Tra le varie manifestazioni del convegno c’era anche una
esposizione, destinata ad illustrare la
attività evangelistica delle più diverse
Chiese Protestanti, e attività para-ecclesiastiche come l’Esercito della Salvezza, le librerie evangeliche ecc. Il noj
stro stand era uno dei 130 presenti
quest’anno, suddivisi in tre vasti saloni. Il Comitato Inglese per la Chiesa
Valdese, già presente negli anni scorsi al convegno, aveva deciso di accentuare quest’anno la sua presenza, alle
Fra i luterani americani,
due nuove donne pastore
La Chiesa Luterana in America, la prima di
questa famiglia confessionale ad avere riconosciuto il pastorato femminile, ha ora quattro
donne pastore
New York (Iwf) - La Chiesa Luterana in
America, la prima branca di questa comunione confessionale che ha aperto il pastorato
alle donne, due anni fa, ha ora quattro donne
pastore, dopo l’ordinazione di due candidate
nel corso del mese di settembre.
Il 10 settembre è stata ordinata nella Chiesa luterana della Risurrezione a Buffalo, New
York, la ventiquattrenne Carol Goldstein,
ora chiamata a servire nella Chiesa luterana
del Redentore a Trenton, nel New Jersey,
che conta 850 membri battezzati.
Le altre due donne pastore della Chiesa
Luterana in America sono E. Platz, pastore
del campus universitario di College Park, nel
Maryland, e J. A. Hidd, pastore della chiesa
luterana della Santa Croce a Toms River, N.
J. La sola donna pastore della Chiesa Luterana Americana lavora come secondo pastore
nella comunità luterana di Minneapolis.
stendo uno stand e chiedendo alla Tavola Valdese di mandare un nostro pastore per illustrarlo ai visitatori.
Ecco perché ho trascorso un’intera
settimana a Filey. È stata un’occasione unica per far conoscere l’opera della Chiesa Valdese non solo ai seimila
partecipanti al Convegno, ma anche ai
numerosi visitatori provenienti da
ogni parte delle Isole Britanniche e ai
partecipanti a vari raduni speciali (di
una sola giornata) come quello che ha
raccolto oltre 200 pastori anglicani della regione di York, per un convegno
pastorale.
Il nostro stand presentava l’opera
della Chiesa Valdese con cinque quadri successivi di un apposito « stali »
pieghevole (a forma di paravento) con
cinque battenti (m. 2,50 di altezza per
uno sviluppo longitudinale di circa 6
metri.
Il primo quadro illustrava la storia
valdese con fotografie delle Valli e di
località e monumenti storici.
Il secondo presentava la progressiva espansioné dell’opera d’evangeUzzazione dal 1848 in poi, con carte geografiche, statistiche, fotografie e grafici. Il terzo quadro era dedicato agli
istituti d’istruzione e d’assistenza:
Scuole, Facoltà di Teologia, Ospedali,
Convitti, Case di riposo ecc.
Il quarto era una presentazione del
le opere sociali in Sicilia: Palermo e
Riesi, soprattutto.
Il quinto ed ultimo quadro era riservato all’esposizione di libri ed opuscoli in lingua inglese dedicati alla
Chiesa Valdese.
È stata una settimana di lavoro
piuttosto intenso, anche se avevo come collaboratore il genero del pastore Ward, segretario: del Comitato Valdese in Inghilterra. '
Si può dire che quasi tutti i seimila
partecipanti al convegno e molti dei
visitatori sono sfilati nel corso della
settimana davanti al nostro « stand ».
Alcuni avevano una qualche conoscenza dell’Italia e della Chiesa Valdese,
la più gran parte avevano idee piuttosto superficiali e confuse. Mentre il
mio giovane collaboratore aveva il suo
bel daffare a distribuire opuscoli e, di
tanto in tanto, a vendere una copia
della « Storia dei Valdesi » scritta dal
Cap. Stephens, è toccato a me ripetere diecine e diecine di volte la medesima storia commentando i vari quadri e rispondendo alle innumeri domande dei visitatori onde trarre la
massima utilità da questa eccezionale
occasione di far coposcere la nostra
Chiesa fra i nostri correligionari inglesi e di allargare, se possibile, la cerchia dei suoi amici e, sostenitori.
Un uomo della chiesa confessante tedesca, che porta come cristiano
l’alta responsabilità pubblica del suo paese, ritrova nella centrale ginevrina antichi collaboratori nel servizio al movimento ecumenico
Ginevra (soepi) — « Quale cristiano,
tengo a dirvi la mia gioia perché le diverse Chiese si sono progressivamente
avvicinate fra loro, soprattutto dal momento in cui fu costituito il Consiglio
ecumenico, venticinque anni fa ». In
questi termini Gustav Heinemann, presidente della Repubblica federale di
Germania, si è rivolto al personale e
agli invitati del Centro ecumenico, nel
corso della sua visita a Ginevra. Il capo di Stato tedesco ha parlato anzitutto « quale laico che si è messo, da
una quarantina d'anni, al servizio delia Chiesa e che si è pure adoperato in
favore dell’ecumenismo ». Non ha soltanto sottolineato il riavvicinamento
fra le Chiese protestanti e ortodosse
nel quadro del Consiglio ecumenico
delle Chiese, ma ha pure salutato « il
fatto che la Chiesa cattolica abbia anch’essa impegnato il dialogo » con il
CEC. Citando il past. Visser’t Hooft, il
presidente tedesco ha parlato di « un
rivolgimento quasi rivoluzionario nella storia delle Chiese ».
Ernesto Ayassot
Avendo partecipato alle Assemblee
mondiali delle (Chiese a Amsterdam
Cronache del razzismo sudafricano
e della resistenza neile Chiese
Il seminario teoiogico
di Alice in pericolo
Nel marzo 1971 il Seminario teologico di Alice ha ricevuto dal rettore della contigua Università bantù di Fort
Hare un appello pressante a vendere
alla suddetta università i suoi terreni.
Le sette Chiese che sostengono e finanziano il Seminario hanno incaricato i
responsabili di questo di raccogliere
informazioni più precise.
Da un colloquio con il ministero sudafricano per l’amministrazione e lo
sviluppo bantù è risultato senza possibilità di dubbio che l’approccio era
stato fatto a sua conoscenza e con il
suo appoggio. In seguito è stata richiesta, per lettera ,una risposta entro
il settembre 1972. Al principio dell’agosto scorso il Consiglio del Seminario
ha deciso di consigliare alle Chiese di
rifiutare l’offerta d’acquisto. Contenipòraneamente ha pubblicato una dichiarazione in cui è detto, fra l’altro:
«Le autorità di Fort Hare hanno dichiarato di essere interessate soltanto
all’acquisto dell’intera area, nella zona
universitaria. Non hanno sinora spiegato perché la ridotta area del Seminario (94 ettari) viene considerata irrinunciabile. Finché manca questa spiegazione, abbiamo motivo di ritenere
che fattori diversi dalla necessità di
espansione abbiano determinato la decisione. Il Seminario deve forse sloggiare perché la sua vita comunitaria
che prescinde dal fattore razziale è una
spina nella carne del nostro vicino?
(...) Non siamo convinti che Fort Hare
abbia bisogno di acquistare il Seminario. Ci rattrista profondamente che
una simile richiesta sia stata avanzata
come pure l’accenno ': velato ad ’altri
mezzi’ di cui si disporrebbe, nel caso
che la richiesta nomfgsse.^qc^pUa (...).
La cosa migliore s^ebbe il ritirò
la richiesta di acquisto del Seminario ».
Il ministro ha il potere di disporre
l’espropriazione di -questo istituto di
formazione e di costringerlo a riaprirsi — si immagina con quali difficoltà —
altrove, dove fra l’altro sarebbe costretto a seguire le norme delTapartheid nella vita comunitaria e nell’insegnamento.
L’apartheid e la chiesa,
un rapporto in discussione
Da quando il Consiglio cristiano sudafricano in collaborazione con l’Istituto Cristiano del Sudafrica ha avviato uno studio su una alternativa alla
politica deWapartheid (Study Project
on Christianity ih Apartheid Society ■
SPROCAS), sono già apparse alcune
relazioni che hanno suscitato una certa agitazione: ad es. quelle sull’educazione, sulla trasformazione sociale e
sugli aspetti economici della questione
sudafricana. Ultimamente è apparso
pure un rapporto sulla Chiesa, che esamina in primo luogo gli effetti della
legislazione e dell’ideologia sulla Chiesa, le sue strutture e il suo « spirito ».
Presenta quindi il nesso esistente fra
la divisione della Chiesa e la discriminazione, analizza il compito della Chiesa Tii una società W cui vige'Tapartheid, un compito di cui è difficile prendere coscienza a causa del fatto che
la Chiesa si occupa di se stessa, è clericale e si accontenta di un pietismo apolitico; vengono quindi date alcune indicazioni tendenti a sfruttare le attuali possibilità legali per addolcire la separazione e la discriminazione razziale
all’interno della Chiesa. In questa relazione non si tiene molto conto di
aspetti politici ed economici, dato che
altre commissioni di studio hanno già
lavorato su di essi. Il rapporto « L’apartheid e la Chiesa » dovrà impegnare
in primo luogo gli organi direttivi delle
organizzazioni ecclesiastiche sudafricane.
Assurdità del razzismo
Le decisioni del Comitato Centrale, a Utrecht
Linee di aziene prpste dai CEC aiie chiese
La Chiesa Luterana Americana, che ha anch’essa riconosciuto il pastorato femminile, nel
1970, finora ha accolto una sola donna nel suo
corpo pastorale.
Il 3 settembre è stata ordinata, nella Chiesa Augustana di Chicago, Karin Elisabeth
Knutson, di 33 anni; essa ha ricevuto vocazione-come pastore associato da parte della
chiesa luterana di Homewood, nellTUinois.
che conta 800 membri battezzati.
Disinvestimenti in Africa australe:
Il comitato centrale del C.E.C. ha adottato a grande maggioranza una risoluzione destinata a ritirare gli investimenti in quei paesi dove imperversa
la segregazione razziale. Questa risoluzione comporta due punti.
Il C.E.C. dà disposizioni al relativo
comitato (finanze) ed al suo direttore
di « vendere immediatamente le azioni
e di cessare di investire, a partire da
questo giorno, nelle società che, secondo le informazioni di cui dispongono, commerciano direttamente o investono a loro volta in Sudafrica, in
Namibia, Zimbabwe (Rhodesia), Angola, Mozambico e Guinea Bissao ». È
anche stato deciso di « non aver alcun
deposito presso quelle banche che effettuano operazioni in quei paesi ».
Il secondo punto di questa risoluzione si rivolge a tutte le chiese-mernbro, alle istituzioni cristiane e ai cristiani in particolare, pregandoli caldamente di « usare tutta la loro influenza per incitare le società pubbliche e
private a ritirare i loro investimenti e
a cessare ogni commercio con quei
paesi ».
no anche approvato la risoluzione che
chiede alle chiese-membro di « lanciare delle campagne miranti a scoraggiare l’emigrazione bianca » verso i cinque paesi deH’Africa australe, migrazione che « perpetua e aggrava la discriminazione razziale nel mercato del
lavoro ».
In un ospedale di Johannesburg una
donna è morta, recentemente, per essere stata costretta ad attendere a lungo
che un medico bianco potesse praticarle il taglio cesareo. Fin dall’inizio delle
doglie un medico di colore è stato a
fianco della paziente, ma il regolamento dell'ospedale gli vietava di intervenire su di una bianca e anche semplicemente di dare istruzioni a un’infermiera bianca.
Aiuto allo sviluppo: Il comitato centrale ha rinnovato i precedenti appelli
che invitano le chiese a versare il 2%
delle loro risorse per lo sviluppo del
Terzo mondo.
Missionari finnici
nella Namibia
oggetto della repressione
del governo sudafricano
Lotta contro il razzismo: Una mozione che ha chiesto di portare il Fondo speciale di lotta al razzismo da 500
mila a un milione di dollari (ca. 600
milioni di lire italiane) è stata adottata senza obiezioni. Essa chiede alle
chiese-membro, ai gruppi e ai singoli
di sostenere questo Fondo che sino ad
ora ha devoluto circa 380 mila dollari
a organizzazioni aventi scopi umanitari che sostengono gli oppressi in Africa ed in altri paesi del mondo.
I membri del Comitato centrale han
Asiatici in Uganda: Il comitato centrale ha espresso la sua viva inquietudine di fronte alla situazione che risulta in Uganda (n.d.r.: si tratta della
espulsione di decine di migliaia di asiatici). Senza voler intervenire nella politica interna del governo ugandese,
« chiediamo vivamente di abrogare
qualsiasi decisione che attenti alla cittadinanza degli ugandesi di origine
asiatica o a rifiutargliela... ». Il c. c. ha
inoltre autorizzato il segretario generale e il relativo personale a seguire la
situazione da molto vicino e a prendere tutte quelle misure che parranno loro realizzabili e adeguate.
(bip/snop)
lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll■l■l>l>l■■>l■>l■i»■lllllll
Dopo dieci anni di lavoro missionario il direttore responsabile della Società missionaria finlandese nella Namibia (Africa di sud-ovest), past. Mikko Ihamaeki, è stato espulso dalle autorità sudafricane. Il pastore finnico
si era pronunciato per la comunione
di pulpito e di santa cena di tutte le
Chiese luterane sudafricane neH’Africa
meridionale, al di sopra delle barriere
razziali, e per un superamento pacifico
delle tensioni determinate dalle norme
della legislazione sudafricana di apartheid.
(spp) Il Gran Consìglio del Cantone di Berna ha approvato una modifica della legge sui
culti, che sancisce il diritto di voto e releggibilità alle cariche ecclesiastiche per gli
stranieri. L’introduzione di questi diritti sarà
obbligatoria per la Chiesa riformata e facoltativa per quella cattolica.
(dalla recente circolare della Commissione
del II Distretto).
Negli ultimi dodici mesi le autorità
sudafricane hanno negato il visto d’ingresso a dieci membri della Società
missionaria finlandese cui era stato affidato un lavoro nella Namibia.
In seguito all’introduzione coatta della politica sudafricana di apartheid in
Namibia le Nazioni Unite e la Corte
Internazionale di Giustizia dell’Aja hanno ritirato alla Repubblica del Sudafrica il mandato su quel territorio. Questa proclamazione puramente verbale
non ha però avuto alcuna conseguenza pratica.
(sepd)
(1948), a Evanston (1954) e a Nuova
Delhi (1961) e quale antico collaboratore della Commissione delle Chiese
per gli affari internazionali (negli anni 1948-1961), egli ha fatto notare che
« come cristiani abbiamo il dovere di
farci difensori della libertà di coscienza in ogni parte del mondo ». Inoltre
le iniziative tendenti a migliorare materialmente e socialmente le condizioni di vita degli uomini nei paesi in fase di sviluppo « sono ormai inconcepibili senza gli sforzi compiuti dalle unioni mondiali di Chiese ».
A questo proposito, Gustav Heinemann ha ricordato la decisione presa
dal Comitato centrale del CEC, lo scorso agosto, a Utrecht, che ha portato
l’ammontare del Fondo speciale di lotta contro il razzismo a un milione di
dollari (n.d.r.: circa seicento milioni
di lire). « Auspico che questa richiesta
di fondi, legata a tale decisione, sia coronata da successo », concludeva il
presidente tedesco.
Nato da una famiglia protestante
della Westfalia, Gustav Heinemann è
conosciuto, da molti decenni, per il suo
impegno cristiano. Fin dai suoi inizi è
stato membro della Chiesa confessan
te tedesca, contro il nazismo montante. « Rimasto fedele alla Dichiarazione
di Barmen del 1934 », ha contribuito
largamente al rinnovamento della
Chiesa evangelica in Germania (EKD)
c ha firmato, fra l’altro, la famosa Dichiarazione di Stoccarda (1945), all’indomani della disfatta della Germania
nazista. Dal 1948 al 1955 è stato presidente del Sinodo dell’EKD.
Era dunque un amico della famiglia
ecumenica che accoglievano nel Centro ecumenico di Ginevra i pastori
W. Visser’t Hooft, André Appel, segretario generale della Federazione luterana mondiale, Edmond Perret, segretario generale dell’Alleanza riformata
mondiale, e Philip Potter, il nuovo segretario generale del CEC.
« Nell’azione che Ella cerca di compiere a favore della riconciliazione e
della pace. Ella si sforza di mettere in
pratica ciò che ha scoperto con tutti
noi nella Chiesa e nell’Ecumene » —
ha detto il pastore Visser’t Hooftv-^re-sidente onorario del CEC, che durante
oltre 25 anni ha contribuito allo sviluppo del movimento ecumenico.
Rivolgendosi al capo di Stato tedesco il pastore André Appel, segretario
generale della FLM, ha dichiarato: « La
Chiesa ha bisogno di comprensione e
di collaborazione da parte di rappresentanti della vita pubblica che, come
Lei, signor Presidente, sanno di essere
vincolati nella loro azione e nella loro
fede dalle esigenze cristiane ».
Il past. Perret, segretario generale
dell’ARM, ha poi sottolineato i vincoli
profondi che da lungo tempo esistono
fra « la nostra Alleanza e le Chiese riformate di Germania ».
In seguito il presidente Heinemann
si è intrattenuto con i principali collaboratori del Centro ecumenico e ha
salutato, in modo speciale, il personale tedesco che vi lavora.
Il suo passaggio a Ginevra, nel corso del quale ha visitato pure la sede
della Croce Rossa Internazionale e la
Fondazione Bodmer, era inserito nella visita ufficiale di tre giorni che il
capo di Stato tedesco ha compiuto nella Confederazione elvetica.
Una nota vaticana sulla
registraziona dei matrimoni
Roma (Relazioni Religiose) - In seguito al
decreto del governo italiano che dispone la
soppressione nelle pubblicazioni, come negli
atti di matrimonio, deirindicazione della pa
ternità e maternità dei contraenti, gli Ufficiai
di Stato Civile hanno chiesto ai parroci di sop
primere nei loro atti Tindicazione della pater
nità e maternità dei contraenti. Suirargomen
le è stato interpellato il Vaticano, il quale ha
così ufficialmente risposto: « Atteso guanto
le leggi di attuazione delVart. 34 del Concordato tra la Santa Sede e VItalia hanno stabilito in materia, appare superfluo rilevare che
la disposizione del citato Decreto Ministeriale
non può estendersi automaticamente agli atti
di matrimonio canonici che i parroci^ a norma
delVart. 34 del Concordato, devono trasmettere ai Comuni perché siano trascritti nei registri di Stato Civile. Lo Stato, pertanto, non
ha facoltà di rifiutare — per disposizione unilaterale — la trascrizione di atti matrimoniali, canonicamente regolari, perché contengono
dati che la legge statale impone di omettere
nei corrispondenti atti civili. Fino a che la
Santa Sede, previa intesa con lo Stato Italiano,
non disponga altrimenti modificando eventualmnte Vari. 29 n. 2 delVIstruzione emanata
dalla Sacra Congregazione il 1° luglio 1929.
detti atti matrimoniali — da trasmettere agli
Uffici di Stato Civile — dovranno essere redatti secondo i moduli sinora in uso, con Vindicazione cioè del nome, cognome e domicilio o residenza dei genitori dei contraenti ».
1
5
6 ottobre 1972 — N. 40
pag. 5
Vita, problemi, prospettive „delle chiese valdesi
Mio ilella guanlja (pasioralt)
Collegio Valdese
A Napoli,
Via dei Cimbri
Domenica 10 settembre e domenica 17 settembre : due date importanti per I9 nostra
Comunità.
Il 10 settembre, al culto delle ore 11, il
pastore Davide Cielo ha preso commiato dalla Comunità, dopo 14 anni di permanenza fra
noi, perìodo in cui ha svolto un lavoro intenso,
benedetto dal Signore. 11 pastore Cielo ha
‘predicato sul testo: 1 Corinti v. 6-7, salutando la Comunità che sempre l’ha amato e apprezzato. La nostra Sala di Culto era gremita
di membri di chiesa e amici, anche di altre
Comunità, che hanno voluto con la loro presenza rendere una testimonianza di affetto e
di stima al pastore Cielo. Il culto è terminato
con la distribuzione della S. Cena. Prima di
separarci, uno dei membri del Concistoro ha
voluto porgere al pastore Cielo il saluto affettuoso e riconoscente della Comunità e Taugurio per un ministero benedetto nella sua
nuova residenza. Il pastore ha ringraziato
commosso.
La domenica seguente, 17 settembre, ha
avuto luogo l’insediamento del nuovo pastore,
Salvatore Carco. Ha aperto il culto il Presidente della Commissione Distrettuale, pastore S. Ricciardi, il quale ha letto la liturgia
valdese per l’insediamento di un nuovo pastore, aggiungendo alcune parole per ricordare che è tutta la Comunità che deve collaborare con pastore e col Concistoro per il progresso dell’opera del Signore. Poi il pastore
Carco ha svolto il suo sermone sul testo : Colosses! 3: 17-18, Alla fine un membro del
Concistoro gli ha rivolto brevi parole di benvenuto.
Terminato il culto, il pastore e la sua signora sono stati affettuosamente salutati dai
presenti. Auguriamo un felice e benedetto
periodo di lavoro a Napoli al pastore Carco
che si è già accattivato le simpatie della Comunità la quale già in passato, in sue fugaci
visite, aveva avuto occasione di conoscerlo
e apprezzarlo.
Ora avrà inizio per noi un nuovo periodo
di lavoro che speriamo sia fecondo e contrassegnato da maggiore zelo e impegno per tutti, affinché la nostra Comunità possa, come è
già avvenuto negli anni ora trascorsi, non solo arricchirsi di nuovi membri, ma soprattuttoto di membri fedeli e attivi per una sempre maggiore testimonianza evangelica nella
nostra città.
Nel corso di settembre abbiamo accolto con
gioia due nuove creaturine. Il 3 settembre è
stata battezzata Diana Viero di Hermann e
Rosa Berelli, e il 10 settembre è stata presentata Natascia, secondogenita dei nostri fratelli Franco Pitarella e Lina Petrella. Il Signore
benedica queste piccine e le loro famiglie.
F. F.
e a Sainpierilaria
- Sestii
Il pastore Alfredo Scorsonelli ha recato il
suo saluto di commiato alle due chiese, domenica 17. Per lunghi anni, particolarmente a
a Sestri dove ha vissuto gli anni difficili e
impegnativi della guerra, il collega Scorsonelli ha dato la sua preziosa e feconda attività; con emozione profonda le due chiese
hanno espresso al loro pastore il saluto affettuoso e l’augurio d’un riposo benedetto nella
nuova residenza di Pisa.
La domenica 24 lo stesso pastore Scorsonellì ha insediato il nuovo pastore Gustavo Bouchard; da parte delle chiese di Sampierdarena
e di Genova recava un pensiero augurale il
pastore emerito Emilio Corsani (ottantasette
anni) ancor ricco di energie e mente freschissima. A Sestri il fratello Marcello Rizzi, visibilmente commosso, salutava il pastore
uscente ed il successore con un messaggio
ispirato e il nuovo capocircuito dr. Franco
Becchino recava il saluto delle comunità del
circuito.
Riprendono
i corsi teoiogici
Una prima serie di lezioni del prof. Alberto Soggin suni libri sapienzali di
Israele
Inaugurato a Pomaretto e a Torre Pellìce
Il nuovo anno scolastico del Collegio Valdese
e della Scuola Latina
Come tutte le scuole, anche la Scuola Latina di Pomaretto e il Collegio
Valdese (Media e Ginnasio-Liceo classico) di Torre Pellice hanno riaperto i
battenti. Salvo subito richiuderli, grazie al patrono (la nostra civile nazione
ne è munifica).
Domenica 1° ottobre è stata la "rimpatriata” della Scuola Latina. La sala
valdese era piena di alunni (una novantina), di genitori e di amici. In rappresentanza della Tavola Valdese il past.
Gino Conte ha tenuto il culto, invitando i ragazzi sensibili alle questioni ecologiche, a riflettere sul messaggio bi
/ lettori ci scrivono
Tacciasi
il dissenziente?
Un lettore, da Roma:
Caro direttore,
la pubblicazione deirarticolo « Manicomio Valdese », apparso su "Eco-Luce“ n.
38 del 22 settembre u. s. mi scandalizza
per una serie di motivi che desidero
esporti.
1) Molto probabilmenie la firma Calogero Leone, con cui termina detto articolo. non corrisponde ad un signore con
quel nome. È pertanto assai penoso, da
parte del vero autore — o autori — nascondersi dietro uno pseudonimo per dire
qiiello che è scritto neH’articolo.
2) Siccome Tarticolo non appare sotto
forma di lettera, ma ha anzi notevole rilievo di tìtolo (il Valdese è addirittura maiuscolo!) e di taglio tipografico, si desume
che chi ha la re.sponsabilità del settimanale non solo non ha ritenuto scorretto
l'uso dello pseudonimo — che equivale
alTanonimo — ma, pubblicando il pezzo
ha creduto che la sua lettura fosse utile
ed edificante. Infatti non ha ritenuto necessario premettere alcuna riga di spiegazione.
3) « Manicomio Valdese » è un tipico
prodotto intellettuale (o meglio intellettualoide) destinato ad altrettanti intellettualoidi : quindi non serve a nessuno e .soprattutto non serve ai vari fratelli che leggono il nostro settimanale.
4) Compito di qualsiasi giornale serio. e tanto più di un giornale evangelico,
dovrebbe essere quello di contribuire, .attraverso gli articoli e i dibattiti, alla ricerca della verità. L’articolo del cosiddetto
Calogero Leone, invece, confonde le mentì. alimenta gli equivoci anziché dissiparli. fa dello spirito su problemi seri e inganna chi legge con semplicità di cuore,
perché fa credere di pensare certe cose,
mentre il suo autore in realtà pensa esattamente Topposto.
5) Quanto alle affermazioni in esso
contenute, sì tratta per la maggior parte
di penosi luoghi comuni, in alcuni casi di
chiare falsità, il tutto condito con uno
stile che dovrebbe essere il gusto del paradosso. ma che invece si limita ad es.sere
pessimo gusto.
6) Finalmente si tratta di un artìcolo
la cui ispirazione si colloca totalmente al
dì fuori e contro lo spirito in cui invece
si è svolto Tultimo Sinodo, contro le sue
decisioni. Pertanto, dato che il nostro settimanale è in definitiva l’organo della
Chiesa Valdese, di cui il Sinodo è massi
ma autorità, mi permetto di ricordare che
questo fatto dovrebbe rispecchiarsi nella
linea complessiva del giornale e nella scelta degli articoli, ponendo fine a casi come
quello di « Manicomio Valdese ».
Cordiali saluti
Marco Rostan
Caro Marco,
ci sono vari modi per dire le cose. Uno,
purtroppo poco in uso fra noi, è lumorismo, la satira, la caricatura (che può essere né più né meno fraterna di certi silenzi e di certi attacchi). Mi sarei aspettato,
se mai, una risposta su questo piano. Invece. una virtuosa sfuriata.
Quanto al tenore non trasparente a tutti
dello scritto contestatore contestato, era in
parte inerente alla forma scelta. Ho comunque avuto reazioni diverse, di persone
ugualmente ignare", e chi ha colto meglio, chi meno: hanno comunque colto perfettamente coloro cui piii direttamente
Varticolo si rivolgeva.
Per restare nel paradosso, mi pare che
tu abbia preso troppo sul tragico e troppo
poco sul serio quello scritto: che tu abbia
reagito, ferito, ma che tu non abbia fatto
alcuno sforzo per chiederti come mai un
pezzo simile abbia potuto essere scritto e
come mai io. ricevutolo, Vabbia pubblicato. Spacci autore e direttore sotto il giudizio di intellettualismo (-oidismo), di non
serietà (tantomeno evangelicità), accusandoci di distogliere dalla ricerca della
verità, di luoghi comuni, di falsità. Troppo facile, e comodo. Sono convinto che
nella sua forma paradossale (i ^‘luoghi comuni" non sono che il riversamento caricaturalmente espressivo di quelli largamente in corso fra noi), al di là della dubbia
soddisfazione di qualcuno e della dubbia
rabbia di qualche altro, uno scritto come
questo può contribuire alla ricerca della
verità. Non è lo sfogo del buontempone
che *‘fa dello spirilo", è il mezzo tentato
da chi vuol provare se il paradosso e la
caricatura incrinano certe sicurezze delFora.
Quanto al punto 6. che ritengo quello
nevralgico del tuo intervento, non ti pare
che Vincriminazione per lesa chiesa sia
stonata in bocca protestante e la messa a
tacere del dissenziente sia singolare da
parte di chi ha una coerente esperienza di
dissenso? Permettimi di dirti sorridendo
che mi rallegro che tu non sia responsabile delVufficio censura (con appendice
manicomiale) di un qualche regime, politico o ecclesiastico che sia...
Spero che tu avverta la mia intatta fraternità. come io non dubito della tua.
Gino Conte
Personalia
Pensiamo con viva simpatia alla signora Liliana Genre, compagna del pa
store Arnaldo Genre, che ha perduto
la mamma. Signora Elda Grill Rostan,
e a tutti i familiari colpiti da questa
separazione.
A Cerignola continua
l’incidanza dalla amigraziona
Un penoso episodio d’intolleranza cattolica
Si comunica che in accordo con il
Comitato del Collegio Valdese e della
Scuola Latina e con i pastori della bassa Val Pellice, il Prof. J. A. SOGGIN
terrà il primo ciclo di lezioni teologiche nella settimana dal 15 al 22 corrente mese sul seguente argomento:
I Libri sapienziali dell'Antico Israele.
Le lezioni si svolgeranno, come di
consueto, le sere dal lunedi al venerdì, alle ore 20,45, presso la Foresteria
di Torre Pellice, gentilmente concessa.
Il Prof. Soggin predicherà inoltre il
15 e il 22 e terrà una conferenza pubblica presso la Foresteria il 22 c. m.
alle ore 16,30 a conclusione del corso.
Ringraziamo fin d'ora il Prof. Soggin per la sua apprezzatissima collaborazione.
li Comitato Collegio Valdese
e Scuola Laitna.
blico relativo alla creazione. Quindi la
Preside, prof. Elsa Balma, ha riferito
sul lavoro svolto dalla scuola nello
scorso anno. Era stato poi invitato il
past. Giovanni Conte, reduce da Tahiti, a presentare e commentare una serie di diapositive su quella terra lontana, su quella chiesa e sulle sue scuole.
A chiusura il presidente del Comitato
del Collegio e della Scuola Latina, dr.
Guido Ribet, ha salutato gli intervenuti e recato in particolare l’augurio per
studenti e insegnanti all’inizio di questo nuovo anno di lavoro; pari augurio, a nome della XdVola e della Chiesa
tutta ha portato il rappresentante tabulare. Un saluto fraterno è stato pure
rivolto al nuovo pastore di Pomaretto,
Sergio Rostagno, e al nuovo direttore
del Convitto di Pomaretto, Adriano
Congo, con le loro famiglie.
Martedì 3 ottobre è stata l’aula sinodale, nella Casa Valdese di Torre Pellice, a popolarsi dei quasi duecento
alunni del Collegio Valdese. Ospiti cordiali e graditi, numerose personalità
della vita civile ed ecclesiastica della
zona. La "procedura" è stata analoga.
Nel culto di apertura il past. Gino Conte, riflettendo sull’inizio del Salmo 78
(un salmo di catechesi e d’insegnamento, è stato detto), ha ricordato il carattere storico della rivelazione di Dio e
quindi l’analogia e il parallelismo profondi fra la riflessione sulla storia, in
tutte le sue componenti (politica, economia, cultura, arte, scienza, religione
etc.), che è un elemento essenziale della formazione scolastica, e la testimonianza al Dio vivente e operante nella
storia (anche se con criteri diversi dai
nostri), di cui la chiesa di ogni generazione è' debitrice a quella successiva.
In seguito i Presidi prof. Anna Marnilo
e prof. Augusto Armand Hugon hanno
riferito sul lavoro svolto nelle due
branche dell’istituto nell’anno decorso:
lavoro di cui alcune volte si è avuta
un’eco anche su queste colonne. Il past.
Giovanni Conte ha presentato anche in
questa sede una serie di flashes sulla
Polinesia francese, su quella Chiesa
evangelica (cui siamo ora particolarmente uniti, essendo fraternamente associati nella CEVAA) e sull’attività delle sue scuole e istituti vari. Anche qui,
poi, il dr. Guido Ribet a nome del Comitato del Collegio ha dato il saluto e
portato l’augurio; un pensiero di gratitudine e un augurio fraterno è stato
rivolto al rag. Dante Gardiol, che ha
dovuto lasciare per ragioni di salute il
lavoro del Comitato cui ha dato molto
di sé, negli anni scorsi. Fra i messaggi
pervenuti, particolarmente apprezzato
quello del Moderatore Aldo Sbafii.
Com’è stato chiesto in preghiera, il
Signore voglia rendere stabile l’opera
debole delle nostre mani e delle nostre
menti, anche in questi istituti. Buon
anno di lavoro a studenti, insegnanti e
membri del Comitato.
Quanti della grande famiglia, cioè i domestici della fede, ci seguono sappiano, attraverso queste notizie, le cose liete e le cose
tristi di questi ultimi mesi.
Fra le liete il matrimonio del fratello Giovanni Magnifico, laureando in medicina, con
la giovane Maria Gadaleta, insegnante. Il 20
agosto, nella Chiesa gremita di amici e parenti e olezzante di fiori, esso fu celebrato con
rito civile e religioso dal collega Nicola Leila
di Barletta in assenza del sottoscritto. Agli
sposi, trasferitisi a Napoli, rinnoviamo auguri di benedizioni da parte dell’Eterno.
Durante il mese d’agosto la Comunità fu
lieta di rivedere Amici carissimi e cioè il
Dott. K. H. Bartels e famiglia e la signorina
Elisabetta Ginsberg. Sospese le attività della
Scuola-laboratorio in maglieria, quest’estate,
le sorelle Rosaria e Nella Scarano si resero
utili in seno alla staff che presiede alla cucina di Agape. La loro collaborazione è stata
molto apprezzata. Durante la mia assenza,
nel periodo del Sinodo, mi ha sostituito nella
predicazione il diacono Giacomo Campanelli;
la Comunità tutta gli è riconoscente.
Le dolenti note sono : la constatazione che
lo stile della Chiesa Romana non cambia
cioè infierisce, come lo stilum di Fra Paolo
Sarpi, con colpi mancini senza alcuna pietà all’evangelico isolato. Il 16 settembre ha chiuso a Stornarella la sua lunga giornata il fratello Crescenzio Schiavone. Aveva conosciuto
l’Evangelo negli Stati Uniti ed era rimasto
fedelissimo alla Chiesa Valdese. Essendo analfabeta, l’unica sua consolazione, in questi ultimi anni, era quella di ascoltare il Culto radio. Non tutti i familiari erano simpatizzanti
e fu così che un figlio cattolico si è imposto,
con la connivenza del prete, e ha preteso che
al padre fossero fatti funerali secondo il rito
cattolico. Questi, ripreso da un rigurgito istrionico, nel momento solenne del trasporto del
feretro dalla casa alla chiesa, si mise a spargere tutto attorno acqua santa per purificare
casa e piazzetta circostante, ammonendo il
popolo che era una concessione unica consentire che l’eretico entrasse in chiesa per la
messa di suffragio. Tutto questo in barba al
decreto sull’ecumenismo ispirato al rispetto
per i fratelli separati. Eravamo stati in casa
Schiavone, con mia moglie, non molto tempo fa per un breve Culto e rivediamo il fratello sereno, fiducioso, lieto nell’ascolto della
Parola e così lo continueremo a vedere nella
comunione dei Santi.
Altra nota dolente è che questa ripresa
d’attività coincide con la partenza di due nostri giovani che, diplomatisi, si stabiliscono
a Milano e a Napoli. In Pinuccio Giglio perdiamo un prezioso elemento in seno all’Unio
ne Giovanile di cui era presidente ,e in Romualdo Aucello un caro collaboratore, per la
Scuola Domenicale che egli dirìgeva da. oltre
un anno con molto impegno.
Ci siamo anche, con molta tristezza, separati dalla famiglia di Matteo Bellapianta, composta di sette persone, che si trasferisce in
Germania. Continua la falcidie dell’emigrazione per la nostra Comunità. Non ci resta che
stringere le fila e chiedere al Signore maggiore senso di consacrazione per il servizio e
per la testimonianza in vbta dei quali Egli
ci ha rivolto la chiamata.
G. E. Castiglione
A Pradeltorno
110 anni della Foresteria
“La Rocciaglia’V
Come annunciato in precedenza, domenica 8 ottobre si festeggeranno a
Pradeltorno i dieci anni di attività della Foresteria Valdese « La Rocciaglia ».
Dopo il culto del mattino, un pasto
fraterno raccoglierà gli intervenuti (i
prenotati sono già un buon numero),
e seguirà un pomeriggio di incontro
amichevole in cui si tenterà anche il
bilancio di questi dieci anni di lavoro,
durante i quali centinaia di fratelli,
italiani ed esteri, sono stati ospitati in
questa casa, al cuore geografico e storico delle Valli.
ROBA’
Al culto domenicale sono state. battezzate
Donatella e Katia Rivoira di Guido e di Amalia Tourn residenti a Luserna San Giovanni.
« Lasciate i piccoli fanciulli venire a me »
(S. Matteo 19: 14).
Ha avuto luogo la sepoltura della nostra sorella Durand Attilia ved. Morel di anni 64,
Capoluogo. Simpatizziamo con la figlia e famiglia e con tutti i congiunti. « Venite a me,
ha detto il Cristo, voi tutti che siete travagliati » (Matteo 11: 28).
Un capitano tranquillo
Per decenni, durante i suoi periodi di ferie R. M. Stephens ha percorso
l’Italia, dalle Valli Valdesi alla Sicilia, pieno d'amore per il popolo
evangelico e di passione per la diffusione della Bibbia - Il figlio ne
narra ora la vita multiforme
Molti di noi, sia alle Valli, sia nel
Meridione o in Sicilia, ricordano certamente con affettuosa simpatia e gratitudine il Capitano Stephens, fedele
amico dei Veldesi durante lunghi anni.
Con mio padre avevo accompagnato
nelle Valli il primo gruppo di britannici che visitarono, issati su muletti, i
luoghi storici che il Capitano non conosceva ancora che attraverso i libri:
era, quell’anno, intensamente interessato alle spiegazioni che mio padre dava loro . E, da allora, ogni estate, il
Capitano tornò a Torre Pellice, e di lì
condusse la sua carovana nella visita
delle nostre Valli, pronto a rassicurare chi montava in groppa ai muli con
un po’ di tremarella. E divenne fra noi
una figura abituale, benvoluta e aspettata con gioia nei casolari, dove era
sicuro di avere una calda accoglienza,
tale era il contatto umano che possedeva! Chi non ricorda il suo sorriso,
le sue battute umoristiche?
Egli fu un devoto amico della nostra
Chiesa e contribuì a farla conoscere e
amare. Il suo interesse per il popolo
valdese era radicato nelle proprie convinzioni evangeliche e nel carattere
storicamente unico della nostra Chiesa.
Inoltre, come ufficiale di marina in
congedo, ammirava l’eroismo cristiano dei Valdesi quando dovettero lottare per la loro fede contro chi voleva, colla tortura e la spada, costringerli ad abiurare. E infine considerava
la Chiesa Valdese come uno strumento scelto da Dio per spargere l’Evangelo in Italia. Vedeva come un miracolo di fdee e di forza morale la sua
sopravvivenza (pp. 65-66). A 80 anni,
ne raccontò la storia nel volumetto:
Never failing Light, mentre, nel Burning Bush, offrì ai visitatori una breve guida delle Valli.
Le estati italiane del Capitano furono assai ardue, per un uomo così anziano (si spense a 92 anni nel dicembre 1967). Specialmente nel Sud, visitava i piccoli gruppi isolati, per incoraggiarli e fortificar! nella fede, viaggiando sempre in 3“ classe, vivendo
colla massima frugalità, quasi sempre
accompagnato da Antonio Arghittu,
evangelista itinerante dell’Esercito della Salvezza della Val Pellice, che ac
compagnava gl’inni colla sua fisarmonica. Sentivano di avere una profonda
affinità, nella loro comune ricerca della pace in Dio, nella loro modestia e
nel loro intimo desiderio di lasciarsi
guidare dal Signore nelle esperienze
giornaliere.
Recentemente il figlio del Capitano,
Prescot Stephens, ha pubblicato la vita del padre, estremamente interessante, anche nella prima parte, in cui lo
seguiamo sin dall’infanzia, poi nel suo
servizio navale, fedele ed efficiente; in
tutto ciò che fece, colla moglie, per gli
Ebrei perseguitati, nonché nelle loro
vivaci, pubbliche illustrazioni di versetti biblici in ricostruzioni, in costume, di vita palestinese (la moglie era
un’Ebrea convertita al Cristianesimo).
Raccomandiamo vivamente a chi conosce l’inglese la lettura di The Quiet
Captain, by Prescot Stephens, con illustrazioni della nipotina Joy (pp. 87,
L. 600, presso la Claudiana).
Enrichetta Conte Jalla
6
pag. 6
N. 40 — 6 ottobra 1972;
SPUNTI E APPUNTI
ECOLOGIA - 2
I Vangeli narrano che, durante l’ultima cena che consumò con i suoi discepoli, Gesù rivelò che sarebbe stato
tradito da uno di loro. Perché dunque
non fece nulla per evitarlo? Che senso
ha mai lasciarci uccidere quando ci è
possibile salvarci? Glielo gridarono
perfino quand’era sulla croce, con tono
di scherno: « Se tu sei il Figlio di Dio,
come hai detto, scendi giù dalla croce,
salva te stesso ».
E il ragionamento utilitaristico dell’uomo. L’uomo non può non far ciò
che gli è utile.
In questo mondo divenuto in sommo
gradò utilitarista, in questo mondo nel
quale l’uomo è mosso unicamente dal
proprio egoismo e dal proprio tornaconto, come si può comprendere il sacrificio di Gesù?
Analogo a questo ragionamento nei
confronti della fine di Gesù è quello
sul rapporto tra Dio e il male: come
mai, se Dio è onniveggente e onnipotente, non impedisce il male?
Ma quale senso avrebbe la vita umana, quale senso avrebbe il mondo, se
la mano di Dio dovesse condurre gli
uomini e gli eventi su un binario obbligato, sia pure il binario del bene? Il
problema non è di fede soltanto, noti è
un problema di prova- della onniveggem
za e onnipotenza di Dio: è un problema di libertà. Dio non è il capo di un
regime totalitario, chè sceglie ‘ per gli
altri la via da seguire. Dio lascia libero
l’uomo, perché faccia lui la sua scelta.
V’è però anche il male che è fuori
della scelta, fuori delle possibilità umane, il male che l’uomo chiama « destino ». Tanto potente che i Greci dicevano essere anche gli Dei soggetti al destino. Ma, mentre si va sempre più restringendo il campo della pura fatalità,
troppo spesso incolpata daH’uomo per
eludere le proprie responsabilità (l’uomo sa sempre più dominare le stesse
forze avverse dela natura), negare Iddio perché v’è nel mondo il male è come negare il sole perché dense nubi
nere lo nascondono. Il sole è dietro le
nubi, come Iddio è dietro il destino.
Sta all’uomo scoprirLo, avvertire sempre la Sua presenza ,sentire la Sua voce che ci parla anche nella tempesta.
Comunemente si crede che il mollusco sia un animale chiuso nella sua
conchiglia, abbarbicato a uno scoglio
o affossato nella sabbia. Un animale
inferiore, dunque, che vive la vita più
vegetativa. Di una persona chiusa in
se stessa, non si dice essere un’ostrica?
E invece, nulla di più falso. Il mollusco dà l’esempio di come la natura
tenda ad aprirsi, a liberarsi. Dai più
antichi monoplacofori ai cefalopodi, è
tutto un processo evolutivo, e alcune
specie di quest’ultima classe, come i
polipi, hanno acquistato una intelligenza superiore e si sono liberati della
conchiglia.
Diversamente dai molluschi, che si
affacciano dalla lóro conchiglia o, se
bivalvi, dischiudono le loro valve e
si muovono e si abbeverano, l’uomo di
oggi tende à rinchiudersi sempre più
entro la conchiglia che, come il mollusco, si è costruita, non con la secrezione della cute ma della sua mente. An
Signornò
cronache antimilitariste
8 ottobre: marcia
nonviolenta in Val Susa
Domenica 8 ottobre 1972 avverrà la seconda marcia antimilitarista nonviolenta in Val
di Susa, promossa dal Gruppo Valsusino di
Azione Nonviolenta di Condove.
La marcia di quest’anno avrà un carattere
particolare, da un lato perché proprio in questo periodo Gualtiero Guaito, di Chiusa San
Michele obietterà al servizio militare, e dall’altro perché la Valle di Susa, come è noto,
sta attraversando un periodo di gravissima
crisi, dovuta alla chiusura di importanti stabilimenti.
Per questo i promotori della marcia intendono porre in evidenza il collegamento esistente fra la lotta antimilitarista e la lotta
nelle fabbriche, lotte che non sono che fronti diversi di un’unica battaglia.
17 ottobre: processo
a 6 antimilitaristi torinesi
Il 17 ottobre a Torino saranno processati;
Vito Bologna, Beppe Marasso, Gian Antonio
Bottino, Giovanni Salio, Enrico Venezia (tutti del MAI) e Domenico Sereno Régis (del
MIR, Mov. della Riconciliazione). Essi sono
accusati .dei soliti reati di opinione (vilipendio ecc.) per fatti accaduti l’anno scorso.
In particolare, c’è da notare che Beppe
Marasso, la cui posizione nonviolenta è nota,
è stato prosciolto dall’accusa di aver adoperato un manganello durante un volantinaggio
il 4 novembre dello scorso anno.
Evidentemente questa accusa era troppo
grossa per essere credibile.
Il processo si terrà nella mattinata del 17,
in V. Corte d’Appello n. 16, presso la Corte
d’AppeUo di Torino.
(da "Satyagraha”, quindicinale del Movimento nonviolento di Torino, Via Gorizia
197, diretto da Pietro Pinna).
che se il mondo, oggi, è più aperto,
l’uomo si chiude mentalmente entro
una conchiglia, e mentre il mollusco
mette fuori la testa o le branchie oppure apre le sue valve per cibarsi, l’uomo si nutre dell’acqua che è chiusa
con lui nella sua conchiglia.
Persino le Chiese sorte dalla Riforma, che furono come un mollusco che
si liberò della sua conchiglia, si sono
rinchiuse nelle loro strutture dapprima, si rinchiudono oggi in nuove concezioni, formazioni calcaree che nulla
hanno a che vedere con lo Spirito.
Un giorno Caino, figlio di Adamo e di
Èva, roso dall’invidia, uccise suo fratello Abele. E Iddio disse a Caino: « La
voce di tuo fratello grida a me dalla
terra». Ciò è scritto nel Libro dell’Antico Patto.
Pilato se ne lavò le mani e il Figlio
di Dio fu crocifisso. Iddio tacque allora e col sangue del Giusto fu lavato
ogni peccato. Ciò è scritto nel Libro del
Nuovo Patto.
Mi trovavo tra le due guerre in una
località della squallida Marmarica, ove
vivevano, sotto le tende, circa trecento
beduini, con le loro mogli, con i loro
figli e con le loro pecore. Erano i superstiti di un più numeroso accampamento. Il generale Gràziani, per stroncare la ribellione della Cirenaica, aveva fatto passare nottetempo su quelTaccampamento una colonna di pesanti carri che avevano schiantato le tende, schiacciato uomini, donne, bimbi e
bestiame, spargendo distruzione e
morte.
La storia ha giudicato il generale
Graziani.
L’editore che ha ristampato il « Mein
Kampf » di Hitler ha pensato bene di
aggiungere al libro, come una appendice, alcune fotografie che mostrano
gli orrori conseguenti alle dottrine razziste. Sono fotografie di inumane sofferenze, di inconcepibili stermini. Al
« Mein Kampf » di Hitler si contrappone il « Diario » di Anna Frank e la storia ha giudicato Hitler.
Mentre si svolgevano a Monaco le
pacifiche gare olimpiche, terroristi palestinesi hanno apportato terrore e
morte. Il mondo cibile, sorpreso e sgomento, ha condannato una così aberrante azione, e la storia, implacabile,
aggiungerà il suo giudizio.
All’uscita dal villaggio di Touline,
una famiglia araba, padre, madre, uno
zio e tre figli, voleva passare un posto
di blocco. Una pattuglia israeliana fermava la loro macchina. Prolungandosi
la vivace discussione, gli israeliani tagliano corto è fanno passare suH’auto
degli arabi un loro pesante carro armato, schiacciando e uccidendo tutta
la famiglia,
Occhio per occhio, dente per dente?
Nò, il cristiano perdonato dal sangue
del Cristo non può più accettare questa legge, chiunque la pratichi, in qualsiasi momento, quali ne siano le ragioni.
Tra l’Antica Legge e la Nuova Legge
sta il Golgota, sul quale si erge la Croce. E quella (Ìrocè è piantata sul mondo, tra cristiani e pagani, tra ebrei e
musulmani. Per questo, oggi, siamo
tutti responsabili delle colpe di tutti.
E non dobbiamo tacere.
Eros Vicari
rimpiego delle risorse
Gli antichi Israeliti attribuivano ai
tre figli di Lamec, discendente di Caino, l’introduzione della pastorizia, della lavorazione dei metalli e della musica; questo racconto, che si trova nel
quarto capitolo della Genesi, è significativo, specialmente se lo si mette in
rapporto con le tradizioni di altri popoli, nelle quali compaiono personaggi
venerati per avere insegnato àgli uomini primitivi le prime attività produttive. Anche se la storia delle origini del
lavoro è poco conosciuta, una cosà è
chiara: tutti gli uomini in momenti, diversi si sono faticosamente incamminati sulla strada dell’utilizzazione delle
risorse a loro disposizione, avendo
sempre come obbiettivo il massimo
rendimento con lo sforzo minore. Essenziale in questo processo fu il progressivo passaggio dal lavoro fatto dall’uomo stesso con i suoi muscoli, all’impiego di forze della natura come i
venti, le correnti e il fuoco.
L’utilizzare le sorgenti di energia della natura appariva, ed appare, all’uomo una cosa ovvia e senza limite, come un neonato pensa che il latte di
sua madre lo nutrirà tutta la vita. Ora,
la situazione è molto più complessa.
Le società tecnologicamente più
avanzate, e, a un livello minore, anche
quelle in via di sviluppo, devono gran
parte del loro benessere a un tipo di
economia che si basa sull’impiego dell’elettricità, dei combustibili fossili e,
in misura crescente, dell’energia atomica. Sia il carbone che il petrolio, i
principali combustibili fossili, hanno
origine vegetale; si tratta di piante che
vennero sepolte per frane e terremoti
milioni di anni fa, si decomposero in
LETTERA
A PAOLO VI
E stata scritta
dalla signora Binh,
capo della delegazione del Governo
rivoluzionario provvisorio (GRP) del
Sud Vietnam alla conferenza di Parigi,
e resa nota l’8.9.’72 dalla delegazione
stessa. La riportiamo integralmente.
« Santissimo Padre,
in nome del nostro governo, abbiamo
l'onore di presentarLe i nostri rispetti
e di esprimerLe i nostri ringraziamenti
per il Suo messaggio verbale del 10 luglio '12 che ci è stato trasmesso dal
Nunzio apostolico. In questo messaggio Lei aveva espresso la Sua preoccupazione per la situazione attuale nel
Sud Vietnam.
Santissimo Padre, gli accordi di Ginevra del 1954, di cui Lei è senza dubbio a conoscenza, hanno ufficialmente
riconosciuto l'indipendenza, la sovranità, l'unità e l'integrità territoriale del
Vietnam. Disgraziatamente, nel corso
di diciotto anni, i governi successivi
degli USA hanno sistematicamente sabotato questi accordi. Essi non hanno
esitato a impiegare tutte le loro forze
militari ed economiche, la loro scienza
e le loro tecniche moderne per intraprendere contro il nostro popolo una
guerra di sterminio, tra le più barbare
della storia dell'umanità, mirante a
mantenere il Sud Vietnam sotto la loro dominazione neocolonialista e a perpetuare la divisione della nostra patria.
Come tutti gli altri popoli, il popolo
sudvietnamita ha il diritto di vivere, di
essere libero e indipendente. Rifiutando di sottomettersi alla violenza americana, inghiottendo lacrime e sofferenze, il nostro popolo s'è levato, sfidando
tutte le difficoltà e tutti i sacrifìci, per
lottare e per riconquistare i suoi sacri
diritti nazionali fondamentali. Da lunghi anni la guerra di resistenza per la
salvezza nazionale condotta dal nostro
popolo ha riportato numerose vittorie
e ha costretto gli USA a sedersi alla
tavola della conferenza di Parigi per
cercare una soluzione politica al problema vietnamita.
La conferenza di Parigi dura ormai
da quattro anni, ma una pace negoziata non è stata ancora ottenuta. Il principale ostacolo risiede nell'atteggiamento dell'amministrazione Nixon, che non
vuole negoziare sinceramente. Questa
amministrazione nutre ancora l'illusione d'una vittoria militare attraverso la
sua politica estremamente crudele detta di "vietnamizzazione" della guerra.
Non soltanto essa non ha risposto alle
nostre costruttive proposte di pace, ma
ancora essa ha cercato di suscitare continui ostacoli ai lavori della conferenza. Al tempo stesso l'amministrazione
Nixon ha mobilitato un enorme numero d'aerei e di navi da guerra e ha introdotto nel sud-est asiatico una quantità eccezionale d'armi moderne per
estendere la guerra a tutta la penisola
indocinese e per portarla a un livello
d'accanimento senza precedenti.
Sul nostro piccolo paese, il Vietnam,
le più moderne scoperte scientifiche
che avrebbero dovuto essere messe al
servizio dell'umanità sono attualmente
utilizzate dagli USA per massacrare
deliberatamente la popolazione civile,
distruggere dighe e opere idrauliche,
chiese, pagode, ospedali, scuole e molte
altre opere culturali edificate dal nostro popolo. Nel sud del Vietnam, sotto
il regime dell'amministrazione Nguyen
Van Thieu, amare la patria è un crimine: tutti i valori spirituali sono calpestati; tutte le voci che si levano in fa
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
vore della pace sono soffocate; qualsiasi patriota, laico o religioso, rischia
d'esser arrestato, ucciso o deportato.
La terribile catastrofe che s'è abbattuta sul popolo vietnamita con questa
guerra di genocidio e d'ecocidio intrapresa dagli USA, ha risvegliato e commosso la coscienza degli uomini. L'opinione pubblica che ama la pace, la giustizia e l'umanesimo, numerosi dirigenti e credenti di diversa religione, tanto
nelle zone del Vietnam che in tutti i
continenti del mondo, hanno lanciato
il loro appello angosciato per esigere
dagli USA la cessazione immediata di
questa guerra criminale.
Avendo sopportato la guerra da più
d'un quarto di secolo, la popolazione
sudvietnamita, più di tutte le altre,
aspira vivamente alla pace, ma a una
pace vera, nell'indipendenza e nella libertà, non a una pace neocolonialista,
una pace “americana". È proprio per
dar prova della nostra buona volontà
e del nostro desiderio di ristabilire la
pace al più presto, che la nostra delegazione alla conferenza di Parigi ha
avanzato numerose iniziative logiche,
ragionevoli e realistiche miranti a crea-‘
re condizioni che avrebbero permesso
agli USA di ritirarsi onorevolmente dal
Vietnam. La nostra ultima iniziativa è
il piano di pace in sette punti, di cui
abbiamo ampiamente precisato i due
punti-chiave sulle questioni militari e
politiche. Le nostre iniziative di pace
sopracitate chiedono in definitiva al
governo USA di ritirare dal Sud-Vietnam la totalità delle loro truppe, consiglieri, personale militare, armi e materiale di guerra, e cessare di sostenere l'amministrazione dittatoriale e bellicista di Nguyen Van Thieu creata dagli stessi USA, affinché la popolazione
sudvietnamita possa decidere essa stessa del proprio destino in uno spirito di
concordia nazionale e senza alcuna ingerenza straniera.
Il governo americano ha deformato
la verità pretendendo che il governo
rivoluzionario provvisorio voglia imporre un regime comunista nel Vietnam del Sud. In realtà noi abbiamo
sempre preconizzato l'edificazione di
un Vietnam del Sud pacifico, indipendente, democratico e neutrale e, nell'immediato, la formazione d'un governo di concordia nazionale a tre componenti per organizzare elezioni generali, libere e democratiche nel Vietnam
del Sud. Un tale governo, largamente
rappresentativo della popolazione sud
vietnamita, non è governo comunista.
È spiacevole constatare che, malgrado
la nostra buona volontà, il governo
americano mantiene un atteggiamento
totalmente negativo, pur essendo stato
costretto a ritornare al tavolo della
conferenza L
Per ciò che ci riguarda, noi consideriamo che la via dei negoziati è la migliore per metter fine alla guerra e ri
^ In questo capoverso vien confermata una
opinione ormai largamente diffusa negli stessi USA (v. l’art. “Fu ima fatale illusione", su
questo settimanale n. 35 del 1.9.’72). Noi la
condividiamo, in contrasto con quanto si continua invece a sostenere in giornali di tutto
l’arco politico, anche d’estrema sinistra (v.
per es. l’art. “Il giorno del massacro" di Enrica Collctti Plschel, sul "Manifesto" del
30.9.’72).
stabilire la pace nel
Vietnam. Noi siamo
disposti a discutere tutte le proposte nuove e costruttive che possono venire dagli USA, per
giungere a una soluzione corretta del problema vietnamita; per contro, se il governo americano si crede sempre in diritto di ricorrere alla forza militare per realizzare e mantenere il regime neocolonialista USA nel Vietnam del Sud, il nostro
popolo non ha altra via che quella di
proseguire la sua resistenza fino al
giorno in cui riconquisterà i suoi diritti nazionali fondamentali, solennemente riconosciuti dagli accordi di Ginevra
del 1954.
Noi siamo certi che Vostra Santità
si piegherà sulle sciagure che la guerra
ingiusta e crudele degli USA ha imposto al nostro popolo e osiamo sperare
che Ella userà della Sua alta autorità
per far sì che, in questo piccolo paese
della penisola indocinese, l'ideale di
pace, d'indipendenza, di libertà, di giustizia e di progresso, conforme ai nobili insegnamenti del Cristo, possa
trionfare sulle forze belliciste, barbare
e retrograde e che ogni cittadino vietnamita possa godere del suo diritto di
vivere libero e indipendente. Ancora
una volta abbiamo l'onore d'indirizzare
a Vostra Santità i nostri saluti più rispettosi.
Parigi, 31.7.’72.
Nguyen Thi Binh (Ministro degli affari esteri del GRP del Sud-Vietnam) ».
(Da "COM”, settimanale di “fatti e
documenti sull'uomo e sulla fede", del
15.9.’72).
LA RICONCILIAZIONE...
...conclusasi fra Cina e Giappone
nei giorni scorsi, è un fatto sorprendente e grandioso. « S’è voltato pagina,
in Asia, e quale pagina! Otto ore di conversazione fra Tanaka e Giu En-lai sono bastate perché i loro due paesi, che
dalla fine del secolo scorso non avevano mai cessato di trovarsi in mutuo
conflitto, instaurino rapporti “amichevoli". Infatti entrambi i governi han
fatto una scelta: quella di far tacere le
loro divergenze, per sottolineare invece, con forza, il loro nuovo accordo.
(...) Un processo a catena di riassestamento diplomatico, che ha posto fine
all'isolamento della Cina, è stato scatenato dalle iniziative della Casa Bianca. Già Formosa è stata praticamente
eliminata dalla scena internazionale;
le due Coree parlano di unificazione, e
colloqui segreti s'intensificano fra Hanoi e Washington. Ed ecco, “last but
not least", che Giappone e Cina normalizzano i loro rapporti. ^
Questi rivolgimenti prodigiosi Hanno
questo in comune: essi sono tutti orientati nel verso d'un adattamento alle
realtà concrete, della ricerca d'un nuovo equilibrio e della stabilizzazione, in
Asia, d’una pace duratura. Gli USA si
vedono privati dell'alleanza di quella
potenza che, da vent'anni a questa parte, è stata il loro principale sostegno di
fronte alla Cina. Ma che senso ha più
la loro politica d'arginare la Cina, oggi che in Estremo Oriente si delinea
una distensione generale? ».
(Da « Le Monde » del 30.9.’72).
Non ci sembra possibile, per ora, andar oltre a queste semplici valutazioni
d’un fatto così grandioso: noi crediamo che bisognerà lasciar passare un
certo tempo, forse anni, prima di riuscire a penetrarne, in profondità e con
chiarezza d’idee, tutto il significato.
assenza di ossigeno, originarono nuovemolecole che mantennero nei loro legami l’energia del sole che aveva 'fatto
vivere le piante. Bruciare tali sostanze
significa liberare questa energia, utiliz-'
zabile in parte, e nello stesso tempo'-ri-'
versare nell’atmosfera prodotti di combustione come l’anidride carbonica e
gli ossidi di zolfo, carbonio e azoto
Si vede dunque come l’uomo, in tempi brevissimi, concluda dei cicli chè in
natura si sono prodotti nel corso delle
interminabili ere geologiche, e siccome e chiaro che simili depositi di risorse non si possono rigenerare in un
tuturo ragionevolmente vicino. Puma- t
nita deve essere preparata a sostituire
queste risorse nella sua economia. Ma
nello stesso tempo l’uso intenso che se
rr . ■ 95^®^ degli inquinamenti gravi
L anidride carbonica contenuta nell’aria e aumentata del 10% negli ultimi
centodieci anni, in seguito alle combustioni su scala industriale, ed è così in
quantità tale da trattenere nell’atmosfera determinate radiazioni infrarosse che altrimenti la terra riemetterebbe nello spazio. Questo provoca un riscaldamento che, combinato con fatto-'
ri come l’urnidità, può causare alterazioni climatiche diffìcilmente prevedibili. Questo esempio ci ricorda come la
biosfera sia un sistema chiuso nel quale non si possono immettere quantità
eccessive di sostanze senza provocare
dannosi scompensi. Ancora sul petrolio c è da ricordare gli avvelenamenti
estesissimi subiti da tutte le forme di
vita del mare a causa delle perdite di
grezzo da parte delle petroliere, del lavaggio dele loro cisterne e, cosa molto
avvilente, dei micidiali solventi usati
per « ripulire » le macchie di idrocarburi.
Considerando l'energia elettrica, le
cui applicazioni sono tanto numerose e
benefiche, è necessario ricordare alcuni danni che Tambiente subisce per la
produzione di questa energia. Le cadute d’acqua che azionano le centrali sono ottenute deviando dei fiumi, e di
conseguenza impoverendo i territori
(generalmente di montagna) dove questi fiumi avevano un ruolo insostituibile nelTequilibrio ecologico. Inoltre nei
processi di raffreddamento grandi
quantità d’acqua attraversano le cent»-ali e son poi riimmesse nei fiumi a
temperatura più alta e con meno ossigeno. Questo provoca la morte di tanti organismi che non tollerano simili
variazioni, e così si spezzano le delicate catene alimentari con conseguenze
come la sparizione di certe specie e la
eccessiva crescita di altre. L’inquinamento dovuto a fattori come la temperatura è chiamato fisico, in contrapposizione a quello chimico, causato fondamentalmente daH’immissione di sonocive in determinati ambienti.
Mentre l’elettricità è un fenomeno
che dipende essenzialmente dal moto
e dalle proprietà degli elettroni, particelle piccolissime che ruotano intorno
ai nuclei degli atomi delle sostanze,
l energia atomica è quella potenza fissata nei legami che uniscono le varie
componenti di questi nuclei. Noi non
conosciamo la natura di queste forze,
ma sappiamo che un nucleo è una piccola massa formata dall’unione di particelle elettricamente positive (protoni) e neutre (neutroni). La fissione di
un nucleo provoca l’allontanamento di
queste particelle le une dalle altre, e
sprigiona nello stesso tempo una grande forza, che è quella dei legami infranti. Se questa forza è incanalata e controllata in pile del tipo di quella realizzata da Enrico Fermi, allora possono
essere fatti grandi lavori con quantità
relativamente piccole di materiale; ma
se, come è successo, queste reazioni
vengono scatenate per distruggere la
vita, non c’è veramente nessuna difesa
possibile. Le radiazioni che accompagnano i fenomeni nucleari sono senz altro dannose, ma il pericolo più grave è che questo potere travolgente porti gli uomini a compiere crimini peggiori di quelli che già sono stati compiuti, e soprattutto senza ritorno.
Pietro Comba
Cattolici e Protestanti
neiruister
(Segue da pag. 1)
mente proposta alla Conferenza interpartitica proposta dal Governo britannico sul futuro dell'Irlanda del Nord.
Le prospettive per questa conferenza
non sono promettenti; l'atteggiamento
delle parti continua a essere determinato da un odio deciso e da reciproco
timore, e qualunque possano essere le
conseguenz,e della Conferenza o di decisioni unilaterali del governo britannico, rischiano di spingere agli estremi Tana o l’altra o entrambe le parti
della nostra società.
« Il vostro interessamento e le vostre preghiere continuano ad esserci
preziose ».
E peccato che queste notizie non ci
siano giunte in tempo per invitare le
nostre chiese a unirsi nell’intercessione, la domenica 1« ottobre.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)