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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Prof.
ARlfAKD HUGON AUGUSTO
Case Nucve
torre PELLICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
[
Anno XCII - Num. 36
Una copia Lire 30
ABBONAMENTI
Eco: L. 1.300 per l’imemo |
L. 1.800 per l’estero I
« Eco Bea Presenza Evangeliea »
interno L. 2.000 - estero L. 2.800
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TORRE PELUCE — 14 Settembre 1962
Ammin. Clandiana Torre Pellice ■ C.C.P. 2-17557
NEL “DESERTO.. DELLE CEVEMME
I delegati rifermati ... ...,. _.
ai Cenciiio Vaticano II Vive i| ricordo dei Folli di Dio,,
Lé atteggiamento^ di altre Chiese e confessioni
Il Comitato esecutivo dell Alleanza riformata mondiale lia designato i suoi
tre « osservatori-delegati » al secondo Concilio del Vaticano: sono il past.
Hébert Roux, di Parigi; il past. Douglas W. D. Sliaw, di Edinburgo; il prof.
James H. Nichols, di Princeton (USA).
H. Roux,^pastore della Chiesa riformata di Francia a Parigi, è stato designato quest’anno dal Sinodo nazionale della sua Chiesa quale « interlocutore accreditato » della Chiesa riformata di Francia nelle conversazioni con
la Chiesa cattolico-romana in Francia. D. W. D. Shaw, pastore della Chiesa
di Scozia, ha studiato lingue moderne e diritto a Cambridge e a Edinbur-^o,
prima d’intraprendere gli studi teo- ______________________ ”
logici. Il prof. Nichols, pastore del- ’
la tihesa presbiteriana unita degli
S.U., è stato recentemente designato
per la cattedra di storia ecclesiastica europea alla Facoltà di teologia di Priueeton.
Annunciando queste noiinine, il comitato
esecutivo dell’A.R.M. ha precisato:
I. - Inviando osservatori al Concilio
rAllcanza riformata mondiale tiene in primo luogo ad avere informazioni di prima
mano sui lavori <lel secondo Concilio del
Vatica no.
2. - Gli osservatori delegati dell’Alleanza
non saranno autorizzati a parlare ufficiai
mente a nome suo o di alcuna delle Chiese
meml)ri. Potranno tuttavia, a titolo privato, dare chiarimenti sulla dottrina e sulla
ecclesiologia riformate, nella misura in cui
ÜÏU
Preceduto, come da una temibile avvisaglia, dal terremoto
nell’Irpinia, e accompagnato da
scos^ telluriche in molti paesi
mediorientali, è piombato sulla
Persia settentrionale un terremoto la cui violenza eccezionale è stata resa ancor più tragica, nelle sue Conseguenze (si è
parlato di 60.000 vittime, ma saranno molte e molte di più),
dalla zona inìpervia e arretratissima nella quale si è verificata, sotto un sole torrido. Su La
Vie protestante abbiamo letto
un editoriale di J.-M. Chappuis,
che riportiamo in parte:
«Guerre e rumori di guerre, carestie e terremoti in molti luoghi. Catastrofi ’naturali’ o provocate dall’uomo, violenze della
terra e di coloro che l’abitano.
E il linguaggio del nostro quotidiano. E’ pure il linguaggio
della Scrittura. Queste catastrofi essa ci dice — sono dei segni. Cerchiamo di comprenderne il senso. (...).
« La terra d’Iran ci grida anzitutto la nostra fragilità. L’uomo d’oggi è liberato dai ’timori
ancestrali’. Non crede più ai
fantasmi nè agli dei. Ma anche
lui ha paura. Il suo linguaggio
’oggettivo’ esprime la sua volontà di dominare il mondo e
non più dipenderne. Ma non
può Uludere cosi sè stesso. La
terra d’Iran ci grida la nostra
fragilità. Il dominio sulla natura e sulle cose può, ad ogni
istante, esser sconvolto. Dalla
natura stessa. Oppure da noi
stessi, e dal folle uso dei doni
che abbiamo ricevuto, dei poteri che abbiamo conquistato.
« La terra d’Iran ci grida poi*
la necessità deU’amore. Di un
amore che sia a taglia del mondo attuale. D’un amore abbastanza puro da amare tutti gli
uomini, abbastanza pronto da
soccorrere subito, abbastanza intenso da non lasciarsi raffreddare da alcuna sventura, abbastanza esigente da sormontare
tutti gli ostacoli. La terra d’Iran
ci grida che perdiamo il nostro
tempo — e noi stessi — ad opporci gli uni agli altri, mentre
tanti uomini, sulla terra, sono
nudi, affamati, senza risorse. Ci
grida questa scelta elementare
che dobbiamo fare, di generazione in generazione, di giorno
in giorno, fra l’amore e l’egoismo, la vita e la morte.
« La terra d’Iran, infine, attraverso la nostra fragilità che
ci ricorda e l’amore a cui ci chiama, ci indica che il tempo deiestremo adempimento è alla
porta ».
J.-M. CHAPPUIS
queste questioni saranno affrontate dal
Concilio .
In altri termini, l’A.R.M. ricalca fedelmente la traccia segnata dal Consiglio ecumenico delle Chiese.
Anche la Fedenizioue luterana mondiale e il Consiglio melodis-ta moiuliale hanno designato i loro delegati. Da iparte luterana, si tratta del Dr. Kristen Ejnar
Skydsgaard, professo're di teologia sistematica all’Università di Copenhaghen, c
del Dr. George Lindbeck, degli S. LI.
1 metodisti hanno designato il vescovo
Ired P. Corson, di Hiiladelphia (.USA), e
il Dr. Harold Robert®, del Rdclianond College (.Gran Brelagna), ex-presidente del
Consiglio metodista miondiale; sarà ulteriomienle nominato un terzo oisservatore
melodista.
11 patriarcato di Costantinopoili invierà
probabilimenle dei delegali, ma non ha
aiiicora reso nota la ®ua decisione. Ali’inizio di agosto i dodici vescoivi membri del
Sinodo della Chiesa ortod-ossa greca si
sono riuniti allo scopo di preparare una
risposta comune aR’invito vaticano; al
termine della riunione a porte «liiuse, non
essendo gitiBfi sd un accordo, i membri
del Sinodo greco hanno deciso di sottoporre la questione all’assemblea plenaria
dell’epiecopato, ohe raecoglie i 57 vescovi
ortodoissi del paese: tale assemblea si riunirà il 1» ottobre.
« Contrariamente a quanto era stato annunciato — pubblicano le Informations
Calholiques Internationales (1.9.1962) —
Israele non invierà osservatori. Il governo israeliano aveva affidato quest’incarico
al Dr. Chaim Wardi, capo del dipartimento degli affari cristiani presso il ministero degli affari religiosi d’Israele. Ma
in seguito alla reazione dei paesi arabi e
per evitare che il Vaticano si -trovi in « situazione difficile », il Dr. Nahum Goldman, -capo del Consiglio ebraico mondiale, ha aimuncialo che il governo israeliano era ritornato sulla sua decisione ».
Anriie i « Vecchiojcattolici », nel corso
della recente Conferenza internazionale
dei vescovi veccliio-cattolici lianno dichiarato che la loro Chiesa è disposta ad inviare un osservatore al Concilio Vaticano 11.
« U Segretariato per l’Uiiità — cosi ancora le I.C.I. — ha aimunciato die un numero ristretto di personalità non cattoliche saranno inviate al Concilio a titolo di
o^iti del Segretariato. Questi ospiti godranno delle medesime faeUd-tazioui degli
osservatori. Finora tre personalità hanno
accettato quest’invito: il prof. Oscar CuUman, delle Università di Basilea, Strasburgo e Parigi; i pastori Scliutz e Thurian, priore e soltopriore della -comunità
di Taizé ».
Sulla medesima rivista cattolica parigina, è riportata un’intervista estremamente
interessante die un redattore ha avuto con
il metropolita ortodosso Nikodim, capo
deirUffido delle relazioni estere del Patriarcato di Mosca. Si ricorderà che la rivista del Patriarcato di Mosca, nel maggio
1961 aveva pubblicato in un editoriale,
« Non posBumus », le ragioni per cui la
Chiesa ortodossa russa non potrà partedpare al Concilio Vaticano II, decisione che
la stampa ’laica’ aveva -riferito esser stata
confermata dal patriarca Alessio, nd maggio sco-nso, nd corso della sua visita in
Jugoslavia. Diplomatìcamente, mons. Nikodim nota che quell’editoriale era redazionale, e non impegnava ufficialmente il
Patriarcato di Mosca, che d’altra parte non
ha mai ricevuto un invito vaticano. Ma se
foste invitati, che -cosa fareste? chiede il
redattore cattolico. Non è il -caso di mettere il carro davanti ai buoi — risponde
mons. Nikodim — l’invito non è ancora
venuto, e non è il caso di insegnare al
Vaticano la condotta da -prendere. C’è
qualcosa di più sottile che le diplomazie
curiali ?
Qual’è l’atteggiamento dei Battisti? Dal
Baptist Times (Londra, 30.8.1962) apprendiamo die l’Alleanza Ballista Mondiale ha
reso noto che, nel caso le fosse rivolto un
invito dal Vaticano, non le sarebbe possibile rispondervi affermativamente. Nella
terza decade di agosto si è infatti riunito
ad Oslo il Comitato esecutivo ddl’A.B.M.
per ramilla sessione, presieduta dal Dr.
(continua in 4“ pagina)
”/ Carni sardi, erano tutt’altro che degli eroi:
erano brutti, mancavano loro dei denti. E poi, erano dei ragazzi: dai 16 ai 20 anni, per lo più; qualche ¡volta gli disegnavano persino un pedo di baffi
col carbone, per invecchiarli. Almeno al princìpio:
poi, li si è presi sul serio”.
No, non è Giorgio Tourn che parla! E’ stato il
romanziere protestante francese Jean-Pierre Chabrol, l’autore di "Les fous de Dieu”, a parlare così
aU'annita Assemblée du Désert rœcolta il 2 settembre al Mas Soubeyran, nel cuore delle Cevenne.
Non si può certo accusare un uomo come Chabrol,
attaccato al suo passato ugonotto tanto da dedicarvi un grande libro (v. a pag. 2), di essere un disfattista. Semplicemente, si tratta di considerare il senso di quel passato, conte ricordava alla grande assemblea di parecchie migliaia di protestanti il past.
Maillot, predicando sul testo: "Questo è avvenuto
per voler mio" {¡Re 12: 24); si può celebrare quel
che si è fatto ieri per non far nulla oggi; sì può lodare i morti per dispensarsi dall’essere viventi; si
può pensare che i nostri padri hanno avuto ragione
in tutto, il che è errato; oppure voler rifare la storia meglio di loro: il che non è meno orgoglioso.
In questo spirito sono stati ricordati alcuni martiri ugonotti: François Rochette, impiccato a 26
anni perchè ’prédicanf, e la vita dì Jean Calas, accusato di aver ucciso il figlio per impedirglt di farsi cattolico, giustiziato sulla ruota a Tolosa, riabi
11 mas Soubeyran, sede del Museo del Deserto.
litato tre anni dopo per l’impegno di Voltaire. In
fondo — affermava più tardi Chabrol — la storia dei
Camìsardi ricomincia ogni volta che una coscienza
è oppressa o che si fa violenza ad un cuore; e non
ne sappiamo di più di quegli umili e ardenti cévenols. Ma al di là della testimonianza di un’invitta
libertà di coscienza, giunge dal ’Désert’ ugonotto
una testimonianza più precisa al Dio di Gesù Cristo che opera con il suo Spirito attraverso la Bibbia, sua Parola. Per questo ci è grato riportare un
articolo del prof. Jean Cadier, della Facoltà di Teologia di Montpellier, comparso su "Réforme”
(1.9.1962). Quanto è necessario anche alla Chiesa
Valdese il .soffio di questa "mistica del Deserto”!
MISTICA DEL DESERTO
Appena si supera la porta delle Cevenne,
fra le due rocce scoscese della gola di Anduze, .si è afferrati dall’aspra bellezza del
Deserto, Perduti fra i castagni, alcuni villaggi (’mas’) solitari evocano una vita rare e segreta. Ma ci sono fiori rossi davanti
alle porle e alie finestre, e talvolta, in un
prato in riva al Gordon, la macchia chiara
di una temía di campeggiatori. Dopo il tumulto della città e le strade imbottigliate,
il gran silenzio della montagna vi avvolge.
Come si è lontani dalle spiagge ingombre
sotto un sole schiacciante, dalle folle svestile, dalle feste carnali! Si ritrova, nella
pace delle Cevenne ,la dignità e la grandezza.
11 miracolo
del deserto
In mezzo alle case accatastate del 'nuis Suobeyran, due storici ritrovarono, mezzo secolo fa, la casa del capo camisardo Pierre
¡.aporte, che si chiamava Rolland, non per
amore della ’chanson de geste' o per il ricordo di antiche epopee, ma perchè la sua
vita errante l’aveva comlannato ad essere,
come lo diceva alla chiusa delle sue lettere,
hi Pierre rollante du Cardón”. Ritrovava
talvolta, fra due fulminee spedizioni jtortigiane, la vecchia dimora, il nascondiglio
del suo rifugio, la Bibbia dalle pagine usate. Là furono raccolti numerosi e preziosi
ricordi ugonotti, e la casa di Rolland e diventata il Museo del Deserto.
Che cosa significa questo termine di ’’Deserto’’? Si sa che è stato applicato all’epoca dolorosa in cui la Chiesa riformata di
branda ha vissuto una vita segreta e polente, sostenuta da Dio soltanto, attraverso la più implacabile persecuzione. Il Deserto è durato un secolo, dal 1685, anno in
cui Luigi XIV volle sopprimere la religione protestante nel suo regno revocando
l’editto di Nantes accordato dal nonno Enrico IV, al 1787, quando Luigi XVI, con
l’Editto di Tolleranza, riconobbe lo stato
civile dei protestanti, tenuti fino allora al
margine del jtaese. Un secolo senza pastori, a parte quelli che esercitavano a rischio
della vita un ministero itinerante. Un secolo senza templi, tutti — o quasi — demoliti per volontà tegia. Un secolo senza teologi. Un secolo di totale annientamento del
le strutture sociologiche. Un secolo in cui
non rimase al popolo protestante altro che
lo Bibbia e la preghiera, e la volontà di rimanere protestante. Che questo popolo sia
duralo, che non si sia dissolto nella stanchezza o nell’indifferenza, che abbia conservato le sue caratteristiche spirituali malgrado la violenza delle minacce, le condanne dei Parlamenti, che si sia ritrovato,
nlTora della Rivoluzione, un popolo di un
milione di riformati, tale è il miracolo del
Deserto.
Per trovare l’origine di questo nome,
’’Deserto”, bisogna risalire al libro che
(laude Brusson, ex avvocato del Parlamento di Tolosa divenuto, per la vocazione
straordinaria e per la grazia del Signore,
ministro del S. Evangelo, pubblicò nel
169.'i, tre anni prima del suo supplizio, sotto questo titolo: ’’La manne mystique du
Désert’’. E’ una raccolta di 21 sermoni,
"prononcés en Trance dans les désert et
dans les envernes, durant les ténèbres de
la nuit et de Taffliction, les années 1689
à 1693”. Per la prima volta appaiono accostati i deserti e il Deserto.
La colomba
delle rocce
Cosi questi uomini minacciati, perseguiti instancabilmente è la cui testa era messa
a prezzo» non si abbandonavano alle sorprese delV improvvisazione nella predicazione delle assemblee clandestine: scrivevano interamente e persino stampavano ¿
loro sermoni, lungamente e solidamente
preparati. Imi i accolta si apre con il sermone su *^la Colomba mistica nelle fessure
delle rocco”, secondo Cantico dei Cantici
2: 14. Questa pura e dolce colomba, continuamente debole e esposta è la vera Chiesa di Gesù Cristo che si nasconde per sopravvivere, come un tempo i Valdesi nelle
montagne delle Alpi. **Quand^è perseguitata dai suoi nemici, deve considerare che
Dio lo permette per santificarla, per esercitare la sua fede e la sua pazienza. Deve
correggersi dei suoi difetti e manifestare la
sua fede e la sua pazienza e dar gloria al
suo Creatore. Vuole dirle ancora che quando i suoi nemici la colpiscono e Vopprimono, non deve riporre la sua fiducia negli uomini, che non possono nulla nel bisogno. ma rivolgere gli occhi della sua jedt' e della sua fiducia al suo Dio'\ (...)
Alla scuola
della fede sola
C’è clunqup una acuohi del Deserto. Vediamo nel libro delTE.sodo tome Dio, du
rame quarant’anni. ha chiuso il suo popolo
nel Deserto, per formarlo nella solitudine.
Ha rollo così tulli i legami che avrebbero
potuto vincolarlo alTEgilto, alle sue ricchezze, alla sua civiltà. Ha preso quell’orda di schiavi e Vita plasmala con la Sua
Legge in una solitudine completa, in una
totale dipendenza dai Suoi ordini. IJn’intera generazione corrotta è caduta nelle sab
bie. e litui generazione nuova è uscita dal
Deserto, con in cuore una promessa e la
volontà di vincere. Così, lungi dal lamentarsi della persecuzione e dall’eccitare
l’odio contro i suoi persecutori, il predicatore vede in questo dolore una volontà di
Dio. per rimettere il suo popolo alla scuola
della fede sola, senza alcun appoggio umano. Mostra che, in tutta la S. Scrittura, il
Deserto è stato la scuola in cui Dio ha formato i patriarchi, i profeti, gli apostoli, i
Mosè, i Davide, gli Elia, i Paolo, lutti
strappati dalla persecuzione o dalla volontà di solitudine ai loro appoggi umani, per
imparare le vie della fede nuda, alla presenza di Dio. Se abbandoniamo i sostegni
umani, riceveremo dalla mano divina qne
sta manna mistica, questo pane venuto dal
cielo, che è la comùnione vivente con Gesù Cristo soltanto.
Rileggendo le pagine di questa vecchia
raccolta di sermoni, evocando in questo
paesaggio arido e luminoso delle Cevenne
la folla raccolta in qualche incavo di roccia, a.scoltando in qualche modo attraverso
i secoli la voce rude del predicatore, ci
sembrava che ci fosse un accordo fra queste parole dirette, senza mezzi termini nè
esitazioni, e questo ¡ìaesaggio spoglio, dalle linee pure e forti, vero a forza d’esser
povero. Perchè non rimetterci alla scuola
del Deserto e ritrovare per qualche giorno
la vita semplice, il vero silenzio che permette di ascoltare la voce divina, il rifiuto
di questa propaganda sofisticata che vuole
imporci le sue norme e indebolisce le nostre resistenze? Forse quando si saranno
zittite le voci umane e le radio, saremo disponibili per udire sulle vie del Deserto e
sui sentieri della Parola un messaggio vero, che venga dalTAlto.
Alla .scuola del Deserto si opera pure,
per il protestante odierno, una messa a
punto sulla natura stessa del protestantesimo. sui suoi dati fondamentali.
La nostra epoca è segnata dalla ricerca
dell’unità cristiana: non se ne deve disconoscere l’Importanza, ed è, ne sono fermamente convinto, il dono più grande che
Dio ha fatto alle nostre Chiese negli ultimi ,50 anni. Ma questa ricerca dell’unità non
deve farsi fra i compromessi, le affermazioni vaghe, l’abbandono delle linee di
forza della Riforma. La gioia di una famiglia, quando dei membri da tempo seI arati si ritrovano, non è di riconoscersi
tulli uguali, ma piuttosto di rallegrarsi perchè ognuno porta la sua personalità, la sua
esperienza, i suoi valori. Lavorare all’unila cristiana significa, per il protestantesimo. sforzarsi di portare alla vita della crisiianiln universale ciò che Dio gli ha dato,
la sua cariuteristica fondamentale, non più
(onsiderata come una forza di separazione,
un bastione di difesa, ma come una ric( bezzo da mettere in comune, un’ala di più
alla vecchia casa.
Orbene, qual’è la caratteristica fondamentale del protestantesimo? Bisogna venire nel Deserto per ritrovarla senza esitazioni. Im, infatti, durante un secolo non
c’è stato sforzo liturgico nè tendenze politiche nè messaggi della Chiesa al mondo
nè demitologizzazione, ci sono stati raramente dei pastori, qualche volta i sacramenti, di tanto in tanto dei sinodi. C’è stata la preghiera domestica e la lettura della
Bibbia. Tutto era caduto salvo questo, e
perchè questo cera, tutto reggeva. Marie
Durand e le sue compagne non vivevano
che di questo e hanno tenuto duro per
(¡uarant'anni nell’oscura torre di Costanza.
I camisardi, questi ’’folli di Dio” come li
chiama Jean-Pierre Chabrol, cantavano i
salmi e pregavano. Là e non altrove è il
senso del protestantesimo: in quest’incon(continua in 4“ pagina)
2
pag. 2
N. ^ — 14 isettendkre 1962
í>I.C.UO'
"Vegliat^^upque perchè non secete nè il giorno nè l’ord’
”Beato'auel servitore che il padrone venendo .troverà così
Y^Qrjy-i ^-7«,
Nfatt. 24: 37-51
Gli anni del "moderato ollimismò
S Arair VE(^IARE
ff
Il Sinodo ha esaminato e discusso la nostra situazione Finanziaria, sul tono ’’moderato-responsabile", modestisssima versione valdese del miracolo economico italiano
’idea centrale del discorso di Gesù, di cui questi versetti sono la
oondusione, è il ritorno di Cristo e
l’avvento del Regno di Dio. In vista
di questo ritorno la Chiesa è esortata a vegliare e l’esortazione sì fa urgente. pressante, perche il tempo è ormai abbreviato. I cristiani dei primi
secoli sentivano profondamente questa urgenza. Tutta la loro vita era rivolta in avanti verso il Regno che viene, tanto da svalutare anche gli aspetti piu importanti dell’esistenza umana (la i»:oprietà, il lavoro, la famiglia). Questo atteggiamento, considerato eccessivo, si è andato man mano
attenuando sino ai giorni nostri in cui
l’attesa e la vigilanza sembrano completamente sparite. La maggior parte
delle Chiese e dei cristiani, lungi dal
proclamare la loro cittadinanza nei
cieli, cercano di ben stabilirsi sulla
terra ; costruiscono edifici, aumentano
le loro proprietà, estendono la loro
influenza politica, acquistano privilegi, proteggono e difendono la loro
tranquillità e U loro benessere.. La
Chiesa non appare tanto preoccupata
del mondo che la circonda con il suo
travaglio, quanto di se stessa, non ricerca tanto il bene degli altri quanto la propria tranquillità; non cura
tanto la sua testimonianza che la potrebbe condurre ad atti di rinuncia sul
piano del compromesso col mondo o
su posizioni umanamente instabili e
pericolose, quanto il proprio benessere e la propria stabilità interna. Le
Chiese e i cristiani non sembrano più
vivere in funzione del Regno, ma solamente di loro stessi e della propria
sopravvivenza.
Hj^^a avverrà come al tempo di
Noè, si mangiava, si beveva,
si prendeva moglie e si andava a marito e di nulla si avvide la gente finché venne il diluvio che portò via tutti quanti ». Ognuno pensava alla propria famiglia, alla propria carriera, al
proprio benessere economico e sociale finché venne la bomba atomica, finché venne il terremoto (« pensate che
fossero più colpevoli di voi? No, vi
dico, ma se non vi ravvedete, tutti similmente perirete! »), finché venne la
catastrofe finale che portò via tutti
quanti. Vegliate dunque perchè non
sapete nè il giorno, nè l’ora.
Ma cosa vuol dire vegliare? Pensare continuamente alla fine
del mondo, fare calcoli su calcoli per
individuarne la data, torcere i passi
dell’Apocalisse per vedervi ad ogni
pie’ sospinto delle « rivelazioni » sugli uomini e sugli avvenimenti della
nostra generazione? Nulla di tutto
questo. Gesù nella breve parabola
conclusiva al discorso illustra con
chiarezza il vero atteggiamento da assumere.
Ecco due servitori il cui padrone
è partito, ma deve tornare. Uno
di essi non attende più il padrone e
finisce per considerare se stesso padrone della casa. Dispone come vuole
•iiwmiiimiiriiiiiiiinirii
i> miiiiuiiKHiiHin'UHiiiiiinimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
libri
del suo tempo, d« beni e dei doni
de! suo padrone, ^droneggia sugli
altri servitori, sembra non dover raidere conto a nessuno del suo operato.
Ma queste illusioni crollano, quando
il Signore torna e colui che si considerava padrone dì ogni cosa, perde
ogni cosa, anche la vita.
L'àltro servitore attende il padrone. Ma questo non significa per luì
rimanere tutto il tempo alla finestra
a scrutare la strada o consultare calendari per cercare di indovinare il
^ giorno del ritorno. Per lui vegliare significa compiere ogni giorno, con fedeltà, il compito che il padrone gli ha
affidato. Il servo fedele veglia, adempiendo ogni giorno alla sua vocazione. Egli sa di non essere padrone del
suo tempo e delle sue possibilità, di
non poter disporre come vuole dei beni e dei doni che il padrone gli ha
affidato. Egli non spadroneggia e non
comanda, ma serve. Egli non ricerca
la propria volontà o il proprio interesse, ma quello del suo Signore.
Quando il Signore tornerà lo costituirà su tutti i suoi beni. Non possedeva
alcunché, ora possiede ogni cosa. La
Chiesa fedele veglia, compiendo ogni
giorno il servizio e la vocazione che
il Signore le ha affidato, con umiltà e
fedeltà, sapendo di non possedere alcuna cosa, ma attendendo ogni cosa
dal Signore che viene. E beata quella
Chiesa e quel credente che il padrone, arrivando, troverà così occupato.
Alberto Taccia
Sono, qttesii, gli anni del s moderalo ottimümo »5 pian piano, infatti, le contribuzioni delle Chiese sono aumentate con una
costanza rallegrante, se non in misura eccezionale. Quest’anno, poi, oltre a passare
dagli 82 millioni del bilancio 1960-61 alla
cifra di 90.754.893 (Saliti, con i versamenti
dei ritardatari a 95.438.000), occorre tener
presente che le Lbicge, rispondendo al pre
riso invilo sinodale dello scorso anno, hanno interamente coperto il deficit del bilancio 1960-61 per una sonuna di 15 milioni. Le Chiese hanno quindi versato in
complesso circa 110 milioni alla Cassa Centrale (oltre le contr&uzioni particolari per
la Facoltà di Teologia, gli Istituti d’isirn*>.ionè e di assistenza e opere varie), con
un aumento di 28 milioni sulla somma versala l’anno precedente. Non si tratta di un
aumento indifferente, e con convinzione il
iiinodo ha volato il seguente odg;
”Il Sinodo, con viva riconoscenza
verso il Signore, prende atto del modo
con il quale le Comunità hanno risposto sia all’appello straordinario che alla richiesta di aumento delle contribuzioni; fa voti affinchè la Chiesa Valdese continui con il medesimo sforzo
nel cammino verso l’autonomia finanziaria”.
(dal culto di chiusura del campo ferie di
Agape 1962, dedicalo allo studio dell’Apo
calisse)
RINGRAZIAMENTO
La Casa Editrice Labor-Idel ha offerto aU’Orfanotroflo Valdese di Torre Pellice i 17 volumi della collana
« Le Stagioni ». Si esprime la più viva
gratitudine alla Casa donatrice.
Per la prima volta, quest’anno, le contribuzioni delle Comunità hanno lieveme.nl-•
superato, di qualche migliaio di lire, le
spese per assegni e pensioni: «prima tapI>a verso il traguardo dell’autonoiuia », affermava la C. E.
Nell’insieme, le offerte delle Coinunilà
hanno coperto i 2/3 delle uscite ed i doni
dall’estero (che hanno superato di 5 milioni quelli dell’anno passato) circa 1/3
delle medesime; i ispettivamente circa 99 e
15 milioni. Si vede «he se un primo passo
è stato fatto verso raulonomia finanziaria,
c’è ancora molta strada da fare; e a quella
mela dobbiamo tendere, anche se in Sinodo e’è slato chi ha notato che noi, « Chiesa di mendicanti » fin dalle origini ilei nioviinento valdese, non dobbiamo vergognarci deH’aiuto fraterno datoci da molli, ma
piuttosto ricordarci dei molti più poveri di
noi che dell’aiuto nostro hanno bisogno.
« Potranno le nostre comunità, nel corso
del prossimi unni, tagglungere questa met.i (dell’autonomia)?’ L’aumento indice del
reddito nazionale, il notevole aumento degli stipendi nel corso degli ultimi anni in
lune le categorie di lavoratori, i larghi niar
gini di benefici nei settori industriale e
oommerciale, hanno determinalo nella massa una notevole maggiore disponibilità di
denaro, c non riteniamo che l’imporlo « pro
capile » delle contribuzioni abbia raggiunto un « plafond » insuperabile. A conferma, rileviamo «he quest’importo « pro capile », basato sulla cifra totale delle contribuzioni per la Cassa «entrale in 95 milioni di lire, è di 4.UDO lire per ogni membro
dt Chiesa.
« Attendiamo dalla ’’Coimmissione contribuzioni”, il cui materiale dislribuito non
ha avuto che carattere informativo, e che
Ita invece il compito di studiare a fondo
il sistema contributivo della nostra Chiesa, il preannunciato ’’appello alle eomu
nilà”, e speriamo che esso possa, nell’escogitare nuove forme, trovare aigomenti convincenti per un.a più organica eil efficiente
regolamentazione della materia. Rimaniamo
tuttavia fermi nella convinzione che il miglior mezzo di persuasione in vista deU’aumento delle contribuzioni rimane sempre
una chiara ed ampia informazione da parte
della Tavola sulTuso del denaro della Chiesa « (R. C. E.f
In alcune cemunilà tale informazione è
stala iniziata, in uno spirilo di serena chialezza, con risultali benefici sia di carattere
spirituale che sul piano materiale; ed è da
augurarsi che la cosa si diffonda, si generalizzi e si approfondisca — sostenuta dalla Tavola — in modo che risulti nei fatti,
e non .soltanto nelle dichiarazioni teoriche,
che il problema finanziario è un problema
di fede, di ima tede che ha da essere co.sciente e informata. Non nella Chiesa solíanlo si coiislata che molli sono disposti a
dare e a dare generosamente, quando sanno
e « vedono » esaMamenle quello per cui
danno, e quali sono i frutti reali delle loro
olferlc.
Non si può, d’altra parte, dimenticare il
sostegno essenziale che tante nostre opere
narlicoiari, di cui siamo ginslamente (ieri
c grati, ricevono da amici singoli e comitali
delTeslero: dobbiamo vedere chiaramente
la si'.nazione e riconoscere che, senza di loro, parecchie nostre opere non potrebbero
vivere, varie costruzioni e iniziative non
avreltiicro potuto essere attuale; perciò, con
calore è stalo volalo il tradizionale odg:
”tl Siaodo esprime la sua viva gruliludine ai fedeli amici e soslenilari
della nostra Chiesa all'eslero per la
loro fraternità generosa”.
iiiiiiniiiniiiiiiniimmimniiiliiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiKilliniiminimininiinium
liKiiniimiiiiniiiiniiniiiiimiMiniimntiiHnmMiii
(’"evangelismo italiano, è una realtà?
Il Consiglio
Federale
Pochi lo sapevano, finora, nelle nostre
Cltiese, eppure due nuovi membri sono enti ali quest’anno a far parte del Consiglio
Federale delle Chiese Eìvangeliohe d’Italia:
1.1 Cliiesa luterana d’Italia e l’Esercito delia Salvezza; inoltre è stato approvato in
linea di massima un progetto di riforma
del Consiglio stesso. « Queste decisioni —
alTermava la C. E. — dovrebbero esser
considerate come i primi passi in vista di
un’impostazione più dinamica dell’attività
del Consiglio Federale. 11 carattere prevalentemente difensivo e legale che esso ha
avuto finora è onnai sentilo da lutti come
insufficiente. Il Consiglio deve diventare il
vivente centro di unità di lutto l’evangeliMito itali.ino: la Chiesa Valdese, che è di
gran lunga la più forte delle chiese attualmente facenti parte del Consiglio, ha in
quel campo una responsabilità particolarmente seria.
« Sulla Scia della Conferenza del IV» Di
stretto, vorremmo sottolineare l’iinporlanza dell’odg approvalo dal V» Congresso
della Gioventù evangelica italiana. Lo riportiamo :
Culti radio
e televisione
« Il Congresso, constatato che le separazioni denominazionali hanno perse
gran parte della loro funzio-ne, in vista
di una più chiara ed efficace testimonianza evangelica al servizio del comune Si.gnore della Chiesa, rivolge appello solenne al Consiglio Federale delle
Chiese Evangeliche d’Italia affinchè esso convochi entro il 1963 un Congresso
Evangelico Italiano dotato del potere di
predisporre gli strumenti necessari per
la realizzazione d’una organica unione
evangelica; e prepari questo Congresso
mediante approfonditi documenti preparatori che dovranno essere esaminati
dalle chiese locali; invita il Consiglio
della Gioventù a svolgere tutte le atti
iniiiiiiiimmiiiiiiNiMiiiiiiiiiiitimiKiiiiiiiiiiiMUimiiHJimiHMiMiitHHHH'Hl
J.-P. CHABROL
vita necessarie per la realizzazione di
que<sto programma ».
“Les fous de Dieu,,
Iranno scor.so un giovane romanziere
protestante francese, Jean-Pierre Chahrol,
ha pubblicato un romanzo sull’epopea camisarda: ”Les fous de Dieu”, che ha già
incontrato un largo favore, e ha ricevuto
il Prix Veillon 1962. 7 nostri lettori ricorderanno che nel suo ’’Taccuino” (che speriamo riprenda presto) Giorgio Tourn aveva presentato con calare quest’opera, che
ara, in occasione dell’annua ’’Assemblée
ilu Désert”, riprende un carattere, di particolare attualità. Riportiamo, in parte, la
recensione che Freddy Klopfenstein ne ha
fatto su La Vie ipro.te»tante, la scorsa settimana.
u Bisogna essere folli (di Dio, forse, ma
anelie eentiplicemente folli) per pubblicare
rsggi un liibro dii 400 pagine, scrino nella
lingua del 1700. ”Les fo-us de Dieu” sono
infatti «orini con 250 tanni tli ritardo sulla
nostra lingua, coane una specie di diario
liiifilato in tin buco di un muro da un giovane Caiinisard: ’’Ognuno dei foglii che affilio a queste pietre è come un giorno della ania vita, quando cade la notle: si può
riloimarvi col penisiero, pentirsene: non si
può più ritoccarlo; cosi è dei nostri giorni, Finetle!”
« Finetle è la sua fidanzala, impegnata
ndlla stessa avnvenltira. E Cliahrol Ita raccontato tutto, la poesia e il sangue. Sem
bra averlo fatto senza sforzo, egli che, alalo in questo paese, sembra un camisardo:
Un gigante mollo Itarbuto c moilto buono.
« Ma a noi tocica farlo, lo sforzo, per
ritiro vare liai questo scni,gno un po’ duro,
un po’ aspro, il suoco di quel tempo di
dolore: le guerre, l’eisailitazione dei ’profeti’, e quel lungo fidanzamento di Finelte
e Saimuel, di cui Chahrol ha fatto ”la terza notte di Natale dei nuovo secolo”, una
delle scene d’amore più straordinarie che
si possano leggere.
« Ci si ferma qualche volta, in questa
lunga storia, stanchi itnalgrado lutto di dover sempre decifrare. Non che non si capisca; ma tutto è nascoislo, segreto, misterioso. Etppnre non si può posare il libro;
ci riprende, proprio per quel che ci costa,
coirne quegli amici con cui è «oà difficile
vivere, ma ancor più duro non vivere.
« Bisognerelxbe dire se, sì o no, è pensahilc, giusto, itilelliiigenle ecrivcrc un romanzo e cliinderlo a chiave. Ma io non
posso farlo: ramo un po’ troppo per giudicarlo ». F. K.
J.-P. CHABROL: Les fous de Dieu,
Gallimard, Paris 1961, pp. 449,
L. 2.600. .Anche presso la Claudiana.
« La forma di questo odg può essere con■siderata da qualcuno come leggermente
Bltranzista, carattere che comunque non
sorprende in un documento giovanile: ma
la sua sostanza non può essere tenuta in
non cale. Essa corrisponde infatti a un’esigenza dell’ora; il protestantesimo deve trovare delle forme chiare ed efficaci per manifestare la sna unità; riteniamo perciò che
il proposto Congresso possa contribuire notevolmente ad abbattere dei compartimenti
stagni che hanno perso molta della loro
ragion d’essere. Dall’India agli Stati Uniti
si sono attuate o si vanno elaborando unioni fra ehiese separate da divergenze teologiche assai più gravi di quelle che venano
il protestantesimo italiano. La presenza protestante in Italia ha un significato troppo
grande in questi anni in cui ferve la lotta
per la vera o per la falsa unità della Chiesa, perchè noi non sentiamo la nostra vocazione in questo campo : oggi la testimonianza evangelica in Italia è anche una testimonianza alla vera unità della Chiesa ».
In Sinodo si è auspicato che le nuove
ammissioni non rappresentino un alto formale, ma un reale arricchimento per l’evangelismo italiano, anche se una effettiva
collaborazione non è, evidentemente, sempre facile.
Il Consiglio Federale ha approvato la ristampa dell’Innario Cristiano — esaurito da
mesi — ristampa che sarà curata dalla Clandiana, con l’auspicio che la edizione seguente sia quella pienamente rinnovala a
cui Tapposita Commissione sta silenziosaineme ma fattivamente lavorando.
La c. E. faceva notare che Todg sinodale
dello scorso anno in merito ai culti radio
e alla possibilità di organizzare trasmissioni evangeliche televisive non sembra esser
■Stata presa in molla considerazione dal Consiglio Federale delle Chiese Evangeliclie.
Sebbene i verbali delle sedute del Consiglio Federale risultino assai scarni, la questione è stata discussa, ma senza che si potesse giungere a risultati considerevoli.
Molti, in Sinodo, hanno raccomandato la
luassiiua cura da dedicare a questo servizio essenziale: chi ha chiesto die, pur mantenendosi una certa rotazione di predicazione, si affidassero a detenminate persone
particolarmente qualificate cicli di predicazioni; chi ita suggerito che si cercasse il
modo di mettere eventuali corrispondenti
in contatto con il predicatore da essi ascoltato, in modo elle possa istituirsi un rapporto personale e non burocratico, a contatto con un ufficio impersonale. Non sono
mancale, neppure quest’anno, le critiche,
ma c’è stalo chi ha fatto saggiamente notare che occorre lasciare alla Commissione
nominata all’uopo il tempo e il modo di
dar prova delle sue capacità. Si è auspicalo naturalmente che non continuino gli spostamenti d’orario e i ro-sicchiamenti dei
già così scarsi minuti a nostra disposizione.
Ci si è rallegrali che Tinlervento dei rappresentanti del Consiglio Federale e forse
ancor più Tinterpellanza parlamentare delTon. Bogoiii abbiano ristabilito — si spera durevolmente — lo statu quo.
Relativamente alle possibilità di inserirsi
in qualche modo nelle trasmissioni televisive, ci si trova di fronte a un nulla di
¡allo, ma non ci si possono nascondere le
enormi difficoltà di vario genere, facilmente intuibili, a cui si va incontro. Occorre
tuttavia non abbandonare la lotta prima di
averla veramente impegnata.
Pulpiti senza Bibbia?
Si cerca, per la cappella valdese aperta recentemente a Priolo (Siracusa)
una Bibbia di formato gp'ande, anche
antica, per il tavolo della S. Cena. Alla Claudiana pervengono spesso, d’altra parte, richieste di questo genere:
saremo dunque grati a coloro che
avessero Bibbie di questo formato —
non ve ne sono edizioni recenti in
commercio — e che fossero disposti a
cederle, di mettersi in contatto con la
Libreria Claudiana, Via Principe Tommaso 1, Torino. Grazie!
Le note positive del bilancio di quest’anno sono dunque essenzialmente tre: li
equilibrio del consuntivo, per cui entrate
e uscite (ordinarie) si pareggiano; 2) sana
politica finanziaria in campo edilizio: si
costruisce solo quando sono stati assicurati
i fondi nece,ssari; 3) il debito arretrato non
è aumentato rispetto allo scorso anno, mantenendosi sui 150 milioni.
Perchè, allora, l’ottimismo ha da essere
soltanto moderato? Ecco i punti negativi,
abbastanza gravi: 1) il sempre forte gravare degli interessi passivi; 2) il cospicuo
deficit del bilancio per Tistrnzione secondaria.
Per il 1961-62 è segnata in bilancio Timporto di ben 8.446.000 per interessi passivi;
anzi, « questa cifra — nota la C. E. — può
trarre in inganno, in quanto si tratta di un
saldo; esso è difatti la risultante tra interessi passivi presso banche e privati (L.
10.014.000) e interessi attivi su titoli (1.556
mila ». E’ vero che una parte considerevole
di questi interessi passivi, ’’accollata” dalla Tavola alla gestione annua normale, si
rilerisce in realtà alla gestione degli immobili e specialmente ai debiti contralti in
passalo per la costruzione di vari edifìci;
lullavia non si può non notare una volta
di più, con la C. E. : « I conti chiudono a
(ine maggio; in base alle sue necessità per
i soli assegni e pensioni e spese di amministrazione la Tavola avrebbe dovuto disporre eli 9 milioni al mese. Dal giugno al
dicembre le chiese hanno provveduto, in
media, in ragione di 4,5 milioni solamente,
con un « vuoto » pressocliè totale nel luglio-agosto, mentre nei mesi successivi le
contribuzioni sono affluite più sostenute con
un massimo di 25 milioni nel mese di maggio. Vorremmo mettere i Conci-stori ilinaii7.1 alle loro responsabilità in merito a questo problema, che denota poca comprensione da parte delle comunità delle effettive necessità finanziarie della Tavola; e vorrcmino mellere la Tavola di fronte alla opportunità di ’’regolamentare” questa materia, così come è stato fatto per il noto contributo straordinario, con delle quote mensili ’’fisse” da versare all’Amministrazione
(entrale da parte di tutte le comunità. Vi
sono an,:ora delle chiese che mandano il
loro contributo in una sola volta alla cliiustira dei conti, o addirittura dopo di essa!!! ,, (R.C.E.)
Quanto al distivanzo delTistruzioiie secondtiria, esso ammonta quest’anno a L. 8.116
nula, anche a causa dell’adeguamento degli
stipendi di professori alle retribuzioni di
legge, adegiiamenlo a cui però parecelii liaiino rinunciato in uno spirito di comprensione vocazionale degno di essere fortemente sottolinealo. Riparleremo più ampiamente di lutto il prohleina dell’istrnzione .secondaria; diciamo qui soltanto che il Sinodo si è largamente associato alla Tavola e
alla Commissione d’esame nelTaffermare la
necestsità che: 1) il bilancio dell’istruzione
secondaria sia nettamente separato da quello ordinario; 2) si cerchi, all’estero ed in
Italia — come già hanno cominciato a fare
comitati e gli « Amici del Collegio e della
Scuola Latina » — il modo di sovvenzionare quest’opera cosi importante con fondi
particolari; al riguardo le offerte delle comunità potreOhero e dovrebbero essere assai accresciute, com’è avvenuto per la J'acoltà di Teologia.
Per guardare in faccia le necessità future, occorre anche tener presente clic, oltre
al continuo aumento dell’indice del costo
(iella vita, l’anno prossimo la Tavola si troverà a lar fronte ad un maggiore esborso
di circa 9 milioni, poiché con decorrenza
l'i luglio gli stipendi dei suoi dipendenti,
non più ritoccati dal 1956, hanno subito un
aumento di circa il 10%. Inoltre, rimane il
peso cospicuo dei 150 e più milioni di debiti arretrati, che si devono pur cominciare
a pagare, non soltanto per liberarsi da una
forte quota di interessi passivi, ma per un
(ioveroso senso di dignità. In questa luce
Totlimismo ha da essere non soltanto «moderato », ma « responsabile ».
La discussione sinodale del bilancio si è
puntnalizzata sul fatto che non pare del
lutto soddisfacente l’impostazione attuale
del bilancio. Questo non significa naluralirente —, ma è necessario dirlo? — che si
avanza la benché minima riserva sulla regolarità e sulla precisione dei conti; significa soltanto constatare . che nel nostro
bilancio si confondono — e creano confai
sione — il bilancio ordinario della gestione annua e un dettaglialo bilancio degli
stabili; questo ha per riflesso una reale
diffiicoltà di impiantare in modo preciso o
completo, a lunga scadenza, una politica
finanziaria volta a valorizzare tutti gli stabili di proprietà della Tavola e a pianificare
acquisti che ci liberino per quanto possibili dalle forti spese per fitti passivi. Mentre, quindi, é stata riespressa al Cassiere
della Tavola,past. Guido Comba, la riconoscenza della Chiesa per la sua brillante e
più che trentennale attività in questo campo, si é rinnovata l’esplicita richiesta che
si presenti al Sinodo un circostanzialo bilancio stabili.
Noterelle, lutt’altro die prive d’importanza: la richiesta, in Sinodo, se le Chiese
autonome abbiano tutte versato i contributi
che per regolamento spettano loro (richiesta rimasta piamente, troppo piamente, senza risposta); la nota che «Villa Olanda»
grava già annualmente sul nostro bilancio
per parecchi milioni, mentre le comunità
sembrano non considerare mollo quest’ol>tra; il richiamo alle singole Chiese a limitare per quanto possibile le spese locali,
ammontanti per il 1961-62 a L. 48.605.0(X),
con un aumento di oltre 3 milioni rispetto
;iITanno scorso.
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pag. 3
bríci^ Validità dei nostri Istituti assistenziali
UJ14UI iMiniitiiiiiiuwii»
Lutero
e Mar ciao „
Il calore implacabile di questa nostra afosa estate italica ci ha portato
anche il settimo numero della rivista Il Narciso; diretta da Nino Leporati si presenta come « rassega di
cultura ». Accanto al direttore, mi
«Comitato culturale » mette in mostra alcune grandi firme, che illustrano la cultura italiana del nostro
tempo: Salvator Gotta, Ferdinando
Pai azzi, Giovanni Titta Rosa, Bonaventura Tecchi, Giuseppe Villaroel
(mi scuso se non li cito tutti, perchè
la lista .sarebbe troppo lunga).
Una rassegna di cultura che dovrebbe quindi essere uno specchio
autorevole ed autorizzato di una certa cultura del nostro tempo. Confessiamo quindi francamente la nostra
delusione ¡ter il breve saggio che il
direttore stesso ÌNino Leporati ha
consacrato a Lutero : cinque pagine
che starebbero bene in qualche foglio ¡tarrocchiale di Santa Romana
Chiesa di qualche perduta parroc
chia di qualche zona culturalmente
sottosviluppata.
Trovare queste ¡tagine in una Ras1 segna dì Cultura è inilubbiamente un
segno «li quella cronica superficialità
d'iniorma/.ione e incomprensione
del l'atto religioso caratteristiche di
tanta parte della cultura italiana del
Itosim tempo.
Il Lejjorati non si allontana dalle
tesi ilei Grisar, che volgarizza volgariueiite. Riconosce (bontà sua!)
ciie di una pazzia vera e propria di
Lutei«* non si può parlare, ma il suo
’ squilibrio nervoso, un temperameli lt> neurolico” possono aiutare
efficai-enieiite a intendere la genesi
del pensiero di Lutero, dominato da
due ini-uhi: il Diavolo e Dio.
Paura del Diavolo, paura di Dio...,
ma n«>n paura di Roma papale. E
qtii il Leporato continua nella sua
pseuilocritica psicologica. Lutero,
seioiiilo lui, avrebbe « brigato dispe
ratamente per poter restare nella ca¡«itale cattolica; non vi riuscì, e questo «•onlribuisce a spiegare il suo
odio contro Roma » essendo egli stalo disprezzalo dai religiosi romani
<( eleganti ¡teccalori ».
1! l’analisi del nostro Leporati
I spi«-'.;a acutamente il matrimonio di
Lutero che, in quell’anno, doveva
curare un esaurimento nervoso e la
sili lille.
C’è veramente qualcosa «li pietoso
ili «¡iieslo « pezzo giornalistico » di
una rivista che vuol esser Rassegna
(li Cultura: che liquida senza presentarli ¡iroblemi fondamentali come
quello «Iella libertà del Cristiano,
della dottrina dei due poteri, della
Parola e dei sacramenti.
Ma vi è ancora in Italia una persona colta che osi rimasticare tristi
luoghi comuni sulla crisi spirituale
e teologica di Lutero, dopo aver letto il volume di Miegge? Che non
abbia mai sentito parlare della theologia crncis? Che non abbia mai sentilo il dovere di meditare sulla prefazione che Delio Cantimori ha premesso al Lutero di R. H. Bainton?
Conoscere
la grammatica
Recentemente in uno dei tanti piccoli comuni della nostra grande Italia è arrivato il telegramma: il signor ministro (uno dei tanti: il nome non importa, forse è solo un sottosegretario) ha annunziato che era
stata ''stanziata'’ una somma per
una determinata opera pubblica,
dietro suo personale interessamento.
Gioia ed entusiasmo. Ma i soldi non
sono ancora arrivati. Delusione: ma
ingiustificata. Stanziare, infatti significa « assegnare ad uno scopo —
scrivere nel bilancio ».
Il ministro conosce la grammatica: stanzia; i cittadini la ignorano:
c.reilono alle promesse.
Conclusione: un diffuso pessimismo che i "personali interventi” dei
signori ministri per un determinato
sco¡»o non contribuiscono a diminuire.
L. A. Vaimal
« l,’as.5isienzj rappresenta uno dei settori
delPattività umana in promettente svilnppo (...) Un tempo l’aiuto a chi era nel bisogno veniva affidato all’iniziativa privata
«he si urtava a difficoltà insormontabili:
oggi possiamo dire che l’assistenza costituisce la trama di molti rapporti umani. La
collettività prende su di sè il peso dei diseredati la cui condizione non è più legata
a valutazioni d’ordine morale». — Cosi leggiamo all’inizio del rapporto annuo della
Commissione Istituti Ospedalieri Valdesi —. «Capita, a volte, mentre urge il nostro compito, di chiiiderci quale senso abbia il nostro lavoro. Pratiche di ricovero
«la mandare avanti, casi difficili da risolvere, complicazioni burocratiche da affrontare... tutto questo rappresenta veramente
l’azione che rivela la nostra fede, oppure
si tratta ormai di una ’routine’ di funzionari? D’altra parte, quale senso attribuire
all'attività elle il nostro personale compie
giorno per giorno? Si tratta molto spessa
di un’attività banale, ingrata, assurda; accolla talvolta con indifferenza o con spirito di critica. Come resistere allora alla
tentazione di cadere in una consuetudine
l'atta di amara rassegnazione?
« Eppure non esitiamo ad affermare che
abbiamo trovato la forza di operare nella
duplice visione del servizio e della testimonianza, rinnovati del continuo dalla grazia
«lei Signore. 1 due termini non possono essere dissociati, percliè soltanto cosi « viene
reso manifesto l’amore di Cristo per gli
uomini ; ma sotto una forma particolare,
quella degli atti » (Visser Hooft).
« E’ urgente tuttavia aixielerare i tempi.
la nostra attività è ancora troppo frammentaria. Dobbiamo dunque essere spinti ad
allargare i nostri orizzonti, onde organizzare e rendere sempre più efficienti i nostri strumenti di lavoro. )...) Vi fu un
tempo in cui il problema deU’assistenza
trovava più largo consenso di uomini e di
mezasi, proprio attraverso l’iniziativa privata. Oggi sono proprio le conquisle sociali e il diffuso benessere a non facilitare le
nostre realizzazioni » (C.I.O.V.).
«Queste espressioni di ammonimento si
rinnovano anche quest’anno, pure nella re
lazione della Commissione «l’esame siil1 operalo della GIOV (Doti. Leu Vinay,
l’asl. Ciovanni Conte e Edoardo JVlicol):
« persisi«;, più o meno acutamente a seconda dei vari Istituti, rannoso problema del1.1 scarsi;;! di personale, e .specialmente di
personale «iiiaiilicato. E' con viva ricono
scenza clic <la anni ormai possiamo contari', per alleviare «inesta dithcoltà, siiiropcra di giovani straniere, specialmente svizzere, ma è ovvio che tale aiuto, pure se
«lato con lutto il cuore, è solo teanporaneo
c coinumpie non è tale «la risolvere deJinilivanicnle il problema a.
Non si tratta più, com'è stalo il caso in
jiiissalo, «li spiegare tale carenza con i bassi stipendi; essi sono stati infatti adeguali,
sul piano sindacale, anche se indubbiamente la scarsità numerica del personale lo costringe spesso ad orari prolungati, il che a
lungo andare rappresenta una grave usura
non soltanto iisica ma spirituale. E’ un fallii che nelle nostre comunità non soltanto
non si trovano più giovani disposte a divenir diaconesse, ma neppure giovani o giovanette pronti a dedicarsi, nei nostri Isti;uti, ad un lavoro infermieristico e assistenziale; tale lavoro richiede è vero, «una
vira vocazione per l’abnegazione e i saciilici che tale servizio comporta, ma ci
sembra impcssibile pensare che negli ulti
mi anni nessun valdese abbia sentito, nepjiure lemporaneamente, tale chiamata »
(iC. E.).
A poco a poco, e anzi con un ritmo confortante, i nostri Istituti di rinnovano tecnicamente, ma se non si farà sentire una
spinta potente ad un impegno di servizio,
nelle ncslre comunità, il problema si farà.
Al Rijugio Carlo Alberto di Luserna S. Giovanni.
r
L'esame sinodale rivela luci e ombre,
difficoltà e realizzazioni
negli Istituti Ospitalieri Valdesi
da grave, tragico nei prossimi anni. E’ forse tempo che rivalutiamo con più serietà
questo ministero, e che la nostra Chiesa
«sema » in un modo più vivo il problema
della sofferenza umana, in quello spirito di
testimonianza e di servizio a cui si accen
iiava sopra.
Istituti
che si rinnovano
- - -T----------------------
'reciiit-aiuenle, ahbiaiutì detto, assistiamo
iiil un rinnovamento, ohe quest’anno ha
toccalo in modo speciale, e a fondo, l'Asi
10 dei Veeihl di S. Germano Chisone: esso ai avvia ora ad essere una accogliente
<..usii di riposo (e ci auguriamo che, di nome e di fatto, lutti i nostri Asili possano
.tivenlare tali). Sono stati'-compiuti lavori
per oltre 9 milioni di lire; più di 2/3 delia spesa sono stali coperti (come al tempo
della fondazione dell'iipera, «lue generosi
iiiiciiinii hanno offerto il 35% del labhisogiioi. L'islitiilo possiede ora comodi servizi, un impianto di riscaldamento efficiente
ed ha visto sparire i due grandi dorinilori
die sono stati trasformati in coinode e accoglienti camerette a «lue letti arrecíale a
nuovo con mobilio setagiliee ma funzionale. « Ci sembra die questo Istituto fibbia
iiilensificalo nolevolmeltte i suoi rapporti
con la Chiesa. Abbiamo organizzato un riuscito incontro con i Pastori delle Valli Val
desi e le loro Signore; i nostri ospiti sono
stati visitali dalla Corale e dal -bimbi della
Scuola D-oinenicale dì Villar Pellice, dalle organizzazioni giovanili della Chiesa dì
S. Germano, ohe hanno offerto ai nostri
ospiti dei pomeriggi ricreativi; la missionaria sig.na Anita Gay li ha interessati al
problema delle giovani Chiese dell’Africa;
11 sig. C. Benx ha parlato loro delle Cinese
dell’Ameriea del Sud, da cui proviene.
iVIoltì altri amici sono stati fra di noi e ci
hanno circondati con >1 loro affetto »
tCIOV). E’, questo, uno dei lati che ei sono par.si più positivi nella relazione di quest’anno, ed è augurabile i-he tali rapporti
si intensifichino e si estendano a tutti i nostri Istituti, alle Valli e fuori di esse: troppo spesso essi sono invece lasciati in un
isolamento spirituale penoso sia per i rico
verali che per il personale eil 1 responsabili di queste opere.
Andie in altri Istituti si cerca di innovare: nell’ospedale di Torre Pellice sono
stali iniziali ì lavori di centralizzazione del
servizio di riscaldamento (spesa prevista:
8 milioni); al Rifugio C. .Alberto di S.
Giovanni continua ad essere in progetto,
seanpre più urgente, la costruzione di un
passaggio coperto fra il corpo centrale deli’edificio e il padiglione « Arnand », mentre si impongono anche qui quei lavori di
rifacimento «li cui ha già go<liitu la Casa di
riposo di S. Germano.
Ma il problema più grosso e complesso è.
iitluahnente, quello dell’ospedale di Pomiiretto: più grosso, in quanto si tratta di
rifare (se è il caso) eonipletamente l’edificio; più «'omplesso, in quanto è inserito in
lutto il problema della riforma ospedaliera (legge Giardiiia e succ.), di cui si è giù
parlato gii anni scorsi. Infatti, qualora tale progetto di legge fosse approvato in Parlamento, imporrebbe un rinlicalc ritliniensiunamento dei nostri ospedali: allo stato
attuale delle cose, soltanto l’ospedale di
Torino risponderebbe alle caraUeristiehe
nec essarie per esser considerato « ospedale » (tia l’altro un minimo di 700 ricoverati annui; forse, con uno sforzo di collaborazione medica — non ci si fraintenda!
- anche l’ospedale di Torre Pellice, che
quest’anno ha registralo 5441 presenze, po
Irebbe raggiungere la meta, ma è lult’altro
che certo); gli altri dovrebbero essere cjiisiderati dei convalescenzari, collegati con
l’ospedale di Torino. Si tratta di nii jirogelto, e non sappiamo quanto sarà ancora
lungo Tiler parlamentare di tale progetto;
quel che è certo è che il sussidio (o mutuo)
governativo è vincolalo alle sorti di queflo progetto, almeno per quel che riguarda
ui. istituto confessionale acattolico... E infatti, mentre l’anno scorso la CIOV sembrava nutrire fondate speranze sulla possibilità di ottenere in un lasso di tempo non
troppo lungo l’intervento governativo, quest’anno essa si dichiarava profondamente
scettica sul quando e il come di esso, sic« liè rendeva nolo di aver avviato trattative
per ottenere da una banca un mutuo di alcune diecine di milioni, onde intraprendere al più presto la ricostruzione delTospe
Secondo incontro Piemonte-Provenza a Torre Pellice
La "lingua d'oc„ non è morta
Com’era stalo annunziato, sabato e domenica, 1» e 2 settembre, ha avuto luogo
a Torre Pellice l’atteso iniconlro dei « paloisantB» del Piemonte c della Provenza..
Era il 2o della serie iniziata felicemente
lo scorso anno a Cuneo e a Crissolo, commemorandosi il centenario della prima
scalata del monte Viso. Per quella circostanza era stato bandito un coneonso di
poesia dialettale nelle parlate provenzaieg'gianli delle vallate orientali dell’arco
« ozio, che ha il suo centro ideale nel Mon.
viso, e cioè delle valli seguenti: Vermenagna. Gesso, Stura di Demonte, Grana,
Maira, Varaita, Po, Pellice, Germanasca,
Chisone, Susa, Lanzo, Orco e Soana.
L’incontro «li quest’anno era invece centrato particolarmente sullo studio del
« dialetto valdese », sul suo svolgimento
storico e su alcune sue varietà attuali, ed
insieme su c«)imunicazioni in altri dialetti
dai « manteneire » delle valli viciniori.
Questo per la prima parte del pr«>gramma : la seconda era riservala, come awìene di solito in manifestazioni del genere,
di qua e di là dalle Alpi, alle danze in
costume, che interessano soprattutto U
folclore e la coreografìa, ed.#i canti popolari più caratteristici della nostra regione.
OLI OSPITI PROVENZALI.
Arlelìici della 2« parte del progranmia
deirimcontro furono i 12 ballerini ed i 4
tambourinalre della « Estollo de la Targo »,
che, se non andiamo errati è stata la niailrina della giovanissima « EsColo dòn
Po », promettente virgulto pronnanak* lo
scorso anno da nn vereante al'l’allro delle
Alpi e che sembra avere pienamente atleeehilo in questa striscia montana di terra piemontese.
Il gruppo dei giovani soci felibrigisti
di Tolone, circa -una quarantina, erano
guidali dal presidente del Felibrige, ing.
Elio BacJias, e dalla veramente « genio
rèino » signora Vivelo .lonneqin, che per
un caso rarissimo sono entrambi residenti
nella stessa cillà. E come a rappresentare
la continuità e la fraternità che regna nella famiglia felibrigiislica, faceva parte della «-oniitiva anche la ex regina, la signora
Devoluy.
LA SEDUTA CULTURALE.
Eìbbe luogo domenica nell’Aula Magna
del Collegio, ed un po’ in ritardo sull’ora
fissata, come avviene d! regola nella terra
dove il sì suona, e dopo una rapida visita
da parte degli ospiti al Museo storico valdese.
Dopo la nomina a presidente della seduta del prof. A. Armand Hugon, il doti.
Sales manda nn commosso saluto alla memoria del prof. Attilio JalLi, uno degli
iniziatori e sostenitori dell’incontro odierno. Porge quindi il saluto augurale della
Bscolo dòn Po ai convenuti il doli. Buratti, solerte segretario della medesima ed
appassionato cultore e conoscitore dei
dialetti provenzali cisalpini.
Vieti quindi data la parola al prof. T.
Pons « he, in un « rapido viaggio attraverso il dialetto valdese », cerca di stabilire
quale sia stala la genesi, lo sviluppo, la
fioritura ed il successivo decadimento del
dialetto parlalo ancor oggi in gran parte
dale di Pomaretto, che certo ne ha una newssità pressante.
La C. E. si è dichiarala contraria a questo progetto — finanziariamente gravoso —
die può anche, in un futuro prossimo, essere reso inutile; poitdie è cosa assai diversa costruire un ospedale o un «xinvalescenzario; oltre a considerare errato il rinunciare in ogni caso al contributo statale, riserva con cui concorda pure un niendiro
della CIOV, il doti. Italo Mathìeu. Nella
sua maggioranza, la CIOV ha comunque
scelto — e una scelta andava fatta, fra l’urgfiiza del rinnovamento l«K'ale e la perplessità sul futuro ospedaliero nazionale —
« il Sinodo, sebbene sollecitato dalla C- Ea pronunciarsi in merito, non sì è sentito
di farlo ; siccliè pensiamo che il progetto
della CIOV sarà condotto innanzi.
Comunque è chiaro come s’imponga un
più stretto coordinamento dei due ospedali valdesi delle Valli e di quello di Torino; se ne parla da anni. Tanno scorso era
stata nominata una commissione che studiasse e riferisse, ma risulta che poco o
nulla è stato fatto; il Sinodo ha quindi votalo qiiest’o.d.g.:
Il Sinodo, preso atto della sussistenza
della situazione che lo scorso anno ha
determinato l’opportunità di eleggere
una commissione ad referendum per la
riorganizzazione degli I. O., invili il
Seggio a prorogare per il prossimo anno il mandato della Commissione, permettendole di agire indipendentemente
dalla promulgazione delle note leggi
ospedaliere.
In breve
Le presenze all’ospedale dì Torre Pellice
hanno segnato un aumento del 10% rispetto alT;in:io scorso; (pielle all’ospedale di
Pomaretto una lieve flessione, dovuta a
cause contingenti.
1 due ospedali sono stati dotati dalla
t'assa (li Ri-iparmio «Ü Torino di due culle
lerniosiaiichc, e si Í- mollo grati per Tuliiissiiiio dono.
Per interessamento del Cappellano e della Direttrice è statò acquistalo im televisore per i convalescenti a lunga degenza dell’ospedale di Pomaretto.
Al Rifugio €. Alberto di Luserna ii.
Giovanni la situazione, relativamente al
personale, è sempre difficile, c non avrelilie potuto essere affrontata senza l’aiuto offerto anche quest’anno da signorine svizzere. Decisamente negativo il tentativo di
iK-i oglìerc nial.-i’i psichici.
Rallegrante la situazione degli orfanotrofi di PoniErello e di Torre Pellice; nel primo i piis-oli ospiti sono stali anche quest’anno generosamente -visitali dagli amici
americani di stanza a Verona; nel secondo
si registra lui « tutte promosse » delle ragazze ivi ospitate.
Rimandiamo chi desiderasse più precise
informazioni, pure sulla situazione finanziaria, all’accurato rapporto della CIOV,
che può essere richiesto alla Direzione,
Via Roma Torre Pellice (Torino).
Riconoscenza
delle valli del Pellice, di Perosa e della
Germanaisca. Accettando le conclusioni cui
è pervenuto il sig. Marcel Carrières, della
Società di Studi Occitanici di Tolo-sa, nel
suo breve studio sU « la lingua della Bibbia dei Valdesi », il relatore ritiene che il
dìalello letterario valdese e quello odierno dei valloni più segregali e discosti dalla pianura e dalle più frequeuUle vie di
comunicazione, come gli altri dialetti, sìa
sorto dalle parlate preesistenti, su un substrato cello-ligure, dal latino volgare o rustico o plebeo e sia stato suixwssivamenle
inflnenzato sia dal contatto con il dialetto
lionese recato dai seguaci di Valdo do,po
la loro cacciata da Lione (118) e successiva dispersione, sia dai contatti con ì dialetti deUe regioni vicine, sia sopraltullo
da quelli con la diffusissima e<l illustre
lingua d’oc: la cui letteratura, alla fine
del XII secolo irraggiava su tutta TEiiropa
civile e dominava incontrastata nel mezzogiorno della Francia non solo, -ma ambe
nel nord est della Spagna e nor ovest dell’Italia.
Ed è appunto grazie ai contatti e alle
relazioni frequenti stabilitesi abbastanza
presto fra le popolazioni e quindi i parlari del versante italiano e dì quello francese delle Alpi, grazie ai fre«]uenti moviiiieuli di popolazioni fra un versante e
l’altro, per molivi religiosi, politici, economico sociali, ecc. che il dialetto assuu-sc quei caratteri speciali die si riscontrano cliiaraimeule nella lingua degli antichi
trattali valdesi. Come viene successivamente illustrato dalla lettura dì brani trai.
{continua in 4.a ¡Hig.)
I-a CIOV c il Sinodo hanno ricordato
(on particolare riconoscenza l’opera del
doti. Antonio Pallrinieri, scomparso recentemente, e che dal 1937 dirigeva il padiglione sanatoriale delTOspedale di Torre
Pellice; e così pure l’amico prof. Attilio
Jalla.
Viva gratitudine è stata espressa al geom.
Giulio Gönnet, che per concluso quìn«piennio scadeva da membro della CIOV ;
ma con Taugurio che l’aiuto cosi fedele e
valido che egli ha dato in questi anni, conlinui, sia pure in forma non ufficiale. A sosiiluirlo è stato eletto l’ing. Guido Decker.
Infine, con una serie dì o.d.g., il Sinodo
ha espresso la sua gratitudine a coloro che
in modo diversi hanno portalo la responsabilità dei nostri Istituti assistenziali alle
Valli.
Il Sinodo esprime la sua riconoscenza
alla C.I.O.V. per l’efficace opera compiuta nell'anno teste trascorso.
Il Sinodo ringrazili a nome di tutti i
beneficati dalle nostre opere assistenziali il personale degli J.O.V. per il
prezioso servizio svolto.
Il Sinodo ringrazia lutti i beneiattori.
siano essi enti o privati, che liuniio generosamente sostenuto i vari I.O.V.
E fuori delle Valli?
Terminiamo queste note, facendo presente che ogni anno la discussione sinodale sugli I.O.V. ci lascia assai perplessi. Sì
tratta, infatti, quasi esclusivamente di Istituti situali alle Valli, mentre si dedica poco o nulla del tempo sinodale ad esaminare la situazione di altri Istituti dipendenti
dalla Tavola ,cioè dalla Chiesa nel suo insieme. Ci pare che si abbia, qui, il residuo
di tempi in cui « la Chiesa Valdese » erano le Valli, il res'.o era « Evangelizzazione », prima dii>endenle da apposito Comilato. Quindi, a nostro avviso: o la discussione delToperalo degli I.O.V., nel quadro della riforma distrettuale, viene affidata alla Conferenza del 1« Distretto (e in tal
caso la Commissione d’esame non sarebbe
l«ù tuia commissione sinodale ma una
commissione distrettuale); ovvero in Sinodo si esaminano, in un dato momento, lutti i nostri Istituti assistenziali. Si lamenta
spe.sso elle non rimangano nell’aula sin««lale che relativamente pochi membri, quando si discute della CIOV; ma è anche difficile pretendere ehe tanti delegali s’interessino agli Istiimi delle Valli quando in
S/inodo si dedica poco o punto tempo a
«•onsiderare l’Asilo Italia o l’Asilo di Vittoria; ner non parlare dì quell’opera tulla particolare che è « Villa Olanda ».
4
pag. 4
N. 36 — 14 settembre 1%2
I LETTORI
scrivono...
Firenze, 3 settembre 1962
Caro Direttore,
grazie della ospitalità che vorrai
dare a queste tre precisazioni sull’argomento della nostra stampa periodica in comune. Me ne ha invogliato
l'articolo apparso nel tuo giornale
il 31 agosto. Le ritengo doverose da
parte mia ed utili, col tuo consenso, per una più completa informazione dei lettori.
1) La Chiesa Metodista non ha affatto « esitato di fronte alla progettata unione » VOCE-LUCE. Essa ne
fu, a suo tempo, la promotrice.
Sarebbe stato forse spiacevole che
alla Chiesa Metodista fosse venuto a
mancare il suo unico foglio mentre
la Chiesa Valdese ne manteneva
uno; e già nella fase preliminare al
lancio del progetto, questa eventuale privazione fu considerata da noi
(on attenzione. Ma ben più importante di questa privazione parve al
Sinodo il risultato die la unificazione della stampa avrebbe dovuto conseguire : dimostrare la capacità pratica di collaborazione ira noi, dignità e razionalità del mezzo di informazione ed evangelizzazione.
Perciò, in base al noto o. d. g.
votato dal Sinodo Metodista Maggio
1960, nel quale, precisando la linea
per la unificazione dei periodici si
specificavano le basi della collaborazione e si dava mandato al Comitato Permanente di trattare con la Tavola Valdese, il Comitato Permanente si trovò con le mani assolutamente libere.
2) Comitato e Tavola, in seduta
congiunta, dando vita a PRESENZA
EVANGELICA, non hanno minimamente pensato di « proseguire schemi defunti », sarebbe stato ridicolo;
nè potevano creare lo strumento e
lanciare il programma auspicato con
la unione VOCE-LUCE, poiché questo implicava la sparizione dei due
periodici.
Comitato e Tavola hanno ovviamente pensato di realizzare qualco<:a di nuovo e diverso che, non dovendo sostituirsi alla vtampa presente, non creasse nemmeno ingombranti doppioni, ma le si affiancasse
invece integrandola in ciò di cui
quella mancava. 11 titolo stesso, modesto e preciso, sta ad indicare questo programma.
3) PRESENZA EVANGELICA,
malgrado il freddo della culla nella
quale cresce, non ha « un migliaio
di abbonati »; ne ha molti di piu.
Approssimativamente un terzo è
valdese e un terzo è metodista, ma
un terzo è di estranei alle nostre
Chiese e ai mondo evangelico. Però
un giudizio ufficiale sul suo programma e sul fuo contenuto non è
stato dato dal Sinodo Metodista ed
è staio rifiutato dal Sinodo Valdese.
Sergio Carile
Una lettrice, da Torino :
Gent. Sig. Direttore,
voglia permettermi di suggerire a
quei lettori che La consigliano di
non sporcarsi le mani con la politica e si dolgono della sua chiara e
cristiana posizione antifascista, di
leggere e meditare i documenti con
elusivi dell’assemblea ecumenica di
Nuova Delhi, le relazioni delle varie sezioni: servizio, testimonianza,
affari internazionali, ecc.
Essi sono estremamente chiari ed
impegnativi e, se anche non cambieranno il loro punto di vista, quei
lettori dovranno convincersi che Lei
è in buona compagnia.
Evelina Pons
P. S, • A proposito, quei documenti, dove si possono trovare da
noi?
7 documenti conclusivi delV Assemblea di Nuova Delhi — che sono
stati resi in parte noti attraverso la
stampa periodica — sono stati pubblicati in inglese e in tedesco, e
sta pei uscire l’edizione francese
(purtroppo, e per ovvie ragioni, non
se ne prevede una italiana): essa
può essere prenotata alla Libreria
di Cultura Religiosa, Piazza Cavour
32, Roma, ovvero alla Claudiana.
Un lettore torinese ci esprime la
sua « dolorosa sorpresa » per aver
visto pubblicata sul nostro settimanale la lettera del sig. Prochet. e dichiara che ospitarla è stato, a .suo
avviso. « delmlezza cristiana, non ca
rità » che « Ita per fine idlimo la redenzione, non la complicità ».
« Conceda il Signore ai vari Procliet il dono della luce interiore, affinchè la verità porli loro vera libertà. Una riiohieista anclie a Lei, signor Direttore: eviti ohe un giornale evangelico diventi palestra di antagonismi così avvilenti. Lei dirà
ohe la libertà dev’essere considerata
in senso lato, e in teoria sono d’accordo con Lei, ma in pratica credo
che ’la carne è debole’, e eerti argomenti scottano troppo (...) ».
Luigi Gamarra
No, non crediamo che questi argomenti scottino troppo. Solo parlandone, con tutta la fraternità di
cui siamo capaci e a cui siamo tenuti, ci si può spiegare a vicenda;
e la nostra ambizione è che il nostro settimanale sia anche palestra
di questo dialogo.
2" Incontro Piemonte-Provn a Torre Pellico
(.segue dalla 3.a^ pag.)
ti da documenti del XII, XV, XVI e XIX
secolo.
E cioè : i primi versetti dell’Evangelo
di S. Giovanni (donde i Valdesi hanno
tratto più tardi il loro motto « la luç lucic
en las tenebras ») e i 12 primi versetti del
eaipo VI di Matteo, in cui Gesù c’insegna
a pregare, non con la ripetizione di molte
parole, come fanno d pagani, ma sobriamente, dicendo: « O tu lo nostre payre lo
cal sies en li cel, lo tio nom aia sanedfica,
lo tio regne vegna, la toa volontà sia fayta
enayma ilh es fayta al cel sia fayta en la
terra. Dona-nos encoy lo nostre pan cotidiari e perdona a nos li nostre peca enayma nos perdonen a quilh que en peca de
nos et non nos menar en temptacion, mas
deyliora nos de mal. Amen ».
Detti brani provengono dal Miss, della
Biblioteca InguimberUna di Carpentras, il
cui direttore sig. Roberto Caillet, circa
20 anni fa, aveva gentilmente comunicato
al sig. Marcel Carrière« dal quale li abbiamo avuti ; gli diciamo « gramaci ».
Vennero in seguito letti i più noti e più
citati versi della « Nobla Leyczon » (368383), dai quali si può constatare come quella che era chiamata la eresia valdese fosse
già fortemente costituita ed organizzata,
la sua dottrina abbastanza chiaramente stabilita ed iniziata la repressione violenta.
Segui la lettura della lettera inviata dai
Valdesi a Bucero, nel 1530, quand’essi avevano appreso die la Riforma di lingua
francese aveva già saldamente messo piede nella Svizzera e nella Francia. Il quale
è uno degli ultimi documenti ufficiali in
dialetto della Valdesia che, accettando due
anni dopo, nel sinodo di Cianforan, le
dottrine della Riforma ginevrina, e decidendo di far tradurre e staimpare la bibbia in lingua francese, se pur inconsciamente, essi aocettarono implicitamente e
tacitamente, di sostituire, in avvenire, come lingua ufficiale del culto e delle altre
loro manifestazioni religiose, il valdese
con il francese, il parlare provenzale del
territorio in cui ®i era diffuso il valdismo
primitivo e vi si era rafforzato ed organizzato dal XIII al XVI secolo, con il parlare d’o'tl, che era oramai diventato Rngua
ufficiale di tutta la Francia e dilagante oltre i confini della medesima: specialmente da quando, in iseguito all’Editto di Villers Cotterets del 1539, il francese, anclie
nell’amministrazione della giustizia e negli affari civili, aveva completamente e
definitivamente soppiantato il latino, nella Francia del Nord, ed il provenzale, in
quella del sud.
‘Per concludere, vennero ancora letti
brani di 3 documenti (interessanti per
mettere in luce le modiifiicazioni fonetiche
avvenute col tempo e col variare delle circostanze di fatto in oui si vennero a trovare coloro ohe il dialetto valdese parlavano); documenti vergati nel dialetto del
XIX secolo e cioè:
a) un brano della lettera del maestro
I. H. Perrot, di Bourset, nel Württemberg, nella quale egli ringraziava, in un
dialetto notevolmente francesizzato, i Vaidesi delle Valli per i 200 tuberi di patate
da loro inviati per mezzo di un Antonio
Signoret, ad Enrico Arnaud, il 22 aprile
1701. Palate che produssero in quell’anno
il decuplo e che, in un primo tempo, si
diffusero solo fra i Valdesi, perchè medici
e doittori aissicnravano che esse causavano
« lourdìe et etourdissement ». In un secondo tempo, ma « d’eicoundoun », le se
minarono andie i tedeschi. Per i soli animali dapprima, « pur«» e galina ». Ma poi
finirono per seguire l’esempio dei valdesi,
mangiandole e gustandole anche loro: di
modo che ora (1888), quando « quella irifula manquent, l’é pertot une misera tristesse et plorament et gémiesement ».
Chi sa, potrebbe fantasticare qualcuno,
quale sarebbe la quantità di patate die
dovrebbero inviand i tedeschi, se volessero solo restituire il seme dai vaMesi loro recato in quel lontano 1701? 200 tuberi
il 1702, 400 naturalmente il 1703, 800 il
1704, e così di seguito, porterebbe ad una
bella cifra !
b) Un brano deR’episodio dantesco del
conte Ugolino, tradotto oltre mezzo secolo fa, dal eoinpianto prof. G. dalla, in
dialetto « saiunartinenc ».
c) Una mezza dozzina di filastrocche popolari di particolare grazia espressiva e
ohe si possono udire ancor oggi in oualche allegro crocchio giovanile nei più remoti borghi valligiani.
Il secondo relatore, il doti. O. Coiason.
iUustra successivamente rinsediamenlo, il
progresso e l’estinzione del valdismo calabrese per inquadrare storicamente una
bella « Cianzuna Guardiola », nd morente
dialetto valdese (« quanto mutatus ab ilio»!) di Guardia Piemontese, in prov. di
Cosenza.
11 III relatore in programma, doti. E.
Avondel, (che non ha potuto intervenire
a causa di un prolungalo impegno all’estero e che doveva riferire su « l’utilità de!
patois ») viene sostituito dal prof. E. Tron,
che sviluppa brevemente un interessante
tema su « le canzoni in patois » leggendo,
commentando e cantando oltre una mezza
dozzina di quei curiosi componimenti poetico musicali, rinvenuti particolarmente
nella valle della Germanasca e purtroppo
in procinto di scomparire.
Sucoessivamente, per mettere in rilievo
le differenze, ora piu bevi, ora più pronunciate, in alcuni patois valdesi, vieti
data lettura da rappresentanti delle singole parlate dei seguenti brani: a) una poesia in dialetto boibbiese, composta da Favalier e letta, in sua assenza, dal sindaco
di Bobbio, maestro G. Baridon; b) la parabola del seminatore tradotta in dialetto
angrognino « d’Iai dar Vangìe », pramollino e praline, lette riispettivamente dai
siigg. A. Sappé, A. dot, F. Rostan; c) la
parabola del figliuol prodigo, in dialetto
valdese deUa regione rioplateuse, il cui
dialetto è stato presentato e adeguatamente illustrato dal sig. E. Ganz, che per un
trentennio è stato pastore di quelle comunità valdesi, il cui iiuizio risale ad un secolo fa.
A chiudere la parte riservala al dialetto
valdese è stalo il sig. O. Peyran, di Ferrerò, che ha letto un garbato suo componimento in dialetto, col quale dava notizie di vario genere sulla valle e sul modo
di comportarsi, oggi, della popolazione, in
un giorno di festa.
E per dare una più ampia possibilità di
confronto fra dialetti più loiutani nello
spazio, vengon fatte alcune comunicazioni
e letture nei dialetti deU’alta vai Maira,
da parte del « manteneire » sig. P. Bruna
Rosso ; dèUa vai..... da parte del signor
S. Ottonelli; dell’alta vai Chisone, da parte del sig. Bermond; della valle di Aosta.
Ha infine risnonato nell’Aula Magna la
armonioisa lingua provenzale, nella voce
calda e vibrante di simpatia fraterna del
capoulié, ing. Bachas, che ha voluto chiudere il simpatico convegno culturale de
Mistica del Deserto
(segue dalla 1“ pagina)
tro personale con Dio, mediante le S. Scritture. Se altri seguono lo stesso cammino, ci
incontreremo con loro. Ma proprio questo
metodo di vita spirituale è il nostro bene
particolare, la nostra pietra per l’edificio
universale. (...)
So che lo scoraggiamento è la nostra tentazione maggiore, a causa del piccolo numero dei credenti e della forza materialistica e livellatrice della massa. Ma qui ancora interviene la mistica del Deserto. Poiché essa gioca contro la legge del numero.
Forse mi si dirà che, paradossalmente, il
Deserto attira in certi momenti la folla, e
che i quindicimila dell'Assemblea della prima domenica di settembre costituiscono il
nostro più bell’uditorio protestante. D’acLordo, e me ne rallegro molto (...). Ma non
mi faccio molte illusioni sul valore di queste manifestazioni momentanee. Il Deserto,
non lo .si vive in quei giorni, bensì nella
solitudine, nel raccoglimento, nella pace
della fine di una bella giornata d’estate. Le
cicale gridano ancora la loro gioia di essere al sole, ma presto una dolce luce poserà sulle cime. Il Deserto, è il piccolo nu
mero, i settemila che non hanno piegato il
ginocchio davanti a Baal, i cinquemila che
hanno lottato contro i dragoni dei maggiori marescialli di Francia, i cinquemila che
sono andati sulle galere per la loro fede, i
pochi che hanno rifiutato di disperare, perchè credevano nel Dio sovrano, perchè credevano al cielo e alla sua gloria, perchè,
guidati dai loro valloni boscosi, i loro
sguardi ululavano sempre in alto.
Lo so, i ’mas’ si chiudono uno ad uno,
le Cevenne, per la loro povertà e la penuria d’industrie, sono sempre più letteralmente ”un Deserto”. So che le comunità
si .svuotano e che il popolo protestante se
ne va. Ma ne resteranno sempre alcuni per
ascoltare, in questa terra di verità, di semplicità e di luce, la lezione che ci viene dai
secoli, questo rifiuto di cedere alle potenze,
iiuesta fede incrollabile nel Dio sovrano.
questa volontà di incontrare, in fondo all'anima e mediante la lettura del Libro
santo, la presenza stessa del Cristo vittorioso. Jean Cadier
Delegati riformati al Vaticano li
(segue dalla 1» pagina)
Joao Soren (Brasile). In e®sa sono stali fra
Faltro discussi i rapporti con il cattolicesimo e l’aititeggiamento da assumere di
fronte aR’imminente Concilio. In molti
paesi, i Battisti non considerano la questione in moido drammatico, mentre in altri gli attriti con il cattolicesimo sono più
vivi; ed è da considerare che in varie zone le Chiese battiste non hanno ancora
pienamente accettata di entrare nel movimento eoumenico, sebbene lo considerino
con fraterna attenzione. Rappresentando i
Battisti del mondo intero, il comitato
esecutivo doveva tener presenti le situazioni profondamente diverse in irui i vari
membri vivono, e si è prestata un’attenzione particolare aRe voci di coloro che
raippresentavano minoranze in terre cattoliche. Al termine del dibattito è stata volata all’unanimità questa dichiarazione:
« Il Comitato esecutivo dell’Alleanza Ballista Mondiale, in sessione a Stabekk, Oslo (20-24 agosto) ha chiesto
al Segretario Generale di ringraziare
Mons. J. G. M. WiUebrands, segretario del Segretariato valicano per l’Unilà cristiana, per la sua cortese comunicazione del 18 aiprile 1962, e di
comunicargli che dopo approfondila
discussione delle conseguenze implicate, non è parso desiderabile -per l’ABM
incoraggiare un invito formale al prossimo Concilio Vaticano II, ma che essa
assicurerebbe alla Chiesa Cattolica Romana le sue speranze e le sue preghiere affinché il prossimo Concilio contribuisca all’incremento della comprensione deUa volontà di Dio e all’unità
del suo popolo ».
cernendo il titolo di « manteneire de la
lengo » al prof. T. Pons e al doti. E. Avondel, « per aver ounourà soun bèu parla
prouvenjau », e consegnando i relalivi diplomi e testi su la Provenza ai vari « man.
teneire » della « Escolo dòu Po ».
LA MANIFESTAZIONE FOLCLORISTICA
Dopo l’allegro pranzo in comune aRa
Foresteria, gli 80 commensali aUe 15,30,
raggiunsero in corteo, altravereo le vie
della cittadina tappezzate di scritte ineggianti alla fraternità Provenza-Piemonte;
in lesta, tambourinaire, ballerine e ballerini in costume, accompagnati daRe deliziiose musiche degli istrumenli e daRa grazia dei movimeuti. Dovunque ammirati
al loro ipassaggio, essi vennero accolti dai
clamorosi applausi della numerosa folla
ivi convenuta, al loro giungere alla Rotonda dei giardini pubblici: ove si svolse,
con un caldo quasi pro-venzale, il programma svolto con arte dal gruppo folcloristico dèlia « Escolo de la Targo ». Danze antiche e più moderne, balli di carattere
messi in scena con grazia provenzale, una
esilarante commedia, compresa dal pubblico al 90 per cento, graziosissime farandole: il tutto intramezzato dai canti popolari della ben affiatata Corale valdese
locale, sotto la guida provetta del M.o
Corsani, e dalle musiche di corrente, valzer e mazurche della coppia di suonatori
(clarino e fiisarmonica, di -cui ci rincresce
di non ricordare i nomi) venuti a rappresentare la valle della Gernianasca nella
parte folclorica del programma, purtroppo
senza Fattesa coppia di baUerini. Sarà per
la prossima occasione.
Gramaci a la genio rèino Viiveto, au Ca.
poulié Bachas e a tonto l’Bscolo de la Tar.
go! E a revèire! T. G. Pons
SAN 8SC0NO0
Domenica prossima 16 settembre il
culto sarà presieduto dal nostro Moderatore, past. Ermanno Rostan. Nel
dargli fin d’ora il nostro fraterno benvenuto, ricordiamo che per tutto il
mese di settembre il culto ha ancora
inizio alle ore 10.
PERSONALIA
Si sono sposati a Torre Pellice il sig.
Ernesto Gia-mpiccoli e la sig.na Clara
Sibille. ARa coppia felice i nostri auguri più cordiali.
Borse di studio
PRIMO DISTRETTO
La Commiissione Distrellualc del I Distretto comunica che i giovani ohe intendono fruire di una deRe Borse di Studio
assegnate dalla Commissione stessa sono
pregali di fare pervenire le loro domande
entro il 15 settembre al vice presidente della Couimissione stessa Sig. G. Ponlet, via
Roimpicollo, Torre Pellice.
Le domande devono essere corredale dai
seguenti documenti:
a) certificato degli studi compiuti e delle
votazioni oltenute nell’anno scolastico
1961-62;
b) sialo di famiglia;
(■) dichiarazione da cui risulti di quali altri sussidi o borse fruisce eventualmente
il candidalo.
Sono tenuti a fare domanda anche i giovani che avendo o'ienulo borse di studio
neH’anno 1961-62 intendano ottenere la
stessa borsa per l’anno 1962-63.
La Commissione Distrettuale
LUSEKNA SAN GIOVANNI
Scuola Valdese
di Economia Domestica
La .Scuola di Economia domestica ha terminato il suo anno scolastico 1961-62, trascorso interamente nella nuova sede dell’Uliveto, nei locali messi a disposizione dalla Tavola Valdese.
Sono ormai 12 anni che tale istituzione
Ita regolarmente funzionato (venne fonda
ta nell’aprile 1950 ■ annessa aRa Scuola di
agricoltura) con lo scopo di formare in un
ambiente moralmente e spiritualmente cristiano, delle buone ed esperte donne di casa, convenientemente preparate a tutti i servizi domestici e d’assistenza della famiglia.
Si ricorda che sono ammesse alla scuola
le giovanette tra i 14 ed i 18 anni di qualsiasi confessione religiosa; che i corsi sono
gratuiti e che una retta mensile molto modesta è richiesta per U vitto e l’alloggio nel
Convitto.
La Scuola si riaprirà Lunedì 1« Ottobre.
Per ulteriori informazioni e per le iscrizioni occorre rivolgersi alla Direttrice della Scuola. Signorina Irene Cesan, l’Uliveto,
I.userna S. Giovanni entro il corrente me.
se. Occorre affrettarsi essendovi ponhi posti disponibili.
Il Presidente del Comitato direttivo
(Doli. Mario Gherardii
I A VVISI ECONOM§Cl\
CASA signorile cerca cuoca e cameriera,
])ossibilmente parenti, trattamento e retribuzione ottimi. Scrivere Ruben Trotti,
viale Gramsci 25, Regina Margherita (Torino).
CERCASI bambinaia raccomandata per Torino città, bambino 8 mesi, ottime condizioni. Rivolgersi: Segre, Valle Patloncra
136, Torino - tei. 691234.
Direttore resp.: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 17.5, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (Tni
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Erri Balmas
nella impossibilità di farlo singolarmente, esprimono la loro commo.ssa
gratitudine a quanti con la presenza,
scritti, fiori, parale di conforto, opere
di bene manifestarono i sentimenti
del proprio cordoglio per Timprovvisa
dipartenza del loro Caro.
Un ringraziamento particolare al
Pastore B. Bellion, al Dott. Bertolino, alla Direttrice della Casa Valdese
di Riposo', ai vicini di casa, all’Associazione Alpini di S-. Germano, al
quartiere della Bagna, ai Coscritti
1930, al Moto Club P. Bergeretti, alla
Direzione e Compagni di lavoro Fiat,
ai Compagni di lavoro di Edilio.
S. Germano Chisone, 6 Sett. 1962.
Il Marito e i Figli, profondamente
addolorati per la dipartita della loro
cara moglie e mamma
Avondet Albertina
nata Tron
di anni 70
ringraziano in modo particolare il
Dott. Bertolino, il Past. B. Bellion, la
Croce Verde di Porte, i Vicini cR casa
e quanti si sono uniti al loro dolore
in questa triste circostanza.
« Perchè io vivo anche voi
vivrete» (Giov. 14: 19)
S. Germano Chisone.
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