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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Past. TACCIA Alberto
10060 AKUROGNA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Nom. 5
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TORRE PELLICE — 31 Gennaio 1969
Ammiu. Claudiana Torre Pellice . C.C.P. 2-17557
CEE COSA È IN GIOCO ALL’ISOLOTTO E" ALTROVE
Stanno mettendo la scure alla radice
del sistema gerarchico, dell’autorità cattolica?
Hanno dato a Fiorii quel che é di Fiorii, le sue chiavi: ma non sono le chiavi del Regno, sono solo
quelle della canonica - Il conflitto non potrà essere risolto se non con una vera cotiversione teologica; poiché non é in questione Tautoritarismo di un uomo ma il modo stesso di concepire l'autorità
Il braccio di ferro tra il cardinale arcivescovo di Firenze Ermenegildo Fiorii e don Enzo Mazzi,
ex-parroco dell'Isolotto, si è concluso, almeno per ora, la sera del
23 gennaio scorso con una insolita cerimonia pubblica alla presenza di duemila persone che gremivano la chiesa del quartiere; al
termine di un'assemblea durata
alcune ore, don Mazzi ha consegnato le chiavi della parrocchia al
delegato della curia fiorentina don
Casini. Florit avrebbe dunque vinto? Sul piano amministrativo, sì;
sul piano spirituale, decisamente
no.
Don Mazzi ha ubbidito all’intimazione dell’arcivescovo di riconsegnargli le chiavi, ma non si è
arreso. Spiritualmente non ha ceduto neppure di un millimetro. La
sua non è stata in alcun modo una
capitolazione. Basta, per sincerarsene, leggere la conclusione del discorso da lui pronunciato, dopo
aver riconsegnato le chiavi; « Ora,
per volontà di Di'ò; ’2' nOn nostra,
siamo diventati davvero poveri,
come avevamo chiesto. Avete levato a noi i fedeli e a loro i sacerdoti; ci avete tolto la Messa; ci
avete negato i sentimenti e l’immagine di Cristo che per 14 anni ci
eravamo fatta; ci avete levato anche la reputazione convocando alcuni in giudizio come ’’istigatori a
delinquere”; ora ci levate anche
queste mura perchè questo, diciamo la verità, è uno sfratto. Si realizza quello che con la nostra preghiera avevamo chiesto a Cristo...
Ci sono stati anche nel Vangelo
discepoli che avevano paura, e ora
si ha paura. E’ una paura ingiustificata che dura da secoli e che ha
fruttato persecuzioni nella Chiesa.
10 vi dico: convertitevi da questa
paura ».
Come si vede, don Mazzi non è
andato a Canossa. Nelle sue parole, nessun sintomo di cedimento
spirituale, nessuna ombra di ritrattazione. Fino all’ultimo, egli
ha resistito in faccia all’arcivescovo. Il suo atteggiamento non è stato quello del penitente che recita
11 miserere; al contrario ha rivolto alle autorità della sua Chiesa
un appello al ravvedimento; « Io
vi dico: convertitevi... » Se c’è
qualcuno che in tutta questa vicenda deve ravvedersi, non è in primo
luogo don Mazzi.
E’ dunque chiaro che don Ma.zzi
ha consegnato solo le chiavi a
Florit; non gli ha consegnato l anima. Ha dato a Florit quel che è di
Florit; un mazzo di chiavi; ma non
gli ha dato altro, soprattutto non
gli ha dato ragione. Se le prenda
pure, Florit, le sue chiavi: tanto,
non sono le chiavi del Regno, son
solo le chiavi di una canonica.
•k -k -k
Va da sè che la nostra simpatia,
nel senso più profondo del termine (patire insieme), e la nostra solidarietà — per quel poco che possono valere o contare — sono tutte, incondizionatamente, dalla parte di don Mazzi.
Ma che cosa significa e che cosa
implica, concretamentemente, dichiararsi solidali con don Mazzi?
Che cosa vuol dire sostenere un
sacerdote cattolico contro il suo
vescovo? Che cosa è in giuoco nel
conflitto tra don Mazzi e il card.
Florit? Molti ritengono che sia in
giuoco solo un certo autoritarismo
di vecchio stampo, che è ancora
appannaggio di alcuni incalliti e
incorreggibili conservatori, ma che
è in via di liquidazione anche nell’ambito della Chiesa romana. Secondo noi, invece, non è l’autoritarismo di Florit che è in giuoco
ma, tutta intera, la sua autorità di
vescovo. Certamente, c’è anche
stata, da parte del cardinale, una
buona dose di autoritarismo; in
tutta la vicenda egli si è comportato più come un « principe » della
Chiesa che come un « padre »; la
gente dell’Isolotto lo ha invitato
varie volte (« Venga, sia padre... »
gli ha detto) e il cardinale avrebbe
potuto almeno una volta scomodarsi e andare a discutere con
quelli che ancora si considerano
suoi « figli ». Ma detto questo, resta il fatto che Florit, se è criticabile sul piano umano, è irreprensibile sul piano dottrinale, da un
pùnto di vista cattolico. Bisogna
riconoscere che sul piano della dottrina cattolica, COI com’è stata sancita dal Concilio Vaticano II, Fiorii ha ragione, e don Mazzi torto.
Rincresce doverlo ammettere, ma
non se ne può fare a meno; non
solo legalmente ma dottrinalmente il card. Florit è in regola. L’indole dell’uomo può essere autoritaria e gli si può chiedere di essere più fraterno (o « paterno »); ma
l’autorità di vescovo, con la quale
egli ha agito nei confronti dell’Isolotto e di don Mazzi, non se l’è inventata o attribuita lui, glie l’ha
conferita tutta quanta il tanto osannato Concilio. Non è dunque
tanto con l’uomo Florit che bisogna prendersela, quanto con la
dottrina conciliare della Chiesa.
E qui giungiamo al punto cruciale della questione; la resisten
za di don Mazzi al suo vescovo, dal
punto di vista della dottrina conciliare, non è am messa né ammissibile. Ma appunto; resistendo al
suo vescovo, rifiutando di ritrattarsi, don Mazzi ha messo in questione la dotti ina conciliare dei
rapporti tra il vescovo e i suoi sacerdoti e quindi, che lo si voglia o
no, ha posto la seme alla radice del
sistema gerarchico cattolico, scalzandone il princi pio fondamentale.
Il contrasto che da molti mesi
ormai oppone !.a »comunità dell’Isolotto alla cui ia’fiorentina non
deve dunque essere inteso come
un conflitto tra persone; da un lato un vescovo autoritario e dall’altro un sacerdote, insubordinato.
Piuttosto il coniiifto è tra l’autorità di un vescovo che si richiama
al Concilio e l’autorità di una parrocchia che si richiama al Vangelo
(autorità — que.«ta — che il Concilio non aveva previsto né, tanto
meno, ammesso). Si tratta, in realtà, di un conflittoJra ecclesiologie,
cioè tra diverse dottrine ¿fella Chiesa: l’ecclesiologia dell'Isolotto
ruota intorno all'idea comunitaria;
l’ecclesiologia di Florit (che non
tradisce ma riproduce quella del
Concilio) subordina il rapporto
comunitario a quello gerarchico o,
comunque, non prevede il primo
senza il secondo. Secondo l’Isolotto, la « paternità » del vescovo dovrebbe essere tale da dissolvere
il momento gerarchico; secondo
Florit (e il Concilio), la « paternità » del vescovo non sopprime il
momento gerarchico, anzi lo
fonda.
•k -k k
Concludendo; don Enzo Mazzi,
rimosso d’autorità, contro il volere pressoché unanime dei fedeli,
dall’ufficio di parroco dell’Isolotto e poi sfrattato dal cardinale arcivescovo, non è vittima di una
congiura curiale; è vittima del sistema gerarchico romano, che il
Concilio non ha incrinato ma
chiaramente ribadito, pur collocandolo nel nuovo contesto del
« popolo di Dio ». Don Mazzi, in
fondo, ha chiesto alle autorità
della sua Chiesa quel che esse non
possono dargli; la gloriosa libertà
dei figli di Dio. Non possono dargliela non per durezza di cuore,
ma per coerenza teologica.
Esiste una via d’uscita? Noi non
ne vediamo alcuna, finche non
cambia dottrina, finché la teologia cattolica dell’episcopato resta
quella che è secondo il Concilio,
finché la struttura gerarchica della Chiesa cattolica non viene
smantellata.
Se però questa profonda revisione di dottrina, questa vera e
propria conversione teologica e il
conseguente mutamento di strutture non dovessero aver luogo,
malgrado tutti gli sforzi e le argomentazioni, le suppliche e le pressioni che stanno awenendÒ e ancora avverranno nell’ambito del
cattolicesimo stesso, allora potrebbe accadere che diversi cattolici giungano a pronunciare, pubblicamente o segretamente, e in
contesti storici e spirituali totalmente mutati, lo stesso verdetto
pronunciato nel lontano 1520 da
Martin Lutero che, scrivendo a
papa Leone X per dedicargli un
suo volumetto intitolato — singolare coincidenza — « La Libertà
del cristiano », dichiarava; « £’ finita con la Sede Romana... essa
non vuole lasciarsi ammaestrare
né riformare... avverando così ciò
che è stato detto della sua vecchia
madre Babilonia: "Abbiam molto
curato Babilonia, e non si è risanata: abbandoniamola!” (Geremia
51, 9) ».
Paolo Ricca
I rapporti interconfessionali si pongono in termini nuovi?
Cattolicesimo o protostantesimo del disseoso
Il ’sabato calcio’ con il quale si
prevedeva che si concludesse, il 25
gennaio, la settimana degli evangelici romani impegnati prò o contro
una certa celebrazione dell’Ottava
di preghiera per l’unità dei cristiani (nel numero scorso abbiamo pubblicato un ampio servizio da Roma)
è stato in definitiva più pacifico del
previsto. Preso atto della forte opposizione di una parte consistente
degli evangelici della città — e, lo
speriamo, presa pure coscienza delle ragioni serie che li muovevano —
era stata annullata la seconda riunione cultuale comune, che doveva
tenersi nel tempio valdese di Piazza Cavour; e si è invece avuta, alla
stessa ora, una riunione di libera
discussione nell’aula magna della
Facoltà valdese di teologia, gremita
di intervenuti, all’incirca metà cattolici (di varie tendenze, molti sacerdoti e religiosi) e metà evangelici. Una serie nutrita di interventi,
esprimenti varie posizioni, ha reso
vivace, ma sempre pacato questo dibattito; sicuramente più fecondo e
chiarificatore di una riunione litur
gica o anche di una predicazione
che non poteva non essere condizionata a dire certe cose e tacerne certe altre.
Non è qui possibile riferire di
tutti gli interventi, ma può interessare ai lettori quanto è stato detto
da alcuni in merito al modo nuovo
in cui si pone oggi il confronto confessionale, in seguito al sorgere del
Cattolicesimo e del Protestantesimo
del dissenso. A un certo punto ha
preso la parola il prof. Vittorio Subilia: « Fino al Concilio Valicano II esisteva un solo Cattolicesimo;
il Cattolicesimo della Controriforma, chiuso in posizioni conservatrici e difensive. Col Concilio Vaticano II è apparso un secondo Cattolicesimo, il Cattolicesimo cosidetto
progressista, aperto, vivo, animato
dalla dinamica volontà di integrare
in sè tutte le altre posizioni cristiane, religiose, umanistiche. Considero questo secondo Cattolicesimo, il
Cattolicesimo più vero, più conforme alla sua essenza. Circa da un anno e mezzo a questa parte, però, è
apparso un terzo Cattolicesimo, il
Cattolicesimo del dissenso, di cui
sinora nessuno, nè al di dentro nè
al di fuori del Cattolicesimo, può
dire verso quali direzioni si orienterà e neppure se si tratta o si tratterà ancora di Cattolicesimo, in
quanto sembra mettere in forse l’anima profonda del Cattolicesimo,
cioè il concetto di autorità, il concetto di gerarchia come rappresentante vicaria, sul piano storico, dell’autorità di Cristo; e il concetto di
ubbidienza che direttamente ne consegue.
« Accanto a questo Cattolicesimo
del dissenso si va profilarulo un Protestantesimo del dissenso, sul quale
parimenti nessuno è, per ora, in
grado di pronunciare una valutazione. Se l’incontro avviene fra un Cattolicesimo integrista o integratore e
un Protestantesimo chiuso nella sua
ortodossia evangelica, non vi può
essere nessun progresso sul piano
ecumenico. Perchè, da parte della
Chiesa cattolica, non si potrà dire
altro che questo: tu. Chiesa prote
(Continua in quarta pagina)
Deleghe
e Monopoli
In un confronto, un po’ sommario a
dire il vero, fra le chiese protestanti e la chiesa cattolica (al Campo
Invernale di Agape), è stato detto che,
mentre questa è la chiesa dei Monopoli, quelle sarebbero invece le chiese
delle Deleghe. E i contestatori, che
vorrebbero ogni istituzione democratica diretta, e non più per deleghe,
vorrebbero che anche la direzione delle chiese divenisse tale.
Sappiamo che certe contestazioni
della chiesa cattolica (tipica per es.
quella dell’Isolotto, a Firenze) somigliano molto da vicino alle contestazioni delle nostre chiese; in entrambi
i casi si chiede un «potere decisionale » da parte della base, un ben maggiore concorso (da parte di questa)
non solo alle attività direttive, in senso organizzativo ed amministrativo,
delle chiese stesse, ma anche alla vita
carismatica comunitaria. Ma la distinzione fra Monopoli e Deleghe, nel senso detto, non si trova consenzienti.
Noi preferiamo fare invece distinzione fra Monopoli e Monopoli.Perché appunto di Monopoli si tratta in entrambi i casi. Quelli della chiesa cattolica
sono monopKJli, per così dice, « sacra
tli TULLIO VIOLA
lizzati », cioè dichiarati « sacri » da un
ben noto processo storico di mistificazione, nel lento volgere dei secoli. Perciò la contestazione' della chiesa cattolica che riteniamo più seria e più consistente, è quella che affronta direttamente il problema teologico, come accade per es. in Olanda. Non è un caso
che la contestazione di Savonarola
(anch’essa a Firenze!) presto si estinse, mentre quella di Lutero e di Calvino si sviluppò ed ebbe per sé l’avvenire.
Non dittamo che qualcosa d’analogo, ovviamente con infedeltà teologiche meno gravi, meno clamorose, non
sia storicamente accaduto in certe
grandi chiese protestanti; nell’anglicana, per es. Ma non è questo che c’interessa qui; occupiamoci delle nostre
piccole chiese evangeliche italiane. Orbene anche in queste sono da deplorarsi, a nostro parere, dei monopoli,
non già « sacralizzati », ma « di costume ». Delle deleghe non si può fare a
meno. Le chiese dell’epoca apostolica
facevano largo uso, soprattutto per
questioni organizzative ed amministrative, per l’appunto di deleghe, come
risulta evidente a chiunque legga attentamente ed obbiettivamente il libro
degli Atti. Non ci sembra neppure concepibile un’organizzazione democratica, di qualunque tipo, che possa reggersi totalmente senza deleghe, o con
deleghe rinnovabili dalle assemblee
365 volte all’anno, e neanche 12 volte
all’anno. In questo senso, almeno in
questo senso, ci sembra che Rom. 13
abbia e mantenga un valore universare. Se è vero, come dice la nota iscrizione che campeggia nella Sala Sinodale della chiesa valdese, che un ORNINE è necessario, non vediamo come
questo potrebbe essere mantenuto
senza deleghe.
Ciò che si deve deplorare è invece la
trasformazione, soprattutto per corruzione di costumi, delle deleghe in monopoli : abuso certamente avvenuto, in
misura più o meno accentuata, in una
chiesa evangelica o in un’altra, negli
ultimi decenni. In fondo ciò è inerente
al peccato degli uomini in ogni tempo e in ogni luogo, perché sempre ed
ovunque gli uomini cercano il prestigio. « Che nel mondo che circonda le
nostre chiese evangeliche, decadendo
lentamente ma sicuramente la democrazia, si diffonda e si rafforzi sempre
più la tendenza a « monopolizzare »
delle situazioni acquisite, è perfettamente comprensibile; sarebbe anzi
strano che accadesse il contrario. Ma
che la stessa cosa, sia pure in misura
meno grave, accada (si direbbe per un
fenomeno di risonanza) nelle nostre
chiese, è cosa dolorosa e preoccupante ; essa dimostra sia mancanza di personalità, sia incomprensione od oblio
dell’insegnamento evangelico di servire il prossimo. Dimostra cioè, in entrambi gli aspetti, che le nostre chiese non sanno « camminare in novità
di vita» (Rom. 6; 4). Crediamo che,
proprio quando certe corruzioni di costume si accentuano nel mondo che
circonda le chiese, proprio quando il
disagio viene avvertito in funzione di
quelle corruzioni, alle chiese incomba
Tobbligo di dare l’esempio. Perciò riteniamo che per i credenti di questa generazione, che ha cominciato a pren(Continua in quarta pagina)
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pag. 2
N. 5 — 31 gennaio 1969
Ricordo di Aldo Capitini
Verso la fine dello scorso ottobre si spegneva il prof. Aldo Capitini, ordinario di
pedagogia all’Università di Perugia, anche
conosciuto come « il Gandhi italiano » e come « l’apostolo della non violenza ». La sua
morte è passata quasi inosservata : pochi
giornali se ne sono interessati, intenti come
erano, nella quasi totalità, a dare il massimo rilievo alle celebrazioni del cinquantenario della « vittoria » della prima guerra mondiale e a riportare le tante vuote e retoriche
parole dette o scritte in quell’occasione: da
quel che abbiamo letto in quel periodo, quasi nessuno, oratore o giornale che fosse, ha
considerato i 600 mila morti italiani non
come « eroi » ma come « vittime » innocenti
di una più immane carneficina.
Anche noi, sempre in lotta con la tiraimia
del tempo e dello spazio, non ne abbiamo
dato not'zia a suo tempo, ma lo facciamo
ora, con fraterna e solidale commozione.
Perseguitato dal fascismo per le sue idee,
Aldo Capitini scelse la povertà e dette lezioni private per sopravvivere. All’epoca della Resistenza, pur essendo in stretti rapporti
col movimento di Liberazione, rimase dissenziente — sia pure con angoscia — per
quanto riguardava la lotta armata.
Fu poi anche in polemica con la chiesa
cattolica, che mise all’indice il suo libro
« Religione aperta » col quale chiedeva appunto una religione più libera e meno dogmatica.
Fondatore del « Movimento nonviolento
per la pace » (egli voleva che le parole
« nonviolento », « nonviolenza » fossero scritte indivise per eliminarne il significato negativo ed invece evidenziarne l’interpretazione organica e positiva), fu direttore fino
alla morte del relativo periodico mensile « Azione nonviolenta » (Perugia, casella postale 201).
Il Movimento nonviolento per la pace è
aflìliato al • W.R.I. (Internazionale Resistenti alla guerra) ed è nato col seguente programma : « Il Movimento... è costituito da
pacifisti integrali, che rifiutano in ogni caso la guerra, la distruzione degli avversari,
l’impedimento del dialogo e della libertà di
informazione e di critica. Il Movimento sostiene il disarmo unilaterale — come primo passo verso quello generale — e lotta
per la trasformazione della società secondo
il metodo nonviolento ».
Per rieordare U pensiero e l’opera di Capitini, il quale si basava più sulla qualità
che sulla quantità degli aderenti al movimento della nonviolenza (ispirandosi anche
in questo a Gandhi) e che portava la sua
coerenza a rifiutare anche qualsiasi cibo fornito coll’uccisione di animali, riteniamo che
la miglior cosa sia quella di trascrivere per
i nostri lettori alcuni pensieri tratti da suoi
scritti, che vengono a loro volta riportati
sul numero di novembre-dicembre, — uscito in questi giorni — di « Azione nonviolenta » :
« E’ un errore credere che la nonviolenza sia pace, ordine, lavoro e
sonno tranquillo, matrimoni e figli
in grande abbondanza, nulla di spezzato nelle case, nessuna ammaccatura nel proprio corpo. La nonviolenza
non è l’antitesi letterale e simmetrica della ^erra; qui tutto infranto,
li) tutto intatto. La nonviolenza è
guerra anch’essa o, per dir meglio,
lotta, un lotta continua (rivoluzione
permanente nonviolenta!) contro le
situazioni circostanti, le leggi esistenti, le abitudini altrui e proprie, contro il proprio animo ed il subcosciente, contro i propri sogni, che sono
pieni, insieme, di paura e di violenza
disperata. La nonviolenza significa esser preparati a vedere il caos attorno, il disordine sociale, la prepotenza dei malvagi, significa prospettarsi
una situazione tormentosa. La nonviolenza fa bene a non promettere
nulla del mondo, tranne la croce.
Ma oltre l’equivoco della nonviolenza come pace, vorrei chiarire e dissipare un altro equivoco che è ancor
più insinuante e pericoloso. Nella lotta
politica e sociale, necessaria in una
società di ingiustizia e di privilegi, la
nonviolenza fa tirare un sospiro di
sollievo ai tiranni di ogni specie :
e questo sospiro di sollievo è per
noi oltremodo tormentoso. Se la
nonviolenza dovesse essere inter
MMiiiiiimiiiiimiiiiiiiiiiJ
Non incoscienza,
ma necessità
Un lettore, da Francoforte/M.;
I due articoli apparsi sul n. del 3
gennaio 1969. concernenti l’impresa
circumlunare dei tre astronauti americani, rivelano alcuni punti di vista
che, proprio come credente, sono spinto a contradire.
Molte parole su quanto un'impresa
simile viene a costare : e i tre mUiardi che giornalmente costa la guerra
nel Vietnam? e i mii'ardi che ogni
Stato spende annualmente per le sue
gloriose armate? La guerra, sia pure
inconsapevolmente, non viene menzionata. E qui si nota la piccolezza di
noi uomini di fronte all’iinmensità
dell'Universo: non potendolo comprendere, cerchiamo perfino di negare la ricerca dello stesso, citando a
nostra scusa la fame nel mondo e dimenticando che la fame e la miseria
sono conseguenze solo delle guerre e
della cupidigia umana.
Proprio e soltanto la ricerca scientifica darà, Dio volendo, possibilità
all’umanità di sopravvivere. La cosidetta « conquista » dello spazio comporta tante difficoltà tecniche che l’averle superate dà all uomo benefici in
moltissimii campi e qui non si può
proprio parlare di « incoscienza umana ». Non sono cosi ingenuo da credere che solo sentimenti nobili spingano americani e russi a una benevola rivalità nello spazio; purtroppo
anche in dio hanno la loro influenza
i militari e quelli che li sostengono.
Questo non esclude però U fine ultimo della ricerca : uguaglianza e Latellanza tra tutti i figli di Dio.
Meta utopica? Forse per un non
credente, ma quanti giovani oggigiorno, in tutto il mondo, tendono sia
pure su un piano sociale, alla stessa
meta?
Gino Conte scrive che la ricerca
scientifica « neppure in una prospettiva cristiana, anzi appunto in essa
non può essere imbitigliata e clericalizzata ». Non imbrigliata e clericalizzata, ma condotta in questa prospettiva e da essa ritrarne un sempre
più forte impulso.
Mai potrò dimenticare ciò che
nostro Pastore rispose a me bambino
che gli chiedevo quando avremmo
raggiunto la luna : « Dio non lo permetterà mai! » Siamo ancora a quel
punto? Non ci accorgiamo della continua evoluzione sia sociale che scientifica cui l’uomo è soggetto per volontà divina? Si, Satana sta in agguato cercando sempre di farci cadere
nella trappola tesa : ed ecco le guerre
e Chiese che si dicono cristiane che
invece di continuamente condannarle
tacciono o addirittura incoraggiano a
farle.
Nello stupore estatico che l’uomo
prova dinanzi alla grandezza dell'Universo bisogna ricercare l'elemento
unificatore delle diversità e rivalità
terrestri. Se non siamo capaci di provare questo stupore verremo molto
probabilmente altrettanto condannati
dalle future generazioni come oggi
noi condanniamo il processo a Gali
ci scrivono
leo. Invece di porre scelta « fra
la gara spaziale e quella contro la fame... » rinunciamo p. es. a costruire
vani templi o fare regali sempre più
costosi, e lasciamo che la pura ricerca scientifica, di cui i voli spaziali
fanno parte integrante, segua il suo
corso perchè essa pure è fatta soltanto per la gloria e P®^ volontà di Dio.
Valdo Abate
“Marco,,
e il libero amore
Una lettrice, da Regimi Margherita
(To):
Signor direttore,
mà chiedo : perchè ha pubblicato
l’articolo di « Marco » su la donna
adultera se non ne condivide l’interpretazione? Siccome voglio sperare
che tutti i suoi lettori che conoscono
il racconto biblico condivideranno la
sua interpretazione e non quella dii
« Marco », non pensa possa essere pericolosa, specie ai giovani, una simile presentazione? E’ già cosi dilagante il concetto di « libero amore », che
mi spiacerebbe fossimo proprio noi
credenti adulti ad instillare nei giovani pensieri sbagliati su questo problema. Mi scusi se ho osato rubarle
un po’ del suo tempo, ma penso che
non sarò la sola a protestare; e, certa della sua comprensione, le assicuro che per quanto mli concerne pregherò il Signore affinchè la sostenga
e la guidi nel suo non facile compito.
Fraternamente la saluto nel Signore.
Vittoria Montaldo
Letterati e narratori
evangelici cercansi
Un lettore, da Milano:
Signor direttore,
vivissimo interesse ha suscitato in
me il « racconto » dii Marco « E le pietre si fecero pesanti ».
E’ una pagina bellissima. Può darsi che l'interpretazione del noto passo evangelico, come Lei a ragione
rileva, sia tutt’altro che ortodossa;
d’altra parte però l'autore non ha la■sciato trasparire in alcun modo pretese teologiche. EgFi dalla Bibbia ha
semplicemente preso a prestito un
episodio e intorno ad esso (direi anche senza da esso troppo uscirne)
ha « narrato ». A questo proposito mi
lasci aggiungere : Perchè non concedere regolarmente un po’ di spazio a
scritti di carattere letterario? La risposta ohe l’Eco-Luce è giornale di tutt’altra natura, è facile; e andrebbe benissimo se fra le sue colonne non riuscisse a insinuarsi (sia pure in misura ignorata da altri fogli evangelici)
la politica. Una materia cioè che sicuramente — spero a parere non soltanto mio — rappresenta e « tocca l’umano ». nei suoi infiniti aspetti, assai
meno profondamente di quanto abbia
sempre saputo farlo la letteratura.
Saluti e buone cose
Ezio Pinardi
pretata, o comunque risolversi in
un’acquiescenza all’ingiustizia, a quella violenza di secoli cristallizzata in
potere e in privilegi ora decorati di
un’apparente legittimità, non ci sarebbe una più tentatrice sollecitazione a metterla in dubbio ed abbandonarla. La nonviolenza non è soltanto
rifiuto alla violenza attuale, ma è diffidenza contro il risultato ingiusto di
una violenza passata. Di quanto di
più di violenza è carico un regime, capitalistico o tirannico, tanto più il
nonviolento entra in stato di diffidenza verso di esso. Bisogna aver ben
chiaro che la nonviolenza non si colloca dalla parte dei conservatori e dei
carabinieri, ma proprio dalla parte dei
propagatori di una società migliore,
portando qui il suo metodo e la sua
realtà. Il nonviolento che si fa cortigiano è disgustoso: migliore è allora
il tirannicida. Due grandi nonviolenti
come Gesù Cristo e San Francesco si
collocarono dalla parte degli umiliati
e degli offesi. La nonviolenza è il punto della tensione più profonda del sovvertimento di una società inadeguata.
La nonviolenza è attivissima. Tra il
nonviolento inerte e il soldato che si
esercita faticosamente ed arrischia, la
possibilità di un valore morale è più
nel secondo che nel primo. Il nonviolento deve essere attivissimo sia per
conoscere le ragioni della violenza, per
individuare la violenza implicita che
si ammanta di legalità e smascherarla, sia per supplire all’efficacia dei mezzi violenti, col moltiplicarsi dei mezzi
nonviolenti, sia per vincere l’accusa
ed il pericolo intimo che la nonviolenza venga scelta perchè meno faticosa
e meno rischiosa; il nonviolento deve
portarsi alla punta di ogni azione, di
ogni causa giusta, appunto per curare
il proprio sentimento che potrebbe
stagnare e per farsi perdonare dalla
società la propria singolarità, (da «Il
problema religioso attuale »).
« La nonviolenza è la più radicale
contestazione che oggi ci sia riguardo
al potere religioso e politico. Se l’apertura a tutti è preliminare e permanente, non ci sarà lavoro teologico,
enunciazione di verità, autorità di testi, che non si subordinino alla nonviolenza, cioè al religioso orizzonte di
tutti fatto concretamente presente nella della nonviolenza, non per preferenza verso una persona o un’altra,
ma per amore di tutti. Si può arrivare
perfino a sospendere, o mettere fra parentesi la parola dei capi religiosi che
inducano alla guerra (per la civiltà,
per la patria, per gli altari ed i focolari); si può arrivare anche a mettere
in disparte concezioni di Dio che lo
presentino datore di dolore irrimediabile; il nonviolento trarrà poi dalla
nonviolenza stessa, come amore per
l’infinito miglioramento di ogni essere, una più adeguata concezione della
«parola» e di «Dio». (Dall’ultimo articolo scritto su « Azione nonviolenta »,
dal titolo « Nonvlolenza concreta » ).
Appare chiaro che il pensiero di Capitini
è sostanzialmente « laico » in quanto egli
antepone a qualunque altro concetto quello
della solidarietà umana, dell’amore verso il
prossimo, che faranno forse ritrovare Dio.
Ma è appunto su questi concetti che si può
e si deve inserire l’azione di noi credenti,
che ai suddetti concetti dobbiamo giungere
attraverso alla legge di Dio trasmessaci dal
Suo Figliuolo Gesù.
E’ assolutamente necessario e urgente, per
la stessa salvezza del mondo, che uomini di
buona volontà, di cui appunto Aldo Capitini fu un valido esempio, si adoprino sempre più e meglio per il disarmo, per la pacificazione, per la lotta contro le ingiustizie,
per la fratellanza fra gli uomini, per la venuta del Regno.
Pierre
AI CONSIGLI DI CHIESA
DEL II DISTRETTO
Per il \1 Febbraio
La Commissione del II Distretto, riunita a
S. Germano Chisone, ha preso in esame i
vari problemi relativi alla vita del nostro Distretto. Il significato delle imminenti celebrazioni del 17 febbraio, nel nuovo contesto storico, ci è parso di particolare importanza e
riteniamo che questa celebrazione del passato
dia alle nostre comunità l'occasione di un impegno rinnovato per i suoi urgenti compiti attuali di testimonianza e di servizio.
In modo particolare raccomandiamo che
venga posta di fronte alla coscienza dei fratelli Toccasione dì manifestare in modo concreto la propria solidarietà con un’offerta particolarmente generosa a favore delle opere delia Chiesa.
La Commissione del II Distretto
Fra le varie questioni esaminate dalla Commissione distrettuale, ha avuto particolare rilievo la preparazione dei predicatori laici e un
coordinamento della loro attività. Si tenterà di
avviare un rapporto per corrispondenza per
affiancare una attività locale che è necessario
si intensifichi, anche nella ricerca di gruppi
dì giovani i quali siano interessati a questo
aspetto della vita cristiana e pronti a lavorare
per prepararcisi, nel contesto storico, culturale e sociale odierno. Occorre che si moltiplichino i gruppi di studio e di lavoro che sono
apparsi qua e là per l'Italia. Ovviamente questo lavoro di formazione biblico-teologica potrebbe in larga misura servire per lo stuolo
anche più numeroso dei monitori e delle monitrici delle Scuole Domenicali, per i responsabili "laici” di corsi di catechismo.
Parabole del Regno
Il seminatore usci a seminare
(Marco 4: 1-20)
^ venuta del suo Regno l’annunzio della Parola
di pio è indispensabile. La parola non dice soltanto che «il seminatore
USCI a seminare », ma precisa che « il seminatore semina la Parola ».
semina è dunque necessaria, tuttavia non avviene senza ostacoli
e difficoltà. I terreni su cui la buona semenza è sparsa sono di diversa
natura ; lo erano al tempo di Gesù e sono tali ancora oggi.
Cè innanzi tutto la strada o, forse meglio, il viottolo che attraversa
il campo e che il contadino intende arare, secondo l’antica usanza palestinese. La strada è fatta per camminare, non per ricevere la semenza;
ci sono delle strade polverose, dure o asfaltate, dove la semenza non rimane a lungo. Una vita umana simile ad una strada di città, movimentata dal traffico ed esposta a mille pensieri, difficilmente può ricevere la
divina semenza. Non si ha neppure il tempo di riflettere, che già «gli
uccelli vengono » e portano via quel che è stato seminato. Gli « uccelli »
volano sui sentieri della campagna e sulle strade delle città; ma volano
anche con insistenza attorno alle chiese ed ai luoghi sacri per « portar
via la Parola » della vita.
Poi c’è il terreno roccioso che non ha molta terra e dove il seme non
affonda le sue radici : immagine di tante vite umane superficiali, pronte
a ricevere la Parola « con allegrezza », ma incapaci di perseverare in
essa. Il segreto di una vita cristiana è la perseveranza nella parola di
Gesù Cristo; i facili entusiasmi sono di corta durata e poi svaniscono
« quando venga tribolazione o persecuzione a cagion deUa Parola ». La
fede in Dio non ci mette al riparo da lotte e sofferenze; si soffre anche
come cristiani nel mondo e, se la Parola di Dio è rimasta alla superficie,
il cammino del credente incontrerà ostacoli e delusioni. La semenza caduta in un luogo roccioso spunta presto, ma è anche presto riarsa dal
sole. Colui che riceve la Parola con allegrezza e « non ha in sé radice »,
invece di resistere nel giorno malvaglio, sarà subito «scandalizzato».
In terzo luogo, ci sono i terreni spinosi, dove le spine ed i rovi crescono più presto del grano e ne impediscono lo sviluppo. Il terreno non
è né duro né superficiale; potrebbe anche dare un buon raccolto, se
fosse tenuto d’occhio da un attento agricoltore. Ma i cristiani non sono
sempre attenti e vigilanti; molte volte la loro fede vien meno non per
mancanza di conoscenza, ma per incuria e indifferenza. Che cos’è che
ostacola lo sviluppo di una vita cristiana in noi? Perché la Parola di
Dio, anche se ascoltata con una certa frequenza, non riesce a rinnovare
i nostri pensieri e le nostre azioni? « QueUi che ricevono la semenza fra
le spine », dice l’Evangelo, « sono coloro che hanno udito la Parola ; poi
le cure mondane, l’inganno delle ricchezze e le cupidigie delle altre cose,
penetrati in loro, affogano la Parola, e così riesce infrqttuosa ». È proprio cosi, per noi e per le nostre comunità. Diamo un nome a quelle
« altre cose » : una casa confortevole, l’ambizione di una carriera, la
priorità del guadagno, l’amor del mondo, le esigenze della società, la
paura di dover fare qualche sacrifizio, e ci renderemo conto che le « cure
mondane » sono non soltanto una realtà, ma un vero e proprio pericolo
per la nostra fede.
Infine, c’è anche la buona terra. L’Evangelo non parla di un terreno
facile e generoso, ma di una terra in cui la semenza produce frutto in
misura diversa persino sovrabbondante. Senza entrare nei dettagli, la
spiegazione della parabola sottolinea l’esigenza di « udire » la Parola é di
« accoglierla »._ Luca si esprime così : « la buona terra sono coloro i quali,
dopo aver udito la Parola, la ritengono in un cuore onesto e buono e
portan frutto con perseveranza ».
* * *
Rallegriamoci dunque perché « il seminatore uscì a seminare ». L’annunzio del Regno di Dio è prima di tutto una semina, non una rivoluzione violenta. Per avere un raccolto, occorre seminare e attendere che
la Parola di Dio compia l’opera sua in noi e attorno a noi.
E rallegriamoci anche perché Dio è più generoso di noi. Per mezzo di
Gesù Cristo, Dio semina la sua semenza in vari luoghi, anche in quei
terreni dove noi, cristiani, non saremmo disposti a seminare, per mancanza di fiducia o a causa delle nostre discriminazioni. Grazie a quella
semina, « ne verranno d’oriente e d’occidente, e da settentrione e da
mezzogiorno e si porranno a mensa nel regno di Dio ».
Infine, c’è anche la buona terra. L’Evangelo non parla di un terreno
sura la Parola di Dio opera in noi. Il confronto con l’Evangelo ci unisce
tutti in una stessa responsabilità: pastori e membri di chiesa, teologi ed
umili credenti, conservatori e progressisti. La semenza caduta in buona
terra porta frutto; non si tratta di un frutto qualsiasi, ma di quel frutto
che la Parola di Dio produce quando è udita, intesa, accolta e ritenuta.
Guardiamoci dalla superficialità e dalla retorica cristiana. La parabola
ci annunzia che Dio continua a seminare. La sua Parola è una parola di
giudizio e di grazia.
Se così è, non abbiamo tempo da perdere : « Oggi, se udite la sua
voce, non indurate i vostri cuori ».
Ermanno Rostan
iiiiiimmiiimmiiiiiiiR’ii
m DIBATTITO A TORIKO
Per la revisione del Concordato
In occasione dell’anniversario dei
Patti Lateranensi, il gruppo radicale
di Torino organizza una tavola rotonda su Stato confessionale e libertà di
coscienza; relatori; il dott. Fubini
della comunità israelitica, il pastore
valdese G. Conte, l’avv. Melimi del
Partito Radicale; moderatore, il giudice Mario Berutti. Si spera che nella
discussione generale si abbiano interventi cattolici, del dissenso o meno.
La tavola rotonda si terrà nella sede,
della Camera del Lavoro, lunedì 10
febbraio, alle ore 21. Cordiale invito
a tutti.
Ricordiamo in proposito che l’As
E' uscito il volume II del
Nuovo Testamento
annotato:
Vangelo di Giovanni
Atti degli Apostoli
a cura di Giovanni Miegge, Giorgio
Tourn. Aldo Comba, Paolo Marauda,
Otto Ranch c Teofilo Pons.
8” grande, pp. Vili+ 232 - so
vraccop. a colori; in brossura : Lire
1.900 - rileg. uso-pclle : L. 2.600.
L'unico commentario disponibile
in italiano di questi due fondamentali libri biblici. Indispensabile per
ogni evangelico!
EDITRICE CLAUDIANA
Via Principe Tomma.so, 1
1012.5 . TORINO
sociazione per la Libertà Religiosa in
Italia (ALRI) ha pubblicato, per i tipi
dell’editore Dall’Oglio, un volumetto
pieno d’interesse : Patti Lateranensi e
piceola antologia della legislazione ita
-liana (p. 102, L. 1.000), con introdu
zione di Mario Berutti e con note di
Luigi Rodelli. Nella prima parte ven
gono riprodotti e commentati i testi
dei Patti («in nome della SS.ma Tri
nità»), mentre nella seconda trovia
mo una piccola ma significativa anto
logia di « testi di legge, decreti, circo
lari emanati in esecuzione dei Patti
Lateranensi o, semplicemente, nello
spirito di quei Patti » ; ecco alcuni titoli: Il sabotaggio della scuola di stato
- La maestra atea non può esistere
L’assistenza italiana sotto bandiera
pontificia - Il vilipendio alla ’’religione dello stato” - Il matrimonio segreto - Nessuna libertà di coscienza per
i detenuti (e i militari) - Abolita l’imposta di manomorta - Il Vaticano e la
cedolare.
Il Concordato è una gabbia che non
va allargata e riverniciata, ma distrutta.
Al Centro “P. Andreetti
A] Cenlro evangelico « Pietro Amirectli »
(li San Fedele Tntclvi. in provincia di Corno, sabato 1 e domenica 2 febbraio prossimi si svolgerà un convegno su « Fede e testimonianza ». Il convegno, che fa seguito
a quello svoltosi il 14-1.S dicembre scorsi,
discuterà il libro di Hnrvey Cox » La città
.secolare ». La presentazione sarà fatta da
Antonio Di Picrro. Sempre a San Fedele Intelvi sì terrà dal 2.1 al 2.5 febbraio un convegno teologico dal tema: «Teologia c predicazione della rivoluzione, ieri c oggi Al
convegno interverranno il prof. Alberto Seggi n. della Facoltà valdese dj teologia, il pastore Paolo Ricca della chiesa valdese di
Torino e il prof. Ugo Gastaldi.
3
31 gennaio 1969 — N. 5
pag. 3
A Venezia e a Mestre cattolici ed evangelici riflettono insieme
UN DIBATTITO A PINEROLO
laieismo interroaa i cristiani l'emBnisH mpo uppsaia
Per ben due volte, la scorsa settimana, siano uno. Siamo certi che Gesù è in mez
Nel contesto della cslebrazione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani,
ha avuto luogo a Venezia e a Mestre una
tavola rotonda sul tema : « Uateismo interroga i cristiani ».
L’idea di organizzare una tavola rotonda
in sostituzione delle tradizionali conferenze
(una del pastore locale e una di un teologo
cattolico) è sorta nella discussione comune
tra il gruppo ecumenico cattolico e quello
valdese di Venezia. Ci è parso infatti che la
formula della conferenza ricalcasse una li"
nea di azione « dall’alto », mentre invece la
possibilità di udire contemporaneamente vari contributi e di fare seguiire ad essi un dibattito, pur nel limitato tempo a nostra disposizione. fossa più adeguata allo scopo che
ci prefiggiamo sempre di raggiungere in
queste manifestazioni: un chSarimento senza
compromessi.
Il tema stesso ha voluto evitare l’equivoco di una trincea in funzione protettiva e
difensiva contro la attuale contestazione. I
vari interlocutori infatti hanno svoluppato
l’argomento secondo la loro sensibilità ecclesiastica chiarendo, come è avvenuto esplicitamente nel corso del dibattito a Mestre, che
molti sono gli ostacoli ad una unione, nuraeroai i punii di disaccordo che ci separano, anche se di fatto, come credenti in Cristo, possiamo parlare insieme ed essere uniti
nel « coMo<]uio » tra, i cristiani e quanti cristiani non soiìo più o non vogliono più essere.
Moderatore c slato il Pastore G. Scuderl
il quale lia introdotto sia airAtenco Veneto
che al « lùiurcntianum » (a Mestre) la tavola rotonda precisando t’he TEcumenismo
non è un dialogo fra Chiese, ma. piuttosto
un colloquio Ira j cristiani che sii confrontano e si incontrano con jl mondo, nella ricerca de) colloquio con quanti della predicazione conlestanu forse il contenuto stesso,
indubbiam’nle il linguaggio. E‘ perolò che
il vero ccuiìicnisrno non è quello delle cattedrali e dei locali di culto, bensì quello
che a\vit*iie lìcj luoghi «non sacri», sulle
piazze, dove l uomo vìve la propria esistenza lonlano da Dio. nel concreto avvicendarsi
delle (liilicoltà q delle speranze.
Ha quindi preso la parola il Pastore Paolo
Ricca, venuto da Torino, il quale ha esposto il proprio pensiero sintetizzandolo in
chiari })unli. Egli ha fatto notare che innanzi tulio Tateismo moderno, in quanto fenomeno di massa, si differenza a radicalmente dall'ateismo del secolo scorso che si configurawì come fenomeno di élite. Ha quindi aggiisnlo in secondo luogo che oggi Tateisnio non è più sostenuto con argomentazioni d'i carattere razionale, ma sì è trasformato
in fatto costume, in esperienza tradizionale accettata come fatto quotidiano. E’ perciò», in terzo luogo, che le tesi deirateismo
non sono più sostenute con passione, ma
accettale e registrate con calma. Alla foga
appassionala <li un Nietzsche che nega Dio
per aiferìiiare il suo Dioni.so. il superuomo,
alle sofìVrle iugomentazioni d¡ un Feuerbach
che si oppone a Dio per affermare l’uomo,
•o di un Ivan Karamazov (in Dostojewski)
che rifuila Dio proprio perchè non può accettare la n-allà delle ingiustìzie esistrnli nel
mondo, si s))sliluìsce la spassionala constatazione che la vita può fare a meno di Dio,
anzi pare possa dirsi con Sartre « anche se
Dio cs!sli'-se. non cambierebbe nulla ».
ProscgiH'iulo nella sua indagine d Past.
Ricca constalava 'inoltre che Tateismo appare
alla ribalta della storia quasi nello stesso
momento in cui appare il cristianesimo, anzi esso |>uò dirsi figlio, sia pure illegittimo
o prodigo, del cristianesimo. Il mondo pagano infatti è permeato di religiosità e non conosce rateismo (almeno se si eccettua quello
teorico e intellettuale del pensiero classico).
Inoltre l aleisino è in buona parte il riflesso
dell’aleisnu) dei cristiani, e, se sì tiene debito
conto che la critica marxistica al cristianesimo ha trovato un terreno fertile proprio
nel cristianesimo storico del suo tempo, potremmo dire al lìm'ite che l'ateismo è il
nostro specchio. A questo punto l’oratore ha
ben precisato chz è necessario fare una netta distinzione tra « religione » ed Evangelo,
tra ciò che è creazione dell’uomo religioso e
che diviene oppio dei popoli, e CTisto Parola
di Dio.
Cristo soltanto può trasformare la vita degli uomini e dei popoli, anzi la tesi secondo
cui ITunno. una volta liberato dai complessi
e dalle realtà della fede, sarebbe più libero
per es.sere se stesso e quindi per realizzare
Se stesso nello sviluppo e nel progresso, non
pare abbia sino ad ora avuto alcuna conferma in quanto Tuomo cosi detto Ubero dalla
alienazione dovuta al presunto fardello mi
tico della sua fede, non appare affatto un
uomo nuovo o diverso dall’uomo cristiano e
peccatore o ateo.
Il Past. Ricca ha quindi esposto alcune
osservazioni programmatiche. In primo luogo egli ha dichiarato che dinnanzi all’ateismo, fenomeno di massa, ma frutto paradossale del cristianesimo, la cosa da ev^itare
assolutamente è la tentazione di creare delle
dighe e delle trincee fittizie (e l’ecumenismo
potrebbe essere una di queste). L’ateo non è
un nemico da combattere, bensì il vero « fratello separato » da amare. Ciò comporta per
ogni chiesa la necessità di una vigile autocritica costante perchè venga eliminato ciò
che costituisce motivo di scandalo. In terzo
luogo bisogna che la nostra predicazione sia
chiara. All’ateo che sostiene che l’ultima
realtà è l’uomo, l’a ens realissimum », va annunziato senza possibilità di equivoci che
per noi credenti il «concreto », la realtà è invece Dio. Il compito del credente sarà quindi incontrare l’ateo senza vanificare la realtà
dell'uomo, nè sminuire la concretezza di Dio,
ma mantenendo le due realtà in un rapporto vitale perchè ¡entrambi sono veri, come in
Gesù di Nazareth è presente il vero uomo
ed il vero Dio. All’ateo va predicato quindi
sempre di nuovo Gesù di Nazareth, che è e
rimane il vero uomo tra gli uomini ed il
vero Dio con noi, risposta di Dio all’uomo
che lo interroga, ma anche domanda di Dio
alTuomo, sia esso ateo o credente.
La Chiesa greca ortodossa era rappresentata dairarchimandrka di Venezia, Malissianos Cherubim, il quale ha concentrato il
suo intervento su alcuni passi bìblici che ci
parlano della meraviglia di Cristo nel trovarsi dinnanzi alla fede di alcuni credenti
(es. il centurione di Capernaum), e del peccato deH’uomo come ribellione a Dio.
Il teologo cattolico. Don Germano Pattalo, ha esaminato il problema da una particolare inquadratura interna. Ponendosi all’interno della Chiesa egli si è chiesto; parlare
di ateismo, significa parlare di qualcosa di
esterno a me o di qualcosa che mi coinvolge? L’ateismo è infatti un giudizio sul credente, una contestazione del diritto e della
legittimità ad esserci di chi crede. La società odierna è esattamente l’opposto di quella
società cristiana del secolo scorso, la quale
copriva l’area civile, costringendo chi non
credeva a vivere al margine della ‘società
stessa e a dimostrare con argomentazioni il
proprio diritto ad esistere. Oggi chi crede
prova nella propria carne qualcosa che altri
hanno provato nella loro carne. Ma l’essere
in tale situazione, aggiungeva l’oratore, ci
libera da noi stessi e ci riporta a quella situazione che la Scrittura precisa quando afferma che il credente è colui che deve essere pronto a rendere ragione a ch'i lo interroga sulla sua fede. A questo punto il discorso del teologo cattolico si è interiorizzato
ed il problema è stato ripreso da un punto
di vista spirituale: attraverso un rapido esame della parabola del fariseo e del pubblicano, della parabola dei due figliuoli (l’uno che
dice « sì » al Padre c poi non agisce e l’altro apparentemente ribelle, ma poi ubbidiente), della parola di Gesù secondo cui
« non chi dice Signore Signore, entrerà nel
Regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del
Padre», ha concluso che «deve parlare di
ateìsmo non chi non crede, ma chi crede,
perchè ateo è colu, che crede nella misura
in cui non crede )•. I/ateismo del credente è
il peccato, in quano. il peccato è un «no»
a Dio.
La conclusione d’U’ìntervento del relatore cattolico è stata che la religione senza
fede è ateismo, m-i la fede non può espri
Per ben due volte, la scorsa settimana,
l’ampia sala della Biblioteca Civica di Pinerolo
si è riempita di cattolici e di valdesi convenuti per ascbltare due relazioni — l’una del
pastore Paolo Ricca, l’altra del prof. Cuminetti, teologo cattolico — su « L’ecumenismo
dopo Uppsaia ». Il primo, dopo aver dato una
rapida scorsa sull’evoluzione o involuzione del
movimento ecumenico negli ultimi decenni e
anni, ha abbozzato un bilancio, sia pure provvisòrio, della situazione attuale: i nostri lettori conoscono le sue idee, che ha espresso .ancora recentemente nel suo articolo : « Dove va
l’ecumenismo? », e sanno che la valutazione
è fortemente crìtica, anche se non priva di
speranza, come si conviene a chi confida nell’opera dello Spirito Santo. Paradossalmente,
molto più p<»itìva è stata la valutazione che
dello sviluppo del movimento ecumenico c dei
documenti di Uppsaia ha dato l’oratore cattolico; paradossalmente, ma forse non tanto, a
ben vedere, dato che l’orientamento prevalentemente (non esclusivamente) sociologico secondo il quale essi si muovono oggi raggiunge — per esplicito riconoscimento del Cuminetti - il filone vitale di teologlia naturale che
percorre il cattolicesimo, quello progressista,
cui evidentemente il Cumìnetti si riallaccia,
quanto quello conservatore.
Ed è stato singolare, quanto significativo,
che la contestazione ai documenti di Uppsaia
sìa venuta da parte protestante, sul piano teologico e da alcuni sul piano politico, mentre
la difesa ne era sostanzialmente assunta da
parte cattolica. Due serate vive, molti spunti
di riflessione.
iiiimmiiimiiiiiimimiiiiiiiiiiiiiimiii'iniiiiniiiiiiiiMi'
raersi che nella ri
Questa conclus:o' =
trovarci assolutanr
apparso anche (la!
le tre relazioni, si:,
neto (erano prescji '
al « Laurenlianuiii
tre 200 per.sone).
..ione.
evidentemente non può
e consenzienti, e ciò è
lihattito che ha seguito
: Venezia all’Ateneo Vecirca 450 persone), che
(a M.estre, presenti ol
Giovanni Scuderi
mmiilmiiiiiiiniiiiiiiiiniiiiiiinimiiiili
e Valdesi
la pace
« Ci siamo riuniti per pregare, con ì medesimi sentimenti di Gesù che neH’ultìma
cena prega il Padre affinchè i suoi discepoli
.......................
A Foggia; Cattolici
insieme per
iiiiiiimiiiimiiiKiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiKi
li iiniiiiiminiimriiimiiiNiiiimimiiiiimiMiiimiiimiiiiiiiiimiuiiiMiiiiimimiiiiiiiiiiimiiiimiiiimMii
DALLE NOSTIE COMUNITÀ
11 tempo con il suo ritmo incalzante passa
inesorabilmente e cosi eccoci ancora una volta alTìnizio di un nuovo anno che chiediamo
al Signore di volere benedire per ciascuno di
noi onde esso non sìa vissuto invano.
In questo principio dì 1969 vogliamo ancora una volta ricordare gli avvenimenti lieti
e tristi di cui è stata intessuta negli ultimi
mesi la vita della comunità sangerraanese.
Hanno risposto alla chiamata del Signore :
Carlo Beux (Gianassoni), la cui figura era
molto nota a S. Germano ed il cui ricordo non
scomparirà certamente dalla memoria dei suoi
concittadini che ne hanno apprezzato la
schiettezza e la genuinità. Emanuele Vinçon
(Savoia) ricordato dai sangermanesi specialmente per le sue doti di valente filodrammatico. Aldo Vinçon (Villa) anchegli tanto stimato fra noi sia per l’esempio di modestia e
di fede vera sia per lo spirito di servizio e di
amore con cui lavorò, fino a che le forze glielo
permisero, nell’ambito del Concistoro di cui
egli faceva parte da ormai diversi anni. Levi
Balmas (Garde) il cui funerale è stato presieduto dal pastore Pons di Pramollo, comunità
di cui faceva parte l’Estinto. Renzo Beux
tolto ai suoi genitori poche ore dopo aver
aperto gli occhi alla luce di questo mondo.
Susanna Pons e Stefano Reynaud, entrambi
ospiti della nostra Casa di Riposo.
Il Signore consoli i cuori di coloro che
sono neU’afflizione e dia alle famiglie nel
lutto la prezione certezza della Resurrezione.
Il segno del Battesimo è stato posto su Sandra Sappei e su Dario Comba; a questi bimbi
rivolgiamo ancora il nostro affettuoso augurio di tante celesti benedizioni.
Prima di riprendere la Scuola Domenicale
i monitori, guidati dal pastore Jalla hanno
studiato alcuni problemi inerenti l’insegnamento religioso nel corso di due giornate trascorse in un clima dì comunione fraterna
nell’accogliente casa del « Castagneto » di
Villar Pellice. E’ stata una nuova esperienza
ohe ha soddisfatto tutti i partecipanti al convegno, i quali hanno apprezzato lo studio introduttivo presentato dal giovane Andrea Ribet, studio che ha dato l’avvio ad una nutrita
e proficua discussione.
iKiiii tinnii iiimii'iMiii'i'iiMiiiiiiKiiitiiiMii II
h incontro pastorale a Pinerolo
Gli incontri tra i pastori del I Distretto avvenivano, sin qui, in forma
irregolare, circa una volta al mese;
per decisione unanime è stato deciso
di averli ora regolarmente il secondo
lunedi, del mese, a Pinerolo, estendendo l’invito anche ai colleghi di Torino.
L’incontro di gennaio, avvenuto lunedi. 13, è stato particolarmente intenso e speriamo fruttuoso. La mattinata è stata consacrata all’esame
dettagliato di un capitolo del recente
volume di G. Crespy: « Les ministères
de la Réforme et la réforme des ministères », opera che prospetta con
grande chiarezza e serietà l’attuale posizione del pastore nella vita della
Chiesa e la sua difficoltà di inserirsi in
un contesto nuovo, come sembra essere quello della comunità cristiana oggi.
Il pomeriggio, dopo un breve dibattito su questioni locali e organizzative,
si è avuto un incontro tra i presenti
e i professori dei nostri istituti di istruzione optanti per il trattamento pastorale, riguardo alla testimonianza e
al servizio che essi rendono nelle opere della Chiesa. Si trattava di un primo contatto che speriamo si rinnovi
più ampio e fruttuoso in seguito.
Ricordiamo che il prossimo incontro avrà luogo il 10 febbraio col seguente programma;
— ore 9: breve culto.
— ore 9,30-12: esame del cap. II del
summenzionato volume di G. Crespy sul tema: la predicazione oggi,
unitamente allo studio di S. Ceteroni inviato con l’ultima circolare
del Moderatore.
— ore 13,30-14,30; vita del Distretto e
problemi locali.
— ore 14,30-16; esame critico del volume « Incontro a Cristo » usato dalla comunità dell’Isolotto come testo
catechistico.
Tutte le attività ! uno ripreso il loro ritmo
normale; la signori) Tiirck ha sostituito nella direzione della G rale, il signor Giordano
a cui va ancora il istro ringraziamento per
l’opera svolta fra n i durante, quattro anni;
la nuova direttrice l-.i preparato con scrupolo
e zelo i coralisti pr le festività natalizie che
hanno avuto inizio il sabato 21 dicembre, serata in cui la corale di S. Germano ha preso
parte attiva al culto Speciale affettuato nel
Tempio di Villar Pellice. Grazie a quella Comunità per la fraterna accoglienza.
Nel corso di una assemblea di chiesa il
fratello Enzo Tron è stato eletto quale anziano del quartiere dei Chiabrandi, egli è stato insediato il 1° dicembre durante lo stesso
culto in cui sono stati presentati alla Comunità i monitori della Scuola Domenicale; ad
ognuno di questi fratelli un augurio di lavoro benedetto alla gloria del Signore.
La domenica precedente il Natale l’Unione
Femminile, alcuni alunni della Scuola Domenicale e i bimbi della scuola Materna hanno
affettuosamente circondato gli ospiti della Casa di Riposo offrendo loro un apprezzato trattenimento.
Il culto celebrato in una modesta casa del
Chiotasso in collaborazione con i giovani ha
lasciato un ottimo ricordo in chi vi ha partecipato e soprattutto negli unionisti, alcuni dei
quali hanno affermato con gioia : « Quello
è stato per noi il vero Natale! ».
Anche le altre celebrazioni si sono svolte
secondo il calendario previsto : breve culto di
preparazione ad Natale, nel Tempio, il lunedì 23 dicembre.
Culto con partecipazione della Corale e con
Santa Cena il 25. Culto di Santa Cena alla
Casa di Riposo e Festa dell’Albero di Natale il 26. Culto d; fine anno con partecipazione della Corale e con Santa Cena nella
Sala di Porte il 31 sera. Culto di Capodanno
con Santa Cena il 1° gennaio. La Comunità
tutta ha già avuto modo di apprezzare l’opera
che sta svolgendo in mezzo a noi il pastore
Bertinat assegnato dalla Tavola alla comunità di S. Germano dove egli si occupa anche della Casa di Riposo; gli rivolgiamo ancora un fraterno saluto con la speranza che
la sua famiglia lo possa raggiungere fra non
molto.
Purtroppo proprio la vigilia di Natale, il
pastore Jalla ha subito un infortunio che lo
ha obbligato alla degenza in ospedale e che
per molto tempo ancora gli impedirà di svolgere la sua attività : la Comunità si stringe
con affetto intorno al suo Pastore augurandogli di cuore che la sua completa guarigione
possa avvenire il più presto possibile.
Vogliamo anche salutare da queste colonne la signora Delia Lincesso che da ormai
alcuni mesi dirige la Casa di Ripo.so avendo
sostituito Suor Velia Roseo a cui inviamo
ancora il nostro riconoscente pensiero ed apprezzamento per l’opera svolta a favore dell’A.silo.
I giovani dell’Unione hanno dato l'avvio ad
una nuova iniziativa, quella cioè di studiare
insieme con i membri di Chiesa meno giovani i problemi della predicazione e della
funzione attuale del pastore; gli argomenti
introdotti con serietà dai giovani Diego Sappei
c Andrea Ribet, sebbene siano stati seguiti da
un numero esìguo di persone, hanno suscitato vivo interesse ed offerto lo spunto per
una discussione fraterna ed aperta.
Speriamo che riunioni di questo genere
abbiano a ripetersi al più presto.
Anche la conferenza su Barlh tenuta dal
pastore Jalla è stata l’argomento per una discussione molto viva e proficua : è veramente
peccato che a quella riunione fossero presenti
■solo cinque persone!!! G. G.
siano uno. Siamo certi che Gesù è in mezzo a noi, secondo la sua promessa: se due o
tre sono uniti in nome mio, io sono in mezzo a loro. Così ci assicura ancora l’antica
antìfona : ’Dov’è carità e amore qui c’è
Dio’ ». Sono state queste le prime battute
dell’incontro di preghiera fra cattolici e evangelici valdesi che il 24 sera nella parrocchia di S. Giovanni Battista si sono riuniti
per invocare, insieme, da Dio il dono dell’unità per tutte le chiese cristiane.
E’ stato un incontro storico per la diocesi
di Foggia. Hanno preso parte alTincontro il
parroco della Basilica di S. Giovanni, mons.
Antonio RosieUo e il pastore della comunità
evangelica valdese di Orsara di Puglia dott.
Teodoro Magri. Il dott. Magri ha tenuto «na
meditazione prendendo spunto da un capitolo della lettera di S. Paolo ai Corinzi. Il
dott. Carlo ForceUa, dei laureati di A. C.,
ha poi illustrato la preghièra di Gesù per
la santificazione e per l’unità di tutti ¡ cristiani. E’ stata recitata dagl! evangelici la
preghiera « spontanea » per l’unione delle
chiese, e dai cattolici — un gruppo di universitari della Fuci — la preghiera per la
pace. Quindi la lettura dell’accorato messaggio della quarta assemblea di Uppsaia del
Consiglio mondiale delle chiese, in cui si
invitano i cristiani di tutte le chiese a impegnarsi a fondo per la costruzione di un
mondo migliore nella giustizia, nella verità
e nella pace. La recita del Pater Noster da
parte di tutti i presenti, l’abbraccdo di pace,
i vari canti eseguiti insieme, le benedizioni
invocate da Dio per tutti i cristiani e per
tutte le chiese dal sacerdote e dal pastore
che hanno diretto rincontro, sono stati 1
punti più commoventi e impegnativi dell’incontro liturgico. L. C.
VILLAR PELLICE
Lunedì 27 gennaio abbiamo accompagnato al campo dell’ultimo riposo terreno la
spoglia mortale di Caterina Coisson ved. nata Rivoire, del Centro-Sabbione. Questa nostra sorella era la decana della nostra Comunità ed era entrata da alcuni giorni nel
suo 98° anno di età. Nessuno avrebbe pensato che essa fosse tanto in avanti negli anni. Infatti, per quanto così attempata, essa
aveva conservato una ammirevole vigoria ed
era nel pieno possesso di tutte le sue facoltà.
Si interessava ancora un po’ a tutto e solamente pochi mesi addietro era ancora possibile vederla ogni tanto al culto. In occasione del suo ultimo compleanno, avvenuto al
principio di gennaio, essa aveva accolto, col
suo viso sorridente e buono — in cui si rifletteva una grande serenità — oltre ai suoi
parenti ed a diversi amici, anche un gruppo di sorelle di Chiesa andate a portarle gli
auguri dell’Unione Femminile, intrattenendosi con loro in una lunga ed affettuosa conversazione. Quanti l’hanno conosciuta ricorderanno la sua gentilezza, la sua bontà e
queUa sua grande serenità che le veniva dalla fede e da quella grande fiducia che essa
aveva messo nel suo Signore.
Ai familiari ed ai parenti tutti la Chiesa
esprime la sua sincera simpatia cristiana.
Sono giunte ad allietare il loro focolare
domestico : Germana, di Ettore e Mary Rosani (Centro); Barbara, di Luciano e Gabriella Bounous (Centro); Eliana, di Giovanni e Rina. Monne! (Centro).
Porgiamo loro il nostro cordiale saluto di
benvenuto e presentiamo ai loro genitori le
nostre felicitazioni più vive.
II nostro fraterno saluto di benvenuto va
pure alle seguenti due famiglie, che hanno
ultimamente stabilito la loro residenza nel
territorio della nostra Comunità: Sig. e
Sig.ra Enrico e Erika Gay, con il figlio Danilo Carlo; Sig. e Sig.ra Alberto e Elena
Charbonnier, con il figlio Marco. Provenienti rispettivamente da Torre Pellice e da Bobbio Pellice esse si sono stabilite : la prima
nel Quartiere del Teynaud e la seconda nel
quartiere della Piantàa.
Preghiere per l’unità
ad Alessandria e ad Asti
Nella circostanza della « Settimana Universale di preghiera per l’unità dei Cristiani »,
si sono tenute alcune riunioni in Alessandria
ed in Asti fra cattolici e metodisti. Oltre piccoli incontri di conversazione sul tema dell’unità, di particolare interesse sono stati gli
incontri di preghiera svoltisi la sera del 24
gennaio ad Alessandria nella Cappella Metodista con la partecipazione di un folto gruppo di giovani cattolici, e nel pomeriggio di
Domenica 26 nella Chiesa cattoUca di S. Secondo in A.sti. Tutti gli incontri avvenuti in
entrambe le città sono stati promossi ed organizzati in cooperazione fra gli evangelici metodisti e gruppi di giovani cattolici sinceramente desiderosi di raggiungere la vera unità
fondata sulla libertà e la verità di Gesù Cristo.
Nella riunione di preghiera di domenica 26
in Asti ha predicato il pastore Alfredo Scorsonelli con franche affermazioni di testimonianza evangelica. L'antica cd ampia Chiesa di
S. Secondo era gremita di oltre 400 persone
le quali hanno seguito con viva attenzione la
chiara predicazione del pastore Scorsonelli.
g
AVVISI ECONOMICI
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00133 Roma.
FAMIGLIA evangelica Stati Uniti cerca Signorina alla pari per 2 bambini. Rimborso
viaggio se permanenza un anno. Rivolgersi:
Libreria Claudiana - Via Principe Tommaso, 1 - Torino.
A tumulazione avvenuta, nella tomba della famiglia Paolo Melile in Torino, le famiglie Melile, Henking, Bertolacci, comunicano la scomparsa terrestre di
Matilde Melile
avvenuta in Torre Pellice, il 27 dicembre 1968, nella Casa Valdese delle Diaconesse.
Siano ringraziate le care Diaconesse ed il Dott. Enrico Gardiol per le
amorose cure prestate durante una
lunga e dolorosa malattia sopportata
con cristiana rassegnazione.
«Il Signore è il mio pastore,
nulla mi mancherà ».
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del Compianto
Cesare Fornerone
ringrazia sentitamente parenti, vicini
ed amici e tutte le gentili persone che
in qualsiasi modo hanno voluto tributare il loro affetto nella circostanza
della dipartita del suo Caro.
« Non più il sole sarà la tua luce
nel giorno e non più la luna illuminerà col suo chiarore, ma
l’Eterno sarà la tua luce perpetua» (Isaia 60: 19)
Prarostino, 18 gennaio 1969
RINGRAZIAMENTO
Il Signore ha richiamato a Sé il 25
gennaio 1969
Matilde Long
ved. Massel
di anni 78
I familiari ringraziano commossi tutti
coloro che hanno in qualsiasi modo
preso parte al loro dolore.
S. Germano Chisone, 29 gennaio 1969
RINGRAZIAMENTO
Le sorelle della compianta
Suor Sara Tourn
ringraziano tutti coloro che hanno
preso parte al loro grande dolore; in
modo particolare ringraziano il Dottor Varese, Suor Ernesta e tutto il
Personale dell’Ospedale Evangelico di
Torino.
Ringraziano pure il Past. Gay per
le buone parole di conforto.
Rorà, 25 gennaio 1969
4
pag.
N. 5 — 31 gennaio 1969
Contro la fame
degli altri
Pubblichiamo un nuovo elenco
delle offerte pervenuteci. I consensi a questa iniziativa si allargano
sempre di più e constatiamo che, oltre alle sottoscrizioni di singole persone, ci vengono inviate offerte,
frutto di collette o di iniziative di
gruppi, come si può rilevare sia dall’elenco in calce, e sia da elenchi
precedenti. Altre iniziative del genere ci vengono preannunciate e ci
auguriamo veramente di cuore che
tanti altri fratelli, sia come persone
singole che come gruppi o comunità vogliano unirsi a quelli di noi che
ritengono che la lotta contro la fame degli altri costituisca un preciso
impegno, nell’intento di contribuire a creare una società più responsabile, per la quale la solidarietà
personale assuma veramente un senso di sacrificio e di giustizia e non
solo un passeggero sentimento di
commozione.
Speravamo già poter dare su questo numero maggiori precisazioni
sull’opera sociale nel terzo mondo
da sostenere colla nostra sottoscrizione : a tale scopo siamo infatti in
contatto coll’Eper, l’ente assistenziale delle chiese protestanti svizzere, dal quale avremo quanto prima
delle proposte precise (e purtroppo
non ci sarà che l’imharazzo della
scelta).
I DOSSIERS DEL DISSENSO IWeoI« e DWOlllli
L’editore Gribaudi, l’enfant terrible deH’editoria cattolica nostrana, lancia la
nuova collana “Verifiche e confronti,,: quale ne sarà il criteriòna norma?
Da Torre PeUice-, M. e G. Prochet 10.000.
Da Mantova: U.M.E. 3.000.
Da Venezia: Dirce Ispodamia 2.500; Gino Ispodamia 2.500; fam. Zecchin 3.000;
fam. Viti 1.500; Arturo Bogo 1.000; Cesira
Bocus 500.
Da Torino: Evelina Taccia 1.000; coniugi
Finino 1.000; Lisette Rostan 1.000; Teresa
Gönnet 2.500; S.P.R. 10.000; colletta serata natalizia Lega Femminile 32.000.
Da Bari: colletta scuola dom. 20.000.
Da Sanremo: Marco Tullio Fiorio 10.000.
Da Forano Sabino: Bruno Costabol 5.000.
Da Roma: Teo Fasulo 5.000.
Da Campobasso: Pasquale Corbo 2.000.
Da Inv. Pinasca: William Genre 10.000.
Da Lusema S. Giovanni : Carlo Alberto
Balmas 5.000.
Da Napoli: Italia Onorato 2.500.
Da Lucca: Silvia Cornelio 10.000.
Totale: L. 150.000. Interessi anno 1968:
L. 1.005; in cassa: L. 1.080.596.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960_____________
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (T°)
L’Editore Gribaudi di Torino è un
po’ l’enfant terribile dell’editoria cattolica d’oggi. E’, più di ogni altro, l’editore del « cattolicesimo del dissenso »,
questo nuovo tipo di cattolicesimo che,
come rilevava recentemente il prof. Subilla della nostra Facoltà di teologia,
si distingue ormai nettamente dagli altri due, quello « conservatore » e quello «progressista», che già conoscevamo e che si sono affrontati al Concilio. Il cattolicesimo del dissenso (chiamiamolo così,, per ora, anche se si
tratta di una qualifica generica e ancor troppo negativa) costituisce oggettivamente, su più punti, un superamento di certe posizioni conciliari.
L’ultima iniziativa editoriale di Gribaudi si colloca appunto in questa IL
nea di superamento di certe posizioni
conciliari. Si tratta di una «collana di
documentazione sui problemi critici
del cristianesimo oggi», il cui titolo generale — Verifiche e Confronti — è
tutto un programma. A piè di pagina troviamo un versetto biblico, anch’esso assai significativo: «Non estinguete le spirito, non disprezzate
le profezie, ma esaminate tutto, e ritenete ciò che è buono» (I Tessalonicesi 5, 19-21). Esaminate tutto: ma
chi deve esaminare? Chi ne ha la
capacità e l’autorità? Fino a qualche
anno fa, nel cattolicesimo, era il
Sant’Uffizio che esaminava tutto e
pronunciava inappellabilmente le sue
sentenze. Poi venne il Concilio e mise
(relativamente) in ombra il Sant’Uffizio e in luce il collegio dei vescovi; è
quest’ultimo che, in unione col pontefice romano, può e deve esaminare tutto. Ma il Concilio mise anche in evidenza « il popolo di Dio » : anch’esso
è partecipe del « carisma delTinfallibilità» (un carisma — sia detto per inciso — che il Nuovo Testamento ignora), purché sia e resti in unione con
la gerarchia. Ora si sta andando oltre: il «popolo di Dio», inteso essenzialmente come comunità dei credenti, •
vuole esaminare ogni cosa e pronunciarsi in merito, anche senza la gerarchia o addirittura — come è accaduto
airisolotto e altrove — contro di essa.
« Non possiamo attendere — scrive perentoriamente il curatore del primo
volume della nuova collana, uscito nei
giorni scorsi — che i problemi d’importanza vitale... siano affrontati e
risolti solo dai vescovi o dai teologi.
La storia ci dice che il rinnovamento
della Chiesa è opera del popolo di Dio
obbediente alla voce dello Spirito che
lo pervade e lo stimola. E’ questa l’obbedienza fondamentale (la sottolineatura è nostra) che il cristiano deve accettare ad ogni costo» (p. 223). Ad
ogni costo: cioè anche a costo di disubbidire alla gerarchia.
« Esaminate tutto » diceva l’apostolo Paolo, quindi anche le encicliche
papali. Il primo volume della collana.
Cattolicesimo e protestantesimo del dissenso
(Segue dalla prima pagina)
Stante, ritorna a me, o integrati in
me, cioè cessa di essere protestante,
convertiti a me e diventa cattolica.
Da parte della Chiesa protestante
non si potrà dire altro che questo:
tu. Chiesa cattolica, abbandona tutte le sovrastrutture che ti sei costruita nel corso dei secoli, convertiti alVEvangelo che io predico, cioè cessa di essere cattolica e diventa protestante.
(( I fenomeni del Cattolicesimo
del dissenso e del Protestantesimo
del dissenso, devono essere considerati con la massima attenzione,
perchè possono esprimere un comune disagio pieno di promesse, cioè,
la sensazione che il cristianesimo
storico, in tutte le sue forme, sia rimasto al di qua dell’Evangelo e non
ne rappresenti la piena e fedele
esplicitazione. Possono quindi rappresentare la ricerca di una autenticità cristiana, di un cristianesimo
non convenzionale, ma vero e vivo,
animato dalla esigenza di procedere
con nuova libertà verso Cristo. Questo sforzo tuttavia può rivelarsi vano, vuoto di sostanza cristiaTui, se
non si è al chiaro sul criterio d,ella
ricerca. E’ il primo punto da discutere, al di fuori del quale è accademia discutere su altri punti. E’ possibile concordare questo criterio,
evitando le formule vaghe e astratte? Se simile possibilità fosse riconosciuta non concretabile, sarebbe
inutile e insensato mettersi in marcia senza bussola. Se la possibilitàfosse concretabile di comune accordo, si può mettersi in marcia ».
Fra le risposte a questo intervento segnaliamo quella dell architetto
Marco Rostan : « Porre il problema
in questi termini è intellettualistico,
teorico. Il problema non è la divi
sione fra cattolici e protestanti e
neppure fra credenti e non credenti: il problema è la divisione fra le
classi, fra quelli che hanno il potere decisionale e quelli che non lo
hanno. La fedeltà alVEvangelo nel
nostro tempo si può esprimere soltanto facendo una scelta: per i diseredati, per gli sfruttati, sul piano
quartierale, sulle questioni dell alloggio, dello stipendio, ecc. ».
Al che il prof. Subiiia rispondeva ; « Mi si permetta di reagire piuttosto vivacemente alle affermazioni
dell’Architetto Rostan, a cui vorrei
chiedere di riflettere se le premesse
delle posizioni da lui espresse non
siano debitrici di un pesante conformismo agli schemi di questo secolo.
Qualificare di intellettualistica e teorica la confessione della fede può
significare svuotare di senso e privare di realtà il suo contenuto e intanto diffamare i confessori della
fede nel corso dei secoli, dai confessori del I secolo per i quali confessare Kyrios Christos anziché Kyrios
Kaisar equivaleva ad offrontare il
martirio, sino ai confessori del XX
secolo per i quali confessare il I comandamento e la signoria di Cristo
ha significato finire davanti ai plotoni di esecuzione nazisti. Non si
trattava davvero di un confessare da
professori a tavolino. Naturalmente
oggi confessare Cristo come servo
significa, in tutte le sue conseguenze concrete, prender parte per i serid della nostra società, anziché per
i suoi dominatori, che detengono le
leve del potere politico ed economico. Ma questo prender parte può
essere solo la conseguenza del confessare. La confessione della fede
non può in nessun caso esser disgiunta dall’ubbidienza della fede e
-viceversa ».
curato da Vittorio Varaia, è dedicato
appunto all’enciclica Humanae vitae
(la tanto discussa enciclica anti-pillola) e consiste in un’ampia e intelligente raccolta di pronunciamenti personali o ufficiali di vescovi, teologi e scienziati (tutti cattolici) sull’enciclica par
pale che, nel loro insieme, formano un
imponente coro di proteste, riserve e
critiche a quanto Paolo VI ha detto
sul problema del controllo delle nar
scite (1).
« Esaminate tutto, e ritenete ciò che
è buono»: c’è qualcosa di buono da
ritenere, nell’enciclica Humanae vitae? Parrebbe di no. Il giudizio del curatore è comunque reciso: malgrado
le migliori intenzioni, l’enciclica di
Paolo VI costituisce un « pessimo servizio per la Parola eternamente rinnovatrice del Cristo» (p. 221).
Ma oltre al giudizio, conviene registrare lo stato d’animo del curatore.
Studiando i testi raccolti nel volume,
V. Varaia ha fatto (e i lettori sono
invitati a fare anch’essi) « la scoperta
di una comunione d’insicùrezze» (p.*8),
non già intorno a Dio o al Vangelo,
ma intorno all’autenticità evangelica
dell’attuale magistero cattolico, sia per
la sua impostazione gerarchica sia per
la sua pretesa di riprodurre fedelmente la voce dello Spirito. La vera Chie
sa d’oggi non è tanto quella che si
presenta come madre e maestra quanto « la Chiesa che s’interroga nella ricerca e nella sofferenza» (p. 8).
Un'ultima osservazione: il titolo della collana (di cui uscirà presto il secondo volume dedicato alla « Contestazione nella Chiesa») è, come s’è
detto, «Verifiche e Confronti». Ci si
chiede : qual’è il criterio di questa verifica? Quale ne è la norma? Stando
alle osservazioni introduttive e conclusive del curatore del primo volume,
se ne possono indicare due: la prima
è senza dubbio il Vangelo, a cui si fanno numerosi ed espliciti richiami; la
seconda è lo Spirito, che è dato a tutta la Chiesa ma che è anche « all’opera
in tutta l’umanità per maturarla nel
senso del Regno » (p. 222). In che rapporto stiano il Vangelo e lo Spirito,
non è ancora ben chiaro: entrambi
sembrano punti di riferimento normativi ma ciascuno in relativa indipendenza dall’altro. Un problema, questo, da approfondire e chiarire.
Paolo Ricca
(1) Dossier sulVc Humarae Vitae », a cura di
Vittorio Varaia, Gribaudi, Torino 1969,
pp. 231, Lire 1.300 (lo si può ordinare alla
Claudiana).
Echi della settimana
OTA SIK
Ex vicepresidente del governo cecoslovacco, è considerato il « padre della riforma
economica » in.zlata nel 1967 dopo la caduta del governo tirannico di Novotny. Subito
dopo l’invasione sovietica dell’agosto 1968,
riparò in Svizzera. Ha fatto una fugace ricomparsa a. Praga nei giorni scorsi.
La competenza e l’importanza del personaggio sono tali che le sue opinioni sui pro"
blemi economici della società comunista fanno il giro del mondo. In Italia t^i opinioni
sono state riportate, per lo più, in modo
tendenziioso. Perciò sono interessanti le dichiarazioni da, lui fatte in un’intervista del
giornale svizzero Agefi, immediatamente prima della sua partenza per Praga.
« Io credo che tanto la società capitalistay
quanto Vattuale società comunista, andran-'
no incontro a grandi cambiamenti. In ogni
caso, questi due concetti molto astratti danno ben poche indicazioni, sul piano della
realtà concreta, circa v diversi sistemi economici attuali. Credo, in poche paróle,, che
tanto i paesi cosiddetti comunisti, quanto
quelli cosiddetti capitalisti, cominceranno
finalmente ad evolvere^ per vie e in forme
diverse, verso nuovi sistemi economici e perfino sociali, sistemi che, nelVavvenire^ si differenzieranno molto sensibilmente da quelli
attuali.
Sono convinto di questo semplice fatto:
che il concetto di proprietà privata, così cornee stato definito, e destinato a scomparire.
Ma Valternativa non sarà una proprietà statale centralizzata, fatto oggi tipico dei paesi
comunisti. Credo che, in tutti i paesi, presto o tardi finirà per imporsi una forma di
pianificazione ^’macro-economica'^ e che^ nelVeconomia imprenditoriale,, si affermeranno parallelamente due sistem : un sistema democratico moderno molto avanzato, e
un sistema di "dirigismo’’ altrettanto nuovo.
Vedo Vavven’re delVeconomia mondiale in
questa direzione generale (...) ».
Sui rapporti commerciali Est-Ovest, Ota
Sik ha detto:
f( Lo sviluppo di ques'i rapporti dipende
dalVampiezza delle riforme economiche che
saranno veramente realizzate nel nostro paese. Riforme coerenti coi nostri progetti, ■contribuirebbero a sviluppare i rapporti commerciali delle nostre imprese. Naturalmente
aumenterebbero anche gli scambi coi paesi
socialisti. Ma sono convinto, tenuto conto
dei bisogni privati accumulatisi nella popolazione e nelVindustria. che si avrebbe un
forte aumento degli scambi commerciali coi
paesi occidentali. E quel che io qui dico del
nostro paese, c naturalmente ed ugualmente
imlido per gli altri paesi d li’Europa orientale.
Nel caso in cui le riforme progettate non
dovessero essere attuate, oppure venissero attuate solo parzialmente, ed anche per tutto
il tempo di permanenza delle vecchie direttive amministrative (per la produzione e per
il commercio estero), non vi sarà alcun dinamismo, alcun interesse per le imprese.
Non vi sarà alcuna poisibilità. per le imprese, di cercare nuove e interessanti relazioni
commerciali. In caso di conservaz.one di sistemi economici manovrati da direz'oni ceniralizzattici, io non vedo naturalmente nesstina possibilità che gh scambi commerciali
Est-Ovest si sviluppino ».
NON SI POTRESBE
ESSERE PIU' PAZIENTI
E PIU' COMPRENSIVI
Questo giudizio ci sembra di poter
e.sprimere sul discorso che il prof. A. Kastler
deirUnliversità di Parigi, premio Nobel di
fisica, ha pronunciato airUniversità di Gerusalemme in occasione del titolo conferitogli di dottore « honoris causa ». Ecco le partì salienti del discorso.
« Quando, nel maggio 1967, le nuvole si
addensarono sul vostro capo, quando I odio
vi strinse d’ogni parte, quando voi vi sentiste mortalmente minacciati e respinti verso
il mare, allora unimmensa simpatia per voi,
nacque in Francia come altrove. E quando
poi, a quell’atto di guerra che fu la chiusura del S^lfo di Ahabu^ ed all inefficienza
a cura di Tullio Viola
delle potenze che avevano garantito la libera circolazione delle vostre navi, voi rispondeste con una reazione improvvisa di legittima difesa e scartaste il pericolo che vi minacciava, noi respirammo più liberamente.
Ma la gloria stessa della vostra vittoria e
la tensione permanente dello stato di belligeranza, vi obbliga a un confronto con problemi difficili. Voi siete ben lontani dalla
unanimità sulle vie da seguire: ma queste
opposizioni nel vostro seno, non sono esse
un segno di democrazia?
Voi vi siete guadagnata la stima del mondo intero col vostro valore e col vostro coraggio. Ma un pericolo vi minaccia: quello
di abbandonarvi al nazionalismo e al militarismo, quello di alimentare e sviluppare
in voi un sentimento di superiorità verso i
figli d’Ismaele.
Nessun popolo, più del popolo ebreo, ha
dovuto soffrire per colpa del reazìsmo e del
fanatismo naàonalista. E per noi altri^ non
ebrèi,^ sarebbe un’amara ironia detta sorte
il veder diventare proprio voi, a turno vostro, razzisti e nazionalisti fanatici. Ebbene,
per voi come per tutti, non è forse missione
della cultura universitaria quella di dar l’esempio, quella di superare i valori nazionalisti e di accogliere ciò che è universale?
Voi siete respinti su un lembo di terra bagnata dal Mediterraneo. Noi tutti, uomini
sulla terra.^ siamo respinti ai confini del nostro globo, ai confini dell’Apocalisse: e tuttavia conserviamo una speranza.
Voi avete dimostrato che gli uomini sono
capaci di trasformare un deserto in un giardino, che essi sanno, come già fece Mose,
far scaturire l’acqua dalla roccia. Là dove
non crescevano che cardi, voi avete fatto fiorire una università che irradia cultura nel
mondo intero. Voi ci avete fatto credere nel
miracolo umano. Possiamo noi ora sperare
in un altro miracola? Possiamo sperare che,
al di là degli odi insormontabili, voi riuscirete a stender la mano ai vostri nemici e a
dare cosi a tutti gU uomini un nuovo esempio di fratellanza?
Voi ci avete già dimostrato che voi operate in questa direzione e noi dichiariamo
la nostra fiducia ».
Ahimè! noi non ci sentiamo di essere tanto pazienti, tanto comprensivi, tanto fiduciosi, quanto l’illustre c nobile scienziato
francese I
(Da «Le Monde» del 28.1.1969)
Al LETTORI
La maggior parte dei nastri lettori
abituali ha ormai rinnovato il suo abbonamento e molte sono state le offerte, per le quali ringraziamo ; le pubblicheremo a poco a poco. C’è ancora
un certo numero di ritardatari : li preghiamo di affrettarsi, perché dopo il
15 febbraio saremo costretti a sospendere l’invio a quelli ebe non saranno
in regola con i versamenti. Grazie.
(Segue dalla prima pagina)
der coscienza di un complesso di problemi etici che le generazioni precedenti non avvertivano, il discorso sia
più che mai attuale.
Cerchiamo di essere più chiari e più
espliciti. Ogni qual volta un pastore si
permette di « manovrare » certi strumenti autoritari, magari valendosi di
« riconoscimenti » ( più o meno « meritati ») del mondo extra-ecclesiastico,
egli commette un abuso che può vera^
mente chiamarsi una « monopolizzazione del pulpito ». Ogni qual volta un
gruppo di dirigenti ecclesiastici inscena una « campagna elettorale », per
ottenere risultati più o meno artificiosi in certe votazioni, quel gruppo monopolizza, o tenta di monopolizzare il
Sinodo, o la Tavola, ecc. Ogni qual volta un gruppo di teologi o di sociologi
boicotta il tentativo di creare un nuovo centro di studi teologici o sociologici, presumendo o dando da intendere che solo nella sua sede quegli
studi si sappiano fare degnamente
e fruttuosamente, quel gruppo monopolizza, o tenta di monopolizzare il suo
proprio centro.
Gli esempi potrebbero moltiplicarsi,
a tutti i livelli. Nessuna posizione di
apparente privilegio dovrebbe mai esser considerata tale, anzi appunto sempre e soltanto una ’’delega”, da tenersi
col più grande scrupolo come un posto
di servizio (che è poi quasi sempre un
posto di rinuncia, di sacrificio), una
delega da restituirsi ai deleganti ed alle scadenze fissate, con la più grande
onestà e chiarezza. Crediamo anche
che ogni credente debba al fratello il
riconoscimento del servizio prestato.
Con questo non intendiamo affatto'
sostenere che ogni potere sia solo prestigio, nè — lo ripetiamo — la liceità
del disordine, nè tanto meno Incoraggiare gli assalti alla diligenza. Soltanto crediamo che il pericolo di queste
cose, che ci fanno orrore, verrà allontanato se e solo se le chiese faranno,
con l’aiuto di Dio, tutti gli sforzi possibili, anche se dolorosi, per liberarsi
dal vizio dì trasformar le deleghe in
monopoli. È il vizio tipico, la gran malattia della democrazia italiana oggi, e
noi abbiamo la tendenza ad esserne
compartecipi.
Pertanto un approfondimento del
problema richiederebbe un discorse
lungo e sfumato. Comprendiamo che
in certe situazioni storiche particolari, tipica quella di mezzo secolo fa all’apparire del pericolo fascista all’orizzonte, carità di chiesa e senso di responsabilità muovessero alcuni uomini, di forte personalità e di chiara intelligenza, ad accentuare le proprie« posizioni di potere» (se così, si possono chiamare). Ma dove passa il confine fra il senso del dovere e la carità,
da im lato, e l’ambizione dall’altro?
Oggi, come cinquant’anni fa? E’ moltodifficile, è forse temerario il rispondere. Diciamo soltanto che, a più di
vent’ahni’ dalla caduta del fascismo,
sarebbe gran tempo di correggerci da
certi difetti e di « camminare in novità di vita», cioè nel verso esattamente opposto a come cammina il
mondo.
Tullio Viola
RITARDO
Benché questo sia un numero a 4 pagine, il
settimanale esce con ritardo : i dipendenti della tipografia hanno fatto una giornata di sciopero, non avendo ancora avuto, al 28 gennaio,
che un acconto sullo stipendio del mese di dicembre; ed è una situazione che si è fatta
cronica da mesi, tanto che uno sciopero simile
è già stato praticato alcuni mesi or sono.
Se segnaliamo la cosa, non è solo per scusarci con i lettori per il ritardo, ma anche per
solidarizzare con i dipendenti della Subalpina,
tanto più in quanto la tipografia appartiene,
per oltre la metà delle azioni, alla Tavola Valdese. È dunque la Chiesa Valdese che, nei
confronti di questi lavoratori (che tra l’altro
non sono neppure tutti valdesi), ci fa \ina ben
magra figura, proprio mentre non pochi dei
suoi membri si impegnano, a parole o coi fatti, nella lotta per la giustizia sociale. La prima responsabilità della direzione di un’azienda (che è in fondo un’opera della chiesa) è
verso i suoi dipendenti. D’altra parte spiaee
notare che fra coloro i quali con i ritardi dei
loro pagamenti rendono più difficile la situazione amministrativa della Subalpina, vi è
Tamministrazione della Claudiana, alla quale
è afildata la gestione del nostro settimanale.
Speriamo che tulli i responsabili ci pensino e
che uno sciopero come questo non debba ripetersi. (( il salario delVoperaio al tuo servizio non ti resti in mano fino al mattino », dice
il Signore (Lev. 19: 13).
E APPENA USCITO il n, 3 de:
LA SCUOLA DOMENICALE
Problemi educativi e di insegnamento biblico
SOMMARIO
— La Bibbia e la Fiaba - R. Eynard
— Jl <( Catechismo » delVIsolotto - Th. Sogcin
— Il « vassoio di sabbia » - M. Giardini
— il « testo libero » - Fr. Calvetti
— Il « Giornalino » - E. Bonomi
— Notiziario - Colloquio coi lettori - Recensioni
— 14 lezioni bibliche sul Nuovo Testamento
POTETE ECCEZIONALMENTE RICHIEDERLO IN «OMAGGIO» A:
Libreria Editrice CLAUDIANA - Via Principe Tommaso, n. 1 - 10125 TORINO
fa^cSqife'^niÌ^eri): L. 1.200; Estero 1.500 - Sostenitore L. 2 200; Estero L. 2 500
da versare su: c.c.p. n. 2/17557 intestato a: « Claudiana » - 10066 - Torre Pellice (To)