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Anno IX — N. 5. II SERIE 15 Marzo 1860.
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
'VWX/XOXAAaa
Seguendo la rerìtà nella caritè. — Efbs. VI. 16.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE ^ LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione].... £. 8 00 j luToaiuoall'Uffizio del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 26 i Tommaso dietro il Tempio Valdeae.
Per l'Inghilterra, id................... „ 5 60 j Nelle Provincie per mezzo di francofili po
Per la Germania id................... „ 6 50 S gioii, che dovranno essere inviati franco ai Di
Non si ricevono associaaionl per meno di un anno, s rettore della Buona Novbli*a.
All’estero, a’seguenti indirizzi: Parigi, daUa libreria C. MeyrueiB, me Rivoli;
Ginevra , dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
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SOMMARIO
Attualità: I nuovi protestanti del secolo iix. — Biografia : Un precursore della Riforma, III. —
Varietà : Una visita a PréfargJer. — Corrispondenza della B. Nmella.
ATTCAlilTA
I NUOVI PROTESTANTI DEL SECOLO XIX.
Nel secolo XVI mezza Europa, scandalezzata dalle aberrazioni
della Chiesa romana e dalle turpitudini dei suoi papi, riparò, nel
quasi universale naufragio delle cristiane istituzioni, a porto sicuro,
guidata dal faro benefico della parola del Signore, e la Riforma religiosa, che si operò in allora, perdura da oltre tre secoli, offrendo
le più sicure garanzie di maggiori trionfi. E come potrebb’essere altrimenti, se divino è il fondatore del cristianesimo, e se questo riposa
sull’indefettibile parola di Cristo?
L’altra parte d’Europa seguì gl’ insegnamenti romani, e si denominò cattolica dalla sua Chiesa, che, per una singolare anomalia
appropriossi un tale appellativo. Dico per una singolare anomalia,
perchè acattolica dovea piuttosto chiamarsi quella Chiesa, che non
trovava ormai più alcun riscontro col cristianesimo dei primi se-
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coli e degli apostolici tempi. Il cattolicismo pertanto, non essendo
in senso reale e concreto, che un parziale ritorno del cristianesimo
al concetto di Numa Pompilio, ne conseguita che esso non sia che
la semplice espressione di un sistema sofistico e fittizio, che abbraccia due elementi o principii fra di loro opposti, e di cui Fimo è conseguentemente diissolrente dell’altro, l’elemento cristiano cioè ed il
pagano.
Questi due elementi crebbero tuttavia di conserto, e col progresso
di tempo rivelarono viemaggiormente il loro antagonismo, contrasegiiando nella cattolica famiglia due ordini o ceti di persone, rimarchevoli per il loro divorzio, voglio dire il laicato ed il chiericato, il
primo dei quali, meglio appropriandosi l’elemento cristiano, cristianeggiò in modo così felice da salire quasi al livello dei popoli che
avevano accettato la riforma religiosa del secolo XVI, e che per la
benefica influenza di questa avevano progredito a passo di gigante
nella civiltà cristiana, laddove il secondo si lasciò quasi compietaniente assorbire dall’elemento pagano, e cadde in isfascio, ripudiato
dalla pubblica coscienza, e trionfato dal primo, più potente per numero e per cultura di spirito.
A chi mi domandasse la spiegazione di questo duplice fenomeno,
di cui noi siamo oculari testimoni, risponderei col soccorso della ragione e della fede. La prima mi dice che il ceto laicale, non avendo
colla religione altro interesse che la nozione del vero religioso, si
trovò meglio predisposto alle influenze del cristianesimo per le verità religiose di cui è riv'elatore e maestro, laddove il chiericato, il
quale ha nella religione la ragione del suo essere materiale, si trovò
più accessibile alle iìjjzioni ed agli scaltrimenti del sacerdozio pagano. La fede poi mi dice che il cristianesimo deve pur sormontare
tutti gli ostacoli che gli si frappongono, per ricoverare l’intiera famiglia umana sotto le benefiche tende del divino suo pastore.
Mi torna pure in acconcio di osservare come quella parte d’Europa, che non seguì di primo slancio la riforma religiosa del secolo XVI, siasi poi lasciata, e quasi a sua insaputa, influenzare dalla
medesima, per guisa che l’elemento cristiano, razionale e progressivo,
sia giunto a prevalere sull’elemento papistico, essenzialmente irrazionale, perchè il papismo non ha alcuna ragione di essere secondo
lo spirito e la lettera della legislazione cristiana, e sia stazionario nell’ordine civile, pel contrappeso del domma romano, che è negazione
di ogni civile e cristiano progresso.
La moderna tendenza dei popoli cattolici a più razionali principj,
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non che ad ogni progi’esao di civiltà cristiana spiega ad evidenza il
mio asserto ; poiché, se fosse altrimenti, se cioè l’elemento papistico
avesse trionfato sul cristiano, i popoli dell’Europa cattolica non sarebbero giunti ad armonizzare nel concetto religioso e ncH’attuazione
del medesimo coi popoli della parte riformata, ma avrebbero continuato a distinguersi da questi per irrazionali.smo, anticristianismo
ed immobilità, se non regresso di ci^àltà cristiana.
Sotto questo punto di vista la grande maggioranza dei cattolici
illuminati e ben pensanti si confonde evidentemente colla parte riformata, e le diverse denominazioni di cattolici o protestanti non sono
oramai che vani appellativi, seiiza alcun vero e ben distinto significato. Il perchè riformati e cattolici protestano tutti oggigiorno di
conserto contro le prevaricazioni romane, e combattono le false teorie
del papismo coiramii comuni del Vangelo e sotto l’egida sicura del
cristianesimo.
E ch’io dica il x’ero : non sono eglino forse cLiarissimi scrittori
cattolici d’Italia e di Francia che hanno, non ha guari, denunciato
al tribunale del Vangelo e della pubblica coscienza dei popoli le
strane e sconcie dottrine di Eoma intorno alla sovranità temporale
de’ suoi papi P Non sono eglino gl’illustri fratelli Roberto e Massimo
d’Azeglio, per tacer di molti altri, che tennero a tale riguardo un
linguaggio identico a quello del signor De-Pressensé e dei più ciliari
scrittori della riforma Evangelica? Non è egli forse il clero milanese,
che, col nobile e patriottico suo indirizzo al Ke A'"ittorio Emanuele, ha
solennemente professato quell’evangelica dottrina cui disconoscono
l’episcopato ed il pontefice romano, ma che pur loro malgrado insegna: che il regno di Cristo e della sua Chiesa non è di questo
mondo ?
Se non che fra gli antichi e moderni protestanti hawi un gran
divario, ed ess<^ consiste specialmente iu questo, che i primi furono
conseguenti, laddove noi sono i secondi. I primi, riconosciuta fedifraga la Chiesa romana, la ripudiarono per debito di coscienza; i
secondi all’opposto la riveriscono maestra, anche quando la convincono di fallacia e di menzogna. Infatti non sono eglino forse che
fanno il catechismo al papa, e che dopo di avergli insegnato il credo,
lo reputano infallibile ? Non riconoscono eglino forse che il monarcato papale, ben lungi dall’ essere una istituzione necessaria alla
Chiesa, è appunto ciò che la compromette ne’ suoi interessi religiosi?
Eppure non accettano eglino forse una religione che da secoli s’incarna e s’identifica nella teocrazia papale? E così accado che uomini
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serj e gravi riconoscano nel papa l’uomo che scapestra in ogni genere
(li enormezze, ed in pari tempo il pontefice che è vicario di Dio ; e
credano ora vivo oracolo dell’increata sapienza colui, che poc’anzi
avevano convinto d’errore e d’empietà. Se poi questo non è essere
inconseguente, fa ben d’uopo dire che un tal vocabolo abbia perduto
il suo vero e primitivo significato.
BIOGRAFIA
UN PRECURSORE DELLA RIFORMA
III
Non è mai senza novello interessamento che l’amico della Storia
si trasporta ai primi anni del XVI secolo. Dopo i periodi così pesanti
e languidi del XV, quale soffio maraviglioso di vita ! Il mondo rianimato, ridestato dalle scoperte del Eisorgimento, tremante quasi di
sdegno nell’accorgersi come ad un tratto che, paragonato all’antichità,
il medio evo era iin’ immenso indietreggiare, e sentendo circolare in
tutto Tesser suo nuovo succo, domandava a sè, in una aspettativa febbrile; che cosa partorirà il domani? Dal 1515 al 1520 in particolare,
tutto concorse ad aumentare la tensione degli spiriti. Massimiliano I
moriva ; qual nuovo Ottone raccoglierebbe il guanto, gettato da
lungo tempo agl’imperatori, dai successori d’Ildebrando? Chi s’incaricherà di purgare la città eterna dalle immonde reminiscenze di
Sisto IV, d’innocente Vili e d’Alessandro VI ? Sarà forse l’eroe di
Melegnano, tutto radiante d’illusioni? Sarà il saggio Federico di
Sassonia? Infine sarà quel Carlo di Fiandra, negli Stati del quale il
sole non tramontava mai ?
La luce appariva dovunque. Gli uni lo salutavano con eccessi d’emozione, come Margherita di Valois ; altri col brio ed il riso, come
Rabelais ; mentre altri ancora l’avevano annunziata, come Savonarola, cogli oscuri accenti delle profezie. In mezzo a questo concerto
di gioje e di speranze, Ulrico di Hutten, coll’orecchio teso, coU’occhio fiso su tutto l’orizzonte cercava, chiedeva, qual sentinella avanzata, d’onde verrebbe il segno così impazientemente, aspettato: “per“ rum'pendum est tandem! 'perrumpendum est tandem ! ” scriveva
egli nelle sue violenti pubblicazioni. “ Bìrumpamiis vtncula emum..
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“ ci proiìciamus a nóbis jugum ipsoì-iim ! ” D’onde verrebbe la libertà, d’onde ven-ebbe la luce ?
Già il mito di Tantalo ci diceva che il fuoco della vita non ha più
sede sulla terra ; che quando tutto è presto sull’altare dell’umanità,
bisogna ancora che la scintilla divina venga ad accendere l’olocausto. Ma colui ch’è venuto a compiere ogni profezia, non isdegna di
realizzare quella di tale aspettativa universale. Ah ! se in Italia vi
fossero molte anime sospiranti dietro lo rialzamento delle coscienze,
dietro un’annessione degli spiriti al regno della luce e della verità,
dietro la gloriosa libertà dei cuori! Iddio susciterebbe certamente
gU uomini e gli istrumenti necessarj per sì grand’opera. Ma è di
Storia che ci occupiamo. La scintilla attesa cadde dal cielo ; non
sulla corona dell’imperatore; non sulla spada del cavaliere; cadde
sulla coscienza tormentata, angosciata di un monaco. Il martello che
ha ad atterrare, una ad una, le fortezze dell’errore (chi l’avrebbe
creduto?) è questa semplice e comune verità — questa verità che sola
salva — cioè, che l’uomo è redento jier la libera gi-azia di Dio, nulla,
null’altro che per la sua grazia in G. Cristo. Hutten non fece come
Erasmo. Quando la luce apparve, egli salutolla, e non si dolse del
crepuscolo: “ Oh! Lutero, Cristo è con te! ” scriveva egli al Riformatore: “ noi lavoriamo l’uno e l’altro per la medesima causa ; tu
“ con armi più spirithali, io come posso ! ” Anziché gareggiare d’influenza col monaco, di opporvisi i>er ambizione e gelosia, Hutten
riconobbe che aveva trovato il proprio maestro spirituale; egli collocossi coraggiosamente dalla parte del riformatore, e non fu piccolo
onore per lui d’aver ben presto diviso con esso gli odii degli avversarj della verità e la scomunica papale. L’opera positiva della predicazione evangelica non bastava sola, conveniva attaccare e rovesciare
il colosso del papismo : quest’ idra che oggidì, dopo 3 secoli e mezzo
di sconfitte noi vediamo dibattersi e cadere con tanta difficoltà. Quest’opera negativa ebbe gran parte nel movimento dei primi anni
della Riforma, in ispecie dell’anno 20^; ella fu ad un tempo religiosa
e politica; imperciocché se oggi gl’italiani fanno il bilancio del papismo e gli preparano il suo, per amor patrio, allora erano i tedeschi
che lo facevano e per analoghi motivi. ^Itanto eravi allora forse più
riscliio in questa lotta aperta. Hutten e Lutero si posero a scalzare
l’edifizio dell’errore.
“ Quand’era a Roma, scriveva Hutten, io incontrai uno de’ più
“ grandi mariuoli della Corte, e gli raccomandai d’agire con più di“ scrczionc ; ei mi rispose con derisione : quanto ui barbari è d’uop<t
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“ non solo non dar ad essi danaro, ma quando se ne trova da loro
“ prenderglielo con inganno e destrezza. Vadisco ritornando da Roma
“ narra quale trinità vi abbia trovato: Tre cose vi accompagnano quan“ do si esce: uno stomaco guasto, una coscienza immonda, una borsa
“ vuota. Tre cose rimangono distrutte: la buona coscienza, la pietà
“ ed il rispetto per la fede giurata. Tre cose si beffeggiano: l’esempio
“ dei padri, il papato di S. Pietro e l’ultimo giudicio. Tre cose ab“ bendano : le vecchie figure, il veleno, le rovine. Tre cose fanno
“ paura ai Romani: la convocazione di un Concilio, la riforma del
“ clero, la notizia che i Tedeschi cominciano ad aprire gli occhi! —
“ Si daranno delle prebende a’ fantocci che non sanno ancora par“ lare. Non vi ha delitto, vizio ed abominazione che i Romani non
“ ai compiacciono di permetterci, purché ne paghiamo la dispensa ;
“ eglino poi ne fanno senza. Lo crederai tu che v’ha certo prete a
“ Magonza che fa passare il prodotto della sua prebenda ad una
“ donna di Firenze ? — Secondo essi le nostre buone donne devote
“ non peccano, sottrando il danaro ai lor mariti, togliendolo ai figli,
“ vuotando le case, per dar qualche cosa a questi miserabili traffi“ canti. Rubare per comperar delle indulgenze è la virtù delle virtù.
“ A Roma si negozia con tre buone mercanzie: Gesù Cristo, le di“ gnità della Chiesa e le donne. E le tre cose stimate sono: le donne
“ avvenenti, i bei cavalli e le bolle papali ” — La imaginazione di
Hutten non si disseccava; in verso, in prosa, in latino ed in tedesco,
sotto il proprio nome o sotto il manto deU’anonimo, nei dialoghi tra
Hutten e la febbre, tra il sole, suo figlio e Caj etano il legato, in tutte
maniere egli proseguiva la guerra contro il papa e le sue creature.
Noi non seguiremo Hutten in tutte le burrascose peregrinazioni ;
nel suo viaggio a Brusseles ove sperava guadagnare il giovane im^peratore Carlo alla sua causa; nella sua caccia ai legati del ¡lapa o
nel singolare scontro con Hogstruten, che si segna e fa la preghiera,
vedendolo, e non dubitando che l’ora della sua morte sia venuta,
mentre il cavaliere si contenta di colpire col piatto della spada; o
di nuovo nel castello del vecchio di lui padre ove trova dei fratelli
e loro abbandona generosamente la propria eredità, per non comprometterli nella rovina che forse lo aspetta come frutto de’ suoi
lavori.
Scortiamolo almeno al forte castello dell’intrepido Francesco di
Sickingen, ad Ebernburg; là in quell’ “ albergo de’ giusti,” egli infine
si riposa; là si respira l’atmosfera cavalleresca, eroica a lui confacente; appoggiato dal consiglio e dal coraggio dell’amico, ei sente
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che le sue parole annunziano alti fatti; è l’intelligenza riiwsantesi
con letizia contro una volontà che gli presta la propria energìa. Il
mattino si andava udire a predicare un monaco uscito di fresco da
im convento della Baviera, Ecolampadio; i suoi discorsi non erano
abbastanza guerreschi, ma egli s’indennizza discutendo con Sickingen,
Schamnburg o Cromberg il piano d’una guerra contro Ricardo arcivescovo di Treves; ovvero il dotto cavaliere esp<jnc^'a al suo amico, a suo
figlio Scharikhard e alla di lui sposa le grandi verità della Riforma ;
e il bravo Sickingen era maravigliato di ciò che udiva: “ i miei servigj, le mie ricchezze, la mia vita, tutto quanto possedo è a vostra
dis[)0sizi0ne, ” scriveva egli a Lutero; “ voi volete mantenere la
verità cristiana ed io sono pronto ad ajutarvi in ciò. ”
Alla line spuntò il gran giorno della dieta di Worms. Lutero stava
per comparire dinanzi all’imiieratore, senz’altra guarantigia che il
salvacondotto imperiale e la potenza di Dio che lo sosteneva. Il
piccolo monaco, accompagnato da tre amici, traversa l’Alemagna
stupefatta per andare a confessar la propria fede al cospetto dell’imperatore. Il viaggio lo condusse vicino al castello di Sickingen.
Tutti i cavalieri ardono di desiderio di far causa comune con lui ;
vogliono difendere colle lor si>ade, che giudicano invincibili, quella
jireziosa vita; Sickingen gli offre il proprio castello; e infatti, mentre
egli si avanza sulla strada, una deputazione del castello di Ébernburg, col pacifico Bucer alla testa, gli propone di andarvisi a ritirare.
Là il confessore dcH’imperatore verrebbe a parlargli ; tutti i cavalieri
combatterebbero con entusiasmo per rlifendere la .sua causa e la sua
persona, tutto s’aggiusterebbe. Ma qui, in faccia a due {»ssibUità, a
due vie, a due riforme, quella che si appoggia unicamente sulla
potenza della verità e l’altra che, sebbene credendo alla verità, si
fonda sul braccio della carne, Lutero la rompe con questa e non
accetta che la prima.“ Se il confessore dellimperatore vuole parlarmi,
“ egli mi ritroverà a Worms, e quantunque a Worms vi fossero
“ altrettanti demoni, quanti sono i tegoli sui tetti, io ci andrei egual“ mente. ” Chi l’a\T:ebbe creduto ? in questa occasione Sickingen,
era stato ingannato dai legati e dai preti, che volevano far perdere
a Lutero gli ultimi giorni del salvacondotto !
Hutten aveva scritto a Lutero : “ noi abbiamo, jier distruggere la potenza del demonio, delle freccio, delle spade, delle
bombe. ”
Ma Lutero rispose: “ per difendere il Vangelo io non voglio che si
“ ricorra alle armi ed al sangue. È colla parola chc il mondo è stato
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“ altra volta vinto; è colla parola che la Chiesa è stata salvata; è colla
“ parola ch’ella sarà riformata!......io non voglio appoggiarmi che
“ sopra Gesù Cristo ! ”
]\Ia Hutten non conosceva abbastanza la propria impotenza per
contentarsi di simili armi: “ ausus sum ” — io l’ho osato — ecco
il suo motto d’ordine, che scrive dovunque nei di lui scritti; ovvero,
“ jacfa est alea: ” osare, tentare, volere, fugare le tenebre a colpi di
spada, ecco ciò ch’egli sogna. Strano errore ! Egli si crede l’uomo
del progresso, e non s’accorge che appartiene al vecchio tempio, e
che, agire com’egli tenta, egli è un voler divergere il torrente della
vita novella per farlo rientrare nel letto delle vecchie instituzioni.
Egli avrebbe voluto, per guadagnare la causa di questo Lutero
ch’egli tanto ama, che tutta la nobiltà tedesca si fosse armata e si
fosse portato sopra Eoma, coll’imperatore alla testa, e ne avesse
cacciato il papa; cioè, che per inaugurare i tempi moderni si fosse
cominciato per indietreggiare sino agli Ottoni, ai Lotarii, ai Carlomagni !
Ciò perchè Hutten è cavaliere, ciò perchè Ebernburg è l’ultimo
rifugio della cavalleria, di questa sommaria espressione del medio evo;
e cotesto medio evo che combatte la verità o l’errore, poco importa,
colle armi della carne, è d’uopo che cada, è d’uopo che muoja.
Francesco di Sikingen intraprende la sua spedizione; si ripromette una
splendida vittoria, ma è disfatto; forato da una palla il nobile eroe
muore, ed Eberburg non è oggidì che una rovina, mentre l’opera di
Lutero sussisterà sempre.
Ed Hutten ? Che cosa avviene di lui ? La tempesta che spezza la
qiiercia, rovescia altresì l’edera che vi si abbarbica. Egli non può
rialzarsi dal colpo da cui era stato abbattuto il suo valoroso amico.—
Perseguitato dai suoi nemici, il focoso poeta lascia la patria: “ Ora,
“ scrive egli a Federico il Savio, io lascio le città perchè non posso
“ lasciare la verità, e disprezzo profondamente i pericoli che mi cir“ condano; imperciocché io posso morire, ma non vergognosamente
“ servire, nè vedere schiava la nazione allemanna. Ma penso che un
“ giorno uscirò dal mio ritiro con impeto, e gittandomi in mezzo alla
“ folla, ad alta voce esclamerò: “ chi vuol morire con Hutten per la
“ comune libertà ? — ” Tale però non era la fine che Iddio gli avea
preparata.
Ansante, stanco, scacciato dai preti di Mulhouse dove cercato avea
di riformare il culto, Hutten si ritrasse a Basilea; ma colà regnava il
monarca del Risorgimento, Erasmo. Or questi non volle ricevere nè ve-
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(lere nemmeno l’antico compagno di lotta, e lo fece scacciare, scrivendo
eziandio contro di lui al consiglio di Zurigo. Finalmente un giorno,
un’uomo malato, meschinamente vestito, con alcuni manoscritti
sotto il braccio, andò a picchiare alla porta di Zuinglio, il riformatore di Zurigo : cotesto straniero chiedeva un angolo di terra ove
potesse vivere ancora qualche dì Ubero e poi morire. In fondo al bel
lago di Zurigo, in faccia delle roccie ammirabili che racchiudono
«luello di Wallenstadt, vicino a praterie quasi sempre verdeggianti,
e alle vette sempre bianche delle Alpi di Glaris, trovasi l’isola di
Ilfenau, bagnata dalle acque trasparenti che discendono in cascate
dalle montagne, separata dal tumulto delle città e dallo strepito
assordante dell’industria o della guerra. Fu qui, presso un pio pastore,
che il povero naufrago, Ulrico di Hutten, venne ad ancorar la sua
barca, ritoccare i suoi manoscritti, cancellare le traccie di paganesimo
che vi avea lasciate, e porre qua e là il nome di Dio in luogo di
Giove, e di Cristo in luogo di Ercole. Sì, Ercole, l’idolo della forza
propria era scomparso. E chi rimasto? — Il Dio della grande, bella
consolante natura, — ma speriamo, altresì Cristo, il Salvatore de’
naufraghi.
Un giorno, dicesi, appoggiato sopra il sasso dov’egli amava riposarsi, per contemplare le grandi opere della natura, si trovò la spoglia
mortale di Hutten, pallida e senza vita; l’anima sua così appassionata
di libertà, l’avea alla fine trovata, avea raggiunto la pace, speriamolo,
nel seno dell’amor libero, della libertà e della carità.
Amico lettore ! la tua vita ha ella uno scopo, un fondamento solido,
una direzione chiara? Patriota italiano! ti ricordi tu che le armi del
cristiano non sono carnali, e che non si fugano le tenebre che colla
luce e non a colpi di spada ? Cristiano! hai tu pel Vangelo lo zelo
ardente che Hutten sentì per la libertà ? Sospiri tu, come lui, dietro
il rialzamento morale della patria ? Sai tu meglio di lui, far tutto
dipendere dalla forza di Dio; ma odiare, al pari di lui, l’errore, la
menzogna, la superstizione ? Il suo esempio ti ammaestri che non
l)asta volere un nobile scopo, che bisogna altresì volere anzi tutto la
volontà di Dio e rinunciare alla tua; ti ammaestri pure, che bisogna
il più tosto possibile circonscrivere la tua attività in una vocazione
regolare, e non cercare nello straordinario, l’imprevisto, l’agitazione,
un sollievo alle sofferenze.
Impariamo a pregare con vero zelo e nel vero senso: che la tua
volontà sia fatta ! Indi operiamo guidati, dì per dì, dallo S[>ii'ito
Santo.
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VARIETÀ
UNA VISITA A PRÉFARGIER *
Voi mi domandate alcuni particolari intorno alla mia visita a Fréfargier;
ed io di buon grado mi accingo a darveli, bramoso di mettervi in disparte
delle mie impressioni, più ancora che di nai’rarvi quanto io ho veduto.
Le impressioni provate in una casa di Pazzarelli! come deve essere
melanconico, cupo, scoraggiante, pensate voi sema dubbio! e disponesi il
cuor vostro a quella compassione priva di simpatia, sentimento più doloroso forse, che non lo sia la personale associazione a’ grandi patimenti.
Ebbene se mi riuscirà di far passare sulla cai-ta le proprie impressioni,
quella simpatìa non mi farà difetto, od al pari di me, voi compatirete a
cuori che patiscono, e non ricorderete più gl’offuscati intelletti.
Ma principiamo dal principio, come soleva dirmi quella buon’anima di
mia nonna, allorquando cullavami coUe leggende ' dei Gamisardi. Scopo
mio precipuo, nel recarmi a Préfargier, era di studiarvi la materiale
organizzazione dello stabilimento; e non senza un tal qual timore, devo
confessarlo, o tutt’ almeno senza una vaga e trist’ apprensione, io mi
figuravo quel contatto di ogn’istante cogli ammalati, al quale dovrei condannarmi, onde poter esaminare come sieno alloggiati, nudriti, ecc. ecc.
Epperò cammin facendo, insensibile al quadro or gi’azioso or splendido che
offrivanmi, il lago limpido e tranquillo e come incassato da verdeggianti
coUi, e la catena delle Alpi Bernesi, che si ergevano in lontananza maestose ad un tempo ed attraenti, io me n’andavo, chino il capo, sforzandomi
di famigliarizzare la mia fantasìa, colle stanze gucrnite di cuscinetti, i busti
da forza, i seggioloni a gogna, e tant’altri mezzi meccanici di repressione...
Poi mi pareva di udire rimbombare ai miei orecchi le grida, le imprecazioni,
i gemiti di tanti infelici, assoggettati ad una corporale coazione, necessaria
(così pretendono) a ricliiamare la ragione in fuga......
E così mentre cercavo di premunirmi contro inevitabili commozioni,
giungo appetto di quell’Asilo che mi figuravo circondato da alte mura, e
ancora lo sto cercando, mentre mi vien detto: « Eccolo! » e che un gran
* Préfargier è uno stabilimento destinato alla cura dei poveri pazzarelli, situato
sulla spiaggia del lago di Neuchdtel, nella Svizzera. Un nostro amico che lo visitò,
mesi sono, volle, dietro domanda che gliene facemmo, dettare, per la Buona Novella,
Bu questa sua visita, le pagine che seguono, ed in cui 1 lettori troveranno non che
dei quadri commoventi, preziose indicazioni onde migliorare, fra di noi, la condizione, sopratutto morale, di consimili stabilimenti che tanto lasciano a desiderare.
Eep.
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cancello, forato a giorno, apresi per darmi adito sur un lungo viale serpeggiante attraverso un parco disegnato con tanto gusto e così popolato
d’alberi ombrosi, che di già dicevo a me stesso : « come fa buono quìi »
Cominciavano le ombre della sera ad occultare ai miei sguardi la prospettiva di un’orrizzonte ideale, allorquando entrai nell’ampia corte che
attornia un fabbricato quadrangolare. Niuna voce che venisse ad interrompere quel silenzio che, all’approsshuarsi della notte, parla di pace alla
terra; il mormorio di una limpida fonte precipitando a spumeggianti cascatelle da un'immensa vasca di granito, il soave profumo di alcuni arbusti,
il ronzio degl’insetti svolazzando sui rami in fiore, lo scintellare delle stelle
staccantesi suU’azzurro cupo del cielo, ecco lo spettacolo che mi accolse
al mio giungere. Mi fermai un momento : acqua, fiori, limpido e sereno
firmamento, altrettante testimonianze della bontà e munificenza di Dio, e
li accanto, in quel vasto fabbricato, dietro quelle inferriate dove vedonsi
brillare rari lumicini, il dolore, il patimento; dolore e patimento che diresti
una speciale rivelazione della maledizione in cui è avvolta l'umanità!......
E quello spettacolo di tante miserie, conviene affrontarlo! — Coraggio e
avanti!... e aggirando un’ultima volta il mio sguardo al libero orizzonte,
varcai la soglia di quell’edifizio che mi appariva come carcere alle anime
non meno che ai corpi. — Sotto il portone, nell’atrio spazioso che gli
tien dietro, su per il grande scalone da cui si giunge al piano superiore,
io spiro non so qual profumo di calma, d’ordine, di eleganza, di pulizia, che acqueta ad un tratto l’eccitamento dei miei nervi; e disposto in
tal guisa, vengo introdotto in una vasta sala dove, comunque sconosciuto
di viso agl’ospiti che ini aspcttono, mi vien fatta tale accoglienza da farmi
presentirò, che già si conoscevano i nostri cuori, e non stenterebbero ad
intendersi.
Eravamo da alcuni momenti sul terrazzo prospiciente al cortile, quando
vibrò nell'aria il rintocco di una campana. « H culto ! » sentii a dire attorno
di me, « andiamo in cappella.» — « Il culto, » soggiunsi io, « cogl’impiegati
della casa probabilmente ?» — « E anche cogli ammalati, » mi venne
risposto. — « Gli ammalati, gli ammalati! » sussurai tra me e me, nell’udire
tal risposta; « un culto con gente cui rimane appena la coscienza dell’esistenza, in cui pensiero, sentimento sono come attutiti ! non havvi in questo
atto, una specie di profanazione ? Di quali eccentricità non mi toccherà di
essere testimone?» E compreso da vago terrore, salii, dando il braccio al Direttore, la larga scala che mette ad un vero alto solajo disposto a guisa di
cappella. Nel fondo sorge una specie di tribuna nella quale sedeva il cappellano, colla sua grande Bibbia apertagli davanti; domina la medesima due
serie di banchi locati sui due lati della sala; prendemmo posto all’estremità,
dirimpetto al cappellano. In quel momento apronsi, nelle due opposte pareti,
due porte a doppio battente, dando passaggio a numeroso stuolo, l una di
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uomini, l’altra di donne (200 persone all’incirca), che entrano due a due,
con passo grave e fermo, e pongonsi a sedere, raccolti, sui banchi, ognuno
aprendo il suo libro di inni, e tutti assieme associando al suono dell’organo,
un concerto di voci assai più armoniose di quelle che risuonano sotto alle
vòlte della maggior parte delle nostre chiese. Al canto tien dietro la lettura
della Bibbia, fatta con accento grave, misurato, impressivo, sentito, che
pone in risalto ciascuna delle parole scaturite dal divino pensiero, senza niun
commentario d’uomo. Dopo la lettura, si canta di nuovo, poi si fa la pre
ghiera; quindi apronsi nuovamente le porte per cui, gli uomini da un
lato e le donne dall’altro fanno ritorno ai rispettivi dormitoj, collo stesso
ordine, calma e gravità da cui non si sono dipartiti, nemmeno per un momento.... Pareami mentre durava la pia funzione, come se al disopra di quei
capi più 0 meno ammalati, ed attorno a quei cuori più o meno angosciati,
si librasse suU’ali un messaggiero mandato dall’alto, per spandere su di
loro un balsamo di pace; pareami come se quella divina Parola più acuta di
qualunque siasi spada a due taglienti, sciogliesse per un momento i vincoli
che tengono cattive quelle povere anime, e lasciasse che giungessero sino
al piò del trono di Colui che può penetrare il cuore dal sentimento delle cose
invisibili e celesti, quand’anche la mente non discerna più, con chiarezza,
le cose visibili e terreni. Pareami come se ai loro canti si unissero i concerti
degli angeli, benedicendo Iddio per il bene, che certamente Egli ha fatto,
e vorrà fare ancora ai poveri peccatori che in questo asUo l’invocheranno.
Oh ! come erano diverso le mie impressioni, nel lasciare la sala di culto,
di quello che fossero quando vi ero entrato ! Anche il cuore mio avea partecipato dì quella rugiada di pace che dispensano i celesti messaggieri ;
non più vestigio di timore; non più ombra di spavento; mi erano di già cari
quei poveri esseri coi quali aveo pregato; le di cui voci armoniche mi aveano
commosso ; io mi rallegrava di vederli da vicino, uno per uno ; per me non
erano più pazzi, creature appartate, cui potea bensì compatire, non già
comprendere; ma sibbene fratelli soffrenti, infelici, coi quali mi ero incontrato davanti a Dio, ed il di cui cuore avea probabilmente col mio altri punti
di contatto ancora. E così, fin dalla prima notte che io passai sotto a quel
tetto per me cagione di tanta apprensione, mi sentii compreso da una curiosità simpatica, la quale dovea trasformariji in un interesse vivo e profondo.
(Continua)
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CORRISPONDENZA DELLA D. NOVELLA
Progressi sensibili — Stazioni di Pisa c di Livorno — Liberalismo del Governo —
Uu processo religioso abortito — Il sacerdote sig. C... — Scuola Evangelica in
Firenze — Tentativi per farla chiudere — Non riescono — Manifestazioni interessanti — Lucca e Piacenza.
Firenze 8 Marzo 1860
A conferma dell’viltima mia le annunzio che va estendendosi e consolidandosi vieppiù l’opera nostra. Non già ch’io voglia, esagerando i fatti, meritarmi quel giustissimo rimprovero che voi, a suo tempo, infligeste nell’ultimo vostro numero a quei malaccorti corrispondenti, i quali accettano come
verità ogni rumore, e sull’autorità di una mera voce scrivono, anche a giornali accreditati, veri capitoli da romanzo. Ma con calma e conoscenza dei
fatti vi communico quelle notizie che utili esser possono ai vostri lettori.
Quelle stazioni di Pisa e di Livorno nelle quali, come le diceva, parecchi
si adunavano intorno alla Parola di Dio, furono per tutto l’inverno sprovviste di operai... Solo in Pisa eravi un’evangelista laico, sig. R. uomo pio e
zelante, ma disgraziatamente cieco, e quindi incapace di opera distesa ; —
A Livorno vi era proprio nissuno. — Or bene, queste due città dove, di
tanto in tanto, l’evangelista di Firenze fece qualche gita, ormai son provviste di un’uomo, ministro evangelista, il quale per ora può bastare all’edificazione di quelle due nascenti chiese, ed anche farle crescere al punto che
debbasi richiedere altro operajo por Livorno in ispecie. U sig. Ribetti è
fisso a Pisa e recasi a Livorno due volte alla settimana. — A dir vero egli
giunse in Pisa in un momento piuttosto oritico, dopo la famosa circolare del
Cardinal Corsi al suo clero e il mandamento suo al governo, mentre ferveva
ancora l’ira della Curia e del Seminario, e si spingeva avanti un processo
in forma contro i nostri fratelli di quella città.
Lo zelo di tutti orasi un tantino rafiredato ed il numero dei concorrenti
alle assemblee era alquanto scemato. Ma ciò non vale a diminuire l’importanza sommaria di cotesta stazione nè ad incagliare il progresso. Già il
processo fu dall’autorità stessa interrotto; o i retrogradi non ebbero la con-
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solazione di farci Spendere neppure una crazia, quanto meno quella dì farci
condannare.—Vi parlai del liberalismo del governo, eccone una bella prova:
Dei processi per materia religiosa ne sospese almeno, nel corso dell’inverno,
una mezza dozzina, fra i quali pareccM intentati a degli ecclesiastici liberali,
accusati di proselitismo. Dell’ultimo e più importante di questi, le darò
qualche dettaglio: H sig. 0. ecclesiastico risiedente in Livorno, conosciutissimo per i suoi liberali e sani principii, fu dal clero di quella città fatto
accusare di proselitismo e d'immoralità (quelle due accuse vanno sempre
insieme). L’aflare andò in Tribunale ed il sig. C. fu preventivamente incarcerato. Non era giunto al suo carcere, che già due petizioni, richiedendo
la sua liberazione, erano spedite, coperte di 500 firme, una al governatore
di Livorno, l’altra al ministero, dalla eletta parte della popolazione Livornese. Dopo otto giorni, il sig. C. fu liberato, ma il processo si dovette compiere. Or bene, il risultato di tutte le inchieste si fu, chc false erano le
suddette accuse e che la condotta del sig. C. era stata in tutto conforme
alla morale e alla legge del paese. Ma eccoli, che a dispetto della sentenza del
tribunale, la quale dichiarava il sig. C. innocente di tutti gli addebiti portati
contro a lui, il Delegato di Livorno gli manda, pochi giorni dopo, un’ordine
di sfratto, niente meno ! Allora il sig. C. ne appellò al governo, e dopo
reiterato esame degli atti del Tribunale, il consiglio di governo di Livorno
decretò: « Trovati falsi gli addebiti portati contro al sig. C. ed intatta la
sua riputazione, essere ingiusto e contrario alla libertà personale non che
alle leggi del paese, l’ordine di sfratto dato dalla Delegazione, ed essere il
sig. C. libero di starsene in Toscana, come ogni altro cittadino. » Or il sig. C.,
portatosi in Firenze, potè trattenersi co’ ministri, i quali gli diedero prove
non dubbie della loro religiosa larghezza, e gK dichiararono, « volere per
tutti la massima libertà; non pretendere immischiarsi nelle cose di coscienza;
non esigere altro da chicchesia se non che il rispetto delle leggi; e godersi
che ognuno usi della piena sua religiosa indipendenza. » Di quella libertà
già s’era prevalso il sig. C. spogliando l’abito sacerdotale ed aggregandosi
alla chiesa evangelica. — Un’altro fattarello : La sul far del decorso anno,
aprivasi, in Firenze, per nostra cura, una scuola evangelica posta sotto la
libera direzione di un capacissimo maestro, ed in cui oltre i rami della
elementare istruzione, s’insegna ai ragazzi delle evangeliche famiglie, ivi dai
loro genitori mandati, la Storia biblica sì dell’Antico che del Nuovo Testamento. Or bene i preti, lusingandosi di far crollare quella malaugurata
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istituzione, la denunciarono alla polizia come corruttrice della fede e dei
costumi, comc scuola di proselitismo protestante fra ragazzi ivi attirati senza
e contro il consenso dei genitori. — La Delegazione del circondario, fece
chiamare i padri delle famiglie per informarsi del vero; e saputo dalla loro
bocca, chc tutti spontaneamente e volontariamente mandavano i figli alla
detta scuola, quel delegato li rimandò liberi, dicendo loro : « che solo della
loro volontà aveva voluto accertarsi, ma che d’altronde il governo non vuol
impedir nissuno nella sua coscienza, anzi desidera che ognuno agisca secondo
le sue convinzioni. » Questi fatti dimostrano che gran libertà quindi largo
sviluppo hawi da sperare per l’opera in Toscana. Ultimamente poi, a proposito della votazione del suffragio universale il Governo decretò la legge
della libertà di stampa, attuando così quella importante parte dello Statuto
non posto fin’ora in completo vigore; e ciò molto gioverà al successo di un
generale })eposito di libri religiosi che stà per aprirsi in Firenze, nonché
alla pubblicazione di trattati e di Bibbie, già da qualche librajo iniziata.
— Oltre alle summentovate città, pare che altre si risveglino e bramino
di sentire la predicazione del Vangelo. Non voglio alludere con questo alle
benché magnifiche manifestazioni del clero di Milano e dei preti mondoviti
di cui già parlaste. Cotali seguì di fermento religioso sono rallegranti perchè
ìndizii del bisogno di riforma che travagliò pur sempre la chiesa dell’alta
Italia, la quale non senza legittimo orgoglio, rammenta l’antica sua liberta,
la lunga guerra colla romana curia, e le gloriose tradizioni della diocesi
Italica. Ma tali conati sono parziali, quindi non validi a vincere la generale
opposizione; di più temo che sieno mere velleità di neo-cattolicismo, e non
già vera ricerca di radicali riforme, basate sulla divina rivelazione.
— Non voglio nemmeno accennare la coraggiosa opposizione di quei
professori romani fra i quali primo il professore di gius-canonico, Pellegrini,
che ardì pubblicamente dichiarare, « il domma del potere-temporale essere
un’eresia, od il pretendere trovarlo nel Vangelo, una bestemmia ». Roma
saprà affogare queste e quelle imprudenti manifestazioni. — Di cose più
umili ma non meno serie e più pratiche voglio informarla : cd è che in due
città della centrale Italia, in Lucca ed in Piacenza si è manifestato il desiderio di veder aprirsi una Chiesa evangelica. So che ai bagni di Lucca vi
sarà chi all’opera s’interessa e già con alcuni ne parlai. Forse il ministro
di Pisa potrà di tanto in tanto recarvisi. So inoltre che da Piacenza furon
chieste informazioni in Firenze sul modo in cui dovrebbesi a tale effetto
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procedere, ed a chi dovessero le persone interessate a quel progetto rivolgersi, per ottenere i necessaij consigli ed ajuti, non che un ministro, per
attuarlo.
— Se i miei dati son precisi, specialmente riguardo a quest’ultima città,
si prepari la nostra Chiesa a ricevere nuovi appelli, ed altri nuovi ancora,
perocché, se non erro, altre sono le città ohe bramano il medesimo inapprezzabil bene, che è quello della pura predicazione del Vangelo. — Ed a
riuscire in sì difficile ma sì nobile incarico, s’affretti la nostra Chiesa di
preparare nuovi capaci evangelisti e ministri, acciò non sia colta aU’improvviso, e possa, allorché nuovi bisogni si manifesteranno, ed apriransi nuove
porte, rispondere lieta alla chiamata, e come nei tempi antichi spandere i
suoi missionarj in tutte le principali città della Penisola, e popolare nostra
bella Italia, di greggi fedeli, di numerosi e veri cristiani, i quali tutti uniti
in un medesimo sentimento, possano essere per il giorno del sospirato
universale risveglio, il sale rigeneratore di quella diletta patria.
0. C.
Domenico Grosso gerente.
AL DEPOSITOIDEIBRI RELIGIOSI
VIA PRINCIPE TOMMASO,
e propriamente dietro il Tempio Valdese in Torino.
Gli avventori troveranno, oltre d’un completo assortimento di Bibbie e Nuovi Testamenti in varj formati e lingue,
nonché di tutti gli opuscoli editati dalla Società dei Trattati
religiosi per l Italia, le principali pubblicazioni religiose in
lingua francese, venute in luce a Parigi, Ginevra e più specialmente Tolosa, per cura della benemerita Società, che ha
il suo centro in quest’ultima città.
Lo stesso Deposito, s’incarica di tutte quelle commessioni
che gli fossero affidate, e specialmente dielYAssociazione ai
giornali religiosi sì francesi che inglesi.
TORINO — Tipografìa CLAUDIANA, diretta da R. Trombetta.