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Anno 113 - N. 37
16 settembre 1977 • L.2 00
Spedizione in abbonamento postale
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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
INTERROGATIVI AL DISSENSO CATTOLICO
Per un confronto aperto
sulla natura della chiesa
Il riflusso delle Comunità di base e dei Cristiani per il socialismo nell’attuale fase politica ed ecumenica
La regola
del mendicante
« Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete;
picchiate e vi sarà aperto ». (Matteo 7: 7).
Nel dibattito sinodale di agosto non si è discusso di ComNuovi Tempi e del cattolicesimo
del dissenso. Nella scelta dei temi da affrontare la commissione d’esame non ha ritenuto opportuno aprire un confronto su
questi problemi, collaterali rispetto ad altri di maggiore urgenza.
Eppure, ripensandoci, se un tema era di attualità era proprio
questo: perché è innegabile che
ci troviamo di fronte ad una fase
di riflusso, di crisi di identità del
movimento. Lo stesso Com-Nuovi Tempi si è fatto portavoce di
questo difficile momento.
Nei prossimi giorni si terrà ad
Ecumene un incontro degli amici e sostenitori di Cnt per un rilancio di questa esperienza ormai al terzo anno di attività.
Questa scadenza importante mi
sollecita a riformulare alcuni
pensieri che non concernono innanzitutto la linea di Cnt, i suoi
contributi positivi o le sue disattese, quanto piuttosto il movimento che sta dietro al giornale
e che trova anche ahri strumenti
di comunicazione, le Comunità
di base innanzitutto e i Cristiani
per il socialismo.
Il problema mi si è posto soprattutto in seguito al campo
studi sulla Riforma che ha avuto
luogo ad Agape alTinizio di settembre, organizzato dalla EGEI
e dalle Comunità di base. Si tratta essenzia'mente del problema
« rifornia della chiesa ».
Di fronte alla stanchezza che
si nota nelle CdB e nei CpS, alle
divergenze sostanziali emerse sia
a Napoli che a S. Severa, credo
sia necessario, da parte nostra,
almeno di chi si sente coinvolto
in questa ricerca, cercare i motivi di questo arresto o di questo
ritardo rispetto alle attese e ai
possibili sviluppi del movimento. Non intendo far altro che iniziare un confronto costruttivo.
Illusione
Un primo motivo lo indico con
la parola illusione. La lotta alla
chiesa istituzione, così fortemente sentita al primo convegno dei
CpS a Bologna nel 1973 è andata
in buona parte a vuoto; sia perché è stata contrastata all'interno del movimento, sia perché la
si è condotta essenzialmente nei
termini di una lotta politica spesso disgiunta da una analisi teologica. Cosi Timpegno politico condotto nella fabbrica e nella piazza contro il potere dei padroni
per una liberazione delle masse
proletarie si è arenato quando lo
stesso processo di liberazione, di
« riappropriazione » si è scontrato con la figura del vescovo.
Ciò che si è messo in discussione a livello di contenuti di fede
non si è tradotto in una parallela
coscienza di chiarificazione ecclesiologica aH’interno delle comunità e dei gruppi. Si è ritenuto
• che fosse possibile vivere l’esperienza di una chiesa latente, con
momenti di improvvisazione e di
slancio generoso ma non altrettanto cosciente della forza della
gerarchia che non ha cessato la
sua azione controriformistica.
AH’interno stesso del movimento ci si è illusi che fosse veramente in atto un processo di riforma analogo a quello del XVI
secolo, dimenticando che se la
Riforma si è fatta strada questo
è avvenuto soltanto dopo lo scontro con i vescovi. E questa ottimistica valutazione è presente
proprio nelle persone di maggior
spicco e che più hanno dato alla
crescita del movimento: ricordo
un’intervista di don Franzoni al
settimanale protestante « Réforme » due anni or sono. Alla domanda: « È possibile parlare di
una riforma paragonabi’e a quella del XVI secolo? ». Franzoni rispose: « Si, solo che oggi non riteniamo che sia conveniente una
scissione bensì condurre la lotta nell’istituzione ».
Io credo che siano posizioni
così superficiali rispetto ai nodi
teologici della Riforma ad aver
danneggiato il movimento. E non
serve che da parte delle CdB e
dei CpS si dica di rimando che
oggi le chiese sorte dalla Riforma
sono vittime di un protestantesimo senza riforma, perché la verità di questa affermazione usata da Bonhoeffer è un altro discorso da non confondersi con
quello di fondo: è un po' come
rilevare che il cristianesimo oggi
non è quello delle prime comunità cristiane.
Organizzazione
Un secondo motivo, strettamente collegato al primo concerne il problema delTorganizzazione del movimento. Se la Riforma è stata possibile è perché si
è subito organizzata; nessun tentativo riuscito di lotta si è fatto
(continua a pag. 8)
Ermanno Genre
Il testo che abbiamo letto si
presterebbe facilmente a diventare un manifesto per coloro
che oggi cercano, chiedono, bussano nelle varie parti del globo.
E probabilmente quelli che possono più facilmente comprendere questo testo sono proprio
coloro che oggi non hanno alcun potere, che non contano
nulla, sono coloro che sono in
ricerca e esigono dalla vita qualcosa di qualitativamente nuovo
e diverso, che hanno un progetto di una nuova società. Noi ne
siamo i destinatari nella misura
in cui siamo delle persone che
anche cercano, chiedono, bussano.
Ma ecco, proprio per comprendere questo testo, sarà necessario prendere qualche precauzione. Sarà necessario anzitutto strapparlo alla banalizzazione più o meno razionalista di
cui è stato oggetto. Cercate e
troverete chiedete e riceverete.
_______SULLA PRESA Di POSIZIONE DEL SINODO VALDESE
Lo sviluppo distorto
dell’energia nucleare
Si allargano le discussioni - e le riserve - sulle centrali nucleari
Fra gli ordini del giorno votati dal Sinodo, vi è anche quello
relativo alla questione delle centrali nucleari; lo riportiamo nell’interno, nel quadro di una pagina dedicata a questo argomento, e ne diamo qualche ulteriore cenno illustrativo.
Lo spunto per la presentazione di questo o.d.g. è stato dato
dal fatto deH’imminenza della
discussione in Parlamento sul
Piano energetico nazionale (che
sarebbe più esatto chiamare
«nucleare»), discussione che
secondo il calendario a suo tempo fissato dovrebbe iniziarsi col
prossimo 27 settembre. Il Piano prevede la costruzione ed il
funzionamento, entro il 1985 di
dodici (o sono 16? neppure questo si sa con precisione ! ) centrali
atomiche da mille megawatt (1
megawatt = 1 milione di watts)
sparse un po’ in tutta Italia.
I dissensi e le proteste inerenti alla costruzione di centrali
atomiche si vanno sempre più
estendendo in varie parti del
mondo, anche da parte di scienziati e tecnici che ravvisano nell’energia dell’atomo troppi fattori di pericolosità, contro i fautori di tale energia, che ne affermano l’assoluta sicurezza e
« pulizia ».
È invece ed obiettivamente
fuor di dubbio che i pericoli ci
siano, e di vario genere. Per primo, quello delle scorie radioattive. Quelle di plutonio (l’elemento artificiale che nasce dalla
combustione dell’uranio 235)
sono estremamente tossiche e
rimangono attive per secoli e
secoli: in caso di contaminazione vi è il rischio di avvelenare
intere popolazioni. Proprio di
recente è venuta fuori la grana
della «pattumiera atomipa » dell’Eurex di Saluggia, in Piemonte.
Questo impianto, con quello di
La Trisaia in Basilicata, « ritratta» il combustibile già utilizza
to in parte dalle centrali funzionanti (sul Garigliano, a Latina
ed a Trino vercellese), ma che
contiene ancora uranio e plutonio da recuperare. Queste scorie vengono poi conservate allo
stato liquido in contenitori di
acciaio e messe poi in bunkers
seminterrati. Il pericolo è dato
dalla possibile fessurizzazione
e corrosione dei contenitori, con
conseguenze imprevedibili, tanto
più se dovessero venire a contatto con acque sotterranee; incidenti del genere sono avvenuti
negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, e fortunatamente scoperti per tempo. Altrettanto lo sarebbero da noi? (pensiamo al
Vajont, a Seveso, all’IPCA, ecc.).
Ma altri fattori di pericolosità
non possono essere sottovalutati e ci limiteremo qui a ricordare la natura sismica del nostro
paese, la vicinanza delle centrali alle grandi città; la possibilità di attentati terroristici dall’interno e dalTesterno, il possibile uso del plutonio per la costruzione di bombe atomiche
(come è già successo in India).
Un pulito che puzza
: Anche l’asserita pulizia dell’energia atomica è tutta da dimostrare. È certo infatti che
l’acqua surriscaldata, impiegata
per il raffreddamento delle centrali e poi restituita ai fiumi
non può che provocare, come
minimo, dei gravissimi squilibri naturali, ancor più definitivi da sempre possibili perdite di radioattività. Infine le
stesse centrali nucleari, la cui
vita non supera i 20/30 anni,
pongono gravi problemi all’atto
della cessazione del loro funzionamento, diventando esse stesse
un’enorme « scoria nucleare ».
L’o.d.g. sinodale parla anche
di sviluppo distorto. L’Italia, come è noto a tutti, è un paese
poverissimo di materie prime e
perciò la sua industrializzazione
è legata mani e piedi all’acquisto di dette materie prime: da
una situazione anomala già in
partenza il Piano vuole continuare su questa strada con degli incrementi energetici al di
fuori della realtà (si prevede
con esso un tasso di sviluppo
dei consumi del 5-7% annuo!),
per di più con una spesa pazzesca di almeno 20 mila miliardi,
a scapito di quelle che sono le
nostre vere « industrie » : l’agricoltura ed il turismo, che sono
ad alta concentrazione occupazionale e consumano poca energia.
Libertà condizionata
Ma lo sviluppo distorto verrà
accentuato anche da nuove ed
inevitabili restrizioni alle libertà individuali e dalla militarizzazione del personale addetto
alle centrali. Fino a che punto
controlli polizieschi e invasioni
della sfera privata potranno essere legittimi o legittimati?
Mentre l’o.d.g. sinodale reputa
necessario un approfondito studio su tutte le forme alternative
di energia, esso conclude poi nel
sottolineare, da una parte, il
diritto della gente alla qualità
della vita, nello scegliere e indicare essa stessa quei tipi di programmazione che ritiene più idonei e, dall’altra, il dovere di fruire, col massimo rispetto possibile, quanto le è stato dato in
uso dal Creatore su questa terra, e nella consapevolezza delle
proprie gravi responsabilità nei
confronti delle generazioni future.
Nei giorni scorsi un deputato
socialista, che è anche fisico nu
bussate e vi sarà aperto, non è
un invito più o meno benevolo
all’affermazione delle infinite
capacità umane, né un'illusione
a scoprire in se stessi (o nell'umanità) il senso detta propria
esistenza e valore. Né, d’altra
parte, qui è promessa la risposta a coloro che cercano una
soluzione ai loro problemi (ai
problemi personali, ai problemi
della comunità, della città, del
territorio in cui si vive). La
Bibbia non è il toccasana ai nostri problemi, né il libro che si
apre quando si è incerti ed ecco
vi si trova la soluzione al cosa
fare, dove andare. È bene saperlo perché non ci siano poi false
illusioni e scottanti disillusioni.
Per comprendere questo testo in tutto il suo significato
dovremmo forse leggerlo come
se dicesse: poiché per grazia
siete stati ricevuti, ora potete
chiedere, poiché per grazia siete stati trovati, ora potete cercare.
In questo senso ci troviamo
qui dinanzi ad una delle affermazioni centrali del messaggio
biblico, in tutto paragonabile al
paolinico: « è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede ».
Queste esortazioni: chiedete e
riceverete, cercate e troverete,
bussate e vi sarà aperto, tratte
dalla esperienza corrente, sono
state chiamate « la regola del
mendicante ». Questa regola, dice Gesù, è quella che vale per
il nostro rapporto con Dio, che
sta già operando per noi nel futuro quello che dobbiamo fare.
Il nostro compito è di chiedere,
cercare le Sue opere e ogni volta che le scopriremo saremo capaci di operare in maniera efficace.
La nostra Chiesa evangelica e
riformata è stata letteralmente
fondata e plasmata secondo questa regola del mendicante. Non
a caso questa breve parabola è
stata al centro di infuocate polemiche al tempo della Riforma.
Contro l’interpretazione cattolica che vedeva nel testo una prova di quella stratificazione spirituale nell’uomo, distinguendo
in esso una "natura” e una “sopranatura’’ infusa dalla grazia,
i riformatori affermavano energicamente l’illimitata sovranità
di Dio, il Dio incondizionatamente libero che d’altra parte
non rimane lontano dall’uomo e
che si rivela nella sua piena libertà e si fa conoscere nella sua
volontà come Dio padre e. non
padrone, come Dio amico e non
grande inquisitore. Non a caso
questa parabola è preceduta dal
Sitta Campi
(dal sermone di prova tenuto al Ciabas il 20 agosto 1977)
(continua a pag. 2)
Roberto Peyrot
(continua a pag. 5)
SOMMARIO
2 Echi dal Sinodo
3 Valdesi e potere statale
4 Un libro da studiare
5 II dibattito nucleare
6"7 Cronaca delle valli
Come educhiamo i nostri
figli?
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16 settembre 1977
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iii-1
LA NOSTRA COSCIENZA CONTRIBUTIVA
Le chiese sono in ritardo
La regola del mendicante
{segue àa pag. 1)
Il Sinodo ha richiesto alle Chiese un aumento del 15 per cento - Perché non contribuire mensilmente anziché in una volta sola?
Dobbiamo dipendere ; dai contributi esteri per il personale della nostra chiesa? Dalle cifre presentate dalla Tavola nel suo rendiconto. finanziario al Sinodo,
sembrerebbe di sì. Infatti, al 31
luglio le ^iese avrebbero dovuto
versare circa il 60%. del preventivo del 1977, mentre hanno raggiunto solo il 45%. Se il deficit ‘
della cassa culto è stato quasi interamente coperto, è grazie ai
doni pervenuti dalTestero,
La realtà è questa.- non tutte j
le chiese hanno evidentemente
contribuito in maniera sufficiente e in modo regolare.
Ricordiamo che il Sinodo più
volte ha invitato i ffiembn di
chiesa a contribuire mensilmente. Infatti là cifra di 29 mila lire versata in un’unica volta, può
anche risultare notevole per chi
contribuisce, mentre 2.000 lire
versate mensilmente danno una
contribuzione annuale superiore
senza pesare eccessivamente e in
una- volta sola sul bilancio del
donatore. Questo è solo un esempio; sj auspica che chi legge,
mentalmente raddoppi almeno le
cifre, tenendo conto che il Sinodo, accogliendo la richiesta contenuta nel preventivo della Tavola chiede per il '78 alle chiese
un aumento del 15% sulle contribuzioni.
Scorrendo le statistiche dei
versamenti delle chiese pubblicate sulla relazione a stampa della
Tavola, per il periodo giugno-dicembre 1976, e facendo un po’ di
calcoli si nota che, pur nelle dovute approssimazioni e senza tenere conto delle situazioni locali.
i versainenti prò capite sono di
entità molto diversa,
Le motivazioni possono essere
le più varie, ma forse su di esse
influisce anche la prassi dei versamenti adottata dai contribuenti. ;
no versato di più:
I - Torre Penice:
Pinerolo:
II - Torino:
Milano:
III
4.860
8.270
8.860
20.500
l'insegnamento ai discepoli del
Padre nostro, la preghiera che
da allpra e per quasi duemila
anni è stato il ségno distintivo
dei cristiani e che sottolinea il
carattere di vicinanza e di amicizia di Dio.
A titolo di esempio^ di ogni distretto riportiamo la media annua prò capite delle, due chiese
che r— in termini assoluti — han
IV
Roma IV Novembre: 17.600
Firenze:. . 9.510
Paletmo:. . ILIOÒ.
Bari: 26.200
Giuliana Micol
Silvana ‘ Marclietti
Ma come sì’còhfigurerà (questo nostro chiedere, cercare dal
Signore quello che Egli vuole
che noi facciamo?
Dinanzi ai gravi problemi del
nostro tempo i credenti tendono a dare risposte diverse a
questa domanda, pQr{,„ necessqriarrtehte opposte fe arie alle altre, ma situate a livelli differènti.
Amministrazioné
Il Sinodo dà atto alle Chiese per
i'impegno contributivo sostenuto lo
scorso anno per le necessità della
Cassa Culto,- segnala loro ; il pceoc; «
cupante ritardo dei versamenti alla '
Tavola nell'anno in corso, le invita
a compiere lo sforzo di adottare il
sistema della rateizzazione e coprire
il proprio impegno entro la metà del
mese di dicembre di ogni.anno, per
evitare il protrarsi di questi ritardi ;
dà fìducia alla loro capacità di valutare responsabilmente la situazione
e di regolarsi in conseguenza.
(16/51/77).
la .Tavola, invi,ta. la Tavola, Distretti
e Chiese ad attuare entro l'arino
quanto stabilito dall'art 29/si/75.
(17/51/77).
Il 5inodo invita la Tavola a con-‘
eludere entro maggio 1978 (’indagine per conoscere lo stato di conservazione degli stabili é avere Uh quadro completo della loro situazione
che le consenta di programmare in
modo organico- gli ititerventi sulla
base della necessità, predisponendo
un adeguato piano di fìnanziarhènto.
(18/51/77).
Il 5inodo, constatando che il preventivo di spesa per la Cassa culto
per l'anno 1978 non è basato sugli
Jmpegni delle singole chiese, pur ritenendo giustificato il richiesto aumento del 15 per cento proposto dal
li Sinodo invita la Tavola a comprendere neirinfòrmazione alle chiese sul problema finanziario, secondo
quanto stabilito dall'art. 17/51/76,
i dati relativi alle fonti, di entrata
di tutte le attività, opere e istituti
della Chiesa. (19/51/77).
Ci sono coloro che interpretano l’esortazione di Gesù a chiedere, cercare, bussare come un
appello a forniare piccoli gruppi di uomini e donne per i quali è illusorio cambiare l'ordine
sociale esistente e che pertanto
concentrano le loro energie nella formazione di coscienze integerrime, , che pregano e amano
il loro prossimo e così rendono
testimonianza alla volontà di
Dio. Ci si può chiedere se però
questa ricerca dei compiti che
il Signore ha posto dinanzi a
noi non è limitata, se essa riesce ad intervenire efficacemente
nei problemi di coloro che lottano contro la fame, la guerra,
la violenza, l’ingiustizia, o se invece non resta confinata ad alcuni eletti, mentre il mondo —
che pure Dio ha tanto amato —
è abbandonato alta sofferenza.
Vi è poi l’atteggiamento di coloro, e non sono pochi, che proprio per reazione ad un travisamento in senso privato ed intimistico della ricerca della volontà di Dio nel presente, affermano che oggi ogni ricerca della Sua volontà deve passare at
RACCONTANDO IL SINODO
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Discussioni brevi
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bisogna decidere
iHtempo limita ogni anno
la discussione
di determinati argomenti sottoposti
alle decisioni del Sinodo.
Questo fatto tuttavia non comporta
una classifica dì importanza,
bensì una rotazione continua
delle priorità sinodali.
Assistenza
Il Sinodo riafferma la validità delTimpegno della chiesa verso t minori, per oggi e per un domani di
lunghezza indefinita, perché la situazione generale che il paese sta
attraversando e le difficoltà economiche fanno prevedere che questo tipo
di problemi non potrà trovare soluzione che nei tempo ;
constata l'interesse vivo e aperto
che esiste nelle comunità per questo
problema e appoggia le reali possibilità di intervento esistenti ;
incoraggia le linee di ricerca che
si attuano in forme diverse nel I distretto e a Firenze ;
sottolinea che si tratta di impe
gno della chiesa, e non dì iniziative
personali ;
propone la creazione di un comitato di coordinamento che curi i rap.
porti fra le varie opere per i minori,
con incontri e altre iniziative, e fra
le opere stesse e la chiesa ;
chiede che sia chiarificata la configurazione del ruolo diaconale, tuttora provvisorio;
ritiene che la chiesa debba dare
un sostegno permanente a chi opera negli istituti, poiché si tratta di
un lavoro che coinvolge in prima
persona e in modo totale.
(24/51/77)
Almeno due volte negli ultimi anni, il Sinodo .ha
affrontato in modo prioritario il tema dell’assistenza ai minori e agli anziani.
Quest’anno al tema dei minori
è stato dedicato uno spazio più
ristretto, il che non ha impedito il proseguimento del discorso che si va facendo in questi
anni e la puntualizzazione contenuta nell’ordine del giorno che
riportiamo qui sopra.
In esso si sottolineano il momento di transizione e sperimentazione, la crescente sensibilità delle chiese, l’utilità di un
collegamento e la necessità di
una chiara configurazione del
ruolo diaconale. È questo l’unico accenno al dibattuto problema del personale nelle opere della chiesa contenuto negli atti
del Sinodo di quest’anno. Un
ordine del giorno relativo all’indagine sulla situazione del per
sonale negli istituti ha subito le
conseguenze di una discussione
confusa e non è passato a causa dei molti voti astenuti. Un
problema scottante — dopo le
accese discussioni dell’anno scorso — già congelato?
Sempre in tema di assistenza
va notata la delibera riguardante l’Istituto Comandi di Firenze.
Ma su questo argomento intendiamo tornare in seguito più
dettagliatamente.
Claudiana
Sul piano organizzativo la
Commissione d’esame chiedeva
una più netta distinzione tra
l’editrice e le librerie (come era
stato suggerito l’anno scorso
dalla Commissione Claudiana)
al posto della struttura più accentrata messa in opera l’anno
scorso. Varie voci. Tavola compresa, hanno espresso riserve
sull’ipotesi di un cambiamento
ad un solo anno dalla ristrutturazione. Si è perciò deciso di attendere che resperimento duri
tre anni: nel 1979 il Sinodo sarà
chiamato a valutare l’esperimento di gestione unitaria e il progetto di distinzione dei due rami
dell’attività, sostenuto quest’anno dalla Commissione d’esame,
per giungere ad una conclusione.
Un cambiamento comunque
c’è stato: per decisione del Sinodo, a partire dall’anno prossimo i costi della Claudiana (editrice e librerie) saranno inclusi
nel conto di previsione della Tavola e questo contribuirà a dare
stabilità e insieme più precisa
configurazione a questo importante settore della nostra presenza nel Paese.
Dell’opera della Claudiana il
Sinodo si è rallegrato e in un altro ordine del giorno ha raccomandato alle chiese e ai circuiti
che gravitano intorno alle tre
librerie di Torre Pellice, Torino
e Milano, di potenziare il più
possibile la loro collaborazione
« sul piano del volontariato e
dell’appoggio finanziario ».
Neppure il Sinodo, del resto, ha
potuto dedicare molto spazio al
giornale e si è limitato a votare
una valutazione generale positiva, ad auspicare una più stretta collaborazione tra le due redazioni (Torino-Valli e Roma)
e a chiedere alle chiese di « appoggiare la diffusione e a sostenere la campagna abbonamenti
per il 1978 ». Non c’è bisogno di
dire che su questo argomento
ritorneremo spesso e volentieri
nei prossimi mesi!
Neppure su Com Nuovi Tempi si è avuta una vera e propria
discussione. Piccoli emendamenti di forma all’ordine del giorno
presentato dalla Commissione
d’esame erano altrettanti indizi
di opposte valutazioni del settimanale, schermg,glie che avrebbero potuto sfociare forse in un
dissenso più aperto se non si
fosse giunti ad affrontare questo
t'^ma già nella fase finale del
Sinodo. Ad ogni modo il Sinodo
ha espresso un riconoscimento
nei confronti di questo « stiumento utile ..di scambio e di dialogo con settori aperti alla ricerca della fede » e il desiderio di
vedervi « maggiormente presenti
1 temi biblici e della testimonianza cristiana ». Infine ha dato
mandato alla Tavola di sottoscrivere, come per il passato,
«un adeguato numero di abbonamenti ». È questa la forma
del leale sostegno che la Chiesa
valdese assicura di anno in anno
a Com Nuovi Tempi.
Anche la Claudiana, che Tanno scorso era apparsa in primo
piano sulla scena sinodale, sotto la luce talvolta impietosa dei
rifiettori che mettono in risalto
difetti, contrasti e scompensi,
quest’anno è rimasta se non tra
le quinte, comunque in secondo
piano.
Stampa
Ecumenismo
SulTEco-Luce, che doveva essere uno degli argomenti all’esame della sessione congiunta valdese-metodista, non è stato possibile avere una discussione comune per mancanza di tempo.
La Commissione d’esame ha
notato un certo grado di improvvisazione nei rapporti ecumenici ch.e la nostra chiesa intrattiene con altre chiese e organismi soprattutto all’estero.
Oggigiorno le possibilità di con
traverso una vita proiettata verso l’esterno, con gli altri uomini, nel contesto di una partecipazione alle lotte per una nuova società. È nelle lotte per una
nuova società che è possibile
trovare la volontà di Dio e individuare i compiti che ci attendono.
Entrambe queste posizioni
hanno una cosa in comune: il
sottovalutare che è per grazia
che siamo stati trovati, per grazia siamo stati accolti. Né una
intensa vita di preghiera, né
una intensa vita di attivismo
corrispondono alla regola del
mendicante di cui parla Gesù in
questo testo, cioè sono la soIut
zione al.-£orretto rapporto tra
l’uomù e Dio. I credenti che
prendono sul serio la regola del
mendicante non possono ignorare i problemi del mondo o ten, tare di risolverli stabilendo una
. separazione tra il campo della
fede, come fatto, interiore e privato, e il campo dell’azione sociale. Ma allo stesso tempo i credenti che militano nelle lotte di
liberazione devono essere, consapevoli del rischio opposto di
praticare un impegno politico, e
sociale sotto forme "religiose"
che attribuiscono ai soggetti sociali e alle forze politiche caratteri mitici che non corrispondano alla realtà.
Chiedete e riceverete, cercate
e troverete, bussate e vi sarà
aperto. La regola del mendicante si erge contro le tendenze
pietistiche all’evasione e al disimpegno politico, ma anche
contro le pigrizie semplicistiche
di fare delle scelte politiche un
atto di fede. La regola del mendicante, proprio perché sottolinea l’infinita misericordia della
grazia di Dio offre un immenso
campo d’azione: il Signore sta
preparando per noi il modo con
cui saremo suoi discepoli ora e
negli anni avvenire...
tatti si sono talmente moltiplicate e ampliate che non è più
possibile affidarsi alle conoscenze personali e tener dietro ad
ogni iniziativa o organizzazione.
È quindi emersa la proposta-di
costituire una Commissione ecumenica consultiva, al servizio
della Tavola, che studi per essa
i problemi connessi all’ecumenismo fornendo studi, pareri e informazioni specifiche. Il Sinodo
ha accolto questa proposta riconoscendo l’importanza di questa necessità. Questa commissione, se funzionerà a dovere,
potrà aiutare la nostra chiesa
nella direzione di una maggiore
efficienza e di un maggiore inserimento nel campo ecumenico.
Personale
Il Sinodo si è rallegrato per il
ritorno del past. Bruno Tron
che si è rimesso a disposizione
della chiesa, anche se non ha
certo potuto rallegrarsi dei motivi di questo rientro anticipato
dall’Eritrea, dove il past. Tron
ha lavorato per più di vent’anni.
Per quanto problemi amministrativi vadano ancora risolti
con la missione svedese dì cui
il past. Tron è stato dipendente,
il Sinodo ha chiaramente espresso la sua ferma intenzione che
egli riassuma il suo posto tra i
colleghi in condizioni di completa parità.
Continua, anche se in forme
diverse, il progetto di dotare i
pastori emeriti di un alloggio.
Nell’impossibilità di provvedere
un alloggio a tutti, la Tavola
per decisione del Sinodo corrisponderà agli emeriti una indennità alloggio.
Proposte
Infine la Commissione proposte, che ha il compito di concludere le delibere sinodali canalizzando i desideri e le osservazioni emergenti durante il Sinodo
stesso, ha stabilito un certo record di successo: una sola proposta ( oltre a due raccomandazioni) e accolta: è stata riconosciuta la necessità di dividere il peso della segreteria del Sinodo su di un maggior numero
di spalle. Dall’anno prossimo
perciò i vice segretari saranno
4 anziché 2, malgrado il voto
contrario di uno dei segretari
dell’anno scorso, piccato di esser stato tra gli ultimi a fare
lavoro doppio.
F. Giampiccoli
3
16 settembre 1977
VALDESI E POTERE STATALE - 5
La ripresa del XIX secolo
Il separatismo, che per un tempo ha funzionato in una società civile i cui principi collimavano con quelli
delle minoranze, non è stato elevato a tesi di principio bensì usato come strumento adatto ad un determinato periodo per rispondere all’esigenza irrinunciabile del doppio lealismo
Convengo pienamente che Napoleone considerasse la religione
e soprattutto il potere ecclesiastico quali instrumenta regni. Cosi in genere fanno i dittatori.
Per quanto concerne i valdesi
negli ultimi anni del XVIII secolo, ai barlumi delle prime libertà
anche in campo religioso che
esplosero repentini all’arrivo delle milizie rivoluzionarie, fece poco dopo seguito quella protezione napoleonica che ebbe per essi due aspetti diversi, ma entrambi negativi. Tutto al contrario dei loro principi di indipendenza ecclesiastica, che erano
stati un tempo baluardo delle
posizioni da loro assunte nei confronti del potere statale. Napoleone, senza consentire un possibile contraddittorio, impose ai
valdesi da un lato l’assegnazione
di beni nazionali per cercare di
sopperire alle loro esigenze finanziarie; e dall’a’tro lo scioglimento delle loro istituzioni ecclesiastiche tradizionali e l’incorporazione nel sistema giurisdizionalista decretato con gli articoli organici del 1804 in materia ecclesiastica. Fu questo il punto
più basso a cui pervennero i vaidesi costretti dall’ imposizione
del potere statale. Il conseguimento di alcune libertà esterne,
era pagato col prezzo del sacrificio delle libertà interne.
Ma con la restaurazione nostnapoleonica venne altresì il risveglio religioso. Ed è appunto
da questa intima contraddizione
tra le condizioni di reazione e
conservazione nella vita pubblica che li circondava, ed il rinnovamento religioso interno, che è
caratterizzata la vita dei valdesi,
nuovamente rinchiusi nel ghetto
alpino, nella prima metà del secolo XIX.
Restaurazione politica
e risveglio religioso
Facendo doveroso buon viso
alla restaurazione politica dei
Savoia, nonostante le plurime
compromissioni con i precedenti
regimi rivo’uzionario e napoleonico, i dirigenti valdesi — come
giustamente rileva Armand-Hugon — compresero forse allora
quale fosse l'incertezza e la fragilità che dominavano la fiducia riposta nei capi di questo mondo.
Certamente lo sviluppo degli avvenimenti nella prima metà del
secolo conferma nel quadro della vita valdese una tendenza politica ispirata a maggior riflessione, in ordine ai principi in cui
si identificava nel tempo la posizione valdese di fronte al potere statale. Gli uomini del risveglio si comportarono con maggior prudenza e con più attenta
riservatezza sia nella forma che
nel contenuto del’e loro dichiarazioni ufficiali e nel contesto della vita ecclesiastica.
Il risveglio religioso comportò
un contatto rinnovato con le
chiese svizzere che ebbero a loro
volta maggiormente a risentirne.
Ciò diede modo ai valdesi di ritemprare se stessi non solo sul
piano religioso ed ecc’esiastico,
ma consentì loro di assorbire ed
inserirsi di conseguenza sul piano delle nuove correnti del protestantesimo europeo anche per
quel che concerneva i rapporti
con lo Stato. Circa il rinnovamento della vita ecclesiastica, le
discipline del 1833 e 1839 e la costituzione del 1855, ne sono una
testimonianza aperta. L’inizio
de’la loro opera di evangelizzazione, non appena furono spalancate le porte del loro ghetto alpino, testimonia dell’ avvenuto
rinnovamento sul piano religioso. Il loro inserimento nel ribollire della vita politica piemontese dimostra come essi avessero
•saputo mantenere vivi i loro
principi di libertà e come avessero saputo rendersi disponibili
alle nuove prospettive del liberalismo politico.
AH’avvento del 1848, si può affermare che i valdesi furono consapevoli di fronte aH’impòrtanza
dell’ora; così come un anno dopo
seppero validamente affermare
la loro posizione in perfetta coerenza con i loro tradizionali principi' allorché, nel rinnovato cli
ma di libertà politiche di cui erano stati fatti finalmente compartecipi, seppero cogliere nelle vie
indicate da Vinet lo strumento
per riaffermare le loro posizioni
di fronte a’ potere statale.
Lo strumento nuovo
L’esperienza sviluppatasi nelle
chiese libere svizzere a seguito
del risveglio aveva fatto insorgere in quegli ambienti, che avevano anch’essi subito da secoli il
peso di un giurisdizionalismo
territoriale così diffuso oltr’alpe,
la consapevolezza necessaria per
abbracciare convinti le vie del
separatismo. Tramite i ripetuti
contatti con personalità di dette
chiese, i valdesi videro nei postulati del liberalismo allora trionfante che esaltava i valori interiori all’individuo, e soprattutto
nel principio della separazione
del potere statale dalle istituzioni ecc'esiastiche lo strumento
nuovo di cui avrebbe potuto disporre in sede politica per la riaffermazione non solo dei 1 oro
principi di libertà e indipendenza ecclesiastica, ma anche del
principio del doppio lealismo.
Principi tutti questi che sembravano così bene sposarsi con le
aspirazioni alla libertà proprie
di quel fatidico momento storico. Il saggio di Amedeo Bert su
« la Chiesa e lo Stato ed in particolar modo l’articolo di Giovanni Pietro Meille, che ho di
recente in larga parte ripubblicato su questo foglio (Eco-Luce:
15.IV.1977), entrambi del 1849,
esprimono validamente i termini con cui le generazioni del risveglio seppero annunciare in
tutta coerenza il loro modo di
vedere i rapporti tra valdesi e
potere statale valendosi degli
strumenti del loro tempo. Si
tratta di ùna chiara dimostrazione di una salutare ripresa di
coerenza con i principi di fondo
che anche sul terreno dell’azione politica ebbero a caratterizzare il movimento valdese sin
dal suo insorgere.
E vero quanto sottolinea Armand-Hugon: essi « si avvidero
che il rapporto Stato-Chiesa doveva essere chiarito ». Ma più ancora a me sembra che essi non
solo compresero che era venuto
il momento per chiarire tale rapporto, ma anche che l’ambiente
stesso della società civile offriva
loro lo strumento adeguato di
cui si sarebbero potuti valere.
Il separatismo pertanto nell’ambiente valdese nasce col ’48,
non prima; e non si pone come
risurrezione di loro più antichi
principi. Questi restano inalterati nelle loro espressioni ricevute
in termini di doppio lealismo
con le imp’icazioni conseguenti.
Il separatismo viene perciò ricevuto solo come strumento per
tradurre in pratica gli enunciati
e le implicazioni di libertà e di
indipendenza. La metà del XIX
secolo si presenta ai valdesi come la prima occasione storicamente verificatasi in cui i criteri
politici che animano la società
civile si rendono idonei anche all’attuazione dei loro principi.
Questa la ragione per cui il separatismo si è così fortemente radicato negli ambienti valdesi nei
successivi cento anni; ed ancor
oggi raccoglie tra i valdesi vari
seguaci. Il difetto del separatismo, sotto il profilo degli interessi valdesi, riposa nel fatto che
quando il potere statale si orienta a principi che non collimano
con quelli de’le minoranze, il si
stema si riduce ad una mera produzione legislativa unilaterale
statale che contiene in nuce la
smentita dei principi della libertà e dell’indipendenza che sgorgano spontanei dal doppio lealismo che anima l’ambiente valdese.
Diversa fu la situazione nella
seconda metà del XIX secolo dove il separatismo voluto dalle
classi politiche dirigenti italiane
si animò di laicismo e di anticonfessionalismo. In quel periodo si
produssero poche leggi in materia ecclesiastica ispirate al principio paritario, per cui le minoranze poterono valersi di amnie
libertà.
Limiti
del separatismo
Il sistema separatista comportava però una grande fiducia nel
potere dello Stato che da solo
avrebbe dovuto, contemporaneamente allo sviluppo della società
nelle vie della democrazia, stabilire anche un pieno rispetto
per tutte le componenti della società. Ecco perché, cambiati i postulati politici, la situazione si è
presentata in termini di incocrenza; e per questo in una sana
valutazione delle posizioni vaidesi verso il potere statale il separatismo non poteva essere, e
non fu, elevato a tesi di princL
pio, ma valutato solo in termini
di strumento adatto al tempo in
cui il separatismo stesso è stato
sperimentato sul piano della società civile.
Alla metà dell’ottocento indubbiamente la premessa separatista offriva ai valdesi la possibilità di contenere in termini di coe
renza quel doppio lealismo verso
Dio e lo Stato che essi avevano a
suo tempo affermato, e consentiva loro in modo adeguato di rivendicare le libertà a cui aspiravano sul piano religioso e l’indipendenza delle loro istituzioni
ecclesiastiche. Per queste ragioni
essi rifiutarono il tentativo avanzato dal ministro Pinelli che
avrebbe voluto emanare, sia nure con il loro previo consenso,
una legge organica nei loro confronti, la quale avrebbe portato
loro benefici, ma li avrebbe però costretti nuovamente a vivere ecclesiasticamente nelle pastoie di un nuovo giurisdizionalismo laico. I valdesi seppero evitare tale pericolo con la dichiarazione della Tavola del settembre
1849 e salvarono così nella rinnovata coerenza ai loro principi, la
loro esistenza autonoma per tutto il secolo XIX e nei primi anni
di questo secolo sino all’avvento
del fascismo. La consapevolezza
del'a loro missione che i valdesi
maturarono nello sviluppo di
una fiorente opera di evangelizzazione segna l’aspetto più saliente delTapportb che i_ valdesi
seppero dare in quell’Italia unita
ed indipendente che gli uomini
del risorgimento seppero creare.
La dichiarazione del’a Tavola
del 1849 al governo piemontese
esprime non solo la riaffermazione dei loro principi, ma si presenta come il dettato a cui a
100 anni di distanza i valdesi del
1943 vollero fare nuovo appello
per indicare le linee" del’a loro
condotta nei riguardi del potere
statale, così come essi pensavano
che questo si sarebbe ripresentato loro dopo la caduta del fascismo e la fine della guerra.
Sui fatti e rilievi inerenti il secolo XX, sugli sviluppi dell’atteggiamento dei valdesi durante e
dopo la parentesi fascista, sui
nuovi strumenti che la Costituzione della Repubblica ha offerto
loro per l’attuazione concreta dei
loro principi e sulTattuale momento dell’azione in corso nei riguardi della Repubblica italiana,
ho detto e scritto di recente più
volte e in varie occasioni, per cui
non reputo necessario dovervi
tornar sopra nella presente circostanza.
(fine)
Giorgio Peyrot
LA RIUNIONE DEL COMITATO CENTRALE DEL CONSIGLIO ECUMENICO
Il lavoro del Consiglio Mondiale delle Chiese si svolge attraverso tre dipartimenti, chiamati Unità che si suddividono a loro volta in quattro o cinque sotto-unità. Le tre Unità sono ;
Unità I « Fede e Testimonianza », le cui sotto-unità sono Ghiesa e Società, Fede e Costituzione, Dialogo con altre Fedi e Ideologie, Programma di Educazione Teologica, Missione ed Evangelizzazione.
Unità II « Giustizia e Servizio » suddivisa in cinque sottounità: Aiuto fra le chiese, Rifugiati e Servizio al Mondo, Commissione Medica, Partecipazione
delle chiese allo sviluppo, Commissione per gli Affari Internazionali, Programma di Lotta al
Razzismo.
L’Unità II è quella a cui sono
stata assegnata. È l’unica che
abbia un comitato esecutivo,
formato dai direttori delle sotto-unità (che sono membri del
personale) e dai presidenti delle cinque commissioni; esso si
riunisce due volte all’anno, facilita il collegamento e la collaborazione fra le diverse sottounità e si occupa in particolare
di certi programmi (Militarismo, Transnazionali, Fondo per
l’Indocina, Ufficio per i diritti
umani in America Latina) che
sono affidati all’Unità nel suo
insieme. Io sono membro dell’esecutivo in quanto vice-presidente deirUnità; vi sono altri
due vice-presidenti, il vescovo de
Souza dei Caraibi e il pastore
Bichkov, presidente della chiesa battista russa. Il nostro Moderatore è il professor Barkat,
del Pakistan.
Unità m « Educazione e Rinnovaménto » che si suddivide in
Educazione, Rinnovamento e Vita Congregazionale, Donne nella chiesa e nella società. Gioventù.
Energia nucleare
Il Consiglio Mondiale delle
Chiese svolge il suo compito
lungo le due linee della riflessione e dell’azione, che non sono
mai rigorosamente separate perché ogni azione ha alla sua base una riflessione teologica e bi
Al lavoro nelle «unità» del CEC
’’Fede e Testimonianza”, "Giustizia e Servizio , Educazione e Rinnovamento” tre grandi temi di riflessione e azione - Il problema dell’energia (chi ne ha troppa e chi non ne ha): una possibilità pratica
blica a cui, a sua volta offre
spunti e prospettive. Cosi in
questi ultimi anni, per esempio,
sono stati resi noti documenti
teologici sulla questione del razzismo e dei diritti umani, frutto
della riflessione nelle chiese e di
una consultazione conclusiva di
esperti.
Nel campo dell’impegno concreto e dell’azione ricordiamo il
lavoro ormai trentennale svolto
a favore dei rifugiati. Quello che
poteva sembrare un servizio
temporaneo, che sarebbe cioè
terminato quando i milioni di
profughi della seconda guerra
mondiale avessero trovato una
sistemazione, si è rivelato invece un impegno costante e crescente. In molte parti del mondo aumenta continuamente il
numero di coloro che devono
abbandonare il loro paese per
ragioni politiche o a causa di
guerre e conflitti. Fra le direttive approvate per il lavoro del
Servizio ai Rifugiati citiamo :
« Identificare e combattere le
cause profonde, in.cluse le ingiustizie, che costringono la gente
ad abbandonare le loro case e
i loro paesi »... « Contribuire a
promuovere un’efficace protezione legale» (Le Nazioni Unite
non sono ancora riuscite a far
accettare una Convenzione che
stabilisca criteri internazionali
Il precedente servizio
di Fernanda Comba è stato pubbiicato sul n. 33-34
del 26 agosto. Proseguiremo sul prossimo numero
la pubblicazione dei principali documenti del Comitato Centrale del CEC.
su questioni vitali come il diritto di asilo e il divieto di espulsione).
Linee di azione
Il Comitato Centrale non ha
emesso nessun documento ufficiale sulla questione nucleare,
come invece aveva fatto l’anno
scorso, ma ha approvato le linee dell’azione che sarà portata
avanti da Chiesa e Società. In
particolare ha approvato il progetto di un Colloquio, il più rappresentativo possibile, che riunisca esperti contrari e favorevoli
all’energia nucleare, o indecisi,
che valuti i motivi che sono alla base dell’opposizione delle comunità locali alle centrali nucleari: per esempio, ragioni di
principio o semplici timori? Oltre a facilitare lo scambio di informazioni e a precisare i termini dei problemi implicati, il
Colloquio dovrebbe tendere all’ulteriore sviluppo di una posizione ecumenica e alla formulazione di un programma di azione per le chiese.
Il Comitato Centrale ha appoggiato la proposta di un fondo internazionale per la ricerca
e lo sviluppo di nuove fonti di
energia, fondo amministrato da
un organo internazionale competente. « ...Il Comitato Centrale auspica vivamente che questo
organo dia una rappresentanza
predominante alle nazioni meno
industrializzate per compensarle del loro svantaggio economico e raccomanda alle chiese di
sollecitare l’appoggio del loro
governo ». Tale proposta era
stata fatta nel maggio 1977 dal
Primo Ministro della Giamaica
alla conferenza dei Primi Ministri del Commonwealth.
Ancora un ultimo punto sulle
questioni energetiche. Nell’am
bito del progetto «Energia per
il prossimo » si raccomanda alle chiese locali dei paesi sviluppati di risparmiare energia (si
intende elettrica, o quel che
sia!) per inviare il denaro così,
risparmiato a progetti energetici nei paesi in via di sviluppo.
È questa una possibilità pratica
offerta alle chiese di dimostrare
in campo locale e nazionale la
loro preoccupazione per risparmiare energia e ridistribuirla.
Incontri
Anche se durante il Comitato
Centrale le giornate di lavoro
con riunioni plenarie, gruppi di
discussione, ecc. erano intense e
lunghe, esistevano anche occasioni di incontro più distensive,
come la cena che ha riunito all’YWCA (UCDG) un bel gruppo di donne. Erano presenti la
presidente mondiale dell’YWCA
Nita Barrow, una delle presidenti del Consiglio Mondiale
delle Chiese Cynthia Wedel,
giornaliste, membri di varie
commissioni ecumeniche, visitatrici. Oppure la cena nella cornice simpatica e familiare del
Foyer John Knox a cui hanno
partecipato i riformati presenti
a Ginevra per il Comitato Centrale. Fra di loro ricordiamo il
pastore Jacques Maury, presidente della Federazione delle
Chiese francesi, il dottor William
Thompson, segretario generale
della chiesa presbiteriana unita
degli USA, il dottor Simatupang,
uno dei sei presidenti del Consiglio Mondiale delle. Chiese. E
inoltre rappresentanti di chiese
riformate e presbiteriane di
Svizzera, Thailandia, Egitto, Cuj
ba, Canada, Svezia e di altri
paesi ancora.
Fernanda Comba
4
Ig settem)3re 1977
«UNO SPAZIO PER ESSERE UOMINI» DI MIGUEZ BONINO
Un gioiello per le comunità
da scoprire e valorizzare
a colloquio con I lettori
Se un gioiello ci affascina per
il suo valore e la sua bellezza
ogni volta che lo riguardiamo,
allora anche questo libriccino
edito dalla Claudiana è uno dei
gioielli della nostra casa editrice. L’avevo letto prima delle vacanze estive. L’ho riletto ora per
presentarlo ai lettori de « La
Luce ». E la stessa gradevole
sorpresa di avere fra le mani
qualcosa di prezioso c’era ieri
come oggi.
Si tratta di una serie di quattro conversazioni tenute dal teologo metodista J. M. Bonino in
una chiesa di Buenos Aires su
quattro temi centràli della fede
cristiana: Chi è Dio, chi è l’uomo, la vita eterna, la vita per
fede. Ad ogni esposizione seguono alarne considerazióni e precisazioni, che sono il frutto delle discussioni di gruppo organizzate dopo ogni incontro. Un
libro di autore, dunque, ma di
un autore che esiste ed opera
nel mezzo di una comunità in
cui l’ascolto è reciproco. Non
c’è qui solo lavoro di tavolino.
La prima caratteristica che
balza agli occhi è formale: tutto il testo è scritto con estrema
chiarezza e semplicità. Si tratta di un tentativo esemplare di
riflettere teologicamente e profondamente senza far ricorso a
termini e periodi cosi esclusivi
e complessi da risultare impenetrabili al popolo dei poveri.
Chiunque sia convinto che la
teologia non possa essere una
scienza tecnica per superspecializzati, ma una riflessione scientifica sulle testimonianze di Dio
per la salvezza dell’uomo, non
può non trarre grande profitto
da un attento esame linguistico
e formale di questa operetta.
Ciò rni porta ad un’altra considerazione. Evidentemente noi
viviamo in un’epoca in cui non
solo sta cambiando « la teologia » ( le « teologie » da sempre
sono sorte e rifluite come le onde del mare), ma è cambiato
il modo di fare teologia. Il teologo di oggi non ha più intorno
a sé soltanto i suoi insigni colleghi del passato e del presente
e non considera più il popolo
dei credenti come l’unico destinatario a cui le perle del sapere
saranno centellinate da eserciti
di pastori divulgatori. Ai giorni nostri si ritorna a forme di
ricerca teologica che ricordano
certi nostri antenati dell’alto medioevo o dei primi secoli dell’èra cristiana, quando il teologo è innanzi tutto un espositore della Bibbia in mezzo al popolo (indistinto assai spesso
cioè quello che sta nel foro o
nel mercato), proprio come Agostino o Crisostomo o Origene
ed altri. E qui Bonino ci dà un
esempio di questo modo di procedere, che non esclude il lavoro dell’accademia, ma non lo
considera Anale, esso può essere solo un momento, una tappa, un aspetto.
E infine qualche parola sul
contenuto. Si è detto- sovente
che la Claudiana dovrebbe dare
più spazio, nei suoi programmi
editoriali, al capitolo della meditazione. Non so veramente se
la forma del libro di preghiere
o di meditazioni giornaliere sia
ancora giustificabile o comunque l’unica. Quello- che, so per
certo è che, se i nostri fratelli
e le nostre sorelle pigliassero
questo libro in mano, rileggessero i passi biblici cui fa riferimento (con una chiave biblica,
però, dato che non vi sono citazioni) e riflettessero, ne trarrebbero grande vantaggio e ne
avrebbero per un bel po’.
Infatti Bonino non si ferma a
ripetere, magari con linguaggio
moderno, le formule teologiche
del passato, ma veramente reinterprete (vedi la nozione di uo
mo e quella di peccato) e provoca approfondimenti e ’conversioni’ della mente e del cuore.
Egli è a tratti molto ’provocante’, pur essendo la sua un’espòsizione non polemica, assolutamente serena, iresti giudizi mi
sembrano particolarmente appropriati, ad esempio, al discorso sugli idoli e Dio (pp. 12-15 e
20-21), o a quello sul progettouomo (pp. 30-32). Ma vale anche
per singole affermazioni lapidarie, come le seguenti. « L’umanità non si costruisce né solo
con l’amore né solo con il fuo.
co. Si costruisce con l’amore e
con il fuoco, insieme», (p. 31),
oppure « Il peccato non è tanto
un’offesa a Dio in sé; è un’offesa a Dio nell’uomo » (p. 34), o
ancora « Consolazione e sfida
sono come due imboccature dello stesso tunnel... la sfida senza
consolazione è disperazione e
frustrazione ed alla fine distrugge. La consolazione senza la sfida porta alla morte spirituale,
alla distruzione dell’uomo » (p.
69), o infine la constatazione
che nella Bibbia « la ricompensa » non è un « credito » che noi
avremmo presso Dio, ma « ...è
il completamento di ciò che iniziamo nell’amore» (pp. 55-56).
P. Spanu
José Miguez Bonino, Uno spazio
per essere uomini, Claudiana
1977 (pp. 78, Lire 1.500).
Rettifica
Egr. Sig. Direttore,
In merito alla notizia sulla « Evangelizzazione a La Spezia » apparsa su
(( La Luce » dell’8/7/’77 desideriamo
precisare, per esattezza di informazione, che la c( campagna di evangelizzazione » non è consistita, come afferma
il vostro corrispondente, in a culti secondo la liturgia in uso nelle chiese
locali » tenuti sotto il « Padiglione La
Parola », ma di un programma particolare di evangelizzazione.
Predicazione dell’evangelo, canzoni
spirituali presentate da un gruppo
musicale, proiezione di film a caratte
re scientifico, testimonianze di vite
a cambiate » e soprattutto contatto con
la gente sulla piazza, nelle strade,
nelle case, distribuzione di inviti (15
mila), letteratura evangelica, porzioni
della Scrittura, attività tra i bambini,
ci -hanno impegnato in quei quindici
giorni.
Le persone che hanno avuto occasione di ascoltare o di parlare con noi
sono state moltissime; circa una ventina hanno chiesto di continuare un contatto con noi, alcuni hanno confessato
di aver accettato Gesù come Salvatore in quella occasione, gloria a Dio!
Per quanto riguarda l’accusa di
esclusivismo rivoltaci, teniamo a precisare che tutte le chiese evangeliche
della città sono state informate ed invitate e ogni giorno alcuni membri di
esse erano presenti; è stata perciò anche una bella occasione di incontro.
Per quanto riguarda il dialogo che
le chiese federate hanno sempre tentato nei nostri confronti, cosi afferma
il vostro corrispondente, non siamo al
corrente che ci siano stati sforzi in
CONVERSAZIONI CON I NUOVI MEMBRI DELLA TAVOLA
Bianconi: daiia Facoità
alia Tavola
Chi sono i tre nuovi membri
eletti nella Tavola Valdese?
Dai nomi proposti, venerdì 26
agosto, sul tabellone nel corridoio dell’aula sinodale, le votazioni hanno espresso, con vasto
consenso, tre nuovi nominativi
(Sergio Bianconi, Valdo Fornerone, Alberto Taccia) che sostituiranno i membri scaduti « per
compiuto settennio ».
alia
Leffera
moglie
Lei sa bene che ho sostenuto la
causa del perdono a Kappler! Questo per due motivi : il primo politico, infatti non si può lavorare per
un mondo nuovo finché si è prigionieri del passato; il secondo, perché
credo nella forza rivoluzionaria dell’amore come ci è stato manifestato
in Cristo. Tutto ciò presupponeva
però il pentimento di Kappler altrimenti non si tratta di passato ma
di un presente sempre ancora vivo
ed operante.
Prima il dr. Wilm (ex presidente
della Chiesa della Vesfalia), poi Lei
mi avete dichiarato che Kappler
era sinceramente pentito, che era
un altro uomo e che non voleva
più aver niente a che fare col nazismo. Ora, non ho alcuna ragione
di dubitare della buona fede del
dr. Wilm, che ha fatto tre anni di
Dachau per il suo antinazismo, ma
non ho più alcuna ragione di credere a Lei che, come gli avvenimenti ci dicono, non ha fatto che
dire menzogne le une dopo le altre.
Se Kappler fosse stato pentito
non sarebbe fuggito, facendo pagare la sua libertà a degli innocenti
(i carabinieri di vari gradi) vivendo ancora una volta, come prima,
sulla rovina degli altri. Quale conversione è la sua? Qui non vi è
conversione ma rigurgito di fogna.
La fogna è il nazismo ed è l’inquinamento prodotto da questa fogna
che ci preoccupa perché esso avvelena la democrazia europea ben
più degli atti di terrorismo, anche
se condannabili. E’ su questo pe(Da « La Stampa » di venerdì
aperld
di Kappler
ricolo che deve andare tutta la nostra attenzione.
Spero che nessuno fra i miei molti
amici tedeschi sia fra i suoi ammiratori pensando alla sua abilità : anche i peggiori criminali possono esser abili, anzi generalmente lo sono.
Chi ha pensato al perdono oggi
è tremendamente deluso. Aveva ragione il presidente del Consiglio,
Giulio Andreotti, a dire che « al
senso umanitario del popolo italiano Kappler ha risposto con la fuga »! Kappler era all'ospedale tranquillo, era curato assiduamente, in
più poteva avere con sé la moglie
quando e quanto voleva! Che cosa
poteva chiedere di più dopo quanto aveva fatto?
Ora Lei ha venduto la romanzata narrazione della Sua impresa :
bene, l'ingente somma ricevuta ha
10 stesso sapore del denaro estorto
e rapinato agli ebrei! Non mi pento di aver predicato, come Martin
Luther King, l'amore di Cristo e
continuo a credere nella sua forza
liberatrice anche se alle volte Cristo è di nuovo crocifisso.
Però la predica dell’amore di Cri
sto richiede anche la lotta contro
11 suo opposto, il nazifascismo, e
siccome questo amore non è sentimento ma azione costante e forte
penso che i cristiani di Germania,
come quelli d’Italia, e di tutto il
mondo, debbano oggi più che mai
impegnarsi in questa lotta con tutte le energie della loro fede e della loro vita.
senatore Tullio Vinay
9 settembre)
Il Sinodo ha così ringraziato
(non si trattava di un semplice
atto formale) per il lavoro svolto
il past. Gino Conte di Torino, il
dott. Marco Tullio Fiorio di Napoli e la prof. Marcella Gay di
Pinerolo che hanno portato avanti con fermezza e grande disponibilità — insieme agli altri quattro membri della Tavola — il
compito dell’esecutivo della nostra chiesa.
Abbiamo voluto conoscere più
da vicino i nuovi « tavolieri » avvicinandoli, nelle rare pause, durante le loro prime sedute a
Torre Pe’lice.
Poiché quest’anno Sinodo e
Conferenza hanno posto al centro dei lavori la questione delle
intese con lo Stato, apriamo questa breve presentazione dei tre
« nuovi », con l’unico giurista norninato in Tavola: l’avvocato Sergio Bianconi, incaricato presso
la Facoltà di scienze politiche di
Trieste, dei rapporti tra Stato e
Chiesa. Da una quindicina d’anni, Bianconi partecipa al Sinodo
(due anni fa ne fu vicepresidente)
come delegato della chiesa di via
IV novembre a Roma. È stato
un paio di volte in commissione
d’esame, si è occupato di regolamenti anche sul piano dei rapporti con la sessione rioplatense
e da quest’anno — con Giorgio
Spini e Giorgio Peyrot — ha preso parte ai lavori della "commissione sulle intese” che — come i
nostri lettori ricorderanno — si
è incontrata più di una volta con
quella governativa (Ago, Temolo,
Gonella) per definire l’attuazione
deH’articolo 8 della Costituzione
per ciò che riguarda le chiese
valdese e metodista.
L’anno scorso il Sinodo nominava Bianconi membro del Consiglio della Facoltà di Teologia
ed è appunto in questo ruolo che
Bianconi sedeva quest’anno tra i
membri del Sinodo. Fresco di
nornina in Facoltà, evidentemente Tincarico in Tavola lo ha colto di sorpresa anche se ammette
che la proposta della sua candidatura non nascondeva « la necessità di avere qualcuno che
s’intendesse di rapporti giuridico-amministrativi ».
Dopo i primi cinque giorni di
riunione della Tavola (mattino,
pomeriggio, sera) gli chiediamo
qual è la sua prima impressione:
« È un po' presto per esprimere
una valutazione. Ho visto che abbiamo tutta una serie di problemi inerenti alla difficoltà di trovare persone che occupino determinati posti. Spesso le nomine dei comitati sono difficili; non
sempre riusciamo a reperire pastori o laici adatti a ricoprire
certi incarichi ». Lo interrompo
e gli chiedo le sue impressioni su
questo Sinodo che lo ha votato.
« Indipendentemente dall' impegno che mi è stato rivolto trovo
che quest'anno il Sinodo è stato
molto positivo. Sono prevalsi argomenti giuridici, forse perché
la parte centrale riguardava i
rapporti tra stato e chiesa. Nell'insieme le discussioni sono state realmente fraterne, abbandonando quei toni da tragedia greca che ogni tanto si potevano
trovare negli interventi di '•ualcuno negli anni passati. Anche le
conclusioni sinodali sono state
raggiunte non a colpi di maggioranza ma con un vasto consenso,
salvo casi isolati ». Insomma come abbiamo scritto sull’Eco Luce si è trattato di un Sinodo liscio... « Certo che chi si aspettava una battaglia tra conservatori e progressisti ha dovuto arrendersi all' evidenza di una vasta
convergenza d’opinioni e di voti ».
Mentre parla mi viene in mente che Bianconi fa parte della
commissione giuridico-censultiva
della Federazione, a cui fanno capo anche le chiese non-federate
(avventisti, pentecostali, fratelli,
apostolici, ecc.). Ma non c’è il
tempo (la pausa sta per finire)
per aprire il discorso sulla Federazione; ed è peccato perché so
che ci tiene. Un’ultima domanda: il tempo per occuparti di
di questi incarichi, dove lo trovi?
« Quest’anno tra Sinodo e Tavola
mi son volate due settimane di
ferie... ». Ma da come lo dice non
sembra per niente dispiaciuto.
G. Platone
(segue)
questo senso. Ricordiamo una proposta
di incontro rivolta dai giovani delle
chiese federate al nostro gruppo giovanile, che è rimasta una proposta.
Chiesa Evangelica dei Fratelli
Proposte
per il futuro
Ho letto con molto interesse le osservazioni di Peggy Bertolino riguardo
al Sinodo e vorrei aggiungere anch’io
alcune considerazioni.
In quei giorni, sono state nostre ospiti due gentili delegate che avevano
viaggiato molte ore per raggiungere
Torre Pellice. L’ultima sera ci siamo
scambiate le nostre impressioni sul Sinodo e mi ha colpita il loro rammarico
per non aver potuto (dato che erano
sempre impegnate per le sedute) fra
ternizzare di più coi fratelli evangelici e la loro delusione di dover ripartire
senza aver visitato qualcuno dei luoghi
storici di cui avevano tanto sentito
parlare.
Chiacchierando così, fraternamente,
esse dicevano : « non si potrebbe, per
es. quando c’è la cena coi delegati esteri a Villa Olanda avere una serata libera a tutti affinché i delegati e i fratelli delle Valli possano incontrarsi e
fraternizzare? ».
So che all’estero questo si fa. Generalmente ci si siede intorno a vari tavoli € mentre si consumano bibite (a
pagamento) si chiacchiera, si ascolta
qualche messaggio e si canta. Sarebbe
bello per es. di cantare tutti insieme
i nostri canti di montagna!
Inoltre, bisognerebbe che il Sinodo,
modificando un po’ l’ordine dei suoi lavori, riservasse un pomeriggio per la
visita ad una comunità coi suoi luoghi
storici e i suoi istituti. Ogni anno, na^
turalmente, si visiterebbe una comunità diversa.
Credo che queste proposte, con un
po’ di buona volontà si potrebbero attuare. Così i nostri fratelli della diaspora e anche i fratelli metodisti che
ci conoscono ancora poco e tantomeno
conoscono le nostre Valli, non conserverebbero solo il ricordo delle faticose
giornate sinodali ma porterebbero con
loro, partendo, un arricchimento per
le cose viste e per le ore trascorse in
comunione fraterna.
Eugenia Geymet
Quale scopo?
Egregio Direttore,
(...) sono abbonata alla « Luce », al
Culto Evangelico, ed al Cenacolo, ottimo quest’ultimo e veramente pieno di
insegnamento e di consolazione in ogni occasione.
Non approvo invece l’indirizzo politico cosi spinto e del tutto contrario
alla mia esperienza ed al mio modo di
vedere (e non solo al mio), in particolare della « Luce » e mi permetto una
osservazione pratica : Si crede proprio
che un atteggiamento -di questo genere
possa giovare agli interessi finanziari
non solo del giornale, ma di tutta l’organizzazione della Chiesa, sia essa ’V^aldese o Metodista? Io ne ho seri dubbi.
Ed inoltre si è mai pensato che parecchi lettori non abbiano rinnovato l’abbonamento perché urtati dall’indirizzo
politico del giornale?
Colgo l’occasione per inviare i migliori saluti.
Raffaella Fo.ssati Pirazzini
Condivido i suoi dubbi: se il nostro
scopo primario fosse quello di badare
agli "interessi finanziari" del giornale
o della Chiesa, faremmo bene a cambiare indirizzo per giovare a questi interessi. Ma il punto è questo: il nostro
compito è ricercare la fedeltà alVEvangelo nel nostro tempo o curare interessi finanziari? Se, come certo tutti concorderanno. -è il primo, non possiamo
escludere dalla nostra riflessione e dalla nostra azione il contesto politico che
è condizione per ricercare la fedeltà
alVEvangelo nel nostro tempo e non
fuori del tempo.
Nella stessa linea, il Consiglio Ecumenico, di cui abbiamo pubblicato nello scorso numero la "Lettera alle chiese”^. si pone il problema della fedeltà
all Evangelo (ricercando il senso della
"comunità confessante” alla luce di
Ef. 1 ; 15-23), « in rapporto alle diverse situazioni in cui ci troviamo come
cristiani nel mondo di oggi ed alle
molte questioni pressanti che abbiamo
dovuto affrontare nel nostro incontro »
(tortura, nuovo ordine economico, questione nucleare, lotta contro il razzismo, ecc.). Siamo dunque in buona
compagnia, nella nostra scarsa capacità di curare gli interessi finanziari!
Franco Giampiccoli
5
16 settembre 1977
IL DIBATTITO SULLA QUESTIONE NUCLEARE
k
E stato detto recentemente che nel diy battito sull'energia nucleare si fronteggiano da una parte i “tecnici” e
dall’altra i “poeti". Belli e sognanti i
desideri di questi, ma ahimè realistici e incontrovertibili i dati di quelli. È chiaro da
che parte venga questa definizione.
I due interventi che pubblichiamo in
questo numero — a completare la presentazione degli ordini del giorno sinodali sulla questione nucleare curata da Roberto
Peyrot — sono chiaramente l’uscita di due
’’poeti”. Poesia di grandi personalità protestanti del nostro tempo — lo scrittore svizzero-francese Denis de Rougemont e il pastore della Chiesa confessante tedesca Martin
Niemóller — ma pur sempre poesia. E chiaro che prestano il fianco ad un’infinità di
frecciate da parte dei ’’tecnici”. In particolare, l’intervento più completo, quello di
Denis de Rougemont, a carattere prevalentemente simbolico ( e quindi, appunto, poe
tico!), pur sfumando in parte i toni rischia
di proporre un quadro in bianco e nero,
un’alternativa radicale tra energia nucleare e energia solare che oggi è ’’tecnicamente” improponibile in questi termini.
E tuttavia li pubblichiamo proponendoli
alla riflessione dei nostri lettori perché
sentiamo di aver bisogno di ’’poeti” di questo genere per controbilanciare quelli tra i
’’tecnici” che si vogliono meri esecutori di
’’scelte obbligate”; ma ancor più — al di là
di una contrapposizione che rischia di essere .solo sterile — per allargare il più possìbile l’orizzonte della nostra responsabilità
di uomini che consapevolmente o meno si
trovano ad una svolta decisiva del corso
dell’esistenza umana sulla Terra.
L’articolo di D. de Rougemont è tratto
da Réforme, 30.7.1977; il brano di M. Niemóller è tratto da un articolo apparso su
Le Monde riportato da La Vie Protestante
29.7.1977.
DI DENIS DE ROUGEMONT
re economico e ancor m,eno finanziario; poiché a quésti tre
livelli la causa è definita, è una
La
un
scelta
bìvio
energetica,
per Pumanità
Le due passioni che fin dalle origini si scontrano e si intrecciano — la potenza e la libertà — si drizzano
oggi di fronte a noi con lo sfondo tremendo dei millenni futuri che sono coinvolti nella nostra scelta
L’insieme dei conflitti che covano o esplodono in questa fine del XX secolo mi pare possano essere ricondotti, simbolicamente ma anche concretamente, all’opposizione tra due forme di energia, quella nucleare
e quella solare. Ambedue queste soluzioni infatti implicano e
determinano progressivamente
dei sistemi di cause ed effetti
ineluttabilmente interdipendenti
che tendono a formare due modelli di società contradditori
nella teoria e nella pratica sempre meno compatibili l’un con
l’altro. È venuto il momento di
scegliere tra l’uno e l’altro con
conoscenza di causa, ben inteso, ma più ancora e prima di
tutto con conoscenza dei fini umani a cui ciascuno dei due modelli ci conduce.
Due volontà, due forze, due
passioni si manifestano dalle
origini nella storia dell’umanità
e si oppongono o talvolta si
combinano in ciascuno di noi :
la potenza e la libertà. La potenza come potere su altri e la
libertà personale : la potenza
collettiva della tribù, del clan,
della città, del Re, poi dello Stato moderno. E la libertà dei cittadini, dei gruppi, dei comuni,
delle regioni, che semplicemente,
e finché è loro possibile, intendono restare padroni del proprio destino.
Ora, tra coloro che prima o
poi optano per la potenza, una
minoranza molto ristretta è motivata dalla volontà di potere
esercitato sugli altri: sono i capi; ma gli altri, la maggioranza, cedono semplicemente al bi
sogno di sicurezza, e cioè, praticamente, al bisogno di abbandonare tutti i loro diritti allo
Stato, al Capo o al Partito che
se ne è impossessato.
Quanto a quelli che optano
per la libertà, essi pensano di
esservi condotti da qualche egoistico individualismo, o per
il gusto dell’awentura, ma la
maggior parte di essi al contrario sono motivati da un bisogno
di responsabilità assunta nella
comunità.
Come sentirsi liberi se non
si è responsabili di nulla? E come si può essere responsabìU se
non si è liberi dei propri atti?
E tuttavia non ci inganniamo
pensando che l’umanità si divida in due campi ben definiti tra
il bisogno di potenza ad ogni
costo e il bisogno di libertà ad
ogni rischio: è in ciascuno di
noi che il conflitto si svolge. Le
due pulsioni contrarie coesistono in noi, nessuno è mai né tutto l’uno'né tutto l’altro. Né esiste una libertà reale che non
abbia alcuna potenza, come non
esiste potenza che abbia un
qualche sapore se non ha per
lo meno l’illusione di esplicarsi
« liberamente ».
Ma la scelta propriamente politica, nel senso più ampio della
parola, è la scelta di una finalità. Tale scelta definisce da una
parte la regolazione delle relazioni umane nella comunità (polis dà politica, civitas dà civismo), dall’altra l’arte di pilotare, e cioè di « governare », nel
senso letterale, una comunità —
locale, regionale, nazionale —
verso i fini scelti da un Capo,
DI MARTIN NIEMOELLER
Se fossi più giovane...
Posso citare qui una parola
di Einstein, detta un giorno ad
un mio amico a Princeton.
Mentre passavano accanto al
cimitero. Einstein si volse improvvisamente verso di lui e
disse: « Sulla mia pietra tombale bisognerà scrivere: qui
giace uno che ha ingannato il
prossimo senza volerlo ». E in
effetti su di un inganno scientifico e tecnico, fondato su una
scienza sfruttata dal denaro,
che riposa oggi la politica dei
paesi ricchi. Si prendono delle
decisioni, si compiono dei passi di cui si ignorano, o si vogliono ignorare, le conseguenze. Queste, che sono per lo
meno imprevedibili e incalcolabili, possono estendersi sul
l’arco di migliaia di anni e
compromettere durevolmente
l’esistenza delle generazioni future. È evidente che ogni stato
nucleare, per forza di cose e a
causa dei pericoli conseguenti, deve diventare uno Stato di
polizia, come il nostro. Ma la
polizia non può proteggerci
contro le conseguenze future
delle nostre decisioni irresponsabili di oggi. Per questo, se
fossi più giovane, parteciperei
a tutte le dimostrazioni contro
la costruzione e la messa in
opera delle centrali nucleari.
Queste manifestazioni sono importanti e sono per me un segno certo di speranza: il risveglio di una nuova coscienza
politica responsabile.
un Partito, o al contrario dall’insieme dei cittadini dopo una
libera discussione. La scelta
propriamente politica non esclude questa o quella parte , del reale, ma dichiara una priorità, un
fine al cui perseguimento i mezzi hanno il dovere di concorrere.
Ciò che è necessario notare,
e che forse è decisivo, è che il
parallelismo inverso tra J.e due
scelte non è esatto. La scelta
della libertà permette più possibilità. Se in effetti scegliete i
mezzi della potenza, non avete
più la libertà. Ma se scegliete i
mezzi della libertà, forse non
avete più bisogno di potenza.
Scegliere le centrali nucleari
— qualunque sia la loro definizione, ad acqua leggera o autofertilizzanti — implica, comporta
e determina delle costruzioni enormi quanto a dimensioni fisiche, incredibilmente care, e così pericolose che i nostri paesi,
pur giurando che sono inoffensive, non le costruiscono se non
il più lontano possibile dalla loro
capitale.
Gli avversari delle centrali
che le denunciano come gigantesche, troppo care e troppo
pericolose, ignorano di denunciare con questo le ragioni stesse che fanno sì che i nostri Stati le adottino. Poiché «molto
grande» presuppone, che lo si
voglia o meno: molto centralizzato. «Molto caro» implica l’intervento delio Stato negli investimenti ma.ggiori, con un uso
sbagliato della spesa pubblica.
Infine « molto pericoloso » esige nello stesso tempo un controllo poliziesco per lo meno decuplicato e la supremazia di un
personale specializzato fino alrinfallibilità (indimostrabile!) e
questo durante i 100.000 anni,
almeno, necessari alla sorveglianza quotidiana delle scorie
delle nostre centrali nucleari accumulate nel piccolo quarto di
secolo che ci separa dall’anno
2000.
Totalmente all’opposto, la
scelta dell’energia solare implica, comporta e favorisce, che lo
si voglia o meno, dei gruppuscoli, dei comuni, delle regioni, nello stesso tempo autonomi per
volontà civica e incapaci per le
lor.) dimensioni di scatenare e
condurre una guerra.
È chiaro come il giorno che
la scelta delle centrali nucleari
e degli impianti di ritrattamento del metallo infernale che permette di fare delle bombe,
aumenta ogni giorno le probabilità di una guerra atomica, e
cioè della fine della storia umana. Non è meno chiaro che nessuno ha mai osato affermare, e
neppure lasciato intendere, che
la scelta solare è la condizione
stessa della pace : perché que
sta scelta significa nello stesso
istante la fine dei nostri ’’Statinazione” legati al sullodato plutonio, prodotto del mondo sotterraneo, e l’avvento di Regioni autonome, grazie all’appoggio del Cielo e dei suoi lunghi
sguardi sulla nostra Terra.
Scegliere le unità locali, addirittura familiari, di energia
solare, significa restaurare la
possibilità, per centinaia di migliaia di nuclei in ciascuno dei
nostri paesi europei, di rendersi
indipendenti, di farsi « Svizzere», di ricreare dei quadri di
partecipazione civica.
L’autonomia energetica di un
nucleo è la definizione stessa
dell’autonomia civica. « Small is
beautiful », diceva E. M. Schumacher, il piccolo è bello; perché small permette, solo e molto rapidamente, per dei motivi
di dimensione, l’autonomia, l’autosuifìcienza di fronte al bisogno, la fiducia nel, prossimo.
Il nostro problema non è quello dei mezzi e dei fini, perché i
fini soltanto detteranno i loro
mezzi. Ciò che è necessario vedere, è che lo scopo della società non è affatto di assicurare ad
alcuni la redditività della loro
impresa, ma di permettere a
molti la realizzazione della loro
vocazione. Della loro persona.
Il problema delle centrali nucleari non è tecnologico, neppu
causa persa.
Quand’anche le centrali - nucleari non presentassero alcun
pericolo, quand’anche si rivelassero convenienti, quand’anche
fosse realmente « imperativo »
il bisogno di raddoppiare il consumo di energia ogni dieci anni,
sarei contro, perché esse sono
i pezzi principali di un sistema
che conduce a rafforzare l’influenza universale degli ’’Statinazione”, e cioè i rischi della
guerra.
Plutone è padrone degl’inferi,
è cieco come le talpe. Ma il sole
viene dai cielo, viene da Zeus,
e cioè da « colui che vede molto lontano ».
Denis de Rougemont
Lo sviluppo distorto
dell'energia nucleare
(segue da pag. 1)
cleare, ha lanciato la proposta
di una « moratoria attiva » sul
problema energetico. Per tre
anni non vengano costruite centrali nucleari; nel frattempo si
sperimentino a fondo tutte le
forme di risparmio possibile e
di energia alternativa (idroelettrica ancora da sfruttare, solare,
eolica, geotermica, ecc.). Alla fine, il verdetto. « In questo campo — ha soggiunto il parlamentare — quel migliaio di persone,
fra deputati e senatori che costituiscono il parlamento, non
ha il diritto di decidere per tutti
gli italiani ».
Ci pare una buona proposta,
tanto più che sarebbe anche
un’ottima occasione per dimostrare che nel paese può avere
posto un po’ di democrazia reale, oltre a quella delegata.
Le delibere sinodali
Il Sinodo valdese,
a conoscenza del piano energetico nazionale che prevede
la costruzione di varie centrali nucleari,
nel rilevare come si vedano sempre più estendersi i dissensi e le proteste — sia a livello nazionale che internazionale — per tale forma di energia;
ritiene che vadano necessariamente esaminati e studiati
tutti quei fattori di pericolosità, di inquinamento, di sviluppo
distorto e di possibile proliferazione nucleare militare insiti
nell’energia dell’atomo; e che vadano potenziati gli sforzi tendenti alla diversificazione delle fonti di energia a partire da
quella idroelettrica;
auspica che avvenga nel paese un dibattito il più esteso
ed approfondito possibile che consenta a tutta la comunità
nazionale di assumere decisioni responsabili allo scopo di
salvaguardare sia il diritto della popolazione aUa qualità della
vita, sia il loro dovere di rispettare al massimo — per sé e
per quelli che verranno — l’amhiente naturale che è stato
loro affidato. (51/SI/77).
Il Sinodo invita la Tavola a nominare una commissione che segua gli
sviluppi della questione nucleare per informare le chiese e il prossimo Sinodo ofFrendo loro la documentazione necessaria per una chiara valutazione
del problema (49/SI/77).
Il Sinodo, di fronte al pericolo di un aggravamento delta corsa agli
armamenti nucleari costituito dal progetto di bomba al neutrone, eleva la
sua protesta per questo ulteriore incremento del potenziale distruttivo della
vita umana, e fa appello a tutti gli uomini, e a tutti i governanti, afiFinché si
promuova la distensione tra le nazioni a il disarmo, in specie nucleare.
6
16 settembre 1977
ALLE VALLI OGGI
II
'^Giornale,
in agonia
SuU’ultimo foglio che porta la
data dell’ll settembre la Redazione de « Il Giornale di Pinerolo e Valli » annuncia la probabile cessazione di pubblicazione: Il fatto è piuttosto grave nel
contesto politico del pinerolese
perché la cosa passi sotto silenzio quasi si trattasse di un tranquillo accompagnamento . funebre di un’esperienza che ha fatto il suo tempo. Non è così.
Più volte abbiamo accennato
su queste colonne a «Il Giornale », più volte abbiamo appreso
da questo quindicinale delle notizie che nessuno strumento di
informazione del pinerolese aveva avuto il coraggio di pubblicare. Un giornale insomma che,
nonostante il grosso handicap
della periodicità quindicinale, teneva informati sulla situazione
operaia nel pinerolese. Cosa che
noi con queste due pagine settimanali 'non siamo tuttora in
grado di fare.
« Il Giornale » ha cercato di
sviluppare della « controinformazione », soprattutto in riferimento agli altri strumenti di informazione che circolano nel pinerolese e in particolare nelle
valli: Il Pellice (che ora si stampa a Torino e che è in forte declino), La Laterna, organo della
destra democristiana, L’Eco del
Chisone, portavoce della curia
pinerolese.
Per completare il quadro possiamo ricordare ancora « Il Pinerolese », mensile del PCI di
zona che ha avuto una discreta
ripresa dopo le ultime elezioni
politiche.
In questo contesto « Il Giornale » rappresenta l’unica voce
di sinistra che si sia sforzata di
mantenere un collegamento con
i diversi gruppi di base che agiscono nella zona. Certamente
con dei grossi limiti: il fatto
stesso di non aver superato i
mille abbonati è un segno indicativo.
L’autocritica di un redattore
si esprime in questi termini:
« Un insieme di più di 800 abbonati e qualche altro centinaio di
lettori non bastano a sostenere
un’impresa, sia pur modesta e
piccola, di controinformazione,
né hanno il diritto di avere questo servizio di cui sentono in vario modo e con varia intensità
il bisogno.
Operai, impiegati, insegnanti,
casalinghe, anziani, handicappati, .certo, continueranno la loro
vita e la loro lotta anche senza
“Il Giornale di Pinerolo e valli”,
ma avranno uno strumento in
meno, uno spazio di libertà e di
autonoma espressione in meno.
B una constatazione ovvia, ma
che deve far riflettere e trovare
nuove energie per non chiudere ».
"Il Giornale" è stato sovente
espressione di questo « spazio di
libertà » e non ha avuto paura
di denunciare (quanti sono stati i processi intentati a questo,
foglio nei. suoi non molti -anni
di vita?) situazioni scomode che
gli hanno valso, oltre alle numerose denunce, violenti attacchi soprattutto da "Il Pellice”,
"La Lanterna” e, in misura minore da "L’Eco del Chisone”.
Per queste e mille altre ragioni è bene che "Il Giornalé” riveda tutte le sue possibilità 'di continuare la pubblicazione. Certo
non si tratta soltanto di difficoltà finanziarie anche se queste
giocano Un ruolo forse decisivo:
ci sono problemi di fondo che
portano direttamente alla realtà
del movimento che ha trovato
nel “Giornale” un suo strumento, problemi di contenuti; né va
dimenticato che questa controinformazione è dovuta completamente ad un lavoro gratuito.
In questo momento di riflessione critica sul futuro de "Il
Giornale" non deve mancare la
'solidarietà di chi riconosce l’utilità di questo servizio, con l’augurio che emergano, nelle prossime settimane, dei’ segni positivi.
cronaca delle valli
DISCUSSIONE SUL COLLEGIO VALDESE
Air ultimo Sinodo il dibattito sul Collegio valdese si è esaurito in una serata e non è per
amor di polemica che mi preme
in questa sede rimettere in discussione alcune affermazioni.
Mi sembra che, proprio in quanto credenti evangelici, non possiamo dare per scontate una volta per tutte, determinate scelte,
sia a livello personale come a livello di opere o istituti, e dobbiamo costantemente rivedere la
nostra testimonianza, individuale
e di comunità, in un continuo
confronto con l'Evangelo. Questo
ci permette, di capire anche, credo, il vero ruolo dei nostri istituti, al di là di ogni compromesso per far filare liscio un sinodo
0 salvare la convivenza dei fratelli della « tribù ».
Non mi pare onesto non parlare più di cosa realmente il Collegio e le medie valdesi rappresentano oggi, qual è il loro ruolo e
il loro significato. È un momento
in cui si riscopre l’impegno « verso » i giovani, da tutte le parti,
dalla politica alla chiesa, spes;so
trascurando l’analisi di quali sono veramente le cause della cosiddetta « crisi giovanile », è importante, secondo me, riaprire e
continuare il dibattito sull’esistenza di una pedagogia proteresponsabilità specifiche della chiesa nel campo del
1 istruzione e sul rapporto testimonianza-istituto.
Nel dibattito sinodale sul Collegio si e parlato molto di efficienza e ancora una volta è passata lidea che queste scuole risolvano tutti i mali della scuola
ai stato, dandone tuttavia un’immagine alternativa in senso re
Pedagogia efficiente
o testimonianza evangelica?
Il Collegio si è "modernizzato”; ma chi non l’ha fatto? - Esiste una pedagogia protestante? - Un’area di efficienza scolastica che piace e
divide le famiglie
gressivo, cioè basata su una pura e semplice^-razionalizzazione
di burocrazia, mètodi e contenuti. L'efficienza è emersa come criterio educativo fondamentale
mentre i contenuti e le linee di
fondo non emergono mai come
scelte precise.
Sono convinta che il Collegio
in questi ultimi anni si è « modernizzato », ma quale insegnante non lo ha fatto? Direi che si è
obbligati a cambiare metodi e
modi di trattare i ragazzi per
una esigenza di sopravvivenza.
L’autoritarismo puro, la selezione mediante i voti, la lezione
cattedratica, anche se resistono
ancora, sfumano nel lavoro di
gruppo, nel cameratismo fra insegnanti ed allievi, nella ricerca... ma in che maniera?
Spesso si tratta di innovazioni
formali, vedi per esempio certe
forme di ricerca = copiatura da
qualche enciclopedia oppure raccolta confusa di dati senza sapere poi come impiegarli. Comunque, tutto questo non basta per
cambiare la scuola; nel migliore
dei casi è solo un po’ di riformismo che permette di oliare le ro
telle di una macchina che stenta
a funzionare.
E la risposta alla crisi della
scuola non sta nell’adattarsi alla
« didattica nuova », ma in primo
luogo nel chiedersi cosa rappresenta e che fini ha l’istituzione
scuola, che funzione ideologica
hanno gli insegnanti per chiarire
a noi stessi quale padrone serviamo e poi scegliere di conseguenza. Sono domande vecchie, ma
non bisogna mai darle per scontate.
In questo contesto qual è la
funzione di una scuola media
valdese a Torre Pellice? Qual è
la funzione di un liceo classico
nell’Italia di oggi e di uno valdese a Torre Pellice?
La scuola media valdese assume un ruolo ideologico rilevante
aH’interno delle nostre comunità
delle valli, presentandosi come
una scuola seria ed efficiente. In
questo modo polarizza l’attenzione su aspetti importanti, ma secondari della crisi scolastica,
quelli cioè a carattere burocratico-organizzativo, tralasciando il
problema dei contenuti e impedendo sia una reale presa di co
TORRE: CONVEGNO DEGLI STORICI
Il Medioevo «valdese» non ha
escluso uno sguardo al presente
E. Genre
Già « a monte » il programma
preannunciava dimensioni di
tempo e di partecipazione in
qualche modo ridotte, per Tedi-,
zione 1977 del Convegno; la parziale coincidenza con incontri
storici internazionali in Toscana
— che impegnavano buona parte
dei maggiori « modernisti » —
determinava l’assenza di alcuni
e la necessità di abbreviare per
altri; poi mancavano, nella consueta sequenza cronologica, comunicazioni per il periodo dal
Sei airOttocento. « A valle » —
è proprio il caso di dirlo — piogge torrenziali hanno messo in
difficoltà il pubblico degli uditori. Malgrado ciò, i lavori si sono
mantenuti a un livello in tutto
degno dei convegni precedenti,
sia sul piano scientifico, sia sul
piano dell’interesse. Né è mancato, con la « tavola rotonda »
sulla libertà religiosa, con cui,
domenica 28 agosto a metà pomeriggio, si sono avviati i dibattiti (e di cui parleremo in conclusione), lo sforzo, certo non
privo di rischi e difficoltà, di saldare esplicitamente mediante temi contemporanei la riflessione
storica col contesto, in senso lato, politico dell’iniziativa..
La giornata di lunedì 29 agosto
ha offerto ai partecipanti al simposio una robusta, doppia razione di medioevo, offerta la mattina su una « tavola rotonda » storico-filologica dedicata ai Manoscritti valdesi medievali, la anale costituiva anche la presentazione in anteprima di una iniziativa editoriale e scientifica di rilevante importanza. Si tratta del
progetto, in corso presso l’Università di Padova con l’appoggio
del C.N.R., della pubblicazione,
in edizione critica di unq serie
di manoscritti valdesi medievali,
affidata all’editrice Claudiana e
diretta da Enea Balmas con Ir
collaborazione di Luciana Borghi
e di altri studiosi. Nella sua prolusione Balmas, dopo avere rammentato la storia di questi manoscritti, redatti nel corso degli
ultimi secoli del basso medioevo e fino a ’500 inoltrato, in genere dai maestri valdesi (barba)
con intenti didattici, manoscritti
emigrati all’estero fra ’500 e ’600,
e riemersi a partire da fine ’700
in varie biblioteche da Ginevra
fino a Dublino, ha analizzato la
versione valdese della Preghiera
di Manasse, un testo apparso
nella letteratura cristiana nel IV
secolo e tale da integrare l’allusione di II Cronache 33: 18. Come anche nel testo, presentato
dalla Borghi, di un Bestiario redatto già nel XVI secolo ma di
concezione tipicamente medievale, la lingua di questi manoscritti valdesi — un occitanico che a
noi riesce facilmente intelligibile — risulta ai filologi non essere
una lingua parlata, bensì convenzionale e in certo sènso dotta, come anche dotti e letterariamente
scaltriti appaiono questi scrittori anziché popolareschi come un
tempo si diceva. E questo rende
più complessa e affascinante la
relativa problematica storica. A
tratteggiarla hanno contribuito
Dal Corso, mettendo in relazione
il poemetto valdese La Barca
con uno scritto del diacono Lotario, il futuro Innocenzo III; Cegna, rapportando forme e contenuti di questa letteratura con
quella, ad .essa strettamente legata, del movimento hussita; e
Gönnet, inquadrando'a storicarnente e descrivendo modi, tempi e fini della sua produzione.
La seconda « tavola rotonda »
medievale, nel pomeriggio dello
stesso giorno, ha alternato contributi specialistici di grande interesse e raffinatezza, con contributi di alto livello nel senso
della sintesi. Nel primo genere
Gonfièt. ha , sottilmente indagato i rapporti fra gli eretici del
XIII e XIV secolo e la mistica
renana (il cui map dorè esponente, maestro Eckart, nel 1324 comincia ad- essere sospettato d’eresia): Cegna ha rintracciato fili
collegati al valdismo diffuso fin
nel Brandeburgo, in rari documenti da lui studiati nelle biblioteche polacche e ceche; Pampaioni ha riferito su ricerche inerenti il francescanesimo laico in
Toscana fra ’200 e ’300; Maselli
sugli sviluppi delle ricerche di
gruppo da lui dirette: analogo
l’ambito di tempo e di luogo, ma
ora l’attenzione deWéquipe k indirizzata piuttosto verso la spiritualità dei domenicani. Il piano della sintesi è stato definito
vigorosamente e in certo modo
complementarmente da Raoul
Manselli trattando di Movimenti
popolari e da Giovanni Tabacco
ricostruendo la Visione giuridica
e politica della monarchia papale, per una comprensione globale del tema Chiesa, eresia e società dal 1250 al 1350. Su questo
piano Grado Merlo ha introdotto
una serie di spunti metodologici,
risultato di studi che frutteranno prossimamente presso la
Claudiana la pubblicazione di un
volume di testi e documenti inquisitoriali.
La mattina seguente (martedì
30) hanno avuto la parola gli storici dell’età moderna. Spini ha
rievocato uno scritto polemico
di parte cattolica, il De atheismis
et phalarismis evangelicorum
(1595) del polacco Stanislao Rescio, facendo notare come il seguito delle polemiche confessionali accese dal XVI secolo sia
costituito dal libertinismo del secolo seguente; Caponetto ha riferito su nuovi studi dedicati ad
Aonio Paleario, e fra l’altro su
una lettera del riformatore che
nel 1544 proponeva un concilio
aperto al popolo dei laici; Landi
ha esaminato la posizione degli
eretici e in particolare del Brucioli nel contesto della pedagogia
rinascimentale.
Col consueto dibattito consuntivo e in preparazione del
prossimo convegno si sono poi
conclusi i lavori. Resta da dire
che l’inizio di essi, con la « tavola rotonda » contemporaneistica
di domenica 28, aveva rappresentato — lo si è accennato in principe — una specie di transito
dall'attualità politica (in cui nei
giorni precedenti erano stati impegnati in particolare due dei relatori della « tavola rotonda »
Giorgio Spini e Giorgio Peyrot),
alla riflessione storica, per il fatto di rievocare la situazione della libertà religiosa negli ultimi
cinquant’anni di storia italiana,
dalla Conciliazione del 1929 in
poi. Sull’argomento, inoltre, Luciano Martini riferiva una significativa esperienza cattolica, quella, dal 1958 in poi, della rivista
« Testimonianze », e Maselli contribuiva con un complessivo inquadramento della questione.
C’era, nel susseguente dibattito,
chi rilevava come l’approccio al
problema non risultasse pienamente storicizzato; e del resto
era un rilievo espresso già dai
relatori stessi, i quali notavano
come esso fosse stato finora
trattato dai giuristi piuttosto che
dagli storici. Ciò non toglie che
questo genere di temi — col rischio e lo sforzo che, come si è
detto, comporta — anche sul niano storico sia destinato a fruttare nei convegni futuri.
Augusto Comba
scienza delle contraddizioni della scuola, sia illudendo le famiglie operaie e contadine che la
scuola serve realmente-al miglioramento della propria condizione sociale.
Tutti sanno, per esempio, che
a Torre Pellice, i « bravi » vanno
alla media valdese e i « meno
bravi » alla statale, divisione che
passa anche aH’interno dei vaidesi, dando luogo ad una selezione prima delTiscrizione. E qui si
dimentica che proprio alla scuola media statale sono impegnati
anche insegnanti evangelici, che
fra mille difficoltà, affrontano la
crisi della scuola, mettendo in
crisi i contenuti astratti e frammentati di una cultura immobile
e spesso (vedi alcuni libri di testo) fascista, e mettendosi in crisi ogni giorno nel quotidiano
raooorto con i ragazzi difficili,
disadattati, che mal sopoortano
l’organizzazione gerarchizzata
della scuola e che, guarda caso,
finiscono tutti lì.
Bisognerebbe analizzare cosa
significa il Collegio oggi a livello
di insegnanti: un posto di lavoro
sicuro per chi momentaneamente, per motivi logistici, non può
avventurarsi nella spirale dei
concorsi, corsi abilitanti ecc. è
perciò un’area, almeno per qualcuno, di precariato, in attesa del
posto sicuro alla scuola statale.
E va ripensata soprattutto
l’ipotesi pedagogica alla base;
cioè quella di una pedagogia protestante che ripropone ambiguamente la neutralità di una scienza, la pedagogia, sistemata in
metodi, tecniche, da migliórare,
aggiornare, modernizzare ai fini
di una testimonianza evangelica. Ma le tecniche, i metodi non
sono disgiùnti dai contenuti perché fanno parte di un progetto
pedagogico che li qualifica ed è
politico, perché investe la funzione della scuola in una società a
misura d’uomo o a misura di chi
comanda. Bruna Peyrot
Cristiani
senza potere
La proposta che la Giunta regionale piemontese ha fatto di recente (vedi Eco-Luce, n. 3132) all^ confessioni religiose — in tema di servizi assistenziali — non è piaciuta a tutti. Nel
numero di settembre del mensile
« Tempi di Fraternità » (organo di collegamento delle comunità di base del
Piemonte) viene pubblicato il testo di
un documento, del Coordinamento delle parrocchie della diocesi Torino Pinerolo ,in cui si teme un accordo di
vertice tra componenti privilegiate
(Ente Locale e Confessione Religiosa)
ignorando così « quanti a diverso titolo rappresentano la complessa realtà
dei bisogni e dei servizi sociali che vi
devono rispondere ». Evidentemente,
benché sia ancora a livello di proposte, questo pericolo è presente c va
combattuta decisamente la concezione
che la società sia divisa in compartimenti stagni rispetto alla gestione dei
servizi assistenziali e di tutti gli altri
servizi. E sin qui d^accordo!
Sulla stessa linea si esprime un altro documento « Chiesa locale e Enti
locali » della Chiesa cattolica torinese,
che tra Valtro dice: r Non essere suo
(della chiesa, cioè) compito elaborare
una sua analisi specifica, una valutazione e delle proposte operative tecnico-politiche sui problemi socio-politici ». Infine, sempre sullo stesso tema,
rispondendo alla Regione i vescovi del
Piemonte scrivono che è necessaria:
(( una più diretta partecipazione degli
operatori delle libere iniziative di base, dei gruppi di volontariato e delle
comunità locali». Insamma più nessuno, inconsciamente o. consciamente,
considera la,chiesa cattolica come struttura di potere che gestisce Vassistenza — in Italia —r- attraverso la logica
di un partito politico...
Evidentemente qualcuno sta adeguando il linguaggio alle esigenze dei
tempi. G. Platone
7
L’INCONTRO DI AGAPE
Vivace confronto sui temi
della Riforma protestante
Esaminati i nodi più importanti del pensiero dei riformatori - Momenti comunitari e dialogo tra cristiani di tradizioni diverse ,
Si è concluso il campo di incontro tra FGEI e CdB sulla Riforma, tenutosi ad Agape dal 29
agosto al 4 settembre; tirarne le
fila, farne un resoconto, mi risulta difficile perché se si può '
senz’altro riassumere quello che
è stato fatto, le relazioni, i temi
trattati, le discussioni avute, meno facile è riuscire ad esprimere cosa questo campo ha costituito per chi ci è stato, quello
che è passato attraverso e al di
là dei lavori programmati.
Proviamo a fare ambedue le
cose. Sei giorni di intenso lavoro, di ascolto, di studio, di dibattito, di cui quattro ruotavano intorno alle rispettive relazioni introduttive che esaminavano le Eresie medievali e in
particolare i Valdesi (Prof. Grado Merlo - Università di Torino), Lutero (Past. Giuliana Gandolfo Pascal), Calvino (Past.
Giorgio Tourn), gli Anabattisti
(Prof. Sergio Rostagno - Facoltà Valdese di Teologia di Roma), e gli ultimi due sono stati
occupati dalle discussioni conclusive e dàlie prospettive emerse dal campo.
Scrupolo dei relatori è stato
quello di collocare molto attentamente nel loro periodo storico
e quindi nella loro realtà religiosa, sociale e politica i temi
trattati per poterne vedere il
più « oggettivamente » possibile
la portata e l’incidenza nei rispettivi secoli e permetterci così di confrontare la nostra storia, le nostre prospettive, la nostra fede, con quelle delle generazioni di credenti che ci hanno
preceduto. È stata posta per
esempio, dalla prima relazione
là domanda se, parlando di ere^
sie medievali, si può parlare di
pre-Riforma vedendone quindi
la continuità e lo sbocco, se non
naturale almeno storico, nella
Riforma del ’500, o se non si deve piuttosto parlare di movimenti di riforma all’interno della chiesa ufficiale che molto poco avrebbero in comune con i
Riformatori del XVI secolo. Il
dibattito su questo punto è stato vivace e interessante e le posizioni molto diverse.
Per fare solo un altro esempio, trattando degli Anabattisti
è stato presentato in modo problematico il rapporto eresiaortodossia facendo rilevare come il confine tra questi due concetti non si possa tracciare una
volta per tutte. I temi portanti
della Riforma come la libertà
del cristiano e nel contempo la
piena responsabilità nelle sue
scelte, la giustificazione per sola grazia mediante la fede, la
centralità della parola di Dio,
enucleati dalle relazioni, sono
stati oggetto di ascolto e di riflessione. E la discussione ha
portato gli evangelici presenti e
i fratelli delle CdB, insieme e
con la stessa intensità, a riconfrontarsi su tali temi e a riinterrogarsi sulla propria storia.
In questo possiamo senz’altro
affermare che il campo è andato bene ed ha rappresentato per
tutti i partecipanti una svolta:
che nulla è stato dato per scontato, né il nostro essere protestanti, né il loro essere cattolici. Porse possiamo enunciare così il risultato di questo incontro : i membri della FGEI con
T. E. V.
Si comunica che domenica, 18 settembre, alle ore
14 è convocata l’assemblea
di Testimonianza Evangelica Valdese presso il Convitto di Villar Perosa, gentiimente concesso dal locale Concistoro.
Il culto del mattino, alle ore 10 nel tempio, sarà
tenuto a cura della ’T.E.V.
Come di consueto l’assemblea è aperta a tutti.
una forte tradizione riformata
alle spalle, appartenenti a chiese evangeliche e seriamente intenzionati a restare tali non
possono dire: Lutero e Calvino
sono nostri, più di quanto lò
possano fare i fratelli delle CdB
presenti a questo campo che
non hanno alcuna intenzione, e
hanno tenuto a dircelo, di entrare a fàr parte delle chiese riformate storiche;' Lutero, Calvino, il messaggio dèllà Riforma,
sono di chi li ascolta, li capisce,
li accetta e insieme a loro noi,insieme, siamo di Cristo, ognuno con il suo passato, ognuno
nel suo specifico, ognuno con le
sue battaglie da compiere. Nei
momenti di incontro che ci siamo dati nelle serate, ma anche
a tavola e negli intervalli, altri
temi importanti per la nostra
vita di singoli e soprattutto; di
gruppi sono stati oggetto di riflessione e di confronto: la preghiera, come viene vissuta e che
peso ha nei nostri gruppi, che
significato dare oggi alla parola
« salvezza », il problema della
proclamazione dell’Evangelo nella militanza politica sempre
presente perché giusta e indi- '
spensabile riteniamo quest’ultima, e Centrale e fondante la
predicazione che ci ha costituito
e ci costituisce credenti.
Il campo si è concluso domenica, con un momento di culto
comunitario e con la Sanfà, Cena. Anche questo atto che è stato per tutti noi importante e significativo, non è mai stato presupposto come logica conclusione dei lavori né, rischio anch’esso possibile, è nato dall’atmosfera « agapina » di amicizia e di
solidarietà fra fratelli e compagni. È stato invece il discusso e
voluto porsi insieme di fronte alla Parola del Signore che è per
noi giudizio, fonte di speranza e
misura di vita.
Maria Bonafede
Primo
Distretto
Incontri cassieri
I cassieri dei Concistori del Distretto sono convocati per la seduta autunnale della ripresa di
attività col seguente programma:
a) Esame della situazione dei versamenti effettuati sm qui per l’anno
,1977;
b> Esame delle deliberarazioni del Sinodo' ’77
e del preventivo di spesa per l’anno 1978 ;
c) Preparazione dei preventivi di spesa delle
comunità da discutere
ed approvare in assemblea' entro la metà di
dicembre.
Le sedute avranno luo- ‘
go : Sàbato 24 settembre
a Torre Pellice (Asilo valdese) per i concistori. del
I Circuito (ore 15) ;
Sabato 1 ottobre a Villar Perosa (locali del Convitto) per i concistori del
II è-III Circuito (ore 15).
La CiE.D.
COMUNITÀ’ MONTANA VAL CHISONE-GERMANASCA
Ultime decisioni
Con la ripresa autunnale, il
Consiglio della Comunità ha esaminato i progetti presentati dai
Comuni relativi alle opere di
pronto intervento per i danni
deH’alluvione del maggio scorso.
Si trattava di spendere 115 milioni ricevuti in parte dalla Regione e in parte dalla Provincia:
i progetti dei Comuni hanno raggiunto la cifra di 83 milioni, il rimanente sarà assegnato in-un secondo tempo.
Altre decisioni: un contributo
di 150.000 lire per la settimana
ecologica organizzata a fine mese
a Perosa Argentina; l’acquisto di
altri mezzi sgombraneve; l’incarico ad un architetto di preparare il piano urbanistico di Valle;
assenso alle dimissioni dell’exsindaco di Usseaux da membro
del Consiglio.
Meritavano invece una più ampia discussione i piani di intervento relativi ai servizi per gli
anziani e al servizio di medicina
scolastica, ma i consiglieri non
avevano ricevuto in tempo la documentazione, perciò non sapevano che cosa dire.
Il piano dei servizi per gli anziani non contiene sostanziali
variazioni rispetto all’anno scorso, invece su quello di medicina
scolastica vale forse la pena di
spendere qualche parola.
Il documento preparato dall’équipe della Comunità con i
rappresentanti dei Circoli e degli
Istituti, in previsione della costituzione dell’Unità locale dei servizi, dà un largo spazio ad un
lavoro sul territorio, alle attività
con insegnanti, genitori, operatori socio-sanitari, enti pubblici.
Ci si propone di uscire dall’ambito ristretto della scuola per arrivare alla più vasta opera di tutela della salute.
Nel campo medico ed odontoiatrico, cioè in quello eh« maggiormente interessa le famiglie,
sono previste visite pediatriche
in prima e terza elementare,
un’assistenza di tipo consultoriale per i bambini più piccoli, la
consulenza di un ortopedico e di
un oculista e la sistemazione di
un ambulatorio dentistico. In più
sono previste numerose attività
nelle scuole con interventi di tipo psicopedagogico già attuati
lo scorso anno.
Che cosa si può dire di questo
piano che verrebbe a costare alia Comunità e agli organismi scolastici la bella somma di 54 milioni, contro i 30 effettivamente
spèsi lo scórso anno?* Prima di
tutto che è molto difficile realizzarlo ia .tutte le sue parti, data
la sua vastità e che quindi lo si
può tenere presente come programma generale di massima a
lunga scadenza. Poi, che le persone incaricate in futuro di Questo servizio sono pagate con tariffe orarie che variano dalle
3.500 alle 8.500 lire, per cui un
incontro o un colloquio con i genitori costano come una visita
medica o un intervento del dentista. C’è perciò da augurarsi
che se non si può fare tutto si
facciano almeno le cose indispensabili, senza spreciàre .penare e rimanendo nei limiti di una
programmazione ragionevole.
TEV: nè divisione, né emarginazione
Come annunziato nella breve
cronaca apparsa sull’Eco-Luce
n. 33-34, del 26/8, pubblichiamo
l’ordine del giorno approvato
all’unanimità a conclusione della Assemblea Generale della
T.E.V., tenutasi nel Tempio del
Ciabas il 16 agosto scorso.
Questo ordine del giorno, che
ancora una volta puntualizza le
posizioni del Movimento, non
ha bisogno di commento particolare e può essere di utile informazione per i lettori del giornale.
«Riuniti in Assemblea plenaria nel tempio del Ciabas, martedì 16 agosto 1977, concludendo il primo anno di attività di
Testimonianza Evangelica Valdese,
Innalziamo un inno di ringraziamento al Signore perché nei
culti di appello, nelle domeniche
TEV e nelle numerose Assemblee ci è stata concessa la grazia di sentirci « un solo cuore
e d’un’anima sola» (Atti 4; 32).
Ci rallegriamo per il crescen
te numero di Valdesi e Metodisti che da quasi tutte le comunità chiedono di unirsi al nostro movimento, come pure per
i numerosi membri di altre Chiese e movimenti che continuano
dall’Italia e dall’estero a esprimerci la loro solidarietà.
Respingiamo l’accusa di voler portare la divisione nella
Chiesa, e pertanto ci opponiamo a qualsiasi tentativo di essere emarginati dal corpo della
Chiesa. Siamo consapevoli che
l’appello a un Risveglio può
portare a contrasti e critiche, e
rial fermiamo la nostra disponibilità all’ascolto e al dialogo.
E mentre dichiariamo la nostra volontà di opporci a che la
Chiesa diventi uno strumento
di qualsiasi ideologia o partito
politico, ricordiamo a tutti gli
aderenti che l’impegno di testimonianza, base del nostro movimento, si deve tradurre in una
fattiva collaborazione nella Chiesa, affinché essa sia realmente
testimone dell’ Evangelo nel
mondo ». T.E.V.
ANGROGNA
Asilo dei Vecchi
di S. Germano
Domenica, 25 corr., alle ore
15 avrà luogo la «giornata dell’Asilo Valdese di San Germano
Chisone » nei locali dell’Asilo
stesso. Saranno allestiti banchi
di beneficenza e funzionerà un
servizio di buffet.
Rivolgiamo un caldo appello
agli amici e sostenitori di quest’opera affinché essi vengano
numerosi ad incoraggiare personale ed ospiti.
La Direzione
Domenica 11, ai Tempio del
Capoluogo è stato battezzato il
piccolo Miegge Christian di Lidia e Nello. Ai genitori l’augurio
sincero di saper esprimere una
educazione illuminata dalla Parola del Signore.
• Sabato 17 alle 20.30 il Concistoro si riunirà al Presbiterio
per fissare il calendario delle attività.
• I catecumeni del IV anno di
catechismo di Pomaretto verranno in visita nella nostra valle
per tutta la giornata di lunedì
19 c.m. Per l’occasione è previsto un incontro con i nostri catecumeni.
Pretto e Claudia Autolitano che
hanno celebrato il loro matrimonio rispettivamente sabato
10 e domenica 17. Il Signore
dia loro di vivere la loro unione in un riferimento costante
all’E vangelo.
la
a
TORRE PELLICE
Due nuove famiglie si sono
costituite in seno alla nostra
comunità, quella di Ivo Goss e
Barbara Malan e di Franco
te
Ai
la nostra simpatia fraterna.
Torre Pellice - Angrogna
La Marcia
dell’Amicizia
Domenica 18 settembre
ore 9.30
La partenza è fissata da
piazza Pietro Micca. Non
lontano dal Museo Storico
Valdese, fondato; ilei 1889 b ’
suecessivam'énté ònUhàto ed
ampliato duè anni fa daff^
civica Gallerià d’Arté con-,
temporanea, che, ospita. fin^j .j,
dii" maggior, pfesügiq ‘qida .
pittura. E dalla; Fontanàl _qi,
Carlo Alberto. Il livello di àjL^
titubine, alla, partenza è
526 metri : sul mare. .
L’antico cimitero affbàhdòhato, del secólo scorso,/ di
cui sopravvive ' solò il portale, è il primo « incontro.» sulla via del Forte. Il nome della
strada, su cui si snoda la marcia deriva forse da una torre
saracena costruita verso l’anno Miffé alla confluenza dell’Angrogha col Peìlice. Fu distrutta è ricost^Tjif a piu volte
nel corso dèi sècoli. I rèsti
che. si vedono à.hcora òggi
sulla collina sono rifadmenti recènti, ma quanto rimane
del fossato, u^ accesso sptter:
raneo, un posto di vedetta
ecc. sono' orijginárí- H casotto
addossato al fianco del muro
di levante è uh fortilizio nazifascista dèll’ultima giièrra.
La strada si, trasforma ben
presto in l'ùnà 'mulattiera tra
il verde; dalla quale'ài intravede il torrènt'e Angrogna; Il
fiume viene attraversàto la
prima volta a Pount ‘ Haut
(Ponte Alto), e si sbocca sulla
strada asfaltata, aricK'eSsa
costeggiante il fiume, ma dalla parte opposta. Altro « guado » (il terzo), a Cfiiot d’Aiga
(m. 735) e si arriva a Coìsson
(m. 800), a Sèrre (850) e a
Chanforan. La strada, da carrozzabile si trasforma ancora
in mulattiera. Subito dopo il
bivio è Angrogna San Lorenzo; la pendenza comincia a
calare (m. 780) progressivamente.
Quasi in prossimità del bivio ci siamo imbattuti nella
Ghieisa d’I’a Tana (Chiesa della grotta), ove la tradizione
vuole che si radunassero per
il culto i Valdesi durante la
clandestinità. Passato Giovo, 600 metri, Tarrivo avviene
in piazza Pietro Micca.
Iscrizioni L. 1500 presso la
Pro Torre Pellice, via Caduti
della Libertà.
Dato il prevedibfle afflusso
di pubblico, gli artigiani e i
coltivatori angrognini espongano i loro prodotti sulla
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• Profonda commozione ha
suscitato in molti fratelli la morte di Giovanna Calvetti Beux,
deceduta a Pomaretto, presso
l’ospedale valdese; benché residente a Torino, trascorreva con
famiglia ogni fine settimana
Torre Pellice e nella nostra
.scuola domenicale aveva trovato modo di impegnarsi come
aveva fatto per lunghi anni nella scuola domenicale di Torino.
Il suo apporto di iniziativa, entusiasmo, idee era stato rilevante nel corso di tutto l’anno e la
sua mancanza sarà profondamente sentita da tutta l’équipe
pedagogica e dai bambini in un
momento come questo in cui il
numero delle persone impegnae disponibili è cosi ridotto,
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8
8
Il Aglio dell’uomo nasce in
condizioni di inettitudine assoluta. Costituisce la prole più
inetta forse di tutte le specie viventi, certo per quanto si riferisce agli animali superiori. Non
riesce a camminare che dopo
un anno, ad alimentarsi da solo
ancora dopo, a procurarsi il cibo molto più tardi ; diventa adulto intorno ai 15 anni, diventa autonomo in quanto essere
culturale, « umano » dopo alcuni decenni, a volte mai.
Mentre in tutti gli animali l’istinto materno è suflScientemente forte e sicuro da far si che
I allevamento della prole sia condotto nel migliore dei modi rispetto alle Analità della specie,
nell uomo l’istinto non sorregge
piu. L’uomo resta quindi in balta di una madre che lo alleva
m base a criteri culturalmente
determinati e indirizzati da personali atteggiamenti derivati dalle proprie condizioni psicoAsiche che risalgono per lo più alle modalità con cui si è svolto
1 allevamento della madre stessa,
m una apparentemente inesorabue catena che, come abbiamo
visto nell’articolo precedente ci
porta ai primordi della civiltà,
cioè all’inizio del processo di ominizzazione. La complessità
psichica dell’uomo e il lungo allevamento (la prima essendo collegata al secondo) hanno creato modalità estremamente diversiAcate di allevamento della
prole, tutte però caratterizzate
da una notevole ambivalenza
nei riguardi della prole stessa.
Per i motivi citati e senza addentrarci in questa sede in una
analisi più approfondita delle
cause, è un dato di fatto storicamente e psicologicamente documentato che la specie umana
nutre verso la propria prole, insieme a sentimenti teneri, forti
cariche aggressive tali da portare a comportamenti genitoriali
che nessuna specie attua, in condiziom normali (solo in condizioni di stress quali cattività,
lame ecc. si può riscontrare
qualche cosa di analogo negli
altri animali, peraltro estremamente raro e privo di crudeltà).
L’uomo deve quindi rivedere i
propri criteri di educazione e di
allevamento. Sia oggi che nel
passato c’è molto che non va
nel modo con cui alleviamo i
nostn Agli, il passaggio dalla
nascita all’età adulta è un lento
IL PROBLEMA DELL’INFANZIA
ACatamializzare l’assistenza.
evolvere dalla biologia alla cultura, dall’« animale » all’uomo.
Ma è nell’accettazione dell’animale che lentamente si può costruire l’uomo. Il tentativo di
dressage rapido crea dei mostri,
dei robots, dei disperati, dei delinquenti; allo stesso modo con
cui si sta riscoprendo e accettando la natura biologica del
sesso che era stata sommersa e
soffocata dal culturale, è necessario riscoprire la natura biologica del bambino e aiutarla a costituirsi saldamente per poter
improntarvi la cultura. È necessario quindi ispirarci agli animali, lasciarci suggerire da essi
le modalità istintuali dell’amor
materno; che è inanzitutto presenza, calore, nutrimento. Sembra che noi riteniamo che i nostri bambini possano fare a meno di tutto questo. Una buona
madre può sembrarci colei che,
nutrito o fatto nutrire il piccolo
lattante da un razionale e ben
composto poppatoio, lo allena a
dormire tranquillo (magari con
un leggero sedativo o con la
tecnica di lasciarlo piangere senza accorrere ai richiami per un
certo numero di volte) in im razionale lettino (che non sia una
culla per carità, deve imparare
a non farsi cullare) nella sua apposita personale cameretta o in
fondo ad un corridoio, o in una
camera un po’ buia e lontana...
È invece una madre che sta addestrando il Aglio a non prendere i «vizi » secondo un impegno
culturale che, soffocando il naturale e ormai deformato istinto
materno, lascia trapelare l’inconscia aggressività verso la
prole che va « corretta », « allontanata », « punita ». Ma questo
addestramento crea nel piccolo
bambino dei vuoti affettivi che
non potranno mai più essere colmati; infatti, quanto più è piccolo il bambino, tanto più patisce della non soddisfazione di
esigenze primarie, istintuali qua
a speci6 umana nutra varso la propria prola
li il bisogno di contatto-calore
materno-cibo materno.
L’insieme di queste frustrazioni costituisce la sindrome
frustrazionale infantile da carenza materna che va dalla carenza concreta della Agura materna a carenze anche gravi pur
con la presenza della madre; è
talmente signiAcativo l’atteggiamento materno conscio o inconscio, che alcuni autori hanno riscontrato in bambini che vivevano normalmente con la madre
che non li aveva desiderati e
anzi li aveva riAutati durante la
gravidanza, gli stessi sintomi
sviluppati da bambini istituzionalizzati e quindi privi di Agura
materna.
No airallontanamento
Il criterio che deve guidare in
qualsiasi valutazione su un atteggiamento educativo o assistenziale verso l’infanzia è quello dell’età. Il concetto chiave è
che più piccolo è il bambino
più intense e più gravi sono le
conseguenze di una carenza materna. La forma più grave di
carenza è l’allontanamento dalla madre o da un sostituto valido e continuativo. Il bambino
si forma attraverso il rapporto
con la madre e la sostituzione
della madre può avvenire solo
con una Agura materna sostitutiva continuativa e unica. Tale
allontanamento determina una
grave patologia nel bambino Ano a tre anni, considerevoli disturbi per una minoranza di
bambini fra i 3 e i 5 anni e può
ancora essere sofferta fra i 5 e
gli 8 anni. Quanto più lungo e
ripetuto ò l’allontanamento e
quanto più giovane il bambino
tanto maggiori saranno i danni.
L’assistenza al bambino, sia
privata che pubblica, deve basarsi su questi semplici concetti di igiene mentale; è questo
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
che io chiamo « maternalizzazione » dell’assistenza. In genere si
tende a risolvere in modo settoriale il problema della carenza
materna ; gli ostetrici chiamano « maternalizzazione » (il termine è stato Añora usato in riferimento a questa tecnica) la
conduzione dell’evento del parto con certi criteri: preparazione della madre e del padre, eventuale , presenza del padre all’evento, ritardo del taglio del cordone, immediato contatto del
bambino con la madre pelle a
pelle, vicinanza madre-neonato
invece che isolamento del neonato nella nursery, allattamento materno ecc. Ma è tutta la
ospedalizzazione pediatrica che
va « maternalizzata ». Questo signiAca che non solo la madre
debba avere sempre la possibilità di essere accettata insieme
al bambino ricoverato di età inferiore ai cinque anni, ma che
abbia anche il modo di collaborare con il personale sanitario,
che possa esserne aiutata e informata ; ma signiAca altresì
che, se la madre (o un suo sostituto) è impossibilitata per vari motivi ad assistere il suo
bambino, questi trovi in ospedale un SigniAcativo sostituto
materno in un personale addestrato e cosciente e non una
parcellizzazione di Agure avvicendate in rigidi e arbitrari orari e turni di servizio.
Il medesimo discorso può farsi per l’Asilo Nido.
Maggiore apertura alla madre
e alla sua collaborazione, responsabilizzazione della madre a
ridurre al minimo i periodi di
allontanamento del bambino, a
usufruire al massimo dei periodi di astensione dal lavoro per
maternità; impegno politico ad
adoperarsi per nuove disposizioni legislative che tengano conto
insieme dei diritti della donna e
dei diritti del bambino, ma soprattutto a indirizzare l’assisten
a cura di Tullio Viola
Israele: le
di Davide
frontiere
non sono
★ Gh effetti della nuova politica israeliana nei riguardi di alcuni Stati Arabi, si fanno sentire in
modi e a livelli sempre più minacciosi, e la tensione coi Palestinesi si aggrava di mese in mese,
rra le notizie in merito, alcune
delie quali contraddittorie perche viziate dagl’interessi politici
e quindi dalle menzogne di chi
le propaga, due sono indubbie e
ci preoccupano moltissimo.
1) « Il generale Sharon, ministro israeliano dell'agricoltura
incaricato di studiare il problema della creazione di nuove colo
eterne
Comitato di Redazione: Bruno Bellion, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto Sbaffi.
Direttore : FRANCO GIAMPICCOLI
Dirett. Responsabile; GINO CONTE
Redazione; Via Pio V, 15 . 10125
Torino, Tel. 011/655.278.
Amministrazione; Casa Valdese 10066 Torre Pellice (Torino) - c.c.p.
2/33094 intestato a « L'Eco delle Valli - La Luce » - Torre Pellice.
Abbonamenti; Italia annuo 7.000 semestrale 4.000 - estero annuo
10.000 - sostenitore annuo 15.000.
Una copia L. -200, arretrata L. 250.
Cambio di indirizzo L. 100.
Inserzioni; prezzi per mm. di altezza, larghezza 1 colonna commerciali
L. 120 - mortuari 220 - doni 80 economici 150 per parola.
Fondo di solidarietà; c.c.p. 2/39878
intestato a ; Roberto Peyrot - Corso
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
nie ebraiche nei territori occupati, ha comunicato pubblicamente,
venerdì 2.9, un piano destinato a
raddoppiare la popolazione d’Israele entro i prossimi 20 anni,
piano che prevede la formazione
di numerosi agglomerati urbani
in Cisgiordania ».
È vero che Sharon s’è affrettato ad aggiungere che, « avendo
egli trasmesso il proprio piano
al primo ministro Begin, il governo d'Israele non l'ha ancora
approvato ». Ma si parla già di
un vero e proprio « "progetto
Sharon”, che prevede l'inquadramento della massima parte della
popolazione araba della Cisgiordania in due zone di agglomerati
ebrei, in parte cittadini, in parte
agricoli, agglomerati che dovrebbero essere ancora creati. Una
delle due zone, secondo Sharon,
s’estenderà lungo la valle del
Giordano, l’altra fra la costa e i
principali centri arabi. Altri numerosi centri di popolazione ebraica saranno creati intorno a
Gerusalemme, e una via strategica collegherà la valle del Giordano a Tel-Aviv. Il Sharon (...) ha
precisato che la realizzazione del
piano richiede una popolazione
da 6 a 8 milioni di abitanti ebrei
in Israele, ma pensa che tale cifra verrà raggiunta entro i prossimi 20 o 30 anni ».
2) « Mentre a Beyrut si moltiplicano gli attentati, l'intenso
bombardamento, da parte della
artiglieria israeliana, di villaggi
libanesi tenuti dai progressisti o
dai Palestinesi, a partire da venerdì 2.9, è salilo di grado. Carri
armati israeliani, secondo la
stampa di Beyrut, sarebbero a
due riprese penetrati in territorio libanese. Quindici contadini
e un giornalista sarebbero stati
portati via dai paesi di Yarun e
Meiss el-Gebel. Trentasei altri abitanti erano stati portati via il
precedente mercoledì, e condotti
in Israele per essere interrogati.
Di questi trentasei, quindici sono
stati poi liberati.
Queste ultime notizie sono state smentite a Gerusalemme, da
un porta-voce militare (Sono "pure invenzioni", ha detto). (...) Ma
intanto si sa che quattordici persone sono state uccise il 1.9 ad
Hasbaya, sotto i bombardamenti
intensi ».
Il giornale « Le Monde » (del
4-5.9), da cui sono tratte queste
informazioni, nel suo articolo di
testa dedicato alle inquietudini
del re Hussein di Giordania (nei
giorni scorsi a Parigi, ner -onsultarsi con Giscard d’Estaing)
tocca anche la difficile e de'icata
questione dei rapporti fra Israele e U.S.A. « Certo il governo americano, nelle ultime settimane,
ha moltiplicato le sue critiche e
i suoi moniti verso il governo di
Gerusalemme. Ma, impegnandosi
fin d'ora a non ridurre il volume
dei suoi aiuti, economici e militari, a Israele, il presidente Carter
s’è privato della principale arma
di dissuasione che teneva in
mano ».
Per molti anni noi avevamo
sperato che Israele sarebbe arrivato un giorno a riconoscere ufAcialrnente il diritto dei palestinesi di creare un loro Stato libero e indipendente, magari anche
senza immediata contropartita.
Non è il più forte che dev’esser
generoso verso il più debole? Avevamo anche creduto che la formazione di un piccolo Stato-cuscinetto, lungo un buon tratto
dei conAni, avrebbe finito per esser considerato dagl’israeliani come un fatto benefico, portatore
di pace, provvidenziale. Natural
mente sarebbe stato necessario
fare un po’ di posto, rinunziare
a certe province fra Gerusalemme e il Mar Morto, forse alla fascia di Gaza ecc. Il pretendere di
conservare quel certo angolino
di terra conquistato nelle due
ultime guerre, o di occupare ed
annettersi quel tal altro angoli
no, sol perché i confini d’Israele
erano stati fissati nell’Antico Testamento fin lì e non un metro
prima né dopo, ci sembrava, oltre a tutto, una pedanteria fondamentalistica, assurda, destinata (pensavamo) ad esser superata e vinta.
Sbagliavamo, perché ormai siamo costretti ad ammettere che
la logica degl’israeliani (s’intende; della maggioranza di essi)
non è la nostra e la -toro coscienza non è la nostra. Come probabilmente neppure la logica e la
coscienza dei pono’i arabi sono
le nostre.
Abbiamo conosciuto un illustre
fisiologo ebreo, capace di dimostrare, ai propri allievi in laboratorio, che la carne di maiale
non contiene neppure un atomo
di sostanze nocive alTorganismo
umano, ma che si sarebbe fatto
uccidere piuttosto che mangiarne un pezzetto. Dopo duemila
anni, la logica e la coscienza del
popolo d’Israele sembrano riprendere il profilo della logica e della coscienza degli scribi e dei farisei del tempo di Gesù.
Se fosse proprio vero che codeste « guide cieche » (v. Matt.
23; 24) intendono giuocare il
giuoco della pazienza che non ha
fine (« Noi abbiamo saputo aspettare duemila anni, sapranno essi aspettare altrettanto? »), ebbene allora veramente noi non avremmo nulla da spartire con
loro.
za in forme alternative che in
ultima analisi dovrebbero aiutare la madre a « maternalizzare »
le proprie cure verso la prole
(servizi di assistenza alla famiglia onde procurare un aiuto
competente e efficiente a mantenere stabilità e sicurezza per
1 figli). Per raggiungere questi
obiettivi la prima tappa consiste* nell’istruzione della madre
(e del padre) nei riguardi dei
problemi e dei diritti del bambino. L’educazione genitoriale
non va ristretta ai soli genitori,
ma allargata ai ragazzi, ai giovani, alle coppie. Tutti devono
essere consapevoli della complessità del problema e del dovere civile di risolverlo; deve
essere risaputo che «l’attitudine di un adulto a diventare genitore dipende in gran parte
dalle cure che i genitori gli hanno dedicato nell’infanzia, che i
bambini carenzati affettivamente sono una fonte di infezione
sociale in quanto, diventati adulti, non possono che riprodurre
adulti simili a se stessi » (Bowlby).
(fine)
Jolanda Valerio de Carli
Per un confronto
aperto
(segue da pag. 1)
luce senza organizzazione, dalla
chiesa confessante in Germania
alla lotta partigiana in Italia. E
la rivincita della gerarchia sui
movimenti di dissenso, dall’Isolotto a Oregina alle altre numerose esperienze di credenti cattolici è stata possibile perché si è
sottovalutato il momento organizzativo. Organizzarsi significa
evidentemente fare la scoperta
della chiesa.
Negli anni ’50 Giovanni Miegge riflettendo sul fallimento dei
tentativi di evangelizzazione condotti dai protestanti in Italia, rivolgendosi ai cattolici diceva:
« La chiesa è vostra, o meglio, la
chiesa, siete voi: non è il clero,
non è il papa; la chiesa è il popolo dei credenti, e se siete il popolo dei credenti siete voi la
chiesa. E se la chiesa dei sacerdoti vi scomunica, ebbene, voi
avete il diritto di dire che questa
scomunica non vi riguarda, e che
non sopprime il fatto che, con o
senza il clero, con o senza gerarchia, voi siete la Chiesa di Cristo... La chiesa popolo dei credenti può, in una situazione di
emergenza, fare la riforma anche
senza, anche contro la gerarchia... La religione è il fatto vostro; non è il monopolio del clero: popolo credente, pensa e
provvedi ai fatti tuoi »...
Diffidenza
Un terzo motivo lo definirei di
diffidenza verso i protestanti italiani. Cli sono evidentemente delle motivazioni di ordine storico,
ma ve ne sono altre che nascono semplicemente da una conoscenza troppo superficiale e da
una mentalità ancora troppo figlia della Controriforma cattolica. I clichés che il cattolicesimo
ha diffuso in Italia sul protestantpirno non sono affatto superati; si può notare che in molti
ambienti cattolici è passata, col
sorriso di Roma, anche l’interpretazione marxista della Riforma e si guarda a Lutero e Calvino come ai servi dei principi tedeschi e della borghesia nascente.
Così non ci si deve stupire se
la proposta di avere un campo ad
agape proprio sul tema della Riforma è stato boicottato all’interno stesso delle CdB, nonostante la proposta venisse da alcuni
settori delle CdB che hanno capito il significato attuale di un
confronto con la Riforma che è,
in tutta la sua portata, un fatto
ecumenico e non confessionale.
Il problema resta quello di tradurre ne'la pratica della vita della chiesa quelle convinzioni che
nascono e si rafforzano unicamente nella comunione della fede e sotto la spinta dell’azione
innovatrice dello Spirito di Dio.