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DELLE WII VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
■10Ó66 TORRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 109 - Num. 10
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TORRE PELLICE - 10 Marzo 1972
tim.: Vis Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2a33U94
Le nostre
hanno bisogno
Pietro e il Papa
di una “rivoluzione culturale,,... MINISTRO DI UNITA ?
Se, con questo, intendiamo una autocritica della nostra vita comunitaria,
una ricerca comune del valore del nostro impegno, una ana'isi ogget iva
delle diverse attività della chiesa, del
modo di testimoniare la nostra fede
in mezzo agli uomini e se lo facciamo
nel nome di Cristo, allora questo termine di « rivoluzione culturale », anche se evoca in noi un momento preciso della storia della Cina, può perfettamente adattarsi alla situazione attuale delle nostre chiese ed esprimere
esattamente il pensiero di Paolo nel
capitolo 13 della seconda ai Corinzi:
« esaminate voi stessi per vedere se
siete nella tede; provate voi stessi. Non
riconoscete voi medesimi che Gesù
Cristo è in voi? », pensiero che si ritrova ancora più fortemente accentuato nei capitoli 2 e 3 dell Apoca is e, in
cui il Signore stesso invita la sua chiesa a procedere alla valutazione delle
sue opere...
Dunque questa esortazione all'autocritica non è di per sé qualcosa di
nuovo o di estraneo alla fede; la necessità di questa autocritica, — vorrei
riprendere il term ne di rivoluzione
spirituale, cultuale, ecclesiastica nel
senso di una riscoperta deH’annunzio
di Cristo nella sua originalità — è sottolineata nella bibbia. Oggi nei limiti
del possibile quest’annunzio deve essere spogliato di gran parte dell’apporto della storia del cristianesimo in
quanto che, poco dopo la prima generazione, gli uomini hanno sentito il
bisogno di stabilire una dottrina della
fede, un insieme di affermazioni, di
spiegazioni, di dimostrazioni. A questo
proposito, il professore Crespy, nel
suo libro Credere oggi, scrive: « Invece di testimoniare di un av\enimento,
si trasmetterà la teoria di quest’avvenimento e questa trasmissione prenderà le apparenze della comunicazione
di una verità strana, per non dire estranea ». Questo cambiamento d’accento era senza dubbio inevitabile ma
ha implicato una trasformazione di
grande importanza; « per la chiesa
primitiva — aggiunge Crespy —^ non
esiste una differenza fra ciò che è detto e ciò che è vissuto, fra il discorso
e resistenza », a immagine di Gesù Cristo in cui non c’è separazione fra Parola e vita. Non predica il regno di
Dio ed il mondo nuovo come degli ordini d’idee senza stretto legame con
ciò che vive; ma vive il mondo nuovo
e quando le vengono chieste delle prove di ciò che predica, può mostrare i
malati guariti ed i poveri soccorsi, lo
eguagliamento delle condizioni sociali
ed economiche, la gioia del condividere e la fine della paura della morte. Il
mondo nuovo non appartiene alla sua
cultura soltanto, ma è divenuto la sua
ragion d’essere ».
Se ho capito bene il senso della rivoluzione culturale e quello dei verbi
« esaminare » e « provare », allora penso che questa autocritica debba avere
come scopo di riprendere le diverse
attività della vita delle nostre chiese,
le manifestazioni della nostra fede per
vedere se hanno ancora un valore, un
sapore... perché « provare » significa
esattamente questo: rendersi conto
del sapore di una cosa. « Se il sale diviene insipido, con che lo si salerà?
Non è più buono a nulla se non ad esser gettato via e calpestato dagli uomini ».
Questa autocritica deve essere fatta
nell’interno della comunità, da tutti i
membri della chiesa. Ormai, ne sono
perfettamente convinto, la vita nuova
delle nostre chiese non nascerà da un
controllo esercitato dall’esterno, anche
e proviene da parte di persone ben
disposte, come le nostre autorità ecclesiastiche, come il delegato della Tavola o il presidente del distretto, ma
nascerà soltanto da una ricerca fatta
in comune da parte di tutti i membri
dellà comunità.
Non si tratta evidentemente di portare un giudizio di valore personale
sugli uni e sugli altri, non si tratta in
ogni caso di cercare una autogiustificazione, neanche di lamentarsi della
scarsezza dei nostri mezzi, della povertà delle nostre chiese e della nostra fede, non si tratta di cedere alla tentazione di scaricare sugli altri la responsabilità delle nostre difficoltà, ma piuttosto di assumere insieme, come membri di chiesa, nello spirito del Signore,
nella preghiera, nella sofferenza e nella ffducia, questa autocritica, questa
messa alla prova del sapore della nostra testimonianza.
Oggi le circostanze ci spingono a superare ogni sorta di difficoltà, vorrei
dire a sorpassare i limiti delle abitudi
ni, della pietà tradizionale, delle forme
svuotate di vita e di potenza, delle formule che sono divenute per noi come
una « routine », per giungere ad una
libertà sufficiente affinché possiamo
utilizzare le nostre forze, i diversi doni
di ciascuno, finora troppo spesso inutilizzati, o utilizzati soltanto per mantenere « lo status quo », per sopravvivere; a questa ricerca comune di riflessione, di approfondimento, di scrutatori del valore e del sapore della nostra vita ecclesiastxa.
Mi permetto di insistere su questa
necessità di sorpassare i limiti, che
una certta tradizione ha imposto alla
vita delle nostre chiese, e soprattutto
la tentazione di ricordare il passato
con un po’ di nostalgia e di contentarci di stigmatizzare l’assenza della gioventù o di lamentarci degli effetti disastrosi deh’emigrazione... Se siamo
capaci di accettare che non dobbiamo
più difenderci unicamente per sopravvivere, allora saremo pronti a fare
questa ricerca, questa autocritica, questa « operazione-verità ».
Verità e sapore della nostra comunione di membri di chipa: qual è questa comunione, qual è il suo scopo,
quali sono le sue ragioni d’essere, qual
è la qualità che questa comunione stabilisce fra di noi? In quale misura
questo legame resiste alla prova, alle
difficoltà, alle sofferenze, alle lotte?
Qual è il grado d’unità, di questa unità che sola crea rapporti veri fra noi?
Verità e sapore dei piccoli gruppi
(consiglio di chiesa, monitrici, gruppi
di studi biblici, di giovani, di preghiera): fino a quel punto formano una
comunità, ricercano da realtà della comunità e sono pronti a pagarne il
prezzo?
Verità e sapore della forma del no
stro culto, delle nostre preghiere, delle nostre attività religiose, dei nostri
incontri, delle nostre discussioni. Non
rischiamo molto spésso di sfuggire davanti all’essenziale, di trovare una scusa per non stare davanti a Cristo, ed
a Cristo solo? .
Verità e sapore delle nostre vite di
uomini e donne, della nostra presenza nella chiesa, nel mendo, nella città,
in mezzo agli uonuni/ della nostra capacità di apertura, di comprensione
verso gli altri, della nostra volontà di
dimenticare noi stessi per incontrare
l’altro della nostra disponibilità alla
azione di Cristo in noi, affinché smino
rinnovati da lui nel nostro modo di
pensare, di essere, di agire.
Non si può dare ùna risposta immediata a tutte queste domande. E
una ricerca che non sarà mai finita.
Ma deve cominciare, e dobbiamo darle la priorità, a rischio della vita o
della morte delle nostre chiese.
Georges Paschoud
.......
@ Il tempo e 1 uomo
L’ammonimento del Profeta di « non
ricordare più le cose passate, e non
considerare più le cose antiche », è ancora attuale, dopo tanti secoli che
venne pronunciato? E l’assicurazione
di Gesù, di non preoccuparci, di non
essere solleciti del domani, come gli
uccelli del cieli e i gigli dei campi, e
valida anche per l’attuale società nella quale viviamo, per il domani nel
quale dovranno vivere i nostri figli.
Questa concezione ottimistica, per cui
Iddio continuerebbe a preoccuparsi
della sorte dell’uomo anche dopo la
sua caduta e la sua cacciata dall Eden;
per cui Iddio è Colui che apparecchia
la mensa. Colui che fa scorrere rivi
d'acqua chiara. Colui che fa piovere
sulle zolle e manda i raggi del sole
sulla terra; questa visione ottimistica
del mondo è giustificata ancor oggi, o
è bene che non si guardi al passato e
non si consideri il futuro, perche vi
scorgeremmo la negazione assoluta di
questo ottimismo? Il Cristianesirno salebbe dunque oggi in crisi perché non
ha retto alla verifica della stona, perché non è più valido di fronte alla valutazione del presente e del futuro.
Il presente ed il futuro; in altri termini, il tempo, il tempo che è al centro dell’esistenza e del destino dell’uomo. L’uomo è immerso nel tempo come i pesci lo sono nelle acque del mare. L’uomo non si può liberare d-al
tempo, il tempo è la sua stessa condizione umana. Ed il tempo non ha nulla a che vedere con Dio. Come il Fato
era per gli antichi Greci al di sopra
degli Dei, così il tempo sarebbe al di
sopra dello stesso Iddio dei cristiani.
Se, avvalendoci della nostra semplice esperienza, guardiamo indietro nel
passato, a soli pochi anni fa, vedianm
che i genitori d’un tempo, anche se fidenti nelle provvidenze del Signore,
non mancavano di preoccuparsi della
sorte dei propri figli, di prepararli nel
migliore dei modi al loro avvenire.
Ma, dati certi presupposti e condizioni, essi erano pienamente fiduciosi nel
futuro. Chi aveva mezzi, faceva studiare i propri figliuoli, e con ciò si sentiva tranquillo, convinto di aver dato
così un sicuro avvenire ai propri figli.
« Studia; — si diceva allora — quando avrai il tuo diploma, o la tua laurea, un posto non ti mancherà». Non
dubitavano, i nostri nonni o i nostri
padri, dei risultati pratici degli studi,
del valore del titolo di studio. Perche
questo? Perché essi consideravano il
tempo come un punto statico, non
pensavano che la società poteva trasformarsi, la vita divenire difficile per
tutti. Quando Malthus tirò fuori la sua
teoria sul disquilibrio tra l’aumento
delle sussistenze e l’incremento demografico, si gridò da molte parti allo
scandalo. Come era ciò possibile? Se
la terra aveva sempre offerto all’uomo
di che vivere, come poteva non assicurarlo ancor più in avi'enire, con il
progresso che aveva portato alle bo
nifiche e ad una ^nomia più controllata?
Qggi, nell’epoca del benessere, della
superproduzione, del consumismo, si
è imparato anche a guardare al tuturo e si guarda al futuro con sgomento.’ L’uomo, che si credeva padrone
della natura, si sente oggi impotente
ad arginare l’irrompente cataclisma
che si sta abbattendo sull’uinanita.
Non è lontano ormai il giorno in cui
non vi sarà più posto per 1 uomo sulla superficie terrestre, non vi sara piu
ossigeno per i suoi polmoni, non vi
saranno più verdeggianti paschi ed acque chete, ma solo rimarrà la valle dell’ombra della morte.
Ma non è Iddio che ha smesso di
dare all’uomo prati verdeggianti ed
acque limpide; non è Iddio che non
dà più una casa al passero e alla rondine un nido ove posare i suoi piccini.
E l’uomo che ha iniziato, inconsmamente, ma per egoismo e calcolo sbagliato, la distruzione dell opera di Dio.
Eros Vicari
Non è passata del tutto inosservata
— purtroppo — una dichiarazione rilasciata qualche tempo fa dal priore
di Taizé Roger Schutz su « L’unità visibile della Chiesa e il ministero d’unità del Papa ». Non sarebbe il caso di
parlarne se — come si poteva facilmente prevedere — diversi ambienti
cattolici non l’avessero trovata suggestiva, promettente e persino, secondo
qualcuno, risolutiva. Ad esempio, la rh
vista del Pontificio Istituto Missioni
Estere « Mondo e Missione », che pure segue con interesse e partecipazione il cammino del movirnento ecumenico e ne conosce i motivi ispiratori e
gli obiettivi, presenta — nel numero
di gennaio — la dichiarazione di
Schutz come « un notevole contributo
personale alla soluzione dell’attuale
crisi ecumenica ». E proprio quello
che a nostro avviso essa non è e non
può essere. Perciò ne. parliamo; non
tanto per esprimere il nostro dissenso
dalle posizioni di Schutz quanto per
spiegare perché, secondo noi, la soluzione dell’attuale crisi ecumenica non
passa per una rivalutazione della figura e della funzione del pontefice romano.
Il priore di Taizé si domanda; « Possiamo ancora cercare l’unità della Chiesa come luogo di comunione per tutti
gli uomini, senza porci la questione del
vescovo di Roma?... Come sperare la
Chiesa ricostituita nella sua unità senza un pastore universale? La sua vocazionc Yiofi è foTSB- quella di essete yiel
cuore del cuore, non su una piramide La sua vocazione non è forse quella di rendere attuale, attraverso una
bocca pastorale, l’essenziale di una
medesima fede, di un medesimo pensiero, veri per ciascun cristiano, e cosi
di indicare sempre di nuovo dei luoghi di unanimità della fede, una generazione dopo l’altra? ». Domande non
prive di anelito unitario ma prive,
purtroppo, di consistenza evangelica:
è proprio questo genere di domande
che la chiesa cristiana del I*> secolo
non si è posta. Questo non vorrebbe
ancora dire; noi ci poniamo molte domande che i primi cristiani non si posero. Ma si tratta sempre di probleini
nuovi, che noi abbiamo ma che i primi cristiani non avevano. Il probità
dell’unità della chiesa, invece, era ben
noto ai cristiani del I® secolo: i testi
del Nuovo Testamento ne parlano sovente. Ma non la mettono mai in rapDorto al « vescovo di Roma » o a un
ministero di « pastore universale » che
sarebbe «il cuore del cuore» della
chiesa. Che cosa significa questo se non
che il Nuovo Testamento, cioè la fede
apostolica, imposta il problema della
unità della chiesa in termini diversi da
.........................................
A TORINO
Membri della chieee valdese in favere dei baraccati
_17«. t> iLl.Lft
Nel corso dell’assemblea di chiesa convocavi la sera di lunedì 28 febbraio, alcuni membri della comunità valdese di dorino hann
presentato il problema della lotta
condotta da varie settimane, in crescendo, da
un centinaio di famiglie di baraccati, nelle ione di Mirafiori e di Pozzo Strada J“'
midie, che hanno trovato accoglienza preca
ria in due case parrocchiali f"
sostenute e guidate da gruppi delh sinistra
extraparlamentare, come Lotta Continua, b
corso^Rosso ed altri. Le autorità comunali barino opposto forti reticenze alle richieste ava
zate ^e solo in seguito al carattere deciso e
la risonanza pubblica «
nn n lare e a proporre qualcosa di concreto.
PCI i 'ean!h’esso distanziato da questa pròSa adLTendo la ragione die la lotta per
la casa dev’essere condotta globalmente e n
settorialmente.
I presenti all’assemblea valdese torinese
non numerosissimi, hanno dibattuto la questione constatando alcune cose: 1) ti problema
umano grave, ci interpella; 2) l informazion
dei più è superficiale; 3) l’assemblea, non convocata a questo scopo e non
informata, non può decidere nulla, tanto me
no a nome di tutta la comunità; 4) secondo
Inni s7 il problema umano è reale e deve
trovare risposi, più dubbi sono i
ti e si avvertono perplessità di fronte alla pos
Sibilità che questi problemi «
» «ano strumentalizzati Pf
di parte. Si decide cosi che ahuni membn
(o!niel Attinger, Paolo Bensì e Maria Vittor
Revelli) preparino, a Molo personale un do
cumento che la domenica successiva, 5 marzo
sia presentato nel corso dei culti nelle van
zone, proponendo alla responsabilità e alla
libera scelta di ognuno: a) la firma, a titolo
personale, del documento stesso, h)
colta di offerte. Così è stato fatto. Nelle vane
zone sono state raccolte 99 firme e circa centomila lire. Ecco il documento in questione:
Da più di un mese circa cento famiglie,
soprattutto di immigrati meridionali, sfrattate da alloggi dichiarati inabitabili o ammassate in abitazioni malsane, hanno iniziato una
lotta per la casa.
Hanno occupato in un primo tempo alcuni
alloggi sfitti dai quali sono state cacciate dalle
forze di Pubblica Sicurezza (forze deU’ordine)
e quindi si sono rifugiate nei locali di tre parrocchie cattoliche della città (Mirafiorì-nord,
Pozzo Strada e San Donato). Hanno tentato di
prendere contatto con le autorità comunali
che hanno chiaramente espresso il loro rifiuto
alla « guerriglia per la casa ». Hanno bisogno
di tutto (molti infatti sono stati licenziati a
causa della lotta che hanno intrapreso), ma soprattutto hanno bisogno della casa.
Questa situazione ci ripropone in forma
drammatica la contrapposizione tra ricchi e
poveri, di fronte alla quale il Cristo ha preso
una chiara posizione, facendo la scelta dei poveri (gli amati da Dio) e esprimendo un severo
giudizio sui ricchi (« guai a voi, ricchi »).
Non avendo né come individui, ne come
gruppo la possibilità di risolvere il problema,
nella nostra responsabilità di credenti:
___ affermiamo che ogni forma di neutralità
serve soltanto a coprire un sostanziale appoggio all’ingiustizia; ...
___ ci impegniamo ad una forma di solidarietà
(contìnua a pag. 5)
quelli in cui Schutz lo pone? Ma allora l’unità della chiesa cui Schutz aspira non è l’unità della chiesa secondo
il Nuovo Testamento e le domande
che egli rivolge appaiono estranee alla fede evangelica originaria; perciò
la nostra risposta non può essere che
il rifiuto delle domande.
In realtà tutti sanno che la chiesa
apostolica ha realizzato e vissuto la
sua profonda unità senza « pastore universale », senza « vescovo di Roma »,
senza « il cuore del cuore ». Schutz sostiene che « il ministero del pastore
universale è ’secondo’, ma tuttavìa essenziale in vista della ecumenicità della Chiesa », e ancora che è un « ministero unico ». Noi pensiamo invece che,
stando alla chiesa del Nuovo Testamento e alla dottrina apostolica della
chiesa, un ministero di « pastore universale » non esista. Tranne il ministero degli apostoli (il solo veramente
« unico », in quanto non si ripete e
non si trasmette), nel Nuovo Testamento nessun ministero è universale,
sono tutti locali. Perciò Roger Schutz
non dovrebbe invitare il vescovo di
Roma a « essere il più universale possibile », dovrebbe al contrario invitarlo a essere il più locale possibile. Solo
così potrebbe cominciare a ritrovare
misura e proporzioni evangeliche.
C’è poi un’altra idea, che pur riscuotendo largo credito negli ambienti ecumenici, non sembra trovare alcun riscontro nella testimonianza evangelica; l’idea secondo cui il vescovo di
Roma, come « successore di Pietro »
(ma non lo è) avrebbe un particolare
ministero di unità da svolgere nell’ambito della chiesa. Ora, non può essere
del tutto irrilevante il fatto che nel
Nuovo Testamento il ministero apostolico di Pietro non è mai presentato
esnressamente come un ministero di
unità. Né in Matteo 16: 18 né in Luca 22; 32 né in Giovanni 21: 15-17 né
in tutti i passi in cui Pietro funge da
portavoce dei Dodici né nel.libro degli Atti né nelle lettere apostoliche affiora mai con qualche evidenza l’esistenza di un rapporto particolare tra
la figura e l’opera di Pietro e l’unità
della chiesa. Gesù dice a Pietro che
fonderà la sua chiesa su di lui (Matteo 16), gli chiede di confermare i suoi
fratelli (Luca 22) e di pascere il suo
gregge (Giovanni 21), ma non gli affida in modo specifico un ministero di
unità. C’è dunque secondo ogni evidenza un ministero di Pietro, ma non c’è
evidenza di un ministero di unità di
Pietro: che lo sia stato è una illazione
che i testi del Nuovo Testamento non
avallano. Se si vuole trovare un ministero d’unità nel Nuovo Testamento
più che a Pietro bisogna pensare a Paolo, che certamente ha avuto molto a
cuore l’unità della chiesa e ha lottato
strenuamente non solo per mantenerla (si pensi ai suoi viaggi a Gerualemme e alla colletta per questa comunità) ma anche per fondarla teologicamente (si pensi al 1« capitolo della 1»
Corinzi e alla lettera ai Filippesi).
In realtà però neppure Paolo è, in
quanto tale, ministro di unità. La soluzione del dilemma ci pare questa:
che nel Nuovo Testamento tutti i ministeri sono ministeri di unità e non
ve n’è uno che lo sia in maniera eminente. Non c’è dunque un ministero
di unità, ce ne sono tanti quanti sono
i ministeri. Non c’è un ministero di^
unità, c’è l’unità che nasce dall’insieme dei ministeri. L’unità della chiesa
non si crea intorno a un ipotetico e in
realtà inesistente ministero di unità
ma si crea grazie alla comunione dei
diversi ministeri nell’unico Spirito che
li suscita e nell’unica Parola che li governa.
Ma allora, se ciascun ministero è,
per la sua parte, ministero di unità
nel senso che concorre insieme agli altri a costituire l’unità della chiesa, non
si può dire che, in fin dei conti, anche
il ministero del papa è, sia pure^ non
in senso esclusivo, un ministero di unità? Lo si potrebbe dire e pensare, se
il papato fo§se un ministero.
Ma non lo è.
Ecco perché pensiamo che sia perfettamente inutile appellarsi al pontefice romano per risolvere il problema
della divisione della chiesa: perché il
papato non è un ministero di unita, e
non lo è perché non è un ministero.
Paolo Ricca
2
pag. i
N. 10 — 10 marzo 1972
LA BIBBIA NON LETTA
ACCOSTARSI alla BIBBIA
LGCLîSëASTE. L’unità della Bibbia
\]n dijfficile equilibrio tra scetticismo e fede
Nelle Bibbie ebraiche questo scritto
appartiene alla collana dei libri didattici o « sapienziali » ed è uno dei cinque « Meghillot » (rotoli) destinati,
dall'uso liturgico, ad essere letti nelle
feste speciali del calendario ebraico:
1 - Il « Cantico dei cantici », che ve
niva letto a Pasqua.
2 - « Rut » per la festa di Pentecoste,
ossia della mietitura.
3 - « Lamentazioni », nella commemo
razione anniversaria della distru
zione di Gerusalemme.
4 - « Ecclesiaste », nella festa delle ca
panne (o dei tabernacoli).
5 - « Ester », nella festa di Purim.
Nella nostra Bibbia TEcclesiaste viene elencato tra i « libri poetici », che
sarebbe più esatto chiamare « sapienziali e poetici » in quanto non sono
tutti scritti in poesia ed appartengono
per contenuto tanto all’un genere letterario che all’altro, o, anche, ad ambedue assieme.
Quanto al titolo ebraico di « Cohelet », tradotto nel greco in « Ecclesiaste » (da «ecclesia» =adunanza, riunione), esso designa il « presidente » o
« moderatore » di un’assemblea di
saggi.
Con una finzione letteraria, destinata a conferire maggior prestigio allo
scritto, il libretto identifica il « Cohe
let » con l’ormai leggendaria figura del
Re Salomone (figlio di Davide), il cui
ritratto storico, già di per se piuttosto ricco di forti tinte, s'era andato
man mano arricchendo di tonalità
sempre più accese tanto nella esaltazione dei suoi aspetti virtuosi: sapienza, sagacità ecc..., quanto delle stravaganze sensuali che facevano corona al
suo strapotere di monarca assoluto:
harem riccamente fornito di mogli e
concubine, stuoli di schiavi, lussuosi e
lussuriosi festini da satrapo orientale ecc....
Tra scetticisino e fede
Che cosa ha da dire questo strano
personaggio del « Cohelet »?
Innanzi tutto e dopo tutto, ossia come premessa e conclusione di un succedersi di brani, o di brevi sentenze,
c’è un ritornello amaro e sconsolato
(torna ben venti volte nel corso dell’opera): « Vanità delle vanità, tutto è
vanità ».
Che si tratti della fatica per acquistare fama o ricchezze o che si tratti
di godersi i beni della vita... tutto si
riduce a « correre dietro al vento ».
Non c’è nessuna soddisfaz one che appaghi completamente l’uomo rella sua
affannosa ricerca; nulla, né i piaceri,
né le ricchezze, né la rinuncia agli uni
e agli altri... nulla può dare all’uomo la
felicità.
La morte stessa non sembra aprire
alcuno spiraglio di speranza, perché
rimane dinnanzi all’uomo come un mistero impenetrabile. La sola cosa che
possiamo constatare è che: « tutto è
venuto dalla polvere e tutto alla polvere ritornerà» (3: 20).
A questo punto che fare? Rinunciare
ai godimenti della vita? È stoltezza.
Goderne fino in fondo? Non è stoltezza
minore, perché ogni soddisfazione go
duta non fa che accendere nuovi desideri nell’insaziabilità dell'animo umano. E così, su questo tono, continua
il libro e potremmo continuare a leggerlo mentre passa da un argomento
all’altro come un « correre dietro al
vento » ...se non ci fosse un « MA ».
Perché nel corso del libro c’è, di
tanto in tanto, un « MA » che spunta
in mezzo alle considerazioni più scettiche. « MA », al di sop.'a di q . esto dibattersi della creatura, c’è una realtà,
la sola realtà reale, che, di tanto in
tanto, sembra squarciare le nubi della
sconsolatezza urbana. Quando q esto
MA compare, la problematica si apre
verso la fede. Una fede che non arriva mai a risplendere in modo permanente, ma che, come un lampo che
percorra l’orizzonte oscuro d’un cielo
plumbeo, lo rischiara per breve tempo. Citiamo solo alcuni esempi:
Nel mondo regnano ingiustizia e sopruso... MA « Dio giudica tanto il giusto quanto l'empio » (3: 16-17)..
C’è chi si domanda: perché muore
giovane il buono e campa a lungo il
malvagio?... « solo colui che teme Dio
evita tutti i mali » (7: 15-18). Tutto
passa, anche i giorni più belli della
giovinezza, ma tu « ricordati del tuo
Creatore nei giorni della tua giovinezza... » (12: 1) perché alla fine quando
la « polvere torna alla terra com'era
prima, lo spirito torna a Dio che lo
ha dato ».
E così per una quantità di altri casi
fino alla conclusione « Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché
questo è tutto l'uomo» (12: 13).
Da che parte pde
la bilaacia?
Ci potranno essere dosature diverse:
dove più fede e dove più scetticismo...
a seconda delle persone e dei momenti
della vita. « Il libro da le vertigini, in
qualche punto, come a chi si trovi sull’orlo dell’abisso », ha scritto un dotto
rabbino, ma proprio per questo « è un
libro profondamente moderno », il libro dell'angoscia di chi sta in bilico
tra lo scetticismo pessimista e la fede.
Un libro scritto forse duecento anni
prima di Cristo é che quindi esprime
l’inquieta incertezza di chi non ha ancora conosciuto Colui che, suU’enigma
della vita, doveva far risplendere la
piena luce delTarriore di Dio. Ma non
è forse contemporaneo di questo strano sadduceo anonimo, perplèsso ed esitante dinnanzi a'ie contradittorietà
della sorte umana, chiunque, ancora
oggigiorno, non ha risolto l’enigma alla luce di Cristo?
La contemporanea presenza di sentimenti e pensieri così contrastanti ha
indotto alcuni biblisti a domandarsi
se 1’« Ecclesiaste » non possa essere
stato composto da due autori diversi:
uno scettico, che avrebbe scritto la
prima stesura e uno credente, che vi
avrebbe inserito qua e là affermazioni
di fede, intese a correggere la visione
unilaterale del testo primitivo. Non
credo sia necessario scomodare un secondo scrittore per spiegare tale dualità che giace nel sottofondo di ognuno
di noi. L’Apostolo Paolo, sia pure su di
un altro piano, ha espresso in modo
stupendo l’angosciosa situazione dell’uomo che si sente intimamente diviso (Romani 7, 14 e seg.) tra bene e male, tra fede e disperazione, e ha potuto
risolverla nella consapevolezza della
meravigliosa grazia di Cristo (v. 25),
che ha fatto pendere la bilancia dalla
parte della fede liberatrice. Ma lo
scrittore dell’« Ecclesiaste » questo non
lo sapeva, e non era nemmeno un profeta per antivederlo, era un « saggio »,
ma un saggio senza la grazia di Cristo,
rimane pur sempre un pover’uomo che
cammina nel buio, anche se vede qua
e là qualche sprazzo di luce.
Ernesto Ayassot
iiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiniiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii inmi ii!|||!iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiihiiiiiiiiii
LA STORIA VALDESE DA RISCRIVERE
rpoveri di Lione" ; la "comune" dì Valdo
Un elemento fondamentale messo in
luce dagli studi recenti, oltre quelli
già menzionati, nella vicenda di Valdès
è la ricchezza di temi e di problemi
che si agitano nel movimento nato dalla sua conversione. Tutti coloro che
hanno iniziato a leggere la Storia valdese, o coloro che si sono trovati a
doverla spiegare, hanno senza dubbio
fatto la stessa esperienza. L’iniz'o della vicenda è chiaro: il mercante Valdo si converte, si mette a spiegare il
Vangelo per le strade di Liore, si fa
povero e viene scomunicato. Molto
meno chiaro è invece quello che segue.
La scena si è improvvisamente rab
buiata, tutto si fa oscuro, indistinto: i
barbi a due a due per l’Europa e le
persecuzioni sono gli unici elementi
chiari in una vicenda che occupa più
di 300 anni. AlTimprovviso, lumino o
momento iniziale segue una lunghissima sfilata di anni oscuri, grigi in cui
non sembra accadere nulla o ben poco
di interessante.
In realtà molte cose sono accadute
e di estremo interesse, di so-prendente
attualità e non fatti ed esperienze iidividuali bensì collettive: Valcès in
fatti non è solo, ha degli amici, dei
seguaci, dei colleghi, definiim'li come
ci pare, persone cioè che si riferiscono
alla sua esperienza fond^men'ale co
me ad un momento unico ricco di
spunti, di stimoli, di suggerimenti. Il
suo dissenso non è quello di un’an'ma
eletta e spiritualmente eccezionale, di
un gigante della fede, di un profeta
solitario ma immediatamente diventa
dissenso di gruppo. Qui sta il primo
fatto sorprendente della vicenda valdese. La cristianità del XII e XIII se
colo non è stata avara di grandi figure dissidenti e contestatrici. Suscitatori di passioni e di entusiasmi, trascinatori di folle, avventu’osi e geniali;
ma chi ha mai sentito parlale di Petrobusiani o di Enriciani, di Arnaldisti? Nessuno, alTinfuori di qualche
professore di storia m'dievale e di
studenti in cerca di tesi di laurea. Eppure Enrico, Arnaldo, Pietro furono
alla ribalta della storia relig'osa del
tempo, assai più di Valdès furono gli
uomini del giorno contro cui si mobilitarono papi e vescovi. Attorno alla
loro predicazione divampò la rivolta
ma non si creò una comunità. Furono
tutti impegnati, attivi, appassionati sino al momento del loro martir e, ma
la loro denuncia gridata con tanta
forza si spense come un’eco. Va'dès invece dopo la sua scelta irreve"sibile
sparisce a poco a poco dalla scena
della storia, e muore non si sa dove e
quando, ma i « poveri di Lione » continuano Tavventura della protesta.
Rodano e della Saône i poveri Lonesi
assomigliano non poco a quei « bons
hommes » catari cui si è già fatto
cenno.
La storia valdese vera e propria nasce qui, in questa « sociétés », questo
nucleo di credenti in ricerca che si riferisce all’esperienza fondamentale di
Valdo come ad una matrice di suggerimenti e lo fa con grande libertà ed
inventiva. Una comunità estremamente coinposita, ricca di battagl e e di
polemiche, ricca anche di « correnti »,
divisa tra una « sinistra » dinamica e
ribelle, un « centro » tradizionalista el
una « destra » conservatrice (precisiamo che tutti questi termini non sono
frutto di una nostra invenzione giornalistica ma sono ormai in uso nel’e
opere di storia valdese dei maggiori
studiosi, da Gönnet a Selge). E la « so
cietas valdesiana » yede certo in Valdo l’autore della scelta giusta, il punto di riferimento ma non il capo asso
luto, autorità indiscussa. C’è infatti ne’
gruppo tutta una vita ed un fermento
di ricerca, vi sono uomini di tendenza
e di espressioni diverse, di bisogni diversi, preti e mercanti, popolani ed
intellettuali, francesi e provenzali. Il
posto di Valdo nella sua soc’elà sembra un po’ quello di Mao neTa grande avventura rivoluzionaria cinese: il
grande padre della protesta a cui tutti si riferiscono ma sulla cui eredità
ideale e concreta ribollono tensioni e
interessi.
LA «SOCIETAS
VALDESIANA »
Scetticismo e fede. E non tutto da
una parte e tutto dall’altra, ma le due
cose frammiste, così come effettivamente sono nel cuore di ogni uomo, come si alternano nella vita di ognuno.
È questa la prima realtà che va riscoperta e ricuperata: la vita di quei
credenti che conosciamo così poco,
perché di loro si sa poco, ma anche
perché non ci siamo mai preoccupati
di interrogarli bastandoci il riferimento a Valdo il Fondatore, l’uomo delle
grandi decisioni e delle scelte radicali.
Giustamente questi credenti non si sono definiti « valdesi », seguaci di Valdo, suoi imitatori ma « Poveri di Lione », si sono visti cioè come uomini in
cerca di una propria esperienza, sia
pure riferita a quella di Valdo. Hanno inventato per dire questo una bellissima espressione latina: la « Societas valdesiana », la comunità di Valdesio, o più che comunità, il gruppo, la
« comune » di Valdo. Come lui questa
comunità si professa cristiana, nella
comunione di fede cattolica, non si lascia sedurre dalle proposte della dissidenza catara, anche se nel loro viaggiare a due a due lungo la valle del
LA DESTRA CULTURALE
RICUPERATA AL CATTOLICESIMO
È proprio su uno di questi conflitti
interni, su una delle posizioni i 'eali
della « societas valdes'ana » che si so
no fatte negli ultimi anni interessanti
e significative scoperte, sulla corrente
di « destra » raccolta attorno a Durando de Qsca. Le opere di questo
« valdese » della prima generazione
sono ora pubblicate e studiate con attenzione; esse rielaborano con precisione il punto di vista del’a protesta
originaria dei poveri: fedeltà alla Chiesa, rifiuto del catarismo, r cerca di
una nuova esperienza nella povertà e
nella predicazione evangel ca. Ciò che
suscita il nostro interesse immediato
in queste ricerche sono due fatti:
la « destra » di Durando è composta dagli intellettuali della comunità,
ed è quella che finisce dopo qualche
anno ricuperata dalla tradizione cattolica.
La élite culturale del gruppo di Durando è quella che si sforza di definire le linee della teologia va'dese seguendo le istanze e i suggerimenti che
nascono dalla scelta stessa fatta da
Valdo: fedeltà alTEvangelo, nella co
munità della Chiesa. Una dissidenza,
un dissenso che si vuole attivo, fecondo nel corpo della cristianità, che cerca di comprendere e di spiegare le
proprie posizioni, che riflette sui presupposti ideali delle propr e scelte
compiute. Sono i chierici e gli studiosi, gli uomini di cultura affascinati
dalla limpidezza e dalla semplicità del
gesto di Valdo, come molti intellettuali della nostra generazione sono affascinati da gesti di coerenza cristiana
compiuti dai semplici credenti.
Perché mai sono proprio questi che
si reintegrano così presto? Partiti come « poveri di Lione » si ritroveranno
alcuni anni dopo « poveri cattolici »
con il pieno assenso del papa. Paura
o viltà? No di certo. Durando ed i suoi
amici erano troppo convinti per aver
paura. Interesse? Difficilmente gente
che fa la rinuncia fondamentale della
vita si lascia poi comprare con il miraggio di qualche vantaggio materiale
Molti formulano questa domanda:
« È possibile parlare di unità della
Bibbia, pur nella diversità dei testi
che la Chiesa ha riconosciuto come
Sacre scritture? » Rispondiamo di sì
per varie ragioni, perché crediamo che
nelle Scritture e mediante la testimonianza dei profeti e degli apostoli Dio
ha fatto conoscere il suo piano di salvezza, che ha per segno inconfondibile
la croce di Gesù Cristo, il Servo delTEterno. Ancora oggi la Chiesa conserva nel suo insegnamento e nel suo
culto la consapevolezza di questa unità e continuità: noi leggiamo e commentiamo l’Antico ed il Nuovo Testamento, cantiamo inni e sa'mi ebraici,
accogliamo come esempi di fede Àbramo, Mosè, Davide, Geremia e tanti altri credenti dell’Antico Patto, consideriamo la chiesa come il popo'o di Dio
in cammino verso il Regno che viene.
Questa fondamentale unità della
Bibbia non è sempre stata accettata
nella storia della Chiesa. Già nel 2» secolo d. C. il dualismo gnostico rischiava di alterare profondamente la fede
cristiana, in modo partico’are la concezione biblica della creazione del
mondo materiale che veniva attribuita
al Demiurgo. L’eretico Marcione sosteneva che il Dio d’amore rivelato da
Gesù Cristo non poteva essere la stessa persona che il Dio Creatore dell’Antico Testamento: il primo era il
buon Padre, che volentie;i perdona,
che non condanna; il secondo era il
duro e severo « Jahvè » degli Ebrei,
che tiene le sue creature sotto la ferula della legge, e punisce e condanna.
In tempi molto più recenti, quando la
ideologia nazista intendeva orientare
la chiesa in una certa direzione e una
ondata di antisemitismo soffiava violentemente sull’Europa, l’unità della
Bibbia venne contestata in base a considerazioni razziali: l’Antico Testamento doveva essere accantonato perché
era la Bibbia degli Ebrei, e la voce dell'apostolo Paolo, ex ebreo, figlio di
ebrei, doveva essere ridotta al silenzio.
Quei tempi, grazie a Dio, sono trascorsi, anche se non del tutto scomparsi. Assistiamo oggi ad un rinnovato interesse per gli studi biblici da
parte di teologi qualificati, in modo
speciale per la teologia dell’Antico Testamento. Questi studi hanno contribuito in misura notevole a superare
l’ostacolo costituito da una pura e
semplice contrapposizione fra l’Antico
e il Nuovo Testamento ed a porre in
evidenza l’unità della Bibbia nel suo
insieme, per conseguenza anche l’unità della rivelazione divina e della fede
nel Dio d’Àbramo, d’Isacco e di Giacobbe, pienamente rivelato nella persona di Gesù Cristo. Il concetto di
« unità della Bibbia » non è un dogma
massiccio, imposto dalTaltq in modo
autoritario e indiscutibile. Si tratta invece di una profonda unità, che s’impone progressivamente a c' iunque
legga la Bibbia con serietà e tenacia;
una unità non statica ma dinamica,
aperta all’esame ed alla riflessione, che
non pone sullo ■ stess-o livello l’Antico
ed il Nuovo Testamento, ma li valuta
nella loro diversità, riconoscendo però
che il pensiero di Dio è presente da
un capo all’altro della Bibbia.
L'unità della rivelazione
nel contesto della storia
Su questo tema è stato pubblicato
in questi ultimi mesi un volume che
ho letto con vivo interesse, di grande
utilità per l’approfondimento della nostra cultura biblica e teologica. Il libro è edito dalla Casa Editrice Battista di Roma ed ha per titolo: « L’Unità della Bibbia », di H. H. Rowley, professore di ebraico nelTuniversità di
Manchester e autore di numerosi studi sull’Antico Testamento’. L’autore
tratta la sua materia con la competenza di teologo e di studioso; ma lo
svolgimento del tema è condotto in
modo semplice e comprensibile, senza
aride divagazioni o speculazioni, senza
mai perdere di vista il fatto che l’unità della Bibbia non è quella dello spirito d’Israele e della chiesa, ma è l’unità della rivelazione divina data nel
contesto della storia e attraverso la
mediazione di uoinini che hanno parlato da parte di Dio.
Ululili...
immediato. Mancanza di ic'ee chiare?
Si trattava come si è detto della parte intellettuale del movimento, quelli
che avevano letto e scritto libri. Forse non avevano chiaramente intuito i'
carattere rivoluzionario del gesto di
Valdo, videro in lui uno stimolo necessario per la ripresa della predicazione
nella Chiesa, una voce di allarme, santa e giustificata; ma quando la Chiesa
concesse ai frati domenicani l’autorizzazione a predicare ed a vivere in povertà, a fare ciò che Valdo aveva fatto, la protesta non sembrava più ave
re motivo di essere. Ricuperata la prò
testa, non c’era più motivo di proseguire la ricerca nel contesto della « societas valdesiana », si poteva continuare l’opera di rinnovamento e di difesa
della fede all’interno della Chiesa in
un ordine religioso dovutamente approvato. Così fu. Ma la vicenda di Durando non è una vicenda marginale,
ben lungi! È fondamentale per corn
prendere la « protesta valdese »; e c’è
da domandarsi se non contenga anche
interessanti suggerimenti per l’oggi
della chiesa valdese.
GroRGio Tourn
Come intende H. H. Rowley l’unità
della Bibbia? Essa non è una uniformità piatta e monotona, e « lo sforzo
di costringere l’Antico ed il Nuovo Testamento a dire la stessa cosa arreca
disonore a tutti e due i Testamenti.
Non è necessario chiudere gli occhi
sulla diversità per insistere su; l’unità,
o chiudere gli occhi sull’unità per insistere sulla diversità ». La diversità
di tempi e di avvenimenti, di uomini
e di scrittori, di temi e di messaggi è
un arricchimento estremamente utile
alla fede ed alla testimonianza della
chiesa. « Ci sono delle differenze di accento, come tra la Legge ed i Profeti,
anche se dei ricchi elementi comuni
si trovano in fondo alla loro antitesi.
Ci sono alcuni libri dell’Antico Testamento, come i Proverbi, TEcclesiaste e
il Cantico dei cantici, che sotto ogni
aspetto non raggiungono le altezze spirituali né della Legge né dei Profeti,
senza che per questo possano essere
giudicati estranei al messaggio essenziale dell’Antico Testamento ».
Non c'è rottura
fra le due grandi sezioni
delle Scritture
Non c’è rottura fra le due grandi sezioni della Bibbia. La rivelazione di
Dio è unica e procede dalla stessa fonte, cioè dallo stesso Signore e Salvatore. L’Antico Testamento annunzia e
prepara i nuovi tempi che coincideranno con l’apparizione del vero Messia;
il Nuovo Testamento annunzia il compimento delle anticipazioni dell’Antico.
L’uno ha bisogno dell’altro; non si
comprende pienamente il contenuto
del Nuovo Testamento ignorando l’Antico e non si legge attentamente l’Antico Testamento se lo si isola dal Nuovo. Le più profonde speranze dell’Antico Testamento hanno avuto o avranno il loro compimento in Cristo; perciò, « se scorgiamo l’attività di Dio nel
Cristo che fece le promesse e nel loro
compimento storico, abbiamo una spiegazione sufficiente di tutto ». Questo,
naturalmente, non significa che il Nuovo Testamento non sia un libro schiettamente « nuovo », che ci parla di una
« nuova creazione » e di « nuove creature », di una nuova legge, di un sacrifizio nuovo e perfetto offerto da
Cristo per il nostro riscatto, di una
nuova comunità, di nuovi cieli e di
una nuova terra. Siccome, però, il
« carattere di Dio è visto ne’la sua rivelazione, e siccome il suo carattere
è unico, la sua impronta deve essere
ricercata nella diversità de’le forme
della rivelazione ».
Se avessimo più spazio disponibile,
potremmo inoltrarci con l’autore nell’esame di alcuni temi particolari,
sempre sotto il profilo dell’unità della
Bibbia.
Egli si riferisce innanzi tutto alla
tradizionale antitesi che un tempo veniva scoperta tra il Pentateuco (cioè
i primi cinque libri della Bibbia) e i
libri profetici, o tra la religione profetica e quella sacerdotale. L’antitesi
può anche essere superata o per lo
meno attenuata da un più accurato
esame delle invettive di Isaia o di
Amos contro i sacrifizi, nel loro contestò storico e religioso. « I profeti del
periodo pre-esilico », scrive H. H. Rowley, « condannavano i sacrifici che erano vuoti ed inefficaci; ma non c’è alcuna ragione per supporre che essi ritenessero che nessun altro sacrificio
poteva essere offerto da uommi che si
trovavano in relazione corretta con
Dio. Non era soltanto l’azione che aveva importanza, ma l’azione riempita
dallo spirito dell’adoratore ».
Alcurie belle pagine sono dedicate al
sacrifizio del « Servo dell Eterno » il
quale si offre volontariamente alla
morte: « quella è di gran lunga la parola più profonda sul sacrifizio che sia
contenuta nell’Antico Testamento ed
essa si trova nel canone profetico e
nel più spirituale dei profeti ». Un’altra testimonianza sull’unità della Bibbia è da ricercarsi negli insegnamenti
intorno a Dio e all’uomo. Poi vengono
i capitoli sul compimento della promessa, la croce ed i sacramenti cristiani, alla luce dei vari aspetti del pensiero biblico.
Concludendo, citiamo alcune parole
significative dell’autore che ci sembrano mettere a fuoco il tema svolto nel
suo libro: « Poche cose sono più pericolose di un’equazione stabilita fra
i due Testamenti, o delTidentificazione
del loro insegnamento. Tanto gli Ebrei
quanto i cristiani riconoscono le differenze, e sebbene alcuni insegnamenti dell'Antico Testamento siano contenuti nel Nuovo e ci siano le stesse
idee fondamentali su Dio e sulTuo'mo,
pure c’è molto nell’Antico che non appartiene più al Nuovo. Tuttavia l’uno
appartiene inseparabilmente all’altro.
Il Nuovo non è semplicemente un naturale sviluppo dell’Antico, né la sosUtuzione con qualcosa che con l’Antico
non ha alcuna relazione. Le attese e le
promesse sono messe davanti agli uo
mini nell’Antico Testamento, e nel
Nuovo Testamento e nella chiesa abbiamo le uniche risposte che possono
essere prese seriamente ».
Ermanno Rostan
> L'unità della Bibbia - di H H. Rowley - Casa Editrice Battista - via Antetao 2 - Roma.
3
10 marzo 1972 — N. 10
pag. 3
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
Le Chiese della CEVAA
La Chiesa unita di Cristo
nel Madagasear
Il Pastore Rakotovao Francoeur, pre
sidente del sinodo di Maroantsetra dal
1961, descrive l’opera di evangelizzazione in quella regione, nel nord-est del
Madagascar, divenuta distretto ecclesiastico autonomo nel 1959.
L’evangelizzazione, egli dichiara, non
concerne tutte le attività della Chiesa;
ma « evangelizzare significa presentare Gesù Cristo in modo tale che, per
la potenza dello Spirito Santo, degli
uomini e delle donne giungano a confidare in Dio per mezzo di Lui. L'accettino come Colui che li salva dal peso
della loro colpa e dalla potenza del
peccato, Lo servano nella comunione
della Chiesa e Lo seguano come Colui
che è Signore nella lóro vita quotidiana. Là dove la fede è vivente, l^vangelizzazìone diventa una realtà spontanea, normale e gioiosa della vita quotidiana ».
Si tratta di uno sforzo della comunità per raggiungere coloro che sono
fuori e condurli alla professione ed
alla pratica della fede cristiana: decisione contrassegnata dal loro ingresso nella Chiesa. E uno sforzo che prosegue dal primo contatto fino al momento in cui l’individuo incontrato si
sente veramente membro della Chiesa.
La decisione di lanciare due grandi
campagne di evangelizzazione nelle
sottoprefetture di Mañanara e di Maroantsetra venne presa dal sinodo regionale del 1965. La preparazione e la
organizzazione di queste campagne occupò diversi anni: incontri, campi per
la formazione di tutti, degli organici e
dei fedeli, riunioni di studi biblici e
conferenze sull’evangelizzazione nel libro degli Atti degli Apostoli, sulla situazione dei pagani fuori Gerusalemme secondo la lettera agli Efesini, sulla testimonianza tra i pagani in base
al libro di Daniele, sull’esempio dell’Apostolo Paolo. Questa preparazione
a lunga scadenza fu seguita da un'altra nei giorni immediatamente precedenti: riunioni di preghiera con i dirigenti, culto con tutti i partecipanti,
ripetizioni di cantici, istruzioni dirette per l’azione. Gli evangelizzatori vennero esortati a comportarsi con rispetto verso chiunque, ma a proclamare
altresì la propria fede senza timidità e
con franchezza.
1 risultati di quell'azione testimoniano della fedeltà del Signore e dello
adempimento delle Sue promesse (Cfr.
Ev. Marco 13: 11). In 5 anni vennero
fondate 21 nuove Chiese, 8 Chiese
morte ripresero nuova vita; l'effettivo
fu quasi raddoppiato.
Ma non sono mancate le difficoltà.
Alcune provenienti daH’ambiente evangelizzato, altre dalla stessa cristianità.
L’evangelizzazione sembra risvegliare il paganesimo, caratterizzato dal
culto dei feticci e dal « tromba » (specie di culto di possessione), che copia
l'organizzazione ed i sinodi della Chiesa. I pagani festeggiano Pasqua e Pentecoste a modo loro... e sono appoggiati daH’amministrazione civile. Il capo
famiglia esercita poi un potere temibile, in virtù del quale può g ungere a
rigettare dal clan il cristiano e maledirlo; i giovani, per esempio, che erano intervenuti numerosi a queste campagne di evangelizzazione sono rimasti in pochi, a causa delle minacce del
loro padre.
L’amore esagerato per le bevande
alcooliche, di cui si fa largo uso in
molte circostanze della vita individuale
e sociale, cozza con l’astinenza prediiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiMiiiiiiii
Il presidente della
Liberia é un
responsabile battista
Monrovia (bip) — Il nuovo presidente della Liberia, William R. Tolbert, è
un pastore battista: vice presidente
dell’Alleanza battista mondiale dal
1960 al 1965, ne divenne poi presidente fino al 1970, Malgrado la sua carica
di presidente della Liberia, egli rimane egualmente il presidente della Convenzione battista della L’be ia.
iiiimiiiiiiiiiimii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiii
I seminari colombiani
sono quasi vuoti:
ospiteranno
scuole statali
Bogotá (Relazioni religiose) - Un accordo è
slato raggiunto tra il Governo e l’Episcopato
cattolico colombiano. Nei seminari cattolici,
quasi vuoti, verranno ospitate le classi delle
scuole statali che hanno urgente bisogno di
nuove aule. In base al nuovo accordo, 12.000
allievi di scuole statali potranno ora frequentare le lezioni nelle aule e si garantisce alla
Chiesa di impartire agli allievi delle scuole
statali anche l’insegnamento religioso. L’affitto delle aule è stato concesso dall’Episcopato
senza alcun compenso finanziario.
Alla redazione di questa pagina hanno
colaborato Claudia e Roberto Peyrot e
Teofilo Pons.
cala dai cristiani protestanti. La concezione puramente morale che del cristianesimo hanno i pagani provoca
non poche defezioni alla minima trasgressione dei cristiani. Accanto a tu’to ciò non manca un certo razzismo
con tutte le sue deleterie conseguenze
anche sul piano religioso.
D’altra parte la divisione della cristianità si manifesta in una concorrenza confessionale pregiudizievole per la
evangelizzazione. Si ha infatti l’impressione che i sacerdoti e le suore cattolici non assumano alcuna nuova iniziativa, ma si preoccupino soltanto di ricuperare e di reclutare coloro che sono stati condotti alla conoscenza dell’Evangelo dalle Chiese protestanti.
Mancano inoltre i mezzi di locomozione per visitare le comunità e i veicoli non resistono a lungo all'usura
delle strade accidentate.
La Chiesa è debole, difetta di spirito
di sacrificio, di santità, di uornini consacrati per dirigere e per seguire quelle campagne di evangelizzazione. Le
87 Chiese del distretto hanrio solo tre
evangelisti, un pastore di città ed un
presidente smodale per 10 003 protestanti e 140.000 abitanti.
(dal « Vaovao FJKM », dicem. 1971).
Misure pratidie
del Concistoro ginevrino
per i Iflvoratori stranieri
Ginevra (bip) — Il Concistoro della
Chiesa nazionale protestante di Ginevra ha ultimamente preso delle misure pratiche per appoggiare la dichiarazione sul razzismo e sui lavoratori
stranieri che esso ha approvato lo
scorso 17 dicembre:
« Ricordando l’esigenza evangelica
della fraternità umana e rifiutandosi
di predicare la violenza, il Concistoro
partecipa alla lotta di tutte le Chiese
contro il razzismo, le discriminazioni
subite dai lavoratori emigranti e tutte
le forme di oppressioni religiose, politiche ed etniche. Con questa prospettiva, esso approva il programma di
lotta contro il razzismo del Consiglio
Ecumenico delle Chiese (CEC) ».
Per fare ciò, il Concistoro ha preso
le seguenti misure:
— trasmettere alle autorità del protestantesimo svizzero il parere della Compagnia dei pastori e dèi Consiglio esecutivo su questo soggetto;
— trasmettere un dossier d’informazione a tutte le parrocchie;
— incaricare il Consiglio esecutivo
di aprire un conto speciale destinato'
a raccogliere i doni delle persone desiderose di sostenere questa lotta;
— incaricare il Consiglio esecutivo
di elaborare in collaborazione con le
Chiese svizzere ed il CEC le modalità
di applicazione di questo programma.
Documenti del Dissenso cattolico
NO al sacerdozio
Sul n. 1/1972 del «Bollettino di collegamento fra comunità cristiane in Italia », il
mensile pubblicato dalle comunità di base
(Via delle Cascine 22, 50144 Firenze), abbiamo letto una lettera indirizzata al vescovo di
Trento, Gottardi, da un prete e sociologo trentino, coautore del recente libro « Chiesa e sovrastruttura in una società in movimento »
pubblicato dalla Edizioni Dehoniane. Riportiamo le parti che ci paiono essenziali di questa
lettera. red.
Con questa lettera comunico la decisione
che ho preso di rimettere nelle mani del Vescovo il mandato ricevuto quasi 12 anni fa e
di rinunciare da oggi all’esercizio del ministero sacerdotale.
Le motivazioni della mia scelta, pur portandi l’inevitabile marchio della mia soggettività
e la gelosa affermazione della mia responsabilità, si fondano su elementi oggettivi che
cercherò di riassumere per cenni.
STRANIERI NELLA CHIESA
Che nella Chiesa di oggi e tra il clero ancor
più acutamente ci sia una crisi di notevole
entità non è certo una scoperta che faccio io.
Ma è stato appunto da un’attenta e appassionata analisi delle cause di questa crisi e delle
prospettive di un suo reale e positivo superamento per un verso, e per l’altro dalla partecipazione attiva alla lotta politica che le classi
oppresse hanno condotto e conducono non solo
in Italia ma nel mondo intero, che nasce la
consapevolezza di uno stato di cose e di con
wmiiiniiiiiiiiiimiwiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiinimiim iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimi iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Notiziario Evangelico Italiano
Libreria Sacre Scritture
Rema
I partecipanti ai seminari dell’Alleanza Biblica Universale per le traduzioni moderne della Bibbia, si sono
riuniti a Roma (chiesa di Via IV Novembre) il 7-8 febbraio, per cercare insieme la possibilità di tale genere di
traduzione per l’Italia.
Continua con entusiasmo il lavoro
tra i giovani. A Milano più di novanta
giovani evangelici si sono ritrovati nella chie'sa Battista per programmare la
diffusione della Bibbia.
Quaranta giovani di Napoli hanno
incontrato presso FOspedaie evangelico di Ponticelli il responsabile della
Libreria Sacre Scritture e si sono interessati all’opera della diffusione del
la Parola, impegnandosi a studiare un
piano per compiere un ministerio tra
1 degenti.
Ad Aosta ha avuto luogo una campagna evangelistica. Una conferenza
su « Perché la Bibbia oggi » è stata tenuta nella sala comunale. La Chiesa
Valdese si è impegnata in una campagna evangelistica per due anni.
A San Remo è prevista una campagna biblica con un programma di conferenze e distribuzione di stampati.
Valdo e Luciano Bertalot hanno parlato alla Scuola Latina di Pomaretto
del lavoro dell’Alleanza Biblica Universale.
A Venaria gli Evangèlici hanno donato Bibbie alle autorità comunali,
agli studenti del Liceo linguistico e a
17 vigili urbani.
La Bibbia è l’unità di misura.
Il programma della FGEI
I giovani battisti
di La Spezia
consentono...
Il Gruppo giovanile della comunità battista
di La Spezia, riunitosi il 9-1, il 23-1, il 6-2,
ed il 13-2-1972 per discutere intorno al dibattito in corso fra i Gruppi sollevato dalle due
circolari (a firma Chiarelli Luna e Calma,
Colafrancesco, Natale, Di Pietrantonio, Tartagna, Tescione, Tommarello e Vergati l’altra),dopo un attento esame dei fatti, riconosce
la piena validità delle decisioni prese dal Congresso MGD del 2-3-11-1971 e disapprova che
vengano prese iniziative in contrasto o in contrapposizione con esse, senza attendere che
l'Assemblea dell’UCEBI si pronunci in merito.
Al tempo stesso il Gruppo si dichiara fiducioso che l’Assemblea della UCEBI vorrà ratificare la volontà dei giovani battisti, quale
è stata regolarmente e democraticamente espressa al Congresso del MGB.
Il Gruppo, nella disamina delle circolari
più sopra ricordate, ha notato alcune contraddiziona in alcun modo la vita, la fede e la
Innanzitutto queste posizioni avrebbero dovuto più fraternamente e responsabilmente esser 3 espresse nel Congresso MGB : rifiutare « volutamente » il proprio apporto al dialogo fra i
fratelli non contribuisce comunque a superare eventuali differenze di idee ma allarga le
tratture e può renderle incolmabili.
Si parla nelle circolari di un MGB che
« esprime bene il loro desiderio », si parla di
un « diritto di restarvi e di potenziarlo » : come si conciliano queste affermazioni con l’essere rimasti finora al di fuori della vita del
movimento?
Le circolari non tengono poi conto del fatto che la FGEI è una organizzazione che, come
già il MGB, non soffoca la libertà e l’autonomia dei singoli e dei Gruppi e che la cosiddetta « linea » scelta dai Congressi non condiziona in alcun modo, la vita, la fede e la
testimonianza di nessuno. L esperienza del
Gruppo di La Spezia, da parecchi anni aderente alla FGEI permette di assicurare la verità di quanto qui si asserisce.
Il Gruppo trova poi strano che le circolari
puntino su alcune « forme di evangelizzazione » escludendone altre. Infatti si ritiene che
non si possa parlare di un metodo a preferenza di un altro nell’esprimere la propria testimonianza di fede ma che ciascuno debba farlo nella libertà dello Spirito, secondo che lo
stesso solfi, escludendo qualsiasi discorso umano sui sistemi più o meno positivi dell’evangelizzare.
Il Gruppo infine denuncia il rischio che la
riunione di corrente, che si vuole convocare
il 12 marzo p. v. in Roma, crei una frattura
in seno all’UCEBI con i probabili danni facilmente immaginabili per l’Evangelo (per una
maggiore espansione del quale la riunione
stessa verrebbe convocata).
Il Gruppo perciò esorta i firmatari delle
circolari, i quali dichiarano di non avere « intenzione di escludere nessuno », a rinunciare
al loro proposito, facendo si che la riunione,
so deve veramente trattare di evangelizzazione,
sia aperta a tutti i fratelli battisti.
Il gruppo giovanile battista di La Spezia.
...e quelli di Venaria
dissentono
Il Gruppo Giovanile della Chiesa Battista
di Venaria, facente parte dell’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia, nella sua piena libertà e rispetto per le idee altrui, non ha
mai voluto entrare a far parte del Movimento
Giovanile Battista per il delincarsi in questo
di una certa linea politica di parte il cui riflesso si è avuto e si ha nel mensile e< Gioventù Evangelica » e che si è chiaramente manifestata nel Congresso F.G.E.I., nella cui mozione finale si legge che :
« / giovani evangelici riuniti a Santa Severa nel II Convegno FGEI dal 31 ottobre al 2
novembre 1971, riconoscono che i due problemi fondamentali che hanno davanti oggi sono
quelli di una confessione di fede e quello di
un impegno anticapitalistico.... Quindi riconoscono che la tensione fra fede cristiana ed impegno politico diventa reale e può essere vissuta in modo significativo soltanto avendo deciso di partecipare direttamente alla lotta che
il proletariato conduce contro l'organizzazione
capitalistica di questa società, per la sua liberazione... i giovani evangelici riconoscono
che la teoria marxista rappresenta lo strumento più adeguato, sia perché fornisce gli strumenti per compiere l’analisi di classe e dei
rapporti di potere fra le classi, sia perché la
teoria marxista è la sintesi più ricca di una
serie di pratiche, cioè delle esperienze storiche del proletariato, sia perché il marxismo
non si limita a denunziare i mali di questa
società ma cerca il modo per risolverli... ».
Pertanto desiderosi di seguire la linea biblica e cristocentrica, attualizzando ora il Regno di Dio nel cospetto delle transitorie ideologie umane i giovani di Venaria auspicano,
nella sfera dell’amore fraterno in Cristo che
è amore di riconciliazione, la realizzazione in
seno all’Unione Battista di un Movimento Giovanile quale strumento efficace di questo tipo
di testimonianza
I giovani della
Chiesa Cristiana Evangelica Battista
di Venaria (Torino).
Che cosa significa per le nostre
Chiese?
In che misura possiamo impegnarci? Esponendo le Scritture? rivolgendoci ai giovani? ai colportori? ai predicatori? ai singoli credenti?
Ecco le domande che si pone la Libreria e a cui cerca, con l’aiuto di tutti, di dare una risposta.
Uomini Muovif
Associazione Missionaria
comunica che il Pastore R. Wurmbrand parlerà a Roma il 23-3 ore 19
(V. Traspontina 21) e il 24-3 ore 19
(Piazza Chiesa Nuova 18). Parlerà inola Torino (Teatro Valdocco, Via Sassari 32) il 21-3 alle ore 21 e a Taranto
il 26-3.
Questo pastore evangelico della Romania porta in Europa il messaggio
della chiesa clandestina di oltre cortina. Egli ha trascorso 14 anni nelle
prigioni comuniste.
Da **La Voce dei Vangelo”^
periodico di informazione e cultura
evangelica.
A scopo evangelistico le signore del
Circolo delle donne cristiane di Roma
hanno preso l’iniziativa di organizzare
ogni due mesi un pranzo in un albergo, al quale partecipano donne credenti e quelle che esse vogliono invitare.
Per l’inaugurazione erano presenti 65
donne di sette nazionalità, di cui quasi la metà non credenti. Molte donne
non entrerebbero in una chiesa evangelica, ma partecipano volentieri a un
pranzo fra amiche. Alla fine del pranzo una evangelica racconta la sua
esperienza di fede e dà la sua testimonianza.
Il dott. A. Poster, africano, ha visitato alcune città italiane parlando del
problema dei sordi, un genere di menomati che spesso passano inosservati
tra noi. Ve ne sono in Italia oltre 50
mila e abbiamo circa 60 scuole per
sordomuti, rette per lo più da religiosi Il dott. Poster richiama l’attenzione dei credenti evangelici su tali malati, completamente chiusi al messaggio evangelico. Egli ha fondato in Africa cinque scuole per sordi. È egli stesso completamente sordo.
Un corso di lingua inglese per giovani si svolgerà dal 5 al 26 agosto nel
Sussex, in ambiente evangelico. Per
informazioni rivolgersi al Sig. Allright,
Casella Post. 355, Bolzano (39100).
Si è svolto a Roma il primo convegno sulla evangelizzazione per mezzo
delle inserzioni su giornali. Ormai un
terzo della popolazione mondiale può
trovare un messaggio evangelico sui
periodici che legge abitualmente, e
questo è un mezzo di evangelizzazione
che entra facilmente nelle case. Con
queste inserzioni i lettori sono inyitati
a richiedere stampati e corsi biblici
che vengono spediti gratuitamente.
L’opera in Italia è cominciata tre anni fa, intrapresa dall’Istituto Biblico
Bereano. Franco Santonocito è il responsabile, per conto della « Voce del
Vangelo », della cura spirituale di
quanti scrivono in risposta alle inserzioni; B. Standridge, sotto il nome di
Guglielmo, compila gli annunci. Migliaia di persone hanno scritto chiedendo le pubblicazioni, centinaia si sono iscritte ai corsi biblici. Diverse persone si sono convertite e fanno parte
ora di una chiesa evangelica.
Inda Ade
traddizioni che in coscienza non mi sento più
di accettare.
La Chiesa nella sua espressione giuridicoistituzionale è oggi oggettivamente come si
suol dire « nemica di classe »; c’è insomma
un’oggettiva connivenza economico-politica e
un avvallo sacrale-culturale del sistema capitalistico in cui noi storicamente ci troviamo.
Un sistema della cui intrinseca immoralità tra
gli onesti sono ormai pochi a dubitare. Non è
questa la sede per una documentata dimostrazione di questa affermazione che può suonare
drastica, ma che tale non suona a chi è impegnato nella lotta di liberazione. Voci in
questo senso sono timidamente affiorate perfino tra i padri sinodali anche se non hanno
trovato nessuna eco nei documenti conclusivi.
Per cui non è difficile concludere che ■—
come scrive G. Girardi ■—• « per i cristiani militanti operai o che, pur appartenendo oggettivamente ad altre classi sociali si negano in
questa dimensione e conducono la stessa lotta politica a fianco della classe operaia, sorge
inevitabilmente un conflitto tra due fedeltà,
alla Chiesa e alla classe operaia. Ci si sente
appartenere a due mondi incompatibili tra i
quali si è strappati e tra i quali non si vorreb-.
be scegliere. Si prova l’appartenenza alla Chiesa come un impedimento alla lotta operaia e
l’appartenenza al movimento operaio come un
ostacolo alla adesione alla Chiesa. Ci si sente
stranieri alla Chiesa perché proletari, e stranieri al mondo operaio perché cristiani. Inoltre nella lotta il movimento operaio vede spesso rizzarsi sul suo cammino, a fianco del potere economico e politico che lo opprime, un
altro centro di potere, quello appunto della
Chiesa. E arriva a pensare che non può combattere il sistema capitalistico senza combattere la Chiesa che lo avalla, che non può capovolgere il sistema senza rompere con la
Chiesa. E questo conflitto non è soltanto nei
fatti, ma ha un’espressione e una giustificazione dottrinale. La dottrina sociale cristiana
condanna la lotta di classe nella quale l’operaio
vede il cammino non esaustivo forse ma certo
necessario della sua liberazione. Questa condanna sembra all’operaio il frutto di una profonda incomprensione e il riflesso di una mentalità, di una cultura, che assomiglia troppo a
quella dei padroni ».
L.i CARITA’ POLITICA
Per cui è inevitabile, con queste scelte di
conservazione, che ci si fidi cioè si ponga fede,
soltanto in uomini che si vogliono previsti e
costruiti su misure conosciute piuttosto che
porre fede nello Spirito imprevedibile e sempre sfuggente a schemi rassicuranti; com’è
pure inevitabile cosi porre fede nell’apparato
con tutto quello che esso comporta di compromessi a livello economico - politico - giuridico
- culturale col sistema che tende ad esprimerlo
e a fagocitarlo, piuttosto che avere quella fede
che ha spinto Abramo fuori della sua terra, il
popolo nel deserto e gli Apostoli nella logica
di povertà per l’efficacia deU’annuncio qual’è
espressa nel Vangelo (cfr. il cap. 10 di Matteo). E la fede biblica, che è nemica della paura, non nega l’istituzione, ma ne impedisce la
logica di fossilizzazione che tende a farla diventare, sulla linea delle istituzioni puramente umane, il sale insipido di cui parla ancora
il Vangelo.
Da queste considerazioni e dall’esigenza insopprimibile di una scelta di classe militante
per dare contenuti reali e non mistificazioni
predicatorie al comandamento dell’amore (« la
carità oggi o è politica o non è carità — afferma un altro teologo M. D. Chenu) deriva
per me logicamente l’impossibilità di continuare ad appartenere a questo apparato giuridico - istituzionale. E questo non solo per una
scelta politica, ma anche e ancor più per una
fedeltà e un riferimento vero e concreto al
Cristo che oggi ha fame, sete, è nudo, malato,
pellegrino, in carcere, giace bastonato dai ladroni e mi chiede di essergli « prossimo »
(Mt. 25, 34 segg.; Le. 10, 25 segg.).
LA « RIDUZIONE » EVANGELICA
Continuando nelle posizioni fin qui responsabilmente e in coscienza assunte, avverto il
rischio di realizzare un clericalismo di sinistra, quando non in certi casi una strumentalizzabile copertura a sinistra. E questo è inevitabile fin tanto che il ruolo del prete (sottolineo il ruolo) cosi come è oggi non sparisce
del tutto. Fin tanto che cioè il carisma istituzionale del sacerdozio ministeriale non sarà
completamente liberato dalla logica di casta,
anticomunitaria, di privilegio e di giuridismo
che oggi lo soffoca, e che lo fa considerare
come uno stato di vita superiore (cfr. la terminologia usata quando si parla di cc riduzione » allo stato laicale) non molto in conformità col passo evangelico del « chi vuol essere
primo tra voi si faccia il più piccolo » (questa
è la « riduzione » evangelica) per rovesciare la
logica del potere del mondo (Le. 22, 24-29).
Concludo con la gioia di aver compiuto un
atto per me importante e di averlo compiuto
in una dimensione di fede. Fede a cui voglio
restare fedele.
Non considero la scelta che faccio come
l’unica possibile per essere fedeli al Vangelo.
So benissimo quanti condividono le idee che
ho cercato di sintetizzare in questa lettera, eppure fanno scelte diverse restando all interno
della istituzione - giuridica. Quando cè la
chiarezza di una scelta di classe, resto fervido
assertore di un pluralismo che permetta a ciascuno quella collocazione che più crede confacente a se stesso e all’efficacia del proprio
contributo al processo di liberazione.
Mi auguro che nella preghiera comune possiamo esserci di aiuto per seguire con fedeltà
ciascuno la propria strada.
Trenti, 19 gennaio 1972
Pier Giorgio Bauzi
4
pag. 4
10 marzo 1972 — N. 10
Cronaca delle Valli
La mutia dei Coldiatori Diretti torre pellice: notiziario
Uno degli aspetti che rendono grama la vita dei contadini, soprattutto
se montanari, è il borbonico sistema
con cui vengono assistiti in caso di
malattia.
La Mutua dei coltivatori diretti assiste i suoi iscritti mediante due amministrazioni distinte; una comunale,
per l’assistenza generica ed una provinciale per i ricoveri e l’assistenza
specialistica. Questa seconda ammin>
strazione sfugge totalmente al controllo dei mutuati, anche se i bilanci vengono approvati dai presidenti delle
BReuissime
A Luserna San Giovanni, a richiesta
generale, sabato sera 11 c. m. alle ore 20,45
nella Sala Albarin, verrà nuovamente rappresentato il dramma di Carlo Maria Pensa :
« Gli altri ci uccidono ».
Tutti coloro che hanno interesse a vedere o
rivedere questa rappresentazione che porta
sulle scene un messaggio così vivo ed attuale
sono pregati di non mancare aU’appuntamento, perché difficilmente questo dramma verrà
replicato.
A Pinerolo, il 15 marzo vi sarà il processo al « Giornale di Pinerolo e Valli ». Sono
stati implicati fra gli altri, il Sig. Pontet quale ex amministratore della Tipografia Subalpina e il Sig. Jouve come tipografo.
■y^ A Torre Pellice il culto del 5 marzo, domenica della gioventù, è stato presieduto da
4 giovani. La colletta in favore della FGEI ha
fruttato la somma di L. 41.370.
È pure stata aperta una sottoscrizione per la
lotta contro il razzismo : sottoscrizione tutt’ora aperta e che ammonta attualmente a
L. 16.600.
■y^ Prali. Finalmente la strada che conduce
a Frali è stata aperta al traffico. I numerosi
sciatori abitudinari di Prali potranno continuare le loro attività sportive.
In merito alla notìzia pubblicata nel numero scorso, si precisa che gli spalatori erano
volontari, minatori compresi; nell’impossibilità di accedere alle miniere i minatori erano stati messi a cassa integrazione.
■y^ Il 22 marzo ricomincerà a Torre PeUice
il ciclo di lezioni del pastore Giorgio Tourn
sull’Antico Testamento. Verrà affrontato il
periodo della Storia d’Israele dall’ingresso in
Canaan alla Monarchia.
•y^ Anche nelle Valli Valdesi è stata celebrata la giornata di preghiera delle donne, con
una riunione che ha raccolto a San Germano
Chisone circa duecento sorelle delle varie comunità. Pubblicheremo la prossima settimana
un resoconto sull’incontro.
casse comunali, con un procedimento
che a detta degli stessi è una pura formalità; « Siamo andati ad alzare la
mano », dicono alcuni per indicare il
vuoto formalismo di queste votazioni.
Le casse comunali, invece, si reggono su un consiglio di amminitrazione
eletto dagli assistiti, che dovrebbe rappresentare la loro volontà. In realtà,
anche questo presenta molti limiti;
a) Innanzitutto dispone soltanto
delle somme raccolte tra i mutuati.
Quindi non può assicurare un’assistenza che copra tutte le spese degli stessi. In questo modo i contadini sono assistiti sulla base del denaro che sborsano, anziché sulla base dell’utilità sociale dei loro prodotti o sulla base delle loro ore di lavoro. La cattiva retribuzione di questo non è compensata
da un miglior trattamento mutualistico, ma, anzi, ha come conseguenza un
altrettanto cattivo trattamento.
b) D’altra parte se almeno i consigli potessero funzionare in modo democratico, sarebbe già qualcosa. Invece anche il loro funzionamento è una
farsa continua e non sono liberi assolutamente di alcun provvedimento autonomo. E capitato l’anno scorso che
qualche cassa comunale si è vista imposto l’acquisto di una bacheca nuova, anche se quella vecchia era ancora
in efficienza e se l’amministrazione
avrebbe potuto funzionare benissimo
anche senza bacheca!
Nella propaganda bonomiana, invece, la Mutua dei Contadini è presentata come l'unica amministrata democraticamente dagli iscritti e contrapposta a quelle delle altre categorie come alta conquista della sua opera. Il
cattivo funzionamento dell'assistenza
viene usato per seminare ostilità fra
i contadini nei confronti soprattutto
degli operai. Le casse comunali rimborsano di solito solo una percentuale, che varia moltissimo da comune a
comune, sulle spese per prestazioni
mediche. Allora si tenta di suscitare
invidia per il relativamente migliore
trattamento degli operai. In questo
modo Bonomi e compagni sono riusciti fino ad oggi a tenere divisi i lavoratori tra di loro rendendo assai difficile, quindi, la lotta imita contro chi
sfrutta gli uni e gli altri, cioè gli industriali, i grossi proprietari e commercianti che fissano i prezzi dei prodotti
agricoli ed il governo che li appoggia.
Solo in alcuni casi contadini e operai
si sono trovati uniti nella lotta. Ma alle Valli questa coscienza unitaria manca ancora.
DIBATTITO
SULLA CONFERM'AZIONE
Sabato 4 marzo alle ore 21 c’è stata
nella sala delle attività la seconda riunione dei genitori dei catecumeni con
i Catechisti ed il Concistoro.
Ancora una volta dobbiamo riotare
la scarsa responsabilità di molti genitori assenti; su circa 115 catecumeni,
18 genitori erano presenti! Certamente non ci si potrà lamentare domani
qualora i figli seguano Teempio dei loro genitori.
L’incontro è stato di estrema utilità
perché si è cominciato un dialogo che,
pur essendo agli inizi, potrà portare
dei buoni frutti.
Si è parlato in particolar modo del
problema della confermaz’one; si è
cercato di smitizzare l'atmosfera che
generalmente circonda il momento in
cui i catecumeni vengono ricevuti dalla comunità come membri di chiesa.
La confermazione non è un « voto »
che essi pronunciano; nemmeno è una
« cerimonia ». È emerso abbastanza
chiaramente il fatto che la confermazione va vista nella prospettiva dell’ingresso dei catecumeni nella comunità di credenti che bene o male vi sono già inseriti e partecipano alle varie attività. Non v’è dunque alcun mo
mento di magia né di tensione spirituale; è l’atto con cui dei giovani fratelli, al termine dei loro anni di catechismo, chiedono liberamente di essere ricevuti nella comunità e si impegnano ad essere dei membri di chiesa secondo i regolamenti previsti dalla nostra disciplina ecclesiastica.
Si è anche parlato, per il futuro, di
considerare nuove forme e nuovi contenuti da dare alla confermazione; una
pagina di storia dell'inizio del nostro
secolo, letta da un genitore, ha esemplificato come nella nostra chiesa valdese il problema della confermazione
sia sempre stato considerato con elasticità e non secondo una prassi rigida ed immutabile. Anche la confermazione fa parte della tradizione delia
chiesa e pertanto è soggetta a riforma, a revisione. Questo non lo si può
fare da un giorno all’altro ma deve essere un lavoro che occupi e i catecumeni e la comunità che ne è responsabile. Ed è in questa prospettiva che
il problema verrà affrontato il prossimo anno, continuando questi primi
incontri con i genitori.
Ci si è anche chiesti, su suggerimento di alcuni catecumeni, circa la eventualità che un catecumeno non partecipi alla Mensa del Signore nel giorno
della sua confermazione. L’opinione
miiiiiiimiiiiiiiiiiiiimmiuiiMiiiiiiiitiiiiiiiiMiiiiiiiiiimiiiiiiimmiimiiiimmiiiiiimiimimiiimiiimimiiiiiiiiimiiii
□ n DISCUT0RG
Che cos’è il M.A.O.
Gli amanti del « patois » non devono lasciarsi ingannare dalla forma innocua
sotto cui si presentano degli interessi politici ed economici di primo piano —
Necessità di una adeguata informazione e documentazione
Questa sigla non ha nulla a che fare col
presidente della Repubblica Popolare Cinese.
Tutti sanno che da alcuni anni si organizzano
incontri Piemonte-Provenza, con manifestazioni folkloristiche e culturali, imperniate soprattutto sul « patois » che si parla anche alle
Valli Valdesi (lingua occinatica, da « oc » —
latino « hoc est » —, antico modo per esprimere il nostro (c sì »). Gli incontri hanno sempre un grande successo. Spesso viene celebrata
anche la Messa e il Culto in dialetto. Pochi
sanno, invece, che una parte degli animatori
di questi incontri perseguono anche lo scopo
di creare organizzazioni politico-amministrative autonome per le valli che parlano il « patois ». In Francia abbiamo cosi il « Parti Nationaliste Occitain » ed in Italia il « Movi
C. Tron
iiiiimiiiiiiiiiiiiiiii’mMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiMiiiiiiiM"Miiiiiiiiiiiiffii'ii""i"">""""""""""""""""""’""""""""‘'"""’ ffii'iiiffiffi'i'i""
ECHI
Angrogna
Corteo: quest’anno non ha avuto luogo. Il
Concistoro ha ritenuto che non avesse più
senso l’incontro al Vengie fra i membri del
Serre e quelli del Capoluogo, ora che esiste
una sola Comunità.
Inoltre, in questi ultimi anni questo corteo
non era più molto frequentato, un po’ per la
diminuzione dei bambini delle scuole, ma soprattutto perché molte persone adulte, pur
sostenendone la necessità, non aderivano di
fatto all’incontro.
Cosi quest’anno, senza bandiere e senza
tamburino, ci si è ritrovati in Chiesa per ricordare una delle date fondamentali della storia del nostro popolo.
Il Culto. Era con noi il Moderatore che
aveva deciso dì trascorrere una giornata con
la Comunità per conoscerne da vicino i problemi e le difficoltà derivanti dall’Unificazione.
Egli ha presieduto il Culto esortandoci ad
essere testimoni fin dalle cose più piccole, non
temendo di cambiare quello che c’è da cambiare, se l’Evangelo lo chiede.
Al termine del breve messaggio ha fatto seguito il programma preparato dai bambini delle scuole. Essi hanno presentato una recita avente come tema un argomento estremamente
valido ed attuale: la condizione degli anziani.
I ragazzi, in un immaginario Telegiornale,
si collegavano con i compagni delle diverse
scuole per esporre le interviste e le inchieste
da loro svolte presso persone anziane del Comune.
Una buona parte della popolazione è così
venuta a conoscenza di problemi e di difficoltà
che rendono dura l’esistenza delle persone anziane. Sono state prospettate, in alcune interviste, soluzioni di tipo nuovo per risolvere il
problema della sistemazione delle persone in
età avanzate, come, ad esempio, la creazione
di case modello « dove ognuno sia libero di
trascorrere le sue giornate come meglio ha
l’abitudine ».
Agape fraterna: Il tradizionale pranzo si è
tenuto nella Sala delle Attività, sotto la direzione della signora Bianca Bertin, affiancata
da un gruppo di giovani collaboratori.
Al levar delle mense il Moderatore, portando il saluto della Tavola, ha riconfermato l’impegno assunto verso Angrogna soprattutto per
quanto concerne l’invio di un secondo Pastore, che pur prestando la sua collaborazione
nell’ambito del Presbiterio, sarebbe impegnato
particolarmente presso la nostra Comunità.
La « Soirée ».- Guido Odin ci ha presentato
una serie di interessanti diapositive sul Camerún, scattate durante un suo viaggio in quel
paese. Le immagini, perfette dal punto di vista
artistico, hanno evidenziato la sensibilità con
cui vengono presentate forme di vita ancor
primitive in un mondo che sembra essere trop
DEL 17 FEBBRAIO
po lontano da noi, agitato com’è da problemi
tremendi, come quello della fame, una delle
vergogne che il nostro mondo cristiano occidentale non vuole prendere sul serio con i
necessari provvedimenti.
Il pubblico presente, abbastanza numeroso
nonostante l’inclemenza del tempo, ha offerto
tramite una colletta, una somma che servirà ad
acquistare attrezzature sanitarie per un lebbrosario in Camerún.
La Corale ha portato un apprezzato contributo allo svolgimento della serata, con l’esecuzione di inni e canti popolari. Sempre questo
gruppo, il 27 febbraio, ha visitato le persone
anziane ricoverate nei due Istituti Valdesi di
Luserna S. Giovanni, accolto con simpatia e
riconoscenza.
Atti Liturgici: Il Signore ha richiamato a
Si Lidia Benech ved. Buffa, deceduta all’Asilo dei Vecchi di S. Germano all’età di 93 anni;
Giulia Bertalot del Baussan, di anni 85.
Culti: Il 5 marzo i culti al Capoluogo e al
Serre sono stati presieduti dai giovani delle
Unioni e del Gruppo Teatro.
Il 19 marzo predicherà il Prof. Valdo VU
nay della facoltà di Teologia.
Assemblea di Chiesa: è convocata al Capoluogo la domenica 12 marzo : dopo il culto
avrà luogo l’elezione del Pastore. Ricordiamo
che è indispensabile la presenza di almeno um settantina di elettori. La cosa sembra difficile da realizzarsi, tenendo conto che la media
delle presenze ai Culti (Serre e Capoluogo insieme) si aggira sulle 25 persone, ma non è
impossibile.
Il nostro impegno però non deve limitarsi
a questa occasione, ma esprimersi nella vita di
tutti i giorni, a testimonianza di una fede che
un giorno fu proclamala al cospetto di un’Assemblea e da allora mai smentita (ufficialmente). Maura Sappè
Villar Pellice
Come negli anni passati anche quest’anno
Id data del 17 febbraio è stata ricordata nella
riconoscenza e nella gioia. Dopo tutta una
Inga serie di giornate (sarebbe più esatto dire
settimane) di maltempo, ecco finalmente —
in occasione della ricorrenza — una breve parentesi di tempo buono. Ci è sembrato quasi
di rinascere; ciò ha favorito pure le varie manifestazioni che si sono avute. Grande folla
la sera del 16 al falò al ponte delle a Ruine »,
dove abbiamo ascoltato un forte e mollo apprezzato messaggio portatoci dal Dr. Loris
Beiti, al quale rinnoviamo qui Pespressione
della nostra viva riconoscenza. La giornata del
17 è stata molto densa: anzitutto breve culto
di ringraziamento e di riconoscenza nel tempio, seguito dal programma di canti e di recite preparato dalle scolaresche; poi il tradizionale pranzo in comune alla Miramontì, pranzo
preparato e servito da un gruppo di volonte
rosi fratelli e .sorelle; la sera infine recita della gioventù. A tutte le varie manifestazioni i
partecipanti sono stati molto numerosi; fra di
essi diversi amici venuti da fuori.
Siamo riconoscenti al Signore che ci ha
concesso di vivere insieme una bella giornata.
Ci auguriamo che nel cuore di tutti sia rimasto non solamente questo ricordo, ma anche
il fermo proponimento e l’impegno di una
vita più fedele e consacrata al servizio del
Signore.
Il culto celebrativo dei 17 febbraio, con la
celebrazione della S. Cena, ha avuto luogo la
domenica 20; ad esso ha preso parte, con l’esecuzione di due cori particolari, la Corale.
A tutti i numerosi fratelli e sorelle che
hanno lavorato alla preparazione della nostra
festa (alcuni di essi hanno lavorato quasi una
settimana) : allo speciale Comitato, alle Scolaresche ed ai loro Insegnati, alla Corale, ai giovani della Filodrammatica ed a quanti hanno
collaborato il più vivo ringraziamento.
Presso la Casa Valdese di Riposo di S. Germano Chisone, di cui era ospite da alcuni anni, ha concluso la sua giornata terrena Davide
Davit (Piolo), di anni 82, originario della
Pianta. Durante tutta la sua vita questo fratello ha dovuto camminare in compagnia della infermità; ma anche se egli non poteva né
parlare né udire, egli sapeva però lo stesso
manifestare i suoi pensieri ed i suoi sentimenti ed aveva parecchi amici. Molti lo ricorderanno certamente ed a nome di tutti loro porgiamo alla sua memoria un fraterno e reverente saluto. Un vivo ringraziamento pure a
quanti hanno avuto cura di lui.
Il focolare domestico di Luciano e Anna
Gönnet (Inverso-Torino) è stato rallegrato dalla nascita del primogenito Loris.
Il nostro più cordiale benvenuto al piccolo
ospite ed ai suoi genitori le nostre felicitazioni.
Si sono uniti in matrimonio : Marina Charbonnier (Centro-Saret) e Enrico Malati (Torre
Pellice). Il Signore conceda a loro ed al lurp
focolare domestico numerose le sue benedizioni.
Il nostro culto di domenica 5 marzo è stato
presieduto dal nostro fratello il sig. A. Lazier. del Castagneto. Gli siamo grati e lo ringraziamo dell’ottimo messaggio portatoci.
Informiamo che il culto di domenica prossima 12 marzo sarà presieduto dal prof. Valdo
Vinay, della Facoltà di Teologia di Roma.
E. Micol
mento Autonomista Occitano », sigla M.A.O.
Desideriamo discutere brevemente di quest’ultimo.
I suoi animatori si rifanno alla « Carta di
Chivasso » stilata nel dicembre del 1943 da
un gruppo di intellettuali che richiedevano
per le Valli Alpine una serie di autonomie in
campo politico, culturale, scolastico ed economico. Il programma del M.A.O. riprende
questi obiettivi concretandoli nella richiesta
di una regione autonoma a statuto speciale
come la Valle d’Aosta comprendente le Valli
che parlano il a pa>tois », che dovrebbe diventare la lingua ufficiale della regione.
Una parte degli obiettivi del M.A.O. ci trovano senz’altro consenzienti. Tra le varie cose
che l’Italia democristiana e capitalista ha calpestato senza pietà in questo dopoguerra,
sono i diritti delle genti di montagna ed in
particolare di quelle del Piemonte. I cosiddetti (c aiuti » sono stati, per chi li ha ricevuti,
una lezione a guardarsi bene dal sollecitare
un’altra volta altri « aiuti » dello stesso genere.
Mi ci domandiamo se veramente gli scopi perseguiti dal M.A.O. vanno tutti nella direzione
giusta per evitare questo « Pestaggio » delle
montagne.
a) La lingua. Il « patois » è bello e ci piace e ci sembra che debba essere conservato,
ma non al punto da doverlo inserire nell’insegnamento scolastico. Don Milani diceva che i
ricchi imbrogliano i poveri perché sanno l’italiano. Diremmo di più: li imbrogliano perché
parlano un linguaggio europeo o mondiale. Se
si vuole resistere a Agnelli a Villar Perosa,
per fare un esempio, si deve parlare non tanto il « patois », ma sapere le connessioni tra
RIV e SKF, cioè avere una mentalità europea
o mondiale. Per far questo occorre conoscere
molte lingue, non un vecchio e venerabile
dialetto.
b) LHnterclassismo. Al M.A.O. possono
aderire tutti gli occitani, quale che sia la loro
<c appartenenza di classe ». Sappiamo quali
frutti ha dato Pinterclassismo in Italia per i
poveri. Avere gli stessi frutti in scala ridotta,
non ci entusiasma molto.
Crediamo, invece, che per tener testa al capitale su scala internazionale sia necessario internazionalizzare i sindacati dei lavoratori, informare questi ultimi sulla situazione mondiale e sui riflessi che essa può avere sul piano locale e via di questo passo. Pensiamo tuttavia che una delle occasioni in cui si può
fare questo, anche in mezzo a canti e balli e
anche in dialetto, se si vuole, siano anche gli
incontri Piemonte-Provenza, purché non indulgano ad una mistica della razza o del linguaggio che sono totalmente fuori luogo.
Per concludere vorremmo anche segnalare
due articoli apparsi ultimamente su Lou Soulestrelh, il giornale dei Comitati d’iniziativa
per l’autonomia delle Valli occitaniche : uno
di « Processo al Turismo », in cui, sulla base
di statistiche si mostra come il turismo è stato
un fattore di spopolamento là dove si è sviluppato molto, anziché di freno dello spopolamento, perché gli impianti sono di proprietà
non dei montanari ma di altri che hanno acquistato per quattro soldi le loro terre, provocando, poi, per contraccolpo il rincaro dei generi di consumo ecc.; un altro è una messa in
guardia contro la razzia di mobili vecchi che
gh antiquari compiono cui vorremmo invitare
anche noi la gente a stare attenta.
C. Tron
Colloquio pastorale del P Distretto
Il Colloquio pastorale del I Distretto avrà luogo lunedì 13 marzo alle ore
9,30 in via dei Mille 1, a Pinerolo. Il programma convenuto è il seguente;
Ore 9,30; breve culto e meditazione (Claudio Tron).
Ore 10,30; discussione della bozza di schema per la consacrazione pastorale al prossimo sinodo.
Ore 13.30; eomunicazioni della Commissione Distrettuale e della Tavola.
G. Tourn
generale è stata che la confermazione
non è sinonimo di Santa Cena per cui
il catecumeno deve essere libero, come ogni altro credente, di avvicinarsi
o meno alla Mensa del Signore, purché il gesto non sia semplieemente
una reazione soggettiva di anticonformismo, ingiustificabile di fronte all’Evangelo. D’alra parte non è la comunità che « amministra » la Santa Cena, né il pastore né il Concistoro. La
Mensa è del Signore e ciascuno è responsabile di se stesso; « Qr provi
l’uomo se stesso, e così mangi del pane e beva del calice; poiché chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio
su se stesso, se non discerne il corpo
del Signore» (I Cor. 11; 28-29).
. Col consenso dei genitori si è proposto di evitare ogni carattere festaiolo, ogni spesa superflua, i cosiddetti
« regali in occasione della confermazione ». Anche in questa occasione il
nostro pensiero può andare verso
quanti sono nel bisogno ed offrire generosamente quanto noi possiamo benissimo fare a meno. Sempre in questo contesto è stata avanzata l’idea di
un incontro comunitario dei catecumeni con le loro famiglie e di quanti
fratelli volessero essere loro vicini,
presso la Foresteria, ove si potrà consumare insieme il pasto.
Se la tradizionale « festa di famiglia » si trasformasse in un incontro
comunitario sarebbe senz’altro un promettente inizio per smitizzare il concetto che molti di noi ancora conservano sulla confermazione.
CULTO COMUNITARIO
DEL 5 MARZO
Una numerosa assemblea ha partecipato al culto comunitario presieduto dai giovani in occasione della domenica della gioventù. Il testo scelto
per la meditazione comune era Rom.
12: 1-2. Un testo impegnativo; non solo nel senso che imponeva una profonda meditazione per cercare di enuclearne il messaggio, ma impegnativo
nella prospettiva dell’attuazione pratica di questo testo per la vita della nostra comunità.
I giovani che hanno presieduto il culto hanno lavorato seriamente con il pastore per lo studio esegetieo del testo e
questo è stato veramente un fatto promettente; è importante che d’ora innanzi, vista la buona riuscita del culto, questa iniziativa non sia lasciata
cadere ma possa continuare. Non dobbiamo aspettare il prossimo anno per
ripetere questa esperienza, e neppure
possiamo limitarla ai giovani. Se è vero che è la comunità che è responsabile della predicazione, occorrerà che
altri fratelli della comunità si preparino e possano a loro volta offrire questo tipo di predicazione comunitaria.
Forse qualcuno temeva che il fatto di
dare la parola a chi si sente in grado
di portare il proprio contributo nella
spiegazione del testo provocasse il
caos; ebbene questo non è avvenuto.
Certamente tutti noi abbiamo ancora
molto da imparare; soprattutto imparare ad ascoltare il fratello, non imporgli il silenzio. Ma questo è possibile soltanto intensificando questi culti
comunitari in cui la comunità possa
intervenire nella libertà dello Spirito
del Signore. Anche nella comunità primitiva si manifestavano questi inconvenienti; ma non per questo Paolo ha
proibito ai fratelli di prendere la parola nelle assemblee. È nella comunità
riunita attorno alla Parola del Signore
che vengono alla luce i doni che lo Spi.
rito ci dà; e non possiamo reprimerli
Devono essere messi al servizio della
comunità.
CONSIGLI DI QUARTIERE
UNA PROMETTENTE INIZIATIVA
Martedì 7 marzo alle ore 21 presso la
sede di via Roma, promosso dal Centro
culturale S. Toja, s’è svolto un pubblico dibattito sui Consigli di quartiere.
L’avv. Bert e l’avv. Cotta per il Consiglio comunale, il dott. G. Comba ed il
maestro Melli per i Consigli di quartiere hanno presentato i problemi, le difficoltà e le prospettive di questa iniziativa. Ne è seguito un vivace dibattito.
Nonostante che l’istituzione dei Consigli di quartiere non rientri in un quadro giuridico previsto, ha però la possibilità di avanzare e di elaborare delle
iniziative che il Consiglio comunale deve tenere in dovuto conto. Si tratta in
effetti di far maturare fra i cittadini il
loro senso di responsabilità nell’amministrazione della cosa pubblica: prima
ancora che di doveri si tratta di essere
coscienti dei propri diritti. Se il concetto moderno di democrazia è ormai un
concetto equivoco e si risolve nella delega ad altri (pochi) per amministrare
i problemi di ordine pubblico, è forse
possibile, attraverso un lavoro capillare, di proporre come obiettivo, come
traguardo, una « omnicrazia », cioè una
amministrazione pubblica in cui le decisioni possono essere prese direttamente dai cittadini e non delegate ad
altri.
E una iniziativa nuova, che non ha
ancora un anno di vita: ogni giudizio,
ogni valutazione sono premature. Ma
sicuramente questa è la strada giusta.
E. Genre
5
10 marzo 1972 — N. 10
pag. 5
Vita, -problemi, prospettive delle chiese valdesi
Consacrazione di pastori motodisti
e raldesi al prossimo Sinodo
Comunità evangelica di Azione Apostolica
Due missionari aii’opera nel Madagascar
visiteranno varie nostre comunità
Una circolare del moderatore in data
15 gennaio 1972 si rivolge « ai pastori,
anziani evangelisti, candidati al ministero, iscritti al ruolo diaconale » con
alcune questioni riguardanti le eventuali consacrazioni di pastori metodisti
e valdesi, che dovrebbero essere fatte
insieme durante il culto di apertura
del sinodo congiunto valdese-metodista. Le questioni sono le seguenti; a)
la liturgia della consacrazione, b) l’imposizione delle riiani, c) la consacrazione di un « pastore locale » della Chiesa metodista.
La liturgia della consacrazione
Un pastore metodista e un pastore
valdese hanno avuto l’incarico di « elaborare uno schema di liturgia, che probabilmente non si discosterà molto da
quello predisposto l’anno scorso dalla
commissione Colucci-Santini-Sommani
e che Santini ha adoperato nel culto di
iiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiimniiiiiiii
Fui malato...
Sapere ascoltare
Ecco quanto si poteva leggere nell’articolo di fondo di uno degli ultimi numeri
de « La vie protestante »:
.\1 principio del mese di marzo si annuncia la a Giornata dei malati » che annualmente ci ricorda la precarietà della
nostra condizione e la solidarietà che ci
unisce gli uni agli altri. Simultaneamente
entriamo nel periodo dell’anno nel quale
siamo invitati a camminare con Cristo
nella sua passione.
Oggi suggeriamo a ciascuno di prestare
attenzione, in occasione di questa « giornata » e nel corso delle prossime settimane, al personaggio misterioso e .affascinante nel quale la Chiesa, fin dalle sue origini. ha riconosciuto una profezia di Cristo,
e che si chiama il servo deH’Eterno. Descritto nel libro di Isaia, ci è presentato
come colui che ha portato le nostre malattie e che si è caricato dei nostri dolori
(capitolo 53). L’attenzione con cui considereremo questa figura darà forse significato
alla « Giornata dei malati » e ci stimolerà
a incorjiorare nella nostra vita la verità
nascosta nel Cristo sofferente.
Fare atto di presenza presso un malato
è una prova rivelatrice e significativa. In
un attimo si scopre, allora, che né il prestigio dell’intelligenza né l’apparenza sociale. né il possesso dei beni di questo
mondo, né la funzione che si riveste qualificano di per sé qualcuno a compiere
questo atto. Fare atto di presenza presso
un malato vuol dire manifestare ciò ohe
si è, nel profondo. L’apparenza non conta.
11 chiacchierio superficiale non ha valore.
Teorie e dottrine rivelano i loro limiti.
L’essere, .soltanto l'essere del visitatore importa.
Ora. l’essere di un uomo si manifesta in
sommo grado nella sua capacità di ascoltare. Oggi si è molto sensibili all’immensa
difficoltà che le coscienze incontrano quando tentano di comunicare. Il senso di solitudine è assai diffuso. Forse perché nessuno è più capace di ascoltare l’altro?
.\scollare. vuol dire mettere la propria
coscienza in stato di disponibilità. Vuol dire vuotarsi di sé affinché un altro possa -—
finalmente — esprimersi e diventare se
sle.sso. Ascoltare vuol quindi dire essere
attento non solo a ciò che l’aliro dice, ma
anche, e più ancora, a ciò che non dice.
Alle speranze e ai timori, alle confessioni
e alle domande che non sono ancora affiorate e che tuttavia bruciano il cuore e forse già le labbra dell’interlocutore.
Ascoltare, vuol dire saper tacere. Ma
anche saper parlare. Parlare in modo che
la parola dell’altro possa, essa, formularsi,
esprimersi, venire alla luce. Ascoltare vuol
dire mettersi in condizione di udire i sospiri indicibili che salgono dal cuore dell’uomo e che sono originati dallo Spirito di
Dio, e di dar loro diritto di cittadinanza
nell'universo del discorso che si può esprimere.
Ascoltare vuol dire dare all’altro una
possibilità di diventare davvero se stesso,
di trasformarsi. Vuol quindi anche dire
« portare » l’altro, come uno stelo porta un
fiore e, presto, anche un frutto.
Il servo misterioso c affascinante del libro di Isaia è un modello perfetto di un
ascolto di questo genere. Ascolta e porta il
malato e l’infermo, il debole e il ferito al
punto di diventare egli stesso malato, infermo, debole, ferito! Crocifisso. Giovanni
Battista ha detto di lui: « Bi.sogna che egli
cresca e che io diminuisca ». Il fatto è che
egli stesso, servo perfetto, ha voluto diminuire perché noi pote.ssimo crescere (Filippesi 2).
Modello perfetto, ma modello che nessuna tecnica di nessun genere è in grado di
riprodurre e di perpetuare. Soltanto coloro che accettano di essere ascoltati da
lui, hanno qualche chance di poter davvero ascoltare a loro volta i loro compagni di
vita. E di offrir loro l'occasione di una presenza trasformatrice.
Je.4n-Marc Chappui.s
Fra le tante « giornate », « domeniche
speciali » di cui il nostro anno ecclesiastico
si va progressivamente arricchetido e forse
sovraccaricando, non si giustificherebbe,
anche fra noi. una « giornata dei malati »?
G. C.
apertura del sinodo 1971, senza osservazioni da parte del corpo pastorale o del
Sinodo ». Lo schema della nuova liturgia della consacrazione sarà inviato al1; persone, cui è rivolta la circolare.
Il fatto è molto importante e sarebbe necessario il consenso del corpo pastorale metodista-valdese (in realtà di
tutto il sinodo congiunto!), prima che
la liturgia sia letta nel culto, se essa
dovesse discostarsi da quelle in uso, in
qualche punto sostanziale, come .nelle
dichiarazioni del candidato. La lilurgia non è cosa del pastore, ma preghiera della comunità. La Chiesa valdese non ha mai imposto, ma soltanto proposto una determinata liturgia e
le singole comunità l’hanno provata,
modificata in qualche parte, accettata
o respinta. Se la liturgia di apertura
del sinodo e della consacrazione dei pastori non è conosciuta in precedenza e
sottoposta all’esame dei due corpi pastorali, essa viene praticamente imposta alla comunità sinodale. Naturalmente questioni di forma non hanno
importanza, poiché noi tutti riconosciamo ai pastori la libertà della scelta dei
testi biblici, degli inni, della preghiera
estemporanea e, ciò che più importa,
della predicazione.
L’imposizione delle mani
La circolare dice: « È noto che fin
dal 1957 (AS art. 10) è in atto il reciproco riconoscimento del ministero
pastorale nelle due chiese... Non ci
sembra dunque che ci siano difficoltà a
che i due corpi pastorali per intero partecipino all’imposizione delle mani ai
candidati dell’altra denominazione. Un
atteggiamento contrario verrebbe a
contraddire il riconoscimento reciproco del ministero pastorale ».
La consacrazione al ministero pastorale è un riconoscimento da parte della
chiesa della vocazione rivolta da Dio
a! candidato. Ora non è possibile riconoscere senza conoscere. Uno dei significati del verbo riconoscere è di « dichiarare di conoscere », ed è quello appropriato a questo caso. La Chiesa metodista e la Chiesa valdese si sono sempre preoccupate di questa conoscenza
preventiva per mezzo di organi da esse
ritenuti idonei: presentazione da parte
del consiglio di chiesa dello studente
alla Facoltà teologica, il giudizio della
Facoltà stessa sugli studi e sui segni di
vocazione e di impegno dello studente,
la prova pratica di almeno un .anno
nella cura pastorale di una comunità,
presentazione della Tavola (per la Chiesa valdese) al corpo pastorale, valutazione positiva o negativa del lavoro e
della vita del candidato da parte di
pastori che l’hanno conosciuto e seguito nella sua attività, pubblico esame di
fede, prova di predicazione in una comunità con rappresentanza del corpo
pastorale, che esprime il suo giudizio
sulla predicazione stessa, sottoscrizione della confessione di fede della
chiesa.
Questo accurato esame, per acquisire una adeguata conoscenza del candidato, non può essere tralasciato, altrimenti la consacrazione, cioè il riconoscimento della vocazione divina, diviene una pura formalità.
Se al prossimo sinodo congiunto si
vuole procedere insieme, metodisti e
valdesi, alla consacrazione dei candidati delle due chiese, è necessario che si
proceda insieme anche nella conoscenza dei candidati stessi. L’affermare « il
reciproco riconoscimento del ministero pastorale nelle due chiese » non è
sufficiente e, in questo caso, pericoloso,
perché potrebbe conferire alla consacrazione un significato non evangelico.
La consacrazione non è un sacramento, non è l’ordine sacro che conferisce al pastore un carattere particolare e forse un carattere permanente. La
Chiesa valdese può affermare che riconosce il battesimo e la S. Cena celebrati nella Chiesa metodista e viceversa.
Ma quando essa afferma di riconoscervi il ministero pastorale, non è dispensata dal provare il pastore che assume
dalla Chiesa metodista o da una qualche Chiesa riformata, informandosi accuratamente sul modo con cui il pastore in questione ha esercitato il ministero nelle comunità, che gli sono state affidate. Anzi nelle Chiese riformate ogni
comunità ha il diritto e il dovere di
provare il ministero del pastore che
essa stessa ha eletto o che le è stato inviato. Mi limito qui a ricordare la prova, da parte delle comunità valdesi autonome, del proprio pastore dopo sette
anni di ministero. Perciò la necessità
di provare insieme i candidati delle
due chiese, prima della consacrazione
comune, è inerente alla natura stessa
di questo rito.
Consacrazione di un pastore locale
La Conferenza metodista ha istituito
nel 1969 il ministero del pastore locale,
che può essere attribuito a un membro
comunicante « che abbia servito nei
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consigli di chiesa, o nel Comitato Permanente, o nel ruolo dei predicatori
laici o in altri particolari incarichi che
comportino il riconoscimento di speciali attitudini e doni ». Il pastore locale
presta gratuitamente il suo ufficio e
può attendere a un’attività retribuita
contemporaneamente al suo ministero.
Un ministero di questo genere è allo
studio anche nella Chiesa valdese, e
personalmente mi auguro che possa
avere presto il riconoscimento sinodalé. Ma per il momento esso non è ancora fra i ministeri particolari della
Chiesa valdese. Non mi sembra quindi
serio che il sinodo valdese consacri un
fratello a un ministero non esistente
nella propria chiesa, come non sarebbe
serio chiedere alla Chiesa metodista di
consacrare una donna-pastore per la
Chiesa valdese, poiché i metodisti non
hanno ancora ammesso le donne al pastorato. Finché questi ministeri non
sono riconosciuti dalle due chiese, anche le consacrazioni corrispondenti devono avvenire soltanto da parte del
corpo pastorale della chiesa che li ha
istituiti.
Alle comunità
Spero che questo mio esposto non
venga frainteso, quasi volesse avversare l’unione valdese-metodista. La mia
intenzione è di presentare i diritti e i
doveri delle comunità metodiste non
meno che i diritti e i doveri di quelle
valdesi. Come ho detto in principio, la
circolare del moderatore è diretta ai
membri del corpo pastorale, ai candidati al ministero e agli iscritti al ruolo
diaconale. Le altre circolari sono di solito inviate anche agli anziani e ai diaconi oltreché ai pastori, cioè ai consigli di chiesa, perché riferiscano sull’argomento della circolare alle comunità
nelle loro assemblee. L’argomento della
liturgia, della consacrazione, del ministero è di competenza, in senso ristretto, del corpo pastorale e non dei candidati al ministero e degli iscritti al
ruolo diaconale. In senso lato e primario esso è di competenza delle comunità che nella loro vocazione cristiana
sono soggetti responsabili della predicazione, dell’insegnamento, della cura
d’anime e della diaconia. Perciò ritengo necessario che le comunità esaminino nelle loro assemblee gli argomenti
in questione e si esprimano con quel
senso di responsabilità che deve dare
loro l’obbedienza al Vangelo.
Valdo Vinay
Il Dipartimento Evangelico Francese di
Azione Apostolica ha gentilmente accettato
che il Sig. e la Sig.ra Jules Foltz missionari
al servizio della Chiesa di Cristo nel Madagascar, visitino alcune delle nostre comunità dal
12 al 26 marzo.
Il programma della loro visita è il seguente :
11 marzo arrivo a Torre Pellice; 12, San
Giovanni e Torre Pellice (Coppieri); 13, Villar Perosa, Convegno Pastorale, Pinerolo; 14,
Bobbio Pellice; 15, Angrogna, Villar Pellice;
16, Pomaretto;' 17, ViUàsecca; 18, Ferrerò;
19, Torino; 20, Viaggio Torino-Milano; 21,
Milano, Como; 22, Bergamo; 23, Firenze; 24,
Pisa; 25, Viaggio Pisa-San Remo; 26, San Remo, Bordighera; 27, Partenza per la Francia.
Mentre ringraziamo il Dipartimento Francese per la sua fraterna collaborazione invitiamo
caldamente i membri delle comunità, che saranno visitate, ad approfittare di questa occasione per aggiornarsi sulla situazione dell’opera di Dio nell’isola del Madagascar, dove
i Sig. Foltz hanno lavorato per più di 30 anni.
Pomaretto
Elezione del Pastore. Domenica 12 marzo
alle ore 10,30 al culto del mattino è convocata
l’assemblea di chiesa dei membri elettori per
la nomina del nuovo Pastore della chiesa.
La commissione distrettuale presiederà Tassemblea.
Riunioni e visita missionaria. Martedì 14
marzo; riunione alla Lausa, ore 20,30; giovedì 16 marzo alle 20,30 al teatro: due missionari parleranno del Madagascar con filmine :
l’offerta è a favore delle missioni.
Simpatia. La nostra profonda simpatia alla
famiglia di Ferdinando Long deceduto recentemente all’ospedale di Pomaretto dopo lunga
malattia.
Conferenza del Pastore Giorgio Tourn. Sabato 11 marzo alle 20,30 alla cappella di Perosa il Pastore Giorgio Tourn parlerà della
predestinazione: seguirà il dibattito.
Torino
(Segue da pag. 1)
immediata che serva a sopperire alle necessità più urgenti;
— ed esprimiamo il nostro appoggio ai contenuti di questa lotta contro chi ha il
potere di risolvere il problema o di ignorarlo.
Firme di adesione:
Corso Vittorio
L- Cavaglià, Angelo Mazza, Lucilla Giovannini, Lilia Rostan, Margherita Pagano, Albertina Tantillo, Franco Tantillo, Franco
/ lettori ci scrivono
La nostra storia valdese
non è da riscrivere,
ma da rileggere!
Come mai, si domandano senza dubbio
molti valdesi che hanno letto gli ultimi numeri del nostro settimanale, dopo parecchi
secoli e dopo che non pochi uomini di coscienza, di fede e ben informati hanno
scritto la nostra storia valdese, si vuole affermare che Pietro Valdo, Finiziatore del
movimento valdese, non si chiamava Pietro
e che la sua conversione non era dovuta al
profondo turbamento cagionato dalla morte improvvisa d’un suo caro amico? Che la
risposta datagli da un teologo, in quel periodo di grande crisi spirituale, e cioè le
parole del Cristo al giovane ricco : « Se
vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai
e dallo ai poveri... poi vieni e seguitami »
(Matt. XIX: 21) non abbiano influito sulla
sua decisione di mettere subito in pratica
quelFordine categorico del divino Maestro?
Se la storia deve essere maestra di ricchi insegnamenti per tutti, perché voler
ora riscrivere la nostra storia valdese, mettendo in dubbio quegli avvenimenti importanti, dolorosi e talvolta tragici, tali come a noi sono stati tramandati da persone
di scupolosa veridicità e che proprio non si
sarebbero mai sognato dì aflfermare il
falso?
Se continuiamo a mettere lutto in dubbio, allora anche Gesù Cristo non si chiamava Gesù e forse tante cose che ha detto
e fatte erano una pura invenzione dei suoi
discepoli. E se pensiamo alla storia della
nostra patria, forse anche Garibaldi non si
chiamava Giuseppe e le sue imprese eroiche erano frutto di esaltazione ed immaginazione dei suoi seguaci. E così si potrebbe continuare con tutti i nostri grandi
uomini, sia della storia sacra, sia della
nostra storia valdese e della nostra patria.
Ora, credo fermamente che invece di
tentare di abbattere redificio secolare e
pieno d’insegnamenti preziosi e più che
mai attuali e necessari per risvegliare in
noi la fede che rese immortali ì nostri
martiri, bisogna, anzi è urgente che tutti
i valdesi coscienti del pericolo che minaccia di morte spirituale la nostra Chiesa valdese, si uniscano per protestare contro
ogni tentativo di menomare l’importanza
delia nostra storia valdese, alterandone o
modificandone il contenuto e, così facendo, nuocendo gravemente aU'autenticità
delle narrazioni dei nostri storici valdesi,
degni della nostra stima e riconoscenza.
Si, la nostra storia scritta a caratteri di
sangue, bagnati dalle copiose ed amare lacrime dei nostri numerosi martiri, dev’essere riletta attentamente da tutti noi e
specialmente da chi sembra averla totalmente dimenticata!
Pastori ed insegnanti dovrebbero parlare
più spesso ai nostri bimbi ed ai nostri giovani di quella storia meravigliosa che destò
Tammirazione di uomini famosi come il
grande Cromwell, l’illustre poeta inglese
Milton, Napoleone I e tanti .altri personaggi di fama mondiale. E soprattutto i genitori valdesi dovrebbero sentire il dovere di
narrare ai loro figliuoli gli episodi più notevoli e pieni d’ispirazione della nostra storia valdese, in modo che fino dall’infanzia
siano tanto impressi nella loro mente e nel
loro cuore da rimanervi incancellabili per
tutta la loro vita.
Così vedremo sorgere in seno al nostro
popolo valdese, minacciato ora da un’indifferenza gravemente dannosa per la nostra
chiesa, un risveglio potente che ci renderà
degni dei nostri martiri ai quali, dopo Dio,
dobbiamo la grazia di non essere stati sterminati.
Sì, grazie al Signore e alla fedeltà e all’eroismo dei nostri Padri, ritornati dall’esilio, la fiaccola dell’Evangelo di Cristo
che le orribili persecuzioni ed i loro autori
credevano di aver spenta per sempre, potè
risplendere nuovamente, e voglia Iddio che
la sua luce, ungi dalPaffievolirsi, rifulga
di nuovo con rinvigorito splendore nelle
nostre Valli ed in tutta la nostra Patria!
Paolina Bert
La serie di articoli di storia valdese che
abbiamo chiesto a Giorgio Tourn ha appunto lo scopo di ridestare Vinteresse e stimolare la conoscenza della nostra storia.
Storia: quindi conoscenza animata da teru
timenti che condividiamo con la nostra
lettrice, ma anche controllata dai risultati
della ricerca scientifica, che si vanno continuamente arricchendo e approjondendo.
Forse /’« occhiello » apposto a questa serie
può parere un po’ polemico: comunque
non vi e alcuna intenzione di mettere in
dubbio la sincerità di storici che hanno
scritto in base ai dati di cui disponevano
nella loro epoca rispettiva, né tanto meno
di mancare di gratitudine nei loro confronti, anelli come sono di una lunga catena
alla quale siamo indissolubilmente legati.
Che poi Valdo si chiamasse o no Pietro,
che differenza fa, nella sostanza? Nessuna.
Quanto alla scintilla che ha portato alla
conversione di Valdo, il nostro collaboratore ha presentato le varie ipotesi in modo
sfumato e lasciando la questione aperta.
Dunque: storia valdese da rileggere, anzitutto: questo è certo! Ma anche, in qualche modo, da riscrivere: per lo meno nella coscienza del valdese comune...
red.
N.d.r.: per mancanza di spazio dobbiamo
rinviare altre lettere.
Giampiccoli, Danielle Giampiccoli, Maria-Vittoria Revelli, Maria Monge Serafino, Alice
Bechis, Giuseppe Gaydou, Renato Balma,
Paola Jahier, Emma Gay, Carlo Gay, Leocadin Rochat, Antonino Pizzo.
Corso Oddone
Enrico Mariotti, Monica Sappè, Battista Finino, Maria-Giovanna Genre in Geymonat, Tullio Viola, Ignazio Botta, Paolo Aramu, Filippo Giunta, Luigia Bonnet
Iole MèiiehL* Maria Bruno, Filippo Palermo, Luca IZarotti, Odette Balmas, Olga
Bellero, Eliada Metallini, Irene Paschetto, Peyronel, Cesare Casabeltrame, C. Beux, Elsa Negro, Giulia D’Ursi, Elena Vigliano, Carlo Papini, Monique Pastore, Mario Amoruso, Ornella Amoruso, Niny Boer Jouvenal, Daniela D’Ursi, Italo Ferrari, Olivero, Letizia
Baiotti, Armando Maccarino, Lina Maccarino,
Gioele Maccarino, Sergio Gandolfo, Valeria
Negro, Renato Santonastaso, Paolo Bensi,
Renzo Turinetto, Riccardo Adamo, Gustavo
Beiforte, Ondina Corsani, Oriana Bert, Augusto Comba, Elena Comba, Benedetto coniugi.
Paolo Ricca, Stella Ricca, William Tousijn,
Luisa Prelato, Lidia Papini, Eliada La Scala,
Mansueto Burlone, Giuseppino Duretto, Pierino Boer.
Lingotto
Lina Cassetti, Salvatore Di Pasquale, Quinto Zanella, Alfredo Martina, Angelo Actis,
Ivo Burello, Caterina Paschetto, Caldino Farolfi, Erika Tomassone, Daniel Attinger, Renato Rivoira.
Via Nomaglio
Renzo Gnan, Franco Lo Grasso, Nella Napolitano, Incoronata Aliano, Grazia Di Pasqua,
Luigi Penasso, Luigina Aprile, Luigi Gamarra,
Michele Di Pasqua, Alma Brunetto, Rina
Moresco, Evangelina Tomassone, Giuseppina
Balsamo Colombo, Anna Lo Grasso.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIMIIMIIllllllllllllllllllllllilllMIIM
COLLEGIO VALDESE E SCUOLA LATINA
Corsi, conferenze,
culti del prof. V. Vinay
Si ricorda il programma pubblico deUa visita del prof. Valdo Vinay:
— Conferenze (presso la Foresteria Valdese
di Torre Pellice) : Domenica 12 marzo alle
ore 16,45 : L’istruzione evangelica nelle scuole. scopi, metodi, critica e reazione degli studenti, possibilità e prospettive. Domenica 19
marzo, ore 16,30 : Spiritualità protestante in
Italia durante i primi trent’anni di evangelizzazione.
— Corsi: (pure presso la Foresteria di Torre); 5 lezioni serali, alle 20,45, dal lunedi
13 al venerdì 17 marzo, su: Storia del movimento evangelico e valdese in Italia durante
il Risorgimento.
— Culti: le domeniche 12 marzo a Villar
Pellice e 19 marzo ad Angrogna.
Inoltre lezioni al Collegio Valdese di Torre
Pellice (Scuola Media e Ginnasio-Liceo) e alla Scuola Latina di Pomaretto.
Il Comitato.
uiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiMiiiimiiiiinii
ASSOCIAZIONE
«AMICI DEL COLLEGIO»
Il Consiglio della nostra Associazione sta organizzando un
« Viaggio in Israele »
per il periodo 1-10 settembre. Quota
L. 180.000 compresa l’iscrizione. Per i
familiari degli « Amici » L. 5.000 in più
e L. 10.000 per i non iscritti. Sul prossimo Bollettino dell’Associazione notizie più dettagliate.
È uscita in opuscolo la Lezione tenuta da Ugo Janni nel novembre del 1935 all’A.C.D.G. di
Milano sul tema
Dogma e vita _
nell’esperienza cristiana.
Interessantissima ! Richiederla alla Segreteria del Circolo
Ugo Janni - Via Meridiana, 39 18038 Sanremo, inviando L. SCO.
La famiglia del compianto
Enrico Bounous
commossa per la manifestazione di
simpatia ricevuta nella triste circostanza, ringrazia sentitamente quanti
hanno preso parte al suo dolore.
« Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora»
(Matteo 25: 13)
Chiotti, 29 febbraio 1972.
La famiglia della compianta
Susanna Bouvier
ved. Soulier
rinpazia in particolare: i Sigg. Medici, la Direttrice, il Personale infermieristico dell’Ospedale Valdase di
Pomaretto, il Pastore Bertinat, l’Associazione Partigiani e tutti coloro
che hanno partecipato al funerale.
Pramollo (Lussie), 26 febbraio 1972.
6
pag. 6
N. 10 — 10 marzo 1972
r
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Agitare prima dell’abuso
Dopo Pechino
Il documento ufficiale cirro-americano, diffuso alla fine della visita di
Nixon, contiene, al di fuori dell'ottimismo e degli inneggiamenti alla coesistenza pacifica (che in sé potrebbe
benissimo lasciare le cose come stanno) alcuni elementi di notevole importanza, tanto più che sancisce il definitivo riconoscimento da parte degli Stati Uniti — da poco usciti dalla febbre
del « pericolo giallo » —della essenziale funzione nella politica mondiale
della repubblica popolare cinese.
Se la coesistenza pacifica significa
(come è detto nel comunicato) il rispetto per la sovranità e integrità territoriale di -tutti gli Stati, la non aggressione contro gli altri paesi, la non
ingerenza negli affari interni altrui, la
eguaglianza, l’utile reciproco e la com
seguente disponibilità, da parte dei
due interlocutori, di « applicare questi
princìpi nelle loro reciproche relazioni », essa può certamente essere un
dato positivo.
Ne è intanto conseguito che gli Stati .
Uniti « non contestano » che c’è una
sola Cina (ovviamente quella popolare) e che Taiwan e cioè l’isola di Formosa, sede della Cina nazionalista, è
una parte della Cina e che pertanto si
• tratta di un affare interno cinese. Gli
Stati Uniti hanno pertanto affermato
che l’obiettivo finale, a questo riguardo, è il ritiro di tutte le forze e di tutti gli impianti militari americani da
Taiwan.
Per quanto riguarda gli altri settori
asiatici ed in modo particolare la situazione indocinese (le cui regioni sono ancora state torturate da imponenti bombardamenti aerei americani) il
documento, se non poteva dire nulla
di nuovo circa la soluzione del conflitto, nel senso che si tratta di una soluzione che deve essere trovata direttamente dalle parti interessate, re:a
però un’affermazione che ci pare non
sia stata posta sufficientemente in rilievo dalla stampa in genere: l’assicurazione degli Stati Uniti di un ritiro
finale di tutte le loro forze dalla regione, anche « in assenza di una soluzione negoziata » e questo « coerentemente coll’obbiettivo dell’autodecisione per
ciascun paese deU’Indocina ».
Ci i>are questa un’affermazione che
può veramente costituire ima fondamentale revisione deU’imperialistica
politica americana fin qui realizzata iti
Estremo Oriente e che finalmente gli
Stati Uniti si decidano (premuti anche dalTopinione pubbUca mondiale)
a lasciare l’Asia agli asiatici.
Naturalmente, non c’è da farsi illusione alcuna sui modi e sui tempi che
verranno impiegati per concretiz are
quest’operazione. Allo stesso tempo però con queste dichiarazioni gli Stati
Uniti e Nixon (le elezioni presidenziali
incalzano) si sono creati una grossa
possibilità di rimediare ad una situazione fallimentare, uscendone per di
più (non lo diciamo a titolo personale) con un certo prestigio e con vasto
compiacimento internazionale.
ciie I il . destino della Cecoslovacchia e
del suo popolo non sia dimenticato
durante lo svolgimento dell’ormai vicina conferenza sulla sicurezza europea ».
Condannato
senza processo
I giornali seguono con grande rilievo il processo agli anarchici accusati
della strage di Milano e degli altri attentati. Notiamo che anche la stampa
(settimanali compresi) anche più « moderata » pone serissimi dubbi su tutte
le fasi preliminari che hanno portato
alTincriminazione degli imputati; le
indagini della polizia, svolte a « senso
unico », le testimonianze, l’istruttoria.
Diversi libri-inchiesta poi, con una ricostruzione dei fatti minuziosa e realistica, addirittura escludono che Vai
preda e gli altri abbiano potuto macchiarsi di un così nefando delitto e
pongono sotto accusa tutto il sistema
poliziesco-giudiziario.
Vorremmo qui parlare questa volta
di un « imputato » assente e vale a dire di Roberto Mander, presunto autore delle due esplosioni all’« altare della patria » a Roma, nei confronti del
quale il pubblico ministero ha dichiarato « non doversi procedere » in quanto egli, all’epoca dei fatti era minore
di 18 anni, incapace di intendere e di
volere. Questa sua assenza costituisce
un « vuoto » discutibile e soprattutto
poco utile alla ricerca della verità,
stante il carattere meramente indiz'ario del processo.
Roberto Mander ha inutilmente fatto appelli al giudice istruttore, è ricorso legalmente, ha fatto persino lo sciopero della fame onde potersi far sentire al processo e potersi così difen
dere. Niente da fare: con un verdetto
legalmente formale, è slato condannato senza processo. È stato infatti spedito (in quanto « immaturo ») in riformatorio (e si sa che cosa sono i riformatori in Italia) e ivi sarà trattenuto come « persona socialmente pericolosa ». Vi dovrà stare un minimo di
tre anni.
Fortuna per lui che è stato prima
destinato al riformatorio di Forlì dove lavorano giudici minorili fra i più
«aperti»: nel, luglio 19.71 il giovane,
immaturo per il ministro di grazia e
giustizia, è stato dichiarato più che
maturo dal ministro della pubblica
istruzione, avendo brillantemente su
perato la maturità classica.
Attualmente, egli è « ospite » del riformatorio di Bologna. Anche qui egli
ha avuto la fortuna di trovare un giudice che fa del suo meglio per rendere
più rieducativa possibile la galera per
ragazzi che delinquono. Mander ha
potuto iscriversi alla fa:ol!à di giurisprudenza e intanto fa il correttore di
bozze di testi giuridici per due case
editrici.
Ecco alcuni brani di una sua lettera
al giudice istruttore: « ...Non compa
rirò in giudizio, avendomi lei già "condannato come immatuto. Sicnor giudice, credo sia mio diritto, non solo
come imputato ma soprattutto come
uomo, potermi difendere da un’accusa
così grave e ingiusta. Lasciandomi qui
in riformatorio, lei mi toglie ogni mezzo per far riconoscere ogni mia innocenza; in un certo senso mi ha condannato con una sentenza inappellabile. Io non le chiedo nessun favore
particolare, ma la prego; mi mandi al
processo come una p e sona responsabile, consapevole delle proprie azioni ».
AtSl 1Y16SC di C IN Qli&Stc prifHC SCttÌfTl(lìì£ di ìnUTZO i HOStìi
giot'ì'iuli ituliuni huTifio vipovtcìto ci più fipy&sc ctlcuyic notizia sui disoìdini alla facoltà di medicina dell’università di Madrid. Sull'argomento abbiamo invitato a parlarci una persona di cui, su sua richiesta,
non possiamo rivelare il nome, per evitare qualche azione dell autorità^
spagnola a suo danno, trattandosi di una straniera. Allo scritto sono stati
apportati solo pochi ritocchi, essendo l'autrice una di madrelingua tedesca che scrive in italiano. Essa è licenziata in teologia, ha anche studiato
in Italia e vissuto in tre nostre corhunità. Completa il tirocinio di specializzazione a Madrid e Barcellona prima di tornare a lavorare in patria^
La ringraziamo vivamente del suo contributo.
Renzo Turinetto
Roberto Peyrot
CECOSLOVACCHIA?..
NON CONOSCO!
Nel n. preced. (del 3 c.) di questo
settimanale (v. art. « Una nobile protesta ») abbiamo riportato il testo di una dichiarazione, firmata da « uomini
di cultura uniti da uno stesso denominatore politico di sinistra », per deplorare « l’inasprita repressione che nel
mondo sovietico si esercita contro intellettuali dissenzienti » Hanno firmato
quella dichiarazione anche alcune personalità del Partito Comunista Italiano, ma non il sen. Antonio Pesenti il
quale (su « L’Astrolabio » del gennaio
c. a.) ha voluto giustificare il proprio
rifiuto con la seguente lettera.
Un drammatico appello
Abbiamo già avuto occasione di parlare, sia in questa rubrica che in altre
parti del giornale, della crescente repressione nei paesi dell’Est, ed in modo particolare in Cecosloyacchm, volta
a reprimere, nei riguardi specie^ degli
intellettuali, scienziati e scrittori, tutte quelle iniziative o manifestazioni di
pensiero che non si allineino alle direttive politiche e ideologiche degli
uomini ora al potere.
Il quotidiano socialista Avanti! e il
comunista dissidente il Manifesto hanno pubblicato il 1“ marzo un appefi9
del « Movimento socialista dei cittadini cecoslovacchi » (che è la più importante organizzazione di opposizione
esistente attualmente) che circola clandestinamente a Praga e di cui alcune
copie sono giunte a Vienna.
Fra l’altro, il manifestino dice: « Il
regime, che affermava di non voler
processi politici dopo le elezioni e sosteneva che nessuno sarebbe stato perseguitato per le sue opinioni pohticne,
ha abbandonato ogni ritegno e si e
messo sulla strada della repressione
più frenetica contro coloro che non
intendono sottomettersi. G'à prima
delle elezioni sono stati arrestati esponenti politici e scienziati
L’appello precisa che in effetti la
maggior parte degli arrestati è stata
poi rilasciata, ma su di loro pende
sempre la spada di Damocle di un nuovo arresto, specie per quanto concerne gli « storici » e i « politici »: i lunzionari della polizia segreta non tralasciano il benché minimo indizio a carico dei sospetti. d- i,
L’appello cosi conclude: « Kicniamiamo l’attenzione del movimento comunista internazionale, dei comunisti,
dei socialisti, dei democratici e degli
amici della Cecoslovacchia e di tutte
le relative organizzazioni sulla pericolosa evoluzione attualmente in corso
nel nostro Paese. L’attuale regirne sta
distruggendo gli ultimi resti dei diritti
e della Ubertà del cittadino, e presentandosi come un regime socialista, distrugge allo stesso tempo gli ideali socialisti dei nostri cittadini. In una situazione in cui il popolo cecoslovacco
è stato messo a tacere, la voce delle
organizzazioni suddette può contribuire a limitare le persecuzioni e a far sì
« Caro Farri, ti ringrazio dell'invito
che mi hai rivolto a firmare il tuo
appello. Anche questo invito rni^ conferma quanto già sapevo e cioè che
non è intenzione tua e degli altri firmatari di compiere nessun atto che
possa esser giudicato ostile agli stati
socialisti. Anzi so che anche per te,
com'è per noi comunisti italiani, socialismo significa libertà, liberazione
dell’uomo da ogni schiavitù materiale
e spirituale, e quindi la tua battaglia
intende essere utile all’ulteriore sviluppo degli stessi stati socialisti, perché raggiungano la pienezza delle condizioni sociali, civili, poHtiche che caratterizzano il socialismo, el'minando
ogni anacronistico e pericoloso atta’’damento.
Noi comunisti italiani viviamo nel
regime sociale, iniquo e puberale, del
capitalismo e lottiamo per la trasformazione socialista deHa società italiana, conducendo le necessarie battaglie^
per risolvere in senso democratico i
più urgenti problemi del Paese, e tra
essi anche la battaglia per l’abrogazione di tante assurde norme del codice
penale che, anche in Italia, rendono
reato libere manifestazioni di pensiero. Perché, ovunque, la questione di
fondo, come tu ben sai, non è di vedere se, nei singoli casi, sia o no stata
violata una legge. La legge sarà stata
anche violata e, in base ad essa, t
giudici avranno anche legalmente condannato. E quella legge che deve essere abrogata, è la prassi di colpire
in vari modi e ridurre a silenzio ogni
dissenso, che deve cessare!
Anche per questo motivo siamo^ perciò con te in ogni battaglia, oggi piu
che mai attuale, che pos-a render l uomo più completo e piu libero, in quau
siasi parte del mondo questa battaglia
avvenga. Sai bene che,^ come^ comunisti singoli e come Partito italiano, non
abbiamo mai mancato di compiere il
nostro dovere in tal senso, intervenendo anche presso gli altri partiti canonisti. Non mi sento però di poter firmare con piena convinzione il testo
del tuo appello. Esso non caratte'nzza
infatti a sufficienza, come sarebbe a
parer mio necessario, la grande trasformazione sociale e inorate
è avuta nei paesi socialisti, la_ solidarietà di fondo, quindi, che ogni dernocratico e socialista deve sentir rtel beYic — e direi qualche vo.ta anche nel
male — verso quei paesi e Stati e non
tien conto della durezza dello scontro
in atto tra imperialismo e socialismo.
Io sento profondamente questa solidarietà internazionalista, solidarietà
che non esclude le critiche, ma anzi
le rende più doverose e sentite, e forse per questo ancor più mi bruciano
gli episodi a cui tu accenni e certe
deformazioni. Anch’io le combatto, ma
le considero scorie transeunti, anche
se non necessarie, del grandioso proceso sto ico di liberazione dell’uomo
che si chiama socialismo. Per questo
anche la mia protesta, non m no forte ed intensa della tua, assume altre
forme pubbliche e p ima di tutto quella di costruire, militando nelle file del
PCI, una via italiana al socialisrno, che
mantenga e sviluppi le tradizioni di
libertà e di tolleranza di cui è ricca
la storia delle lotte popolari del nostro
Paese.
Con viva cordialità. A. P. ».
Noi dissentiamo profondamente dalle opinioni espresse in questa lettera,
riguardo alla questione controversa.
Non crediamo che « socialisrno significhi libertà, liberazione dell’uorno da
ogni schiavitù materiale e spirituale »
(una tale liberazione è per noi un dO;
no di diversa origine), né che « ogni
democratico e socialista debba sentire solidarietà di fondo, qualche volta
ANCHE NEL MALE, verso i paesi e
Stati socialisti », né che « gli episodi
accennati e certe deformazioni siano
SCORIE TRANSEUNTI » ecc. Ma soprattutto respingiamo l’affermazione
che la protesta debba « assumere altre
forme pubbliche e, prima di tutto,
quella di costruire... » Il Pesenti non
dice qual siano codeste « forme pubbliche da assùmere », oltre a quella
di costruire. E quanto al COSTRUIRE,
in che senso è una protesta? È il solito vizio di non voler parlar chiaro (o
peggio di voler far la politica dello
struzzo, come dicesse: « qui non si
parla della Cecoslovacchia, ...qui si
costruisce! »), tante volte rilevato; anche recentemente dal « Manifesto »
(del 2 c. là dove, a proposito dell assassinio di Pierre Overney, operaio della Renault, dice: « è inutile che l Unità”, con parentesi, silenzi ed acrobazie,
àmmicchi per far capire che, se non
osa disapprovare, non e neanche del
tutto d’accordo... »)■
Le origini del conflitto alla facoltà
di medicina dell’università Complutense di Madrid risalgono agli anni ’67-69
quando fu elaborato il nuovo piano di
studi. Gli studenti avevano varie volte presentato altre proposte di fronte
all’insufficienza di questo piano, che
per la maggior parte non furono accettate. All’inizio deU’ultimo anno accademico il piano governativo andò in
vigore per decreto. Gli studenti che
non erano d’accordo avevano potuto
eleggere delegati per discutere i problemi, ma questo presupponeva che
accettavano lo statuto deH’università.
In seguito solo gli studenti di medicina di Cádiz erano disposti ad accettarlo, e quindi solo pochi studenti potevano in realtà eleggere i delegati.
Nella sostanza le richieste degli studenti sono: 1) abolizione del sistema
di selettività e del conseguente numeras clausus (il nuovo piano prevede
due quadrimestri. Dopo ogni sessione
lo studente deve superare un esame;
se viene respinto anche in una sola
materia deve ripetere l’intero esame
perdendo così un anno. Questa selezione — di regola solo una e solo nel
primo anno — spetterebbe a un giurì
di professori che non conoscono gli
studenti); 2) la qualifica di medico dopo il sesto anno di studio (come nella
facoltà autonoma); 3) un anno di rotazione nei vari settori degli ospedali
dopo il sesto anno, con regolare contratto e lavoro retribuito (si chiede
6.000 pesetas al mese, circa 45.000 lire).
Questo significa ristrutturare del
tutto la formazione pratica deg'i studenti: attualmente la fecoltà c’eUa
Complutense con i suoi 4.000 studenti
ha solo due ospedali a disposizion^.Solo il 10% degli studenti può passare un periodo di tempo a contatto con
i malati. Gli studenti vorrebbero fare
l’anno di rotazione nei centri rurali,
dove mancano 8.000 medici.
È, un riflesso della situazione generale sanitaria in Spagna. Non mancano solo aule, laboratori e strumenti
per gli studenti, ma anche tante cose
per i pazienti. Gli studenti hanno perciò esteso le loro petizioni: aumento
dei centri medici; centri di diagnostica e cura attrezzati; un'informazione
che colleghi i centri con la medicina
urbana e rurale; aboTzione del sistema di cedere un certo numero di letti
a certi medici, con carattere vitalizio,
impedendone quindi la ^ disponibilità
in caso di bisogno; un piano generale
sanitario; l’adeguamento di tutti i piani di studio della medicina a queste
esigenze; la razionalizzaziore dei servizi di assicurazione sociale, con nuovi centri di assistenza decentralizzati,
funzionali e modernamente attrezzati,
infine l’istituzione di un ministero indipendente della sanità che possa assolvere tutti questi compiti.
Finora il governo s’è dimostrato incapace di condurre un vero dialogo e
di adempiere le ripetute promesse. Il
13 gennaio scorso il rettore della Com;
plutense dichiarò che gli studenti
avrebbero perduto 1 anno se entro il 17
non avessero dichiarato per iscritto
di non aver partecipato allo sciopero
(che durava fin da novembre) e di
«rispettare l’ordine accademico n_lp
misure precauzionali che le autorità
considerano opportune» nel futuro.
Secondo gli studenti, i firmatari erano solo un centinaio, secondo la stampa invece erano 1500; in questo inodo
si cercava di esercitare una pressione
sugli studenti. Le autorità si vedeva^
no costrette ad annullare le sanzioni
il 28 gennaio.
La chiave per capire la situazione ci
pare consistere nella differenza esi
stente fra la facoltà di medicina della
Complutense e quella dell’università
autonoma. Questa, inaugurata questo
anno, è la prova chiarissima che ci
vuole qualcosa di nuovo ed è almeno
il tentativo di realiz arlo. Essa accetta però solo un numero ridotto di studenti (scelti con il consueto sistema
della « raccomandazione ») i quali possono usufruire di tre cliniche e adeguati strumenti moderni. Chi entra
nell’Autonoma ha la strada aperta, tuttavia hanno scioperato (come tante altre facoltà di medicina spagnole, anche se seguono ancora il vecchio piano di studi), però soltanto finché fossero abolite le sanzioni governative.
La creazione di un’università autonoma è un atto tipico della politica
spagnola. Si cerca di presentare alcuni elementi « modello » (scuole, ospedali, edifici) per far dimenticare il resto. Il quadro viene composto con abilità dalla stampa e soprattutto dalla
televisione. Stando a questi due organi si direbbe che tutto il mondo è preda del caos e dell’ingiustizia fuorché
la Spagna. Parlando col cittadino medio, si direbbe che gli emigrati dal
paese in fondo non sono un problenaa
sociale-politico: si tratterebbe al più
di gente scontenta del patrio sa’ario,
avida o incapace di inserirsi. Anche gli
analfabeti, seppure esistono, sarebbero pochi e non « fanno problema ». In
tutto questo non c’è solo una tattica
politica, ma anche l’orgoglio spagnolo e il tentativo illimitato di salvare
le apparenze.
Altro lato interessante è la condotta degli studenti. Alla base stanno le
richieste che abbiamo visto. Ma poi le
strade si dividono. Alcuni capiscono
che il problema dell’università è un
aspetto della situazione generale del
paese, non risolvibile con « un po’ di
buona volontà »: bastasse questo, perché tutta la repressione dall’alto? La
polizia invece interviene alle assemblee studentesche, arresta e bastona
studenti e professori, distrugge aule e
sconcia i manifesti che non esaltano
il governo e lo status quo.
Le battaglie per le strade condotte
dalle organizzazioni slud?n:es he e da
altri militanti, hanno fatto scrivere alla stampa spagnola che in fondo la
ribellione è fomentata dall’es errio,
dalle sinistre che, si dice, non vogliono veramente risolvere i problemi ma
solo creare disordini. Senza dubbio ci
sono invece tanti studenti fuori delle
organizzazioni che vogliono estendere
il conflitto dell’università. L’appoggio
dei medici di una chnica universitaria
e di altri ospedali affermano tale necessità. D’altronde ci sono sempre anche gli studenti della destra che sostengono essere il problema di natura
prettamente accademica e basta. Un
manifesto della AUN (Azione universitaria nazionale) si chiude così: « Fuori i comunisti! L’università agli universitari! » e chiede alle autorità di
espellere gli estremisti (naturalmente
solo della sinistra). Molti universitari
« non schierati » trovano « saggia »
questa proposta: la loro ingenuità mette in evidenza quanto c’è bisogno di
una sensibilizzazione, per non abituarci a trovare normale che la repressione soffochi le « intemperanze ».
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiHiiiiiiüümiiiiiiiiiiiiimiiimuiiiit
Doni pro Eco-Luce
luiiiiMiiiiiiMiiiiiiii lini mill
MERCENARI
DELLO «STATU QUO»
« Le loro personalità sono state
plasmate da relazioni, gusti e valori
stranieri. I loro stipendi e altri P^}'.
legi materiali sono basati su sca e di
dimensioni « internazionali ». Quanto
alle abitudini mentali, essi si trovano
a loro agio nel benessere e nello sti.e
di vita dei paesi ricchi, piu che nel
quadro tradizionale della loro prop la
società ». /
Chi sono costoro? Il passo (estratto
dall’ultimo libro di Tibor Mende.
« Dall’aiuto alla ricolomzzazjone », edit.
du Seuil, Parigi, passo riportato da
«Le Monde» del 29.2.’72) cosi continua: « I loro costumi raffinati, di marca importata, son divenuti incompatibili con i modi di vedere locali. Il loro
disprezzo verso i compatrioti non isiruiti e non occidentalizzati, non la
cede per nulla a quello che avevano i
dirigenti colonizzatori del passato. Il
loro complesso d’inferiorità, acquisito
con lo scimmiottare gli antichi padroni è compensato da una preoccupazione eccessiva di gloriola e di prestigio
sociale. Di qui un’arroganza, una condiscendenza e una rapacità grottesche».
Chi sono dunque? Non è difficile ormai riconoscerli; sono i « nuovi coloni », cioè semplicemente i capi dei nuovi stati o staterelli del terzo mondo, i
governanti dei paesi poveri. « Così separati dalle masse, essi provano un
sentimento d’insicurezza e di paura,
sentimento che si trasforrna in una convinzione: quella che ogni cambiamene
to tendente a compromettere i privu
legi esistenti, sarebbe ugualmente lesivo degl’interessi della cornunità nel
suo insieme. Non avendo, in linea generale, nessuna ideologia, essi curano
esclusivamente il proprio interesse
personale, e sono leali verso quelli che
contribuiscono a soddisfarlo. E per
questa china che si giunge ad essere
nulla più che un "colonizzatore interno” ».
Da Milano: Adriana Tagliabue L. 500; Mar
Rostan 1.500; Fam. Griot 500; Alessandro
Molìnari 1.500; Stellina Fabbri 1.500; Celio
bonghi 500; Gianni Rostan 500; Alina Barzaghi 500; Maleleine Rével 500.
Ermanno Balestrini, Pieve Eman. 500; Elvina Pognani, Mantova 500; Elena Bitter, Catania 500; Elia Libonati, Brindisi 3.000; Remigio Baldoni, Bologna 1.500; Luigi Rosati,
La Spezia 500; Armando Durand, 'Verres 200;
Santina Lena Albano, La Maddalena 500; Ferdinando Marangoni, Ivrea 500; Giovanni Gay,
Pinerolo 500; Ada Gaydou, Luserna S. Giovanni 500; A. E. Pons, Nice 1.124; Miebel©
Cericola, Ancona 1.500; Ralph Ferrara, U.S.A.
2.480; E. e V. Frache, Torre Pellice 600;
Mimy Long, Pinerolo 500; Guglielmo Semadeni, Svizzerai.500; Rosa Castiglione, Agrigento 500; Domenico Romeo, Reggio Calabria
2.500; Emilia Menegon, Reana del Rojale
2.000; Giulia Gullino, Pianezza 300; Giovanni Roncaglione, Pont Canavese 500; Maria
Caflisch, Catania 500; Adriano Canonico, Porosa Argentina 500; Adolfo Barai, Germania
500; Migliotti fam., Luserna S. Giovanni 500.
Grazie!
( continua )
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino^