1
LA BUONA NOVELLA
GIOBNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
^AAA/XOXAAy-v^
Seguendo la rerlti nella carità. — Uns. VI. li.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE < LK ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per Io Stato [franco a destinazione]____ £. 3 00 i In Tosino airufflzio del Giornale, via del Pringin
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 J Tommaso dietro U Tempio Valdese.
Per l'Inghilterra, id................... „ 6 50 j Nelle PaoTiaoiE per mezzo di franco-hoUi po
Per la Germania id................... „ 5 60 ( ttali, che dovranno essere inviati franco al Di
Non si ricevono associazioni per meno di un anno. « rettore della Buona Novm.LA.
AH’eetero, a’ seguenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Eivoli ;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMABIO
11 potere temporale è egli necessario alla religione! — 11 servo fedele (continuai, e Une) —
Religione e nazionalità — Una visita a' nostri cari soldati.
IL POTERE TEMPORALE
È EGLI NECESSARIO ALLA RELIGIONE?
Tale è il titolo di uii articolo che il sig. Edmondo di Pressensé,
redattore in capo della Bevue Chrétienne, pubblicò in data delli 12
p. p. ottobre, nel quale tratta di proposito questo soggetto. Il sano
criterio di questo esimio scrittore e l’ampiezza dei concetti di cui è
adorno il suo elevato ingegno, ma quello che più cale, le sue illuminate convinzioni cristiane lo posero in grado di svolgere questo importantissimo argomento con tale lucidezza d’idee, nerbo di raziocinio
e copia di evangelica dottrina, da non lasciare a coloro che combattono nel campo avverso alcuna speranza di vittoria. Egli li assale
con una logica così stringente ed inesorabile, che è gioco forza soccombino. Egli li circonviene con tale potenza di sentimento religioMi
e cristiana sapienza che, nel mentre desta in noi la piìì alta ammirazione
per un così benemerito campione del Cristianesimo, c’induce a spe-
2
rare che le sue eloquenti parole possino eziandio far breccia nell'animo d’ogni cattolico ben pensante.
Il marchese Roberto d’Azeglio avea anch’egli diffusamente trattata
una tale questione con singolare potenza di argomenti, e noi fummo sommamente edificati dal linguaggio dignitoso e franco con cui
questo sincero cattolico respingeva le assurde ed anticristiane teorie
di Roma. Il nostro encomio non può certamente aggiunger fama al
celebre scrittore cattolico; tuttavia noi rendiamo assai di buon grado
giustizia al merito di un personaggio che onora così altamente la
religione che professa, e facciamo voti ferventissimi perchè uomini
di tal tempra, meglio addentrandosi nelle nozioni del cristianesimo,
possino convincersi non essere il romanesimo che una manifesta antitesi del Vangelo.
Ciò che generalmente rattiene animi siffatti dal ripudio della
Chiesa romana, si è la sua pretesa cattolicità. Cosa veramente singolare ! Possono eglino per aw'entura constatare che il sistema costitutivo della moderna Chiesa romana abbia alcun riscontro col cristianesimo dei tempi apostolici ? No di certo. — Possono eglino
ravvisare che le credenze cristiane dei primitivi secoli armonizzino
col romanesimo ? Non saprebbero dissimularne la discrepanza. —
Dov’è adunque la tanto vantata cattolicità della Chiesa romana?
Singolare antichità di una Chiesa cristiana, che ha contro di sè il
cristianesimo dei primi secoli e l’immutabile parola del suo divino
fondatore!
Il sig. Roberto d’Azeglio ha dunque aggiunto nuovo lustro ad un
nome, cui suo fratello Massimo rese già chiaro in tutta Europa. EgU,
candidissimo cattolico, confutando con cristiano coraggio gli assurdi
insegnamenti romani intorno alla signoria temporale dei papi, ha
reso un segnalato servigio alla religione non meno che alla patria
nostra, ed ogni animo sinceramente amico della verità, della patria
e della religione non può ristarsi da professargliene la più sentita
riconoscenza. — Questi sono certamente i nostri sentimenti.
Ritornando all’articolo del sig. di Pressensé, di cui vorremmo porgere ai lettori della Buona Novella un qualche saggio, rilevandone
almeno le parti più rimarchevoli, siamo costretti di dichiarare che
l’abbondanza dei pregi, di cui è adorno, ci pone in gravissimo imbarazzo nel soddisfare al còmpito propostoci. Ci accingiamo tuttavia
al lavoro, confortati dalla certez;za di far cosa gradita ai nostri cristiani lettori.
Egli esordisce con una elegante esposizione storica del fatto cbe
3
occasionò il grande scalpore di tanti vescovi di Francia, la separazione delle Legazioni dal dominio papale, decretata dall’Assemblea
delle Romagne. Stupisce a buon diritto come per tal cagione l’episcopato contemporaneo mandi un grido di così disperato dolore, quasi
che una provincia disputata al papato metta a ripentaglio la religione,
e sovverta dalle sue basi il cristianesimo. “ E che! esclama egli, se
“ il territorio conquistato da Cesare Borgia e riconquistato dappoi
“ da Giulio II a colpi di cannone sfuggisse per avventura alla domi“ nazione papale, i principali interessi della religione sarebbero per
“ ciò compromessi! Noi confessiamo di non avere un’idea così ri“ stretta del cristianesimo, e le inquietezze, che intorno a tale emer“ genza si manifestano, ci sembrano molto più compromettenti di
“ quanto awiene in Italia. ” — Ottimo asserto.
Ed in vero „ se il cristianesimo corre alcun rischio, lo si rav\dserà
forse nell’emancipazione di alcune migliaja di Romagnuoli, stanchi
del giogo pretesco? Non farebbe forse d’uopo di riconoscerlo piuttosto
in quel grido d’allarme e di straziante sconforto che mandano i vescovi
cattolici, e col quale sembrano confessare troppo solennemente ciò
che gli scettici affermano della sua caducità? Bisogna pure che Io
spirituale sia bene infermo, diranno molti, se desso non può sorreggersi che sulle gruccie del temporale !
Il sig. di Pressensé, con quella nobile imparzialità che lo distingue, rende anch’egli omaggio ai molti cattolici sinceri, che mal comportano di vedere le meschine gare del secolo mescolarsi coi sublimi
interessi della religione, e ciò per parte di coloro che dovrebbero con
cristiana sapienza tutelarli da ogni mondana profanazione. “ Molti
“ spiriti generosi, dice egli, che rimangono docili airinsegnamento
“ della Chiesa cattolica, gemono per l’infelice situazione creata al
“ suo capo dalla sovranità temporale. Eglino bramano ardentemente
“ che la religione, la quale viene a buon diritto considerata come
“ la più elevata potenza morale, abbia il coraggio della sua opi“ nione, o, per meglio dire, prenda un posto che le si confaccia. ”
Passa quindi in rassegna le pastorali dei vescovi francesi, rimarchevoli per la virulenza con cui eSsi prorompono contro i popoli
delle Romagne, il nostro Augusto Sovrano e tutto il liberalismo italiano. E poiché in esse eglino esortano i loro diocesani ad innalzare
ferventi preghiere al Signore, acciò voglia conservare al papa la sua
malaugurata dominazione temporale, egli eloquentemente esclama;
“ Non è permesso di far servire la preghiera ad altra cosa che a do“ mandare la grazia divina; essa è invocata a benedire e non a male-
4
“ dire; questa leva potente e destinata ad agir sul cielo, e non a
“ sconvolgere la terra. Nella preghiera modello che ci fu lasciata
“ dal Cristo, non havvi luogo per le stravaganti orazioni che oggi
“ si raccomandano, e la domanda della conservazione del territorio
“ papale farebbe un singolare effetto in seguito alla domanda: Che
“ il tuo regno venga, e che la tua volontà sia fatta in terra siccome
“ in cielo. ’’
Ecco poi come il facondo e liberale articolista sa patrocinare la
causa dei Romagnuoli: “ In quanto a me, io non esito di dirlo, se
“ mai ìT fu rivoluzione legittima, si è ben quella delle Romagne;
“ poiché queste sventurate provincie erano in preda ad un male
“ senza rimedio e senza speranza; elleno sapevano che ogni pro“ messa di riforma sarebbe stata vana, e che esse sarebbero state
“ eternamente tenute schiave sotto la dipendenza di un governo
“ senile, fiacco e violento ad un tempo, coll’Austria per bargello.
“ E vorrebbesi che noi ci commovessimo di sdegno al pensiero che
‘ questi sventurati Romagnuoli colsero la prima occasione per rom“ pere il loro giogo abborrito? Oh l’abbominevole delitto! Essi
“ hanno fatto quello che tutti gli uomini generosi avrebbero fatto
“ in Francia, e non havvi tradizione ecclesiastica che ci impedisca
“ di approvarli, se pure i nomi di patria e d’indipendenza non hanno
“ perduto ogni loro significazione. Se si consulta non già quella
“ coscienza artificiale, che si fabbrica a Roma, secondo l’espressione
“ del sig. Massimo d’Azeglio, ma l’umana coscienza abbandonata
“ a sè stessa, la sua testimonianza spontanea parlerà più altamente
“ d’ogni sofisma.
Dove però il sig. di Pressensé supera la nostra aspettazione, si è
nel confutare l’asserto che i! potere temporale dei papi sia necessario
al bene della religione. Le pagine ch’egli consacrava a questo soggetto
trascinano il lettore, e lo appagano siffatamente, ch’egli non saprebbe
desiderare maggior potenza di argomenti. Egli taglia di netto il nodo
gordiano della questione, ed il colpo che vibra è sicuro, poiché sua
spada è l’infallibile parola del divino legislatore del cristianesimo;
la qual parola egli adduce, eon quella maestrìa che gli è propria,
a stabilire come il Cristo abbia eliminato dall’ economia della
sua Chiesa la teocrazia Mosaica, per l’affrancamento apportato al
mondo.
Dopo di aver poi deplorato il perniciosissimo errore di rendere il
cristianesimo solidario di una causa politica, e, diciamolo pure, di
una cattiva causa politica, quale si è quella di Roma, chiude il suo
5
articolo con queste memorabili parole che avranno un’eco felice dall’uno all’altro estremo di nostra Italia: “ Quaut’è a me, in non esito
“ a dichiarare che se fosse vero che il cristianesimo non potesse far
“ senza dell’appoggio materiale, che gli si vuol rivendicare, e che
“ per mancanza di una sovranità temporale fosse esposto a mortali
“ perigli, allora crederei io pure in ciò che lo sostiene e non in lui;
“ crederei io pure alla forza ed alla materia, che sarebbero le fon
“ damenta dell’edifizio. Se fosse vero che per esser cristiano si do“ vesse amare l’oppressione e maledire l’indipendenza, sposar la
“ causa del despotismo civile e religioso, ed imprecare a tutte le
“ libertà, vale a dire a tutto ciò, per cui uel mondo politico torna
“ a conto di vivere, di soffrire e di morire, io non sarei punto cri
“ stiano, perchè sarei costretto a conchiudere che l’ideale di mia
“ coscienza sarebbe le cento volte superiore a tali credenze. — Ma
“ io sono cristiano, e credo fermamente nel Cristo e nel suo Van
“ gelo, perchè io ho la convinzione ch’Egli apportò al mondo tutto
“ ciò che è buono, elevato e generoso. Io credo in Lui, perchè io
“ credo che tutte le libertà derivino dalla grande libertà morale che
“ Egli comprò col suo sangue sulla croce!
IL SERVO FEDELE
(CoDtlnuazioue e fine)
Fin dal principio della sua malattìa, Luigi avea pregato Iddio di conservargli la conoscenza, onde potere glorificarlo sino all’ultimo suo respiro. La
di lui preghiera fu esaudita alla lettera.
Nemmeno un’ora prima della morte, egli diceva a quelli che l’attorniavano
e che l'ascoltavano in religioso silenzio : — (( Si, per quanto io sia peccatore,
sento che tutte lo mie colpe sono lavate nel sangue dell’Agnello. » — La
di lui comunione col suo Dio era così intima e costante, che anche nei
sogni stava col Signore.
Un povero facchino, che per affetto e riconoscenza, durante tutta la state
dopo il duro suo lavoro del giorno, andava a coricarsi vicino a Luigi onde
assisterlo, raccontò ch’era spesso còlto da stupore nell’udire il malato cantare degli inni durante il sonno. Quand’egli non dormiva, si faceva leggere
un capitolo della Bibbia, e dalla vicina stanza sua moglie l’udiva parlare
come se avesse conversato con alcuno. Era col suo Redentore che s'intrat-
6
teneva, chiedendogli che s’awicinasse di più a lui, che non l’abbandonasse
mai, e suplicándolo che non volesse giudicarlo secondo l’enormezza delle di
lui iniquità, ma di lavarle tutte nel prezioso suo sangue.
« Ah 1 diss’egli un giorno, prima di questa malattia io credeva di amare
Gesù Cristo ; ma quanto più l’amo dacché giacio su questo letto di patimenti,
dov’egli si compiace di santificarmi di più in più ! »
La vigilia della di lui morto, chiese che gli fossero condotti i proprii
figliuoli; allora, ponendo le mani successivamente sulle loro testoline, pregò
il Signore di benedirli; poi raccomandò loro, colla più gran calma, di fare
ogni sforzo per essere saggi ed obbedienti, di non far mai del male ad alcuna creatura vivente, e sopratutto d’amare il Signore Gesù; per due volte
ripetè quest’ultima raccomandazione.
In seguito, pregò sua moglie di non piangere, imperciocché sarebbero ben
presto riuniti; e vedendo le di lui padrone, lor disse allegramente: « Quanto
sarei contento di sloggiare. »
Dopo ciò, Luigi non parlò più e s'addormentò nel Signore a due ore del
mattino. Il sig. B......ed il povero facchino stavano con lui nel momento
supremo.
L’indomani a sette ore del mattino, il giorno stesso della consecrazione
del tempio evangelico a Genova, ove si trovava infermo, ed ove poi morì,
gli furono resi gli ultimi doveri di religione; tuttavia, durante alcuni giorni,
egli riprese un po’ di forze, e ne approfittò onde percorrere con malsicuro
piede tutte le camere della casa, per assicurarsi che tutto fosse stato posto
in ordine. H sig. B..., evangelista, che lo visitava giornalmente ad onta dell’eccesivo caldo, lo trovò una volta occupato a seminare qualche cosa in una
cassetta, afiinchè le sue care padrone, diceva egli, potessero avere dei fiori
in primavera (1).
Quand’ebbe finito, rivolse alla moglie queste parole; « se Iddio prende
cura di darci quaggiù delle piante e de’ fiori che sieno aggradevoli a noi
poveri peccatori, che non ci donerà egli divenuti santi nel cielo? » —Beato
Luigi ! Ei le conosce ora, quelle gioje ineffabili riserbate ai giusti arrivati
alla perfezione !
Udendo ohe le padrone stavano per giungere, egli fece trasportare il suo
letto in una lontana cameretta, onde non turbarle colla sua tosse incessante.
Vedendole, egli ne fu assai commosso e pianse lungamente ; furono le ultime
lagrime.
Ad onta del suo amore per Gesù Cristo — amor tale che spesso la di lui
fede muta vasi in visione; — ad onta della certezza che avea d’essere ricevuto in grazia. Luigi non desiderava morire.
(1) Gran pregio fu attribuito a quest’ultimo lavoro d’affezione del povero Luigi,
e que’ fiori lo ricorderanno sempre a quelle cui erano destinati.
7
Egli diceva spesso : « Io preferirei ristabilirmi, se cosi fosse la volontii di
Dio; ma la tua volontà sia fatta, o mio caro Salvatore ! b
Questo desiderio di vivere potea derivare dalla stessa natura della di lui
malattia, come altresì dal vivo di lui affetto pei figliuoletti e per l’eccellente
moglie. In tutti i casi, qualunque fosse il suo voto personale, egli lo depositava ai piedi dol Salvatore. Nessuna mormorazione sfuggì mai da' suoi
labbri, e cotesta pazienza era tanto più rimarchevole in quanto che si appalesava in un uomo ch’era nel vigore deH’età, non avea avuto mai per lo innanzi un giorno solo di malattia e trovavasi d’un colpo in preda a sofi'erenze
inesprimibili.
Era in vero la sola grazia di Dio che poteva renderlo atto a perdurare
in tanta mansuetudine e con tanta sottomissione in quella prova crudele.
Alcune volte, durante gli ultimi giorni di vita, esclamava: « Quanto io soffro ! »
Ma subito aggiungeva, per tema che non si prendesse cotesta espressione
per un mormorare: « Oh ! quanto più ha sofferto Gesù Cristo per me, miserabile peccatore ! » Altra volta ancora diceva: « 0 mio Salvatore, vieni,
vieni tosto in mìo ajuto ! sollevami da questo letto di sofferenze; pure, o
mio Gesù! non già la mia volontà, ma la tua......solamente; aumenta la
mia fede......»
Circa settanta persone, appartenenti sia alla Chiesa valdese, sia alla
Chiesa italiana, accompagnarono la spoglia mortale al campo di riposo.
Durante gli ultimi giorni della di lui vita, molte di quelle persone passavano la notte accanto a lui. « Noi amiamo assai Luigi e troviamo al suo
letto di morte tanto incoraggiamento e tanta edificazione! qual fede la sua! »
dicevano esse, insistendo perchè fossero accettati i lor servigj.
Il signor G......fece il servizio funebre. Conosceva Luigi, in guisa che,
nel discorso d’uso che viene pronunciato sulla tomba, meglio d’altri potè
parlare della di lui fede profonda e viva, della fedeltà e dirittura e secreta
carità sua, non chè dell’attaccamento alla Bibbia e, più di tutto, del suo
amore per Gesù, fonte d’onde sgorgavano tutte coteste qualità preziose.
Allorquando infine cercò di descrivere la felicità che Luigi or gode, essendo
già entrato nella gioja del suo Signore, tutti piansero e fecero lamenti come
se ognuno avesse perduto il proprio migliore amico.
Ma perchè queste lagrime ? perchè questa tristezza? Le lagrime che gli
amici di Luigi versano su lui, non dovrebbero esser lagrime di gioja ? e ripieni di santa riconoscenza non dovrebbero esclamare : « Gloria sia resa
a Dio, perchè U nostro fratello è vestito della giustizia di Cristo, che è stato
fatto per lui dalla parte di Dio sapienza, giustizia, santificazione e redenzione ?
8
RELIGIONE E NAZIONALITÀ’
Firenze 21 Ottobre 1859.
Carissimo signor Direttore.
— Da altro corrispondente riceveste poco fa un’ottimo articolo riguardo
alla portata morale ed influenza religiosa dell’ultima guerra. Mi sia concesso
l'offrire a’ vostri lettori qualche altra riflessione sul medesimo argomento.
— Ed in primo dicasi che il significato degli ultimi eventi varia per
ciascuno a seconda delle idee più o meno larghe ed elevate cui vengono
connessi e dello scopo più o meno sublime che vien loro prefisso. — Talché
l’impressione prodotta dalla guerra e... dalla pace, dev’esser tanto più profonda quanto più alto è il principio e più importante il fine, cui riferisconsi
tai fatti nella mente di ognuno. Onde risulta che gli animi, pei quali questa
guerra, sebbene esternamente dagli uomini diretta a mero fine politico, assumeva, in virtù delle leggi provvidenziali dello spirito umano, della storia
e della civiltà, un carattere di gran lunga superiore, il carattere cioè di un'
altissima importanza morale e religiosa, quegli animi, dico, più degli altri
devono essere stati commossi, perchè fra tutti i principj inerenti alla vita e
necessarj alla felicità di un popolo come di un individuo, primeggia il principio morale in un coll’idea religiosa, basi ad un tempo e colmo della storia
deU'umanità.—A dir vero io era di quelli, e per me questa guerra, sebben
trovasse origine in politiche vertenze, rivestiva tale un aspetto elevato, e tale
un radicale scioglimento del problema conteneva, che riusciva impossibile non
implicarvi quel che di natura e per la posizione speciale dell'Italia all'idea
politica si collega, vale a dire l’idea religiosa.
Tale concorso di vedute, e tale solidarietà neUe questioni non fummo
poi soli a sentire nè ad accennare: quasi tutti in un modo od in un altro lo
capirono e molti lo dissero. Basta poi aver osservata l’attitudine delle Chiese,
e specialmente quella del clero cattolico per convincersi che la questione
italiana, sotto qualsiasi aspetto si consideri, fu poi sempre e tuttora è
questione religiosa.
— E come può esser altrimenti in un mondo morale e colla natura umana
in tal modo creata, che tutte le sue sorti, le contingenze tutte della sua vita,
le sue qualità ed i rami tutti del suo agire in politica, come nella scienza e
nelle arti, dipendono dalla sua vita religiosa, e dalla posizione dell’uomo in
faccia a Dio, sorgente d’ogni bene?
9
— E come sarà altrimenti, in vin paese classico qual’è l’Italia, e con un
popolo ad un tempo filosofo e pratico qual è il nostro, e quindi capace di
risalire ai sommi principj del vero o del falso e d’abbracciame col centro
gl’infiniti contorni, capace inoltre di discendere alle ultime conseguenze
pratiche dei medesimi principj, di scorgerle tutte e di attuarle...?
— Come altrimenti infine, in una Chiesa come la cattolica, e con un
sistema che, alterando i santi rapporti della religione colla vita umana, creò
l'orribile confusione del temporale e dello spirituale, e per questa nuoce anziché giovare ed alla Chiesa ed allo Stato, e cerca apertamente di rovinare
e Stato e Chiesa, facendo accanita guerra alla riforma politica e religiosa
che suo malgrado sta operandosi?
— Come in siffatte condizioni non attribuir la somma importanza all’influenza dell’idea religiosa nelle sorti d’Italia—? Vero è che la relazione
in cui terransi quei due pensieri, il religioso ed il patrio, e la reciproca loro
influenza non è per tutti la medesima, perchè dipende dal singolo sistema
di ognuno, e perchè ognuno la combina a modo suo. Dagli uni tale relazione
ed influenza sarà capita, perchè diretta a bene, dagli altri sarà falsata, perchè
condotta a male; taluni poi scorgendola la disprezzeranno e, sdegnati a cagione degli abusi del sistema di confusione che regna in Italia, vorranno
separare affatto gl’interessi patrii dalla religione ed anche schiacciar questa
a prò di quelli. Ma nessuno niega l’intima relazione che vive tra l’idea
nazionale e l’idea religiosa!...
— Vediamo adunque, dopo d’aver accennati e respinti gli errori, qual'è
il vero legame tra la vita religiosa e la vita politica e sociale di una nazione,
e quale il significato morale dell’ultima guerra.
— Sul principio dell’anno, quando già preparavasi la tempesta ed anziosamente se n’aspettava lo scoppio, in mezzo aU’infinito numero d’idee e di
notizie che giornalmente urtavansi nei giornali dell'Italia, appariva di tanto
in tanto, or qua or là Videa religiosa, non già per essere studiata, bensì per
venir tostamente e con bel garbo sfrattata.
« Non si parli di religione, dicevano i nostri liberali, e non si tocchi la
« questione romana. — Facciamo della politica e non della teologia; asse« stiamo prima di tutto le cose nazionali, e dopo si prowederà all’interno. »
Fin qui bene ; ma aggiungevano tosto ; « Che ci ha da fare d’altronde la reli« gione? Che necessità di pensarci? A che prò parlarne? Meglio è di seppel■« lirla per sempre nell’obblìo! s> Ed è con questo disprezzo pella questione
di maggiore importanza che credono liberare e salvar l’Italia! Come, non
è forse lo stato religioso della Penisola causa primiera di tutte le sue sciagure? e la perdita della verità religiosa e giustizia morale non è forse madre
alla perdita della nazionalità? Non è forse più vero quel detto dell’antica
sapienza:— « La giustizia innalza le nazioni, ma il peccato è il vituperio
dei popoli? » E se il papato ha. rovinata la religione in Italia, non è questo
10
possente motivo per ¡spingere gli animi a ricercare il rimedio, e ad agognare una riforma? Confesso clie ci vuol prudenza ; ma la prudenza non
insegna il disprezzo dei fatti e dei problemi che s’impongono, nè permette il codardo silenzio a chi potrebbe, parlando, agevolarne la soluzione.
Ma tale disprezzo, provocato dagli eccessi del cattolicismo stesso, ha per
oggetto la religione in sè. H romanesimo ha fatto odiare il cristianesimo, il
prete ha fatto disamare Iddio, laonde, confondendoli, gli amici della libertà
accusano il Vangelo e Gesù, d’essere autori del nostro male, — e così alla
deplorabile ignoranza dei fatti aggiungesi la negligenza del vero rimedio da
opporsi a quel male medesimo.
— Mentre il partito liberale predicava l’indifferenza religiosa, il partito
clericale d’Italia e d’oltremonti s’adoprava a produrre l’effetto contrario, ed
evocando per mezzo della stampa capitanata dalla Civiltà Cattolica e dell’ Univers, e per mezzo dei suoi rappresentanti presso i governi le passioni religiose e l’ire fanatiche del medio evo, rappresentava, la religione correr
grave pericolo per questa guerra, Findipendenza della Chiesa esser minacciata, la verità di Dio bestemmiata, e con questi mezzi difendeva a tutta
possa i proprj interessi. — Accorgendosi che ormai era impossibile di fermare il corso dei tempi e di allontanare una guerra funesta per lui, quel
partito cercò di influenzarla a suo prò per convertirla, se fosse stato possibile,
a difesa della santa Chiesa; e il sig. De la Tour osava chiedere in piena
Camera, nell’assemblea dei Rappreserdanti a Parigi, che questa guerra fosse
diretta a vantaggio e sostegno del cattolicismo, e che conseguentemente, a
depressione dei principj opposti, si proponessero i sovrani cattolici di ristaurare l’autorità minacciata del S. Padre, e fosse insomma la prossima campagna una crociata cattolica.
— Ed è eon questi mezzi che sperano di salvar la religione appoggiandola al braccio ed all’armi della carne? E non vedono che appunto da quel
dubitar deU’ajuto di Dio e da quel confidarsi nell’umana forza procede la
debolezza e la corruzione della Chiesa? E non vogliono capire che da quella
confusione del temporale e dello spirituale emergono i mali tutti che aifliggono la società? Non si vuol dunque in verun modo credere nè attuare la
parola di Gesù: «Il mio Regno non è di questo mondo? » E se l’incredulità è grande, se la corruttela è profonda, non è questo supremo argomento
per portarci a cercar il vero rimedio nel Vangelo di verità e d’amore, anziché invocar il ferro ed il fuoco, e ripristinare l’epoca più che infausta delle
guerre di religione?
Ecco i due eccessi! I primi, gl’increduli, separando affatto la religione
dalla nazionalità, sagrificano quella a profitto di questa, credendole contrarie, ed in tal modo sono rimpetto alla religione separantisti o distruttori.
Gli altri a rovescio, confondendo i due elementi e i due poteri, non ripugnerebbero di scannare un popolo sugli altari, se queU'olocausto credesfsero
11
necesaario alla loro religione o meglio ai loro interessi; questi sono i conservatori 0 confusionisti.
— Or chiaro si vede che nè gli uni nè gli altri non toccano la verità;
non accennando ai veri rapporti dei due regni, il celeste ed il terrestre, e
non conoscendo però il vero legame da stabilirsi tra la vita religiosa e la
vita secolaresca di una nazione. Dei retrogradi non c’è da farsi maraviglia,
ma dei liberali sì, perchè più istruiti e disinteressati. Come avviene egli mai
che non abbiano saputo trovare ancora il nesso delle verità religiose e sociali?
Come errano pur sempre in cose tanto semplici? Come possono essere tanto
leggieri da lasciarsi invariabilmente ballottare dalla superstizione all’ incredulità, dal confusionismo al radicalismo, ovvero ancora dalla Papo-Cesarìa
alla Cesaro-Papìa, come lo faceva ultimamente lo spirituale, ma superficiale
signor About, proponendo nientemeno che il Papato imperiale sul trono di
Francia? — A questo proposito torna in acconcio trascrivere qui la nota
deU’intelligente traduttore toscano della « Question llomaine » colla quale
ei chiudeva la sua versione ; « Lo stato non deve essere nè capo nè awer« sario della religione; bensì protettore nei confini del diritto comune,
« delle sue libere manifestazioni secondo la legge. È questa l’unica via di
« conciliare, in così delicata materia, colle condizioni dell’ordine pubblico,
« le esigenze ineluttabili della coscienza: rendere a Cesare quel che è di
« Cesare, a Dio quel che è di Dio. » — Volere abolire la religione in
nome della nazionalità o la nazionalità in nome della religione, non è sciogliere la difficoltà, bensì accrescere l’imbroglio ed aprire il campo a nuovi
eccessi ; imperochè nazionalità e religione sono indestruttibili bisogni del
cuore umano, quella rispetto alla patria di quaggiù, questa riguardo aU’eterna vita del cielo, e perchè tali bisogni vogliono essere ad un tempo, ciascuno nel proprii limiti, pienamente soddisfatti, sotto pena di troncar l’uomo
0 di schiacciar la coscienza.
— Or non mai impunemente troncasi l’uomo, perchè negandogli un elemento della sua natura o alimento della sua vita gli se li negan tutti, e
gli si procura vanità o confusione. Infatti, chi gli niega la religione a prò
della nazionaUtà, rovescia la base di questa, la quale appoggia sul fondamento della morale di Cristo, e riceve la sua forza dall’influenza del Vangelo sulla società; Chi invece tenta di soffocar la nazionalità per mezzo
della religione, facendo di questa vile istromento alle terreni passioni e materializzandola, perde per sè e per gli altri tutti i suoi numerosi benefizj.—
In una parola, il confondere o il distaccare due cose che vogliono essere
unite senza mescolanza e distinte senza rottura, è un condannarsi all’ignoranza ed alla privazione d’amendue. — Nè impunemente calpestasi la
coscienza, base ad un tempo dell’umana natura e sanzione in noi della
legge divina, imperochè disprezzandola si disprezza e Dio e l’uomo, ripudiasi quindi la vita umana e la vita divina, bestemmiasi cielo e terra, e
12
toglieai a sè stesso facoltà e diritto di parlar dell’uomo e di Dio, della terra
e del cielo. L’uccidere la coscienza è uccider tutto, è negarla vita—la vita
morale, e questo non si fa senza che crollino le fondamenta della società
religiosa come quelle della società politica.
Il vero rapporto da stabilirsi fra i due regni si è adunque, non già un
rapporto di relativo divorzio nè dipendenza, bensì di relativa indipendenza
ed amicizia, e diremo ; nè l’un nè l’altro non deve essere nè capo nè avversario, ma devon, camminando allato, vicendevolmente beneficarsi, e lo faranno, se vicendevolmente si rispettano in libertà.
Onde risulta che il vero legame da stabilirsi tra la vita politica e la vita
religiosa di un popolo, è legame di reciproco rispetto ed amore, non già di
dominazione nè di schia\dtù; che la nazionalità non deve abolir la religione,
e noi può; che la religione non dee contendere la nazionalità, e noi puote,
ma che reciprocamenre deono provocarsi a buoni ufiicii ed ispingersi alla
perfezione, la nazionalità ajutando la religione col renderla affatto libera,
e la religione giovando alla nazionalità coU’appoggiarla ai sensi più serii e
santi della fede, deUa giustizia e della carità. In tal guisa non solo si rende
a Cesare quel ch’è di Cesare e a Dio quel ch’è di Dio, ma in quella savia
distinzione ogni regno trovando libero il suo campo, a suo grado si sviluppa,
e quel che più torna, la reciproca loro influenza non è d’incaglio alle rispettive loro missioni, anzi benefica e salutifera ne accresce le forze e ne accelera i progressi. Per cui consideriamo la separazione dei due poteri non
già solo nella persona del papa, ma eziandio nella mente del popolo, quasi
la chiave del problema d'Italia.
— Ed ora, dietro tali considerazioni — qual fu, qual è la portata religiosa dell’ultima guerra ? Per certo non fu quella che gli ultra-liberali, nè
gli ultra-cattolici vollero attribuirle.— Questa non fu guerra reKgiosa in
verun senso, nè per abbattere nè per difendere la Chiesa romana, non fu
ne distruttiva, nè ad ogni costo conservatrice, non fu crociata nè religiosa
nè anti-religiosa, imperochè lo scopo suo non era tale, ma politico. Nondimeno ella ebbe, ha ed avrà la sua religiosa influenza. E quale ? Quella di
allontanar gli spiriti dagli eccessi della confusione e della distruzione; quella
di convincerli della legittimità dei bisogni sì patrii che religiosi, nonché
dell’assoluta necessità di pienamente soddisfarli; quella insomma di disporre
i governi ad essere alieni da ogni ingerenza del clericale nel civile, e del
civile nell’ecclesiastico, ed i popoli a conquistarsi da sè medesimi, sì nel
poUtico come nel religioso, una convinzione energica dei loro diritti, una
fede individuale nella verità, ed un sentimento profondo dei loro santi doveri verso la patria e verso Dio. Ella ebbe di più la sua influenza morale ;
risvegliò i sensi nobili della nazione ed innalzò gli animi alle alte e generose idee. In ispecial modo fu di grande ammaestramento al cuore, ispirandogli moderazione e giustizia, ordine e libertà, e valse per la prima volta
13
all'Italia l'ammirazione e l’encomio di tutti. Si, questa guerra ha svelate le
piaghe ed insieme additato il rimedio. La sua portata politica è immensa, e
sta tutta in questa parola che ormai ha un senso pell’Italia; Nazionalità!
Ma il suo significato religioso non è meno serio. Ha segnalato il male : la
confusione dei due regni ; ha proclamato il rimedio ; la Riforma o la separazione dei due poteri; ed anche ha lasciato travedere le sue ultime benché
lontane conseguenze; La Libertà della Chiesa. — Il primo passo è fatto.
La campagna del 59 lo segnò e, sebben molto rimanga ancora da fare, quest’epoca sarà distinta nella storia religiosa d’Italia e del mondo.
0. C.
UNA VISITA AI NOSTRI CARI SOLDATI
Caro amico
Eccomi da due giorni a Brescia, raccogliendo con vivo interessamento le
vecchie e nuove rimembranze che si connettono a questa pittoresca città.
Non è senza un sentimento di simpatia ed anche d’affezione che si entra in
essa; qui vi sono degli Italiani che hanno ben meritato della patria; a due
passi dal confine occupato dall’Austria sentesi d’essere in un centro veramente patriotico, italiano; e se il tipo del volto, le costruzioni classiche, i
quadri e le sculture non ve lo dicessero abbastanza, la traccia ancora dovunque visibile di ciò che accadde lo fa conoscere all’osservatore per poco
attento che sia; non sono tre mesi che questa città, di mezzana estensione,
offriva alle armate alleate, ed anche ai nemici laceri ed insanguinati, dopo la
terribile giornata di Solferino e di san Martino, 15,000 letti e 39 ospedali,
la più parte improvvisati. Jeri abbiamo percorso i luoghi tuttora quasi fumanti della battaglia. Da Desenzano vi si giunge in un’ora e mezza di vettura; — la prima traccia che ci venne indicata dei casi recenti è stato un
cantuccio di terra smossa; una donna che seguiva a piè nudi la vettura,
mentre noi salivamo verso la Madonna delle Scoperte, ci disse ; « qui stava
« sepolto un piemontese, e là voi scorgete ancora la copertura del suo chepi;
« sovra una grossa croce era scritto il suo nome, allorché, due giorni fa,
( un’altro piemontese venne a cacciare in questi dintorni, lesse e riconobbe
« in quello il nome d'un suo intimo amico; ha chiesto quindi il permesso di
« dissotterarlo e di dargli onorevole sepoltura nel cimitero di Lonato. »
Vicino a San Martino i tumuli abbondano; qui c'é un piccolo campo di
morte della brigata Savoja. là giace un luogotenente delle guardie; in altri
14
aiti vi sono grandi fosse bianche, piene di calce; è là che la polvere è tornata
polvere, sperdendo in pochi giorni persino la traccia di coloro ch’essa ricopriva. Bisogna esser sul luogo per farsi un’idea dell’immensità della zuffa,
dello straordinario vantaggio che la posizione dava al nemico; dei sacrificii
e degli eroici sforzi che ha costato la vittoria; e quando si vedono accorrere
gli abitanti del luogo per narrarci la storia di quelle memorabili giornate, e
portarvi delle acquile austriache, delle sciabole, delle palle, della mitraglia,
che trovarono nei lor campi, si può credere appena che una sola stagione ci
separi da quei di che appartengono già del tutto al passato.
Non era, grazie a Dio, come semplici torristi che visitavamo i detti luoghi,
ma allo scopo di fortificare ed incoraggiare nella fede i nostri fratelli dell’armata, acquartierati nei siti nuovamente conquistati; noi conoscevamo
personalmente buon numero di essi; i miei compagni di viaggio aveano
eziandio annunziato loro la prossima nostra venuta, ed eravamo da qualche
tempo attesi con impazienza. Partiti dalle vicinanze di Alessandria al principio della campagna, nessuno li avea più visitati dopo che il nostro fratello
G-......li riuniva a N;...... quasi tutti d’allora in poi avevano corsi grandi
pericoli vedendo la morte minacciarli d’ogni parte, falciare ai lor fianchi
amici e nemici in masse serrate ; « eglino aveano tenuta l’anima loro fra le
lor mani » come dice il salmista, e contemplato in faccia e da vicino il passaggio da questo mondo all’etermtà, laonde potete ben credere quanto fossero lieti di celebrare di nuovo in comune la Cena del Signore, ed in particolare altresì di essere visitati ed incoraggiati, animati per l’affezione di
un’amica che li avea seguiti con sollecitudine quasi materna. Benché il numero loro fosse ristretto, noi vedemmo che tutti coloro che poterono in qualche modo raggiungerci, si trovarono al posto; un’antica nostra conoscenza
giungeva persino da Milano, onde partecipare al nostro culto. Diciamo, a
gloria di Dio, e non per lodare gli uomini, che lo stato in cui trovammo
que’ cari amici era tale da rallegrarci profondamente. Non contenti di riunirsi la domenica in un locale preso a fitto per tal fine, eglino s’incoraggiano
8 si edificano a vicenda per la lettura della Bibbia e di buoni libri durante
alcune serate della settimana; l’esempio del piccolo gruppo di F......ha già
eccitato a gelosia i nostri fratelli di A......tanto che essi pure pagano una
camera e si raccolgono per celebrare il lor culto, mentre in addietro, contro
le leggi, e sotto pretesto che non aveano pastore, erano obbligati a recarsi
alla messa; speriamo che in altri siti ancora i nostri fratelli dell’armata faranno altrettanto: a Milano potranno facilmente raccogliersi presso il nostro
fratello Schwatt, elemosiniere deU’armata francese, col quale ebbimo un’interessante conversazione; a Bergamo il fratello Kitt, pastore della congregazione evangelica, ha prestato loro delle cure affettuose ed assidue; ma buon
numero rimane isolato, minacciato d’indebolirsi ed illanguidire compietamente, come accadde ad un povero francese dell’ospedale di A......, che
15
diceva al nostro compagno di viaggio: « durante il mio lungo servizio mili« tare in Africa avea quasi completamente obbliato i fatti della religione, c
« perfino la sua assistenza; ora per le cure del pastore che m’ha visitato,
« dacché sono all’ospedale, lo antiche rimembranze, e le verità del Vangelo
« mi ritornano, » in guisa che per lui, come per molti altri la campagna del
1859 è diventata un’epoca di benedizione. Un dei nostri fratelli delle Valli,
rimasto pressoché solo fra i suoi correligionari in una piccola guarnigione dei
contorni di Milano, diceva alla sig. N....... andata a vederlo nella sua solitudine, che nessuno gli avea fatto parola di religione in tutta la campagna,
e che la visita che riceveva lo rallegrava e lo sorprendeva ad un tempo a
tal segno, che non trovava espressioni per dire ciò che sentiva. Egli le soggiungeva solo che la cosa per lui più afiligente si era quella di pensare che
il proprio padre era morto senza poterlo rivedere.
Ed ora, caro amico, che vi dirò io dell’impressione personale prodotta
nell’anima all’aspetto delle belle città e campagne lombarde, giunte d’un
colpo a ciò che si chiama la libertà ? Cotesta impressione è assai confusa,
e provo della pena a rendermene conto; presso alcuni essa si appalesa per
una disposizione a tutto criticare, presso gli ufiiciali per l’aspettativa di
prossima campagna, presso i preti per un vago timore, presso tutti infine
per ciò che L’ Uomo di Pietra di Milano rappresentava scherzosamente
in una delle sue caricature, dove tutti, diplomatici, indigenti, democratici,
codini, nemici ed amici guardano il cielo, — e sperano. Che sperate voi e
che dobbiamo sperar noi ? — Ecco in che si riassume l'impressione che si
riceve alla vista di tutte queste popolazioni che hanno conquistato la libertà,
0 per meglio dire, che sono state conquistate alla libertà. Che é dunque la
libertà ? È una possibilità di molto fare, una speranza d’avrenire, un vuoto
a colmare, un moto impresso allo spirito, alle forze individuali e sociali; —
ma ogni moto s’arresta, se non v’ha una forza motrice interiore; ogni vuoto si
riempie alla fine di sé stesso per la semplice forza d’inerzia; ogni semplice
possibilità che non si effettua, genera la noja, perchè l’uomo ha bisogno del
reale ; — a che dunque finirà l'universale speranza? Grave questione cotesta,
dolorosa, inquietante pel cristiano che non vede nuove porte aprirsi alla verità, che sola colma il vuoto di realtà snfSciente, spirituale, eterna; questione
da cui dipende la felicità dell’Italia, ed alla quale ogni cristiano che ama la
propria patria deve ardentemente desiderare una soddisfacente risposta.
All’amii adunque, o cristiano ! Armi di guerra non carnali. All’armi !
giacché la guerra che devi sostenere contro il peccato e l’errore non ammette armistizii nè paci provvisorie. Imbrandisci la spada, la spada della
parola e combatti; prendi del lievito, la pasta inerte ha d'uopo di levare; prendi del sale, altrimenti il corpo cadrà in putredine ; prendi dell’olio, per ungere le piaghe dei tuoi fratelli ; prendi del fuoco, onde
riscaldare i cuori agghiacciati. Quale appello più pressante potresti tu aspet-
16
tare, per eccitarti alla preghiera, all’ attività e zelo, di queste moltitudini
che sperano, aspettano e si domandano: « Che cosa deve arrivare? » Sappiamo almeno rispondere ad alcuno : « Ciò che deve arrivare, o fratello, se
tu lo vuoi, è Colui ch’è venuto già a fasciare tutte le piaghe, a guarire tutte
le infermità, a versare dell’acqua viva a tutti coloro che hanno arsura ! —
Spera in Luì, — cotesta speranza non fallisce jnai.
Per ritardata comunicazione, pubblicheremo nel prossimo numero
del nostro giornale la già annunziata necrologìa del sig. D’Espine.
La Eedazione
Domenico Giobbo gerente.
SOTTO I TOECHI
LE ROMAGNE
OVVERO
IL POTERE TEMPORALE DEL PAPA
E
LA RELIGIONE
RISPOSTA
ALLE ULTIME PASTOBALI DEI VESCOVI DI FRANCIA
PER
ED9I01VD0 DI PRESSEÌVSÉ
Capo redattore della Kivista Cristiana.
TORINO — Tipojnafia CLAUDIANA, diretta tìa R. Trombelt*.