1
Past. TACCIA Alberto
10060 AN6R0GNA
DELLE valu valdesi
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Num. 4
Una copia line W)
ABBONAMENTI
{
Eco:
L. 2.500 per Tinterno
L. 3.500 per l’estero
Spedizijttie in abbonamento postale ■ I Gruppo bis
; Cambio di indirizzo Lire 50
TORRE PELLICE - 24 Gennaio 1969
Ammin. Claudiana Torre Pellice ■ C.CJ*. 2-17557
NEL QUADRO DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’0NITÀ
L’OPERA DEL SERVIZIO CRISTIANO DI PALERMO
Ecumenismo ai vertici *
In molti di noi è maturato il con•vincimento che la competenza a trattare le questioni ecumeniche debba
oggi essere assunta direttamente dalle
assemblee delle chiese locali e non più
consegnata nelle mani dei consigli dei
pastori, ;n modo da dare ai problemi,
che tali relazioni comportano, una impostazione adeguata al grado della loro maturazione e rispondente alla sensibilità delle varie comunità che testimoniamo nei diversi luoghi.
Infatti, quando al tempo del Concilio si produsse il rilancio cattolico
delTecumenismo, i pastori preposti alle diverse comunità evangeliche, quali
elementi più sensibili ai nuovi problemi che si paravano innanzi alle chiese ed alla tematica delTincontro interconfessionale, si indussero a quei
primi sondaggi ed esperimenti che la
novità della situazione andava determinando. Fu questa indubbiamente
un’attività lodevole di cui le comunità sono loro riconoscenti.
Di poi, sulla spinta degli eventi in
sviluppo soprattutto nelle grandi città,
i consigli dei pastori hanno avocato a
sé la gestione delle operazioni «ecumenismo », presumibilmente ritenendo
che, sussistendo tali consigli come
gruppi di lavoro per l’opera comune
nel quadro interdenominazionale (ecumenismo interno), potessero per analogia assurgere ad organi competenti per le questioni inerenti i rapporti
tra evangelici e cattolici (ecumenismo
esterno).
Senonché i detti consigli sorsero come espressione della avvenuta maturazione in seno alle comunità stesse
dell’unità delTevangelismo italiano,
largamente sanzionata ad ogni livello.
L’esistenza di un Congresso evangelico, di varie commissioni operative ihterdenominazionali, di un Consiglio
Federale prima e di una Federazione
di poi, delle forme federate nei settori
della gioventù e delle donne, dimostra in modo ufficiale uno stato di cose felicemente avanzato nel quadro
delTecumenismo interno, il che giustifica, nell’ambito locale, la presenza di
consigli di pastori ed un loro adoperarsi in tal senso.
Tutto ciò non ha invece riscontro
alcuno nella situazione dell’ecumenismo esterno nel nostro paese. In questo settore di rapporti le comunità
non hanno ancora iniziato un dialogo sui temi di fondo, e solo da ultimo
comincia a profilarsi in campo evangelico la possibilità di riconoscere in
modo consapevole quali possano essere i propri interlocutori; cioè con quale cattolicesimo incontrarsi. Conseguentemente neppure a livello dei vertici esistono collegamenti di sorta, per
cui il fatto che le operazioni inerenti
l’ecumenismo esterno rimangano consegnate ai consigli dei pastori non trova giustificazione suadente. Anzi, deve purtroppo rilevarsi che le chiese si
sono trovate ad essere spettatrici o
coinvolte in manifestazioni spesso foriere di equivoco e confusione, anziché di chiarezza nelle rispettive posizioni assunte e negli intenti di ciascuno.
Se tale tipo di conduzione poteva
trovare giustificazione nella fase preliminare dei sondaggi, oggi non appare
conseguente. Per rendersene conto basta dare uno sguardo a come il tema
delle relazioni ecumeniche esterne è
stato avvertito in alcune città nel corso della « settimana di preghiera per
l’unità» indetta per quest’anno.
A me non sembra anzitutto che del
tema dell’unità ci si debba occupare
solo nel quadro di una speciale tra le
52 settimane dell’anno. Ma, prescindendo da questa questione di fondo, vediamo ad esempio che a Napoli il consiglio dei pastori, dopo aver opposto
un rifiuto lo scorso anno, ha ora consentito alla detta « settimana » ; e, con
apposito manifesto-invito rivolto alle
chiese, la ha consegnata nel quadro
di un ripensamento interno del problema in termini di umiltà e di ricerca di chiarezza, respingendo fraintendimenti equivoci. A Firenze invece si
sono posti con consapevolezza il problema delTincontro fra comunità e
gruppi di credenti evitando di avallare
posizioni gerarchiche e precisando che
l’evangelismo locale sente l’incontro
ecumenico con i gruppi cattolici del
dissenso fuori da ogni ambizione proselitistica. A Milano, percorsa oramai
la via incerta delle coreopafie liturgiche, quest’anno il consiglio dei pastori
ha compreso l’inutilità di certo ecumenismo di maniera ed ha avviato l’incontro a livello delle comunità, affrontando in pubblici dibattiti tra cattolici ed evangelici, ministri e laici d’ambo le parti, un primo tema di fondo:
quello del carisma e della autorità nella chiesa. E’ lodevole che il consiglio
dei pastori di Milano abbia avvertito
ohe è vano pregare in pubblico e discutere in privato. In fondo se i cattolici
hanno pensato in Concilio alla promozione dei laici, sembra avventura da
potersi correre quella di far partecipare a dibattiti teologici, resi pubblici,
anche il vulgus pecum delle chiese hattiste, metodiste e valdesi della capitale lombarda.
A Roma invece si è tuttora ancorati
ad un ecumenismo esterno specialissimo modo reservato; affare combinato e risolto solo inter haruspices. Infatti, nonostante i non lievi dissensi
esternati nei decorsi anni (non solo
da parte degli enfants terribles del
MCS) di fronte alla equivocità delle celebrazioni di mera parvenza esteriore
e del tutto inoperanti sul piano dell’incontro reale, la solfa non è cambiata.
Il consiglio dei pastori (ristretto ai soli « titolari » delle chiese), di intesa
con la gerarchia cattolica della città,
ha indetto quest’anno due riunioni in
cui rispettivamente, in un antico tempio cattolico (di cui non è dato conoscere la giustificazione della scelta) ed
in un tempio evangelico, un pastore
ed un sacerdote (di cui non si danno
neppure i nomi) daranno ai convenuti delle due confessioni la loro predicazione nel quadro di una liturgia predisposta dal COE ai fini della « settimana ».
Che senso abbia tale manifestazione indetta dal clero, senza che da parte delle rispettive comunità, in cui pastori e sacerdoti sono puranco inseriti, sia stato previamente ripensato nel
quadro ecumenico il tema assegnato
alla settimana : « Cristo ci ha affrancati perchè fossimo liberi», lascio valutare al lettore. Certo è che esso meriterebbe attenzione sotto il profilo di
accertare se ci si possa sentire « chiamati a libertà » — come si esprime il
volantino d’invito — per riunioni, sulla opportunità e rispondenza delle quali, i credenti non sono stati chiamati
« in libertà » a riflettere nelle loro assemblee.
Ma ci si chiede altres'i che senso
abbia il fatto che un pastore predichi
in un quadro chiesastico e liturgico
alieno e di fronte ad una platea, la cui
componente cattolica non gli riconosce la qualità intrinseca di pastore in
funzione della quale egli le annuncia
TEvangelo di Cristo. E parallelamente
che senso abbia il fatto che un sacerdote romano predichi in un tempio
riformato ad un’assemblea la cui componente evangelica rifiuta il carattere
della sua ordinazione sacerdotale. Ai
fini del dialogo che utile può avere il
dar per superati, in mere forme esteriori, problemi di tali dimensioni, se
non quello di incrementare con estrema leggerezza l’idea che, tutto sommato, parroco per parroco, un prete vale
un pastore, e viceversa?
Tutti sanno poi che per la Chiesa
romana il culto di latria è reso a Dio,
a Cristo, all’ostia delTeucaristia custodita nei templi cattolici; mentre per
gli evangelici non .v’è possibile adorazione né culto a Dio in Cristo se non
in Spirito e Verità, con la conseguente
esclusione di ogni forma rappresentativa del divino, specie eucaristica compresa. Orbene sia che nel tempio cattolico dove avverrà la riunione il loro « santissimo » sia assente da tempo,
0 rimosso per l’occasione, oppure presente, si pone egualmente un grosso
problema che tocca alla fede e alla
sua essenza, e che non può essere scavalcato senza che le comunità delle
due parti, che si apprestano alla compartecipazione nel culto, lo abbiano
previamente affrontato e risolto in
tutta consapevolezza e fraternità. Non
è tema questo su cui i soli pastori,
« titolari » delle chiese, possano operare un occasionale diplomatico arrangement d’intesa, o meno, col clero romano.
Questi ed altri quesiti pone un tal
tipo di « incontri ecumenici » forieri di
equivoco e di confusione. Manifestazioni del genere, superate ora a Milano, ma non ancora nel clima romano,
non incrementano il dialogo tra credenti di confessioni diverse; ne sono
la negazione. Esse allontanano ì più
da prospettive meramente illusorie anche se forse riescono ad abbindolare
coloro che si accontentano del trionfalismo delle parvenze esteriori.
L’ecumenismo esterno ha assunto
un grado di maturazione la cui consapevolezza è se^o distintivo nelle comunità di varie denominazioni. Esso
coinvolge problemi troppo gravi per
essere sottratto alla comiietenza di
quell’unico organismo che, in seno àl
Tevangelismo, è chiamato a prendere
decisioni di fondo l’assemblea del credenti. Le singole chiese sono in grado di affrontarlo dovutamente. E’ doveroso pertanto che ogni decisione in
proposito passi dai’consigli dei pastori,
che nel quadro (Jelle diverse chiese
evangeliche non hìpinno competenze e
poteri istituzionali, ad una riunione
delle assemblee delle comunità che
avvertono interesse e hanno sensibilità per questa tematica.
Occorre evitare, iirima che l’indolenza dei più si adatti alle trasformazioni a cui le vie di latto possono perniciosamente condurre nel loro sviluppo,
che strumenti operativi espressi entro un campo circoscritto di azione,
quali sono i consigli dei pastori, si
trasformino in piccole curie di saper
clericale. Sarebbe veramente penoso
constatare in un non lontano domani che il frutto di questi primi anni
di apertura ecumenica sia il meno
auspicabile tra quanti se ne possono
cogliere; quello cioè di avere ingenerato, per osmosi, nei consigli dei pastori di alcune città, quella disposizione d’animo a tutto predisporre e
decidere in vece e conto del corpo dei
credenti, secondo un costume che non
è nostrano. ' Giorgio Peyrot
“ Gli studenti scioperano per avere
scuole, noi non riusciamo a costruirle,,
È l’anniversario del terremoto del 15
gennaio 1968 che cancellò interamente
dalla carta geografica interi paesi della Sicilia Occidentale e ne danneggiò
altri a tal punto da renderli inabitabili, anche se le distruzioni e i danni
non appaiono spettacolari ed impressionanti.
È il caso del comune di Vita di cui,
in un prossimo avvenire, si prevede la
totale demolizione e ricostruzione in
altra sede.
Ad un anno di distanza è doveroso
da parte nostra informare le Chiese,
gli Enti e i privati in Italia e all’estero
i quali, con le loro offerte, hanno voluto dare un segno di solidarietà e un
contributo per l’opera di ricostruzione
nelle zone terremotate, di quello che
il Servizio Cristiano della Chiesa di
Palermo ha fatto nel comune di Vita,
a nome della cristianità evangelica.
È cosa relativamente facile progettare la costruzione di 20 case per i terremotati ed entusiasmarsi per un simile progetto. Ma cosa ben diversa è
attuare questo progetto in un contesto sociale in cui spesso predomina il
sospetto o l’indifferenza, la ricerca del
proprio interesse, manca il senso di responsabilità e di impegno e dove ogni
pratica si insabbia nei complicati
meandri di una paralizzante burocrazia.
Il compito che abbiamo assunto non
è stato dunque facile e le difficoltà da
superare non poche. Non si tratta infatti di costruire uno o due case, ma
un intero villaggio. Occorreva dunque
avere la disponibilità di un terreno,
fare un progetto organico, scegliere un
tipo di casa-prefabbricata che desse
garanzie di solidità e di durata, fare le
opere di fondazione, montare le case,
installare tutti i servizi, fare tutte le
opere di urbanizzazione. Tutto questo
non poteva non richiedere molto
tempo.
I lavori non hanno potuto avere
inizio prima del mese di agosto. Poi il
tempo è divenuto piovoso, freddo, gli
operai hanno dovuto lavorare nelle
peggiori condizioni atmosferiche.
È passato un anno, ma occorre ancora qualche mese prima che le case
siano abitate. Ci conforta tuttavia il
(contìnua in 3“ pagina)
Lettera aperta alle comunità valdesi, ai consigli df chiesa, ai pastori,
ai comitati per la celebrazione del XVII febbraio
in disio
Ci siamo riuniti recentemente per
cercare di studiare insieme il significato e gli equivoci della celebrazione del XVII febbraio alle Valli.
Una prima considerazione ci si è,
però, imposta: il vero problema non
è di ricercare il significato genuino
del XVII febbraio, ma di veder chiaro nella nostra vocazione attuale di
credenti in Gesù Cristo. Al massimo il XVII febbraio è un’occasione
per far questo, a cui non dobbiamo
sfuggire.
È per questo che abbiamo concluso che la cosa migliore era di rinunciare per ora ad azioni contestatarie clamorose e di rivolgervi un fraterno, pressante appello affinchè,
insieme a noi, vi rendiate disponibili per una meditazione ed un’azione di fede, su cui non abbiamo naturalmente nulla da insegnarvi, ma
che dobbiamo ricercare insieme.
Innanzitutto ci sembra che dietro
alla celebrazione attuale del XVII
febbraio ci sia l’equivoco della
Chiesa-popolo.
In questa occasione infatti la
Chiesa accetta, per esprimere la sua
fede, di far propri valori e sentimenti umani comuni ad un popolo
come la tradizione, la libertà, un
certo autocompiacimento.
Nel far questo la confessione stessa della fede viene modificata: nel
contesto di questa « festa valdese »
la comunità dei credenti finisce per
perdere la sua funzione di sale, di
lievito, nei confronti di questo popolo, e si identifica semplicemente
con una società uamana, sia pur ristretta, come quella delle Valli, e
limitatamente a una occasione.
In questa prospettiva vogliamo
chiedervi di celebrare con noi il
XVII febbraio. Ci sembra che questo significhi, innanzitutto, abolire
tutto ciò che non è conforme alla
sobrietà dell’attesa del Regno di
Dio, in particolare:
— i cortei: marce di protesta e
processioni se ne fanno di tutti i tipi, ma ci sembra che trasferendo
questa maniera di manifestazione
sul piano della fede si rischia troppo facilmente di dar l’impressione
di una religione dei luoghi e della
processione verso il santuario. Dato che, in ogni caso, il corteo non
dà una testimonianza e rischia di
favorire una falsa impressione negli osservatori, pensiamo che sia
bene rinunciarvi;
—. le bandiere: esprimono un
sentimento di lealismo verso una
società terrena dai confini geografici limitati e daU’azione discutibile,
che non è conforme all’universalità
ed alla libertà dell’Evangelo. Se
qualcuno inalberasse la bandiera
rossa farebbe scandalo. Vi chiediamo di non inalberare il tricolore.
Vi chiediamo di non sfoggiare delle
coccarde;
—r i petardi ed i fuochi d’artifìcio:
l’Evangelo si annunzia con la parola
e l’azione, non con dei rumori;
— i pranzi: vi proponiamo non
dei pranzi intesi come manifestazioni conviviali, ma delle agapi in cui
si esprima la comunione fraterna.
Vi chiediamo di non limitare le agapi al XVII febbraio, ma di intensificarle organizzandone almeno una
al mese. In questo contesto, inoltre,
vi chiediamo di adoperarvi con noi,
affinchè gli incontri siano anche il
luogo in cui si discute ogni volta un
problema della fede.
In luogo di ciò che vi chiediamo
di abolire, e che, quindi, chiediamo
agli organizzatori di non organizzare, vi chiediamo anche di fare in
modo che tutti siano spinti in una
prospettiva diversa. Perciò vorremmo anche avanzare alcune proposte
concrete :
— nell’anniversario della data in
cui i nostri padri hanno visto l’inizio di una nuova possibilità per la
evangelizzazione, prendiamo un’iniziativa a favore dell’evangelizzazione, in ogni comunità, in rapporto
alle possibilità di ognuna (per esempio a favore del colportaggio e della Società Biblica Britannica e Forestiera) ;
— usiamo in ogni casa la libertà
religiosa di cui godiamo, per esempio comprando e leggendo un libro
che ci aiuti a chiarire la nostra fede
(per esempio il Nuovo Testamento
annotato);
— prendiamo l’impegno di organizzare dappertutto un incontro al
mese, con agape fraterna, con un
argomento di discussione. Proponiamo anche di continuare, per il sug
gerimento degli argomenti, l’uso di
queste lettere aperte, da parte di
chiunque ha proposte da fare.
Non vorremmo che questa lettera
servisse soltanto a far tirare un sospiro di sollievo perchè ci sarà un
”17” senza contestazione. Abbiamo
scelto questa volta la via dell’appello fraterno rivolto alcune settimane
prima per dar modo a tutti quelli
che, nel passato, hanno dichiarato
di condividere gli scopi della contestazione, ma di non condividerne i
metodi, di associarsi a noi per sensibilizzare le comunità sulle esigenze della testimonianza a Gesù Cristo oggi. Pensiamo che questo metodo non può essere respinto come
troppo urtante. Al tempo stesso ci
dà modo di chiarire meglio ed a tutti che cosa vogliamo. Vi preghiamo,
ora, di essere altrettanto fraterni
con noi.
Non diamo per scontato che tutti
debbano attuare quello che proponiamo, perchè la nostra non è parola di Vangelo. Tuttavia è la parola più chiara che ci sia venuta in
mente. Vorremmo pertanto pregare
tutti coloro che respingeranno questo appello di rendere note le motivazioni evangeliche del loro rifiuto.
A quanti invece condividono queste preoccupazioni chiediamo di
esprimere apertamente la loro adesione, in modo che non si esprimano solo pochi individui, ma un settore più ampio dell’opinione delle
Chiese.
Antonio Adamo - Claudio Baima - Elena Bein - Claudio
Bernard - Luciano Deodato Giorgio Gardiol - Mauro Gardiol - Franco Giampiccoli Beniamino Lami - Graziella
Lami Tron - Valdo Massel Giovanna Pons - Guido Pons Bruno Rostagno - Massimo Sibilia - Giorgio Tourn - Claudio Tron - Elena Tron - Lucilla Tron.
Ospitiamo volentieri questa «lettera aperta » cui ci associamo di cuore e
invitiamo quanti concordano a farsene
promotori localmente e a voler raccogliere firme di adesione, inoltrandole
al più presto ai firmatari sopra indicati o a noi. red.
2
pag. 2
N. 4 — 24 gennaio 1969
A proposAo dei sermoni d'addio
Vn pastore evangelico, in una comunità della Svizzera, ha scritto le
righe, che qui traduciamo^ in occasione della sua partenza. Ci sono parse una utile, edificante lettura. Spesso, nelle nostre chiese, la partenza
di un pastore costituisce un piccolo...
terremoto, una crisi; per non dire
della retorica^ tutta meridionale, che
suole accompagnarla, o addirittura dei
risentimenti (contro "chi puote”?),
che la seguono. Sarà buona cosa ricordare un certo capitola della I lettera ai Corinzi, in cui Paolo espone
la differenza che passa fra Colui che
fa crescere la pianta e colui che, bene o male, Vha per un tempo annaffiata. Questo va detto per tutti, beninteso, dal pastore all’ultimo — ma
c’è qualcuno, nella comunità evangelica, che si senta davvero l’ultimo?
— dei fedeli. Nè occorre che si chiuda con l’avvertenza ben nota: ’’i personaggi di questo racconto sono immaginari’’! Perchè è proprio allora
che qutdcuno pensa: ”si dice così,
proprio quando tutto ciò che si dice
è vero”. t. b.
L’apostolo Paolo non ha- certamente pronunciato alcun sermone
cosiddetto di addio, davanti alle comunità da lui fondate o curate; ed
■è altrettanto evidente che i « sermoni di addio » rivelano, quanto meno, un singolare concetto della fede,
come se la predicazione cristiana
avesse alcunché da fare con un congedo, con un addio! Al contrario,
il segno distintivo dell’annunzio
evangelico è che esso — indipendentemente da colui che lo proclama —
risuona una volta, risuona di nuovo e ricomincia daccapo a risuonare, e non ha mai posa alcuna. È
detto anzi esplicitamente che esso
non cesserà mai di risuonare, finché
non abbia raggiunto le estremità
del mondo (un modo per dire: «tutti gli uomini») e fino al ritorno di
Cristo.
I sermoni di addio (o di congedo)
hanno perciò delle caratteristiche
piuttosto strane. Il pastore che prende congedo dalla sua comunità desta involontariamente la sensazione
■— sebbene egli parli della continuità dell’annunzio evangelico — che il
fatto che egli se ne va costituisce
una vera e propria perdita per la
comunità da lui lasciata. Perfino allorquando, con gran tatto, egli discorre con la comunità della comprensione e della simpatia che essa
dovrà mostrare per il suo successore
— esattamente in quell’istante! —
la comunità ha il sentimento preciso, in un certo senso insopprimibile, che le indiscutibili qualità personali del pastore che si congeda da
ma ancora di quanto egli non lo voglia supporre.
Il messaggio evangelico non deve
essere minimamente legato alla persona di colui che lo proclama. E
tuttavia, accade che ogni predicazione e ogni luce evangelica si tinga (o si offuschi?) — involontariamente — delle particolarità, della
personalità, del carattere del suo
messaggero. Beninteso, quest’é non
soltanto ciò che accade nella maggioranza dei casi, ma é ciò che molti
ritengono che sia bene che accada
—• il che é ovviamente tutt’altra
cosa!
Queste cose non erano ignorate
dall’apostolo Paolo, e per ciò egli
non si lasciava sorprendere, nelle
sue lettere alle comunità, ad esprimere delle parole di compatimento
personale, e neppure delle parole
di cosiddetto « addio ». Codeste parole di compatimento personale,
che si presentano come un affettuoso, dolente saluto di congedo ai collaboratori, agli amici, agli intimi —
e qualche volta anche ai compagni
di un determinato indirizzo teologico — finiscono per risolversi in
bollenti scatti di intolleranza, in rivelazioni inopportune di sofferenze
personali, di nostalgie e di rammarichi per le proprie insufficienze
causate (é chiaro...) da quelle ben
note difficoltà locali che hanno impedito l’adempimento pieno del
programma prefisso; ed infine di
straziante dolore per la separazione
imminente dalla diletta famiglia
spirituale. Questo « arsenale degli
addii » documenta, per antitesi, che
la conclusione di un fedele lavoro
pastorale in una determinata comunità non é l’isolamento monacale in
cui il pastore che si é congedato andrà indispettito a rinchiudersi, per
consolarsi della misera fine degli anni migliori della sua carriera. L’ap
pello del Signore non si vale soltanto della parola umana, ma anche
della persona del messaggero, al
quale dà la sua impronta, finch’egli
resterà al suo servizio.
E perciò non debbono trovar giustificazione gli ampollosi e lunghi
discorsi di addio, ma é lecita soltanto una breve, personale parola di
congedo. Il pastore che é convinto,
non soltanto del suo valore personale (che poi é suo, ma gli é stato
dato), ma soprattutto del valore morale della sua comunità, sa benissimo che in realtà egli può partire
da essa senza che per questo essa si
fermi, od anche rallenti soltanto
sensibilmente il suo passo. Se questo avvenisse, sarebbe da chiedersi
perché mai quella comunità sia così
fragile, e se per caso codesta fragilità non sia la conseguenza di una
mal impostata attività pastorale.
Che durante il lavoro fedele di un
pastore, alcuni fratelli — più di altri, o solo più in vista di altri —
gli siano, a motivo del « colpo di
spalla » che essi hanno potuto dargli, più cari, ciò é non soltanto naturale, ma deriva soprattutto dal lavoro stesso a cui i singoli fratelli di
una comunità si sono diversamente
dedicati; ma é precisamente il «cambio della guardia », che taluni sono
sempre pronti a deprecare, a porre
in luce nuove possibilità di lavoro,
prima trascurate o neppure intraviste, e quindi nuove forme di collaborazione comunitaria, da parte di
nuovi settori o nuovi gruppi di persone. Talché ne viene dimostrato
che la ricchezza dell’Evangelo é
senza fine e che le possibilità offerte
ai credenti dal messaggio evangelico sono multivalenti: che sono poi
la ricchezza e la infinita varietà e
polivalènza della vita nascosta con
Cristo in Dio.
(Tradotto e adattato dal tedesco)
libri
Il servizio militare
Ventenni in caserma
Dobbiamo essere molto grati a Claudio
Tron per avere scritto, in un opuscolo della collana « Attualità Protestante » della
Claudiana, quello che molti pensano ma
nessuno aveva mai detto chiaramente : che
il servizio militare ha oggi una funzione
negativa, profondamente diseducativa e antidemocratica. La giovane recluta nei 15
mesi di ferma impara poco o nulla di utile
(anche per la difesa del paese), ma è invece
sottoposta ad una pressione psicologica foi^
tissima che lo forma all’obbedienza passiva
e gli imprime un marchio di qualunquismo
di cui gli sarà difficile liberarsi.
Nella caserma il patriottismo ostentato è
solo il pretesto per fare della retorica o
semmai del nazionalismo; ciò che importa
è l’obbedienza all’autorità, qualsiasi autorità,
indipendentemente dalla sua forza morale.
Questa autorità chiede cose illogiche, assurde, ed il soldato ne ride, ma intanto impara
ad obbedire senza chiedersi il perchè delle
cose. Impara a disprezzare la politica (una
cosa sporca che non deve entrare nelle caserme), il civismo e la propria coscienza;
« chi me lo fa fare » e « a me che frega » sono le frasi che si odono più spesso e che
bene esprimono il rifiuto di tutto quanto
non emani dall’autorità costituita, la quale
non ha certo bisogno di giustificare i suoi
ordini (« il superiore ha sempre ragione, specialmente quando ha torto » : uno slogan
passato dal vecchio esercito piemontese a
quello italiano).
Il giovane vive cosi una parentesi della
sua vita (neanche poi tanto breve) in un
completo rovesciamento di valori : impara a
bestemmiare, a ubriacarsi, ad andare a donne,
a far fessi gli altri, diventa « uomo » perdendo giorni e mesi in esercizi inutili persino per imparare a combattere. Neanche
quando ritorna alla vita normale è del tutto
libero, che lo segue un bagaglio di ricordi
e tradizioni (dalle associazioni d’arma ai
pranzi di classe) fatto apposta per rinfrescargli periodicamente l’educazione ricevuta
sotto le armi.
Quale è infatti la funzione dell’esercito?
Fino a tempi non lontani, l’esercito era il
principale custode dell’ordine costituito, della
stabilità sociale, era la forza armata della borghesia. Più che per la difesa delle frontiere
era organizzato per la tutela dell’ordine pubblico : i piemontesi prestavano servizio in Sicilia ed i siciliani in Piemonte, in modo da
poter intervenire con più decisione nella repressione di manifestazioni e rivolte. Ancora
nel 1914, i carabinieri erano ventimila circa
e non c’era una polizia vera e propria : era
iiiMiiiiiimiiiiiimiriiii
iiiumitlliiiiiiiiMiiiii <1
imiiiiiiiiiiMiimimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiuKiMiiiiiiiuiimiiiNiiiniii
Contestazione giovanile nella Chiesa
Quello che stà loro a cuore è la predicazione coerente
Ho letto con molto interesse le risposte
date agli interrogativi di Paolo Ricca al Movimento Cristiano Studenti (vedi Eco-Luce
n. 35 del 6-9'68), da Mirella Abate e da
Carlo Cazzola nel loro articolo « La contestazione della Chiesa », apparso nel numero
dell’£co-Luce del 25 ottobre (1).
Essi si auguravano che le loro risposte potessero costituire « il punto di partenza di
lei non potranno mai essere SOS l- discussione che, nata dal dibattito aper
tuite da chicchessia, e che nulla le tosi durante il Sinodo, andasse oltre questo
potrà mai lare dimenticare. Il pa- momento ed i problemi ad esso connessi per
Store che prende congedo dalla sua ;"'’estire una problematica più am^a i cui
V termini principali restano ancora tede e ri
comtinita può ad un tal punto ap- ».
parire alla comunità medesima ed
a sé come addirittura indispensabile — sempre indirettamente e senza
volerlo — che tutti saranno in fin
dei conti persuasi che nessuno al
Finora questo non si è verificato sul nostro giornale; può darsi che la cosa stia maturando nella mente di qualcuno. Quanto a
me la lettura di questo articolo ha fatto sì
che fossi spinta a mettere giù molto semplicemente alcune idee, che non rappresentano
mondo potrà mai più mostrare le un intervento di fondo ma hanno preso for
qualità umane e professionali che ma nel mio pensiero in questi ultimi tempi
egli solo (egli solo!) ha saputo ren- con attenzione i nostri giornali,
. , ' . . ^ , 1 .. . parlando con i giovani ed ascoltando giudi
zi, reazioni e commenti sugli avvenimenti
che riguardano la contestazione della chiesa.
Forse è bene che ne parliamo adesso, a più
di due mesi dagli avvenimenti sinodali, perchè proprio a distanza di tempo si possono
vedere meglio le cose, in una luce più giusta e più serena; quando siamo troppo vici
dere evidenti nel suo benedetto mi
nistero. Se poi egli accennerà alle
qualità indubbie del suo successore,
tutti crederanno di aver capito che
« con un successore di tal fatta, io
me ne posso andar via tranquillo ».
A questo riguardo, bisogna ag- ni ad un oggetto ne cogliamo sì i minuti
giungere che le singole visite di ad- particolari ma, in genere, non lo vediamo ve
c’ e e> ^ ^ ramante bene nel suo insieme : occorre idlon
tanareene un po' per coglierlo nella sua vera
ottica.
Gli interrogativi posti da Paolo Ricca nell’articolo citato (Lo Chiesa in distretta) erano molto seri, anche un po’ severi se si vuole, ma onesti e chiari. L’unica cosa che mi
parve un po' eccessiva in quella prima pagina del nostro settimanale, immediatamente dopo il Sinodo, fu il titolo e, più che il titolo in sè, i suoi caratteri cubitali; forse sono
distratta, ma non avevo quasi mai visto dei
caratteri cosi grandi sul nostro settimanale,
e sì che ne succedono di cose importanti anche nel nostro piccolo mondo ecclesiastico!
Quel titolo in prima pagina era un po’
troppo allarmistico, come in fondo lo era il
tono dei primi numeri dell'Eco-Luce subito
portarsi in quel modo, e non altri- dopo il Sinodo e (mi permetta. Signor Conte)
il cestino del Direttore non abbastanza accogliente per alcune lettere!
Senza dubbio la nostra Chiesa attraversa
moment; difficili, ma io credo che essa si
troverebbe veramente in una distretta tale
da giustificare quel titolo quando non si accorgesse più di esserlo perchè solamente allora non ci sarebbe più rimedio; fintanto che
lo capisce c’è speranza per lei!
Ora, se gli interrogativi posti da Paolo
Ricca erano seri, onesti e chiari, altrettanto
serie, oneste e chiare sono le risposte di Mirella Abate e di Carlo Cazzola; essi le for
dio di un pastore molto amato dalla sua comunità possono addirittura avere per la fede individuale
qualche aspetto negativo, sconvolgente, comunque sempre controproducente; e i discorsi di circostanza
in occasione di « pranzi d’addio » o
di «visite quartierali d’addio» spesso non mancano neppure di un certo che di disonorevole e di abbietto, perchè tutti i presenti sanno
molto bene che, insomma, in quelle
circostanze, in cui è di rigore tergersi una lagrima, è consuetudine com
Fortunatamente — grazie a Dio!
^— la professione del pastore ha degli aspetti multiformi, con i quali
essa offre ad ogni pastore nuovo venuto in una comunità, un campo
d’azione completamente nuovo, in
cui tutti potranno, attraverso a nuove e diverse porte aperte, riadoperarsi a dare un nuovo ritmo, un diverso assetto alla vita della comunità; cosicché il pastore, che è andato via non del tutto soddisfatto,
sarà presto dimenticato, e certo pri
(1) Per ragioni di spazio, questo scritto della
signora Rostan è stato rimandato per parecchie settimane, e ce ne dispiace molto.
red.
mulano a titolo personale e c’è da augurarsi
che altri ancora rispondano. Da persona che
appartiene ormai alla generazione degli anziani, vorrei aggiungere ancora alcune considerazioni su quello che hanno fatto questi
giovani del Movimento Cristiano Studenti
dalle interruzioni dei culti agli interventi in
Sinodo. Ammettiamo pure che essi non abbiano avuto modi molto delicati nel loro agire; che siano stati, come qualcuno ha detto,
« maleducati »; certo sono stati simili a colui che, di sorpresa, ci dà uno spintone, ci
fa traballare (ho traballato anch’io!) per vedere se siamo capaci di rimanere in piedi.
Ma non lo hanno fatto per divertirsi come
dei bambini alle spalle di qualcuno, bensì
perchè erano spinti da motivi seri, che per
loro valevano più della « buona educazione ».
In fondo, il discorso sulla predicazione sta.
va loro a cuore e che cosa vi è di più serio
della predicazione? Hanno voluto interrogare le comunità prima (interruzioni di culti)
e poi la chiesa tutta (interventi sinodali)
sulla sua predicazione, ma la chiesa rappresentata dall’assemblea sinodale non ba saputo dare allora una risposta chiara e soddisfacente. Varrebbe la pena adesso di rimeditare
nelle comunità il verbale del famigerato pomeriggio quando ebbe luogo il primo intervento dei giovani nel Sinodo, per arrivare,
secondo me, al punto più giusto di tutta
quanta la questione, cioè l’unico punto che
può rappresentare veramente l’inizio di una
risposta all’inquietante interrogativo sulla
verità della predicazione e che è stato appena accennato da Giorgio Tourn alla fine di
un suo intervento sinodale, quando ci mise
tutti in guardia dicendo: «non ubi veritas
ibi Christus sed ubi Christus ibi veritas ».
Certamente « non dove c’è la verità ivi è
il Cristo, ma dove c’è Cristo ivi è la verità » :
di qui dovrebbe veramente cominciare il discorso per sapere se la verità ultima che cerchiamo e predichiamo è il Cristo e non la
nostra o le nostre verità. D’altra parte io ere.
do che non c’è motivo di inquietarsi troppo
e di rimpiangere per la nostra chiesa un
tempo che è passato, che forse anche è stato
bello per taluni di noi ma che non tornerà
più (e questo lo dico a quelle persone che
soffrono realmente di questa situazione, non
a quelle che si dilettano solo di criticare e
di lanciare contumelie ai giovani). Perchè, se
queste cose che succedono non sono da Dio,
ma sono solo il riflesso di ciò che succede
nel mondo, esse avranno il loro termine e la
chiesa di Gesù Cristo andrà avanti con modi appropriati al suo compito, non già perchè noi siamo migliori dei giovani che hanno fatto queste cose, ma perchè la chiesa è
di Gesù Cristo ed Egli la conserva nel suo
amore, malgrado le infedeltà di tutti noi.
Ma se queste cose sono da Dio, andranno
avanti nonostante le opposizioni e le critiche
e porteranno il loro frutto nella loro stagione.
In fondo, questi giovani che contestano
la chiesa ed i suoi metodi, se ne occupano
ancora, anzi se ne preoccupano, se pure in
un certo senso la mettono con le spalle al
muro per interrogarla crudamente intorno al
suo dire ed al suo fare, con un estremo biso
gno di coerenza fra parole ed atti concreti :
coerenza, del resto, che tutto l’Evangelo richiede. Ci sono altri giovani delle nostre
chiese, i quali non turbano la pace di nessuno, ma in chiesa non vengono affatto oppure ci vengono buoni, lindi e composti, ma
in fondo non si preoccupano della fedeltà o
della infedeltà delle nostre comunità al messaggio di Cristo, pensando che sia più saggio, uscendo dalla chiesa, occuparsi delle
proprie cose, del proprio lavoro e della propria carriera. Non so se si debbano preferire
i primi o i secondi; ad ognuno di noi la scelta : io ho fatto la mia!
Quest’anno otto giovani, credo, in gran
parte contestatari, sono entrati nella Facoltà
di teologia; poveri noi, avrà pensato qualcuno! Nessuno di essi farà il pastore, mi disse
un giorno una persona. Questo giudizio è
senz'altro prematuro; neanche i giovani stessi lo sanno, Dio solo lo sa. Ma per me l’essenziale non è che facciano i pastori nel
modo tradizionale, potrebbero anche non farlo o farlo in modo assai diverso; ciò non mi
turba affatto se essi (o anche soltanto qualcuno) diventeranno domani, per grazia di
Dio, testimoni viventi che porteranno l’Evangelo alla loro generazione nelle forme più
concrete e nei modi più diversi che sarà loro
dato di fare. Hanno pur fatto cosi Pietro
Valdo ed i suoi primi seguaci predicando, in
opposizione alla, mentalità del loro secolo,
l’Evangelo fuori dalle chiese, sulle piazze,
nelle case e sulle strade di quasi tutta l’Europa. Lo abbiamo forse dimenticato?
Quando non sappiamo più cogliere in tutta la sua urgenza l’Evangelo nella chiesa,
perchè ha perduto il suo mordente per noi.
Iddio ci predica quello stesso Evangelo fuori
dalla chiesa per bocca di qualcuno o di qualche evento della storia : a noi di sapere ascoltare! E sia, benedetto il Signore: altro che
silenzio di Dio! I teologi hanno parlato della
morte di Dio ed un nostro teologo proprio
del silenzio di Dio; ma io credo poco a queste cose. Non e Dio che non parla nei nostri
tempi, siamo noi che non vogliamo ascoltarlo, perchè stiamo meglio nella nostra incredulità (è meno impegnativa!) e nel nostro benessere (è troppo scomoda qualche volta la voce di Dio!).
In una adunanza del XV agosto 1965 il
prof. Valdo Vinay in un discorso sulla Facoltà di teologia ebbe a dire a proposito della carenza di vocazioni pastorali in quegli
anni (una o due tutt’al più) che quando la
chiesa aveva avuto da dire realmente qual,
cosa agli uomini del suo tempo, Dio aveva
pur sempre trovato nel suo seno coloro che
avrebbero pronunziato quel messaggio. Questa constatazione (che è in fondo una speranza) mi è tornata in mente quando ho saputo che otto giovani entravano quest’anno
in Facoltà; e mi sono ch’està se, finalmente,
dopo anni incerti e oscuri, la nostra chiesa
avosse veramente e di nuovo qualcosa da dire
alla sua generazione. Vorrei essere profeta,
ma per adesso mi tocca pazientare; ogni
previsione è prematura. Potrebbe anche darsi
che questi giovani portassero solamente, con
perciò indispensabile « educare » ¡ soldati al
loro compito di polizia, strappandoli àUe influenze dell’ambiente e allevandoli all’obbedienza passiva. Oggi la situazione è in parte
mutata, perchè all’ordine pubblico provvedonocirca 150.000 tra carabinieri e poliziotti.
L’esercito non ha più compiti molto pressanti, anche la difesa delle frontiere riposa soprattutto sulle atomiche americane; ma il
servizio militare obbligatorio è ancora ritenuto indispensabile, proprio perchè è uno
strumento per « educare » i giovani all’obbedienza passiva alle autorità. E noi tutti siamo complici di questo stato di cose, ci contentiamo di una polemica spicciola contro
determinati aspetti della vita militare e rifiutiamo di guardare in faccia la realtà, cioè
la funzione repressiva del servizio militare.
Potremmo continuare, ma non vogliamo
togliere al lettore il desiderio di comprare e
leggere l’opuscolo di Claudio Tron raccontandoglielo tutto. Ci preme piuttosto sottolineare l’importanza che questo limpido scritto
può avere per le nostre unioni e le nostre
chiese, come richiamo alla nostra responsabilità di cristiani.
Perchè infatti che ha fatto sinora la chiesa (e quella valdese in particolare, cosi sensibile ai miti degli alpini!), se non avallare
le guerre, l'esercito e la vita militare? Ancora oggi chi affronta il servizio di leva è tagliato fuori dalla vita civile e dalla comunione della chiesa, il suo particolare travaglio è ignorato o risolto con cordiali pacche
sulle spalle. Che l’opuscolo di Claudio Tron
possa avviare non una polemica giornalistica, ma una meditazione delle nostre chiese
sul significato del servizio militare oggi e
sulla prova attraverso cui passano i giovani
ventenni! Giorgio Rochat
Claudio Tron, Il servizio militare, ed. Claudiana, Torino 1968, pp. 25 in 16°, lire 100
TEOLOGIA 68;
il meglio in vetrina
Sul n° del 14-1-1969 de «L’Avvenire »,
il nuovo quotidiano cattolico, Alfonso
Prandi cura con intelligenza e viva
penetrazione, oltre che con ampiezza
di conoscenze, una rubrica « Teologia
’68 : il meglio in vetrina ». Con molta
indipendenza di giudizio lo studioso si
accosta alTampia messe di opere teologiche 0 parateologiche, in buona
parte tradotte da lingue straniere, che
anche lo scorso anno sono state offerte al pubblico italiano interessato a
quest’ordine di problemi; la sua scelta, avverte, è molto personale, anche
se meditata e la conclude con una nota di umorismo significativo ; « L’elenco è terminato. Se ne potrebbe compilare un altro, amaro e divertente;
quello dei libri teologici (?) inutili. Ma
lo spazio è tiranno ! ».
Ci ha fatto piacere vedere fra gli
strumenti di valore segnalati la Introduzione all’Antico Testamento (ed.
Paideia) di J. A. Soggin; e comprendiamo che si additi come « un aureo
modello di sintesi e di chiarezza »,
« una lettura affascinante » Il Nuovo
Testamento (ed. Il Mulino) di Oscar
Cullmann.
Molto è stato scritto anche quest’anno sul Concilio ; troppo : « Non si vuole essere drastici e ingenerosi, ma in
merito siamo troppo spesso assediati
da volgarizzazioni inutili, insipide, oratorie. Il che non significa che ci si voglia lasciare il Concilio alle spalle :
quell’evento continua e ci ha posto
tutti in una condizione di verifica e di
ricerca. Ma a quella condizione non
soddisfano certo i prodotti di maniera.
Meglio, dunque, segnalare approfondimenti che siano di ausilio ad intendere i temi portanti della odierna
stagione teologica ». Fra questi, accanto a opere del Cerfaux, del de Lubac,
del von Bathasar, vengono menzionati
La città secolare del teologo battista
Harvey Cox, La tomba di Dio delTAdolfs.
Sono queste le vere opere di punta?
« In verità — scrive il Prandi — il libro più atto a turbarci seriamente in
questo momento di ardimenti, che
spesso altro non sono che improvvisazioni e incontrollate smanie, resta
quello del teologo protestante Vittorio
Subilia: Tempo di confessione e di rivoluzione (Claudiana, Torino). Ma per
prendere le medicine ci vuole coraggio. E il coraggio non va d’accordo con
l’astuzia di chi evita di parlare di chi
e con chi non è d’accordo. Mario Grozzini, nel suo onesto saggio La fede più
difficile (Vallecchi, Firenze) ha ragione da vendere, quando afferma che la
fede oggi è consapevolezza critica di
responsabilità. Mi permetto di aggiungere che la fede vive anche di unità. E oggi, con le sordità deliberate di
taluni verso altri, ci si può chiedere
dove l’unità sia mai andata a finire ».
le loro idee nuove, un po’ d aria fresca nelle
aule un po’ severe, un po’ tristi e poco comunitarie del nostro stabile di via Pietro
Cossa; però, niente mi impedisce di sperare,
di sperare con tutto il cuore e di pregare.
Nulla soprattutto impedisce a tutti quanti, giovani studenti e professori della Facoltà, insieme a coloro che amano la nostra
chiesa, di pregare affinchè la ventata d’aria
fresca investa anche le nostre comunità e
possa trasformarsi, se le nostre preghiere saranno umili e perseveranti e se Dio lo vorrà,
in un vero e proprio soffio dello Spirito Santo che richiami la chiesa tutta a nuova vita
ed a più gioiosa obbedienza al Signore.
Elsa Rostan
3
24 gennaio 1969 — N. 4
pag. 3
La Chiesa nel Madagascar ha 150 anni: una delle più anziane del Terzo mondo
Annunciare Cristo neiia vita deila nazione
In occasione della settimana e della domenica nella
quale riflettiamo in modo particolare sulla vocazione missionaria della Chiesa, abbiamo domandato al prof. Jacques Pons, professore alla Facoltà di teologia protestante di Tananarive, nel Madagascar, di dirci in qual modo
viene avvertito e vissuto, in quella Chiesa non più giovanissima e in quella giovanissima nazione, il problema
della presenza della Chiesa nel mondo. Il protestantesimo malgascio ha vissuto, quest'anno, una tappa particolarmente signifìcativa, come abbiamo riferito nella
scorsa estate e come ricorda il prof. Pons nel suo articolo; è una Chiesa capace di una forte spinta unitaria,
adulta e viva, ben radicata nel paese e al tempo stesso
cosciente della sua 'alterità', una Chiesa di massa, con i
suoi problemi e le sue responsabilità. Siamo molto grati
al prof. Pons di avere fraternamente risposto alla nostra
richiesta con questo interessante servizio; speriamo che
tale corrispondenza prosegua periodicamente, tanto più
data l'origine valdese del nostro fratello: è di famiglia
originaria della vai Germanasca, ed è cugino del past.
Teofìlo Pons di Pramollo. La famiglia dei missionari 'vaidesi' è dunque un poco più ampia di quanto valutassimo ! Al prof. Jacques Pons rivolgiamo il nostro saluto
e augurio fraterno per il suo ministero, con gratitudine.
L’anno 1968 passerà alla storia della
Chiesa come una data importante per
la Chiesa nel Madagascar: la Chiesa
protestante vi ha preso coscienza della sua anzianità, 150 anni, che ia di
essa una delle Chiese più anziane del
Terzo mondo, nata ancor prima che la
«Mission de Paris» iniziasse il suo lavoro nel Lesotho.
Essa ha pure preso coscienza della
sua profonda unità e l’unione delle tre
Chiese del nord dell’isola, sotto il nome di «Eglise de Jésus-Christ au Madagascar» (conta circa un milione di
membri) è venuta a manifestare questo sentimento che già era presente.
Pure la Repubblica malgascia ha
appena celebrato il suo decimo anniversario, e in mezzo a tutte queste manifestazioni politiche e religiose ci si
ripropone l’interrogativo cruciale: come può, questo paese nuovo (10 anni
di repubblica, 8 d’indipendensa) riconoscere un Cristo sempre vivente in
questa vecchia Chiesa (150 anni), che
è appena ripartita sotto il segno dell’unità?
NEL DISGREGARSI
DELLA SOCIETÀ' CONTADINA
La Chiesa diverrà un bastione del
tradizionalismo? Il pericolo di un ritorno esplicito agli antichi costumi
pagani degli antenati non è quello più
temibile, qui dove il paganesimo non
è esclusivo e si adatta bene a un abito
cristiano. La minaccia che pesa maggiormente sulla Chiesa è forse quella
di essere ormai considerata come un
elemento del passato: lo stesso cristianesimo fa la figura di una vecchia religione ancestrale e familiare. In un
mondo in costante trasformazione,
agli occhi di molti appare cosa buona
ritrovare il vecchio Tempio, costruito
dagli avi, ingrandito dai nonni, restaurato dai padri, perfezionato dai figli.
In una nazione nella quale la società
contadina, del villaggio si disgrega rapidamente, si sente il bisogno di aggrapparsi a un’istituzione. L’autorità
tradizionale dei notabili è passata nelle mani degli eletti politici; economicamente la ricerca di un innalzamento
del livello di vita spinge a spezzare il
quadro locale; la scuola ha conosciuto
uno sviluppo fulmineo e ambizione di
tutti non è più diventare l’anziano o
il savio del villaggio, ma essere funzionario, stato privilegiato di coloro
che, grazie a un diploma, possono guadagnare assai di più con uno sforzo
minore. In questo turbine sociale, la
Chiesa è ancora il luogo nel quale i
vecchi notabili hanno qualcosa da dire, nel quale pare che non tutto sia
imposto dall’esterno; è il luogo nel
quale si discute liberamente. La Chiesa è dunque, inconsciamente, per molti, l’ultima traccia della società contadina; talvolta si giunge a trasportare
questa società in città, per perpetuarla: a Tananarive coloro che sono originari dei villaggi circostanti la seconda domenica del mese si riuniscono
per un culto nelle aule delle scuole
protestanti; ogni villaggio ha il suo
culto in un’aula e fa venire il suo pastore dalla campagna (e quindi quel
giorno le chiese della città sono mezze vuote!).
Ma se la Chiesa non è altro che un
residuo, sarà spazzata via, come tutte
le vestigia. Non vi è perciò tema che
susciti maggiori dibattiti, articoli, conferenze, dichiarazioni, di questo:
Qualche data
V sec. a.C. - V sec. d.C.: popolamento, in numerose ondate successive, da parte di immigranti venuti dall’Indonesia.
10 aprile 1500 : il navigatore portoghese Diego Diaz scopre l’isola.
1642-1674: i francesi si stabiliscono a Port-Dauphin, sulla costa meridionale.
1787-1810: regno di Andrianampoinimerina, che organizza il regno
centrale e fonda la città di Tananarive.
1810-1828; il re Radama estende
il suo regno e lo apre agli stranieri ;
inizia l’influenza europea.
1828-1861: la regina Ranavalona
espelle gli stranieri e perseguita i
cristiani (a partire dal 1835).
1818-1820: inizia l’evangelizzazione
(Mission Society di Londra).
1835 : la Bibbia è interamente tradotta in malgascio e stampata a
Tananarive.
1862: ritornano i missionari.
1869 : la regina e il primo ministro
si convertono al protestantesimo.
1885: primo trattato che istituisce
il Protettorato francese.
1895- 1896: conquista militare e
annessione da parte della Francia.
1896- 1905 — Il generale Galliéni è
governatore e crea un’amministrazione centralizzata.
1947; rivolta sulla costa orientale.
1946-1956: il Madagascar costituisce un Territoire Français d’OutreMer, che evolve verso l’autonomia
interna.
14 ottobre 1958 : proclamazione
della Repubblica malgascia (autonoma).
22 giugno 1960: proclamazione
dell’indipendenza.
« Quale Chiesa esige la nostra epoca? »
La formulazione teologica di questo
interrogativo non è forse soddisfacente, ma esso traduce un malessere e
anche una presa di coscienza della necessità di un rinnovamento.
PURO ANNUNCIO
DELL'EVANGELO
O FORMA RELIGIOSA
DI AIUTO ALLO SVILUPPO?
NON E' UN'ALTERNATIVA
In Europa si discute spesso per sapere se la Missione è ancora pura predicazione dell’Evangelo per fare udire
la Buona Novella ai "gentili”, ovvero
se essa diviene una nuova forma, religiosa, di aiuto ai paesi in fase di
sviluppo. Qui nel Madagascar nessuno
vorrebbe vedervi un’alternativa.
Siamo meno di 3 mihoni di cristiani
(la metà protestanti e la metà cattolici) su una popolazione di 7 milioni di
abitanti ed è inconcepibile che la Chiesa possa accontentarsi di vedere la
pace di Cristo rifiutata a più della metà del popolo, sotto pretesto che l’evangelizzazione "classica” non rende
più. Il problema è quello di interessare ad essa i cristiani, quasi tutti raccolti nella parte centrale dell’isola. Un
tempo l’Imerina (la regione centrale)
avvertiva una responsabilità politica
particolare nei confronti delle regioni
della costa, soprattutto prima dell’occupazione francese alla fine del XIX
secolo; e l’evangelizzazione era largamente finanziata dalle chiese di Tananarive. Tale situazione è mutata (non
è forse il medesimo problema che si
pone in Europa? lo slancio missionario pare essersi spezzato con la "perdita” delle colonie, e in tal modo diamo ragione a coloro che pretendono
che la Missione non era altro che la
forma religiosa della dominazione coloniale). La nostra nuova Chiesa unita — PJKM in malgascio — sta per
essere messa alla prova nel campo dell’evangelizzazione, forma primaria della presenza della Chiesa nel mondo.
ESSERE SALE
DELLA NOSTRA TERRA
INDICANDO LA VIA
D'altra parte la Chiesa corpo di Cristo può dimenticare la terra della quale essa è il sale? può distanziarsi dalle
speranze e dalle inquietudini del popolo in mezzo al quale Dio l’ha posta?
La Chiesa nel Madagascar vuole che
il suo messaggio sia per l’uomo di oggi; ma la cosa è tutt’altro che facile.
Cercando di aprire i cristiani ai problemi di oggi, la Chiesa si vedrà rimproverata di immischiarsi nelle questioni politiche che non le competono.
La Chiesa, ad esempio, si è vista vietare di fare delle collette in favore di
scioperanti o anche di disoccupati. Il
semplice rifiuto di decorare l’interno
dei templi con le bandiere nazionali,
in occasione di certi culti commemora^
tivi alla presenza delle autorità civili
è interpretato come una presa di posizione politica contro il governo.
Malgrado tali sospetti, la Chiesa non
ha voluto ripiegarsi su sé stessa. In
un paese nel quale lo sviluppo economico è legato a un rapido progresso
della produzione agricola, che permetta l’esportazione e la susseguente importazione di valuta, la Chiesa ha dato
dei segni di come si preoccupa di collaborare alla promozione del paese,
creando della fattorie-scuole : non istituti che forniranno un diploma, che
permetta di sedersi dietro una scrivania, ma centri nei quali si ridarà a una
gioventù scettica e attirata dalla città
—la quale per altro non è ancora industrializzata e non è in grado di offrire lavoro — il gusto del lavoro della
terra. La Chiesa deve mostrare che
realmente la maledizione che ha colpito Caino (Genesi 4: 12-14) può essere tolta. L’esperienza più tipica è
quella del «villaggio artigianale» ^
Ambositra, un grosso borgo degli Altipiani. Da qualche tempo la Chiesa vi
sta praticando due programmi : da
una parte la fabbricazione e la diffusione a buon mercato (grazie ad aiuti
dall’estero) di macchine agricole semplici, in particolare una sarchiatrice
da riso; dopo iin periodo di demagogia nel quale mtti parlavano di trattori, si è tornati a una nozione più ridimensionata e Ciuindi più realistica di
progresso; si tratta di aumentare, con
miglioramenti alla portata dell’agricoltore, il rendimento delle risaie,
aspetto capitale per un paese che non
vuole più importare riso, economizzando così, valuta. D’altra parte occorre formare giovani capaci di curare la
manutenzione di queste macchine e di
servirsene a casa loro; saranno così
un esempio vivo per i loro villaggi : ed
ecco il secondo scopo del «villaggio
artigianale ».
UN PURO SERVIZIO
E UN ESEMPIO NECESSARIO
La Chiesa indica una via; il giorno
in cui il governo farà meglio, la Chiesa passerà ad altro. Del resto, compito
della Chiesa in una nazione giovane è
appunto quello di essere costantemente in cerca di idee nuove, senza formalizzarsi quando poi il governo le fa
sue, com’è il caso per i convitti nei
quali sono accolti i ragazzi di campagna che vengono in città a studiare.
Un altro problema, insolubile con i
mezzi di cui la Chiesa dispone ma nei
confronti del quale essa può levare
dei segni, è il problema della malnutrizione. Come passare dal latte materno al riso puro e semplice? Lo svezzamento è il periodo più diffìcile e in esso la mortalità infantile sale a indici
severi. Che fare quando una madre
muore di parto al suo tredicesimo o
qùattordicesimo figlio, soprattutto in
un paese nel quale le autorità scoraggiano qualsiasi informazione sul controllo delle nascite? La Chiesa ha
creato in una regione diseredata degli
Altipiani una casa in cui si accolgono
di questi orfani, fino all’età di 5-6 anni.
Una goccia d’acqua, a petto delle necessità, ma pur sempre un raggio di
luce evangelica.
Vorrei infine, concludendo, farvi partecipi del mio stupore, ogni anno rinnovato, quando il Presidente della
pubblica fustiga pubblicameirte Lincompetenza, la disonestà, persino l’immoralità di un certo numero di funzionari: la Chiesa ha a questo proposito, il compito di mostrare a tutti i
funzionari — numerosi nei suoi temzionari — assai numerosi nei suoi templi, perché l’Imerina, a maggioranza
protestante, è in notevole vantaggio
dal punto di vista degli studi — che
il migliore servizio di Dio, il più elementare è costituito dalla coscienza
professionale e dall’onestà. Forse penserete che non si tratta di un ideale
abbastanza alto. Ma per il Madagascar
è il modo più urgente di manifestare
la presenza della Chiesa nel mondo,
nella vita di ogni giorno. Perciò le
Chiese protestanti nel loro insieme
stanno creando, con l’aiuto delle Chiese della Germania, un Centro di formazione dei laici.
La posizione della Chiesa nel Madagascar, « paese generalmente cristia^
no », per riprendere un’espressione del
Presidente della Repubblica, Philibert
Tsiranana, non è facile. Si tratta di
una Chiesa di massa, con le debolezze
che ciò comporta, ma anche con le
responsabilità che ciò indica. Disprezzata, se non parla che degli angeli dei
cieli, sospetta quando s’interessa al
mondo, la Chiesa nel Madagascar si
sforza di testimoniare del suo Salvatore e Signore, fiduciosa che, se è un
Corpo visibile e debole, Gesù Cristo
vittorioso ne è il Capo.
Jacques Pons
CULTI
Si calcola che all’incirca la
metà dei ? milioni di Malgasci sia cristiana e la metà pagana; in realtà, vi è una fascia assai ampia di popolazione « sociologicamente cristiana » la cui formazione cristiana è di fatto estremamente
tenue o consente un radicato
sincretismo con i culti indigeni, in particolare quello degli avi. Sicché si può valutare in circa 4 milioni il numero dei pagani.
A parte gli immigrati dalle
vicine isole Comore, islamizzate, e un certo numero di Indiani, i quali del resto non sono tutti musulmani, si può dire che non vi sono quasi Malgasci autenticamente musulmani; ma anche qui, una certa influenza islamica — per lo
più priva di ogni organizzazione, senza moschee, ecc. —
si è fatta sentire, specie sulle
eoste, ed è stata captata dall’anima malgascia portata in
modo particolare al sincretismo religioso.
Si calcola che i cattolici siano 1.300.000, in rapida evoluzione; 15 diocesi raccolte in 3
arcidiocesi, guidate da 11 vescovi missionari e 4 indigeni
(indigeni sono tuttavia due dei
tre arcivescovi); il clero indigeno, relativamente poco uumeroso, ha però una notevole
preparazione. Le scuole cattoliche, sulle quali ha puntato
io sforzo missionario, raggruppano 1/5 dei ragazzi in età
scolastica dell’isola.
Gli anglicani (o episcopali)
sono circa 40.000; la prima
missione nell’isola è stata infatti anglieana, nel 1864. I
membri appartengono per lo
più all’alta borghesia e anche
aH’aristocrazia.
Un malgascio pagano rende il culto agli
antenati. (Le foto sono tratte da ’’Madagascar, maitre à son bord” di E. Pidoux, Editions du Soc).
Antica e relativamente forte è la Chiesa luterana,
sorta dall’attività della missione norvegese (Stavanger Mission) e poi di due missioni luterane statunitensi. Dal 1950 i luterani sono uniti in un corpo ecclesiastico che conta 300.000 membri, reclutati quasi
esclusivamente nella parte meridionale dell’isola, quella più fortemente pagana. 350 pastori malgasci e un
centinaio di missionari; vasta opera scolastica; ottimo
collegio teologico a Fianarantsoa-Ivory (50 studenti e
8 professori, dei quali 4 malgasci); istituti specializzati per ciechi e sordomuti.
Tutti i riformati sono ora uniti nella « Eglise de
Jésus-Christ au Madagascar », in cui lavora e di cui
ci parla il prof. Jacques Pons.
Vi è Un certo numero di Chiese indipendenti, che
in genere non raccolgono che alcune comunità, ma
rivelano forte vitalità. Vari movimenti di risveglio
reclutano, in genere toa non esclusivamente, in ambiente protestante e contano varie decine di migliaia
di membri assai ferventi. Gli avventisti affermano di
essere 40.000, ma tale numero pare esagerato.
iiiimimiiiiMiiiuuiiiiin'iMitiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimiiiMimiiiiiiiimtiiiiiiiiimiiiiiiiiiimoiiiiiiiiiii imiiiiMiiiniiiniiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiimiiimiiiiiiimiiiiiiiii
iiMiiiMimiiiiiiiiiiiMiiii umilili UHI IH II II lini III MI iMiiiiiiiqiiimiMiiiiiimi limi III Min iiimiiiiniinmiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiuiiiiiiuiiiiiiiiii iiiiiiimiMiimiiimimiiiiiiiiiimiin
A un anno dal Inrrnmolo
(segue da pag. 1 )
fatto che non daremo alle famiglie,
dopo la tenda, una comune baracca
per i terremotati ma una casa che, se
non sarà stabile, sarà certamente di
lunga durata per la sua solidità, sicurezza, per i conforti che assicura. Il
villaggio è ora in stato di avanzata costruzione. Le case sono già tutte costruite fino alla copertura. I lavori di
rifinitura all’intemo e all’esterno, gli
impianti idrici e di illuminazione, ecc.
vanno di pari passo e procedono con
maggiore celerità ora che le condizioni
atmosferiche sono migliorate.
Guardando all’anno passato non
possiamo non ricordare che il 1968 è
stato l’anno del terremoto, ma anche
l’anno in cui il nostro lavoro si è sensibilmente accresciuto e notevolmente
aggravato. È stato anche da un punto
di vista morale «l’anno del terremoto » e ne siamo stati scossi tutti quanti. Non siamo noi stessi stati esenti da
momenti di stanchezza e di scoraggiamento. Ma gli insuccessi, le sconfitte,
i contrasti, ma anche l’aiuto che abbiamo ricevuto ci hanno temprati nella lotta e, grazie a Dio, eccoci ancora
alTimpiedi. Iddio non ci affida mai un
compito senza darcene anche le forze
necessarie.
La nostra funzione di credenti, nella
società in cui viviamo, può essere considerata sotto un duplice punto di
vista :
— sensibilizzare, coi mezzi molto limitati che sono a nostra disposizione,
l’opinione pubblica e sollecitare le
pubbliche autorità ad intervenire
per risolvere i più gravi e complessi
problemi ;
— intervenire laddove ci sono delle
esigenze che impongono un intervento immediato con tutti i mezzi
di cui noi stessi possiamo disporre.
È chiaro che è compito dello Stato
assicurare ai fanciulli una istruzione e
una educazione civile. Ma finché ci
sono dei fanciulli abbandonati che vivono sulla strada, sarebbe delittuoso
lasciare che una intera generazione si
perda col pretesto che lo Stato ne è
responsabile.
È comandamento del Signore che
dobbiamo dividere il pane con chi ha
fame e assicurare un asilo a chi è
senza tetto. Ed è certo con questo sentimento che molte chiese e molti credenti in Italia e all’estero hanno risposto con tanta prontezza e slancio di
generosità per l’opera di ricostruzione
nelle zone terremotate.
È un luogo comune che in Italia e
particolarmente in Sicilia tutto si muove troppo lentamente. Dopo un anno i
sinistrati aspettano ancora un alloggio, il danaro per le riparazioni, e le
ricostruzioni e questo ci sembra enorme.
Ma si stenta persino a credere una
notizia che è ora divenuta di dominio
pubblico. In occasione della commemorazione, fatta il 28 dicembre u. s.,
con solennità e sperpero di denaro,
nel restaurato teatro Vittorio Emanue
le, del eiT anniversario del terremoto
di Messina del 1908, il parroco del quartiere cittadino Giostra, ha denunciato
che, dopo 60 anni, ci sono ancora 30
mila baraccati che da tre generazioni aspettano invano di avere una
casa degiia di questo nome.
Un settimanale estero, sotto il titolo
« Fosso profondo » rileva la situazione
grave della nostra isola :
« Nel paese più ricco del Mediterraneo, regna la ribellione: gli operai scioperano, gli studenti protestano, i contadini alzano delle barricate. Oggi più che
mai urgono delle riforme... Il fosso fra
ricchi e poveri diventa più profondo. La
percentuale dei disoccupati sale sempre
di più. Attualmente 658.000 italiani sono disoccupati e quasi 4.000.000 non hanno una piena occupazione. Entro il 1980
si prevede che circa 3,5 milioni di operai italiani cercheranno lavoro all’estero;
e di essi due terzi proverranno dal sud ».
Noi Ci affatichiamo per preparare
una nuova generazione. Ma il problema fondamentale sarà quello del pane.
L’emigrazione continuerà e porterà
con sé i suoi problemi.
Il progetto del Centro Diaconale della Noce è già gronto da molto tempo.
Eppure non possiamo iniziare i lavori.
Nuove leggi hanno bloccato il nostro
progetto. Gli studenti scioperano perché mancano le scuole, ma noi non
riusciamo a costruirle. Viviamo in un
mondo pieno di contraddizioni. Talvolta possiamo avere il senso della
inutilità della nostra opera e della
nostra fatica ma poi ci assale il senso
di responsabilità per quello che accade
nel mondo e ci rendiamo conto che la
parola senza l’azione non è oggi più
sufficiente.
Un compito meraviglioso ci è affidato, quello di servire il Signore nella
persona dei fanciulli, dei poveri, dei
sinistrati, di quelli che chiedono giustizia. Ma siamo anche incoraggiati a
proseguire nel nostro lavoro da molti
nostri amici che non solo sostengono
materialmente la nostra opera, ma ci
danno un aiuto ancora più prezioso
con la loro preghiera e scrivendoci
spesso delle lettere di affetto e di solidarietà, fra cui ci limitiamo a riportare la seguente:
« Seguo sempre con molto interesse le
vostre notizie. Sono sempre di nuovo
meravigliata, che nelle gratuli difficoltà
demoralizzanti, specialmente a Vita, non
vi stancate di compiere l'opera per la
quale siete stati chiamati da Dio. Penso
che solo questa certezza, di lavorare nel
nome di Dio, vi dia la forza necessaria e
qualche volta anche un po’ di gioia per
continuare con coraggio il lavoro per i
poveri ed i bambini. Ieri ha tenuto il
sermone sul testo di Giosuè 1: 5 ”io non
ti lascero e non ti abbandonerò”. Auguro che questa profezia possa essere anche sulla vostra strada, nel nuovo anno,
una luce. Anche io penso con gioia alla
nostra visita a Palermo. I miei pensieri
e le mie preghiere sono spesso in Sicilia ».
Il Servizio Cristiano di Palermo
4
pag. 4
N. 4 — 24 gennaio 1969
Dal 12 novembre 1944, ogni domenica mattina, il “Culto evangelico„ alla radio
A quasi 25 anni dall'inizia del vizio
ci sono ora offerte nuove
PUBBLICAZIONI- QUINDICINALB
RtHCA - ANNO XIX - N. 27
potito
La notizia giurief Tri. via confidenziale prima, e poi
per mezzo dì lin comunicato del pastore Mario Sbaffi,
Presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche
in Italia di cui i nostri Periodici hanno dato notizia, e
cioè che a partire da domenica 2 febbraio p. v. la nostra trasmissione domenicale alla radio avrà una disponibilità di 25 minuti anziché di 15 e che i dieci minuti
in più ci sono stati concessi per un Notiziario Evangelico che precederà o seguirà la consueta trasmissione
del Culto Evangelico, ci ha vivamente rallegrati.
È una nuova possibilità di testimonianza che ci è
concessa, una nuova porta che si apre all’evangelizzazione del nostro Paese, e, per così dire, una nuova tappa nel lungo cammino talvolta fortunoso e avventuroso percorso dal Culto Evangelico radiodiffuso in quasi
25 anni di esistenza.
Prima di iniziare questa nuova tappa è parso bene
al Comitato di Redazione del nostro periodico ’’Eco
vm^dìco
Luce” di fare ripercorrere ai lettori sia pure in maniera succinta il cammino fin qui percorso da ”Il Culto
Evangelico” e ce ne ha affidato l’incarico. Ci accingiamo a questo scusandoci presso i lettori se mancheranno nella cronistoria notizie di dettaglio che sarebbero
state senza dubbio interessanti, ma che mancano nei
documenti di archivio, almeno in quelli a nostra disposizione e che abbiamo potuto consultare. I responsabili del Culto Evangelico alla radio sembra siano
sempre stati preoccupati più del funzionamento di detto servizio che'del desiderio di facilitare il compito ai
futuri cronisti! Sicché talvolta si è costretti a procedere più in base all’intuizione e a corrispondenze private che in base a una documentazione vera e propria. La ricostruzione
che ci accingiamo a fare è tuttavia
attendibile e, lo speriamo, interessante per tutti.
Radiodiffusa d’aula RAI
DoftieAÌco. tSh Oicembre 196S
Pubblicazione seltimanale dei
Anno XI - N. IN
CULTO EVANGlIrlSU
radiotrosmesso dalla RAI
Moma • 30 Aprile 1961
Anno VI • N. 41 - Sped. abb. post. • I Gruppo bis - Pubblicazione seltimanale - Domenica 7 ottobre 19b8
PUBBLICAZIONE SETTiMANAtE:.-N'-.4^,
aPfö.lHABß. POST. -1 GRUPPO BIS
Le origini
È da tutti risaputo che a dare origine ai Culti Evangelici radiodiffusi è
stato il compianto pastore Paolo Bosio
conduttore della Chiesa Valdese di
Roma-Piazza Cavour, il quale dopo la
liberazione della città per opera delle
truppe alleate (1944), venuto a contatto con i cappellani militari protestanti, ottenne tramite loro dal Comando
alleato e per interessamento di una
impiegata evangelica presso la RAI, la
possibilità di servirsi della radio per
trasmettere domenicalmente un culto
evangelico. E fu il pastore Bosio medesimo che curò il primo culto (il 12
Novembre 1944); poco più tardi si associarono, avvicendandosi settimanalmente al microfono, alcuni altri pastori fra i pochi in quel periodo presenti a Roma. Il dado intanto era tratto e, a misura che con la loro avanzata
verso il nord le truppe alleate liberarono altre città come Firenze, Milano,
Torino, Trieste, fu facile istituire anche in quelle i servizi dei culti evangelici alla radio tenuti dai pastori delle
città medesime e di città viciniori. E
questo fino al giorno in cui la Direzione dell’Ente Italiano Audizioni Radiofoniche (E.I.AR.) istituì, la rete nazionale e invitò le «Dirigenze delle
Chiese interessate ai culti evangelici
alla radio ad indicare da quale sede
esse intendevano che i culti fossero
radiotrasmessi» (Eccezion fatta per
Trieste che, per la sua particolare situazione politica ed amministrativa,
potè effettuare le trasmissioni in maniera autonoma). Non fu difficile a
queste accordarsi sulla sede di Roma
sia perché sede della Giunta del Consiglio Federale delle Chiese Evangeliche sia perché tale città contava un
notevole numero di pastori i quali potevano avvicendarsi nel servizio alla
radio.
Da notare che da quella data i culti furono tenuti regolarmente ogni domenica eccezion fatta per la domenica
24 Giugno 1951 in cui la R.A.I. sospese
le trasmissioni per ragioni tecniche.
I predicatori
il nome del predicatore di stamane ma
era certamente un piemontese, la sua
pronuncia lo tradiva»! E così via, ma
forse nella critica stessa c’era l’amore
per ì predicatori, per tutti i predicatori, che secondo i doni ricevuti dal Signore hanno testimoniato di Lui e
hanno confortato e consolato i fratelli in quelle ore mattutine che iniziavano una nuova giornata e una nuova
settimana di fatiche e di preoccupa,
zioni.
Il messaggio
Fino al 1962 gli argomenti da trattare sono stati affidati alla spontaneità ed alla ispirazione dei predicatori
di turno. Il sistema, vantaggioso per la
maggiore freschezza del messaggio,
non poteva alla lunga non generare
degli inconvenienti quale ad esempio
la predicazione a breve distanza su un
medesimo argomento. Si suggerirono
quindi gli argomenti da trattare in
rapporto con il particolare periodo nel
quale ci si trovava: periodo di Avvento, periodo di preparazione alla
Pasqua, periodo di preparazione alla
Pentecoste ecc. L’esperimento si dimostrò utile ed efficace e invogliò a stabilire in seguito altri turni di gruppi
di predicazioni preparati da pastori
di una medesima città, o di una medesima regione, o di tendenze affini
tra i quali fosse più facile la collaborazione, con risultati apprezzabili. Ed
è in questa linea che il nuovo Comitato del servizio culti radio nominato
dalla Federazione delle Chiese Evangeliche si muove. Ce ne rallegriamo
sperando che il Culto Evangelico alla
radio mantenga il suo carattere corale
e non diventi monopolio di pochi a
tendenza unica. Da notare che tutti i
testi dei messaggi radio, che devono
essere inviati in triplice copia alla Direzione delle Trasmissioni per categoria, sono stati da essa accolti ad eccezione di uno che ha dovuto essere sostituito all’ultimo momento ; di altri
sono state domandate poche rnodifiche
di espressioni. Oggi tutto è più libero
e quelle eccezioni suonerebbero anacronistiche.
Abbiamo detto che nel primo periodo in cui i culti radio furono trasmessi da diverse città, ad avvicendarsi ai
microfoni furono i pastori delle città
medesime e di sedi vicine; ma col trasporto della trasmissione su rete nazionale furono i pastori di Roma ad
avvicendarsi con un criterio di dosaggio denominazionale mUligrammico :
due pastori valdesi, poi uno metodista
e uno battista e così, via, il servizio alla radio essendo «riservato» alle sole
denominazioni i cui « capi » facevano
parte della Giunta del Consigho Federale. A partire dal 1962 non si è più
tenuto conto di una rigida ripartizione denominazionale, ma si è allargato
l’invito a collaborare a pastori anche
non residenti a Roma al fine di evita,
re la monotonia delle voci e degli argomenti e del modo di esprimersi. Nel
1964 per la prima volta sono stati invitati anche un predicatore della Chiesa Luterana e uno della Chiesa Avventista.
Non è sempre stato facile al Comitato preposto al servizio dei culti alla
radio (Pastori Manfredi Ronchi, Pier
Paolo Grassi, Guido Mathieu e Nando
Camellini segretario) predisporre^ i
turni dei predicatori e di questi forse
non tutti hanno pienamente soddisfatto sia per il modo di esprimersi sia per
la voce non sempre radiofonica o radiogenica! Come sempre i critici più
severi sono stati gli ascoltatori, alcuni dei quali non hanno mancato di
esternarci il proprio parere con espressioni che riprese un po’ a distanza
hanno un sapore che rasenta l’umorismo! Di uno p.es. ci è stato scritto;
« Ma che cosa aveva il predicatore di
oggi? Temeva di perdere il treno? Sembrava all’inseguimento di un branco
di capre scapicollantesi giù per una
china » ! Di un altro : « Che voce enfatica! Sembrava che mirasse più ad
ascoltarsi che a farsi ascoltare»! Dì
un altro: «Era vecchio il predicatore
di stamane o era affetto da raucedine?
Veniva voglia di tossire per lui»! Di
altri sono la flessioni marcatamente
regionali della pronuncia che sono sottolineate dalla critica ; « Ci è sfuggito
IL CULTO EYANGELICO
KAÜlODlFFÜ'Sa DALLA K.A.l.
GII ascoltatori
Secondo un recente sondaggio fatto
dalla Direzione della R.A.I. l’indice di
ascolto della rubrica Culto Evangelico
è molto elevato e oltrepassa il milione
di abbonati cui vanno aggiunti i loro
familiari e i numerosissimi gruppi che
ascoltano. Un pubblico assai vasto e
quanto mai vario in cui sono rappresentanti tutte le categorie di persone,
tutti i ceti, tutte le classi. Un pubblico invisibile ma reale e vivo nell’interesse a ricevere un po’ di quell’acqua
viva che disseta in vita eterna, e un
po’ di quel pane di vita che solo veramente nutre e sazia.
Abbiamo accennato agli ascoltatori
nel loro atteggiamento critico circa la
forma con la quale il messaggio viene loro rivolto, dovremmo soffermarci
molto più a lungo sulla critica positiva della massima parte degli ascoltatori non tutti evangelici e non tutti
naturalmente aperti al contenuto biblico di un discorso. Ne fanno fede le
numerosissime lettere di consenso, di
apprezzamento, di riconoscenza che
del continuo riceviamo e che ci danno
l’assicurazione che la semenza sparsa
cade in buona terra e vi produce dei
frutti che la grazia del Signore porterà a maturazione.
Ci dispiace di non potere trascrivere qu’:, tutte quelle lettere ; ne riportiamo alcune soltanto a mo’ di esempio :
« Domenica ascoltai alla radio il Culto
Evangelico^ non Vavetio mai sentito e subito jui preso da entusiasmo senza fine,
sia perche attinsi parole sublimi del nostro divino Maestro, sia perchk nel mio
animo penetrarono quelle soavi parole delViilustre oratore con tanto amore e spirito di jratellanza w.
L. A. - Napoli
« Ringrazio quanti hanno collaborato in
questo anno a divulgare il messaggio evangelico alla radio nel giorno del Signore.
Sono sicuro che han fatto un mucchio di
bene a tante anime come del resto anche
alla mia. Volentieri sentivo quel com
mento così evangelico ed aderente ai tempi. Continuate. E Gesù benedica la vostra
opera e la nostra fra questi monti ».
Un secerdote di una
parrocchia di montagna.
« Da molti anni ho Vabitudine, al mattino
di ogni domenica, di sedermi accanto alVapparecchio radio per sentire il commento delVEvangelo che, francamente, è sempre trasmesso con tanta fraterna comprensione che invoglia a sentirlo ».
G. Z. - Torino
« Ogni domenica sento i sermoni del Culto Evangelico trasmessi dalla radio. E
francamente dico che sono molto interessanti ed espressi molto bene dai vari oratori. Da essi si traggono utili insegnamenti per la vita quotidiana. Desidero tanto
averli per rileggerli ogni qual volta lo
voglia ».
P. C. - Cremona
(( Ascoltando il sermone di quel bravo Pastore della Radio, mi colpì e mi commosse molto. Ebbe buone parole per tutti ma
specialmente per noi malati. Forse ritroverò la via per riavvicinarmi a Dio dopo
aver perso la fede che avevo una volta ».
B. R. ■ Firenze
Ci piace chiudere il paragrafo con
una testimonianza e un apprezzamento conclusivi : Il Culto Evangelico è un
messaggio di fede e di vita che dovrebbe penetrare in tutti i focolari!
Gli elementi iitnrgici
Se sono apprezzati le preghiere, la
ripetizione del Padre nostro e del credo, riscuotono unanime consenso gli
Inni a quattro voci e i brani musicali
in preludio ed in postludio.
Durante il periodo in cui il Culto
Evangelico era trasmesso « in diretta »
Ricordiamo che a partire dalla
domenica 2 febbraio il « Culto
evangelico » alla RAI sarà preceduto (o seguito), con inizio alle
ore 7.30, da un
NOTIZIARIO
EVANGELICO
dalle diverse sedi il canto degli Inni
era eseguito dalle corali di Chiesa che
accompagnavano il predicatore negli
studi radiofonici. Il sistema aveva
qualcosa di simpatico e dava maggiormente l’impressione di un culto celebrato dalla Comunità; ma presentava
anche i suoi inconvenienti. Era un
impegno non indifferente per le Corali
soprattutto in certi periodi dell’anno
e non sempre l’esecuzione « in diretta »
era senza difetti! Un ricordo personale; Fui invitato nel 1946 a tenere il
culto alla radio di Torino la domenica
21 gennaio. Mi accompagnò la Corale
di Pomaretto, una buona Corale sulla
quale si poteva fare pieno assegnamento, ma quando si trovò nella sala imbottita, afona dello studio della R.A.I.
di Torino si senti a tal punto disorientata che uno degli Inni, il 289 dell’Innario Cristiano dovette essere cominciato due volte e l’esecuzione lasciò alquanto a desiderare!
Col trasporto del Culto su rete nazionale da Roma, si ebbero a disposizione alcuni dischi preparati da Radio
Risveglio (Lugano), che il predicatore di turno portava con se ogni volta,
ma il repertorio era scarso e gli Inni
venivano ripetuti troppo sovente. Ovviò più tardi all’inconveniente la registrazione di un certo numero di Inni
eseguiti dalla Corale di Torre Pellice
sotto la direzione del M. Ferruccio
Corsani al quale pure sono dovuti i
brani d’organo che formano per così
dire la sigla del Culto Evangelico radiodiffuso. Per interessamento della R.
A.I. che ne aveva effettuata la registra
zione, tali Inni sono stati più tardi riversati su altri dischi ora in dotazione
alle principali sedi della R.A.I. da do
ve il culto, oggi interamente registrato, può essere trasmesso.
Tuttavia se l’esecuzione melodica
degli Inni è di ottima qualità risulta
poco facile la comprensione delle parole per chi non li conosce; e d’altra
parte essendo l’edizione dell’Innario
esaurita e non ancora in fase di ristampa non se ne può consigliare
l’acquisto da parte dei numerosi ascoltatori che desiderebbero averlo. Passiamo questa esigenza alla Libreria Editrice Claudiana perchè ne curi al più
presto l’auspicata ristampa attesa anche dalle chiese.
L'orario
Non vi è forse rubrica radiofonica
che più di quella del Culto Evangelico
subì cambiamenti di orario, tanto che
a qualcuno venne il sospetto che ci
fosse del mal volere da parte dei responsabili di quella rubrica e che Í
continui spostamenti mirassero a
stancare e disorientare gli ascoltatori.
Si era ancora in un periodo che possiamo chiamare pre-ecumenico e i sospetti in quel senso potevano trovare
la loro giustificazione.
Sono certo molti a ricordare che le
prime trasmissioni dagli studi radiofonici delle diverse città avevano Ittogo alle ore 14 o 14,30 e la durata era
di 40 minuti. Quando il servizio fu trasferito su rete nazionale, l’orario venne fissato alle ore 8,14 del mattino e
tale orario durò fino al 6 gennaio 1952
quando cioè fu anticipato alle 7,15 per
passare due domeniche dopo, in seguito all’azione di protesta del Consiglio
Federale presso la Direzione della
R.A.I. per il disagio cui venivano sottoposti con quell’orario cosli mattutino gli ascoltatori, alle 7,30. Orario che
rimase invariato fino alla domenica
31 maggio 1959, per ripassare alle 7,15
fino al primo novembre del medesimo
anno; data in cui fu fissato alle 7,45,
fino al 26 agosto 1962 che ne fissò definitivamente la messa in onda
alle 7,40.
Non ostante il rammarico che abbiamo provato ad ogni così frequente
cambiamento di orario, dobbiamo doverosamente riconoscere che nelle vicende che li hanno accompagnati, i
rapporti con la R.A.I. sono stati sempre facilitati dalla comprensione e
dallo spirito volonteroso ricco di simpatia nei nostri riguardi da parte dei
funzionari preposti alla Direzione
delle Trasmissioni di categoria.
Stampa e spediziane
Dopo le prime trasmissioni del Culto Evangelico si cominciò a ricevere
delle richieste del messaggio radiodiffuso cui si provvide con copie dattilografate e per iniziativa personale e
privata.
Alla fine del 1950 il pastore Guglielmo Del Pesco, allora Moderatore della
Chiesa Valdese e Presidente di turno
del Consiglio Federale, considerò opportuno che il culto radiodiffuso venisse stampato ogni settimana, la decisione essendo giustificata dalle sempre rhaggiori richieste dei radioascoltatori.
Si ottenne dalla R.A.I. che ogni domenica venisse annunciata la possibilità di ottenerlo rivolgendosi al Consiglio Federale. Le richieste affluirono
numerose e il successo dell’iniziativa
andò delineandosi di settimana in settimana; nè esso fu sensibilmente compromesso dal successivo divieto di trasmettere l’annuncio di richiesta per il
motivo che l’armuncio poteva essere
considerato come una «reclame» indesiderata !
Dopo qualche anno l’annuncio fu
nuovamente consentito nella forma
attuale, ma nel frattempo il numero
delle richieste era andato ugualmente
aumentando tanto che alla fine del
1951 il numero delle copie spedite a
1644 indirizzi ammontava a 2321.
Dal 1951 al 1955 il Culto Evangelico
ROMA; - Dönumioti. IT.' dnnmuhio 1054
fu stampato su doppio foglio con la.
testata semplice e lineare:
Il culto evangelico
Radiodiffuso dalla RAI
Pai gennaio 1956 si volle modificare
tale testata aggiungendo al titolo'
scritto; con caratteri più moderni un
disegno di gusto molto discusso riproducente un Evangelo aperto davanti
ad un microfono di fattura più o meno indovinata!
Nel 1960, cessata l’edizione triestina
di «PRESENZA CRISTIANA», si
diede inizio alla edizione romana di
detta pubblicazione contenente, oltre
fi culto radiodiffuso, anche alcuni articoli, sotto la direzione del pastore
Nando Camellini che se ne occupò
con amore e con largo dispendio di
tempo e di energie. Ma il nuovo clima
non si confece alla costituzione della
nuova creatura che invece di prosperare andò indebolendosi sempre di più
si da consigliare il ritorno alla pubblicazione pura e semplice del Culto
Evangelico con la testata ed il formato che conserva tuttora nel ventesimoanniversario della sua nascita.
Ma un foglio non basta che sia
stampato, bisogna che sia spedito con
tutti gli annessi e connessi che l’operazione comporta: indirizzi, piegatura,
imbustamento, incollatura di francobolli ecc. ecc. Per 10 anni consecutivi
si occuparono di questa preziosa ancorché silenziosa attività la Signora
Letizia Girardet (e famiglia), la Signorina Adelia di Pillo (e sorella Elena)
e la Signorina Feliciana Scrobogna,
la sola che abbia percepito un piccolo compenso diaconale. Un lavoro volontario condotto innanzi finché la salute lo permise con profondo spirito
di consacrazione e con un grande, amore per un ramo di attività seguito ora
ancora con vivo interesse.
Dal 1960 tale lavoro è stato da noi
assunto con la collaborazione della
Sig.na Scrobogna, e da due anni con
nostra personale responsabilità finanziaria facilitata dalla comprensione
fattiva dei molti sostenitori cui questo ramo di attività sta particolarmente a cuore.
* *
Congedandoci dopo questo excursus
così rapido e cosi schematico, ma lo
speriamo non privo di interesse per i
lettori, non possiamo non ripetere la
nostra parola di compiacimento per'
le nuove prospettive di sviluppo che
sì profilano all’orizzonte della rubrica
del Culto Evangelico alla radio e fo^
muíate il nostro più sincero augurio
alla sola gloria del Signore.
Guido Mathieu
SUI DISORDINI
DEL NORD IRLANDA
Belfast, Irlanda del Nord (soepi) — Lex
presidente della Chiesa, metodista irlandese,
pastore Gallagher, ha vigorosamente affermato che rautenticità del cristianesimo occidentale è messa alla prova sull incudine
della povertà e della razza.
In occasione delLannuale Convenzione,
egli ha detto che l'appello metodista di offrire un giorno del proprio salario per la
campagna mondiale contro la povertà è
« quasi una bestemmia » dato che per lui la
co.sa non rappresenta che « appena poco più
di un 0,2.5% del suo reddito ».
Di fronte al week-end di sangue del recente conflitto protestante-cattolico (177 persone ferite e danni ingenti) il pastore Gallagher, che c un convinto promotore di una
buona intesa fra cattolici e protestanti nel
Nord Irlanda, ha chiamato tutti i cristiani
deirUlster « ad assumere le loro responsabilità a favore della pacificazione ».
Nel ricordare l’interesse mondiale sollevato dai recenti disordini politico-religiosi in
quella regione a maggioranza protestante,
Gallagher constata che solo da poco tempo
« i cristiani hanno cominciato a rendersi
conto di esserne paraialmenle colpevoli...
Abbiamo schivato le nostre responsabilità, e
non abbiamo voluto comprometterci quando
agitatori e reazionari hanno dato il via ».
5
24 gennaio 1969 — N. 4
pag
IL PRIMO PREDICATORE Eì^ANGELICO ALL4^4DlO ITALIA^A: PAOLO B0S/0^_
--------------------iJii
,,i Í-W-.. •' ii« ■ .t lì X-T '
Un grido di riconoscenza
’’Benedici, anima mia, l’Eterno
e non dimenticare alcuno dei
suoi benefici” (Salmo 103: 2).
Fra tutti i Salmi il 103 emerge
per ispirazione e nobiltà. Teodoro
di Beza commentandolo diceva che
si sente che David quando scriveva
questo meraviglioso dialogo con la
propria anima, era, come trasportato fuori di se stesso e respirava l’atmosfera del Paradiso.
La nota fondamentale del Salmo
è quella della riconoscenza a Dio.
Il Salmista richiama se stesso al dovere, purtroppo tanto trascurato,
della riconoscenza al Signore per
tutte le sue benedizioni. Si può dire che il Salmista faccia vibrare tre
note fondamentali in questo suo richiamo :
1) La prima nota: NON DIMENTICARE! Egli sa quanto sia
facile per l’uomo, dimenticare; specialmente dimenticare il sacro dovere della riconoscenza. Molto facilmente trascuriamo questo dovere
verso gli uomini che vediamo; quanto più lo trascuriamo verso Dio che
non vediamo.
L’uomo sa essere attaccato ai suoi
rancori, ai suoi odii e non c’è pericolo che li dimentichi. Talvolta li
tiene in cuore per anni, aspettando
l’occasione di manifestarli. Fossimo
pur cosi tenaci nel ricordare quei
che ci hanno beneficato, per cercar
di mostrar loro la nostra riconoscenza. Non dimenticare ciò che
Dio ha fatto per te, dice il Salmista alla propria anima. Non essere
un ingrato.
2) . La seconda nota che il Salmista tocca nel suo Salmo è una nota molto pratica. Quanti MOTIVI
DI RICONOSCENZA verso il Signore vi sono nella tua vita, si dice
egli. E, per esser certo che quei
motivi di riconoscenza siano bene
evidenti, egli li enumera rapidamente :
« L’Eterno ti ha protetto nei pericoli: l’Eterno ha saziato di beni
la tua bocca. Nella sua Provvidenza Dio non abbandona i suoi figli e
veglia su loro e non lascia loro mancare il necessario per la vita ».
Inoltre, continua il Salmista,
« l'Ftcrno perdona le tue iniquità ».
La misericordia di Dio è infinita e
la sua pazienza senza limiti. Invece
di abbandonare il peccatore a se
stesso, il Signore perdona e perdona ancora.
Noi, fratelli, che in Cristo abbiamo ricevuto la buona novella del
perdono ilei nostri peccati, siamo
in grado di comprendere meglio ancora ilei Salmista, quanto grande
sia (juel beneficio. Chi conosce la
pace che riempie il cuore di colui
che per fede in Cristo si è posto all’ombra della sua Grazia ed ha ottenuto il perdono dei suoi peccati,
può ripetere con tutta la forza di
Una maravigliosa esperienza, il grido del Salmista: «Benedici, anima
mia, il Signore... ».
Ma l’Eterno ha fatto di più ancora per il peccatore. « L’Eterno, prosegue il Salmista, sana tutte le tue
infermità... Egli ti fa ringiovanire
come l’aquila... ». Di un peccatore
che si trascinava oppresso dalle sue
debolezze, dalla malattia mortale
che travaglia il suo spirito; di un
peccatore costretto a ripetere con
S. Paolo: « ...il bene che io voglio
quello non fo; ma il male che io
non voglio, quello io fo... », il Signore ha fatto una nuova creatura
che tende verso l’alto, portata dalle ali della fede! Una creatura trionfante che può ripetere con l’Apostolo: «Io posso ogni cosa in Cristo che mi fortifica ».
Il Signore veglia su quelli che
sono suoi. Egli non li abbandona, li
protegge, li benedice, li arricchisce
spiritualmente. Non dimentichiamo
tutti quei motivi di riconoscenza
Verso Dio, ammonisce il Salmista.
« Anima mia benedici l’Eterno e
non dimenticare alcuno dei suoi benefici ».
3) Benedici il Signore. Ecco la
terza nota che il Salmista fa vibrare. Benedicilo, cioè DIGLI GRAZIE DEL CONTINUO. Benedicilo,
cioè manifesta la tua riconoscenza
in ogni modo : con le labbra, col
cuore, con la mente, con lo spirito
tuo e con le tue opere. Salga del
continuo a Dio il profumo della tua
riconoscenza.
Uno dei primi doveri ebe noi insegnamo ai nostri bambini è quello
della riconoscenza. Noi insistiamo
perchè i bambini dicano « grazie »
a chi offre loro qualcosa. Questo fa
parte della loro necessaria educazione morale. Dimenticheremo noi
di dire grazie a Colui che ci ricolma dei suoi doni preziosi? — Chi
trascura questo dovere si pone fuori dalla comunione con Dio.
Possiamo offrire così poco al Signore. Offriamogli almeno e del
continuo, il nostro « grazie » dal
profondo del cuore. « Anima mia
benedici il Signore! ». — Insieme
col grazie del cuore, offriamogli il
nostro servizio in tutto ciò che può
essergli gradito. Mostramogli la nostra riconoscenza col testimoniare
della nostra fede, con l’amare e servire il prossimo, col lavorare per
stabilire il suo Regno sulla terra. Sia
il ringraziamento accompagnato dall’offerta del nostro volonteroso servizio.
È cosa nota agli studiosi delle Sacre Scritture che gli Apostoli, nelle
iiimiiiiimiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiMiiiimiii
loro Epistole tornano a raccomandare per ben 37 volte ai fedeli di
render grazie d’ogni cosa a Dio e di
perseverare nel continuo rendimento di grazie; perchè ciò è gradito a
Dio.
Non soltanto dobbiamo essere riconoscenti al Signore quando il nostro cielo è sereno; ma anche nell’ora della prova e del dolore. Perchè il vero credente ha compreso
che il Signore fa concorrere tutte le
cose al vero bene di quelli che lo
amano; anche le prove dolorose.
Come l’oro prezioso viene affinato
attraverso il crogiuolo ardente, così
Dio permette che molte prove affliggano i suoi figliuoli per affinare
lo spirito loro e prepararli ad una
vita più alta.
Quando un credente è giunto al
punto di poter render grazie a Dio
anche nelle sue prove più dolorose,
allora veramente la Grazia di Dio
è all’opera in lui.
* * *
Ecco, fratelli miei, le tre note
che il Salmista fa vibrare nel suo
Salmo della riconoscenza. Egli richiama se stesso e noi all’osservanza di un dovere fondamentale della
vita religiosa.
Racconta l’Evangelo di S. Luca
(17: 11) che un giorno Gesù incontrò, lungo la via, dieci lebbrosi.
Non appena lo videro, i lebbrosi si
misero a gridare : « Gesù, Maestro,
abbi pietà di noi ». Gesù ordinò che
andassero a mostrarsi ai sacerdoti
assicurando loro che sarebbero guariti. E mentre andavano, ubbidendo per fede a Gesù, essi furono guariti.
Ma su dieci lebbrosi così beneficati, uno solo tornò per ringraziare
Gesù! — E Gesù esclamò tristemente: « I dieci non sono essi stati
tutti mondati? Ed i nove altri, dove sono? ».
Dove sono quei nove decimi dei
beneficati, i quali non ringraziano
mai Dio per i suoi benefici? Dove
sono i beneficati senza gratitudine?
Quanti uomini ricevono da Dio ogni
benedizione temporale o spirituale,
ma non dicono mai il loro « grazie » al Signore.
Possa il richiamo del Salmista
servire a farci meglio comprendere
i nostri doveri di riconoscenza al
Signore. Salga dal profondo del nostro cuore alle labbra il grido del
Salmista: « Anima mia benedici il
Signore e non dimenticare alcuno
dei suoi benefici ». Amen.
Paolo Bosio
lnT25 anni una sola predicazione, di Vittorio Subilia, é stata respinta dalla censura
L’ecumenismo, ieri e oggi
La mattina della domenica 12 febbraio 1944 veniva
trasmesso il primo culto evangelico da radio Roma : da
allora ad oggi, sia pure con qualche variazione d'orario,
l'appuntamento è stato costantemente mantenuto. Una
sola domenica si è dovuto procedere a una sostituzione
in extremis, perchè il testo della predicazione presentato alla RAI era stato respinto dalla censura. In al
gue ; ma 'non passò'. Varrebbe dunque la pena di chiedersi perchè oggi questo fratello, nella sua riflessione
evangelica, si vede con dolore costretto a pronunciare
sul cattolicesimo postconciliare ( i gruppi del 'dissenso'
rappresentano tuttavia, almeno in parte, una linea nuova,
in divenire, che andrà valutata più a fondo e con più respiro) — e in qualche misura sull'ecumenismo odierno
tri casi la censura ha imposto tagli e ritocchi, ma questo ,, che pare essergli ormai legato, rinnegando molti dei
è stato il solo caso di un rifiuto in blocco. Era la domenica 17 gennaio 1954, il culto — il cui testo era poi stato
pubblicato sul consueto foglio settimanale — era stato
preparato .dal prof. Vittorio Subilia. Ci pare interessante
pubblicare, accanto alla prima predicazione radiotrasmessa, l'unica finora non radiotrasmessa.
Non a puro titolo documentario. La situazione 'ecumenica' attuale rende significativo e il testo e il veto
della censura : un testo che 'qui e ora' non sarebbe più
scritto così, non da quella penna ; un veto che oggi non
sarebbe più opposto, non a un testo come quello.
Dedichiamo dunque questa pubblicazione ai molti,
nell'evangelismo e nel cattolicesimo nostrani, che amano
individuare in Vittorio Subilia e nella linea che a lui si
richiama un gruppo di nostalgici attardati e polemici,
non ancora pervenuti all'illuminazione dell'ecumenismo.
Quando ancora le nostre comunità e la Chiesa Valdese e
gli altri raggruppamenti evangelici italiani nel loro insieme, condividendo il provincialismo teologico italiano,
non sapevano vedere altro che il cattolicesimo nostrano
cui rispondevano con decisa polemica, soltanto alcuni
pochi fra noi. e fra loro V. Subilia riflettevano più a fondo, sentendo fermentare il rinnovamento che urgeva, anche nella teologia cattolica d'oltralpe. Era V. Subilia che
nel 1948 pubblicava un denso, appassionato volumetto
su « Il movimento ecumenico », così umilmente 'confessante', così privo di boria e autosufficienza 'confessionale' ; ma non andò a ruba, fu 'scoperto' assai più tardi.
Era lui che nel 1954 preparava la predicazione che se
In questa domenica 17 gennaio
non possiamo ignorare, anche e
proprio qui davanti al microfono
della radio, che i cristiani di tutto
il mondo e di tutte le confessioni
consacrano la settimana che inizia domani e che va dal 18 al 25
gennaio alla « preghiera per la riunione della cristianità divisa ».
Tutte le chiese che costituiscono il
Consiglio Ecumenico, vale a dire
le chiese Ortodosse e le chiese
Protestanti, partecipano con concentrato interesse alla Settimana.
La chiesa Cattolica partecipa ugualmente a questo « sforzo d intercessione reciproca e di comunione nella preghiera »; la Settimana è annunciata dall’« Osservatore Romano » e trasmessa dalla
Radio Vaticana, a Roma sarà aperta domani sera alla chiesa del Gesù da Padre Lombardi.
Da parte cattolica è stato lanciato un appello redatto quasi intieramente dall’Abate Couturier,
deceduto alcuni mesi or sono, in
cui si dichiara: « Siamo di fronte
a un fenomeno storico nuovo, uni
co nella storia della cristianità:
da tutti i gruppi cristiani salgono,
indipendenti, parallele, immense
forze spirituali d’intercessione
convergenti tutte sulla stessa immensa distretta della separazione
dei cristiani e sullo stesso intenso
desiderio: che avvenga l’unità visibile del Regno di Dio quale il
Cristo la vuole e con i mezzi che
Egli vorrà ». L'appello invita tutti
i cattolici a unirsi nell’intercessione per l’Assemblea che si terrà
l’estate prossima a Evanston, a
cui saran rappresentate tutte le
chiese del Consiglio Ecumenico,
che viene definito « un’opera dello
Spirito Santo ».
Il Consiglio Ecumenico da parte sua ha lanciato a tutte le chiese
che lo costituiscono un vigoroso
appello perché i cristiani di lingue
e di confessioni diverse si uniscano per supplicare Iddio di abbattere le barriere che separano i
suoi figliuoli gli uni dagli altri.
Veramente vien fatto di domandarsi, come ha scritto proprio in
questa settimana il direttore di
suoi moventi originari un giudìzio severo, in una prO'
spettiva riformata ; varrebbe la pena di chiedersi come
mai la sua riflessione sul cattolicesimo contemporaneo
gli va suscitando larga udienza all'estero, ove queste sue
opere sono tradotte e diffuse in varie lingue. Ma è più facile risuscitare dopo decenni di letargo un pancristianesimo del tutto avulso dalla storia, oltre che dalla nostra
linea riformata, o folleggiare in concelebrazioni neo-ecumeniche, godendo di un quarto d'ora di pubblicità in cui
trova ristoro (a qual prezzo?) il complesso d'inferiorità
di noi travets della cultura religiosa italiana.
Dunque, questo testo nel 1954 era talmente in contrasto con l'atmosfera cattolica ufficiale, che non è passato alla censura. Oggi passerebbe: non perchè le speranze che esprimeva, in spirito di fede e di preghiera,
s! siano realizzate e ci sìa dato di vivere un'èra evangelicamente nuova ; oggi quelle speranze sono state frustrate, quei valori sono stati corrotti e inflazionati, oggi
l'opinione pubblica, la stampa e la radiotelevisione ripetono in coro quelle tesi, tuttavia con impostazioni e significati profondamente diversi, riducendo alla piattezza dei
nostri compromessi e del nostro buon vivere quello che
non può essere che il miracolo dello Spirito rinnovatore.
La situazione è così mutata, che oggi l'esigenza evangelica impone di dire una parola del tutto diversa. Non che
l'esigenza allora espressa non sia più vera, nè sia superata ; ma nel contesto attuale quelle parole, lette in buòna o meno buona fede attraverso rosee lenti ireniche,
potrebbero non sortire altro effetto che portare legna al
male ispirato fuoco di certi 'ecumenici' dì oggi.
una valorosa rivista francese, se
non siamo di fronte all’avvenimento più importante e più carico
di significato della storia della
chiesa nel nostro secolo. La chiesa
di Cristo, che aveva ricevuto vocazione di chiamare gli uomini alla
comunione fraterna, non è rirnasta fedele alla consegna e ha innalzato sul suo proprio terreno
delle mura senza porte: muraglie
d’incomprensione, di diffidenza, di
accusa e di condanna reciproca
fra coloro che dovevano essere
fratelli, muraglie secolari, massiccio, sorde a ogni voce che si alzasse dall’una o dall’altra parte.
Il fatto nuovo a cui assistiamo
oggi è questo: dopo dieci e dopo
quattro secoli dal di qua e dal di
là delle mura i fratelli diventati
nemici pregano gli uni per gli altri e chiedono a Dio di concedere
loro la grazia di ritrovarsi e di riconoscersi fratelli. Chi potrà valutare abbastanza la portata dell’avvenimento?
Noi vogliamo associarci a questa intercessione comune e lo fac
ciamo « con emozione, con gratitudine, con una immensa speranza ». Ma prima di pregare dobbiamo riflettere. Non è mai facile pregare. È stato detto che la preghiera è la più alta fatica per l’uomo.
E la difficoltà della preghiera si
manifesta in maniera particolarissima in questa preghiera per l’unità della chiesa.
Non si prega se non per ciò che
si spera. Ora si può pregare questa preghiera con una falsa speranza e con una retta speranza.
L’autore dell’articolo che ho citato dice: « Noi preghiamo per
l’unità quasi dappertutto, quasi
sempre, con la segreta speranza,
più o meno cosciente, più o meno
ingenua, che Dio ^adagnerà tutte
le chiese alla verità della nostra
chiesa ». Così può accadere che i
cattolici cedano alla tentazione di
chiedere a Dio di convertire i dissidenti e di farli ritornare nel
grembo della chiesa madre, che
sola, grazie al suo magistero infallibile, possiede l’autorità di definire le verità della fede. Può accadere che gli ortodossi cedano alla
tentazione di chiedere a Dio di
concedere a tutti i cristiani di accogliere la verità ortodossa quale
è stata custodita nella sua integrità dalla sola chiesa rimasta inalterata dal tempo degli apostoli. Può
accadere che i protestanti cedano
alla tentazione di chiedere a Dio
di riformare tutte le altre chiese,
spogliandole delle soprastrutture
umane posteriori e facendole ritornare alla semplicità del Cristianesimo primitivo, quale è rappresentato dalle loro chiese.
Tentazione: perché allora significherebbe pregare sulle traccie
del Fariseo nel 'Tempio, confidando
in sé stessi d’essere giusti e disprezzando gli altri e dicendo:
— Ti ringrazio, o Dio, che la mia
chiesa non è come le altre chiese,
infedeli e corrotte e eretiche, abbi
pietà delle altre chiese e trasformale in modo da renderle tutte
simili alla mia chiesa —. Una preghiera di questo genere non sarebbe allora che una espressione di
più del nostro farisaismo religioso
e del nostro imperialismo ecclesiastico. E Dio non potrebbe certamente esaudirla.
Una preghiera che voglia avere
per fondamento la preghiera di
Cristo — Che siano tutti uno...
perfetti nell’unità — non può che
essere animata dallo spirito di
Cristo. Se le chiese cristiane vogliono conservare con avidità le
proprie strutture ecclesiastiche e
(continua in 8“ pagàia)
SE CALVINO VEDESSE...
Cattolici nell'AinlitoirB
di Ginevra
Per la prima volta dopo la Riforma
un culto comune fra cattolici e protestanti, là dove Calvino aveva preparato le frecce contro il "papismo"
di tutta Europa.
Ginevra (spr) - Per la prima volta,
dopo la Riforma, dei cattolici romani
e dei protestanti hanno celebrato un
culto in comune nelTAuditoire di Calvino, a Ginevra. I membri della Chiesa protestante olandese della città e
cattolici olandesi hanno partecipato
a questa cerimonia, la domenica 19, in
occasione della settimana di preghiera per l’unità cristiana.
Il culto è stato presieduto dal past.
van den Heuvel, direttore del Dipartimento di comunicazione del Consiglio ecumenico delle Chiese, e dal p.
Pranciscus Dirk, sacerdote di una parrocchia di lingua tedesca a Biel (Giura bernese), il quale è responsabile
della pastorale dei cattolici olandesi
del sud-ovest della Svizzera.
AlTAuditoire, un tempo cappella medioevale conosciuta sotto il nome di
« Notre-Dame-la-Neuve », Giovanni Calvino diede i suoi corsi e pronunciò le
sue predicazioni; là pure i rifugiati
protestanti di lingua inglese celebrarono i loro culti, guidati da John Knox.
Ai tempi di Teodoro di Beza, il successore di Calvino, questo edificio divenne il cuore dell’università di Ginevra.
Durante oltre due secoli gli studenti
in teologia dell’università seguirono i
loro corsi alTAuditoire.
Dieci anni or sono, dopo notevoli
lavori di restauro intrapresi dall’Alleanza Riformata Mondiale, l’Auditoire di Calvino è stato consacrato come
un nuovo centro commemorativo per
i riformati e i presbiteriani di tutto il
mondo.
Oggi, numerose comunità straniere,
fra cui la Chiesa di Scozia, la Chiesa
evangelica valdese e la Chiesa riformata olandese utilizzano questo luogo di culto.
6
-pag. 6
N. 4 — 24 gennaio 1969*
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
POMARETT
Recentemente abibamo celebrato il servizio funebre di Tron Carlo, originario di
Frali, deceduto in tarda età; Ribet Renato,
ancora giovane stroncato da un male incurabile; Baret Serafino, di Combavilla, sofferente da lungo tempo; Peter Corrado, deceduto all’età di 93 anni. Di origine svizzera,
venuto in Italia nel 1908 aveva lavorato come impiegato al cotonificio e sempre molto
affezionato alla sua chiesa di Pomaretto;
sino all’ultimo ha sempre parlato della sua
comunità, delle sue opere sociali, dei casi
più disperati. Come è vissuto, nella, linea
della più rigida coerenza di fede e di onestà, anche il servizio funebre si è svolto con
estrema sobrietà e la famiglia ha preferito
offrire dei fiori concreti di amore per le opere della chiesa cosi ripartiti: L. 100.000 per
il tempio; 25.000 per la Scuola Materna;
25.000 per la Scuola Latina; 25.000 per
l’Ospedale; 25.000 per la Casa deUe Diaconesse; 25.000 per l’Asilo dei Vecchi di San
Germano; 25.000 per il Convitto di Pomaretto. Lo ricordiamo con riconoscenza quale
fedele fratello in fede. Alle famiglie nella
prova il nostro pensiero di viva simpatia.
S.O.S. - Scuola Latina. — In occhione
del XVII febbraio i giovani si sono impegnati ad andare in ogni casa per la raccolta
di «¿Terte per la Scuola Latina: quest’anno
la comunità deve versare un mezzo milione
per gli Istituti di Istruzione Secondaria. Siamo lieti di dirvi che la Scuola Latina risponde felicemente alla sua missione con 85
alunni di cui un gruppo che proviene dalla
penisola e dalle famiglie degli emigrati. Siamo certi che ogni membro di chiesa vorrà
versare per questa Istituzione almeno la cifra di L. 1.000; se la cifra non fosse raggiunta avremo contribuito alla sua chiusura
per il nostro disinteresse. Noi attendiamo
con fiducia la risposta generosa della comnità. Siamo certi ®he i giovani saranno incoraggiati nella loro missione.
Il problema del XVII ferraio è stato discusso in sede di Concistoro coi giovani e
coi responsabili : il discorso si è naturalmente spostato sul problema della Chiesa e
della sua missione oggi; infatti il 27/1 si
terrà un’assemblea che discuterà il tema della chiesa con una tavola rotonda : si contesterà il pastore, l’anziano ed ü membro di
chiesa. Avremo alla vigilia del XVII, dopo
i falò, un incontro in chiesa con tutta la comunità per discutere temi di storia valdese
con riferimento al presente.
La filodrammatica, guidata da Eraldo Bosco, ha fatto una «tournée» alle Valli per
raccogliere dei fondi a beneficio della Scuola Materna. Ringraziamo di cuore i giovani attori per l’impegno con cui hanno assolto al loro compito in collaborazione con studenti del Convitto.
Prossime riunioni: giovedì 30 ai Pons e
venerdì 31 a Pomaretto.
Il culto del 16 febbraio, con S. Cena, sarà
presieduto dal past. Roberto Jahier.
SAN SECONDO
Funerale. — All’Ospedale Evangelico di
Torino, dov’era ricoverata da alcuni anni,
è deceduta la sig.na Elisabetta Cardón, alla
età di anni 96. Era l’unica superstite della
numerosa famiglia del pastore Filippo Cardón. I suoi funerali hanno avuto luogo nel
nostro tempio ü 16 dicembre. La nostra sorella lascia, in quanti l’hanno conosciuta, il
ricordo di una persona di fede non finta e
di una grande bontà.
Visite. — Nel mese di dicembre abbiamo
avuto là gioia di udire il messaggio della
parola di Dio rivoltoci, il 15 dicembre, da
due giovani di Pomaretto e, il 29 dicembre,
dal pastore Giovanni Tron di Montevideo.
Il culto del 12 gennaio è stato presieduto <kl
pastore Enrico Geymet che, nel pomeriggio,
ha anche parlato alle sorelle dell’Unione
Femminile.
Rinnoviamo i nostri ringraziamenti a
questi nostri amici.
Recita. — La sera del 15 dicembre la Filodrammatica di Pomaretto, diretta dal sig.
Bosco, ci ha offerto una bella commedia dal
titolo « Tre maschi e una femmina ». I bravi attori sono stati ripetutamente applauditi.
Le celebrazioni natalizie hanno registrato
una buona partecipazione ai culti ed alla
S. Cena. La Corale ha contribuito alla edificazione del culto di Natale.
La Festa deU’Albero, che si è svolta la
sera del 26 dicembre, ha visto il nostro tempio gremito di grandi e piccini. Ringraziamo quanti hanno contribuito alla buona
riuscita di questa sempre simpatica festa
— I nostri giovani sono stati ricevuti
molto fraternamente dall’Unione Giovanile
di Bobbio Pollice ed hanno trascorso un’altra bella serata coi giovani di Prarostino
scesi fra noi, sabato 18 gennaio.
r lettori ci scrivono
Antisionìsmo
o antisemitismo?
Un lettore, da Pratteln:
Caro direttore,
Abbiamo letto con vivo dispiacere
il commento della « Luce » sulla rappresaglia Israeliana suU’areoporto di
Beirut... Non vogliamo essere fraintesi, non è che noi approviamo qualsiasi rappresaglia o atto di violenza,
ma il vostro commento ci pare che
manca di obiettività specialmente
quando si cita la famosa frase di Mussolini : « Voi avete udito che fu detto : Occhio per occhio e dente l«r
dente. Ma io vi dico: Per ogni dente
che ci romperete, noi vi fracasseremo la dentiera ». Ci sembra che citare questo detto di Mussolini e volerlo applicare ad Israele è ingiusto e
parziale. Se vogliamo parlare di « legge del taglione » nel caso della rappresaglia israeliana conseguenza dell’attentato terroristico di Atene — ^ove e morta una persona! — nella risposta israeliana non è stata applicata
nemmeno la legge del taglione, ci
sembra, perchè qual’è il valore di una
vita umana? 13 aerei distrutti valgono di più di una vita, o una vita vale di più di 13 aerei? O forse il sangue ebraico non ha nessun valore?
Mentre il Consiglio di Sicurezza alle
Nazioni Unite condanna Israele per
le sUe rappresaglie, non dice niente
sull’attentato terroristico di Atene,
non dice niente suUe vittime ^ civili
israeliane — come quelle dell attentato dinamitardo di Gerusalemme avvenuto poco tempo fa. Ripeto. noi
non approviamo i * metodi forti »
che spesso usano gli israeliani, ma
non approviamo il « terrorismo » degli arabi. E ci dispiace veramente
tanto che ci siano dei cristiani che
tacciono di fronte alle vittime del terrorismo arabo e strombazzano tanto
sulle rappresaglie israeliane, ciò ci
pare alquanto « ambiguo »... 0 forse
questi cristiani hanno dimenticato...
si fa presto a dimenticare il passato,
specie quando non vogliamo avere
alcuna parte di responsabilità in questo passato.
Oggi « l’antisemitismo » rinasce,
con nuove forme e argomenti, si parla in giro di « razzismo » israeliano,
di colonialismo, di imperialismo israeliano. Si parla di metodi « nazisti »
usati dalle truppe israeliane nella
guerra del '67 ecc., argomenti che
gli antisemiti divulgano attraverso la
stampa; e ciò che è grave è il fatto
che ci siano dei cristiani che sono
caduti nella trappola degli antisemiti e usano gli stessi argomenti per
diffamare, calunniare Israele. Altra
novità, i « Protocolli dei savi di Sion »
cominceranno a circolare fra breve e
in diverse lingue. In Italia recentemente vi sono state in diverse città
manifestazioni anti-ebraiche, tanto
che se u’è pure parlato al Parlamento. Tutto ciò ci fa supporre che fra
non molto vi sarà un’altra ondata di
antisemitismo, e la tragedia è che i
cristiani vi avranno la loro parte (come sempre).
Pur ammettendo che Israele sbaglia qualche volta, pur ammettendo
che Israele ha commesso i suoi errori, non perderemo mai l’affetto e la
stima che nutriamo per questo Paese
e lotteremo contro l’antisemitismo
con i mezzi che l’Evangelo ci fornisce: verità, carità, giustizia. Non vorremmo che qualcuno pensasse che
siamo contro gli arabi! Essi sono vittime, povere vittime della politica
dei loro capi e dei « grandi » di questo mondo; noi speriamo nel giorno
in cui arabi ed ebrei potranno finalmente intendersi e vivere finalmente
in pace, crediamo in questo giorno!
Con saluti fraterni
Paolo De Caro
Noi restiamo
a bocca asciutta
Caro direttore,
dalle nostre Opere nil chiedono di
segnalare ag'li amici e alle comunità
un equivoco nel quale sembra «he
qualcuno sia caduto. Nella ’ripartizione' delle somme che ogni chiesa è tenuta ad inviare alla Tavola Valdese
vi è la voce « beneficenza » : tale voce concerne esclusivamente « Villa
Olanda », e le varie Opere non ricevono che i doni loro inviati specificatamente, o in modo diretto o a mezzo della amministrazione. A buon intenditor... un saluto da
S.. Firenze.
Digiunare
per la Tavola
Una lettrice, da Londra:
Ricevuto N. 49 « Luce » otto giorni fa. Non mi è sfuggita lettura Dragonate, Cromwell a Drogheda e recentissime dimostrazioni LondonderryUlster per riconoscimento giuridico
diritti civili minoranze cattoliche Irlandesi. Sono titolo personale e come
membro chiesa valdese d’accordo telegramma presidente Sbaffi; poiché
Dio non ci ha dato uno spirito di timidità ma uno spirito di forza, d amore e di saggezza e « perdona fino
a settanta volle sette ». Tolstoi. Mahatma Gandhi, Martin Luther King
sono apostoli nonvìolenza.
Incoraggio dove possibile rinuncia
lunga scadenza un pasto settimana
per coprire deficit 64 milioni chiesa
valdese. Non trovo giusto altri debbano soffrire causa nostra parziale
mancanza di senso responsabdità. Cordiali saluti e auguri a tutti.
Liliana Munzi
PRALÎ
In occasione di Natale, Tassemblea dei ragazzi della scuola domenicale ha deciso di
rinunziare al tradizionale sacchetto natalizio. Il denaro così risparmiato e quello che
i ragazzi hanno raccolto in occasione della
loro serata natalizia (lire 50.000) è stato inviato per la popolazione del Biafra. Si tratta
di una somma modesta, ma l’impegno che
i ragazzi hanno preso e realizzato ha un significato per tutti ed è una indicazione che
oltrepassa la Scuola Domenicale ed i ragazzi.
La serata del 25 dicembre è stata realizzata dagli alunni delle scuole con la partecipazione dei gruppi corali della scuola domenicale e della Chiesa di Frali. Il centro
deirincontro era rappresentato da una recita preparata dalla insegnante Liliana Viglielmo dal titolo « Il raccolto della Signora
Munt » e da alcune poesie sul tema di Natale fatte dai ragazzi della scuola di Ghigo.
La sera del 29 dicembre il M.o Ferruccio
Corsani ha presentato con sensibilità e perizia il nuovo organo elettronico con un concerto ben riuscito sia per l’esectizione che
per il pubblico che affollava il tempio di
Frali. La scelta dei brani eseguiti ha tenuto
conto tanto delle caratteristiche particolari
di un organo elettronico che quelle del periodo natalizio in cui sono state eseguite.
La corale della chiesa di Frali ha eseguito
quattro canti. Speriamo di avere in futuro
altre occasioni per trascorrere una serata con
fratelli italiani o stranieri esprimendo e fortificando la nostra fede con il canto e la musica. Ï1 29 mattina il culto a Ghigo è stato
presieduto dal Past. Giorgio Bouchard ed inserito nel programma di studi biblici del
campo di Agape.
Un buon pubblico ha applaudito la sera
del 12 gennaio la filodrammatica di Pomaretto che, guidata dal sig. Bosco, nel corso
della tournée intrapresa a favore dell’Asilo
di Pomaretto si è recata anche fra di noi.
Ci rallegriamo con Dino e Dina Ghigo
(Ghigo) per la nascita del piccolo Giovanni
avvenuta il 16 gennaio.
Offerte per ^ii alluvionati
in Piemonte
(2° elenco)
Importo elenco precedente: L. 233.000;
Comunità Battista, Firenze, L. 100.000; Comunità Metodista, Firenze, L. 120.000; Comunità Valdese, Firenze, L. 115.000; Casa
Cares, Firenze, L. 27.500; Offerte di non
evangelici, Firenze, L. 7.500; Lilia Malacrida, Como, L. 20.000; Carstanjen Lili ed Elsa, Como, L. 5.000; Peyronel Guido, S. Germano Chisone, L. 10.000; Albarin Emilia,
Roma, L. 1.000; Gottardi Sauro, Torino,
L. 5.000; Chiesa evangelica di lingua italiana, Basilea, L. 20.000; Comunità Metodista,
Trieste, L. 10.000; Comunità Valdese, Bergamo, L. 30.000; Corbo Pasquale, Campobasso, L. 2.000; Falcone Angelo, Giulianova,
L. 5.000; Bounous E. e C., Volavilla, Lire 2.000; Comunità Metodista, Savona, Lire 5.000; Comunità Metodista, Albenga, Lire 2.000; Gruppo Metodista, Vado, L. 1.000;
Silvio Omizzolo, Padova, L. 20.000; Comunità Metodista, Sestri, L. 10.000; Gualtieri
Enrico, Milano, L. 5.000; Mosconi Arturo,
Milano, L. 10.000; N. N., Milano, L. 30.000;
Fam. Signore, Trieste, L, 5.000; Cappello
Ernesto, Roma, L. 10.000. Totale L. 820.500.
Comunità Battista, S. Antonino di Susa.,
30.000; Rivoir Ilda, Torre Pellice, 5.000;
Keller Cinzia e Giampiccoli Lina, Cinisello,.
5.000; Comunità Battista, Marghera, 15.000;
Bevilacqua Savina, Mortara, 12.500; Pasquali Giorgio, Bologna, 5.000; Unione Femminile Valdese di Piazza Cavour, Roma, 30 mila; Comunità Metodista, Portici, 10.000; Comunità Metodista, Savona, 5.000; Comunità
Metodista, Albenga, 2.000; Gruppo Metodista, Vado, 1.000; Casa Riposo « Villa Graziana » e Comunità Battista, Avigliana, 18
mUa; Omizzolo Silvio, Padova, 10.000; N.N.,
con simpatia, S. Germano Chisone, 5.000;
Comunità Metodista, Sestri, 10.000; Negri
Santina, Milano, 5.000; Fam. Signore, Trieste, 5.000; Cappello Ernesto, Roma, 10.000;
N. N., Genova, 100.000; Comunità Valdese,
Ivrea, 62.000; Beux Ettore e Itala, Torino,
5.000; Scuola Domenicale Valdese di Via
Nomaglio, Torino, 20.000; Tulli Renato, Roma, 10.000; Comunità Metodista, Luino,
10.000; Dessy Rina, Mantova, 5.000; Comunità Metodista, Palermo, 30.000; Bagley
E. S., Roma, 5.000. Totale L. 1.297.950.
Nel ringraziare i generosi donatori si informa che questa sottoscrizione si chiuderà
con il 15 febbraio. Dopo tale data verranno
decisi i sussidi, alcuni dei quali sono già
stati erogati alle vittime dell’alluvione del
novembre scorso.
Offerte per le popolazioni del Biafra
(3° elenco)
Importo elenchi precedenti: L. 754.950;
Conti Giovanni, Roma, L. 10.000; Comunità
Battista , Meana dì Susa, 40.000; Panari
Silvio, Cagliari, 1.000; Sorelle Andrei, Firenze, 2.000; Avogadri Tinger Irene, Bergamo, 2.000; GrOlo Rina, Udine, 500; Fam.
Pampuro, Genova, 3.000; Conconi Carla,
Nel ringraziare quanti continuano a niostrare la loro solidarietà con le popolazioni
del Biafra, desideriamo assicurare che tutte
le offerte sono inviate all’apposita Commissione del Consiglio ecumenico che, in collaborazione con altri organismi benefici internazionali provvede a soccorrere le popolazioni del Biafra con medicinali e generi alimentari. Tali aiuti, date le difficoltà locali,
vengono fatti pervenire con voli notturni
che, ai primi di gennaio avevano già superato il migliaio. Purtroppo, nel mese di dicembre uno di questi apparecchi è precipitato provocando la morte delle quattro persone che si trovavano a bordo. Altri 4 apparecchi si sono recentemente aggiunti a
quelli che ogni notte effettuano il ponte aereo per recare i soccorsi che ammontano attualmente a circa 450 tonnellate ogni 24 ore.
Si reputa che per evitare una catastrofe generale occorrerebbe poter trasportare, ogni
notte, un totale di 2.000 tonnellate di alimenti ricchi di proteine e di idrati di carbonio.
iMiiillMlHimilliilililiiii.
uiimiMMiiiiiiMiiiiiiiimmiiiiiiiiiiiiiiniimii limili HI UHI luiimiiiiiHiiMiimMimiiiiimii III
iiimiiiiiiimiiiimi
iiimiiimiHiiHiiimiiiHiniHiii
Il muiimiiHiimiiiiiiiiuiiiiiiiimiMimi
Natale a “Cappella Veechia”
« ...perchè non vi era luogo per loro nell albergo »
(Luca II, vers. 7)
In letizia, semplicità e poco spazio, gli alunni della Scuola Evangelica di « CAPPELLA VECCHIA » hanno celebrato la festa dell’Albero di Natale, nel salone al I” piano della Scuola stessa. Il presidente del comitato, sig. Michele Andreozzi, ha brevemente chisto
ai piccoli, perchè commemoravano U Natale e quale grande ''’atota
esso ha per ciascuno di noi; e... con un Buon Natale, dato dalla
Sig.na Emma Notarbartolo a tutti i convenuti, la festicciola e incominciata. . ., .
Inni e poesie, cantati e recitate con slancio dai piu piccoli della
Scuola Materna e dai più grandi della Scuola Elementare, ci hanno
donato un’ora di gioia e serenità. „ . .
I versetti di Natale: le profezie e la buona novella ripetuti con
chiarezza ed espressione dai più grandi, sono stati ascoltati in silenzio dai parenti ed ex alunni della Scuola, accorsi in gran numero.
Che Iddio benedica e fecondi questo seme alla Sua Giona.
La festicciuola si è chiusa con l’inno: « Sotto splendido stellato » Molte fotografie sono stale fatte scattare. Poi, gli munni, i
strìbuiti nelle loro classi, adornate e risplendenti di steUine ed alberelli, hanno ricevuto un sacéhetto colmo di caramelle, biscotti e
*”^U^*plauso ed un grazie alle instancabili insegnanti delU &uola
ed a tutti coloro che hanno collaborato per la riuscita della testic
Emma Notarbartolo
Il comitato della Scuola evangelica: il presidente Michele
Andreozzi e le consigliere Emma Notarbartolo e AWma Carrozzo; il corpo insegnante; signorine Giuseppina Futía, Rosanna Pucciarelli, Addolorata Toscano, Anna Lombardo e
Carmela Cinquegrana. sm
In un angolo del salone al I piano di Via dei Cimbri 8, durante la festa, un gruppo di genitori e di alunni.
lUiiiiiiiiiMmiilimiiiiiiimmiiimiHiiiiiimiiliixiiiiMimiMiiiiiH
A Cosenza
La comunità di Cosenza assai di rado dà
qualche notizia di se, dato ohe essa è piccola (36 membri comunicanti, più i familiari e diversi simpatizzanti) e nei suoi quasi sessant’annì di vita non ha registrato degli avvenimenti particolari, in quanto che
la sua esistenza e la sua attività si svolgono
sempre nella solita mediocrità. Sotto questo
aspetto essa somiglia a molte altre comunità
e se differisce da alcune è perchè tutt’oggi
in essa non si registra alcun fermento ® contestatario ».
I giovani, però, ci sono (circa una ventina!). Ma molti di loro preferirono vivere
ai margini della comunità. Perciò due anni
fa rUnìone Giovanile ha dovuto chiudere i
battenti. La cosa nuova che ci rallegra a in
ìsperanza » è che quest'anno alcuni giovani
volenterosi si stanno impegnando a stimolare gli altri per incontri, discussioni e azioni in comune, ricostituendo VUnione su Òasi nuove, libere ed aperte. Speriamo che
questa iniziativa glovan le possa valere ad
interessare e ad impegnare cristianamente
tutti i giovani della comunità, e che porti
qualche frutto nella vita della comunità stessa e nella testimonianza deU’Evangelo nella
nostra città.
Recentemente abbiamo brevemente preso
parte, non ufficialmente invitati, ad un convegno di stìidi ecumenici in un paesino vicino Cosenza promosso dal Centro Ecumenico Pastorale della Diocesi di rito greco di
Lungro. E speriamo che per Tavvenire la
nostra partecipazione a incontri di questo
genere possa essere più piena ed attiva. I
giovani ne sono molto interessati.
Altro fatto nuovo è che la Tavola sta acquistando il locale di culto dove da molti anni si riunisce la comunità per le sue attività
e fino ad ora preso in affitto. II locale è piccolo, ma ha il vantaggio di trovarsi sul cor
so principale della città e può servire quale
strumento per la vita e la testimonianza della comunità nella città. Ne ringraziamo il
Signore e gli chiediamo di aiutarci a far valere i doni suoi al servizio per il quale Egli
ci chiama.
In questi giorni ci ha lasciati il fratello
Federico Monaco, uno dei primi e più anziani membri di questa comunità, uno della « vecchia guardia » che tanto si è adoperato per la fondazione e la crescita della
medesima. Dopo più di un anno di inguaribile malattia, si è spento serenamente. Alla moglie ed ai figli rinnoviamo l’espressione della nostra simpatia cristiana, nella speranza consolante della risurrezione e della
vita in Cristo. A.E.G.
DONI ECO-LUCE
Camilla Prassuit Aversa, Chiavari L, 500;
Antonio Pellicciotta, Cesate 2.500; « in memoria di Franco Fontana », Evangelina Albano Zaccaro, Portogruaro, 750; Elsa Legcr
Clapier, Mentoulles 500; Francesco Toma,
Sansevero 1.500; Karl Layh, Germania 400;
Federico Ribet, Canada 2.240; Renato Liverani, Pisa 500; Silvano Baratto, Piverone
500; Raffaele Sgarzi, Napoli 500; Bice Bertarione, Ivrea 500; M. T. Fiorio. Sanremo
450; Elisabeth Krauss, Lido di Camaiore
500; Giorgio Masi, Brescia 1.000; Sabino
Paradiso, Foggia 500; Tabea Bongardo. Albate 300; Frida Gardiol, Trieste 500; Giacomo Avataneo, Villastellone 500; Fernando
Olivero, Villastellone 500; Cinzia Tassoni,
Parma 200; Carlo Roncaglione, Pont Can.
500; Angelo Bonino, Ivrea 500; Paolo Gay,
Chiavari 500.
Grazie! (continua)
RINGRAZIAMENTO
La famiglia Stale, nella scomparsa
Caterina Gagliardino
ved. Stalè (Candida)
di
ringrazia tutti coloro che hanno preso parte al suo lutto.
In modo particolare ringrazia ^ il
Signor Pastore Rogo, il Dottor Enrico
Gardiol che la curò per molti anni, la
Direzione e il personale dell’Ospedale
Mauriziano di Luserna.
Luserna S. Giovanni
(ai Bianchi), 24 gennaio ’69
RINGRAZIAMENTO
I familiari della Cara
Silvia Theiler - Ghigo
nella assoluta impossibilità di rispondere singolarmente ringraziano di cuore tutte le care persone che hanno
preso parte al loro grande dolore.
Torre Pellice, 20 gennaio 1969
AVVISI ECONOMICI
VENDO permuto casa Calabria posizione,
appartamentino Roma con casa terreno
Torre Pellice - Longo via Salerai 21.
00133 Roma.
7
24 gennaio 1969 — N. 4
pag. 7
Una settimana calda per gli euangelici romani
Scambi di pulpito "ecumenici
Sabcitu scorso a S. Maria in Cosmedin un pastore evangelico quasi finiva in commissariato; che avverrà sabato prossimo nel tempio valdese di Piazza Cavour?
Un incendio al Serre d’Angrogna
ff
Abbiamo ricevuto da alcuni membri del- protestanti!). Ma hanno cantato (t Lode all’Al
la chiesa valdese di Roma (Piazza Cavour)
questo « diario » di una settimarui comunitaria agitata, e lo pubblichiamo volentieri:
Domenica 12 gennaio — Dal nostro pulpito ci sentiamo convocare nella antica chiesa
cattolica di S. Maria in Cosmedin, la sera di
sabato 18, per un culto ecumenico, nel corso
del quale avrebbe predicato il past. Mario
Sbaffi. Altri, ad esempio alla comunità battista della Garbatella, lo sapevano già da vari
giorni, noi no. Il sabato successivo altro culto
ecumenico, a Piazza Cavour, e sul nostro pulpito avrebbe predicato un frate cattolico; al
che abbiamo cominciato — almeno alcuni di
noi — a ribollire.
Martedì 14 — Il gruppo interdenominazionale femminile della città ha indetto una discussione sulla predicazione ; la riunione è
riuscita bene come partecipazione (120 persone, che qui sono molte) e vivace come discussione. Il Moderatore Giampiccoli ha fatto
un solido intervento, additando la predicazione come annuncio del Regno hic et nunc,
cioè non come evasione nel futuro ma come
attualizzazione. Il pastore battista P. Spanu
ha invece descritto il pastore X. alla ricerca
di un testo e alle prese con la preparazione di
un sermone : ha rispecchiato la distretta in
cui si trova il predicatore che deve predicare
oggi, scartando i motivi di ieri: ad es., non
è più tanto importante dire che è buona cosa
aiutare una vecchietta ad attraversare la strada, mentre occorre dire la necessità di impegnarsi in tutti i modi a combattere i crumiri;
insomma, un'elica aggiornata, e il motivo è
stato subito collo a volo e la serata si è svolta in ammirazione per le commesse delPUpnn
di Pisa nei loro problemi di lavoro, ecc. Non
diciamo questo con ironia, siamo stati sinceramente toccati dalla serietà di questi problemi, certo troppo ignorati fra noi; ma è evidentemente mancata la parola di autorità e
pensavamo che siamo una razza di vipere :
non sappiamo chi ci stia insegnando a sfuggire
l’ira avvenire, ma stiamo cercando di sfuggirla, gettando tutta la colpa su una società che
vorremmo santa, pur deprecando che sia cristiana! Certo, di operai lì fra noi non ce
n'erano, o ben pochi.
In fine di serata è venuto fuori, incandescente, il problema delle prossime predicazioni dell’Ottavario di preghiera, ed è stata indetta una libera riunione nell’aula magna della
Facoltà di teologia, per la sera di giovedì.
Giovedì 16 — Libera nonché confusa assemblea, presieduta dal prof. Giorgio Peyrot.
S<HM>-state avanzate varie proposte circa il m<v
do di ostacolare la iniziativa, presa dal consiglio dei pastori di Roma senza consultare le
comunità: a) chiedere la parola nel corso della
riunione in S. Maria in Cosmedin o che fossero ammesse libere preghiere: in caso di rifiuto. uscire (gruppo della Garbatella); b)
preparare dei manifestini di contestazione;
c) occupazione della chiesa (gruppo dei giovani.s.sinii): d) rivolgersi ai pastori chiedendo
loro di sospendere il lutto, o almeno la riunione a Piazza Cavour, fidando nella loro
sensibilità pastorale. E’ rimasta in piedi la
soluzione a manifestini ».
Venerd'ì 17 — Altra serata di discu.ssione,
in aula magna della Facoltà, sul testo di questi volantini. Queste serate sono state ricche
di grandi parole, pareva che la chiesa stesse
per crollare travolgendo la società: una tale
inflazione, non solo in questo caso, di parole
programmatiche, che a un certo punto ci si
chiede se Paolo non pensava a noi quando
raccomandava di essere sobri. Alla fine è
stato varato ([uesto documento, da distribuire
Findòmani :
CRISTO CI HA AFFRANCATI PERCHE’ FOSSIMO LIBERI (Ep.
Calati 5,1)
« Essere chiamati a libertà » oggi per
noi significa che il superamento dei
vecchi schemi polemici non si risolve
nella soggezione a nuovi schemi ecumenici prefabbricati.
Per questa ragione ;
RIFIUTIAMO ogni forma di trionfalismo ecumenico, perchè siamo convinti che la preghiera comune deve
essere espressione di una fede in Cristo maturata attraverso incontri già
portati avanti a livello di comunità.
PENSIAMO che il clima di apertura ecumenica non può consentire il
soffocamento dei nuovi tentativi di
esperienza cristiana che nascono nella realtà attuale.
RITENIAMO che questo ecumenismo ufficiale distragga l’attenzione dei
cristiani dai luoghi di divisione e di
lotta e costituisca una copertura alla
situazione di complicità oggettiva in
cui le chiese si trovano implicate con
le strutture oppressive della società.
Proponiamo pertanto che il prossimo incontro, programmato per sabato 25 p.v. alle ore 18,30 nel tempio valdese di piazza Cavour, sia trasformato
in una libera discussione su questi
temi, come inizio di un esame da proseguire in incontri successivi.
XJn gruppo di Evangelici e di Cattolici
di Roma
Roma, 18 gennaio 1969
Sabato 18 — Siamo andati. La bella chiesa era piena, i nostri erano parecchi; abbiado notato molti pastori, quello scozzese (riformato) .sfoggiava i suoi paludamenti viola,
fra gli officianti; diaconesse luterane e gradi
vari dell’Esercito della Salvezza. C’era una
madonna bizantina che guardava il tutto con
occhi ancora più grandi del solito e un crocifisso più triste che mai (che ci fossero i
tissimo » e anche un altro inno che ora ci
sfugge (del revival, naturalmente) e questa
era una bella testimonianza! Poi hanno detto il Credo e hanno detto che credono « la
santa chiesa cattolica », si capisce usavano la
parola per dire « universale », come abbiamo
(noi) imparato al catechismo che bisogna intendere. E nessuno ha detto, fra i denti, « spelonca di ladroni », perchè erano così felici,
si sentivano così in pace, finalmente ricongiunti con gli altri italiani, perdonandosi a
vicenda di cuore e pensando che, sì, forse i
cattolici avevano acceso un pochino dì roghi,
ma adesso non l’avrebbero fatto più, dovevano essere perdonati, e del resto anche Calvino ha fatto le sue, martiri di qua, martiri
di là, il mondo va avanti, bisogna essere al di
sopra di queste cose. Che cosa si può dire
di Dio; che sia per noi? Figurarsi, Lui è
per tutti. Non sono cose che diciamo per
scherzo, sono le argomentazioni sentite qua
e là, prima e dopo l’irenico incontro.
Fuori eravamo parecchi. Era seria, questa
massa di gente silenziosa, preoccupata, triste,
ferita dai suoi pastori. C’erano anche dei cattolici. E’ stato poi detto che si era impedito
a protestanti di entrare, ma non è vero. Sì
era lì, non si sapeva bene che fare per esprimere il proprio dissenso e la propria tristezza; qualcuno proponeva di cantare « Forte rocca... », ma non lo si è fatto, per non disturbarli. Infine il past. Paolo Spanu, che ne era
stato incaricato dalla sua comunità battista
della Garbatella, è entrato e ha domandato
di poter dire « una parola da parte di una
chiesa evangelica »; subito alcune voci di officianti hanno superato la sua dicendo : « preghiamo, preghiamo! »; poi si sono messi a cantare. I nostri che erano entrati sono stati
ferrai, seduti. Voleva semplicemente dire che
non tutti noi evangelici eravamo d’accordo su
quel che si stava facendo.
Le ragioni per cui non si era d’accordo sono state poi stese in un altro volantino, diffuso Findòmani ai culti; ma forse la ragione
profonda è presupposta, doveva essere intuibile, si ha il pudore di dirla. Poliziotti in
borghese hanno avvicinato P. Spanu, un commissario gli ha chiesto i documenti, che non
aveva, e lo hanno portato fuori, fatto salire
su una macchina e volevano condurlo al commissariato (c’erano due furgoni della polizia,
nei dintorni); ma in molti ci siamo messi
attorno alla macchina, che non ha potuto partire. Poi è uscito il past. M. Sbaffi, aveva la
toga, chissà se lo hanno preso per un prete:
dopo lunghe discussioni lo Spanu è stato rilasciato e se n’è andato a casa. E’ stato fermato pure uno studente in teologia, E. Scarinci, il quale aveva in mano i volantini e
imprudentemente era uscito dall’androne (dentro si possono distribuire, fuori no), ma poi
è stato rilasciato; speriamo non piova una
multa...
Domenica 19 — Dal pulpito viene annunciato che ci sarà qualche cambiamento nella
liturgia della riunione di sabato prossimo;
la liturgia sarà quella valdese e al culto (in
cui dovrebbe predicare un religioso cattolico)
seguirà una discussione nella sala attigua.
In occasione dei culti vengono distribuiti volantini riportanti il testo che segue :
Ieri le autorità ufficiali del cristianesimo romano (Vicariato ed alcurii
pastori in rappresentanza del consiglio dei pastori) hanno tenuto, alla
presenza di numerosi fedeli una riunione ecumenica di preghiera per l’unità
dei cristiani.
Un gruppo altrettanto numeroso di
credenti, cattolici e protestanti, hanno
manifestato con un volantino il lorò
dissenso per una iniziativa che aveva
queste precise caratteristiche :
1) Era organizzata dai vertici senza nessuna consultazione delle comunità (nè cattoliche nè protestanti).
2) Era organizzata nei minimi dettagli in modo che nessuna reale comunione o comunicazione o contatto
di fratellanza spontanei fossero possibili tra cattolici e protestanti.
3) Il responsorio, che passivamente i presenti sono stati sollecitati a
recitare, parlava del peccato e della
divisione conie se questi risiedessero
nel fatto generico di essere gli uni
cattolici e gli altri protestanti: senza
accennare neanche ai grandi peccati
del mondo di oggi, dei quali i cristiani
sono tutti corresponsabili (guerre,
sfruttamento, compromesso economico con la società, ecc.).
4) L’unità veniva concepita altrettanto genericamente; come riunione
di cattolici e protestanti che chiedevano ipocritamente perdono per la divisione anziché ricercarne i motivi di
fondo e su di essi discutere.
La riunione, era validamente presidiata dalla polizia in borghese, che è
subito intervenuta per allontanare un
pastore evangelico dalla chiesa, quando questo, al termine del sermone ha
chiesto di parlare nel nome del Signore. Mentre faceva più volte questa richiesta l’ufficiante cattolico, ignorandolo, copriva la sua voce invitando i
presenti a pregare.
A questo punto è intervenuto un
commissario in borghese, conducendo
fuori il pastore per portarlo al commissariato.
Di fronte a questo fatto l’atteggiamento degli evangelici presenti nella
chiesa è stato completamente passivo :
hanno continuato a pregare come se
nulla fosse successo.
Cosa significa questo?
Possiamo ammettere che la polizia
ci impedisca di parlare alla luce di
quella libertà predicata da Cristo?
Cosa significa essere liberi in Cristo?
Incontriamoci e parliamone insieme.
Sabato alle ore 18,30 nel tempio di
piazza Cavour.
Un gruppo di fratelli presenti alla
riunione.
Roma 19 gennaio 1969
Lunedì 20 ■— Si profila un ripensamento;
forse la riunione di sabato sarà sospesa del
tutto; sarebbe molto bello, quello che effettivamente avevamo subito sperato.
Mercoledì 22 — I pastori valdesi della città sarebbero pronti a recedere dal programma, ma gli altri si oppongono decisamente:
tutto è organizzato., gli accordi sono accordi.
Il gruppo dissenziente si riunirà di nuovo in
assemblea domani sera, per concordare Fazione per sabato.
I più giovani insistono molto sull’aspetto
politico (e certo, come si può, proprio nel fermentare attuale del dissenso cattolico, preferire i contatti con la gente di Curia?), è quello che oggi scalda maggiormente gli animi;
assai più debole — ed è peccato .— la dialettica sul piano teologico.
La settimana dell’unità del corpo di Cristo sta diventando — polizia a parte — la
settimana più cruenta dell’anno!
...............
Molti lettori avranno già avuto
notizia dai quotidiani torinesi del
furioso incendio che nella mattina
di venerdì 17 gennaio u. s. ha
distrutto due abitazioni al Serre di
Angrogna, occupate dafie famiglie
di Malan Felice e Odin Carlo.
Quando, per cause imprecisate, si
è svRuppato l’incendio, la maggior
parte della popolazione era al mercato, e prima che ,i pompieri fossero sul posto le fiamme avevano
già raggiunto una proporzione tale da rendere difficile l’opera di
spegnimento, opera complicata
dafia scarsezza d’acqua, perchè
purtroppo i nostri viUaggì non sono dotati di riserve per simili
emergenze.
I pompieri sono ancora riusciti a salvare, sia pure ustionate, 3
deUe 4 mucche dei Malan, ma le
abitazioni sono andate distrutte e
le due famìglie hanno perso praticamente tutto, rimanendo nel cuore defi’invemo con quanto avevano addosso.
La famiglia Malan è composta
dal capofamiglia operaio alla OPL
di Luserna San Giovanni, dalla
moglie Marcella e dai figli: Eric
che compie il suo servizio militare
come pompiere a Pinerolo (ed ha
dovuto venire a spegnere l’incendio
della sua casa!). Dina in servìzio
a Torino, Nadia studentessa alla
Casa Gay di Torre Pellice e Mauro
di tre anni. Mentre la famiglia Odin è composta dal capofamiglia contadino, da tempo
ammalato, daUa moglie Erica e dai figli Renzo di 7 anni ed Ivana di 5.
Nei giorni seguenti le famiglie colpite sono state circondate dalla solidarietà di molti
che hanno portato indumenti e generi di prima necessità. E’ però urgente e necessario
aiutare questi fratelli in fede a ricostruire la
propria casa ed a tal fine si è costituito un
comitato composto dal Sindaco Silvio Bertin;
dal parroco Don Ricca e dai pastori Taccia e
Coisson che ha indetto una sottoscrizione, rivolgendo un appello a tutti perchè rispondano con generosità e con tempestività.
Le offerte possono essere recapitate ai membri del comitato o versate sul c.c.p. n. 2/44259
intestato a Chiesa Valdese di Angrogna Serre
10060 (Torino) specificando la causale del
versamento.
ii<imiiiiiiiinimitiiiiiiii"imiiiiiiiiitiMiiiiii> ’>
In occasione della visita di Paolo VI all’ltalsider di ìaranto
Un manifesto dei itiovani valdesi tarantini
I mille manife.sti che osannavano
all’arrivo del papa a Taranto vanno
ormai scomparendo, via via ricoperti
e sommersi dalla pubblicità e dalle locandine di spettacoli vari; ma è ancora viva l’eco di quella visita.
Un articolo apparso il 29 dicembre
1968 sul giornale locale, il « Corriere
del Griomo », ci fornisce l’occasione per
far sapere agli evangelici d’Italia che
i giovani valdesi 4i Taranto hanno
chiaramente manifestato il loro pensiero sulla messa di Natale celebrata
da Paolo VI nel centro siderurgico pugliese, ciclostilando e diffondendo un
volantino che nòn era di protesta fine a se stessa, ma di testimonianza.
II testo del volantino è stato ampiamente discusso e criticato in sede
giovanile, mentre in seno alla comunità non si è riusciti a concordare una
linea di condotta.
Il « Corriere del Giorno » non ha
certo piaudito all’iniziativa, e ha parlato di « foglietto clandestino di uno
pseudo gruppo giovanile della locale
Chiesa evangelica che ha voluto strumentalizzare la visita di Paolo VI per
fini ben intuibili e non sempre evidenti, confondendo la Chiesa dei poveri con certi gruppi di potere che, all’ombra del Vangelo, mercanteggiano
le conquiste sociali. Ma chi sta dalla
parte dei potenti non predica le rivendicazioni, non si batte per i bisogni
degli operai che "riconosce e difende".
Da quale pulpito viene la predica».
Queste osservazioni si inserivano nel
contesto di un commento ad altro articolo apparso su di un giornale d’ispirazione comunista che, a detta del
Corriere, si sarebbe ispirato « a certa
letteratura d’occasione di cui fra l’altro, è stato portavoce il foglietto clandestino », che è stato distribuito soprattutto agli operai della città.
I giovani valdesi di 'Taranto non
hanno ritenuto di passare sotto silenzio la breve nota, non certo per polemizzare, ma per sottolineare la testimonianza e per chiarire ai concittadini il significato di quella preso di
posizione. Ne è venuta fuori una lettera aperta al direttore del quotidiano
tarentino.
Non contestazione d’occasione, dunque; ma testimonianza di una collettività valdese che realmente esiste a
Taranto sempre che la si voglia realmente rintracciare, uscendo magari
per un po’ dal chiuso delle stanze di
redazione.
Ma i giovani valdesi, e la comunità
tutta, devono trarre da quel breve articolo del Corriere un insegnamento:
far sentire maggiormente la propria
presenza in seno alla cittadinanza.
E non già per quel «pseudo» regalatoci gratuitamente dal giornalista di
casa nostra, ma perché in questi tempi di ripensamenti e di rinnovamenti
sollecitati in ogni modo da più parti
e per i più disparati motivi, gli evangelici debbono far sentire coralmente
i propri motivi; e non certo per ragioni di proselitismo, ma per far pesare
sulla nuova realtà, sul nuovo ordine
di cose il grosso peso del Vangelo.
Nel crogiolo di idee, desideri, rivendicazioni gli evangelici debbono far cadere la spada dell’Evangelo, perché il
nuovo ordine venga creato cristiano.
Quand’anche riuscissimo, per avventura, a livellare dall’oggi al domani
questa umanità sofferente, assicuran
do a tutti un eguale standard dignitoso di vita, togliendo a chi ha e dando
a chi non ha, è evidente che non
avremmo per questo tenuto fede alla
nostra missione, perché saremmo stati parziali e incompleti nella nostra
predicazione.
Pure, bisogna considerare se questa
parzialità, vista come mezzo contingente e certamente non scandaloso
per un fine immediato che si fa sempre più urgente, non sia discriminata
da una sorta di stato di necessità nel
quale versa una umanità che continua
a morire per guerra, per fame, per inedia, su di una terra che la corsa alla
luna va rendendo sempre più piccola
senza però cancellarne le disuguaglianze.
Sono forse questi i motivi di riflessione che hanno impedito alla comunità di Taranto di avallare con la propria firma il foglietto ciclostilato e
distribuito dai giovani, ai quali non è
stato però posto impedimento alcimo.
Daniele Propato
Il fesfo del volanHno
le intenzioni e i fatti
. Mentre da più parti aj plaude alla visita
di Paolo VI al Centro Siderurgico di Taranto, presentandola come « omaggio al mondo
del lavoro e del mezzogiorno d’Italia » è necessario ricordare che esiste una dimensione
dei fatti nella quale le intenzioni, per buone che siano, contano relativamente. Da questo punto di vista il discorso pronunziato da
Paolo VI, nonostante le pie parole e lo sforzo di comprensione della situazione operaia,
è stato oggettivamente una approvazione del
sistema socio-economico capitalistico e una
predicazione priva della prospettiva profetica delFevangelo.
Dal discorso di Paolo VI è emerso che il
sistema capitalista è fondamentalmente buono e contiene in sè, nonostante certi squilibri, notevoli possibilità di progresso e di
benessere. Le rivendicazioni operaie sono riconosciute « giuste » dalla Chiesa, che secondo Paolo VI « non è sorda, cieca verso i
bisogni degli operai, ma anzi li riconosce e
difende ». Ma queste rivendicazioni devono
avvenire all’iniemo del sistema e delle divisioni in categorie e settori imposte dalla
legalità di chj ha il potere. Le « pass;oni
classiste » che volessero esprimersi all'esterno dell’ordine di questo sistema « non sono
condivise dalla Chiesa ».
A questo momento si impongono alcune
domande :
— Perchè Paolo VI non riesce ad intravedere dietro la facciata della splendente
realizzazione del IV Centro Siderurgico la
realtà di un potere che, giunto ad un certo
livello di sviluppo, ha la necessità di presentarsi come garante del « benessere del popolo » e si articola in maniera tale da far
apparire come interessi generali quelli presi unicamente da piccoli gruppi che controllano il capitale?
— Perchè Paolo VI dimentica che questo
progresso e questo benessere si fondano su
di un braccio dì ferro tra due parti, di cui
soltanto una ha oggi, di fatto, il potere di
prendere decisioni che coinvolgano la vita
di tutti?
— Perchè Paolo VI può approvare un
metodo di produzione che si fonda sullo
sfruttamento organizzato, sulla divisione so
ciale eretta a sistema, sul merito e non sulla solidarietà umana?
La risposta non può essere che questa :
in una società divisa non quantitativamente
(chi ha più e chi ha meno), ma qualitativamente (chi decide e chi subisce) Paolo VI,
pur nella sua apparente neutralità, ha già
fatto una scelta : stare dalla parte dei potenti!
E ancora: nel discorso di Paolo VI c’è
stato davvero un annunzio dell’evangelo di
Cristo? E’ stata indicata la via dell’amore,
della pace, della giustizia, della solidarietà
di cui parlano i vangeli?
Certo i riferimenti alla pace e alla giustizia non sono mancati, ma non riflettevano
il loro significato evangelico. Perchè i vangeli non parlano di una pace e di una giustizia generiche; la pace non è mai separata dalla giustizia, dalla trasformazione di
se stessi e delle strutture della società neUe
prospettive del mondo nuovo di Dio. Non c’è
pace senza giustizia e non c’è giustizia fino
a quando l’uomo è calpestato nella sua dignità di creatura di Dio.
In una società d'visa tra sfruttatori e
sfruttati, tra ricchi che diventano sempre
più ricchi e poveri che diventano sempre
più poveri, dì fronte a chi da troppo tempo
attende giustizia, quale doveva essere la parola evangelica da annunziare? Non certo
quella deUa neutrale equidistanza o di una
generica e astratta pace, ma quella di una
precisa presa dì posizione a favore dei minimi, diseredati, sfruttati.
Annunziare una parola evangelica s grafica dire la verità e smentire la menzogna; significa mostrare come la maggior parte dei
problemi esistenti nella nostra società — in
apparenza molto vari — si collegano in concreto ad un unico problema di fondo : quello del tipo dì organizzazione e di distribuzione del potere. Una predicazione che non
riesca, nella pratica, a mostrare il legame
tra l’annunzio del mondo nuovo di Dio e la
condanna deU’ordine esistente come frutto
del peccato e come idolatria non è autentica
testimonianza evangelica.
L’unione giovanile della chiesa evangelica valdese di Taranto.
Dalla “lettera al Direttore” del “Corriere
del Giorno”, cui si accenna prima, riportiamo la conclusione, in risposta all’accusa: « Da
che pulpito viene la predica...! ».
Nonostante il tono farisaico questa è forse l’unica cosa seria che l'articolista abbia
detto; perchè noi sentiamo in fatto di pace
e giustizia sociali di non essere perfetti,
esenti da colpe. Diciamo di più: quando abbiamo redatto il volantino non abbiamo voluto accusare gli altri per presentare noi come perfetti; per noi, egregio Direttore, non
sì è trattato di un semplice vdlantino « polemico », di « letteratura d’occasione », conte (lice il suo giornale, ma di un impegno,
di un discorso, di un ravvedimento di una
ricerca che cominciano da noi; ed è con timore e tremore che abbiamo voluto dire
queste cose anche agli altri, ai frateUi e concittadini di Taranto.
Noi accettiamo questo rilievo perchè è
giusto, atlche se è fatto con malizia. Ma se
l’articolista crede che la questione sia risolta con una ’’boutade”; se crede che basti
rinfacciare agli altri quelle colpe che sono
anche le proprie, per essere veramente senza colpa; se crede veramente che la Chiesa
cattolica non abbia anche e comunque bisogno di ravvedimento, si sbaglia e si sbaglia
di grosso.
Con distinti ossequi.
L’Unione Giovanile Valdese di
T arante.
8
TJag. 8
N. 4 24 gennaio 1969
ISotiziario
ecumenico
LA CRISI DEGLI OSPEDALI PSICHIATRICI IN ITALIA
a cura di Roberto Peyrot
iGCHmenismo,
Il Lager 12, a Collegno (Torino) ^ ‘ *
(segue da pag. 5)
PER L'UNIONE Di QUATTRO
CHIESE PROTESTANTI FRANCESI
Il n. 285 del Service protestant français
de presse et dHnformation (BIP) h* pubblicato il <c quaderno speciale n. 12 » dedicato al
progetto di unione delle chiese evangeliche
francesi. Desideriamo darne notizia nel nostro Notiziario, con una breve presentazione
del problema, lasciando ad altri, beh più
qualificati di noi, di presentarne successivamente gli aspetti fideistico-teologici.
Attualmente, la Federazione protestante
francese compaende :
la chiesa della Confessione di Augusta del
l’Alsazia e Lorena (C.A.A.L.);
la chiesa evangelica luterana di Francia;
la chiesa riformata di Alsazia e Lorena ' (E*
R.A.L.); f
la chiesa riformata di Francia (E.R.F.);
la Federazione chiese evangeliche battiate di
Francia (B);
l’unione naz. chiese riformate evangeliche indipendenti di Frfuicia (E.R.E.I.).
■ A seguito delle tdtime Assemblee generali
del protestantesimo (francese) a Montbéliard
(1960), a Aix-en-Provence (1963) e a Colmar (1966) vennero realizzati dei progressi
in vista di un’unità organica. Particolarmente, la creazione di un Consiglio, chiamato
dei « Quattro Uffici », comprendenti, come
lo stesso nome dice, i responsabili nazionali
di quattro chiese: C.A.A.L.; E.R-A.L.; E.
R.F.; e CA. Le altre due chiese non hanno
ritenuto di associarsi, ma lavorano egualmente all’elaborazione di testi teologici comuni
I Quattro Uffici « allo sco^ di raggiungere più rapidamente possibile il fine della realùszazione della chiesa evangelica francese » hanno iniziato i loro lavori sin dal^
febbraio 1967 per giungere ad una « bozza
per l’unione delle chiese evangeliche » cui
si sono via via aggiunti vari testi complementari che verranno esaminati durante
l’inverno.
I Quattro Uffici, tenendo conto delle reazioni di tutte le istanze regionali, presenteranno nel maggio prossimo un documento
nlU istanze nazionali delle quattro chiese in
oggetto. E’ possibile che venga presa una
decisione prima della tredicesima Assemblea
generale del protestantesimo che avrà luogo
a Grenoble a novembre. Questa Assemblea
non ha alcun potere decisionale, ma questa
unione, se verrà reahzzata, modificherà le
strutture della Federazione protestante di
Francia.
NOTIZIE DA PRAGA
Praga (bip) — La presidenza del Consiglio ecumenico cecoslovacco ha recentemente
approvato l’idea della costituzione di un
Centro ecumenico a Praga. Questo centro
sarà destinato a sostenere l’attività ecumenica ed il lavoro scientifico in questo campo.
In relazione a questo progetto, ricordiamo il voto del gruppo « D » della terza Assemblea Generale Cristiana della Pace: « ...La
A.C.P. vuol contribuire sempre più concretamente a creare le condizioni necessarie non
solo per Vedificazione di una nuova società,
ma anche alla pace di domani. E' con questa
prospettica ch’essa deve creare un Istituto
Cristiano per la Pace, il cui compito^ sia
quello di risvegliare la coscienza degli uomini nei paesi sviluppati e sottosviluppati,
perchè comprendano gli imperativi della nostra epoca ed accettino le responsabilità che
ne derivano ». , ,
Nel corso della sessione ordinaria del Consiglio sinodale della chiesa evangelica dei
fratelli cèchi, oltre a questioni di normale
amministrazione, quali Tinsegnamento religioso nelle scuole, la situazione finanziaria
della chiesa, la stampa, ecc., è stato discusso il rapporto di « orientamento » del prof.
Smolik.
Lo sviluppo della chiesa nei prossimi anni
potrebbe essere determinato da tre tendenze
teologiche, individuate nei nomi di Victor
Hajek (recentemente scomparso); I. L. Hromadka; S. Daniele (morto nel 1946) e J. D.
Soutchek. Queste correnti, che differiscono
l’una dall’altra, hanno un comune interese
per l’evangelizzazione; ma la rigida adesione all’una od all’altra, oppure anche il ritorno alle forme tradizionali costituirebbe un
colpo per la chiesa. Nella società plmalistica d’oggi si deve rispettare il principio ^1
dialogo e delle varie posizioni teologiche. Secondo l'autore del suddetto rapporto sussistono perfino ancora in seno alla chiesa stessa
degli avanzi di stalinismo. Li vede nell istituzionalismo, nell’ortodossia, nell autoritarismo. Secondo il prof. Smolik la chiesa, per
Tavvenire, deve orientarsi sul dialogo in seno alla società; sulla democrazia nello Stato;
sulla separazione dallo Stato.
GLI ORTODOSSI BULGARI
ADOTTANO
UN NUOVO CALENDARIO
Sofia, Bulgaria (soepi) — La chiesa ortodossa bulgara ha ufficialmente accettato un
nuovo calendario: le festività verranno celebrate nello stesso giorno dcUa maggior parte delle altre chiese ortodosse, e le date coincideranno con quelle del calendario gregoriano. il più usato.
Un rappresentante del sinodo della chiesa
ortodossa bulgara ha precisato che l’utilizzazione del nuovo calendario doveva evitare
« che si celebri il nuovo anno nel periodo
delle festività dell’Avvento ». Egli ha soggiunto che questa innovazione rappresenta
« un passo verso l’uniformità e l’unità di fede dei cristiani ».
Le chiese ortodosse di Gerusalemme, della
Russia e della Serbia sono ora le ultime ad
utilizzare il calendario giuliano.
salvare la propria vita spirituale e
Medici e personale, ricoverati e studenti portano dinanzi alla coscienza pubblica una situazio- teologica, senp cogliere nel dismn IL s- ■ ■ il- • / teresse che il mondo contempo
ile vergognosa: «vogliamo solo che questi uomini siano aiutati a guance o per lo meno a vivere» j-^neo nutre nei loro riguardi e nel
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To)
Quanti sona gli aspetti della vita sociale
italiana oggetto di contestazione, oggi? Bi'
sognerebbe piuttosto chiedersi: quali non sono oggetto di contestazione? Certamente uno
dei più tristi e squallidi e la situazione dei
ricoverati nei manicomi. Soltanto negli ultimi mesi tale situazione ha cominciato a
venire alla luce. Gruppi di punta — in particolare in centri di cura e studio nel Veneto orientale (vi è alVopera fra gli altri il
dott. Giovanni Jervis) — hanno condotto i
primi tentativi di rinnovamento, hanno promosso le prime pubblicazioni, rimbalzate poi
in una parte, ancora ristretta, della stampa
nazionale; ma una volta ancora va dato atto
al movimento studentesco di avere imposto
alVopinione pubblica, con una forza e una
urgenza che non tollera più rinvii, la presa di coscienza di fronte a condizioni
di vita assolutamente indegne. Particolare
ampiezza e intensità ha avuto la polemica a
Torino: gli studenti in medicina, ma anche
e soprattutto alcuni medici che sono riusciti
a raccogliere in équipe infermieri e ricoverati in un’azione comune di protesta, sono
riusciti a scrollare Vimmobilismo istituzionale, a richiamare l’attenzione, tardiva ma
pur sempre efficace delle autorità competenti, a far vacillare qualche poltrona. La
stampa quotidiana cittadina — una parte,
con qualche reticenza iniziale — ha dato
via via ampio spazio alla polemica, si sono
avute visite di commissioni d’inchiesta e
non pare possibile che tutto ritorni al ristagno precedente.
Una parte notevole, anche se sobria e schiva, in quest’azione ha avuto un medico valdese torinese, il dott. Enrico Pascal; egli, al
lavoro nella sezione 12 del manicomio di
Collegno (fra Poltro, ricordiamo che negli
istituti psichiatrici di Torino e dintorni, su
cui gravitano pure le popolazioni delle Valli Valdesi, superano il centinaio i ricoverati
evangelici), dopo una dozzina di assemblee
tra medico, infermieri e degenti, e altre riunioni con il personale, ha redatto con la sua
équipe un rapporto di una quarantina di pagine, di cui Gabriella Poli, su ’’La Stampa’*
(18.1.’69) ha dato la sintesi che pubblichiamo. Un documento sconvolgente che potrebbe tristamente moltiplicarsi poiché s¿ tratta
soltanto del cc Lager n. 12 ».
La sezione è occupata da 134 malati, in
prevalenza epilettici : soggetti validi accanto ad ^tri deficienti sudici, o schizofrenici.
« L’aspetto pili immorale di tale promiscuità é il seguente: con la scusa che il 15-20
per cento del totale sono completamente incapaci d’intendere e di volere si costrìngono tutti gli altri ad essere privati di ogni
cosa: del vestiario, della possibilità di mangiare in maniera civile, persino della cinghia per sostenere i pantaloni ».
Prima denuncia : la mancanza di spazio
« che costringe gli ammalati ad ammucchiarsi uno sull’altro, a lottare per sopravvivere,
per conquistare un piccolissimo privilegio o
un po’ di spazio personale, per salvare qualcosa della propria intimità e del proprio decoro. Una lotta tragica e assurda ».
Il refettorio, 10 metri per 16, ha lunghi
tavoli con piani di marmo e scomode panche di legno : a Su ogni metro lineare trovano posto tre degenti. All’ora di pranzo
compaiono piatti di alluminio ammaccati e
anneriti e il cucchiaio. I malati che riescono a sedersi sono pigiati, spesso litigano per
difendere i pochi centimetri conquistati.
Niente tovaglia, nè tovaglioli ».
Il soggiorno è di 210 metri quadri, di cui
50 occupati da tavoli e panche. Nel restante spazio, metri quadri 1,20 per ricoverato
(c i degenti devono vivere 15 ore al giorno
disturbandosi a vicenda in un clima di gran
nervosismo ».
Nel dormitorio 40 centimetri tra letto e
letto e accanto « un rudimentale tavolino di
30 centimetri di lato a due piani. Uno per il
vaso (di notte i gabinetti restano chiusi)
l’altro dovrebbe contenere tutti gli indumenti ». I privilegiati cercano di avere una
« cassetta » per le loro povere cose a ma i
più non hanno per risorsa che le loro tasche ». Otto i gabinetti, dei quali 4 accessibili nella giornata, due docce, un bagno. (3oda irritata al mattino, qualcuno non riesce
ad aspettare. Tutto vecchio, lurido, malandato. Nessun servizio igienico a disposizione degli infermieri; quanto al medico non
ha ufficio proprio dove ricevere.
Dai verbali delle assemblee dei degenti :
oc Di notte rumori e luce non ci lasciano dormire ». « Perchè non abbiamo un asciugamani per ciascuno? Quelli comuni fanno
schifo; c‘é chi ci si pulisce il naso e scarpe ». Uno dice: ìc Quando ero al Cottolengo
mi davano il pigiama». Altri incalzano: (f. Il
sapone alla soda brucia la pelle ». « Le cinghie dei pantaloni sono stracci o fettucce ».
Non parfiamo dei fazzoletti, « strofinacci che
servono anche a lavare i vetri ». I ricoverati
li sventolano, ridendo amari sulla propria
miseria « pezzi di lenzuola d’ogni forma e
misura, tra i quali ne spicca uno, fatto di
un lembo di fodera ».
E i] vestiario? I malati si guardano tra
loro : 00 / pantaloni sono senza passanti e cadono con facilità, sono sempre troppo lunghi
0 troppo corti. Così le cam-icre, le giacche
e le scarpe e i calzini che non sono mai di
giusta misura ». Nessuno ha biancheria o divise proprie. Scrivono gli infermieri: «.Il vestiario dei degenti è indecoroso. Sarebbe necessario assegnare a ciascuno un corredo su
misura, contrassegnato, in modo che ogni
individuo usi gli stessi indumenti, anche dopo la lavatura. Per le scarpe è la stessa cosa.
Quando sono in riparazione si sostituiscono
con scarpe già usate da altri ».
Dicono anche ; oc II vestiario contribuisce
a disumanizzare il malato, non lo invita al
decoro e alla pulizia, conferisce ai più quel
caratteristico, deprecabile, umiliante aspetto
”da manicomio” che dovrebbe cessare ». Ma
gli infermieri non stanno meglio, e i pazienti Se ne dolgono : oc Dovrebbero essere vestiti di bianco, come negli altri ospedali ».
Cosi, con le grigie casacche si confondono
tra loro ammalati.
Numerose denunce riguardano il lavoro :
molti preferiscono rinunciarvi oc per la miseria che ci danno » o perchè è inadeguato alle loro reali possibilità. Eppure parecchi
epilettici sarebbero in grado di lavorare, e
lo desiderano; ma orgogliosamente rifiutano
l’elemosina. Altri, senza nessuno al mondo
cc solo che possiedano un po’ d’intelligenza
cercano disperatamente di sbrigare qualche
incombenza per avere a disposizione un po’
di denaro » che lì affranchi dairumiliazione
di raccogliere qualche mozzicone da terra
per poter fumare.
Il dott. Pascal e gli infermieri della sezione 12 da tempo lavorano in équipe per
migliorare le condizioni del reparto, e qualcosa sono riusciti a ottenere. Ma osservano
che « per troppi aspetti la sezione 12 è ancora un ’^Lager” psichiatrico », S’impone
una modifica globale dell’ambiente « dove
l’uomo malato è privo di ogni diritto, anche
dei più elementari e talora sembra ridotto
a bestia a cui basta fornire una quota di alimento.^ non importa in che modo, un letto,
le medicine e adeguata sorveglianza ».
Il dramma dei parenti che vedono i loro
congiunti immersi in questo groviglio continua ad essere ignorato, così l’impotenza
del personale sanitario a svolgere il suo compito in simili condizioni. « Solo un uomo degradato può essere costretto a mangiare iu
scodelle logore, col cucchiaio e con le mani, lottando contro la sporcizia e lo schifo.
0 essere costretto a sopportare di notte ogni
rumore fastidioso, ogni vicinanza, ogni so
pruso ». Nulla di più ingiusto che costringere a vivere insieme malati completamente
deficienti e altri : cc Siamo convinti che la
maggior parte dei tentativi di suicidio e delle reazioni di violenza che avvengono nel
manicomio e anche molte fughe sono provocati dall’acuta disperazione di essere capitati nel ’’Lager”. Denunciamo l’attuale sistema manicomiale come indegno e immorale,
lo rifiutiamo per tutto ciò che ne fa ancora
un ’’Lager” ».
Presentando il rapporto cc a coloro che con
le loro decisioni possono fare in modo che
si compia urgentemente tutto ciò che è indispensabile » medico e personale di assistenza della sezione 12 chiedono : cc Faccia
ognuno la sua parte ». Dicono anche di accettare con gioia le responsabilità che sorgono con i nuovi orizzonti aperti alla psichiatria dalla legge stralcio e « i rischi della
maggior libertà che concediamo e concederemo ai malati » rifiutando il vecchio ruolo
di custodi e di carcerieri : « Intendiamo unicamente che questi uomini siano aiutati a
guarire o per lo meno a vivere ».
« ^ *
Vorremmo soltanto aggiungere alcune parole. Forse non è stato soltanto lo Stato, non
è stata soltanto la società a dimenticare per
troppo tempo, in condizioni indegne, tanti
esseri umani. Da quanto hanno riferito già
varie volte le sorelle del gruppo di assistenza di Torino, che si occupano in modo particolare dei fratelli e delle sorelle ricoverati
negli ospedali psichiatrici cittadini e suburbani, molte famiglie e comunità hanno praticamente dimenticato i loro internati. Il
processo in corso, di fronte alla comunità
cittadina e nazionale, è anche il nostro: alla
nostra durezza di cuore, alla nostra cecità,
alla nostra passiva incuria.
Echi della settimana
ELEFANTIASI BUROCRATICA
DELLA DIPLOMAZIA AMERICANA
Lo sviluppo abnorme della burocrazia
è uno dei sintomi più preoccupanti della
profonda e grave malattia che affligge la
cosiddetta società del benessere. All’inizio
della nuova presidenza in USA, vogliamo
soffermarci a considerare alcuni interessanti
dati statistici suUa burocrazia del corpo diplomatico americano.
« Sotto l’Amministrazione Johnson, il numero dei funzionari che lavoravano all’estero
per il governo americano, è passato da
129.320 (nel 1963) a 200.554 (nel 1968).
Si noti che invece nel quinquennio precedente, 1958-1963, gli effettivi diplomatici all'estero erano aumentati di meno di 1.000
persone.
Questi funàonari, che dipendono da diverse amministrazioni, uffici e commissioni
governative, hanno il compito di proteggere
gl’interessi americani, di fare della propaganda, d’incrementare la vendita dei prodotti industriali americani e di migliorare
l’economia dei paesi in via di sviluppo. Il
costo di questo personale viene valutato, dagli esperti, a uno o due miliardi di dollari.
Il presidente Johnson ha preso, nel 1968,
dei provvedimenti per ridurre il personale
diplomatico all’estero, ma ha dovuto far eccezione per il Vietnam. Il numero dei funzionari che lavorano per il governo americano nel Vietnam, è passato da 2.000 (nel
1963) a 54.000 (nel 1967).
Le rappresentanze diphmatiche americane
all’estero ■ sono, in generale, più importanti
di quelle degli altri paesi. Per esempio a
Tokio, gli USA dispongono di 1206 impiegati, di cui 356 americani e 850 giapponesi,
mentre l’Inghilterra dispone soltanto di 214
impiegati, di cui 90 inglesi e 124 giapponesi, e TURSS soltanto di 50 impiegati, di cui
49 sovietici e 1 giapponese.
Dei diplomatici che lavorano per gli USA,
soltanto il 10% cioè circa 20.000 persone sono al servizio del Dipartimento di Stato. Numerosi sono coloro che. negli USA, ritengono che i quadri potrebbero facilmente esser
ridotti della metà. Il sig. David Ness. ex
diplomatico al Cairo, ha dichiarato: Francamente non mi è mai capitato di lavorare
in un'ambasciata nella quale il personale
non avrebbe potuto esser ridotto del 50%.
A più riprese ho inviato al Dipartimento di
Stato dei progetti per ridurre il personale dal
25% al 30%, ma nessuno mi ha mai risposto’’ (...) ...
Inoltre numerosi organi governativi ricorrono a un espediènte tortuoso, per evitare i
provvedimenti decisi da Johnson allo scopo
di ridurre il personale. Un alto funzionario
ha dichiarato: ”S^pre più spesso noi preferiamo inviare dtl’estero dei funzionari con
compiti a breve tempo, perchè i provvedimenti di riduzione non si applicano che. a
quei soli funzionari che soggiornano all’estero più d’un anno”. Si noti che gli americani inviati all’estero con tali compiti, sono pagati 100 dollari al giorno, e in più vengono
rimborsati, dal governo, di tutte le spese
minori, a cominciare da quelle di trasporto ».
(Dalla « Gazettc de Lausanne »
del 21.1.1969).
I PERICOLI DELLA POLITICA
D'ISRAELE
Sono molti: a nostro parere, principalmente due. Il primo, evidente, consiste nell’alimentare continuamente 1 odio arabo e la
antipatia, verso Israele, di tutte le nazioni
che stanno a guardare. Il secondo pericolo,
molto più nascosto e più preoccupante, è
che quest’antipatia, crescendo gradualmente,
possa un giorno, in certi paesi, degenerare
a cura di Tullio Viola
ed esplodere in nuove, acute forme di antisemitismo. Poiché non è da tutti saper distinguere le responsabilità degli uni e degli
altri e mantenere equità di giudizio, in un
problema immensamente complicato e delicato come quello israeliano, e più generalmente ebraico!
Per dimostrare quanto affermiamo, riportiamo una « Protesta » pubblicata dal settimanale « Reforme », e firmata da numerose
personalità di primo piano, fra le quali pastori e teologi protestanti francesi (riconosciamo i nomi di J. Aeschimann, di G. Casalis c di S. de Dietrich),
« In un articolo apparso il 4 c. su ’’Réforme” e riportato il 7 c. da ”Le Monde”, il
sig. Albert Finet cita il vecchio canto di
guerra dei discendenti di Caino, contenuto
in Genesi 4: 23-24. A questo proposito, il
Finet vede ”un vincolo segreto, forte e misterioso, fra l’Antico Testamento (storia e
profezia) e l’Israele moderno”. Il vincolo si
attuerebbe misteriosamente nell’attacco all’aerodromo di Beyrouth. Il Finet intende
così fare soltanto una constatazione, senza
esprimere alcun biasimo? O la giustifica in
qualche modo?
E’ inutile discutere qui, nel suo insieme,
una valutazione inaccettabile dell’avventura
e del ’’destino” israeliani. Ciò che spaventa,
è che un settimanale d’ispirazione cristiana
faccia del posto a un simile uso della Bibbia. Il modo in cui certi sionisti interpretano le Scritture, non è qui cosa che ci riguardi. Ma un cristiano non pub, come tale, leggere l’Antico Testamento, senza scoprirne il
significato definitivo nella croce e nella risurrezione del Cristo, nella dichiarazione
delle Beatitudini o nell’esegesi esemplare del
Sermone sul Monte. Per lo meno egli deve
leggerne le parti alla luce della predicazione
profetica nel suo insieme, predicazione che
culmina, se si vuole, in Isaia 53, o in Geremia o in qualunque altro testo che testimoni del lungo lavoro di reinterpretazione
che l’Israele biblico ha conosciuto. (...)
Ed ecco che si vanno a scoprire inauditi
e misteriosi adempimenti e conferme, rivelatori del significato dell’Antico Testamento
(v. la prima p. del seguente numero di ’’Réforme” dell’ll c.) nelle vendette israeliane!
Simili follie devono essere assolutamente respinte. Rileggiamo ciò che il Cristo stesso
diceva del significato delle Scritture ^ (Luca
24: 26, 46-47). Si è mai pensato all’antisemitismo che si prepara, se si pretende di
fondare su simili ’ profezie la natura dello
Stato d’Israele? ».
(Da « Le Monde » del 19-20.1.1969)
la condanna che il mondo contemporaneo pronuncia contro di loro
un segno del giudizio di Dio, non
si chiamino cristiane e rinuncino
a pregare per l’unità: la loro preghiera suonerebbe ipocrisia all’orecchio di Dio. Perché unità della
chiesa significa purificazione della
chiesa, di tutte le chiese; unità
della chiesa significa, per tutte le
chiese, rinuncia ai propri modi di
essere secolari e alla propria volontà di sopravvivere senza ravvedimento e senza mutamento. Unità della chiesa significa morte della chiesa, di tutte le chiese a sé
stesse, nella speranza di una resurrezione nelle forme e nei modi
che nessuna chiesa può prevedere
e che Dio solo conosce. Unità della
chiesa significa miracolo dello
Spirito Santo, che venga a soffiare su tutte le nostre vecchie istituzioni religiose per fare ogni cosa
nuova.
Se abbiamo questa speranza ci
è comandato e ci può essere dato
di pregare per l’unità della chiesa.
Se ogni chiesa, invece di credep
nella propria verità e di sperare in
sé stessa e nei propri successi ecclesiastici, crede e spera in Cristo
solo Signore della chiesa; se ogni
chiesa, invece di essere soddisfatta
di sé stessa, si dispone a misurare la distanza che la separa dalla
pienezza di quell’Evangelo in cui è
contenuto il mistero di Cristo; se
ogni chiesa accetta di perdere la
propria vita per conformarsi al
proprio Signore crocifisso e risorto, conformismo che è condizione
e segno della propria volontà cristiana; se ogni chiesa consente a
inginocchiarsi, di fronte alle altre
chiese e di fronte al mondo, per la
confessione dei propri peccati del
passato e del presente e a lasciarsi
giudicare e salvare da Colui che
confessa come il Giudice e il Salvatore: allora Dio può dare alla sua
chiesa il dono dell unità, secondo
la promessa di Gesù: « esse ascolteranno la mia voce e vi sarà un
solo gregge, un solo pastore »
(Giov. 10: 17). Affinché il mondo,
vedendo la chiesa ritornata
sente e viva in mezzo agli uomini
come per una resurrezione dai
morti, creda al suo messaggio e la
chiesa nella gioia della comunione
dei santi sia vigilante e pronta ad
accogliere il suo Signore quando
egli verrà.
Allora, ma allora soltanto, possiamo venire a convegno e pregare veramente insieme, possiamo
prendere pienamente sul serio
questa preghiera, possiamo credere a questa preghiera: senza intime disonestà, senza equivoci illusivi, senza riserve sleali, chiedendo a Dio di esaudirla come Lui vorrà e come a Lui piacerà e non come noi vorremmo e come a noi
piacerebbe che la esaudisse. Pregare significa dire: Non la mia, ma
la tua volontà sia fatta, significa
morire a sé stessi e accettare che
Dio viva e regni. Là dove c'è reale
preghiera, vi è già, presente e potente, il miracolo dello Spirito,
della grazia e del mistero di Colui
della cui Parola, della cui promessa la nostra fede vive.
Lo Spirito soffia oggi su tutte le
chiese. Chi ha orecchio ascolti ciò
che lo Spirito dice alle chiese.
Vittorio Subilia
È APPENA USCITO il n. 3 de:
LA SCUOLA ^DOMENICALE
Problemi educativi e di insegnamento biblico
SOMMARIO
— La Bibbia e la Fiaba - R. Eynabd
— Il « Catechismo » delVlsolotto - Th. Soggin
— Il « vassoio di sabbia » - M. Giardini
■— Il « testo libero » - Fr. Calvetti
— Il « Giornalino » - E. Bonomi
— Notiziario - Colloquio coi lettori - Recensioni
— 14 lezioni bibliche sul Nuovo Testamento
POTETE ECCEZIONALMENTE RICHIEDERLO IN «OMAGGIO» A:
Libreria Editrice CLAUDIANA - Via Principe Tommaso, n. 1 - 10125 1 ORINO
ABBONAMENTO ^ . x o onn ir . t o inn
(a cinque numeri): L. 1.200; Estero 1.500 - Sostenitore L 2^200; Estero L. 2 500
da versare su: c.c.p. n. 2/17557 intestato a: « Claudiana » - 10066 - Torre Pellice (To)