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Casa Va bifase
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DELLE VALLI VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
'' Gettate lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato, e fatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo
/\nno LXXXIX - N. 13
Una copia L i re 30
ABBONAMENTI
}
fico: L. 1.200 per Tintenio | Eco e La Luce: L. 1,800 per Tintemo
L. 1.600 per l’estero I L. 2.500 pe(f l’estero
Spediz. abb. postale - il Gruppo
Cambio d’indirizzo Lire S 0
TORRE PELLICE - 27 Marzo 1969
Ammin. Claudiana Torre Pollice - C.C.P. 2-17557
giovedì
SANTO
E’ l’ora deirultima cena che Satana
sceglie per entrare in Giuda.
E’ sul mistero di quest’ultima cena
che dividerà la Chiesa.
Signore, il tuo sguardo d’agonizzante, che penetrava i secoli, non l’ha
visto?
Sì. Ma in ogni Chiesa ci sono
delle anime di fanciulli che mi ricevono, credono e vivono.
i( Simone, Simone, Satana ha chiesto di vaftliarvì come si vaf>lia il gra
l:0! ».
Signore, eccoli, questi dodici che
ami.
Giuda sta per tradire. Pietro sta
per rinnegare. Gli altri stanno per
ruggire.
Ecco la Chiesa a cui sono affidale
b chiavi del Regno. E questa fragilità, la vedi, la conosci!
Mistero delle cadute in cui pare che
CI precipiti tu stesso per meglio sal\ arci.
Bisognava che la Chiesa fosse co.'iruita sull’orgoglio spezzato.
Simone, fratello mio, che fai?
Ti sei infilato nel cortile del sommo
,-acerdoie. Per niente. Per esser là, a
l'.ortala. Hai preso un’aria assente. Ti
V.M avvicinato al braciere.
Purché non ti riconoscano!
Povero Galileo, tradito dal tuo accento! lo si vede bene, Simone, che
non sei di queste parti!...
Il tuo cuore è così pesante e stanco. Perchè Giuda ha fatto questo?
11 Signore gli ha detto: « Amico »,
c lui l’ha tradito!
E’ tutto così strano: il Signore
sembrava attenderli.
Perchè non ha lasciato che lo difendessimo?
Avremmo venduto care le nostre
vite... eravamo pronti a morire per
lui! Ma CO.SÌ: tutto è finito.
Come ti è salito alle labbra, il terribile rinnegamento?
Non lo capirai mai, ma è fatto.
E’ bastato uno scherno, perchè tu
rinnegassi il tuo Maestro.
Oh questa parola che sembra che
un altro abbia pronunciato in noi,
quella cosa irreparabile detta non
sappiamo perchè nè come.
Non siamo noi. Signore!... eppure
siamo proprio noi.
Stigmate di cui ci sembra che rimarremo marcati per il tempo e per
l'eternità.
11 Signore si è voltato.
Gravità e tristezza di quell’unico
sguardo che ti ha gettato.
E l’onda dei ricordi e l’onda dei rimorsi si è levata di colpo.
Allora, hai pianto amaramente.
« Dipartiti da me, perchè sono Un
uomo peccatore! «
Hai detto proprio così, una volta.
Ma non sapevi ancora, povero Pietro, quant’era vero.
Ora lo sai.
« Tu sei Pietro... » La roccia su cui
il Signore voleva costruire?... povera
sabbia mobile che la marea porta via!
Non più Pietro, ma Simone.
Non desidererai anche tu, come
Giuda, di morire, per non doverti più
ricordare?
- No. Il suo sguardo mi ha detto:
« lo sapevo, lo non ti abbandono.
Credi ».
Suzanne de Dietrich.
(da L'heure de Vofirande)
A voi tutti, cari iettori,
I’ augurio fraterno di
una Pasqua benedetta
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Portata della risurrezione
P
A
S
Q
U
A
VENERDÌ
SANTO
Bisogna ascoltare ancora una volta
questo nome di « Padre » dato da Gesù a Colui che invoca. Abba, diceva
nella sua lingua materna. Tutto il mi
stero della sua divinità è in queste due
brevi sillabe, ma anche tutto il mistero che portiamo in noi. Basta che Gesù dica : « Padre » perchè l’uomo possa intravedere chi è lui, l’uomo, il suo
più sconcertante problema. Poiché
Dio è anche Padre nostro. « Il Padr.ì
mio e Padre vostro», diceva Gesù. Se
è il Figlio per natura, noi siamo fi
glioli per adozione (Rom. 8: 14-17). Ma
quando Gesù c’invita a pregare : « Padre nostro... » è perchè la nostra vera
vocazione d’uomini, che non ci è rivelata che da lui, è di essere innalzati,
per pura grazia, dalla nostra miseria
di peccatori alla dignità di figlioli di
Dm che si sanno e si vogliono, nel
Cristo, fratelli gli uni degli altri.
« Padre, nelle tue mani rimetto il
mio spirito ». Dopo che la tempesta
dell’angoscia ha scosso Gesù nel Getsemane e sul Calvario, fin nell’intimo
suo, dopo l’orrore del grande abbandrno, ci sarebbe potuta essere, sulle
sue labbra, una parola che esprimesse
con ancor maggiore pienezza « la pa
Padre, nelle tue
Anzitutto, a causa di Pasqua, dobbiamo ricorrere a questa
vittoria per dominare ed anche allontanare le nostre difficolta
quotidiane. Piuttosto che lasciarci abbattere dalle contrarietà, possiamo ricordarci ad ogni istante che la vittoria su ciò che ci fa soffrire è già stata conseguita. Più ancora, siamo chiamati a considerarci, noi ed il mondo che ci circonda, non come degli ottimisti
inveterati e leggeri, ma secondo la verità, a partire a questa risurrezione, come un’umanità già riabilitata e a cui non manca che
di scoprirlo. La Chiesa sarà dunque molto più severa verso se stessa
che verso i pagani. Non starà continuamente a parlare di evangelizzarli. Comincerà a chiedersi se ne è capace, vale a dire se vive
in questa fede, se la vittoria di Gesù è veramente la sua sola ragion d’essere. Una Chiesa incorporata a Gesù Cristo non può fare
altrimenti che evangelizzare: Cristo ve la costringe, e benedice i
suoi sforzi. Se una chiesa non è confessante, non basta esortala
a diventarlo, bisogna discernere il motivo della sua pigra indifferenza e guarirne l’origine, cioè la debolezza della fede. Che Dio
ci accordi di saperlo ascoltare, e l’azione verrà irresistibilmente
In secondo luogo, cos’è la testimonianza cristiana, se non la
fede proprio in questa vittoria? Non minimizziamo le difficoltà,
ma pur misurandone la gravità, consideriamo tuttavia la vittoria
di Cristo come più reale che le forze del peccato: « La vittoria
che trionfa del mondo è la nostra fede », scrive S, Giovanni. Umanamente, siamo dei vinti; cristianamente, i cieli ci appartengono.
Diamo rimpressione di essere vittoriosi? Abbiamo la convinzione,
la certezza, il coraggio e la libertà che non procedono da un’impudente vanità, ma dalla fede in questa vittoria? Sono sempre stato
colpito da questo testo d’Isaia:
« Il Signore, l’Eterno, m’ha aperto l’orecchio,
e io non sono stato ribelle
e non mi son tratto indietro.
Io ho presentato il mio dorso a chi mi percoteva,
e le mie guancie a chi mi strappava la barba;
io non ho nascosto il mio volto all’onta ed agli sputi.
Ma il Signore, l’Eterno, m’ha soccorso;
nerciò ho, reso,./a mia faccia simile ad un macigno... » (50: 5-7).
profeta s’mrfMrisci’poiché sa che gli attacchi di cui è oggetto
sono senza valore nè avvenire. Rifiuta dunque di lasciarsi impressionare da ciò che Dio ha già vinto e condannato.
A questo proposito, si può dire che
Io scoraggiamento è una forma di
peccato, nella misura in cui rivela
^ ■ un’esitazione sulla vittoria di Cristo e
||19||l un arretrare di fronte all’ostacolo. E’
Illuni ■ ■ ■ un aspetto della tentazione, che ci po
ce che sorpassa ogni intelligenza» di
cui ha parlato Paolo (Fil. 4: 7) e questa serenità trionfante che ci mostra
come, per fede, ha già superato la
morte? Lui che prometteva il riposo
a coloro che venivano a lui, sta per
conoscerlo, infine: lo riceve dal Padre
alla soglia della eternità.
Gesù non poteva pensare alla sua
morte senza pensare alla sua resurrezione.
Non posso impedirmi di pensare talvolta alla rabbia di Satana che vede
e ode Gesù sulla croce. E certo, la
Croce ci appare come il capolavoro
del peccato deH’uomo, di cui il Principe di questo mondo non poteva che
rallegrarsi Eppure, come non ha potuto vincere Gesù nell’ora della tentazione, non l’ha vinto nel Getsemane
nè sul Calvario. Non può impedire a
Gesù di andare fino in fondo all’amen
re e dunque alla sofferenza, ed è li
che Gesù riporta la vittoria.
« La morte sulla croce •— nota il teologo riformato Jean Bosc — è un atto
legale, perchè è compimento della giustizia, instaurazione della pace, vittoria su tutte le potenze ostili. Colui che
è stato fatto peccato per noi ed ha
portato, a causa di questo peccato, la
maledizione della morte, ha inghiottito nella sua morte sulla croce sia
il peccato sia la morte. La croce, per
quanto segreto ciò sia, quando la si
considera in sè stessa, è potenza di
Dio. e trionfo di Cristo ».
Non è ciò che esprime Paolo quando, parlando della grande lotta del
Cristo, esclama : « Avendo spogliato i
principati e le potestà ne ha fatto un
pubblico spettacolo, trionfando su di
loro per mezzo della croce » ( Colossesi 2: 15).
Questa vittoria che Gesù riporta
sulla croce si compie nell’atto di totale consegna di se stesso a Dio. Per
colui che poteva dire : « Io sono la vita », la morte, salario del peccato, non
poteva non rivestire un inesprimibile
orrore. Quest’orrore Gesù lo sormonta con l’assolutezza della sua fede.
Siamo qui all’estremo istante in cui
la fede, la speranza e l’amore si fondono, e non sono più che un solo e
medesimo atto. Ma siamo ancora al
di qua della morte? Non è già l’alba
della risurrezione?
Marc Boe.gner
(da Les sept paroles de la Croix)
Serenità del Servo delTEterno deposlo nel sepolcro nuovo, dopo aver
combattuto il buon combattimento e
terminata la corsa.
Pazienza e, anebe a questo estremo liiiiite, servizio di Dio, ancora
servizio, ar.cbe quando ogni ministero sembra esser divenuto impossibile.
In is|)irilo è andato anche a predicare agli spiriti ritenuti in carcere,
i quali un tempo furono ribelli, affi nebè r Evangelo fosse annunciato
anche ai morti (I Pietro .S; 19; e
1: 6).
Pazienza |)iena di serenità, poiché
riposa, come il corpo sulla pietra, su
di un’incrollabile, certezza: come
Giona stette nel ventre del pesce tre
giorni e tre notti, così starà il Figlici
dell’uomo nel cuor della terra tre
giorni e tre notti (Matt. 12; 40), ma
il terzo giorno risusciterà (Matteo
17: 2.1). Certezza di cose ch’Egli spera, dimostrazione di cose ch’Egli
SABATO
SANTO
non vede ancora (Ebr. 11: 1).
Così, dunque, l’ingbiottiniento di
Giona e la sepoltura del Figlio di Dio
al temjM) stesso differiscono e si identificano, come nelPEucari.stia il pane
e il corpo di Cristo al tempo stesso
differiscono e si identificano.
In quanto si è identificato a noi,
Gesù Cristo ha vissuto in Giona, ha
sofferto nella propria discesa nel sepolcro e gusta ancora in ciascuno di
noi tutta l’angoscia del ribelle som-,
merso sotto la collera dell’Eterno:
In tutte le loro distrette egli stesso
fu in distretta (Is. 63: 9). Ma inversamente, in quanto ci identifica a Sè.
ha fatto vivere a Giona e fa gustare
a ciascuno di noi la serenità del Giu
sto sepolto nella pace di Dio: ci fa
entrare nel suo riposo.
Quando tutte le tue onde e lutti i
tuoi flutti mi passeranno addosso
(Giona 2: 4), secondo il tuo giu.sto
giudizio, o Dio, mi ricorderò dunque che il tuo Figliolo è « di.sceso
nel soggiorno dei morti » e che non
c’è quinili ])iii abisso in cui non siamo sepolti con Cristo (Rom. 6; 4),
nella sua pace, nella sua sicurezza e
nella sua speranza.
Perciò, non più nell’angoscia di
non sajier dove fuggire lungi dalla
faccia di Dio (Sai. 139: 7), ma nella
allegrezza di esser sicuro che nè la
morte nè la vita, nè le altezze nè gli
abissi, nulla potrà separarmi dal tuo
amore (Rom. 8: 39), o Cristo, potrò
riprendere, in un senso tutto nuovo,
le parole del Salmista: Se mi metto
a giacere nel soggiorno dei morti,
eccoTi, o mio Salvatore; allora la
notte .stessa diventa luce attorno a
ne in una situazione in cui non possiamo quasi più credere nella vittoria
di Dio.
Infine la fede nella risurrezione bandisce la paura, poiché se Dio è per
noi, chi sarà contro di noi? Perchè
temere ancora quel che Dio ha distrutto? 11 cristiano acquista, al contatto del Risorto, una nuova scala di
valori : molte cose non valgono la
pena che ci si fermi su di loro — e
sono in generale quelle che il mondo
ammira; molte altre, il più delle volte nascoste, poco appariscenti, sono
le vere ricchezze. Il cristiano è attento là dove gli altri passano con leggerezza, e può mostrarsi leggero là
dove il mondo profonde la sua passione.
Cos’è più urgente che esercitarci e
aiutarci l’un altro a credere che tutte
le cose sono veramente state fatte
nuove? Perchè rimanere tristi, quando il ristabilimento è stato compiuto?
Perchè piangere, se Dio ha ripreso in
mano ogni cosa? La Chiesa non è forse semplicemente il luogo in cui incessantemente e tutti insieme lodiamo
Iddio di avere effettivamente trasfigurato il mondo? Guardiamoci dal
rattristare lo Spirito Santo, ricadendo
continuamente nel nostro accecamento. Poiché « siamo la luce del mondo », il che significa che « anche se
dietro di noi tutto fosse fuoco e fiamme » — ed è proprio così — i nostri
sguardi possono ancora e sempre portarsi altrove e non perdere di vista
un solo istante la gloria che ha trionfato a Pasqua e che senza soste, tutti
insieme e fino alla fine del mondo, ci
riempie di un giubilo infinito.
Jacques de Senarclens.
(da Lm personne et Ioeuvre de
Jésus-Christ).
me, poiché per Te le tenebre non soI o oscure, la notte risplende come il
giorno, e le tenebre come la luce
(Sai. 1.39: 11-12).
Jean de Saussure
(da Méditations pour la Semaine Sainte)
2
L'ECO DELLE VALU VALDESI
al
allora e oggi
Nel q 14Olirò del processo, della morte e del seppellimento dì Gesù,
tenendo presente il racconto della Passione del nostro Signore particolarmente riletto e meditato in questi giorni della Settimana Santa,
vogliamo ascoltare qual’è il messaggio di giudizio e di perdono che i
Vivi persónaggi che si incontrano via via nei racconti evangelci ci presentano.
L'orrore della morte
Giuda 0 la tragica illusione
(Matteo 26; 14-16)
lananzitutto si presenta a nui una
figura torbida, e disprezzata, quella
di colui che è considerato il maggiore
responsabile della morte di Gesù:
Giuda.
Perchè ha tradito Gesù? Per la sua
natura malvagia ed avara? Può darsi
che sia stato soltanto per questo.
Quante volte l’interesse materiale ed
il denaro che per molti è la sola ragione di vivere possono spingere all’omicidio ed al delitto! Ma chissà che
non abbia anche ragione quell appassionato studioso della Bibbia e delle
umane reazioni psicologiche che ha
lanciato l’idea, che Giuda fosse un ammiratore di Gesù, uno che aveva riposto in Lui tutte le sue speranze. Ma
il tempo passava e Gesù sembrava non
fare altro che tradire le speranze di
Giuda. Quando si sarebbe rivelato come il Messia politico tanto atteso da
gli Israeliti per liberarli dal giogo romano? Col suo tradimento Giuda pensava forse di spingere Cristo a rivelarsi. a manifestare la sua potenza.
Quando si accorse che si era sbagliato, che il suo tentativo era in tutto e
per tutto uguale a quello di Satana di
spingere Gesù a manifestarsi clamorosamente con qualche miracolo, era
ormai troppo tardi, non gli rimase,
nella sua incapacità di ravvedersi, che
il suicidio!
Non siamo purtroppo tante volte
anche noi dei Giuda che tradiamo Cristo? Se non proprio per avarizia quante volte Lo abbiamo tradito desiderando che la sua Chiesa si presenti come
una forte potenza mondana e politica
o sperando che Cristo compia qualche
miracolo esclusivamente per i nostri
interessi privati o per il prestìgio della Chiesa?
Pilato 0 la ragion di Stato
(Matteo 27; 11-14 e 19-25, Marco 15; 15)
Altro responsabile della morte di
Cristo è Piloto. Narra una tradizione
che Pilato da vecchio, ritiratosi ormai
dalla vita politica abitasse una villa
vicino a Roma. Un giorno andarono a
fargli visita alcuni conoscenti, che ad
un certo punto, chiacchierando del più
e del meno, si misero a parlare di Gesù. Al sentire quel nome Pilato corrugò le ciglia e disse che frugando nei
suoi ricordi gli sembrava di rimembrare ora un certo Gesù di Nazareth
morto crocifisso sotto il suo governatorato, accusato di volere proclamarsi re dei Giudei. Ma Pilato non si ricordava ormai più esattamente come
erano andate le cose a suo riguardo! E
pensare che un po’ più di decisione da
parte sua sarebbe stata sufficiente per
salvarlo! Pilato aveva conosciuto il
Cristo e l’aveva subito dùnenticato!
Neppure dopo la sua morte si era reso
esattamente conto di quanto era successo! Non ricavò nessun beneficio spirituale dalla morte di Oisto, perchè
l’aveva dimenticata e non aveva avuto
alcuna coscienza della serietà e della
gravità dell’accaduto.
L noi rabbiamo .sempre la coscienza della serietà e della responsabilità
che si devono avere alla presenza di
Cristo? E la sua morte riesce ad avere per noi una importanza ben più profonda che quella semplicemente storica?
Pietro 0 l'entusiasmo
(Matteo 26; 30-35, Luca 22; 39-62)
E che succede di Pietro, di quel discepolo audace, entusiasta, pronto a
tutto? di quel discepolo in cui ardore
e buona volontà facevano tutt'uno con
la fiducia in se stesso? « Quand’anche
mi convenisse morir teco non però ti
rinnegherò! » aveva detto a Gesù! II
racconto degli Evangeli ci dice che
Pietro, nella notte in cui Gesù fu arrestato, seguiva il suo maestro da lontano, e possiamo aggiungere, sempre più
da lontano, non solo materialmente,
ma anche spiritualmente. E così verrà
il momento del primo, quindi del secondo ed infine del terzo rinnegamento! Oh! Se si fosse trattato di combattere e magari di morire subito, Pietro
non si sarebbe tirato indietro. Ricor
Durezza della vita
e dei cuori
(Marco 15; 16-20, Luca 23 : 33-38)
Inutile forse parlare dei soldati che
insultarono Gesù e della folla che assistette alla crocifissione per godersi
sadicamente lo spettacolo della soflFerenza di un uomo! Era forse !a stessa
folla che pochi giorni prima aveva
gridato « Osanna, benedetto Colui che
viene nel nome del Signore! ». Ha testé gridato « Crocifiggilo! ». 11 peccato
dei soldati e della folla consiste nella
ignoranza, nel conformismo, ma soprattutto nella cattiva volontà che impedisce loro di approfondire le cose
E’ comimque sempre un peccato grave che dovrebbe essere senz’altro condannato da Dio se Cristo stesso non
avesse esclamato ; « Padre, perdona
loro perchè non sanno quello che fanno! ».
Qualcuno di noi forse potrebbe far
parte di quella folla? o di quei militari
che pensano di don avere nulla da rimproverarsi semplicemente perchè hanno eseguito un ordine dato loro dai
superiori?
date tutti l’episodio dell’orecchio tagliato al servitore del sommo sacerdote. Ma non si trattava più di combattere ormai; si trattava di resistere, di
subire delle offese senza reagire, di
seguire veramente Cristo sulla via della croce. Ed a questo Pietro non era
preparato! L’aspettativa, l’inerzia, la
impossibilità di compiere grandi imprese fiaccano a lungo andare l’animo
del discepolo più entusiasta. La pura
e semplice necessità di seguire il suo
maestro passo a passo fanno di Pietro uno che rinnega Cristo!
S't! Vegliamo e preghiamo, perchè
anche sulla nostra chiesa l’inerzia e
l'aspettativa possono più che il pericolo e la persecuzione violenta. Nei
perioili di lotta i credenti sono pronti
al .sacrificio. Ma quando viene la pace
ci si allontana da Cristo. Ci sotto di
cminionimento e di esempio i nostri
padri antichi e i fedeli perseguitati
ora in Ispagna ed in Colombia!
Ma iesempio è anche chiaro come
individui: il progressivo e lento allontanamento dai culti e dalle attività ecclesiastiche finisce col cdndurci spiritualmente molto lontani da Cristo fino
al punto di rinnegarlo. Terminato il
catechismo non ci si fa più vedere in
Chiesa che una volta ogtu quindici
giorni, poi Una volta al mese, indi
lina volta all'anno a Natale o a Pasqua, e ¡)oi tnagari neppure più in
quelle (Kcasìoni e così si finisce
col non sapere più confe.ssare la propria fede che è persa. E avanti di questo passo fino al... pentimento? Ma
non è detto che il gallo canti anche
sempre per lun, per avvertirci del nostro peccato!
() morte, dov’è la tua vittoria? O
morte, dov’è il tuo dardo? Ringraziato .sia Iddio, che ci dà la vittoria per
mezzo del Signor nostro Gesù Cristo.
Perciò, frateUi miei diletti, state saldi, incrollabili, abbondanti sempre
nell’opera del Signore, sapendo .che
la vostra fatica non è vana nel Signore. (1 Cor. 15; 55-58)
(Luca 23 : 55-56)
Più lontano ancora di Pietro, a guardare quanto accadeva al loro Signore,
fino al momento della sua morte vi
erano / conoscenti e le pie donne che
10 avevano accompagnato dalla Galilea. Guardano impietriti dal dolore.
Per costoro non c’è più che una realtà :
la morte! Hanno udito Gesù dire
« Tutto è compiuto » e non pensano
ad altro. La risurrezione, è vero, metterà in chiaro il vero senso di queste
parole, Gesù stesso vi aveva a più riprese accennato. Ma i discepoli non
avevano inteso e compreso le sue parole. Sì! Simpatizzano e soffrono con
11 dolore di Gesù e fanno cordoglio!
La decisione
che compromette
(Giovanni 19; 3842)
Ed ecco finalmente due simpatiche
figure. Quella di Giuseppe d'Arimatea.
di cui gli evangeli poco ci parlano, ma
i pochi accenni che ne fanno bastano
per farci intendere come la morte di
Cristo ha spinto quest’uomo alla decisione ed all’azione, senza tema delle
conseguenze spiacevoli che avrebbe
potuto incontrare la sua persona. Si
rivela ora all’atto della morte di Cristo. come un fedele discepolo, proprio
come Nicodemo che finalmente si decide ad affrontare l’opinione pubblica.
Possa anche la morte di Cristo essere per noi foriera di decisioni del
genere... per noi e per la nostra Chiesa!
La croce, oggi
Queste sono le figure principali dei
personaggi che hanno avuto parte alla passione di Gesti, E’ Cristo che da
ad esse quella caratteristica che per
ciascuno di loro abbiamo potuto esaminare. E’ Cri.sto che turba Giuda,
che spinge alla decisione Nicoderqo
e Giuseppe d’Arimatea, che fa di un
indifferente governatore come Ponzio
Pilato un responsabile di fronte a Dio
del proprio peccalo, e di una folla
amorfa e portata qua e là dalle circostanze la responsabile del più grande
omicidio che mai uomo abbia potuto commettere...
Ma queste co.se non sono del passato. Scriveva Biagio Pascal che « Cristo agonizza fino alla fine del mondo».
E’ il nostro peccato che crocifigge Cristo oggi come lo crocifisse sono ormai
quasi duemila anni. Cristo, il risorto
che siede ora alla destra di Dio, aspetta che ci pronunziamo pro o contro di
Lui. Siamo costretti da Lui ad essere
o dei Pietro, o dei Nicodemo, o parte
di quella folla e di quei soldati che
ammazzano e non capiscono nulla, o
addirittura dei Giuda!
Rendiamoci conto di quel che siamo e quando siamo sull’orlo della disperazione per il nostro peccato, allora pensiamo che Gesù ha detto : « Padre perdona loro perchè non .sanno
quello che fanno! ».
Ma non sanno fare altro, non .sanno
pensare ad altro!
Come anche noi di fronte alla morte non sappiamo avere veramente fede
nella risurrezione. 1 cimiteri si riempiono nel giorno dei morti di gente
che va a tenere compagnia ai morti
prima del tempo e spesso anche le
chie.se, .specialmente in montagna, non
registrano un pieno che in occasione
dei funerali! Dìo voglia che il giorno
di Pa.squa ci illumini e ci rischiari e
ci aiuti già su questa terra a tion es.sere schiavi della morte da lui vinta,
come ha illuminato e mutato in gioia
la tristezza ed il dolore dei discepoli
e delle pie donne!
Cristo
mori al suo posto
(Marco 15: 6-15)
E nella prospettiva del perdono
aperta per noi dalla grazia di Cristo
che c morto anche per i suoi uccisori,
ricordiamoci che tutti in fondo siamo
come un personaggio di cui non abbiamo ancora parlato, e che pure in
un certo senso è molto, molto vicino
a noi: Barabba. Barabba scampò alla morte perchè Cristo morì al posto
suo. E noi siamo salvi, in un senso
molto più profondo e definitivo, appunto perchè Cristo è morto al posto
nostro! Si è reso conto di questo Barabba? Non lo sappiamo. Comunque
dobbiamo rendercene conto noi. Un
romanziere ha scritto un bel libro su
Barabba. In esso questo brigante diventa il simbolo dell’umanità salvata
da Cristo che a poco a poco prende
coscienza di questa salvezza. L’autore
si immagina un Barabba che lungi
dal diventare un santo nel senso comune di questa parola è però colpito
dal fatto di essere stato salvato perchè
un certo Gesù che egli non conosceva
per nulla era morto al posto suo. Ed
è tanto colpito da questo fatto che non
riesce più ad essere il bandito di prima e sia pure attraverso ad errori e
fraintendimenti, continuando ad interessarsi a Cristo per conoscere chi
era quell’individuo morto in vece sua,
giunge alla fede.
E' questa .soltanto fdntasia di uno
.scrittore? Può darsi; comunque per
ciascuno di noi la morte di Cristo e
la .sita risurrezione possono e devono
compiere un mutamento radicale dei
nostri modi di considerare e di vivere
la nostra e.sistenz.a che non è più ” nostra " ma di Cristo che l’ha riscattata
col suo sacrifizio e che quindi ha il
diritto di chiederci che gli venga con.sacrata! Bruno Costabel
Prière
Seigneur, ta croix puisse-t-elle être,
aujourd'hui, source d'une action de
grâces, d'un apaisement, d'un renoncement, d'une victoire, dans mon
village. Quelqu'un soit là derrière
une charrue, à sa vaisselle, pour s'en
souvenir et t'en bénir.
Voici au moins cette heure, qui
sans elle n'eût pas été d'amour et
d'adoration...
RENCONTRE
avec un prêtre
L’an passé, en montant sur le train
qui de V. conduit à T., je commençai à distribuer à ceux qui étaient dedans des feuillets d’évangélisation.
Dans le dernier wagon il y avait un
prêtre: à lui je donnai un numéro de
« Presenza cristiana », et, comme les
autres, lui aussi, il accepta et commença à lire. Je m’arrêtai au fond du wagon et j’observais les réactions ditl'érentes des personnes. Certaines, en
voyant qu’il s'agissait d’un feuillet religieux, le posaient sur les sièges du
wagon, d’autres le gardaient dans leur
poche, et d’autres enfin — les plus
nombreux — le lisaient jusqu’à la fin.
A’ T., en sortant de la gare, je retrouvai devant moi le prêtre; je le
rejoignis et lui demandai:
Qu’est-ce que vous pensez de
ce que vous avez lu?
Ah, c’est vous qui venez de répandre cette hérésie!
Et si je vous démontre que
l’hérétique ce n’est pas moi, mais
c’est vous?
Et comment pourriez-vous me
démontrer ça?
- Si vous voulez consentir à prendre un café avec moi. le protestant,
je tâcherai de vous le démontrer avec
l’Evangile.
Après un moment de perplexité, il
accepta et aussitôt après nous étions
autour d’une petite table pour discuter ensemble, devant nous il y avait
le N. Testament que j’avais pris de
ma serviette. Puisque le prêtre commença tout de suite à dire que le pape avait reçu de Jésus-Christ la primauté avec les mots: « Pais mes brebis » (Jean 21: 16), je lui répondis
qu’il fallait lire entièrement le passage (Jean 21 : 15-19). Alors nous commençâmes à lire sur le texte grec,
avec les nuances (qui dans maintes
traductions sont laissées de côté) entre
l’amour (grec: agapé) requis par Je
sus-Christ et l’amour (grec: philia)
que Pierre Lui confirma. Quand nous
arrivâmes à lire de la douleur (grec;
lupé) de Pierre, après les trois inter
rogations reçues, le prêtre admit lui
aussi que dans ce passage, plus que
d’une primauté et d’un honneur, il
s’agit d’une réhabilitation et d’une
charge pastorale à accomplir tou!
comme les autres (cfr. Ephésiens 4:
fl), et que celui qui est appelé le
« Prince des apôtres » n’est rien d’au
tre que le « prinius inter pares ».
Le prêtre alors demanda ;
Est-ce que je devrais jeter m.i
soutane aux orties?
Je ne dis pas ça. Si vous von
lez, restez là où vous êtes, mais dorénavant vous aussi, j’espère, vous pré
cherez .seulement et toujours l’Evangile, qui e.st ’’christocentrique”, sans
toutes les fausses interprétations et
sans les traditions plus ou moins évangéliques répandues dans vos églises
Il consentit et accepta le N. 'l’estanai. Nous nous séparâmes en amis ou
plutôt en collègues dans la vocation
de prédicateurs du pur Evangile,
A-t-il maintenu .sa promesse? Dieu
le sait; on l’espère vivement. La bonne semence a été répandue et le témoignage évangélique donné ici ou
là. A Dieu et nous prions pour
celà -- d’envoyer Sa pluie « d’en
Haut », afin que la graine puisse croître et porter du fruit où. quand, et
comme il Lui plaira. L. N.
SCHEGGE
PACE
Le burrasche Infuriano alla superfìcie
delle immense acque.
Nel fondo, è la grande quiete.
Tale è la vita,
noi non siamo che le onde
della gran pace dell'Infinito.
RIPOSO
Il fiume, non trova la sua pace
finché non è al mare, finché non è più lui,
ma acqua nell'acqua sterminata.
Così è per la vita umana.
Il nostro breve corso, non trova riposo
che nell'oceano infinito di Dio.
FELICITA'
La felicità non si raggiunge, si comprende.
Raggiungere la propria felicità
significa perderla.
La felicità si muove al ritmo dell'eterno.
Chi crede di averla chiusa nel breve cerchio
de! possesso, piomba nelle tenebre che avvolgono
tutte le cose finite.
IL GIUDIZIO
Il sole splende imperturbato
la notte si leva piena di stelle
su questo grano di sabbia che è la terra.
E' la maestà del divino
che continua il suo corso eterno
sulla triste follìa delle locuste umane.
Non una se ne salverà dal giudizio.
Ogni ginocchio deve piegarsi o spezzarsi
dinanzi al vero Signore.
IL CANTO DELLA SCONFITTA
Tu, non puoi sfuggire all'amore di Dio.
Per questo, la tua vita è chiusa
in un tormento senza soluzione,
sinché non avrai detto « sì »
alla vittoria della sua carità.
LIBERAZIONE
Il Signore discende nel mio peccato.
Ecco la redenzione.
Il Signore discende nel caos della mia mente.
Ecco la chiarezza.
Il Signore discende nella mia disperazione.
Ecco la quiete.
Il Signore discende nella mia morte.
Ecco la vita. Carlo Lupo
3
L'ECO DELLE VAUI VALDESI
— 4
PROCESSO A GESÙ, O A NOI?
La predicazione dell’Evangelo nella
Chiesa, al Venerdì Santo, annuncia
all’uomo — anche e soprattutto ecclesiastico — che è anche per il suo .
« Crocifiggilo ! », perennemente rinnovantesi, che il Figlio di Dio è stato inchiodato al legno.
Ma quanto facilmente pensiamo
che in fondo il processo in cui Gesù
è stato condannato al supplizio è un
oscuro e turpe intrigo di Giudei di
19 secoli fa, in cui non ci saremmo
in alcun modo insudiciati! e cerchiamo di capire come effettivamente si
svolse questo tragico processo, una
fra le molte ombre della secolare «giustizia» umana. Nel 1933, diciannove
secoli dopo la presunta data del pro
cesso a Gesù davanti al Sinedrio, un
gruppo di giuristi anglosassoni volle
ripeterlo pubblicamente a Gerusalemme. Questa « ricostruzione» stimolò
la fantasia, o piuttosto la fede di un
drammaturgo italiano che in questi
ult’mi anni ha raggiunto una larga
fama internazionale, e nella cui opera la vena cristiana si fa sentire, ora
più sotterranea, ora più nettamente
affiorante, sempre viva ed intensa:
Diego Fabbri. La sua opera più esplicita in questo senso, e forse quella
che gli ha ottenuto il più largo consen.so in Europa e nelle Americhe è
(iuel « Processo a Gesù », che vorrei
cercare di presentarvi, in questa Settimana Santa.
Sia subito premesso che non si tratta d’una recita da oratori parrocchiali, nè d’altra parte di uno di quei «mi■ teri» medioevali che pur riflettendo
snesso una profonda spiritualità cristiana, richiedono all’ascoltatore occasionale, all’uomo della strada uno
sforzo di attualizzazione che ci fa
sempre rimpiangere, in fondo, la sobria, intensa testimonianza evangelica. Cos’è dunque, questo « Processo a
Gesù »?
L’intento di presentarlo alla sensibilità dello spettatore come un evento
«attuale» appare già nella forma, vivacemente originale, della rappresenI azione, in cui compaiono come per.sonaggi non soltanto quelli che si
muovono sulla scena ma, nella seconda parte, alcuni degli « spettatori »
che intervengono nel dialogo dalla
platea. E’ un dramma corale, in cui
la platea è chiamata direttamente in
causa.
Il rinnovato « processo a Gesù » è
allestito da una troupe di ebrei, ed
ecco come il suo capo la presenta;
« Rispettabili spettatori... noi rifare
Ilio il processo di Gesù di Nazareth.
Noi ebrei che ci troviamo qui, stasera,
ci domanderemo: Gesù di Nazareth
era innocente o colpevole secondo la
legge giudaica? Fu o no condannato
ingiusìamente? Discuteremo pubblicamente, a cuore aperto... (Qualche
mormorio). Lo so, signori : ci si potrà
dire che è una questione che riguarda
soltanto noi, gli ebrei. Forse. Per i
cristiani la domanda non si pone
lu niineno... Nonostante questo vi
chiediamo egualmente un po’ d’attenzione e di comprensione. Si tratta,
in fondo, per noi, di cercare una verità, e vogliamo cercarla al vostro cospetto... Siamo qui per sapere se quel
che accadde sul Calvario fu soltanto
una dolorosa crudeltà umana o invece una colpa ben più grave, smisurata, irreparabile... Me lo sono chiesto
da molti anni, e anche molti dei mici
correli.gionari se lo sono chiesto. Perchè noi, da duemila anni, siamo stati
perseguitati da tutti? Dagli imperatori, dai papi, dai re, dai borghesi, dagli
straccioni, dai russi, dai francesi, dai
polacchi, dagli spagnoli, dai... tedeschi? Perchè? Qual’è il popolo di appena sedici milioni di persone che abbia avuto oltre sei milioni di morti —
e che morti! — soltanto in quest’ultima guerra, come li abbiamo avuti
noi? E badate bene, morti, i più, non
sui campi di battaglia, ma nei luoghi
di tortura... Se fosse la conseguenza
di quella croce alzata una sera sul
monte Calvario? « Che U suo sangue •
ricada su di noi e sui nostri figli » —
dicemmo allora. E se fosse proprio
quel sangue innocente che chiama il
nostro sangue? Come avvennero i fatti, « allora »? Ricostruiamoli, riviviamoli, rifacciamo il processo di allora;
ma in niezzo alla gente di ogg;i ».
Ed ecco che intorno alla troupe che
■sera dopo sera gira le sale di teatro,
portando il suo... spettacolo — il suo
interrogativo drammatico —, intorno
all’accusatore, al difensore di Gesù,
a quello di Caifa, di Pilato, compaiono le figure che, verso l’anno 30 della
nostra era, fecero coro attorno a Gesù
di Nazareth : Caifa e le « tradizioni »
d’Israele, Pilato e la sua ragion di
stato, Pietro ed il suo amore che pur
rinnega, Giovanni e la sua passione
che non gli ha evitato di nascondersi.
Giuda e le sue speranze messianicopolitiche frustrate dal « Re mansueto»; e rumile, umanissima testimonianza di Giuseppe e Maria di Nazareth genitori straordinari e pur così
« normali » ; l’appassionata testimonianza della Maddalena, e di Lazzaro. Sfilano, uno-accanto all’altro, ma
attraverso la loro testimonianza si delinea, sconcertante come fu in vita,
ma viva, palpitante, la figura dell’Assente, che pure è il Protagonista.
« Era un seduttore — dice Caifa ■—.
Un uomo che « trascina con sè », il seduttore. Ebbene, Gesù aveva il potere
di portarsi dietro la gente, e qualunque
cosa facesse o dicesse, gli credevano.
Non aveva bisogno di convincere, perchè incantava, che è molto di più. Ce
ne accorgemmo anche noi quando ci
fu davanti, con tutto il Sinedrio schierato... Era di notte, l’avevamo preso
la sera; eravamo riuniti in molti in
casa di mio suocero Anna, curiosi, ansiosi, perfino eccitati di vederlo in faccia questo cosiddetto profeta. Ed ecco
che finalmente ci è davanti, e cominciamo ad interrogarlo. Ma a mano a
mano che le domande incalzano, e la
curiosità lascia il posto ad un esame
Il processo a Gesù ò il processo all'uomo; ma un processo in cui l'innocenza del
condannato a torto, invece di portare all inesorabile condanna dei giudici e corresponsabili della sua morte ingiusta, è l'eterno fondamento della loro giustificazione
più attento del personaggio, si forma
nell’aria, ancora imprecisato ma evidente, una specie di disagio... di imbarazzo, che ci inquieta... e diventa timore... quasi paura. Perchè ci rendiamo conto con terrore che il caso di
quell’uomo è di quelli che non si accomodano con manovre o patteggiamenti o minacce, no, no! Non ce lo
dicemmo, ma lo pensammo tutti dentro di noi, prova ne sia che Anna,
ad un certo punto dell’interrogatorio,
si chinò verso di me e mi disse: «Meglio che non ci fossimo immischiati
in questa faccendi», ma ormai era
troppo tardi... Lo stavamo interrogando, ma come s’interroga qualcuno che
è considerato già colpevole e deve essere condannato. E invece scoprivamo che non era colpevole di nulla... e
non era nemmeno un esaltato, nè un
mistificatore... Fu allora che avemmo
paura. Paura di non poterlo condannare ».
Dai ricordi dei genitori scaturisce
l’immagine dell’infanzia di Gesù.
(« Che faceva? — Giocava, allegro. —
Ma si vedeva che aveva certi pensieri
da cui io ero esclusa»), così normale
e così « diversa»; le parole degli apostoli scolpiscono, nette, 1 miracoli di
Gesù. (« Era triste, quando glieli chiedevano... »), e quello che Giovanni
chiama il suo più gran miracolo: il
suo insegnamento, il suo messaggio,
che avvinceva le folle anche quando
non lo capivano che in parte... Infine
le ore tragiche deirarresto, del rinnegamento e della paura, anche se lo sf
ama, Gesù di Nazareth... E a poco a
poco, dal modo con cui queste testimonianze sono rese, gli spettatori si
sentono invincibilmente chiamati in
causa, e l’«atmosfera» è matura per la
seconda parte della «rappresentazione », in cui uno dopo l’altro, molti di
loro entrano nel dialogo, chiariscono
la loro posizione di fronte a Colui di
cui si celebra lo strano, sconcertante
processo.
Ed ecco, di fronte a questo Gesù di
cui i testimoni parlano, con sentimenti diversi, ma mostrando chiaramente che egli è stato il perno della loro
vita, «è la coscienza cristiana che si
risveglia un po’ in tutti, nelle forme
più impensate... e Ireagpsce in difesa
di Gesù » — affemte uno. C’è la moderna Maddalena, ^venuta a passare
la serata a teatro pon l’uomo di turno, sbandato quanto lei, ma improvvisamente afferrata da un amore non
mai conosciuto; il provinciale che,
novello flgliuol prodigo, sciala in città con i soldi con cui è fuggito da casa, e che riascolta, vivo, l’annuncio di
un Padre in attesa, che perdona, ben
diverso dal padre che sa di aver lasciato a casa sua; l’iiitellettuale che
vede crollare tutti i suoi ragionamenti di sapienza umana di fronte alle
vive testimonianze vecchie e nuove ; il
sacèrdoie che trova il coraggio di fare pubblica confessione dei tradimenti della Chiesa e che soprattutto risente viva la gioia della sua vocazior:e; colui che ha venduto, ombra di
Giuda, il suo amico ai nazisti, per rubargli la sua donna, e che accetta che
il suo piano sia spezzato da Colui che
col suo amore l’ha vinto; il cieco di
nascita che incarna la dolorosa, appassionata speranza dei derelitti; la
donnetta delle pulizie, vedova, che ha
perso il figlio in lotte politiche di cui
non ha capito niente («Noi non abbiamo niente, neanche rintelligenza
per starci su giornate intere a ragionare... noi siamo veramente poveri»),
ma che .spera e crede nella risurrezione, e in questa fede trova il coraggio,
semplice, umile, di perdonare all’uomo Che ha tradito, simile a quelli che
le hanno tradito il figlio (« Non temere, figliolo: il vero Giudice è Lui»).
Con note talvolta un po’ patetiche,
forse, è un coro di confessione di fede
che si leva, accanto a quello degli antichi testimoni. Perchè non lo si vive,
allora, perchè non lo si grida alto e
forte, sempre e ovunque? « E’ una risposta che la pena — dice una — ma
è sincera. Non ci pensiamo. Non ce
ne ricordiamo. E’ dentro, in fondo,
sepolto... Non viene su. E facciamo
tutto come se quel sentimento non
fosse in noi — giornate intere, mesi,
talvolta anche anni, senza pensarci...
E quelle poche volte che ci pensiamo...
ci vergognarne ! Stasera è stato un car
so. Non so dove l’abbiam trovato
tutti — il coraggio di saltar su, d’infiammarci in questo modo ».
E’ la stessa umanità, allora, oggi,
piena di segreta attesa, dì speranze,
di viltà, di fede e di inconcepibile
oblìo. Ed oggi come allora, il Protagonista è Lui, Gesù di Nazareth, sconcertante ed ìneliminabile Redentore e
Signore, speranza del mondo, «mondo marcio e sporco, ma benedetto, si,
se è vero che ha ospitato un figlio
dell’uomo che era Figlio di Dio! »;
e se « si ripete quello che accadde allora: di rinnegare, di condannare, di
crocifiggere », tuttavia « è ancora tra
noi, vivo — l’aveva detto: ;— Io sono
con voi tutti i giorni, fino alla fine
del mondo! ».
Il processo a Gesù è dunque il processo all’uomo; ma vm processo in cui
l’innocenza del condannato a torto,
invece di portare aH’inesorabile condanna dei giudici e corresponsabili
della sua morte ingiusta, è il vero,
eteiTio fondamento della insperabilesperata giustificazione di questo mondo storto e perverso. L’appello che
dalla scena Diego Fabbri ha rivolto e
rivolge a migliaia di cuori, nelle platee di mezzo mondo, è quello a credere in questo Gesù, il Cristo — o, forse,
a ricordarsi di Lui.
E’ l’incontro con il sovrumano amore di Dio, di cui proprio la moderna
Maddalena è la paradossale testimone : « Dovete imbattervi per forza nell’amore, se volete continuare a P»»
lare di Gesù. Io ho creduto in Lui
perchè era l’amore!... Non si può dire
che cos’è l’amore. Dovete trovarlo,
scoprirlo da soli, con la sofferenza vostra. Non ve lo posso rivelare, non ve
lo posso insegnare. Sarebbe troppo facile, troppo comodo. Nessuno può pagare per noi il prezzo del nostro amore. Ognuno deve pagare per sè... ».
GINO CONTE
Se potete, leggete, ascoltate questo
Processo a Gesù di Diego Fabbri, edito da Vallecchi (1955, L. 700), con una
ottima introduzione di Giancarlo Vigorelli : « Diego Fabbri e la ’ storia sacra ’ di noi contemporanei ».
Entre les mains de Dieu
Les mains de Dieu, c’est JésusChrist, sa main gauche c’est le Crucifié, sa main droite c’est le Ressuscité.
Par les épreuves les plus dures, les
plus incompréhensibles, je suis dans
sa main gauche; par les joies les plus
intenses, les guérisons les plus merveilleuses, je suis dans sa main droite.
Mais quoi.qu’il arrive, c’est toujours
.va main. C'est toujours lui qui me
tient. Je n’en puis pas sortir. 11 est
bon de savoir cela et de pouvoir en
Jésus-Christ — jusqu’à l’extrême limite de l’accablement, jusqu’au moment où je suis abandonné à toute
la puissance de l’Adversaire et me
vois englobé dans l’empire de la mort
— dire: Je remets mon esprit entre
tes mains (Sal. 31: 2).
Roland de Pury.
.'’'ilvio Amhrogini, dopo una notte quasi
(lui lutto hianca, seduto vicino alla finesir.; della sua (‘aniera volta ad Oriente,
as|.filava Irejiidanle l'allia. Il cielo era di
iiiK! serenità imparepuiabilc. Poco a \nno
spuntò la luce pallida alPorizzonle e Silvio, con gli ocelli fis.si e ansiosi cercò un
sito nel vicino cimitero e vide la tomba
rcffnteineiitc smossa: i lìori ebe la coprivano erano iresebi come l’alba che spuntava. Chinò il volto fra le mani c rimase
a lungo immer.so in profonda meditazione
soffusa di ricordi, di speranze frustrale e
di vuota desolazione.
In ipiel sibm/io luminoso del mattino,
non iiìterrotlo che dal canto degli uccelli,
coiniuese lulla ramarezza del suo lutto.
La sua dolce consorte il cui corjHì stanco
riposava nella tomba, non poteva più parlargli ed ispirarlo coi suoi sorrisi sempre
co.si sereni e liducio.-ii! Ora egli sarebbe
semiire sobi, più che mai desto ma come
un vivo fra i morti. Eppure una tenera
presenza sembrò essere tornata a consolarlo e, improvvi.samente, sentì lu dolcezza amara di un impossibile abbandono e
per la prima volta, fu come se il ghiaccio
del suo lutto si siiuagltasse : e pianse,
pianse a lungo...
Un improvviso, ripetuto bussare alla
porta d’entrata, lo riscosse stranamente.
C'era ancora vita in ((uesto mondo? Scese
precipitosamente... Si trattava di un lelegrainma. Les.se. Il suo migliore amico Donato Pardi che abitava nella cittadina vicina implorava il suo aiuto con queste
parole oscure: «Temo la più grande tragedia di mia vita. Ti supplico: vieni subito! fi Donalo? rSon l'aveva visto da un
pezzo. Gli avevano detto che era usHeiile,
per un giro artistico. Eppure da anni erano legati da un'amicizia senza pari, a tutta prova. Sembrava che il destino li avesse
falli l'uno per l'aliro; ed ora egli donian
dava aiuto. Silvio non vacillò. Senza fermarsi a congetturare più oltre, avido di
azione, egli partì con la sua macchina,
senza indugi.
Arrivò dopo meno di due ore. Donato,
pallido e tremante, l’aspettava alla porla
e .si gettò n<*,lle braccia dell'amico che dovette sostenerlo perchè sembrava in procinto di svenire. — «Donato! coraggio!
Gbc cos’è successo? » domandò Silvio con
tutta l'elTusione fraterna di cui era capace,
ignaro ancora della natura dell’accaduto.
E la risposta venne fra singhiozzi laceranti» strozzati dal dolore.
« Oli! perchè non sono morto io? »
- « Dimmi », l’inlerruppe Silvio. « Si
Inula di tuo figlio? Si tratta di Gino? »
Donalo scuoteva il capo disperatamente
lu con un sosjiiro simile ad un rantolo
‘he iironunciò la parola: «Mia moglie!
Augusta!... Oramai tutto è finito! ».
Silvio non disse nulla del suo dolore
N O R
Novella per il tempo di Pasqua
pd-Koiialr, k'iìi immcdcsiimilo come si senti
nejla tragedia (leiruini<(). Un’imiiressionc
ilraordiiiarla gli fece, neirenlrare, un
gl ande quadro : il rilrallo di Augusta che
Donalo aveva diiiinlo In giorni di sublime ispirazione e che, nei circoli artistici
di Washington, era stalo accollo con gran,l<! ammirazione.
Silvio rimase colpito da quella bellezza
muliebre in cui un marito invaghito e
vero artista aveva saputo imprimere tanta
anima, e pensò ad un’altra i>ellezza tutta
spirituale il cui dislaci-o crudele l’aveva
lasciato solo per sempre. Ma fu ben presto richiamato alla realtà del momento,
nel vedere che Donato si era ad un tratto
prostralo a terra come in alto di adorazione e con sospiri disperati parlava alla
bella donna del quadro come se ancora
10 potesse ascoltare.
Silvio lo sollevò dolcemente mentre che
11 suo amico prorompeva in parole incoerenli e si avviava verso la camera dove
giaceva la sua cara consorte: « Non voglio che me la portino via e che me la
tocchino! i> egli ripeteva con disperala risolutezza mentre mirava la sua diletta che
.sembrava dormire, libera ora dagli strazi
dell’agonia. Gino, runico figliuolo, era
.stalo allontanalo in casa di una pietosa
vicina. La casa era silenziosa e lugubre.
Silvio Amhrogini s’informò nei riguardi
di parenti c amici elle potessero intervenire nella situazione. Donato rispose:
« Nessuno! Sai che sono sempre vissuto
appartalo, lontano dai miei. Sono vissuto
per lei e pel mio figlinolo e per la mia
arte ». Poi crollò le spalle come chi non
lin più nulla da fare in questo mondo.
Silvio comprese che la responsabilità di
<inell’ora era tutta sua. Furono giorni di
attività febbrile in cui non si sarebbe più
nè dormito nè mangialo se alcuni vicini
non fossero intervenuti. Donato dovette
persuadersi che era necessario di separarsi dalle spoglie della sua compagna
nelle quali, come diceva il Petrarca, anche la morte aveva l’aspetto della bellezza.
1 funerali furono silenziosi e solenni.
4< 4; ,
Il giorno dopo le esequie, Silvio, stanco
ma risoluto, disse all’amico; «Caro Donato, so che hai fiducia in me e che mi
vuoi bene. Farai come ti dico? »
Donato che non aveva più volontà sua
pro|)ria accenmiva di si come per dire;
<1 Non ho piò che le nella vita ».
« Bene » continuò Silvio. « Doiiiani, col
Ino Gino, iiarliremo per casa mia. Avete
cniramlii liisogno di un po' d’aria di montagna e di tranquillità. Lassù ci sentiremo
anche più vicini a lei, più vicini a Dio ».
— « Dio? n sospirò Donalo. Poi con un
improvviso singhiozzo quasi feroce: « Se
Dio esiste, perchè ha permesso...? »
— « Ti comprendo » interruppe Silvio
con voce dolce e tremula di simpatia. « E
li comprenilo più di quanto lu possa immaginare... Ma ne parleremo lassù».
Partirono l’indomani poco dopo l’aurora. Gino nella sua incoscienza di lancinllo di cinque anni saltellava d’impazienza
!■ pen.sava che forse lassù, più vicino a
Dio, avreliiicro incontralo la mamma. L’aura mattutina conferì a tulli un dolce refrigerio.
« >i> *
Ma fu un ivomcriggio drammatico, oltre l’aspellaliva. Silvio accolse Donalo e il
figliuolo con lulla quella effusione di ospitalità di cui era capace il suo cuore generoso; e i suoi ospiti non poterono a
meno di subire quella dolce influenza. Gino cercava qualche compagno per giocare
e percorreva i dintorni della casa da vero
esploratore. 11 padre si era fermato ad
ammirare l’orizzonte pittoresco che si
scorgeva dalla loggia della casa poi si era
seduto, con languido e sospiroso abbandono, a sfogliare un volume d’arte illustralo in uno degli scaffali dello studio di
•Silvio.
I suoi occhi d’artista si erano accesi, come fiammelle interne nell’ammirare la
leggiadria delle forme che il grande artista divino, nonché il genio umano, hanno
crealo nella natura viva dei rilievi terrestri, delle piante e specialmente nei discendenti di Adamo ed Èva.
Donato comprendeva ora più che mai
(|uanto si fosse ablieverato di un concetto
pagano de]la bellezza. Egli aveva idolatralo Augusta più per la sua giovane bellezza formosa che per le intrinseche grazie dell’anima. E tutta quella attrattiva
di doni cslelic.i era ora dislruUa e data
come pasto... ai vermi della terra. Ebbe
un senso soverchiante di orrore.
Silvio lo trovò in un’attitudine di completa esasperazione e di doloroso mu
tismo. Finalmente parlò con voce cupa
citando il l.eopardi: «Due cose sole lia
la vita: amore e morte; quando vieti la
morte, lutto è finito, anclie la .speranza ».
— « No », risitose Silvio con voce ferma
e cosi convinta che scosse l'amico. « Non
la speranza! ».
— « .\b! caro mio ». fu la risposta.
« Queste .sono parole; ma i fatti sono differenti. Bisogna passare per queste esperienze per poter parlare ».
Ma Silvio gentilmente riiilerrnppe.
« Senti, caro amico; è tempo che li parli
anche deU’esperieiiza. Il tuo dolore li ha
impedito di pensare al mio. Sappi che, in
questo momento, la nostra lunga amicìzia ci lega con un nuovo vincolo che è
quello del dolore. Alzati e vieni fino alla
finestra... Vedi quella tomba recentemente
schiusa? Quei fiori che poco fa erano freschi ed ora... Sai di ehi è il corpo clic
giace sotto quei fiori? »
Donalo ebbe un sospetto improvviso, e
halhellò: « Dov’è, dov’è la tua moglie?
Non mi parlasti di Gloria! ».
Silvio ri.spose col silenzio, abbassando
il capo e lasciando cadere una lagrima...
Ci fu un lungo silenzio più eloquente
delle parole. L’arlisla, in uno slancio fatto
di profonda amicìzia, dì simpatìa non mai
prima sentila cosi profondamente, strinse
a lungo fra le sue braccia il suo leale amico e comprese, per la prima volta, il conforto di poter confortare un fratello.
Sedettero. Silvio, come per riassumere
il significato di quel nuovo clima spirituale che li univa così strettamente, disse
con voce più sicura: « Caro Donalo, fronteggiamo assieme le realtà più grandi dell’esistenza: la morte e la vita. Sembrano
due forze inte.se a distruggersi a vicenda.
Ci domandiamo quando cesserà quel conliitto e quale di questi due rivali debba
cedere il primo lasciando alTallro di
trionfare solo. E più pensiamo, più conchiudiamo clic sono entrambi forze eterne
che, ancorché sembrino volersi distruggere spietatamente, finiscono invece per
cooperare sempre più al loro divino fine,
che è quello di affinare e rendere più degna davanti al Creatore, la creatura rinnovata ».
Ma Donato, pur ascoltando intensamente, crollava ancora il capo e disse: « Ma
perchè il Creatore, se veramente vuole
mettersi in comunione con noi, non parla
più cliiaramente? Perchè agisce in un modo così misterioso e... crudele? »
— « Di nuovo, mio caro Donalo » soggiunse Silvio, « sono con le nel dire che
siamo circondali da un grande ignoto. Eppure il Creatore fa lutto ciò che è posaibile per rivelarsi, e cerca di farci comprendere elle non può riuscirei unicamente
con le vie usate dal ragionamento e dalla
si;ienza, ma che conviene anzitutto accettare e mettere alla prova quel contatto
personale elle solamente lo Spirilo può
coiiierire e die ha, come punto di partenza, una liducia completa in Lui ».
rtug.unurono fin verso sera. Già il sole
era sparilo dietro le colline. Si udirono
nelle campane lontane. Silvio si riscosse:
« t, il Venerdì Santo» disse con sentita
solennità.
Vennero dalla strada degli schiamazzi
di ragazzi, poi delle voci di pianto.
Donalo scattò in piedi turbalo:
- « Gino! Gino! Dov’è il mio Gino? »
E lece per precipitarsi Inori. Ma già la
ponu si apriva d un colpo e il ragazzino,
piangeiiuo, corse nelle braccia del padre
die I abbracciò con insolita effusione:
— « Dii, Gino, mio caro Gino, che cosa
I liaiiiio tatto? »
Ma U fanciullo, già intieramente calmo,
rispondeva: « iNiente babbo, ho avuto paura dei ragazzi; poi il sole è sparito e
Ilo pensato a te e alla mamma... ». Poi
con un singhiozzo improvviso, stringendosi di più fra le braccia paterne: « Oh!
Iiahbo, voglio stare sempre con te ».
Donato ora lo guardava con un sorriso
ineffabile. Com’era bello il suo bimbo e
come gli pareva ora più che mai lo specchio della madre morta... la stessa espressione vivente, ma come trasformata in
quel candore fanciullesco. Poi Gino domandò con ocelli tristi: « Che cosa vogliono dire quelle campane? Mi fanno
piangere! ».
Fu Silvio die rispose: « Le campane
vogliono dire che oggi siamo tutti stati
un poco tristi. Ma, dopo domani verrà la
Pasqua che è festa di gioia e di nuova
vita ».
Il bambino, stanco, si era abbandonato
nelle braccia del padre che, con delicatezza materna, lo mise a dormire in un
lettino accanto al suo.
Il Come dorme bene! » sussurrò con un
sospiro di sollievo. « E il suo sorriso è simbolo di pace e di compieta fiducia ».
E Silvio aggiunse: « E’ il sorriso dell’avvenire, del tuo, del nostro avvenire! ».
Muti e solenni i due amici passarono
sulla loggia. Donato sospirò mirando l’Occaso: «Tramonto!». Silvio lentamente si
volse verso l’Oriente ed esclamò con voce
ferma: « La Nuova Aurora! ».
Giovannino Tron,
4
Dio mio, Dio mio, perchè mi
hai abbandonato? perchè te ne
stai ft^ano senza soccorrermi?
Salmo 22: 2.
L'Eco delle
-V ÏJ.: '
Valdesi
Quand'anche camminassi nella valle dell'ombra di morte,
non temerei male alcuno, perchè tu sei con me.
Salmo 23: 5.
DAUX NOSTRE COMUNITÀ'
ANGROGIVa (Serre)
Con un tulio unito di Confermazione
dei catecumeni del Serre e del Pra del
Torno, sono stali ammessi nella piena comunione della Chiesa, la domenica delle
Palme, nel Tempio del Serre: Benech Miranda (Cacet), Besson Wanda (Ruadaval),
Ricca Èdina (Ricca), Rivoira Estellina
(Cacet), Roman Albina n. Benech (Serre
Malan), Chauvie Aldo (Buonanotte), Gaydou Edvi (Chiot), Monnet Predino (Sarsa),
Monnet Piero (Rivoires), Pons Franco
(Rivoires). Speriamo di potere presto anche confermare neH’alleanza del suo battesimo il catecumeno Arnoul Bruno che
non ha potuto pronunziare il suo si con
gli altri compagni, perchè costretto a letto da malattia. Mentre chiediamo al Signore di aiutare i nuovi membri di Chiesa a
mantenere gli impegni da essi contratti
con Dio alla presenza di un numeroso
pubblico, invochiamo da Lui anche una
pronta guarigione del giovane ammalalo.
L’unione del Cacet ci ha presentala una
ottima aerala il 21 c., ripetuta anche la
domenica 22. Il pubblico è intervenuto
numeroso malgrado le distanze notevoli,
sia da Pra del Torno, sia dal Serre. E’
intervenuta in blocco anche l’unione del
Prassnit Vernet che ringraziamo per il
suo apprezzato segno di solidarietà. Le
difficoltà per portare sulla scena le due
farse « Le mariage de Jean Pierre » e « Un
signore eccezionale » nonché la commedia
« Fatemi la corte » non sono state poche,
sia a causa del numero molto esiguo degli
allori, e specialmente delle attrici, sia a
causa della diffh'oltà dei medesimi di
esprimersi in lingua francese, sia per altre cause interne alla nostra unione. Ad
ogni modo l’impegno e la costanza di tutti, e specialmente dell’insegnante Bianca
Armand Hugon, regista nonché attrice nella serata, ed anima dell’unione del Cacet,
hanno portato a buon termine ogni cosa.
Ringraziamo gli studenti della Società
missionaria « Pra del Torno » per avere
presieduto un turno di riunioni quarlierali
e per le belle diapositive proiettate in quei
quartieri dove la comodità della luce elettrica lo consentiva.
SARI SECOIVDO
Alla presenza di un’assemblea che gremiva il Tempio, nella solennità di una
cerimonia austera e commovente, i catecumeni Gardiol Bruna. Paschetto Edda, Rostagno Franca, Costantino Delio, Garrou Italo, Paschetto Remo hanno pronunciato, domenica scorsa, la loro dichiarazione di fede e sono stali ammessi a far parte quali
membri comunicanti della nuova comunità
di San Secondo.
Il Pastore Cipriaijo Tourn, che ha presieduto il culto, ha ricordato ai giovani
confermandi la serietà della promessa che
stavano per fare, e l’assemblea ha seguito
la cerimonia di Confermazione nel solenne
e silenzioso raccoglimento della preghiera.
In seguito la Corale, diretta dal signor
G. Vicino, ha cantato un inno di circostanza.
Al termine del Culto, mentre gli Anziani consegnavano ai sei confermati un ricordino invialo con gentile pensiero dal
Pastore Genre, i presenti si stringevano at
torno ai giovani per congratularsi e festeggiare queste nuove forze entrate a far parte della diciottesima parrocchia delle Valli.
Il Signore benedica questi giovani e li
aiuti con la potenza dello Spirito Santo a
mantener fede in ogni circostanza alla promessa che hanno fatto. d, g,
Uir.r.AR PFJ.LICE
L’8 marzo, nella sala delle Attività, la
nostra sorella Clementina Bouissa ci ha
fatto un interessante e brioso resoconto sul
suo recente pellegrinaggio nelle nostre Colonie dell’Uruguay che hanno testé festeggiato i loro lOO anni di vita.
Al termine del suo dire è stala molto
applaudita dal numeroso uditorio, quindi
il Pastore, a nome del Concistoro, le ha
espresso Ja gratitudine della Chiesa per i
suoi 37 anni di insegnamento nel quartiere
del Teynaud e per la sua fedele collaborazione come insegnante di religione e direttrice della Scuola Domenicale augurandole un’emeritazione attiva e serena.
Mentre alla festeggiata veniva offerto un
mazzo di garofani (uno per ogni anno di
insegnamento, e di varie gradazioni di colori a simboleggiare le giornate or tristi
or liete di tanti anni) si alzava il signor
Cairus, vice presidente del Concistoro, il
quale, con cordiali espressioni, offriva alla
festeggiata un piccolo ricordo da parte della Comunità.
La sig.na Dalmas aggiungeva ancora alcune lodi alla sua collega ed essa ringraziava commossa. Mentre un lungo e scrosciante applauso le diceva ancora l’affetto
e la riconoscenza di tutti, la sig.ra Bouissa
si è avvicinata alla decana delle nostre insegnanti e con gentile gesto le ha fatto
omaggio della metà dei suoi fiori.
La simpatica riunione è terminala con
un rinfresco ed un brindisi alla nostra cara
sorella.
Suor Alba, originaria di Napoli, che ha
compiuto i suoi studi in una casa di Diaconesse presso Zurigo ed ora lavora nel
nostro ospedale di Torre, è stala nostra
ospite il li> marzo n. s. Ha dato un me.5saggio ai bambini della Scuola Domenicale e nel pomeriggio ha parlato all’Unione
delle Giovani sulla vocazione del servizio
cristiano e sulle sue esperienze di diaconessa. La ringraziamo di cuore per la sua
interessante « causerie » e per i momenti
trascorsi insieme, che ci hnano fatto sentire più vicine le une alle altre.
Il 4 marzo è stalo nostro ospite il Pa
.store di Verona. Alberto Taccia, segretario
della Gioventù. Nel pomeriggio egli ha
dato un messaggio alla nostra Riunione di
preghiera e la sera ha parlato agli unionisti riuniti nella sala. Molto interessanti le
notizie sull’opera che la gioventù compie
in Sicilia ad Adelfia. La serata, che ha visto anche una gara biblica, si è conclusa
con i giochi e con Fimmancabile tè. Grazie
al nostro ospite per la sua visita e per
questo benefico contatto.
La sera della Domenica delle Palme è
stala nostra ospite la missionaria Anita Gay,
Siamo costretti a rinviare, per mancanza
di spazio, parte della cronaca di S. Secondo e l'illar, nonché quella del Convegno
Catecumeni felicemente svoltosi ad Agape
Nella sala delle attività, gremita di fratelli
e sorelle accorsi dalle case anche più remote della parrocchia, ci ha parlato a lungo, col sussidio di un film, del suo lavoro
missionario. Abbiamo udito cose belle e
nobili e siamo tornali alle nostre case con
l’impressione che Dio ci aveva rivolto per
mezzo suo una vera e propria vocazione
missionaria alla quale forse qualcuno dei
nostri giovani risponderà.
Confermazione, Catecumeni e Chiesa sono stati mobilitati per le solennità della
Settimana Santa e della confermazione.
Quest’anno il loro numero è esiguo, nove soltanto. Sono: Geymet Graziella (Teynaud), Moltura Laura (Piantà), Bertone
Onorato (Inverso); Charlin Giorgio (Praferrero), Davit Sergio (Malanot), Lausarot
Severino (Inverso), Mourglia Bruno (Centro), Geymonat Mario (Ciarmis), Dalmas
Lello (Teynaud).
Il 19 u. s. la maggior parte di essi partecipò con evidente beneficio spirituale al
raduno dei catecumeni ad Agape.
Il 20 a sera, esame di fede al presbiterio dinanzi ad una rappresentanza della
chiesa e del Concistoro. Momento di grande emozione per i confermandi. Tutti risposero con disinvoltura ai quesiti loro
posti ed alcuni meravigliarono anzi i presenti per la sicurezza e la convinzione delle loro risposte.
Culto delle Palme. Sempre bello e commovente il culto nel quale Je nuove reclute
della chiesa promisero al Signore di essergli fedeli fino alla morte. Tutti i candidati, come è consuetudine a Villar, dissero la loro professione di fede con parole
proprie e poi, in ginocchio, ricevettero la
imposizione delle mani. Arriccliirono il cullo un canto della Corale ed il suono delle
nostre trombe. AU’uscita, allineati dinanzi
al Tempio, ricevettero l’abbraccio ed i festeggiamenit di tutta la comunità. Saranno
festeggiati ancora nel corso dì una adunata
solenne il 5 aprile prossimo venturo.
R 0 R a’
La settimana scor.^a ci siamo stretti attorno alla famiglia Rivoira delle Fucine,
che è stala duramente colpita dalla scomparsa del piccolo Mario di soli 7 mesi. Il
suo dolore è anche il nostro ma la sua
speranza è e rimane il dono che nessun
dolore può strapparle. La nostra preghiera è che possa fare quest’esperienza nella
prova.
Mercoledì scorso / giovani della Pradeltorno hanno tenuto una riunione alle Fucine e gli iiiterveniili si rallegrano di
riascoltarli mercoledì 2.') p, v., assistendo
alLannunciala proiezione di filmine che
non ha potuto aver luogo la volta scorsa
per motivi di forza maggiore.
Domenica pomeriggio, 22 marzo, i quattro catecumeni di IV anno hanno sostenuto Tesarne dinanzi al Concistoro, dimostrando una preparazione adeguata. Durante il cullo di Venerdì Santo prometteranno di mantenersi fedeli al Signore che
li ha chiamali ad essere suoi. La comunità li segue con affetto e attende da loro
un esempio di fede perseverante.
Facciamo i nostri migliori auguri di pronta guarigione a Barba Sendi^ che ha dovuto esser ricoverato alTospedale di Torre
Pellice: speriamo che possa far presto ritorno ai monti.
/ LETTORI CI SCRnOISO
Una noterella critica... e una risposta
Devo confessare che ho letto con stupore
e con disagio l’articolo di F. Sommani, « l
nostri Catecumeni sono preparati alla vita
cristiana? », comparso su « L’Eco » del 13
marzo come articolo di fondo, senza nessuna chiusa redazionale. Se il numero del
giornale avesse portalo, che so. la data del
190.'i. l’avrei considerato un interessante documento storico della mentalità di quell’epoca. Ma oggi, dopo Barili, dopo il rinnovamento biblico, dopo quasi 4 decenni di
movimento ecumenico, ricalcare lo schema
che pone in antitesi la « conoscenza » e
la « vita », la n teoria » e la « pratica ».
rinlelleltualisrao e l’etica, sa per lo meno
di anacronismo. Perchè insomma nel 1959
dovremmo avere imparato o riimparato la
antica verità apostolica e riformata che
l’etica cristiana sgorga dal fatto di Cristo.
Ora questo fatto deve essere annunciato e
insegnato: e questo annuncio e questo insegnamento è trasmesso per forza di cose
per mezzo di strumenti « intellettuali ». si
chiamino essi istruzione biblica, catechismo, predicazione. Non sono questi strumenti ad avere in sé la capacità di creare
la fede, eppure la creazione della fede non
si produce senza questi strumenti. E soltanto quando il mistero della fede è sorto
in un’anima, si pone la possibilità di una
etica cristiana, perchè fede nel Signore Cristo non è altro che ubbidienza e servizio
al Signore Cristo.
Quindi, invece di ripetere la vecchia e
falsa antitesi fra conoscenza e vita, che ha
già prodotto secolari equivoci nelle nostre
chiese, non sarebbe stato più evangelicamente corretto e certo opportuno richiamare la predicazione, l’istruzione biblica, i
manuali di catechismo a seguire con semplice coerenza c con fermo orientamento
lo schema apostolico: voi a avete imparato
a conoscere Cristo. Se pur Vacete udito ed
in lui siete stati ammaestrati secondo la
verità che e in Gesù, avete imparato, per
quanto concerne la vostra condotta di /»rima, a spogliarvi del vecchio uomo che si
corrompe seguendo le passioni ingannatrici ;
ad essere invece rinnovati nello spirito della vostra mente e a rivestire Vuomo nuovo- » (Efes. 4 : 20-23)?
Se poniamo in antitesi questo conoscere
e questo vivere, quale possibilità c! resta
di edificare una vita cristiana? •
Mi spiace che qualcuno abbia sentito un
vivo disagio nella lettura del mio breve
articolo sopracitato e mi spiace tanto più
in quanto mi pare che la " Noterella critica " non colga affatto il pensiero che
avevo esposto. ,4nzi nella sua ultima parte
la ” Noterella critica " non fa che ridire,
forse meglio, quello che avevo voluto esprimere io stesso.
Forse il lettore che protesta ha letto
troppo in fretta?
Oppure era preoccupato e preso in una
polemica d'una volta che la mia generazione non conosce gin più?
Non si tratta di opporre la teoria e la
pratica. Vintellettualismo e l’etica, si tratta di constatare che, nella maggior parte
dei casi, i nostri giovani hanno difficoltà
a comprendere il legame intimo che v'è
fra il ” fatto di Cristo ” e la loro vita
com/iresa come ” ubbidienza e servizio al
Signore Cristo ”, donde si nota spesso
"una frattura fra fede e vita”. (Triste
fatto conosciuto fino dal tempo dell'Epistola di Giacomo).
Siamo d'accordo che ” il fatto di Cristo ” non può essere portato altro che con
” strumenti intellettuali ". ma c'è modo e
modo; ecco un esempio: nel Catechismo
di Heidelberg (Ed. Gioventù Cristiana) su
80 pagine ce ne sono 20 dedicale ai dieci
comandamenti intesi come gratitudine a
Dio: nel Catechismo della Chiesa Valdese
1956 su 45 pagine ce ne sono 4 dedicate ai
dieci comandamenti, i quali, fra l’altro
non sono veduti nella luce di Cristo per
che precedono i capitoli che ¡mrlano del
Salvatore; ma troviamo ben quattro capito
li per parlare del Ravvedimento, della
Conversione, della Giustificazione, della
Rigenerazione e Santificazione con tentativi più o meno riusciti di definire queste
varie espressioni che. nella mente dei Catecumeni rimangono teoria con ben poca
probabilità di avere un qualche riferimento utile alla loro vita di credenti. Meglio
sarebbe, a mio modo di vedere, tornare
appunto, come vuole l’autore della ” noterella critica ”, alla antica verità apostolica
e riformata, cosa che del resto si fa già
altrove (vedi il Catechismo ” le suis le
Seigneur ton Dieu ”).
F, Sommani
Ripresi i corsi di maglieria
alla Scuola di Agricoltura
Presso la Scuola Valdese d’Economia domestica ai Monnet ÌLu.scrna S. Giovanni)
martedì 31 marzo corr. alle ore 15 saranno
ripresi i Corsi di confezione a maglia, per
mezzo delle ben note macchine Dubied,
Tali corsi, sotto la direzione di insegnanti
specializzale, che hanno seguilo a Milano
la Scuola di perfezionamento presso la
predetta Dilla Dubied. hanno lo scopo di
tormare nella Va]le del Pellice lavoratrici
qualificate, le quali, così convenientemente preparate, potranno intraprendere nel
proprio domicilio una lavorazione artigiana
a maglia, con notevole vantaggio economico, in quanto tutta la produzione sarà
acquistata con congruo compenso, da un
Maglificio amico di Torino.
Ai nuovi Cor.si pos.ìono iscriversi, sia per.
sone non pratiche di maglieria, sia anche
persone che già hanno seguilo i Corsi precedenti e che desiderano tenersi in esercizio e perfezionarsi. Per provvedere ad
una parte della spesa è richiesta una quota di L. 1.000, da versarsi in due rate, la
prima alTatto delTi.'^crizione, la seconda
alla fine del Corso, quando alle allieve meritevoli sarà rilasciato un diploma.
Per le iscrizioni occorre rivolgersi alla
Direzione della Scuola. Tulle coloro che
intendono iscriversi sono invitate ad intervenire alla prima lezione, il 31 corr. alle
ore 15, in cui sarà disposto di comune accordo l’orario del Corso.
E" evidente il vantaggio di questa provvida iniziativa, intesa all introdurre nelle
Valli un proficuo lavoro d’arligianato, contribuendo cosi efficaccincnle al progresso
economico e sociale della popolazione.
Redattore : Gino Conte
Coppieri - Torre Pellice
TeJ. 94.76
Sede e Amministrazione
Editrice Claudiana
Torre Pellico - c.c.p. 2/17557
Tipografia Subalpina - s. p. a
Torre Pellice (Torino)
PERSONALIA Prof. Dr. Franco Operti
Ai familiari del Prof. Samuele Tron,
noto fra noi, pure come collaboratore all'« Eco », spentosi quasi Improvvisamente a Genova, esprimiamo la
nostra simpatia nel dolore.
La famille a la douleur de participer la
mort de
Samuel Tron
« Que Ta volonté soit faite »
Gênes, le 17 Mars 1959
« Sta in silenzio davanti all’Eterno
e aspettalo» (Salmo 37: 71.
Il marito e la figlia di
Anita Travers-Ricca
mancata, dolio breve malattia, il 21 corrente
presso l’Ospedale Evangelico di Torino,
ringraziano tutti coloro che vollero prendere parte al loro dolore.
Il 21 corr. alle ore 15,15 tornava alla
Casa del Padre
Friida Mader
di anni 88
vedova del Past, Giovanni Daniele Maurin.
Ne danno l'annuncio le figlie Elenii,
Margherita col marito Alberto Braun, Silvia; la sorella Elisabetta Mader ved. Maasz
e famiglia ed i parenti tutti.
« Beali i morti che muoiono nel
•Signore, perchè si riposano delle
loro taliche e le loro opere li seguono » (Apocalisse 14: 131.
Genova, via Sapete, 11.
Libero Docente
in Clinica Ortopedica
Specialista in Ortopedia
Traumatologia e Chirurgia Plastica
Visite presso Ospedale Valdese di
Torino: Lunedì e Venerdì ore 16,30
Consulenze presso Ospedale Valdese
di Torre Pellice : previo appuntamento
Ppof. Dr. A. Bnnìscontro
Libero docente
in Clinica Odontoiatrica aH'Università
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