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Anno 113 - N. 29-30
22 luglio 1977 - L. 200
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*0066
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I
L’ASSISTENZA ALLA REGIONE PIEMONTE
Invito a un'intesa
Nel momento in cui il governo è impegnato in un vero e
proprio « tour de force » nell’esame dei vari punti proposti
dalla Commissione Fanti per il
passaggio di un certo numero
di responsabilità e di poteri dallo Stato alle Regioni, la Giunta
Regionale del Piemonte, nella
sua seduta del 4 luglio scorso,
ha assunto ia decisione di addivenire ad intese con le confessioni religiose del Piemonte per
quanto riguarda l’assistenza.
In questo senso il Presidente
della Giunta Regionale, avvocato Aldo Viglione, ha scritto ai
responsabili della Chiesa Cattolica, della Comunità Israelitica e
della Chiesa Valdese, precisando le linee di azione della Giunta Regionale e le intenzioni da
cui essa è mossa.
Nel documento viene ribadita
la concezione pluralistica della
società e riaffermato l’impegno
di « coinvolgere nella gestione
sociale le componenti tutte presenti nel territorio ».
« L’inserimento delle diverse
attività nel quadro di programmazione e di indirizzo definito
dalla Regione può rappresentare cosi, strumento e condizione
perché ciascuna componente
esprima la propria originalità
raccordandola con gli interessi
di carattere generale e collettivo ».
La finalità che si propone Fazione della Regione è volta a
« realizzare un sistema di base
misto atto a soddisfare i bisogni
emergenti dali’analisi della realtà e interpretati dalle linee della programmazione e di indirizzo che siano accolte e in quanto
tali ritenute di sollecitazione e
di vincolo per l’intera comunità ». Le linee della programmazione regionaie non sono ancora fissate nel dettaglio e dovranno essere elaborate con la partecipazione delle componenti
operanti sul territorio e nei servizi.
Segue quindi un invito a superare visioni « separate », per
accettare un rapporto « di corretta coilaborazione con i pubblici poteri sia per ciò che attiene l’intervento delle autonomie locali in settori a lunga tradizione privatistica, ma sempre
più importanti per la collettività, sia per ciò che riguarda gli
indirizzi e i controlli pubblici
necessari per la formazione di
un nuovo rapporto tra istituzioni private e istituzioni pubbliche ».
Si ha l’impressione di essere
ad un momento importante nelle scelte da operare per l’avvenire degli Istituti assistenziali
fin qui gestiti dalla Chiesa Valdese. È, insieme a quello delle
intese con lo Stato, uno dei temi che ci concernono da vicino
e sui quali ,è opportuno vigilare,
comé è sbato fin qui fatto, perché sia possibile continuare un
servizio a favore di chi ne ha hi
Eco-Luce
estate
I prossimi numeri del giornale
usciranno con la data del 5 e del
26 agosto, mentre col mese di
settembre riprenderà la normale frequenza settimanale.
II prossimo numero sarà in
particolare dedicato alla tematica del Sinodo Valdese e della
Conferenza Metodista.
A tutti i lettori e collaboratori
che godono un periodo di riposo
la redazione augura « buone ferie! »; a chi non ha, per varie ragioni, questa possibilità, esprimiamo simpatia.
sogno, nel migliore dei modi
possibili, senza lasciarsi tentare
da eventuali « buone occasioni »
per risolvere problemi ad esempio di natura finanziaria in modi che potrebbero sapere di
« privilegio » fatto all’ente Chiesa piuttosto che di « risposta ai
diritti del cittadino », particolarmente nei momenti in cui per
malattia o per altre cause egli
si presenta debole, povero e indifeso.
Bruno Bellion
/I ministero profetico di Geremia si svolse in circostanze
ben precise sullo sfondo religioso e politico del VI sec. a- C.
La sua predicazione era fortemente contrastata dai falsi profeti, che pretendevano d'esser presi
sul serio a motivo dei loro sogni
e dei loro racconti. In quegli anni tragici e decisivi, Geremia fu
un vero profeta: proclamava la
parola dell’Eterno e interpellava
i falsi profeti in questi termini:
« Il profeta che ha avuto un sogno, racconti il sogno, e colui che
ha udito la mia parola, riferisca
la mia parola fedelmente. Che ha
da fare la paglia col frumento? ».
Oggi queste parole si applicano
alla presenza della chiesa nel
mondo della politica, senza che
essa venga meno alla sua specifica missione, quella di annunziare
Paglia o frumento?
la parola di Dio alle nazioni, secondo il mandato ricevuto da
Gesù Cristo. La chiesa cristiana,
diceva M.A. Visser’t Hooft, exsegretario del Consiglio Ecumenico delle Chiese, deve diventare
la "coscienza” delle nazioni, sensibile ai grandi temi della giustizia, della libertà e della pace
tra i popoli; se così fosse, allora
la predicazione della chiesa, in
certe situazioni, non potrebbe
evitare di essere una predicazione « politica » nell’ampio significato di questo termine, aperta
verso il mondo ed attenta a
quanto accade nel mondo, ma
CASO LEFEBVRE
Riforma o Controriforma?
« È lo spisma, quello al quale
stiamo assistendo? Era una mattina come questa quando Lutero
sfidò il Papa affiggendo alla porta della cattedrale di Wittenberg
le sue tesi e con questo gesto
spaccò i popoli e le coscienze? »
si chiede Luciano Curino, parlando del vescovo dissidente Marcel Lefebvre, in un articolo apparso su « La Stampa » del 30
giugno 1977.
Stiamo vivendo i momenti storici di una nuova riforma?
Il giorno prima, domenica 29
giugno a Econe, in Svizzera, Lefebvre aveva ordinato nuovi sacerdoti, disobbedendo nuovamente al Papa, incurante della sospensione , « a divinis », sordo ai
richiami del Vaticano ed alle minacce di scomunica.
Il Papa per ora tace, ma c’è
aria di guerra. Sì, stiamo vivendo il momento storico di un nuovo scisma. Un piccolo scisma,
per ora. Il futuro saprà dirci se
nel corso della storia le sue acque avranno trascinato i popoli
o si sarà prosciugato dietro a pochi seguaci. Per ora possiamo solo constatare che un vescovo disobbedisce al Papa in nome della
Chiesa e della Tradizione.
Si tratta però di uno « scisma »,
non di una « riforma ». Luciano
Curino vorrebbe vedere nei fatti
di Econe un parallelo con i fatti
di Wittenberg del 1517. Quella di
Lutero fu una "Riforma”. Si trattò di un riesame e di una trasformazione della teologia e dell’ecclesiologia della Chiesa alla
luce e nel confronto con la Parola di Dio.
E la chiesa romana condannò
Lutero come ’’eretico". Per Lefebvre è un semplice ritorno alle
Tradizioni della Chiesa. Il ’’modello" sul quale Lefebvre confronta la sua teologia e la sua ecclesiologia è il modello della
Chiesa e della Tradizione cattolica definita dal Concilio Vaticano I. La sua « non-accettazione »
riguarda le innovazioni del Concilio Vaticano II. Quella di Lefebvre è quindi piuttosto una
« Controriforma », nella distanza
di un Concilio.
Il caso Lefebvre suggerisce però un possibile parallelo; il confronto con i «Vecchio-cattolici»,
anch’essi scismatici, usciti dalla
Chiesa cattolico-romana ai tempi
del Concilio Vaticano I (1870),
(continua a pag. 8)
lietta Pascal
CONFERENZA METODISTA - SINODO VALDESE
Il Sinodo Valdese, secondo quanto disposto dall'atto n. 54 della sessione sinodale europea 1976, è concocato per
DOMENICA 21 AGOSTO
I membri del Sinodo Valdese e della Conferenza Metodista sono invitati a trovarsi
nell'aula sinodale della Casa Valdese di Torre PelMce alle ore 15.
La Sessione plenaria della Conferenza Metodista è convocata a Torre Pellice nell'aula
magna del Collegio Valdese alle ore 21 di
DOMENICA 21 AGOSTO
Poiché anche quest'anno si avrà una sessione congiunta del Sinodo Valdese e della
Conferenza Metodista, il culto di apertura, con inizio alle ore 15.30 nel tempio di Torre
Pellice, sarà comune; la prima parte sarà presieduta dal pastore Giovanni Lento, designato dal Comitato Permanente Metodista, mentre il predicatore, designato dalla sessione
sinodale europea 1976, sarà il pastore Giorgio Tourn (supplente il pastore Salvatore Carco). I pastori Giovanni Lento e Giorgio Tourn procederanno alla prevista consacrazione al
ministero dei candidati Sitta Druecke Campi, Giuliana Gandolfo Pascal e Thomas Noffke.
Tutta l'assemblea è invitata a partecipare all'imposizione delle mani.
Il Presidente II Moderatore
della Conferenza Metodista della Tavola Valdese
Sergio Aquilante ' Aldo Sbaffi
CONVOCAZIONE DEL CORPO PASTORALE
II Corpo Pastorale valdese e metodista è convocato per
SABATO 20 AGOSTO
alle ore 9 nella sala sinodale della Casa Valdese di Torre Pellice, con il seguente ordine
del giorno:
1 ) esame di fede dei candidati al ministero Sitta Druecke Campi, Giuliana Gandolfo
Pascal e Thomas Noffke ;
2) relazione della Commissione mista d'indagine sulle forme liturgiche in atto;
3) relazione della Commissione mista sulla « conciliarità ».
* * *
Alle ore 16.30, nel tempio del Ciabas di Luserna S. Giovanni, si prevedono i sermoni
di prova dei candidati al ministero. 1 membri delle chiese valdesi e metodiste sono invitati
a partecipare sia all'esame di fede sia al culto nel quale saranno pronunciati i sermoni di
prova.
Il Presidente II Moderatore
Sergio Aquilante Aldo Sbaffi
per proclamare in modo fermo
e consapevole la parola di Dio
che è verità per gli individui e
per le nazioni della terra.
Ciò premesso, non credo che la
chiesa cristiana debba sentirsi
spinta e autorizzata a « far politica» nel senso usuale di questa
espressione. Ci sono, tuttavia,
dei tempi e delle circostanze in
cui la chiesa cristiana deve condursi in modo da sensibilizzare
la « coscienza » delle nazioni, senza per questo diventare essa
stessa una nazione come le altre.
La predicazione della chiesa non
si riduce ad un discorso politico;
può inquadrarsi in una situazione politica particolare e nel contesto di avvenimenti terreni, ma
non può e non deve cessare di _
essere « parola di Dio », indispensabile alla predicazione cristiana. Se un chiaro riferimento a
quella parola dovesse mancare,
allora dovremmo lasciarci dire
dal profeta: « Il profeta che ha
avuto un sogno, racconti il sogno, e colui che ha udito la mia
parola, riferisca la mia parola
fedelmente ».
Il termine « fedelmente » ha
una grande importanza nella missione e nella predicazione della
chiesa. La chiesa deve sentirsi libera di parlare alle nazioni, non
per ambizione di prestigio e di
potere, ma per amor di verità e
di fedeltà. Essa perde la sua
identità quando ragiona più che
altro come una nazione del mondo e si mette a fare il giuoco e
l'interesse di un partito politico,^
senza più ricordarsi, che essa è
al servizio della verità nella coscienza degli uomini e delle nazioni. Ricordo un piccolo ma significativo episodio di cui fui testimone parecchi anni or sono
nell’assemblea ecumenica di New
Delhi. L’assemblea generale era
riunita per parlare della sovranità di Dio sulle nazioni del mondo. Molti parlavano di quella sovranità e pronunziavano l’espressione «The Lord of history ». (Il
Signore dàlia storia) in modo
anonimo e vago, forse per non
dispiacere agli uomini politici
presenti. Ad un tratto si alzò
chiara la voce di un piccolo negro dal fondo della sala che disse semplicemente così: « Non potremmo dare un nome a quel
« Lord of history » e chiamarlo
con il suo vero nome, cioè Gesù
Cristo? ».
Di fronte alle nazioni, la chiesa cristiana non si conforma alla
politica di un partito, come se
non avesse altro da dire o da fare. La politica del mondo è l’arte
del possibile e del compromesso;
la politica della chiesa cristiana
è quella di proclamare la venuta
del Regno di Dio che esige da
tutti un profondo ravvedimento.
Se la chiesa nella sua predicazione non dice niente di più di ciò
che già dicono i giornali ed i settimanali di'partito o di corrente,
allora la predicazione si svuota
del messaggio che Dio le ha affidato e ancora oggi le affida. E se
è vero che « la Parola di Dio non
toglie la chiesa dal mondo », come dice l’ordine del giorno sinodale, allora è chiaro che la
chiesa è nel mondo, ma con la
sua responsabilità e la sua specifica testimonianza.
La chiesa cristiana è innanzitutto chiamata ad essere nel
mondo testimone dell’Iddio vivente, con parole vere e azioni di
servizio. La tentazione più grave
per la chiesa è quella di organizzarsi e di presentarsi come un
regno di questo mondo e con un
messaggio cristiano irriconoscibile. In questo caso, "il profeta
che ha avuto un sogno, racconti
il sogno, e colui che ha udito la
mia parola, riferisca la mia parola fedelmente”.
Che ha da fare la paglia col
frumento?
Ermanno Rostan
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22 luglio 1977
"T
w Nella trasmissione « Protestantesimo » di dmnenica 10 luglio è
stato dibattuto l’attualissimo e sempre aperto problema della lotta per
rema^ncipazione della donna, vista
anche nell’ottica di: un rapporto
non semprè facile fra fede e militanza politica all’interno del movimento.
Dopo un breve filmato che metteva efficacemente in risalto (attraverso sprazzi di esperienze personali di donne di diverso ambiente sociale) come la situazione della don
PROTESTANTESIMO IN TV
che vengono così fissate a ruoli,
a scelte e a compiti stabiliti da altri
per loro.
« Liberarsi » significa dunque
poter progettarsi, divenire da « funzione » persona, per poter, compiere le proprie scelte in modo autonomo e cosciente.
K per far questo bisogna anche
scrollarsi di dosso il retaggio della
« religione » intesa come umiliante
insieme di regole da seguire per
raggiungere valori idealizzati e
astratti (più razionalizzati col Con
Diventare persona
na oggi, al di là di certe facili apparenze, sia ancora quella di
un emarginata alla quale vengono
negate funzioni di responsabilità e
che subisce pesanti discriminazioni
all’interno della famiglia (si pensi
alla diversa educazione data al
« maschio » e alla femmina) e sul
lavoro (i primi licenziamenti in
momenti di « crisi » colpiscono le
donne), si è aperta la discussione
alla quale partecipavano quattro
donne, tutte impegnate nel movimento di liberazione della donna.
I vari interventi nel corso del
dibattito, che avrebbe avuto bisogno di una spazio molto maggiore,
hanno messo in luce come le conquiste fatte dalle donne in questi
ultimi anni, siano il segno di una
chiara volontà di uscire dall’ambito
del « personale », della ricerca individualistica di una più ampia libertà per sé che veda divise le donne in competitività fra di loro, per
trovare una nuova dimensione di
lotta comune, per una liberazione
che non è solo quella della donna
in quanto tale e quindi doppiamente oppressa, ma di tutti (perché
« la libertà di alcuni è una nonlibertà » come ha detto. A. Comba). Purtroppo il cammino è difficile, poiché sulle donne stesse e
sull opinione pubblica in generale
influiscono pesantemente la disinformazione o peggio, le informazioni distorte sui movimenti femministi, disegnati a volte con tratti
ironicamente grotteschi a causa dei
loro slogans e soprattutto i modelli etici forniti daH’educazione religiosa cattolica in modo tanto efficace, da essere interiorizzati e accettati inconsapevolmente dalle donne
cilio, ma sostanzialmente poco mutati), come quello della a moglie e
madre ».
Ma liberarsi dalle scorie di una
cattiva e pericolosa educazione religiosa, non significa liberarsi della
fede. Impegnate innanzi tutto come (c donne » possiamo, proprio
perché anche credenti, capire meglio quanto di vero e quanto invece di falso e di strumentalizzato ci
sia nel bagaglio religioso che viene
trasmesso e spesso imposto come
assoluto. Non per trovare una
« giustificazione cristiana » al movimento, non per cercare nella Bib
bia affermazioni che diano maggior
valore alle rivendicazioni delle donne, si deve leggere il Vangelo, ma
per riscoprirne tutti insieme il messaggio liberante; per vederne, attraverso un’analisi esegetica e storica
libera da incrostazioni esterne ed
imposte, quegli elementi di rottura che vi sono presenti. Non per
una lettura partitica della Bibbia
(non esiste una « parte giusta » da
cui leggerla), non per trovare formule per una nuova cc teologia femminista », si mt'tte in risalto che
nella Palestina del tempo Gesù parlava con donne come la samaritana o l’adultera (doppiamente
emarginate), ma per cogliere meglio le indicazioni che il messaggio
evangelico, ponendoci di fronte a
certi problemi, può darci, per affrontare le situazioni concrete e
quotidiane che ci si presentano
dinanzi, per vivere una fede diversa che ci permetta di contribuire
con speranza ad un mutamento della (c qualità della vita » per tutti.
Lucilla Pellenco
TZIGANI EVANGELICI A CONVEGNO DAL 19 AL 22 MAGGIO
Raduno nel fango
Orario inaccettabile
Nuove proposte al vaglio del Comitato generale del Servizio Stampa Radio e Televisione
Si è riunito per la prima volta a Roma il 29 giugno 1977 il
Comitato Generale del Servizio
Stampa Radio e Televisione, istituito nel corso dell’ultimo consiglio della Federazione.
In questa prima riunione sono
state discusse le attività del servizio per quanto riguarda la TV
e la Radio.
Da parte dei presenti è stato
unanimemente considerato inaccettabile l’attuale orario di messa in onda di Protestantesimo e
si sonó valutate varie possibilità
di intervento, compréso un’iniziativa presso la Commissione Parlamentare di Vigilanza. Nel corso della riunione sono giunte
delle proposte da parte della II
Rete della Televisione che consisterebbero nello spostare il programma o il sabato sera dopo
il filmato (ore 23.10 circa) prima
del telegiornale finale o il mercoledì sera alle ore 22.50 Cfisse).
Si è deciso pertanto di fare dei
sondaggi per vagliare se una di
queste proposte è soddisfacente,
e quale, rispetto gli indici di
ascolto prevedibili per questi
giorni prima di intraprendere
qualsiasi altra iniziativa.
La discussione sui programmi
svolti e la programmazione fu.
tura ha sottolineato l’esigenza
della massima preparazione per
la loro realizzazione e l’importanza di una presenza evangelica
sia su tematiche di attualità che
su quelle che implicano la costruzione dell’uomo nuovo e la
nostra presenza nella società di
oggi
I presenti sono stati informati
dei contatti avuti a proposito di
una collaborazione per il Culto
Evangelico alla radio con le chiese non federate e delTimpegno
della giunta della Federazione di
portarli avanti nei prossimi mesi.
Si è ancora discusso sui problemi della predicazione alla radio, sulle radio e televisioni libere e la partecipazione di molti
evangelici ad iniziative locali e
le possibili collaborazioni che il
servizio STVR potrebbe loro
fornire.
Per le molte questioni da approfondire o ancora da affrontare (come quella del servizio
stampa) si è deciso di riconvocare questo Comitato Generale H
12 ottobre à Roma.
PIEDICAVALLO
Mostra
suirevangelizzaiione
noi biollose
Nel tempio valdese di Piedicavallo, da metà luglio è allestita
una piccola mostra per documentare gli inizi dell’opera di
evangelizzazione nel Biellese che
riguarda, dal 1857 al 1885 le comunità « dei Fratelli » e successivamente quelle valdesi. Contemporaneamente, funziona anche una mostra-mercato di libri
della Claudiana. Le iniziative sono state effettuate con la collaborazione del « Centro Studi Dolciniani » di Biella, impegnato
nella ricerca della religiosità e
della riforma popolare.
Il 4 settembre, come ormai è
divenuto tradizionale, le attività
a Piedicavallo si concluderanno
con il culto in lingua piemontese.
Più di cinquanta « roulottes »
sono assiepate in un mare di fango nella periféria di Sesto S. Giovanni per il raduno annuale degli Tzigani evangelici d’Europa;
provengono da varie parti, soprattutto dalla Francia e dalla
Svezia; hanno incontrato notevoli difficoltà al confine italiano,
superate grazie all’intervento del
governo francese; si notano i
rappresentanti di varie tribù come i « Manouches », i « Roms »,
i « Gitanos » distinguibili dalla
caratteristica foggia dei vestiti.
Accanto alle « roulottes » una
grande tenda azzurra sotto la
quale ascoltiamo i messaggi, le
testimonianze alternate da canti, accompagnati da chitarre ed
in un clima di spontaneità profonda e di gioia. Non importa
il fango, le difficoltà di muoversi, di organizzarsi, perché gli Tzigani sanno che tutto concorre
alla gloria di Dio.
VIENI E VEDI
Gli Tzigani sono appena sistemati nella grande spianata
quando arriva la polizia per il
controllo: prima di loro c’erano
stati zingari jugoslavi che avevano messo in difficoltà i negozi
vicini, con conseguente sospetto
anche sui nuovi venuti; la distinzione infatti tra tzigano convertito o meno non esiste nei regolamenti della polizia ed il controllo quindi s’impone e può significare la immediata partenza.
Il poliziotto di turno interroga
e uno dei leader, l’amico frère
Jacob, gli dice; fratello, vieni
sotto la tenda tu e i tuoi figlioli
è vedi... Infatti il rappresentante
dell’ordine va alla riunione, ascolta, si commuove e scopre
che un miracolo si è compiuto
nel cuore di quella gente... Ormai non rubano più, i negozi sono al sicuro, perché sono creature nuove, con una linea morale nuova, folgorati dalla potenza dello Spirito!
NELLA «ROULOTTE»
DI FRERE JACOB,
Siamo ospiti per qualche momento della famiglia di frère
Jacob, assieme al caro amico
Vincenzo Buso e la sua consorte,
responsabili dell’opera tra gli
Tzigani in Italia; rivedo j vari
leaders del movimento e soprat
Il pastore Gustavo Bouchard durante una precedente visita a un
accampamento di tzigani.
tutto Clement Lecossec,il Pastore che sin dall’inizio ha dato il
tono allo slancio missionario e
che ha efficacernente contribuito
per la organizzazione è la riflessione teologica.
Nella breve intervista concessami Clement Lecossec ricorda
le varie fasi dell’azione missionaria nel mondo fra gli Tzigani,
il crescente numero dei convertiti che nella sola Francia amnionta a 16.000; sul piano organizzativo ci sono gli Evangelisti
che iniziano l’opera di diffusione dell’Evangelo, mentre le basi
anche strutturali della comunità sono opera dell’apostolo i
Pastori invece hanno la cura
pastorale di gruppi e comunità
di sedentari e semisedentari; la
preparazione dei predicatori richiede tre anni di tempo e per
10 spazio di alcuni mesi l’anno.
È chiaro che ogni convertito è
un messaggero deU’Evangelo, è
un testimone della sua nuova
nascita, per cui il movimento si
estende con rapidità da un capo all’altro del mondo. In tutto
11 quadro del movimento si tratta di doni dello Spirito, riconosciuti dalla comunità, senza rischi gerarchici o istituzionali
perché quello che conta è il dono e non l’incarico in sé.
Ad una mia domanda finale sui
loro rapporti col movimento carismatico, I.ecossec ricorda l’aspetto positivo di quanti scoprono la potenza dello Spirito e non
accettano il condizionamento
dell’istituzione, cattolica o protestante; d’altra parte egli mi ricorda che non è pensabile la
convivenza dello Spirito Santo
con la preghiera a Maria o con
altri elementi della dottrina cattolica, contrari all’Evangelo; non
è d’accordo — dichiara ancora
il responsabile del movimento
tzigano — sull’« ospitalità eucaristica » cioè la celebrazione dell’eucarestia nel rito cattolico o
protestante con la partecipazione di credenti delle due chiese,
senza che ci sia un chiarimento
teologico fondamentale.
Ai cari amici del movimento
tzigano il nostro affettuoso saluto ed augurio perché lo Spirito
del Signore li sostenga e li
guidi.
Gustavo Bouchard
Protestantesimo
La trasmissione televisiva di « Protestantesimo »
della domenica 24 luglio
avrà come tema: PIERO
JAHIER; l’eredità dei padri e la ricerca etica nelle
sue opere.
Parteciperà il Pastore
Giorgio Bouchard, con
letture dalle opere di Jahier di Sergio Rossi.
FELONICA PO
Il culto di domenica 10 luglio
è stato particolarmente ben frequentato e gioioso perché si festeggiavano gli sposi Antonio.
Adamo e Carla Negri che avevano precedentemente contratto
matrimonio in municipio.
Antonio Adamo, candidato in
teologia, avrà il suo primo incarico pastorale nella comunità
di Torre Pellice. Questo fatto ci
ha fornito l’occasione per ricordare anche, in modo tutto particolare, la Facoltà di Teologia e
abbinare in un certo qual senso
la festa nuziale alla domenica
della Facoltà I
Carla Negri è stata per molti
anni la nostra organista, sempre
precisa e disponibile nel suo servizio. La ringraziamo non soltanto per quel che ha fatto suonando in chiesa, ma anche perché ha addirittura provveduto,
prima di... convolare a nozze, a
trovarsi una sostituta nqlla giovanissima sua parente Ester Lorenza Negri che già più di una
volta ha dimostrato alla comunità doti e capacità nel campo
musicale, che ha riconfermato
domenica 10 alternandosi all’organo con il Sig. Carlo Corsani.
Dopo il culto gli sposi hanno
offerto a tutti i partecipanti un
simpatico e gradito rinfresco
nella sala delle attività, artisticamente infiorata.
Mentre rinnoviamo alla nuova
coppia pastorale gli auguri per
una vita coniugale benedetta e
serena nel lavoro e negli impegni che sicuramente non mancheranno loro, ci congratuliamo
anche vivamente con la giovane
sposa Carla Negri che, oltre alla
laurea conseguita al ■ corso di
Arti, Musica e Spettacolo alla
Facoltà di Lettere e filosofiadeirUniversità di Bologna, si è
anche recentissimamente diplomata, sempre nella città di Bologna. al corso di pittura presso
l’accademia di Belle Arti.
SANREMO^ALASSIO
Il culto dell’Ascensione' è stato
celebrato — quest’anno — a Vallecrosia in comune con i fratelli
e le sorelle di Bordighera. Dopo
il culto, è seguita un’agape fraterna nei locali della Casa Valdese. Il pomeriggio è trascorso simpaticamente tra conversari, canto di inni e'proiezione di diapositive. JL’incontro è terminato con
il thè genérOsam.ente offerto dalle sorelle di Bordighera-Valle.crosia.
• Domenica 22 maggio, nel pomeriggio, ha avuto luogo il bazar
(il secondo) preparato con amore dalle sorelle deH’unione femminile. Il risultato è stato buono
e permetterà all’unione di destinare dei contributi a varie opere
della chiesa.
SAMPIERDARENA
A distanza di quasi due anni
si è ripetuta l’esperienza delle
giornate della Bibbia, tenutasi
allora a Piazza Verdi a Genova
e quest’anno a Sampierdarena
nel mese di maggio. Per tre
giorni sono stati esposti una
quindicina di pannelli qhe illustravano il messaggio biblico
nonché tre « stands » di Bibbie
e libri evangelici sotto gli auspici della Casa della Bibbia, la
Chiesa di Cristo e la Claudiana ;
brevi messaggi e canti vari erano diffusi a mezzo di registrazioni su « cassette ».
La domenica mattina ha avuto
luogo il culto con la partecipazione delle comunità di Via Assarotti. Sestri, Santpierdarena,
gruppi di altre chiese e la corale della comunità dei fratelli di
Via Saluzzo ;, anche la televisione era presente e prossimamente
alcuni momenti delle tre giornate saranno trasmessi a « Protestantesimo » la domenica sera,
nelle ore purtroppo che invitano
i lavoratori al riposo.
Nel corso delle tre giornate
ci sono state possibilità di incontri e conversazioni con estranei, in un ambiente particolarmente raccolto.
Ci rallegriamo dell’esperienza
fatta, soprattutto nell’incontro
dei fratelli la domenica mattina;
ringraziamo le persone che maggiormente hanno faticato per la
organizzazione e la preparazione
dei pannelli, in particolare l’amico Mauro di Livorno, Valdo e
Massimo e i gruppi delle varie
chiese.
Accanto alle molte lacune riscontrate, con senso critico a
termine delle giornate, riconosciamo peraltro che Tuscire allo
scoperto in modo molto semplice, con del buon canto, brevi
messaggi, assieme a tutti gli evangelici di tutte le chiese sia
molto proficuo per sensibilizzare le nostre comunità nell’incontro con quelli che non hanno
ancora conosciuto Gesù Cristo.
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22 luglio 1977
RELIGIONI A CONFRONTO
Costantinianesimo di sinistra?
Il congresso mondiale di Mosca per una pace durevole, per il disarmo
e per rapporti giusti tra le nazioni - 800 i partecipanti da cento nazioni
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C’è naturalmente chi si chiede — e la domanda è legittima
— se iniziative come questa del
patriarcato di Mosca non riprenda e prolunghi l’antica tradizione di un « cristianesimo costantiniano », che da un lato cerca e
ottiene l’appoggio del potere politico e dall’altro gli paga un tributo di lealtà non suiHcientemente critica, a scapito della
propria indipendenza. Avremmo
a che fare con una forma di « costantinianesimo di sinistra». Un
giudizio di questo genere sembra però affrettato e, in fondo,
semplicistico. Per una valutazione più corretta del fenomeno occorre tener presenti alcuni fatti.
Il primo è che la Chiesa ortodossa russa opera in una situazione difficile, molto più difficile
della nostra. Essa deve da un
lato fronteggiare 1’« ateismo di
Stato » che continua a essere
pronosto come parte integrante
della cosiddetta « visione scientifica del mondo » ; dall’altro essa intende esprimere il suo consenso a certe realizzazioni sociali e all’orientamento politico generale del regime sovietico. Essa
vuole evitare che la sua resistenza all’ateismo del regime sfoci
in una opposizione globale al regime. Il rischio esiste sia perché
il ricordo deH’alleanza tra chiesa
ortodossa e regime zarista non
è del tutto cancellato, sia perché
la chiesa può facilmente diventare il luogo di raccolta dei nostalgici dell’antica società. La
chiesa ortodossa cerca un difficile equilibrio tra resistenza
ideologica e consenso politico
nei confronti del regime. Questo
consenso è indubbiamente acritico, anche se sincero e non solo
opportunistico o servile. In seno all’ortodossia — e non solo
in URSS — non sembra ancora
prossima la creazione di una coscienza politica autonoma. D’altra parte una società rigidamente controllata come quella sovietica offre pochi spazi e poche
occasioni alla nascita di questa
coscienza. Si potrebbe certo auspicare da parte della chiesa un
atteggiamento politico più articolato, in cui consensi e dissensi nei confronti del regime si alternino e siano di volta in volta precisi e motivati. Una domanda, in particolare, si pone:
perché la chiesa ortodossa non
esprime in qualche modo una
solidarietà, sia pure parziale, con
le minoranze politiche dissidenti deirURSS, che pur essendo
per il socialismo criticano l’attuale regime sovietico? Per
mancanza di coraggio o d’informazione? Per calcolo tattico o
per un giudizio politico difforme da quello dei dissidenti?
Per non turbare l’attuale regime
di coesistenza (relativamente)
pacifica tra Stato e Chiesa ed
evitare di passare di nuovo —
come accadrebbe se appoggiasse
i dissidenti — per quello che
essa non vuole essere e in effetti
non è : una « nemica del socialismo »? Tutte queste ipotesi rivelano la reale complessità della
situazione e l’altrettanto reale
difficoltà di muoversi al suo interno.
Esigenza di socialismo
Il secondo fatto importante
di cui va tenuto conto è che esiste nel mondo, e specialmente
nei paesi del Terzo Mondo, una
insistente domanda di socialismo,
che sul piano politico appare a
questi paesi come l’unica via di
uscita dalla condizione in cui si
trovano di dipendenza neo-coloniale e di sfruttamento imperialista. Questa domanda di socialismo (ormai fatta propria, anche
da gruppi e da chiese cristiane
del Terzo Mondo) trova nell’Unione Sovietica — piaccia o dispiaccia — un punto di riferimento quasi naturale. La Cina,
come è noto, pratica una politica estera molto singolare e sovente sconcertante. L’URSS resta dunque per molti popoli
del Terzo Mondo la grande potenza socialista su cui essi con
tano nel loro cammino verso il
socialismo. Che poi l’URSS, da
parte sua, faccia una politica di
potenza in cui non di rado antepone i suoi interessi nazionali a quelli deH’internazionalismo
socialista, è un fatto abbastanza
documentato; ma che d’altra
parte essa sia, se non un modello di socialismo, certo una forza
di appoggio al movimento socialista nel mondo appare altrettanto indubbio. Ai popoli del
Terzo Mondo interessa relativamente poco se rURSS abbia o
no realizzato il socialismo in casa sua ; interessa invece che
rURSS li aiuti a realizzare il
socialismo nei loro paesi. Dal
loro punto di vista l’URSS è in
grado di svolgere questa funzione. Il nostro punto di vista
sull’URSS e sull’atteggiamento
della chiesa ortodossa nei confronti del governo sovietico deve tener conto del punto di vista dei popoli del Terzo Mondo.
Una coscienza religiosa
più esigente
Ma il congresso di Mosca non
può essere spiegato soltanto in
termini di politica ecclesiastica
o di operazioni di potere. « Secondo noi — ha detto il patriarca Pimen — per l’influenza dei
fattori oggettivi dello sviluppo
storico, la coscienza religiosa è
ora diventata più esigente verso se stessa... ». Il vero movente del congresso di Mosca è stato un fatto di coscienza, la maturazione della coscienza religiosa collettiva, diventata ora « più
esigente verso se stessa ». Come
già in seno al movimento ecumenico, così anche nell’ambito
delle altre fedi ci si è accorti
che essere credenti comporta
delle responsabilità sin qui igno
rate o neglette; quelle appunto
relative alla pace internazionale,
al disarmo, alla giustizia tra i
popoli. In breve, le responsabilità politiche. Di questa crescita
della coscienza religiosa disposta
ora ad assumersi precise responsabilità politiche fanno fede le
relazioni al congresso e il dibattito che ne è seguito.
Dopo l’ampia relazione introduttiva al tema generale, letta
« nel nome di Allah, Dio di bontà e di misericordia » dal Moufti
Khan ibn Ichan Babakhan, si
sono avuti tre rapporti più circoscritti e anche più incisivi su
ciascun tema particolare.
Il primo, su « Le religioni alla
ricerca della pace globale », di
S. Samartha, della Chiesa dell’India del Sud, direttore del
programma « Dialogo con le religioni» del Consiglio Ecumenico delle Chiese, partiva dall’affermazione che « la disuguaglianza tra le nazioni sul piano
delle risorse, delle ricchezze e
della forza rappresenta oggi la
principale minaccia alla pace
sulla terra». 11 fragile tessuto
della pace mondiale è in costante pericolo di essere lacerato
« come una ragnatela in cui i
ragazzi gettano le pietre ». L’edificazione della pace è inseparabile dalla lotta dei poveri della terra per la loro libertà e dignità, è per una giusta ripartizione dei beni del mondo. « È
possibile. che questa lotta universale (dei poveri) sia il fattore più importante della storia
contemporanea ». Qui non è lecito essere neutrali; i credenti
di ogni religione « devono schierarsi dalla parte dei poveri e degli oppressi, e sostenerli in nome della religione ». Certo, le
ragioni dei conflitti e delle guerre sono sempre complesse e può
darsi che esista in molti «una
tendenza a semplificare non poco le cose complicate dinanzi alle quali persino gli esperti sono disorientati ».
Questi « obblighi »
devono essere chiari:
1. I credenti devono identificarsi con i poveri, gli sfruttati, gli oppressi e fare proprie le
loro lotte;
2. I credenti devono esercitare un’influenza umanizzante sugli uomini che lottano per la
giustizia; la tolleranza, la compassione, il rispetto della vita
umana, combattere senza odio,
sono valori che non tramontano;
3. È indispensabile vigilare
del continuo sull’utilizzazione
del potere. Limitarsi a negare il
potere non ha senso. Piuttosto
si tratta di vedere chi lo deve
esercitare, come e con quali
fini;
4. Il problema della pace è
ormai planetario, per cui si impone una ridefinizione dell’idea
di sovranità nazionale, nel quadro di una « etica globale » che
è urgente elaborare, cercando un
« consenso della coscienza » per
le questioni della ripartizione
del potere e delle risorse;
5. Infine c’è una pace interiore, che è la dimensione religiosa dell’esistenza umana e
che, lungi dall’essere un fattore
alienante, è un fattore di pienezza e una forza sempre nuova
di trasformazione dell’uomo.
Sempre sul rapporto tra religioni e pace c’è stato il contributo di Burgess Carr, segretario
generale della conferenza panafricana delle chiese, centrato
sulla situazione africana, in cui
— ha detto l’oratore — «il termine "pacifico” non è altro che
un eufemismo che sostituisce il
termine "neo-coloniale”... Il
"regolamento pacifico” in Africa australe significa garantire
10 sviluppo del capitale intemazionale, attraverso le società
multinazionali ». La lotta di liberazione è particolarmente dura
in Sud-Africa, dove, ha precisato B. Carr, « noi lottiamo non
per difendere i nostri diritti civili ma per il potere; per trasferire il potere dalle mani dei piccoli gmppi razzisti a quelle delle masse della popolazione africana! Perciò la nostra lotta è
in rapporto con la rivoluzione
politica, sociale ed economica, al
termine della quale il potere sarà tolto ai razzisti e agli sfrattar
tori (non saranno loro a darlo
via!) e affidato a coloro che garantiscono le aspirazioni sia spirituali che materiali dell’uomo —
alle masse della popolaaione ».
Non ci sarà pace in Africa finché non sarà spezzata la catena del razzismo e del neo-colonialismo. Le nazioni industrializzate parlano di disarmo e distensione, ma intanto inondano
11 continente africano con i loro
stocks di armi, come veri «mercanti di morte ». La rivoluzione
anche violenta appare necessaria, anche se la violenza è estranea agli africani. Il Dio degli oppressi è il Dio della rivoluzione
che spezza le catene della schiavitù, estirpa il male e semina i
germi del bene. Un contributo
— quello di B. Carr — caratterizzato da un forte radicalismo
politico-teologico, alimentato anche dall’esasperazione che nasce da situazioni intollerabili come quella dell’Africa del Sud.
(2. continua) Paolo Ricca
Ancora una volta, ho avuto il privilegio, faticoso
ma piacevole ed istruttivo, di compiere una breve missione di rappresentanza
della Chiesa Valdese presso i
nostri numerosi amici inglesi. Il
Comitato Inglese aveva cercato
di far coincidere la visita del nostro delegato ad un certo numero di Chiese con la convocazione dell’Assemblea Annuale della Società Valdese in Inghilterra, in modo da sfruttarne la presenza e la partecipazione per
ambedue gli scopi.
La Società Valdese d’Inghilterra è un organismo piuttosto
antico la cui fondazione risale
a oltre 150 anni fa. Venne costituita per raccogliere e continuare l’interesse e le iniziative di
solidarietà, verso i Valdesi, come da antica tradizione. Già
molte volte tali sentimenti si
erano manifestati, spesso in modo assai tangibile e provvidenziale nei secoli precedenti, fin
dall’epoca di Cromwell e del
poeta Milton (metà del 1600) e
poi, nel secolo scorso, con gli
interventi del Gilly e del Beckwith. Questi ultimi furono appunto gli ispiratori e raccoglitori di quel gruppo di amici che
diedero otigine alla Società Valdese, affinché l’interesse per la
nostra Chiesa e per le sue Opere non si spegnesse con la scomparsa dei loro grandi amici.
La Società costituisce, se non
il più antico, certamente uno dei
primissimi esempi di solidarietà ecumenica del mondo protestante. È infatti formata da persone che appartengono alle più
diverse denominazioni protestanti; l’attuale Presidente è infatti un ex-Moderatore della
Chiesa Presbiteriana Inglese,
ma di origine Scozzese, (il Rev.
N. Birnie), il Presidente onorario (il « Patron »), che ne fu presidente effettivo per molti anni,
è un Vescovo Anglicano (il Rt.
Rev. Russell B. White), mentre
il Segretario effettivo è il Dott.
A. Ward, di Londra, un altro Vescovo, ma della Chiesa Anglicana Libera (un gruppo di Chiese
Anglicane staccatesi dalla Chièsa
Molti amici fedeli
Resoconto di una visita in Inghilterra, dove il lavoro della Chiesa Valdese è seguito con attenzione - Iniziative per meglio farla conoscere
ufficiale per affermare l’indipendenza della Chiesa dallo Stato in
un’epoca in cui questa era assai
meno simbolica di quanto non
sia adesso). Gli altri membri coprono l’intero arco delle denominazioni protestanti inglesi :
dai Fratelli, ai Pentecostali, ai
Metodisti, ai Battisti, ai Congregazionalisti ecc. È veramente
degno di nota che tante persone,
tutte già molto impegnate nelle
loro singole Chiese e denominazioni, abbiano trovato, da sì; lungo tempo, e molto prima che si
parlasse di ecumenismo, il motivo di una fraterna collaborazione nell’interesse e nell’aiuto della piccola Chiesa Valdese, la
quale, all’epoca della fondazione
della Società, era costituita unicamente dalle Chiese delle Valli
e dai primi tentativi di evangelizzazione nelle regioni che andavano man màno imendosi, per
costituire l’Italia.
Per quanto concerne la visita
a una ventina di Chiese nel sudovest dell’Inghilterra e poi nella
regione di Norfolk (N.O. di Londra) non credo ci sia molto che
possa interessare i lettori. Culti
nelle grandi Chiese si alternava*
no con adunanze più modeste
infrasettimanali del genere più
vario : attività - femminili, gruppi giovanili, una grande casa di
riposo per pastori ed operai emeriti di varie Chiese, una riunione in una grande sala del Palazzo Mimicipale della citta di
Swindon ad un grappo di funzionari e impiegati del municìpio stesso che vi hanno costituito un circolo culturale ecc.
Come al solito, salvo che per i
casi di predicazione nelle Chiese per i culti, dove il messaggio
deve essere più « predica » che
« conferenza », ci si attende ad
ogni riunione un breve cenno
sulla storia dei Valdesi (per coloro che ne sanno poco o nulla)
un secondo punto per dare un
quadro della situazione attuale
della nostra Chiesa e delle sue
opere, e, poi, la cosa sempre più
viva ed interessante, una serie,
spesso assai lunga di domande
e risposte, infallibile termometro
del grado di interesse suscitato.
L’ultimo fine di settimana è
stato tutto per l’Assemblea annua della Società Valdese. Dal
venerdì pomeriggio a tutta la
domenica, tra una riunione di
carattere amministrativo e i culti, mi sono trovato in programma per quattro conferenze sui
temi che mi erano stati richiesti :
1 - La Chiesa Valdese; i suoi
problemi e le sue speranze.
2 - La situazione attuale della
Chiesa Valdese e del protestantesimo in Italia.
3 - Ricordi lieti e tristi di un pa
storato di oltre quarant’anni nelle Valli e fuori.
4 - Prospettive dell’opera valde
se in Italia.
La seconda delle conversazioni era nell’Assemblea aperta al
pubblico in un grande salone,
mentre le altre' erano riservate
ai Membri dell’Assemblea societaria, una cinquantina di persone. Nei ritagli di tempo, e rubando qualche ora al sonno, mi
è stato chiesto di rivedere una
prima parte del manoscritto di
un nuovo libro sulla storia dei
Valdesi che il Sig. Prescot Stephens (figlio del Capitano Stephens, che molti ricordano) sta
scrivendo sul canovaccio del libro paterno ormai esaurito, e
quasi interamente, non solo da
aggiornare, ma da rifare. Ho sin
qui collaborato e continuerò a
collaborare a questo notevole
lavoro, la cui pubblicazione è
molto attesa e richiesta non solo
in G.B., ma anche negli U.S.A., i
quali ultimi ne hanno già prenotato parte della tiratura. L’opera, anche se di carattere divulgativo, senza pretese di nuove ricerche storiche, sarà vm notevole contributo alla conoscenza
della nostra Chiesa, e dei problemi del protestantesimo italiano,
nei paesi di lingua inglese.
Non posso chiudere questo breve resoconto senza trasmettere
ai lettori ed a tutti i Membri
delle nostre Comunità i saluti
fraterni che, dovunque sono stato, ho raccolto per loro, assieme
all’assicurazione che contiamo
sempre in Inghilterra un gran
numero di amici i quali seguono con interesse la vita delle nostre Chiese e le fanno oggetto
di assidue preghiere.
Ernesto Ayassot
Mostra
sui Salmi
H 4 settembre prossimo avrà
luogo al Mas Soubeyran, vicino
Mialet (nel Gard), l’Assemblea
del Musée du desert.
Tema di questa assemblea sarà lo studio dei salmi, che hanno avuto una grande rilevanza
nella vita delle chiese riformate
del XVI e XVII secolo, ma anche più tardi nelle guerre dei
Camìsards e del Desert.
Al Musée sarà predisposta, a
partire dal luglio prossimo, una
mostra sui Salmi.
4
22 luglio 1977
a colloquio con i lettori I Doppio lealismo
Perché la T.E.V.?
Taranto, 1.7.1977
Ho letto con grande soddisfazione
la lettera aperta che il Dr. Roberto
Peyrot ha indirizzato al Movimento
T.E.V. Approvo dalla prima airullinia parola il contenuto di essa e comprendo appieno il sentimento che ha
ispirato il Dr. Peyrot a scriverla. Egli
ha detto quanto io avevo ih animo di
scrivere per cui lo ringrazio e saluto
fraternamente.
Zemira de Carlo
Regolarità
(o irregolarità)
amministrative
Roma, 24 giugno ’77
La presente è indirizzata a Te, quale
Direttore del nostro giornale, ma in
effetti vuole essere diretta al Moderatore della Chiesa Valdese ed al Presidente della Chiesa Metodista, firmatari del « Comunicato a tutti i Membri
delle Chiese Metodiste e Valdesi » apparso su L’Eco-Luce n.24 del 17 giugno 1977.
Fintanto che il nostro giornale ei
informa che le offerte al riguardo possono essere versate sul c/c postale n.
2/39878 intestato a Roberto Peyrot, la
notiria si limita ad una semplice informazione ed ognuno è libero di regolarsi come meglio crede.
Intendiamoci, qui la figura del fratello Peyrot non c’entra per niente.
Intendo cioè parlare di regolarità di
metodo.
Ma quando gli « esecutivi » avallano la possibilità che determinati fondi vengano accreditati sul c/c intesta
to ad una singola persona, ebbene, allora non si può fare a meno di richiamare gli « esecutivi » alla regolarità
in fatto di amministrazione.
Non occorre infatti che sìa un legale ad illustrare la irregolarità pratica e giuridica di tale prassi, ancorché siano state prese le più ampie
cautele (delega, volontà testamentarie, eoe.).
Anche un semplice ragioniere, seppure appena diplomato, potrà ampiamente chiarire quanto sopra affermato e cioè che in casi di premorienza
(un cristiano non <c tocca ferro » quando si usi nei suoi confronti tale termine) molteplici sono le difficoltà per
una fibera ed immediata disponibilità
delle giacenze dì c/c così intestato.
Sarà quindi bene che, dallo spunto
suggerito dallo specifico caso, gli « esecutivi » delle nostre Chiese traggano
utile ammaestramento perché per tutti i casi similari (che mi risulta siano
molteplici) esortino aff evitare la intestazione a persone singole (non certo
per sfiducia) di fondi che, comunque,
riguardano attività connesse alle singole chiese.
Al piacere, anche se forse suscettibile di qualche contrasto (cfr. L’EcoLuce n. 20/77), di incontrarTi al Sinodo, Ti saluto fraternamente.
Ugo Zeni
Un esame della vicenda valdese del passato per meglio chiarire nel
presente i rapporti tra Stato e Chiesa - Obbedienza al principe fin dove la coscienza lo consente
Personalia
Leggiamo sulla « Gazzetta del Mezzogiorno » che il 29 giugno u.s. si sono
sposati nel Municipio di Triggiano
(Bari) la Dott. Rita Bruzzese e Ting.
Roberto Sabatini di Milano. Agli sposi,
che si stabiliranno in Francia, porgono
affettuosi auguri la mamma e i nonni
W eber-Amoulet.
FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE
Presidente un africano
Dal 13 al 26 giugno si è svolta
a Dar Es Salaam, capitale della
Repubblica Democratica unita
della Tanzania, la VI Assemblea
plenaria della Federazione Luterana Mondiale.
Erano presenti alcune centinaia di delegati di 66 paesi in
rappresentanza delle 95 Chiesemembro della Federazione, invitati, esperti, osservatori (fra i
quali 4 cattolico-romani e un ortodosso).
L’Assemblea ha preso numerose decisioni che determineran1 attività della Federazione
nei prossimi 7 anni. È stato votato il nuovo Comitato esecutivo, formato da 30 membri, di
cui 5 donne.
È stato eletto il nuovo presidente della FLM, il vescovo tanzanese Josiah Kibira, che succede al finlandese Mikko Juva,
eletto alla V Assemblea generale, tenuta a Evian, nel 1970. È
la prima volta che un africano
viene eletto presidente della Federazione Luterana Mondiale.
Sono state ammesse quattro
nuove Chiese-membro della Federazione (Kinki - Giappone; Papua - Nuova Guinea; Angola Batak - Indonesia; Usa);
Di fronte alle continue violazioni dei diritti dell’uomo, registrati in Africa Australe, Sud Africa, Namibia, Zimbawe (Rhodesia), Uganda, T Assemblea ha
proposto alle Chiese-membro di
operare un confronto fra la legislazione in vigore nei loro paesi con la Convenzione Intemazionale dei Diritti dell’uomo e
renderne conto alla FLM che
raccoglierà i vari risultati.
L’Assemblea ha pure condannato il « Sistema delVapartheid »
applicato in parecchi stati dell’Africa Australe e ha dichiarato che ogni sistema di discriminazione razziale e sociale che implica l’oppressione di una parte
della popolazione come pure la
concentrazione del potere nelle
mani di una minoranza sono da
considerarsi incompatibili con
l’Evangelo.
Facoltà Valdese di Teologia
ISCRIZIONI
Sono aperte le iscrizioni al 1» anno dei corsi di Licenza
Teologica e di Diploma.
Per il corso di Licenza teologica, richiesto per il ministero pastorale, occorre fare domanda di iscrizione,
scritta e motivata, al Consiglio di Facoltà allegando i sedenti documenti: a) certificato di nascita; b) diploma
cti maturità classica o altro diploma di scuola secondaria
superiore; c) certificato medico; d) due fotografie formato tessera.
Domanda e documentazione vanno inviate alla Segreteria della Facoltà di Teologia (via Pietro Cossa 42, 00193
R^a; dal 15 luglio fino al Sinodo, presso Casa Valdese,
10066 Torre Pellice).
Per le iscrizioifi ai corsi per il Diploma in teologia protestante (studenti esterni) occorrono i documenti di cui
alle lettere a) b) e d).
La frequenza è obbligatoria per il corso di licenza. La
tassa d iscrizione di lire 5.000 è unica. La tassa di studio è
di lire 48.000 annue per il corso di licenza e di lire 15.000
annue per quello di diploma. Per il pagamento servirsi del
c.c.p. 24717001 intestato a Facoltà valdese di teologia - Segreteria, Roma.
Per gli studenti funziona il convitto annesso alla Facolta, con camere a due letti. I costi della pensione compietà possono variare di anno in anno. L’ammontare va
pagato alla direttrice all’inizio del mese.
Borse di studio. Gli studenti che si preparano al pastorato possono chiedere un aiuto finanzi,ario. Le domande vanno indirizzate al Consiglio unitamente alla domanda d’iscrizione.
Roma, 30 giugno 1977.
Nello scorso mése di marzo il
nostro periodico ha pubblicato
tre interessanti articoli su « I
valdesi di fronte allo Stato », in
cui il prof. Augusto Armand-Hugon ha presentato, in un ampio
ventaglio, le condizioni di vita
nelle quali essi vennero a trovarsi dal 1532 alla metà del 1900.
Nelle pieghe di tali avvenimenti
e negli scontri ed incontri che i
valdesi ebbero con i poteri statali, nelle diverse forme con cui
si presentarono loro, l’autore ha
cercato di cogliere i principi e le
linee di fondo cui essi si ispirarono. Tali articoli contengono indubbi spunti critici interessanti
e la riesumazione di fatti e circostanze che è bene di tanto in
tanto ricordare alle chiese e specie alle più giovani generazioni,
ma la linea di fondo, che l’autore
fa serpeggiare tra i valdesi nelle
varie epoche, mi sembra da disattendere perché non rispondente alla realtà.
In questo momento in cui si
stanno avviando a concreta trattativa le intese, che la Tavola va
conducendo nel suo incontro con
la Repubblica italiana, giova tornare con particolare attenzione
sugli avvenimenti sviluppatisi negli scorsi secoli circa i rapporti
e soprattutto le implicazioni tra
la vita ecclesiastica e quella politica propria delTambiente in
CUI le no;stre chiese furono inserite. E ciò appunto per ricercare i principi, la linea, le impostazioni seguite e tentare di enucleare i criteri di coerenza a cui ancor oggi giova attenersi; valutando altresì i condizionamenti che
di tempo in tempo i valdesi su□irono nella vita che condussero.
Condivido quindi quanto affermato da Armand-Hugon circa lo
spirito di indipendenza ecclesiastica che Farei infuse ai valdesi
a Chanforan (1532), inquadrando
la loro presenza ecclesiastica a
cavallo delle Alpi nel rispetto dei
« superiori » in ossequio al principio enunciato in Romani XIII.
In tal modo però non fu evitato
che la riforma religiosa ed ecclesiastica pubblicamente manifestata dai valdesi venisse interpretata dalle autorità civili del
tempo come fenomeno di ribellione ai poteri costituiti.
Dobbiamo infatti riflettere alla circostanza che con la pace
religiosa di Augusta (1555) venne
implicitamente affermato e si
diffuse in Europa il principio imperiale del « cuius regio eius et
religio », in virtù del quale i sudditi dovevano seguire la religione del principe a cui erano sottoposti. Ecco quindi che, quando
Emanuele Filiberto nel 1560 si
dispose a ridurre all’obbedienza
religiosa i suoi sudditi valdesi,
il problema dei rapporti con i superiori di questo mondo (oggi diremmo lo Stato) si pose per essi
in termini ben diversi da quelli
indicati in Romani XIII. Era insito nella dialettica della Riforma che il sovrano, o il potere
temporale, se per un verso è il
magistrato per la giustizia (Rom.
XIII), per altro verso è la bestia
di Apocalisse XIII; ed i valdesi
compresero che assai spesso questi due aspetti coincidono in uno
stesso tempo ed in un medesimo
principe. Essi si ispirarono non
a concetti « separatisti » che nessuno^ a quel tempo aveva ancora né pensati né espressi, ma ad
un criterio di pretto rigore biblico.
Ciò aiuta a comprendere come
mai i valdesi — contrariamente
anche all’avviso espresso da Calvino — si disponessero a resistere con le armi contro quel principe sabaudo per difendere la
loro fede. Essi lo riconoscevano
sì il loro legittimo sovrano e nel
contempo si dichiaravano di lui
fedelissimi sudditi; ma tuttavia,
mentre non dimenticavano di annunciargli la verità delTEvangelo, gli rifiutavano l’obbedienza
sulle questioni di fede.
Quale criterio implicito giustificava e rendeva per essi chiara
e coerente questa posizione apparentemente così contraddittoria ed assurda?
Tale criterio va ricercato non
nel « separatismo », ma nel doppio lealismo che i valdesi seppero esprimere in meido preciso e
coerente. Principio questo a cui
essi si attennero allora ed a cui
continuarono a far ricorso nei
loro successivi incontri con i poteri costituiti sino agli anni correnti, salvo qualche dolorosa eccezione. Questo doppio lealismo
è implicito nei postulati biblici
espressi in Rom. XIII ed in Apoc.
XIII ed i valdesi del 1560 lo esplicitarono chiaramente al loro
principe scrivendogli: « Noi vogliamo obbedire a tutti gli editti di Vostra Altezza fin dove la
nostra coscienza lo permetterà,
ma dove la nostra coscienza Io
impedirà. Vostra Altezza sa che
si deve piuttosto obbedire a Dio
che agli uomini ». Ed a quel tempo ci voleva maggior coraggio
di oggi ad esprimersi con tali parole, perché il rapporto tra vaidesi e Stato si poneva allora in
termini di sudditanza al principe,
solo detentore del potere ed unico artefice del diritto; e non in
termini di cittadinanza tra eguali davanti alla legge, come si cerca di vivere oggidì tali rapporti
m regime di democrazia pluralista.
È interessante ricercare gli sviluppi della coerenza nella linea
seguita dai valdesi nel tempo ed
i risvolti delle condizionature subite che al riguardo hanno reso
a volte striduli i singoli loro atteggiamenti.
Di fronte alle pressioni confessionali sabaude ed alla persecuzione armata, fu, mi sembra, risposta coerente con i principi poco prima affermati, quella data
con il Patto deirUnione del gennaio 1561, per il quale i valdesi
delle diverse chiese promisero
« tutti di mantenere con la gratin
di Dio, la pura predicatione delTEvangelo e l'amministratione
dei sacramenti; di aiutarsi et
soccorrersi scambievolmente gli
uni gli altri et di rendere obbedienza a i superiori loro. Oltre
a ciò, che non sarebbe lecito a
nessuna di tutte le Valli promettere, transigere, overo acordare
cosa alcuna sopra il fatto di religione senza il consentimento
di tutte le altre Valli ». Ed occorre tener conto che a quel
tempo le chiese valdesi adiacenti le une alle altre gravitavano
tuttavia nel territorio soggetto al
potere politico di tre diversi sovrani: il re di Francia, il duca di
Savoia, il marchese di Saluzzo.
In tale occasione i valdesi individuarono un ordine proprio nel
quale erano inseriti per via della
fede e nell’ambito del quale l’obbedienza a Dio, secondo l’Evangelo di Gesù Cristo era prioritaria di fronte a qualsiasi altro
potere umano.
Parimenti accadde in occasione della stipulazione della cosiddetta pace di Cavour del giugno
1561. La chiusura della loro esistenza spirituale nel quadro del
ghetto alpino che doveva durare, con alterne vicende, per circa 3 secoli, fu in definitiva un
compromesso — si direbbe oggi — nel quale da un lato si
compensavano le esigenze del
« cuius regio » con quelle relative all’esito della guerra tutto
sommato favorevole ai valdesi;
e dall’altro si contemperavano
le contraddizioni tra le esigenze
dei tempi insite nel potere ducale di cui il Racconigi era il rappresentante, ed il rigore del principio del doppio lealismo di cui
i valdesi erano gli assertori. Il
territorio era un dato di assoluta pertinenza sovrana, su cui la
volontà del principe faceva premio sulle esigenze di libertà in
tema di religione del popolo valdese.
Non ritengo però che si possa
legittimamente accusare i valdesi in tale circostanza di aver obbedito al potere mondano là dove avrebbero dovuto piuttosto
obbedire a Dio, per il'fatto di
aver accettato un limite territoriale per l’annuncio dell’Evangelo nell’ambito dello Stato in cui
erano inseriti. Tanto più perché,
com’è' noto, la loro testimonianza fuori dei limiti consentiti fu
di poi fenomeno ripetuto che
mantenne viva l’esca della discordia tra i Savoia ed i loro
sudditi valdesi per altri trecento anni circa. In definitiva le
« capitolazioni » del 1561 diedero
vita al primo caso di intesa diretta tra uno Stato ed i valdesi;
ed esse, oltre a segnare la fine
di un’ignobile persecuzione armata condotta contro di essi,
non diedero luogo ad una transazione tra spirituale e temporale, né ad un accordo sul piano istituzionale dei rispettivi poteri, come avveniva con i concordati già in atto a quei tempi, ma costituirono un primo risultato positivo per le libertà
dei valdesi pur ristretto nel quadro dell’impostazione allora imperante circa i rapporti tra società civile e società religiosa.
Si trattò allora in sintesi di regolare in termini di diritto l’esito di un rapporto di fatto che
in pratica era insostenibile per
i valdesi.
Mi sembra pertanto che la metà del ’500 abbia segnato l’epoca
in cui, tra l’altro, i valdesi hanno impostato in termini di principio il modo in cui attenersi nei
rapporti con i potenti di questo
mondo (lo Stato, diremmo oggi)
e seppero attenervisi coerentemente in via pratica.
(segue)
Giorgio Peyrot
PAROLA
La fede cristiana è impensabile senza la Chiesa cristiana.
Extra ecclesiam nulla saìus (fuori della Chiesa non v’è salvezza) non e solo un assioma cattolico-romano, ma anche una
venta assolutamente protestante. La fede è vincolata alla Chiesa; questa affermazione permette di comprendere come la Parola di Dio in Cristo non sia una verità generale della ragione,
ma una rivoluzione storica. Il mistico, il razionalista, Videali.possono concepire l'idea di una beatitudine eterna accessibile all'individuo nella sua vita privala. Il cristianesimo non
conosce nulla di simile; proclama una salvezza fondata su una
parola storica e dipendente da un intervento storico; una salvezza che può essere trovata solo in una comunità. Ecco perche il cristianesimo delle origini non è mai stato una religione
di singoli individui, ma la causa collettiva di un gruppo ben
definito, la ekklesia, la comunione dei santi. Solo coloro che
hanno avuto la certezza di essere membra del corpo di cui
Cristo è il capo, sono stati realmente dei cristiani. Un cristianesimo ridotto ad uso individuale è una Contraddizione in termini. Extra ecclesiam nulla salus. Noi crediamo la santa Chiesa universale, la comunione dei santi. All’infuori di questo
credo non vi può essere fede cristiana.
* * *
La Chiesa non è un'autorità intermediaria e indipendente
nella quale io debba porre la mia fiducia. La mia fiducia è rivolta a Dio solo e non alla Chiesa. E non già implicitamente,
ma esplicitamente; io non credo a quel che dice la Chiesa perché è la Chiesa a dirlo. Devo credere unicamente in Dio quando Egli parla, altrimenti sarei un idolatra. Ma, come noi utilizziamo le vibrazioni dell'aria per esprimere i nostri pensieri,
Dio utilizza la voce umana della Chiesa per esprimere la sua
Parola.
Emil Brunner
5
22 luglio 1977
•■jpt.’-.--.
‘lî'lîi.v:
f:
L’enciclopedìa
Di morti così bisogna parlare come
quand’erano vivi, e ti dicevano con gli
occhi : « non lo dimentico, sei un pastore
valdese» (e con gli occhi rispondevi- «lo
so, sei un prete alla Pio X »). Porse proprio perché il rapporto era chiaro, diventammo amici; ma una volta don Milani
scattò di brutto, e vennero alla luce i limiti strumentali della sua pedagogia.
Avevamo fissato di trovarci a Barbiana, un gruppo di giovani valdesi e un
gruppo dei suoi ragazzi. Voleva che nel
rapporto vivo, in conversazione e ’interviste’, gli alunni della sua memorabile
scuola dei poveri si facessero un’idea dei
protestanti, di quelli italiani in particolare. Con tre macchine raggiimgemmo il
rifugio, l’ultima spiaggia che l’aggressività di Florit card. Ermenegildo aveva lasciato al disobbediente. Dapprincipio tutto filò liscio : quel Valdo che'se non fosse morto si sarebbe fatto francescano,
quei cattivacci dell’Inquisizione, ecc. Poi
i ragazzi, addestrati a voler vedere come
le cose stanno oggi, presero a fare domande sulla Chiesa Valdese, la sua organizzazione; e poi cosa credono i protestanti. Don Milani divenne sempre più inquieto, bloccò delle domande, intervenne
per dare lui la risposta, ribattè polemicamente una spiegazione di Valdo Spini.
Eravamo ormai allo scontro stile primo
’900 quando arrivarono amici da Firenze,
provvidenzialmente, e con sollievo generale si parlò di altro.
Era apparso comunque un don Lorenzo che stava bene nella linea pedagogica
di don Bosco, che ci teneva a filtrare la
enciclopedia delle nozioni proposte ai
suoi ragazzi nel vecchio buon setaccio di
una teologia cattolico-romana conservatrice, di stretta osservanza. A una tecnica
pedagogica straordinariamente efficace,
nutrita di intuizioni psicologiche e di
acume intellettuale, rispondeva una strenua difesa di argomenti teologici accettati e trasmessi (non inculcati, però!)
con una sorta di furore antìmodernista.
C’è da chiedersi perché proprio in Milani talvolta si indica il capostipite dei
preti scomodi che hanno tribolato la curia fiorentina e sono stati tribolati; Vannucci, Turoldo, Borghi, Rosadoni, Mazzi, ecc. Forse due cose accomunano almeno parte di questi uomini: la scoperta che non sempre l’obbedienza è una
virtù, e la profonda influenza, nel periodo della loro formazione pastorale, da
una delle più schiette, mirabili figure del
cattolicesimo italiano di questo scorcio
di secolo; don Bartoletti.
A proposito di obbedienza, una volta
andammo su a Barbiana perché ci volle
leggere il testo della sua perorazione antimilitarista. Più volte sottolineò l’aiuto
che aveva avuto dal nostro Giorgio Peyrot. Anche allora restai incantato a quel
senso della lingua, a una potenza espressiva inimitabile : don Milani ha pagine
da antologia, ha un suo posto fra i prosatori toscani in una galleria ideale che
da Cecchi e Pancrazi arriva a Calamandrei e seguita.
Appena entrato in casa, una volta don
Milani mi fece vedere l’allineatura massiccia dei volumi dell’enciclopedia Treccani : faceva spicco, con i suoi fregi do
rati, contro una parete squallida. « Hai
visto? L’ho presa alla mia zia. Mi diceva ; ’’Lorenzo, quando muoio te la lascio”.
L’altro giorno sono andato e le ho detto; ’’Zia, io dell’enciclopedia ne ho bisogno per i miei ragazzi. O muori subito o
me la dai prima di morire. Sono un prete, sta’ attenta”. Me l’ha data il giorno
stesso ». Rideva, gli occhi febbricitanti
appena socchiusi; il viso si faceva rosa,
da sbiancato che era per un pallore come sudaticcio. Per la fatica di vivere, e
spendere fino all’ultimo spicciolo dei doni dei quali il Signore l’aveva gratificato
per gli altri, non solo per i suoi ragazzi.
Oggi tante cose sono cambiate, forse
anche stravolte. Gli orfani di don Milani
sono finalmente uomini e hanno smesso
di esibirsi (suscitando perplessità); gente che ieri a Firenze gli avrebbe dato
fuoco ora lo propone in odor di santità;
studenti a caccia disperata d’un argomento di tesi hanno detto tutto (o quasi)
di tutto; la Nerea Fallaci ci ha dato la
più bella biografia, e c’è stato anche il
film. Ora ci lascerei passare sopra il
tempo, che è galantuomo, e verificherà
anche « la lezione » di don Milani.
Luigi Santini
NEL 10° ANNIVERSARIO DELLA MORTE
LA LEZIONE DI DON MILANI
La nuova cultura
m
Î
Leggendo la « Lettera dall’oltretomba »
scritta da « un povero sacerdote bianco
della fine del II millennio », i « Missionari
cinesi » cui la lettera è indirizzata (è tutta
contenuta nella pag. 437 del volume
« Esperienze Pastorali » di don Lorenzo
Milani) che idea si potranno fare di lui?
Un prete rivoluzionario che accusa la sua
generazione, o un prete « obbediente » nonostante tutto, che si confessa e si scusa
per non aver avuto il coraggio di affrontare il « disordine » in nome della giustizia? « Voi (Missionari cinesi) certo non
vi saprete capacitare come prima di cadere noi non abbiamo messa la scure alla
radice dell'ingiustizia sociale.
E’ staio l’amore dell’ “ordine” che ci ha
accecato... Non abbiamo odiato i poveri
come la storia dirà di noi. Abbiamo solo
dormito... Quando ci siamo svegliati era
troppo tardi. I poveri erano già partiti
senza di noi. Invano avremmo bussato alla porta della sala del convito... Troppe
estranee cause con quella del Cristo abbiamo mescolato... ».
Al Convegno su « Don Milani ed il Dissenso ecclesiale » che ha avuto luogo a Torino, domenica 12 giugno, patrocinato
dalla « Cooperativa di cultura Ix>renzo Milani » per celebrare il X anniversario della sua morte, la figura di Don Milani è
emersa quanto mai complessa, proprio
nella sua novità non riducibile né agli
schemi antichi di « obbedienza » senza critica, né agli schemi nuovi di « dissenso »
o di rivoluzione.
Era un prete che rispettava le strutture: le considerava i punti di sostegno
dell’educazipne: non si educa dal nulla.
L’educazione ha bisogno del riferimento
a una tradizione, ad una struttura, senza
la quale non è possibile costruire. Don Milani, condannato per « istigazione alla disobbedienza » era invece un prete « obbediente », contenuto con una « durezza di
adesione » nella struttura ecclesiastica.
E d’altra parte la sua è stata una novità profetica — è stato detto — una rivoluzione che inizia a livello di liberazione
personale per diventare liberazione sociale.
Gian Paolo Meucci, presidente del Tribunale per i minori di Firenze, legato da
profonda amicizia a don Milani (la rivista « Panorama » nel N. 584, del 28 giugno 1977, riporta alcune lettere scritte da
don Milani a Gian Paolo Mpucci), presente al Convegno di Torino, ha puntualizzato in modo particolare la figura di don
Milani come esponente di un nuovo modo di fare cultura. C’è in don Milani la
consapevolezza che ci troviamo alla fine
di una « cultura » e all’inizio di una « nuova cultura ». La « Lettera ad una professoressa », il libro di don Milani che, durante la « contestazione » del ’68-’69 era
letto nelle Università italiane più delle
opere di Marx e di Lenin, va intesa come
metodologia di questa nuova cultura.
Don Milani pensava che mai da un intellettuale — di tipo tradizionale — sarebbe venuta la spinta verso una rivoluzione
culturale. Rifiutava totalmente il mondo
della cultura degli intellettuali e il mondo
della cultura della Chiesa. Cercava una
nuova cultura di massa: ciò che è aristocratico, che rimane negli schemi antichi
non ha nessun valore. Cultura di massa
per don Milani significa « cultura dei poveri »: « ...la povertà dei poveri non si misura a pane, a casa, a caldo. Si misura sul
grado di cultura e sulla funzione sociale...
La distinzione in classi sociali non si può
dunque fare sull’imponibile catastale, ma
su valori culturali... Chi crede nella vocazione storica dei poveri a diventare classe
dirigente (senza perdere la propria personalità e i propri doni) vorrà offrir loro
una cultura entitativamente diversa da
questa che usa. O meglio ancora, non vorrà offrir loro nessuna cultura, ma solo il
materiale tecnico (linguistico, lessicale e
logico) che occorre per fabbricarsi una
cultura nuova che con quell’altra non abbia nulla a che vedere. ( « Esperienze Pastorali », pp. 209-210).
In questo senso, caratteristica di don
Milani era di « seminare la parola perché
divenga Parola », come ha ricordato Gian
Paolo Meucci.
In occasione del X anniversario della
morte di don Milani, la « Cooperativa di
cultura Lorenzo Milani » (Via Perrone, 3 Torino) ha pubblicato un quaderno ciclostilato nel quale viene esaminato quanto
in Italia è stato fatto per questa « nuova
cultura ». In modo particolare viene esaminato il lavoro compiuto nelle varie
scuole popolari, condotte con una nuova
metodologia e con un nuovo significato e
di « scuola » e di « cultura ». E si parla
pure del « tramonto » della missione specifica di queste scuole, e della nuova
« possibilità » — non ancora realizzata —
di una nuova cultura attraverso le « 150
ore ».
Nella prima parte del documento le comunità del «dissenso» si chiedono fino
a che punto don Milani può essere considerato un « padre » del loro movimento.
La scelta di classe, per don Milani, era essenzialmente una scelta di ordine religioso. Anche quando parla della classe ope
raia come, « classe guida » don Milani non
chiarisce il significato strategico-politico
di questa espressione, mentre la vede alla
luce di una vocazione che proviene da Dio.
Infatti le comunità del « dissenso » vedono una profonda differenza fra le proprie posizioni ed il pensiero e l’atteggiamento politico di don Milani: mancava in
lui una « approfondita analisi politica ».
In don Milani « è forte la coscienza della
frattura esistente nella società fra ricchi
e poveri, però non va molto più in là nell’individuare gli strumenti di liberazione
complessiva della classe operaia... C’è in
don Milani una forte sfiducia negli strumenti politici storici della classe operaia,
come il partito ».
Per questo i cattolici del « dissenso »
vedono in don Milani ancora un prete tradizionale, « che propone ai suoi fedeli di
votare DC in nome di un’obbedienza "religiosa”... » che nell’impostazione teologica ed ecclesiologica è ancora ancorato a
posizioni « tridentine »...
Giuliana Gandolfo
Tre proposte
E se i politici cattolici non hanno fede né amore sufficiente per far così, si tolgano quel nome di cattolici e si
contentino di quello più modesto di cittadini. E questa potrebbe essere la:
Queste « tre proposte » di don Milani concludono la -lettera a Don Piero, scritta nel 1953-54, periodo di accesa I 6rZ3 pPOpOStS
polemica sui preti operai, e concludono anche, quasi a
darne una « giustificazione », il suo libro « ESPERIENZE
PASTORALI », « intessuto dell’attenzione che un prete può
porre ai problemi terreni... ».
Prima proposta
Potrebb’essere quella di tornare al « non expedit ». Ritirarci tutti, preti e laici dal mondo col quale abbiamo
compromesso noi, i nostri Sacramenti e la dottrina. Chiuderci nel segreto del nostro cuore in un esame di coscienza che duri almeno qualche decennio. Temprarci alle fonti
della Grazia. Riaprire e sviscerare ancora i Sacri Testi e
le Encicliche. Pregare. Far penitenza del male che abbiamo fatto alla causa del Cristo e della Chiesa.
Domani il Cristo stesso risponderà coi fatti a questo
nostro atto di fede. E il comunismo, se anche dovesse avanzare (ma non avanzerebbe certo tanto quanto sta avanzando ora; di questo sono sicuro) avanzi pure, tanto la nostra forza interna sarebbe tale da divorarlo, digerirlo, ributtarlo fuori rifatto a modo nostro. Come facemmo qualche secolo fa coi barbari, né più né meno.
Seconda proposta
Seguitare a comprometterci tutti, preti e laici, come
abbiamo fatto fin ora.
Ma allora bisognerebbe farlo meglio. Meglio in una maniera tale che i politici e gli economisti e i comunisti stessi ci dessero di pazzi.
Buttar giù tutto. Eliminare il predominio del potere
economico da qui a stasera. Sostituirlo con il dominio di
una legge morale che ponga i diritti di Dio e dell’uomo al
disopra di ogni diritto terreno e neghi radicalmente il diritto di possedere se il possedere dell’uno dovesse sminuire il diritto di un altro alla vita o alla casa.
In una parola: essere coerenti fino in fondo ai principi
della morale e delle Encicliche.
Ma questo dicono che è imprudente e impossibile. Dicono che gli ideali sono una cosa e la politica un’altra.
Io non vedo perché. Impossibile per im cristiano non
è nulla. Neanche spostare le montagne. C’è scritto chiaro
che bisogna cercare prima il Regno di Dio e la sua Giustizia e che tutto il resto (cioè le conseguenze, i pericoli, i
danni) ci sarà rimediato- dall’alto.
Soltanto questo è ciò che può dire un prete.
Una precisa distinzione di incombenze tra preti e laici.
E non solo di incombenze, ma anche di impostazione dei
problemi.
Due pesi e due misure dunque? Sì certo. Come da secoli abbiamo fatto.
Un peso è quello del programma e deve essere altissimo, senza compreso neanche un solo peccato veniale. Altrimenti non c’è perdono.
E l’altro peso è quello dopo il fatto. La misericordia
immensa per l’uomo che è caduto, che non ha raggiunto
l’ideale prefisso. Che s’è macchiato dei compromessi più
innominabili, ma che è venuto a chiederne perdono, a chiedere la forza di ricominciare da capo e di far meglio.
I laici cattolici potrebbero dunque seguitare a occuparsi attivamente della città terrena (leggi umane, governi,
elezioni, giornali...), ma a conto loro, come privati cittadini che cercano di avvicinarsi all’ideale cristiano e sanno
di non riuscirci e non presumono di esserne l’incamazione autorizzata.
Ma i preti abbiano un mondo loro inequivocabilmente
distinto.
Abbiano giornali e discorsi da preti, completamente diversi da quegli altri.
Giornali e discorsi in cui l’ideale cristiano sia così alto
e puro da non piegarsi mai alla ricerca del « possibile »,
del « prudente », del « minor male », delle « esigenze della sana economia ».
Le loro parole suonino tutte troppo lontane da questa
terra. Così come è alto il dire: « Non commettere atti impuri » in un mondo che non ha nessuna intenzione di smettere di commetterne e molti.
Tanto alta e pura fu la parola di Cristo che gli uomini
invece di costruire una città terrena come lui la voleva, lo
abbandonarono e lo misero in croce.
Nulla di ciò che il Cristo ha detto è realizzabile in questa terra su vasta scala. E la preghiera che ogni giorno
diciamo parla di un Regno che dovremo sempre cercare,
ma mai raggiungere se non in cielo.
Parli dunque pure il prete di governi e di politica, ma
solo per criticarli.
Mostri il cristiano soltanto quanto lontano egli sia dall’ideale altissimo del cristianesimo e mai lodi le realizzazioni terrene dei cattolici che (se anche domani divenissero molto meglio di quel che tragicamente sono) saranno
sempre orribili parodie dell’ideale.
don Lorenzo Milani
6
22 luglio 1977
Sport in Val Chisone
Una nuova « ginnastica » scolastica e miniolimpiadi a Porte
_ Si sono svolti, negli ultimi mesi dell’ anno scolastico appena
concluso in quasi tutte le scuole
del Circolo di Villar Perosa, corsi di attività di gioco e movimento tenuti da istruttori dell’ARCI-UISP e finanziati dalla Comunità Montana.
Questi corsi, e in parallelo
quelli destinati alla preparazione
degli insegnanti, si proponevano
di sostituire alla ormai sorpassata ginnastica tradizionale una setic di attività basate sulla partecipazione di tutti e svolte più che
altro in forma di gioco, con il
tualmentt praticano lo sport,
hanno anche ottenuto ottimi risultati tecnici.
Tre vittorie per Francesco Cagnasso e Cinzia Long dimostrano come sia difficile contrastare
chi lo sport lo pratica da sempre. Massimo Coucourde e Roberto Pons, rispettivamente di
Inverso Pinasca e Pramollo, hanno dominato le maratonine e ottenuto il maggior numero di applausi dal numeroso pubblico
presente.
Sarà importante per il futuro
riuscire a preparare i ragazzi di
duplice scopo di prevenire gli tutti i Comuni nello stesso mo
atteggiamenti non corretti che '----------'--------'
facilmente si assumono a scuola
(scoliosi, dorso curvo), e di avviare _i ragazzi verso una pratica
sportiva non riservata a pochi
eletti, che tutti gli altri si limitano ad applaudire.
L iniziativa è isolata violentemente criticata dai democristiani locali, i quali non hanno trovato di loro gusto le proposte
di giochi non competitivi e hanno anche denunciato pericolose
ÌÌÌ politiche nella scuola
(1ARCI-UISP come si sa, è un’associazione culturale e sportiva di
sinistra). Da., ciò si deduce che,
una perfetta educazione democristiana comporta una grande
competitività, forse più che altro
verso le cariche ben retribuite,
c che dalla scuola devono emergere i futuri campioni sportivi
tutti ovviamente iscritti al partito.
Abbastanza competitive, ma
ancora troppo « rosse » sono evi- *
dentemente state giudicate le miniolimpiadi che hanno avuto luogo a Porte (altro Comune pericolosamente orientato a sinistra). Per l’anno prossimo, il Comune prescelto sarà Villar Perosa, che gode di un’atmosfera meno inquinata.
Sull’edizione ’77 di questi giochi abbiamo chiesto un parere
ad un insegnante che svolge .anche un’attività sportiva.
« Questa prima edizione dei
giochi olimpici delle Valli Chisone e Germanasca ha riscontrato,
grazie anche al bel tempo, un
grosso successo di pubblico’e di
partecipanti. Molti ragazzi iscritti non sono in realtà intervenuti
alla manifestazione, ma ciò era
prevedibile essendo ormai le lezioni terminate; nonostante molte defezioni, i partecipanti sono
stati più di duecento. I rappresentanti del G.S. Porte hanno lavorato molto bene e, tenendo
conto che tutto doveva essere
fatto dal nulla, il loro merito è
maggiore.
Quale la funzione di questi giochi che forse si ripeteranno ogni
anno? Senz’altro la Comunità
Montana ha dato il suo contributo finanziario per favorire ed avviare il discorso dello sport per
tutti nelle scuole. Tutti i partecipanti hanno ricevuto lo stesso
premio (medaglietta e maglia uguale per tutti). I ragazzi ovviamente durante le gare hanno dirnenticato lo spirito non competitivo della manifestazione e si
sono tutti impegnati (giustamente) per vincere. Alcuni, che abi
Incontro al Collo
dolio Croco
Il tradizionale appuntamento di fine luglio coi
fratelli riformati francesi
è fissato quest’anno la
DOMENICA 24 LUGLIO
Il culto inizierà alle
ore 11 precise.
Nel pomeriggio, se la
pioggia non farà fuggire
troppo presto i partecipanti, sono previsti scambi di informazioni sul lavoro delle chiese francesi e italiane.
So»«0»oooo«coc(Wk^^
do. Con la preparazione seria e
continua i ragazzi imparano a
conoscere le loro possibilità, ad
apprezzare un significativo miglioramento e soprattutto a gareggiare giocando, senza preoccuparsi del risultato immediato.
Grandiosa la cerimonia di inaugurazione, simile in tutto e per
tutto a quella delle vere Olimpiadi, ma era proprio necessario il
picchetto armato? Molti bambini
erano forse più emozionati durante la sfilata che durante le gare. Più che gli elementi spettacolari, si dovrebbe accentuare
l’aspetto sociale deiriniziativa,
che permette a ragazzi che non
si sono mai incontrati di divertirsi insieme e di fare amicizia ».
L. V.
L’alluvione
fa nascere
il comitato
di quartiere
L’alluvione che ha colpito la
Val Penice il 19 maggio scorso
ha causato gravi danni. Su questo non vi sono dubbi. Ve ne sono però di molto evidenti, che
coinvolgono strade di grande viabilità o comunque attirano l’attenzione; ve ne sono altri invece meno appariscenti ma non
per questo meno fastidiosi per
un numero anche elevato di famiglie che incontrano difficoltà
di vario genere nella loro vita di
ogni giorno.
Un gruppo di queste famiglie,
colpite dal crollo del ponte Blando sul Penice che serve alcune
frazioni di Torre Pellice e di Luserna San Giovanni, si è costituito in comitato di quartiere
intercomunale, per sollecitare
dagli Enti Locali e dagli organi
statali un fattivo e sollecito intervento per eliminare il loro
disagio, che diventa tanto più
evidente in casi di emergenza,
come malattia o simili.
Auguriamo a questo Comitato di poter vedere risolti al più
presto i suoi problemi e nello
stesso tempo esprimiamo l’augurio che tutte le situazioni analoghe possano trovare una felice e rapida soluzione.
cronaca delle valli
------------------\----
Offerte pro alluvionati
E un giusto prezzo?
Condannato in Tribunale a Torino l’uomo che
due anni fa aveva soppresso il figlio
Giulio Comba del Prassuit di
San Giovanni, che nel marzo del
•1975, in un momento di grave
smarrimento, aveva soppresso il
proprio figlio con due colpi di
martello, è stato condannato dalla Corte di Assise di Torino a 18
anni di carcere e tre anni in casa di cura vigilata, essendo stata accolta la tesi della semi in
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Ricordiamo che il tradizionale BAZAR preparato dalla Società di Cucito « Le Printemps »
avrà luogo nella Sala Albarin
domenica 31 luglio alle ore 15.
L’ingresso è libero e tutti sono
cordialmente invitati.
• Domenica lo luglio abbiamo
avuto la gioia di accogliere presso di noi un gruppo della Comunità di Coazze che ha partecipato al culto e visitato alcuni nostri Istituti. Ci rallegriamo vivamente per questa visita che
ha rafforzato i legami tra le nostre due Comunità e che auspichiamo poter ancora ulteriormente sviluppare.
• Domenica 24 luglio, la predicazione, alla Cappella degli Airali alle 9 e al Tempio alle 10,30,
sarà sul testo di Deut. 5: la legge del Signore e domenica 31 su
Deut. 30: la scelta della vita.
• Durante il mese di agosto i
culti nel Tempio dei Bellonatti,
saranno presieduti dalla Prof.ssa
Giovanna Pons, candidata in
teologia. Le diamo fin d’ora il
nostro benvenuto, rallegrandoci
di averla tra noi.
• Domenica 10 luglio è stata
battezzata Manuela, terzogenita
di Luciano Borno e Diiva. Che il
Signore benedica questa bambina e aiuti i suoi genitori a mantenere le loro promesse.
• È mancata, presso la sua abitazione, Bellion Lina ved. Malanni all’età di 86 anni, dopo lunga e sofferta malattia. Dopo breve degenza presso l’Ospedale di
Luserna si è spento alla tarda
età di 99 anni Benech Francesco
dei Malanot. Alle famiglie rinnoviamo l’espressione della nostra più Viva simpatia cristiana.
Offerté ricevute dal 1 al 15 luglio 1977 dalla Commissione Distrettuale per
il Fondo di Solidarietà a favore delle famiglie alluvionate delle Valli.
Ester Giorgiolé, Livorno 5.000
Chiesa Valdese di Susa 75.250
Chiesa Valdese di Milano 253.100
Chiesa Valdese di Villasecca 152.500
Montalbano Angela, Sampierdarena 3.000
Zanatta Gianna, Sampierdarena 5.000'
Bagnasco Rina, Sampierdarena 5.000'
Cavo Roberto e Elisa, Sampierdarena 5.000
Chiesa Metodista, Alessandria 50.000
Rivoira Mariuccia, Pinerolo 40.000
Bertalot Ida e Gina, Pinerolo 10.000
Chiesa Valdese di Aosta 20.000
Chiesa Valdese di Bordighera-Vallecrosia 200.000
Chiesa Metodista di Parma 100.000
Chiesa Valdese di Verona 100.000
Demichelis Niso, Milano 50.000
Chiesa Valdese di Chivasso-Torrazza 40.000
Chiesa Valdese di Rimini 50.000
Cattaneo Alcibiade, Sampierdarena 5.000
Unione Femminile Valdese, Livorno 50.000
Colletta al culto, Livorno 15.000
Hedi Brun-Basseredorf, Zurigo 17.452
Corale Svizzera, Zurigo 279.232
Merkli H. e sua amica, Winterthur (Svizzera) « pensando al vai
d’Angrogna » 91.731
Pastore Emerito Angelo Inceli!, Vicenza 40.000
Totale 1.662.265
Totale elenchi precedenti 3.077.946
TOTALE al 15 luglio 4.740.211
A.S. — Per un refuso tipografico nell’elenco del n. 27-28 alla voce « Jenny
Fuhrmann, Mendrisio » leggere lire 160.0000 anziché 100.000. Ci scusiamo dell’errore involontario.
Si ricorda che le offerte vanno versate sul conto corrente 2/25167 intestato
a Commissione Distrettuale delle Valli Valdesi - 10066 Torre Pellice.
SuH'itinerario
del rimpatrio
fermità mentale. Gli avvocati
Ettore Serafino e Marco Gay
hanno interposto ricorso contro
la sentenza in vista di una possibile riduzione di pena.
II fatto, che due anni fa aveva profondamente sconvolto la
nostra gente, si ripropone in tutta la sua gravità, nelle conseguenze per colui che ne è stato
l’autore. Giulio Comba, un uomo
psicologicamente fragile, portava in sé grosse carenze nella sua
formazione personale infantile.
Si è trovato totalmente impreparato davanti a un problema
più grande di quanto potesse
comprendere e portare: lo ha risolto, in un attimo di follia, di
cui oggi non sa né può rendersi
conto, nel più orrendo dei modi.
Il ragazzo era caparbio, arrogante, violento, insopportabile, ma
anche per questi atteggiamenti
ci sono state delle cause che a
suo tempo non sono state analizzate, né rimosse e che hanno
radici profonde. Il padre ha riconosciuto la gravità del suo gesto e fin dall’inizio si è dichiarato pronto a pagare. Ma quale
prezzo? I lunghi anni di galera
nelle prigioni italiane, la cui riforma è ancora sulla carta, nella promiscuità con i peggiori delinquenti, in una situazione di
profonda degradazione umana,
minacciano di stroncarlo moralmente e fisicamente, precludendo la possibilità di qualunque
azione di recupero. Intanto a casa la moglie e due bambini piccoli, che gli sono rimasti malgrado (qtto profondamente affezionati, - lo attendono e hanno
ancora bisogno di lui.
Questo fatto non riguarda solo la famiglia Comba, ma ci coinvolge tutti mettendo in luce gravissime carenze a tutti i livelli
di cui ognuno ha la sua parte di
responsabilità. E mentre Giulio
Comba paga da solo il suo misfatto a noi è chiesto non soltanto un moto di profonda compassione ma la volontà di agire'
e impegnarci seriamente perché
tutte le cause che sono all’origine del fatto e che sono presenti
in molte altre situazioni, siano
eliminate, in vista di un vero e
profondo rinnovamento della vita associata.
Sarà il modo concreto per testimoniare non solo a parole,
della verità dell’amore di Cristo
e della potenza di rinnovamento del suo Spirito.
La Società di Studi Valdesi organizza un viaggio che ripercorrerà in parte le tappe dell’esilio svizzero (16861689) ed il percorso del Glorioso Rimpatrio (1689), col seguente programma ;
Domenica 11 settembre: Partenza
da Torre Pellice, Aosta, Martigny, Losanna, Moudon, Payerne, Morat, Berna.
Lunedi 12 settembre: Berna, Sciaffusa, Cascate del Reno, Zurigo, Berna.
Martedì 13 settembre: Berna, Neuveville, Neuchâtel, Yverdon, Prangins,
Ginevra.
Mercoledì 14 settembre: Ginevra,
Mégève, Albertville, Colle dell’lseran
(m. 2760), Lanslebourg, Colle dei
Moncenisio, Susa, Avigliana, Torre
Pellice.
Saranno visitate o illustrate tutte le
località che hanno visto il dolente flusso degli esuli valdesi nell’ospitale terra svizzera, i disperati tentativi di ritorno e le tappe del Rimpatrio, dove
sia oggi possibile transitare con un
pullman.
Per la parte logistica, il viaggio è
a cura della Malan Viaggi di Torino.
Prezzo: Viaggio completo in autopullman, soggiorni in albergo di 2“
categoria con camere a due letti:
L. 132.000. (supplemento per camera
singola, L. 2.000).
Le iscrizioni si ricevono per un numero massimo di 40 persone e fino al
20 agosto.
Per informazioni, dettagli e iscrizioni (con versamento di L. 70.000).
rivolgersi al prof. Augusto ArmandHugon, Via Beckwith 10, Torre Pellice, tei. (0121) 91064.
Hanno collaborato a questo numero: Tavo Burat, Bruno Costabel, Franco Davite, Dino Gardiol.
Luigi Marchetti Giovanni Peyrot,
Paolo Ribet, Aldo Rutigliano, Alberto Taccia, Liliana Viglielmo.
LETTERA APERTA AGLI ADERENTI DELLA T.E.V.
Amore fraterno
e Convitto
Ho ricevuto il n. 16 della vostra circolare, che leggo sem-pre
con l’interesse dovuto a fratelli
in fede, anche se non ne condivido l’impostazione.
Anche questa volta mi è parso
di scorgere nel vostro atteggiamento una grave contraddizione.
Leggo il passo della prima pagina (Diamo l’esempio): « Amiamoci gli uni gli altri... ». Vi sono
riconoscente di questo impegno
e cerco anch’io di viverlo giorno
■per giorno nei miei rapporti con
il prossimo.
Ma poi volto la pagina e leggo
l’articolo suirOrfanotrofio femminile di Torre Pellice, che sinceramente non posso ritenere ispirato a questi principi.
La scelta dei dati è parziale, e
quindi non può non suscitare in
chi legge un’idea erronea della
situazione, e i giudizi espressi
non mi paiono certo ispirati dall’amore fraterno.
Un solo esempio: in questo
confronto che mi pare preconcetto fra un passato tutto buono
e un presente tutto peccaminoso si dice che la CIOV amministrò l’istituto con una media di
30-40 ospiti e che nel 1972, cambiata gestione e indirizzo con una commiissione autonoma (e
p>erché poi autonoma? È vero,
caso mai, il contrario: la CIOV
è molto 'più autonoma, anche a
livello giuridico, di qualsiasi
commissione tabulare) « si è ora prossimi alla chiusura o a una
drastica riduzione. In pochissimi
anni è stato rapidamente distrutto quanto era stato fatto e conservato in oltre 120 anni ». Perché non isi dice che nel 1972 è
stata la CIOV a chiedere al Sinodo di sollevarla dalla gestione
di un istituto che non si sentiva
più di gestire, con (poco più di)
una dozzina di ospiti e con 4
milioni annui di debiti e che
in questi ultimi anni si sono
ospitati da venti a trenta minori emarginati (non tutti orfani,
certo, dato che per fortuna oggi alle Valli non ci sono i 223
orfani del 1853)?
Questo esempio mi pare basti
a dimostrare una scelta non obietti'Va dei dati.
Per quel che riguarda i giudizi, mi sembra che il dichiarare
che « mantenere in vita un istituto così come è attualmente e come è previsto per un prossimo
futuro non ne vale la pena » sia
poco fraterno sia verso chi ci ha
lavorato con vero impegno, sia
soprattutto verso i minori ospitati. Chi ha scritto queste righe
si è domandato dove andrebbero
e che cosa troverebbero fuori del
convitto questi bambini se il Sinodo accettasse questa sua conclusione?
Cordialmente
Marcella Gay
7
22 luglio 1977
CRONACA DELLE VALLI
COAZZE
Simpatica e piacevole la giornata comunitaria che la prima
domenica di luglio abbiamo trascorso con i fratelli coralisti di
Pomaretto in visita alla nostra
comunità.
Il pastore Aime, che li accompagnava, ha presieduto il culto
con un convincente messaggio
di fede ed ha diretto gli inni che
abbiamo anche noi cantato con
gioia insieme a questi fratelli.
Nel pomeriggio, sulla gradinata esterna del tempio, la corale
ha riportato il suo messaggio
canoro con numerose melodie
tratte dal suo repertorio, mentre i passanti che transitavano si
fermavano ad ascoltare e ad applaudire. Valido esempio di testimonianza in un piccolo villaggio come il nòstro che è una
punta avanzata in campo cattolico.
Mentre ringraziamo il pastore Aime ed i suoi coralisti per
la gradita visita, inviamo ancora il nostro affettuoso saluto al
pastore Lamy Coisson che abbiamo rivisto con molto piacere.
• L’Asilo Valdese di Luserna
San Giovanni, il Rifugio Carlo
Alberto, il tempio del Ciabas, il
Museo valdese di Torre Pellice
sono stati visitati la domenica
seguente da una ventina di membri della nostra comunità, alcuni dei quali per la prima volta
in visita alle valli.
La gita, organizzata dall’anz.
Dino Gardiol che ci ha fatto da
guida per tutta la giornata, è
stata più che mai significativa
sia per l’affettuosa accoglienza
che abbiamo avuto, sia per le
località e gli Istituti visitati, sia
per le bellezze naturali che abbiamo potuto ammirare dal nostro pulmino sulla panoramica
della collina.
Grazie a tutti per le belle ore
trascorse insieme, grazie al signor Barbiani per la sua apprezzata guida nella visita al Museo e grazie alle sorelle dell’Unione Femminile per la cordiale
e simpaticissima ospitalità che
ci hanno riservato con una molto ben guarnita tazza di tè.
BOBBIO PELLICE
La predicazione, in lingua francese, durante il culto di domenica 17 luglio è stata data dal
pastore Karl Ebert (Germania).
Lo ringraziamo e gli auguriamo, insieme con la moglie Alberta Gönnet e il figlio Alain,
un buon soggiorno in mezzo a
noi e buon lavoro nella sua chiesa che ci visiterà con il suo
gruppo corale in ottobre.
PERRERO
La comunità e il paese tutto
hanno porto il loro commosso
saluto a Edmondo Barus, di anni 52, morto tragicamente mentre si recava a casa. Alla madre,
al fratello e ai parenti vogliamo
esprimere la simpatia nel Signore.
• Ringraziamo, seppure in ritardo, il pastore Lamy Coisson che
ha tenuto nel mese scorso il culto a Ferrerò e Maniglia.
• Ricordiamo la riunione quartierale a Parant domenicà 24 luglio alle ore 15.
SAN SECONDO
• Il 7 luglio, due giorni prima
di compiere 87 anni, è deceduto
a Casa Turina, dov’era ricoverato, il fratello Ernesto Paschetto. Pensiamo a lui con riconoscenza per la collaborazione data al nuovo tempio. I rosai che
aveva offerto e curato per diversi anni, sono tuttora in piena
fioritura.
• Il 9 luglio, nel tempio di Villar Pellice si sono uniti in matrimonio Cesare Besson ( Centro) e Paola Michelin. Formuliamo il nostro augurio agli sposi ed in particolare a Paola il
nostro benvenuto fra di noi.
• Ci rallegriamo con le famiglie
di Valdo Ribet e Elsa Ferrerò
(Luganera) e di Roberto Paschetto e Rosanna Revel (Miradolo) per la nascita dei“ loro ri-'^‘
spettivi secondogeniti.
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XV
agosto
L’incontro del XV agosto è organizzato in comune dalle chiese di Villar e
Bobbio Pellice. In caso di
tempo favorevole si terrà
a Villar Pellice, nell’Inverso.
Per chi proviene dalla
bassa Val Pellice, seguire la
provinciale per Bobbio fino
all’uscita dall’abitato di Villar. Indi a sinistra, verso il
ponte detto « delle Rovine ».
L’itinerario sarà comunque
segnalato da appositi cartelli. Vi è possibilità di parcheggio nei pressi del luogo di incontro. Funzionerà
un modesto servizio di buffet.
In caso di cattivo tempo l’incontro si terrà nei
locali della chiesa di Bobbio Pellice. Il culto è per
le ore 10. Seguirà un dibattito sul tema « Concordato ». Nel pomeriggio messaggi e presentazione di
situazioni particolari della
chiesa nel mondo.
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MOSTRA DI PITTURA A VILLAR PELLICE Personalla
Un esordio da primizie
Nasce a Torino il 15 luglio del
1944, di origine triestina. Vive a lavora a Bobbio Pellice dal 1975.
Estrosa, caparbia, introversa (scostante di primo acchito per chi non la
conosce).
La sua figura sembra intagliata in
un tronco di quercia da una accetta
decisa (anche questa definizione è « a
prima vista »).
Dimenticavo'il più: è Muriella Calzi Liotino, pittrice.
Ha esordito il 5 luglio con una
« personale » nella saletta del Comune di Villar Pellice.
Autodidatta. Si può dire che sia nata senza camicia, ma almeno con un
mozzicone di matita in mano.
Inizia bambina a ritrarre tutto quello che la interessa e la attrae.
All’inizio predilige ritratti, persottaggi. Le prime vittime sono insegnanti e compagni di scuola. Più tardi per
ragioni di lavoro è costretta — e ne
è felicissima — a girare per il mondo. Questo acuisce la sua curiosità per
tutto ciò che riguarda l’arte, la natura, la gente.
Intanto dal disegno gradatamente
passa al colore: acquarello, olio, dalla
carta alla tela. Collauda parecchie tecniche.
Il tentativo di qualche ritratto a
olio non è felice : difettano le proporzioni. Importante è tentare. Ha il coraggio perfino di esporre opere negative.
Lo stile? Passa con « apparente »
tranquillità dalle nature morte ai personaggi ben radicati nel proprio ambiente (quasi sempre donne del sud,
ove Muriella si reca spesso poiché è
sposata con un simpatico ragazzo pugliese).
Sente l’astratto: soprattutto quando
perde la tramontana; Muriella crede di
sfogarsi, ma senza saperlo crea opere
d’arte.
Triste, realista, allegra, drammatica,
accademica, romantica, spiritosa. E’
vorace: ama tutto e si cimenta con
tutto. Si potrebbe pensare che questa
sua prima « personale » sia una collettiva per via delle tante maniere con
cui si esprime, oppure taluni penseranno che manchi di personalità. Non
è vero. La personalità è ben definita e
consiste in una ricerca continua ed è
ciò ché conta. Ricerca di che? Soltanto Muriella può saperlo; gli artisti non
conoscono traguardi, vanno avanti,
semplicemente, con fermezza, volontà,
serietà, senza farsi « scardinare » da
falsi idealismi di corrente, da giudizi
azzardati ed errati, di estimatori, amici, concorrenti e critici d’arte.
Continua imperterrita la propria
strada senza chiedersi dove la porterà.
Assomma pregi e difetti e li butta giù
sulla tela. Là sua mano è felice, ma
nel contempo è gelosa del proprio lavoro perché indifesa si lascia scoprire
proprio là dove non vorrebbe essere
veduta : in mezzo alla natura, tra i fiori, a dialogare con i fiori, ad amare i
fiori. Dai girasoli incandescenti (che
hanno destato moltissimo interesse) e
pian piano, con dolci sfumature ma
tocco sicuro ai fiorellini di campo, delicati e impalpaliili.
Qui possiamo con un po’ di timore
cercare di penetrare nel cuore della
« quercia Muriella » e finalmente scoprirne tutta la dolcezza, l’umanità e
la sensibilità che porta dentro di sé
ed è in grado di renderne partecipi gli
altri attraverso il dono delle sue opere.
Per essere alla sua prima personale
è già conosciutissima in Val Pellice
perché come si sarà notato, già all’apertura della mostra erano più le opere acquistate di quelle rimaste in vendita.
A questa prima seguiranno altre
personali o collettive che potranno sollevare anche polemiche. Qualcuna infatti è già sorta. Colpa di due innocenti e arguti disegni che esprimono
qualcosa di più della vignetta umoristica. Sono divertenti e simpatici, mettono chi li osserva e li studia, davanti
ad una realtà che non è da sottovalutare e suona come una profezia. Sono
d’accordo con l’artista.
Simona Musso Merello Siggia
POMARETTO
• I coniugi Adelina e Giovanni
Parandini ed Elena e Félix Canal hanno festeggiato i loro cinquant’anni di matrimonio. Giungano loro gli auguri della comunità ! ■
• Domenica 17 luglio ha avuto
luogo la preannunciata riunione
ai Clotdausin (Inverso Pinasca).
In tale occasione si è affrontato
il problema dell’informazione e
della lettura, con particolare riferimento all’Eco delle Valli Vaidesi. Al termine della riunione è
stata fatta una colletta per sostenere il giornale che ha fruttato 15.000 lire.
• Domenica prossima si terrà
una riunione ai Paure, alle ore
14,30.
• Si ripete ancora l’invito a coloro che volessero prendere parte alla gita a Freissinière (Francia), che si ■effettuerà il giorno
7 agosto. Prenotarsi presso il
pastore o l’anziano Luigi Marchetti entro il 29 prossimo. Quota lire 3.000.
• Ha avuto luogo venerdì, 8 luglio il funerale della nostra sorella Serre S’isanna, deceduta
nella sua abitazione a Inverso
Pinasca all’età di 82 anni. Alla
famiglia la nostra simpatia cristiana.
Furto nel tempio
di Luserna San Giovanni
• È con un senso di profondo
rammarico che abbiamo constatato, domenica mattina, il furto,
avvenuto un giorno della settimana precedente, della Bibbia
posta sul tavolo del Tempio. Si
trattava di un raro esemplare
■dell’edizione italiana della traduzione del Diodati, stampata a
Ginevra nel 1641.
Presso l’Università di Torino
si è brillantemente laureato in
lettere moderne Gianni Bellion,
di Luserna San Giovanni, discutendo una tesi su « Una comunità contadina nella metà del secolo XVIII, San Giovanni (Val
Pellice) ».
Al neo laureato i migliori auguri e la speranza che dei risultati della sua indagine possano
essere informati anche molti interessati alle vicende passate.
Doni per l’Asilo
di Luserna S. Giovanni
Doni pervenuti nel mese dì giugno:
Ida Coisson-Mathieu, in mem. della
Sig.ra A. Tagliabile 10.000; Amalia
Coisson, in mem. della Sig.ra A. Tagliabue 10.000; Bounous Luisa e Mariuccia, in mem. della cognata E. Marauda 10.000; Fenouil Emilia in Tierque (Ginevra) in mem. dei genitori
Adele e Davide Fenouil 20.000, della
zia Tinette Goss 10.000; Pastore Bogo Giovanni, in mem. della Sig.ra A.
Tagliabue (Zurigo) 20.754; Federazione Italiana delle Chiese Avventiste
(Roma) 100.000.
Gönnet Giancarlo (To) 150.000; in
mem. di Maria Bertone-Casabeltrame,
il figlio e la nuora (To) 50.000; PonsRivoir Maria, in mem. del marito Jean
Rivoir (osp. Asilo) 50.000; N.N. (Pinerolp) 500.000; in mem. di Davide
Bouchard, la famiglia (S.G. Chisone)
50.000; Unione Femm. di L.S.G., in
mem. di Caffaro Natalina ved. Danna 5.000; Martinat Maria (To) 50.000;
Poet Giulia ved. Godino, in mem. dei
miei cari (Pinerolo) 100.000; Ricca
Elsa (To) 10.000; Varese Carlo e Solano A. (To) 5.000.
Ernestina Gay-Brusco (To), in mem.del papà 12.500; A. Archettimaestro
(Aqui T.) 10.000; N.N., in mem. di
Paolo 'Condola 35.000 Comunità di
Coira (Svizzera) 138.400; Rostagno Alfredo e Maddalena, in occ. battesimo
nipote Patrick 5.000 Ribet Edina, in
mem. della mamma 10.000; Ivonne
Godino-Costantino, in mem. del maritò (To) 40.000.
VILLASECCA
Alla presenza di una folla sensibilmente numerosa convenuta
dalle Valli e dalla Francia è stato
annunciato l’Evangelo della resurezione e della vita in occasione dei funerali di Enrichetta Bóunous in Peyronel. Al marito Aldo
e alla figlia Uva esprimiamo, a
nome di tutta la Comunità, il
sentimento sincero della solidarietà e della speranza cristiana.
Il 29 giugno è deceduta a Caprarola
(Viterbo) la signora
Olga Cimpellin ved. Mathieu
di anni 86
Ne danno il triste annuncio le famiglie Palme, Serre, Grill, Mathieu,
Butani.
« La mia grazia ti basta ».
(2 Cor. 12: 9).
Pomaretto, 10 luglio 1977.
AVVISI ECONOMICI
• j ' ■
TORINO : cercasi governante con nozioni infermieristiche per due persone anziane periodo invernale. Scrivere : Gallo Orsi, Strada del Nobile 91/9, 10131 Torino, o telefonare: tei. 682707.
(( Venite a me voi tutti che
siete travagliati ed aggravati
ed io vi darò riposo ».
(Matteo 11: 28)
Dio ha chiamato a sé
Silvia Ciordan
ved. Armand - Pilón
addolorati l’annunciano la figlia Erica
Martini con i figli Paolo e Silvia; il
figlio Mario con la moglie Silvia Bastia e i figli Marcello e Giovanni; il
fratello, le cognate, i nipoti, i parenti
tutti.
Saronno. 16 luglio 1977
Torre Pellice. 18 luglio 1977
RINGRAZIAMENTO
Franca, Sandra, Pierino ed i bambini ringraziano tutti coloro che con
presenza e scritti hanno preso parte
al loro dolore per la scomparsa di
Pietro Rizzi
Genova, 22 luglio 1977
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Mie - Beux - Bounous,
nell’impossibilità di farlo personalmente ringraziano tutti coloro che
con scritti e assistenza sono stati vicini
nel dolore.
Un ringraziamento particolare al Pastore Teofilo Pons, al Dott. De Clementi, alla famiglia Ercole Talmone, vicini di casa. Associazione ANGET.
San Germano Chisone, 22 luglio 1977
RINGRAZIAMENTO
Il fratello, la sorella e i nipoti della
compianta
Adelina Ciordan
commossi e riconoscenti per la grande
dimostrazione di stima e di affetto tributata alla loro cara, ringraziano tutti
coloro che hanno preso parte al loro
dolore con la presenza e con parole di
conforto. Un ringraziamento particolare al sig. Pastore Taccia e alla signorina Clelia Gaydou.
« Io alzo gli occhi ai monti,
donde mi verrà l'aiuto? Il
mio aiuto viene dall’Eterno
che ha fatto il cielo e la
terra ». (Salmo 121: 2).
Luserna S. Giovanni, 22 luglio 1977
RINGRAZIAMENTO’
I familiari di
Ferdinando Ribet
deceduto a S. Secondo di Pinerolo il 21
giugno all’età di 80 anni, riconoscenti
per le manifestazioni di simpatia ricevute in questa occasione, neU’impossibilità di farlo personalmente, ringraziano quanti hanno preso parte al loro
lutto, ed in particolare il pastore A.
Genre.
« Ho combattuto U buon combattimento, ha finito la corsa,
ho serbata la fede ».
(2 Tim. 4: 7)
8
8
Il diritto di morire
22 luglio 1977
Riforma
imedtn® P'‘°blema per O COlìtrOrÌfOrma ?
medico, ma implica una comprensione nuova della vita e della morte
La lunga e complessa «raccomandazione » del Consiglio di
Europa, approvata a Strasburgo nel gennaio 1975, rivolta soprattutto ai medici, ma anche a
giuristi, sociologi e ministri di
culto, risponde ad una preoccupazione sorta nel pubblico in
questi ultimi anni a proposito
del diritto dei moribondi di morire soffrendo il meno possibile
fisicamente e psicologicamente,
ossia del diritto che ognuno di
noi possiede di fare una « dolce,
bella morte », come è espresso
dalla parola Eutanasia.
Scendendo all’analisi minuta
della « raccomandazione », essa
si può riassumere nei seguenti
punti: 1) alleviare le sofferenze
dei malati senza compromettere
la loro esistenza, 2) informare
i malati della loro malattia e del
trattamento previsto per curarla
(e nel caso di malati gravi quali probabilità hanno di guarire),
3) preparare psicologicamente i
malati inguaribili alla morte e
infine 4 ) studiare il problema
dell’opportunità o inopportunità
di utilizzare misure speciali per
prolungare « un processo di morte in malati la cui agonia è già
cominciata ».
Il primo punto riguarda il
contrasto, diverso da caso a caso, ma sempre presente, fra la
necessità di alleviare il dolore
e l’inevitabile conseguenza che la
somministrazione di medicamenti atti a lenirlo agisca in senso
negativo abbreviando la vita.
Ma oltre al dolore fisico il
medico non deve dimenticare le
sofferenze psichiche dei suoi malati, molte volte non meno crudeli di quelle fisiche; e alleviare
queste sofferenze vuol dire saper cogliere, malato per malato,
qual è il limite in cui può essere soddisfatto il suo diritto a
conoscere esaurientemente il suo
male, perché al di qua o al di
là di questo limite la verità potrebbe essere di per se stessa
fonte di sofferenza, nel primo
caso sotto forma di angoscia di
non sapere, nel secondo di disperazione di sapere.
In questo triste studio non è
possibile stabilire regole precise, ma vale unicamente l’intuito
e la sensibilità del medico che
nel comunicare al malato la natura del suo male e le possibilità che ha di guarire (II punto)
o nel prepararlo psicologicamente alla morte (III punto), deve
tenere presente che ogni malato
è un mondo psichico a sé, più
o meno integro, fortemente condizionato dal suo livello culturale e dal suo orientamento dottrinario. Infatti mentre è relativamente facile preparare alla
morte coloro che credono che la
morte non sia la fine della vita,
ma una tappa verso un’altra esistenza, è molto più complessa
la situazione di quei malati inguaribili con orientamento dottrinario identico, ma ricevuto e
vissuto superficialmente o con
orientamento opposto. Mentre
per i primi, soprattutto se anziani stanchi, soli, ormai distaccati da tutto, col pensiero
fisso al ricordo di persone care
già morte, l’attesa della morte
è un’anticamera dolorosa, ma
accettata con rassegnazione sapendo di non aver alcun potere
sul tempo di questa attesa, né
alcim metro per giudicarne la
durata, per i secondi, generalmente più giovani, fermati dalla
malattia nel pieno delle loro attività sociali e familiari, il dramma è di decifrare in se stessi
qualcosa che non sanno definire; vorrebbero, come i primi,
accogliere con placida serenità
degli schemi di vita post-mortem che sdrammatizzerebbero in
parte la loro angoscia, ma contemporaneamente non riescono
a liberarsi da quella sensazione
di nullità dentro cui hanno tenuto fino allora incapsulata la
loro vita per mancanza di tempo o di voglia di trattare il problema; ora posti di fronte al tema, privi di un condizionamento efficace a una certa visione
dell’aldilà, i loro silenzi, i loro
monologhi, le loro fughe verso
il passato sono l’espressione di
una confiittualità esistenziale
grave, che li modifica nel carattere portandoli a reazioni verso
l’ambiente così diverse dalle lo
ro abituali da apparire a chi li
conosce irriconoscibili.
Preparare costoro alla morte
è un compito di una complessità notevole; manca l’elemento
indispensabile della possibilità
comunicativa che trova il suo
motivo fondamentale in uno stato generico di simpatia reciproca; questa simpatia può esserci,
proprio per impegno e per educazione, dalla parte di chi li assiste, ma manca o non si instaura nel paziente che si ribella al
tema come se non lo interessasse direttamente o che non ne
vuol parlare qqasi con la paura
che, parlandone, l’inadeguatezza
della parola renda il suo dramma più acuto e insopportabile o
che nella precisione della parola Si concretizzi una realtà che
nell’intimo non crede ancora
certa e sicura o infine che, parlandone,, sia costretto implicitamente a confessare quella paura
che copre con pudore, come fosse puerile e ridicola. A differenza di costoro i primi, vivendo
nella certezza di ricongiungersi
a chi li ha preceduti, sono psicologicamente pronti; anzi possosono giungere a sentire ogni
giorno di vita in più come una
vittoria indesiderata della loro
vita nella dimensione morte in
cui già potenzialmente vivono
con la segreta ansia che la morte non ritardi troppo o che non
li distrugga tanto da non saper
di morire o che non li affatichi
inutilmente in una interminabile
agonia.
Ma per preparare il malato inguaribile alla morte in modo
psicologicamente efficace è necessario rendersi anche conto
della sua condizione tragica nei
grandi centri ospedalieri per il
prevalere di un tecnicismo medico che tende a rompere fra
operatori e malati quella corrente di umanità che dovrebbe
essere invece il fondamento essenziale di qualunque programma terapeutico. In questo caso
il pericolo psicologico è di vanificare il malato come individuo trasformandolo in un soggetto anonimo di studio, tanto
è vero che più il caso è difficile,
più il malato sente l’ambiente
distaccarsi da lui, pur vedendo
prodigiosamente aumentare la
massa di dati scientifici raccolti
sul suo corpo. E se dal malato
si passa al moribondo la condizione di costui è ancora più tra
gica; il moribondo si sente abbandonato perché nel grande
numero di degenti il suo caso
viene come perduto nella coscienza di chi deve assisterlo fra
i casi non più impegnativi.
La « raccomandazione » termina (IV punto) sollecitando tutti, me(fici e non medici, a studiare il problema dell’opportunità o inopportunità di utilizzare speciali tecniche per prolungare la vita, in particolare nei
casi di arresto irreversibile delle funzioni cerebrali, fi problema si pone infatti oggi giorno
perché l’arresto definitivo e irreversibile delle funzioni cerebrali
non si identifica « sic et simpliciter » con la morte in quanto
le surricordate tecniche fanno
sussistere nell’organismo umano
delle funzioni vegetative, anche
se il cervello non funziona più,
ponendo il medico nel dilemma
di definire se colui che tiene in
vita è un vivo o un morto non
in rapporto a un valore univoco
e ben definito che si dà alla parola « vita », ma al suo valore
corrente legato per consuetudine alla persistenza delle funzioni cardiocircolatoria e respiratoria. Finché per consuetudine
o per consenso comune la vita
è legata alla persistenza delle
funzioni cardiocircolatoria e respiratoria, il medico, anche di
fronte a un elettroencefalogramma (EEGr) piatto, non è autorizzato a interrompere quell’assistenza tecnica, generalmente
messa in atto prima della constatazione dell’EEG piatto; se la
interrompesse, questo medico
darebbe implicitamente col suo
atto una definizione della morte
che non è nel suo compito di
dare.
Non è escluso (anzi è probabile) che in futuro questo consenso comune possa spostare da
una funzione ad un’altra il criterio essenziale della vita e di
conseguenza identificare nella
cessazione di questa funzione lo
stato di morte; ma oggi giorno
finché il medico sente «battere
il cuore», non può assumersi la
responsabilità di fermarlo, qualunque sia lo stato degli altri organi, anche se sa benissimo che
questo battito è un artificio tecnico; se lo fermasse, commetterebbe un delitto nei riguardi della mentalità media della civiltà
in cui vive.
Franco De Carli
{segue da pag. 1)
per ragioni uguali e contrarie a
quelle del vescovo Lefebvre.
I «Vecchio-cattolici» infatti si
staccarono dalla Chiesa di Roma
perché non accettarono la definizione dell’ infallibilità papale
promulgata durante il Concilio
Vaticano I.
Lefebvre invece lamenta cheli
« Collegio dei Vescovi », definito
dal Concilio Vaticano II, tolga al
Papa proprio quell’autorità infallibile che gli compete: « Questo testo (decreto conciliare) sostiene, infatti, che i membri del
Collegio dei vescovi possiedono
un diritto di governo, sia con il
Sommo Pontefice sulla Chiesa
universale, sia con gli altri Vescovi sulle diverse diocesi... In
questo modo, e un po’ alla volta,
si sostituirebbero nella Chiesa,
al governo personale di un solo
Pastore, i "Collegi" sia internazionali che nazionali. Parecchi
Padri hanno parlato del pericolo
di una diminuzione del potere
del Sommo Pontefice e noi siamo
pienamente d'accordo con loro. »
(Marcel Lefebvre, « Accuso il
Concilio », Roma, 1977, pp. 60-61).
II timore di Lefebvre è che anche l’autorità dei singoli vescovi
venga sminuita dalle « assemblee ». L’autorità del Vescovo potrebbe diventare soltanto « teorica », mentre l’assemblea, con le
sue commissioni, in realtà, deterrebbe l’esercizio deH’autorità.
« Nostro Signore ha certamente
voluto fondare le Chiese particolari sulla persona del loro pastore... » afferma Lefebvre (ibidem).
Al contrario, i « Vecchio-cattolici » accanto al Vescovo istituirono dei sinodi, composti da tutti i sacerdoti e laici rappresentanti delle comunità. Il Sinodo
elegge il vescovo e il consiglio sinodale. La costituzione delle loro
comunità ha un carattere prf;sbiteriano. Esse eleggono i loro sacerdoti.
Contro r intransigenza della
Chiesa romana, fedele a una tradizione lontana dalla cultura e
daUa mentalità moderna, i « Vecchio-cattolici » accettavano idee
liberali, di progresso e di modernismo, di apertura verso la scienza e la cultura, e verso Tecumenismo.
Lefebvre, al contrario, di fronte alle nuove posizioni assunte dalla Chiesa cattolica romana
dopo il Concilio Vaticano II, afferma che « lo spirito che ha dominato il Concilio e ne ha ispira
to tanti testi ambigui ed equivoci ed anche francamente errati, non è lo Spirito Santo, ma lo
spirito del mondo moderno, spirito liberale, teilhar diano, modernista, in opposizione con il regno di Nostro Signor Gesù Cristo... Queste riforme e questi
orientamenti sono tutti di tendenza chiaramente protestante e
liberale... » p. 43).
Che il Concilio Vaticano II sia
stato ispirato da liberali, protestanti e massoni, che la Chiesa
romana lentamente accetti il
« cornunismo » non combattendo più con l’antico fervore, che
abbia abdicato alla sua antica
Tradizione aprendosi alle vie errate dell’« ecumenismo » — sono
questi i motivi costanti che ritroviamo nelle argomentazioni
del « dissenso » lefebvriano. 1
« nemici » della Chiesa sono penetrati astutamente con la loro
ideologia nella Chiesa romana.
La Chiesa non ha saputo vedere,
non ha saputo difendersi: questo è il più grande pericolo che
la Chiesa può correre: infatti Lefebvre, nel libro già citato, vuol
« gettar luce sulle imprese sovversive degli Avversari della
Chiesa ».
Sta di fatto che con la sua caparbia « non accettazione » delle
innovazioni decretate nel Concilio Vaticano II, con la sua fedeltà assoluta alla Tradizione, il vescovo Lefebvre mette in risalto
con molta chiarezza quanto di
nuovo, di rinnovato, di « liberale » ma anche di « evangelico » e
forse di « protestante » c’è realmente nella Chiesa cattolica
odierna. Lefebvre ha il grande
vantaggio di citare la fonte delle
innovazioni. La Chiesa cattolica
non l’ha fatto.
Eppure, noi protestanti, a dispetto di Lefebvre, nonostante le
innovazioni del Concilio Vaticano II non vediamo questa grande « protestantizzazione » del cattolicesimo attuale. Una vera « Riforma », un vero riesame di tutta la teologia e di tutta l’ecclesiologia alla luce della Parola di
Dio, non c'è ancora stata.
Potremmo tranquillizzare il
vescovo Lefebvre rispondendogli: « Troppo poco, troppo poco
è mutata la Chiesa cattolica. Per
ora è ancora molto « romana »:
non è né liberale, né protestante, né comunista. Lei, mons. Lefebvre, ha visto la strada che la
separa dal Concilio Vaticano I,
ma la strada che la separa dal
Vangelo è ancora molto lunga! ». .
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
Leresia di Carrillo
★ Nel nostro precedente articolo abbiamo riportato alcuni
passi salienti dell’articolo del settimanale sovietico « Novoie Vremia » (= «Nuovi Tempi»), contenente un attacco a fondo contro Santiago Carrillo, il segretario generale del Partito Comunista Spagnolo. Per capire l’importanza dell’attacco, nonché quella
delle innumerevoli dichiarazioni di solidarietà esplicite o implicite, che Carrillo ha ottenuto da
comunisti d’ogni paese (a cominciare dai suoi stessi compagni
spagnoli, fra i quali la ben nota
Dolores Ibarruri detta la « Pasionaria », fino a compagni d’oltre cortina: romeni, jugoslavi e
altri), giova conoscere i punti più
scottanti del libro « Eurocomu
nismo y Estado », recentemente
pubblicato dallo stesso Carrillo.
1) «I nostri correligionari
(sic!) ci accusano di un qualcosa
che ha connotazioni non meno
confuse della qualifica di terrorista: e cioè di REVISIONISMO.
Ma, per conquistare un socialismo che conservi e arricchisca
( dando loro, in più. una nuova dimensione economica e sociale )
le libertà democratiche politiche
e i diritti civili, beni irrinunciabili del progresso umano, non basta sbarazzarci di certe formule
coniate dai nostri teorici, come
quella della dittatura del proletariato; non basta più limitarci
a fare affermazioni di rispetto
nei confronti del giuoco democratico: occorre invece seriamente procedere ad uno studio dello
Stato nelle sue forme attuali e
ad un approfondimento critico
delle idee del marxismo in merito... Ne abbiamo già parecchi di
esempi di società che, in un modo o nell’altro, si sono avviate
per la strada del socialismo. Invece di mistificarle (soprattutto
in un’epoca in cui persino i miti
religiosi sono in crisi), sarebbe
meglio studiarle.
Ci sono occasioni, nella storia,
in cui la lotta di classe permette
di far salti momentanei che vanno al di là del grado di sviluppo
reale dei mezzi di produzione,
ma, presto o tardi, quest’ultima
componente riacquista peso e
può squilibrare, alterare, mettere in forse i salti compiuti nei
momenti magici della lotta di
classe.
L’autonomia delle sovrastrutture è reale, entro certi limiti.
Reale, ma non illimitata. Certe
volte lo dimenticano quei capi
che, dall’alto del potere, pensano
di poter decidere tutto e superare tutti gli ostacoli, ma in definitiva procedono come despoti costretti, ad ogni passo, a trovare
capri espiatori che rispondano
della sproporzione tra i loro piani e le possibilità reali. Affrontare questi problemi non significa
rinunciare alla rivoluzione, al socialismo ».
2) «La tendenza che ha ricevuto, molto genericamente, l’appellativo di EURQCQMUNISMO,
si scontra con la necessità di superare il dilemma:
Democrazia = capitalismo; socialismo = dominazione sovieti
ca, cioè di dimostrare, da un lato,
che la democrazia non solo non
è consustanziale con il capitalismo, ma che la sua difesa e il
suo sviluppo impongono di superare questo sistema sociale, e
che oggi il capitalismo tende a
distruggere la democrazia. D'altro lato, l’eurocomunismo deve
dimostrare che la vittoria delle
forze socialiste nei paesi dell’Europa Qccidentale non aumenterà
di un ette la potenza statale sovietica, né supporrà l’estensione
del modello sovietico del partito
unico; ma sarà un’esperienza indipendente, con un socialismo
più evoluto, il quale avrà perfino
una positiva influenza sull’evoluzione demoeuitica dei socialismi
già esistenti. In questa linea, è
essenziale l’indipendenza dei partiti comunisti rispetto allo Stato
sovietico e agli altri Stati socialisti, e la definizione teorica e
pratica di una vita democratica
inequivocabile ».
3) « Quale Stato? Si tratta di
costruire una DEMQCRAZIA viva, a tutti i livelli e in tutto il
paese. E questa concezione dello
Stato e della lotta per la democratizzazione, presuppone la rinuncia, nella sua forma classica,
all’idea di uno "Stato operaio e
contadino"; cioè di uno Stato
completamente capovolto, in cui
vengano trasferiti negli uffici gli
operai che prima erano in fabbrica o i contadini che prima lavoravano la terra, e si mandino
al loro posto i funzionari che,
fino a quel momento, lavoravano negli uffici. D’altra parte, uno
Stato così non è mai esistito se
non nelle idee... La nostra nuova
concezione dello Stato implica
anche l’idea di rinunciare a un
apparato dello Stato che sia apparato di partito, a un apparato
di Stato controllato da un apparato di partito. Si tratta invece
di creare un apparato di Stato
che obbedisca in qualsiasi momento fedelmente agli eletti del
popolo e che non possa essere
manipolato contro la volontà del
popolo ».
(Da « L’Espresso » del 3.7.’77).
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8 luglio 1960
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