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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTË, METODISTE, VALDESI
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Anno Vili - numero 2-14 gennaio 2000
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ISPIRITUALITAI
«Rawa», tutto dò che è vita
4i FRANCO TAGLIERÒ
■ BIBBIA E ATTUALITÀ ■
I NOSTRI LIMITI
«Doveri tu quando io fondavo la ter
” Giobbe 38,4
Nella sofferenza Giobbe ha gridato,
ma Dio è rimasto in silenzio. Più volte Giobbe lo accusa di essere ingiusto, di
governare la creazione senza regole, senza
discernimento. Lo accusa di incostanza
nei suoi sentimenti. Gli rimprovera la sua
assenza nei momenti cruciali, quali la sofferenza. Lo chiama a rendere conto delle
ingiustizie che si commettono sulla terra.
A questo punto Dio chiede: «Chi è costui
che oscura i miei disegni con parole prive
di senno?». Giobbe contende con lui partendo da una visione umana, e pertanto
limitata, dei suoi disegni. Neppure la persona più fedele, più giusta e retta può riuscire a penetrare fino in fondo i disegni di
Dio. Anzi, corre il pericolo di oscurarli
quando pretende di esplorarli con i propri
ragionamenti, con i propri schemi mentali. Questa pretesa si riduce a «parole prive
di senno»: «Dov’eri tu quando io fondavo
la terra? Dillo se hai tanta intelligenza».
Segue, come un ritornello martellante,
una serie di interrogativi che tanno comprendere a Giobbe che l’umanità non può
percorrere tutte le dimensioni dei progetti
di Dio per la creazione e le creature. A
questo punto Giobbe si chiude la bocca
con una mano, resta in silenzio. Si rende
conto della distanza tra il Creatore e le
creature. Egli è una persona «integra e
retta», ma pur sempre limitata.
La nostra religiosità, la nostra spiritualità, la nostra intelligenza, la nostra ricerca, pur essendo cose preziose
che vanno coltivate, riescono a perlustrare solo la periferia dell’esistente, della
creazione, del progetto di Dio, senza poter arrivare a intuirne i misteri più
profondi. Anche la sofferenza fa parte di
uno scenario molto più vasto delle nostre
prospettive umane, per cui la sua comprensione ci sfugge. Ma la presa di coscienza dei nostri limiti non basta per
trovare consolazione nella sofferenza. È
solo l’anticamera per l’attesa di una risposta ai nostri interrogativi. «Su che cosa furono poggiate le sue fondamenta o
chi ne pose la pietra angolare quando le
stelle del mattino cantavano tutte insieme e tutti i figli di Dio davano in gridi di
giubilo?». Tutte le creature cantano e
gioiscono perchè comprendono che le
fondamenta e la pietra angolare della terra poggiano sull’amore di Dio, poggiano
suH’amore per la vita di cui la creazione è
espressione. La nostra consolazione è
proprio qui. La sofferenza che non comprendiamo non ci defrauda dalla nostra
vocazione di creature di Dio.
Giobbe continuerà a chiedere conto a
Dio della sofferenza e dell’ingiustizia. A Dio, non ad altri. Solo lì, davanti al
suo Creatore, potrà trovare delle vere risposte. Nessuna .sofferenza e nessuna ingiustizia potranno mai sradicare la fiducia di Giobbe nella fedeltà di Dio ai suoi
progetti d’amore. Forse non riusciamo a
trovare tutte le risposte ai nostri interrogativi, ma la nostra consolazione, che ha
le fondamenta in Gesù Cristo, si traduce
in un interrogativo, pieno di speranza,
che sovrasta tutti gli altri: «Chi ci separerà dell’amore di Cristo?». Nei racconti
evangelici l’annuncio della nascita di Gesù, fondamento della nostra speranza, è
accompagnato dalla gioia e dal canto di
gloria di tutte le creature. A questo canto,
in questo inizio d’anno inquieto in molti
paesi e poco sereno per molte creature
umane del mondo, aggiungiamo con fiducia e con riconoscenza la nostra voce.
Valdo Benecchi
lEUTANASIAHBHHI ■■■■■EDITORIALE
Per una vita e una morte dignitosa II saluto del Presidente
di ERMANNO GENRE di PIERA ECIDI
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Le elezioni politiche in Croazia segnano la prinna sconfitta del nazionalismo
Una buona notiiia dai Balcani
La morte del «padre-padrone» della patria, Franjo Tudjman, e la sconfitta elettorale
del suo partito, l'Hdz, possono segnare l'inizio di una nuova era in tutta la regione
ECO DELU VALLI!
Il Ramadan in Piemonte
di FEDERICA TOURN
Di fronte al municipio di Pola
WALTER Cini
Finalmente dai Balcani possiamo mandare una bella notizia». Così si è espresso un diplomatico
occidentale dopo aver appreso i primi
risultati delle elezioni politiche in
Croazia dello scorso 3 gennaio. Dopo
dieci anni di dominio assoluto il partito nazionalista, l’Hdz (Comunità democratica croata), esce sconfitto mentre la vittoria sorride alle due coalizioni dei partiti di opposizione: la prima,
formata da socialdemocratici e socialliberali; la seconda, dal partito dei contadini, da quello liberale, dei popolari
e dei regionalisti.
La morte del «padre-padrone» della
patria, Franjo Tudjman, e la sconfitta
elettorale della sua creatura politica,
l’Hdz, segnano l’inizio di una nuova
era per il paese, che potrà finalmente
Il papa in pensione
Buttiglione: «È
da protestanti»
Secondo il segretario del Cdu ed
«esperto germanista» Rocco Buttiglione (giornale radio della prima rete Rai
delle 8 del 10 gennaio), il suggerimento al papa di dimettersi per motivi di
età e salute venuto dal presidente dei
vescovi cattolici, mons. Karl Lehmann, sarebbe dettato dalla «protestantizzazione» che affligge una parte
cospicua dell’episcopato tedesco. Che
orrore un «papa a termine»; la chiesa,
secondo Buttiglione, si configura come una grande famiglia di cui il papa
è il papà, e si è papà (e dunque papa)
finché si è in vita. Secondo IButtiglione i protestanti hanno una visione diversa dei servizi nella chiesa, «burocratica» dice, ma forse intendeva dire
«democratica», e soprattutto rispettosa della fatica e della salute di
anche di chi è chiamato ai più alti incarichi ecclesiastici. Molti cattolici tedeschi lo hanno capito, (e.b.j
accantonare quel progetto di una
«Croazia dei croati», omogenea etnicamente, autoritaria e anticomunista, cattolica fino all’integralismo.
I segnali di una volontà di cambiamento della popolazione erano palesi
già da tempo. Con la riconquista della
piena integrità territoriale, a seguito
dell’operazione militare nella cosiddetta «Krajina» nell’estate del 1995 e della reintegrazione della Slavonia orientale con la fine delTamministrazione
temporanea delle Nazioni Unite nel
1997, non è stato più possibile per
l’Hdz continuare a esorcizzare i problemi reali del paese, di natura economico e sociale e di libertà politica.
Tanto più che è apparso sempre più
evidente che dietro i richiami all’
«amor patrio» e al culto della «statualità croata» della politica del regime si
nascondevano interessi e aspetti molto
meno «nobili»: la conservazione del
potere, l’arricchimento materiale fino
alla corruzione diffusa.
Così la politica di privatizzazione
condotta durante la guerra ha creato
una ristretta classe di nuovi ricchi,
premiati per la loro fedeltà al potere,
mentre le code alle mense dei poveri si
sono ingrossate progressivamente e il
reddito medio prò capite è sceso fino
agli attuali 400 dollari mensili. La politica economica basata sulla sopravvalutazione della valuta nazionale [kuna)
ha fatto il resto. Se ha avuto il merito
di bloccare l’inflazione, ha tuttavia favorito le importazioni, saldamente in
mano alla lobby erzegovese, distruggendo la produzione interna, agricola e
industriale, e facendo salire alle stelle
il debito estero. Nell’ultimo anno i fal
Segue a pag. IO
Consiglio ecumenico
Vincere
la violenza
«In risposta all’appello formulato
dalla Vili Assemblea del Consiglio
ecumenico delle chiese, lanciamo un
Decennio “vincere la violenza”, che si
svolgerà dal 2001 al 2010, e invitiamo
le chiese, i gruppi ecumenici, i cristiani e tutte le persone di buona volontà
a parteciparvi». Con queste parole, la
prima sessione del Comitato centrale
del Cec dopo l’Assemblea di Harare,
ha lanciato un importante progetto,
parallelo a quello del «Decennio internazionale dell’Onu per la promozione di una cultura della nonviolenza e della pace a favore dei bambini
del mondo» con il quale intende stabilire dei legami. «Smettiamo di essere spettatori della violenza, smettiamo di deplorarla senza agire. Agiamo
per vincerla, nella chiesa e altrove»,
afferma il Consiglio ecumenico.
A pag. 16
Valli valdesi
Le industrie a
rischio in zona
Che sia in atto nel Pinerolese un for
te processo di deindustrializzazione
non lo si può negare. L’impoverimento
della situazione industriale spinge an
che le chiese ad attivarsi perché, come
si legge nella lettera della presidente
del comitato del Collegio valdese di
Torre Pellice al Concistoro di Pinerolo,
al moderatore della Tavola e al presi
dente del I distretto, «i cambiamenti
economici in atto non ci trovino impreparati». Occorre perciò una ricerca
rigorosa sulle prospettive. Fatto certa
mente non marginale poi del processo
di deindustrializzazione e la condizio
ne lavorativa di molti dipendenti di
medie e piccole industrie che spesso
risente di questa situazione che indi
rettamente finisce per condizionare i
rapporti di lavoro e la qualità della vita dei dipendenti in fabbrica.
A pag. 11
■ L'OPINIONE
DONNE
SOLDATO
Mia madre, che vi ha partecipato, cita spesso uno degli scontri più aspri
dell’Assemblea Costituente, quello sulla possibilità di entrata delle donne in
Magistratura. La battaglia fu vinta e il
principio fu accolto nella Carta Costituzionale, anche se la possibilità concreta
per le donne di diventare magistrate fu
realizzata molti anni dopo. Ascolto
sempre questo racconto con piacere,
perché la discriminazione «per legge»
che impedisce alle donne l’accesso a un
qualsiasi ruolo sociale mi ferisce. È con
lo stesso piacere (e una certa fierezza)
che racconto ai miei studenti come,
nella Chiesa valdese, le donne possano
accedere al ruolo pastorale fin dal 1962.
La notizia che le donne adesso possano accedere alla carriera militare
non mi procura, tuttavia, la stessa soddisfazione. Guardo con disagio agli occhi luminosi con cui molte giovani
donne esprimono il loro «sogno» di indossare una divisa, parlano in termini
positivi di ordine e disciplina, rimuovono come secondaria la prospettiva
della guerra. E nello stesso tempo mi
rendo conto che per queste ragazze
(che non sono certo tutte guerrafondaie o masochiste) viene meno una discriminazione giuridica basata sull’essere donna e che si aprono nuove prospettive di lavoro e carriera. Dunque
rifletto sulle ragioni di questo disagio.
C’è stata una sorta di «rivoluzione
dello sguardo» con cui oggi io (ma prima di me molte altre donne) concepisco la libertà femminile: essa non
coincide più per me con l’accumulo,
sempre più esteso, di nuovi diritti e
opportunità che mi rendano uguale,
sul piano giuridico, agli uomini. La libertà femminile consiste per me nella
possibilità, in relazione con altri e con
altre, di trovare senso alle scelte della
mia vita; il centro del discorso sulla libertà non sta più nella parità delle opportunità ma nel senso delle scelte,
non nella garanzia formale dell’eguaglianza, ma nel rispetto sostanziale,
semmai, della differenza.
Ma oltre a questo: mentre mi appare
evidente il senso dell’essere giudice o
pastore, non vedo alcun senso nell’opportunità di accedere alla logica della
guerra (né, in subordine, a quella della
gerarchia, dell’ordine, e della disciplina). Le donne non saranno più libere se
potranno «finalmente» gestire (e non
solo subire) la guerra, che gli uomini
hanno sempre fatto, acquisendo così
più potere ma certo non maggiore libertà. Nella «battaglia» (adesso vinta)
di queste giovani donne per poter accedere alla carriera militare non vedo né
il senso né la libertà, che, in fondo, ancora leggo nella «battaglia» delle donne
costituenti, le quali (è solo un caso?)
pur essendo appena uscite dalla lotta
della Resistenza a cui avevano coraggiosamente partecipato, non fecero alcuna battaglia per la possibilità di accesso femminile alla carriera militare.
Ma, in conclusione, mi dico (e lo
spero, anche se non è questo che sembra risultare dalle interviste che ho
ascoltato in televisione) che, forse, il
centro della questione non sta, per
queste giovani donne, né in una ricerca di libertà femminile né in una battaglia «democratica» per l’allargamento dei diritti, ma nell’individuazione di
opportunità nuove in campo lavorativo. Mi chiedo tuttavia: per combattere
il dramma della disoccupazione va bene tutto, qualsiasi cosa, anche una
strada senza senso?
Francesca Spano
2
PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 14 GENNAIO 200n
\/ENEF
«^Cantate al
Signore un
cantico nuovo,
perché egli ha
operato prodigi;
la sua destra e il
suo braccio santo
Vhanno reso
vittorioso.
HI Signore ha
fàtto conoscere la
sua salvezza, ha
manifestato la
sua giustizia
davanti alle
nazioni.
^Si è ricordato
della sua bontà e
della sua fedeltà
verso la casa
d'Israele; tutte le
estremità della
terra hanno visto
la salvezza del
nostro Dio.
* Acclamate il
Signore, abitanti
di tutta la terra,
date in canti di
gioia e di lode,
^salmeggiate al
Signore con la
cetra, e la voce
del canto. Xon
trombe e al suono
del corno
acclamate il re, il
Signore.
^Risuoni il mare e
quanto contiene,
il mondo e i suoi
abitanti. Hfiumi
battano le mani,
esultino insieme i
monti davanti al
Signore. Poiché
egli viene a
governare la
terra; ^egli
governerà il
mondo con
giustizia, e i
popoli con
rettitudine»
CANTARE UN CANTICO NUOVO
Per questo occorre un continuo rinnovamento del nostro vivere. Quello che ci
impedisce di cantare al Signore un «cantico nuovo» è proprio l'assenza di amore
GIOVANNI ANZIANI
UN canto antico. Un invito a
dei credenti perché imparino a cantare una canzone nuova. Non si ha molto tempo. Non
è possibile frequentare una
scuola specializzata. Vi sono
solo questi pochi momenti di
ascolto della parola di Dio e
nulla di altro se non la domenica, il tempo della gioia e della
festa perché il Signore sia lodato, il suo nome santificato.
Imparare qualcosa di sconosciuto può risultare molto difficile soprattutto perché nell’invito scopriamo che il canto «antico», cioè il modo in cui abbiamo cantato la nostra vita di fede
e abbiamo raccontato le opere
di Dio, non è più sufficiente,
anzi è diventato un ostacolo.
Dobbiamo cantare «un cantico
nuovo», veramente nuovo, senza i condizionamenti del passato. Per tale motivo nella nostra
oggettiva difficoltà e debolezza,
proviamo ad ascoltare il canto
di lode a Dio di un credente antico: il Salmo 98.
Un annuncio
(Salmo 98)
IL Salmo pone al centro un
annuncio: «Dio viene a governare la terra». Nel nostro
mondo e nel creato vi è la irruzione di un nuovo ordine di governo. Proprio colui che fece
ogni cosa «buona» ponendo
l'uomo e la donna come dominatori del creato assume ora la
Celebrare la festa
Signore, ti lodiamo,
ti benediciamo,
esaltiamo la tua gloria.
Celebriamo gioiosi il giorno della festa,
dono che viene da te.
Ti ringraziamo per il cibo,
per il nostro benessere.
Grazie per le bevande,
simbolo e segno della festa.
Grazie per l’amore e l’amicizia,
per tutti quelli che possiamo amare.
Grazie per l’occasione che ci dai
di essere gioiosi e fare festa.
Grazie, Signore: sei presente
ci assisti e ci proteggi.
Ci rallegriamo per ogni successo
e siamo certi che, alla fine,
la nostra vita intera
risulterà fruttuosa,
quando, terminata ogni fatica,
celebreremo la tua festa eterna.
Jörg Zink
(tratto da Come pregare, Claudiana, p. 165)
guida di ogni aspetto del reale.
Proprio colui che è stato offeso,
disobbedito, scartato, dimenticato viene a governare. Solo il
Signore, da ora in poi, avrà la
responsabilità diretta e piena
sulla vita e sulla storia dell’umanità. Invece di essere un
«regnare» nei cieli lontano
dall’umanità, è un «regnare» vicino alla storia di uomini e
donne di questa terra. Per tutti
noi questo annuncio non è poi
tanto nuovo. È proprio perché il
Signore regna che noi tutti possiamo operare nella giustizia e
nella pace, possiamo vivere nell’amore, possiamo ricevere
conforto e speranza. Questo annuncio, dunque, non ci stupisce, ma viene a ricordarci il
luogo di partenza per imparare
a cantare le lodi a Dio. Volendo
imparare un «cantico nuovo»
dobbiamo riconoscere che Dio
viene ed è venuto in Gesù Cristo a governare il nostro mondo. Così il tutto inizia nel prendere posto, con la nostra vita di
fede, in una orchestra formata
da due tipi di «quartetti» musicali, un po’ particolari, e posti
sulla scena della nostra vita.
Il primo quartetto è formato
dagli strumenti tipici dell’epoca
usati nel culto e nelle celebrazioni religiose nel Tempio di
Gerusalemme. Sono degli strumenti a corda come l’arpa e il
salterio, e strumenti a fiato come la tromba e il corno d’ariete.
Le melodie usate da questi strumenti sono dolci e armoniose,
ma soprattutto sono melodie di
grande allegrezza perché vogliono dare proprio inizio al
tempo della comunione di Dio
con il suo popolo.
Il secondo quartetto è formato
da strumenti della natura per
dare ascolto alla voce di tutto il
creato. Ecco il mare con il suo
movimento impetuoso, continuo. Poi la terra con i suoi abitanti uniti neH’armonia della lode dopo aver posto fine alla lotta dura e crudele per la sopravvivenza. E ancora i fiumi che
paradossalmente sono pensati
come le mani delle acque per
fare il ritmo dell’orchestra. Infine le alte catene delle montagne, ricoperte di neve, esultano
di una gioia corale legando come in un abbraccio il cielo e la
terra. In questa strana orchestra,
senza un direttore e senza un
preciso spartito musicale, noi
siamo oggi invitati a diventare
coristi, a cantare per dare voce
e per dare nuova armonia alla
vita nella creazione. Lasciamo
il posto in platea e, salendo su
questo immaginario podio musicale, con i nostri limiti e le
nostre incapacità, diamo un
contributo perché la lode a Dio
possa risuonare impetuosa e
gioiosa in tutta la terra.
Un invito
Ma come è possibile imparare un «canto nuovo»?
Qualcosa deve accadere in noi
perché questo invito non resti
solo una immagine poetica, ma
venga accolto al di là della fantasia religiosa. E poi, ci chiediamo, per quale motivo dovremmo quest’oggi smettere di avere
una esistenza un po’ preoccupata e un po’ spenta, un po’ superficiale e un po’ rassegnata,
per metterci a cantare in mezzo
alla fantasia dell’orchestra del
Salmo 98? Quale forza ci costringe dato che l’entusiasmo e
il desiderio di fare cose nuove è
da tempo spento in noi?
lo credo che non abbiamo
concretamente motivi seri per
cantare un «cantico nuovo».
Eventi di grande negatività
sembrano prendere, oggi, il sopravvento nella vita. Più volte
dobbiamo registrare fatti che
provocano dolore perché sono
segnati dal colore rosso del sangue per gli ammazzamenti continui nelle vie delle nostre città
e nelle strade di tante nazioni.
Personalmente vorrei mettere in
risalto due negatività legate agli
eventi nazionali e internazionali dei nostri giorni.
In primo luogo la giustizia. A
me pare che oggi la giustizia sia
come gettata in bocca a dei leoni e sia preda del potere dei potenti. Invece di essere luce di
verità e sostegno della pace, essa stessa sembra fonte di conflitti e di lotte nel nostro paese.
Così le sentenze dei giudici diventano strumenti per la piazza
e solo quest’ultima è rivestita di
autorità superiore a tutte le istituzioni democratiche del nostro
paese. Il sereno luogo del dibattimento giudiziario è oggi pieno
di nuvole tempestose.
In secondo luogo la pace. Anche qui, a me pare che la pace
sia macchiata di sangue innocente in molti paesi. E per aggravare una situazione così tragica, vi è il dato che ci informa
come oltre 30 conflitti armati
hanno origine da fattori religiosi. Invece di essere baciata dalla
giustizia (come canta il Salmo
85), la pace è morsa dal veleno
di una serpe mortale per distruggere e uccidere. Così l’ope
ra dei costruttori della pace,
pur nei limiti delle umane diplomazie, viene vanificata per
esaltare solo l’odio. Come possiamo entrare da protagonisti
nell’orchestra divina se la nostra esistenza è soffocata dall’odio? Veramente occorre qualcosa di altro per «cantare» oggi!
Non è sufficiente né dimenticare né usare la fantasia religiosa.
Occorre altro!
La forra dell'amore
SE per cantare è sufficiente
una voce intonata, per questo nuovo canto occorre un continuo rinnovamento del nostro
vivere: occorre soprattutto amore! Amore per il nostro mondo
e per la società nella quale viviamo. Quello dhe ci impedisce
di cantare a Dio un «cantico
nuovo» è proprio l’assenza di
amore e la presenza di tante
manifestazioni, molto umane,
di rabbia e di vanità rese concrete dalla prepotenza.
L’amore «non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità», affermerà l’apostolo Paolo
nell’inno all’amore. Gioire vuol
dire amare; amare questo nostro
paese a volte sconvolto da eventi più grandi di noi e da tanta indifferenza per il bene comune; amare questo nostro
mondo come creazione di Dio e
come oggetto di grande amore
da parte di Gesù che proprio
per questo mondo ha dato la
propria vita. Il nuovo canto è
così imparato quando in noi
prevale l’amore che guida all’incontro con gli altri e con Dio
per gioire e per vivere nel concerto di suoni e di canti della
natura rinnovata.
Consideriamo l’amore come
unico debito nelle relazioni
umane e come forza nei conflitti tra i popoli; l’amore come
programma di governo per raccogliere insieme colui che odia
e colui che è odiato, l’oppressore e l’oppresso, per imparare insieme, nella comune sofferenza,
a riconoscersi fratelli in Cristo;
1 amore come luogo di incontro,
perché sia scuola di vita, che ci
permette di costruire con umiltà e fede la speranza per il
futuro della creazione. Con questa semplice parola noi possiamo, nella immagine del Salmo
antico, entrare nell’orchestra di
Dio per unire le nostre voci in
una lode gioiosa e duratura fondata nell’amore degli uni verso
gli altri.
(Seconda di una serie
di quattro meditazioni)
Note
omiletiche
Il Salmo 98 fa parte di
quel gruppo di inni nei quali
Dio è esaltato come il re
messianico. Da tempo gli
studiosi hanno voluto impostare un'interpretazione cultuale dei salmi di questo
gruppo e in particolare del
nostro inno- Si è voluto così
ricostruire un parallelo israelitico alla festa di intronizzazione di Marduk, divinità
babilonese- In Israele il più
grande giorno di festa, festa
dell'intronizzazione di Dio,
sarà proprio il primo giorno
dell'anno, quando il popolo
entra nel Tempio di Gerusalemme per celebrare il proprio Signore. Certo questa
interpretazione cultuale ha
avuto nel tempo alcune giuste correzioni, ma il nostro
Salmo pare debba essere letto proprio come un inno di
lode a Dio quale nuovo re.
Il primo movimento importante del Salmo è l'invito
rivolto al popolo dei credenti perché impari a cantare in
modo nuovo abbandonando
il tempo della lamentazione:
per celebrare il Signore, il
quale manifesta salvezza e
giustizia in tutta l'umanità,
è necessario unire le proprie
voci a una serie di altri soggetti utili a costituire questo
canto di lode.
Il secondo movimento del
Salmo può essere individuato in due quartetti celebranti Dio come re- Il primo è
costituito dagli strumenti tipici dell'epoca, quelli normalmente usati nel culto e
nelle celebrazioni religiose
nel Tempio di Gerusalemme:
sono degli strumenti a corda, poi quelli a fiato come le
trombe e il corno. Il secondo
quartetto è formato da strumenti della natura per dare
voce a tutto il creato e per
coinvolgere, nella lode a
Dio, tutta la natura inanimata. Si ritrovano il mare, con
il suo movimento impetuoso,
e la terra, con i suoi abitanti
uniti nell'armonia della lode.
Mare e terra non sono più in
conflitto per garantirsi uno
spazio vitale nel creato, ma
sono uniti proprio nella celebrazione del creatore. Poi i
fiumi che, paradossalmente,
sono presentati come le mani delle acque per dare il ritmo all'orchestra di questa
lode fantasiosa. Il loro «battere» chiama in gioco anche
i monti immaginati come essere in movimento nel canto
nuovo a Dio.
Il terzo movimento costituisce una esortazione per i
credenti di ogni tempo. Se
tutta la creazione è mobilitata in questo culto, il popolo credente può imparare un
canto nuovo. Forse mancano
motivi umani per il «cantico» dato che la nostra esperienza è costituita dalla
mancanza di giustizia e
dall'assenza di vera pace tra
i popoli. Ma il «canto» resta
legato a Dio e alle sue opere
meravigliose, e non è conseguenza umana degli avvenimenti del nostro mondo.
Il nuovo canto può essere
così imparato quando in noi
prevale, sopra tante altre
questioni, l'amore che guida
all'incontro con gli altri e
con Dio. L'amore è forza per
gioire e per vivere all'interno
del concerto di suoni e di
canti della natura rinnovata
dal Signore che compie, oggi, prodigi.
Per
approfondire
- R. Rendtorff, Introduzione all'Antico Testamento,
Claudiana.
- G. Ravasi, Il libro dei
Salmi (voi. 2) Edb.
- R. E. Murphy, Giobbe,
Salmi, Queriniana.
- H. J. Kraus, Teologia dei
Salmi, Paideia.
- G. Rinaldi, I Canti di
Adonaj, Paideia.
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Às Nella lingua kanak del grande Oceano, significa terra, ma anche mare o persona
«Rawa» è ciò che rappresenta la vita
/Ve/ rapporto con ¡'Evangelo, il popolo della Nuova Caledonia ha trovato la forza della lotta
per l'indipendenza e per la promozione dell'essere umano in rapporto con l'ambiente
FRANCO TAGLIERÒ
ELLA lingua kanak di Ma|ré il concetto si esprime
Jon il termine «rawa», in altre
isole del grande Oceano con il
termine «fenua». È la terra, o
iaeglio tutto ciò che rappresenta la vita. Rawa è anche la persona. è anche il mare, sono i
pesci e gli alberi, quelli da frutto e gli altri. Rawa è anche la
piroga che mette in comunicazione le persone fino alle isole
più lontane.
Intorno a questo concetto,
durante il Consiglio della Cevaa tenutosi nell’isola di Maré
in Nuova Celedonia, si è svolta
una serie di studi biblici guidati dai teologi e dai pastori
kanak: studi biblici particolari
nei quali soprattutto la cultura
di quel popolo è stata messa in
primo piano, tanto che alcuni
partecipanti di cultura europea
e africana, pur avvezzi all’aspetto della interculturalità,
si sono sentiti a disagio di
fronte al fortissimo taglio culturale dato alla riflessione. Il
testo biblico proposto, non a
caso, era quello della vigna di
Naboth (I Re 21). Ma il tuffo
nella cultura locale, contrappuntato dagli interventi del
Gran Capo della tribù, ha favorito l’approccio e la conoscenza di un popolo che nel rapporto Evangelo-cultura ha trovato la forza della lotta per
l’indipendenza e per la promozione dell’essere umano considerata a partire dal suo particolare rapporto con la natura,
complesso ma indubbiamente
datore di vita.
È certo che il rapporto con la
terra prende significati diversi
secondo le nostre differenti origini socio-culturali. Terra può
significare per i popoli europei
vigneti o grano, pane o castagne, 0 per quelli africani cotone e ortaggi. In realtà nella cultura occidentale il concetto di
terra che nutre, terra che dà di
che vivere, è quasi del tutto
scomparso, sostituito da quello
del denaro, che ti permette di
andare a comprare i cibi al su
permercato. I simboli legati alla terra stanno lasciando il passo ad altri, probabilmente più
profani e più poveri e il «profumo» della terra da lavorare
con sudore e fatica sta scomparendo pian piano. La terra dono di Dio ai suoi figli perché la
custodiscano e la facciano fruttare è stata sostituita nelle culture occidentali dalla terra da
comprare, magari con i soldi
della liquidazione, per costruirci la casetta o per essere
sfruttata e sconvolta.
In Occidente, insomma, la
terra è qualcosa che appartiene
all’individuo. Nella cultura
dell’Oceania succede l’inverso:
la gente kanak appartiene alla
terra e tutta la sua vita viene
organizzata intorno a questo
concetto. Infatti ogni rapporto
con la terra coinvolge l’essere,
la persona. «La terra si offre come possibilità per l’uomo di
realizzare il proprio destino»
dice il Gran Capo di Mare, Nidoish Hnaiseline, laureato in
sociologia alla Sorbona e ora
impegnato politicamente nel
suo paese per la salvaguardia
della cultura kanak e per l’indipendenza del paese. Egli è
evangelico: è stato il suo bisnonno che a metà del secolo
scorso ha accolto i missionari
sull’isola e ha permesso loro
non solo la libera circolazione
in vista dell’evangelizzazione,
ma anche la costruzione dei
templi, ahimè, di stile occidentale, sul territorio delle tribù.
Ciò che conta per la società kanak è la ricerca dell’armonia
del gruppo e la complementarità tra le persone. Nella tribù
ognuno ha la sua funzione e il
suo incarico, dal capo-clan al
maestro della terra, dalla donna responsabile della conduzione della casa, al portavoce
del Grande Capo. E quest’ultimo è garante a sua volta dell’unità della tribù e del diritto
tribale: in quest’ottica è difficile immaginare la terra come oggetto di appropriazione individuale.
La terra non appartiene all’uomo, non può essere l’ogget
I- Una liturgia kanak
Una cena del Signore con
rappresentazione scenica
Al termine del Consiglio
della Cevaa in Nuova Caledonia è stato celebrato un culto
nel quale i pastori e i diaconi
kanak hanno guidato Lassemblea in una liturgia della cena
del Si gnore )ùenamente inserita nel contesto della loro cultura. L'introduzione, letta da
un pastore con voce «recitante», è stata anche resa viva da
una rappresentazione scenica,
che ha avuto come protagonista il pastore Jean Weté, non
certamente scelto in quanto
presidente della Chiesa evangelica della Nuova Caledonia e
delle Isole della Lealtà, ma in
quanto dotato di capacità mimiche straordinarie.
Al momento della distribuzione deirigname (in francese
sostantivo femminile che dà il
nome ad un t\ibero molto diffuso; nelle isole esso sostituisce il pane ed è portatore di
Una forte simbologia legata alla fertilità della terra) e del
succo di cocco verde, i diaconi
si sono avvicinati alla palma
piantata nel prato antistante il
lompio della tribù di Necé. ai
piedi della quale erano stati
deposti i vassoi e le noci di
cocco. ,Se rigname era già stalo tagliato a jiezzettini. ogni
diacono, con il suo lungo collello, ha però tagliato la noce
Sul momento. E quando tutto è
stato pronto, i fedeli si sono
incamminati per andare a riceJ^ere gli elementi, uno dietro
l’altro in diverse file, cantando
¡W inno. Un diacono porgeva
il piatto con i pezzettini di
Igname, un altro porgeva la
noce di cocco. Riportiamo di
seguito la parte relativa all’
«Istituzione» della Cena del
Signore, (ft)
«Se questo cocco caduto in
terra non muore, rimane solo.
Ma se muore, da esso prende
forma una nuova vita. Esso diventa una palma e porta molti
frutti. Così è per questo Igname: bisogna che io lo tagli, lo
pianti nella terra perché produca in abbondanza nuovi tuberi.
Sì, Signore, la tua morte e la
tua resurrezione danno una vita nuova a tutta l’umanità. È
per questo che dicevi ai tuoi
discepoli: “Ecco, questo è il
mio corpo, prendete e mangiate!’’. L’Igname che noi offriamo oggi è Tignarne della nostra vita. L’igname del nostro
amore. Tignarne della nostra
terra, della gioia come del dolore. Il nostro obiettivo è di fare un mondo migliore.
Prendendo poi la coppa. Signore, tu dicevi ai tuoi discepoli e a tutti noi oggi; Ecco,
questo è il mio sangue: prendete e bevete”. Il succo del
cocco che noi offriamo oggi è
il succo delTamicizia e della
fraternità. Quello della passione e della resurrezione. Il nostro obiettivo è di fare un
mondo migliore.
Offrendo questo succo di
fiocco e questo Igname noi
pensiamo alla fame di tante
persone. Insegnaci, Signore, a
condividere Tignarne perché
noi tutti viviamo gioiosi piantando il tuo amore».
to di proprietà nel senso occidentale del termine, dunque su
di essa si esercitano soltanto i
diritti di occupazione, di sfruttainento o di passaggio.
E per questo che quando si
arriva nell’isola da stranieri, o
anche quando semplicemente
dal territorio di una tribù ci si
reca a far visita a un parente in
un’altra tribù, si chiede, con un
gesto di umiliazione e con un
dono, peraltro ricambiato, il
permesso di entrare nelle case
e di passare sui campi di Igname. E quando l’accoglienza è
stata espressa ognuno è effettivamente integrato, anche soltanto per un giorno, nella tribù.
Ciò che appartiene alla tribù è
di tutti e di ognuno: quando,
passando accanto ad un albero
di papaya, si coglierà un frutto
per nutrirsi, nessuno troverà
nulla da ridire, poiché quel diritto è stato acquisito con il gesto iniziale dettato dall’abitudine culturale.
Il suolo appartiene a coloro
che si sono amalgamati con esso: gli antenati e gli esseri mitici sono i veri proprietari. I loro
discendenti, gli uomini, non ne
sono che i custodi, possono cedere l’usufrutto parziale o intero della terra ad altri, ma non
la possono alienare. In questo
aspetto si trovano elementi caratteristici delle testimonianze
intorno all’antico popolo di
Israele.
Il Gran Capo sostiene, a ragione, che su questa questione
lo scontro culturale con le altre
popolazioni che hanno occupato le isole, e che vi abitano per
i loro commerci e le loro attività imprenditoriali e minerarie (caldoches, discendenti dei
galeotti dei bagni penali, e
francesi, ma anche cinesi, vietnamiti, i nuovi immigrati), è feroce ed è la causa della incomprensione di fondo emersa nel
corso di questi anni di trattativa con il governo francese, in
visto dell’indipendenza politica ed economica della Nuova
Celedonia. Il diritto consuetudinario kanak rischia di dover
cedere il passo a quello della
proprietà e della globalizzazione, a meno che proprio a partire da esso il popolo kanak non
riesca a trasformarlo in un fattore di progresso.
«L’uomo — dice Hnaiseline è la sola creatura che sa dar vita a una cultura, cioè a dare un
senso alle sue relazioni con
l’ambiente geografico e umano. L’uomo dell’Oceano, in
uno spazio disseminato di isole, ha saputo creare un ordine
culturale che gli permette di
vivere in armonia con il suo
ambiente naturale. Ha saputo
far nascere un universo ricco
di senso e di simboli. La ricerca dell’armonia tra gli uomini
e la creazione non è una attitudine antimoderna, ma è una
missione che le società isolane
si sono assegnate. Così facendo esse mirano a rinnovarsi
continuamente, a mantenersi
attuali, proprio come TEvange
10 che è sempre nuovo e deve
essere vissuto eternamente nel
presente».
A Numea, la capitale sulla
Grande Terra, il Centro culturale Tjibaou (dal nome di un
martire della lotta per l’indipendenza kanak) è custode, da
circa un anno, della cultura
aborigena. Progettato dall’architetto italiano Lorenzo Piano
e inaugurato da Chirac nel
1998 per sottolineare, con un
po’ di ipocrisia, l’interesse del
governo francese per la cultura
kanak, è per ora laboratorio di
ricerca sui costumi tribali ma
con la sua biblioteca e le sue
esposizioni permanenti rischia
di diventare il museo di una
cultura che lentamente si dissolve. I partiti indipendentisti
kanak (Flnks in particolare)
hanno davanti a sé un grande
lavoro in profondità e in questo sono aiutati ancora dalla
Chiesa evangelica, che non ha
mai nascosto la sua linea indipendentista, ma che si trova
oggi confrontata con le nuove
generazioni in crescente difficoltà nello sforzo di coniugare
11 messaggio evangelico della
liberazione con la consuetudine culturale (la coutume).
La Nuova Caledonia
Una terra scoperta
dall'esploratore Cook
La Nuova Caledonia fu scoperta alla fine del ’700 da
Cook, che la battezzò così per
ricordare la natia Scozia. Il termine «Canaque», di matrice
hawaiana e significante «uomo», è stato introdotto nell’uso dai colonizzatori. La sua
origine risale ai primi navigatori europei che giungevano su
quei lidi alla ricerca di spezie
e di mano d’opera. Fino agli
Anni 70 il termine «Canaque»
era considerato dispregiativo e
gli europei presenti sul territorio preferivano definire i melanesiani come indigeni o autoctoni. In seguito le nuove generazioni politicizzate di melanesiani hanno adottato questo
appellativo ingiurioso per farne il simbolo dell’umiliazione
coloniale subita e della nascente lotta per Tindipendenza. Nel XIX secolo l’ortografia
più comune è di ispirazione
anglosassone: Kanak. In seguito la tradizione letteraria francese parla di «Néo-Calédoniens» e in seguito di «Canaques». Appropriandosi del termine i melanesiani tornano
all’ortografia originaria: «Kanak» dove la lettera «k» assume una forte connotazione indipendentista. La Nouvelle
Calédonie diventa allora «Kanaky». Se i melanesiani si definiscono «kanak», i bianchi
presenti sull’isola ormai da generazioni, arrivati generalmente come «bagnards» o avventurieri e che col passare del tempo hanno avuto fortuna, vengono chiamati «caldoches», termine considerato dispregiativo
da alcuni, mentre per altri rivendica comunque una identità. In italiano il termine «kanak» risulta intraducibile, (mf)
Preghiera in forma di poesia
Chi ce ne darà?
Signore,
Guarda le nostre tribù.
Guarda i nostri villaggi.
Signore,
Abbiamo fame.
Abbiamo sete.
Non una fame di Igname
Di patate
Di riso o di pane...
Non una sete
Di acqua
Di caffè
Di tè o di alcol...
No, abbiamo fame e sete
Di ragioni per vivere,
Abbiamo fame e sete
Di vita profonda e autentica.
Abbiamo fame e sete
Di giustizia e di pace;
Abbiamo fame e sete
Della Parola di Dio,
La Parola che salva,
Che libera.
Che vivifica...
Chi ce ne darà?
Chi ci dirà le parole di vita?
Chi ci mostrerà la via della Salvezza?
Vi sono ancora profeti?
Vi sono ancora messaggeri?
Dove sono i profeti?
Dove sono i messaggeri?
Se ne sono andati tutti
Ognuno pensa per sé.
Sono diventati ambasciatori.
Rappresentanti
Impiegati statali.
Mercenari...
Mentre noi.
Siamo rimasti qui
Come pecore senza pastore.
Signore,
Abbiamo bisogno di testimoni sinceri
Perché ci raccontino la loro fede
Perché ci parlino di te.
Abbiamo bisogno della tua chiesa
Perché ci mostri il tuo amore.
Signore,
Vogliamo vedere e toccare il tuo amore...
Dove sono i profeti?
Dove sono i messaggeri?
Signore,
Sento la voce che chiama.
«Chi manderò?»
Ti rispondo adesso:
«Signore, eccomi, manda me».
Wanir Welepane, Aux vents des Iles. Nouméa, Agence de Développement de la Culture Kanak, 1993. (Note e traduzione di
Micaela Fenoglio, ricercatrice in letteratura kanak).
Nuova Caledonia: Wanir Welepane
Un pastore e poeta kanak
La preparazione di un piatto tradizionaie
Wanir Welepane è pastore
della chiesa evangelica della
Nuova Caledonia e delle Isole
della Lealtà. Originario dell’
isola di Tiga ha iniziato il suo
ministero pastorale circa
trent’anni fa occupandosi dei
gruppi giovanili della chiesa,
attraverso i quali ha preso coscienza dei gravi problemi che
affliggono la gioventù kanak:
choc culturale e generazionale, alcol, droga e in questi ultimi anni il flagello dell’Aids.
Dal 1985 al 1990 è pastore
presso il Vieux Tempie a Numea, nel 1991 viene eletto
presidente della Chiesa evangelica, incarico che mantiene
fino al 1997.
Attualmente è pastore in
una piccola comunità della co
sta orientale della Grande Terre. Wanir Welepane sceglie la
poesia per tradurre i sentimenti e le speranze nate dai suoi
incontri con i giovani, dalle
sue esperienze come pastore,
dall’impegno quotidiano di vita e di lotta sorretto dalla fede
in Dio. In una società quale
quella kanak, non avvezza alla
scrittura e alla lettura, Welepane si appropria della parola
scritta per rendere lode al Signore in un inno alla vita e alla speranza, invitando alla riflessione e all’impegno. «Aux
vents des Iles», pubblicato nel
1993, raccoglie testi in lingua
francese, ma tradotti in quattordici lingue neocaledoniane,
scritti lungo il corso del suo
ministero pastorale.
4
PAG. 4 RIFORMA
CUMENE
VENERDÌ 14 GENNAIO 2000
VENE
vsy^^h..-' Si è svolta a Sazava, vicino a Praga, la Conferenza europea dei cappellani carcerari
Il ministero della cappellania carceraria
Confronto serrato tra paesi dell'Est e dell'Ovest La posizione diffidente della Chiesa ortodossa
russa. Ribadita l'importanza di mantenere i collegamenti e di intensificare i gemellaggi
SERGIO MANNA
Germania, olanda, Francia, Italia, Grecia, Inghilterra, Danimarca, Svezia, Norvegia, Russia, Lettonia, Polonia, Bulgaria, Repubblica ceca:
queste le nazioni rappresentate
dai cappellani carcerari luterani, riformati, battisti, anglicani,
ortodossi e cattolici che si sono
dati appuntamento nel novembre scorso a Sazava, presso Praga, per la Conferenza europea
dell’Ipca (Associazione internazionale dei cappellani carcerari). Le giornate dal 19 al 21
sono state dedicate alla Conferenza vera e propria il cui scopo era quello di fare il punto
sulla situazione della cappellania carceraria in Europa e di
discutere sui modi in cui l’Ipca-Europe possa assistere il ministero dei cappellani, in particolare nei paesi più svantaggiati. Nel corso della prima giornata sono state ripercorse alcune tappe del lavoro dell’Ipca.
In primo luogo la Conferenza
dei paesi nordici, tenutasi a
Helsinki e Tallio nel 1988 e
che ha portato come frutto alcuni gemellaggi tra paesi ricchi
e paesi poveri (come Norvegia
e Lettonia). Successivamente la
Conferenza dei paesi dell'Europa orientale, tenutasi in Polonia nel 1998, un’occasione nella quale la cappellania evangelica e quella ortodossa sono
uscite dalTanonimato, perché
finalmente la stampa nazionale
polacca si è accorta dell’esistenza di una cappellania carceraria non cattolica. E infine
la Conferenza dei paesi dell’Europa meridionale, svoltasi
a Siena nel 1999, una buona
occasione, tra le altre, per dar
voce ai problemi incontrati dalle chiese minoritarie nello
svolgimento del loro ministero
di cappellania carceraria.
Nelle giornate successive vi
sono invece state le relazioni
dei partecipanti sulla situazio
II castello di Praga
ne della cappellania carceraria
nei rispettivi paesi. Sono anche emersi i dissensi su alcune questioni di una certa importanza. In particolare è apparso chiaro che la componente ortodossa (soprattutto orientale) temesse l’attività dei cappellani di altre confessioni
nelle prigioni dei propri paesi.
Il rappresentante russo riconosceva ai cappellani evangelici
e cattolici il diritto di visitare
gli appartenenti alle proprie
confessioni (sempre previo
consenso della Chiesa ortodossa), ma rifiutava l’idea che egli
visitasse gli ortodossi, anche
se questi ne avessero fatto richiesta. Da parte nostra abbiamo insistito (pur comprendendo le preoccupazioni ortodosse dovute, in parte, allo spirito
proselitistico aggressivo di alcune chiese e sette) sul fatto
che a un detenuto, già sottoposto a una moltitudine di limitazioni, non si dovesse togliere
anche il diritto alla libertà religiosa, diritto che includeva
anche la possibilità di ricevere. su propria richiesta, la visita di altri ministri di culto.
In generale è risultato chiaro
che le prigioni sono un po’
uno specchio dei paesi che le
ospitano, per cui nei paesi in
cui la situazione economica è
disastrosa lo sono anche le
condizioni dei detenuti e spesso anche quelle del personale'
carcerario. Ciononostante è risultato che anche in paesi ricchi e all’avanguardia in molti
settori (Norvegia e Danimarca)
il trattamento carcerario può
talvolta divenire disumano
(come il regime di isolamento
estremamente lungo che ha
portato in molti casi alla pazzia e al suicidio). Interessante
la situazione di paesi come la
Lettonia, dove i cappellani
delle tre maggiori confessioni
(luterana, cattolica e ortodossa) esercitano una buona collaborazione anche con i cappellani delle denominazioni minoritarie (battisti, pentecostali,
ebrei, ecc.) e con questi si danno da fare anche per fornire
istruzione scolastica oltre che
religiosa ai detenuti. In alcune
delle prigioni di questo paese
le chiese hanno ristrutturato, a
spese proprie, alcune sezioni
carcerarie fatiscenti per trasformarle in «Christian dormitories», cioè aree riservate ai
detenuti che intendessero iniziare programmi di vita comunitaria fondati sullo studio e
sulla pratica della fede cristiana, con tanto di corsi di formazione quotidiani.
Riguardo alla situazione italiana (oltre a ribadire il fatto
che ai pastori evangelici non è
riconosciuto lo status di cappellani) abbiamo riferito sui
problemi primari, alcuni dei
quali ci è stato dato di verificare di persona: sovraffollamento (50.000 detenuti in prigioni che ne potrebbero contenere al massimo 32.000), lentezza dei procedimenti (per
cui capita che qualcuno finisca in galera dopo molti anni
dai fatti imputatigli, nonostante nel frattempo abbia magari
cambiato vita, si sia fatto una
famiglia e abbia trovato un lavoro onesto), discriminazione
e schiavitù di alcuni detenuti
africani (messi di proposito in
cella con boss mafiosi per servirli giorno e notte, dal momento che questi ultimi sono
riusciti a farsi riconoscere ammalati e sono ricoverati nei reparti ospedalieri).
E stata ribadita l’importanza
di mantenere i collegamenti e
intensificare i gemellaggi fra
cappellani di vari paesi, con
possibilità di scambi e corsi di
formazione in paesi diversi dal
proprio. Si è anche parlato
dell’importanza dell’wafter care», cioè di programmi che mirino all’accoglienza e al reinserimento di coloro che uscendo
di prigione desiderino ricominciare una nuova vita. In alcuni paesi sono già presenti
case di accoglienza che offrono
ospitalità per i primi mesi dopo l’uscita dal carcere a coloro
che non sanno dove andare.
La prossima Conferenza
mondiale avrà luogo in Sud
Africa dal 25 al 30 agosto del
2000, mentre quella europea si
svolgerà nel 2001 in Olanda.
Chi volesse avere maggiori
informazioni può consultare
l’home page dell’Ipca mondiale: http://www.ipca.net.
DAL MONDO CRISTIANO
Consiglio delle chiese dei Sud-Est asiatico
Grande preoccupazione per
la corsa al riarmo di Pakistan e India
BANGLADESH — Quinto incontro del Consiglio delle chiese del Sud-Est asiatico (Seacc), che riunisce i Consigli nazionali delle chiese del Bangladesh, India, Nepal, Pakistan e Sri
Lanka. Riaffermando il proprio impegno prioritario per la pace
e la riconciliazione nella regione, il Seacc ha espresso grande
preoccupazione per la corsa al riarmo di Pakistan e India e per
la crescente «attività missionaria selvaggia» di chiese e gruppi
religiosi occidentali «che intervengono nella regione senza cercare contatti con le chiese e le organizzazioni ecumeniche che
da anni sono presenti nel Sud-Est asiatico». (nev/saac]
, Alleanza evangelica mondiale
Nel 1999 uccisi 164.000 cristiani
ROMA — Secondo dati forniti dall’Alleanza evangelica mondiale (Aem), circa 300.000 comunità protestanti di tutto il mondo si sono riunite in preghiera per ricordare tutti i credenti perseguitati per motivi di fede. Sempre secondo i dati dell’Aem,
nel 1999 sono stati uccisi per motivi religiosi 164.000 cristiani,
3.000 in più rispetto all’anno precedente. (nevj
i Alleanza battista mondiale
Il nuovo presidente dei battisti
è un pastore coreano
■Comitato mondiale della Chiesa awentista
Gli avventisti e Tomosessualità
Ì-. ' Un progetto della Cevaa nella provincia ovest dello Zambia
Vivere l'Evangelo degli atti concreti
ANANI KUADIOVI-AYEDEWOU* » „n„ r.,,.,«,,,.,.:.
MELBOURNE — L’8 gennaio il XVIII Congresso mondiale
dei battisti, riunito a Melbourne (Australia), ha eletto il pastore
coreano Billy Jang Hwan Kim alla presidenza dell’Alleanza
battista mondiale. Il nuovo presidente rimarrà in carica per
cinque anni, fino al Congresso del 2005 che celebrerà il centesimo anniversario dell’organizzazione. La sua chiesa, la Convenzione battista della Corea, è un’organizzazione relativamente piccola in Corea del Sud, con circa 600.000 membri su una
popolazione totale di 42 milioni di abitanti. Le principali chiese protestanti della Corea del Sud sono le chiese presbiteriane
e metodiste. L’elezione del pastore Kim era stata raccomandata
nel luglio scorso dall’istanza dirigente dell’Alleanza. Intervistato il 6 gennaio, il pastore Kim ha sottolineato che intende promuovere l’unità dei battisti nel mondo, in particolare il loro
ruolo nella soluzione dei conflitti etnici e religiosi. (enij
SILVER SPRING (USA) — Sulle relazioni sessuali la Bibbia
parla chiaro, così come è ben definito il compito dei cristiani
che vogliono seguire l’esempio di Gesù Cristo. E la posizione
emersa in un incontro del Comitato esecutivo mondiale della
Chiesa awentista sul tema dell’omosessualità. «Gli atti sessuali
al di fuori del matrimonio eterosessuale sono proibiti - è scritto
in un comunicato - ma nello sforzo di seguire l’esempio di Gesù
non possiamo eludere il fatto che la nostra responsabilità pastorale deve essere rivolta a tutti, nessuno escluso». (nev/apd)
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COME vivere più concretamente l’Evangelo e il suo
messaggio d’amore? È una domanda ricorrente che sia le
Società missionarie sia le chiese si sono sempre posta. Per
quanto antica possa apparire
essa non è priva di attualità.
Tutti i cristiani concordano
sul fatto che. senza una testimonianza concreta, è difficile
rendere conto della propria fede e del proprio impegno in
modo visibile.
Mettere in pratica la parola
di Dio, amarla amando gli uomini e le donne cbe si incontrano ogni giorno, dare da
mangiare e da bere a coloro
che hanno fame e sete, offrire
ai fratelli e alle sorelle che ne
hanno bisogno gli strumenti
fondamentali per vivere una
vita decente: questa è la parola
che Dio destina all’essere
umano per salvarlo. Essa si
realizza negli atti che il Cristo
stesso ha compiuto, lui che è
esempio perfetto dell'amore e
del dono di sé: infatti a partire
da Cristo diventa imperativo
rendere testimonianza della
grazia di Dio che ci permette
di partecipare alla sua opera.
Nel suo impegno comunitario al servizio del l’Evangelo, la
Cevaa ha iniziato, fin dagli
Anni 60, delle azioni chiamate
«Azioni apostoliche comuni»
(Aac), per il fatto che sono
portate avanti da gruppi di
persone di diverse razze e di
Navigazione sul nuovo canale del Nyengo
diverse confessioni cristiane e
sostenute da ogni chiesa membro. Fino a oggi sono state realizzate 8 Aac. tra cui quella
che ha dato vita alla Comunità
francofona di Roma. Esse, pur
utilizzando mezzi diversi,
hanno un obiettivo comune:
quello di offrire agli esseri
umani gli strumenti per conoscere Cristo, perché crescano
degnamente e si aprano alla
speranza. Le due azioni attualmente in corso si sviluppano
la prima presso gli indiani tobas nel Chaco argentino, la seconda nel Nyengo, provincia
dell’ovest dello Zambia.
Se l’educazione e la formazione basate sulla riflessione e
sull’animazione teologica sono
centrali per il progetto tra i tobas. l’Aac Nyengo è invece legata allo sviluppo locale e al
miglioramento delle condizioni di vita. Infatti il progetto di
scavo di un canale lungo 115
chilometri, già preesistente ma
da moltissimi anni insabbiato,
fu lanciato nel 1992: la rimessa in funzione di questo canale, unico mezzo di comunicazione tra la frontiera con TAngola e Kalabo. capoluogo del
distretto, permette alle popolazioni di ben 220 villaggi di
spostarsi più facilmente (quattro giorni invece di tre settimane per coprire 115 chilometri). Ne è derivato un accrescimento deU'attivifà commerciale e una migliore circolazione
dei prodotti agricoli, che in
precedenza spesso marcivano
prima di essere venduti nei
mercati della regione.
Man mano che i lavori sono
progrediti e soprattutto dopo
l’inaugurazione del canale, avvenuta nel 1996, l’evangelizzazione della regione ha preso
nuova lena. Tuttavia passando
La clinica la cui attrezzatura è stata finanziata con i proventi dell’otto per mille alla Chiesa valdese
da uno all’altro di quei villaggi
l’équipe Cevaa ha preso dolorosamente atto del fatto che il
paese è estremamente povero
e che la popolazione non ha
accesso alle cure mediche:
l’impegno della Comunità ha
dunque preso un nuovo indirizzo c la dimensione sociale
del progetto si è ampliata e
rinforzata.
Il progetto ha così inglobato
l’educazione sanitaria, la costruzione di una clinica, lo
scavo di pozzi, la messa in
funzione di servizi igienici di
villaggio, l’aiuto ai gruppi di
donno, la sensibilizzazione e
la prevenzione circa le malattie trasmissibili sessualmente.
Come è stato possibile immaginare e realizzare tutto
questo? La Cevaa non avrebbe
potuto finanziare un progetto
di tale portala se non avesse
avuto fin dall’inizio altri partner come la missione tedesca,
il governo olandese, il governo
zambiano. Però oggi alcuni di
questi finanziatori del progetto
si sono ritirati, ma l’Aac continua a lavorare in accordo con
la Chiesa zambiana (Ucz,
Chiesa unita dello Zambia),
anche grazie alla Tavola valdese che, per mezzo dei fondi
provenienti dall’otto per mille,
ha finanziato una parte consistente delle iniziative in corso,
come l’attrezzatura della clinica. già operante da alcuni mesi. la costruzione dei pozzi per
l’acqua potabile e la mes.sa in
funzione dei servizi igienici
comunitari. Ma l’otto per mille
ha anche permesso l’acquisto
di un veicolo 4x4 per facilitare
gli spostamenti nei villaggi
lontani dal canale, l’impostazione del progetto di educazione sanitaria e l’assistenza ai
gruppi di donne con lo scopo
di aiutarle nella lotta quotidiana per la sopravvivenza loro e
dei loro figli.
Questo aiuto è tanto più pre
zioso in questo momento in
cui le finanze della Cevaa sono messe a dura prova a causa
della diminuzione costante
delle contribuzioni delle chiese. Malgrado queste difficoltà
è necessario continuare a sostenere questa azione, anche
se l’Aac sta arrivando alla scadenza del suo mandato e presto sarà la Chiesa unita dello
Zambia a portare direttamente la responsabilità dell'o|)era.
La gioia e il sorriso che rischiarano i visi degli uomini,
delle donne e dei bambini del
Nyengo sono la migliore ricompensa per lutti coloro che
continueranno a impegnarsi
per lo sviluppo sociale delle
popolazioni locali.
* Segretario alla comunicazione-in formazione e responsabile dell'Aac Nyengo. per
conto del Comitato esecutivo
della Cevaa.
(trad. di Franco Taglierò)
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venerdì 14 GENNAIO 2000
PAG. 5 RIFORMA
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L'attualità dell'interpretazione teologica messa in luce da Albert Schweitzer
La tensione mistica dell'apostolo Paolo
Paolo, uomo d'azione e di pensiero, fu un mistico? Sì, non nel senso estatico-contemplativo
ma nel senso che visse spiritualmente ed eticamente l'intima comunione con Cesò Cristo
FRANCO CAMPANEIU
PERCHÉ quando Albert Schweitzer si mise a scrivere
:uno dei suoi libri più importanti sulla teologia di Paolo'
era convinto di rinvenire nella
tensione mistica uno dei tratti
fondamentali dell’apostolo dei
Gentili? Perché rilevare questo
aspetto in un uomo d’azione,
che aveva sperimentato una fede itinerante, giustapposta alla
pura ricezione, al mero appagamento estatico? Parve, all’inizio, che questa intuizione
dovesse condurre in un vicolo
cieco, al pari dell’altra famosissima opera «Storia della ricerca sulla vita di Gesù»; ma
non fu così: la tesi proposta da
Schweitzer risultò talmente rivoluzionaria da rimanere insuperata per quasi tutta la prima
metà del secolo XX, Che cosa
aveva voluto intendere Schweitzer con questo singolare
assunto? Possiamo ritenere che
Paolo sia stato prevalentemente un mistico o dobbiamo invece dar credito alla sua multiforme personalità, poliedrica,
segnata da un attivismo indefesso, dotato di erudizione non
comune; capace di dirimere le
diatribe aU’interno delle comunità nascenti che visitava?
Da quale particolare ottica è
possibile capire meglio la vita
e l’opera di Paolo?
Sorretto da una grande fede,
«teologo sistematico» ma anche arguto moralista; seguace
stretto dell’integralismo giudaico, per quanto attiene alle
questioni femminili e quindi
al ruolo della donna; quando
poi parla di spirito di sottomissione al padroni e della
conditio submissa di chi, nato
schiavo, tale deve continuare a
rimanere, ci fa certamente ingoiare un rospo di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Cosicché Paolo ben incarnava
la condizione di vita del suo
tempo, prima educato nelle
scuole rabbiniche; quindi influenzato dai modelli di vita
ellenistici, dallo stoicismo, dal
culto greco delle qualità fisiche, della forza e della bellicosità. Come ha potuto un uomo
siffatto diventare un mistico,
un contemplativo? In realtà,
per Paolo, l’atteggiamento mistico equivale all’intima comunione con Gesù Cristo:
«Ogni mistica religiosa deve
accogliere in qualche modo
una fede messianica, per ricevere il respiro della vita. Così
la mistica messianico-escatolopca di Paolo è l’espressione
di una mistica religiosa permeata di viva verità. Dio si
manifesta come volontà di
amore, in Gesù Cristo. Nella
comunione con Cristo si realizza, dunque, la comunione
con Dio come è stata stabilita
per noi» (pag. 368).
Sulla natura della mistica
paolina interpretata da Schweitzer possiamo ancora leggere: «Come il radio produce
una continua emanazione, secondo la sua natura, così la
mistica paolina va intesa come
una continua trasformazione
dallo stato naturale in quello
spirituale ed etico. I significati
spirituale ed etico illuminano
splendidamente quello naturale» (p. 374). Siamo adusi a raffigurarci il misticismo come
una sorta di caduta in una condizione di fissità estatica (di
trance), totalmente compresa
della devozione all’essere cui
la mente è rivolta. Per Schweitzer l’atteggiamento di Paolo rimane invece costantemente «con i piedi per terra»;
«L’enorme realismo di Paolo lo
mette al riparo da ogni esaltazione. Dal momento che il concetto del morire e risorgere
con. Cristo ha le sue radici nella fede nel Regno di Dio, la negazione del mondo, in esso
contenuta, non spinge verso
l’ascesi e il distacco dalla
realtà terrena» ( p. 377).
Vale la pena di ripercorrere
le tappe della mistica dopo
Paolo, per rimarcare come essa
possa cambiare di significato e
di esperienza, nel perenne
mutare delle condizioni storiche. Tre esempi illumineranno
questo cambiamento. Dionigi
l’Aeropagita aveva elaborato
una sua particolare mistica,
essenzialmente speculativa;
sembra che passasse lungo
tempo a discettare sulla necessità e sui benefici dell'ignoranza, stato beato per eccellenza,
convinto come era che l’unione mistica con il divino si potesse solo raggiungere annichilendo se stessi. Il buon Dionigi
ebbe una grande influenza sulla schiera di mistici medioevali. Bonaventura da Bagnoregio,
traendo da quegli diretta ispirazione, fermamente credendo
nei rapimenti dell’anima e
l’uomo dover condursi, perennemente afflitto, «in questa
valle di lagrime», ammoniva:
«Qualunque siano, le disposizioni, interiori, queste a nulla
valgono senza l’aiuto della
grazia divina». Stato umano,
beato poteva dunque solo essere la permanenza nella pura
contrizione, impensabile essendo e irraggiungibile qualunque. forma di felicità terrena. Non da meno Meister Eckhart, servendosi anch’egli
ampiamente di quella teologia
negativa di Dionigi l’Aeropagita, decretava che in quanto uomini non possiamo raggiungere l’unione mistica, «...se non
vediamo tutte le cose e noi
stessi come un puro nulla»,
poiché Dio era da questi concepito come «un’essenza superessenziale e un nulla superessente». Sarebbe ingiusto
pensare che si sia trattato solo
di una singolare architettura
speculativa. Non si può infatti
negare uno slancio, un’intensità di fede, pure se questa poteva condurre a una forma di
estraniamento dal mondo, di
chiusura in sé stessi, per meglio intonarsi con la presenza
divina; e, di conseguenza, la
negazione dei beni terreni, il
riparo spirituale nel silenzio e
nell’isolamento di un eremo.
Ecco perché, oggi, l’esperienza
mistica di Albert Schweitzer,
ci torna molto più comprensibile, è molto più affine al nostro modo di pensare.
Egli, dal messaggio di Paolo,
ha saputo guadagnare una vera
e propria filosofia di vita, una
nuova concezione esistenziale:
«La mistica è una visione profonda del mondo perché conduce l’essere umano ad un
rapporto spirituale con l’infinito. La visione del mondo
fondata sul rispetto per la vita
è una mistica etica. Essa fa sì
che il diventare uno con l’infinito si realizzi attraverso
l’azione»^. Dunque non un’
estatica contemplazione ma
Tagire per. congiungersi con
Tinfinitezza quale salto qualitativo: calarsi, sprofondare
nella vita reale per elevarsi
sulle ali dello spirito.
Uno studioso inglese contemporaneo, in un bel libro recentemente presentato dalla
Claudiana\ invitandoci a riscoprire la teologia paolina,
segnala Albert Schweitzer come colui che «tracciò la propria strada nel corso della prima metà di questo secolo, un
gigante solitario e colto, in
mezzo a orde di pigmei rumorosi e teologicamente poco
profondi» (p. 15). Filosofo,
medico, musicista, teologo,
Schweitzer ha fatto propria
questa «comunione realizzata», come lui diceva, condividendo il patire con i malati di
lebbra nel Gabon. «Essere in
Cristo» ha potuto significare
per lui esprimere coerentemente la vita cristiana in modi
nuovi e diversi.
1) A. Schweitzer: Die Mystìk
des Apostels Paulus. Tubinga,
Mohr-Siebeck, 1981.
2) A. Schweitzer: Rispetto per
la vita. Torino. Claudiana, 1994.
3) Tom Wright: Che cosa ha
veramente detto Paolo. Torino,
Claudiana, 1999.
K. Una recente pubblicazione del Consiglio ecumenico delle chiese
Un pastore metodista a confronto con l'induismo
FLORENCE JONES VINTI
T OT withoiit my Neighbour»' {Non senza il
mio vicino) è una delle ultime
pubblicazioni del Consiglio
ecumenico delle chiese: il motivo di questo titolo insolito
che suscita la nostra curiosità
è chiarito dall'autore nelle pagine iniziali. S. Wesley Ariarajah. indiano di nascita e pastore metodista per vocazione,
racconta in queste prime pagine le sue esperienze di bambino e giovane studente in Sri
Lanka, prima a Jaffna e poi a
Kks''. In quesfultima città la
sua famiglia e un'altra persona
erano gli unici prote.stanti: non
avendo chiesa, c'era un pa.store itinerante che celebrava il
Culto in famiglia. La famiglia
di Ariarajah era circondata
perciò da famiglie indù: i loro
bambini giocavano con in
bambini indù, andavano a
scuola insieme e, seguendo
l’usanza asiatica, frequentavano le case reciprocamente a
tutte le ore del giorno inclusa l'ora delle preghiere serali.
1 bambini indù dei vicini amavano i canti evangelici, le
letture bibliche e le preghiere
a cui potevano partecipare. Analogamente Wesley e i suoi
fratelli e sorelle spesso si trovavano a casa dei vicini quando questi celebravano i loro
«pujas», le preghiere indù e
cantavano con loro le «tevarams» canti religiosi della sera.
Quando, studiando lontano
da casa, iniziò a prendere coscienza delle differenze tra il
cristianesimo e l’hinduismo
l’amicizia con i suoi compagni
d’infanzia rimase. Egli era coiisapevole che la famiglia dei vicini era profondamente devota
e che la loro vita di preghiera
portava dei frutti: «Molto prima di studiare la teologia,
giunsi a pensare a loro come
una famiglia radicata nell’amore di Dio». 11 giovane Ariarajah
racconta della crisi sopravvenuta nella sua vita di fede
quando ascoltava i missionari
Nev Abbonamenti
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fed.evangelica@agora.stm.it tei. 06-4825120 fax. 06-4828728
«gospel preachers» affermare
che solo quelli che conoscevano il vero e unico Dio e confessavano Gesù Gristo potevano
essere salvati. Gli amici indù
erano descritti spesso come
adoratori di idoli che non credevano e non avevano alcuna
speranza di «raggiungere il
cielo». Sebbene fosse ormai un
credente cristiano convinto,
Ariarajah fu lacerato da questo
messaggio: «Era inconcepibile
per me, era chiaramente ingiusto. Non avrei voluto andare in
un cielo dove non avrei trovato i miei vicini».
11 linguaggio religioso è oggi
cambiato, i credenti cristiani
non predicano più «il cielo e
l’inferno» ma, chiede l’autore,
«abbiamo veramente risolto la
tensione spirituale e teologica
che io ho sperimentato da giovane?» La chiesa ha preso veramente in seria considerazione l’esperienza di fede dell’altro, del «vicino hindú»? Le
parole: «Non senza il mio vicino» non solo rappresentano
la lotta di un pastore metodista indiano per capire e risolvere questo dilemma teologico
ma anche il problema di moltissimi cristiani che vivono in
Asia. E questa diventa sempre
più anche una questione che
ci tocca perché siamo ormai
quotidianamente in contatto
con credenti di altre religioni
nel nostro mondo occidentale.
Il dialogo fra le religioni è ormai un tema chiave per le
chiese e per il movimento
ecumenico, che suscita interrogativi a livello spirituale,
Albert Schweitzer
teologico, sociale, politico e
pratico. I problemi e le riflessioni teologiche presentate in
questo volume non possono
essere ignorati da cristiani
che, volenti o nolenti, devono
dialogare con i loro «vicini»
di altre fedi. Ariarajah ha dedicato l’impegno di tutta la
sua vita a sostenere il dialogo,
prima come studente di induismo, come partecipante alla
controversa quinta assemblea
del Cec (Nairobi, 1975) e successivamente da membro e
poi direttore del programma
per i rapporti tra le fedi del
Gec. Gli argomenti sono presentati in modo interessante e
vivace, con finestre sulla sua
esperienza personale e includono la questione della preghiera comune, dei matrimoni
interreligiosi, rapporto fra dialogo e conflitto, dialogo e missione. Sarebbe molto opportuno che questo volume fosse
tradotto in italiano.
(1) S. Wesley Ariarajah: Not
without my Neighbour, Issues
in Interfaith relations. Ginevra,
Wcc Publications, 1999.
(2) Durante il colonialismo i
portoghesi, olandesi e britannici
che si susseguirono non riuscivano a pronunziare correttamente i nomi di molte città dello Sri
Lanka: in questo caso o quando
non avevano voglia di pronunziarlo correttamente lo cambiavano semplicemente o lo abbreviavano. Così Yalpanam «la città
dei cantanti con Tarpa» diventò
Jaffna che non aveva alcun significato e Kankesanthurai, «la
città del porto con l’immagine
del dio Kankesan» diventò Kks.
Dal Centro «Schweitzer» di Trieste
Un quaderno per riflettere
sul pluralismo religioso
GIANFRANCO HOFER
PLURALISMO religioso:
valori di verità cne si
incontrano o si escludono?» è
l’argomento della quarta tavola rotonda, organizzata nell’aprile 1999 dal Centro culturale «A. Schweitzer», che ne
ha anche curato la pubblicazione degli atti; il quaderno
viene inviato ai centri e alle
comunità che ne facciano richiesta (piazza San Silvestro
1, 34121 Trieste).
La tavola rotonda aveva tenuto aperto a tutto campo l’orizzonte del conoscere, con
contributi che hanno fatto ricorso ampiamente al fascino
del pensiero orientale che dissolve il molteplice nel Tutto,
nelle sue radici induista e buddista (ma anche in una particolare esperienza islamica dell’India): totalità in sintonia con
l’altra grande e diversa tradizione orientale, quella cinese,
TYin-Yang; una grande area
del pensiero dell’umanità che
non sembra avere sperimentato i blocchi logici e le aporie
cui è andato incontro l’Occidente. Dall’ampio orizzonte
dell’Oriente si è approdati
alTepistemologia contemporanea, diffidente nel formalizzare totalità: il concetto di verità
in discussione, il pensiero debole, la teoria della complementarità (Bohr) costituiscono
prospettive in grado di cambiare i termini classici della
posizione occidentale del problema, guidato da una parte
dall’Unico religioso ebraico,
che elimina nella sua storia
ogni politeismo, e dall’altra
dal logos greco, che al suo affermarsi supera la totalità confusa e indistinta del mito.
Eugenio Stretti, pastore valdese a Siena, apre con due testimonianze dall’Oriente, buddista (Re Asoka del III secolo
a.G.) e islamico (Akbar imperatore mogul del XVI secolo),
che costituiscono tutt’oggi una
«sfida ecumenica». Un ponte
tra Oriente e Occidente viene
gettato da Aldo Natale Terrin,
dell’Università cattolica di Milano, che concentra la sua riflessione su quella «autocoscienza luminosa» che nelle
«Upanishad» risolve la realtà
fenomenica nel Tutto, messa
in relazione con esperienze religiose occidentali nel back
ground mistico del cristianesimo: da qui un ardito passaggio
alTepistemologia contemporanea con le citazioni di D.
Bohm e di N. Bohr.
Alcune difficoltà, ma anche
la volontà di dialogo interconfessionale, vengono evidenziate dall’intervento di Dario Russo, dell’Università di Trieste,
in un percorso emblematico: il
cammino intellettuale di Hans
Kùng, dal dialogo con Karl
Barth all’interesse per il pensiero di Kuhn. Il contributo di
Sergio Rostagno, della Facoltà
valdese di teologia, è ricco di
indicazioni, stimoli, linee di
convergenza tra le diverse
esperienze religiose ma anche
attento alle identità; basilare rimane una seria analisi del fatto
religioso; per citare alcuni
spunti di una relazione che va
letta con attenzione, di grande
interesse per affrontare anche
questo ambito sono il rapporto
fra diritti e probabilità nella
nascita e sviluppo nella scienza moderna, la relazione tra
convinzione e oggettività, un
atteggiamento di ricerca e non
possesso della verità, l’accordo
tra standard universale di pensiero e le credenze che possano
appartenere a un complesso
non contraddittorio universalismo (Nagel) o altri tentativi di
trovare una via fra relativismo
e realismo, la ricerca di ambiti
comuni alle religioni in campo
etico, l’utilità delle dottrine per
la motivazione, fuoco non
delTintolleranza ma «benefico,
dell’ardore per i destini
delTumanità».
Goncludono il quaderno gli
interventi di Dario Fiorensoli,
del Gentro «A. Schweitzer»,
che tendono a unire fede e ragionevolezza nella prospettiva
di Dio quale orizzonte futuro
delTumanità, pur nell’enigma
della storia generale delTumanità stessa e della permanenza
delle singole religioni storiche. Ghissà che dalla lezione
dell’Oriente, non nuova per
l’Occidente (fin dal neoplatonismo) ma accolta solo selettivamente e con sospetto, e dall’epistemologia contemporanea non venga un nuovo impulso a un dialogo effettivo tra
¡e confessioni religiose e le religioni, in un mondo in cui
Occidente e Oriente comunicano ormai in tempo reale con
modalità multimediali.
Sergio Rostagno
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 14 GENNAIO 2000
VEN
1 concerti bachiani organizzati per le feste dalla Società del Quartetto a Milano
Il Natale biblico deir«Oratorio»
La composizione, solo in epoca moderna destinata all'esecuzione integrale fuori
dall'ambito liturgico, si basa su testi evangelici e riutilizza musiche «profane»
PAOLO FABBRI
L9 ORATORIO di Natale
Bwv 248 di J. S. Bach fu
eseguito per la prima volta a
Lipsia al Natale del 1734. Contrariamente a quanto si pensa,
la composizione non fu progettata per essere eseguita in
una sola seduta, ma la sua organica unitarietà è idea relativamente recente, che deriva
soprattutto dal distacco dalla
funzione liturgica per cui
l’Oratorio fu concepito. L’Oratorio di Natale fu concepito
come un percorso proposto ai
fedeli in occasione delle festività natalizie, per riflettere
sull’evento che ha diviso in
due la storia dell’umanità. Infatti le sei parti che lo compongono dovevano essere così
eseguite: parte I: il giorno di
Natale; parte II: il giorno di S.
Stefano; parte UI; il giorno di
S. Giovanni (27 dicembre);
parte IV: Capodanno; parte V:
la prima domenica dopo capodanno; parte VI; il giorno
dell’Epifania.
Ciascuna di queste giornate
aveva una specifica connotazione nel calendario liturgico
della riforma luterana, ma il
percorso suggerito da Bach se
ne discosta parzialmente con
l’intento di fornire ai credenti
lo sviluppo concreto dei fatti
concernenti la nascita di Gesù
in forma di dramma. I riferimenti biblici delle sei parti sono; Luca 2, 1-7; 8-14; 15-20;
21; Matteo 2, 1-6; 7-12. Dietro
il rigore della esposizione sta
indubbiamente il Sola Scriptura, avvalorato anche dalla
scelta delle stesse parole di
Lutero in un paio di corali, ma
sta anche il movimento pietista che portava il compositore
a sentire il bisogno di dare ai
credenti uno spunto di riflessione teologica, una riflessione
a cui il suono è finalizzato. Di
qui l’importanza dei recitativi
che, includendo anche gli interventi dell’evangelista, sono
ben 30. I recitativi e i brani
dell’evangelista sono composizioni originali così come i corali, momento espressivo dell’assemblea dei credenti.
Tutte le arie (con esclusione
della n. 31, composizione originale come la sinfonia n. 10)
e i cori sono stati elaborati invece con il modello della parodia, cioè l’adattamento di
una musica preesistente a dei
nuovi testi. Al di là delle modifiche nell’organico strumentale e nei registri vocali, l’operazione, usuale all’epoca, è valida anche sul piano stilistico,
in quanto non si poneva un’alternativa in Germania tra musica sacra e profana, tutto essendo comunque diretto a lodare Dio. Non è fuori luogo
dunque che le prime due parti
prendano la loro musica da
due cantate profane dedicate
ai principi di Sassonia (Bwv
213 e 214). Bach vedeva nei
principi coloro che «non reggevano la spada invano», che
avevano cioè un ben preciso
ruolo nei piani di Dio; la lode
al sovrano era quindi comun
Un convegno nel Napoletano
Donne del Mediterraneo
nel segno del monoteismo
«Il monoteismo matrice comune delle donne nel Mediterraneo» è stato il tema di un
convegno organizzato dalla
Consulta femminile della Regione Campania e ospitato
dall’Istituto «Suor Orsola Benincasa» di Napoli il 9 e 10 dicembre. Il convegno è stato diviso in tre parti. Nella prima,
presieduta dal prof. Bruno
Forte, rappresentanti dell’ebraismo, del cristianesimo e
dell’islamismo sono intervenuti sul tema donne e monoteismo. Da parte evangelica
Doriana Giudici ha parlato
della patriarcalizzazione del
cristianesimo mentre Adriana
Valerio, da parte cattolica, ha
parlato della natura problematica del binomio donne e monoteismo (nella misura in cui
l’unico Dio è sempre stato declinato al maschile), tema approfondito nel pomeriggio dalla sempre stimolante teologa
Karl Borresen.
Roudha Guemara, storica
deU’Univesità di Tunisi, ha
preferito parlare della condizione della donna nei diversi
paesi islamici. Nei suoi interventi appassionati ha voluto
mettere in guardia l’occidente
circa ogni integralismo (quello
islamico in modo particolare)
e la possibile strumentalizzazione di donne e ragazze da
parte delle comunità islamiche in Europa. Per l’ebraismo,
il rabbino Laras ha sottolineato il ruolo della donna nel piano di Dio suggerendo anche
una lettura stimolante dell’agire divino come azione materna
che trasforma l’amorfo in forma definita. La seconda parte
del convegno univa studiose e
attiviste degli interessi più vari intorno al tema «Donne e religioni». Finalmente si è posta
la domanda (a dire il vero un
po’ trascurata) se il monoteismo sia veramente la matrice
comune delle donne mediterranee. A rispondere in modo
negativo è stata Marisa Tortorelli dell'Università di Napoli.
È emerso dal convegno che il
monoteismo può diventare
una forza di unione e non di
divisione solo se esso diventa
capace di dare ascolto alla differenza sessuale emblematica
in un certo senso di tutte le
differenze. Per farlo l’apporto
delle donne è imprescindibile.
La terza parte del convegno,
una tavola rotonda presieduta
dall’islamista cattolico Justo
Lacuna Balda, ha voluto proprio dare voce alla visione
femminile dell’ecumene. Lisa
Billing Palmieri e Tullia Zevi
delle comunità ebraiche hanno sottolineato l'importanza
sia del dialogo interreligioso
che dell’educazione dei giovani alla memoria, mentre la pastora Elizabeth Green ha preso
l'immagine biblica della terra
promessa per leggerla in modo
inclusivo come visione dell’ecumene verso cui stiamo incamminando. Il convegno è
stato molto fitto e. nonostante
qualche disguido organizzativo, è riuscito a formulare alcuni interrogativi importanti. Bisogna chiedersi, da un lato,
perché il monoteismo si è prestato così facilmente a una declinazione tutta al maschile e,
dall’altro, se esso permette alle
donne così diverse del Mediterraneo di stringere alleanze
le une con le altre.
Regala
un abbonarne!
Il direttore Ton Koopman
que lode al Signore e poteva
correttamente essere utilizzata
per il giubilante coro di apertura {Giubilate, esultate, Iodate questi giorni meravigliosi],
così come per il potente coro
di lode Re del cielo, ascolta le
nostre preghiere. La quinta e
la sesta parte si avvalgono di
brani di musica delle cantate
Bwv 215, 213 e 248.
La Amsterdam Baroque Orchestra and Choir ha fornito
un’eccellente prestazione,
combinando il rigore alla passione, con una nota di merito
particolare per il primo violino Margaret Faultless. La direzione di Ton Koopman ha pro
posto un’esecuzione fortemente puntata, con una cadenza
molto accentuata, come nella
lettura di una poesia di cui si
voglia sottolineare la metrica:
l’effetto è stato stimolante e
sarà interessante approfondirlo. Bravi i solisti Lisa Larsson
(soprano), dalla voce accorata
e stupenda, anche se un po’ in
difficoltà nel registro più basso; Bernard Landauer (controtenore), dalla voce dolcissima
anche se un po’ flebile; Cristophe Prégardien (tenore) e
Klaus Martens (basso). La Società del Quartetto ha così
chiuso in bellezza, il 15 dicembre, la 12- Settimana Bach.
Reggio Calabria; incontro del Sae
Indagare le differenze
per conoscersi meglio
FRANCESCA MELE TRIPEPI
CON larghissima
zinne di pubblico sí è
svolto l’incontro sulla storia
della Riforma protestante che
il prof. Paolo Ricca, docente di
storia del cristianesimo nella
Facoltà valdese di teologia a
Roma, ha tenuto il 2 dicembre
a Reggio Calabria, nella sala
del Consiglio della Provincia.
Organizzato dal gruppo locale Sae (Segretariato attività
ecumeniche), nell’ambito del
programma associativo annuale. è stato il primo di una serie
di incontri che hanno come
obiettivo una sempre più profonda conoscenza reciproca tra
i cristiani delle diverse confessioni. Si è nella convinzione
che molte incomprensioni cadrebbero se ci fosse una maggiore disponibilità da parte di
tutti a un sereno confronto delle differenze, in vista di una riconciliazione che può avvenire
soltanto all'insegna del pluralismo. Sembra infatti opportuno
ripartire dalle radici storiche
delle differenze nei percorsi
ecclesiali aH'interno della cristianità. Proprio in un anno
che vede riaprirsi la controversia tra Chiesa cattolica e mondo evangelico sulla dottrina
delle indulgenze a proposito
del Giubileo del 2000. Peraltro
tale controversia è stata, a suo
tempo, la scintilla da cui è nata
la Riforma protestante.
Sul termine «riforma» si è
soffermato, innanzitutto, il
prof. Ricca, per rilevare che
l'idea di riforma è presente
nella storia del cristianesimo
fin dall’inizio, se si considera
che lo stesso Evangelo di Giovanni ha un’impostazione
riformista rispetto agli altri tre.
Il relatore si è quindi soffermato sulla rilevanza storica del
monacheSimo come fenomeno
di riforma, in particolare quello benedettino che, con la regola dell’«ora et labora», creava un nuovo rapporto tra fede
e vita. Eppure, ha sostenuto
Ricca, la parola «riforma» non
è adeguata al fenomeno storico
cui assegna il nome: Lutero
non intendeva essere un riformatore perché riconosceva in
Gesù Cristo l’unico riformatore della chiesa.
L’obiettivo del movimento
di rinnovamento cristiano, in
corso da secoli, e di cui Lutero
è stato il più autorevole esponente, era «rifondare» la chiesa sulla Bibbia e darle nuova
sostanza con la Parola di Dio.
Già Pietro Valdo, 350 anni prima, aveva fondato la sua comunità sulla predicazione della Bibbia come unico riferimento per la vita quotidiana.
Ed è stato questo il motivo per
cui i valdesi hanno aderito al
movimento evangelico del XVI
secolo. Altri due termini sono
stati posti al centro dell’attenzione: grazia e libertà. Nessuno, ha affermato il prof. Ricca,
ha saputo spiegare meglio di
Lutero che cosa significa «essere salvati per grazia in virtù
della fede»: dalla comprensione di questa realtà, basilare per
il credente in Cristo Salvatore,
scaturisce la consapevolezza e
la gioia assoluta della riacquistata libertà dei figli di Dio.
Dopo aver illustrato in sintesi le connotazioni di internazionalità e pluralismo che
hanno accompagnato la nascita e lo sviluppo di quel movimento di rinnovamento ecclesiale che continueremo a chiamare Riforma, Ricca ha messo
in evidenza la parzialità dell’accoglienza di questa proposta e la conseguente dolorosa
divisione aH’interno della cristianità: «Una profonda ferita,
una ferita salutare» l’ha definita, manifestando con passione la sua appartenenza alla
Chiesa valdese. Ma la conclusione ha espresso la grande
speranza di un uomo che ha
dato e continua a dare un apporto costruttivo alla riconciliazione tra i cristiani: «Una
ferita che pian piano si rimargina; e oggi vediamo che, attraverso il movimento ecumenico, si tende al recupero di
un'unità più ricca e articolata
di quella di prima».
LIBRI
Bilanci
Il secolo che si è
chiuso
Stemperando la propria adesione al marxismo, che emergeva ancora, onestamente dichiarata, nel Secolo breve (opera sul
Novecento di cinque anni fa), lo storico inglese, in dialogo
con il giornalista Antonio Polito, {Intervista
sul nuovo secolo, Laterza, pp. 169, £ 15.000)
guarda con disillusione ma anche con molta
lucidità al secolo che verrà. La mondializzazione finanziaria, l’assenza o comunque
l’insufficienza di un’istanza sovranazionale
nella gestione delle crisi internazionali e dei
conflitti locali, la ricerca di una via nuova
per la sinistra e per l’Italia sono al centro
della riflessione.
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Inchiesta Un'Italia che sta
scomparendo
Ultimi. Viaggio nelTltalia che scompare (Gamberetti, pp. 112,
£ 28.000) è un libro-inchiesta della giornalista Flavia Amabile
(scrive su La Stampa], che perlustra, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, una serie di situazioni sociali e lavorative di cui non sospetteremmo più neanche
l’esistenza. E il caso delle ambientazioni prevalentemente montane della prima parte (raccolte anche in Veneto e Trentino). La seconda
parte del volume invece si concentra su dei
casi singoli, delle persone che incarnano una
sorta di «anomalia» all’interno del proprio
tessuto sociale, travolto spesso dall’incalzare
di una modernizzazione forzata.
Narrativa Eredità yiddish
in America
Nel solco di una tradizione letteraria e culturale composita,
che va dall’ambiente yiddish europeo a quello ebraico-americano, il giovane scrittore Nathan Englander affronta in alcuni racconti {Per alleviare insopportabili impulsi,
Einaudi, pp. 216, £ 16.000) alcuni luoghi comuni e ossessioni che ha imparato da illustri
modelli (da Kafka a Singer, ma anche a
Woody Alien). Ne deriva una commistione
tra comico e tragico, tipico di letteratura e cinema ebraici, testimonianza del continuo
rinnovamento nella tradizione. Particolarmente crudo (e affascinante) il primo racconto («Il ventisettesimo uomo»).
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RADIO
Culto radio
Ogni domenica mattina alle 7,27 sul primo canale radio della Rai, predicazione e notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
TELEVISIONE
Protestantesimo
Domenica 23 gennaio, alle ore 23,50 circa su Raidue, andrà in onda: «’’Date a Cesare quel che è di
Cesare”: una riflessione sull'etica dell’economia»; «Terza di copertina». La replica sarà trasmessa lunedì 24 gennaio alle ore 24
circa e lunedì 31 gennaio alle ore 9,30 circa sempre su Raidue.
L
PROTESTANTESIMO IN TV ■■MRI
Decollare verso la fede
DAVIDE ROSSO
^ > È una diffusa sterilità
nel mondo. Una mancanza generalizzata di passioni: nella società, dentro di
noi, nelle chiese. Abbiamo bisogno di “decollare” verso
una vita feconda seguendo la
pista che ci mostra la fede in
Cristo». Sono parole di Valdo
Benecchi, presidente dell’Opcemi, tratte dal suo intervento
di saluto per il nuovo anno
presentato in chiusura della
trasmissione di Protestantesimo andata in onda domenica
9 gennaio. In effetti, il nostro
è un mondo diventato sterile
che paga errori e orrori del
passato, anche molto recente,
come l’aparteid in Sud Africa
e le conseguenze della guerra
in Kosovo come facevano vedere in modo particolarmente
efficace le immagini dei primi
due servizi della trasmissione
andati in onda domenica ma
che può anche, imboccando la
strada della fede, pensare di
imparare una «nuova via economica basata sul dono».
L’ultima puntata di Protestantesimo mostrava in apertura immagini girate in Sud Africa dove ovviamente emergeva
una realtà molto diversa dalla
nostra occidentale, fatta di
quartieri malfamati con abitazioni improvvisate e raffazzonate, dove la povertà e pur
troppo anche la criminalità sono molto diffuse; seguiva un
servizio che presentava invece
la «situazione mine» in Kosovo a distanza di mesi dalla fine della guerra che si chiudeva. dopo aver fatto una rapida
carrellata sui disastri di questi
micidiali ordigni ma anche sui
volti provati della gente che
deve convivere con la paura
delle mine mostrando l’esplosione di una bomba a mano
fatta brillare dagli artificieri. 1
due servizi però presentavano
anche, e soprattutto, due progetti attivati dalle chiese.
«Giubileo 2000» e il progetto
di cooperazione della campagna antimine, che in qualche
modo riportano ai concetti ricordati all'inizio, ma che nell’ordine temporale della trasmissione venivano presentati
a conclusione della puntata
sottolineando così che la campagna per la remissione del
debito da parte dei paesi ricchi
nei confronti di quelli poveri
(propria di Giubileo 2000) e
l’impegno contro le mine che
mietono migliaia di vittimo
per la maggior parte civili sono un modo per «seguire la
rotta che ci traccia l’Evangelo». Una via per andare in
qualche modo oltre gli errori,
riempiendo il vuoto di idee e
dando al mondo un nuovo impulso «nella speranza che si
fonda sulla promessa di Dio».
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venerdì 14 GENNAIO 2000
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PAG. 7 RIFORMA
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f In Germania, in luglio, è stato sottoscritto un accordo fra luterani e cattolici
Diritto alla vita e alla morte dignitosa
>r In Italia la riflessione è ancora molto ideologica, come si è visto nella recente polemica
con Indro Montanelli. Perché non costituire una commissione mista cattolico-protestante?
ERMANNO GENRE
(T L problema del diritto alla
¿propria morte come di un
, diritto della propria vita è improvvisamente ritornato sui
quotidiani in seguito alle dichiarazioni di Indro Montanelli, il quale ha rivendicato «il
diritto di ogni essere umano a
scegliere sulla propria fine». Il
personaggio illustre richiedeva
una risposta autorevole e così
il cardinale Martini ha prontamente ricordato al giornalista
e scrittore non credente che la
vita è comunque sempre un
dono di Dio e che non si deve
temere la sofferenza. 1 quotidiani hanno segnalato anche
le diverse associazioni italiane
che si battono per la «carta dei
diritti dei morenti», guardando a quanto già avviene in altri paesi europei, soprattutto
in Olanda e in Svizzera.
Per mantenere viva la riflessione avviata da alcuni anni
anche nelle nostre chiese, può
essere di qualche interesse presentare per sommi capi con
qualche commento, il recente
testo di accordo tra il Consiglio
della chiesa evangelica tedesca
(Ekd) e la Conferenza episcopale tedesca su questo delicato
problema. Nel luglio scorso, a
Düsseldorf le due chiese hanno
sottoscritto un testo comune,
intitolato Disposizioni cristiane
del malato terminale. Sussidio
e formulario (traduzione italiana su II Regno-documenti,
19/99). L'interesse è duplice:
da un lato si tratta di un accordo tra le due grandi chiese tedesche. cattolica ed evangelica;
dall’altro lato il documento ci
interroga e ci sfida perché almeno su un punto, e non marginale. questa intesa ecumenica fra le due chiese diverge
nettamente dalla posizione sostenuta in questi anni da molti
evangelici italiani (e non) e anche dal documento della commissione di studio sulla bioetica nominata dalla Tavola.
Come in Italia, anche in Germania circolano diversi formulari sui diritti del malato
nelle fasi terminali della vita.
Di fronte a (piesta situazione le
chiese tedesche hanno deciso
di intervenire e di formulare
una loro proposta che tiene
conto del punto di vista della
fede cristiana. La Chiesa luterana della Baviera aveva già
redatto un suo testo sin dal
1995. con il titolo Sei presente
anche tu. Quando altri devono
decidere per te. Disposizione
cristiana del malato. Questo
testo, ripreso e riformulato (in
modo sostanziale) in alcune
sue parti, è ora diventato il testo comune delle chiese cattoliche ed evangeliche della Ekd
in Germania,
Il formulario proposto segue
a grandi linee, seppure più
conciso, i modelli che conosciamo di provenienza nordamericana e ora diffusi in Europa con numerose varianti e aggiustamenti. In Italia, per esempio. da diversi anni la Consulta di bioetica di Milano fa
opera di promozione della
«Biocard» in cui sono ordinati
sistematicamente i diritti all'
autodeterminazione del malato, Qualche frutto si comincia a
Vedere, nonostante il sostanziale disinteresse del ministero
della Sanità, La «Carta di autodeterminazione deH'amnialato» che viene distribuita presso
l’ospedale evangelico di Villa
Betania (Napoli), a cura della
cappellania, è nata in seguito a
Un seminario tenutosi nell'ospedale. in cui era stata presentata e discussa la «Biocard» e
la nuova visione della medicina e del rapporto medico-paziente che essa intende promuovere. E un’iniziativa realizzabile e che merita di essere
estesa senza indugi negli ospedali evangelici.
Nel formulario tedesco però,
la carta di autodeterminazione
del malato introduce una novità che merita attenzione critica. L’intenzione che ha mos
so le chiese tedesche a presentare questo formulario intende
reagire, con ogni probabilità,
all’idea ormai diffusa, che il
soggetto abbia il diritto di decidere sulla sua morte. Il testo
di convergenza fra le due chiese non intende soltanto difendere il diritto a una morte dignitosa; esso intende proporre
e difendere «la» visione cristiana del proprio morire. La
dignità della propria morte
viene fatta coincidere con l’atteggiamento di rifiuto di ricevere un aiuto a morire. Nel
formulario si dice: «Rifiuto
ogni trattamento di aiuto attivo a morire». In questo rifiuto
a essere aiutati a morire consisterebbe, secondo questo testo
di accordo fra le chiese, il proprium cristiano; esso viene indicato senza esitazioni come
patrimonio cristiano.
Distinguendo in modo netto
l’aiuto «attivo» dall’aiuto
«passivo» a morire, si afferma:
«L’aiuto “attivo” a morire è incompatibile con la concezione
cristiana dell’essere umano.
L’aiuto “passivo” mira invece
a lasciare morire con dignità la
persona inguaribilmente malata e prossima a morire, rinunciando a un trattamento che
potrebbe prolungare la vita».
Accanto alla motivazione «cristiana» che impedisce un aiuto «attivo» a morire, il documento cita con altrettanta forza argomentativa la legge: «In
Germania, questo aiuto è vietato dalla legge e viene perseguito in sede penale, anche
nel caso in cui avvenga con il
consenso espresso dalla persona malata». Le «Disposizioni
cristiane del malato» intendono «indicare un cammino fra
un prolungamento della vita,
che non si può pretendere, e
un accorciamento della vita,
di cui non ci si può assumere
la responsabilità».
Il testo approvato dalle autorità delle due chiese (che cosa
si pensa e che cosa si dice alla
base non è detto) contiene numerose affermazioni su cui non
si può che essere pienamente
consenzienti; qua e là si avvertono lo stile e il contenuto, di
alcune encicliche papali [Evangelium vitae, in particolare)
che danno il tono a un documento che in altre parti sembra
scritto con altre tonalità. Può
essere diversamente quando si
cerca un accordo tra sensibilità
e culture religiose diverse? Ecco alcuni interrogativi per continuare la riflessione.
1) La vita come dono di Dio.
È >ino degli argomenti su cui
non può che esservi consenso
in una prospettiva cristiana
generale. Però appena si scende nel terreno concreto nascono degli interrogativi che non
possono essere taciuti (il documento invece li ignora).
Non si può parlare di Dio genericamente, né genericamente della vita come dono: bisogna farlo partendo da una biografia concreta , bisogna entrare nell'individualità e nell'unicità di quella vita particolare. Che cosa significa, per il
malato che vive in uno stato di
profonda e quotidiana sofferenza gli ultimi giorni della sua vita, essere circondato da persone sane e sorde al suo desiderio di essere aiutato a morire? È
un dono di Dio anche la sofferenza straziante? Il problema
non è più teorico, né universale (non concerne chi non richiede insistentemente questo
aiuto a morire) ma personale,
riferito a quella vita. Con quale
autorità, nella fase terminale
della vita, si nega a una persona che lo chiede con insistenza
questo suo diritto a morire in
dignità (dopo aver parlato di
diritto all’autodeterminazione)? La legge umana che si invoca (giustamente la legge deve
prevenire gli abusi e difendere
la vita) è veramente risolutiva
in una prospettiva di etica cristiana (e non) che qui si vorrebbe proporre a tutti senza eccezioni? Nel documento si dice: «non abbiamo il diritto di
giudicare il valore o il non valore di una vita umana». Quando però si nega in modo assoluto la possibilità di aiutare
una persona a morire non significa, di fatto, esercitare questo giudizio «universale»?
2) La fede cristiana è veramente traducibile, nell’ambito
di un accompagnamento a morire con dignità, in una norma
assoluta che deve valere per
tutti nello stesso modo? Oppure si può e si deve rispettare il
desiderio di essere aiutati a
morire? Disponibilità che l’etica cristiana, in determinati casi umani, potrebbe anche definire di diaconia evangelica?
Chi può escludere questa eventualità, e nel nome di chi?
Io non la voglio escludere e
non posso condividere la posizione del Magistero cattolico
[Evangelium vitae] che eti
chetta di «cultura della morte»
ogni altra visione dell’esistenza umana e si arroga il diritto
di definire «falsa pietà», «perversione» della pietà (§ 66)
quell’azione che altri, cristiani
e non cristiani, ritengono invece, in determinati casi, l’aiuto
del samaritano misericordioso
che non passa oltre ma offre il
suo soccorso. In un ambito così delicato della vita chi osa
ergersi a giudice della vera
compassione?
3) Infine c’è da chiedersi:
perché si è voluto inserire nel
formulario il rifiuto dell’aiuto
a morire dal momento che la
legge esclude e punisce dnramente chi si presta a tale richiesta? Non basta la durezza
della legge a sconsigliare medici e pazienti? Se si è convinti che esista un solo atteggiamento cristiano davanti alla
morte, che bisogno c’è di dichiarare una volontà già garantita dalla legge? La si vuole
considerare parte integrante
della propria confessione di
fede cristiana? O si teme che
altri (cristiani innanzitutto)
possano sostenere questa domanda di un aiuto a morire (si
veda la posizione di H. KüngW. Jens, Della dignità del morire. Una difesa della libera
scelta, Rizzoli, 1995)? Dove si
vuole arrivare? A una uniformità anche nel (non) diritto alla propria morte?
E gli interrogativi potrebbero continuare. Mi domando se
non varrebbe la pena, per superare posizioni ideologiche
sterili, di proporre la creazione di un gruppo misto di lavoro con i cattolici, come si è fatto in passato sulla questione
dei matrimoni misti. La nostra
comune prassi pastorale (che
non vive di astrazioni) ne trarrebbe certamente giovamento.
„ Ricerca medica e Testimoni di Geova
Le alternative al sangue
I Testimoni di Geova stanno
compiendo in tutta Europa
una speciale campagna di
informazione sanitaria sul tema «Coscienza, medicina e alternative al sangue». Per una
serie di ragioni (carenze di donatori, rischi di infezione nelle emotrasfusioni, rifiuto delle
medesime per ragioni di principio da parte dei Testimoni
di Geova) la ricerca medica sta
cercando da tempo di sviluppare un’alternativa alla trasfusione da un soggetto esterno.
Ora si incominciano ad avere i
primi risultati significativi, anche in caso di operazioni complesse come i trapianti.
Infatti, anche in caso di grave emorragia, rimane comunque nelTorganismo una riserva
di globuli rossi in grado di accelerarne la produzione di
nuovi in un arco di 24 ore.
Quello che occorre ripristinare
immediatamente è il volume
di liquido in circolazione affinché il cuore non collassi.
L'assemblea annuale di «Libera»
Poiché il sangue è costituito
per oltre il 50% di acqua, per
compensare l’emorragia si possono utilizzare espansori del
volume ematico non contenenti sangue, soluzioni saline tipo
plasmaexpander, che sono stati utilizzati con successo su
migliaia di pazienti, in Italia e
all’estero. Inoltre, negli interventi chirurgici, con un apposito macchinario è possibile
recuperare, lavare e reintrodurre in circolazione il sangue
che fuoriesce dalle ferite durante il decorso operatorio o
postoperatorio. Gi sono anche
altre alternative, tra cui l’utilizzo di speciali bisturi al laser
ed emostatici, la macchina per
la circolazione extracorporea,
l’anestesia in ipotensione.
I Testimoni di Geova si stanno impegnando per fare conoscere all’opinione pubblica
queste metodiche alternative
che in Italia vengono già utilizzate da circa 2.000 medici in
oltre cento strutture sanitarie.
Il volto sotterraneo
della criminalità mafiosa
FEDERICA TOURN
La mafia esiste. È sotterranea, difficilmente riconoscibile forse, ma non per questo meno violenta. Muove invisibile i fili del mercato della
droga e delle armi e del traffico
delle persone, organizza l’usura e interi settori dell’edilizia,
sempre attenta a nuove possibilità di espansione: ultimi, il
controllo delle sale giochi e del
ricchissimo affare della gestione dei rifiuti (Legamhiente calcola che siano 108 i clan coinvolti neU’«Ecomafia»).
Eppure viviamo in un momento di abbassamento della
guardia nella lotta alla mafia,
c’è un desiderio di «normalità» a tutti i costi, che cresce
in un pericoloso clima di confusione, alimentato dalla recente polemica contro i magistrati, in cui si vorrebbe confondere la giustizia con un sistema che ha due pesi e due
misure, «uno per i galantuomini e uno per le coppole storte»,
come lo ha definito il giudice
Giancarlo Gaselli. La legge non
è uguale per tutti, o almeno così si vorrebbe: ma non è così
che si arriva alla necessaria pacificazione sociale, come ha ribadito più volte nelle scorse
settimane il presidente della
Camera, Luciano Violante.
Che cosa fare, allora? Innanzitutto non farsi sopraffare
dalle posizioni di parte e di
partito, perché sul tema della
legalità non ci si può permettere divisioni politiche; e poi
decidere le priorità. La mafia
non fa più stragi, è a un altro
livello di pericolosità: bisogna
allora cercare di capire che
cos’è oggi la mafia, come si
muove, e quindi costrnire una
strategia di contrasto adeguata,
stabilendo anche un luogo istituzionale definito, che oggi
non esiste, dove questa strategia possa concretizzarsi. Poi è
necessario arginare quanto prima il problema della corruzione (in qnesto senso qualche risultato già si conta: il prezzo
degli appalti oggi è diminuito
dal 20 al 50% rispetto ai tempi
della «Milano da bere» di
Craxi e compagni).
Sono queste alcune delle riflessioni emerse nel corso
dell’assemblea annuale di Libera, che si è svolta a Frascati il
27 e 28 novembre 1999; lo stesso appello a mantenersi vigili
sul fronte della lotta alla mafia
e dell’attenzione alla legalità
era stato ripetuto da Luigi Ciotti, presidente di Libera, in un
colloquio con il presidente della Repubblica Ciampi, il 26 novembre. L’associazione contro
le mafie, che conta attualmente
al suo interno più di 700 associazioni locali e nazionali, ha
continuato in 5 anni dalla fondazione a promuovere sul territorio moltissime iniziative di
promozione della legalità, in
particolare lavorando con le
scuole: sono stati messi in piedi circa 1.000 progetti educativi che coinvolgono più un milione di studenti, e lo scorso
giugno è stato siglato un protocollo d’intesa con il ministero
della Pubblica istruzione in cui
Libera è riconosciuta come interlocutore sui temi di educazione alla legalità.
Grazie al milione di firme
raccolte dagli aderenti all’associazione Libera, inoltre, è stata
approvata la legge 109 del ’96
sull’uso dei beni confiscati ai
mafiosi e da allora 491 immobili, per un valore di oltre 154
miliardi, sono stati trasformati
in scuole, parchi, centri sociali, uffici pubblici. Questi sono
alcuni dati che rendono soltanto parzialmente conto
dell’impegno di una società civile (le 700 associazioni coinvolgono in tutto alcuni milioni
di persone) che non ha disgusto della politica ma la fa quotidianamente, con attenzione
alla specificità del territorio in
cui vive ma senza rinunciare a
confrontarsi criticamente con
le istituzioni sulle priorità di
cui si parlava prima.
La mafia esiste, dunque, ma
l’Italia anche. È questo il senso
della nuova campagna di Libera e dei manifesti che forse
qualcuno avrà visto nelle scuole e negli uffici pubblici. A testimonianza di un impegno
che non viene meno. Gioiti ha
chiesto durante l’incontro con
Giampi che il posto di senatore
a vita lasciato da Fanfani venga
destinato a Antonino Caponnetto, un magistrato che ha dedicato la vita alla lotta alle mafie. Una presenza in Parlamento, forse scomoda per alcuni,
che ancora più che un simbolo
potrebbe essere un monito.
Giancarlo Caselli e don Luigi Ciotti
(foto D. Passananante)
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PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 14 GENNAIO 2000 VENER
Serate di «navidad» nelle chiese valdesi del Rio de la Piata
Natale in Uruguay
In un clima molto familiare, gli incontri vengono organizzati con
l'aiuto delle scuola domenicale, dei giovani e delle Unioni femminili
MARCO ROSTAN
C) È un simpatico modo di
celebrare il Natale nelle
chiese valdesi deH’Uruguay.
Non si fa il grande culto del 25
ma, durante la settimana precedente, vengono organizzate
molte serate di «Navidad», come si dice qui, con l’aiuto delle monitrici, delle scuole domenicali e dei vari gruppi giovanili, delle Unioni femminili:
alcune riunioni sono più numerose, altre molto semplici,
presso qualche famiglia. Essendo ospiti della famiglia
Malan a Rosario e dei Gönnet
a Vaidense, Roberta ed io abbiamo potuto prendere parte
ad alcune Navidad. Con Pancho e Lili Gönnet siamo stati a
Colonia Española: qui, in aperta campagna e sotto una stellata fantastica le famiglie arrivano con la loro camionetta. Dalle facce sembra di essere a Prarostino, anche le abitudini si
somigliano: gli uomini chiacchierano fra di loro, le donne
fanno gruppo da un’altra parte, i bambini scorrazzano già
con i loro costumi di pastori o
di magi. Poi la saletta si riempie, la recita comincia, gli uomini entrano all’ultimo e si
mettono in piedi in fondo...
L’animazione dei bambini illustra il racconto biblico e si
alterna ai commenti del pastore e delle monitrici. Si canta,
si fa la colletta e, sempre stando seduti nei banchi, si riceve
qualche bicchiere d’aranciata
con dolci e pizzette. Serata simile anche a Nueva Paimira,
con Hugo Malan; invece a
Juan Lacaze, dove ci rechiamo
anche con Giorgio e Rachele
Gavazzutti a trovare Ruben e
Teresa Artus, c’è una serata
ecumenica all’aperto, nella
piazza con l’immancabile monumento a J. Artigas. In questa
città operaia, che vive un difficile momento per la crisi delle
sue fabbriche (mentre Ruben
ce lo racconta penso alla Beloit di Pinerolo), conto più di
250 persone riunite per ascoltare brevi commenti biblici del
pastore valdese, di uno pentecostale e di un sacerdote cattolico, nonché i canti del coro di
Cosmopolita. Anche la presenza insieme di cattolici e pentecostali è per noi italiani una
novità: Ruben ci spiega che la
cosa qui è possibile anche per
il comune impegno di tutte le
realtà cittadine in vista di uno
sbocco occupazionale: sperano
di poter finalmente aprire il
porto commerciale sul Rio de
la Piata. Ancora a Vaidense
partecipiamo alla Navidad de
La Playa e ad una riunione in
casa di Roberto Malan e Sylvia
Roland Ricca, oltre alla serata
sul piazzale del tempio, particolarmente riuscita, e ancora
ad un incontro a casa di Mario
Dabalà e Lilian Gharbonnier, a
Garmelo. In molti casi i bambini sono stati veramente protagonisti, non era un Natale festeggiato per loro, anche se
c’erano i regalini sotto l’albero,
ma piuttosto erano i bambini
che raccontavano il Natale ai
grandi. Clima sempre molto familiare, poco ufficiale, molte
chiacchiere, informazioni. Per
il pastore è anche l’occasione
per fare qualche visita, prima
o dopo l’incontro. E sotto quegli enormi cieli stellati estivi
che si alzano sopra l’infinita
piatta campagna uruguagia
sembrava che la storia della
stella che guida verso Belém.
come dicono qui. fosse più immediatamente comprensibile,
non solo per i bambini ma per
tutti noi. Che Cristo sia il nostro orientamento decisivo:
questo è il miglior modo di farci gli auguri per il nuovo anno.
Un'esperienza arricchente nel Rio de la Piata
Volontariato in un'opera per minori
MARTA BARET
FRANCO BARUS
BEIAMO trascorso un pe. riodo di due mesi e mez
AJ
I
zo nell’America del Sud, per
la maggior parte del tempo in
Uruguay, con alcuni giri turistici in Argentina. Ci è stata
offerta, dai pastori Sergio Ribet e Riccardo Collazo, l’opportunità di lavorare come volontari nella «Obra ecumenica» della Fieu (Federazione
delle chiese evangeliche dell’Uruguay) nel Barrio Borro,
quartiere periferico di Montevideo. Abbiamo vissuto quasi
due mesi nella Obra in un piccolo appartamento a disposizione dei volontari, cercando
di collaborare con gli educatori nel loro lavoro quotidiano.
In questa opera sono ospitati
nel pomeriggio due gruppi di
bambini della scuola primaria, un gruppo di ragazzi e
uno di giovani. I bambini eseguono i compiti della scuola
che frequentano al mattino,
schede di recupero e altre attività come canto, lavoretti manuali, educazione religiosa e
giochi. I ragazzi e i giovani
(questi ultimi al mattino, lavorano per il Comune) svolgono
lavori artigianali, ascoltano
musica, giocano a ping pong,
suonano i tamburi e passano
molte ore a parlare dei loro
problemi quotidiani: droga,
sessualità, politica, organizzazioni sociali, situazioni familiari, fede.
Le cose più importanti che
trovano in questa opera sono
l’affetto, la comprensione e la
disponibilità degli educatori
(tra cui anche una psicologia e
un’assistente sociale), con i
quali possono parlare liberamente. Abbiamo potuto constatare le difficoltà sociali ed
economiche riscontrate dagli
operatori tutti nella «Obra ecumenica» e quanto questa sia
una presenza sociale ed evangelica importante nel Bario Boro, dove vivono 30.000 abitanti, molti dei quali in baracche.
Abbiamo anche visitato alcune comunità valdesi (Miguelete. Colonia Vaidense, Lascano), che ci hanno ospitato durante i fine settimana; lì abbiamo partecipato ai culti, alle
riunioni e ai pranzi comunitari: abbiamo gustato l’«assado
con cuero» cioè pezzi di carne
cotti vicino al fuoco con la loro pelle. Tra tutte le persone
incontrate, molte sono di origine italiana o hanno parenti
nelle nostre Valli. Ci è stato
anche possibile rivedere dei
vecchi amici (Sergio Rihet e
Enrico Costantino) e conoscere
di persona parenti di San Gustavo e La Paz, in Argentina,
con i quali eravamo già da
tempo in corrispondenza,
Abbiamo approfittato della
nostra permanenza in Sud
America anche per fare i turisti: le lunghe spiagge sull’oceano a Punta del Este, le rigogliose piante tropicali e le cascate
dell’Iguazù a nord dell'Argentina, i rossi tramonti e il cielo
stellato che, in quel territorio
tutto piatto, ci sembrava immenso rispetto a quello che vediamo qui tra le nostre montagne. Per questo soggiorno di lavoro e di vacanza ringraziamo
tutte le comunità che ci hanno
ospitato, i loro pastori e tutte le
persone che abbiamo conosciuto e con le quali abbiamo condiviso scambi di idee e di notizie. momenti interessanti, momenti di amicizia.
Il tempio di Colonia Vaidense
(disegno di Marco Rostan)
Comunicato delle chiese evangeliche di La Spezia
Moratoria alle iniziative ecumeniche
La Chiesa cristiana avventista del settimo giorno, la Chiesa evangelica battista e la
Chiesa evangelica metodista
esprimono il desiderio di non
essere coinvolti in iniziative
di carattere ecumenico durante la prossima Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio). Questa
«moratoria ecumenica» nasce
da un comune dissenso degli
evangelici alle celebrazioni
giubilaci cattoliche, che implicano anche la Settimana di
preghiera in quanto vengono
introdotti elementi che sono
di divisione e non di unione.
La Chiesa cattolica infatti ha
preso in occasione di questa
«Settimana», delle iniziative
che ci lasciano perplessi: prima l’apertura della porta santa
della Basilica di San Paolo
fuori le mura, che coincide
proprio con l’inizio della Settimana di preghiera, (come risulta dalla Bolla di indizione
del Giubileo Incarnationis Mysterium); poi la dichiarazione
tratta dal «Manuale delle indulgenze», nel quale si può
leggere che «Si concede l’indulgenza plenaria al fedele
che partecipa a qualche funzione durante la Settimana per
l'unità dei cristiani».
Queste iniziative seppur
rientrano nel quadro delle manifestazioni liturgiche della
Chiesa cattolica, così come è
stato chiarito dal Pontificio
Consiglio per l'unità dei cristiani in una lettera inviata al
decano della Celi (Concistoro
della Chiesa evangelica luterana in Italia), rendono ambiguo
il dialogo ecumenico, poiché
non è chiaro su quali basi si
voglia realizzare questa unità.
Come evangelici, infatti,
non possiamo far nostro il
Giubileo cattolico con la rela
Per essere giovani a una certa età
‘^vere bene la vita
fa stare meglio”
Quando i miei pazienti mi chiedono consigli
per vivere la loro terza età in modo indipendcnt^o
suggerisco sempre una soluzione residenziale.^
Una villa in una località tranquilla con un
ampio parco dove fare belle passeggiate.^
Una residenza dove si mantengono le proprie
abitudini ma si può contare su assistenza e servizi;
dove ci sono spazi per la vita in cornune, ^
e dove si possono ricevere visite con la massima libertà.™
Quando i miei pazienti mi chiedono un
Quando i miei pazienti mi chiedono un
indirizzo io non ho dubbi: La Residenza di Malnate perchè so per
esperienza che è la scelta giusta, ip
enza
u Sp
iN 0 E 01 to
Via P. Lazzari. 2.S numero 0
21046 Malnate (Va) cortesia '"AB
FaxO.TU 86 10 72 Tel. 0332 42 61 01
tiva prassi delle indulgenze
che si basa sul cosiddetto «tesoro dei meriti», poiché questa
pratica per noi offusca il concetto di «Giustificazione per
sola fede», un concetto biblico
che evidenzia come Tessere
umano è salvato non per i propri meriti ma per la sola e immeritata grazia di Dio in Gesù
Cristo. Noi evangelici pensiamo che Tunica vera indulgenza si ottenga con la morte e la
risurrezione di Gesù Cristo, alla quale si risponde con una
conversione e penitenza che
durano tutta una vita; e riteniamo, come affermava Lutero
nelle sue 95 tesi, che «il vero
tesoro della chiesa è il sacrosanto Evangelo della gloria
e della grazia di Dio» (tesi 62).
Ci auguriamo che con la nostra iniziativa, seppur sofferta,
si possa aprire un momento di
riflessione che aiuti a scrivere
una nuova pagina nel libro del
dialogo ecumenico (nato in
ambito evangelico) per giungere a una maggiore comprensione e fedeltà della chiesa di
Cristo alla parola di Dio.
past. Giampiero Vassallo
Chiesa avventista
past. Marco Garbusi
Chiesa battista
past- Massimiliano Pagliai
Chiesa metodista
Festa natalizia per i bambini di Portici
Natale a Casa Materna
SUSANNA D'AURIA
IL 19 dicembre scorso si è
svolto il consueto appuntamento della festa natalizia organizzata dalle classi della
scuola elementare di Casa Materna, a Portici. Con le loro voci, i ragazzi hanno riempito di
gioia i cuori dei tanti genitori,
parenti e amici raccolti nella
grande sala dell’auditorio. Numerosi anche gli ospiti, tra cui
il moderatore della Tavola valdese, Gianni Rostan, che dopo
il caloroso benvenuto della direttrice Rosaria Vincenzi ha
salutato i bambini e tutte le
persone presenti augurando
loro un Natale ricco di benedizioni del Signore.
La rappresentazione messa
in scena, dal titolo «Natale che
schianto!», narrava la bizzarra
vicenda capitata all’angelo Gabriele cbe, sceso sulla terra, ha
un incidente in seguito al quale perde la memoria. Con
l’aiuto di alcuni bambini Gabriele riesce a riacquistarla ricordando il motivo del suo
viaggio sulla terra; annunciare
a Maria la nascita di Gesù per
volontà di Dio. Con simpatici
dialoghi, intercalati da tipici
canti natalizi, i bambini hanno
augurato un Buon Natale ai
propri cari. Anche i ragazzi
ospitati nella Casa famiglia
hanno partecipato a questo
momento di festa, cantando la
canzone «Magnifica gente» di
Claudio Mattone, tratta dal
film «Scugnizzi» di Nanni Loi.
le cui parole rispecchiano la
situazione, le idee e i sentimenti di questi ragazzi. A conclusione della rappresentazione c’è stata la vendita di lavori
realizzati dagli stessi bambini,
il cui ricavato è stato devoluto
ai ragazzi del Sudan.
la serenità è di casa
GENNAIO 2000
Giubileo
La Chiesa dell’epifania, quella della profezia
Sviluppo
«Missing women», donne scomparse
Chiesa e omosessualità
Nuove prospettive in campo cattolico
Russia
L’ordine regna in Cecenia
Buddismo
«I tibetani vogliono l’autonomia»
Confronti- una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65,000;
(sostenitore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 61288007
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1,
venerdì 14 GENNAIO 2000
Vita Delle Chiese
PAG. 9 RIFORMA
i. Attività e iniziative della Chiesa metodista di Bologna
Una chiesa aperta a tutta la città
Tra conferenze e manifestazioni musicali, gli elementi qualificanti della vita comunitaria
sono anche e in primo luogo la lettura della Bibbia e l'apertura agli immigrati
GIOVANNI ANZIANI
con
piace
LO scorso 30 novembre il
Centro culturale protestante «Alessandro Gavazzi» ha
inaugurato un ciclo di incontri
sul tema «Protestantesimo italiano tra testimonianza di fede
e impegno civile», con la conferenza nella chiesa del pastore Giorgio Bouchard su «Risorgimento e protestanti» che,
grazie alla dinamica vivacità e
alla colorita chiarezza del relatore, ha coinvolto i presenti
nei fatti della storia del Risorgimento secondo una visione
protestante, rendendone i c~“
tenuti comprensibili e pir
volmente assimilabili.
Il mese di dicembre ha impegnato il Consiglio di chiesa
nell’organizzazione di un ricco
programma di iniziative comunitarie a carattere evangelistico
e culturale, coinvolgendo un
buon numero di persone, anche non appartenenti alla nostra comunità, grazie alla collaborazione attiva di molti fratelli e sorelle della chiesa. Ricordiamo innanzitutto due iniàative a carattere musicale. La
prima, il «Concerto per l'Avvento» svoltosi sabato 11, ha
visto impegnato il nostro fratello maestro Jolando Scarpa
insieme alla corale «Ensemble
Laura Conti». Le musiche e i
canti eseguiti appartenevano al
bagaglio della produzione europea del ’700 eseguiti dallo
stesso m.o Scarpa sull’organo
della chiesa (un Steinmayer
datato 1931). Come sempre la
qualità artistica è stata di alto
livello e il numeroso pubblico
presente l’ha saputo apprezzare. Nella seconda iniziativa abbiamo accolto nella nostra
chiesa il «Coro armonia» per
l’esecuzione tradizionale del
«Concerto di Natale», svoltosi
lunedì 20, che ha eseguito il
classico programma natalizio
con «Christmas carols» e canti
spiritual.
Vi sono stati poi i culti principali delle domeniche di dicembre. Il culto della scuola
domenicale, svoltosi domenica 19, con la partecipazione
del gruppo giovanile che da
alcuni mesi è divenuto internazionale per la presenza di
giovani inglesi, irlandesi, albanesi, tedeschi, statunitensi e
argentini. Il culto si è svolto
con una particolare liturgia
che ha dato spazio alle varie
voci di una comunità di fede
multietnica. Per il culto di Natale è stato possibile coinvolgere nella liturgia (ma questo
non è per la nostra chiesa una
novità), alcuni fratelli e sorelle
di altri paesi. La coralità del
culto si è espressa sia nella lettura biblica in lingua tigrigna,
eseguita da una sorella proveniente dall’Eritrea, sia nella
celebrazione della cena del Signore. A conclusione del culto
è stato recitato il Padre Nostro
in lingua ganaense. Come è
tradizione, sabato 18 abbiamo
ospitato la comunità luterana
della nostra regione per il culto di Natale in tedesco, seguito
da un’agape fraterna. Questa
comunità raccoglie circa 60-70
persone, in maggioranza sorelle tedesche provenienti da tutte le province dell’Emilia Romagna, e si raduna da alcuni
anni mensilmente nella nostra
chiesa per il culto e lo studio
biblico.
Una novità di quest’anno è
stata la possibilità di riprendere la consuetudine, appartenente alle nostre chiese metodiste, di avere una serata di
meditazione biblica, preghiera
e agape fraterna di fine anno
riunendoci nei locali sociali
della chiesa il 31 dicembre.
Infine ricordiamo una ini
CRONACHE CHIESE
ANGROGNA — 11 forte vento che ha colpito la vai d’Angrogna
il 28 e d 29 dicembre ha provocato importanti danni anche
agli edifici della Chiesa valdese. La copertura a lose dei
templi del Serre e del Capoluogo è stata scossa e rivoltata in
alcuni inulti, ma sono soprattutto il tetto del presbiterio e
quello della Scuola grande (locale in cui si tiene il culto invernale) ad essere stati distrutti in parte, insieme alle grondaie e ai fumaioli. In tutta la vai d’Angrogna, dal Serre al
capoluogo fino al Passel la tromba d’aria, oltre a danneggiare i tetti di capannoni, stalle e fienili, ha divelto una quantità ingente di alberi, alcuni molto grossi e i danni sono di
entità notevole.
• La Filodrammatica «di 30 anni fa» ha riscosso notevole
successo con la sua recita in piemontese, tanto da programmare altre tre recita oltre a quelle previste nelle giornate natalizie. Alla recita del 26 dicembre ha presenziato l’autore
di «1 20 ani) pi brut ’d pare Michel» e anche il pastore Alberto Taccia, cbe trent'anni fa era pastore ad Angrogna, ha
commentato per il pubblico la divertente commedia.
• Unanime cordoglio ha destato nella comunità angrognina
il decesso per malattia del giovane Massimo Buffa, residente
da alcuni anni agli Odin. Alla moglie e alla mamma, in particolare. giunga l'espressione della solidarietà fraterna di tutti.
TORRE PELLICE — Esprimiamo la nostra riconoscenza ai pastori Giorgio Tonni e Gianni Genre, a Marco Tullio Fiorio e
all’Unione femminile per i culti che hanno presieduto ultimamente. ,
• Si sono recentemente svolti i funerali di Prospero Goss,
Renato Musset e Elda Travers. Alle farniglie in lutto va ancora la solidarietà cristiana della comunità.
SAN GERMANO — Diciamo ancora il nostro vivo grazie al
Gruppo teatro Angrogna per aver presentato il suo lavcuo
«Fort 'Village» nella nostra sala. Un ringraziamento anche
alla corale per il bellissimo e apprezzato concerto offertoci
la sera del 23 dicembre. Grazie anche alla scuola domenicale per il bel programma di recite e canti presentato nel periodo natalizio. . V- J
• Il più affettuoso benvenuto a Joël, di Claudio Richiamone
e Franca Morel; il piccolo Gioele, di Giorgio Scotta
Balmas ha ricevuto il segno del battesimo nel culto del 19
dicembre: su entrambi invochiamo le benedizioni del Signore. , , j
• Ida Lantelme in Avondet ci ha lasciati all’età di 70 anni
dopo un lungo periodo di sofferenza. All’Asilo si è spenta
Elsa Richiardone ved. Bellard. il cui funerale ha avuto luogo nel tempio di Villar l’erosa. Anche il nostro giovane fratello Paolo Theiler non è più fra noi: per lui pure il periodo
di malattia è stato lungo. Esprimiamo la nostra fraterna simpatia ai familiari degli scomparsi.
PINEROLO — Un battesimo e un lutto hanno prima rallegrato
e poi rattristato la comunità nel tempo di Natale. E st^a
battezzata Rebecca Rabito, figlia di Paolo e di Angela De
Chirico, ed è mancato all’affetto della sua famiglia Attilio
Bosio. Grande è stata la partecipazione ai funerali di questo
fratello, il cui posto sarà vuoto a tutti i culti domenicali,
con la presenza di alpini e partigiani che lo avevano avuto
compagno e capo negli anni passati. Chiediamo al Signore
di benedire Rebecca nella sua crescita spirituale e di consolare i congiunti di Attilio in quest’ora di separazione.
Un colportore di fine '800
ziativa svoltasi nelTambito
della attività «Chiesa aperta»
che abbiamo intitolato «Un
messaggio di pace». Si è trattato di una mostra fotografica di
un fotoreporter di Zara, Robert
Marnika, sugli avvenimenti
bellici degli ultimi anni nei
Balcani. La mostra si è svolta
dal 27 al 30 dicembre. Grazie
all’impegno di diversi fratelli
e sorelle della comunità, è stato possibile testimoniare circa
l’impegno delle chiese evangeliche in Italia e in Europa affinché la pace sia una realtà di
vita e non solo una promessa.
È stata registrata la presenza di
molti cittadini i quali hanno
apprezzato la nostra iniziativa
in particolare per il suo messaggio evangelico.
Chiesa battista di Isola del Uri
Novanf anni di attività
SERGIO TAHOLI
Domenica 19 dicembre a
Isola del Liri si è svolto il
novantennale della fondazione
della locale Chiesa battista. La
rievocazione si è aperta con il
culto mattutino animato da diversi interventi. Il pastore
Gioele Fuligno, che ha esercitato il ministero dalT80 all’88, ha
paragonato la speranza della
comunità nell’intervento divino alla paziente attesa d’Àbramo, che confidava, nonostante
le apparenze avverse, nel compimento della promessa.
Il sacerdote della vicina
chiesa cattolica, don Domenico Ferri, ha donato momenti
di sincera commozione nel
ringraziare Dio per l’esistenza
di questa comunità evangelica:
«i semi che lo Spirito ha suscitato in voi - ha detto don Ferri
- sono diventati frutti». Il fratello Sante Gannito, figlio di
Graziano Gannito anch’egli pastore a Isola del Liri, ha espresso gratitudine alla Chiesa
LA TAVOLA VALDESE INFORMA
Carta ecumenica
La Tavola ha giudicato
molto opportuna l’iniziativa
di Riforma di pubblicare
(nel numero del 26 novembre 1999) il testo della «Carta ecumenica» per l’Europa
e, nelle sue ultime sedute ai
primi di gennaio, ha accettato la raccomandazione
della Commissione consultiva per le relazioni ecumeniche di invitare le chiese
locali a studiarla e ad esprimere i propri commenti alla
Commissione stessa (Maria
Sbaffi Girardet, via Banco
di Santo Spirito 3, 00186
Roma) entro il 30 aprile
prossimo. In un momento
particolarmente delicato
delle relazioni ecumeniche
la Tavola ritiene che lo studio di questo documento da
parte delle nostre chiese
possa facilitare il cammino,
spesso accidentato, verso
una «unità nella diversità»
in uno spirito di sempre
maggiore consapevolezza e
di riconciliazione.
battista per aver contribuito alla sua formazione spirituale.
Chi scrive, nel meditare sul
salmo 124, ha messo in rilievo
il problema tipico di ogni minoranza di affermare la propria
identità. Come Israele doveva
difendere la propria fede monoteista di fronte a un mondo
politeista così (come si evince
dalle pagine di storia di questa
chiesa) la comunità di Isola
del Liri agli albori della sua vita dovette lottare per affermare
la fede evangelica. La consapevolezza della presenza e dell’aiuto del Signore le ha dato
la spinta per sopravvivere.
Dopo l’agape è stato proiettato un filmato, a cura del
gruppo Fgei della comunità,
che ha ripercorso le tappe salienti della storia della chiesa.
Si è fatto attenzione a non cedere al trionfalismo. La rievocazione, infatti, è stata svolta
all’insegna della sobrietà, attingendo al passato per trovare
le motivazioni del presente in
vista del futuro.
AGENDA
14 gennaio
TORINO — Alle ore 18, nel salone del Centro teologico (corso
Stati Uniti 11/h), il biblista Romano Penna parla sul tema: «Il
Dio del kerygma cristiano». Presiede il past. Giorgio Bouchard.
FIRENZE — Alle ore 17, al Centro culturale protestante «P. M.
Vermigli» (via A. Manzoni 19-21), il past. Giuseppe Platone
parla su: «Giubileo e Anno Santo cattolico: Gesù Cristo, il grande assente». Introduce e modera il giornalista Davide R. Rapini.
15 gennaio
BERGAMO — Alle ore 17,30, al Centro culturale protestante
(via T. Tasso 55, primo piano), il pastore Salvatore Ricciardi
conduce il primo di cinque incontri su «L’apostolo Paolo e le
linee ispiratrici dell’etica», dedicato al tema: «“Se uno è in Cristo, egli è una nuova creatura” (II Corinzi 5,17)».
MILANO — A partire dalle ore 9,30 alle 12,30, nel salone della Chiesa metodista (via Porro Lambertenghi 28), il pastore Jonathan Tarino conduce un incontro per predicatori locali del
6° circuito delle chiese valdesi e metodiste sul tema: «La confessione di fede nella predicazione».
MILANO — Alle ore 21, alla Chiesa valdese (via Sforza 12) si
tiene un concerto contro la pena di morte organizzato dalle
chiese valdese, metodista, battista di Milano e Bollate, con il
baritono Sergio L. Zini e la pianista Caterina Calderoni con
musiche di Schubert. Offerte a favore della difesa legale di Gregory Summers, condannato in Texas.
MANTOVA — Alle ore 20,45, nela sala del Plenipotenziario
(p. Sordello 43), il Sae organizza un incontro con il prof. Daniele Garrone sul tema: «La Bibbia, almeno due letture».
16 gennaio
MESTRE — Con inizio alle ore 10, nella chiesa valdese (via
Cavallotti 8), la Federazione delle chiese evangeliche del NordEst organizza un incontro di aggiornamento di monitori, catechisti e genitori sul tema; «I bambini, il culto, la chiesa».
MANTOVA — Alle ore 17, nella sala del Plenipotenziario
(piazza Sordello 43), il rabbino Adolfo Locci parla sul tema:
«L’attualità della Bibbia ebraica».
17 gennaio
TRIESTE — Alle ore 17,30, al Centro Veritas (v. Monte Cengio
2), per il Gruppo ecumenico, il dott. Umberto Piperno, rabbino
capo della Comunità ebraica, in occasione della Giornata del
dialogo ebraico-cristiano, parla sul tema; «“Sono io forse il custode di mio fratello?”. Fratellanza e responsabilità reciproca».
19 gennaio
SAVONA — Alle ore 17, in corso Mazzini 25/3, l’Università
della terza età e la Chiesa metodista, per il corso «Leggiamo insieme la Bibbia», organizzano una lezione del pastore Franco
Becchino sul tema; «Giovanni: “...queste cose sono'scritte affinché crediate” (cap. 20, 31)».
20 gennaio
GENOVA — Alle ore 17,30, nella Biblioteca della Società di
letture scientifiche (palazzo ducale, atrio piazza De Ferrari,
piano ammezzato), per il ciclo di incontri del Gruppo Sae su
«Fede, religioni e cultura», il teologo Carlo Molari parla sul tema; «L’uomo e il bisogno di Dio».
MODENA — Alle ore 17,30, alla Fondazione San Carlo (via
San Carlo 5), per il ciclo di incontri su «Altri mondi. Strategie
di immortalità e identità religiosa», la prof. Michela Nacci parla sul tema: «Tecnologie per l’aldilà. Strategie individuali e
bricolage religioso contemporaneo».
TRENTO — Alle 20,30, nella Sala di rappresentanza della Regione (piazza Dante), si tiene un incontro delle diverse comunità cristiane sul tema: «La tua preghiera per l’unità, la tua preghiera per la pace». Intervengono don Silvio Franch, il past. Sebastian Zebe, p. Marius Kociorba e la past. Letizia Tomassone.
23 gennaio
TORINO — Alle ore 17,30, nel tempio di corso Vittorio, per la
serie «Musica e preghiera», l’organista Marco Limone esegue
musiche di Cabanilles, Mendelssohn, Brahms, Bach, Chápele!.
24 gennaio
TORINO — Alle 17, nella sala valdese di via Pio V 15 (I p.),
per il ciclo di incontri sulla donna nella Bibbia e nell’ebraismo, Doriana Giudici, presidente della Federazione donne
evangeliche italiane, parla sul tema: «Deborah e la profezia».
25 gennaio
BOLOGNA — Alle 20,45, nella chiesa metodista (v. Venezian 1),
il Gruppo biblico interconfessionale organizza uno studio a cura
di R. Ridolfi sul tema: «Proverbi, temi centrali della sapienza».
29 gennaio
MILANO — Alle 17, al Centro culturale protestante (sala della
Claudiana, via F. Sforza 12/a), per il terzo incontro sul tema della spiritualità protestante, il past. Ferrarlo parla sul tema: «Gratitudine e servizio: la spiritualità della Ginevra di Calvino».
La scuola
domenicale
Abbonamento per l’interno L. 35.000
Abbonamento sostenitore per l’interno L. 50.000
Abbonamento per l’estero L. 40.000
6 0 più abbonamenti
allo stesso indirizzo (l’uno) L. 30.000
da versare sul c.c.p. n. 18345223 Intestato a «Comitato Scuole Domenicali», via
Porro Lambertenghi 28 - 20159 Milano
10
PAG. 10 RIFORMA
Commenti
VENERDÌ 14 GENNAIO 2000
\(enerdì 1
I Riformi Al
IL SALUTO
DEL PRESIDENTE
PIERA ECIDI
Uno schiaffo in faccia. Questo
l’effetto del discorso di Capodanno del Presidente della Repubblica, il «presidente di tutti gli italiani», nel suo commosso saluto al
romano pontefice, e stop. Forse
che le altre comunità religiose
non andavano salutate? Forse che
i maestri laici della cultura non
trovano posto negli auguri del Capo dello Stato? Forse che le personalità impegnate nella difesa dei
valori etici e civili nel nostro disastrato paese non sono degne di un
pensiero? Forse che il 2000 in Italia si configura come una specie di
lungo genetliaco del papa?
Dispiace moltissimo porre questi interrogativi.
Con le migliori
disposizioni
d’animo di leali
cittadini ci eravamo sistemati infatti di fronte al
teleschermo che
rifletteva il viso
bonario e sereno
del nostro Presidente. E dispiace
infine che nessu- .......
no 0 quasi dei tanti nostri opinionisti l’abbia notato. E questo non
perché non si condividano tanti
punti della battaglia spirituale del
pontefice, ma perché la sua figura
non ci riassume tutti. Tutti i cristiani delle diverse confessioni. Figuriamoci un ebreo o un islamico
0 un buddista o un ateo.
Il discorso su una valutazione
politico-culturale-teologica di
questo pontificato è complesso.
Ma è possibile invece additare con
forza Fimbarbarimento generale
del costume politico in Italia, che
fa sì che non si distingua più tra
religione di maggioranza (le altre
essendo non considerate) e stato,
tra doveri della fede e doveri di
cittadinanza. Questa distinzione,
culturale prima ancora che politica, è sempre stata ardua in Italia,
dove la difficile unificazione nazionale si è scontrata da subito
con l’esistenza millenaria di uno
stato della chiesa, e dove i successivi tentativi di sanare la «ferita»
aperta con la conquista di Roma
capitale hanno prodotto i guasti
di un Concordato, che in forme
diverse ci portiamo ancora oggi e
che contrasta, nel suo oggettivo
privilegio, con le mutate condizioni di pluralismo religioso e di secolarizzazione, nonché con le
strutture di democrazia dello stato. In questo senso è vera la considerazione di chi afferma che il
cattolicesimo in Italia è «in minoranza», nel senso che i credenti e i
praticanti lo sono. Ma è pur al
^ Capodanno Ciampi
ha salutato il papa
dimenticando i laici
e le altre comunità
religiose
trettanto vero, però, che il cattoli
cesimo SI è così strettamente integrato con lo stato, da essere, di
fatto, l’unica confessione religiosa
«visibile».
La difficile transizione democratica in cui viviamo, il bisogno
di affermare dei valori in un momento di sbandamento delle coscienze dovuto al crollo dei vecchi
partiti con Tangentopoli, il dinamismo, nonostante la malattia e
l’età, dell’attuale pontefice e la sua
presenza mediática, tutto ciò ha
ingigantito l’immagine cattolica e
papale ne! nostro paese, a scapito
della necessaria distinzione tra ciò
che è «del mondo» e ciò che appartiene alla sfera del religioso.
A scapito anche
della volontà di
incontro ecumenico a cui tendiamo in tanti: mentre l’attuale papato sarà ricordato
per gli innegabili
sforzi di «conversione» e «pentimento» di tante
colpe storiche
della chiesa, questo movimento delle sensibilità,
dei cuori e degli spiriti viene continuamente turbato e messo in
forse dagli usi politici e giornalistici del fatto religioso, in particolar modo per gli eventi e le celebrazioni della confessione di maggioranza. Questi si prestano, infatti, in rutilanti scenografie, al messaggio immediato delTimmagine,
soprattutto televisiva. Ne viene
fuori, nella commistione tra religioso e profano, una specie di visione di potere teocratico a cui il
potere civile fa solo da spettatore
cortigiano: una visione premoderna, espressa con postmoderno fasto mediático, che viene incontro
bene, forse, a un inconscio collettivo del nostro paese rimasto nei
suoi precordi e nelle sue viscere
ancestralmente monarchico.
Visione che turba profondamente noi che siamo credenti, sì,
ma laici e repubblicani. Se questo
ci viene proposto come un messaggio di uniformità che cancella
la nostra differenza, che cosa possiamo fare, se non sentirci credenti e cittadini di serie B? Del resto,
la strategia della cancellazione
delle diversità è stata, proprio nella storia delle persecuzioni, un
modo più «Soft» per eliminare gli
«eretici» nei tempi passati. Per secoli, ad esempio, i valdesi in certe
valli del Piemonte occupate dalle
truppe della Controriforma, vennero seppelliti come cattolici. E di
loro venne così cancellata ogni
traccia. Ditecelo, almeno, quando
dobbiamo di nuovo emigrare.
REDAZIONE CENTRALE TORINO:
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1998
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La testata Riforma è registrata dal Tribunale di Pinerolo con il numero 176/51,
Riforma-L'Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L'Eco delie valili valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 175/51 (modifiche registrate il 6 dicembre1999).
il numero 1 del 7 gennaio 2000 è stato spedito dall'Utficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5. mercoledì 5 gennaio 2000.
L'ecumenismo è scomodo, per tutte le confessioni
Abbeverati dello stesso Spirito
Storicamente tutte le chiese hanno cercato di sottrarsi al problema
dell'unità dei cristiani L'importanza dell'incontro e l'ascolto reciproco
Nell’approssimarsi deiia Settimana di preghiera per Vanità dei
cristiani (18-25 gennaio) pubbiichiamo questo intervento postumo che Franco Dupré, delegato fraterno della Chiesa valdese al
Sinodo della diocesi cattolica di Roma del 1992-93, ebbe a scrivere nel febbraio del 1995.
I »i.4i»
FRANCO DUPRÉ
OGNI anno nel mese di
gennaio, in occasione della Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani, si riaccende nella nostra chiesa la discussione fra sostenitori e oppositori di contatti ecumenici
con la Chiesa cattolica. L’ecumenismo è scomodo, per ogni
confessione, perché costringe
ognuno a confrontarsi con una
cultura religiosa molto diversa
dalla propria. È scomodo perché pretende che si riconosca
che lo Spirito soffia anche
nell’altra comunione, proprio
quella che si riteneva (e spesso
ancora si ritiene) non fedele
all’Evangelo, e perciò non degna del nome di «cristiana».
Storicamente tutte le confessioni hanno cercato di sottrarsi al problema dell'unità della
chiesa. Fino in questo secolo il
mondo cattolico si è trincerato
dietro la scomunica del protestantesimo, e noi dietro la definizione di Roma come la
«Babilonia» dell’Apocalisse.
Più recentemente, davanti al
diffondersi dell’idea di ecumenismo, si è cercato di neutralizzarla con interpretazioni limitative: per esempio al mondo evangelico piace spesso
pensare che si tratti solo del
cammino che le confessioni
cristiane presenti nel Consiglio ecumenico di Ginevra
debbono ancora percorrere (e
tacitamente ci si limita ulteriormente alle sole componenti evangeliche, dimenticando
il vasto arcipelago ortodosso, a
noi sconosciuto e culturalmente ancora più lontano che
la Chiesa cattolica), mentre
nella pastorale cattolica è presente l’espressione «ecumenismo spirituale», «che è frutto
di conversione e di preghiera
(...), di predicazione e di catechesi...». Solo da ultimo la definizione si ricorda anche che
ci vuole un «rispettoso incontro», dimenticando che l’ecumenismo inizia solo quando ci
si incontra e ascolta l’altro. Si
deve però riconoscere che dal
Concilio Vaticano II in poi nel
cattolicesimo sta crescendo,
molto più che da noi, un obbligo morale all’ecumenismo,
che è all’origine delle continue richieste di incontro che
ci vengono rivolte.
Ma è proprio necessario cercare l’incontro ecumenico? La
risposta, secondo me inequivocabile, sta nel capitolo 12 della
prima lettera ai Corinzi, dove
si parla di mani e di piedi, di
occhio e di orecchio e di naso,
del capo e delle parti meno
onorevoli del corpo, ma tutti
uniti in un unico organismo.
Anche di questo brano le teologie delle varie confessioni hanno dato interpretazioni limitative, che sembrano però dimenticare che esso inizia con
una definizione di chi è cristia
no, a cui io non so come sfuggire: «Noi tutti abbiamo ricevuto il battesimo di un unico Spirito per formare un unico corpo, e Giudei e Greci, e schiavi
e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un unico Spirito».
Il battesimo d’acqua, pur con
grandissime differenze di interpretazione, è per tutte le chiese
cristiane posto all’inizio del
cammino del credente, perché
compreso come segno del battesimo dello Spirito. E proprio
per questo il battesimo è l'unico sacramento che né la Chiesa
cattolica né la nostra e le altre
chiese della Riforma ammettono possa essere ripetuto, malgrado ricorrenti tentazioni del
contrario (con l'eccezione delle
chiese battista, perché esse non
riconoscono comunque il battesimo dei bambini). Ma nelle
parole di Paolo è proprio il battesimo che ci rende tutti membra deH'unico corpo di Cristo,
cattolici, ortodossi e protestanti, tra i quali le differenze non
sono certamente maggiori che
fra la testa e un piede, fra un
giudeo e un greco, fra uno
schiavo e un libero. «Abbeverati dello stesso Spirito» dal
battesimo, non abbiamo perciò
il diritto di negare che lo Spirito soffi anche, se lo vuole,
nell’altra confessione.
Resta il problema di riconoscere quando e dove lo Spirito
è presente e sta operando; ma
questo richiede agape, che
non può essere vissuta in solitudine ma necessita l’incontro, che va desiderato, cercato
con pazienza, vissuto con sincerità e rispetto, perché altrimenti non è neH’amore.
cM a r, T P
I Vita e morte in Olanda
«
Una buona notizia dai Balcani
limanti delle imprese si sono
susseguiti facendo lievitare il
tasso di disoccupazione al 20%
della popolazione attiva.
Di fronte a questo disastro,
l’Hdz ha accentuato il carattere
autoritario del suo regime,
bloccando il processo di integrazione alle istituzioni europee e rafforzando il controllo
sui mass media. Intuendo la
perdita del consenso popolare,
ha cercato neH’ultimo anno
l’appoggio della potente Chiesa
cattolica, approvando nuovi
provvedimenti per accelerare
la restituzione dei beni ad essa
confiscati dopo l'avvènto del
regime comunista. Ma anche
questa mossa non ha portato i
suoi frutti poiché il nuovo arcivescovo croato, mons. Bozanic,
percependo l'ansia di cambiamento presente nel paese, ha
mantenuto un atteggiamento di
neutralità, non mancando, anzi, negli ultimi mesi di assumere alcune prese di posizione
sui rischi dell'isolamento internazionale e sui «peccati strutturali» del paese.
«Possiamo ora attenderci
progressi nello sviluppo della
democrazia - afferma Branimir
Bukanovic, pastore riformato
che opera a Zagabria -. Dopo
anni in cui un unico partito disponeva della maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento,
ora abbiamo due blocchi multipartitici che gestiranno il potere. Io spero che ciò aiuterà a
sviluppare la democrazia, la libertà di opinione, la modernizzazione socio-economica». Ma
la vittoria elettorale dei partiti
di opposizione può proiettare i
suoi riflessi anche al di là dei
confini nazionali. «La Croazia
può dare un contributo significativo per la stabilità dell'intera regione balcanica», dice ancora Bukanovic.
È probabile che i rifugiati
serbi, fuggiti dalla Croazia durante la guerra potranno tornare nei luoghi di origine con
maggiore facilità, liberando così le case ora occupate nell’entità serba della Bosnia e consentendo così un più agevole
rientro degli sfollati musulmani, ovvero alleggerendo la disastrosa situazione sociale e
IL nuovo anno ha avuto inizio con la spiacevole constatazione che anche in Italia si
stanno moltiplicando le «baby
gang», gruppi di ragazzini dai
12 ai 16 anni che si ritrovano
per scippare persone anziane,
rubacchiare qua e là, e assalire
coetanei per strappare loro pochi spiccioli e il telefonino. Il
fenomeno era già ben noto in
Francia e Gran Bretagna, molto
meno qui da noi. E un fenomeno inquietante anche perché
denota la presenza di grossi
problemi psicologici. Quasi
nessun ragazzino compie questi atti per necessità economica, ma perché è convinto che la
vita ha valore in rapporto alle
cose che si posseggono.
In famiglia ormai sono abituati così: ogni segno d'affetto
è dimostrato soltanto attraverso gli oggetti che vengono regalati. Identificano l’amore dei
—
PIERO bensì
genitori con le cose che riempiono le loro stanze. Scrive un
noto giornalista e filosofo: «E
una generazione che ha un
basso livello di autoconsiderazione, introversa, indolente,
un’inerzia provocata da un'eccessiva esposizione agli influssi della televisione, un'unica
preoccupazione: procurarsi
un'incredibile quantità di prodotti, di oggetti, di beni di
consumo e di esibizione, per
ché il rapporto d'amore con i
loro genitori è passato solo attraverso le cose e non attraverso il tempo, la disponibilità, la
comunicazione».
Un'analisi molto lucida e
realistica, che da tempo hanno
fatto le case produttrici di divertimenti, di vestiario griffato. di oggetti inutili, come i
cellulari che imperversano nel
nostro paese, quasi una piaga
biblica: ce li troviamo per la
Sul numero del 24 novembre del settimanale diretto
da Enrico Deaglio si trova
una nota riferita alla legislazione olandese in materia di
eutanasia. Il corale luterano
Vieni dolce morte, si legge,
«esprime un’accettazione serena della morte nelle culture protestanti nordiche, lontana dalla drammaticità barocca del Sud Europa cattolico». E il te.sto prosegue:
«Benché oggi anche le chiese protestanti si dichiarino
contrarie all'eutanasia, proprio la Riforma ha segnato
un passo decisivo verso la
secolarizzazione della società e un atteggiamento postreligioso nei confronti della morte». Più avanti la psicoioga Martine Cornelisse,
della Società olandese per
l’eutanasia volontaria, dice:
«La vita non è sacra a ogni
costo. La sacralità della vita
è qualcosa che dobbiamo
proteggere per conto di persone che non sono in grado
di proteggerla da sé, come
neonati, o adulti con handicap mentale (...). La legge riguarda invece la terminazione della vita su richiesta di
una persona. Il valore della
vita non è definito dalla società, ma dalla persona che
vive quella vita».
EflZlOKE
Finalmente la verità
umanitaria in Serbia, ove i più
attualmente vivono in condizioni alla soglia della sopravvivenza. Tutti si attendono soprattutto dal nuovo governo il
pieno rispetto degli obblighi
assunti con gli accordi di Dayton riguardanti la sovranità e
l'integrità della Bosnia-Erzegovina e, dunque, la rescissione
del cordone ombelicale con la
leadership croato-erzegovese.
«I croato-bosniaci devono considerare la Bosnia come la loro
casa e noi li aiuteremo a fare
questo», ha dichiarato alla radio bosniaca Ivica Racan. leader socialdemocratico e futuro
premier del governo croato.
Poiché nei Balcani gli opposti nazionalismi hanno sempre
finito per rafforzarsi reciprocamente, non è da sottovalutare,
infine, il positivo effetto di
emulazione che i recenti eventi
in Croazia potrebbero avere in
Serbia nell’indebolire Milosevic, il principale, anche se non
certo unico, artefice e responsabile della carneficina balcanica degli Anni 90.
Valter Cittì
Nel numero di ottobre del- ,
la rivista ideologica della destra, dedicata ai dieci anni
dal crollo del Muro di Berlino. don Gianni Baget Bozzo
contrappone alla Germania
della riunificazione, quella
cattolica di Kohl. alla Prussia di Bismarck, seguita da
quella sovietizzata. «La riunificazione - scrive - era la
prova che la Germania autoritaria e autocentrata di Lutero e di Bismarck cedev a il
passo a un'altra Germania.
L'idea prussiana di un gran- |
de impero tedesco era fallita |
e i cattolici del Sud e dell'Ovest diventavano i costruttori di un'umile Germania, fondata sulla società civile e sulTeconomia». Ma ce
n'è per tutti: l'«humilis Russia» è «divenuta un vassallo
degli Stati Uniti (...) il paese
che più dell'Europa aveva
mantenuta la sua identità
cristiana in forma calvinista». Anzi «solo in un po]iolo cristiano come quello russo e senza una educazione
cristiana poteva sorgere
l’idea di una apocalisse immanente. la realizzazione
Inell'ideologia comunista,
ndr] sulla terra del regno
dell'iiomo al posto del regno
di Dio». Luterani, calvinisti
e ortodossi sono serviti.
strada, sugli autobus, in treno,
nelle corsie d’ospedale e persino in chiesa. Tanto che non
averlo provoca nei ragazzini
un complesso di inferiorità. I
genitori devono imparare a offrire tempo e amicizia a questi
adolescenti, anche a costo di
rinunziare a qualche guadagno. È l'età in cui si forma il
carattere; non permettete che
siano la televisione o i cellulari o altri oggetti a formare il
carattere dei vostri figli. Hanno bisogno del vostro affetto
più di (pianto possiate immaginare. Gesù disse un giorno:
«Lasciate i fanciulli venire a
me». Non aveva nulla da dar
loro: dava se stesso.
(Rubrica «Un fatto, un commento» della trasmissione di Hadiouno «Cullo evangelico» curata dalla Federazione delle chiese
evangeliche in Italia andata in
onda domenica 9 gennaio!
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y^nerdì 14 gennaio 2000
PAG. 11 RIFORMA
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A Luserna S. Giovanni la 19^ edizione
Buon successo per il cross
Buon successo del «cross di Luserna» disputatosi domenica
nei prati adiacenti il complesso sportivo Alpi Cozie. Era la 19^
edizione: «Sarebbe bello che in futuro questa gara venisse inserita nei calendari nazionali e non solo regionali», è l’auspicio degli
organizzatori del 3S. Il presidente provinciale del Coni, Gianfranco Porqueddu, ha raccolto la speranza, a sua volta auspicando che l’assegnazione all’Italia (e a Torino in particolare) delle
Olimpiadi invernali del 2006 possa rappresentare non solo un
successo per gli sport invernali ma un investimento sulla pratica
sportiva in generale. Per la cronaca hanno partecipato 621 atleti
in rappresentanza di 51 società con successi di Massimh Galliano fra i seniores, di Valerio Gullì, pinerolese, fra gli juniores,
dell’udinese Flavia Gaviglio fra le ragazze.
L'on. Valdo Spini a Torre Pellice
Una difesa europea
«L’Europa politica: una difesa europea»: su questo tema è intervenuto l’on. Valdo Spini, presidente della Gommissione difesa
alla Gamera, per una conferenza organizzata dal Movimento federalista europeo mercoledì 12 gennaio nella sala consiliare di Torre Pellice. Quella dell’esercito europeo è una questione sulla quale nel nostro paese non si è ancora discusso. Eppure, dopo 1 abolizione della coscrizione obbligatoria in quasi tutti i paesi, potrebbe essere una spinta verso un governo federale d Europa. Spini, autore fra l’altro del libro «La naia, no grazie!», é ancora ospite del Movimento federalista europeo dopo l’appuntamento mancato nel marzo 1999 per la crisi di governo.
Venerdì 14 a Pinerolo ci sarà il ministro Gasare Salvi che interverrà su giovani e lavoro all’auditorium del liceo scientifico.
Riforma
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Fondato nel 18481
Il caso Beloit non è l'unico a tenere in apprensione i lavoratori e le loro fanniglie
Industria a rischio nel Pinerolese
Anche Microtecnica, Skf e Turati sono toccate dalle voci sulle possibili vendite: il Patto territoriale
e i cosiddetti modelli alternativi di sviluppo basteranno a rilanciare l'occupazione?
DAVIDE ROSSO
CHE sia in atto nel Pinerolese un forte processo di deindustrializzazione certo non lo si può
negare. L'impoverimento
della situazione industriale spinge anche le chiese
ad attivarsi perché, come
si legge in una recente lettera della presidente del
comitato del Collegio valdese di Torre Pellice al
Concistoro di Pinerolo, al
moderatore della Tavola e
al presidente del I distretto, «i cambiamenti economici in atto non ci trovino
impreparati. Occorre innanzitutto fare una ricerca
rigorosa delle possibili
prospettive del Pinerolese
in ambito dell'occupazione e pianificare delle azioni di formazione ad essa
correlate». Fatto certamente non marginale poi
del processo di deindustrializzazione e la condizione lavorativa di molti
dipendenti di medie e piccole industrie che spesso
risente di questa situazione di crisi che indirettamente finisce per condizionare i rapporti di lavoro e la (jualità della vita
dei dipendenti in fabbrica.
I 1.200 posti di lavoro
persi lo scorso anno nelle
aziende metalmeccaniche
del Pinerolese. la crisi a
Pinerolo della Beloit Italia
e la vendita ufficializzata
a luglio dello stabilimento
dell'Skf. le voci insistenti
di una sorte analoga che
potrebbe toccare agli impianti produttivi della
stesso gruppo industriale
a Villar Perosa. la crisi
della Microtecnica e della
Turati a Luserna sono
molto più di un sintomo
dell'aria di crisi industria
le del territorio. Molti lavoratori e i sindacati si dicono preoccupati anche
se qualcosa alle Valli per
cercare di arginare questo
fenomeno si sta facendo^
puntando anche su tipi
differenti di sviluppo come il turismo o i prodotti
tipici. Recentemente ha
preso il via anche il Patto
territoriale pinerolese e
nel Comune di Pinerolo
sta nascendo un Polo integrato di sviluppo che nelle aspettative di molti dovrebbe portare più produttività e occupazione a
tutto il territorio.
Ma al di là deH’impegno di molti e delle soluzioni cercate, chi un posto
lo ha come vive oggi nelle
Lo stabilimento Skf a Pinerolo
aziende pinerolesi? «Purtroppo - dice Marco Selvaggini, della Fiom Cgil è in qualche modo in atto
un imbarbarimento dei
rapporti di lavoro. Al di là
delle situazioni di crisi
reale che molte grandi industrie vivono infatti 1’
impressione è che in esse
dietro ad alcune assunzioni vi siano ricatti, soprusi
che stentano ad emergere,
compiuti non dalle aziende ma da dipendenti che
all'interno di esse a titolo
puramente personale cercano di approfittare della
situazione e della necessità di lavorare di molte
persone.
Nelle piccole aziende
poi la situazione è ancora
più difficile con i lavoratori che si rivolgono
aH’esterno, alle organizzazioni sindacali in particolare, solo quando ormai
non hanno altra alternativa, con il risultato che oggi lavorano quasi di più
gli uffici vertenze dei sindacati che i sindacalisti».
Una situazione quindi per
molti versi difficile, aggravata dalla scarsa, se non
nulla, comunicazione in
molte grandi aziende tra
lavoratori e dirigenza, come conferma Giampiero
Glement, dipendente dell’
Skf di Villar Perosa, che
vede crescere il divario tra
i dipendenti e l’azienda.
Lavorare per la crescita
del Pinerolese può avere
risvolti positivi non solo
sull’economia ma anche
sui rapporti umani, sul
territorio ma anche sulle
persone che vi vivono.
Dalla Regione alla Provincia
Per l'agricoltura
nuove competenze
Le competenze in materia di agricoltura e sviluppo rurale che fino allo
scorso anno erano proprie
della Regione Piemonte
dal 1“ gennaio, per effetto
di una legge regionale del
luglio ’99, sono passate alle Provincie e alle Comunità montane. Il provvedimento, assicurano gli enti
interessati e la Provincia
di Torino in particolare,
non comporta nessun
cambiamento per l’utenza
che potrà continuare a recarsi negli uffici di Torino, Pinerolo e Ivrea che
prenderanno però ora il
nome di «Provincia di Torino - Servizio agricoltura» invece di «Servizio
territoriale agricoltura
della Regione». In buona
sostanza il passaggio di
competenze, che tra l’altro pone in essere le disposizioni governative in
materia di decentramento
legate alle varie «Leggi
Bassanini», fa sì che ora
sia solo più la Provincia
di Torino (nel caso delle
Valli) a occuparsi della
pianificazione e dello sviluppo agricolo del territorio gestendo tra l’altro anche l’erogazione dei finanziamenti regionali.
statali o comunitari agli
agricoltori.
«Faremo di tutto - spiega l’assessore all’Agricoltura della Provincia, Mar
co Bellion - per ridurre al
minimo i disagi derivanti
da questa fase di transizione. Resta ancora aper
to il problema del trasfe
rimento di risorse. Nei
prossimi sei mesi, insie
me alla Regione, dovremo
determinare anche quel
che dovrà esserci trasferito in termini di “denaro
fresco" da destinare al settore agricolo del territorio.
In prospettiva siamo certi
del fatto che il decentramento produrrà effetti po
sitivi per l’intero settore
Al di là dei progetti che
stiamo già sviluppando a
favore dei prodotti tipici,
pensiamo di intervenire
anche da un punto di vista strutturale, portando
gli uffici del servizio agri
coltura presso tutti i nostri circondari».
Minor chiarezza c’è al
momento, circa il passaggio di alcune competenze
anche alle Comunità mon
tane, che nel corso di questi ultimi anni sono diventate un sicuro riferi
mento per gli agricoltori
CONTRAPPUNTO
LA BIBBIA
NEL PIATTO
MARCO ROSTAN _
L'«alimento dello
nostra fede»
non può essere
isolato dalla
quotidianità
Bibbia e giornale, raccomandava il teologo Karl
Barth per la quotidiana esistenza del credente. Non so
quanto si legga la Bibbia
oggi nelle nostre famiglie,
anche se il volumetto «Un
giorno una parola» dovrebbe in qualche modo stimolarci in questa salutare
disciplina. Quanto al giornale, ho l’impressione che
per molti semplicemente
non esista. Magari chi viaggia dà un occhiata ai titoli
e il lunedì si
sofferma sullo
sport; per le
notizie e per il
tempo bastano
e avanzano i telegiornali...
È vero che i giornali abbondano di cose inutili e delle
infinite beghe politiche, ma
probabilmente il suggerimento di Barth voleva dire
qualcosa di più importante, cioè che l’alimento principale della nostra fede e
della nostra testimonianza,
la lettura della Bibbia, va
mangiato in un piatto, e il
piatto è la realtà che ci sta
intorno, i suoi problemi, la
società, l’economia, la politica, la cultura, le sorti del
territorio in cui abitiamo.
Nel recente passato (penso agli Anni 60 e 70) a un
certo punto il piatto ha rischiato di prendere il
sopravvento sulla pietanza.
Non era vero, ma la protesta contro la politica nella
chiesa si è fatta sentire. In
genere questa protesta è rivolta contro la sinistra,
sembra che gli altri non
facciano mai politica. Ma
oggi mi pare a volte di essere all’eccesso opposto. Nelle chiese è scomparsa la politica, nel senso positivo e
ampio del termine, cioè la
discussione dei problemi
economici, di come trovare
o progettare delle soluzioni
per il lavoro che manca,
per lo sviluppo.
Sembra che politica significhi solo corruzione,
malgoverno, al massimo
elezioni. Alle Valli ci sono
quelli che stanno nei Consigli comunali o fanno i «politici», e ci sono quelli che
partecipano alle varie attività della chiesa. Due mondi quasi separati, pochi i
valdesi che vivono e cercano un rapporto fra i due
ambiti, rapporto che risulta invece indispensabile
per qualsiasi membro di un
comitato delle nostre opere
diaconali e culturali. Il culto e le assemblee dovrebbe
ro essere i momenti della
nostra alimentazione spirituale, nei quali ricercare insieme le linee della testimonianza: ma, a parte la
scarsa partecipazione, anche molti sermoni, ben costruiti biblicamente, risultano avulsi dalla realtà del-1
le Valli, mentre le assemblee di chiesa rischiano ]
di perdere il
loro fondamentale ruolo di educazione democratica, perchè sempre I
più i Concistori propongono e dispongono e
sempre meno
i membri di |
chiesa si preparano a parlare, a dire la loro, a proporre, sempre meno la gente ha voglia di discutere seriamente e preferisce se I
mai il pettegolezzo del
giorno dopo, che non impegna e non espone al giudizio degli altri.
Invertire questa tendenza non è affatto facile, ma è I
necessario. In un recente
convegno dedicato alla cui-1
tura protestante, il prof.
Garrone affermava che|
l’economia è tra le questioni più drammatiche e piùl
urgenti, ma che su di essa
vi è un «deficit» di riflessione da parte della cristianità
che contrasta con lo spazio
che la problematica economica ha nella Bibbia. Eco-1
nomia, lavoro, politica, so-1
cietà: occorre studiare, capire, prepararsi, saper proporre. In particolare allei
Valli, la riflessione nelle I
nostre chiese dovrebbe!
chiedersi: se fossimo noi a
governare questo territorio
e a progettare il suo futuro, 1
cosa faremmo? Possiamo
forse accontentarci delle
spiegazioni di come va il
mondo fatte in base all’an-1
damento della Borsa e dei
mercati azionari, possiamo
limitarci alla solidarietà
con i licenziati della Beloit
0 dell’azienda di turno, o|
ad avere come scadenze decisive i vari Docup o lei
Olimpiadi invernali del
2006? Dalla predicazione |
alla formazione, dalla diaconia alla scuola deve di |
nuovo manifestarsi un impegno dei valdesi che aiuti |
a capire, a non subire passivamente, a preparasi al|
complicato ma non misterioso mondo globale. Vale I
la pena dedicarci tempo ed I
energie, assai di più di quel
che si dedicherebbe al Giubileo e alle sue indulgenze.
12
PAG. 12 RIFORMA
E Eco Delle Yallì ^ldesi
Venerdì 7 gennaio 2000
Il tetto scoperchiato del magazzino della Tipografia Subalpina di Torre Pellice
BUFERA DI VENTO: DANNI PER MILIARDI — Le
Comunità montane del Pinerolese chiederanno la
dichiarazione di «stato di calamità naturale»; ormai i vari uffici tecnici dei Comuni e delle Comunità montane hanno ricevuto da enti e privati la comunicazione dei danni subiti. La sola vai Pellice
(la zona più colpita) dichiara danni superiori ai
due miliardi, di cui 1.300 milioni solo a Torre Pellice. Lunedì 10, durante un incontro fra la giunta
della Comunità montana vai Pellice e quella della
Provincia di Torino, si è parlato anche di possibili
interventi, specie nel settore forestale.
PALAGHIACCIO DI PINEROLO APERTO FINO A
MARZO — La vicenda giudiziaria di Ferdinando
Cervar che avrebbe «distratto» fondi comunali e del
bacino imbrifero per gestire il palaghiaccio e la locale squadra di hockey non porterà all’interruzione
dell’attività della struttura sportiva. La convenzione
fra Comune e polisportiva è stata prorogata fino al
31 marzo per cui l’impianto resterà aperto e le squadre continueranno i campionati. Restano i nodi economici e sulla gestione futura. Se il Comune parrebbe interessato ad affidare la gestione in prospettiva
all’HC Valpellice che si occupa da anni il palaghiaccio di Torre Pellice, il presidente dell’Hcv
Giovanni Cotta Morandini si dichiara «interessato
ma su basi chiare e certe sotto il profilo economico;
sto definendo una proposta globale per la gestione
dei due impianti anche considerando l’opportunità
che il Pinerolese possa ospitare almeno un girone
di qualificazione alle Olimpiadi del 2006; entro breve verrà presentata agli enti pubblici coinvolti».
PINEROLO: ICI E EDIUZIA POPOLARE — Il Consiglio comunale di Pinerolo ha modificato alcuni articoli del regolamento per l’applicazione dell’imposta
comunale sugli immobili, in particolare rispetto alle
aliquote, alle detrazioni d’imposta e all’abitazione
principale. Modificato anche il regolamento generale
delle entrate. Pinerolo adotta il quarto piano per
l’edilizia economica e popolare: uno strumento che
ne quantifica il fabbisogno nel decennio, suddiviso
in quattro zone cittadine. Un piano che modifica il
piano regolatore, senza però costituire una variante.
ORCHESTRA DA CAMERA DI TORRE PELLICE —
Il giovane direttore Alessandro Crudele parteciperà
a Londra alla preparazione dell’orchestra del Covent Garden per l’Otello di Rossini in scena ai primi di febbraio. L’orchestra da camera di Torre Pellice riprenderà in primavera le prove per la realizzazione dei nuovi progetti, fra cui un Cd.
CORSI DI SCI E SNOWBOARD — Il Cai Valpellice. lo
Sci club Pinerolese e la Comunità montana vai Pellice organizzano un corso di sci in pista e snowboard
a Sestriere a partire dal 5 e 6 febbraio 2000: il corso
prevede quattro lezioni per un totale di 12 ore a cura
di maestri di sci del Sestriere. Il costo complessivo
sarà fra le 165 e le 180.000 lire a persona, a seconda
del numero di iscritti. Riduzioni sono previste per i
bambini e i giovani sotto i 18 anni residenti in vai
Pellice. Le iscrizioni si ricevono entro il 20 gennaio
telefonando ai numeri 0121-9524212. 59240, 68222,
DOMENICA 16 ASSEMBLEA DELL’AIDO — Si svolgerà domenica 16, alle 9,30. nella sede di via Roma
41 a Luserna l’assemblea dei soci dell’Aido (donatori di organi). L'associazione conta in vai Pellice
molti aderenti ma pochi che dedicano un po’ di
tempo alle varie attività. Uno dei settori che più ha
visto impegnata l’Aido è stato quello dell’informazione ai giovani sull’importanza delle donazioni,
ruolo informativo che permane anche dopo l’approvazione della nuova legge sui trapianti e sul cosiddetto «silenzio-assen.so».
IL LIONS CLUB AMMETTE NUOVI SOCI — Presso
il ristorante Flipot di Torre Pellice si è svolta la serata di fine anno del Lions club di Torre Pellice e
Luserna San Giovanni; nel corso del simposio sono
stati presentati tre nuovi soci: Agostino Davoli,
Gianfranco Mathieu e Casimiro Pautassi. Il ricavato
della serata sarà devoluto a una borsa di studio
presso una scuola locale e al telesoccorso della vai
Pellice attualmente in fase di avvio. Un sostegno è
stato anche offerto agli alunni delle scuole materne
ed elementari di Rorà.
ANGROGNA: POCHI ABETI ALLA PRO LOCO — La
lodevole iniziativa della Pro Loco di Angrogna di
recuperare gli alberi di Natale ripiantandoli in pieno campo non ha avuto gli esiti sperati. Pochissime
persone hanno aderito alla proposta di non gettare
gli abeti utilizzati a Natale e ripiantarli. Un vero
peccato, tanto più vista l’ecatombe di alberi causata
dal vento a fine anno; gli esemplari recuperati saranno trapiantati alla Vaccera la prossima estate.
Per la pubblicità
su
tei. 0121-323422
fax 0121-323831
La vita religiosa degli immigrati di fede islamica
Il ramadan in Piemonte
Il problema principale è l'assenza delle moschee
e l'organizzazione dei tempi sui luoghi di lavoro
FEDERICA TOURN
ORIGINALI coincidenze di una società
sempre più multiculturale: se, come recita un vecchio adagio popolare,
l’epifania tutte le feste
(cristiane) si porta via,
quest’anno ha segnato anche la rottura del digiuno
musulmano. Il 7 gennaio
infatti si è concluso il ramadan, il digiuno rituale
che è uno dei cinque pilastri della fede islamica
(insieme con la professione di fede, la preghiera,
l’elemosina e il pellegrinaggio). Regolarmente
scandito dal calendario
lunare, il ramadan rappresenta la sottomissione
a Dio ed è stato osservato
dai fedeli per un mese,
dall’alba al tramonto.
L’immigrazione ha rafforzato la fede di molti
che, magari più tiepidi in
patria, ora vedono nelle
pratiche rituali dell’Islam
un modo per aggrapparsi
alla cultura d’origine e
rinsaldare la propria identità, messa in crisi dai
cambiamenti: è l’opinione
di Abdel, 32 anni, marocchino, che lavora a Torino da 9 anni: a sentirlo
parlare si capisce che è
«integrato», una parola
che lo fa sorridere perché
allude a una situazione
complessa, sottintende
l’importanza di una buona capacità di adattamento, tenacia, disponibilità,
forse anche un po’ di fortuna e probabilmente altre cose ancora («C’è chi
si chiude alla cultura del
paese che lo accoglie, chi
si apre del tutto: io sto a
metà», spiega). Lui comunque oggi ha un lavoro
(fa il metalmeccanico da
quando, nel ’96, ha ottenuto il permesso di soggiorno) una casa e amici
tra gli immigrati e gli italiani, frequenta l’università popolare e il suo italiano è migliore per ricchezza di vocabolario di
quello di molti di noi.
L’Islam è oggi la secon
La moschea di Al-Aksa a Gerusalemme vecchia
da religione professata in
Italia, una «minoranza significativa» in continua
crescita grazie all’immigrazione dai paesi musulmani. «Come credente e
praticante non ho mai subito discriminazioni, viviamo in un paese democratico dove il cittadino è
tutelato - racconta Abdel
- certo i problemi cominciano se sei un musulmano rigoroso: per esempio,
conosco una donna che
non voleva fare andare a
scuola il figlio per non
fargli fare educazione musicale, perché la musica
non esiste nella nostra religione; oppure, sempre a
scuola, possono esserci
imbarazzi se maschi e
femmine fanno ginnastica
insieme». Una questione
urgente però, continua
Abdel, è che non esiste
una «vera» moschea a Torino e tantomeno nei dintorni, ma solo capannoni
adibiti a moschea e dotati
di strutture per il bagno
rituale. La mancanza di
un luogo adeguato per la
preghiera è una questione
urgente e sentita fra i musulmani: come forse si ricorderà, anche a Pinerolo
da alcuni anni si cerca di
avere i permessi per costruirne una.
In fabbrica, il rispetto
delle diverse prescrizioni
religiose varia da caso a
caso; quanto ad Abdel,
quest’anno è riuscito a fare in modo che per lui e
un altro operaio musulmano la pausa del lavoro
coincidesse con la rottura
del digiuno. È un risultato
significativo: fino all’anno
precedente la risposta era
stata negativa «perché
non si potevano fermare
le macchine»; quest’anno,
evidentemente, sono state
più importanti le persone.
■ I Ds verso il congresso nazionale di Torino
La coalizione oltre al partito
Forse ci sarà anche la
stella del rock Sting al
primo Congresso nazionale dei Democratici di sinistra. ospitato nei padiglioni di quella che fu teatro
storico del movimento
operaio nella Torino «rossa»: la vecchia fabbrica
del Lingotto, convertita
quasi interamente nei moderni ed efficienti spazi
espositivi sede periodica
di fiere, una fra tutte, e celeberrima, quella del Libro. di mostre e concerti.
Saranno 5.000 le persone
che. fra invitati e delegati,
affolleranno le sale da giovedì 13 a domenica 16: un
parterre eccellente di politici, uomini e donne dello spettacolo e del costume. semplici curiosi.
L’intervento di apertura
sarà affidato a Olga D’Antona, vedova del sindacalista ucciso dalle ultime
Brigate rosse.
Una cornice importante, quindi, punto di partenza per il futuro, ma anche di arrivo del dibattito
dei mesi scorsi, soprattutto nelle sezioni, dove
nel Pinerolese, in controtendenza rispetto ai dati
nazionali, è sembrata prevalere la mozione Bandoli. cosiddetta «di sinistra»,
e alternativa alla mozione
firmata, fra gli altri, dal segretario Veltroni. «Un
Congresso fondamentale
perché in corrispondenza
del secondo governo
D’Alema - conferma Augusto Canal, presidente
del Consiglio comunale di
Pinerolo -: bisogna rilanciare l’Ulivo in vista delle
elezioni regionali di aprile
e soprattutto per la vittoria nel 2001, evitando le
logiche di vertice». È d’accordo il presidente della
Comunità montana vai
Pellice. Claudio Bertalot:
«La difficoltà è alla base dice con i tempi della
politica è sempre più difficile far nascere iniziative
dal basso e questa situazione genera malumore.
Anche nel Pinerolese la
strada da percorrere per
vincere la destra è quella
di una vera coalizione, e
non di un cartello elettorale, con un coinvolgimento reale delle forze
politiche». Bertalot rileva
anche «l’impegno costante
dei nostri parlamentari,
così fortemente presenti
sul territorio».
«Mi auguro che sia un
congresso di contenuti commenta Giovanni Borgarello, segretario Ds in
vai Pellice - i lavori non
devono intrecciarsi con le
polemiche del trifoglio sì,
trifoglio no. Si discuteranno il programma fondamentale dei Ds e le direttrici d’azione della sinistra italiana, anche nell’
immediato e in vista delle
elezioni regionali e politiche: ne uscirà un partito
più operativo, democratico e partecipato in senso
federativo, con un peso
maggiore delle problematiche locali, ambientali
e legate al lavoro». Gianni
Utempergher, di Luserna
San Giovanni, che in vai
Pellice aveva votato la
mozione di sinistra, si augura «un rilancio del partito a Torino, città con
grande presenza operaia».
Anche in vai Chisone le
posizioni non sono molto
dissimili presentando una
situazione fluida con posizioni diverse anche se
unite intorno alla mozione Veltroni.
Il sindaco di Bobbio Pellice
Patto: no alle
cattedrali nel deserto
Non sfoggia ottimismo il
sindaco di Bobbio Pellice,
Aldo Charbonnier, rispetto alle prospettive aperte
dal Patto territoriale del
Pinerolese, «anche se - dice - è l’occasione per un
rilancio equilibrato del
territorio e in ogni caso
più credibili delle olimpiadi del 2006 in cui credo abbastanza poco come
ipotesi di sviluppo duraturo della valle: rischiamo
soltanto di fare una serie
di cattedrali nel deserto».
Il comune dell’alta Val
Pellice ha proposto tre
grandi progetti che riguardano il territorio per una
spesa totale che ammonta
a dieci miliardi di lire. Il
primo è la costruzione di
una nuova centrale idroelettrica. «Dal 1993 - spiega Charbonnier - abbiamo
presentato un progetto per
Regione Piemonte e poi
Provincia di Torino per la
razionalizzazione delle
derivazioni di acqua di
cui il Comune ha la concessione: una trentina di
canali sul Pellice, sul
Cruello e sulla Comba
Carbonieri. In base alle
concessioni che già abbiamo, una parte di questi
ha l’uso promiscuo: agricolo e industriale. Per
quanto riguarda il Patto
territoriale, abbiamo chiesto il recupero di queste
concessioni per una centrale con la produzione
dell’energia utilizzata in
passato per le attività artigianali locali».
Il secondo progetto consiste nella realizzazione di
un’area artigianale che interessa l’area a monte del
paese. «Per questa zona ricorda il sindaco - c’è un
più ampio progetto di circonvallazione anch’essa
compresa nel piano regolatore: si partirebbe da
Villar Pellice per tagliare
fuori tutto il traffico verso
l’alta valle. Per l’area arti
gianale c’è già da tempo
uno studio per la realizzazione di un impianto di
produzione di acqua minerale». La società Sparea
di Luserna San Giovanni
sarebbe già interessata, insieme con un paio di of.
ferie informali da altre ditte. «Si era anche proposto
- continua Charbonnier di realizzare l’impianto a
livello di Pinerolese con
l’Acea: la richiesta di acqua di qualità è molto elevata e, come già all’estero,
dobbiamo imparare a evitare sprechi e limitarci
all’uso umano». Il recupero degli ex fabbricati militari nel concentrico del
paese, la cosiddetta caserma Monte Granerò, è la
terza operazione. «Vogliamo creare una specie di
centro ricettivo e culturale
con una capacità di 80100 posti - prosegue il
sindaco -. Il Comune si farebbe carico dell’iniziativa
e dell’opera di realizzazione, la gestione sarà affidata a cooperative locali 0
ad altri operatori che operano in questo contesto».
Questi progetti sono
realmente molto costosi:
«Le possibilità di finanziamento - ammette il sindaco di Bobbio - sono abbastanza limitate. I fondi
dei Patti territoriali sono
pochi e il Pinerolese vive
una fase di crisi: non facciamoci illusioni. Per la
terza iniziativa siamo in
graduatoria dell’Unione
europea». Il Comune ha il
suo sogno nel cassetto, riprendendo in considerazione il progetto del parco naturalistico, «anche
se, come è stata presentata, è un’idea un po’ vecchiotta - commenta il sin-1
daco -: io penso a una!
specie di ecomuseo della
cultura alpina, adeguando
così l’iniziativa alle esigenze del territorio e della popolazione».
La situazione alla Beloit
Chi è interessato
all'acquisto?
DAVIDE ROSSO
All’Ingresso di un congresso del Pel
Dovevano giungere
notizie «nuove» per il
futuro della Beloit Italia
dall’incontro di mercoledì
5 gennaio fra le forze sindacali e il dottor Conti,
rappresentante della proprietà americana dell’
azienda di Pinerolo che
produce macchine per
cartiera. L’azienda, per la
quale la proprietà ha da
tempo avviato la procedura di mobilità per tutti i
430 lavoratori, continua a
non comunicare le reali
intenzioni sul futuro della
fabbrica pinerolese lasciando i dipendenti nell’incertezza. Le notizie comunque sono arrivate ancora una volta (era già capitato per la comunicazione della messa in mobilità) via Internet. Questa
volta i lavoratori hanno
appreso che la multinazionale proprietaria di Beloit Italia ha deciso di
vendere tutto il suo pacchetto azionario. «Ora il
problema però è capire
chi acquisterà - dice Marco Selvaggini, della Fiom
-. Per ora si sono fatte
avanti un’azienda finlandese, la Valmet, e la giapponese Mitsubishi».
I sindacati a questo
punto ribadiscono la necessità di un piano concreto che garantisca la
continuità degli stabilimenti pinerolesi ma continuano a non trovare risposte a questi loro inter
rogativi. «Occorre - dicono i lavoratori - che prima del 12 gennaio, giorno
dello scadere dei termini
della procedura di mobilità e in cui il Consiglio di
amministrazione della
Beloit si riunirà per prendere una decisione definitiva sul futuro della
azienda, si riuni.sca il tavolo di crisi messo in piedi dal sindaco di Pinerolo. Alberto Barbero, che
vede tra i suoi aderenti
anche il ministro dell’Industria».
Continuano intanto le
iniziative e i momenti di
incontro per testimoniare
la solidarietà ai dipendenti degli stabilimenti di via
Martiri a Pinerolo e venerdì alla presenza del
ministro degli Affari sociali. Livia Turco, si è tenuto un concerto, organizzato dalle forze sindacali,
nell’ex chiesa di San Giuseppe a Pinerolo dal titolo
«Voci e melodie solidali
con la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori della
Beloit». Si è trattato piò
che altro di un momento
di svago e di alleggerimento per i lavoratori che
sono impegnati ormai da
mesi nella lotta per il loro
posto di lavoro. Il concerto aveva come protagoniste i soprani Francesca
Lanza e Marilena Quillari.
che hanno proposto con
buon successo un vario
repertorio operistico ap"
prezzato dal pubblico che
ha riempito la sala.
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A colloquio con Marco Bellona, direttore della Foresteria di Torre
Turisti nell'Italia protestante
¡gruppi evangelici stranieri interessati a «percorsi» anche fuori delle Valli danno
vita alla maggiore quota delle presenze, estese anche ad altre strutture
PIERVALDO ROSTAN
SE Torre Pollice è ai primi posti in tutto il terntorio dell’Atl di Pinerolo
0 valle di Susa in quanto a
numero di turisti accolti
nelle strutture ricettive lo
si deve anche alla presenta della Foresteria valdese:
da sola conta annualmente
su 13-14.000 presenze sulle oltre 30.000 globali di
Torre. Un segno dunque di
forte vitalità e anche di felice inserimento nella
realtà cittadina e valligiana. Marco Bellora, da
quattro anni direttore, si è
collocato in un solco tracciato con intuizione dal
suo predecessore Adriano
bongo; insieme al comitato
e allo staff dei collaboratori (tra l’altro proprio con il
1999 hanno cessato la loro
impegno due persone che
ne sono state per anni delle colonne, Ida Monnet e
Carla Beux) mentre sono
in atto le prenotazioni per
¡prossimi mesi («per gran
parte del 2000 siamo già al
completo e lo stesso 2001
ha già molte settimane
senza spazi; ho rifiutato,
per pudore, di accettare le
prenotazioni già per il
2002» dice Bellora), si preparano alcune novità.
«La Foresteria - chiarisce il direttore - nel corso
degli anni è diventata un
riferimento per diverse famiglie che in qualche modo “fanno gruppo”, danno
vita ad amicizie e partecipano alla vita della valle.
Nello stesso tempo, accettando tutte le richieste dei
gruppi avremmo rischiato
di non avere più spazio
per i singoli; ecco dunque
la nostra proposta di dedicare alcuni periodi dell’anno a dei “campi famiglia”, tendenzialmente riservando un periodo di
15-20 giorni a fine giugno
e tra luglio e agosto; a
questi ospiti cercheremo
di proporre visite ed attività specifiche».
La Foresteria è comunque un luogo di riferimento in primis per il mondo
protestante, non solo italiano; «Soprattutto, ma
non solo - precisa Marco
Bellora -; accanto a quello
che possiamo definire
“turismo religioso” sempre più accogliamo gruppi
o persone che scelgono la
vai Pellice per un soggiorno in un ambiente sereno
e confortevole o per partecipare a stages o incontri
che il territorio nel suo
complesso propone o che
la stessa Foresteria ospita
nei propri spazi».
Ovviamente i gruppi
evangelici provenienti
dall’estero sono una costante negli anni... «È indubbiamente così - conferma Bellora -; ci sono
contatti consolidati con la
Germania, ma anche con
la Svizzera, la Gran Bretagna e più recentemente,
ed è un fenomeno in crescita, con gli Stati Uniti.
Ci sono persone che costruiscono veri e propri
“percorsi turistici nell’Italia protestante”, per cui la
stessa comitiva viene qui,
dove può avere un approccio storico e culturale
e successivamente si sposta in altre città e regioni.
Questo tipo di turismo
porta anche a incentivare
il rapporto fra le 12 foresterie sparse sul territorio
nazionale».
Questo coordinamento
fra foresterie trova, alle
■Valli, una vera e propria
istituzionalizzazione.
Agape che ha affiancato
alla vocazione di incontro
L Al lavoro il Coordinamento dei musei valdesi
Pochi volontari in vai Germanasca
FRANCO TAGLIERÒ
Si è tenuto a metà dicembre la riunione di
fine anno del Coordinamento dei musei valdesi,
l’organismo che riunisce i
musei delle Valli oltre al
Centro culturale di Torre
Pellice e il comitato per i
luoghi storici. 1 delegati
degli enti a cui fanno capo
i musei hanno rinominato
la giunta nelle persone di
Giorgio Tourn (presidente), Maria Luisa Mathieu e
chi scrive queste note. 11
Coordinamento nacque
due anni fa. forte delì'esperienza di collaborazione tra i presidi museali
valdesi, con lo sc:opo di
rafforzare le singole iniziative convogliandole in
un'unica struttura capace
di unificare gli sforzi gestionali e di sviluppo, in
vista sia deH'aumento del
flusso di visitatori sia delle esigenze di ristrutturazione degli edifici in cui
hanno sede i musei.
Fanno parte del Coordinamento i musei di Angrogna, Rorà, Torre Pellice (Centro culturale valdese), San Germano Chlsone, Pramollo. Massello,
Rodoretto. Prali e i luoghi
storici delle valli gestiti
per conto dalla Tavola
Valdese da un apposito
Comitato (Chanforan, Collegio dei Barba. Chieisa
della Tana, Sibaud, RocCiamaneud. Gianavella).
Gli aderenti al Coordinamento mantengono, come
à ovvio, la loro identità
autonoma, ma sono impegnati formalmente a condividere gli imi con gli altri, nello spirito clello
Scambio e della collaborazione, le strategie e i progetti che riguardano i presidi museali, presentandosi così all’esterno, e in
particolare agli enti pubhlici, come una unica
realtà. In questo senso il
lavoro della giunta è estremamente importante.
La scuoletta Beckwith di Angrogna, Odin-Bertot
Collegato al Coordinamento da qualche mese
agisce l'ufficio «Il barba»,
sorto dalla collaborazione
tra Centro culturale valdese e Foresteria di Torre
Pellice. Questo ufficio si
presenta attualmente come struttura di appoggio e
di organizzazione in vista
della regolazione del flusso turistico e della promozione dell'offerta di visita
ai luoghi della memoria e
della storia valdesi.
Gli argomenti dibattuti
nell'ultima riunione hanno spaziato dalla ristrutturazione del museo valdese
di Prali, resa possibile grazie a contributi pubblici e
all impegno del Concistoro locale, ai corsi di formazione indirizzati alle
persone idonee alla presentazione al pubblico
delle realtà storiche e confessionali della Chiesa
valdese (musei, luoghi
storici, templi). In questo
settore di attività, in cui il
Centro culturale è fortemente impegnato, va rilevata la carenza di giovani
volontari provenienti dalla vai Chisone e dalla vai
Germanasca: questo fatto
in qualche modo può essere preoccupante qualora
si tenga conto dell’enorme
sforzo che la Comunità
montana di quelle valli ha
compiuto per sviluppare
una strategia culturale tu
ristica che sta avendo successo (Scopriminiera, forte di Fenestrelle). I luoghi
valdesi potrebbero inserirsi con dignità nel progetto, ma è necessario che le
comunità locali forniscano risorse umane tali da
poter presentare la storia
valdese in modo corretto.
La vai Pellice presenta,
sotto questo aspetto, meno
problemi, potendo contare
su una collaudata struttura organizzativa che si avvale della collaborazione
di una ventina di persone
volontarie già all’opera.
Mentre il museo di Prali potrà riaprire i battenti
nella prossima estate,
prendono nel frattempo
forma altri progetti, uno
dei quali riguarda la riutilizzazione della Scuola latina di Pomaretto come
polo culturale della bassa
vai Germanasca. È stata
fondata l’associazione
«Amici della Scuola latina» che sta studiando le
varie possibilità che gli
esperti hanno avanzato.
Altri piccoli progetti riguardano infine il museoscuola degli Odin di Angrogna (servizi igienici) e
la Gianavella per la quale,
insieme alle altre strutture
ricettive delle Valli facenti
ora capo alla Csd, è pronta
un’iniziativa di valorizzazione centrata sulla figura
di Giosuè Gianavello.
e formazione anche quella dell’accoglienza, la Foresteria di Villar Perosa,
la Gianavella, la Rocciaglia e la Ca’ d’ia pais, oltre ovviamente alla Foresteria di Torre: proposte
diverse per un totale di
oltre 250 posti letto. «Effettivamente qui abbiamo
un “coordinamento delle
strutture ricettive” dotato
di linee guida per gestire
e diversificare l’accoglienza, anche in collaborazione con l’ufficio “Il
barba” che ha sede presso
il Centro culturale valdese e che vuole essere un
punto di riferimento per
chi viene da fuori», conclude Bellora.
NELLE CHIESE VALDESI
INCONTRI PASTORALI DEL I DISTRETTO — Martedì 18 gennaio, a Pomaretto, alle 9,15, incontro pastorale del I Ristretto: meditazione a cura di Paolo Ribet, introduzione di F. Terrario su «L’autorità della Scrittura».
MONITORI E MONITRICI 1“ CIRCUITO — Sabato
22 gennaio, alle 16,30, a Torre Pellice: incontro dei monitori e delle monitrici del 1“ Circuito.
ANGROGNA — Giovedì 20 gennaio, alla Scuola
grande, alle 21, incontro su «Perché la sofferenza?»,
con il pastore Gianni Genre.
BOBBIO PELLICE — Martedì 18 gennaio, alle 20, riunione quartierale ai Campi.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 16 gennaio, giornata comunitaria a Bricherasio.
PERRERO-MANIGLIA — Riunioni quartierali: lunedì 17 gennaio, alle 14, alle Grangette, mercoledì 19,
alle 14,30, alla Baissa.
PINEROLO — Giovedì 13, alle 15, ripresa degli incontri dell’Unione femminile.
POMARETTO — Venerdì 14 gennaio, culto al Centro
anziani di Perosa Argentina. Riunioni quartierali: giovedì 13 gennaio, alle 15, all’Inverso Paiola, martedì 18,
alle 20,30, a Perosa, mercoledì 19, alle 20,30, ai Maurini.
PRALI — Domenica 16, alle 10, culto con presentazione del pastore Winfrid Pfannkuche; segue rinfresco.
PRAMOLLO — Mercoledì 19, ore 14,30, incontro
dell’Unione femminile; alle 19,30, riunione quartierale
alla scuole dei Bocchiardi.
PRAROSTINO — Da domenica 16 gennaio, il culto si
svolgerà nella sala del teatro invece che nel tempio.
RORÀ — Giovedì 13 riprenderanno gli incontri alle
Fucine sulla figura di Gesù. Martedì 18 si incontra il
gruppo donne, giovedì 20 ha luogo il secondo incontro
mensile organizzato dal Concistoro al Bric.
SAN SECONDO — Alle 15 di venerdì 21 geiinaio, la
Ffevm organizza la presentazione del libro di Piera Egidi, «Voci di donne»; sarà presente l’autrice.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: venerdì 14
gennaio, agli Appiotti, martedì 18 aH’Inverso, mercoledì 19 ai Chabriols. Ripresa dei gruppi di precatechismo venerdì 14 e sabato 15 gennaio. Domenica 16, alle
10,30, culto alla cappella degli Appiotti, con la partecipazione della scuola domenicale e del precatechismo.
VILLAR PELLICE — Venerdì 14, presso la famiglia
Garnier, a Cucuruc del Serre, riunione quartierale.
VILLAR PEROSA — Riunioni di famiglia e quartierali: martedì 18 gennaio, alle 20,30, a Fleccia, giovedì 20,
alle 14,30, a Chianaviere, alle 20,30, a Tupini.
VILLASECCA — Riunioni quartierali: giovedì 13, alle
20, a Pian Faetto, mercoledì 19, alle 20, alla Roccia, giovedì 20, alle 14,30, a Trossieri, alle 20, a Villasecca. Incontro dell’Unione femminile, giovedì 13, alle 14,30.
Al via i lavori di ristrutturazione della sala
Il teatro valdese di Pomaretto
LILIANA VIGLIELMO
SABATO 8 gennaio, nel
tempio di Pomaretto,
le corali valdesi della vai
Germanasca hanno tenuto
l’ormai tradizionale serata
di canti che viene ospitata
a turno da ciascuna delle
quattro comunità e che
quest’anno ha concluso le
festività natalizie. L'incontro a Pomaretto ha offerto l’occasione al numeroso pubblico che riempiva il tempio, sempre felice di riascoltare le semplici ma suggestive melodie della tradizione protestante, come pure ai coralisti, di contribuire con
una sostanziosa colletta
alla ristrutturazione del
teatro valdese situato nell’edificio del Convitto, secondo il progetto varato
dal Concistoro.
La sala, che da più di 70
anni era servita per recite,
incontri di vario tipo, bazar e festicciole, non risultava ormai più in regola
con le attuali norme di sicurezza e anche le strutture, più volte riparate, avevano bisogno di un intervento radicale. Il Concistoro, vista la penuria di locali simili nel Comune di
Pomaretto (l’unica sala per
spettacoli esistente sta per
diventare un condominio)
decideva di lanciarsi nell’impresa di una ristrutturazione che consentisse
l’uso pubblico e cjuindi la
possibilità di ottenere un
finanziamento regionale.
Dal volantino diffuso
tra la popolazione ricaviamo alcuni cenni storici.
Nel 1919 l’industriale torinese Enrico Tron regala
alla Tavola valdese il terreno per costruire a Pomaretto il Convitto, residenza per bambini e giovani.
Esiste una targa metallica
che dice: «Questa sala fu
donata in memoria del pastore Carlo Alberto Tron»
(il promotore della costruzione dell’Asilo per vec
chi di San Germano Chisone). La Tavola valdese
approva il preventivo di
250,000 lire, su un progetto dell’ing. .Decker, e affida la costruzione all'impresario Chauvie, entrambi di Torino. Nel marzo
del 1920 inizia la costruzione dell’edificio, che
viene inaugurato l’8 ottobre 1922 e dedicato ai caduti nella guerra 1915-18.
La sala del teatro viene
costruita appositamente
per i giovani della vai
Germanasca. In un periodo in cui si affida poco
per volta alla gioventù
valdese il compito di gestire la «soirée» del 17
febbraio, la sala del teatro
diventa indispensabile
per le Unioni giovanili,
per le filodrammatiche,
per le corali.
Si elencano anche i lavori indispensabili: rimo
zione dei vecchi servizi
igienici e delle quinte; realizzazione di servizi per i
disabili e per gli attori;
realizzazione di una rampa per le carrozzelle; rifacimento del palco e dell’
impianto elettrico; sostituzione delle sedie e acquisto di tende ignifughe
per le finestre. La spesa
per i lavori, che dovrebbero terminare l’estate prossima, è prevista in 85 milioni, con la colletta della
serata musicale (un milione) se ne sono raggiunti
28, il contributo regionale
dovrebbe aggirarsi sui 22:
il resto è da trovare. Oltre
alle corali, la banda musicale di Pomaretto il mese
scorso ha offerto un concerto: se ne prevede un altro dello stesso genere da
parte dell’Unione musicale di Inverso Pinasca alla
fine di gennaio.
Monumento
di Steyr
Ho letto su un articolo
di Stelio Armand-Hugon
pubblicato su L’eco delle
valli valdesi del 24 dicembre ’99 che si sta progettando di collocare ad Angrogna la riproduzione del
monumento ai valdesi che
sorge a Steyr, in Austria. Il
monumento fu eseguito in
memoria dei cento valdesi
messi al rogo nel 1397 per
opera dell’Inquisizione. Il
progetto, se si realizzerà,
sarà un atto di coraggio, la
dimostrazione che i valdesi vogliono ricordare tangibilmente i propri martiri,
senza badare a chi preferisce dimenticare un passato
«scomodo». Il monumento
i questione sarà anche un
modo per rinfrescare la
memoria di alcuni valdesi,
ma specialmente un atto
di riconoscenza nei riguardi di tutti quei valdesi,
grazie al cui martirio abbiamo ottenuto la libertà
religiosa. Il pastore Giuseppe Platone, che ha avuto modo di osservare l’originale, lo descrive come
«un insieme di alta drammaticità che si fonde in
una carica di speranza».
In quanto al luogo dove
collocare il monumento, le
opinioni sono controverse.
Si parla di Angrogna, ma
c’è chi preferirebbe Pinerolo, chi la Calabria, chi
Trento. Ognuno dà valide
ragioni per la propria scelta. Anch’io darò la mia
modesta opinione. Anziché Angrogna, già ricca di
ricordi valdesi come la
Ghieisa d’ia tana e il Collegio dei Barba, sceglierei
Torre Pellice, dove il monumento in questione non
stonerebbe accanto a quello di Arnaud. I cattolici
torresi sono già abbastanza
«ecumenizzati» da non rimanerne turbati.
La collocazione ottimale sarebbe da ricercarsi
nel cuore della cattolicissima Italia, a Torino, per
esempio, nel luogo stesso
in cui i valdesi furono arsi
vivi. E Guardia Piemontese, luogo di efferati massacri perpetrati su migliaia di contadini calabresi per volontà di un inquisitore piemontese, diventato Pio 'V e santo non
sarebbe il luogo ideale per
il monumento?
La cattolica Austria ha
voluto e potuto onorare 1
suoi martiri; nella cattolicissima Italia, sarà mai
possibile fare altrettanto?
Ricorico di René Musset
Vivere l'entusiasmo
Lo avevo conosciuto
una quindicina di anni fa,
durante una festa de L'eco
delle valli. Aveva portato
fiori coltivati nel suo giardino per il banco pesca,
delle torte per il tè del pomeriggio e perfino un
«minestrone alpino» con
cotiche di maiale per la
cena. Renato Musset (per
tutti René) che ci ha lasciati improvvisamente
pochi giorni fa a Torre
Pellice, nel corso degli
anni ha partecipato attivamente a tutte le feste di
enti e attività vicine o
della Chiesa valdese.
Dopo le giornate de
L’eco delle valli vennero
quelle di Radio Beckwith
(era presente anche il 21
novembre scorso in foresteria) e, naturalmente, la
festa del Rifugio Re Carlo
Alberto nel mese di lu
glio. Un po’ in italiano, a
volte in patuà, spesso in
francese, René raccontava
i preparativi di queste feste e sapeva rallegrarsi
del loro buon andamento
e della partecipazione
della gente. In questo suo
agitarsi operoso c’era l’entusiasmo di un ragazzino,
anche se ormai era in
pensione da diversi anni,
anni ricchi dunque di
partecipazione.
Anni ricchi anche di
capacità di stare accanto a
chi soffriva, fossero essi
l’indimenticabile dott.
Gardiol o il provato pastore Ayassot. Ha saputo
darsi aiutando gli altri,
singoli o gruppi di attività, anziani o giovani;
per questo, quando se ne
vanno persone come René, nelle comunità di sente un gran vuoto, (pvr)
Silvana Tron
Torre Pellice
Lapidi
tombali
Condivido il dispiacere
della signora Theiler per
la soppressione di 'Villa
Olanda. Tuttavia, non tutto il male vien per nuocere. Sembra certo che in
quella sede, un tempo
suggestiva e ora in condizioni assai penose, debba
essere installato prossimamente un museo della
pietra e della sua lavorazione. Se ne gioveranno
soprattutto i giovani, che
ne ricaveranno un aumento di conoscenza. Ma se
ne gioveranno anche gli
anziani, che un tempo
consideravano Villa Olanda un amabile rifugio per
i loro ultimi anni. Infatti,
visitandolo ne trarranno
informazione e diletto, se
sapranno considerarlo
nella giusta prospettiva e
cioè sotto l’aspetto di un
organico campionario di
lastre tombali che consentirà loro una scelta oculata per le loro imminenti
sepolture. In conclusione,
i visitatori di questo genere potranno comunque
guardare al futuro con
maggiore serenità.
Augusto Comba
Torre Pellice
14
PAG. 14 RIFORMA
E Eco Delle va!.i.¡
Venerdì 14 gennaio 20oo
W A inizio d'anno ancora l'hockey su ghiaccio tra gli sport «di cartello»
Per l'HC Valpellice si avvicina la seconda fase
La Valpe perde ad Alba
di Canazei 1-6 col Fassa
ma si rifà, seppure con affanno, in casa con l’Appiano (4-1) e si conferma
al 9'^ posto in classifica.
Mancano a questo punto
solo quattro turni alla fine
della prima fase del campionato e si cominciano a
fare i conti in vista della
seconda fase che inizierà
martedì 25 gennaio: una
fase che vedrà le 15 partecipanti alla serie A divise
in tre gironi; le prime cinque con accesso diretto ai
play off, le altre dieci divise in due gironi così
composti: 6“, 8®, 10“, 12“,
14“ da un lato e 7“, 9“, 11“,
13“, 15“ dall’altro.
Le vincenti di questi
due ultimi gironi, insieme
alla miglior seconda, disputeranno a loro volta i
play off con le prime cinque. Una formula complessa ma che dovrebbe
essere in grado di premiare le migliori della prima
fase: si ripartirà con 1/3
dei punti ottenuti. Sei le
formazioni una spanna
sopra le altre: Asiago, Fassa, Merano, Vipiteno e
Bolzano, attualmente nell’Olimpo, e Alleghe come
prima esclusa; per la Valpe un 9® posto che potrebbe essere utile confermare: eviterebbe di incontrare gli agordini o eventualmente chi fra Bolzano e
Vipiteno dovesse perdere
colpi e finirebbe in un girone, almeno sulla carta,
più facile.
Dunque con buone probabilità di risultare prima
o al limite seconda ed accedere così ai play off. Per
avere la certezza che ciò
accada, i valligiani dovranno trovare nelle prossime partite (Asiago, Como e Vipiteno fuori casa,
Alleghe in casa) almeno
due punti per non essere
raggiunti dal Renon che
ha 11 punti di ritardo ma
un calendario decisamente più facile (Val Venosta
e Auronzo fuori, Zoldo e
Bolzano in casa). Per la
Valpe dunque un finale in
salita: dopo la proibitiva
trasferta di martedì 11 ad
Asiago, sabato 15 a Torre
arriverà l’Alleghe per l’ultimo incontro casalingo
della prima fase.
Fassa-Valpellice 6-1
Non può molto il Valpellice, anche privo di
Olivo infortunato alla
spalla nella partita col
Merano: Da Rin fa ruotare
tutti gli uomini a tre linee
ma subisce gli attacchi
della seconda formazione
del campionato. Il Fassa
va in rete due volte nel
primo e quattro nel secondo tempo. Rete della bandiera con Ralph Marziale,
a 5’ dalla fine, in inferiorità numerica.
25^ giornata, i risultati
Fassa-Valpellice 6-1;
Appiano-Brunico 2-6; Vipiteno Bolzano 3-2 (rig.);
Merano-Val Venosta 3-2
(rig.); Auronzo-Varese 4-2;
Como-Zoldo 5-1; AsiagoAlleghe 3-1. Ha riposato
Renon.
Torre Pellice: un ingaggio di Gianluca Tomaseiio (a destra) neil’incontro di ottobre con ii Fassa (foto P. Romeo)
posto a un uomo di movi
mento in più da il «la» alla quarta rete piemontese
e seconda personale di
Tomaseiio che da posizione quasi impossibile suggella la vittoria.
Valpellice-Appiano 4-1
La Valpe restituisce alTAppiano la sconfitta (allora all’over time) per 3-2,
ma soffre. Dopo una bella
rete di De Luca a metà
primo tempo, a 1’ dalla
prima sirena giunge il pareggio degli ospiti con
Biacoli. Secondo tempo
con una sola rete, di Tomasello, ma tante occasioni specie per gli ospiti. Il
3-1 è di Marziale, ma a soli 4’ dalla fine dell’incontro e la successiva uscita
del portiere ospite per far
26“ giornata, i risultati
Zoldo-Asiago 2-11; Valpellice-Appiano 4-1; Varese-Vipiteno 2-3 (ot); Val
Venosta-Auronzo 0-7;
Brunico-Fassa 3-4; Merano-Bolzano 5-4 (rig); Renon-Como 5-6. Ha riposato Alleghe.
Classifica
Asiago 68, Fassa 62,
Merano 58, Vipiteno e
Bolzano 53, Alleghe 46,
Brunice 41, Como 38, Valpellice 36, Renon 25, Auronzo 23, Appiano 17, Varese 11, Val Venosta 9,
Zoldo 3.
ALTRI SPORT
TENNIS TAVOLO — La
C2 ha osservato un turno
di riposo mentre tutte le
altre squadre hanno vinto
in casa. In Di la «A» ha
superato il Cambiano per
5-2 con tre punti di Picchi
e uno di Ghirardotti e Cesano. Grande spettacoli in
Gl dove il Vigevano è salito a Torre Pellice forte
del pluricampione italiano Molina, 68 volte in nazionale; eppure i valligiani si sono imposti per 5-1
con due punti di Fresch e
Davide Gay ed uno di
Rosso. Bene anche in Di
la squadra «B» che ha battuto per 5-0 Livrea grazie
a due punti di Del Pero e
Odino e uno di Battaglia.
Nel prossimo fine settimana le squadre del Valpellice saranno in trasferta.
Mx Riprende domenica 16 la stagione musicale al teatro del Forte
Il quintetto «Basspartout» del Teatro Regio
Riprende, domenica 16
gennaio alle ore 21,15. la
stagione musicale d’inverno al teatro del Forte su
organizzazione dell’associazione musicale «Diver
timento». Per l’occasione
si esibirà il quintetto di
contrabbassi dell’orcbestra del teatro Regio di Torino «Basspartout» composto da Davide Botto.
Davide Ghio, Atos Ganestrelli. Giulio Guarini,
Stefano Schiavolin. Verranno proposte musiche
di Glenn Miller, Judy Garland, Domenico Torta,
Astor Piazzolla, Johann
Pachelbel, Giacomo Puccini. Johann Sebastian Bach, Cari Maria von Weber.
Davide Botto è primo
contrabbasso dell’orchestra del teatro Regio di
Torino. Si è diplomato
con Elio Veniali al conservatorio di Cuneo nel 1983
e si è classificato ai primi
posti in importanti concorsi internazionali per
orchestra, tra cui quello
per l’orchestra giovanile
della Comunità europea,
con cui ha effettuato
tournée nelle principali
città europee e asiatiche.
••• Per i dieci anni del Centro culturale valdese
Lo strumento «Beidana»
MASSIMO CNONE
E uscito un nuovo numero de La beidana
da leggere con attenzione.
Subito una segnalazione:
non spaventiamoci, è per
un errore tipografico che
in copertina viene riportato «giugno 1999» e non
«ottobre 1999». Il tema
principale è l’anniversario
del Centro culturale di
Torre Pellice che compie
dieci anni: un tempo sufficiente per fare alcune
considerazioni sull’attività e un primo bilancio:
la redazione intende quindi soffermarsi sul «rapporto... fra la nostra rivista e l'azione esercitata»
dal Centro culturale «nel
quadro della politica cul
turale» nelle valli valdesi
e più in generale del protestantesimo italiano.
Scorrendo le pagine, troviamo spunti di Giorgio
Tourn, Gianni Rostan, Daniele Trtìn e alcune interviste realizzate da William Jourdan ai collaboratori del Centro.
La seconda sezione della rivista è occupata da
una «riflessione sugli
strumenti metodologici
della ricerca»: l’importanza della memoria; l’intervista; i diari e le biografie:
l'utilizzo dell'immagine e
quindi della telecamera;
le implicazioni linguistiche per le fonti orali.
Troviamo inoltre un ricordo di Francesco Lo
Bue predicatore, la strage
del Ticiun di Pramollo 55
anni dopo, relazioni di
convegni, le recensioni:
questi sono gli argomenti
dell’ultima parte del numero. Un numero de La
beidana che continua nel
percorso ragionato, nella
ricerca storica e nel legame indissolubile con la
realtà locale; una rivista
che si arricchisce di nuove collaborazioni e tematiche. Soprattutto, una
constatazione a margine e
forse solamente un’impressione opinabile. La
beidana si fa più accessibile e viva, uno strumento
di analisi e pensiero, ma
anche di lavoro e ricerca.
Da lettori, sembra che la
strada imboccata dalla redazione sia quella giusta.
sotto la guida di Leonard
Bernstein, Claudio Abbado, Antal Dorati.
Davide Ghio si è diplomato con il massimo dei
voti al conservatorio di
Torino. E stato vincitore
di concorsi nazionali nelle orchestre del «Maggio
musicale fiorentino». Sinfonica nazionale della
Rai, teatro Regio di Torino. Attualmente è primo
contrabbasso presso il teatro Regio di Torino.
Atos Canestrelli si è diplomato nel 1988 a Firenze in contrabbasso e nel
1990 alla Scuola di musica di Fiesole in pratica cameristica e orchestrale,
perfezionandosi poi a Cremona, Siena e Portogruaro. Ha fatto parte delle orchestre della Rai di Torino, della Svizzera Italiana
di Lugano, «Haydn» di
Bolzano e Trento, ricoprendo più volte il ruolo
di primo contrabbasso
con l'orchestra della Toscana e l’orchestra «Scarlatti» di Napoli.
Giulio Guarini, dopo
aver studiato alcuni anni
con Emilio Benzi al conservatorio di Alessandria,
si è diplomato al conservatorio di Genova. Ha seguito gli studi con W.
Guttler a Karlsruhe. Lavora presso il teatro Regio
dal 1994.
Stefano Schiavolin, diplomato con il maestro
Ubaldo Fioravanti, è stato
primo contrabbasso dell’
Orchestra giovanile italiana e ha fatto parte dell'
Ecyo. Nel 1995 si trasferisce a Salzburg dove frequenta 1’«Hochschule Mozarteum» con Klaus Stoll
ed entra a far parte dei
Salzburger Chamber Solista con i quali partecipa a
tournée in tutto il mondo.
Torre Pellice
Una mostra
su Scroppo
Per ricordare i 50 anni
dalla prima mostra che Filippo Scroppo realizzò a
Torre Pellice, la civica
galleria d’arte a lui intitolata espone fino alla fine
di marzo una serie di opere e tutti i cataloghi relativi a ciascuna mostra. L’artista valdese, di origini siciliane, scomparso nel
1993, inaugurò proprio alla fine del 1949 la prima
delle 43 mostre di pittura
contemporanea. Ogni anno Scroppo portò a Torre
Pellice artisti italiani e
stranieri (spesso in anteprima addirittura rispetto
alla Biennale di Venezia)
suscitando consensi, dissensi, reazioni talvolta
sproposistate, plauso. Ogni volta la «mostra» di
Torre Pellice era un’occasione per Scroppo e l’arte
italiana per ammirare da
vicino artisti di enorme
fama, ma anche per fare
scoperte; così sono passati
da Torre Pellice Guttuso,
De Pisis, Casorati ma anche Picasso, Mirò, Kandinskij. Oggi, dopo cinquant’anni, la civica galleria, oltre a esporre nell’arco di tre mesi alcune opere di Scroppo e della sua
collezione, vuole ricordare soprattutto il suo impegno, le sue intuizioni artistiche e il gran lavoro da
lui profuso nella seconda
metà del 900.
Pinerolo
Riaperto
l'Hollywood
I cinefili pinerolesi hanno di nuovo maggiori possibilità di scelta: dopo la
riapertura del cinema
Hollywood del settembre
scorso, infatti, il 5 gennaio è stato riaperto anche
il cinema Ritz. Ora le sale
di proiezione a Pinerolo
sono di nuovo quattro,
contando anche quelle
della Multisela Italia.
II Ritz e l’Hollywood
erano chiusi dal giugno
del '98 per la ristrutturazione necessaria all'adeguamento delle normative
vigenti: oltre alla fondamentale messa a punto
delle uscite di sicurezza,
sono stati rifatti gli arredi
delle sale. «L’affluenza del
pubblico dopo la riapertura è buona», ha commentato il proprietario dei
due cinema, Piero Bosio.
Gli orari, come di consue
to, prevedono due spettacoli serali e gli spettacoli
pomeridiani dei festivi a
partire dalle 14.
Mentre il Ritz ha inaugurato la nuova apertura
con il cartone animato
della Disney Tarzan. corredato dalla colonna sonora scritta e cantata tutta
in italiano da Phil Collins.
l’Hollywood ha in programmazione ancora per
questa settimana Se scappi ti sposo, il film che vede di nuovo insieme, dopo la fortuna di Pretly
Woman. Richard Cere e
Julia Roberts. Dieci anni
dopo, si riprova con la
stessa formula: un’improbabile storia sentimentale,
una coppia di attori conosciutissimi e un finale
(pare) a sorpresa, anche se
il tutto non sembra bastare a fornire gli incassi della prima volta.
I APPUNTAMENTI i
13 gennaio, giovedì
PINEROLO: Al Circolo
sociale, alle 21, concerto
con Giancarlo Guarino,
pianoforte, e Stefano Guarino, violoncello e pianoforte. Musiche di Brahmas e Beethoven.
TORRE PELLICE: Alla
biblioteca della Casa valdese, alle 15,30, l’Unitrè
organizza una conferenza
del prof. Franco Algostino
su «La tragedia di Ustica».
14 gennaio, venerdì
PINEROLO: Alle 20,45,
all’auditorium del liceo
scientifico, il ministro del
Lavoro, Cesare Salvi, parlerà su «I giovani e il lavoro: gli impegni di oggi,
gli scenari di domani». La
serata avvia il secondo
corso di formazione politico-istituzionale.
15 gennaio, sabato
PINEROLO: Al teatro
Incontro, alle 21,15, va in
scena «Pietro Micce, storia e retroscena di un uomo esplosivo», con la
compagnia «Nonsoloteatro», testo e regia di Guido Castiglia. Ingresso lire
15.000, ridotto 12.000.
PRAMOLLO: Alle ore
20,45, nel tempio valdese,
concerto del coro Eiminal.
Ingresso libero.
ANGROGNA: Sabato
15 e domenica 16 gennaio, nella Sala unionista
del capoluogo, alle ore
21, la Filodrammatica replica la commedia «I 20
anij pi brut 'd pare Michel». Prenotazioni presso il negozio Vecco del
capoluogo e la Claudiana
di Torre Pellice.
16 gennaio, domenica
TORRE PELLICE: Alle
21,15, al teatro del Forte,
concerto del Quintetto di
contrabbassi dell’orchestra del Teatro Regio di
Torino, con Davide Botto,
Davide Ghio, Atos Canestrelli, Giulio Guarini,
Stefano Schiavolin. Ingresso lire 15.000, ridotto
lire 12.000.
PINEROLO: Alle 16, al
teatro di via Caprilli, per
la rassegna «Di festa teatrando», va in scena «Piccologrande», con la compagnia Eduardo. Ingresso
lire 6.000.
19 gennaio, mercoledì
TORRE PELLICE: Al cinema Trento, alle 21,15,
proiezione del film di
Kieslowski «Decalogo, 5
non uccidere», preceduta
da letture a cura del Gruppo teatro Angrogna; il
film è inserito nella serie
di iniziative della campagna contro la pena di morte, a cura di Amnesty International, gruppo Italia
'90, 'Val Pellice e dell’Associazione per la pace, comitato Val Pellice.
20 gennaio, giovedì
TORRE PELLICE: Alle
15,30, alla biblioteca della
Casa valdese, per TUnitrè,
concerto con Gabriele Fioritti. violoncello, e Alessandro Segreto, pianoforte: musiche di Krommer e
Mendelssohn.
21 gennaio, venerdì
SAN SECONDO: Alle
15, alla Casa valdese, Piera Egidi presenta il suo libro «Voci di donne»; l’incontro è aperto a tutti.
TORRE PELLICE: Alla
biblioteca della Casa valdese, alle 20,45, Giovanni
De Luna e Nicola Tranfaglia presentano il IX volume della «Storia di Torino», Einaudi, con un saggio di Giorgio Bouchard
su «I valdesi nel ’900».
TORRE PELLICE: Nella
sede del Cai, alle 21, «Tibet», di diapositive a cura
di Paolo Oliaro.
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle 21, nella sala mostre di via Deportati,
dibattito su «Futuro del
servizio civile», con Roberto Minervino, segretario nazionale della Lega
obiettori di coscienza, e
Fausto Angelini, segretario provinciale della Loc,
a cura dell’Associazione
pacee del Comune di Luserna San Giovanni.
SERVIZI
Pinasca: Bertorello - v. Nazionale 22, tei. 800707
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Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-2331 1 1
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Rol 16, tei. 5001 12.
SERVIZiO EUAMBUIANZA
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CINEMA
BARGE — Il cinema Comunale propone, venerdì
14, alle 21, Un amore: sabato 15, ore 21. La moglie
dell'astronauta; domenica
16, ore 15, 17, 19, 21, lunedì, martedì, mercoledì e
giovedì, ore 21, Vacanze
di natale 2000.
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ba in programma, giovedì 13, venerdì 14 e lunedì 17 ore
21,15, sabato 15 ore 20.15
e 22.10, domenica 16. ore
16, 18, 20,15 e 22,10, Una
relazione privata.
PINEROLO — La multisala Italia (tei. 0121393905) ha in programma
da venerdì 14. alla sala
«2cento», Io amo Andrea.
Alla sala «5cento», da venerdì, Il mondo non basta, 007: feriali 19,50 e
22.20, sabato 19,50 e
22,30, domenica 14,50.
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Il cinema Hollywood
propone Se scappi ti sposo. ore 20 e 22,30.
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i II silenzio
della stampa
Caro direttore,
; ho appena letto la lettera di
Pierluigi Tramacere [Riforma
1 del 7 gennaio), che ha
Sparso sale sulle nostre ferite.
Sono intatti anni che cerchiapio di avere una voce che sia
jscoltata in una cerchia più
ampia di quella dei molti lettori e lettrici di Riforma ma,
sinora, non siamo riusciti a
trovare una soluzione organiz¡¡ativa adeguata.
Per essere pubblicati su uno
dei nostri maggiori giornali vi
sono due condizioni: occorre
una disponibilità da parte del
giornale a pubblicare una nostra eventuale lettera o articolo
e, inoltre, offrire un «prodotto» che sia confezionato ad alto livello e in modo adeguato,
¡tentativi fatti nelle due direzioni sopra ricordate sono falliti. È noto a tutte e a tutti gli
evangelici italiani lo scarso interesse dei nostri maggiori
giornali per tutto quello che riI guarda il mondo protestante:
basti pensare al silenzio totale
1 della stampa italiana relativamente alla Vili Assemblea generale del Consiglio ecumenico a Harare. Solo il Sinodo ha
una qualche evidenza, sulle
pagine regionali del Piemonte,
quasi si trattasse di un avvenimento locale.
Non andiamo molto meglio
neppure sul lato dell’offerta: le
persone che potrebbero esprimere in modo culturalmente
adeguato un punto di vista
protestante sono normalmente
sovraccariche di lavoro, per
cui non è pensabile di chiedere loro di addossarsi anche il
compito di scrivere articoli. Le
poche, sporadiche presenze
ottenute sinora sono state dovute a iniziative e a conoscenze strettamente personali.
Tutto questo comunque non
ci scoraggia. Il problema è sempre alla nostra attenzione, e la
perseveranza non ci manca.
, 'darmi Rostan - moderatore
della Tavola valdese
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CANTAUTORE OFFRESI
Nicola Milone, cantautore
cristiano, si mette al servizio
delle chiese bmv e di altre,
per concerti mirati, sia evangelistici sia culti musicali, come quello di cui ha riferito
da Varese e Bollate il pastore Stefano Fontana [Riforma
n. 42 pag, 9). Chi fosse interessato scriva o telefoni a Nicola Milone, via M. Buonarroti la, 30032 Cormano
(Mi); tei. 02-66300465.
S Prerogative
delle assemblee
Caro direttore,
l’articolo di Raffaele Volpe
(Riforma 27 dicembre ’99)
strapazza un bel po’ l’Assemblea generale, il Comitato esecutivo, e persino le chiese.
Dalla penna di Volpe non si
salva nessuno. Come protestanti siamo abituati alla confessione di peccato, ma Tergerci a giudici degli altri non fa
parte della nostra cultura. È
indubbio che le Assemblee
non sono perfette, ed è per
questo che una delibera può
essere rivista e modificata. Le
nostre Assemblee non sono
delle monadi, ma sono segmenti di un lungo processo e
hanno memoria. Qualche anno
fa in tono semiserio si parlava
di golpe. Alcuni ne ridevano,
altri no. Poi si è voluto istituire la figura del segretario generale, per dare più funzionalità
agli uffici delTUnione, ma non
si voleva trasfigurare TUcebi.
L’Assemblea straordinaria è
stata coerente con quanto a
suo tempo prefigurato. Se il
progetto presentato dal Ce non
è stato approvato, e questo è il
dato uscito dalTAssemblea,
vuol dire che era sopra le righe e che il Ce non si è fatto
interprete dei deliberati delle
precedenti Assemblee. Qui
siamo in presenza di responsabilità politiche, e sarà la prossima Assemblea a trarne le
conclusioni.
Volpe rimprovera alle Assemblee il potere di disfare, ma
non quello di proporre. Va ricordato che la capacità di proporre è dei governi, delle commissioni, dei gruppi di lavoro.
Le Assemblee approvano o
bocciano. Una via di mezzo è
quella di apportare degli emendamenti, là dove le proposte
siano emendabili. Perché le
Assemblee diventino prepositive bisognerebbe avere lavori
notturni per gruppi omogenei.
Ma i lavori di corridoio non
dovrebbero avere cittadinanza
in un luogo che ama la trasparenza. Se, dunque, l’Assemblea
boccia le proposte, vuol dire
che queste andavano bocciate.
L’Assemblea dimostra la sua
autorevolezza quando non si
sente succube di altri organi e
non vota a scatola chiusa.
Sul tema del congregazionalismo Volpe rimette in discussione quanto fin qui fatto
alla luce della solidarietà tra
chiese, della missionarietà del
nostro essere chiese che fanno
parte di una Unione di chiese.
Quei concetti sembrano estrapolati dai discorsi di Umberto
Bossi. Vorrei ricordare che il
nostro essere congregazionalisti e parte di una Unione non
è una questione soltanto economica, questa si risolverebbe
facilmente, anche col lavoro
extraecclesiastico dei ministri.
Noi andiamo al di là dello
stretto congregazionalismo
quando prepariamo assieme
ministri che serviranno in tutte le chiese, quando assieme ci
facciamo carico dei pastori
che hanno servito in più chiese, quando applichiamo la regola della permanenza in una
stessa sede, quando assieme
in ^teniamo rapporti di solidali I con altre denominazioni e aiiri organismi, quando ci
incontriamo per dibattere temi
rilevanti e precisare la nostra
testimonianza. Il nostro congregazionalismo Ini alista finisce quando siamo in grado di
gioire per la crescita di una
chiesa e di essere solidali con
chi è debole. Non mi piace il
congregazionalismo finanziario, mi piace il congregazionalismo di quel Dio che ama la
chiesa più debole.
Salvatore Rapisarda
Catania
I numeri
dei battisti
Caro direttore,
ho l’impressione che tocchi
a me rispondere alla garbata
lettera di Guido Gabaldi (numero 1/2000 di Riforma), visto che le tue informazioni sono probabilmente desimte dal
Cinquantapagine della Claudiana a mia firma. Allora, la
«chiarezza» e facile da ottenere. Quando parlo di «popolazione» mi riferisco alla definizione che se ne da nelTUcebi:
essa e contenuta nella circolare del 1988 a firma delTallora
presidente Paolo Spanu, che
non e mai stata abrogata e che
trascrivo di seguito: «La popolazione della chiesa è la
somma di quanti a qualsiasi
titolo usufruiscono o mostrano di voler usufruire dei servizi della chiesa stessa. Quindi, in questo insieme va ricompreso il totale dei membri
di chiesa, più i familiari, i
simpatizzanti, antichi iscritti
che si vedono solo per cerimonie particolari, amici che
gravitano nell’orbita delle varie attività, ecc.».
Dunque, come si vede, è sì
una cifra presunta ma non c’è
«moltiplicazione delle battista
e dei battisti». Piuttosto avrei
qualcosa da dire sulla «verosimiglianza» delle statistiche:
siamo davvero sicuri che i
membri battisti, nonostante
l’ingresso continuo di nuove
chiese (e quindi di nuovi
membri) nelTUcebi, siano da
anni sempre fermi allo stesso
numero e non passino mai i
Il numero di dicembre 1999 di «Qui Touring»
Ignorata la presenza protestante
È uscito il numero di dicembre 1999 di Qui
Touring, la rivista del Touring Club italiano.
Alle pp. 134-139 vi è un articolo «Natale a Copenaghen», in cui è scrupolosamente nascosto
ai lettori il fatto che, a Copenaghen, il Natale
abbia qualcosa a che fare con la fede evangelica. A pag, 136 è ricordato il rituale girotondo,
che in quella città viene fatto attorno all’albero di Natale il 24 sera e il 31 notte, ed è spiegato che era una danza intorno a Cristo simboleggiato dall’albero della vita. Ma che la chiesa dei danesi sia quella evangelica e l’albero
di Natale sia una usanza protestante è taciuto
con quel pudore con cui le persone beneducate evitano di dire parolacce oscene.
A pag. 143, in un articolo «Chi sono i cristiani d’Etiopia», si informa il lettore che si
tratta di copti ortodossi e non di cattolici.
Però in fondo all’articolo è detto: «Si ritiene
che i copti siano oltre il 52% della popolazione, mentre cristiani e musulmani superano di
poco il 31%». insomma, dopo aver affermato
che i cristiani di Etiopia sono copti, l’articolista di Qui Touring smentisce se stesso e fa capire che i soli cristiani dell’Etiopia sono quelli
della minoranza cattolica.
A pp. 153-158 v’è un articolo «L’anno che
verrà» sulle isole Samoa e Tonga che informa
i suoi lettori che «i samoani così come i tongani sono ferventi cristiani. La domenica è
dedicata alla lunghissima messa cantata dei
fedeli». Più oltre però lo stesso articolo parla
delle molte chiese «che costellano le Samoa»,
e aggiunge che esse «riflettono la devozione
dei samoani e le molte religioni cristiane professate: principalmente congregazionalisti,
cattolici, metodisti». Evidentemente il compilatore dell’articolo crede che esistono una
«religione» congregazionalista e ima «religione» metodista, su per giù come esiste una religione cattolica. Ignora invece che oltre alla
messa cattolica cantata o piana esiste il culto
evangelico di cui il canto corale fa parte in
qualsiasi paese, compreso l’Italia. Sembra veramente che abbia visitato isole remote come
le Samoa e le Tonga ma un una chiesa evangelica vicina a casa sua non abbia mai pensato di affacciarsi.
Migliaia di italiani si fanno un’idea di paesi
lontani leggendo le pubblicazioni del Tei. A
giudicare dal numero natalizio di Qui Touring
non c’è da stare molto allegri.
Giorgio Spini - Fiesole (Fi)
fatidici 5.000? Oppure dobbiamo pensare che su quella «verosimiglianza» agiscano pesantemente i Consigli delle
chiese, che «tagliano» annualmente gli elenchi dei membri
con riferimento al piano di
cooperazione? È un’illazione
del tutto personale senza alcuna prova: ma, al contrario del
caro fratello Gabaldi, nutro
dubbi non sui dati presunti
ma proprio sulla «verosimiglianza» dei dati accertati.
Franco Scaramuccia
Chiavari
Ecumenismo
e saldezza
della fede
Non ho seguito in televisione
il culto del 31 ottobre di cui
tanto si è parlato sulle pagine
di Riforma, ma mi sono procurata il testo del sermone che mi
è sembrato un più che dignitoso «Annuncio delTEvangelo».
Da dove lo scandalo? Ho letto
più volte la lettera del pastore
Gino Conte, che ha suscitato in
me molte perplessità.
Sono cresciuta in una rigorosa famiglia protestante (mio
padre, che non era pastore, la
sera faceva il culto di famiglia
e, ovviamente, sempre la preghiera prima dei pasti), con un
versetto della Scrittura che è
stato il leit-motiv della mia vita: «La verità vi farà liberi»: la
verità che dà la sicurezza, la
sicurezza che dà la verità. E,
di conseguenza, la forza e la
saldezza della fede che non sa
ranno mai messe in discussione da un culto ecumenico,
dalla partecipazione comune
alla Cena, che è del Signore,
dal dialogo con fratelli e sorelle cattolici e ortodossi che non
pianteranno mai cunei nella
nostra compagine protestante,
perché se così fosse mi chiederei su che basi e su quale roccia è fondata la nostra fede.
In un primo momento quando ho letto la controversia sulla partecipazione del pastore
Fanlo y Cortés (in toga!) a una
«commemorazione dei defunti» sono rimasta perplessa,
perché è venuto fuori il mio
(nostro) rigore protestante. Poi
ho riflettuto in merito a due
problemi:
1) La toga: se il pastore Fanlo
y Cortés avesse presenziato,
per così dire, in borghese, sarebbe stato più accettabile? E
da parte di chi? Dei fratelli vaidesi? Di tutti gli altri protestanti che invece predicano e presenziano con l’abito comune a
tutti i credenti? È l’abito che fa
di noi uomini e donne di fede?
2) Il contesto: è necessario
un quadro particolare per predicare TEvangelo della grazia
e della risurrezione o non siamo tenuti sempre ad annunziare il messaggio ovunque lo
Spirito ci spinga a farlo? Abbiamo bisogno del contesto ecclesiastico, delle quattro mura
del tempio (freddo e poco frequentato) per proclamare l’amore di Dio, la risurrezione di
Cristo, le parole di quella Verità che ci fa liberi?
Ma siamo liberi o non lo siamo? Il Signore ci ha chiamati a
servirlo e noi stiamo a soppe
■ Gli italiani sono
più «protestanti»?
Sul n. 43 di Riforma (5 novembre), nel
suo articolo «Il passato che ritorna», Piera
Egidi contesta a Alberto Asor Rosa l’affermazione che i protestanti con il loro silenzio abbiano contribuito alla carenza o assenza di laicità nella nostra società. Alcune delle considerazioni da lei svolte sono
senz’altro condivisibili (l'indifferenza degli intellettuali, della cultura e dei mass
media nei confronti del protestantesimo,
anche se vi sono state notevoli eccezioni
tanto nel liberalismo classico, basti pensare a Guido De Ruggero e Piero Gobetti,
quanto nel socialismo democratico, basti
pensare all’interesse di Lelio Basso nei nostri confronti, quanto fra gli stessi radicali).
E tuttavia la domanda inquietante posta
da Asor Rosa non è facilmente eludibile,
meno che mai con le considerazioni della
Egidi. Intanto va notato come certe scelte
politiche degli ultimi decenni, e ancora
Oggi, specie nelle sfere dirigenziali, dentro e a fianco di una forza politica (il PeiPds-Ds) certamente poco laica, poco liberale e poco democratica, abbiano tolto alla chiesa valdese la possibilità di dialogare e di battersi con quelle forze politiche
e culturali che a livello nazionale lottavano e lottano per l'affermazione di questi
principi e valori.
Secondariamente credo che bisogna
prendere atto del fatto (e chiedersi perché) che la Chiesa valdese ha avuto uno
Scarso impatto sulla società italiana nel
suo complesso, non solo per lo scarso
numero di proseliti fatto nell’arco di circa un secolo e mezzo di predicazione
evangelica (1848-1998), come impietosaniente ma correttamente ha messo in luce
Valdo Vinay nel terzo volume della Storia dei valdesi.
Terzo: si tratta di stabilire se la scelta
fatta dalla chiesa valdese di tenere un
profilo basso, di non fare sentire la sua
voce in maniera più energica e forte, nel
rifiutare ogni polemica dura con il cattolicesimo e quelle forze o gruppi politici e
culturali che erano e sono su posizioni
diverse da quelle proprie del protestantesimo; considerando questi comportamenti e atteggiamenti più decisi come inutili
e indecorose chiassate, che poco si addicevano e si addicono a una chiesa seria e
responsabile come quella valdese, non sia
invece una scelta sbagliata e comunque
da rivedere.
Questo atteggiamento, infatti, in un paese come l’Italia, dove solo i toni polemici
alti e chi fa la voce grossa ha udienza
presso i politici e i mass media, ha finito
per relegare in un angolino la Chiesa valdese, per ridurla a testimone muto e silenzioso in una società in rapido e tumultuoso cambiamento. Per cui la Chiesa valdese, pur prendendo posizione e pronunciandosi nei suoi Sinodi annuali sui pru*
blemi più drammatici e più dibattuti a livello nazionale o mondiale, non riesce a
sfondare a livello nazionale,
E tuttavia, contro Asor Rosa e contro la
Egidi, io ritengo che l’Italia e i cittadini e
il popolo italiani siano diventati in questi
ultimi decenni, nostro malgrado e loro
malgrado, più «protestanti» di quanto essi
stessi e noi non pensiamo, e quindi piu
laici, più moderni, più liberali e democratici. Ogni qualvolta, infatti, i cittadini italiani sono stati chiamati a pronunciarsi,
tramite referendum, su problemi importanti e fondamentali per e in una società
moderna (aborto, divorzio, contro 1 energia nucleare per usi civili, contro il tinanziamento pubblico dei partiti, per un siste
ma elettorale maggioritario, per la responsabilità civile dei magistrati, ecc.) hanno
sempre dato responsi in linea con le più
progredite democrazie occidentali nordeuropee e protestanti, e miranti a fare
dell’Italia un paese moderno e progredito.
Se questa spinta proveniente dal basso,
dai cittadini e dal popolo italiano, non ha
sortito gli effetti sperati, e quindi non è
stato possibile modernizzare questo paese, portandolo al livello di quelli nord-europei e protestanti, la colpa è solo dei partiti politici italiani, che non hanno voluto,
tramite leggi adeguate, concretizzare e
realizzare i bisogni, le esigenze e le spinte
al rinnovamento provenienti dalla società
civile, per fare dell’Italia un paese laico e
a democrazia compiuta.
Se questa maturazione, comunque, c’è
stata nella coscienza civile degli italiani,
va detto però che poco merito va alla chiesa valdese, e molto invece a minoranze
più agguerrite, più decise, più combattive,
come i radicali, alcune frange del partito
socialista, gruppi autonomi di cittadini
laici, democratici e libertari, che per questi valori e in questi valori hanno creduto
e per essi si sono battuti, vincendo.
Arturo A. Cericola - Torre Pellice
Identità
di protestanti
Sono completamente d’accordo con le
sorelle Peyrot di Genova su quanto da loro
affermato sul n. 46 di Riforma. Un cordiale
ringraziamento va anche al nostro settimanale che ci permette di esprimere la nostra
identità di protestanti.
Maria Isabella Weber Arnoulet - Milano
sare e valutare ogni situazione
per stabilire se è il posto giusto, il contesto confacente,
l’occasione buona. Non è lo
Spirito che ci spinge all’annuncio delTEvangelo?
Questo Spirito di cui invochiamo la presenza, che preghiamo di scendere tra noi, ma
al quale chiediamo cortesemente e fermamente che lo
faccia in sordina, con discrezione, senza sconvolgere l’ordine dei nostri culti, senza
muovere troppo «i cuori» dei
credenti con preghiere che
possono mettere in imbarazzo,
senza prolungare troppo la
«funzione» oltre l’orario, perché molti sono i nostri impegni. Lo invochiamo sulle nostre assemblee, ma in realtà lo
spingiamo fuori dalle porte
dei nostri templi che rischiano
di diventare monumenti inutili e inutilizzati.
Talvolta mi chiedo fino a
che punto il nostro rigore protestante è in armonia con
l’amore di Dio che predichiamo. Non sapremo mai se il nostro teologo Subilia, date le
premesse dei suoi insegnamenti, avrebbe presenziato - in
toga, o no - a un incontro ecumenico; io mi chiedo se Gesù
e i suoi discepoli avevano di
questi problemi. Noi protestanti non preghiamo per i
morti, perché crediamo nella
risurrezione, ma alla predicazione delTEvangelo della grazia siamo chiamati sempre,
con qualunque abito e in qualsivoglia contesto.
Con affetto protestante
Didi Saccomani Paschetto
Torino
PARTECIPAZIONI
RINGRAZIAMENTO
«Sta in silenzio dinanzi
aU’Eterno e aspettalo»
Salmo 37, 7
La moglie Dora Long, le figlie
Paola con il marito Rodolfo Duò
e la figlia Giulia, Anna con il marito Remo Long e le figlie Joëlle
e Micol di
Attilio Bosio
riconoscenti, ringraziano tutti coloro che sono stati loro vicini, in
svariati modi, con solidarietà e
partecipazione nel periodo della
prova.
In particolare ringraziano i pastori Paolo Ribet e Ursel Koenigsmann, l’Associazione nazionale
partigiani d’Italia e le Associazioni nazionali alpini.
Pinerolo, 3 gennaio 2000
RINGRAZIAMENTO
«Vegliate dunque perché
non sapete né il giorno né l’ora»
Matteo 25, 13
I familiari di
Anita Bertot
ved. Ricca
riconoscenti, ringraziano tutti coloro che con scritti, presenza, parole di conforto e fiori hanno partecipato al loro dolore.
Un ringraziamento particolare
al dott. Mourglia, alla direzione e
a tutto il personale del Rifugio Re
Carlo Alberto e al pastore Franco
Taglierò.
Torre Pellice, 10 gennaio 2000
RINGRAZIAMENTO
«Ho combattuto
il buon combattimento,
ho finito la corsa,
ho serbato la fede»
Il Timoteo 4, 7
I familiari di
Renaldo Ghigo
di anni 74
riconoscenti per l’affettuosa partecipazione, ringraziano di cuore
tutti coloro che con fiori, parole di
conforto, presenza e opere di bene hanno partecipato al loro
grande dolore.
Un ringraziamento particolare
al pastore Fiume, al prof. Claudio
Tron, al medico curante dott.
Anita Taraselo, ai medici e al
personale dell’Ospedale valdese
di Pomaretto, a Claudio, Orietta,
Fulvio e Donaterlla.
Ghigo di Prali, 7 gennaio 2000
RINGRAZIAMENTO
«L’Eterno è la mia forza
e il mio cantico,
ed è stato la mia salvezza»
Salmo 118, 14
Si è spenta serenamente
Speranza Grill
di anni 92
Lo annunciano con dolore i nipoti che ha tanto amato.
Un particolare ringraziamento
a tutto il personale dell’Asilo di
San Germano Chisone per le affettuose cure prestate.
Pomaretto, 7 gennaio 2000
16
PAG. 16 RIFORMA
VENERDÌ 14 GENNAIO 2000
Documento di lavoro approvato dal Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec)
Il Decennio ecumenico ccvincere ia violenza»
«Cerca la pace e adoperati per essa» (Salmo 34, 14l
«III risposta all’appello formulato dalla Vili Assemblea del
Consiglio ecumenico delle chiese, lanciamo un Decennio “vincere la violenza”, che si svolgerà dal 2001 al 2010, e invitiamo le
chiese, i gruppi ecumenici, i cristiani e tutte le persone di buona
volontà a parteciparvi.
Riuniti per la prima sessione del Comitato centrale dopo l’Assemblea di Harare, al termine di uno dei secoli più violenti della
storia dell’umanità, abbiamo la convinzione che le chiese siano
chiamate a portare al mondo una chiara testimonianza di pace,
di riconciliazione e di nonviolenza fondata sulla giustizia (...)».
«Smettiamo di essere spettatori della violenza, smettiamo di
deplorarla senza agire. Agiamo per vincerla, nella chiesa e altrove. Ricordiamoci che ognuno di noi, e tutte le nostre chiese, assumiamo insieme la responsabilità di denunciare con coraggio tutti
coloro che difendono le strutture di ingiustizia e di oppressione,
il razzismo, il ricorso alla violenza, in particolare nei confronti
delle donne e dei bambini, le violazioni flagranti dei diritti umani
commesse in nome di una nazione o di un gruppo etnico, qualunque essi siano. Se le chiese non legano la loro testimonianza a favore della pace e della riconciliazione alla ricerca dell’unità tra di
loro, esse mancano alla loro missione nei confronti del mondo.
Lasciamo da parte ciò che ci divide. Lanciando un’azione ecumenica di fronte alla sfida della violenza, dimostrando che la nonviolenza costituisce un approccio attivo alla soluzione dei conflit
ti e offrendo, in tutta umiltà, ciò che Gesù Cristo ha insegnato ai
suoi discepoli, le chiese hanno un messaggio unico da trasmettere
al nostro mondo devastato dalla violenza».
«Riconosciamo il valore della testimonianza che da molto tempo rendono le tradizioni monastiche e le “chiese tradizionalmente pacifiste’’, e vogliamo riaffermare il loro contributo nel quadro
del Decennio. Alcune chiese sono diventate centri di riflessione
e di formazione alla nonviolenza attiva nei loro rispettivi contesti. Esse mostrano il tipo di coraggio, di competenze e di creatività che occorrono per praticare la nonviolenza attiva e la resistenza nonviolenta. Esse sono sensibili al problema della distruzione della natura e si concentrano sulla situazione dei gruppi
più vulnerabili. Contribuire afl’edificazione di una cultura di pace presuppone che si ascoltino i racconti di quelli e di quelle che
sono le prime vittime della violenza, e in particolare le popolazioni povere, le donne, i giovani e i bambini, le persone handicappate e i popoli autoctoni».
«Molti, con il loro esempio, ci insegnano che la presenza e
1 impegno attivo a fianco delle vittime e degli aggressori, nelle situazioni di violenza, nelle strade e nelle zone dilaniate dalla
guerra, sono gli strumenti indispensabili ad ogni processo di
cambiamento. Fin dalle sue origini, il Consiglio ecumenico delle
chiese si è preoccupato della questione della pace (...)».
«Il Decennio si costruirà a partire dalle iniziative che esistono
già. Siamo consapevoli che le nostre attività sono parallele a
quelle del «Decennio internazionale dell’Onu per la promozione di una cultura della nonviolenza e della pace a favore dei
bambini del mondo». Intendiamo stabilire legami con queste
iniziative e aiutarle a stimolarsi e a darsi una mano vicendevolmente. Il Decennio incoraggerà le chiese ad aiutarsi e a sostenersi nel loro ministero. Con il decennio «vincere la violenza»,
offriamo uno spazio autenticamente ecumenico, propizio agli
incontri, al riconoscimento reciproco e all’azione comune con
credenti di altre religioni e con tutte le persone di buona volontà. Iiisieme lavoreremo per essere costruttori di riconciliazione, di pace e di giustizia, nelle nostre famiglie, nelle nostre
chiese e nelle nostre comunità, nonché nelle strutture politiche,
sociali ed economiche, sia a livello nazionale che internazionale. Coopereremo all’edificazione di una cultura di pace fondata
su comunità giuste e vivibili».
«La visione evangelica della pace è fonte di speranza, nella
prospettiva del cambiamento e di un nuovo inizio. Non dimostriamoci indegni di ciò che ci è stato dato. Ovunque nel mondo,
la gente aspetta con impazienza da noi, cristiani, che diventiamo
quello che siamo: i figli di Dio che incarnano il messaggio d’amore, di pace, di giustizia e di riconciliazione. La pace è possibile.
La pace è realizzabile. Ricercate la pace e adoperatevi per essa.
Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Matteo 5,9)».
(Estratti dal messaggio del Comitato centrale del Cec)
«il:.
Introduzione
Conformemente al mandato ricevuto dalla Vili Assemblea del Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec) tenutasi
ad Harare nel dicembre 1998, durante
il Decennio «vincere la violenza», il
Cec metterà l’accento sulla parola
«vincere» piuttosto che su quella di
«violenza». Per questo, la metodologia sottolineerà le esperienze positive
delle chiese e dei gruppi che si sforzano di vincere la violenza. Il Decennio deve essere radicato nelle esperienze e nel lavoro delle chiese e delle comunità locali. Il Cec può favorire
gli scambi, fungere da centralino e
mettere in luce le esperienze di edificazione e di mantenimento della pace, e di prevenzione della violenza a
livello locale. Ma il Decennio dovrebbe andare al di là delle strutture del
Cec a Ginevra e includere tutte le
chiese membro e non membro, le Ong
(organizzazioni non governative) e altre organizzazioni a favore della pace.
Il Decennio «vincere la violenza»
permetterà dunque di far conoscere le
iniziative delle chiese, delle organizzazioni ecumeniche e dei movimenti
della società civile per vincere differenti forme di violenza, e di costituire
reti fra loro. Il Cec dovrebbe cercare
di stabilire punti di contatto con gli
obiettivi, i programmi e la struttura
del Decennio internazionale dell’Onu
per la promozione di una cultura della nonviolenza e della pace a beneficio dei bambini del mondo (20012010). È essenziale che il Decennio si
concentri sul contributo specifico e
unico che possono dare sia le chiese
membro a titolo individuale sia il Cec
nel suo insieme.
Basandosi sulla ricca esperienza
dei programmi del Cec a favore della
pace e della giustizia, gli organizzatori delle attività del Decennio possono
ispirarsi a diversi modelli di coordinamento di un decennio, delle sue
campagne e dei suoi programmi, garantendo una certa continuità con
quelle iniziative. Si prenderanno in
considerazione in particolare i metodi seguenti: le visite di équipe e le
«Lettere viventi» (quali quelle del Decennio ecumenico «Solidarietà delle
chiese con le donne»), per tenere conto delle preoccupazioni e dei punti di
vista esistenti in tutto il mondo: il
World Wide Web, i video e le pubblicazioni (campagna «Pace nella città»); gli scambi e le visite. Il Decennio
dovrebbe approfondire questi metodi
e proseguire il lavoro già compiuto
nel quadro del Programma «vincere
la violenza» e della campagna «Pace
nella città».
Bambini in una baraccopoli sudafricana
nali della violenza e dai mezzi per
vincerla.
- Mettere le chiese in condizione di
vincere lo spirito, la logica e la pratica
della violenza; rinunciare a ogni giustificazione teologica della violenza;
riaffermare la spiritualità della riconciliazione e della nonviolenza attiva.
- Creare una nuova concezione della sicurezza, che si esprima attraverso
la cooperazione e la comunità piuttosto che attraverso il dominio e la competizione.
- Mettersi all’ascolto della spiritualità e degli sforzi di edificazione della
pace delle altre religioni per collaborare con le loro comunità alla ricerca
della pace, e mettere le chiese in condizione di riflettere sul cattivo uso
che le società pluraliste fanno delle
identità religiose ed etniche.
- Rimettere in discussione la militarizzazione crescente del nostro mondo, in particolare la proliferazione
delle armi leggere.
3 - Fasi del Decennio
Fase 1: 1999-2000 - Preparazione
del Decennio e lancio
Il Comitato centrale del Cec inviterà
le chiese membro e i partner ecumenici a partecipare al Decennio ecumenico. Il Comitato centrale chiederà alle
riunioni ecumeniche regionali di definire le loro priorità e i loro progetti, e
di contribuire così a diversi aspetti:
elaborazione di una struttura: formulazione del messaggio di base: messa
in piedi dell'organizzazione necessaria e preparazione di un budget per il
coordinamento e la pianificazione:
definizione e realizzazione di strategie di comunicazione; preparativi in
vista del lancio.
proci. I risultati saranno integrati nella
preparazione della IX Assemblea e daranno un nuovo slancio in vista della
seconda tappa che porterà al 2010.
Fase V; 2005-2010 - IX Assemblea
del Cec
Messa in comune degli insegnamenti tratti dalla prima lappa del Decennio e dei problemi che si pongono.
Elaborazione e adozione delle priorità
e del programma d'azione per il periodo 2006-2010.
Il - Quadro generale
del Decennio
I - Obiettivi
Per portare l’edificazione della pace dalla periferia al centro della vita e
della testimonianza della chiesa, per
stringere alleanze più solide e per favorire la comprensione tra le chiese,
le reti e i movimenti che lavorano per
una cultura della pace, gli obiettivi
del Decennio sono i seguenti:
- Affrontare in modo globale le
molteplici forme della violenza, tanto
diretta quanto strutturale, aH'interno
delle famiglie e delle comunità e a livello internazionale, e trarre gli insegnamenti dalle analisi locali e regio
1 - Come concepire e avviare il
Decennio «vincere la violenza»
- Offrire molteplici vie di accesso e
campi di preoccupazione alle chiese e
ai gruppi per permettere loro di far
sentire la loro voce.
- Predisporre e incoraggiare una comunicazione innovativa, efficace e
professionale, elemento chiave del
Decennio e del suo successo.
- Conservare lo stesso slancio durante i dieci anni.
- Ricorrere a diverse metodologie in
funzione di scopi specifici.
- Formulare obiettivi chiaramente
definiti per la metà del Decennio (Assemblea del Cec del 2005) e per la sua
conclusione nel 2010.
- Far partecipare tutti i settori e le
équipe del Cec al Decennio.
2 - Le due tappe del Decennio
- 2001-2005, che culminerà con la
IX Assemblea del Cec del 2005.
- 2006-2010, che si concluderà con
una celebrazione che segnerà la fine
del Decennio.
Fase II: 2001-2004 ~ Lancio e manifestazioni del Decennio
Nel gennaio 2001, il lancio avrà
luogo contemporaneamente in differenti luoghi, con la partecipazione
delle chiese e dei gruppi locali e con
l’organizzazione di importanti manifestazioni internazionali. Il Decennio
metterà in luce diversi problemi e ricorrerà a metodologie appropriate che
dovranno essere integrate nella pianificazione, nella comunicazione, nelle
manifestazioni e nella definizione degli obiettivi comuni.
Fase III: 2004 - Sintesi basata
sull’analisi e sulle esperienze sorte in
vari contesti
Sulla base dei problemi e delle
esperienze, il Cec farà conoscere i modelli innovativi di azione a favore della pace avviati nel corso dei primi tre
anni, per rafforzare le reti e per creare
nuove alleanze.
Fase IV: 2005 - Analisi-valutazione-preparazione in vista della IX Assemblea del Cec e dei cinque anni
successivi
L'analisi e la valutazione della prima tappa del Decennio permetteranno
di fare il punto sul processo e di porsi
le domande seguenti: Quali insegnamenti abbiamo tratto? Quali sono le
sfide lanciate alle chiese? Che cosa
fanno le chiese? Che cosa resta da fare?
Scambi sulla strategia e visite faciliteranno l’ascolto e l’apprendimento reci*
4 - Approcci e metodi possibili
a) Studi
Proseguire e ampliare le riflessioni
teologiche sulla violenza e la nonviolenza nella prospettiva della dignità e
dei diritti della persona umana e della
comunità; studio della Bibbia accessibile a tutti e concepito come un processo permanente (contestuale, intercontestuale, interculturale); studio e
analisi dei lavori delle commissioni
«verità e riconciliazione». Impegnare
le chiese e le reti regionali in una riflessione sulla violenza e l’edificazione della pace nel contesto di problemi
legati alle strutture: razzismo, mondializzazione, violenza contro le donne, violenza fra i giovani, violenza
contro i bambini, ecc.
b) Campagne
Offrire un sostegno pratico e solidale
alle chiese e ai gruppi che si sforzano
di lanciare campagne mirate e dinamiche su argomenti particolari, allo scopo di prevenire i conflitti, di farli evolvere e di vincere la violenza nei contesti propri. Incoraggiare le chiese e le
organizzazioni a formare reti in vista
di campagne internazionali specifiche.
c) Educazione
Raccogliere, redigere e far conoscere il programma di formazione alla
pace destinato ai bambini, ai giovani e
agli adulti, ispirandosi ai modelli esistenti e ponendosi soprattutto in una
prospettiva cristiana, formare reti costituite di educatori e di esperti nonché di istituti di teologia che si occupano di ri.soluzione e di mediazione
dei conflitti. Rimettere in discussione
i sistemi educativi attuali e i media
che perpetuano lo spirito di concorrenza, 1 individualismo aggressivo e la
violenza, soprattutto fra i bambini.
d) Culto e spiritualità
Far conoscere i documenti e le pratiche di culto e di preghiera di diverse tradizioni e culture che ispirano i
nostri sforzi comuni in vista della pace e della riconciliazione. La nozione
di metanoia è particolarmente importante quando le chiese assumeranno
la loro parte di responsabilità nelle
azioni violente di ieri e di oggi. La
metanoia implica la confessione, il
pentimento, il rinnovamento e la celebrazione della fede e costituisce
dunque un fondamento della cultura
di pace.
e) Raccontare la propria storia:
«forum» del Decennio
Grazie al World Wide Web, alle
pubblicazioni, ai video, alle manifestazioni e agli scambi personali, le
chiese, le comunità, i gruppi e le persone possono scambiare le loro esperienze sulla violenza e sulle loro iniziative per vincerla e favorire una cultura di pace. Questi racconti mettono
in relazione le persone e le loro azioni, favoriscono la solidarietà, permettono la condivisione delle risorse e
delle idee e permettono di progredire
verso il raggiungimento degli obiettivi
del Decennio, in particolare nel corso
della seconda tappa, dal 2006 al 2010,
5 - Problemi
La «violenza» non è soltanto fisica,
è anche emozionale, intellettuale e
strutturale. Nel Decennio l’accento
viene posto sulla reazione a tutte le
forme di violenza e sulla loro prevenzione. Si tratta di:
- vincere la violenza tra le nazioni;
- vincere la violenza all’interno delle
nazioni;
- vincere la violenza nelle comunità
locali;
- vincere la violenza nella famiglia:
- vincere la violenza nella chiesa;
- vincere la violenza sessuale;
- vincere la violenza socio-economica:
- vincere la violenza risultante dai
bloccaggi economici e politici;
- vincere la violenza fra i giovani;
- vincere la violenza legata alle pratiche religiose e culturali;
- vincere la violenza esistente nei sistemi giuridici;
- vincere la violenza contro il creato;
- vincere la violenza risultante dall’odio razziale e etnico.
Ili - Conclusione
Il Decennio ecumenico «vincere la
violenza» deve permettere di mobilitare le energie e le aspettative delle
chiese, delle organizzazioni ecumeniche, dei gruppi e movimenti di tutto il
mondo attorno al contributo positivo,
concreto e unico che le chiese possono dare ali’edificazine di una cultura
di pace. La forma e la metodologia del
Decennio devono essere chiaramente
definite, pur restando abbastanza
aperte per lasciare spazio alla creatività e all’energia dinamica delle chiese e dei diversi gruppi della società.
La struttura del Decennio dipenderà
dai suggerimenti, dai piani e dalla direzione offerti dalle chiese membro
del Cec e dai partner ecumenici che
definiranno le poste in gioco e le tappe da superare per andare avanti.
Questo documento servirà di quadro di riferimento per le misure preparatorie al Decennio «vincere la violenza». Nel corso di tutto il Decennio, il Comitato esecutivo e il Comitato del programma ne seguiranno i
progressi e ne preciseranno gli obiettivi e i metodi di azione.
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