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Anno 128 - n. 34
4 settembre 1992
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deUe valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
UNA VALUTAZIONE DELLA SESSIONE ’92
Le tre funzioni
del Sinodo
«Il Sinodo quest’anno faceva pensare al Parlamento italiano quando discute di riforma delle istituzioni: molte parole, poche decisioni ». Me lo
dice un caro amico, una delle
persone più sinceramente affezionate alla nostra chiesa. E’
naturale che chiesa e Sinodo
risentano dell’atmosfera generale, ma non è lusinghiero per
chi dovrebbe essere « sentinella » (come dice la Bibbia), cioè
guardare avanti, incoraggiare
le comunità, offrir loro delle
prospettive di impegno e di
azione. Non tutto è stato negativo, è stato fatto un buon
lavoro, pur con qualche evidente carenza.
Il Sinodo esercita di fatto
tre funzioni: è un’assemblea legislativa-amministrativa; è anche un convegno ideologico
dal quale ci si aspetta una visione, un’ispirazione; ed è il
raduno della sparsa diaspora
valdese e metodista. Si intessono più rapporti e si fanno
più progetti nei pochi giorni di
Sinodo che in settimane e mesi
di lettere e telefonate. Questa
funzione il Sinodo 1992 l’ha
svolta perfettamente: la presenza di alcuni valdesi sudamericani l’ha ancora allargata.
Le altre due funzioni sono
state svolte meno bene. La discussione sulla necessità di difendere oggi la democrazia in
Italia è stata buona, ma non
eccelsa; inoltre la mentalità
della raccomandazione, della
spintarella, non esiste forse da
anni? non ci siamo anche noi
adeguati o, per lo meno, rassegnati? Gridare anche noi quando tanti altri si allarmano sarà
anche giusto, ma non è certo
profetico!
Nella sua funzione più istituzionale. quella cioè di prendere delle decisioni amministrative, il Sinodo ha avuto
qualche momento di .stanca.
Primo esempio: Villa Olanda. Una proprietà alle porte di
Torre Pellice da destinare a fini diaconali-assistenziali. Da
anni se ne parla. Dopo ore di
discussione ancora un rinvio
di ogni decisione.
Altro esempio: la questione
circuiti-distretti. Sono delle forme di raggruppamento regionale delle comunità che traggono
origine dagli ordinamenti valdese e metodista. Ci si lamenta
che sono di fatto dei doppioni
Luna dell’altra. Anche qui esortazioni, ma discorso di fondo rinviato.
Più positivo il dibattito sul
settimanale congiunto di battisti, metodisti e valdesi. Il Sinodo aveva a disposizione un numero di saggio, ma tutte le
principali decisioni erano già
state prese. Il dibattito si è
limitato a una serie di esortazioni rivolte alla redazione e a
una promessa di solidarietà
verso questa esperienza estremamente impegnativa.
Nel campo dell’ordinaria gestione il Sinodo ha fatto una
mole di lavoro: le trattative
col governo sull’otto per mille,
il dialogo sui matrimoni misti,
le proteste per le inadempienze degli enti pubblici che strangolano l’ospedale di NapoliPonticelli, e mille altri tertu sono stati trattati, ma rimangono
alcune perplessità.
Perché le numerose donne
presenti in Sinodo (salvo una
o due che da anni intervengono con garbo e pertinenza) non
parlano? Timidezza? Sinodo
ancora troppo maschile? Bisognerebbe capire.
Si è eletto un professore di
teologia con due anni di anticipo, il presidente del Sinodo
con un anno di anticipo, ma
del moderatore della Tavola
valdese, che scadrà l’anno
prossimo, quasi non si è parlato. Perché? Imprevidenza?
Un collega mi ha detto: « Le
incertezze del Sinodo derivano
da una mancanza di approfondimento teologico ». Forse ha
ragione. Se avessimo riflettuto
sulla differenza tra diaconia e
gestione di servizi assistenziali
per conto terzi il discorso su
Villa Olanda sarebbe stato più
chiaro. Se avessimo pensato ecclesiologicamente alle diverse
funzioni di distretti e circuiti
oggi non saremmo lì a lamentarci che sono dei doppioni.
Personalmente mi pongo due
domande.
Abbiamo delle strutture democratiche. ma sono ottocentesche e non riescono a tenere il
passo con una realtà sempre
più tecnica e complessa. I rinvìi di questo Sinodo lo dimostrano. Non dovremmo studiare come modernizzarle?
Talvolta la lingua ci tradisce. Quando sento dei membri
del Sinodo dire « la chiesa »
per la chiesa cattolica e « ecumenismo » per i rapporti interconfessionali con il cattolicesimo. mi chiedo: non siamo già
stati conquistati interiormente?
Ecumenismo non è il rapporto
con il cattolico: ecumenismo è
una visione mondiale della
realtà della missione cristiana,
come quella che, nel quadro
del suo tempo, aveva l'apostolo
Paolo.
La mia speranza è che le comunità valdesi e metodiste non
prendano le formulazioni di
questo Sinodo come dei punti
di arrivo, ma come dei punti
di partenza per una riflessione
più profonda e un’azione più
incisiva.
Aldo Comba
UNA MOBILITAZIONE DELLE CHIESE CONTRO LA MAFIA
Le chiese e la democrazia
Al di là della denuncia e della ribellione occorre vivere una cultura progettuale e gettare le basi per costruire una nuova mentalità
Democrazia e mafia. Gli antipodi di questo Sinodo affondano le proprie radici nella riflessione preparatoria alle gioi'nate di Torre Pellice, scritta dalla Tavola valdese. Di fronte all’attuale tendenza all’involuzione
della democrazia occorre — afferma la Tavola — riscoprire la
dottrina biblica della Riforma
sul sacerdozio di tutti i credenti. Occorre riscoprire il protestantesimo come rapporto nuovo, sano e libero con Dio, fonte
di responsabilità e libertà. Questa nuova sensibilità verso i
grandi temi sociali e politici del
momento, insieme all’esigenza
sempre più urgente di uscire dal
proprio particolare per entrare
nel vivo dei problemi, è rimbalzata più volte nel corso del dibattito sinodale su chiese e democrazia.
Un dibatlito che ha trovato,
proprio nelle ultime ore di venerdì, alla chiusura, uno sbocco
unanime nelTapprovazione di un
appello alle chiese in vista di
una mobilitazione sulla parola
d’ordine « libertà dalle mafie ».
Ma al di là del testo approvato
mi pare che tutto il tema « chiese e democrazia » sia stato il
vero motivo conduttore di quest’ultimo Sinodo. Piero Trotta,
di Palermo, ha ricordato che « è
finito il tempo delle analisi sul
fenomeno mafioso, è giunto il
tempo di passare all’azione. Dalla mob'Titazione popolare devono partire nuove forme di resistenza ».
Oggi, iiisomma, non si può più
stare a guardare. Là dove mancano persino le condizioni oggettive di una pre-democrazia, perché il territorio è controllato
dalla mafia, è necessario lavorare a costruire un nuovo tessuto sociale. Le nostre chiese,
che sono portatrici di una cultura contraria alla delega, al lassismo, alla ricerca di snazi privilegiati, possono mobilitarsi e
valorizzare aspetti oggi mortificati dalla violenza deH’organizzazione mafiosa. Ma il ribellismo non è di per sé sufficiente;
bisogna vivere una progettualità
in positivo attraverso un’azione
di lungo respiro. Opere diaconali come « La Noce » di Palermo
o il « Servizio cristiano » di Riesi possono, attraverso il processo educativo promos.so dalle loro scuole, essere un fermento
positivo nel rinnovamento delle
Società. Non solo: là dove le
chiese sono fortemente impegnate in associazioni cittadine
antimafia — come succede a
Catania o a Pachino — è possibile gettare le basi per costruire una nuova mentalità.
11 problema infatti non è esclusivamente quello della criminalità mafiosa che colpisce quando e come vuole ma è anche
problema di cultura, di mentalità. La logica del « fatti gli affari tuoi » o quella del « non
t’immisch'are. sono cose che
non ti riguardano ». che rimbalza anche sui banchi di scuola,
non è facile da estirpare. Solo
un lavoro educativo e culturale
di lungo respiro può essere incisivo.
L’appello del Sinodo per una
Uno scorcio dell’aula sinodale durante le votazioni.
mobilitazione di tutte le chiese
per la settimana della libertà
dalla mafia giunge anche in un
momento di profondo scoraggiamento e di ritorno di integralismi, tribalismi e particolarismi. In questa progressiva disgregazione del tessuto sociale
la riscoperta deH’impegno sociale e politico dei credenti, soprattutto da parte delle chiese che
hanno cercato di esprimere anche nei loro ordinamenti il senso della democrazia, può aiutare a capire un fatto; la mafia
è_ sì presente nella vicenda storica italiana ma non ha il con
senso delle masse. Essa può essere sempre più isolata e lo sarà sempre di più se crescerà il
tessuto democratico.
NeU’anno tragico delle stragi
maUose e del coperchio sollevato dalla pentola in cui cuociono
pubblica amministrazione e interessi privati la risposta non
deve essere — questo ha detto
in sostanza il Sinodo — la rassegnazione o il senso d’impotenza, ma una rinnovata assunzione
di responsabilità personale nella società. In concreto non si
tratta solo di dar vita ad iniziative di segno protestante ma,
proprio nella nostra migliore
tradizione, di partecipare alle
assemblee cittadine, regionali e
alle varie iniziative che lavorano per lo sviluppo della democrazia. « Non è un caso — notava acutamente lo storico Giorgio Spini — che oggi in Italia
nessuno parli della rivoluzione
di Cromwell del 1642, fondamento della civiltà moderna. In effetti non è facile, nella terra di
una cultura ancora fortemente
controriformista, vivere i valori del protestantesimo nella loro
traduzione sociale e politica. Anche il tramonto della riflessione
storica sul Risorgimento e sulla
Resistenza preannunciano un
buio che può risucchiarci.
Per resistere al conformismo,
all’andazzo comune occorrerebbe più forza, più iniziative. La
sfida che il Sinodo ha lanciato
dovrà fare i conti anche con
la nostra piccolezza. Se non di
pensiero almeno di numero. I!
riferimento (che è sovente riemerso nel corso del dibattito)
all’aiuto costante che ci viene
dal Signore è tutt’altno che una
frase rituale e retorica. E’ la
constatazione che da soli non cc
la facciamo.
Giuseppe Platone
!l Sinodo, facendo proprio l’appello rivolto dalla recente assemblea di Budapest (Assemblea delle Chiese evangeliche europee,
marzo 1992) a tutte le chiese
evangeliche affinché non si richiudano nella sfera del privato ma
operino per l’affermarsi della democrazia, assumendo responsabilità in campo economico, politico e
sociale;
reso attento dagli atti che su
questo tema sono stati approvati
nell’Assemblea del XVI circuito
(Sicilia) e nella Conferenza del IV
distretto (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia), nonché dalle considerazioni presentate dalla
Tavola sul tema « Chiese e democrazia »;
di fronte ai recenti atti criminali perpetrati dalla mafia nel nostro paese, nonché al perverso intreccio fra pubblica amministrazione e interessi privati di singoli e
di partiti;
incoraggia tutti gli evangelici a
reagire al senso di rassegnazione
e di impotenza che può derivarne,
anche con una decisa assunzione
di responsabilità personale;
esorta i singoli e le chiese ad
esprimere, nella condotta quotidiana, nelle attività formative dei giovani, nella predicazione e nelle
forme di testimonianza rinnovatrice che viene dall'Evangelo, la speranza nel Signore della vita, la vigilanza contro violènze, soprusi,
discriminazioni;
decide di caratterizzare la « settimana della libertà » del febbraio
1993 come settimana di mobilitazione degli evangelici per la « libertà dalla mafia »;
chiede al Consiglio della FCEI
di organizzare forme e modi di
una presenza pubblica delle chiese evangeliche italiane in tale occasione.
2
2 sinodo delle chiese valdesi e metodiste
4 settembre 1992
TORRE PELLICE, 23 AGOSTO 1992:
Vegliate dunque, perché non sapete né
Cinque vergini sono avvedute perché hanno provveduto a fare
scorta di olio affinché le lampade possano restare accese a lungo; cinque sono stolte perché non ci hanno
pensato o hanno creduto di poterne fare a meno.
Il mancato approvvigionamento di
olio denuncia una visione della fede
piuttosto miope, che pensa solo a tirare avanti. Non c’è vera attesa dello sposo. Una vita di fede assonnata, di piccolo cabotaggio, opaca, priva di passione.
La parabola delle dieci vergini, come
tutte le altre parabole, ci parla del Regno che viene come di un avvenimento
imprevedibile, sorprendente rispetto a
tutto quello che facciamo, pensiamo,
progettiamo.
Il Regno di Dio, inteso non come un
territorio ma come la signoria di Dio,
si è già manifestato in Cristo, ma è allo
stesso tempo una realtà che mi sta da- *
vanti, mi precede, mi sta accanto, è più
vicina a me di quanto io non sia vicino
a me stesso. Non riusciamo ad esaurire
la sua ricchezza neppure nella nostra
esperienza di fede. La nostra fede non
riesce a coglierne tutta la novità. Il
Regno mi sorprende, mi spiazza anche
nelle scelte che avevo ritenuto le più
intelligenti, le più avanzate, e mi impedisce di adagiarmi sui risultati raggiunti.
La mia tradizione religiosa, la mia
teologia, i miei progetti sono rimessi
in discussione. Il Regno non si identifica con una chiesa, con una particolare visione della società, con una dottrina sociale, con un particolare progetto
politico.
Ora vorrei soffermarmi in particolare sulla mia comprensione di quell’imperativo che mi ha investito con
una forza tale da mettermi in crisi:
« Vegliate, perché non sapete né il
giorno né l’ora ». In Marco 13 Gesù
dice: « Vegliate, dunque, perché non
sapete quando viene il padrone di casa;
se a sera, o a mezzanotte o al cantare
del gallo, o la mattina; ché talora, venendo egli all’improvviso, non vi trovi
addormentati. Ora quel che dico a voi
lo dico a tutti: vegliate ».
Vegliare. Maturare la consapevolezza che ogni genere di insediamento, di adattamento mostra
presto tutta la sua provvisorietà. Ogni
nostro modello culturale, etico, religioso può essere smentito. Noi possiamo adattare tutto, perfino la parola biblica: Dio no!
Ogni genere di patente sarà dichiarata decaduta, ogni nostro presunto titolo di merito sarà archiviato. Non potrò esibire un qualche salvacondotto
per passare indenne attraverso il giudizio di Dio. Non il mio dirmi protestante, non la mia collocazione a sinistra nella quale pure ho maturato la
mia formazione politica e culturale, ma
nemmeno la tua nostalgia per il passato.
A questo punto vi confesso che di
fronte a questi pensieri ho avvertito
un certo disagio. Ma poi mi sono detto: se di fronte all’annuncio del Regno
che viene mi sentissi a mio agio, se non
mi sentissi in qualche modo dilaniato
dentro in quanto la parola di Dio mi tira da una parte e tutto il resto dall’altra,
vorrebbe dire che sarei già compietamente appiattito sulle logiche di questo
mondo. Vorrebbe dire che non mi
aspetterei più nulla di nuovo dal Signore che viene. Quale povertà spirituale
sarebbe la mia!
Vegliare vuol dire vigilare sull’approvvigionamento spirituale delle nostre chiese, sul nostro stile
di vita personale, sulla lettura della
Bibbia, sulla preghiera.
Noi rischiamo di trovarci nelle secche
dell’aridità e della stanchezza spirituale. Lo riscontriamo, per esempio, nella
nostra predicazione. Quanti luoghi comuni, quanto materiale da repertorio
nei sermoni nelle chiese e alla radio.
Predicazioni spesso appiattite sul linguaggio della « Repubblica », della
« Stampa », del « Manifesto » o di altri
quotidiani e poco alimentate dalla ricchezza del linguaggio biblico o dei nostri migliori teologi. Talvolta nelle nostre assemblee di chiesa, nei nostri Sinodi ci capita di confondere le nostre
aspirazioni con la volontà di Dio. Non
si è più capaci di ascoltare l’altro, che
può anch’egli essere portatore della parola di Dio anche se sostiene una posizione diversa dalla nostra.
Vegliare. E’ urgente raggiungere
una maggiore intelligenza dell’opera dello Spirito Santo per
cogliere i segni, le tracce di un percorso che il Regno ci apre e che ci aiutano
a predicare l’evangelo di Gesù Cristo
con maggiore discernimento in mezzo
alla complessità delle culture, delle religioni ed alle rapide trasformazioni e
crisi della storia. Una ricerca condotta
con lo stesso spirito e con la stessa serenità e serietà del dibattito del 1949
quando si doveva ricominciare, dibattito condotto da Valdo Vinay, Giovanni
Miegge, Giorgio Spini. In Protestantesimo del 1949, in un articolo intitolato: « Evangelizzazione o riforma »,
Giorgio Spini scriveva: « Mai come ora
c’è bisogno di molto riflettere e molto
pregare, prima di accingerci all’opera,
senza farsi trascinare dalle seduzioni di
un attivismo facilone, che ama scambiare i propri sfarfalloni con la volontà di
Dio. Quando si hanno delle idee chiare,
una chiara linea di azione, una meta
ben individuata, non c’è mai da preoccuparsi soverchiamente né della pochezza dei mezzi né della scarsità del
numero: gli uomini sorgono, i mezzi
prima o poi si trovano ».
Vegliare. Noi abbiamo scelto di
non avere un magistero che ci
orienti, che ci dica come dobbiamo pensare, ma, talvolta, non abbiamo nemmeno più la Bibbia per cui, per
forza di cose, finiamo prima o poi per
essere risucchiati dalla mentalità corrente.
Vegliare può voler dire tornare a
lavorare con grande umiltà ed in
spirito di preghiera ad una nostra alfabetizzazione biblica e teologica
per sostanziare meglio la nostra testimonianza.
Vegliare vuol dire non sprecare i
doni e le risorse che dal Signore
abbiamo ricevuto. Secondo me
è un miracolo che questa piccola minoranza che noi siamo abbia prodotto
tanta ricchezza di pensiero, di fede, di
storia, di opere. Un patrimonio che
non sempre riusciamo ad usare adeguatamente al servizio di una comunità
più ampia, oltre il nostro piccolo mondo. C’è ancora chi ci vede come una
piccola aristocrazia intellettuale.
Scrive la Tavola nel suo rapporto:
« Abbiamo spesso avuto l’impressione
di non riuscire a proporre al di fuori
del nostro ambiente questa ricchezza
di un patrimonio che traduce in questo
ambito particolare (si sta parlando di
democrazia) la nostra fede evangelica ». Più avanti si legge: « Lentezze
èd incertezze fanno parte della fragilità
e della imperfezione della nostra umanità ».
E’ vero, ma vegliare, fare i conti
con il Regno che viene vuol dire cercare
di tradurre questo patrimonio che ci è
stato affidato in un progetto di testimonianza, impegnandoci con 1 aiuto del
Signore a superare « lentezze ed incertezze » continuando a lavorare con tutte le nostre forze, con passione, con tenacia.
Penso che dovremmo verificare se
abbiamo ancora un progetto di testimonianza nel nostro paese, un progetto ad
ampio respiro che, fra l’altro, sia poi
anche punto di riferimento per le nostre scelte contingenti, di singoli e di
chiese, altrimenti è inevitabile che si
navighi a vista per cui certe scelte (per
esempio l’8 per mille. Villa Olanda o
altre) vengono caricate di un valore che
di per sé non hanno, diventano un po
come l’ultima spiaggia della nostra fede
e ciò può provocare tensioni, spaccature. Pensate in un progetto più^ ampio
queste questioni riacquistano i loro li
miti e assumono il loro giusto valore.
Ora vorrei tentare di vedere in questa luce alcuni temi che sono proposti
alla nostra attenzione.
Quando parliamo di evangelizzazione si porta in genere il nostro discorso sulle tecniche da
usare, sulle iniziative da lanciare. E
giusto far propaganda perche la città
deve sapere che ci siamo, ma vegliare,
fare i conti con il Regno che viene vuol
dire avere innanzitutto la consapevolezza che la nostra capacità di evangelizzare passa in primo luogo attraverso la
sostanza evangelica che le nostre comunità sapranno esprimere e comunicare. L’appello a venire a condividere
la nostra esperienza di fede ha valore
nella misura in cui le nostre chiese sono un luogo di autentica fede evangelica.
Negli ultimi tempi è molto cambiato
il contesto nel quale siamo chiamati ad
evangelizzare, ad annunciare l’evangelo
del Regno. Ci sono molti che cercano
solo un’evasione religiosa, ci sono anche molti che cercano un punto di riferimento spirituale serio che dia senso
alla loro vita, ma, talvolta, si rivolgono
al posto sbagliato oppure non sanno più
di cbi fidarsi.
Molti muri sono caduti, sono state
liquidate culture e tavole di valori a cui
facevano riferimento milioni di persone; sono fallite, come si dice, le grandi
utopie di questo secolo, ma nessuno
può onestamente gridare vittoria perché non solo i problemi non si sono
risolti ma si sono aggravati. Trionfo
del più barbaro egoismo, localismi, particolarismi, razzismi, nazionalismi che
si esprimono con una ferocia agghiacciante. Milioni di poveri premono ai
nostri confini, invadono altri continenti per affermare il proprio diritto alla
sopravvivenza e per partecipare umanamente alla storia. Nelle nostre città
ogni giorno succedono episodi che ci
parlano di un diffuso senso dell’inutilità o del disprezzo della vita. Giovani che si sentono come condannati a vivere. Ci si uccide a 15 anni. La televisione ci ha quasi assuefatti alle immagini delle stragi del sabato sera. Giovani e meno giovani che nella droga
cercano la forza, il coraggio, il senso
della vita. Ma questa vita devo pure appenderla a qualcosa!
E poi, quante coscienze offese, quanto smarrimento fra la gente! Come non
pensare a quel senso di impotenza e di
rassegnazione che, nonostante i numerosi tentativi di riscatto e di rinnovamento, pesa ancora troppo sulle nostre
popolazioni di fronte al dilagare del potere mafioso nelle sue varie articolazioni? Difficilmente potrò dimenticare le
espressioni del viso delle sorelle e dei
fratelli di Pachino che in silenzio entravano in chiesa per il culto domenicale alle ore 19 di domenica 19 luglio,
circa un’ora dopo la strage di via D’Amelio. Così come non dimenticherò l’emozione suscitata in me e nella comunità dalla preghiera del fratello pastore
Panasela.
Quando parliamo di evangelizzazione, di annuncio del Regno
che viene lo dobbiamo fare in
questo contesto, dentro i conflitti, le
crisi, le speranze del nostro tempo. Ed
allora ci rendiamo conto che non basta
il richiamo ai valori, alla buona volontà. Non c’è neppure bisogno di un surrogato religioso delle ideologie e dei
valori perduti, ma c’è bisogno di una
profonda riforma delle coscienze, di
una profonda conversione personale e
collettiva e ciò può avvenire solo nel
confronto col messaggio del Regno che
viene, che può darci una nuova intelligenza della storia, che può orientare
una società disgregata e smarrita alla
ricerca di un senso, che annuncia che
per tutti c’è un futuro di speranza che
sta sorgendo, dentro e fuori le chiese,
una comunità di donne e di uomini in
cui l’amore prende il posto della paura,
la fiducia prende il posto della rassegnazione e della rabbia impotente.
Tu, che forse ti senti inutile o fallito, tu esisti, tu sei qualcuno, tu sei importante, non perché ti sei assicurato
una protezione, una raccomandazione,
non perché hai raggiunto il successo ma
perché il Signore ti raggiunge con la
sua misericordia per donarti la speranza che non inganna. In questo dono
sta la tua dignità. La magnifica scoperta che domani non ci affacciamo su un
baratro o sul nulla, ma in un mondo
nuovo, il mondo nuovo di Dio. Il nostro futuro è nelle mani di Dio. Un futuro tutto da sperare, da vivere, da attendere con gioia, non da temere.
Evangelizzare non vuole certo dire
cristianizzare, né tentare implicitamen-
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4 settembre 1992
sinodo delle chiese valdesi e metodiste ^
IL TESTO DEL SERMONE PRONUNCIATO DAL PASTORE VALDO BENECCHI AL CULTO INAUGURALE DEL SINODO
il giorno né l’ora (Matteo 25: 19)
te o esplicitamente una certa egemonia
culturale o religiosa; è aiutare le nostre generazioni a fare i conti con il
Regno che viene, non come un’idea
nobile, lontana, ma come progetto di
amore, di giustizia che in Gesù Cristo
ha incominciato a realizzarsi. Evangelizzare è rivolgere a tutti l’invito a condividere con noi questo progetto.
Quale responsabilità!
Ma, appunto, per portare avanti questo compito non basta una fede che
naviga a vista, né basta una testimonianza dal tono dimesso, prudente, tipico di chi si sente assediato.
Diaconia, opere. Nel corso del Sinodo, parleremo di diaconia, di
opere. Durante l’anno se ne è
parlato molto e se ne è scritto molto,
ma non sempre con toni sereni. Una fede inattiva, disinnescata dalla realtà,
senza le opere, è morta, ma è anche più
vero che le opere senza la fede, fuori di
un progetto di testimonianza, esauriscono il loro scopo che è, appunto,
quello di testimoniare nella storia il
Regno di Dio. Fuori di questo progetto
le opere possono diventare una buona
e onesta gestione del sociale e tutti sappiamo quanto ne abbia bisogno il nostro paese: ma è questo il nostro compito specifico? Purtroppo qualche volta succede anche che le nostre opere,
fuori di un progetto di testimonianza,
finiscono per diventare un peso morto.
Non arrivo a pensare che alcune opere
possano essere scadute a contenitori
dei nostri ricordi, delle nostre nostalgie: sarebbe una fede di basso cabotaggio.
La chiesa di Cristo ha l’unico scopo
di testimoniare con le parole e le azioni la signoria di Dio in tutti i settori
della vita, da quello culturale a quello
sociale a quello politico. Gli eredi di
Calvino e di Giovanni Wesley ne sono
ben convinti.
Ed allora il problema che noi dobbiamo tener presente quando parliamo
di diaconia (leggera o pesante che
sia) è che quando un’opera non è più
una testimonianza di fede nella città,
vuol dire probabilmente che la chiesa
che l’ha espressa non è più capace di
vivere, di testimoniare la novità del
Regno che apre ad una nuova speranza.
L’opera non è di per sé evangelica, ma
lo è quando la chiesa che la esprime
è evangelica, quando questa è una chiesa che testimonia.
Le nostre opere sono nate per testimoniare in modo concreto la speranza
del Regno ed oggi vale la pena di tornare a sottolinearlo fortemente, anche
se l’abbiamo sempre ripetuto. Quando
questo non succede, ne dobbiamo essere addolorati e preoccupati perché molto probabilmente siamo di fronte ad un
sintomo della nostra infedeltà all’evangelo, del nostro acquartieramento nel
vecchio mondo e della nostra incapacità di camminare in novità di vita.
Vegliare, fare i conti con il Regno che
viene secondo me vuol dire che prima
di assumere le nostre decisioni sulle
opere dovremmo verificare se esse sono o possono continuare ad essere
espressione concreta della nostra testimonianza del Regno in questa realtà
che muta.
Allora vegliare vuol dire per le no
stre chiese essere capaci, esse per prime,
di continuo ravvedimento, pronte sempre a riesaminare la loro predicazione,
le loro opere, la loro diaconia alla luce
della nuova realtà del Regno che sono
chiamate a testimoniare. Talvolta ciò
può essere duro, ma certamente salutare per vivere la nostra vocazione in
modo più autentico.
Infine l’ecumenismo. Il seminario che
si è svolto a Roma nello scorso
febbraio ha prodotto dei documenti interessanti. La sintesi della riflessione del gruppo sul cattolicesimo ha
espresso un’indicazione importante, anche se solo enunciata: « La prospettiva
in cui vorremmo muoverci e vorremmo
che le nostre chiese si muovessero intende evidenziare non solo quanto già
costituisce terreno di comune confes
Voi cattolici dovete esigere di più da noi
protestanti. Questo non perché dobbiamo cercare di piegarci alle nostre reciproche posizioni, non per concederci
patenti di legittimità o reciproci riconoscimenti, ma perché per gli uni e per gli
altri, soprattutto nei nostri giorni, è in
gioco niente di meno che la fedeltà alla
parola di Dio che siamo stati chiamati
ad annunciare e dalla quale dobbiamo
continuamente lasciarci riformare, farci
mettere in discussione, convertire come
singoli e come chiese alla luce del Regno che viene. Che significato ha Gesù
Cristo per la nostra fede, per la nostra
predicazione, non il Cristo delle celebrazioni, un Cristo innocuo, ma
il Signore vivente? Lo dice molto
bene Sergio Aquilante nel suo saggio: « Fuori di ogni polemica di bassa
lega, il mio discorso si snoda sulla via
della interrogazione ecumenica: nello
sione di Cristo, ma anche la speranza
del Regno che viene e che le chiese annunciano ». L’ecumenismo visto nella
prospettiva del Regno ci porta su un
piano nuovo. Il Regno che viene relativizza le nostre dottrine, le nostre teologie, i nostri dogmi e ciò vuol dire che
di fronte all’annuncio del Regno scopriamo che anche le nostre posizioni
consolidate sull’ecumenismo possono
rivelarsi impraticabili. Fare i conti con
il Regno vuol dire essere attenti per
capire e per tradurre ciò che Dio ci
dona, valorizzare ciò che Dio fa e ha
già fatto per noi; anche nel campo dell’ecumenismo il Regno ci può sorprendere: esso ci fa guardare oltre perché è
un progetto più grande delle nostre
chiese. Per capire questo non abbiamo
altri strumenti che la preghiera e la
Bibbia, ma ci bastano.
Con questo non intendo incoraggiare
un facile irenismo, né sostenere una
linea dialettica piuttosto che una linea
dura, ma solo sottolineare che ancora
una volta il problema centrale dell’ecumenismo è quello della fedeltà alla parola di Dio per noi e per i nostri interlocutori. Non è poco, perché se siamo
convinti di questo non solo non ci possiamo adagiare sul tanto deprecato irenismo, ma nel nostro dialogo dobbiamo esigere di più dall’altro, mentre l’altro deve esigere di più da noi. Noi protestanti, in uno spirito di chiarezza e di
fraternità, dobbiamo esigere molto di
più da voi fratelli cattolici, dobbiamo
esigere molto più da lei, caro fratello
Pietro Giachetti, véscovo di Pinerolo.
spirito di un ecumenismo non rituale,
di quel parlarsi tra timorati di Dio, io
sento la necessità di porre degli interrogativi al mio fratello cattolico magari
con severità e mi aspetto che egli li ponga a me con altrettanta severità ».
vero che l’ecumenismo, anche a
livello europeo, sta vivendo un
momento gramo. La lettera di
Ratzinger per ribadire che l’unità è
« nel riconoscere il primato di Pietro
nei suoi successori, i vescovi di Roma »
ha avuto l’effetto di una picconata che
ha sventrato l’edificio ecumenico ufficiale. Scorrendo però i cataloghi della
Paideia, della Queriniana, della Marietti e di altre case editrici cattoliche (non
a caso lo stesso cardinale ha invitato i
vescovi a rendere più vigile il loro controllo dottrinale), partecipando ad alcuni incontri di studio biblico e di riflessione teologica, ci si rende conto della
strada che tenta di percorrere un altro
tipo di ecumenismo. Un ecumenismo
motivato essenzialmente da una conoscenza più profonda di Gesù Cristo,
dell’evangelo. In alcuni ambienti è
cambiato il modo di sentirsi cattolici a
vantaggio del sentirsi cristiani. Dalla
periferia delle confessioni al centro della fede cristiana: Gesù Cristo. Si prega, si scava insieme nella Scrittura per
capire meglio che cosa chieda a noi oggi l’evangelo, che cosa significhi per noi
e per le nostre chiese conversione a
Cristo, che cosa significhi predicare il
Regno di Dio in un mondo che non è
interessato ad essere spettatore dello
spettacolo dell’unità delle chiese ma ad
ascoltare un messaggio di speranza.
Questo, secondo me, è un ecumenismo
che va aiutato a crescere, perché è il
servizio che con l’aiuto del Signore possiamo rendere a questa umanità.
E’ un fatto che la dimensione dell’attesa del Regno, centro della predicazione di Gesù, non fa molto problema nelle nostre chiese. Forse abbiamo delegato questo annuncio ad altri che, talvolta, ne hanno fatto un uso terroristico.
Recuperare questa dimensione dell’attesa non vuol dire metterci a calcolare
i tempi e i modi: è una strada chiusa.
Né si tratta di sforzarci di ricreare in
qualche modo a livello psicologico la
dimensione dell’attesa facendo chissà
quali salti mortali indietro. Significa
collocare noi stessi, la nostra vita quotidiana, i nostri progetti, la nostra storia, la nostra teologia, la vita delle nostre chiese dentro la prospettiva del
Regno, muoverci giorno per giorno nell’ambito del suo giudizio e della sua
speranza, aperti ad ogni novità, ad ogni
sorpresa, rispetto alle quali non possiamo fare previsioni né pensare di correre ai ripari all’ultimo momento, come
in uno sprint finale.
Vivere dentro la prospettiva del Regno non è una mortificazione, ma è anzi una immensa apertura di credito di
speranza al nostro impegno quotidiano.
L’evangelizzazione, la diaconia, 1 ecumenismo e, cari colleghi e candidati,
il nostro ministero pastorale in quella
orospettiva vengono riqualificati, riacquistano il loro giusto valore per tradursi, con l’aiuto dello Spirito Santo, in
una predicazione che restituisca fiducia,
voglia di vivere, di sognare, la fantasia
uer rilanciarci con gioia in nuovi progetti di testimonianza. La gioia di tornare a spaziare con la nostra speranza,
tornare a reimmergerci nella vita di
ogni giorno con rinnovato ottimismo e
con fiducia nella consapevolezza che
Dio ci ama.
Preghiamo il Signore affinché qualifichi i nostri progetti, la nostra predicazione, le nostre opere, il nostro ecumenismo, il nostro dibattito sinodale
nella prospettiva del Regno che viene,,
affinché possiamo essere in questo paese e in quest’ora suoi strumenti per
contribuire a trasformare questa valk
arida in « luoghi di fonti », in luoghi
di speranza, di accoglienza, di gioia di
vivere, di voglia di far festa perche una
nuova dimensione di vita è apparsa all’orizzonte della nostra umanità: il Regno di Dio.
X Tegliate, dunque». Se non
Y vegliamo il Regno viene e
^ rischiamo di restarne fuori
perché non ce ne siamo accorti. Ma nell’attesa della venuta dello sposo anche
le vergini avvedute si sono addormentate. Come nel Getsemani nemmeno i
discepoli più intimi e più generosi ce la
fanno a restare svegli. Eppure il Signore viene e di coloro che hanno vissuto
almeno per un tempo nella prospettiva
dell’attesa del Regno egli ha misericordia e li accoglie come se avessero vegliato fino alla fine.
Signore, nella nostra testimonianza
forse non ce la faremo, ma ci affidiamo
alla tua misericordia e alla tua grazia.
Sappiamo di poterci contare.
Valdo Benecchi
4
sinodo delle chiese valdesi e metodiste
4 settembre 1992
IL MESSAGGIO DEL MODERATORE
«W leader»
della nostra corsa
« Corriamo insieme con perseveranza la corsa che ci sta
davanti guardando a Gesù,
"leader" e perfetto esempio
di fede» (Ebrei 12: 1). Ritengo che questa parola possa essere di incoraggiamento per
ciascuno di noi per due motivi.
Il primo è l’accenno alla
perseveranza, una virtù che
non è individuale. La perseveranza non è quella testardaggine individuale che certe volte noi mettiamo nel nostro
impegno, nel rispondere alle
nostre responsabilità, al nostro senso del dovere. Se la
perseveranza è solo testardaggine individuale, essa rischia
di essere fragile.
La perseveranza di cui si
parla in una comunità di credenti è il prodotto di un tessuto di rapporti personali, di
un aiuto reciproco. Nel contesto di questo passo si parla di
un « nuvolo di testimoni » che
sta intorno a chi corre, che fa
il tifo, si direbbe, che aiuta
chi corre. E tutti noi siamo
chiamati a correre e nello
stesso tempo a sostenere altri
che sono impegnati nella corsa.
A questo proposito ricordo la bella pagina conclusiva
che ha scritto la Commissione
d'esame: « Ricordiamoci che
anche le iniziative più piccole sono conosciute, seguite e
benedette molto più di quanto
non si possa immaginare da
sorelle e fratelli che non ce lo
comunicheranno mai, ma che
accompagnano in qualche modo il nostro agire e il nostro
dire. Sarà fondamentale conservare questa certezza quando lasceremo Torre Pellice e
ognuno di noi tornerà alle
proprie occupazioni; il lavorare per le nostre chiese crea una
rete sorprendente di conoscenze, di rapporti, e ognuno di
noi dovrebbe diventare più
consapevole di questi legami
di fraternità, a volte inespressi
ma sempre reali; questa consapevolezza di essere amati e
seguiti dagli altri più di quanto non immaginiamo può aiutare tutti noi a lavorare meglio e con maggior gioia » e
— vorrei aggiungere — con
perseveranza, con la perseveranza costruita dalla rete di
questi legami.
La perseveranza è base di
edificazione. La comunità dei
credenti nasce e cresce sulla
perseveranza di questi rapporti di fraternità. Dove non c’è
fraternità, dove la critica e il
dissenso — che non possono
mai mancare — sono espressi
con aggressività, questo taglia
le gambe a chi corre. Ma dove
vi è fraternità, pur nel dissenso e nella critica, chi corre si
sente aiutato e sostenuto, in
una rete di rapporti che producono perseveranza e costruiscono la comunità.
La perseveranza è anche
matrice di vocazioni. Se le vocazioni sono poche, questo ha
da essere un campanello d’allarme, un segnale. Ora quest’anno avremo un solo nuovo iscritto alla Facoltà valdese di teologia, e se non sbaglio, un solo nuovo iscritto al
Centro di formazione diaconale. Questa scarsità di vocazioni deve preoccuparci e deve
indurci ad interrogarci sul livello di fraternità nelle nostre
chiese. Perché è da un tessuto
comunitario di intensa fraternità che ha origine la perse
veranza e lo sbocciare delle
vocazioni che sono necessarie
alla nostra chiesa per continuare ad essere in corsa.
Poi c’è il secondo motivo di
incoraggiamento espresso da
questo testo; il correre non
solo con perseveranza, ma con
lo sguardo fisso su Gesù, che
non ci è presentato come il
traguardo — il traguardo può
anche essere lontano, fuori
della vista — bensì come il
"leader", colui che conduce,
"tira” la corsa stando costantemente davanti a noi per tutta la durata della nostra corsa. La possibilità di correre
con perseveranza è data dal
sostegno comunitario che
ognuno di noi deve poter avere intorno a sé e da questo
rapporto diretto, da questo
correre dietro al "leader" della nostra corsa. Cristo è cioè
la scuola di umanità per ciascuno di noi nella nostra corsa. E’ guardando continuamente a lui che noi possiamo
costruire la nostra umanità,
una umanità vera, nella consonanza, nella comunione, nella identificazione. E questo si
può attuare soltanto con un
contatto continuo con la Parola di Dio, l’Antico e il Nuovo Testamento, che sono la testimonianza resa al leader della nostra corsa, con la meditazione e con la preghiera: solo
così noi possiamo far nostra
l’altra condizione indispensabile per la corsa di ciascuno
di noi e della nostra chiesa
nel suo insieme.
Proponiamo perciò senza
stancarci questa base portante della vita delle nostre comunità. Una delle frasi che
mi ha colpito maggiormente
nella Relazione al Sinodo di
quest'anno è una affermazione della Commissione di studio
per la diaconia: « Non si tratta tanto di criticare l’eccessivo
sviluppo diaconale... ma di lavorare con impegno e fantasia sul versante della comunità e della sua articolazione
tanto quanto si è lavorato e
si lavora sul versante delle
opere ». Impegno e fantasia basati sulla comunione con Gesù, nella lettura quotidiana della Parola, nella meditazione, nella preghiera. Ma
questo — mi rivolgo ai pastori, agli anziani, a quanti hanno responsabilità di cura
d’anime — lo si può chiedere
e proporre alle nostre comunità solo se noi per primi lo
pratichiamo con perseveranza.
Franco Giampiccoli
LA LETTERA DEL MODERADOR DE LA MESA VALDENSE
Un tempo di riflessione
Care sorelle e cari fratelli,
in quest’anno di ricordi per la comune
storia dei nostri popoli (indoamericano ed
europeo) le comunità valdesi del Rio de la
Piata desiderano far giungere un messaggio-saluto all’Assemblea sinodale europea.
Questo messaggio vuole solo accompagnare il saluto ed il messaggio che vi hanno portato i nostri fratelli che sono tra voi
da qualche tempo: Ruben e Teresa, Mario
e Violeta.
Il nostro delegato all’Assemblea (Ruben
Artus) potrà darvi tutte le informazioni che
desidero.te sulla nostra realtà e farvi giungere dal vivo la comunione delle nostre chiese con quelle dell’Europa.
Qui in America Latina, nel ricordare il
500'’ anniversario dell’arrivo di Colombo in
America, vi sono posizioni e aspettative contrastanti.
Gli abitanti dei nostri paesi hanno vissuto molte esperienze che non ci consentono di parlare, in un’ottica evangelica, di
una ccólebyazione. Siamo piuttosto portati
a vivere questo tempo in atteggiamento di
meditazione, di pentimento e insieme di solidarietà. Sono molti milioni gli esseri umani che sono morti in questa « lotta » di culture e di sistemi economici e politici diversi.
Come credenti, e senza rinnegare il nostro passato, vorremmo avvicinarci a tutti
i bisognosi ed in particolare agli indigeni,
per cercare insieme vie di giustizia e di vita,
per frenare l’avanzare, ancora oggi, dello
sfruttamento e della morte.
E’ in questa ottica che desideriamo esser presenti in codesta Assemblea e dirvi
che per noi, nel Rio de la Piata, è molto
importante l’atteggiamento solidale di dialogo e di partecipazione che voi avete nei
nostri confronti.
Con questo messaggio ed il contatto diretto dei nostri rappresentanti ci uniamo
con profondo affetto, nell’amore di Cristo,
a voi tutti in questi giorni.
Hugo R. Malan T.
Moderador
LA DISCUSSIONE SULLE CHIESE DEL RIO DE LA PLATA
Imparare a guardare il mondo
con gli occhi del Sud America
La difficilissima situazione economica che grava su tutto il Continente - La ricerca di un cammino comune a tutte le nostre chiese
Il pastore Ruben Artus (qui con la moglie Teresa) è intervenuto a
nome delle chiese del Rio de la Piata.
Quest’anno il Sinodo ha potuto discutere, anche se per pochissimo tempo, dei nostri rapporti con rAmerica Latina, sulla base di una comunicazione
diretta. Una lettera del « moderador » della Tavola della zona rioplatense, pastore Hugo
Malan, mandava al Sinodo i saluti dei fratelli e delle sorelle
sudamericane, ma ben due fa;
miglio valdesi uruguayane, gli
Artus e i Bertinat, erano venute in mezzo a noi con l'intenzio
ne di portare notizie di prima
mano, di documentare, di discutere con noi per farci capire
quel che da loro sta succedendo.
Mario Bertinat, pochi giorni
prima del Sinodo, era stato colpito da malore ed aveva dovuto
essere sottoposto a cure mediche, Ci siamo perciò rallegrati
vivamente, nel corso del culto
finale, di rivederlo con la moglie Violeta. L’altra coppia pastorale, Teresa e Ruben, ha seguito con appassionato interesse
tutte le sedute del Sinodo; il pastore Artus è intervenuto naturalmente nel dibattito sui rapporti con la Chiesa valdese latinoamericana, ma raccontando,
ponendo domande, segnalando
problemi su molti argomenti.
per esempio durante la discussione sulla diaconia o nella discussione sulla stampa evangelica.
In particolare però Ruben Arlus ha fermato l’attenzione sinodale sulla situazione disastrosa deH’economia dei paesi dell’America Latina, condannati alla miseria dalla politica di coloro che a livello internazionale
giudicano, decidono, stabiliscono quel che è giusto e quel che
è possibile in ogni parte del
mondo, in un duro attacco alla
politica del Fondo monetario
internazionale.
Non tanto, dice Ruben Artus,
c’è da lamentarsi sulla situazione della chiesa, estremamente
difficile dal punto di vista economico; bisogna invece segnala
re la situazione difficile del
paese, di tutti i paesi di questo
continente umiliato e schiacciato.
E’ stata questa una voce diversa sulle celebrazioni dei cinquecento anni della « scoperta »
deH’America, che si aggiunge alle tante voci di protesta e di
denuncia di una situazione mondiale ingiusta.
Il lungo discorso sul tema dei
rapporti tra valdesi europei e
sudamericani era però tutt’altro
che rassegnato. « Dobbiamo andare avanti: se vogliamo, se crediamo, possiamo »: questa era
la conclusione.
Il Sinodo non poteva che rispondere in modo molto sobrio;
non era certo il momento delle
grandi parole e dei proclami solenni: non si poteva che incaricare il seggio di esprimere, nei
modi che esso avrebbe ritenuto
più opportuni, « l’affetto e la
solidarietà delle chiese valdesi
e metodiste dell’area europea ».
In fondo, se ho capito bene,
la Chiesa valdese del Rio de la
Piata ci chiede soltanto di imparare a guardare la situazione
mondiale mettendoci anche dal
suo punto di vista, ci chiede di
dialogare su questo. Insieme
alla risposta a questa domanda,
il Sinodo ha però voluto anche
invitare tutte le nostre chiese a
contribuire con una sottoscrizione straordinaria al sostegno economico delle famiglie pastorali:
un piccolo segno tangibile, come
si fa quando dei fratelli e delle
sorelle si mettono in cammino
insieme e cercano di rispondere
alle stesse domande.
Eugenio Rivoir
Sottoscrizione
straordinaria
Il Sinodo, informato della situazione economica in cui versano le
nostre chiese del Rio de la Piata,
nella consapevolezza che, come dice l'apostolo Paolo [Il Corinzi 8:
13-141, « ...questo non si fa per recar sollievo ad altri ed aggravio a
voi. ma per principio di uguaglianza: nelle attuali circostanze, la vostra abbondanza serve a supplire
al loro bisogno, onde la loro abbondanza supplisca altresì al bisogno vostro, affinché ci sia uguaglianza... », approva la decisione
che la Tavola ha preso in accordo
con la Mesa di aprire una sottoscrizione straordinaria per il sostegno economico delle famìglie
pastorali; invita le chiese locali a
rispondere con generosità e sensibilità a tale appello versando alla Tavola, che le trasmetterà alla
Mesa, le proprie offerte.
5
4 settembre 1992
sinodo delle chiese valdesi e metodiste 5
PASTORATO FEMMINILE E COPPIE PASTORALI
Quando il pastore è donna
I problemi specifici del ruolo pastorale femminile in un dibattito
che si è aperto, ma che dovrà essere ulteriormente approfondito
Nell’estate di venticinque anni
fa veniva consacrata la prima
pastora della chiesa valdese. La
discussione che aveva portato
il Sinodo del 1966 ad aprire il
ministero pastorale alle donne
era stata lunga e tormentata.
Diverse chiese locali avevano
dato parere negativo temendo
della scarsa disponibilità e mobilità delle donne legate ai tempi della maternità e della famiglia. Nessuna giustificazione teologica però permetteva che il
pastorato fosse ancora negato
alle donne: né la tradizione valdese, che vantava già ai tempi
di Valdo la presenza di predicatrici, poteva andare incontro al
desiderio delle chiese di esaminare e riesaminare continuamente la situazione.
Man mano che le donne entravano a far parte del corpo
pastorale i temuti dubbi e i gravi problemi che avevano ostacolato la consacrazione delle medesime sembravano dissiparsi e
perdersi nel nulla. Apparentemente le donne venivano accolte dalle comunità con la stessa
dignità e autorità riservata agli
uomini. Questa apparenza ha
fatto sì che il ministerio femminile fosse concepito così come
era quello maschile; i contenuti del ruolo rimanevano invariati, cambiava semplicemente
l’identità sessuale che occupava
il ruolo.
Questa apparenza, minata già
dalla riflessione che le pastore
stanno conducendo in modo sistematico da tre anni a questa
parte, è stata totalmente demolita durante il dibattito sinodale avvenuto quest’anno. La discussione stimolata da una frase contenuta nella relazione della Tavola nella quale si faceva
riferimento al pastorato femminile definendolo fragile, e dalla
lettera di « Sophia », associazione delle donne protestanti per
la ricerca teologica (pubblicata
qui accanto), ha avuto accenti
molto animati. Diverse donne
sono intervenute, attente da un
lato a difendere le diversità che
caratterizzano il ruolo pastorale
LETTERA DELL’ASSOCIAZIONE ’’SOPHIA’
«Fragilità femminile?»
Daniela Di Carlo interviene nel dibattito.
femminile da quello maschile,
ma attente d’altro canto alla penalizzazione alla quale le donne
potevano andare incontro qualora fosse stato accolto tra l’indifferenza l'aggettivo fragile, collegato al ministero delle donne.
La tensione è salita maggiormente quando alla discussione
sui pastorato femminile si è aggiunta quella sulle coppie pastorali. La Tavola, nella relazione, affermava al riguardo; « £'
possibile in futuro che la Tavola assuma uno solo dei due coniugi o che, dopo aver assunto
i due, debba chiedere a uno di
loro di entrare in aspettativa
per un periodo più o meno lungo y>.
Molte voci hanno criticato l’atteggiamento della Tavola ritenendolo autoritario ed hanno
evidenziato i problemi che sarebbero scaturiti dall'attuazione
di tale programma. Cosa sarebbe successo al pastore/a una
volta terminata l'aspettativa?
Chi avrebbe scelto, o meglio, in
base a quali criteri l'aspettativa
avrebbe riguardato un coniuge
piuttosto che l'altro? E se dopo
l'aspettativa il/la/pastore/a non
ha più intenzione di lavorare
per la chiesa? Che opportunità
ha davanti a sé un/una pastore/a
di riciclarsi per trovare un impiego al di fuori della chiesa?
La Tavola ha spiegato che la
frase in questione era dettata
dalle serie difficoltà a cui va
incontro quando deve provvedere allo spostamento di due pastori in due o più comunità vicine, che permettano alla coppia
di avere una vita familiare non
complicata dalle distanze.
Diversi però hanno obiettato
che le motivazioni offerte dalla
Tavola rispetto al problema degli spostamenti non riguardano
solo le coppie pastorali, ma tutti
i pastori che hanno il/Ia coniuge che lavora.
Una discussione in realtà,
quella sul pastorato delle donne
e le coppie pastorali, che non
ha raggiunto nessuna conclusione. Una discussione appena abbozzata sulla quale tornare e alla quale spetta uno spazio assai
più considerevole di quello usato quest'anno.
Daniela Di Carlo
Alla Tavola valdese
' Alle pastore e ai pastori
delle chiese valdesi e
metodiste
Uultima pagina della relazione
a stampa della Tavola che riguarda il « campo di lavoro » contiene
una serie di provocazioni alle quali ci sentiamo chiamate a rispondere.
Innanzitutto per il tono con cui
affronta le problematiche legate al
pastorato femminile. Vi si parla di
una presunta « fragilità » di questo ministero, senza che peraltro
tracce di una tale specifica fragilità si rivelino sul piano piu globale
del lavoro pastorale. Se esiste una
« fragilità » del ministero pastorale. maschile e femminile, essa ci
sembra legata alla difficoltà di trasformare tale ministero in modo
adeguato alle richieste delle chiese
e della società ed alle esigenze delle singole persone. Indicare invece
il pastorato femminile come luogo
della fragilità e un buon modo per
distogliere Vattenzione da un disagio percepito a livello generale
da donne e da uomini.
Da alcuni anni le pastore stanno
lavorando sulle problematiche di
ministeri femminili diversi tra loro e sulle ricchezze che hanno nelle
mani a partire dalle loro ricerche
teologiche, dal loro corpo di donna,
dalle teologie femministe^ dalle relazioni con le altre donne, dentro
e fuori le chiese.
Forse, invece di parlare di « fragilità », varrebbe la pena di ascoltare che cosa sta succedendo nelle
ricerche collettive e nei percorsi individuali delle donne e delle pastore; magari scopriremmo che i conflitti nascono non tanto perché le
donne sono deboli e oppresse da
« strutture sociali » (ed ecclesiastiche ) vecchie e maschili, ma perché con la loro presenza e la loro
pratica stanno già proponendo un
nuovo modo di essere nella chiesa,
che sconvolge vecchi e comodi
schemi. Sopriremmo cioè che oggi
sono in atto delle situazioni di difficoltà non per una condizione di
debolezza delle donne ma per una
situazione di forza.
Rovesciando così il discorso naturalmente viene rovesciato anche
tutto ciò che la Tavola scrive sulle
coppie pastorali. Un discorso che
ci appare da un lato assurdamente allarmistico, dall’altro pericolosamente indicatore di una organizzazione gerarchica delle nostre chiese.
La frase con cui la Tavola si attribuisce il diritto di assumere o
non assumere, sulla base dell’appartenenza ad una coppia pastorale,
così come di decidere l’aspettativa
di un/a pastora, ci sembra particolarmente pesante. Un conto è rispondere alle richieste delle singole pastore e pastori, richieste che
corrispondono a desideri e progetti
di vita personali, che vanno prese sul serio e discusse a fondo:
molto diverso invece è che la Tavola possa decidere se e chi e per
quanto tempo entrerà in aspettativa.
Tanto per avere un termine di
paragone, nella Chiesa riformata
francese, su 13 casi di aspettativa
pastorale. 11 sono di donne con un
marito che esercita anche lui il ministero pastorale. Certo non vogliamo giungere ad una situazione così
inquietante senza interrogarci seriamente se, come chiesa, stiamo
mettendo in piedi strutture che favoriscono l’espulsione delle donne
dal ministero. Inoltre è forse il caso di ascoltare le pastore i cui mariti esercitano una professione « secolare » per capire se i loro problemi sono veramente molto diversi
da quelli delle pastore con marito
pastore.
Dunque, ben vengano incontri
delle coppie pastorali, ma continuiamo anche con gli incontri delle
pastore e quelli più generali del
corpo pastorale che si occupa delle
trasformazioni del ministero. Insamma non smettiamo di occufmrci del ministero pastorale in
modo collettivo, con un confronto
continuo e reciproco, a partire dalle
nostre storie e dalla nostra elaborazione di fede.
la segreteria di « Sophia »
Associazione delle donne
protestanti in Italia per
la ricerca teologica.
COMMEMORAZIONI
SCOMPARSO IL 15 AGOSTO
Comunions Gìotqio RosìfiÌ) pastoro ©vafiQolico
dei santi
E’ consuetudine, all’inizio dei
lavori sinodali, ricordare gli operai della chiesa deceduti nel corso dell’anno. E’ un momento denso di commozione mista alla riconoscenza verso il Signore per
i doni ricevuti ; è anche un modo
di vivere il senso della « comunione dei santi ». Molti 1 nomi ricordati quest’anno ; e dietro i nomi esistenze in un modo o nell’altro vincolate alla causa dell’E vangelo.
Due pastori ci hanno lasciati
mentre erano ancora in servizio :
Giovanni Scuderi e Giorgio Resini.
Ci hanno lasciati anche Gustavo Bertin, all’età di 87 anni, e
Vittoria Spelta, alla veneranda
età di 103 anni, dopo aver trascorso la sua esistenza come missionaria in Polinesia.
E’ mancato nel corso dell’anno
anche il prof. Teofilo Pons, per
lunghi anni professore al Collegio valdese di Torre Pellice, noto
come studioso di storia e costumi valdesi.
Il moderatore ha ricordato anche alcune vedove di pastori :
Maria Brigida Cacciapuoti, Giorgetta Comba nata Lawrence, e
Maria Trani Miscia : persone che
hanno condiviso con i loro mariti la passione per l’Evangelo.
Una scelta di servizio fatta nella giovinezza e alimentata dall’azione della grazia di Dio
Abbiamo ricevuto con sorpresa e dolore la notizia dell’improvvisa e prematura scomparsa del pastore Giorgio Resini il
cui ricordo si lega, per me, al
tempo ormai lontano della giovinezza. Sono passati infatti più
di quarant’anni dal tempo in cui,
poco più che ragazzi, ci siamo
conosciuti. Era da poco finita
la seconda guerra mondiale, con
tutto il suo strascico di sofferenze e di problemi, ed anche noi
vivevamo il clima di quel tempo, fatto di sconfìtta e di grandi speranze.
E’ in quel tempo che, ancora
giovanissimo, si avvicinò all’Esercito della Salvezza frequentando le riunioni di evangelizzazione che si tenevano nella sala di via degli Apuli a San
Lorenzo. E’ lì che ci conoscemmo e diventammo amici scambiandoci i nostri pensieri sui
problemi del nostro tempo, sui
nostri dubbi e sulla speranza
che nasceva soprattutto dalla fede in Cristo.
Giorgio apparteneva ad una
famiglia piccolo borghese, frequentava il liceo classico ed abitava dalle parti di piazza Bologna. Suo padre era una persona dal carattere molto deciso
ed intraprendente che dopo una
brillante carriera come direttore
d’albergo, già in età avanzata,
si era laureato ed era diventato
un importante funzionario della
Croce Rossa italiana, dove se
ben ricordo lavorava anche sua
moglie. Giorgio avrebbe potuto
aspirare ragionevolmente a continuare i suoi studi e cercare
una decente sistemazione in un
buon impiego o come libero professionista.
Ma il contatto con l’Esercito
della Salvezza e la conversione
che ne derivò all’Evangelo di
Gesù Cristo segnò profondamente la sua persona e determinò
un profondo mutamento degli
orientamenti della sua vita. Fu
così che. lasciato l’impiego che
aveva trovato dopo la conclusion? del liceo, partecipò a Londra
ad un convegno internazionale
della gioventù salutista ed entrò alla scuola per ufficiali dell’Esercito della Salvezza in Inghilterra. Con il tempo le nostre
strade si sono un po’ allontanate, anche se hanno seguito un
percorso parallelo. So che il
suo non è stato privo di difficoltà, sia sul piano personale
sia su quello del servizio nella
chiesa. Forse Giorgio era un
idealista che si deprimeva dinanzi ad una realtà che contraddice quasi sempre la speranza
degli ideali. Lasciato l’Esercito
della Salvezza Giorgio è stato
prima anziano evangelista e poi
pastore della Chiesa metodista.
Eppure il suo servizio nella
chiesa è continuato attraverso
tutti questi anni. La fiamma della fede e del servizio che si era
accesa nella sua giovinezza non
si è mai spenta, la grazia del
Signore la cui potenza si mostra perfetta nella nostra debolezza è stata presente nel suo
ministero e la sua predicazione
è stata apprezzata da molte persone.
Ruben Vinti
Una vocazione
Giorgio Resini nasce a Roma nel
1931. Dopo aver conseguito la maturità classica si reca a Londra, dove
entra nella scuola per ufficiali dell'Esercito della Salvezza. Terminato il
ciclo di preparazione torna in Italia
per occuparsi delle pubblicazioni, SI
occupa per un certo tempo del gruppo di Torino ed è il redattore capo
del « Grido di guerra ».
Nel '59 lascia l'Esercito della Salvezza e frequenta l'Istituto missionario battista di Fiascherino. Viene assunto daH'AMEI e mandato a lavorare nella diaspora battista di Torino.
Nell'ottobre del '60 si reca ad Aga
pe, dove rimane fino aH’aprile del '61.
Quindi viene inviato dalla Tavola a
Rio Marina, poi a Falerna, dove rimane fino al '64. In seguito è inviato a
Riesi. Nel '71 si occupa di Alessandria e Bassignana. Nell'81 è trasferito
a Luserna San Giovanni, dove lavora
fino a tutto l'84. Dall'85 era all'opera
nella Chiesa valdese di Brindisi.
6
sinodo delle chiese valdesi e metodiste
4 settembre 1992
ANCORA UN ANNO PER DECIDERE L’UTILIZZAZIONE
Villa Olanda nel limbo
Una lunga discussione si risolveva in un nulla di fatto superato
poi dalla mozione approvata - Scollamento fra i membri del Sinodo?
La questione Villa Olanda
ha tenuto occupato il Sinodo
molto a lungo — troppo — tanto
più se si pensa al risultato. Non
è infatti stato deciso nulla: la
Casa rimarrà nel limbo per un
altro anno.
Ma procediamo con ordine.
Un’apposita commissione ad referendum ha riferito all’Assemblea sulle ipotesi di utilizzo di
Villa Olanda e sulle sue possibi
lità di finanziamento. Le soluzioni
proposte erano tre. La prima
riguardava una struttura per
autosufficienti che continuasse
l’attività di presidio socio-assistenziale autorizzata a suo tempo dairUssl, con lavori — sia
pure radicali — di manutenzione ordinaria compatibili con la
situazione esistente. Un comitato spontaneo, sorto a suo tempo,
ha offerto una disponibilità di
oltre mezzo miliardo di lire che
poteva consentire l’inizio dei lavori il cui costo totale si aggirava sul miliardo.
La seconda soluzione mirava
ad una struttura mista per autosufficienti e non, richiedente
una ristrutturazione totale. La
locale Comunità montana aveva dimostrato il proprio interesse (e lo ha successivamente rinnovato con una lettera al Sinodo) ad una soluzione di tal genere, da attuarsi con contributi
statali e forse anche regionali
per circa L. 3.500 milioni, per
altro non sufficienti in quanto
il costo previsto è di L. 5.500
milioni.
La terza soluzione infine prevedeva un complesso per acco
gliere gruppi giovanili per studi
e soggiorni e di immigrati, coinvolgente la chiesa, il Centro culturale, il Collegio, gli enti locali, con possibili finanziamenti
della Comunità economica europea e della Regione, dal costo
di circa 3.500 milioni.
La discussione è stata estremamente ampia ed ha rispecchiato le varie tendenze. Le preferenze si sono orientate all’SO
per cento sul progetto n. 2. A
questo punto veniva prop>osta
ed accettata la chiusura della
discussione con passaggio alla
votazione degli ordini del gior
IL CENTRO DIACONALE tc LA NOCE »
Un centro della
lotta per la libertà
Una difficile situazione economica - Il ruolo
importante dell’opera nella realtà palermitana
Una veduta aerea di Villa Olanda
no nel frattempo approntati.
11 primo odg, di nuovo ampiamente dibattuto e modificato, chiedeva alla Tavola di nominare un comitato che definisse tutte le possibilità di collaborazione e di gestione con altri
istituti ed enti pubblici e privati. Il documento, messo ai vo
Dt fronte alle rassegne curate dall'Ufficio stampa.
La decisione del Sinodo
Proseguire l’istruttoria
Il Sinodo, udita la relazione della Commissione ad referendum circa la futura utilizzazione di Villa
Olanda; ritenuto che non sussiste
ancora un sufficiente consenso cirr
ca la scelta fra l'una e l'altra delle soluzioni proposte dalla Commissione o altre soluzioni ivi non
contemplate; ritenuto peraltro che
appare comunque opportuno, alli
stato, mantenere ìa casa e la conseguente possibilità di un suo utilizzo per la diaconia della chiesa,
invita la Tavola a proseguire
l'istruttoria senza escludere forme
di utiiizzazione, anche temporanea,
per fini diaconali ovvero, ove non
si riveli praticabile una tale utilizzazione, un progetto di alienazione e del correlativo impiego del
ricavato riferendolo al prossimo Sinodo.
ti, veniva respinto. Il secondo,
che proponeva di dar mandato
alla Tavola per riferire poi sulle reali possibilità di utilizzo
delle potesi n, 2 e n. 3, veniva
anch’esso respinto. Con un nulla
di fatto, il Sinodo ha dovuto
votare per riaprire la discussione. Veniva così nuovamente
ventilata l’ipotesi della vendita
(esclusa dal Sinodo precedente)
anche alla luce della pesante
situazione finanziaria ma, all’atto della presentazione del relativo odg, esso veniva ritirato.
Dopo un ennesimo rinvio, nella
seduta notturna dedicata ai recuperi, veniva votato un odg
che « ecumenicamente » contempla sia la possibile utilizzazione
di Villa Olanda in campo diaconale, sia l’eventuale vendita. Un
odg che, come è stato detto da
un membro del Sinodo, rispecchia autenticamente la nostra
incapacità di decidere.
Questa travagliatissima vicenda merita un breve commento
a causa delle situazioni che si
sono verificate. Si è parlato, in
occasione di precedenti Sinodi,
di un certo scollamento fra i
Sinodi stessi e le varie comunità a causa delle diversità e
dei contrasti fra le rispettive
opinioni su determinati argomenti. Questa volta è lecito parlare di scollamento fra i membri più « attivi » del Sinodo
(oratori, pre.sentatori di odg) e
quelli più « silenziosi ». I primi
hanno espresso un orientamento largamente maggioritario, i
secondi lo hanno bocciato col
voto.
Non solo, ma hanno bocciato
contemporaneamente sia un odg
propositivo, sia un odg alternativo, il che ci sembra, se non
eccezionale, del tutto infrequente. Sono cose che richiedono
pressantemente la nostra riflessione ed anche un’adeguata autocritica.
Roberto Peyrot
« Vogliamo provare ad adottare educativamente un bambino
bisognoso che frequenta la scuola materna o elementare del
Centro diaconale "La Noce" di
Palermo, fornendogli una borsa
di studio? ». Questa è una delle
proposte che singoli e comunità
possono fare propria per aiutare il Centro ed affrontare le d'fficoltà economiche in cui si dibatte.
Autorevoli voci si sono alzate
per parlare di « ridimens'onarnento dell'opera », di « tagli dolorosi », di « licenziamenti necessari » poiché la situazione economica è preoccupante e bisogna,
in tempi ragionevolmente brevi,
ritornare in pareggio. Ma anche
a Palermo, come in altre realtà
meridionali, parte delle difficoltà economiche sono dovute al
fatto che l’ente pubblico tende
a diminuire sempre più l’entità
dei contributi e il numero delle
rette, oltre che ad erogare il
tutto con notevoli ritardi. A
questo si aggiunge la difficoltà
di aumentare le rette a carico
dei fruitori dei servizi, radicati
in una mentalità assistenziale,
e l’inconsistenza del sostegno da
parte delle chiese in Italia. Tutto ciò concorre a rendere « affanno.sa » la situazione economi-,
ca.
Eppure, come ha ben evidenziato il direttore uscente, pastore Sergio Aquilante nella sua
relazione, il Centro diaconale
svolge alla Noce (un quartiei-e
di Palermo che conta circa
40.0(X) abitanti su un territorio
di 107 ettari appena) i seguenti
impianti: una polisportiva, un
consultorio familiare, una scuola materna, una scuola elementare, un programma per bambini disabili e la loro scolarizzazione, una casa-famiglia con alcuni
bambini assolutamente svantaggiati, una comunità alloggio per
minori sottoposti a procedimento penale, un’accoglienza a lavoratori extracomunitari e due
servizi, quali il consultorio familiare e il lavoro con i bambini
disabili che non hanno corrispettivo in tutta la città di Palermo.
Quali di questi servizi andranno
ridimensionati, soppressi o riciclati? Il Sinodo ovviamente
non si è pronunciato al riguardo;
sarà la nuova direzione, in accordo col Comitato generale, a studiare e decidere quali tagli apportare; il Sinodo, con l’ordine
del giorno pubblicato qui a
fianco, ha voluto richiamare ad
un sostegno concreto. Non possiamo sempre e solo chiedere
ai nostri fratelli delTestero di
farsi carico di quest’opera: la
Commissione d’esame afferma
che su 3 lire di entrate proprie
corrisponde 1 lira di offerta dall’estero. E’ giunto il momento
in cui anche le nostre chiese
devono farsi carico di sostenere
quest’opera poiché, come ha ricordato il pastore Giorgio Bouchard, « la città di Palermo è
oggi un centro strategico per la
lotta a favore della libertà in
Italia e il Centro diaconale è
sempre stato un luogo di "predicazione” nei confronti della città, COSÌ come è stato ben documentato nel libro del pastore
Pietro Valdo Panasela Costruire speranza e riaffermato nel
libro del pastore Sergio Aquilante ».
Il Sinodo, dopo aver approvato l’operato del Comitato generale del Centro- diaconale, ha voluto, doverosamente, ringraziare
i -coniugi Lidia e Sergio Aquilante che hanno lasciato Palermo,
dopo nove anni di direzione del
Centro, per trasferirsi a Ponticelli, e ha augurato al nuovo direttore, Marco Jourdan, di poter
sperimentare quotidianamente
la presenza e la benedizione del
Signore.
Arrigo Bonnes
Approvazione
Il Sinodo, dopo avere esaminato l’operato del Comitato generale del Centro diaconale « La Noce » di Palermo, lo approva esprimendo il proprio apprezzamento e
la propria gratitudine a tutte le
persone che in questi anni hanno
permesso al centro di mantenere
e di sviluppare le proprie attività,
per il loro lavoro; ribadisce l'importanza che il Centro diaconale
riveste nel quadro del lavoro diaconale che le nostre chiese svolgono nel Mezzogiorno, specificatamente in Sicilia e a Palermo, tenendo conto del momento di transizione, particoiarmente delicato,
che il Centro diaconale sta attraversando; invita tutte le chiese a
sostenere concretamente l'opera
del Centro diaconale, riconoscendo in esso una « frontiera » irrinunciabiie della nostra testimonianza in Italia.
Avvicendamento
Il Sinodo, al momento dell'awicendamento alla direzione dei Centro diaconale « La Noce » di Palermo, ringrazia il direttore uscente past. Sergio Aquilante, e Lidia
Aquiiante, per l'impegno profuso
con competenza e scnsibiiità in
questi nove anni di lavoro ed augura al nuovo direttore Marco Jourdan di poter sperimentare quotidianamente la presenza e la benedizione del Signore.
Da sin. Gianni Geme, Michele Roslan, Anita^ Tron, tre dei quattro
membri della Commissione d’esame.
7
4 settembre 1992
sinodo delle chiese valdesi e metodiste 7
IL DIBATTITO SU ’’RIFORMA”, IL SETTIMANALE COMUNE DELLE CHIESE BATTISTE, METODISTE E VALDESI
Giornale di informazione e formazione
Una discussione caratterizzata dalla concretezza - L’esperienza più avanzata di collaborazione
- L’informazione sul protestantesimo internazionale e i problemi di linguaggio - Il futuro
fra le tre chiese
« Eco delle valli »
Il dibattito sinodale su Riforma è stato caratterizzato dalla
concretezza. Erano passati quasi
due anni dall’Assemblea-Sinodo
del novembre 1990, allorché era
stata decisa la sua creazione, e si
aveva fra le mani il numero zero del nuovo settimanale: esemplare concreto di un progetto ormai divenuto realtà.
Del resto anche La Luce, come
rilevava la Tavola valdese, era
stata contrassegnata, durante
l’ultimo anno, dalla « sperimentazione di nuove forme di lavoro »;
più attenzione agli eventi ecumenici, maggiore presenza delle
chiese del Meridione, approfondimento della riflessione biblica.
Nel frattempo gli esecutivi delle chiese battiste, metodiste e
valdesi (DMV) avevano portato a
termine il progetto varato nel novembre '90: costituzione della Società edizioni protestanti (SEP),
determinazione del progetto editoriale, nomina del direttore e di
tre gruppi redazionali, scelta del
titolo della testata.
La Commissione d’esame introduceva il dibattito su questo
argomento rilevando anzitutto
che Riforma costituisce « l’esperienza più avanzata di collaborazione finora organizzata fra le tre
chiese ». Rilevata inoltre le necessità di « una forte mobilitazione di tutte le comunità... » per
sostenere l’iniziativa, auspicava
una « riflessione comune sulla linea del giornale » e, soprattutto,
« una parola forte e autorevole »
da parte del Sinodo, nella consapevolezza che su Riforma si gioca non solo il futuro del giornale
e della collaborazione BMV, ma
anche la « nostra immagine e la
nostra credibilità davanti agli
altri ».
La prima fase del dibattito si è
avuta nella seduta pubblica del
24 agosto. Paolo Spanu, già
presidente delPUnione cristiana evangelica battista d’Italia
(UCEBI), ha esordito rilevando
che fino ad ora, a livello di stampa, non era stato fatto un lavoro
comune, al contrario di quanto
è avvenuto a livello di Federazio
Promozione
Il Sinodo, raccogliendo la parola di rallegramento per il varo del
nuovo settimanale comune delle
Chiese battiste, metodiste e valdesi, espressa dalle Conferenze distrettuali, la fa propria;
invita le chiese:
ad impegnarsi nell’opera di sostegno e di promozione di « Riforma », attraverso la sottoscrizione
straordinaria di 100 milioni;
ad impegnarsi nella raccolta degli abbonamenti che nel 1993 dovrebbero raggiungere il numero
minimo di seimila;
a promuovere incontri, d'intesa
con le Chiese battiste, con la redazione di « Riforma » per un confronto sul programma editoriale e
sulle forme di partecipazione alla
vita del settimanale (opinioni, suggerimenti, collaborazioni, vendita
militante);
invita la redazione di « Riforma »
ad organizzare, entro l'autunno,
d’intesa con i circuiti del I distretto, convegni per l’elaborazione
della nuova formula de « L’eco delle Valli valdesi ».
Grazie!
Il Sinodo ringrazia i tipografi
della Cooperativa Subalpina di Torre Pellice presso cui L’Eco delle
Valli valdesi e La Luce sono stati
stampati per lungo tempo; ringrazia altresì le redazioni dell’Eco/
Luce per il lavoro svolto e per
l’impegno profuso nell’ultimo anno
per garantire sia l’uscita dell’Eco/
Luce sia il lancio del nuovo settimanale « Riforma ».
ne delle chiese evangeliche in Italia (EGEI) con la rubriche radiotelevisive Culto evangelico e Protestantesimo. Questo nuovo progetto, notava Spanu, viene attuato con la rinuncia a due testate
alle quali le chiese erano legate,
quali La Luce e II Testimonio.
Eugenio Bernardini, presidente
della SEP, rilevava il caratere tridenominazionale del nuovo organo di stampa.
Questo significa che, dopo la
sua creazione, le decisioni inerenti sia alla linea giornalistica
che alla composizione dei suoi
organi collegiali (redazioni, garanti, ecc.) dovranno essere assunte concordemente dai due
massimi organi collegiali delle
chiese: Assemblea battista e Sinodo valdese-metodista.
La linea e
i contenuti
Giorgio Gardiol richiamava i
dati principali della linea editoriale, che era stata decisa dall’Assemblea-Sinodo '90: funzione
di collegamento e di rapporto
fra le chiese, rispecchiare la realtà evangelica italiana e internazionale, registrare i grandi fatti
religiosi ed ecumenici a livello
europeo e mondiale.
La linea del giornale è stata argomento di discussione anche durante il dibattito di giovedì 26
agosto. Diversi interventi sono
partiti da motivi di critica nei
confronti de La Luce, proposti
come elementi di precauzione nei
confronti di Riforma: posizioni
pregiudiziali e parziali (F. Becchino) verso l’Occidente e il pacifismo, esigenze di rigore teologico ed ecclesiologico (G. Bouchard), ecc. Altri hanno sottolineato l’esigenza di evitare il pregiudizio e le generalizzazioni:
« Nessun partito può essere identificato con la realtà, meno che
mai con TEvangelo » (Marco T.
Fiorio).
La linea del giornale non è da
considerare come definitiva una
volta per sempre: verrà costruita
tramite il lavoro concreto, nel
quale la redazione recepirà le richieste provenienti dalle chiese
e dai lettori, e tramite « la capacità di dibattito interno alla
redazione » (F. Becchino).
Altro tema di dibattito è stato
il rapporto di Riforma con le
chiese BMV. Come ha osservato
il presidente deH’UCEBI, Saverio
Guarna, per Riforma « abbiamo
messo insieme risorse, finanze,
persone, per qualcosa che non è
dei valdesi, dei metodisti o dei
battisti, ma che è comune ».
Da qui l’esigenza che il giornale informi sulla vita delle chiese.
Il materiale che da esse proviene spesso ha bisogno di ulteriore
elaborazione prima di essere pubblicato, pena il rischio di scadere
nelle minuzie o neH’esaltazione
di fatti che di per sé hanno modesto rilievo. Si pensa di superare questo rischio creando un’ampia rete di corrispondenze locali
dalle chiese.
Il giornale sarà dunque lo specchio delle chiese, che si rifletteranno nel giornale per quello
che sono, anche quando non tutto è entusiasmante (L. Dcodato).
La direzione recepisce il desiderio delle chiese di specchiarsi
nel giornale: si tratta ora di operare per attuarlo (G. Gardiol).
Per il rapporto chiese-giornale,
si è dato rilievo alla redazione
napoletana e al giro di visite attuato da L. Deodato nelle chiese
BMV del sud. « Si scende sotto
Roma », ha osservato M. Pons. E
questo, come hanno rilevato altri
(J. Hobbins, L. Deodato) permetterà anche alle chiese del sud di
« riconoscersi » nel giornale.
Da Riforma si attende che sia
un giornale di informazione e insieme di formazione. Da qui la
necessità della riflessione e dell’approfondimento biblico e teologico. Con qualche precisazione.
Il protestantesimo infatti non ha
un magistero: la teologia e le linee prevalenti di pensiero si formano nel dialogo (E. Campi),
perciò il giornale deve favorire il
confronto.
Sui temi biblici e teologici non
è secondario il problema del linguaggio: « Il rischio che le persone intelligenti vogliono evitare è
di essere banali; noi evitiamo di
essere incomprensibili » (M. Gay).
Ma, al tempo stesso, le pagine bibliche e teologiche devono riflettere l’ampio ventaglio oggi esistente di correnti teologiche e di
metodologie di approccio al testo
biblico.
Altra esigenza è l’informazione
sul protestantesimo intemazionale. Questo sia per motivi di conoscenza, sia per aiutare le chiese ad uscire dal provincialismo.
Riforma dovrebbe essere capace
di « presentare l’universalità dell’ipotesi protestante » anche nei
confronti di alcuni intellettuali
italiani che tendono ad emarginare il protestantesimo (G. Bouchard).
Insieme alle tematiche proprie
del protestantesimo, si chiede at
tenzione anche all’ecumenismo
e al cristianesimo in genere, a
livello mondiale. Tutto questo
però con la preoccupazione prioritaria di un impegno generalizzato per un giornale che sia anzitutto « nostro »: « Ci poniamo
di fronte al giornale come degli
utenti; e invece dovremmo porci
anzitutto come dei collaboratori » (M. Gay).
La diffusione
e le prospettive
Più difficile la diffusione del
giornale fuori delle chiese. Diffusione auspicata più che progettata, dato che non sono venute indicazioni concrete su come raggiungere questo obiettivo.
Tuttavia, dalla diffusione del
giornale dipenderà anche il suo
futuro: oggi esso dispone di circa cinquemila abbonati, ma per
la parità finanziaria ne sarebbero necessari almeno ottomila.
Questo significa, fra l’altro, che
Riforma potrà sopravvivere solo
grazie ad un forte sostegno da
parte delle chiese.
Le possibilità di diffusione dipendono, in parte, anche dal titolo e dalla grafica. Alcuni avrebbero preferito il titolo Vita protestante (G. Bouchard, G. Platone). Ma Riforma è parso più rispondente all’identità teologica
delle chiese di cui è specchio, che
sono le chiese storiche del protestantesimo italiano.
La grafica è stata dibattuta
sulla base dell’esemplare fresco
di stampa, che tutti avevano ricevuto. Ad alcuni non piace (A.
Comba, G. Bouchard). Altri l’hapno trovata troppo vicina a L'Indipendente.
Chi aveva seguito da vicino il
progetto (E. Bernardini, G. Gardiol) ha osservato che, se è vero
il richiamo all'Indipendente, il
progetto grafico ha anche una
sua propria validità in quanto
evidenzia la caratteristica propria dei protestanti in quanto
« professionisti della parola »;
cosa che obbliga, di conseguenza,
ad evitare titoli appariscenti, di
carattere popolare.
Appena nato. Riforma è visto
non solo come frutto di collaborazione fra tre chiese minoritarie, ma anche come realizzazione
di un sogno: « Che sia il giornale
del protestantesimo italiano » (G.
Rostan).
Con Riforma le chiese hanno
operato un salto di qualità in
ambito giornalistico. Si tratta
ora di essere vicini a chi costruisce tutti i suoi numeri, affinché
possa giungere con profitto non
solo alle chiese BMV, ma anche
al di fuori delle chiese (Claudio
H. Martelli).
Cesare Milaneschi
RIFORMA.
TRE VOCI EVANGELICHE,
UN SOLO GIORNALE.
IL VOSTRO.
J^II'ORMA E' IL SE. l'IMANALE DELLE CHIESE
EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE E VALDESI.
PER FARLO CRESCERE IN ERETtA E' NECESSARIO IL CONTRIBUTO DI TUTTI VOI: SOSTENETE
LA REALIZZAZIONE DI RIFORMA UTILIZZANDO
IL C/C POSTALE N° 209.16100 INTESTATO A:
ASSOCIAZIONE INFORMAZIONE PROTESTANTE
VIA SAN PIO V N“ 15 10125 TORINO.
POEMA
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE IlATrlSTE, METODISTE E VALDESI
8
8 sinodo delle chiese valdesi e metodiste
4 settembre 1992
LA NUOVA STRUTTURA DI COORDINAMENTO
IL DIBATTITO SULLA CIOV
Il via alla Commissione un polo ospedale
sinodaie per la diaconia P*“”sede
Una svolta importante per tutta la chiesa - Una funzione di accompagnamento delle opere, che mantengono la responsabilità gestionale
La discussione riguardante il
progetto di una nuova struttura
di coordinamento di una parte
della diaconia istituzionalizzata
della chiesa è Analmente approdata al Sinodo come tappa determinante, dopo un lungo percorso, iniziato alcuni anni fa,
che ha coinvolto anche i responsabili delle opere e le chiese
stesse.
Grande aspettativa dimque, il
Sinodo era al completo come pure le gallerie riservate ai membri delle comunità. Si è avvertita l’atmosfera delle decisioni importanti. Infatti A progetto costituisce una svolta rilevante per
quel che riguarda il modo di
condurre e coordinare la diaconia della chiesa.
E come avviene in tutti i momenti di cambiamento non sono mancate le perplessità, i timori, le incertezze.
Il Sinodo dello scorso anno
parlava ancora di riorganizzazione della CIOV e di estensione
ad altri istituti delle sue funzioni amministrative e di controllo. Ma nel processo di maturazione e di approfondimento sviluppato durante l’anno, ecco una
prima grande novità: non sarà
più la CIOV (né nuova né grande) a cui verrà assegnato questo compito, ma un nuovo organismo: la Commissione sinodale per la diaconia (CSD). La
CIOV infatti è costituzionalmente legata ai suoi due Agli legittimi per amministrare i quali è
stata creata: gli ospedali di Po
maretto e Torre Pellice. L’afRdamento ad essa di istituti di natura diversa pone complessi problemi giuridici e istituzionali.
La CIOV, ricomprendendo
l’ospedale di Torino, è destinata a costituire l’ente ospedaliero plurisede già previsto da un
odg sinodale del 1991 (l’ultimo
in ordine di tempo di una serie iniziata nel 1972). A tal Ane dovrà essere completato un
lungo iter burocratico per la deAnizione della natura giuridica
del nuovo ente che dovrà essere riconoscibile nell’ambito della normativa civilistica, senza
perdere quelle connotazioni evangeliche che lo collocano all’interno del nostro ordinamento.
Dunque la CIOV esce di scena e spimta la CSD.
Le caratteristiche di questo
nuovo organismo sono ormai
note ai lettori del giornale, che
ne ha a suo tempo riportato la
descrizione e il dibattito che ne
è seguito.
In una serata sinodale il moderatore Giampiccoli, con la presentazione di ben 20 schemi
proiettati da una lavagna luminosa, ha illustrato con grande
chiarezza lo sviluppo della riAessione che ha condotto al progetto di esame. Dopo aver presentato le esigenze iniziali, cioè
la ricostituzione di un organismo che, come in origine la
CIOV, coordini e segua l’opera
diaconale della chiesa scaricando così la Tavola di una incom
Le decisioni del Sinodo
Progetto CSD
Il Sinodo,
presa conoscenza del progetto di
costituzione di una Commissione
sinodale per la diaconia (CSD),
eiaborato congiuntamente da Tavola e CIOV. a seguito di un ampio
dibattito sviluppatosi a partire dalla relazione comune deila CdE TV,
OPCEMI, FVT e della CdE CIOV,
decide la costituzione di un organismo che coordini, sostenga e
accompagni opere e istituti nella
loro attività;
ritiene che il progetto presentato risponda all’esigenza più volte
manifestata
— di offrire aile opere che agiscono nell'ambito dell’ordinamento
valdese, incominciando dalle opere
del settore socio-assistenziale e
sanitario, il coordinamento e la
consulenza necessari al fine di garantire una maggiore unitarietà sia
per quanto riguarda gli aspetti fiscali, giuridico-amministrativi e il
rapporto con gli enti pubblici, sia
per quanto riguarda l’indirizzo diaconale secondo le direttive espresse dal Sinodo valorizzando, nel
contempo, la specificità delle singole opere ed il loro radicamento
nelle realtà locali;
— di sollevare la TV dall’onere
eccessivo del lavoro di una parte
importante del settore diaconale,
pur garantendole il ruolo di supervisione e di responsabilità ultima;
ritiene che debbano essere approfonditi e risolti alcuni problemi che il progetto pone;
1) l’armonizzazione delle proposte
concernenti il controllo delle opere e degli istituti con i regolamenti vigenti;
2) la definizione del carattere
del rapporto che si instaurerà tra
opere, istituti e nuova commissione, dato il diverso status delle
opere coinvolte nel progetto;
3) la personalità giuridica della
CSD;
4) la ridefinizione deiia copertura
delle spese di funzionamento della
CSD e l’organizzazione operativa
della struttura;
5) i rapporti tra la CSD e il CP
dell’OPCEMl;
dà mandato
a Tavola e CIOV di predisporre
una versione definitiva di statuto
che tenga conto del dibattito sinodale e che dia soluzione ai problemi segnaiati, di presentaria al
prossimo Sinodo affinché venga discussa e sottoposta alia sua approvazione.
Modifica della
Disciplina generale
Il Sinodo,
a seguito deil’approvazione del
progetto CSD di cui all’atto precedente,
appurato
che la creazione della Commissione sinodale per la diaconia richiede la modifica dell’art. 35 della Disciplina Generale che stabilisce i requisiti delle Commissioni
sinodali amministrative;
che la modifica delia Disciplina,
in base all’art. 43 della medesima,
richiede il doppio voto conforme
delia sessione sinodale rioplatense
e di quella europea,
chiede
alla sessione sinodale rioplatense di esprimere il proprio voto sulla seguente modifica:
inserire nel primo comma dell’art. 35/DV, dopo le parole « alla
direzione », le parole « o al coordinamento »;
allega
all’uopo, il verbale della discussione della sessione odierna sull’argomento specifico;
incarica
la Tavola di accompagnare l’atto sinodale e il verbale con una
relazione illustrativa.
benza che diventa sempre più
complessa e gravosa richiedendo
speciAche competenze, ha in seguito rilevate i problemi, gli
squilibri e le disfunzioni della situazione attuale e inAne ha illustrato nel dettaglio il progetto
della CSD.
E’ bene precisare che la CSD
non riprodurrà semplicemente
le funzioni previste in un primo
tempo per la CIOV (statuto del
1985). Una modiAca costituzionale, prevista e approvata dal Sinodo, le consentirà di acquisire
la natura di Commissione sinodale amministrativa, senza per
questo esercitare le funzioni di
gestione diretta o delegata degli istituti.
La perdita di autonomia gestionale a favore di un organismo centralizzato era infatti uno
dei timori maggiormente sottolineato dagli istituti.
La nuova CSD, grazie a questa modiAca costituzionale, avrà
una funzione direttiva (nomina
dei membri dei comitati), di
coordinamento, sostegno e accompagnamento degli istituti
nell’adempimento dei loro compiti.
La soggettività fiscale attribuita ad ogni istituto, nell’ambito
di un saggio decentramento amministrativo, determina e sottolinea la piena responsabilità gestionale dei comitati che non
verranno in nessun modo esautorati ma saranno afAancati nel
compimento delle loro funzioni.
Come era prevedibile il dibattito sinodale ha sollevato altri
problemi: il timore che le modiAche costituzionali cambino il
nostro modo di « essere insieme » nella chiesa, mentre forse
si potevano risolvere i problemi
prospettati senza modiAcare le
attuali strutture e senza creare
nuovi organismi, facendo meglio
funzionare resistente e limitando l’intervento alla costituzione
di un « Centro servizi » per tutti i problemi di natura amministrativa e Ascale. Altri si sono
chiesti se nel tempo non sarebbe utile e opportuno che, a questo organismo, venissero gradualmente afñdati tutti gli istituti della chiesa e non solo quelli di natura sanitaria e socioassistenziale. Si è parlato del Ananziamento della nuova struttura: a totale carico della chiesa o con il contributo degli istituti collegati? Il problema non
è ozioso, secondo i nostri principi relativi alla destinazione del
pubblico denaro. Non secondario è stato considerato il problema della sede (evitare la piemontesizzazione degli istituti)
e quindi della scelta dei membri della nuova commissione. Il
problema « dell’evangelicità » e
delle funzioni dei nuovi circuiti
come luogo di contatto e di confronto degli istituti tra di loro
e con le chiese, la questione dei
controlli e della loro efAcacia,
il collegamento con l’OPCEMI e
le opere metodiste, l’opportunità o no dell’attribuzione della
personalità giuridica alla nuova
commissione, hanno costituito
altri motivi per ulteriori precisazioni.
Il dibattito quindi non Anisce
qui. Il Sinodo, pur approvando
il progetto nelle sue linee generali, chiede alla Tavola e alla
CIOV di presentare per il prossimo anno uno statuto del nuovo ente che possa essere esaminato e discusso con attenzione
e, ove venisse approvato, sarà
la sessione sinodale stessa del
1993 che varerà la nuova struttura con la nomina della competente commissione.
Alberto Taccia
L’Ospedale valdese di Torre Pellice. Allo studio un progetto di gestione unica plurisede.
« La volontà di unificazione tra
gli ospedali dipendenti dalla
CIOV, Torre Pellice e Pomaretto,
con l’ospedale evangelico di Torino è più volte emersa nei Sinodi degli ultimi vent’anni »; così
iniziava la relazione della CdE
CIOV nel paragrafo dedicato all'integrazione fra i tre ospedali.
E su questo tema si è soffermata
la discussione sinodale. La proposta di costituzione di un unico
« ospedale plurisede » viene vista
tra l’altro come possibile risposta a ventilate riforme della sanità che potrebbero chiudere
ospedali relativamente piccoli come sono i tre presidi evangelici
del Piemonte se considerati entità separate.
I problemi di natura giuridica
emersi hanno però fin qui impedito di elaborare un progetto definitivo ed una conseguente strategia operativa: l’ordine del giorno approvato al termine del dibattito invita la Tavola a presentare un progetto che si dimostri
operativo in vista dell’obiettivo.
« Nel frattempo però — ha sottolineato la CdE e con essa alcuni degli interventi — sarebbe opportuno avviare, già fin da ora,
una collaborazione a livello operativo tra gli ospedali lOV e
TOEV in quanto la ricerca di metodi di lavoro comuni, di atteggiamenti con l’esterno (enti pubblici) concordati, la creazione di
gruppi di lavoro nei settori amministrativo e medico-sanitario
potrebbero favorire una migliore
attività dei nostri servizi ospedalieri ».
Un primo passo, a livello di
ospedali lOV, è stato effettuato
all’inizio di quest’anno quando è
entrato in funzione un comitato
di gestione unico fra i due ospedali, alla cui presidenza è stato
chiamato Giovanni Ghelli.
Sempre in tema di ospedali il
Sinodo ha preso atto dello stato
dei lavori di ampliamento per le
strutture di Torre Pellice e Pomaretto: per quest’ultimo paiono esserci meno problemi (un
primo lotto è stato concluso a
giugno e un secondo, già finanziato, è in fase di realizzazione),
mentre per Torre Pellice è stata
riscontrata una differenza considerevole fra i preventivi di spe.sa e la migliore offerta ottenuta:
si è passati da circa 3 miliardi a
quasi 5 per il primo lotto, il cui
cantiere è stato proprio in questi giorni installato. Con opportuni contatti con la Regione sarà
for.se possibile ottenere un aumento nello stanziamento, rna
per i prossimi interventi è ipotizzabile un contenimento delle spese.
Più in generale, rispetto a questi progetti sugli ospedali comunque di notevole entità, si è aperto, ma senza arrivare ad una
conclusione, il dibattito sul « fino a quando » si continueranno ad aprire cantieri. Occorrerà
tuttavia essere molto attenti nel
rapporto con l’ente pubblico, pure determinante oggi nel rapporto diretto con la Regione Piemonte come lo è stato ieri con le Comunità montane-USSL nel sostenere i progetti degli ospedali vaidesi alle valli come servizio per
la popolazione di un territorio.
La discussione sul ruolo dei nostri ospedali nella rete di servizi
sanitari offerti alla popolazione
delle valli ha permesso di ritornare sul tema del preventivato
accorpamento delle USSL pinerolesi contro il quale si era già
espresso il Sinodo del ’90; un’analoga presa di posizione è stata
confermata quest’anno.
Una parola di incoraggiamento
a proseguire sulla strada intrapresa ed un invito alle opere ad
aderire sono stati infine espressi
rispetto al Centro servizi; la consulenza contabile si è dimostrata
in molti casi preziosa pur in questa prima fase di rodaggio, il che
fa prevedere che con l’acquisizione di maggiore esperienza questo
possa dimostrarsi un efficace
strumento per tutte le opere della nostra chiesa.
Ospedale plurisede
Il Sinodo, presa conoscenza dello studio sulla configurazione giuridica del nuovo ente plurisede
(Ospedale di Torre Pellice, Pomaretto, Torino), invita la Tavola e
la CIOV a fornire un progetto operativo di unificazione degli ospedali.
Centro servizi
Il Sinodo, constatato il positivo
avvio del Centro servizi, invita le
opere a prendere in seria considerazione la possibilità di avvalersi
di questo servizio.
Eurodiaconia
Il Sinodo invita la CIOV a seguire gli sviluppi del progetto Eurodiaconia incaricandola di riferire
al prossimo Sinodo in vista dell’adesione al progetto.
Gratitudine
Il Sinodo, cosciente della notevole mole di lavoro svolto con irt>pegno, serietà e spirito di servizio da tutti coloro che operano negli istituti gestiti dalla CIOV, membri dei comitati di gestione, personale e volontari, li ringrazia.
Grazie!
Il Sinodo ringrazia Valdo Fornerone per il servizio reso nella CIOV
con competenza e dedizione.
Approvazione
Il Sinodo, esaminata la relazione
sull’operato della CIOV, la approva e ringrazia i componenti della
Commissione per il lavoro svolto.
9
4 settembre 1992
sinodo delle chiese valdesi e metodiste ^
PONTICELLI: OSPEDALE EVANGELICO «VILLA BETANIA »
«Siamo su un fronte i
irrinunciabile»
Il Sinodo prende posizione sulla ventilata declassificazione, che
potrebbe portare al ridimensionamento o addirittura alla chiusura
I lettori e le lettrici del nostro
settimanale sono stati più volte
informati, nel corso dell’anno,
delle vicende deH’ospedale evangelico Villa Betania di Ponticelli
(Napoli). Hanno saputo delle
difficoltà finanziarie, dovute ai ritardi nei pagamenti delle rette
da parte dell’USSL; della recente, Iniqua delibera della Regione
Campania di declassificare le case di cura, in modo da corrispondere rette più basse; dei timori
fondati di essere così costretti
a licenziare buona parte del personale e dequalificare il servizio reso, oppure a chiudere
l'ospedale.
II Sinodo non poteva mancare
di dare spazio all’intera vicenda.
La questione infatti non riguarda
solo alcune comunità evangeliche del Napoletano, ma tutto l’evangelismo italiano e, oserei dire,
anche il mondo protestante internazionale. Perché se è vero che
la responsabilità diretta dell’ospedale è di competenza delle
dieci chiese fondatrici (ora ridotte a nove, dopo che i pentecostali delle ADI si sono ritirati), è
altresì vero che l'ospedale è sorto
grazie all’aiuto solidale e generoso di innumerevoli chiese locali
e credenti sparsi nel mondo.
Penso ai primi evangelici napoletani che cominciarono molti decenni or sono a coltivare il sogno
di un ospedale evangelico in una
città nella quale, tra le molte
emergenze, drammatica è quella
della sanità; ai cappellani inglesi
e americani che presero a cuore
quella causa e raccolsero tra loro i fondi perché il sogno si rea
lizzasse; al sostegno che in seguito giunse dalle chiese sorelle
estere. Un’opera pensata e voluta
per l’esterno, che sceglie di operare in uno dei quartieri napoletani da sempre tra i più bisognosi di interventi sociali.
Ed è proprio quest’altro aspetto del problema che qualificava
il dibattito di un Sinodo che, per
forza di cose, ha dovuto occuparsi di problemi interni e che è
quindi rimasto fatalmente come
ripiegato su se stesso. Con Villa Betania il dibattito si volgeva verso l’esterno, la sorella,
il fratello bisognoso di aiuto sul
bordo della strada. Una questione di salute, quindi di salvezza,
ma anche di giustizia. E quando
si parla di giustizia, non si può
fare a meno di parlare dello stato e deiramministrazione della
cosa pubblica. E’ così che nel dibattito sinodale i due momenti,
quello della salute/salvezza e
quello della giustizia, si sono intrecciati.
Sergio Nitti, presidente dell’ospedale, ha ripercorso le tappe
della richiesta di classificazione:
pratica che non riesce a giungere in porto, pur rispondendo la
struttura a tutti i requisiti richiesti dalla legge e pur avendo già
ottenuto dagli organi competenti
i pareri favorevoli necessari affinché la Regione Campania approvi la delibera senza ulteriori
indugi. Ha esposto davanti al Sinodo la difficile, per non dire
drammatica, situazione finanziaria, giunta ormai sull’orlo del collasso: Villa Betania vanta crediti per circa 10 miliardi, a fronte
Le decisioni del Sinodo
Preoccupazione
Il Sinodo, ricordato che:
— l'Ospedale evangelico Villa
Betania è sorto per una iniziativa
nazionale ed internazionale posta
in atto dalle chiese evangeliche al
fine di rendere un servizio sociale a Ponticelli, quartiere tra i più
poveri ed abbandonati di Napoli;
— l’Ospedale evangelico Villa
Betania, fin dal 1985, ha presentato domanda di classificazione quale Ospedale generale di zona analogamente a quanto già accaduto
per tutti gli altri ospedali evangelici in Italia (Torre Pellice, Pomaretto, Torino, Genova);
— a più riprese i competenti
organismi sanitari locali (USL Commissioni regionali) hanno espresso — in merito a tale domanda — tutti i pareri favorevoli
richiesti dalle relative norme di
legge;
— contestualmente l'Ospedale
evangelico Villa Betania ha definitivamente provveduto a tutti gli
adempimerrti tecnico-strutturali previsti per gii ospedali classificati;
rilevato come la Regione Campania non abbia — fino ad oggi
— provveduto a deliberare la classificazione dell’Ospedale evangelico Villa Betania ma, anzi, con un
recente provvedimento amministrativo abbia stabilito l'unificazione —
nella fascia più bassa — di tutte
le case di cura operanti in ambito regionale con conseguente unilaterale decisione di decurtare l'importo della retta di degenza fissata a livello nazionale;
assunto come tale provvedimento, oltre che incidere in modo forr
temente negativo sulla situazione
amministrativa dell'Ospedale evan
gelico Villa Betania, porti ad un
pericoloso punto di rottura la già
difficile situazione finanziaria dell'Ente gravata da una paradossale
situazione creditoria nei confronti
del Servizio sanitario nazionale;
cosciente del concreto rischio
che, a causa delie inadempienze
del governo locale, un quartiere a
rischio e abbandonato come quello di Ponticelli venga privato del
servizio fornito dall'unica struttura
sanitaria presente sul territorio, e
che più di 170 lavoratori siano privati del proprio posto di lavoro in
un contesto sociale già gravato da
una pesante situazione disoccupazionale;
esprime la più viva preoccupazione per il rischio che corre la
vita stessa di un'opera come
l'Ospedale evangelico Villa Betania, così profondamente radicata
nel proprio territorio in favore del
quale ha svolto e continua a svolgere un servizio insostituibile;
chiede che la Giunta della Regione Campania provveda in tempi
brevi alla classificazione dell'Ospedale evangelico Villa Betania in
Ospedale generale di zona ed invita la Tavola ad assumere tutte le
iniziative necessarie.
Solidarietà
Il Sinodo, di fronte ai rischi di
chiusura dell'Ospedale evangelico
Villa Betania di Ponticelli (NA),
esprime fraterna ed intensa solidarietà alle chiese evangeliche di Napoli assicurando ogni possibile sostegno alle azioni che esse intraprenderanno per la denuncia della
situazione nell'impegno concreto
per la giustizia.
di un bilancio annuo di circa
13-14 miliardi. L’esposizione con
le banche è quindi giunta a livelli
ormai insostenibili. Ha rivolto un
appello a tutte le chiese perché
dimostrino la loro solidarietà a
quest’opera e prendano a cuore, il
lavoro e la testimonianza che in
essa si svolge.
L’appello è rimbalzato, oltre
l’aula sinodale, anche sui maggiori quotidiani. Ma il Sinodo si è
subito posto il problema di come aiutare al meglio le chiese di
Napoli per mantenere aperta
questa struttura alla quale non
si può rinunciare, « non per noi
— come ha detto il past. Ricciardi — ma per le popolazioni di
Ponticelli e della zona circonvicina, per i Comuni del Vesuviano,
privi di presidi sanitari ». Sono
state ipotizzate azioni di massa,
informando la popolazione sull’ingiustizia della quale è oggetto; v’è chi non ha esitato a vedere nella incredibile inefficienza
delle autorità anche qualcosa di
più, facente parte del sistema
delle tangenti, per cui è solo pagando che si ottiene ciò che spetta invece per diritto. « Ci troviamo — è stato detto — di fronte a
un braccio di ferro perché ci si
pieghi per ottenere certe cose
che invece la legge garantisce ».
Davanti a ipotesi del genere il Sinodo ha reagito con fermezza:
« Siamo su un fronte irrinunciabile » ha affermato Taccia, ed ha
perciò votato due odg del giorno
molto chiari. Il problema non è
solo di Ponticelli, né della Campania in generale, ijoraschi ha ricordato come le prime vittime della
crisi che il paese attraversa siano
proprio gli ospedali e le cliniche.
Il problema di Ponticelli dunque
in questo caso si dilaterebbe
molto al di là delle sue dimensioni locali, per diventare un inquietante segnale di un clima che
si sta rapidamente instaurando
e nel quale i deboli sono destinati
a soccombere, in una società nella quale sempre più vige la legge
dei più forti ed il principio
« mors tua, vita mea » (la tua
morte è la mia vita). L’Evangelo
è il rovesciamento di questo
principio. Bene ha fatto, dunque,
il Sinodo a stringersi intorno all’ospedale di Ponticelli, ad affermare cioè che TEvangelo ci costringe ad andare contro corrente, per affermare la dignità e il
valore dell’esistenza di ogni creatura umana, anche della più debole e sfortunata.
liUciano Deodato
Il Sinodo è espressione di un ordinamento democratico. Pastori e
deputati in un momento dei lavori.
VALLI VALDESI
No all’accorpamento
delle USSL
Dopo il progetto De Lorenzo, la Regione Piemonte vuole economizzare - Vibrata protesta
Il pastore Gianni Genre, relatore
della Commissione d’esame.
Se ne parla da almeno due anni. Le USSL 42 e 43 (della vai
Pellice e delle valli Chisone e Germanasoa) dovrebbero venire accorpate con la 44 (di Pinerolo).
La proposta, due anni fa, era venuta dall’allora ministro alla Sanità, De Lorenzo, che aveva presentato un disegno di legge che
prevedeva una USL ogni 2(X).000
abitanti. 11 Sinodo del ’90 si era
occupato della questione ed aveva approvato un ordine del giorno che chiedeva a Camera e Senato di considerare l’importanza
di salvaguardare quelle USSL il
cui territorio coincideva con
quello delle Comunità montane.
Questo è il caso, in Piemonte, di
solo due USSL: la 42 e la 43 appunto.
Il progetto De Lorenzo era poi
decaduto.
Quest’anno è stata la Regione
Piemonte a riprendere il progetto. La legge finanziaria di quest’anno prevede che per il complesso dei servizi sanitari le Regioni non possano spendere più
di un milione e mezzo per abitante. Qualora si spenda di più
le Regioni dovranno finanziare
con mezzi propri (nuove tasse regionali) la spesa. L’a.ssessore regionale alla Sanità, Eugenio Maccari, ha perciò fatto alcuni calcoli ed ha scoperto che il deficit
previsto della sanità piemontese
era di 900 miliardi di lire per il
1993. Che fare? Decidendo di cominciare con le economie, l’assessore ha tirato fuori dal cassetto il vecchio progetto di accorpamento delle USSL. I funzionari
hanno fatto dei calcoli: se il totale delle USSL in Piemonte scendesse da 63 a 27 nel 1993 si po
trebbero risparmiare dai 20 ai 30
miliardi in spese amministrative, nel ’94 il risparmio diventerebbe di 40-50 miliardi.
Così alla fine di luglio l’assessore aveva presentato alla Giunta regionale il suo piano di revisione territoriale delle USSL.
In vai Pellice e nelle valli Chisone e Germanasca la cosa non è
piaciuta agli amministratori e alla popolazione, che temono un
peggioramento della qualità dei
servizi offerti e Timpossibilità di
programmare in maniera integrata i servizi sia sanitari che
socio-assistenziali. Di qui le proteste della USSL vai Pellice.
In Sinodo si è avuta un’eco di
questa protesta (Franca Coïsson,
Giorgio Tourn) ed alla fine il Sinodo ha incaricato la Tavola di
esprimere il disaccordo alla proposta dell’assessore regionale.
G. G.
Richiesta di autonomia
I! Sinodo, venuto a conoscenza
dell'imminente approvazione da
parte della Giunta regionale del
Piemonte del piano di riordino territoriale delle USSL, che nella sua
stesura originale prevede l’accorpamento delle USSL 42 e 43 alla
USSL 44 dì Pinerolo, raccomanda
alla Tavola di far pervenire nuovamente ed immediatamente alla
Giunta regionale l’ordine del giorno n. 46 approvato dal Sinodo 1990
che contemplava la richiesta deii'autonomia deile USSL 42 e 43
corrispondenti aiie Comunità montane « Vaili Chisone e Germanasca » e « Vai Pellice ».
10
10 sinodo delle chiese valdesi e metodiste
4 settembre 1992
IL DIBATTITO SULL’OPCEMI
METODISTI
Un impegno a tutto campo
Dinamicità di pensiero e serietà dell'impegno appaiono nella vita delle nostre chiese metodiste - Un'attività che vede incoraggianti segnali di rilancio - Un ministero di servizio
La comune
vocazione
La vita dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia appare caratterizzata da dinamicità di pensiero e serietà di
impegno.
Le chiese si danno da fare per
quanto concerne le relazioni dei
fratelli tra di loro, con quelli
più lontani, di altri continenti
ma anche quando si tratta di
adoperarsi per l’accoglienza in
Italia, come per i migranti che
vengono chiedendo solidarietà.
E cosi avviene per le relazioni
con i metodisti di oltremanica
e di oltreoceano, che danno solidarietà e chiedono contatti ecumenici e culturali per poter crescere insieme nella ricerca e nella fede, aperti a positivi confronti teologici e culturali anche con
altre denominazioni e confessioni.
Non c’è quindi la chiusura nel
proprio orticello ecclesiastico,
ma si respira aria fresca che penetra dalle finestre aperte delle chiese; e non si chiude la porta a chi bussa per aiuto. Una
vita quindi, come sottolinea la
Relazione al Sinodo, « general
I
Un
intervento in aula del past. Claudio Martelli, presidente
Comitato permanente OPCEMI.
del
Commissione d’esame al Sinodo
1992).
I contatti con i metodisti del
Regno Unito e degli Stati Uniti
sono reali e profondi. Con il
GBGM-UMC è stato concordato
il prolungamento della presenza
del missionario Ronald Schooler
per altri tre anni. L’Overseas
División della Chiesa metodista
del Regno Unito ha inviato il
pastore Williams, che prenderà
servizio nelle chiese di Cremona e Piacenza restandoci per un
periodo di sei-sette anni.
A Portici (Napoli) presta servizio la pastora Amy Visco della Chiesa presbiteriana di Filadelfia.
Questo modo di agire ha evidentemente una forte motivazione interiore, pari a quella delle
comunità che dedicano forze.
tempo e denaro per accogliere
i migranti in centri quali Mezzano Inferiore (per fare un solo nome).
D’altra parte se le chiese metodiste non godessero della solidarietà e della fiducia della famiglia metodista mondiale non
avrebbero certo ricevuto in dono, per gestirle autonomamente,
proprietà immobiliari come Casa Materna e Ponte Sant’Angelo.
Così come non sarebbero certo state chiamate, dalla XVI Conferenza mondiale metodista, tre
persone — il presidente, il vicepresidente e la sorella Febe Rossi Cavazzutti — i primi due a far
parte del comitato esecutivo e
la terza a condividere la responsabilità della presidenza della
sezione europea della Società di
studi sul metodismo.
Impegno quindi, lo ripetiamo.
a livello mondiale ma che non
dimentica le realtà locali.
L’integrazione metodista-valdese cresce e il nuovo settimanale « Riforma » è un importante segnale della volontà di collaborazione tra le forze storiche
del protestantesimo italiano,
battista, metodista e valdese.
In una situazione di questo genere è chiaro che non mancano zone d’ombra che si cercano
comunque di affrontare con coraggio e, fin dove è possibile,
con una pianificazione. Le mutate condizioni economiche e
storico-culturali, per esempio, rischiano di far sparire in Abruzzo e Campania (come per i vaidesi n Molise) le chiese locali,
ridotte al lumicino. Si pensa e
si spera di poter investire in
quelle zone risorse umane, più
ancora che mezzi economici, per
collegare e unire ciò che si va
disperdendo. Inoltre tutta l’area
napoletana metodista deve rafforzarsi per proseguire l’importante opera di evangelizzazione
che è la ragione della sua esistenza e la sua vocazione.
Non manca alle chiese la capacità di sorreggere e rafforzare i punti deboli: ne è la prova il raggiungimento, sul piano
finanziario, del punto di equilibrio con un anticipo di due anni grazie allo sforzo delle chiese e all’impegno deH’amministrazione.
Certo è che proprio mentre
rOPCEMI legittimamente si
preparava a tirare un sospiro
di sollievo doveva affrontare
riNVIM, pesantissima, così come per il futuro altre tasse si
stanno avvicinando. La prospettiva è amara, ma non impedisce
certo di proseguire la fatica per
« fornire alle chiese un ministero di servizio ».
Bruno Costabel
Amy ViSco, pastora presuiteriana statunitense di origine italiana, lavora da circa due anni
presso la Chiesa metodista di
Portici, presso Napoli.
mente intensa... che presenta incoraggianti segni di rilancio. Citiamo solo alcuni esempi: Bologna, Roma via XX Settembre,
Sestri, Ponticelli, Bassignana,
Portici, La Spezia. Sono aumentate spesso le presenze ai culti,
nuove persone si stanno avvicinando, nuove attività e forme
di aggregazione vengono sperimentate. Il quadro è ben lontano dall’essere ottimistico, ma
qualche segno di movimento in
senso positivo appare » (p. 77,
Relazione al Sinodo 1992). La
Commissione d’esame da parte
sua sottolinea che « per quanto
riguarda il quadro culturale giudica positivamente la nascita di
un Centro studi wesleyano a Roma, che risponde ad una esigenza più volte e da più parti segnalata » (p. 42, Relazione della
Punto di equilibrio
Il Sinodo, richiamandosi agli
obiettivi della campagna delle 3P
(contribuzione personale, periodica,
proporzionale) avviata nel 1988 e
al « Documento integrativo » circolato nel 1990, prende atto con soddisfazione che le contribuzioni delle chiese metodiste hanno raggiunto il punto di equilibrio con due
anni di anticipo; invita il Comitato permanente a continuare la
campagna di sensibilizzazione al
fine di coinvolgere tutte le chiese.
Approvazione
Il Sinodo delle chiese valdesi e
metodiste approva l'operato del
Comitato permanente dell'OPCEMI
e lo ringrazia per il suo impegno.
Iginio Carera fa parte di quella schiera di persone che, senza essere state cercate, ci hanno
trovati e si sono aggiunte a noi,
arricchendo la nostra vita. Nato
a Monza, nel ’26, in una famiglia ovviamente cattolica, Iginio
compie regolarmente i suoi studi, consegue la maturità classica, e poiché si sente attratto dallo studio teologico finisce per
iscriversi alla Gregoriana, la prestigiosa Facoltà di teologia cattolica di Roma. Qui consegue la
licenza in teologia e diventa sacerdote.
Siamo negli anni ’50, in pieno
clima di guerra fredda; Iginio
si interessa alle questioni della
pace e pertanto si inserisce nel
movimento di « Pax Christi ».
Data la formazione teologica
e grazie alla conoscenza delle
lingue, Iginio compie varie missioni all’estero che lo portano a
conoscere anche il mondo protestante.
Scopre così una realtà a lui
ancora sconosciuta; visita la
Francia, i paesi anglosassoni. Ma
quello che costituirà per lui
un’esperienza significativa non
sono le grandi realtà protestanti dell’Europa, ma la scoperta
di una piccola chiesa di minoranza a Barcellona. E’ un gruppo di credenti che, nella Spagna
di Franco, non ha diritto all’esistenza e perciò si riunisce quasi clandestinamente, nella sede
del Consolato svizzero, trattandosi di una comunità riformata.
Ed è proprio .questo tipo di chie
sa che mette in crisi Iginio e lo
costringe a ripensare tutta la
sua fede: in particolare egli sente la contraddizione tra la Bibbia e l’istituzione.
Nel ’62 perciò, quando torna
in Italia, si mette alla ricerca
degli evangelici, e trova la Chiesa metodista; anzi, più precisamente Mario Sbaffl, sensibile alle istanze ecumeniche, aperto al
dialogo, animato da un profondo senso pastorale.
Iginio si sente accolto con fraternità. Comincia subito la sua
preparazione al ministero pastorale, e viene inviato a Padova
dove lavora con il pastore Carsaniga.
Poi, nel ’66, gli viene affidata
la chiesa di 'Vicenza. In seguito,
per sette anni, svolge il ministero pastorale tra le chiese di Novara, Vercelli, Vintebbio.
Successivamente assume la responsabilità delle chiese di Gorizia e Udine, che cura per undici anni. In quello stesso periodo gli viene provvisoriamente
affidata la conduzione della Chiesa metodista di Trieste.
Infine svolge ancora per sette
anni il suo lavoro pastorale nella Chiesa valdese di Rimini e
curando le famiglie e i gruppi
della diaspora romagnola; una
snecie di ministero itinerante
che lo vede continuamente sulle strade, faticoso e dispersivo;
eppure Iginio lo ricorda con piacere.
Tra le esperienze arricchenti
Iginio ricorda anche quella di
IN EMERITAZIONE IL PASTORE IGINIO CARERA
La forza dì una piccola chiesa
La testimonianza delle minoranze in società a maggioranza cattolica
- Dall’impegno in « Pax Christi » al pastorato nell’ambito evangelico
Robert A. Marshall rivolge il suo
messaggio al Sinodo.
Robert A. Marshall, vicepresidente della Conferenza metodista
britannica, ha rivolto un messaggio di saluto al nostro Sinodo.
Marshall, ex deputato laburista
e professore universitario di fisica, ha assicurato a deputati e pastóri il sostegno e la preghiera
da parte di questa chiesa sorella.
La Chiesa metodista britannica, ha detto, che ha attualmente
400.000 membri comunicanti, continua a registrare delle perdite
per cause naturali che non vengono compensate da nuove confessioni di fede. Questa chiesa è
d’altra parte attivamente impegnata nei rapporti ecumenici e
nel dialogo con la Chiesa cattolica.
La situazione del metodismo
britannico è ancora forte, i candidati al pastorato sono molti e
aumentano i predicatori locali.
Un terreno che storicamente vede l’impegno dei metodisti è naturalmente quello sociale; per
questo, ha detto ancora Marshall,
provvediamo alle case per anziani e a centri sociali per i giovani.
Le donne sono state avviate al
ministero pastorale, e una donna
è attualmente presidente della
Conferenza metodista britannica.
A conclusione del suo intervento
Marshall ha ricordato come la
nostra vocazione sia quella del
servizio nel compiere la volontà
del Signore.
VILLAS. SEBASTIANO
sovrintendente di circuito; per
quattro anni nel 'VII, e per sei
anni neH’VIII.
E infine l’emeritazicne, ritirandosi a Gradisca d’Isonzo con
l’intenzione, comunque, di continuare a lavorare nella chiesa.
L. D.
Grazie!
Il Sinodo ringrazia i pastori Irene Wigley, Iginio Cererà, Robert
Marsh. Kenneth Hougland e la diacona Marcella Gay per il servizio
reso nella chiesa e rivolge loro
un saluto affettuoso nel momento
della loro emeritazione o parten
passaggio
all’XI circuito
Il sinodo ha deciso il passaggio della Chiesa metodista di Villa San Sebastiano dal XII all’XI
circuito, come richiesto dalla
Conferenza del III distretto (atto 12) oltre che dalla comunità
stessa. Le motivazioni della scelta sono riassumibili nell’ampiezza delle distante all’interno del
XII circuito (che impediscono
una reale comunicazione fra le
chiese) nel fatto che i membri di
chiesa di Villa, per ragioni di studio e lavoro, tendono a gravitare sempre più verso il Lazio (Roma, e in particolare la comunità
metodista di via Firenze). Perplessità erano state manifestate
invece per il rischio che il XII
circuito subisse una sorta di
« smantellamento ».
Aggregazione
Il sinodo, preso atto dell’alt.
12/CD 111/1992, aggrega la chiesa
di Villa San Sebastiano all'XI circuito.
11
4 settembre 1992
sinodo delle chiese valdesi e metodiste 11
IL DIBATTITO SULLA FACOLTA’ DI TEOLOGIA
Un organo vitale per
la nostra testimonianza
Due importanti decisioni relative alle cattedre di Nuovo Testamento
e Teologia pratica - Un progetto di am.pliamento per la biblioteca
U?i prezioso esemplare della Bibbia « Complutensis » (1520) che si
trova nella biblioteca della Facoltà.
Quest'anno, come il Consiglio
notava fin dall’inizio del suo Rapporto annuale, la Facoltà si è
trovata in modo particolare di
fronte al problema dell'identità del professore di teologia,
fra professionalità e vocazione.
La questione è stata proposta
una volta ancora dal fatto che
si è dovuto decidere circa la
« copertura » di due cattedre:
quella di teologia pratica e quella di Nuovo Testamento. Infatti, trascorso il triennio di straordinariato, il prof. Ermanno Genre veniva proposto per il passaggio alTordinariato; e, poiché
con l’ottobre 1994 il prof. Bruno Corsani tmdrà in emeritazione, corpo pastorale e Sinodo
dovevano procedere alla designazione di Un nuovo docente di
Nuovo 'Testamento.
Le nostre discipline prevedono che nei due casi — ovviamente, più complesso il secondo — 1’« istruttoria » sia svolta
dalla Facoltà in prima istanza,
quindi dal corpo pastorale (CP),
che propone infine al Sinodo le
candidature motivate.
A dire il vero, il tempo dedicato alla Facoltà è stato, quest’anno, piuttosto modesto; e
se non fosse stato per il soprassalto di un « laico » — lo sottolineiamo —, ripreso poi dalla
CdE, che hanno vigorosamente
richiamato l'assemblea sinodale
alla portata della decisione che
veniva presa, queste scelte e
questi atti fondamentali per la
vita delle nostre chiese sarebberó scivolati un po’ via così,
quasi ordinaria amministrazione. E’ chiaro invece quale ganglio delicatissimo e vitale rappresenti, per noi, per il presente e più ancora il futuro prossimo e meno prossimo della nostra predicazione e dunque di
tutta la nostra testimonianza,
una cattedra di Nuovo Testamento e di teologia pratica.
La precedente seduta del corpo pastorale era stata viva. Visto il lavoro svolto nello scorso triennio dal prof. Ermanno
Genre, in Facoltà e fuori, nell’insegnamento e nella pubblicistica, il CP lo ha cordialmente
proposto per l’ordinariato e il
Sinodo ha, quasi unanime, deciso in tal senso con l’augurio
fraterno e ricco di aspettativa
e fiducia.
Per la cattedra di Nuovo Testamento, il CP si è trovato di
fronte a due candidature, presentate in modo ragionato dal
Consiglio: quella del pastore
Yann Redalié e quella del pastoTeodora Tosatti. L’uno e l’altra
hanno alle spalle vita ed esperienze oomplesse e vivaci. T. Tosatti è forse più nota, essendosi presentata per la consacrazione al pastorato lo scorso anno,
con la sua solida preparazione
culturale e la sua vicenda spirituale ed ecclesiastica. Y. Redalié non è tuttavia ignoto fra
noi, poiché da una quindicina
d’anni frequenta il protestantesimo italiano e dal 1985 è, da un
lato, inserito nella Chiesa metodista di Bologna e dall’altro ha
partecipato e partecipa attivamente a molti incontri, convegni, « collettivi », in varie parti d’Italia, offrendo la sua competenza biblica, filologica ed
esegetica e la sua capacità pedagogica di « animazione »: anche nei brevi e freschi discorsi
rivolti prima al CP e poi al
Sinodo, ha sottolineato questi
due aspetti, la scrupolosa ricerca sul testo e Tesigenza di farlo vivere, oggi.
Poiché il CP e poi il Sinodo
si sono espressi per la candidatura di Yann Redalié, parliamo,
com’è naturale, maggiormente
di lui; tuttavia in CP è emerso
anche un riconoscimento a Teodora Tosatti: e i suoi doni e
competenze potranno comunque
essere messi a frutto, come del
resto già avviene in qualche
commissione.
Quando, fra due anni — e il
neoeletto, subito subissato di inviti, ha supplicato di lasciarlo
Gino Conte
(continua a pag. 12)
Le decisioni
Personalità giuridica
Il Sinodo, premesso che l'ente
Facoltà valdese di teologia, Istituito nel 1854 per curare la preparazione dei pastori, si qualifica,
neH'ambito dell'ordinamento valdese, come ente ecclesiastico avente congiuntamente fini di culto,
istruzione e beneficenza, inseparabilmente perseguiti attraverso
l'istruzione e la formazione dei
candidati ai ministero e l'assistenza loro tornita per tutto il corso
degli studi fino alia consacrazione;
dato atto che l'ente stesso ha
altresì, nell'ordinamento valdese, la
qualifica di istituto autonomo, munito di statuto approvato, da ultimo, con l'atto n. 64 del Sinodo
1990, in quanto
— fornito di piena capacità giuridica interna,
— dotato di patrimonio immobiliare, intestato alla Tavola valdese, alla cui manutenzione ed amministrazione ordinaria e straordinaria provvede,
— responsabile della propria gestione anche verso i terzi,
— abilitato alla raccolta di offerte in via diretta, previa autorizzazione della Tavola valdese,
— provvisto di proprie entrate,
rappresentate da contributi e doni
di altri enti ecclesiastici e di privati, tasse scolastiche e rimborsi
spese:
considerato che la Facoltà ha
assunto un ruolo rilevante in Ita
lia, sulla scia del suo progressivo
trasferimento da Torre Pellice a Firenze e poi a Roma, dove è situata fin dal 1921 e dove intrattiene rapporti con altri istituti universitari, ed altresì all'estero, mantenendo stretti rapporti con le principali facoltà teologiche protestanti e con gli ambienti culturali di
cui queste sono espressione;
considerato altresì che la Facoltà cura la pubblicazione della rivista « Protestantesimo », una collana di pubblicazioni presso l'Editrice Claudiana, nonché una biblioteca. fornita di 80.000 volumi, alla quale fanno riferimento numerosi studiosi, anche esterni alTambito protestante;
considerato infine che la Facoltà
provvede all'accoglienza di quanti,
italiani e stranieri, entrano in contatto con l'istituto, oltre che dei
docenti presso la stessa;
ritenuto che l'acquisizione della
personalità giuridica ai sensi dell'ordinamento dello Stato consentirà alla Facoltà di meglio raggiungere i propri scopi anche per quanto attiene la gestione del patrimonio ed il reperimento di mezzi finanziari;
giudica opportuno che l'ente ecclesiastico Facoltà valdese di teologia consegua la personalità giuridica ai sensi dell'ordinamento dello Stato, e conseguentemente dà
mandato alla Tavola valdese di
promuovere la procedura di cui all'art. 12 dell'Intesa tra la Repubblica italiana e le chiese rappresentate dalla Tavola valdese, approvata con l'atto n. 20 del Sino
do 1984 e con la legge 11 agosto
1984, n. 449.
Biblioteca
Il Sinodo, ribadendo l'importanza
che la biblioteca della Facoltà valdese dì teologia riveste come
strumento a servizio della cultura
teologica e storica nel nostro paese, invita le chiese ed i singoli
membri a sostenere finanziariamente il progetto di ampliamento che
prevede una spesa che si aggira
sui 700 (settecento) milioni.
Professore ordinario
Il Sinodo, udita la proposta del
corpo pastorale, delibera il passaggio del past. Ermanno Genre da
professore straordinario a professore ordinario per la cattedra di teologia pratica presso la Facoltà valdese di teologia.
Approvazione
Il Sinodo approva l'operato del
Consìglio di Facoltà e lo ringrazia
per il suo impegno.
Piano di studi
Il Sinodo, preso atto della necessità — da più parti rilevata —
di una revisione del piano di studi, incoraggia il Collegio accademico a nominare una apposita commissione che riveda la struttura
degli studi e della didattica in Facoltà.
CATTEDRA DI NUOVO TESTAMENTO
Yann Redalié
nuovo professore
Il Sinodo ha nominato il past.
Yann Redalié come professore
straordinario per la cattedra di
Nuovo Testamento alla Facoltà
valdese di teologia, a partire dall’autunno 1994, in sostituzione
del prof. Bruno Corsani che andrà in emeritazione. Gli abbiamo
rivolto alcune domande.
— Non tutti ancora ti conoscono nell’ambito delle nostre
chiese. Qual è il tuo curriculum?
— Provengo da una famiglia
pastorale di Ginevra. Sono nato
in Francia, dove mio padre era
pastore durante la guerra. Ho
compiuto gli studi in Sviz2sra,
fino alla laurea in teologia alla
Facoltà protestante di Ginevra,
dopodiché ho fatto im anno di
tirocinio in una parrocchia alla
periferia di Ginevra. Poi sono andato per un anno a lavorare in fabbrica in Germania. Successivamente sono
andato negli Stati Uniti dove
ho frequentato per un anno
rUnion Theological Seminary,
quindi sono andato a Parigi dove
ho lavorato per la « Mission Populaire ». E’ stato un periodo
molto importante nella mia ■vita
in cui ho svolto im’esperienza
pastorale vissuta come testimonianza in im mondo che aveva
già rifiutato il messaggio cristiano.
Dopo il mio matrimonio con
un’italiana sono venuto in Italia
dove ho lavorato prima nell’industria della moda a Milano, poi ho
insegnato il francese nelle scuole
medie superiori e fatto il lettore
all’Università di Bologna e di
Ferrara, lavoro che svolgo ancora adesso. Parallelamente, mi
sono impegnato nella vita politica del quartiere ”La Bolognina”, dove risiedo (gestione sociale degli asili nido e
delle scuole materne). Inoltre
sono impegnato nell’ambito della
chiesa di Bologna dove mi occupo del gruppo interconfessionale
e di formazione dei monitori della scuola domenicale. Sono anche predicatore locale e membro
del consiglio di chiesa.
— Che cosa significa per te inseguire teologia oggi? Si tratta
solo di formare dei professionisti della predicazione?
— Devo vedere quali sono le
aspettative della chiesa. Da un
lato la Facoltà è accademia, dall’altro scuola professionale. La
mia esperienza mi dice che non
esiste oggi, nelle università, un
progetto di formazione. Credo
invece sia molto importante avere tali progetti ; mi interessa
molto il rapporto tra formazione di base e formazione permanente. Molti studenti, oggi, hanno già una formazione che occorre valorizzare: il compito del docente è quindi quello di renderli
capaci di elaborare dei significati, delle capacità, e di accrescerli sempre di più in un processo
di formazione globale e permanente.
— Insegnare alla Facoltà valdese significa anche entrare a
far parte di una comunità, non
solo una comunità di studio ma
anche di vita. Come ti prepari
ad affrontare questa nuova esperienza?
— L’attuale generazione universitaria chiede molta libertà
individuale. Occorre dunque stare attenti a non fare della Facoltà un seminario chiuso. A vent’anni,un giovane sperimenta per
la prima volta la vita adulta e,
giustamente, non vuole essere
imbrigliato da ’’padri” che ha appena lasciato. Bisogna valorizzare la ricchezza della comunità
evitando il rischio di chiusura.
— Spesso viene riproposta la
questione del rapporto tra il la
voro della Facoltà e la vita delle
nostre chiese. Come vedi questo
rapporto?
— Il problema, forse, sta nella
definizione della figura del pastore che oggi non è più così
chiara come una volta. E’ una
difficoltà generale, obiettiva: ci
sono tanti modi di essere pastore, non c’è più un unico modello ; a parer mio, la prima cosa
che si deve richiedere a un pastore è di sentirsi bene nella propria pelle. Un pastore infelice o
frustrato non serve a nessuno. Il
vero problema è quello dell’autorevolezza e autorevolezza non
significa esercitare un potere sugli altri ma rendere gli altri autori della propria vita. Il pastore
quindi è colui che riesce a far sì
che gli altri siano più se stessi,
più autonomi. Questo, del resto,
è uno dei messaggi più profondi
del Nuovo Testamento. Quando
Gesù dice : « Alzati e cammina »,
vuol dire proprio questo: prendi
in mano la tua -vita, le tue capacità, i tuoi doni, e mettili al servizio degli altri. Questo è Evangelo, Buona Novella. Ed è a questo che deve mirare il pastore:
rendere o restituire autorevolezza a tutti coloro che incontra;
ma questa autorevolezza si forma a contatto con una disciplina
esigente: lo studio dei testi biblici deve essere accurato e approfondito, fino al punto in cui
emerge il loro pieno significato
per l’oggi. Questo è il lavoro specifico della Facoltà.
— A che serve la teologia?
— In un certo senso, non serve a niente, perché non entra nelle categorie dell’utilità. Ma credo
che sia essenziale per essere
umani,
a cura di
Jean-Jacques Peyronel
Nomina
Il Sinodo, udita la designazione
del corpo pastorale, noimina come
professore straordinario per la cattedra di Nuovo Testamento il past.
Yann Redalié, a partire dall'autunno 1994.
LABORATORIO
DI TEOLOGIA PRATICA
I pastori interessati ad una
ricerca teologica nell’ambito
della « teologia pratica » sono
invitati a segnalare il loro nome, indirizzo e le tematiche
sulle quali desiderano approfondire le loro conoscenze.
Sulla base di queste prime indicazioni si proporrà un incontro per verificare insieme
l’orizzonte degli interessi e
per elaborare una proposta di
lavoro.
Le segnalazioni vanno indirizzate entro il 30 ottobre '92
a: prof. Ermanno Genre, via
Germanico 24, 00192 Roma.
12
12 sinodo delle chiese valdesi e metodiste
4 settembre 1992
FEDERAZIONE
RAPPORTI CON LO STATO
Un servizio
indispensabile
Nel 1994 un incontro di tutti gli evangelici
L’impegno della Federazione
delle chiese evangeliche in Italia (PCEI), che offre un ventaglio di servizi per sostenere la
presenza e la testimonianza delle chiese, ha trovato puntuale
supporto da parte degli esecutivi: Tavola e OPCEMI.
Franco Clemente, battista di
Roma, membro della giunta
FCEI e suo vicepresidente, in un
breve saluto al Sinodo ha ricordato il ruolo di « osservatorio »
della FCEI, osservatorio evangelico sia nazionale che internazionale. '
Tra le iniziative in progetto, la
PCEI propone un incontro nazionale degli evangelici italiani,
a Firenze, per la Pentecoste del
1994. Un altro incontro, che dovrebbe trovare realizzazione in
tempi più ravvicinati, è una manifestazione di evangelici contro
la mafia. Ambedue sono progetti
importanti. Il primo per dare
corpo alla visibilità degli evangelici italiani. Il « farsi vedere »
contiene la volontà di trovare
momenti d’aggregazione e testimonianza sufficienti ad evidenziare fraternità, coesione, progettualità del protestantesimo
italiano. La manifestazione contro la mafia, che sta a ciascuno
di noi non fare scadere a retorica denuncia, esercizio declamatorio, intende segnalare disponibilità e solidarietà per la moralizzazione della vita pubblica.
Rammentiamo alcuni servizi
della PCEI, dalla stampa, nuovo
NEV, al materiale del SIE (Servizio istruzione ed educazione)
al bollettino del Servizio migranti, al nuovo impegno federativo
almeno per battisti, metodisti e
valdesi per il nuovo settimanale
« Riforma ».
I dati menzionati in Sinodo dal
vicepresidente FCEI Franco Clemente, circa il servizio Rai Tv
’’Protestantesimo”, sono incoraggianti. La rubrica televisiva è se
guita da quattrocentomila persone e molte lettere giungono alla
redazione. Culto e notiziario sono ascoltati (Rai) da un milione
e seicentomila utenti.
Dalla relazione al Sinodo abbiamo indicazioni sul coinvolgimento degli esecutivi Tavola e
OPCEMI. La Tavola ha confermato la disponibilità di due
collaborazione pastorali a metà
tempo per il SIE (Giovanni Carrari) e per il culto radio (Eugenio Rivoir), garantendo anche un
altro mezzo tempo per il S*ervizio migranti (Lucilla Tron).
L’impegno economico della Tavola per la PCEI sarà aumenta^
to del 20% nel prossimo anno.
Mentre la Tavola conferma sostegno al lavoro del centro di
Mcnteforte Irpino, il Comitato
permanente dell’OPCEMI si è
impegnato per il centro ”E. Nitti” di Napoli Ponticelli.
Della PCEI ricordiamo la funzione di dialogo e collegamento
tre le chiese e, quale suo frutto
ambizioso (difficile) il progetto
scaturito dall’incontro di Santa
Severa (31 ott.-3 nov. ’91) di suscitare un Consiglio nazionale
delle chiese cristiane (CNCC)
che, sul modello di quanto attuato in altri paesi, dovrebbe coinvolgere anche la Chiesa cattolica
romana.
Da Santa Severa è venuto anche il proposito di intensificare
il sostegno ai migranti per lavoro, casa, diritti, culti e ospita^
lità.
La relazione della Commissione d’esame ha scritto: « I servizi resi dalla PCEI a favore delle
nostre chiese continuano ad essere indispensabili ». Aggiimgiamo: la comunione di fede e testimonianza è il « servizio in
più» che la FCEI può farci scoprire.
Alfredo Berlendis
Il governo annuncia: subito
le trattative per l’otto per mille
Il Sinodo ha invitato la Tavola a proseguire l’opera intrapresa Il lavoro della Commissione consultiva e della nostra delegazione
L’argomento « rapporti con lo
stato » ha avuto quest’anno uno
spazio piuttosto marginale nel
dibattito in Sinodo: non vi erano più particolari e travagliate
decisioni da assumere, e c’è stato semplicemente un breve momento di informazione ed aggiornamento sullo stato delle
trattative in corso con il governo della Repubblica italiana per
dare attuazione alle decisioni
del Sinodo 1990 e 1991 sulla questione della « dsfiscalizzazione
delle offerte liberali a favore
delle chiese valdesi e metodiste » e dell’« otto per mille » dell’IRPEF.
I termini del problema sono
noti: dopo che nel 1988 il Sinodo aveva espresso la convinzione che « le forme di finanziamento previste dalla legge 222/
1985 appaiono rispondenti a una
L’intervento
del prof. Giorgio Spini.
concezione diversa — e per taluni aspetti opposta — a quella che è stata elaborata nell’ambito delle nostre chiese e che è
rispecchiata dall’Intesa del
1984 », e quindi aveva deliberato di « non dover addivenire in
(quel) momento a una trattativa con lo stato sulla materia »
(art. 37/SI/88), il Sinodo 1990
diede mandato alla Tavola valdese di « promuovere le iniziative necessarie per pervenire ad
una normativa che consenta la
deducibilità delle erogazioni liberali in favore dell’Unione delle chiese valdesi e metodiste »
(art. 28/SI/90).
Sempre nel 1990 poi, in seguito ad istanze provenienti da
molte chiese locali il Sinodo,
considerando i « nuovi orientamenti (da esso) assunti in materia di finanziamenti pubblici »
(art. 29/SI/90), riaprì il dibattito suH’otto per mille e lo scorso anno, dopo una lunga e vivace discussione, decise che le
chiese valdesi e metodiste avrebbero potuto essere destinatarie
dell’8 per mille dell’IRPEF (art.
36/SI/91).
Nel corso dell’autunno-inverno-primavera scorsi, la Tavola
valdese ha informato la presidenza del Consiglio dei ministri
della decisione sinodale, chiedendo l’apertura delle trattative su
un pacchetto di questioni in materia finanziaria.
Tuttavia, nonostante i ripetuti solleciti, la controparte statale non diede risposta, salvo una
lettera del presidente Andrectti
spedita, per usare un’espressione di Giorgio Spini in Sinodo,
« a governo ormai decotto ».
Con detta lettera il governo,
seguendo una linea già manifestata allorché nell’estate 1990
elaborò un disegno di legge «sulla libertà religiosa e abrogazione della legislazione sui culti
Un organo vitale per la nostra testimonianza
(segue da pag. 11)
sopravvivere fino al ’94 e soprattutto di potersi concentrare nella preparazione, accanto
al proseguire del suo impegno
professionale! — Redalié assumerà la cattedra di Nuovo Testamento, sarà forse il momento di presentarlo più diffusamente alle chiese, anche su questo settimanale. Ricordiamo solo alcuni telegrafici elementi: è
francese, ha studiato teologia
alla Facoltà deN'Università di
Ginevra e vi si è licenziato; ha
svolto un anno di « pastorato
operaio » in una fabbrica a
Mainz; è stato sette anni pastore per la Mission Populaire
in un faubourg parigino; intanto ha continuato la ricerca teologica, partecipando al lavoro
di gruppi nell'università e altrove. Contemporaneamente aveva
avviato rapporti con il protestantesimo italiano, specie giovanile, e fatto parte del Comitato di Agape; trasferitosi in
Italia, si è inserito in modo vitale nella Chiesa metodista di
Bologna, dove è diventato predicatore locale e animatore biblico, mentre svolgeva il suo
insegnamento universitario di
francese e di didattica linguistica prima a Bologna e ora a Ferrara. Nella scorsa primavera
ha conseguito, con vivo apprezzamento, il dottorato presso la
Facoltà teologica dell’Università ginevrina nella quale aveva
studiato, sostenendo una tesi
poderosa e ponderosa su aspetti della teologia delle Epistole
pastorali (in seguito a questo.
si era anche ventilata una sua
candidatura alla cattedra di
Nuovo Te.9tamento in quella
Facoltà, alla quale aveva rinunciato optando a favore della nostra). A Yann Redalié, dandogli
un fraterno e più ampio benvenuto fra noi (dato che è già
da tempo dei nostri) e impegnandoci a non consumarlo anzitempo, l’augurio per questi
due anni di preparazione raccolta e per l’irradiamento in
quelli che il Signore poi darà.
Molto brevemente, gli elementi emersi nel dibattito sinodale
o evidenziati dalle relaz.ioni del
Consiglio e della CdE: assai vasta, in Un ventaglio talvolta fin
troppo aperto, l’attività dei docenti, sulle cui spalle la Facoltà
e le chiese rivendano un carico
di lavoro impegnativo, di cui
molti non si rendono ben conto.
Studenti e professori riconoscono la necessità e l’urgenza di
una nrofonda revisione del piano di studi, anche se questo
non significa una riduzione. E’
risuonata, non è la prima volta,
una nota critica nei confronti
di una certa irregolarità studentesca quanto a frequenza, tempestività nel sostenere esami.
Tuttavia, risnetto ad anni recenti, la vita della comunità di facoltà a livello studentesco tende decisamente a ricomnattarsi
e di questo tutti si rallegrano
vivamente.
Sono proseguiti intensi gli interscambi culturali, la Facoltà
non è davvero chiusa entro le
sue mura; molte e varie le attività collaterali: redazione di
« Protestantesimo », corso di aggiornamento pastorale, laboratorio di teologia sistematica (a
cui se ne aggiungeranno forse
altri), convegni organizzati o
appoggiati (sulla storia del metodismo, su G. Miegge e V. Vinay), la simbiosi con il CEC
romano, l’apertura a « Sophia ».
Molti sono stati i rapporti fra
docenti e studenti e comunità
evangeliche, soprattutto nel quadro dell’attività della cattedra
di teologia pratica. Tali rapporti sono, è evidente, fecondi e
per le chiese e per la Facoltà.
Al riguardo, un’informazione più
frequente amplierebbe questi
rapporti, nutrirebbe i gruppi di
« amici della Facoltà », ne attiverebbe forse di nuovi.
Questo interesse e questa solidarietà delle chiese sono e saranno tanto più necessari in
quanto, oltre alla non indifferente ordinaria amministrazione (che le chiese sono lungi
dall’assumersi... decentemente),
« parte » ora la radicale ristrutturazione-ampliamento della Biblioteca della Facoltà, con i
suoi 80.000 volumi, in continua
e vitale crescita. Naturalmente
di questo progetto si parlerà
ancora più diffusamente; per
ora diciamo il costo, oculata
mente, limato e ridotto all’osso
(senza sacrificio della funzionalità), di 700 milioni; si spera
di poter ricevere aiuti dall’estero per la metà di questo importo, ma 350 milioni devono venire dalle nostre chiese. Se ne
riparlerà, appunto.
La CdE ha richiamato l’atten
zione su tre esigenze di parte
studentesca; l’aumento delle
cosiddette « vocazioni tardive »
con i problemi umani che non
di rado comportano; la necessità di un vaglio tempestivo delle
attitudini degli studenti; la richiesta di poter disporre di una
consulenza pastorale esterna.
E’ stato elaborato e votato un
odg che avvia il processo tendente a dare personalità giuridica autonoma alla Facoltà, un
cammino che pare necessario,
ma che appare non privo di difficoltà tecniche e che andrà dunque attentamente studiato. Il
caldo riconoscimento e ringraziamento finale dato alla Facoltà
non è stato davvero formale,, come non lo è mai. Tutti noi che abbiamo applaudito, ricordiamoci
di quell’applauso e facciamocene
eco attiva nelle nostre rispettive
comunità.
Nel corso delle votazioni finali, il Consiglio della Facoltà
è stato così nominato; Paolo
Ricca, decano; Eugenio Rivoir,
Silvana Nini, Leda Rocca, Emanuele Fiume, membri.
Un pensiero di gratitudine
particolare a Sergio De Ambrosi che, per scaduto settennio,
ha lasciato il Con.siglio: è stato
caldamente ringraziato per il
suo prezioso contributo tecnico
(da ultimo, in particolare, nell’oculato controllo del progetto
di ristrutturazione della Biblioteca, insieme al prof. Garrone)
e anche per la fraternità e solidarietà con cui ha condiviso i
problemi e le preoccupazioni
della Facoltà.
Gino Conte
ammessi » (testo assai criticato
da più parti, contenente diversi
articoli volti a disciplinare la
procedura per stipulare intese
ex art. 8 della Costituzione, che
poi fu lasciato cadere), invitò
la Tavola valdese a designare in
primo luogo « i propri esperti »
affinché predisponessero, insieme ad una Commissione tecnica nominata dal presidente del
Consiglio dei ministri, un testo
di intesa, e in secondo luogo a
nominare « il proprio rappresentante » che avrebbe poi dovuto
condurre direttamente la trattativa con il sottosegretario alla
presidenza del Consiglio.
Non è però questa la strada
che fu seguita per predisporre
l’Intesa del 1978/1984, e che il Sinodo ha invece indicato come
quella ancora da mantenere.
Infatti, come già negli anni
1976-1978, seguendo le indicazioni sinodali, la Tavola valdese ha
nominato una Commissione consultiva composta da una dozzina di persone (con opinioni diverse in merito al problema dell’8 per mille, ma ormai tutte
vincolate alla decisione sinodale) ed una delegazione di 4 persone (Giorgio Spini, Franco Becchino, Paolo Ricca, Piero Trotta) che operativamente dovranno condurre le trattative.
Giorgio Spini, presidente della delegazione per le trattative,
e Aurelio Sbaffì, presidente della Commissione consultiva, hanno dato atto alla Tavola valdese di non aver omesso nulla per
far sì che si potesse arrivare alla definizione dell’intesa in tempi brevi: « Se la trattativa non
si è ancora aperta », ha detto
Spini, « è colpa della controparte ».
Il Sinodo quindi ha approvato l’operato della Tavola valdese, invitandola a proseguire nell’opera intrapresa. Nel corso dei
lavori è giunto al Sinodo un telegramma con cui Fon. Valdo
Spini, sottosegretario agli Affari
esteri, ha dato notizia di un suo
incontro con Fon. Amato, presidente del Consiglio dei ministri,
il quale gli ha assicurato la sua
disponibilità ad aprire le trattar
ti ve.
Paolo Gay
T rattatìva
Il Sinodo, preso atto dell’impegno della Tavola valdese nel dare
attuazione a 36/SI/91, udita la relazione della Commissione per la
trattativa con lo Stato in materia
finanziaria, invita la Tavola:
— a proseguire l’azione nei confronti del governo per giungere
quanto prima alla conclusione della trattativa;
— a sostenere l'opera della Commissione attraverso un adeguato
supporto da parte dei propri uffici.
BSK’SSii
IVLTiWÀ GCF
Fuuio .sijuiii la siu.j e Lriuuni
Long, vicepresidente e presidente, hanno efficacemente condotto i lavori del Sinodo '92.
13
4 settembre 1992
sinodo delle chiese e metodiste
I RAPPORTI CON LA CHIESA CATTOLICA
MESSAGGI ECUMENICI
Dialogo nella chiarezza
Poche chiese hanno studiato il documento «Per una comune comprensione della chiesa» - Un’ampia discussione si terrà l’anno prossimo
Come vedono le nostre chiese
valdesi e metodiste in Italia il
dialogo con la Chiesa cattolica
romana? Non si può dare una
risposta semplice. Certamente
soltanto una minoranza è impegnata in questo confronto che
da noi spesso è identificato semplicemente con l’ecumenismo.
Questa minoranza si lamenta
perché la maggior parte delle
nostre chiese dimostra di non
sentire il problema, se ne disinteressa, oppure è per principio
ostile.
Questa estraneità si è manifestata anche in occasione dell’esame sul documento « Per una
comune comprensione della chiesa » preparato da una commissione mista di rappresentanti
della Chiesa cattolica romana e
dell’Alleanza riformata mondiale. Il testo, tradotto in italiano
a cura della Commissione consultiva per le relazioni ecumeniche della Tavola valdese era
stato fatto pervenire alle chiese, accompagnato da una nota
indicativa della Commissione
stessa, e il Sinodo del 1991 aveva invitato le chiese a esaminarlo e a far pervenire le proprie
osservazioni alla Commissione,
in vista della discussione sinodale di quest’anno. Le chiese
che hanno inviato le loro osservazioni in tempo debito sono
state 15; qualche altra è arrivata fuori tempo, ma il numero
complessivo non supera le 20;
disinteresse, quindi?
Tuttavia le poche risposte hanno dimostrato notevole attenzione e, quasi sempre, equilibrio
critico. Alcune risposte sono decisamente e radicalmente negative, ma la maggioranza esprime un atteggiamento di apertura.
Il dibattito sinodale non è stato ampio, forse per ristrettezza
di tempo. Tuttavia anche da esso è emerso lo stato d’animo
di incertezza. Si ha l’impressione che le nostre comunità sia
no combattute da sentimenti
contrastanti. Da una parte c’è
il desiderio e anche la gioia di
una riacquistata fraternità, il
piacere deH’incontrc, la scoperta di certi aspetti della realtà
cattolica prima sconosciuti, la
speranza di un progresso nel
confronto che permetta una più
reale comunione. Chi vive questi sentimenti ha avuto esperienze di incontri con ambienti cattolici desiderosi di riforma.
D’altra parte c’è l’ostacolo di
quella che possiamo chiamare
l’ufficialità della Chiesa cattolica romana, sia negli atteggiamenti della gerarchia, sia nella
sconcertante esplosione della
pietà popolare, specialmente mariana.
Questo ostacolo spesso è sentito come una giustificazione ad
un rifiuto preventivo all’approfondimento del dialogo.
« Che bisogno c’è di interrogare, di ascoltare? E’ già tutto
chiaro! ». Altre volte quegli aspetti deirufficialità causano delusioni: «E’ inutile! Non cambia
nulla! ». La discussione nel Sinodo è stata molto limitata, ma si
è avuto l’impressione che fosse
più sopportata che vissuta.
E il giudizio sul documento?
Il testo proposto dalla Commissione è stato approvato, con
qualche suggerimento di modifiche formali alle quali penserà
la Tavola. Ci sono molte cose
buone in quel testo nel quale
si affrontano per la prima volta
argomenti di grande interesse.
Si tenta una « riconciliazione
delle memorie », cioè una revisione delle motivazioni storiche
della rottura avvenuta nel XVI
secolo: sembra che la si sarebbe potuta evitare. Le affermazioni più sconvolgenti sono quelle
relative alla « comune confessione di fede ». Basandosi su di esse sembra quasi che ci sia fra
la Chiesa cattolica romana e le
chiese riformate una profonda
unità: per entrambe Cristo è
Le decisioni assunte
Comprensione comune
Il Sinodo, sentita la relazione
della Commissione consultiva per
le relazioni ecumeniche (CCRE)
circa i pareri espressi dalle chiese sul documento « Verso una comprensione comune della Chiesa »
inviato dall'Alleanza riformata
mondiale (ARMI, esprime il suo
parere attraverso il documento preparato a tal fine dalla CCRE; dà
mandato alla Tavola di rielaborare
le conclusioni tenendo conto dei
rilievi emersi dal dibattito sinodale e di inoltrarlo all'ARM.
Documenti di studio
Il Sinodo, in analogia con quanto fatto per il documento » Verso
una comprensione comune della
Chiesa » sul dialogo tra riformati
e cattolici, invita le chiese a studiare il quinto documento fra metodisti e cattolici sui temi: « La
fede apostolica; insegnamento, tradizione, ricezione » e « Ministero e
ministeri: servire nella tradizione
apostolica » e ad esprimere un loro parere alla Commissione consultiva per le relazioni ecumeniche
(CCRE) ed al Comitato permanente OPCEMI entro il 31 maggio 1993,
affinché le due commissioni possano riferire, per le loro rispettive competenze, al Sinodo 1993 ed
al Consiglio mondiale metodista.
Dialogo sui matrimoni
Il Sinodo, preso atto della relazione della Commissione ad refe
rendum per il dialogo con il cattolicesimo sui matrimoni interconfessionali, invita il Seggio a rinnovarle il mandato e la incoraggia a
proseguire il suo lavoro.
Commissione
Il Seggio rinnova il mandato alla Commissione per il dialogo con
il cattolicesimo sui matrimoni interconfessionali nelle persone di:
Maria Sbaffi Girardet, relatore; Valdo Benecchi, Gianni Long, Paolo
Ricca, Alfredo Sonelli, Alberto Taccia.
Prossima sessione
Il Sinodo, ricevuta la relazione
della Commissione consultiva per
le relazioni ecumeniche, decide che
nella prossima sessione sinodale
sia dedicato uno spazio congruo alla discussione suH'ecumenismo in
vista di un nuovo documento dopo quello del 1982;
invita le chiese a studiare i tre
documenti su cattolicesimo, ebraismo e fedi viventi emersi dal Seminario suH’ecumenismo (Roma, 1-2
febbraio 1992), già inviati alle chiese dalla Tavola con l’accompagnamento di una nota introduttiva e
ad inviare i loro pareri e le loro
osservazioni alla Commissione
consultiva per le relazioni ecumeniche entro febbraio 1993, onde
permetterlo di preparerà una bozza di documento per la prossima
sessione sinodale che ne tenga
conto.
l’unico mediatore e la giustificazione dell’uomo avviene per sola grazia.
Proprio queste affermazioni
che dovevano essere le più concilianti sono quelle che hanno
suscitato maggiori critiche e aperti rifiuti. Ciò avviene perché
si è rilevata una debolezza di
fondo di questi « dialoghi interconfessionali », una certa tendenza conciliatrice, un certo sorvolare nelle realtà coperte dalle
affermazioni e che spesso sono
tali da mutare profondamente il
significato delle parole. Cosa significa l’affermazione che Cristo
è il solo mediatore in bocca ad
una chiesa che è piena di mediazioni: Maria, la gerarchia, il
sacerdozio, ecc.? Il non richiedere chiarimenti in proposito
causa diffidenza e rifiuto.
Le stesse cose si possono dire
per gli altri argomenti trattati
dal documento; la struttura della chiesa e le prospettive di un
cammino comune sul piano dell’etica individuale e sociale.
Il testo votato dal Sinodo chiede che il dialogo continui, ma
chiede anche maggiore chiarezza e il saper presentare le diversità apertamente, con coraggiosa lealtà. Una convergenza
apparente divide molto di più
di una diversità chiara ed onestamente rispettata.
Dal Sinodo è emersa anche
un’altra esigenza, cioè che le nostre chiese stabiliscano un dialogo più attivo con le altre chiese sorte dalla Riforma, sia in
Italia che altrove. Nel caso in
questione sarebbe molto utile
conoscere ed esaminare le reazioni al documento di altre chiese riformate, per esempio di
Francia, Svizzera, Olanda, ecc.
Il discorso sui rapporti col
cattolicesimo romano non è
chiaro. Il prossimo anno il Sinodo tratterà l’argomento con la
necessaria ampiezza in vista di
un nuovo documento sull’ecumenismo. In febbraio, a Roma, si
è svolto un seminario dove si
sono trattati i rapporti col cattolicesimo, con l’ebraismo e con
la « fedi viventi ». Su questi argomenti il Sinodo ha impegnato
lo studio e la riflessione delle
chiese metodiste e valdesi. A
questo studio parteciperanno anche le chiese battiste e luterane.
Alfredo Sonelli
Due lettere al Sinodo
Sono molti i messaggi che giungono al Sinodo da parte di singoli e di chiese sorelle. Anche la Chie.sa cattolica, nella persona del
vescGvó di Pinerolo, mons. P. Giachetti ha voluto esprimere il suo
augurio, che pubblichiamo qui di seguito. Pure la Comunità di base
di Pinerolo ha mandato un messaggio: lo pubblichiamo per le attesp. che psnriwe.
Il vescovo Giachetti dopo il culto inaugurale del Sinodo.
Dal vescovo di Pinerolo
Carissimo fratello in Cristo,
nelle liturgie di domenica 23
agosto, le comunità della Chiesa
cattolica che vive nel territorio
di Pinerolo, da me invitate, hanno pregato per i lavori del Sinodo delle Chiese evangeliche
valdesi e metodiste che hanno
avuto inizio in quel giorno a
Terre Pellice.
Ogni anno preghiamo per questo scopo, animati dalla convinzione che la preghiera resta l’anima deU’ecumenismo, perché
solo Dio può cambiare i cuori
e rovesciare le mentalità.
Ci siamo proposti questa duplice intenzione di preghiera:
— la grazia dello Spirito Santo illumini i membri del Sinodo
e il cammino delle vostre chiese nello scoprire le vie dell’annuncio e della testimonianza dell’Evangelo alle donne e agli uomini del nostro tempo;
—• la grazia dello Spirito Santo dia forza, coraggio e speranza al movimento ecumenico che
le nostre chiese considerano una
delle maggiori sfide del nostro
tempo come fattore insostituibile per la pace del mondo.
Il movimento ecumenico, fin
dalle origini, ha sempre incontrato incomprensioni e ostacoli:
anche oggi, guardando allo scenario europeo.
Ma la volontà ecumenica non
viene meno. Essa è ribadita con
forza e fiducia a Roma (Sinodo
dei vescovi cattolici d’Europa),
a. Budapest (Assemblea delle
Chiese evangeliche), a Istanbul
(incontro dei patriarchi ortodossi). Nel V incontro CCEE e
KEK (12-18 novembre 1991 a
Santiago de Compostela) è stato affermato: « Senza la pace
ecumenica, non ci sarà in Europa né evangelizzazione né testimonianza comune. Il nostro desiderio — che è anche il nostro
comune impegno — è che le
chiese divengano, le une per le
altre e tutte insieme, in seno all’Europa attuale, ciò che non sono sempre state nel passato, e
non sono ancora sempre oggi,
cioè ’’focolari d’amore” dove
l’amore di Dio, del prossimo e
del nemico si mescolano e si stimolano reciprocamente ».
Ci sentiamo coinvolti tutti in
questo cammino e in questa responsabilità.
La prego, sig. Presidente, di
accogliere l’augurio più fervido
per i lavori del Sinodo e fraterni saluti in Cristo Signore.
Pietro Giachetti
vescovo di Pinerolo
CEVAA
Uno stimolo
Un appello alle chiese, affinché svolgano opera di promozione dell’attività della CEVAA,
strumento di collegamento e
cooperazione con le chiese del
Sud del mondo, è stato lanciato dal pastore Renato Coisson.
L’odg ne è espressione.
Promozione
Il Sinodo, riconoscendo nel Comitato italiano CEVAA lo strumento idoneo per stimolare nelle chiese il dibattito suile problematiche
legate ai rapporti Nord/Sud ed
Est/Ovest del mondo, lo invita ad
intensificare la promozione di iniziative volte a questo scopo, anche attraverso l'animazione teologica; invita le chiese ad avvalersi
del Comitato per sviluppare azioni
di solidarietà fraterna e di informazione non legate soltanto alla
annuale « domenica della CEVAA ».
Chiese metodiste
Il Sinodo si rallegra per l'entrata delle chiese metodiste italiane
nella Comunità evangelica di azione apostolica (CEVAA).
Dalla comunità
di base di Pinerolo
Care sorelle e cari fratelli
del Sinodo delle Chiese valdesi
e metodiste,
guardiamo sempre a questo
evento con la speranza di ricevere da voi quella testimonianza evangelica di cui abbiarno ed
avvertiamo grande necessità, prima di tutto per la nostra conversione personale e comunitaria.
Pur in mezzo alla pochezza
delle nostre forze e all’assenza
di qualsiasi strumento per far
udire la nostra voce, sentiamo
che « Abele parla ancora »
(Ebrei 11: 4). E’ un dono di Dio
il fatto che Abramo, Sara, Mosè,
Giuditta, Giona, Isaia, Raab e
soprattutto Gesù, per la loro fede, continuino a parlare ai nostri cuori come testimoni della
promessa e come annunciatori
dell’amore dell’Eterno.
Auguriamo a voi e a noi di
« camminare su strade diritte,
così che il piede zoppicante non
diventi storpio ma guarisca »
(Ebrei 12; 13). La vita, la parola e la fede di Gesù, per dono
di Dio, continuano a farsi chiamata per ciascuna/o di noi.
Speriamo di poter vivere con
voi, anche in futuro, momenti
di confronto, di intercomunione.
di impegno, di correzione fraterna.
Voi e noi siamo, nel consesso delle « grandi » presenze ecclesiali e religiose, delle minuscole realtà. L’augurio che vi facciamo, mentre vi assicuriamo la
nostra preghiera, è questo: la
pubblicità televisiva e degli altri mezzi di comunicazione non
stravolga la realtà e non dia di
voi un’immagine lontana dal vero, tutta interna alle « componenti democratiche » di questa
società, tutta compatta in marcia verso la totale omologazione politica e teologica. La pubblicità non vi seduca, non vi distragga, non vi deprotestaatizzi.
Il fatto che il « territorio » in
cui si svolge il Sinodo in questi mesi sia stato sconvolto da
amarissimi segni e frutti del disagio non mancherà di interpellare la vostra assemblea e le
vostre comunità.
Sorelle e fratelli, ricordatevi
anche di noi. Il Dio di Abramo,
di Maometto e di Gesù conceda
a voi e a noi di lodare il suo
nome e di servirlo nel mondo.
Vi salutiamo nel nome di Gesù di Nazareth!
Comunità cristiana di base
di Pinerolo
14
14 sinodo delle chiese valdesi e metodiste
4 settembre 1992
IL FUNZIONAMENTO DEGLI ESECUTIVI
CULTURA
Rivalorizzare circuiti e distretti
Un organizzazione che risponde alle intenzioni del Patto di integrazione - Le diverse soluzioni proposte e l’ordine del giorno che è stato approvato dopo un approfondito dibattito
Ferve
l'attività
Quando nel 1975 si provvide
a riorganizzare il territorio italiano in modo che ogni parte di
esso fosse assegnata alla responsabilità di una chiesa locale metodista o valdese, si divise l'Italia in 16 circuiti (uno per la
verità si trova in Svizzera, il
nono), a loro volta raggruppati
in quattro distretti.
La logica di questa sistemazione rispondeva esattamente a
quelle che erano le intenzioni
del « Patto di integrazione globale tra le chiese valdesi e metodiste », approvato dal Sinodo
delle chiese valdesi e dalla Conferenza metodista in seduta
congiunta nell’agosto del 1974,
vale a dire la messa in comune
e la valorizzazione di tutto ciò
che le due chiese consideravano
come caratteristico e significativo della loro tradizione, significativo nel senso di strumento
utile per il comune servizio, la
comune vocazione di testimonianza all’Evangelo del Signore
Gesù Cristo.
Il circuito era sorto nell’ordinamento metodista come raggruppamento di comunità contigue, in vista della loro collaborazione in un dato territorio,
per il coordinamento e lo sviluppo delle loro attività evangehstiche. Vennero istituiti sedici
circuiti, rivedendo i precedenti
confini ed il numero.
Il distretto era invece tradizionalmente una struttura territoriale valdese (vi erano, al
momento in cui entrò in vigore
la nuova disciplina comune per
le chiese valdesi e metodiste, sei
distretti così organizzati: 1. Valli Valdesi; 2. Piemonte-Liguria;
3. Lombardia-Veneto-Svizzera; 4.
Organi esecutivi
Il Sinodo, vista e discussa la relazione della Commissione ad referendum sul « Funzionamento degli organi esecutivi » e la relazione della Commissione d'esame sull’argomento;
ritenuto che prima di mutare l’attuale quadro fornito dalla nostra
Disciplina generale e dal Patto di
integrazione si debba valorizzarne
il contenuto, con le modifiche e le
precisazioni necessarie ad assicurarne il miglior funzionamento:
a) - in ordine ai circuiti:
1. decide di conservar loro le
attuali caratteristiche relative al
coordinamento ed allo sviluppo delle attività ecclesiastiche ed evangelistiche in un dato territorio, rivedendone però le attuali circoscrizioni territoriali in base ai criteri di distanza e di omogeneità
fra le chiese ed introducendo fra
le loro competenze l’inserimento
delle opere nel piano di testimonianza del circuito;
2. incarica all'uopo le Commissioni esecutive distrettuali di predisporre il progetto di revisione
delle circoscrizioni territoriali dei
circuiti, in vista deH'approvazione
da parte del Sinodo, di concerto
con i Consigli di circuito;
3. dà mandato alla Commissione discipline di predisporre le conseguenti modifiche regolamentari;
b) - in ordine ai distretti:
1. decide
— di conservar loro l’attuale caratteristica di raggruppamento in
una giurisdizione comune delle
chiese locali, coordinando, invece,
le loro competenze relativamente
alle opere con la istituenda Commissione sinodale per la diaconia;
— di sottoporre a revisione l’attuale numero e circoscrizione territoriale dei distretti;
2. incarica la Tavola di predisporre un progetto in vista di tale
eventuale revisione, di concerto
con le Commissioni esecutive distrettuali;
3. dà mandato alla Commissione
discipline di predisporre le conseguenti modifiche regolamentari.
Romagna-Toscana-Lazio 5. Campania-Abruzzo-Molise-Puglie-Lucania; 6. Calabria-Sicilia. Vennero
istituiti gli attuali quattro distretti: Valli Valdesi, Italia
settentrionale, Italia centrale,
Italia meridonale e Sicilia). Ad
esso vennero mantenute le funzioni di carattere amministrativo ed organizzativo relative alle chiese locali e venne invece
assegnata come responsabilità
specifica e nuova il controllo
sugli istituti operanti nel distretto.
Il tutto quindi funziona da
ben diciassette anni, eppure si ha
la sensazione che il funzionamento di questi organismi non
sia pienamente soddisfacente.
In modo particolare, è stato ricordato nel corso del dibattito,
il terzo distretto ha già da parecchio tempo fatto rilevare
difficoltà di funzionamento legate soprattutto all’impegno
che viene richiesto alle persone
che devono partecipare a molte
assemblee, in particolare nel
periiodo maggio-giugno, in cui
si relaziona sulle attività svolte durante l’anno ecclesiastico.
Ma si tratta di una incapacità
(o di una non volontà?) di far
funzionare ciò che potrebbe funzonare bene? Oppure ci troviamo di fronte ad una struttura
pensata con molta attenzione,
ma che ha in sé qualche difetto
per cui non è in grado di funzionare bene e di produrre ciò
che ci si aspetta? E’ una macchina perfetta che non sappia
mo far partire o è una macchina difettosa che non andrà mai
bene?
Questo sostanzialmente era
il dilemma a cui il Sinodo era
chiamato a rispondere. I lavori erano introdotti da due eccellenti studi che andavano sostanzialmente su linee opposte, perché rispondevano in maniera
diversa al quesito posto: la relazione della Commissione d’esame sull’operato della Tavola
e un’apposita commissione costituita dal Sinodo 1991 con il
compito di riferire (commissione ad referendum) a questa
sessione.
La Commissione d’esame ricostruiva, nella sua relazione al
Sinodo, le varie tappe della riflessione, a partire dal 1988,
quando la Tavola prima e la
Commissione d’esame poi avevano sollevato il problema della
mole di lavoro incombente sui
membri della Tavola e sul numero di assemblee di fine anno,
che si susseguono a ritmo serrato. Concludeva la sua analisi
e le sue riflessioni affermando:
« Il fatto che il decentramento
amministrativo non sia mai stato attuato non significa che esso non sia la soluzione giusta
ai nostri problemi... Ciò che in
questi anni è mancato è proprio
il decentramento amministrativo che costituiva uno dei presupposti del Patto di integrazione ». Dopo aver affermato che
« il decentramento amministrativo non si improvvisa » iden
tificava due linee su cui iniziare una sperimenazione di un
effettivo decentramento: un
reale trasferimento ai distretti
di fondi e mezzi da amministrare, indicando la gestione del
campo di lavoro e la gestione
degli stabili come banco di prova.
Ai circuiti la Commissione
d’esame propone di mantenere
le proprie competenze, sottolineando un maggior collegamento con la vita delle opere e degli istituti presenti nell’ambito
del circuito, ovviamente con considerazioni non di carattere
amministrativo, ma di sostegno
e collegamento con le chiese nell’opera di testimonianza.
La Commissione ad referendum, dopo aver anch’essa esaminato la storia recente della
questione, proponeva una soluzione sostanzialmente diversa:
un rafforzamento del circuito
da! punto di vista amministrativo che avrebbe assorbito buona parte delle attuali funzioni
dei distretti e mantenuto, ovviamente, quelle che oggi gli sono
proprie. Il distretto sarebbe invece trasformato in un’assemblea che riunisca le assemblee
di circuito, consentendo la comunicazione tra i vari circuiti
per la definizione e soluzione di
problemi comuni.
Di fronte a queste due ipotesi,
dopo Un dibattito assai ampio,
il Sinodo ha votato il seguente
ordine del giorno:
Bruno Bellion
Verso un maggiore equilibrio
Con una unanime approvazione dell’operato della Tavola, il
Sinodo ha potuto verificare che
gradualmente, e maggiormente
in quest’ultimo anno ecclesiastico, vi è stato un primo e positivo risultato della « campagna
delle 3 P » (contribuzioni personali, periodiche, proporzionali
al reddito).
Sono aumentate le contribuzioni medie dei singoli membri
di chiesa, contribuzioni che hanno evidenziato una maggiore attenzione al problema delle finanze per raggiungere alcune mete
concrete:
a - migliorare il trattamento
economico degli iscritti ai ruoli
della Tavola valdese
b - coprire le spese dell’amministrazione ordinaria
c - investire nel campo della
formazione dell’evangelizzazione
e dei mass media.
Lo scarto fra la copertura delle uscite di gestione delle chiese con le entrate (il cosiddetto
punto di equilibrio, è stato di solo 9,41 "'o, contro un 35,50% del
1985, ed il conto economico 1991
si chiude con un attivo di poco inferiore al mezzo milione.
La crisi economica che investe l’Italia si ripercuote anche
sulle attività della nostra chiesa
che, per svolgere i suoi compiti, ha necessità della solidarietà e comprensione di tutti i suoi
membri.
Gli appelli della Tavola valdese ad intensificare le contribuzioni non sempre hanno ottenuto risposte adeguate con rimesse di denaro alla cassa centrale, per far fronte alle aumentate spese di gestione con l’incognita delle entità fiscali sugli immobili. Senza adeguata copertura finanziaria non sarà possibile pensare ad una onorevole gestione delle molteplici attività
che ci vedono impegnati sul territorio italiano, soprattutto nel
campo della testimonianza e del
la solidarietà. Sarà inoltre giocoforza addivenire anche ad una
revisione totale dei contratti di
affìtto per gli inquilini degli immobili di proprietà della chiesa.
Le condizioni onerose dettate
dalle nuove leggi fiscali non consentono di protrarre situazioni
di privilegio, che penalizzano
fortemente tutto il sistema economico e contributivo.
Il Sinodo, con un ordine del
giorno, raccomanda alle chiese
valdesi, ove non lo avessero ancora fatto, di restituire tempestivamente le schede per il rilevamento dello stato del patrimonio immobiliare, onde permettere alla Tavola di aggiornare il proprio piano immobiliare
e presentarlo al prossimo Sinodo.
Inoltre il Sinodo raccomanda
alle chiese che ancora non lo
avessero fatto di rispondere al
questionario predisposto per l’indagine sulla « campagna per le
3 P » in modo che la Tavola possa curare l’elaborazione dei dati raccolti riferendone alle chiese nel corso del prossimo inverno.
Dai resoconti economici esposti in Sinodo è consolante verificare quanto gradualmente ci
stiamo staccando dalle mani caritatevoli di fratelli di chiese
estere: l’Unione delle chiese vaidesi e metodiste sarà sempre
più « italiana » via via che provvedsrà a tutte le sue esigenze
finanziarie con le sole proprie
disponibilità. Ma se vi arriverà,
lo dovrà soprattutto alla solidarietà di quei comitati esteri per
i quali il Sinodo ha ancora una
volta espresso un unanime ringraziamento psr il loro sostegno
all’opera di testimonianza e di
servizio delle nostre chiese.
Anche se sembra vicino il momento in cui potremmo accedere al finanziamento pubblico in
modo che amici e simpatizzanti
vorranno accordare alla Unione
FINANZE
delle chiese valdesi e metodiste
l’equivalente del loro otto per
mille dell’IRPEF, dovremo senza
indugio continuare a considerare le necessità della nostra chiesa come « cosa nostra », per indicare la misura del nostro amore e la capacità di risposta
per un servizio cristiano offerto
al nostro prossimo in piena libertà e s«iza contropartite.
Leonardo Casorio
Presentazione del piano
Il Sinodo sollecita la Tavola valdese e il Comitato permanente delrOPCEMI a presentare il piano di
cui all’art. 68/SI/91 al prossimo
Sinodo.
Campagna per le 3 P
Il Sinodo raccomanda alle chiese valdesi che non lo avessero ancora fatto di rispondere al questionario predisposto per l'indagine sulla « campagna per le 3 P »
in modo che la Tavola possa curare l'elaborazione dei dati raccolti riferendone alle chiese nel corso del prossimo inverno.
Schedatura
Il Sinodo raccomanda alle chiese
valdesi, ove non lo avessero ancora fatto, di restituire tempestivamente le schede per il rilevamento dello stato del patrimonio immobiliare, onde permettere alla Tavola di aggiornare ii proprio piano
immobiliare e preserrtarlo al prossimo Sinodo.
Grazie!
Il Sinodo ringrazia i Comitati
esteri per il loro sostegno all’opera di testimonianza e di servizio
della nostra chiesa.
Un intervento del past. Emidio
Campi.
Il Centro culturale valdese di
Torre Pellice ha iniziato a lavorare come fondazione, essendo
giunto nello scorso giugno il riconoscimento della Regione Piemonte, successivo aH’attc notarile che nel dicembre ’91 costituiva la fondazione stessa.
Viaggiano oggi a pieno regime le attività, dalla Biblioteca,
che vede il numero di frequentatori in costante crescita, al
Museo, anch’esso visitato da un
pubblico in aumento, e che gode ora di una sala audiovisivi
a fini didattici. Un’attività importante di convegni è stata
svolta in maniera « dislocata » a
Savona (su G. Miegge) e a Siena. Molti i progetti per un ulteriore sviluppo delle potenzialità del Centro.
Questa, come le altre attività
culturali, non ha potuto essere
presa in esame approfonditamente dalTassemblea sinodale
per il protrarsi delle altre discussioni.
Dalla relazione della Commissione d’esame e dagli ordini del
giorno approvati, si desume l’importanza dell’attività del Centro
culturale, la necessità di continuare l’elaborazione dello studio
per individuare un riassetto della struttura librerie e editrice
Claudiana (una commissione nominata dalla Tavola aveva già
iniziato a lavorarvi) e quella di
approfondire lo studio sull’attuale « Amico dei fanciulli ».
A questo proposito la Ced, riprendendo l’appello della relazione della Tavola, sottolinea
che T« Amico dei fanciulli » è
« l’unica pubblicazione che ci
siamo dati per raggiungere e
coinvolgere direttamente i bambini e le bambine nella vita delle chiese ». Un’esigenza, quindi,
irrinunciabile.
A. C.
Centro culturale
Il Sinodo si rallegra per la costituzione deiia Fondazione Centro
culturaie valdese di Torre Peliice;
esprime il pieno sostegno deile
chiese alle sorelle ed ai fratelli
impegnati in questa attività.
Claudiana
li Sinodo invita la Tavola, in coilaborazione con i Comitati ed
esperti dei settore, a proseguire
lo studio suila struttura organizzativa delia Claudiana (editrice e librerie); ad elaborare un progetto
dettagliato ed a predisporre uno
statuto da presentare ai la prossima sessione sinodale.
« L’amico dei fanciulli »
Il Sinodo dà riìandato alla Tavola di approfondire, in collaborazione con la redazione e con esperti
del settore, lo studio sul futuro
della rivista « L'amico dei fanciulli » e di presentarne I risultati alla prossima sessione sinodale.
15
4 settembre 1992
sinodo delle chiese valdesi e metodiste 15
SU PROPOSTA DEL CORPO PASTORALE, IL SINODO APPROVA
La nuova liturgia di consacrazione
L’elaborazione del nuovo testo era durata alcuni anni - Nella « Istruzione », chi presiede illustra il senso della
procedura che viene applicata, spiegando che ragion d’essere di tutta la chiesa di Cristo è I evangelizzazione
« L’insieme dei pastori — recita l’articolo 16
della Disciplina valdese — costituisce U corpo pastorale che è l’organo tecnico per formulare pareri teologici sugli argomenti che gli sono sottoposti (...) ».
L’articolo 31 dei Regolamenti organici (in sigla: RO.3/1979) dice: « Il corpo pastorale è formato dai pastori in servizio ordinario e straordinario, siano essi in attività di servizio, in missione od in emeritazione; tutti con voce e voto
(...) ». Tra i compiti istituzionali del corpo pastorale v’è quello di esaminare « le versioni della
Bibbia, i testi liturgici e catechetici ed i manuali
di istruzione religiosa » e di riferirne al Sinodo
(cfr. R0.3/1979/art. 32).
Il corpo pastorale, dunque, è un organo tecnico, non decisionale. Ogni decisione compete alla chiesa nel suo insieme, che trova nel Sinodo
la sua massima espressione.
Ecco perché i nuovi pastori, dopo essere sta^
ti esaminati dal corpo pastorale, vengono «con
sacrati » nel corso del Sinodo.
Quest’anno la consacrazione è avvenuta secondo una nuova liturgia, elaborata nel corso di
alcuni anni dai corpo pastorale e sottoposta finalmente all’approvazione di quest’ultima sessione sinodale, che l’ha adottata. Si compone di varie parti, tra cui una « istruzione » in cui chi presiede spiega il senso di ciò che si sta compiendo.
La liturgia attuale prevede due formule diverse. La prima insiste sulla predicazione: « Nella vostra predicazione la comunità dovrà cercare
e ascoltare la parola del Signore; ma voi dovete
accettare che la comunità controlli la vostra predicazione sulla base della Scrittura (...) ». La seconda su un patto reciproco: « A nome di questa
chiesa vi prometto il nostro aiuto (...). A nome
della comunità cristiana vi chiedo il vostro aiuto. Abbiamo bisogno del vostro servizio ^...) ». Due
impostazioni diverse, ma non antitetiche. Limiti di spazio ci consentono di riportare solo alcuni brani di questa liturgia.
DAL TESTO APPROVATO
Significato della consacrazione
La dogmatica protestante ha
usato diversi termini per esprimere questo concetto: benedictio, cheirothesia, commendatio,
comprobatio, confirmatio, consecratio, declaratio, decorum, electio, initiatio, installatio, institutum, introductio, mandatum,
missio, potestas, ritus, sacramentum, separatio, segregatio,
signum, testificatio, traditio,
translatio, vocatio.
Non sembra utile cercare ancora un altro termine. Più utile
intendersi sul senso di questo atto.
Con esso la chiesa riunita accoglie e riconosce i nuovi pastori, invocando su di loro la forza
dello Spirito. Tale atto avviene
nel quadro di un culto in cui
la chiesa si mette nel suo insieme al servizio del Signore. Nel
rispondere al Signore con la propria ubbidienza, la chiesa affida
a un proprio membro il particolare incarico della predicazione
dell’Evangelo, senza con questo
trasmettergli un carattere sacro.
Tale atto deve comprendere;
l’esplicito richiamo all'ordine con
cui il Signore ha chiamato la sua
chiesa alla predicazione e al servizio (ciò può avvenire mediante la citazione di determinati testi del Nuovo Testamento); la
chiamata (vocatio) rivolta al/la
candidato/a; l’indicazione dell’incarico (mandatum); l’impegno
del/la candidato/a; l’intercessione mediante l’imposizione delle
mani.
Presupposti dell’incarico sono:
l’adeguata preparazione del/la
candidato/a, debitamente attestata, e la sua completa disponibilità per il servizio a cui è chiamato/a.
Istruziono Promessa dei candidati
Cari fratelli e care sorelle,
Dio vuole che la sua Parola
sia annunciata a ogni generazione, fino alla fine dei tempi. Per
mezzo di essa, in principio, egli
ha creato ogni cosa, ha chiamato
Abramo e il suo popolo Israele,
ha parlato ai padri per mezzo
dei profeti e parla a noi mediante il suo Figlio Gesù Cristo, nel
quale la Parola è stata fatta carne. Con questa Parola, nella forza dello Spirito Santo, ha suscitato la chiesa, perché ne sia testimone e, annunciandola, evangelizzi il mondo.
Noi tutti, fratelli e sorelle, siamo stati chiamati a quest’opera
di evangelizzazione, che è la ragion d’essere della chiesa di Gesù Cristo.
Perché tutta la chiesa possa
svolgere il suo compito, il Signore chiama alcune persone a particolari servizi, nell’ambito di
una comune vocazione e responsabilità; voi avete bisogno di loro, esse hanno bisogno di voi.
RUOLO PASTORALE
Un solo status
Tutti i pastori saranno inseriti in un unico elenco del ruolo,
come stabilisce Todg.
Unica numerazione
Il Sinodo, tenuto conto del fatto che l'attuale disciplina dei ministeri, pur prevedendo diversi percorsi di preparazione pastorale
(R03 art. 6, art. 6 bis), stabilisce
un uguale accesso ed un uguale
status per tutti i pastori, autorizza una tenuta del ruolo dei pastori in attività di servizio che sostituisca alle attuali suddivisioni interne un riordino complessivo con
un'unica numerazione progressiva.
(i/le candidati/e via via si alzano)
X (Y,Z), ti invitiamo a confermare la tua decisione e a pronunciare le tue promesse alla
presenza del Signore e dinanzi
alla chiesa.
(il/la candidato/a legge la sua
dichiarazione, che può essere
quella prevista da questa liturgia o altra, che ne conservi tuttavia le linee essenziali).
In presenza di Dio, di fronte
alla sua chiesa, rispondo con
gioia e riconoscenza alla chiamata al ministero pastorale.
Prometto di voler annunciare
l'Evangelo rivelato nelle Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento. A questo Evangelo si
richiama la Confessione di fede
della nostra chiesa.
Prometto di avere come scopo della mia vita l’annuncio del
Regno di Dio nella chiesa e nella società, e in questo impegnerò le mie forze, secondo i doni
che ho ricevuto dal Signore.
Prometto di vivere nella co
munità dei credenti come pastore disponibile al servizio di tutti e di ognuno, nell’ascolto, nella
comprensione, nel consiglio, nella solidarietà, nella consolazione,
nella ricerca della concordia e
della pace. Mi impegno alla massima riservatezza su quanto mi
verrà confidato.
Perché la chiesa sia edificata,
e viva in vista della testimonianza e del servizio con l’apporto di
tutti, sarò attento al manifestarsi dei doni dello Spirito. In ogni
cosa prometto di non rinunciare
mai all’integrità delTEvangelo e
all’ubbidienza dovuta al Signore.
Questo io prometto a Dio e
davanti a voi.
Consapevole dei miei limiti e
della mia fragilità, chiedo l’aiuto costante della vostra preghiera.
Mi dia lo Spirito del Signore
di essere un servitore fedele.
Amen.
(Fassemblea si alza in piedi
per il canto dell’inno; dopo l’inno i/le candidati/e si inginocchiano).
L’imposizione delle mani all’atto della consacrazione.
L’imposizione delle mani
I consacrandi si avviano con il predicatore in corteo.
Poiché è la chiesa tutta che
riconosce i doni particolari dei
suoi ministri, li conferma nella
loro vocazione e li costituisce
suoi pastori, invito l’assemblea
ad associarsi a me nell’imposizione delle mani.
(l’assemblea tutta si associa
neU'imposizione delle mani; chi
presiede si avvicina a ciascun/a
candidato/a e imponendo le mani dice:)
a) X, riconoscendo in te il dono che hai ricevuto da Dio, ti
costituiamo ministro della Parola [variante: pastore] nella chiesa di Gesù Cristo.
Ti affidiamo il mandato di annunciare la Parola nella predicazione, nell’amministrazione del
battesimo e della cena del Signore, nell’insegnamento, nella cura
d’anime.
Dio, nostro Padre, ti preghiamo nel nome del Signore Gesù
Cristo, dona il tuo Spirito al nostro fratello (alla nostra sorella)
e conferma tu stesso il mandato
che gli (le) abbiamo affidato.
Amen.
b) (Liturgia valdese 1894)
In nome del Padre, del Figlio
e dello Spirito Santo, noi imponiamo le mani a te, N. N., e ti
stabiliamo quale ministro di Gesù Cristo nella nostra Chiesa. Ti
riconosciamo il diritto
[variante proposta dalla Commissione: Ti affidiamo il mandato]
di predicare la Parola di Dio,
di istmire i catecumeni, di amministrare il battesimo e la santa cena, di benedire i matrimoni, di esercitare la disciplina, e
di adempiere in una parola tutte le funzioni del ministro di Cristo.
Ti riempia Iddio dei suoi doni, e ratifichi in cielo quello che
abbiam fatto in terra. Amen.
c) (Rituale della Chiesa Cristiana evangelica metodista, s.d.)
Eterno Iddio e Padre nostro,
noi ti lodiamo per il tuo infinito e misericordioso amore verso di noi, per il tuo Figliolo
unigenito Gesù Cristo, nostro Signore, per lo Spirito tuo Santo
che ci illumina e ci santifica.
Ti ringraziamo perché questo
nostro fratello ha manifestato
la sua ferma decisione di dedicare la sua vita al ministero
della Parola; ti preghiamo di
benedirlo e di concedergli la tua
grazia, così che possa proclamare fedelmente l’Evangelo del Regno e, nel nome di Gesù Cristo
il supremo Pastore e vescovo
delle anime nostre, pascere il
gregge che vorrai affidare alle
sue cure.
Infondi in lui lo Spirito tuo
Santo che lo arricchisca dei suoi
doni nel compimento dell’opera
alla quale lo hai chiamato.
Alla gloria del tuo nome. Amen.
(il nuovo ministro si alza; chi
presiede, stringendogli la mano,
gli dice:)
Nostro fratello (nostra sorella),
e ora anche compagno(a) nelTopcra del Signore, dandoti la
mano noi ti accogliamo e ti diciamo con l’apostolo: « Bada ai
servizio che hai ricevuto
gnore per compierlo bene » (Col.
4, 17)!
(allo stesso modo si procede
per gli/le altri/e candidati/e).
Il Sinodo approva la liturgia di
consacrazione al ministero pastorale.
16
l6 sinodo delle chiese valdesi e metodiste
4 settembre 1992
________________LA DISCUSSIONE SULL’EVANGELIZZAZIONE
Tre progetti per le chiese
Un impegno che deve coinvolgere tutti i membri delle nostre chiese - Schede, corso biblico per corrispondenza e un... originale poster
Il Coordinamento delle commissioni per l’evangelizzazione
ha presentato al Sinodo i progetti elaborati in quest’anno di
lavoro, allo scopo di fornire degli strumenti alle comunità p>er
l’evangelizzazione. Sono infatti
le comunità, le donne e gli uomini delle nostre chiese, ad essere chiamate ad evangelizzare
e testimoniare la loro fede in
Gesù Cristo nella realtà di oggi.
Questa vocazione di tutti i credenti non può certo essere limitata ad una commissione: per
questo il coordinamento i>er
l'evangelizzazione vuole offrire
alle comunità degli strumenti.
Il primo, già distribuito alle
chiese al momento delle ultime
Conferenze distrettuali, consiste
in schede che trattano in modo
chiaro alcuni temi interessanti
per chi vuole evangelizzare e
mettersi in dialogo con le persone, potendo rispondere ad al
cune questioni ricorrenti. I titoli delle schede finora sono:
Ecco un’idea. Cosa credono i
protestanti. Le divisioni nel mondo protestante, I testimoni di
Geova, Una comunità che evangelizza, Protestanti e cattolici a
confronto. Parlare della propria
fede.
Un fatto importante è che si
tratta di una serie aperta ad
altri temi che le chiese potranno proporre; anzi, le comunità
sono invitate a farlo ed a scambiare idee ed esperienze con le
commissioni dei distretti.
Un secondo prog;etto è realizzare un corso biblico per corrispondenza che possa essere usato dalle chiese per divulgare la
conoscenza della Bibbia e per
far nascere dei nuovi contatti
con deile parsone in modo graduale, non invadente. Dopo aver
seguito Un corso per corrispondenza è frequente infatti che
le persone cerchino spontaneamente una comunità evangelica
vicina per prendere dei contatti.
Le informazioni sul corso per
corrispondenza saranno comunicate anche tramite il notiziario
del culto radio, a cui sono giunte molte richieste.
Un manifesto sull’evangelizzazione è la terza proposta realizzata dal coordinamento ed ha
lo scopo di sensibilizzare le
chiese sul tema dell’evangelizzazione. E’ stato distribuito al
Sinodo e dovrebbe essere affisso in tutte le nostre chiese. L’immagine del manifesto è il « logo » che si è dato il ooordinamanto: dite disoepoli-discepole
che si abbracciano e si sostengono mentre portano l’annuncio
della croce, su un’onda in movimento che rappresenta il movimento del rapporto dell’annuncio dell’Evangelo nella vita e nel
mondo.
EMERITAZIONI
Il Sinodo dice grazie
A Irene Wigley
Difficile definire la nazionalità
di Irene Wigley: italiana o inglese? Nasce nel ’22 a Milano, dove il padre lavora come ingegnere alla Breda (passerà poi alla
Pirelli), la madre è una valdese
della « vieille roche », essendo figlia di Augusto Meille. In casa
Irene parla inglese, a scuola italiano. Ma ancora più difficile è
definire la denominazione. La famiglia rappresenta un esempio
di integrazione ante litteram: il
padre è metodista, la madre valdese. Ma le cose non finiscono
qui: il bisnonno paterno era un
inglese convinto che il Regno
Unito dovesse tornare ad essere
cattolico. Apprezzato architetto
costruì per il papa la bella chiesa di S. Alfonso (vicina a S. Maria Maggiore) in Roma. Senonché il figlio, Raphael Patrick Wigley, divenne protestante, partecipando attivamente al movimento delle Chiese libere.
II fascismo rese difficile la vita della famiglia Wigley che, poco prima dello scoppio della II
guerra mondiale, preferì rifugiarsi in Inghilterra. E fu così che
Irene, battezzata in chiesa valdese, fu confermata in chiesa metodista. Studia ad Oxford, dove
si laurea in lettere classiche e,
per alcuni anni, si dedica all’insegnamento. E’ in questo periodo che matura la sua fede e il
desiderio di tornare in Italia per
essere utile alla causa dell’Evangelo. Si stabilisce a Firenze, dove insegna all’Istituto britannico. Qui conosce Carlo Gay e poi
Agape. Entra a far parte del gruppo che, con Vinay, deciderà di
fondare il Servizio cristiano di
Riesi. A Riesi vive tutta la vicenda del Servizio cristiano come responsabile delle scuole.
Dall’85 lavora ad Agrigento come pastore straordinario.
A suor Dina
Costantino
A Marceila Gay
Marcella Gay, anni fa membro della Tavola, è ora in emeritazione,
ma continua l’attività dell’insegnamento.
Il cognome giusto sarebbe Costantin; ma l’impiegato dell’anagrafe probabilmente si sbagliò.
Suor Dina è nata nel ’21 al
Saret di San Germano Chisone.
Ha maturato la sua vocazione
per la limpida testimonianza dei
genitori sulla bellezza e la verità del servizio. Appena terminata la guerra, nel ’46, entra alla
Casa delle diaconesse; viene inviata a Si. Loup (CH) dove frequenta la scuola per inferirne-'
re. Dal ’50 al ’.55 lavora presso
l’ospedale valdese di Torino.
Poi, dal '55 al '57 presta la sua
opera al Rifugio C. Alberto. In
seguito, fino al ’66 lavora all’ospedale di Torre Pellice.
In quel periodo le viene rivolta vocazione per andare all'ospedale evangelico di Ponticelli; ma
difficoltà insorte glielo impediscono. Dal ’71 assume la direzione della Casa delle diaconesse, fino a tutto il ’91, svolgendo
un ministero benedetto a servizio degli anziani.
Riconoscenza
Il Sinodo esprime la riconoscenza delle chiese a suor Dina Costantino per il suo lungo servizio
nelle opere ed alla direzione della Casa delle diaconesse.
La giornata del venerdì prevede la seduta « no-stop » dedicata alle
votazioni a scrutinio segreto.
Elezioni
TAVOLA VALDESE
La Tavola valdese è stata eletta nelle persone di: Franco Gìampicooli, moderatore; Gianna Sciclone, vicemoderatore; Sergio Ribet, Aurelio Sbaffi, Gian Paolo Ricco.
Maddalena Giovenale, Marco Rostan, membri.
COMITATO PERMANENTE OPCEMI
Il Comitato permanente deirOPCEMI è stato eletto nelle persone di: Claudio H. MartellL presidente; Luca Zarotti, Mirella Scorsonelli, Maria Grazia Sbaffi Palazzine,
membri.
CONSIGLIO DELLA FACOLTA’
Il Consiglio della Facoltà di teologia è stato eletto nelle persone di: Paolo Ricca, decano; Eugenio Rivoir, Silvana Nitti, Leda Rocca, Emanuele Fiume, membri.
CIOV
La CIOV è stata eletta nelle persone di: Paolo Ribet,
presidente; Mario Campagnolo, Bruno Bellion, Paolo
Godine, Ulrico Scroppo, Franco Rivoira, Marco Tullio
Fiorio, membri.
COLLEGIO VALDESE
Il Comitato del Collegio valdese è stato eletto nelle
persone di: Lucetta Geymonat, Alberto Peyrot, Sergpo
Malan, Giovanni Pons, Elena Pontet, Danilo Mourglia,
Giorgio Tourn.
COMMISSIONI D’ESAME
La Commissione d’esame sull’operato della Tavola, delrOPCEMI e del Consiglio della Facoltà per il Sinodo
1993 è stata eletta nelle persone di: Claudio Tron, relatore; Luciano Deodato, Bruno Mathieu, Jobn Hobbins.
Supplenti: Giovanni Carrari, Daniela Di Carlo, Luciano
Rivoira, Christian Gysin.
La Commissione d’esame sull’operato della CIOV per
il Sinodo 1993 è stata eletta nelle persone di: Vittoria
Galli, relatrice; Ruggero Marchetti, Francesca Cozzi, Roberta Peyrot, membri. Supplenti; Paolo Gay,- Silvano
Pons.
PRESIDENTE
Il presidente designato per la prossima sessione sinodale è Claudio Pasquet.
PREDICATORE D’UFFICIO
Il seggio ha designato come predicatore d’ufficio il pastore Bruno Bellion (supplente il past. Bruno Tron).
Bene arrivati!
Nel corso del culto inaugurale il Sinodo ha salutato alcuni pastori provenienti da altri paesi che stanno per incominciare a lavorare (o hanno già cominciato, anche da un anno) nelle nostre
chiese ed opere. In questa foto ne abbiamo riuniti quattro: da sin.
Thomas Elser, Thomas Josi, John Bremner e Nigel Williams.
17
4 settembre 1992
fede e cultura 17
L’ESILIO PER MOTIVI DI FEDE
IL CONVEGNO DI SIENA
450 anni fa
Nel 1542 il Santo Uffizio iniziò la repressione dei seguaci italiani della Riforma - Trovarono asilo a Ginevra e nelle città svizzere
L’anno 1992 è decisamente ricco di celebrazioni: si ricordano
i cinquecento anni della scoperta dell’America, della morte di
Lorenzo il Magnifico e di Piero
della Francesca. Sarebbe davv&
ro un peccato se tra tanto rigoglio di iniziative si dimenticasse una ricorrenza certo più modesta, ma non priva di significato e ricca di conseguenze per
la storia d’Italia, della Svizzera
e dell’Europa. Quattrocentocinquant’anni fa cominciarono a
giungere sul territorio della Confederazione e della repubblica
di Ginevra i primi italiani esuli
per motivi di fede.
Contrariamente a quante si è
soliti pensare, l’Italia del primo
Cinquecento non fu esclusa dalle idee di riforma religiosa che
fermentavano in Europa. Anche
al sud delle Alpi il messaggio
della Riforma ebbe udienza e
trovò seguaci in tutti gli strati
della popolazione. Per arrestarne la penetrazione e riconquistare le posizioni perdute fu riorganizzato nel luglio del 1542 il
Santo Offizio dell’Inquisizione,
che dalla centrale romana dires
se una controffensiva di inaudita violenza. Al sentore delle prime avvisaglie repressive, si registrò in forma massiccia un fenomeno ricorrente nella storia
d’Italia; l’emigrazione, la fuga
delle coscienze e delle intelligenze, che non si piegano alla violenza. Almeno altre due volte
l’Italia conoscerà questo dramma: durante il Risorgimento e
negli anni del fascismo.
Tra i primi a lasciare la penisola fu l’agostiniano fiorentino
Pier Martire Vermigli. Minacciato dall’Inquisizione, fuggì all’estero e trovò asilo e ampia
stima come dottore in Sacra
Scrittura nelle Università di
Strasburgo, Oxford e Zurigo, dove morì nel 1562. Anche il senese Bernardino Ochino, generale
dei cappuccini ed eccellente predicatore, fu costretto nell’estate
del 1542 a rifugiarsi a Ginevra
e, dopo varie peregrinazioni,
servì la Chiesa evangelica di lingua italiana di Zurigo. Si contano a centinaia le famiglie che
da Lucca, Modena, Ferrara, Venezia, Napoli migrarono con destinazione Ginevra, Basilea, Zu
rigo, dove si inserirono armoniosamente nelle chiese locali.
Altri, i cosiddetti « eretici », ebbero un’esistenza travagliata anche nell’esilio. Non condividevano l’ortodossia delle chiese protestanti e andarono vagando per
l’Europa portando con sé le loro inquietudini. Tutto questo ci
permette di parlare della Riforma italiana come della « Riforma dei rifugiati ».
Ciò che ad occhi umani sembrava una disfatta irreparabile
si trasformò in un contributo
originale e fecondo alla vita ecclesiastica ed intellettuale dell’Europa. Da quegli esuli per la
fede giunse un contributo decisivo per costruire con metodo
rigoroso un sistema teologico.
Da essi parti altresì una richiesta di tolleranza religiosa, che
preannunciava il principio di libertà di coscienza. Con la loro
fede incrollabile contribuirono a
far nascere un’età nuova: un’età
arridente di promesse e gravata
di amarezze, come sempre è
ogni età della storia per la comunità dei credenti.
Emidio Campi
Prosegue con Creazione e caduta ' la traduzione italiana (parziale) dell’edizione critica delle
opere di Bonhoeffer. Come gli
altri volumi della serie, anche
questo comprende il testo critico (accompagnato, cioè, dalle
varianti, tratte soprattutto dagli
appunti degli uditori del corso
universitario da cui il libro è
tratto), una premessa relativa
alla genesi e allo stato del testo,
un saggio critico sull’opera,
l'elenco della letteratura utilizzata da Bonhoeffer e delle opere
su questo libro, gli indici (dei
passi biblici, delle persone e
analitico).
Tra le possibili chiavi di lettura di questo piccolo libro, vale la pena evidenziarne tre, dettale dal contesto teologico del
tempo che lo ha visto nascere
(1935, l’anno dell’ascesa al potere di Hitler e dell’acuirsi della
lotta contro i cristiano-tedeschi,
fautori di un’interpretazione
« nazificata » del cristianesirno),
ma anche cariche di attualità.
1) Bonhoeffer sceglie di interpretare i primi tre ca,pitoli delVAntico Testamento, delle Scritture di Israele, e li interpreta
a partire da Cristo. Contro il
suo maestro Adolf von Hamack,
che sosteneva la necessità di togliere TAntico Testamento dal
canone cristiano, e contro i cristiano-tedeschi, fautori della medesima tesi, seppur motivata a
un livello culturale infinitamente inferiore, Bonhoeffer sostiene con forza il carattere decisivo delle Scritture di Israele per
la fede cristiana, e lo fa sottolineando il Cristo come Tunica
chiave che permette di dischiuderle. In tempi di rilancio (o.
Semplicemente, di lancio) del
dialogo ebraico-cristiano, centralità dell’Antico Testamento e legittimità di una sua interpretazione radicalmente centrata su
Cristo sono temi cruciali.
2) Nel sottotitolo, il libro è
presentato come « Esegesi teologica di Genesi 1-3 »; all’inizio
degli anni Trenta, parlare di
esegesi teologica significa associarsi al programma iniziato da
Karl Barth con le due edizioni
(1919 e 1922) del suo commentario all’epistola ai Romani: lettura teologica della Scrittura è
quella che non si ferma al testo
come documento storico, ma è
interessata anzitutto all’« oggetto » Hedesco; Sache) del testo.
Protestantesimo
e modernità
Un ”coor(dinamento” terrà i collegamenti fra
gli insegnanti protestanti del nostro paese
L’EDIZIONE ITALIANA DELLE OPERE DI BONHOEFFER
Creazione e caduta
Prosegue l’opera di traduzione sulla base dell’edizione critica Molti gli spunti importanti per la ricerca di un’etica teologica
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cioè alla parola di Dio in senso stretto. Già rifiutata come
non scientifica dai rappresentanti della critica biblica del tempo,
l’esegesi « teologica » rimane una
sfida per una teologia cristiana,
e in particolare evangelica, che,
molto francamente e senza mettere l’espressione tra virgolette,
intenda parlare della Bibbia come parola di Dio: e questo indipendentemente dalla valutazione di merito sulla pertinenza
delle scelte esegetiche di Bonhoeffer o, rispettivamente, di
Barth.
3) Già nel 1933 Bonhoeffer
pensa alla sua Etica, che il
drammatico evolversi degli avvenimenti gli impedirà di completare, e vede con chiarezza il
pericolo di una morale, proposta da certo luteranesimo, fondata su pretesi « ordinamenti
della creazione », da riconoscere, in ultima analisi, nella loro
fissità, come espressione della
volontà di Dio. A questa impostazione Bonhoeffer oppone,
nella sua lettura della vicenda
della creazione e del peccato,
una visione delTuomo che parte dalla nuova creazione manifestata in Cristo; solo di qui
è possibile guardare al mondo
come « creazione », e non semplice dato naturale. Anche in
questo caso una miniera di
spunti, tutti da elaborare, per
una chiesa evangelica alla ricerca di un'etica teologica, necessariamente alternativa rispetto alle due proposte che oggi
sono sul tappeto: quella « laica »
di un'etica senza verità (l’espressione è del filosofo del diritto
U. Scarpelli), basata sul (mero)
consenso; e quella cattolico-r<>
mana che, in buona sostanza, ripropone il carattere iinmediatamente normativo di ciò che il
magistero ritiene essere il dato
naturale.
Fulvio Ferrarlo
Nell’ultima calda settimana di
luglio, a Siena, si sono riuniti insegnanti europei dei paesi di lingua latina per discutere sull'identità protestante da proporre in
questa Europa senza frontiere.
La cinquantina di non italiani
presenti erano membri della Fédération protestante de l’enseignement, che ha tenuto anche
la sua assemblea annuale. Il congresso però è stato realizzato da
un gruppo di lavoro costituito da
Roberto Eynard, quale coordinatore, Bruna Peyrot, del Centro
culturale valdese, Giovanna Pons,
pastora della Chiesa valdese di
Siena che ha curato la parte logistica, Elio Canale, del Collegio
valdese.
Gli italiani invece vi partecipavano a titolo personale essendo
privi di un’organizzazione, da
quando TAICE è stata sciolta e
il coordinamento e aggiornamento degli insegnanti evangelici è
stato affidato al Servizio istruzione educazione (SIE) della Federazione delle chiese. Per questo
i presenti hanno convenuto di incaricare gli organizzatori di costituirsi in « coordinamento »
allo scopo di progettare un incontro annuale per capire e definire linee di azione per rafforzare il nostro operare individuale,
cioè capire il proprio ruolo di
protestanti dove si lavora, quali
sono i punti fondamentali e qualificanti di una formazione protestante, ripensare la storia della
pedagogia protestante. Gli apporti del congresso potranno essere
un’utile base di riflessione, poiché hanno puntato a definire _i
processi di ricerca di un'identità nel momento del confronto
fra diverse culture.
Bruna Peyrot ha tratteggiato il
ruolo della memoria nella formazione dell’identità, Roberto Ey
nard ha spiegato in termini operativi come si procede all’integrazione interculturale con una
pedagogia della differenza.
I dibattiti hanno risentito della differente situazione tra la
Francia, in cui la formazione di
qualsiasi livello è fortemente laicizzata, e gli altri paesi, in particolare quelli a preponderanza
cattolica come Italia, Portogallo,
Belgio in cui i protestanti devono proporre una visione laica a
discapito della propria identità
di credenti. Ora si sta riproponendo la questione del recupero
di tale identità senza rinunciare
ai principi laici.
Un momento forte del congresso è stata la tavola rotonda pubblica su « Protestantesimo e
modernità » in cui Jean Baubérot, Eric Fuchs e Giorgio Tourn
hanno ridefinito il ruolo dell etica protestante in questo momento. Rimarchevole la partecipazione di pubblico, tra cui anche
autorevoli rappresentanti della
curia senese. , .
La cornice colta che Siena offriva, basti pensare alla sessione
estiva dell’Accademia Chigiana, è
stata goduta dai partecipanti grazie al doti. Marco Baglioni, della
Chiesa valdese locale, e al Circolo
Rosselli che hanno curato la parte turistica, con la visita di S.
Gimignano e il ricevimento m Comune dell’assessore alTIstruzi<>
ne con visita guidata del prestigioso Palazzo comunale.
I lavori sono stati chiusi con la
conferenza pubblica di Andrea
Mannucci sulle « Scuole protestanti in Toscana », in cui è stato
indicato il successo di penetrazione culturale nell’Italia postrisorgimentale tramite Tisitruzione scolastica.
F.lin Canale
SEGNALAZIONE
Un giorno
dice all’altro
Una serie di poesie che porigono domande sulle « ragioni del mondo » - La fede oltre il dolore
' D. BONHOEFFER, Creazione e caduta. Ed. critica tedesca a cura di
M. RUETER e I. TOEDT, tr. it. di. M. C.
LAURENZI. Opere di D. Bonhoeffer,
voi. 3. Brescia, Queriniana, 1992, pp.
186, L. 28.000.
La raccolta di poesie (« d’amore e no », come recita il sottotitolo) di Paolo Fabbri reca Tintroduzione di Giorgio Bàrberi
Squarotti, docente di letteratura
italiana presso l’Università di
Torino, che, di per sé, già costituisce un’autorevole e positiva
recensione. Prenderò quindi
spunto da questa introduzione
per presentare il volumetto ai
lettori del nostro giornale.
Bàrberi Squarotti definisce la
poesia di Fabbri « una manifestazione d’anima » che si raccoglie
attorno ai temi dell’amore, del
dolore e delle domande spnpre
ricorrenti « sulle ragioni del
mondo »; ne evidenzia la semplicità del discorso e la rigorosa ricerca di senso; ne individua
infine i momenti migliori nelTossein^azione delle bellezze della natura e delle opere delTuomo e nell’evocazione di figure
ed esperienze appartenenti al
passato del poeta.
Personalmente faccio mia la
valutazione del docente torinese,
pur permettendomi qualche osservazione dal punto di vista
formale nelTesame dei singoli
componimenti. Non sempre ini
persuade l’inserimento della rima (come in « Riandare ») o
l’uso degli « a capo » (vedi in
« Teresa » e « Quel giorno », che
sono peraltro tra le poesie più
apprezzabili) e osservo in alcuni
casi l’impiego di termini che appesantiscono la liricità del contesto (come la parola « ripieni »
nella suggestiva inquadratura di
« Lassù »).
Si tratta tuttavia di particolari che non intaccano la sostanziale poeticità dell’opera del
Fabbri, che si rivela a noi in un
linguaggio piano, privo di artificiosi ermetismi, «portata dal
vento diafano dell’inverno, come
una foglia secca di bosco... ».
Infine, per dei credenti, è
consolante leggere versi che lasciano trasparire tra le fonti di
ispirazione l’amore esteso all’umanità, l’impegno come categoria dell’esistenza, la speranza
e la fede oltre il dolore.
Mirella Argentieri Bein
' PAOLO FABBRI, Un giorno dico
ail'altro... Nardini Editore, L. 18.000.
18
18 vita delle chiese
4 settembre 1992
22 GIUGNO-15 LUGLIO:
Là dove i predicatori itineranti
________GLI OBIETTIVI DEL VIAGGIO
In America
«coast to coast»
Tracciare un diario di viaggio per descrivere l’esperienza deUa spedizione in America « coast to coast » tra ü
22 giugno e U 15 luglio scorso del gruppo di 50 membri
delle nostre chiese metodiste
è un’impresa impossibile alla quale rinuncio immediatamente. Mi limiterò a qualche
appunto, a qualche ricordo,
a qualche provvisoria conclusione.
Prima di tutto com’è nato
questo viaggio e perché. Esso fa se^to a una precedente esperienza del 1990 che ha
visto un bel gruppo di membri delle nostre chiese e
qualche simpatizzante alla riscoperta dei luoghi storici del
metodismo, nel Regno unito,
sulle tracce di John e Charles
Wesley, di Georg Withefleld,
di Flatcher, di Asbury e di
Coke. Ma il metodismo, sebbene nato in Inghilterra, si
diffuse fin dall’inizio nei territori che allora costituivano
l’immenso Impero britannico
e, tra essi, ovviamente in
quelle colonie nordamericane che successivamente sarebbero divenute gli Stati
Uniti d’America. La storia di
questo grande paese è così
strettamente legata al metodismo che alcuni storici non
esitano a dichiarare, specialmente per ciò che riguarda
la conquista del West e la
lunga e dura lotta di emancipazione del popolo afroamericano, che non è proprio possibile comprendere
tali momenti se non si studia cosa fu l’epopea metodista dei predicatori itineranti
a cavallo, i famosi « Circuit
readers », e il loro annuncio
dei Vangelo alle genti delia
frontiera. Sotto un monumento dedicato ad uno di loro si può oggi leggere: « Da
oltre 250 anni il metodismo
annuncia in questa terra la
libertà e la giustizia ».
Così, uno degli obiettivi del
nostro viagpo è stato quello
di cercar di capire e di leggere il metodismo americano
non solo nella sua storia di
ieri ma nella sua realtà odierna. *
Il secondo obiettivo era
quello di riuscire ad avere
un’idea, anche minima, degli
Stati Uniti verificando in loco ciò che ci viene offerto a
piene mani dai mass media,
quelli amici e quelli decisamente nemici degli USA.
Credo che, pur con tutti i
limiti oggettivi del caso, ambedue gli obiettivi siano stati raggiunti.
Durante le tre settimane,
spostandoci in aereo e in
pullman da est verso sud,
verso ovest, verso nord e ancora verso la costa dell’Atlantico, abbiamo incontrato realtà assai diverse e significative e tali, in ogni caso, da arricchirci culturalmente e spiritualmente.
Abbiamo cantato con i neri di Memphis e pregato con
gli indiani del Mississippi. Slamo stati nei sobborghi di
Washington, la più violenta e
disperata metropoli americana, nelle eleganti cittadine e
nelle chiese borghesi della
Virginia, nelle strade convulse e piene di vita di Manhattan, nella signorile quiete di
Philadelphia, nello splendore
della natura del Grand Canyon e del parco di Yosemite.
Forse il più chiaro esempio
di quanto, oggi come sempre,
l’America sia il paese dei
grandi contrasti lo abbiamo
ricevuto a San Francisco
quando, negli stessi giorni,
siamo stati ospiti coccolati di
due chiese contemporaneamente. La prima era una
chiesa ricchissima (grandi vetrate su un lago, splendidi
mosaici di TMfany), la seconda una poverissima in un
sobborgo nero di Oakland.
Abbiamo preso parte a culti molto intensi, movimentati
e vivi. Chiese piene di luce,
di fiori, accoglienti anche nelle persone. Chiese dove si
prega con intensità, dove si
canta come noi non sappiamo più fare, dove la Santa
Cena viene data con il pane
o con l’ostia (che resta sempre pane) da pastori in toga
bianca e stole ma che, nella
sostanza della loro fede e della loro teologia, sono assai
più vicine a noi di quanto si
possa pensare dalle apparenze. E ben se ne sono resi conto i partecipanti al viaggio
neli’intervista che hanno potuto fare coralmente al vescovo metodista (nero) della
California, Talbott, che è venuto ad incontrarci a San
Francisco. E forse ce ne siamo resi conto anche al Wesley Seminary di Washington,
uno dei più prestigiosi centri teologici americani dove
certo non si legge l’Evangelo con spirito conservatore.
Siamo rimasti colpiti dal
dono dell’ospitalità che queste chiese esercitano e non
soio verso i « turisti » come
noi, ma anche dall’impegno di
tanti «santuari» dove trovano
rifugio e solidarietà i più poveri e diseredati abitanti di
questa bellissima e ricca terra così crudele.
Un’esperienza ricca anche
perché siamo stati una comunità che viaggia, che guarda,
che impara, che ascolta e che
testimonia a chi ci accoglie,
assieme alla sua diversità, anche tutto ciò che ci unisce a
questi fratelli e sorelle e che
fa di noi quell’unico popolo
chiamato metodista.
Luci ed ombre, fuori e dentro le chiese. Una tensione
forte spesso mascherata dal
sorriso, dalla battuta di spirito.
Anche noi abbiamo pregato e cantato, alla nostra maniera, e ci siamo accorti che
la nostra diversità era intesa
dai nostri ospiti come ricchezza.
Per molti di noi questo
viaggio, queste persone, questi scenari immensi di pianura, di fiumi, di cieli e di montagne (ma come è grande
l’America!), queste grandi e
piccole chiese resteranno per
sempre nel cuore.
Ca siamo resi conto che anche se siamo così pochi in
Italia (e non solo noi metodisti) apparteniamo pur sempre ad una grande chiesa. Impegnata, ricca di storia e di
testimonianza, ecumenica e
aperta a gente di ogni colore, lingua, cultura e tradizione.
Claudio H. Martelli
UNO STIMOLO PER RIFLETTERE NELLE NOSTRE CHIESE
I culti: un'esperienza
comunitaria
Un incontro (di fratelli e sorelle tra loro e con il loro Signore Una « coralità » che interagisce sempre con le parole (del conduttore
Non sono mancate le sorprese, durante il viaggio negli Stati Uniti, nei momenti di culto e
di incontro con le comunità.
Chiese grandi e belle, luminose
e curate nei dettagli architettonici e nell’arredamento; vivace e
variata la conduzione del culto,
quella che siamo soliti chiamare la « liturgia »; grande attenzione per il momento di aggregazione, o comunitario.
A Memphis e a Winchester in
Virginia, a Las Vegas, a San
Francisco e a Poughkeepsie, nello stato di New York, abbiamo
partecipato al culto in chiese
metodiste, che ci hanno accolto
con fraternità e interesse; non
diversa del resto sarebbe stata
la nostra impressione se fossimo stati accolti da chiese di altra denominazione. Nel complesso abbiamo sentito un certo contrasto con i nostri culti che (fatte le debite eccezioni) ci sono
sembrati al confronto insieme
un po’ sciatti e im po’ troppo
formalistici: poco dialoganti, poco vivaci.
Ecco le chiese. Più grandi o
più piccole, sembrano tutte nuove: ovvero, rinnovate da poco
tempo. Questo vale per i banchi e l’organo e il podio (come
chiamare quella tribuna soprelevata dalla quale si conduce il
culto?); per le vetrate colorate
(immagini?) e le banners, i
drappi o insegne con motivi simbolici; per i fiori, le candele e
la toga bianca dei pastori, con
una stola colorata. Come per
tutta la realtà statunitense, anche nelle chiese si sentiva che
mancava il peso della tradizione e del « si-è-fatto-sempre-cosi ».
Accanto alle chiese abbiamo
sempre trovato ampi locali per
le attività comunitarie e educative. Era una delle chiese meno
ricche quella della comunità nera di San Francisco-Oakland,
ma non vi sono state difficoltà
di spazio e attrezzature per improvvisare una cena italiana per
più di cento persone.
Sono chiese ricche? Come tutti sanno, le chiese cristiane ne
gli Stati Uniti non ricevono dallo stato nessun tipo di sussidio,
diretto o indiretto, a parte la
detrazione fiscale per le contribuzioni, che serve da incentivo'.
Ma la tradizione del dono è diversa. In una situazione economica paragonabile a quella delle nostre chiese di città, le contribuzioni sono più alte delle
nostre e non pochi danno la decima. Le contribuzioni dei membri di chiesa (e quello che è
stato accumulato dai doni delle generazioni passate) vengono
poi amministrate con oculatezza
e trasparenza feroci, da parte di
esperti in materia finanziaria e
di investimenti. Senza complessi. I risultati si vedono.
E il culto? Non possiamo dire che in genere i sermoni ci
abbiano impressionato, anche se
probabilmente, per orecchie americane, neppure la nostra predicazione dovrebbe apparire impressionante. Ma il sermone non
era tutto il culto (era anche
breve). Il culto è un incontro
comunitario, dei membri di
chiesa fra loro e con il Signore; un incontro che è diretto da
La celebre Riverside Church con a fianco il palazzo Unter Church
dove hanno sede anche gli uffici del General Board of Global
Ministries della Chiesa metodista unita a Manhattan. (Veduta dal
fiume Hudson)
un presidente-presentatore (che
può non coincidere con il pastore), il quale guida e introduce i diversi momenti, dà il benvenuto ai nuovi e un saluto agli
assenti. La comunità partecipa
non solo perché recita le risposte fisse (come fino a qualche
anno fa si faceva ancora nelle
chiese metodiste con la lettura
alternata del salmo), ma perché
reagisce in vario modo alle parole del conduttore e al coro
(anche con gli applausi), indica
le intenzioni di preghiera, viene
avanti per avvisi o informazioni particolari. Inoltre sono molti i laici che in vario modo sono impegnati in prima persona
nel culto: oltre al coro, che non
manca mai, vi sono diversi incarichi di accoglienza e una frequente celebrazione della Santa
Cena, che è anche un forte momento comunitario: non con vino, ma con succo d’uva, con modalità diverse secondo i luoghi.
Nel culto si passava così da momenti di ascolto e di meditazione a momenti di approfondimento e di scambio fra i membri
di chiesa, come nel saluto di pace. Ma particolarmente intensi
sono stati i momenti della Santa Cena in cui vivevamo e quasi toccavamo con mano la comunione al di là delle distanze
e delle diversità di lingua e di
usanze.
Forte era poi la preoccupazione di accogliere i nuovi: nei
banchi trovavamo regolarmente
dei blocchetti su cui scrivere la
nostra presenza, soprattutto se
eravamo nuovi, indicando eventualmente se si desiderava una
visita del pastore o se c’era qualche problema particolare. E i
« nuovi » non sfuggivano all’attenzione degli incaricati, che si
preoccupavano poi di presentarli agli altri.
Ogni paese ha naturalmente il
suo linguaggio e le sue consuetudini, che non si possono semplicemente imitare o trasportare da un paese all’altro. Ma il
confronto è stato stimolante per
tutti. Nel confronto abbiamo capito quanto il nostro linguaggio
dei segni e dei gesti è impacciato e come bloccato: proprio
nel culto. Finora ci siamo difesi dicendo che quelle forme so
no tipiche della tradizione cattolica e che noi a buon diritto
le rifiutiamo.
E’ un ragionamento ancora valido? E’ giusto restare legati al
passato e ai nostri condizionamenti anticattolici? E’ un fatto
che non solo i protestanti ma
tutti gli italiani rifuggono (al di
fuori della sfera famigliare) dalle espressioni simboliche, dai
miti comuni (per esempio nazionali), dai riti collettivi: in
questo l’America è diversa. Forse questo dipende proprio dal
fatto che il linguaggio dei simboli è stato per troppo tempo
come sequestrato e monopolizzato dalla tradizione cattolica...
ma è così anche oggi? Non possiamo avvicinarci, anche in questo, a una dimensione più europea e mondiale?
Forse è venuto il momento di
cambiare e il viaggio americano
di questi 50 metodisti è stato
uno stimolo in questo senso. Finora per noi discorrere di liturgia voleva dire cercare dei « testi », delle preghiere e delle confessioni di fede da leggere nel
culto. Abbiamo discusso se la
confessione dei peccati, che nella tradizione riformata è al principio del culto, non debba venire spostata a dopo il sermone (qualcuno lo ha fatto), partendo da ragionamenti teologici
anche corretti... ma era questa
la riforma più urgente? Quali
sono le urgenze della comunità?
Nelle conversazioni che si sviluppavano fra noi durante il
viaggio si parlava anche di questo. Il problema centrale è la
passività della comunità, la freddezza del culto, la sua (nonostante tutto) ritualità. Le esperienze delle nostre sorelle e fratelli di quelle chiese ci invitano
a rifiettere sul nostro culto, sui
nostri locali, sui medi dell’accoglienza: rispondendo alle esigenze dei simpatizzanti e dei giovani e rispondendo soprattutto alle nuove linee di ricerca presenti anche fra noi e ascoltando,
fra l’altro, gli stimoli che ci
vengono dai giovani e dalle esperienze e ricerche delle donne.
Anche in questo campo.
Giorgio Girardet
19
4 settembre 1992
vita delle chiese
CINQUANTA FRATELLI E SORELLE DELLE NOSTRE CHIESE METODISTE IN VISITA NEGLI STATI UNITI
annunciavano libertà e giustizia
UN CROGIOLO DI RAZZE E CULTURE
Alla scoperta del «melting pot»
La ricostruzione della storia dello schiavismo e di quella dell’emigrazione - La Dichiarazione d Indipendenza, la
Costituzione, l’underground railroad e i ’’Pensieri” di Wesley - La preghiera con fratelli e sorelle indiani e neri
« Melting pot » è l’espressione
anglo-americana usata per indicare il crogiolo di razze e culture che caratterizza la nazione
americana.
Con questa realtà ci siamo incontrati durante il nostro soggiorno negli Stati Uniti; abbiamo
cercato di comprenderla nei contatti personali, nei culti, ed anche visitando alcuni musei nazionali di particolare importanza.
A Memphis (Tennessee), città
del profondo Sud nero e evangelico, abbiamo visitato con commozione il Museo nazionale dei
diritti civili, collocato significativamente nel « Lorraine Motel », dove il 4 aprile 1968 venne
ucciso Martin Luther King. A
« Chucalissa », riserva di indiani
del Mississippi, abbiamo incom
trato i superstiti deU’antichissima civiltà americana. Infine a
New York, tappa finale del nostro
viaggio, con un'escursione in battello nella baia, alcuni di noi
hanno raggiunto Tisoletta di
Ellis Island, da un decennio
sede del Museo nazionale dell’immigrazione.
Ad Ellis Island giunsero dal
1892 al 1924 24 milioni di immigrati, in sosta forzata, in attesa del visto di entrata negli
States.
Questione indiana, questione
nera, immigrazione; sono gli ingredienti del melting pot, chiavi
di lettura di un paese grande
negli spazi geografici, mirabile
nel progresso tecnologico, contraddittorio nei suoi aspetti culturali.
Nei musei americani didascalie, immagini e ricostruzioni sceniche ritraggono al vivo uomini e situazioni, facilitandone la
comprensione.
Storie di uomini
e donne neri
Il Museo di Memphis inizia
con una serie di lavori in panno, descrizione di storie familiari di donne e uomini neri, accostabili per colori a certi lavori
artigianali nostrani, con in più
la narrazione della propria rab
bia, sofferenza e speranza.
Nelle due stanze seguenti si
affronta l’origine e la storia della schiavitù nera ih America
(1619-1864). Ufficialmente la
schiavitù si fa risalire ad un capitano olandese che, approdato
con la sua nave nel porto di
Davanti alla copia del celebre monumento a John Wesley nel parco
del Wesley Seminary a Washington D.C.
Jamestown, sulle coste della
Virginia, offre ai coloni, come
compenso per gli approvvigionamenti, venti schiavi neri. E’ l’inizio di un infame commercio che,
sviluppatosi per circa 250 anni,
vedrà oltre un milione di neri
approdare nel continente americano. Nel 1808 la tratta venne
per legge proibita, ma la schiavitù resterà legale sino al 1® gennaio 1864 quando Abraham
Lincoln, rompendo ogni indugio,
abolirà questa ignobile istituzione. Ma come si conciliava la
schiavitù con le note affermazioni di uguaglianza contenute
nella Dichiarazione d’indipendenza? Aveva scritto Thomas Jefferson: « Noi riteniamo che siano di evidenza assiomatica queste verità: che tutti gli uomini
sono creati uguali, che sono dotati dal loro Creatore di certi
diritti inalienabili, che tra questi vi sono la vita, la libertà e la
ricerca della felicità».
A questa bella dichiarazione
di principio, ispirata dalle Scritture e dallo spirito protestante,
seguì il compromesso contenuto nella Costituzione del 17 settembre 1787. Per la rappresentanza al Congresso di ogni Stato, che doveva essere proporzionale al numero dei suoi cittadini, esplose la polemica tra
delegati del Nord e del Sud
sul valore da attribuire ai neri
schiavi. La seconda sezione dell’articolo I della Costituzione recitava: « / rappresentanti al
Congresso federale e le tasse di
« Lincoln Memorial » a Washington.
rette saranno proporzionate fra
i diversi Stati che possano essere inclusi in questa Unione,
secondo il rispettivo numero dei
loro abitanti, che saranno calcolati aggiungendo al numero intero
delle persone libere tre quinti
di tutte le altre persone ». Occorrevano dunque cinque schiavi per fare tre cittadini liberi.
Forti di questa prima vittoria,
i delegati sudisti ottennero con
l’articolo IV della Costituzione,
ribadito con legge nel 1850, il
diritto di riavere gli schiavi fuggiti al Nord.
In questa situazione di profonda ingiustizia legalizzata nacque 1’« underground railroad »
(la metropolitana), un’organizzazione di bianchi e neri che, in
nome dell’Evangelo, disubbidì
alle leggi federali ed organizzò
la fuga negli Stati del Nord ed
in Canada di oltre 100 000 neri.
Nella lotta antischiavista i quaccheri primeggiano, essendo, insieme ai Mennoniti, in blocco
abolizionisti e condannando Bibbia alla mano gli schiavisti cristiani. Tra le personalità protestanti indicate nel Museo nazionale dei diritti civili come
avversarie, in nome dell’Evangelo, della codificazione schiavista, spiccano le figure di
John Wesley e di Harriet Beecher
Stowe.
John Wesley nel 1774 scrisse
Pensieri sulla schiavitù, ove si
bollava la schiavitù come una
esecrabile infamia. Wesley lottò
per tutta la vita contro la schiavitù; le Discipline del 1743
(General Rules) proibiscono ai
membri di chiesa l’acquisto di
bambini, donne e uomini per ridurli in schiavitù. I pionieri del
metodismo americano Francis
Asbury e Thomas Coke, nei loro
infuocati sermoni, si schierarono con le masse diseredate nere,
suscitando migliaia di conversioni. Nel 1791, pochi giorni prima di morire, Wesley scrisse
una lettera al grande abolizionista inglese William Wilbcrforce
invitandolo alla lotta senza quartiere allo schiavismo: « Contmuate in nome di Dio e in forza
della sua potenza fino a quando anche la schiavitù americana, la più ignominiosa che il sole abbia mai visto, sarà svanita
via di fronte ad esso ».
La figura più significativa, tra
le chiese storiche americane, di
combattente antischiavista è la
nota scrittrice calvinista Harriet
Beecher Stowe. Figlia di un pastore congregazionalista, Lynian
Beecher, nacque a Litchfield
(Connecticut) partecipando sin
da ragazza alle lotte abolizioniste del padre e del fratello. I
calvinisti congregazionalisti fondarono a Cincinnati (Ohio) una
Facoltà teologica multirazziale.
Un giovane professore della Facoltà, Calvin Ellis Stowe, sposò
la Beecher. Il suo romanzo più
famoso. La capanna dello zio
Tom, pubblicato nel 1852, un milione di copie nel primo anno
con traduzioni in venti lingue,
divenne il manifesto protestante antischiavista. Incontrandola,
a guerra finita, Abraham Lincoln
disse; « Con il suo libro questa
donna minuta ha scatenato una
guerra! ».
Nelle altre stanze del museo
sono documentati episodi che
vanno dagli anni ’50 agli anni
’70. Poiché si tratta di pagine
note nel nostro mondo evangelico, le citiamo soltanto; la sentenza della Corte suprema dei
1954 a favore dell’integrazione
nelle scuole di bianchi e neri;
le lotte degli studenti neri per
il rispetto della normativa;
l’autobus e la cera di Rosa
Parks, la battista nera che, sedendosi davanti nel bus la sera
del 1° dicembre 1955, diede inizio al vittorioso boicottaggio nero di Montgomery (Alabama);
la marcia dei 250.000 su Washington e il famoso discorso:
« / have a dream »; infine la
biografia di Martin Luther King,
teologo sistematico e membro
della « Progressive Baptist Convention »; la conservazione deh
le stanze 306-7 del motel da lui
abitualmente frequentato. Le
stanze si affacciano su un balcone; nel punto esatto ove venne ucciso il pastore King vi è
una corona e la significativa
scritta biblica (Genesi 37: 19-20)
che illustra la breve vita di un
martire che ha saputo raccogliere il grido di dolore dei neri
d’America e tramutarlo nella
speranza nonviolenta fondata
sul Vangelo.
La condizione
del migrante
dottore a Ellis Island, infine
sindaco di New York (1934-1946).
Oggi, con il passare delle generazioni, i discendenti degli immigrati si sono integrati. I grandi esclusi del melting pot _ rimangono i nativi d’America.
Sterminati dal preciso fucile
fondamentalista, ridotti a ricostruire la loro memoria in base
a testimonianze altrui, non hanno tuttavia perduto la fede nel
grande Spirito delle praterie._ Ed
è pronrio a « Chucalissa », riserva indiana del Tenn-essee, che
abbiamo avuto forse il momento più alto di contenuto spirituale. Al termine della visita
Claudio Martelli, tradotto dall’amico e fratello Kent Jackson,
ha pregato nell’unico Spirito,
confessando la nostra colpa per
lo sterminio indiano e chiederido perdono al Signore della vita. Ed è proprio la preghiera
con le sorelle e i fratelli indiani
e neri che ha secato le nostre
esistenze di viaggiatori.
Infatti quando i nostri capi si
sono abbassati ed abbiamo
umilmente invocato il Signore,
abbiamo sperimentato, per grazia, la comunione nello Spirito
in un unico Signore (Efesini 4;
5-6).
Eugenio Stretti
SCHEDA
Un mucchio di valigie introduce visivamente alla condizione di emigrante che si è vissuta per quarant’anni nel rosso
edificio di Ellis Island. Come
ricorda un enorme tabellone,
100 milioni di cittadini americani hanno avuto loro avi nell’isoletta. Appena sbarcati dal piroscafo dopo la disinfestazione,
gli emigranti venivano sottoposti ad accurate visite mediche
e psicologiche. Alcune organizzazioni umanitarie, tra le quali
primeggiavano l’Ymca e la S(>
cietà biblica di New York, univano l’assistenza materiale a
quella spirituale.
Le chiese evangeliche metodiste, battiste e presbiteriane di
lingua italiana in USA hanno in
gran parte origine da questo duro lavoro evangelistico: nell’inferno di Ellis Island, molti nostri connazionali hanno conosciuto la foraa liberante dell’Evangelo. Il sogno americano
nasce anche qui, nella speranza
di integrarsi presto nel nuovo
mondo. Pochi nell’imrnediato vi
riusciranno. Tra questi Fiorello
La Guardia, immigrato, poi tra
I metodisti
in USA
Il metodismo giunse in America nella seconda metà del ’700, John Wesley vivente, e fu da subito estremamente attivo dapprima neila Nuova Inghilterra, dove i predicatori metodisti
operarono anche durante la Rivoluzione, e poi lungo le strade e le piste
che segnarono la conquista del West.
Nel secolo successivo, il movimento metodista si suddivise in vari rami tra i quali il principale divenne
la Chiesa metodista episcopale. In
questo secolo si sviluppò un forte
movimento di riunificazione che sfociò nella creazione della Chiesa metodista unita, suddivisa in Conferenze
regionali.
L’organizzazione episcopale rimane,
e accanto alle chiese statunitensi confluirono nella United Methodist Church
anche le chiese di vari paesi del
mondo originate dalle missioni metodiste americane. Di fatto, oggi, la
United Methodist Church negli USA
rappresenta, con le sue 40.000 comunità locali, la più grande Chiesa metodista nazionale nel mondo. Tuttavia,
accanto ad essa, ancora sussistono
altre chiese metodiste in America.
Due di esse, per complessivi quasi
7 milioni di membri, sono caratterizzate etnicamente in quanto nere. Sono la American Methodist Zion Church
e la African Episcopal Methodist
Church. Ci sono anche chiese metodiste non episcopali, la cui consistenza numerica varia tra i 2 e i 5-600
mila membri.
La Chiesa metodista, a differenza
delle altre chiese protestanti e della
Chiesa cattolica romana, è diffusa in
modo capillare in tutto il territorio degli USA.
Le varie chiese metodiste americane fanno parte del Consiglio mondiale metodista che ha la sua sede nel
Nord Carolina, a Lake Junaluska.
C. M.
20
20 vita delle chiese
4 settembre 1992
POMARETTO, 5-6 SETTEMBRE
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Una proposta ai giovani > culti dell’estate
Alla ricerca di nuove forme di aggregazione:
tismo, che peraltro ha una lunga tradizione
Il 5 e 6 settembre, a Pomaretto, nel corso di un convegno
sulla questione giovanile promosso dal « Coordinamento
scout Valli valdesi » con l’adesione della CED, si discuterà su
come dar vita a un’esperienza
di gruppi scout nell’ambito del
I distretto.
L’idea era nell’aria da tempo,
dietro l’esempio di quanto avviene nel IV distretto, dove opera una commissione che ha avuto mandato dalla Conferenza distrettuale.
A Roma, coinvolti dal past.
La Torre, alcuni studenti della
Facoltà hanno creato le premesse per un esperimento che dovrebbe iniziare in autunno, mentre Un primo momento di « formazione capi » aveva avuto luogo intorno a Pasqua presso la
comunità di Dipignano, in un’entusiasman te esperienza animata
da Attilio Scali e Carlo Chiecchi
a cui hanno preso parte una
decina di persone.
Perché, oggi, guardare allo
scoutismo sull’esempio delle
esperienze protestanti francesi,
dopo avergli mosso varie critiche nel passato?
Sicuramente non si vuole
sconfessare il fatto che in ambito giovanile l’elaborazione teologica e culturale per molti anni
è venuta dalla EGEI e dai nostri « centri », e questa formazione difficilmente avrebbe trovato terreno fertile in un movimento strutturato su altre basi. Da quelle esperienze sono nate vocazioni al pastorato e al
diaconato.
Che cosa succede ora? Una
sorta di « revisionismo » anche
sul tema dell’aggregazione giovanile? Dopo il fallimento della
« sinistra protestante » (si veda
« Gioventù evangelica » n. 132),
si assisterebbe ad un qualche
altro modo di lavorare con i ragazzi e le ragazze delle nostre
chiese?
Ci si tranquillizzi, niente paura, ciò non accadrà: cerchiamo
solo di sforzarci di constatare il
venir meno di molti presupposti che fino a qualche anno fa
stimolavano e creavano la possibilità di diventare adulti attraverso esperienze che oggi sono in crisi.
La profonda crisi aggregativa
che viviamo a livello giovanile
dovremmo affrontarla subito,
rendendoci disponibili anche al
cambiamento, per cogliere le
reali esigenze di un universo ricco e articolato come quello dei
giovani di oggi.
E’ necessaria, per esempio,
una riflessione sul significato
della ritualità, del simbolismo,
della dinamica di gruppo. La
stessa dimensione dei rapporti
sentimentali, la moda, la musica, il concetto di tempo e del
crescere e della vita devono essere osservati da vicino e compresi più di quanto realmente
siamo stati capaci di fare finora.
Diventa necessario inquadrare
tutto ciò nella prospettiva dell’educazione alla fede, riproporre la dimensione della preghiera, la centralità di Cristo nella
vita, la voglia di dirsi apertamente protestanti nel nostro
paese: tutte sfide che stanno di
fronte al lavoro giovanile, che
viene fatto, il più delle volte.
CATANZARO
I cento anni
di Ernesto Goteri
Nella splendida cornice di
Bethel, villaggio evangelico situato nella Sila catanzarese, ha
avuto luogo un incontro organizzato dalla comunità valdese
di Catanzaro. Al culto, celebrato dal pastore Samuele Giambarresi, hanno preso parte, oltre
a numerosi membri delle
chiese di Catanzaro e Vincolise
di Magisano, anche alcuni rappresentanti di comunità evangeliche della Calabria e della Sicilia. A conclusione del sermone,
incentrato sul commento del1 apologo di Jothan (che a detta
di Martin Buber « è la più violenta poesia antimonarchica della letteratura universale »), il
pastore Giambarresi ha illustrato la figura e le opere di Ernesto Goteri, che con i suoi cento
anni rappresenta sicuramente il
patriarca della Chiesa evangelica
valdese di Catanzaro.
« Goteri — ha detto Giambarcesi — è nato nello stesso anno
de] Partito socialista italiano ed
è cresciuto nel secolo che più
di altri è stato affossatore di
irnperi. Egli si pone a cavallo
di questi due avvenimenti che
caratterizzano la storia moderna. Da un lato c’è l’idea socialista che lo ha conquistato fin
da giovane... quell’idea che affonda le sue radici culturali nel
socialismo ottocentesco. Per Goteri — ha continuato il pastore — il socialismo è una scelta
etica prima che politica. Egli fu
in carcere per alcuni giorni al
tempo di Sceiba per aver riprodotto e distribuito personalmente un articolo che promuoveva l’obiezione di coscienza al
la guerra. Più che nel ruolo di protagonista di chiassate e violenze rivoluzionarie, troviamo Goteri nel ruolo di
maestro di vita per i discorsi
che sa fare e per la coerenza
tra ciò che dice e ciò che fa ».
Fra i numerosi interventi che
hanno fatto seguito alla vera e
propria allocuzione del pastore,
è importante segnalare quello
dell’on. Rosario Olivo che ha ripercorso, con grande commozione, le tappe della vita di Goteri,
mettendo in risalto la dignità
con cui egli svolse il mestiere
di artigiano e definendo lo stesso un cavaliere sognante che è
riuscito a saldare gli ideali politici con la fede religiosa.
Su quest'ultimo concetto si è
soffermato anche il prof. Michele Riolo, che consegnando
una targa ricordo della città di
Catanzaro a nome del sindaco
Francesco Granato, ha definito
Goteri « maestro di vita e di
saggezza popolare ».
Sono convinto che i tanti giovani che, come me, hanno preso parte alla manifestazione,
hanno saputo trarre una grande
lezione dalla vita di Ernesto Goteri, il quale, facendo della lotta al fascismo una ragione di
vita, ci ha in.segnato che, in un
periodo di profondo smarrimento qual è quello che stiamo vivendo, per la caduta degli ideali nella politica come nel sociale, è ancora possibile lottare per
un mondo e per una vita migliori contro i grandi fenomeni
di inquinamento della società.
Antonio Parisi
la Strada dello scounelle chiese francesi
senza l'aiuto delle famiglie è
deH'ambiente circostante.
Si tratta di saper opporre un
chiaro « no » alla cultura della
morte, passi essa attraverso la
via della siringa oppure del boccale, o della corsa in auto alle
quattro del mattino all’uscita
dalla discoteca. Queste realtà
non trovano quasi mai alternative sufficientemente forti e propositive. Per questo è necessario non avere atteggiamenti di
sospetto nei confronti di quel
che può scaturire da una proposta di scoutismo, come la dimensione del servizio, del volontariato, dell’essenziale nella vita,
del gruppo e di tutto ciò che
significa... camminare con altri.
Far questo nelle strade del protestantesimo italiano è con tutta
probabilità un’occasione da non
perdere.
Italo Pons
VILLASECCA — Abbiamo avuto un’estate ricca di voci nel
corso dei culti domenicali: innanzitutto Ludwig Schneider, pastore della nostra comunità nello scorso anno ecclesiastico; poi
Elvio Peyronel, predicatore locale della nostra chiesa; Gregorio
Plescan, pastore di Frali, nel
quadro degli scambi del circuito; Sergio Rostagno, professore
della Facoltà di teologia; Alfredo Janavel, pastore a Villasecca negli anni della guerra. Li
ringraziamo per i loro messaggi
e per il significato che la varietà dei loro ruoli e delle loro
esperienze riveste all’interno di
una comunità di credenti.
• Le riunioni estive all’aperto
a Bovile, Selletta e Combagarino sono state ben frequentate,
a volte da persone giunte da
comunità vicine o lontane, che
hanno arricchito con la loro
presenza i nostri incontri. Importante è stata la riunione a
Combagarino, che è stata occasione per « inaugurare » la chiesetta di quartiere rinnovata. Ben
riuscito il bazar organizzato per
CORRISPONDENZE
Una gradita visita
VENEZIA — Domenica 26 luglio Frank e Maria Gibson hanno predicato l’Evangelo a Palazzo Cavagnis. Frank, pastore presbiteriano, è presidente dell’American Waldensian Society di
New York. Il suo sermone, seguito da un canto dei neri americani, ha sottolineato la pratica della giustizia che caratterizza la testimonianza presbiteriana e valdese. A Tucson ed a Palermo esistono due centri di resistenza: il primo alla discriminazione verso gli immigrati operata dal governo degli Stati
Uniti e il secondo all’inquinamento politico mafioso che il
popolo siciliano vuole eliminare
per sempre. L’esperienza delle
chiese « santuario » e la volontà
di resistenza delle sorelle e dei
fratelli siciliani sono il segno
della giustizia che, in ebraico,
indica l’azione di salvezza di Dio
e la testimonianza fattiva dei
credenti.
• Il giorno di Pentecoste ha
avuto luogo a Venezia la confermazione del giovane Davide
Marini. E’ stata una gioia per
la comunità accogliere questo
giovane, da sempre impegnato
con la sua famiglia nelle attività della chiesa.
• Nel mese di luglio, durante
un’assenza del pastore, i culti a
Venezia e a Mestre hanno avuto regolarmente luogo grazie al
servizio di Lidia Casonato Busetto, Adamo Donini, Giorgio Vedova, Silvio Marini, Toni Rigopoulus.
• Nello stesso periodo si deve purtroppo registrare la morte improvvisa della sorella Paola Fulin, ancor giovane ma da
tempo malata.
Feste dolciniane
Sabato 12 settembre — Alle ore 21,
nella sala del Centro sociale di via
Bellaria 2, a Serravaile Sesia (Vercelli), si svolgerà un incontro dibattito
su L'eredità di Dolcino e Margherita
oggi; introdurrà Adele Faccio. lavo
Burat, Piero Delmastro e Corrado Mornese relazioneranno sulla situazione
degli studi dolciniani oggi e sulla proposta di una rivista del Centro studi
dolciniani.
Domenica 13 settembre — Alla Bocchetta di Margosio, panoramica Zegna,
Trivero (Biellese orientale), culto evangelico all'aperto con Santa Cena, alle
ore 10. Alle 11 salita al cippo di fra
Dolcino e assemblea della Ca de studi dossinian. Ore 13, agape fraterna
all'alpe Margosio. Nel pomeriggio, musica e danze della tradizione alpina e
canzoni della cultura operaia. La - bocchetta di Margosio » è raggiungibile
in auto; ii cippo e l’alpeggio in un
quarto d’ora a piedi.
l’occasione. Grazie a tutti coloro
che hanno collaborato.
Grazie anche a tutti coloro che
hanno collaborato e partecipato
alla riunione del XV agosto a
Villasecca, su cui ha già riferito
il nostro giornale.
• L’estate non ha messo fine
alla serie continua di lutti che
sta depauperando la nostra comunità: ricordiamo con affetto
Giorgetta Clot in Clot Varizia;
Emma Poèt ved. Tron e Ida
Grill ved. Rostaing, che abbiamo accompagnato alla loro ultima dimora terrena nelle prime settimane di agosto.
Grazie!
TORRE PELLICE — La comu
nità è riconoscente al pastore
Francesca Cozzi ed al moderatore Franco Giampiccoli che
hanno presieduto il culto rispettivamente nelle domeniche del 2
e 16 agosto.
• Domenica 16 agosto ha avuto luogo il secondo degli appuntamenti pomeridiani organizzati
nell’ambito del « tempio aperto ». Il pastore Claudio Pasquet
ha vivamente interessato i numerosi intervenuti con uno studio dal titolo: « Un papa per
tutti i cristiani? ».
• L’Evangelo della resurrezione è stato annunciato in occasione dei funerali di Marcellina
Bruno ved. Geuna, Ernesto Ricca, Davide Giorgio Armand-Hugon, Giovanni Augusto Rivoira
e Annamaria Pasqualini.
Assemblea
di chiesa
SAN SECONDO — E’ convocata per il 13 settembre, dopo
il culto, un’importante assemblea di chiesa, che sarà chiamata a discutere il resoconto dei
lavori del Sinodo e la situazione personale del pastore.
• Sempre domenica 13 settembre, alle ore 15, si terrà il tradizionale bazar dell’Unione femminile.
• La chiesa ringrazia i pastori T. Soggin, P. Marauda e i fratelli Rino Cardon e Attilio Fornerone per aver presieduto i culti domenicali nel periodo estivo.
BETHEL
successo
del campo famiglie
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 6 SETTEMBRE
ore 23,30 - RAIDUE
replica
LUNEDI’ 14 SETTEMBRE
ore 9,30 - RAIDUE
MEMOIRES
Ricordi della Val Germanasca nel racconto di Carlo
Ferrerò.
Dal 3 al 13 agosto si è svolto,
presso il Centro evangelico di
Bethel, in Calabria, il campo famiglie.
I partecipanti, appartenenti a
diverse confessioni cristiane
(battisti, cattolici, metodisti,
pentecostali e valdesi), sono stati 62, provenienti dalla Calabria,
Campania, Puglia e Sicilia.
II campo si è svolto nel più
fraterno senso ecumenico, segno
questo che quando più persone
si riuniscono nel nome del Signore per ascoltare e meditare
la sua parola, lo Spirito Santo
è sempre presente.
Lo studio biblico è stato tenuto dal pastore Umberto Delle Donne, della Chiesa battista
di Pozzuoli, il quale ha svolto
un’analisi sugli aspetti biblicoteologici della dottrina dei Testimoni di Geova e sociologica
sulla loro organizzazione.
Lo studio è stato articolato in
otto argomenti: introduzione e
descrizione storica del dogma trinitario; trinità e divinità di Cristo alla luce delle Sacre Scritture e nella dottrina dei Testi
moni di Geova; Gesù Cristo
principio della creazione di Dio;
il nome di Dio; lo Spirito Santo,
una persona o una forza attiva?; la giustificazione per grazia mediante la fede; contraddizioni della Torre di guardia;
sommario della storia dei Testimoni di Geova.
Sia l’esposizione del pastore,
sia il dibattito che ne è scaturito sono stati quanto mai interessanti e vivaci. E’ stato un
approfondimento delle tematiche del pensiero protestante.
Tutti gli intervenuti, domenica
9, hanno partecipato al culto tenuto dal fratello Guglielmo Crucitti.
Il campo si è chiuso con la
lode al Signore per i giorni di
comunione fraterna trascorsi insieme e con il ringraziamento alla presidente del centro Beatrice Grill e ai membri del comitato Vittorio e Maria Matarese,
Iva Russo, Piera lerbi Miacli e
a quanti hanno prestato la loro
opera per l’ottima riuscita del
campo.
Furio Cniclttl
21
4 settembre 1992
21
E Eco Delle Yalu ¥vldesi
CONCERTI A TORRE RELUCE
Inti - Illimani: «nuovo stiie»
La "Rassegna”
verso la chiusura
PINEROLO — Sono già parecchie decine di migliaia i visitatori che nei primi giorni di apertura hanno visitato la sedicesima Rassegna di artigianato
del Pinerolese; notevole gradimento hanno conseguito anche
gli spettacoli serali, sia quelli
musicali aH’interno dell’expo Penulli sia quelli teatrali a Palazzo Vittone.
Qualche momento di panico lunedì sera quando si è abbattuto
sull’esposizione un vento impetuoso che del resto ha flagellato tutte le valli; alcuni stand
hanno subito dei danni e la mostra è stata chiusa con un’ora
di anticipo a riprova dell’efEettiva « insicurezza » della struttura, che al momento però non
conosce concrete alternative per
ospitare la mostra c altre iniziative analoghe a livello pinerolese.
La rassegna si concluderà domenica sera.
Festa intemazionale
del patois
PONT CANAVESE — Il 5 e
6 settembre prossimi si svolgerà la « festa intemazionale del
patois », radxmo annuale dei
’’patoisants” francoprovenzali.
I francoprovenzali si riuniscono ogni anno in una località
sempre diversa della loro area
che viene scelta a turno fra 4
zone: Svizzera Romanda, Savoia
e regioni limitrofe. Valle d’Aosta e valli francoprovenzali del
Piemonte: quest’anno è il turno
di Pont, alla confluenza delle valli Soana ed Orco.
Sarà questa ima ulteriore occasione di incontro fra persone
che, pur vivendo in stati diversi, hanno comuni radici culturali e linguistiche.
La manifestazione verrà aperta sabato 5, alle ore 15,30, da
una tavola rotonda su: « Il francoprovenzale ieri ed oggi » con
la partecipazione di dialettologi
francesi e svizzeri.
CGIL: discussione
aspra in Piemonte
TORINO — La discussione interna alla CGIL assume in Piemonte toni sempre più aspri. La
minoranza di « essere sindacato » ha indetto per sabato 5 settembre a Torino un’iniziativa
pubblica con la parola d’ordine
del « ritiro della firma » della
CGIL dall’accordo del 31 luglio
sul costo del lavoro. Per criticare quella che definiscono una
« decisione unilaterale » oggi sono scesi in campo il segretario
generale Claudio Sabattini (PDS,
vicino ad Occhetto) e l’aggiunto
Renzo Penna (socialista). In una
nota i due esponenti della CGIL
piemontese affermano che si
tratta di « una grave violazione
delle regole interne all’organizzazione unanimamente approvate dal direttivo regionale del 4
aprile 1992 e rischia di rendere
impraticabile l’obiettivo della
consultazione imitaria dei lavoratori ».
Più complessa e raffinata la
Tanti giovanissimi accorrono
musica di
al concerto
questi ultimi anni (jegli ’’Africa United’’
Più di 1.800 persone (diversi
i pastori e i « sinodali ») hanno assistito in maniera partecipe, domenica 23 agosto, al concerto degli Inti-Illimani al campo sportivo, per l’organizzazione
di Radio Beckwith.
Il gruppo cileno ha denotato
una notevole crescita musicale
rispetto agli anni della sua permanenza stabile in Italia, non
tanto nella tecnica esecutiva
strumentale (che era già notevolissima) ma piuttosto nella
ricerca ed elaborazione di suoni e sonorità estremamente raffiinatì, di strutture armoniche
complesse: il risultato è stato
una grande capacità di fusione
di diverse influenze musicali,
di derivazione latinoamericana
ma anche mediterranea.
Tutto ciò si è potuto cogliere
soprattutto nei molti brani solo
strumentali, dolci e' raffinati, in
atmosfere spesso di nostalgia
nei confronti di un mondo che
il progresso tende a sottomettere.
Una dimensione più « intimista », forse in contrasto con
l’aspetto politico che prevaleva
nei concerti di un tempo. Il
suono e la musica prendono il
sopravvento sulla parola, l’elaborazione musicale non è più
semplicemente la « forma » del
discorso, ma diventa il centro
e forse l’identità della proposta
musicale. Opportunamente i brani più noti e « simbolici » (a
partire da « E1 pueblo unido »)
sono stati eseguiti alla fine del
concerto e come « bis »: ciò ha
permesso ai più giovani, e a
quegli spettatori che conservano precisi ricordi di quella musica militante, di avvicinarsi
agli Inti-Illimani senza schemi
preoostituiti e di apprezzare
quindi il lavoro da loro svolto
in questi anni in cui non li avevamo più ascoltati.
— Oggi veniamo in Italia — ci
ha detto Jorge Duran, uno dei
leader storici di questo gruppo
— senza quella carica di rabbia
e impotenza che ci portavarno
dietro allora, ma con un po' di
nostalgia per l'Italia che è diventata la nostra seconda patria, dopo 15 anni di esilio forzato.
— Il Cile vi ha accolto quasi
come degli eroi, un megaconcerto con oltre 100.000 persone;
ma oggi cos’è il vostro paese?
— Il periodo della dittatura
non è riuscito a cancellare una
tradizione di democrazia e tolleranza; certo le conseguenze e le
ferite rimangono aperte, come ad
esempio un sistema elettorale
molto dubbio.
— Sul piano musicale si sono
potute udire nel concerto le molte novità che avete introdotto;
cosa c’è dietro questo cambiamento?
— Sarebbe stato anche facile
cadere nella tentazione di rimanere "guardiano" di una purezza
della musica latinoamericana;
noi abbiamo discusso di questo
ed abbiamo pensato di incorporare nella nostra vicenda musicale anche un po' di auanto andavamo incontrando nella nostra
vicenda umana, in giro per il
mondo. Ovunque la musica tradizionale ha le sue radici popolari, utilizza strumenti a volte anche molto semplici ed abbiamo
cominciato ad interessarci a queste sonorità; un po' alla volta esse sono entrate a far parte della
nostra musica e dei nostri suoni.
Del resto la musica latinoamericana è già di per sé il risultato
di molti miscugli, di molte violenze, di incontri fra sonorità diverse.
— Gli Inti-Illimani parteciperanno ad un grande concerto il
12 ottobre a Londra insieme a
molti altri artisti, saranno anche
a Siviglia fra poche settimane;
qual è il tuo pensiero sulle ’’celebrazioni” dell’arrivo di Colombo
in America?
— Abbiamo deciso deliberatamente di non fare niente di speciale; crediamo non ci sia nulla
da celebrare, anzi c’è molto da
lamentare. Il passato è l’unica
cosa che è inevitabile; le cose sono successe in un modo ben preciso e noi siamo figli di questa
conquista, di quella violenza.
L’unica cosa che noi possiamo
cercare di fare è "celebrare” la
nostra esistenza, dimostrare
quello che siamo in un mondo
comunque ancora estremamente
complesso ed ingiusto.
Il concerto degli Inti-Illimani
non è stato il solo in questa fine
estate torrese.
Ritmi coinvolgenti
Esattamente sette giorni dopo
la Pro Loco ha voluto, ancora in
collaborazione con Radio Beckwith, proporre un altro concerto
al campo sportivo; questa volta
erano i pinerolesi Africa United,
un gruppo che è conosciuto non
solo in Italia nel genere reggae, a
esibirsi.
lE puntualmente, come era accaduto il sabato precedente, la
pioggia ha obbligato a spostare il
concerto alla sera seguente.
'Pur con qualche défaillance rispetto al pubblico prevedibile
(quasi tutto di giovanissimi) circa 600 persone hanno applaudito gli Africa, facendosi coinvolgere nei loro ritmi e nelle loro
esecuzioni.
Due esperienze in parte diverse
hanno caratterizzato le iniziative
musicali a Torre Pollice, comufique coinvolgendo un numeroso
pubblico e suggerendo già fin
d’ora nuovi appuntamenti per il
1993.
Daniele Rostan
TORRE PELLICE, 7-9 AGOSTO
Alla festa della radio evangelica
Ci sono occasioni per i giovani di incontrarsi, di fare gruppo
e festa che non siano le discoteche, i convegni rock, le serate nei consueti luoghi di ritrovo? Pare di sì e le vivono anche
con allegro impegno se ne vale
la pena, se l’alternativa è valida, coinvolgente e propone i
messaggi giusti. C’erano tanti
giovani alle Giornate di Radio
Beckwith dal 7 al 9 agosto, tanta gente. Non è la prima volta,
già l’anno scorso era stato un
successo. Pubblico numeroso
agli stand, ai bazar, ai concerti,
alle cene al ristorante della festa: con soddisfazione del cassiere perché Radio Beckwith è
emittente evangelica, fa comunicazione diversificata ma di impegno, di idee e quindi vive di
contributi delle chiese, degli ascoltatori, degli amici, non cer
to di pubblicità e sponsorizzazioni.
C’è del disagio giovanile anche nelle valli valdesi, lo hanno
rivelato tristi recenti episodi di
cronaca e il malessere non può
essere esorcizzato. L’identità valdese o si nutre di fede o non è,
se i ragazzi disertano i culti,
l’impegno, se soffrono il male
di vivere e sbandano, qualche
autocritica, qualche confessione
di peccato dovremo pure farcela. Ma le tre giornate dell’emittente evangelica hanno visto impegnati nel lavoro organizzativo
oltre 50 collaboratori per giornata, quasi tutti meno che trentenni. La festa annuale della radio ha acquistato una sua identità precisa, hanno riconosciuto
in molti, anche fuori dell’ambito
evangelico. In piazza Muston si
ritrovano ogni anno alla festa
della radio il professore di teologia con la moglie venuti per
il Sinodo e il giovanotto che ha
dato appuntamento alla ragazza,
famiglie intere con i bambini e
i nonni e c’è intrattenimento sereno per tutti. E’ una festa organizzata da giovani che lavorano tutto l’anno per l’Evangelo
con la loro radio fresca, vivace,
rigorosamente « laica ».
Il pastore intrattiene l’uditorio su Amos 5, attualizza la crisi dell’Israele biblico e la necessità del ravvedimento parlando
a ruota libera della crisi italiana: si ricorda musicalmente la
I ncontri
TORRE PELLICE — Il gruppo di studio - Val Lucerna ■> organizza, presso
la Casa valdese, domenica 6 settembre alle ore 16, la presentazione del
volume di Valdo Spini « Viaggio dentro le istituzioni »; intervengono, oltre
all’autore, Piercarlo bongo, Vittorio
Morero, Massimo Salvadori, Giorgio
Tourn.
PINEROLO — L’associazione ex allievi del liceo classico » G. F. Porporato » organizza una serie di incontri
e dibattiti in occasione del 130° anniversario deila fondazione dell istituto. Domenica 13 settembre, alle ore
13, al Castello di Macello si terrà
una grigliata a cui seguirà un concerto di ex allievi. Altri incontri si terranno sui temi della cultura classica
e scientifica e sul ruolo formativo della storia nel mese di ottobre. Nel gennaio dell’anno prossimo si terrà anche una mostra sulla storia dell’istituto.
Corsi
PINEROLO — Sono aperte le iscrizioni ai nuovi corsi musicali dell’ARCl
per strumentisti singoli e per gruppi
di musica d’insieme; in base alle inclinazioni di ognuno ed al grado di
preparazione, verranno formati gruppi
di livello omogeneo. Per l’iscrizione ai
corsi (della durata di 8 mesi, da ottobre) occorre rivolgersi all’ARCI in
corso Torino 224, tei. 75.025.
Le lezioni saranno svolte da Aldo
Mella (contrabbasso, basso elettrico,
musica d’insieme), Andrea Rapaggi
(chitarra), Andrea Ayassot (sassofono,
teoria e solfeggio) ed Enzo Zirlili (batteria, tecniche di base, solfeggio ritmico).
Concerti
scoperta-conquista di Colombo
e i 500 anni dell’America senza
troppe forzature ideologiche.
Momenti di riflessione che si accordano benissimo con lo stile
delle musiche e dei balli.
Il concerto di musica occitana che ha concluso la festa la
serata di domenica è stato tipico di questo stile delle giornate
di Radio Beckwith evangelica.
Roba occitana, si chiedeva perplesso il redattore di questo pezzo, che ha retroterra mediterraneo, sai che mattoni! Ed è stato di fatto folclore, cultura nordica: suoni, canti, ballate provenzali, gaeliche, celtiche. Ma
bellissime, coinvolgenti, trascinanti, cadenze antiche e modernissime, ritmi irresistibili. Mez
N. Sergio Turtulici
LUSERNA SAN GIOVANNI — Con il
mese di settembre torna « Tacabanda », incontri di musica popolare in
vai Pellice che fecero il loro esordio
esattamente un anno fa a Luserna Alta.
Quest’anno la manifestazione si articola in due fine settimana, 4 e 5
settembre al parco montano di Rorà,
12 e 13 sotto l'ala di Luserna Alta;
organizzano La Cantarana, Comunità
montana vai Pellice in collaborazione
con i Comuni e le Pro Loco.
A Rorà si esibiranno « I Refolè » di
Biella, pronti a guidare il ballo con
gli strumenti della tradizione piemontese e, sabato 5, il chitarrista folk
inglese John Renbourn; a seguire balli con « La Cantarana ».
Nel successivo fine settimana, musica di Guascogna con i « Perlinpinpin »
(sabato 12) e musica da balio tradizionale occitana con gli • Artesin »
(domenica 13).
Manifestazioni
SAN GERMANO CH1SONE — Domenica 6 settembre ore 15: bazar dell'Asilo dei vecchi con banchi di vendita e lotteria. Vi aspettiamo numerosi.
Mostre
SAN GERMANO CHISONE — Dal 29
agosto al 6 settembre, esposizione di
ceramiche e tessuti dipinti a mano
da Gisella Maestrini e quadri a olio
di Ugolino Duò. Orario ore 14-18,30,
presso l'Asilo dei vecchi.
MOBILIFICIO
(di fronte alla caserma alpini)
esposizione e laboratorio:
via S. Secondo, 38 - @ 0121/201712
ABBADIA ALPINA - PINEROLO
FA VIVERE LA TUA CASA
22
22 4 settembre 1992
E Eco Delle Vvldki
DIBATTITO A BOBBIO PELLICE GIOVANI
Il disagio è solo giovanile?
Chiese e istituzioni devono esaminare quanto fatto finora - Occorrono le basi culturali e sociali per una nuova qualità della vita
Per riflettere sugli ultimi ed
inquietanti episodi di violenza
che si sono verificati quest'estate in vai Pellice e che si inquadrano in un crescendo di intolleranza, nelle città e in diverse
regioni del nostro paese, il PDS
ha organizzato un dibattito dal
titolo: Disagio giovanile, emarginazione e violenza, che si è
tenutq alla festa dell’Unità a
Bobbio Pellice, venerdì 21 agosto.
Danilo Rivoira ha introdotto
il dibattito con un’ampia panoramica sulla violenza e l’intolleranza come fenomeno che si abbatte non soltanto sul nostro
paese ma un po' dappertutto in
Europa. Se nelle grandi città
industriali violenza ed omicidi
possono passare inosservati questo non può accadere in vai
Pellice, dove le istituzioni e gli
operatori sociali vogliono o almeno credono di avere un controllo ed una conoscenza profonda del territorio.
« Ne discutiamo oggi — ha continuato Rivoira — ma già Enrico
Berlinguer aveva sviluppato nell'allora Partito comunista una
riflessione sulla necessità di
combattere il rischio dell’instaurarsi di nuove forme di barbarie.
Se questo era vero allora, oggi
è sotto gli occhi di tutti. Anche
nel dibattito politico a livello
nazionale l’intolleranza e l’illegalità istituzionalizzata si è radicata nel costume dei partiti ma
anche in alcune formazioni, come per esempio la Lega, che
esprime un livello di non sopportazione nei confronti dello
stato che sfiora la violenza pura.
Abbiamo organizzato questo
incontro — ha sottolineato Rivoira — per riflettere non solo
tra esperti ma anche tra normali cittadini che vogliono cercare di capire cosa succede e
che hanno la responsabilità della gestione del territorio ».
Il dubbio degli amministratori
della vai Pellice è che il rapporto tra cittadini e stato si sia
incrinato pesantemente. Al di là
delle enfatizzazioni della stampa
in cerca di scoop, esiste una
situazione specifica che si è
creata in questa valle, confermata dagli ultimi due episodi più
gravi: l’assassinio di un pastore in alta vai Pellice e la
rissa che è costata la vita di
un giovane di Torre. Questi due
episodi, che riguardano persone
nate e vissute nel nostro territorio, devono spingere alla riflessione. In passato, come molti
hanno fatto rilevare, episodi del
genere si verificavano, ma sarebbe grave cercare delle giustificazioni in questo tipo di analisi. Che fare allora? Rivoira ha
indicato due obiettivi primari;
« Creare posti di lavoro e creare
interessi, cultura ed aggregazione, perché si affermi quella cultura del dialogo e del confronto
che i servizi sociali, la scuola e
le amministrazioni del territorio
si sforzano di promuovere ».
Critico e stimolante l’intervento di Maurizio Martucci, psicologo e coordinatore dei servizi
per le tossicodipendenze nella
valle, che si sofferma ad approfondire il problema del disagio
che a suo parere non può investire esclusivamente il microcosmo giovanile, ma è un fenomeno ben più diffuso e trasversale
rispetto alla popolazione. Il disagio è della società intera, il
problema è come superarlo.
« Il problema delle tossicodipendenze non è così grave qui
nella valle, come le cronache
giornalistiche denunciano — ha
detto Martucci —. Alcuni quotidiani, con esagerazione, hanno
parlato di colonia di drogati della vai Pellice, di luogo di spacciatori ». Martucci ha snocciolato
dati che da una parte rivelano
una buona ricettività da parte
dell’utenza rispetto alle proposte di terapia e di soggiorno in
comunità, dall’altra stabiliscono
la popolazione tossicodipendente
al 5% circa. Questo significa che
qui in valle i tossicodipendenti
sono coscienti delle proprie difficoltà e che si muovono nella
linea giusta per risolvere i propri problemi. Si dice che Torre
Pellice è la Ginevra italiana, ma
sul piano delle statistiche a Ginevra la popolazione tossicodipendente si aggira sul 12%.
Ben più grave è il problema
dell’alcolismo, difficilmente quantificabile e vissuto sovente nell’isolamento familiare e in una
quotidianità apparentemente normale. Martucci ha denunc’ato
« uno stato culturale e sociale
preoccupante, dove soprattutto i
giovani non sanno più cosa fare
e si è chiesto se siamo ancora
capaci di offrire prospettive ed
interessi ai giovani in valle ».
Mentre nel passato l'oratorio
svolgeva un ruolo di aggregazione e di contenimento, criticabile forse per alcuni aspetti
ma comunque efficace, nel presente è il bar il luogo per eccellenza frequentato dai giovani
e giovanissimi e che sembra
l’unico punto di riferimento.
Non basta, ha proseguito Martucci, organizzare tre concerti
l’anno e qualche gara sportiva.
Bisogna che le chiese e le istituzioni nella valle compiano
un’autocritica e rivedano le
scelte fatte finora.
Da diversi interventi si è colta la sensazione che ognuno di
noi sia imprigionato nei propri
disagi, che rischiano di isolarci
e separarci dagli altri. Anche
la chiesa valdese, che nel territorio è presente con istituzioni
educative e sociali, dovrà avviare una riflessione prima che la
situazione sfugga completamente di mano, investire energie e
risorse non solo per studiare la
storia passata, ma anche e soprattutto per crescere insieme,
per irnparare a confrontarsi e
comunicare, tollerare i disagi e
creare le condizioni sociali, culturali ed economiche per una
qualità della vita dignitosa per
tutti.
Manfredo Pavoni
LUSERNA SAN GIOVANNI
Problemi di bilancio
Il primo Consiglio comunale
dopo il passaggio delle consegne
da Longo a Badariotti si è trovato di fronte alla relazione dei revisori dei conti, una relazione
sufficientemente critica circa l’operato dell’ amministrazione comunale in materia contabile.
Se formalmente nulla viene rilevato, significativi appunti vengono fatti nel merito della situazione; i residui attivi sono aumentati ad oltre 700 milioni, frutto di
mancate riscossioni di Invim, di
parte della tassa raccolta rifiuti,
dei canoni per le acque reflue,
del mancato versamento da parte dell’ENEL della quota della
bolletta a vantaggio degli enti locali. Queste mancate entrate hanno influito — dicono i revisori —
in maniera forte sulla limitata
disponibilità di denaro e di conseguenza sul continuo ricorso alle anticipazioni di tesoreria.
Un recupero sulle entrate, maggiore rigore nella spesa ed un utilizzo più razionale delle risorse
umane (personale) fra le soluzioni proposte dal collegio dei revisori.
Le successive variazioni al bilancio del '91 sono state semplicemente il risultato della diminuzione dei versamenti statali del
5% e della cancellazione della
tassa sui cani, decisa per la verità già con la legge finanziaria
dello scorso inverno.
Con una successiva deliberazione è stato preso atto che anche
sul territorio di Luserna verrà
estesa, grazie ad un progetto delTltalgas, la rete del metano: fra
le zone interessate gli Appia ed il
fondo di S. Giovanni.
Nulla di fatto invece circa le
commissioni consultive consiliari: il nuovo regolamento contiene, a giudizio della segreteria,
vari elementi in contrasto con lo
Statuto comunale, per cui ogni
decisione è stata rinviata.
Da nominare (ed è ancora lo
Statuto ad averlo previsto) anche
il difensore civico: lo ha rilevato
il consigliere Gardiol cui ha risposto il sindaco impegnandosi a
portare la questione all’attenzione del prossimo Consiglio comunale.
P. V. R.
Loc. Pis della Gianna
apertura
dal r giugno
al 30 settembre
più
i fine settimana
e festività
per prenotazioni
tei. (0121) 930077
Traslochi
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qualsiasi destinazione
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Via Belfiore 83 - Nichelino
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Italia-Grecia,
scambio costruttivo
Alla « Ca d’Ia pais » la prima parte dell’esperienza - Escursioni, teatro, fiabe e cultura
Le aspettative di organizzare
un periodo in cui ragazze e ragazzi di paesi diversi potessero
passare del tempo insieme divertendosi non sono andate deluse.
Si è infatti svolta alla Ca d’ia
Pais del Bagnòou di Angrogna,
dal 17 al 28 luglio scorso, la
prima parte dello scambio bilaterale Italia-Grecia, organizzato
dal neonato « Gruppo scambi
intemazonali vai Pellice » e da
« Spazio giovani ».
Sono stati 12 giorni in cui 15
giovani greci e 11 italiani con
i rispettivi animatori hanno vissuto insieme quasi ogni momento delle loro giornate.
Ma che cos’è uno scambio di
questo genere?
E’ una situazione in cui persone di diversa nazionalità si
incontrano e vivono insieme due
momenti, prima in un paese
poi nell’altro, cercando di comunicare, di mostrare non solo
le caratteristiche « turistiche »
del proprio paese ma soprattutto quelle culturali; le abitudini, le tradizioni, le lingue.
SENTIERI ALPINI
Francesi
in visita
Nel quadro delle iniziative promosse dal Gruppo teatro Angrogna per i
suoi vent’anni di attività, verrà ospitato in vai d'Angrogna un gruppo di
50 francesi partiti in questi giorni con
una marcia attraverso gli antichi sentieri delle Alpi.
Il gruppo, partito dalla Provenza, arriverà alla conca del Pra, proveniente
dal colle della Croce, venerdì 4 settembre nel primo pomeriggio e sarà
accolto dal sindaco e dail’amministrazione comunale di Bobbio Pellice.
Gli ospiti si trasferiranno quindi alla foresteria di Pradeitorno; nella giornata di sabato visiteranno i luoghi storici della valle ed interverranno al
concerto del coro di Baio Dora, diretto da Amerigo Vigliermo, che si terrà
nel tempio valdese di Pradeitorno alle 21,15 di sabato 5 settembre.
ristorante 'pizzeria
• BIBIANA •
VIA PINEROLO
^ 55859
LA QUALITÀ
DELL'OSPITALIT/T
52
]
CHiUSO IL martedì
Le rispettive lingue non vengono insegnate come durante
una lezione ma imparate divertendosi, secondo un metodo specifico che permette ai giovani
di essere, a turno, insegnante
e allievo.
L’inglese è stato adottato come lingua comune e « ufficiale »,
pur essendo possibile ogni altra
forma di comunicazione. Le attività erano previste in gruppi
binazionali o a coppie: una delle
regole da se^ire, proposta durante l’invenzione delle 10 regole dello scambio, stabiliva di
non restare mai soli.
In programma si sono avute
attività con gli artigiani locali,
escursioni, rappresentazioni teatrali sulla vita quotidiana di ciascun paese, visite a Torre Pellice e Pinerolo con la « scoperta
del luogo » giocando. A Pinerolo
i greci venivano bendati, condotti in esplorazione per la città
che dovevano poi ripercorrere
fino al punto di partenza utilizzando tutti i sensi tranne la
vista, mentre a Torre dovevano
rispondere a un questionario
raccogliendo notizie da persone
del luogo.
Una serata è stata dedicata
al racconto di una fiaba' greca,
che i nostri « interpreti personali » ci traducevano sottovoce,
seguito da una discussione sulle
figure fantastiche della tradizione popolare.
Le attività che ci hanno permesso di conoscerci mealio e di
capire le rispettive abitudini sono stati un workshop sulle « differenze e punti comuni tra i
partecipanti greci e italiani » e
la valutazione intermedia in cui
ognuno aveva piena libertà di
espressione e ha potuto confrontarsi con gli altri partecipanti.
Molto apprezzata è stata la serata con cena, musica e danze
esclusivamente greche.
Una domenica è stata dedicata alle famiglie dei partecipanti
italiani che hanno accolto unodue giovani greci per tutta la
giornata.
I dodici giorni sono passati
velocemente e ci siamo trovati
il martedì pomeriggio all’ora
della partenza tristi ma nello
stesso tempo felici dell’esperienza vissuta, con la certezza di ritrovarci in Grecia per la seconda parte dello scambio: arrivederci a Volos!
Sandro Bellion
ISTITUTI OSPITALIBKI
VALDESI
CONCORSI
OSPEDALE VALDESE
di POMARETTO
Bando di concorso pubblico
a n. 4 posti di
infermiere professionale
Scadenza: ore 12 del 28.9.1992.
OSPEDALE VALDESE
di TORRE PELLICE
Bando di concorso pubblico
a n. 2 posti di
infermiere professionale
Scadenza: ore 12 del 28.9.1992.
Per informazioni rivolgersi al
seguente n. tei.: 0121/91536.
23
4 settembre 1992
lettere 23
PROTESTANTESIMO
NAPOLETANO
Gli studiosi del l’evangelismo italiano saranno grati al past. Giorgio Bouchard per il bilancio da lui fatto di
130 anni della Chiesa valdese di Napoli (1862-1992), la cui fondazione si
fa comunemente risalire al ben noto
Giorgio Appia, reduce da un suo primo ministerio in Sicilia (cfr. n. 24
del 12.6.’92). L’opera dell’Appia non
cadeva in un terreno del tutto vergine. Già nella prima parte del secolo
XIX c’era stato qualche tentativo di
proselitismo protestante, specialmente per opera delle comunità straniere
sorte all’ombra delle ambasciate, ma
è dal 1860 in poi che quel proselitismo si andò intensificando per l’apporto di varie forze, indigene e non,
che purtroppo non risultarono sempre
concordi nei mezzi e nei fini.
E’ così che nel 1860 vi predicarono i garibaldini Gavazzi e Pantaleo;
l’anno dopo, per opera del magistrato calabrese Vincenzo Albarella d’Afflitto, sorse una Associazione libera
evangelica dei cristiani di Napoli, che
poi si trasformò in Chiesa evangelica libera, non senza dissensi e successive scissure; più tardi assistiamo alla nascita di una Società nazionale emancipatrice del clero italiano
dovuta al domenicano Luigi Prota-Giurleo ed alla contemporanea comparsa
dei primi missionari metodisti e battisti, distinti nelle loro due propaggini inglese e americana... E’ una storia
affascinante e ben nota, soprattutto
grazie ai nostri Maselli, Santini, Spini e Vinay.
Perciò, quando Giorgio Bouchard osserva che « Napoli ha delle buone probabilità di ridiventare la capitale evangelica del Sud », sa perfettamente che
essa è tuttora un terreno fecondo d’incontri fra tradizioni evangelistiche diverse, ognuna col proprio carisma nell’opera comune della testimonianza
cristiana. Ciò che però mi rende un
po’ perplesso è quel suo parlare di
« valdismo napoletano » o di « radicale
tradizione valdese »: un termine ed
una espressione che forse rischiano
di non essere intesi da chi tra i nostri fratelli del grande Sud italiano
non è o non si sente per niente ancorato alla « vieille roche »1 Di fatto,
se si pone mente alla situazione attuale della presenza protestante in
Napoli, vien fatto di constatare ohe
la componente valdese (e con essa
la metodista e la battista) ha pur
sempre da fare i conti, spiritualmente parlando, con una ben più consistente presenza di evangelici liberi,
ivi compresi i Fratelli e quei pente
costali che non si riconoscono nelle
Assemblee di Dio.
Con questa visuale allargata a tutti coloro che in un modo o nell’altro
testimoniano della loro fede in Cristo
sulla base della sola Parola di Dio,
la storia dell’evangelismo partenopeo
è ancora tutta da fare, come ha giustamente rilevato Rosanna Ciappa al
Convegno romano del 1988 su « I movimenti evangelici in Italia dall’Linità
ad oggi ». A conclusione della sua relazione su Le origini dei movimento
evangelico a Napoli (1860-1862), l’autrice si pone vari interrogativi: posto
che il protestantesimo napoletano « risulta costruito con l’apporto di un
ceto intellettuale colto e vivace, fortemente politicizzato, di rigorosa professionalità, interessato ai caratteri
nazionali di una riforma religiosa che
non riproduca quella del VI secolo »,
« come hanno agito su questa originaria matrice i diversi modelli delle
chiese missionarie con cui è venuta
a contatto, la valdese, prima, la metodista, poi? » (cfr. Atti di quel Convegno, Torino, Claudiana, 1990, pp.
113-128).
Giovanni Gönnet, Roma
PER RICORDARE
FABRIZIO
Profondamente toccati dalla precoce
e tragica scomparsa del nostro amico Brisia, nonché frustrati dalle per
noi sconvolgenti testimonianze forniteci dai giornali, noi tutti ci esprimiamo
principalmente affinché la sua memoria e il dolore della sua famiglia vengano rispettati, ma anche perché ad
entrambi venga resa giustizia.
Contestiamo la delirante realtà espressa dai quotidiani poiché Fabrizio
non frequentava un unico locale né
tanto meno apparteneva ad una banda,
ma al contrario aveva amici un po’
ovunque e questo perché lui, come
noi tutti, pensava che le buone e le
cattive persone esistono al Bistrò come al Chiosco, come da ogni parte
del mondo, senza pregiudizi.
Comunque, l’unica cosa importante
è che è avvenuta una vigliacca e brutale aggressione ai danni di un ragazzo solo, di poco più di vent’anni,
magari in quell’occasione un po’ brillo ma sicuramente inoffensivo, da parte di più persone in nome di farneticanti motivazioni, tipo la difesa di
proprietà inesistenti in qualsiasi luogo, ancora meno al Fra, dalle quali
persone indesiderate come Fabrizio, e
come noi, dovevano stare alla larga,
pena lo scontro con folli giustizieri
delle valli valdesi
settimanale deUe chiese valdesi e metodiste
Redattori; Alberto Corsani, Luciano Deodato (vicedirettore), Giorgio Gardiol (direttore). Carmelina Maurizio, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan,
Comitato editoriale: Paolo T. Angelerl, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitti, Piera Egidi,
Adriano Longo, Emmanuele Paschetto, Roberto Peyrot, Sergio Ribet,
Mirella Scorsonelli.
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rappresentanti e paladini di chissà quale giustizia.
Ma la cosa più aberrante è che un
imprecisato numero di quei paladini,
testimoni di quello che la giustizia
chiama omicidio colposo, non solo si
trincera in un’omertà scandalosa, pari
almeno ad una falsa testimonianza,
ma addirittura esibisca apertamente
uno spietato e folle cinismo, queste
sì caratteristiche di una cosiddetta
banda.
Ora sottolineiamo che non facciamo di tutta l’erba un fascio, ma vorremmo sapere da queste persone se
esibirebbero lo stesso cinismo nei caso in cui la stessa triste storia fosse capitata ad un loro fratello. Se la
risposta è sì, rispondiamo ohe il terreno che abbiamo la fortuna di calpestare è di tutti, e noi ce lo vogliamo godere in pace senza prevaricazioni e intimidazioni da parte di
nessuna tipologia sociale.
E se proprio siete convinti di « potere » e di « volere » esercitare questa giustizia, ebbene Torre Pellice non
è Soweto, né la Jugoslavia, né israele, quindi o cambiate o indirizzatevi
là e vi troverete bene.
Ci auguriamo che la verità sull’omicidio emerga presto e che la giustizia assolva il suo compito fino in
fondo.
Fabrizio, Brisia, sarà sempre nei
nostri cuori.
Esprimiamo le nostre sincere condoglianze ai famigliari e a Duilio, al
quale siamo particolarmente vicini.
gli amici
ABOLIRE LE FESTE
Caro Direttore,
voglio fare una proposta a tutti gli
evangelici. Se siamo credenti e coerenti con le nostre convinzioni dovremmo chiedere l’abolizione di tutte
le feste cattoliche, dal santo patrono
all’immacolata concezione.
Se ottenessimo l’abolizione di queste feste saremmo penalizzati nelle nostre tasche, nel senso che dovremmo
andare al lavoro e non restare a casa pagati ugualmente o, se lavoriamo, non saremmo pagati il doppio:
ma questa sarebbe una bella testimonianza.
Michele Schiavino, Torino
LUOGHI STORICI
Trovandomi recentemente a soggiornare nella Val Pellice, ho cercato di
visitare i luoghi storici di cui la valle è così ricca.
Purtroppo sono costretto a rilevare
che il monumento di Sibaud è completamente abbandonato: la radura è prospera di erbacce e i sentieri si trovano ormai all’estremo limite della
praticabilità.
Considerato l’interesse storico e
culturale del monumento, vi espongo
questo problema confidando nella vostra benevola attenzione.
Emanuele Fiume, Trieste
LA LEGGE E
L’UOMO MODERNO
Fio letto con molta attenzione sia
la lettera del past. F. Toppi che la
risposta del Consiglio di chiesa di
Catania e mi pongo le seguenti domande, sperando in un chiarimento.
1) Che valore ha la Legge antica
per l’uomo moderno? E’ stata abolita
o radicalizzata da Gesù e dagli apostoli? Fla ancora la sua utilità di pedagogo per il senza Dio?
2) E’ necessario sbandierare ai
quattro venti la propria sessualità per
ottenere ciò che è diritto di ogni persona?
3) E’ il sesso un elemento veramente indispensabile per stabilire un
rapporto d’amore — quello predicato
da Gesù e anche dagli autori dell’Antico Testamento — con il proprio prossimo?
4) Perché Gesù, vero uomo, non ne
ha mai fatto uso e non l’ha liberalizzato, dal momento che anche ai suoi
tempi esistevano gli omosessuali?
Non si tratta di esprimere giudizi
sulle persone (siamo tutti peccatori,
eterosessuali e omosessuali, pedagoghi e pedofili, donne virtuose e prostitute) ma ci sono distorsioni che
non appaiono accettabili o perlomeno
proponibili. 0 no?
Cordialmente.
Nirvana Sianone, Chiavar!
RINGRAZIAMENTO
« Però, non la mia volontà,
ma la tua sia fatta »
(Luca 22: 42)
La famiglia della compianta
CioFgetta Clot in Clot Varizia
Riconoscente iper la dimostrazione di
stima e di affetto ricevuta in occasione della dipartita della sua cara congiunta, neirimpossibilità dì farlo singolarmente, ringrazia tutti coloro ohe
con la presenza, scritti e parole di conforto si sono uniti nella triste circostanza.
Un particolare ringraziamento al pastore Claudio Tron, ai medici ed al
personale paramedico deirOspedale valdese di Pomaretto ed ai vicini di casa.
Riclaretto, P agosto 1992.
RINGRAZIAMENTO
i(.Vi sono molte dimore nella
casa del Padre. Se così non fosse, ve Vavrei detto, lo vado a
prepararvi un luogo »
(Giovanni 14: 2)
I familiari di
Leoni Barai (Nini)
di anni 94
riconoscenti al Signore per il privilegio di aver potuto vivere accanto a
Nini durante lunghi anni e per l’arricchimento spirituale da lei ricevuto,
esprimono i sensi della loro più viva
gratitudine agli amici ed ai vicini di
casa che le sono stati accanto in vari
modi nei giorni trascorsi in solitudine
a Lorenzo, la suocera di Anita, Mary
Bertalmio, e gli amici Anita e Augusto
Allemandi, Piera Long e Tiziana Tosettì che hanno circondato la cara Nini
di cure premuorse durante i giorni della malattia, e tutte le gentili persone
che hanno voluto accompagnarla alla
sua ultima dimora terrena.
Un particolare ringraziamento ai
pastori Lucilla Peyrot. Sergio Ribet,
Donato Mazzarella e Claudio Tron, ai
dottori Rol, Meli e Hartwig, alTassistente sociale Silvana Tron, al personale medico e infermieristico deU’Ospedale valdese dì Pomaretto.
Maniglia di Ferrerò, 16 agosto 1992.
(c Dio non è un Dio di morti
ma di viventi; poiché per mezzo di lui vivono tutti »
(Luca 20: 38)
E’ mancato aU’affetto dei suoi cari,
all’età di 61 anni
Giorgio Resini
pastore metodista
Lo annunciano i suoi familiari, fiduciosi nelle promesse divine.
Roma, 16 agosto 1992.
mmmammmmmmmmmmmmmmm
RINGRAZIAMENTO
(c II Signore dice: *^Le sofferenze del passato saranno dimenticate, svaniranno davanti ai miei
occhi ” ))
(Isaia 65: 16)
cc Noi sappiamo infatti che se
questa tenda ch’è la nostra dimora terrena viene disfatta, noi
abbiamo da Dio un edificio, una
casa non fatta da mano d*uomo,
eterna, nei cieli ».
(II Corinzi 5: 1)
Il Signore ha chiamato o sé
Frida Bounous in Bounous
di anni 80
Ne danno il triste annuncio il marito Bartolomeo, i figli Marisa con
Claudio e Paolo, Ferruccio con Silvana e Renzo, Giancarlo con Anna, Valentina c Michele, il fratello Oreste e
la sorella Ida con le rispettive famìglie;
cognati, cognate, nipoti, cugini e par
venti tutti.
Un pensiero riconoscente a tutti coloro che si sono prodigati amorevolmente nell’assistenza durante la lunga malattia, in particolare ad Orietta e alla
famiglia Mensa.
Non fiorì, eventuali offerte alFAsilo
dei vecchi di S. Germano Chisone.
Il presente è partecipazione e ringraziamento.
S. Germano Chisone, 24 agosto 1992.
RINGRAZIAMENTO
Le fzimiglie Donzino e Ricca, confortate dalla sincera dimostrazione di stima e di amicizia ricevuta in occasione della tragica scomparsa di
Lucia e Giovanni Donzino
sentitamente ringraziano.
Cavour, 24 agosto 1992.
RINGRAZIAMENTO
« Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in mel »
(Giovanni 14: 1)
c( Sì, o Padre, poiché così hai
voluto »
(Matteo 11: 26)
I familiari della cara e indimenticabile
Fanny Fornerone ved. Gardioi
riconoscenti, ringraziano di cuore tutti
coloro che hanno preso parte al loro
dolore con presenza, scritti e parole di
conforto.
Un particolare ringraziamento al
dott. P. Giorgio Griffa, ai pastori Klaus
Lamgeneck e Archimede Bertolino.
Prarostino, 24 agosto 1992.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del compianto
Davide Giorgio
Armand-Hugon
nell’impossibilità dì farlo singolarmente, ringrazia tutti coloro che con la
presenza, scritti e parole dì conforto si
sono uniti nella triste circostanza.
Un ringraziamento particolare al pastore Bruno Rostagno ed al personale
dell’Ospedale valdese di Torre Pellice.
Torre Pellice, 26 agosto 1992.
« Va bene, buono e fedel servitore... entra nella gioia del
tuo Signore »
(Matteo 25: 21)
Improvvisamente ci ha lasciati
Anna Maria Pasqualini
' Lo annunciano la sorella Erme, le
nipoti Bianca con la famiglia, Daqiela e gli amici evangelici che l’hanno
amata ed apprezzata.
Torre Pellice, 28 agosto 1982.
RINGRAZIAMENTO
I familiari tutti del caro
Valerio CardioI
esprimono la loro riconoscenza a tutte
le gentili persone che hanno partecipato al loro dolore.
Un ringraziamento particolare ai
vicini dii casa, a Maurizia, Margherita, Renata, Enrica e al pastore Klaus
Langeneck.
« Consolatevi voi tutti che tni
eravate tanto cari. Io lascio un
mondo di dolore per un regno
di pace. Gesù dice: Io vivo e
voi vivrete ».
Prarostino, 4 settembre 1992.
« Venuta la sera Gesù disse:
passiamo alValtra riva »
(Marco 4: 35)
Ha terminato la sua giornata terrena
Adele Alfano Durand
Lo annunciano, a funerali avvenuti, il marito Mario, le figlie Clara,
Fiorella con Marco, Silvio e famiglie;
la sorella Livietta con Franca e Mario,
il fratello Aldo con Tiziana e Sara e
Paffezionata Paimira Micol.
Pinerolo, 4 settembre 1992.
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Davide Bertìn
riconoscenti per la dimostrazione di
affetto, ringraziano tutti, e in modo
particolare il pastore Marchetti e il
dottor Bevacqua.
Angrogna, 4 settembre 1992
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24
24 ecumenismo
4 settembre 1992
GINEVRA
Konrad Raiser
segretario del CEC
Attualmente docente di teologia sistematica a
Bochum, succede all’uruguaiano Emilio Castro
INTERVISTA A JACQUES STEWART
Konrad Raiser, 54 anni, è stato eletto segretario del Consiglio ecumenico delle chiese
(CEC) lunedì 24 agosto. Konrad
Raiser, pastore evangelico, assumerà le sue funzioni il 1° gennaio 1993, quando l’attuale segretario, il pastore metodista
Emilio Castro (Uruguay), lascerà l’incarico per entrare in pensione.
La nomina di Raiser è stata
decisa dal Comitato centrale del
CEC, riunito in questi giorni a
Ginevra.
Il CEC è un organismo ecumenico dì cui fanno parte 320
chiese di oltre cento paesi, con
circa 400 milioni di fedeli, appartenenti a varie tradizioni cristiane (protestanti, anglicani, ortodossi, vecchio-cattolici; la
Chiesa cattolica romana non fa
parte del CEC, ma collabora a
vari livelli). Il massimo organo
di governo è l’Assemblea, che si
svolge ogni 7 anni (l’ultima ha
avuto luogo a Canberra, in Australia, nel 1991); tra im’Assemblea e l’altra il CEC è retto da
un Comitato centrale di 150
membri, il cui « moderatore » è
attualmente l’arcivescovo ortodosso Aram Keshishian (Libano). Il segretario generale, che
è membro di diritto del Comitato centrale, coordina il lavoro
dei vari uffici del CEC, che hanno sede a Ginevra e impiegano
270 persone a pieno tempo.
Raiser, pastore della Chiesa
evangelica tedesca, è attualmente docente di teologia sistematica e direttore dell’Istituto ecumenico alla Facoltà di teologia
protestante di Bochum. Ha studiato teologia, sociologia e psicologia sociale, e ha già lavorato al CEC dal 1969 al 1983, prima come segretario agli studi
della Commissione per il dialogo dottrinale « Fede e costituzione », e dal 1973 come vicesegretario generale. Ha collaborato attivamente al « processo conciliare » su « Giustizia, pace e
salvaguardia del creato » ed è
stato membro del gruppo di lavoro comune tra CEC e Chiesa
cattolica.
Fra i compiti principali del
CEC per Raiser vi è la necessità
di « mantenere alta nelle chiese
la tensione verso l’unità », di
proseguire l’impegno in campi
quali « il dialogo interreligioso,
la solidarietà con le donne, le
aspettative delle giovani generazioni, il lavoro con e tra i laici ». Un’altra area di lavoro importante, per Raiser, è il rapporto del CEC sia con le chiese membro che con quelle che
non ne fanno parte. Tra le prime, è « assolutamente vitale »
che le chiese ortodosse « si sentano a loro agio nel CEC e lo
riconoscano come la loro comunione, esattamente come esso è
la comunione delle chiese che
provengono dalla Riforma ».
Facoltà valdese di teologia
ISCRIZIONI AL CORSO DI LAUREA
Per l’immatricolazione al corso di laurea va presentata
domanda alla segreteria entro il 25 settembre su modulo fornito dalla segreteria stessa. Si richiede la maturità classica o
tóro titolo di secondaria superiore giudicato equipollente con
l’obbligo di esami integrativi. Un anno di studio integrativo
viene richiesto a coloro che non hanno fatto 5 anni di scuola
secondaria superiore. La frequenza è obbligatoria.
BORSE DI STUDIO
Per permettere la frequenza sono previste borse di studio.
La domanda per la borsa deve essere debitamente motivata.
Informazioni più dettagliate sono reperibili presso il prof.
Genre, segretario. Per i telefoni vedi sotto.
TASSE ACCADEMICHE
Le tasso accademiche sono fissate, a partire dall’anno accademico 1989-1990, nella seguente misura ;
Corso di laurea:
— immatricolazione, lire 100.000;
— frequenza per i quattro anni regolari, lire 100.000 a
semestre ;
— iscrizioni fuori corso, lire 100.000 all’anno,.
Non verranno richieste tasse di frequenza per Tanno all’estero e per eventuali anni succes.sivi autorizzati dal Collegio
accademico, per il periodo del servizio militare o civile e per
cnmprov te cause di forza maggiore nell’interruzione degli
studi, accettale dal Collegio accademico.
Corso d: dijiloma :
— iscrizione, lire 100.000;
— frc.iuenza per i tre anni regolari, lire 100.000 all’anno;
tesse per ogni esame sostenuto dopo il terzo anno,
lire 30.000.
Gli esami sostenuti da studenti non in regola con il pagamento delle t;!.‘:so verranno segnalati dal segretario al Consiglio per 1’ nnullamento.
Gli importi vanno versati sul ccp n. 24717001 intestato
alla Fccolt;:.
I programmi dei corsi sono disponibili in segreteria. Facoltà valdese, vie Pietro Cossa 42, 00193 Roma. Tel. 06/321.0789
(segreteria telefonica); Fax 06/320.1040.
Il segretario
prof E. Genre
Roma, 17 giugno 1992.
I protestanti
e la società francese
La realizzazione di una vera e propria « comunità di chiese » è la
sfida per i prossimi anni - Il problema delle strategie comunicative
Al Sinodo era presente come
invitato il pastore Jacques Stewart, presidente della Federazione protestante di Francia. E’ la
prima volta che partecipava ad
un nostro Sinodo. Ci siamo intrattenuti un momento con lui.
— Quali sono le sue impressioni
a caldo su questo sinodo delle
chiese valdesi e metodiste rispetto a un sinodo nazionale della Chiesa riformata di Francia?
— C’è una grande differenza nel
tempo dedicato al dibattito. Da
noi un sinodo dura tre giorni e
si discute a partire da relazioni ufficiali. Sono rimasto stupito nel vedere come si lasciava
ad ognuno la possibilità di esprimere il proprio parere rispetto
ad ogni argomento in discussione. Comunque, apprezzo molto
la grande libertà di espressione
che avete. Apprezzo molto anche
il vostro metodo di offrire ai
deputati una relazione ufficiale
e una controrelazione critica e
completa. Noi abbiamo una
« Commissione degli affari generali » che, una settimana prima del sinodo, manda ai deputati una breve relazione di due
cartelle contenente alcune critiche o richieste di chiarimento
su alcuni documenti ufficiali, ma
nulla di simile al lavoro svolto
dalla vostra Commissione d’esame. Il vostro modo di procedere è più democratico del nostro.
— Qual è lo stato di salute del
protestantesimo francese in questo momento, e quali sono le
grandi questioni sul tappeto?
— Per quanto riguarda il protestantesimo federativo, siamo a
otto mesi dalla nostra Assemblea generale che si svolge ogni
quattro anni. Quest’assemblea,
che era centrata sul tema della
grazia, ha permesso di manifestare un’unità molto più forte
di quella di cui parliamo abitualmente. Ora stiamo studiando un progetto di « Carta », che
sarà redatto dal Consiglio della
Federazione e che verrà presentato a tutte le chiese. Sarà un
documento molto più forte e dinamico rispetto a quello che finora chiamavamo « condizioni
spirituali di appartenenza ». Con
questo progetto ci proponiamo
di avviare una dinamica di comunità protestanti.
Il mio grande sogno sarebbe
di poter riuscire a realizzare in
Francia una vera e propria comunità di chiese che sia un superamento dinamico dell’attuale
situazione di coesistenza pacifica fra chiese aderenti alla Federazione. Una comunità cioè in
cui si continui a riconoscere la
diversità e l’originalità di ogni
chiesa ma in cui ci si preoccupi
molto di più di mettere in comune i nostri progetti, le nostre risorse materiali, umane,
spirituali, comprendendo anche
le chiese pentecostali. Da circa
due anni siamo fortemente sollecitati dalle Assemblee di Dio:
non hanno chiesto un’adesione
immediata alla Federazione ma
rapporti molto più intensi. Non
so se e quando aderiranno alla
Federazione, ma l’importante è
che queste ci ha spinti a mettere
in cantiere un lavoro teologico
serio tra i nostri rispettivi pastori per cercare di chiarire ciò
che ci unisce e ciò che ci differenzia. Con un gran numero di
queste chiese il dialogo è già
molto avanzato, in particolare
con la Chiesa avventista e l’Esercito della Salvezza.
— Si dice spesso che la società
francese è influenzata dai valori
protestanti, e in particolare dal
Tetica protestante. Condivide
questa opinione?
— Sì e no. Direi che, nell’evoluzione della società francese, ed
anche europea, vi è senz’altro
una parte dell’identità protestante, del pensiero protestante, della libertà, della nozione di responsabilità individuale e comunitaria. E’ vero che in Francia
l’eredità protestante fa parte del
patrimonio di identità nazionale, in particolare per quanto riguarda l’idea della laicità, della
responsabilità, del giudizio personale critico, lucido, che è uno
dei fondamenti della vita democratica. In compenso si può
rimpiangere che le cose non siano andate più in là in questa
direzione. Credo, al riguardo,
che vi sia una reale mancanza,
da parte delle chiese protestanti, nel dare una testimonianza
forte del loro modo di leggere '
la Bibbia, del loro modo di concepire l’organizzazione della
chiesa, dei ministeri, e dell’autorità collegiale. Moltissimi francesi infatti ignorano del tutto quel
che rappresenta il protestantesimo. Mi chiedo come mai il protestantesimo sia rimasto chiuso
su se stesso e non sia riuscito
a comunicare la propria concezione della chiesa.
— E’ soltanto una questione di
carenza di voiontà di comunicazione?
— Penso di sì. Per molto tempo, il protestantesimo francese
ha avuto un complesso di inferiorità, dovuto al suo essere minoritario e disseminato. D’altra
parte vi è anche un grande complesso di orgoglio che fa sì che
il protestante è convinto che il
suo pensiero sia superiore ad
ogni altro e che esso si imponga
da sé, senza bisogno di mediarlo. E non si dà abbastanza da
fare perche il suo discorso e la
sua testimonianza pratica vengano capiti. Da tre anni, a livello
di Federazione, stiamo facendo un grosso sforzo nella politica di comunicazione, con l’aiuto di professionisti, e così ci
siamo resi conto che, finora, ci
eravamo accontentati di parlare
e di scrivere ma senza cercare
di sapere come il nostro messaggio sarebbe stato recepito e
interpretato. Molto spesso infatti davamo delle risposte a domande che la gente non si poneva, e così non eravamo in grado di raggiungerla.
— Qual è Torientamento prevalente dei protestanti francesi rispetto al trattato di Maastricht?
— Sono convinto che la stragrande maggioranza sia del tutto favorevole allo sviluppo della
costruzione europea, pur rimanendo vigile e critica sulle questioni di rispetto dei diritti umani, dei migranti, dei ceti sociali
più deboli. L’Europa rappresenta la volontà di vivere in pace
e di sviluppare la riconciliazione e la collaborazione. La costruzione europea può essere
una testimonianza per l’insieme
del continente europeo. E le
chiese hanno una responsabilità
particolare di vigilanza, di riflessione comune, di azione concreta, di evangelizzazione, di diaconia, che sia una testimonianza
di ciò che è una vera comuii;.
in cui vengono superati gli ii;
teressi nazionali. Anche le chie
se protestanti devono superare
al più presto i loro confini nazionali e andare decisamente
nella direzione indicata dalTAssemblea di Budapest
1 cura di
Jean-Jacques Peyronel
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