1
ECO
DELLE mu VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
1006Ö TOaiìE PEI LICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 109 - Nom 2G
Una copia Lire 90
ABBONAMENTI
L. 3.500 per I’interno
L. 4.500 per l’estero
Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70
Cambio di indirizzo Lire 100
TORKE PELUCE - 30 Giugno 1972
.A.mm. : Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pcllice - c.c.p. 2/33094
IUltima puntata: gincliiaiiaici le jilmrlà!
Non ci facevamo illusioni, sapevamo
che le libertà italiane non erano molto e neppure così solide: speravamo
che fossero però preziose, impegnative
per un popolo che le aveva riacquistate attraverso un seguito di sventure e
di lotte.
L’Italia dell’ultimo dopoguerra è stata condizionata dall’imperialismo americano e sovietico che s’è spartito l’Europa; oggi noi siamo politicamente e
militarmente a un dipresso nella situazione del paese agli albori ^el Risorgimento: invece delle guarnigioni austriache abbiamo quelle americane, ai
governi filo-austriaci di allora s’è sostituito il composito gruppo di potere
democristiano, e come la Curia romana di allora appoggiava Timperialismo
austriaco perché ne traeva benefici,
quella di oggi fa da supporto a quello
americano. Cerchiamo di scrivere questo senza rancori verso i padroni e i
loro servi, tanto più che gli uomini la
loro storia l’han sempre fatta così, e
l’Italia si trova in numerosa ed eterogenea compagnia. Come nazione, siamo nati troppo tardi, e portavamo nel
sangue delle eredità pesanti, che alla
fine hanno prevalso.
Però, uno stretto parallelismo tra
l’Italia sortita dal Congresso di Vienna e quella decretata da Roosevelt Stalin - Churchill ovviamente non regge. Le mutate condizioni della società, certe promesse « democratiche » alle quali si doveva pur dare seguito,
una spinta popolare autentica verso
traguardi di giustizia, di libertà..., molte cose consigliavano i nuovi padroni
ad acconsentire alla formazione di uno
Stato garante di un certo numero di
libertà civili. La Costituzione Repubblicana è andata certo ben oltre quello che in sostanza si voleva « concedere », ed ora — con una rapidità crescente — abbiamo il riflusso autoritario.
LIBERTA’ DI PAROLA?
DI STAMPA?!
Ci dicevano che stampare costa caro, e che quindi la stampa detta d’informazione era in mano a gruppi di
potere economico che manipolavano
le notizie e l’opinione pubblica. Era
vero, ma sempre più numerosa era la
gente che « scovava » il suo giornaletTo, la sua rivistina stentata; pullulavano i ciclostilati, le controinformazioni,
i fogli sostenuti da volonterosi che pagavano di persona. Tutto questo era
indice di una autentica libertà di parola e di stampa, soprattutto creava
degli anticorpo capaci di bloccare l’influenza deleteria di una stampa univoca, determinata dagli interessi di alcuni gruppi economici e politici. È stata
una stagione breve, della quale tutti
hanno profittato: sul terreno religioso
i gruppi di dissenso, di rinnovamento
e di consenso; su quello culturale,
ogni corrente o ideologia; su quello politico i partiti tradizionali, i fascisti,
i nazisti o i gruppi d’estrema sinistra.
Ma la reazione è cominciata dalle
Chiese, paradossalmente anche da
quelle evangeliche. Quando si rileggeranno sui nostri giornali le proteste,
le accuse contro certe prese di posizione, quando avremo la prospettiva
del tempo e saremo alla conclusione,
allora ci accorgeremo che anche noi
evangelici italiani abbiamo partecipato inconsapevoli al massacro della libertà di parola e di stampa. Siamo
stati e ci comportiamo da ottimi italieschi e da mediocri protestanti, inadatti a portare nel nostro paese quelle istanze di libertà civili e religiose
che sono il sustrato della nostra protesta.
La Curia Romana, invece, è coerente, dopo un momento di perplessità
ha ripreso energicamente la sua linea
secolare: sopprime testate, trasferisce
o annulla gruppi redazionali, con minacce e richiami all’obbedienza isola i
nonconformisti e distrugge la libertà
di stampa. Ma la Curia Romana alla
libertà di parola e di stampa non ha
mai dato credito; anzi, sarebbe facile
provare il contrario!
Purtroppo l’esempio ha trovato subito larghi consensi nella classe dirigente italiana, la quale sta rapidamente distruggendo quelle poche libertà
che ci davano « la sensazione » di essere ancora una nazione di uomini liberi. Nel clima di caccia alle streghe
montato in vista delle recenti elezioni
e, più ancora, di una svolta reazionaria, ormai passano tra Tindifferenza
generale sequestri di giornali, perquisizioni alle redazioni e in case private,
incriminazioni destinate a intimidire.
La libertà sarà presto calata nella
clandestinità.
CLERICO-FASCISMO ENDEMICO
Nei recenti fatti di cronaca — da Pinelli volato da una finestra a Feltrinelli morto a quel modo, ecc. — sono
venuti alla ribalta personalità inconsuete, diciamo così; cattolici militanti in gruppi ultraconservatori, focolarini, per esempio, che portano nel loro impegno civile tutta la forza incondizionata dei loro convincimenti religiosi. È un fatto allarmante, perché
i fantasmi della Santa Inquisizione —
con i suoi fanatici, le sue crociate, i
suoi metodi — non sono cosi lontani
da essere dimenticati.
I protestanti italiani farebbero bene a non lasciarsi ingoiare dal vortice
d’una propaganda allarmistica, ed a
considerare che l’apparato repressivo
in un domani potrebbe battere su di
loro, e si troverebbero contro una potente santa alleanza; il potere economico, quello politico e quello religioso
(neH’ombra, naturalmente).
Questa situazione ha le sue radici
nel fatto che l’italiano medio è cattolico quel tanto che ci vuole per essere
un fascista, e trova nell’apparato ecclesiastico una continua diseducazione
civile: il sospetto per l’eresia nonconformista, il fastidio per la lotta ideale,
la lotta subdola e l’emarginazione del
dissenso, l’affezione per un quietovivere che « delega » al gruppo di potere le
proprie responsabilità... Di questò stato d’animo naturale approfitta appunto chi crede che sia bene manomettere le nostre libertà; e sta di fatto che
può agire con scarse* resistenze, emarginando addirittura una diecina di milioni di elettori.
Osservate un caso penoso e clamoroso: il ragazzo ammazzato a pugni e
calci a Pisa, destinato a passare dal
carcere al cimitero alla chetichella, se
non fosse stato per lo scrupolo d’un
funzionario pisano. Chi ne parla più?
Chi ha avuto una parola, un gesto di
pietà per un ragazzo fatto fuori a quel
modo; chi ha chiesto giustizia, nella
grande stampa? Altri funerali hanno
avuto il pedale della propaganda, sono stati sfruttati senza remissione:
qui ci voleva il silenzio, e tutto sarà
ingoiato dall’ombra. Non sono un
anarchico e non so nemmeno cosa credesse quel ragazzo: so che un uomo è
un uomo, e che la coscienza civile di
un popolo libero è avvilita e offesa
quando una creatura di Dio è massacrata, è trascinata dalla strada al
chiuso di un carcere per essere abbandonata a una morte atroce. So che
in quel carcere — se la magistratura
non fa lampeggiare la spada della giu
stizia « eguale per tutti » — è la fine
della libertà: il fascismo anche la prima volta è cresciuto_così.
I/ULTIMA PUNTATA
Come la Chiesa di cui è emanazione, il partito cattolico italiano ha una
preoccupazione di fondo, quella di stare al potere. E un partito composito,
un agglomerato di idèe e di forze tanto diverse ma tanto unite nella volontà di mantenere a galla ij.regime.
Indubbiamente fra taiÌta gente vi
sono personalità degne di grande rispetto, autentici democratici e seri
credenti. Ma sono condizionati dallo
stesso regime che tonno contribuito a
creare, e finiscono con Tessere strumentalizzati senza risparmio. Oggi è
l’ora dei clerico-fascisti. Essi stanno
giocando l’ultima puntata, e mettono
in gioco la libertà.
FTima di giungere a tanto hanno
tentato tutti i giochi, mentre il paese
da un effimero benessere calava nel
caos che tutti constatiamo. Ora, quando le libertà diventano un pericolo per
il regime, ci si avventura in esperimenti di tipo fascista: tra Spagna e
Grecia, v’è posto per una esperienza
italiana sostenuta dai padroni americani e benedetta (e fosse solo quello!)
dai padroni di casa nostra. Tutto questo rientra nel gioco normale delle
forze che lottano per il monopolio del
potere, dispiace semmai che si usi la
bandiera della democrazia, che s’abusi
dell’appellativo di cristiana, e che ci
si nasconda dietro lo scudo della libertas.
CONFERENZA DEL III DISTRETTO, A FELONICA
Evangelici italiani negli anni 70
Nella società, nello Stato e di fronte
al cattolicesimo nostrani
VALDISMO :
UNA VITA PER
LA UIBERTA’
Opporsi alTandazZp delle cosé nel
nostro paese, denunciare il pericolo
del clerico-fascismo, non è per noi vaidesi una scelta po)|ijicajdi partito, ma
l’obbedienza a ragroni di fede evangelica. Ed una fede autentica ha sempre, coerentemente, implicazioni di
carattere « politico », porta sempre a
un giudizio momentaneo sul momento storico di una società.
La protesta valdese è nata ed è vissuta proprio perché i credenti non si
sono esiliati monásticamente dal mondo e neppure hanno accettato di confondersi col mondo: è stata una protesta di libertà evangelica, su tutti i
piani della vita civile, portata avanti
particolarmente in Italia, in questo
nostro paese amato nel quale più dura era la lotta, più sofferto il confronto.Oggi, per ragioni non valide per il
cristiano, le libertà sono in pericolo
per noi come per tutti i cittadini: non
ci resta che ringraziare il Signore, perché Egli vuole forse dare a questa sua
vecchia chiesa ancora una volta l’occasione di ritrovare se stessa, e in^ se
stessa la sua missione specifica: Tanhunzio pratico, concreto, della libertà
del cristiano.
Luigi Santini
Le leggi sui culti ammessi e le prospettive di testimonianza per le nostre
chiese negli anni ’70 furono gli argomenti di peso di questa conferenza accolta con una ospitalità molto calda e
fraterna dalla comunità locale e ben
diretta dal seggio composto da G.
Bogo, G. Semadeni e C. Gysin.
Si cominciò sul tema: evangelici negli anni 70. Il fascismo non è una scelta possibile, su questo son tutti d’accordo. Ma non è questo che ci preoccupa di più. Il prossimo anno sarà certo
un anno pesante, perché è prevedibile
che si accentui il peso dell’arbitrio antidemocratico. Non ci saranno molti
posti dove parlare liberamente. Ora, a
parte la necessità per le chiese di facilitare con tutti i mezzi ai loro membri la valutazione della realtà contemporanea, gli evangelici pensano che alla situazione si risponde con un tentativo di vita diversa, una testimonianza
che non sarà solo individuale, ma dovrà esser l’apprendistato della via della croce per la comunità intera.
Nei confronti del cattolicesimo la
conferenza pensa che ormai il dialogo
è solo più possibile con credenti cattolici che sono come noi alla ricerca di
una riforma della chiesa; e a tal proposito si è giustamente sottolineato
quanto noi stessi dobbiamo riformarci, non certo per il puro gusto di riformare, ma intendendo riforma come
funzione della nostra presenza nel
mondo.
L’altro grosso tema era la legge sut
culti ammessi del 1929 e relativo decreto del 1930. Le due linee che si sono
confrontate su questo punto possono
schematicàmènte venir descritte in
questi termini: richiesta pura e semplice di abrogazione e sostituzione con
nuove proposte legislative, oppure restare nella situazione attuale, non certo per i pochi privilegi che la legge ci
accorda, ma allo scopo di tutelare delle possibilità alle quali, in fondo, non
abbiamo interesse di rinunciare nella
poco limpida realtà del mondo. Dopo
attento esame del rapporto recentemente inviato alle chiese fu votato un
ordine del giorno riportato a pag. 7.
Ma la discussione è lungi dalTesser
terminata.
L’EVOLUZIONE
DEL MOVIMENTO ECUMENICO
Con un culto tenuto da Agostino Garufi si chiusero i lavori. Fece loro seguito una conferenza sulTevoluzione
del movimento ecumenico pronunciata
da Aldo Sbaffi. Il discorso, chiaro e
documentato, si divideva in due parti:
il Consiglio ecumenico delle chiese e la
Chiesa di Roma.
IN MARGINE ALLA DECISIONE DEGLI EDITORI DI OUOTIDIANI
DI SOSPENDERE IL GIORNALE DELLUNEDI’
La concentrazionB delle imprese ediloriali
e la libertà d’espressione
Avvertiamo lettori e collaboratori ehe, come di consueto, il nostro
periodico uscirà quindicinalmente, nei
mesi di luglio e agosto, e porterà le
date 14 e 28 luglio, 11 e 25 agosto.
In questi giorni in cui i problemi
della slampa quotidiana agitano in
modo particolare il nostro paese, ci
pare interessante riprendere dall'ultimo numero delle « Informations UNESCO » un articolo di un giornalista
malgascio. red.
Il numero dei quotidiani aumenta
nel mondo, di circa 4% ogni dieci anni, Ma parallelamente a questa limitata progressione globale, si constata
un’altra tendenza che concerne in modo speciale le nazioni industrializzate: la diminuzione del numero delle
testate, che coincide con una concentrazione delle imprese editoriali.
Ancora recentemente la scomparsa
di quotidiani celebri, in qualche caso
centenari, ha attirato l’attenzione su
questo movimento apparentemente
inevitabile, che rappresenta un rischio
temibile per la libertà d’espressione.
Ma che cosa indica, esattamente, la
espressione « giornale quotidiano »?
Dando seguito a una raccomandazione della Conferenza generale delTUNESCO del 1964, relativa alla normalizzazione intemazionale delle statistiche dell’editoria periodica e non,
è considerato quotidiano « un giorna
le d’informazione generale destinato
al grande pubblico e che ha come scopo essenziale di costituire una fonte
originale d’informazione scritta sugli
avvenimenti d’attualità che interessano gli affari pubblici, le questioni internazionali, la politica, e che appare
almeno quattro volte per settimana».
Partendo da questa definizione, l’ultimo annuario statistico delTUNESCO
conta, per il 1969, 7680 quotidiani in
tutto il mondo, con una tiratura complessiva di ,365 milioni di copie, cioè
130 giornali per 1.000 abitanti. Dieci
anni prima si erano contati 7350 quotidiani con una tiratura di 275 milioni di copie.
UN FENOMENO CARATTERISTICO
DEI PAESI INDUSTRIALIZZATI
Vi è un incontestabile aumento numerico per alcuni continenti: America
del Nord (1880 quotidiani nel 1969,
contro 1865 nel 1959), America latina
(1085 contro 1064), Asia orientale (360
contro 280), Asia meridionale (1600
contro 1300), Oceania (114 contro 100)
e URSS (630 contro 500).
Si constata invece una diminuzione
sensibile del numero dei quotidiani in
È un fatto che il CEC, nato per
unire, oggi divide. Dopo la denuncia
dei lati meno « profetici » e meramente « verbali » del suo lavoro, e malgrado alcuni successi come l'avvicinamento dei pentecostali, il CEC sembrava in crisi quando si mise sulla strada
dell'azione, suscitando non pochi dissensi. Forse la crisi non fa che cominciare ora. Prendiamo il razzismo: se
ne era parlato molto, ma facendo qualcosa si è suscitato un putiferio. « Voi
non siete neutrali » — ha detto qualcuno; ma Cristo non ha chiesto ai suoi
discepoli neutralità. Fondamentale è il
ripensamento delTunità della chiesa,
non più intesa in senso troppo generale, ma concretizzata nella koinonia locale. Koinonia, è la comunità che lotta
insieme con imo scopo.
In secondo luogo, Roma. Qui l’oratore ha posto ima semplice premessa:
solo la libertà crea comunione; dove
non c’è libertà non ci può esser koinonia. Un vero dialogo con l’istituzione
romana non può più aver luogo. Lo dicono gli stessi cattolici. I dogmi sono
esclusi dalla libera discussione. Fino a
poco tempo fa per risollevare le speranze si citavano le prospettive di lavoro pratico comune tra CEC e Roma.
Invece anche qui si registra un passo
indietro (ridimensionamento del lavoro
per lo sviluppo e la pace, noto sotto
la sigla SODEPAX).
La vera speranza è nella koinonia
spontanea con la comunità alternativa
a quella egemonizzata dalla gerarchia.
La risposta di noi protestanti — anche per quanto riguarda l’unione tra
di noi — non sarà mai l’unità in una
istituzione. Non c’interessano le unioni istituzionali, ma la koinonia: « a
quella ci credo fermamente » conclude
l’oratore.
* * *
La nuova Commissione distrettuale:
Eugenio Rivoir, Bruno Costabel, Daniela Dessy.
Deputati per il sinodo: Paolo Bogo
(Cinisello), Lorenzo Bonfante (Verona),
Maddalena Costabel (Felonica), Christian Gysin (Basilea), Anna Maria Micheletti (Brescia).
Sergio Rostagno
Africa (210 nel 1969, contro 220 nel
1959) e soprattutto in Europa (1800
contro 2020). Ma, ancor più che la diminuzione delle testate, si accentua
nei paesi industrializzati la concentrazione delle imprese editoriali, come
risulta da un'inchiesta realizzata dalla
Federazione internazionale degli editori di giornali e pubblicazioni, organismo non governativo associato al
lavoro delTUNESCO. L’evoluzione della situazione in Olanda offre al riguardo un esempio che colpisce: infatti se
il numero dei quotidiani rimane quasi
costante, quello delle case editrici è
invece caduto da 54 a 34 fra il 1960 e
il 1970. Ritroviamo qui il fenomeno
della concentrazione che spiega, i%
una certa misuraj la crisi attuale della stampa quotidiana.
Le organizzazioni professionali identificano quattro cause principali dì
questa concentrazione: 1) aumento
delle spese tecniche (stampa, pubblicazione, distribuzione etc.) che a termine più o meno breve condanna le
piccole e medie imprese; 2) necessità
d’investimenti considerevoli per aggiornare l’attrezzatura; 3) insufficienza delle risorse procurate dalla pubblicità; 4) spese supplementari necessarie per fronteggiare la concorrenza
Georges Ravelonasy
(continua a pag. 8)
I protestanti italiani
per la cessazione
dei conflitto vietnamita
Roma, 22 giugno — (NEV) I recenti
sviluppi del conflitto vietnamita, e soprattutto l’uso indiscriminato dei più
moderni mezzi bellici, utilizzati anche
contro la popolazione civile « fanno temere la distruzione globale del paese
vietnamita e dei suoi abitanti ». Facendosi portavoce « dell’indignazione
suscitata in larga parte del protestantesimo italiano dai recenti sviluppi del
conflitto vietnamita », il Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia ha indirizzato al Presidente del Consiglio, on. Giulio Andreotti, inviandone copia al Ministro degli
Esteri on. Moro, una lettera con la
quale invita il Governo italiano a svolgere « a tutti i livelli ogni possibile
azione per sollecitare Timmediato ritiro dal Vietnam e dalla zona indocinese di tutte le forze militari americane » ed a richiedere « l’effettivo rispetto delTindipendenza e dell’autodeterminazione dell’intero popolo vietnamita ».
Questa lettera, che ha il senso di un
vero e proprio appello, fa seguito a
numerose prese di posizione espresse
da organizzazioni e comunità protestanti in Italia ed all’estero contro l’intervento militare americano nel Vietnam. Alcune di queste prese di posizione sono ricordate dal past. Mario
Sbaffi, presidente della Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia, nella sua lettera: da quella del segretario generale del Consiglio Ecumenico
delle Chiese, dr. E. Carson Blake, a
quella del rabbino A. Lelyveld, presidente del Congresso ebraico americano, con il quale la lettera concorda
nel ritenere che « è sbagliata l’idea
che spetti agli Stati Uniti determinare
il futuro del popolo vietnamita ».
Riguardo alle motivazioni che hanno spinto la Federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia a farsi portavo(continua a pag. 5)
2
pa^. 2
K. 26 — p ugno 1,'^2
♦ PAROLA DI DIO » PAROLE DELL'UOMO ♦
Babele: chi s’innalza sarà abbassato ■ Perché fu composto il primo evangelo, quello di Marco? -- Il commento biblico: credere che dieci
giusti possono salvare la città - in che senso il culto è il centro della vita della comunità? -Ecumenismo: risultati inquietanti dei colloqui
tra luterani e cattolici, proprio mentre si profila la possibilità di una « concordia » luterano-riformata
caiira ruiiicg Tesiaimnii: la coniHsione delCuomo S anni ad ana crisi generale del La crisi attuale del culto
dipende da fattori negativi o positivi?
Con l’episodio della Torre di Babele,
Gen. 11; 1 segg. si chiude la parte narrativa del racconto delle origini. L’autore parte dall’ovvia constatazione che
gli uomini parlano lingue diverse e che
quindi non si comprendono, a meno
che l’uno non impari la lingua dell’altro; ed anche allora la comprensione
tra persone provenienti da paesi con
usi e costumi diversi è tutt’altro che
facile. Lo scrittore sacro vede in questa situazione un’ennesima conseguenza del peccato dell’uomo: nei suoi rapporti interrotti con Dio egli vede anzitutto la conseguenza dell’orgoglio
umano; costruire una torre che arrivasse fino al cielo era impresa difficile, ma non impossibile in una civiltà che credeva in un universo limitato; raggiungere Dio rientrava quindi nelle possibilità dell’uomo, ove Iddio non si fosse attivamente opposto.
Secondo il nostro autore, dunque,
quello che l’uomo non era riuscito a
fare nell’Eden, lo ritenta qui con mezzi diversi e anche qui è l’uomo ad essere sconfìtto e ad essere disperso.
Ma il passo ci dice qualcosa di diverso ancora. In Babilonia i templi
erano a forma di torre, e dato che i
costruttori non conoscevano l’arco e
si servivano di materiali poco resistenti come il mattone cotto al sole, tali
torri erano piene, massicce, mentre
gli edifìci sacri e le scale si trovavano
tutte all’esterno. Ne risultava una serie di costruzioni pesanti, sgraziate
anche se non prive di una certa austera solennità, a giudicare dai resti giunti fino a noi. Lo scopo della costruzione era semplice: in una regione come
la Mesopotamia, praticamente priva
di monti almeno nella zona dei due
fiumi, la massiccia torre sostituiva la
montagna sacra, sulla quale il popolo
con in testa il Re adorava. Anche in
Israele abbiamo notizia degli « alti luoghi » e delle montagne, sui quali le
popolazioni ancora influenzate dal culto di Canaan, offrivano il proprio
culto.
Ma nella teologia d’Israele s’opera
una trasformazione polemica: quelle
torri, che in Babilonia erano l’esempio
della più alta devozione, diventano per
Israele un segno di bestemmia: non è
l’uomo, in Israele, che sale verso Dio
(tale è, come vedevamo, il peccato di
Gen. 3), ma è Iddio che scende verso
l’uomo. Cercando di salire verso Dio,
anche se l’uomo l’avesse fatto con le
migliori intenzioni, egli si sarebbe reso reo di bestemmia.
All’episodio della Torre di Babele
segue la genealogia di Abramo: ha inizio una nuova epoca, quella del popolo
eletto; precede la cosiddetta « tavola
dei popoli »; l’etnologo moderno potrà
forse sorridere alla notizia chg l’umanità intera discende da un capostipite
comune attraverso i suoi tre figli. Ma
il messaggio che questo concetto vuole trasmetterci trascende la semplicità della formulazione: l’umanità è
una: non vi sono uomini superiori ed
uomini inferiori, gli uomini sono uguali nelle intenzioni del Creatore. Se
Iddio deciderà l’elezione di un popolo
particolare, ciò non avviene perché
Israele sia migliore degli altri: è semplicemente una prova della misericordia divina. L’Antico Testamento prima
e la coscienza d’Israele poi sono stati
sempre chiarissimi a questo proposito: che l’elezione di un popolo, Israele,
ha valore puramente funzionale, strumentale, non è un titolo di gloria.
Alberto Socgin
Stiamo assistendo in questi ultimi
anni ad una crisi generale del
culto, crisi che si manifesta perlopiù sotto forma di assenteismo. Spesso ne ricerchiamo le cause nella mancanza di maturità e di sensibilità di
molti, oppure, più superficialmente,
nella cosidetta civiltà dei consumi con
tutte le sue implicazioni. Più raramente però, ci domandiamo se esistono altre cause che dipendono dalla struttura stessa del culto e dal ruolo che esso ha attualmente nell’insieme della
vita comunitaria. La crisi del culto potrebbe dipendere da particolari fattori non necessariamente negativi, sintomo di tendenze della comunità a ricercare nuove forme di espressione e
di essere.
La comunità cristiana è, genericamente, un gruppo di persone che si
raccoglie intorno alla Parola di Dio e
ai sacramenti. In questa visione, allora, il culto diventa il luogo e il momento più importanti della vita della
comunità, perché nel culto la comunità
si riunisce per ascoltare la parola di
Dio e la predicazione, che — come abbiamo visto — sono l’elemento essenziale perché si possa parlare di comunità cristiana.
Il centro del culto sta nell’affermazlone di una presenza di Dio tra gli
uomini, attestata dalla Parola, la quale
ne diventa la realtà più importante.
L’ascolto della Parola avviene in due
momenti distinti: quello della lettura
della Bibbia e quello della predicazione. Tra i due momenti, quello più importante secondo il pensiero protestante è quello della meditazione e della
predicazione, perché quest’ultima permette di rendere attuale il messaggio
biblico; cioè non è sufficiente la sola
lettura delle Sacre Scritture ma è necessario interpretare e attualizzare il
messaggio biblico in modo che esso
venga effettivamente recepito dalla comunità in ascolto.
Infatti una comunità non può costituirsi soltanto e unicamente intorno
ad una « Scrittura »; 1’esistenza e la
lettura di un documento, anche importante, non è di per sé un elemento
unificante; è necessario che questo documento possa avere una certa influen
La lettera e io Spirito: Genesi 18: 16-33
Dieci giusti
il Giudizio di Dio viene su! mondo:
Sodoma è stata distrutta a motivo di colpe
gravi e precise (cfr. Gen. 13/13): ciò che
l'ha travolta non è stata una catastrofe impersonale ( un terremoto, diremmo noi moderni, abituati come siamo a spiegare tutte le cose nel modo più banale possibile)
ma un atto delia giustizia di Dio : un fulmineo accendersi del rapporto che sempre
sussiste tra Luì e il mondo.
Ma Dìo rivela il senso di questo rapporto ai suoi eletti ( in questo caso ; Abramo ) :
lì ha chiamati, ti ha costruiti affinché vivano una vita conforme al suo Regno, affinché
pongano mano a un'impresa che deve prendere radice in questo mondo, durare per
generazioni (i «figlioli» del v. 19) ed
assumere un inquadramento stabile ( la
«casa» del v. 19). Al suo eletto, impegnato in questa impresa di testimonianza e
di costruzione, Dio rivela il suo disegno
per la storia presente, e glie lo rivela in
modo piano, familiare, in modo umano:
non è l'ukase di un sovrano assoluto, né il
decreto impersonale di un Dio astratto; il
Signore parla ad Abramo in modo diretto,
come lo farà poi nella familiarità dei discorsi di Gesù di Nazareth. Poiché l'eletto
ha la sua parte relativamente autonoma
nella logica dei piano divino: è un collaboratore di Dio, un artigiano al suo servizio.
E l'Eletto interviene a favore della città
condannata : a Sodoma c'è un credente
sviato (Lot), e forse ci sono altri che hanno fatto il cammino inverso a Lot: forse ci
sono 50, o 10 giusti: se ci sono, il giudizio
di Dio può trasformarsi in grazia : è ciò
che Abramo chiede per la città : perché
dieci giusti possono salvare la città.
La città non lo sa, o lo nega : pensa che
il suo avvenire dipenda dal denaro, dal re,
dai terremoti : invece dieci giusti possono
portarla al ravvedimento, porta della salvezza : perché i « giusti » sono gli uomini di Dio, gii uomini dell'Imprevisto: gli
uomini sui quali il fuoco del Regno ha già
impresso segretamenf^ il suo marchio. Dalia loro presenza, dai toro venire in luce, dipende l'avvenire della città condannata.
L'avvenire del mondo dipende da una
di Giorgio Bouchard
minoranza di « giusti » che portino nel loro cuore il marchio di appartenenza al Regno dei Signore: nella civiltà delle banche e delle fabbriche, dello smog e delle
pistole, noi credenti non siamo ì « dieci
giusti»: non illudiamoci che là minoranza
cristiana possa avere la forza di salvare il
mondo, e neanche di lievitare la città in
senso cristiano: noi siamo chiamati ad essere Abramo che scruta nella mente insondabile di Dio la possibile esistenza di quei
«dieci giusti» (nella preghiera!), ed il significato positivo della loro presenza a favore della massa degli iniqui.
Perché dieci giusti possono salvare la città : non il suo denaro, non il suo buon
senso, non la sua buona volontà né il suo
egoismo, non la migliore organizzazione né
la cultura : solo i « giusti », dieci o cinquanta che siano : ma questi lo possono
davvero, perché fanno già parte della preistoria dì Dìo (e sono chiamati ad entrare
coscientemente nella sua storia).
Dieci giusti possono salvare la città ; e
agli eletti dell'Iddio vivente non è mai lecito di dubitarne.
Capire il Muovo Teslamenlo: Ìl piD 3lltÌC0 6V3nyfilO cronache ecumeniche:
Inseguendo attraverso varie tappe
lo sviluppo della testimonianza primitiva a Gesù, che porterà alla composizione dei quattro evangeli, siamo giunti oggi all’ultima tappa, cioè alla domanda seguente: come fu che ad un
certo punto — anche abbastanza avanti nella storia della testimonianza di
fede a Cristo — venne composto il più
antico evangelo?
Prima di cercare una risposta è opportuno ricordare che per il protestantesimo (e da un quarto di secolo
anche per un numero crescente di studiosi cattolici, non sempre però a livello divulgativo) il più antico evangelo dev’essere stato quello di Marco.
I motivi che portano a questa certezza sono molti e la lóro evidenza si
somma in modo convincente. Marco
dev’essere stato composto intorno all’anno 70 d. C. (subito prima o immediatamente dopo), l’anno cioè in cui i
Romani conquistarono Gerusalemme
e dettero alle fiamme il suo tempio,
che non venne mai più ricostruito.
Anche i frammenti di Marco recentemente identificati, secondo uno studioso spagnuolo, fra i reperti delle grotte di Qumràn e di cui si è dato notizie anche su « Eco/Luce », non porteranno a modificare di molto questa
data a meno di autorevoli conferme
basate su più approfondite analisi.
Torniamo alla nostra domanda: perché fu composto il primo evangelo?
A questa domanda molti hanno cercato di dare risposta; così il prof.
Eduard Schweizer, dell’università di
Zurigo, che tra l’altro ha anche scritto un commentario popolare a Marco,
tradotto in italiano. Secondo lo Schweizer, l’evangelista avrebbe sentito l’urgenza di sottolineare che la Parola di
Dio si è fatta evento per il mondo nell’insieme dell’attività, della morte c
della risurrezione di Gesù; non in singoli detti, com’erano quelli dei rabbini ebrei, perché in questo caso sarebbe rimasto soltanto un « maestro » la
cui sapienza si poteva anche accettare senza che si volesse avere a che fare con la sua persona; non in una sofferenza esemplare, che avrebbe richiesto solo degli imitatori; non in singoli miracoli, perché in questo caso lo
si sarebbe adorato come un guaritore
divino, e neppure in una proclamazione teorica della grazia divina. Marco
va collocato nel quadro del suo tempo, dopo il tramonto delle controversie paoliniche sulla validità della Legge e sulla libertà dell’Evangelo; un
tempo che potremmo chiamare quasi
di trionfalismo dottrinale, caratteriz
zato dalla cristologia di Colossesi e
Efesini, dalla dossologia di Rom. 16:
25-27, dall’inno di I Tim. 3: 16. Tutti
questi testi sembrano rispecchiare in
rnodo unilaterale il trionfo dell’annunzio di Cristo nel mondo. E la persona
di Gesù? Che relazione aveva con tutto questo? I convertiti fuori di Palestina rischiavano di sentirne parlare
rnolto poco; il suo nome rischiava di
diventare un puro simbolo. Così Marco scrive il suo Evangelo ricalcando
10 schema dell’annunzio, del kérygma
primitivo, vincolando la fede al criterio del Gesù terreno nel quale Dio
agisce, nella sua autentica incarnazione e nella sua autentica morte sulla
croce. Ma questo può essere capito
solo grazie alla comunione con il Gesù
vivente, non con il solo ricordo di un
« Gesù storico »: solo la comunione
con il Cristo risorto può aprire gli
occhi alla sua comunità e farle capire
ogni costì.
Così, TEvangelo di Marco descrive
la rivelazione di Dio nelle opere potenti e nei dibattiti polemici di Gesù;
nelle sue parabole; nella lotta contro
11 legalismo giudaico, seguita dalla
predicazione missionaria ai pagani (i
lettori di « Eco/Luce » hanno riconosciuto senza dubbio la struttura dei primi 8 capitoli di Marco!). A queste tre
forme di rivelazione corrispondono tre
manifestazioni di incredulità: prima i
farisei, poi il popolo, poi i discepoli.
Allora Gesù comincia a parlare della
necessità della sua morte ed invita i
discepoli a seguirlo su quella via perché solo cosi potranno capire il senso
di queU’avvenimento; sono i tre annunzi della passione, alla fine dei capitoli 8, 9 e 10 di Marco. Da quel momento, attraverso un crescendo di
ostilità, Gesù si avvicina sempre più
alla croce, dove morirà abbandonato
anche dai discepoli più affezionati. Da
quel momento sarà ancora Gesù a andare innanzi ai suoi discepoli come
prima — ma sarà il Gesù risorto
Ü6: 7), che li chiamerà di nuqvo a seguirlo, che darà loro verarhente la
possibilità di incontrarlo e di comprenderlo. Non bastano i miracoli e
i dibattiti a produrre la fede: per questo la via di Gesù passa attraverso la
umiliazione e la sofferenza della croce. E chi vede e crede non sono i « discepoli », ma gli estranei: Giuseppe
d’Arimatea, membro del Sinedrio (I),
il centurione romano...
Così, secondo Schweizer, ha preso
forma il più antico dei quattro evangeli.
Bruno Corsani
Il dialogo fra luterani e cattolici
L’ultimo numero del servizio informazioni della Federazione Luterana
Mondiale comunica che si sono concluse le conversazioni dottrinali a livello ufficiale tra la Chiesa cattolicoromana e la Federazione luterana, iniziate cinque anni or sono, nel 1967. Il
Dr. H. Meyer, professore a Strasburgo
presso l’Istituto (luterano) per la Ricerca Ecumenica, che ha partecipato
alle conversazioni fin dall’inizio, riassume in questi termini i risultati raggiunti:
— Affermazione comune che la parola di Dio è sovrana e non a disposizione dell’uomo. Ogni autorità nella
chiesa deriva dal servizio reso a questa parola.
— Ampio consenso nella comprensione della dottrina della giustificazione come espressione della natura incondizionata del dono della salvezza
da parte di Dio. Tuttavia la giustificazione non può essere limitata al perdono individuale dei peccati né a una
dichiarazione di giustizia puramente
esterna, “forense". È piuttosto il principio di una nuova vita, personale come pure nella società. Allo stesso tempo le due parti accentuano il carattere indispensabile della dottrina della
giustificazione com<; base della libertà cristiana che si oppone a ogni forma di legalismo, e riconoscono come
appropriata la sua influenza sul concetto di chiesa, di ministero e di eucaristia.
— Accordi su punti sostanziali riguardo all’eucaristia, specialmente per
quanto concerne la presenza reale di
Cristo nell’eucaristia. Si è avanzati
verso una comprepsione dell’eucaristia come “sacrifìció" che non solo elimina le tradizionali riserve luterane
su punti decisivi ma corrisponde persino ad aspetti importanti della dottrina luterana dell’eucaristia.
— Consenso riguardo alla comprensione fondamentale e alla struttura
essenziale del ministero: la necessità
di una funzione speciale del m n stero netta clvesa, che è “procrio nel
mezzo" della comunità e allo stesso
tempo “sta di fronte" al'a común’tà
nella misura in cui la funzione ministeriale esprime l’Evangelo e perciò
rappresenta Cristo. Chiare convergenze nella comprensione del carattere
“sacramentale” dell’ordinazione, nel
concetto di “successione apostolica" e
nel cosiddetto "carattere sacerdotale”.
Questi accordi e queste convergenze
annullano l’opposizione tra un concetto del ministero specificamente “luterano" e uno specificamente “cattolico", col risultato che si può sostenere
teologicamente il riconoscimento recìproco del ministero della chiesa.
Se questa è una sintesi relativamente completa e attendibile dei risultati
dei colloqui teologici cattolico-luterani di questi ultimi anni, e se noi la interpretiamo correttamente, c’è da essere costernati. L’impressione complessiva è che su molte questioni decisive le posizioni luterane sono state
largamente sacrificate a quelle cattoliche. Nel sommario del prof. Meyer il
protestantesimo funge tutt’al più da
correttivo del cattolicesimo anziché
essere una alternativa! Non solo ma
si direbbe che è soprattutto la posizione cattolica che corregge quella
protestante anziché il contrario. I ruoli sembrano invertiti: non è più il
punto di vista della Riforma che modifica quello cattolico, è il punto di
vista cattolico che modifica quello della Riforma!
È difficile credere che la teologia luterana ufficiale sia stata — giudicando in base al sunto del prof. Meyer —
così remissiva nei confronti di quella
cattolica. Un parere definitivo potrà
essere dato solo conoscendo il testo
completo degli accordi raggiunti. Se
però questa indagine dovesse confermare l’impressione che si ricava leggendo il sommario del prof. Meyer,
diventerà inevitabile dissentire apertamente da simili consensi. C’è da chiedersi, in particolare, che senso abbia
affermare che « la parola di Dio è sovrana » e poi accettare e far proprie
una serie di nozioni che o non hanno
alcun fondamento in questa Parola oppure la contraddicono (l’idea che il ministero « rappresenta Cristo », mentre
Cristo non ha rappresentanti ma solo
testimoni e servitori; il discorso sul
« ministero » preso al singolare mentre il Nuovo Testamento conosce i
« ministeri » al plurale; la nozione, comunque intesa, di « sacrificio » connessa con l’eucaristia senza che se ne
trovi alcun riscontro nel Nuovo Testamento; l’idea di un « carattere sacramentale » dell’« ordinazione » quando si sa che la nozione stessa di sacramento è inesistente nel Nuovo Testamento; e via dicendo). Qui, più che
la parola di Dio sembra sovrana, in
larga misura, la teologia cattolica.
per questo non
attività nel solo
za su un particolare gruppo di persone
affinché queste diventino una vera comunità.
In qupta prospettiva il culto vuole
in cui viene predicata
la Parola, e la Scrittura diventa allora
parola per la chiesa, parola-evento perche e parola della venuta di Dio per
coloro che 1 ascoltano. ^
® effettivamente
un momento importante nella vita della comunità,^ ma non può e non deve
diventarne 1 unico momento, come invece avviene attualmente molto spesche la comunità si
che^da'"°.n ■ ® determinata an
che da altri legami e che è portavoce
di talune esigenze, e
può esaurire la sua
culto.
considerazioni pare chiadel culto dipende non solo da fattori esterni come quelli che abbiamo elencato più
opra, ma anche dalla esigenza di ridimensionare la sua importanza nel
contesto della vita comunitaria.
Un altra considerazione molto importante concerne le effettive capacita del culto di essere il momento unificante della comunità: molto spesso
quest unita e solo apparente e i singoli partecipanti si trovano soli davanti a Dio. La predicazione che avviene durante il culto infatti non
sempre favorisce la nascita di uno
spinto chiaramente comunitario; nel
suo sforzo di attualizzazione della Parola, essa assume generalmente tre
tìtteggiamenti diversi: essere moraleegiante, essere entusiasta e esaltare cosi il sentimento religioso, essere con
intenti didattici. Nei primi due casi
ta predicazione non si rivolge alla comunità nel suo insieme ma alle singole persone che si ripiegano su se
stesse per confrontare la propria vita
con CIO che il pastore dice, perdendo
di vista la dimensione comunitaria;
nell ultimo caso, la predicazione può
essere seguita solo da un ristretto numero di persone che sono quelle più
colte, e non può rivolgersi con profitto a tutta la comunità.
Queste considerazioni aiutano a
comprendere alcuni aspetti della cr'si attuale del culto che non è più sentito come il momento unificante della comunità. In questo senso la crisi
attuale non è negativa ma indica l’esigenp di trovare un significato più
piorondo della comunità e forme più.
attuali della predicazione della parola di Dio, la quale rimane lo scopo
fondamentale della chiesa cristiana:
Per^ giungere ad una nuova comprensione della chiesa, più consona al6 di riflesso ad un nuovo
significato del culto, ci può aiutare
quanto dice Bonhoeffer; « La chiesa é
l umanità perdonata da Cristo » e in
quanto tale essa non è una comunità
religiosa accanto ad altre ma è una
« nuova umanità ».
Questo fatto comporta che la comunità deve ricercare il senso del suo
essere in Cristo, Colui che l’ha salvata
e non ha bisogno di ricercare il suo
momento unificante nel culto o in
qualche altra attività particolare.
Certa dell’annuncio di perdono e di
grazia da parte di Dio, la chiesa ha
allora il compito di predicare questo
annuncio di salvezza ed essa può fare
questo non perché è composta da singoli ciedenti ma perché è una vera
comunità che predica nelle forme che
di volta in volta le sembrano più opportune.
In questa prospettiva, se il culto è
il luogo in cui avviene la predicazione,
allora tutta l’attività della chiesa è
'< culto »; esso non è più un momento
particolare della vita della comunità,
in cui i singoli individui compiono il
loro dovere religioso davanti a Dio,
ma diventa lo scopo reale della vita
comunitaria.
Andrea Ribet
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Durante l’estate la pubblicazione di questa pagina viene sospesa; essa riprenderà, a Dio piacendo, in autunno, in forma rinnovata. Esprimiamo la nostra viva gratitudine a chi
vi ha regolarmente ed efficacemente
collaborato.
Se il concordato teologico raggiunto tra luterani e cattolici venisse ratificato dalle rispettive chiese nei termini contenuti nell’esposto riassuntivo
del prof. Meyer, inevitabilmente risulterà compromesso il buon esito dei
colloqui in corso tra luterani e riforfati, m vista di un «Atto di Concordia » (una bozza è già stata preparata
e inviata alle chiese interessate, compì esa la nostra). Sarebbe increscioso
che il dialogo tra luterani e cattolici
avesse come contraccolpo la stasi o
la paralisi del dialogo tra luterani e
riformati. Questa eventualità deprecabile sarà evitata soltanto nella misura
in cui la parola di Dio sarà veramente
« .sovrana ». Ma finché sono sovrane le
chiese e le loro teologie, si arriverà
forse a un accordo, ma non a un ac
cordo evangelico. Paolo Ricca
3
30 giugno 1972 — N. 26
pag. 3
LA BIBBIA NON LETTA
IL PROTESTANTESIMO HA UN AVVENIRE ?
Autobingrafìa
IL PROFETA OSEA
Ecco il problema che bisognerebbe
risolvere per comprendere meglio il
profeta Osea. Ma il quesito rimane senza risposta e gli studiosi continuano a
dividersi prò o contro l’una o l’altra
tesi: autobiografia o romanzo?
In altre parole: il libro del profeta
Osea è ricamato sulla trama di un racconto che si dà per autobiografico, ma
che potrebbe facilmente essere una finzione letteraria. Chi dice che ci sono
riferimenti troppo precisi alla vita privata di Osea perché si possa trattare
di una finzione letteraria e chi, all’incontro, sostiene che proprio per il carattere intimo e scabroso di certi fatti
un predicatore avrebbe evitato di farne pubblicità. Rimane che è da una
esperienza di vita (vissuta o immaginata) che il Profeta trae argomento
per la sua predicazione presentandola
come una parabola. Eccola in riassunto:
Un dramma coniugale
Osea riceve da Dio l’ordine di sposare una prostituta di nome Corner (alcuni hanno cercato di nobilitarla un
po’, facendone una donna addetta alla
prostituzione sacra nel tempio di Baal,
dove si celebrava il rito della fertilità).
Da questa donna il Profeta ha, successivamente, tre figli ai quali vengono
dati nomi simbolici: Izreel, il primogenito, (che significa « Dio semina » o
« Dio disperde »), poi una bimba LoRuhama (Non-graziata), quindi un secondo maschietto Lo-Ammi (Non-mio
popolo). Sebbene Corner tradisca e abbandoni il marito per riprendere la
sua vita dissoluta, il Profeta continua
ad amarla e quando, finalmente pentita, ella tornerà alla vita coniugale,
Osea non esiterà a perdonarla e a riprenderla con se. Come simbolo e segno del perdono e della riconciliazione,
i figli avuti dalla donna cambieranno
nome: la bambina non sarà più LoRuhama ma « Ruhama » ossia « Graziata », il figlio non più Lo-Aìtittiì, ma
« Ammi » ossia « Popolo mio ».
La forza dell’amore
Due uomini:
due tipi di predicazione
n romanzo ■'La sola religione viva
1-1-f • „„mini e non fra eli infimi, so- latori di ricchezze maggiori di quan- l’Evangelo. che racchiude in sé Pavve
« Io ti sposerò a me per sempre, ti
sposerò a me nella giustizia e nel diritto. Ti sposerò a me nella fedeltà e
tu conoscerai il Signore », oppure, al
cap. 6° « Venite, torniamo al Signore
perché Egli ha lacerato, ma ci risanerà » (v. 1 ) oppure « Io voglio amore e
non sacrifici, e la conoscenza di Dio anziché gli olocausti » (v. 6) o anche la
promessa per i tempi della restaurazione «Io (il Signore) guarirò la loro
infedeltà e li amerò di cuore... sarò per
Israele come la rugiada ed egli fiorirà
come un giglio » (14: 4-5) ecc.
E notevole come, più di settecento
anni prima di Cristo, un Profeta
avesse già una così profonda conoscenza del Dio dell’Evangelo, ossia
del Dio che è, per sua essenza. Amore,
e anticipasse quell’immagine che Cesù
riprenderà quando presenterà se stesso come lo Sposo divino e la sua salvezza come un patto d’amore, la cui
scaturigine prima è nel mistero della
Grazia: « non siamo noi che abbiamo
amato Dio, ma è Lui che ha amato
noi» (1 Giov. 4: 9). Quando l’Apostolo
Paolo esortava: « mariti, amate le vostre mogli come Cristo ha amato la
sua Chiesa» (Efesini 5:25 e Col. 3: 19)
Questa la storia, il cui significato allegorico è subito chiaro: Dio (lo Sposo) ha scelto come sposa il Popolo di
Israele (che era originariamente un popolo pagano) e lo ha legato a se ran
un patto d’amore che il popolo ha,
purtroppo, violato. Per questa violazione del patto, che i profeti chiamano
sempre infedeltà, i figli di Israele non
sono più « graziati » né « popolo mio ».
Ma l’amore di Dio per la sua sposa,
anche se infedele, non può venir meno e finirà per trionfare. Israele pentito tornerà al suo sposo divino e i
suoi figli saranno di nuovo « graziati »
e « popolo mio ».
Dopo rallegorico racconto, che copre
i tre primi capitoli del libro, segue
una raccolta, piuttosto disordinata, di
brani della predicazione di Osea al
popolo fedifrago, nei quali rampogne
e promesse si alternano, sempre sul
tema di fondo del libro: Tamore di Dio
per il popolo infedele.
Un amore che soffre di dover castigare e che è sempre pronto al perdono
di chi si ravvede. Un amore che potrebbe avere per motto il verso Dantesco « Amor che a nullo amato amar
perdona» perché Qsea ha una fiducia
assoluta nella potenza persuasiva dell’amore di Dio, che è destinato a vincere anche il cuore più indurito.
Osea è, anno più anno meno, contemporaneo di Amos e le circostanze
storiche che formano il quadro della
sua attività profetica sono pertanto le
stesse: la prosperità economica del regno di Geroboamo II e la rilassatezza
della fede e dei costumi, che dovevano preparare il terreno ai tempi di
anarchia e di violenza che seguirono
la sua morte: tutta una serie di re che
usurpano il trono, mediante l’assassinio, e che altrettanto violentemente lo
perdono, finché, dopo meno di un
quarto di secolo (722 a. C.), il Regno
d’Israele finirà miseramente, invaso
dagli Assiri che deporteranno gran
parte della popolazione.
A leggere Qséa vien subito fatto di
paragonarlo al suo contemporaneo
Amos, non solo per l’identità del quadro storico nel quale svolgono la loro
attività di predicatori, ma per il medesimo movente che li ispira, seppure
con uno stile così diverso. Amos e ii
profeta della giustizia, sempre austero
anche nelle promesse di perdono, Osea
è il profeta dell’amore appassionato,
che è sconvolto e addolorato dalle minacele stesse che deve pronunciare,
perché ritiene che la forza più persuasiva per richiamare i peccatori a ravvedimento sia sempre quella dell’amore.
Preludio all’Evangelo
Due uomini, e non fra gli infimi, sono in conversazione. Parlano di tutto,
della vita e della morte, delle civiltà
e delle società, di politica e di religione. Sono l’uno e l’altro agnostici,
ma entrambi affascinati dal problema
che si pone a ogni uomo, quello del
senso della sua vita.
L’uno è di origine cattolica, l’altro
induista. L’uno è Francese, l’altro Indiano. Malraux e Nehru sono faccia
a faccia Nehru, nella sua autobiografia, aveva scritto che la religione aveva’quasi perduto la sua spiritualità, in
India come in Decidente, e persino il
protestantesimo, che pure è « la sola
religione vivente ». à4alraux si dichiara « interdetto » da quest’affermazione. La discussione è intensa, appassionante. « Manca all’umanità — dice
Nehru — qualcosa d’essenziale. Che
cosa? Un elemento spirituale, che imbrigli il potere scientifico dell’uomo
moderno. E chiaro, ormai, che la
scienza è incapace di dare ordine alla
vita... ». Si assiste a questo dialogo leggendo le Antimémoires di Malraux
(p. 327 ss.).
Citare oggi questo parere di Nehru
sul protestantesimo non significa volersi attribuire, per interposta persona un brevetto di eccellenza. Significa
sua Lniesa» ^uresini d.lj e o. ly) na, un uicvcLt»^ va*
egli non faceva che riprendere il tema' invece volersi mettere m condizione
rii Ocpn rn«!! pome rii aiimtificare un apprezzamento cosi
della predicazione di Qsea, così come
era certamente ispirato da Qsea, quando scriveva a Timoteo (2 Tim. 2: 13)
« Se siamo infedeli. Egli rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso ». Ernesto Ayassot
J.I i V VyWxy V V/ X wx. wy X ^
di giustificare un apprezzamento cosi
lusinghiero. .
Se un rappresentante di primo piano dell’India, qual è stato Nehru, ha
dato un giudizio così positivo della
nostra fede, vuol efire che siamo i por
Tributo di gratitudine a Pietro Moneada
Alcune delle sue espressioni sono
una vera anticipazione del messaggio
evangelico, soprattutto come riferito
dall’Apostolo Giovanni. Basti ricordare, tra i tanti esempi che si potrebbero citare, i versetti 19 e 20 del 2» cap.
Una grande anima è tornata a Dio; e quanti lo conobbero molto bene sanno con certezza
che non è dovuta andare lontano. La vita di
Pietro Moncada era dominata da un senso
della presenza di Dio; tanto che, quando una
discussione teologica rischiava di diventare
puramente accademica, egli era particolarmente abile nel tirarla giù dalle nuvole, nel redirmela dalla banalità per farne un momento ■
di incontro spirituale intensamente personale
per tutti quelli che vi erano coinvolti.^
Ero appena arrivato ad Hamilton neH’estate
del 1964 quando, come presidente del Presbiterio, mi telefonò per discutere le modalità
della mia presentazione alla comunità. Quel
contatto iniziale creò in me un’impressione
di calda amicizia, di grande cortesisa e di profonda sensibilità che era destinata ad aumentare col passare degli anni, cosi che questa
divenne per me un’amicizia molto preziosa.
Insieme a molti altri, lo ricorderò per la
felice allegria che dimostrò in innumerevoli
occasioni. Credo che i momenti migliori in
cui l’abbiamo visto siano stati quando si trovava a suo agio fra i suoi amici; allora il
suo traboccante buonumore contagiava gli altri, i suoi occhi allegri splendevano e quasi
lo si poteva vedere alla ricerca della battuta
umoristica adatta all’occasione. E quando la
trovava, come gli succedeva quasi sempre, era
sempre una battuta priva di malignità.
È stato un uomo coraggioso. Effettivamente credo che tutti i nostri ministri di culto
abbiano bisogno di essere uomini coraggiosi
per non eadere facilmente vittime dello scoraggiamento. Pietro non fu un eccezione. Proveniva dalla storica comunione Valdese — la
più antica chiesa riformata del mondo ■— e
portava i segni della forza e del coraggio che
sono spesso le caratteristiche particolari delle
minoranze che hanno passato periodi di grande tribolazione. Per questo si poteva facilniente capire perché, per lui, il grande principio
fondamentale della Riforma, cioè quello della
Libertà Sovrana di Dio, fosse particolarmente
prezioso e della massima importanza, e si poteva facilmente capire perché, per lui, qualsiasi tentativo di limitare o rinchiudere entro
confini l’opera dello Spirito di Dio, per ridurla
entro una specie di oleodotto umano e fisico,
fosse ugualmente odioso.
Fu, durante il suo periodo di servizio, un
efficace presidente di Presbiterio, perché sapeva presiedere senza aver pregiudizi. Si rifiutava di parteggiare per gli uni o per gli altri
in una disputa e manteneva quell’imparzialità
che è indispensabile per adempiere quel compito in modo giusto. Naturalmente capiva la
reale natura e funzione del Presbiterio; lo vedeva non come uno strumento sociale per incoraggiare la gente a stare bene insieme, ma
come un tribunale della chiesa di Cristo al
quale è stata affidata l’ineluttabile responsabilità di esercitare una sorveglianza coraggiosa, decisiva e sensibile.
Il suo lungo pastorato qui a Redeemer (Redentore) è degno di essere ricordato e sarà
ricordato per il suo sincero amore per la sua
gente ed il suo gioioso impegno nella proclamazione del Vangelo. In questo, molti di noi
lo ricorderanno per il suo uso della lingua
inglese. Naturalmente lo parlava con l’accento del suo paese nativo, e perché no? Ma la
sua conoscenza dell’inglese era notevole e di
gran lunga superava l’abilità linguistica di
molti di noi per i quali l’inglese è lingua
madre. Non era soltanto la vastità tecnica del
suo vocabolario, ma piuttosto il suo istinto
naturale per le parole, la sua sensibilità nel
saper trovare la frase felice, che rendevano i
suoi sermoni degni di essere ricordati, se non
addirittura profetici.
Oggi vorremmo onorare la vastità della sua
erudizione cristiana. Non vi sono molti pastori che sono trilingue nella loro cultura, ma
Pietro sapeva leggere i grandi teologi tedeschi senza dove aspettare la comodità di una
traduzione inglese. C era una stabilita centrale, teologica in questo credente, che gli dava
un solido ancoraggio fra i gorghi ed il flusso
e riflusso continuo della modernità e del secolarismo. La sua comprensione del Vangelo
ed il suo impegno per esso erano notevoli e
profondi. E la sua analisi eristica di sistemi
filosofici minori era acuta e drastica.
In un’epoca di « ecumenismo spicciolo » egli
aveva il coraggio di dire una cosa che indubbiamente non era bene accetta in molti ambienti, ma che era non di meno profondamente vera, e cioè che non possiamo permetterci
il lusso di un ecumenismo comprato al prezzo dell’integrità teologica. . - c •
Ed ora con incredibile rapidità egli e fisicamente- partito da noi. Il mistero di questo
fatto e l’angoscia nostra sono aumetati dal
fatto che era nel pieno delle sue forze e che
era in un momento pieno di promesse per
nuove iniziative. Non ci sono risposte facili
agli inevitabili a perché » che si fanno sentire
nei nostri cuori in un giorno come questo.
Cioè, noi non possiamo dare delle spiegazioni
precise; ma abbiamo qualcosa di meglio; abbiamo la sicurezza della presenza di Dio, e
nella Resurrezione di Cristo abbiamo la grande promessa pasquale idi « vita che sarà senza fine ». '
Con queste cose^iii incoraggiamo. Con queste cose ci rivolgiamo con le nostre cure affettuose alla vedova ed alla famiglia. E per
questa vita buona ed utile, che tanto ha riflesso dello spirito di Cristo, noi osiamo dire :
« Sia ringraziato Iddio ».
Fast. Giorgio Skelly, Hamilton
latori di ricchezze maggiori di quanto non siamo noi stessi capaci di constatare. Il protestante ha in genere
spiccate doti critiche, anche autocritiche: un atteggiamento che può giungere all’aùtodènigrazione. Dobbiamo
quindi fare un certo sforzo quando si
tratta di rallegrarci, semplicemente,
dell’Evangelo di Cristo che abbiamo
ricevuto e del quale viviamo. Questo
Evangelo, nella sua semplicità, nella
sua nudità, racchiude in sé di che rendere feconda quest’angoscia così diffusa nel nostro tempo, e trasformarla
ili speranza attiva.
Ciò che conta, in fin dei conti, è vivere di quest’Evangelo. Riporre in Cristo una fiducia piena, assoluta. Lasciarsi « motivare » da lui in tutto.
Nella propria vita interiore, nella propria vita intera. Nella propria vita
politica, pura, ma si. Nehru sapeva di
che cosa parlava. Era un uomo politico e citava a Malraux questa frase
del generale Bradley, un protestante:
« Abbiamo strappato all’atomo il suo
mistero e ripudiato il Sermone sul
monte: conosciamo l’arte di uccidere,
non quella di vivere ».
Qggi si contrappone talvolta vita interiore e vita pubblica. Questa contrapposizione è segno di decadenza.
L’Evangelo, Nehru lo sapeva meglio di
molti fra noi, non lascia scappatoie.
Fa dell’uomo, nella sua totalità, un
artefice e un testimone del Regno.
Il protestantesimo ha un avvenire?
In realtà, l’avvenire del protestantesimo è un problema secondario. L’interrogativo vero, positivo è quello che riguarda l’avvenire dell’uomo. Il protestantesimo è una delle forme storiche
assunte dal servizio dell’Evangelo in
vista della salvezza dell’uomo. Il protestantesimo si è modificato, si va tuttora modificando. Ciò ha, in fondo,
un’importanza relativa. Ciò che importa e conta, ma in modo assoluto, è che
l’Evangelo, che racchiude in sé l’avvenire dell’uomo, sia vivente fra noi.
J.-M. Chappuis, su La vie protestante.
Accetto anche quest'ultima affermazione, che reca in sé il senso tipicamente protestante della distanza qualitativa fra l’Evangelo e la chiesa, ma
(certo concorde con il collega ginevrino) a condizione di metterla in tensione dialettica con quest’altra, di Roland De Pury, nella sua opera Che cos’è il protestantesimo?: «Il protestantesimo ha come sola caratteristica la
volontà di essere la forma pura e semplice del cristianesimo ». Malgrado i
suoi continui erramenti, nel passato
e nel presente, rinnegando spesso i
suoi fondamenti e il suo orientamento di fondo, la questione per il protestantesimo è di essere sé stesso, cioè
vincolato all'Evangelo e unicamente
ad esso quale norma, di riconvertirsi continuamente alla sua fonte e di
essa vivere nell'oggi. E poiché il servizio dell’Evangelo in vista delta salvezza dell’uomo non può non assumere forme storiche, non esito a dire
con forza e fiducia che nessun’àltra
forma storica, né passata né presente, esercita su di me alcuna attrattiva; e che ritengo che finché il Signore
donerà lo Spirito alla sua chiesa, attraverso alla sua Parola, il protestantesimo avrà un avvenire: esso sarà,
come ben sapeva Calvino per tutta la
chiesa, una continua risurrezione, al
di là delle sue corruzioni e delle sue
morti, fino a che Dio sarà tutto in tutti, secondo la sua promessa. Fino a
quel momento il protestantesimo resterà come costante alternativa, anche
alle sue stesse involuzioni. E come richiamo dell’uomo al suo vero avvenire, nascosto con Cristo in Dio, che già
urge sulla sua esistenza storica. Non
un tranquillante, dunque, ma un fermento critico. g. c.
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
POTENZE COMUNISTE
E TERZO MONDO
Invito a Bose
A Bose, piccola frazione di Magnano
(paese della Serra, sulla strada che da
Ivrea conduce a Biellla) esiste una comunità ecumenica (composta cioè di
uomini e donne provenienti da chiese
di diversa confessione) che vuole svolgere un ministero di riconciliazione e
di ospitalità nell’attesa di Cristo attraverso la vita comune e la praghiera.
La comunità si ispira alla vita della
prima comunità cristiana: ogni sua
giornata è scandita, il mattino, a mezzogiorno e la sera, con la preghiera e
l’ascolto della parola di Dio; la domenica, giorno del Signore, culto con eucaristia (santa cena). La comunità pratica l’ospitalità e l’accoglienza di tutti,
soprattutto per chi cerca la vita m disparte (per la riflessione individuale)
o un luogo per saggiare la vita comunitaria. In essa si vive la comunione
dei beni in uno stile di povertà; sì vuole infine vivere nella gioia dell’opera di
liberazione e di riconciliazione quotidianamente svolta (cfr. Atti 2: 4246).
Agli amici ed agli ospiti, la comunità di
Bose propone: .
_____ Studio biblico dei testi propri della domenica : ogni sabato sera alle ore 21.
_____ Giornate di studio, di ricerca e scambio fraterno su problemi delle chiese e del
mondo:
16 lugUo: Il deserto come luogo desodo:
condizione permanente della chiesa (con D.
Turoldo).
13, 14, 15 agosto: Che senso ha ancora
pregare? (con A. Levi).
___ Settimane di studio biblico e di ricerca
esegetica-spirituale:
(Per gruppi o individui).
9-16 luglio: Evangelo di Marco.
30 luglio-6 agosto; Prima lettera ai Corinti.
___ Giornate di ritiro individuali.
— Giornate di ritiro di gruppi per vivere:
La trasfigurazione: 6 agosto (festa della
comunità).
___ Campi di lavoro nella vita semplice,
nell’amicizia e nell’incontro (lavori in comunità) :
r campo: 16 luglio - 23 luglio.
2° campo : 23 luglio - 30 luglio.
(Metà giornata dedicala al lavoro manuale
e metà alla riflessione e alla ricerca biblica).
^ *
Per partecipare a giornate di studio o agli
incontri o a ritiri individuali o di gruppo o
ai campi di lavoro, scrivere a :
Comunità ecumenica di Bose - 13050 Magnano (VC) - tei. (015) 67.91.85.
...e portare, possibilmente, il sacco a pelo;
nient’altro!
In due successivi articoli di questo settimanale («/ fantasmi di Mosca », e « Un prestigio in declino », v.
nn. del 16 e del 23.6.’72), abbiamo riportata un’analisi acuta, ci sembra,
sulla ben scarsa probabilità che
rURSS si adoperi fruttuosamente per
far cessare la guerra del Vietriam. Da
un articolo di F. Fejtò su « Le Monde
Diplomatique » (del giugno ’72), riportiamo ora i seguenti passi che meglio
illustrano le ragioni della debolezza
delle due grandi potenze comuniste
nei riguardi del terzo mondo, debolezza che dipende essenzialmente dalla
loro profonda discordia.
« Fra le poste in giuoco nella rivalità politica e ideologica fra l’URSS e la
Cina, una delle principali è stato (e
continua certo ad essere) il terzo mondo. I due grandi paesi comunisti, d’ineguale potenza, accusandosi l’un l’altro^
d’egocentrismo e d’egemonismo, si
sforzano d’estendere la propria influenza tanto sugli Stati nazionalisti
non ancora allineati, quanto sui movimenti rivoluzionari. Ora l’asprezza
di questa lotta d’influenze ha molto
contribuito a discreditare l’ideologia
marxista-leninista agli occhi dei dirigenti del terzo mondo, e a rinforzare
le tendenze di questi al non-allineamento e ad una politica d'indipendenza: quella politica che, secondo la ricetta di Tito, dovrebbe esser possibile commerciare su tutti i mercati. Così, per citare un solo esempio, ma significativo, ai primi d’ottobre 1969 i
sovietici riunirono ad Alma-Ata (città
della repubblica sovietica del Kazachistan) una conferenza afro-asiatica, nell’evidente intenzione di fare una levata di scudi contro Pechino. Il delegato
di Zanzibar a quella conferenza, per
esaudire i desideri dei suoi ospiti, ringraziò con accenti calorosi l’URSS per
l’aiuto che questa offriva al suo paese.
Ma, quasi simultaneamente, il vicepresidente di quello stesso Stato, lo sceicco Karumé, parlando a Dar-Es-Salam,
dichiarava: “Il mio paese segue i metodi di Mao".
Gli Stati nazionalisti si rifiutano sistematicamente di prender partito nella contesa cinosovietica, e di concedere la propria amicizia o il proprio
appoggio esclusivo all’uno o all’altro
dei due rivali. L’ascensione della Cina
e la personalità di Mao hanno esercitato un fascino straordinario su molti rivoluzionari e uomini di Stato del
terzo mondo. E tuttavia degli osservatori come ad es. L. Solimán, senza dubbio non hanno torto quando dicono
che certi metodi e concezioni “cinocentrici” hanno disgustato quegli uomini del terzo mondo, altrettanto^
quanto il paternalismo “euro-centrico"
dei russi. Metodi e concezioni che sono sembrati, a quegli uomini, una specie di “traduzione caricaturale” di tale paternalismo.
La concorrenza delle propagande^
moscovita e maoista è divenuta, per i
rivoluzionari estremisti, un fattore di
confusione, di divisione e, spesso, di
paralisi. Ma, aggiungendosi alla rivalità sovieto-americana, tale concorrenza ha avuto anche degli effetti positivi, e cioè: 1) l’aumento del margine di
libertà d’azione per molti paesi rivoluzionari (es. il Vietnam del Nord);
2) l’aumento, per tali paesi, delle possibilità d’utilizzare l’aiuto d’entrambe
le potenze comuniste, pur conservando la disponibilità dei propri destini.
L’avvenire sembra sorridere ai regimi nazionalisti radicali, militaristi o
no, che tendono a creare, attraverso
riforme strutturali, le condizioni politiche e sociali della modernizzazione,
pur continuando a rifiutare la propria
adesione sia alluna che aU’altra variante del leninismo, e il proprio allineamento sia sulVuna che suU’altra
delle due potenze che si contendono
Vegemonia mondiale o regionale.
Il giuoco delle forze mondiali fa del
non-allineamento un genere di politica
redditizio. In tal senso, è lecito affermare che lo scisma cinese sarà un fattore decisivo, non solo nel processo
evolutivo del comunismo dal monolitismo al policentrismo, ma anche in quello dalla politica bipolare alla politica
multipolare, le cui regole di giuoco sono ancora da trovarsi. Già intanto questa evoluzione ha condotto al superamento della dicotomia “mondo capitalista - mondo comunista”: infatti sia
l’URSS che la Cina cercano (in ispregio delle loro comuni origini ideologiche) degli alleati non soltanto nel terzo mondo, ma anche all’interrio del
campo capitalista. Alieno dall’instaurare nuovi tipi di relazioni internazionali, il comunismo dell’ultimo terzo
del XX secolo offre soltanto, ai nuovi
Stati, l’esempio e l’immagine deh’onnipotenza del nazionalismo statale ».
ASSOLUTISMO PRESIDENZIALE
Ritratto, in iscorcio, dell’assolutismo dell’attuale presidente della Repubblica Francese.
« Da una parte un uomo, uno solo,
che concentra nelle proprie mani tutta la realtà del potere. Un uomo dal
quale procede ogni autorità, ogni iniziativa ed ogni politica, e sul quale, di
diritto e di fatto, tutto si fonda. 'Dall’altra parte i francesi, diversi, incerti,
instabili e, per soprappiù, in fase di
piena evoluzione.
Fra i due, nulla, più nulla.^
Questo, in poche parole, è oggi il
riassunto della situazione interna. La
elezione diretta del capo dello Stato,
i meccanismi della stabilità, la vanificazione (parzialmente imposta e parzialmente approvata) del Parlamento,
oggi per di più tribolato duramente e
profondamente dalla febbre elettorale, l’annientamento metodico degli altri organismi intermediari, l’inevitabile
e recente usura d’un governo attualmente moroso, l’inesistenza del partito maggioritario in quanto mediatore,
infine le divisioni delle opposizioni, sono tutti fattori che hanno condotto a
questa strana ed inquietante contrapposizione faccia a faccia. Cosi come
nei peggiori periodi d assolutismo del
generale De Gaulle, e più che in ogni
altro momento degli undici anni di regno di De Gaulle, più ancora che in
ogni epoca della vita pubblica nazionale da un secolo a questa parte (ed
anche oltre), l’avvenire, soprattutto
l’avvenire immediato, dipende dal
peramento, dai nervi, dalla volontà del
“sovrano", e dalla visione che questi
ha del paese, del mondo, del bene comune e della sua propria personalità ».
(Da un articolo di P. Viansson-Ponté
su « Le Monde » del 21.6.’72).
f.
4
pag. 4
NOTE DI STORIOGRAFIA VALDESE - 3
N. 26 — 30 giugno 1972
LE VALLI VALDESI GINQUANT’ANNI FA - 4
Un inquisitore bene informato Colpo di Sialo 0 COlpo di SCOPa’
Come dicevamo al termine della no- dienti per l’arrogante usurpazione del- * mi •
stra seconda mintata ^cict^ uno __i:_■___ ^ ®
Come dicevamo al termine della nostra seconda puntata, esiste una specie di « canovaccio » suU’origine dei
Valdesi, che troviamo con poche differenze di forma o di contenuto in alcuni testi di diretta provenienza inquisitoriale. Nell’epoca che ci interessa si sono avuti ben tre tipi di inquisizioni: prima la vescovile, esercitata
dai vescovi nell’ambito delle loro diocesi; poi la legatina, con la creazione
di appositi legati pontifici, inviati dalla Santa Sede in aiuto ai vescovi nelle
regioni dove maggiormènte infieriva
I eresia; infine la monastica, con l’istituzione a partire dal 1229 di tribunali
veri e propri, affidati prima ai domenicani e poi anche ai francescani. Ora
1 inquisitore di cui parliamo è il domenicano Stefano di Borbone, che in
un’opera composita sui Sette doni del■? Santo, da lui scritta verso
li 1250, si vale appunto di quel canovaccio, modificandolo parzialmente e
apportandovi sue aggiunte all’inizio e
alla fine. Così, di quel documento base, possiamo individuare due redazioni, una breve e l’altra lunga. Ci soffermeremo prima sulla redazione breve,
perché probabilmente la più antica.
Consta di un brano, naturalmente redatto in latino come tutte le fonti che
via via esamineremo, che si ritrova
piu o meno uguale sia in un primo
nucleo degli Atti dell’Inquisizione di
Carcassona del 1233-1241, sia nel Mainale dell Inquisitore del domenicano
Bernard Cui scritto verso il 1322-1324,
sia infine in un manoscritto trovato
tra le carte dello stesso Gui e contenente una Vita del Papa Alessandro III
attribuita dal Muratori al cronista
cluniacense Riccardo di Poitiers, che
1 avrebbe scritta ai primi del secolo
XIII. Se mi soffermo su queste notizie di arida erudizione, è per far toccar con mano con quanta cautela deve procedere lo storico nell’individuare le fonti della storia che si appresta
a narrare. Nel medioevo, il plagio era
di uso comune, specie in opere di controversia anti-ereticale. Inquisitori e
polemisti avevano a loro disposizione
una folla di trattatelli anonimi, detti
« summule », contenenti libri storici
sacri o profani, vite di santi, leggende, favole, compilazioni teologiche ed
anche notizie più o meno stereotipate
sulle varie eresie contemporanee, specie sui Catari e sui Valdesi. Il brano
in questione appartiene indubbiamente a quest’ultima categoria, e ve ne dò
una traduzione quasi letterale;
« I Poveri di Lione ebbero origine
nel 1170 circa da un certo cittadino
lionese chiamato Valdesio o Vaidense
(lat. Valdesius o Valdensis: notate la
mancanza del prenome Pietro!), dal
quale furono poi detti Valdesi (lat.
Valdenses). Costui era ricco ma, abbandonata ogni cosa, si propose di osservare la povertà e la perfezione
evangelica, al modo degli Apostoli. Essendosi fatto tradurre in volgare i
Vangeli, altri libri della Bibbia e talune « autorità » dei Santi Agostino,
Girolamo, Ambrogio e Gregorio da lui
chiamate sentenze, si mise a leggerli
con molta assiduità, ma senza capirci
un gran che, per cui, pieno di sé, pur
essendo poco istruito, finì con l’usurpare le prerogative apostoliche: peccando di presunzione, ardì predicare
il Vangelo per le vie e le piazze e fece
molti discepoli di ambo i sessi che,
rendendoli complici di tanta presunzione, mandava a loro volta a predicare. Costoro, benché ignoranti e analfabeti, percorrevano i villaggi e, penetrando nelle case e persino nelle
chiese, diffusero ovunque molti errori. Convocati dall’arcivescovo di Lione (qui la nostra fonte e i suoi ripetitori nominano Giovanni dalle Belle
Mani, confondendolo col suo predecessore Gmchard), che vietò loro tanta
presunzione, essi non vollero in alcun
modo obbedirgli, adducendo, per mascherare la loro follia, che bisognava
ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini, avendó Dio stesso ingiunto agli
Ajxistoli di predicare il Vangelo ad
ogni creatura. Così, arrogando a sé
stessi quel che era riservato agli Apostoli, di cui si dichiaravano imitatori
e successóri con una falsa professione
di povertà e una finta immagine di
santità, disprezzavano prelati e chierici, perché colmi di ricchezze e viventi nelle delizie. In tal modo, disubbi
dienti per l’arrogante usurpazione dell’ufficio della predicazione e poi contumaci, furono scomunicati e(L espulsi
dalla loro patria. Infine, convocati al
Concilio che si tenne a Roma (anche
qui confusione, forse per colpa del copista, tra Roma e Verona) prima di
quello Lateranense, furono giudicati
come pertinaci e scismatici. Moltiplicatisi e dispersi nelle provincie e reponi circonvicine fino ai confini della Lombardia, si mescolarono con altri eretici, di cui bevvero gli errori
per cui vennero definitivamente condannati come eretici ».
Questo brano, puir^’ nella sua concisione, ci indica , con chiarezza i vari
gradi per i quali i Valdesi passarono
quasi fatalmente dall’ortodossia alla
eresia, a partire da quel momento cruciale m cui Valdesio, fattosi povero
per seguire la perfezione evangelica
p mise lui laico a predicare il Vangelo in pubblico e in volgare. Ma il racconto delle circostanze della conversione del ricco mercante di Lione non
e completo. Mancano i nomi di chi
pi tradusse per compenso le Sacre
Scritture. Non vi si parla né di una
confessione di fede fatta firmare verso il 1180, né di un viaggio a Roma intrapreso l’anno prima da lui e da qualche seguace. Occorrerà dunque esaminare altre fonti, a cominciare dalle
piu antiche, tra le quali alcune contemporanee al fatti narrati. Nel frattempo, vediamo ancora quali sono le
aggiunte che il nostro inquisitore Stefano di Borbone fece al brano più sopra tradotto.
Dopo le prime righe sull’origine dei
termini di Poveri di Lione o Valdesi,
il nostro così scrive: « Ecco come ebbe inizio questa setta, secondo quanto ho inteso dire a parecchia gente
che aveva conosciuto i primi Valdesi,
tra cui un sacerdote tra i più ricchi e
onorati di Lione, amico dei nostri confratelli, di nome Bernardo Ydros. Costui, quand’era giovane ed esercitava
la professione di scriba, aveva per
conto di detto Valdesio e dietro compenso scritto i primi libri in lingua
romanza posseduti dai Valdesi, e ciò
sotto dettatura del traduttore, un professore di grammatica chiamato Stefano d’Ansa il quale, diventato più tardi prete e beneficiario della cattedrale
di Lione, morì improvvisamente cadendo dalla terrapa di una casa che
faceva costruire; io l’avevo visto spesso ».
L’altra aggiunta di Stefano, fatta
esattamente al termine del nostro racconto di base, è altrettanto significativa: « (I Valdesi) erano i più accaniti e i più pericolosi nemici della Chiesa perché, ovunque scorrazzanti, si
presentavano sotto le parvenze della
santità e della fede senza però possedere la verità, ed erano tanto più
pericolosi in quanto si dissimulavano
sotto i travestimenti più vari. Un giorno fu catturato uno di essi, tra i più
importanti; portava con sé parecchi
travestimenti, in virtù dei quali diventava una specie di Proteo. Se era riconosciuto sotto una certa figura e se
ne accorgeva, cambiava di travestimento. Un giorno si vestiva da pellegrino, un altro prendeva il bastone e
gli arnesi del penitente, trasformandosi poi in calzolaio, barbiere o mietitore. Altri fanno lo stesso ».
Ecco testimoniata, si può dire quasi alla radice, una tecnica speciale di
propaganda nascosta messa in opera
dai Valdesi dopo la loro condanna definitiva, che più tardi fu tacciata col
termine, diventato famoso nelle storie
delle « resistenze » e dei « maquis » di
tutto il mondo, di nicodemismo. Dettato da ragioni insieme di prudenza e
di opportunismo proselistico, per sfuggire in particolare alle grinfie dell’inquisizione, tale atteggiamento, che
tanto filo diede da torcere agli inquisitori attraverso tutti i secoli, ebbe la
sua riabilitazione e insieme la sua trasfigurazione poetica nei versi The Vaw
■dois Teacher del Wittier Greenleaf,
tradotti in italiano col titolo II colportore valdese (cf. « La Rivista Cristiana », 1907, pp. 393-394).
Giovanni Gönnet
Rabat, 12 giugno 1972.
(segue: Tra cronisti, monaci e inquisitori-polemisti)
Un convegno indetto dal Servizio studi della F.C.E.I.
La Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, tramite il suo Servizio Studi,
organizza a Torre Pellice. dal 16 al 18 agosto 1972 tre giornate di studio sul tema
ANABATTISMO E RIFORMA
Relatori: Luigi Santini. Ugo Gastaldi, Valdo Vinay. Emidio Campi.
Dirige il convegno: Aldo Comba.
Conoscere e valutare meglio le ragioni che opposero la Riforma a questi suoi
antagonisti « di sinistra » — denigrati e spesso ignorati nei secoli successivi — per
trarne elementi di riflessione sulla nostra posizione attuale di riformati nelle contrapposizioni della storia presente: tale lo scopo dell’incontro che avrà una introduzione
storica, alcune relazioni sulle posizioni dottrinali ed ecclesiologiche degli anabattisti
e una tavola rotonda conclusiva.
Località: Torre Pellice (Torino), presso la Foresteria Valdese.
Data: 16-18 agosto 1972. Inizio dei lavori il giorno 16 alle 9,30.
Documenti preparatori: si consiglia la lettura del volume di U. Gastaldi. Storia
dell’Anabattismo, Editrice Claudiana. Torino.
Iscrizioni: presso la Segreteria di Agape, 10060 Prali (Torino): iscrizione L. 800
da versare sul conto corrente postale n. 2/20554 intestato a Agape Centro Ecumenico:
quota di partecipazione L. 6.600.
Avvertenza: dato raffollamento degli alberghi e pensioni di Torre Pellice in quel
periodo è prudente iscriversi al più presto. Per ogni informazione di carattere logistico
rivolgersi alla Segreteria di Agape.
Troppo onesti?
Gli avvenimenti che precèdettero
immediatamente la così detta « Marcia su Roma », la « Marcia » stessa,
gli avvenimenti che la seguirono immediatamente sono troppo noti perché
stiamo qui a ricordarli. Ci limiteremo
soltanto a cogliere le reazioni dell’elemento Valligiano o Valdese che dir si
voglia. E ancora una volta abbiamo
1 impressione che la storia venga vissuta dall osservatorio della rocca di
Cavour.
Giolitti e Facta; Facta e Giolitti; le
tragiche vicende che portano al funerale della democrazia con una operettistica marcia pseudo militare che
creerà una legione sterminata ognor
crescente di benemeriti forniti di sciarpe, di diplomi, di galloni e di un appetito formidabile da saziare con laute
prebende è vista troppo spesso dai nostri settimanali in relazione alle beghe politiche che hanno portato allo
stacelo le strutture dei grandi partiti
tradizionali.
Il Pellice non può celare una malcelata soddisfazione per la fine del regno di Giolitti; VAvvisatore non riesce
a capire che i deputati non si rendono
conto che Facta, il suo Facta pinerolese e un uomo onesto che solo può salvare l’Italia.
I problemi di fondo sfuggono a un
indagine accurata; abbiamo l’impressione, lo ripetiamo ancora, di trovarci
di fronte a uomini onesti che cercano
disperatamente, con illuso ottimismo,
di proiettare la loro onestà nei fatti
che si succedono, misteriosi. èd incomprensibili. Uomini onesti che cercano
nell’enigma fascista qualche cosa che
permetta loro di sperare nell’avvenire
della democrazia, dei sacri princìpi
Indubbiamente c’è un fatto grave: lo
scoglio del colpo di stato. Perché, volenti nolenti, bisogna riconoscere che
il Colpo di Stato... c’è stato.
Il colpo di Stato
La Lanterna del Pinerolese è esplicita: culpa, sed felix culpa, più utile
«della incallita prudenza del vecchio
governante... Se questo crudo e spregiudicato realismo Mussolini saprà
conservarlo,... e ad esso informerà
l abito mentale del Paese, avrà compiuto^ non solo una felice rlvoluzi'^me
politica, ma anche una più grande e
benefica rivoluzione spirituale».
Ci sembra strana oggi questa espressione: « rivoluzione spirituale » in relazione con la Marcia su Roma. Eppure questo si sperò e si credette di
vedere anche da chi non fu mai fascista e che più tardi affrontò a viso
aperto denunziandola l’iniquità delle
leggi razziste. Allora scriveva sul Pellice: « Lo han definito colpo di Stato,
e in linea di rigido diritto costituzicnale potrebbe definirsi tale... Ma se si
guarda alla realtà e alla essenza delle
cose allora deve dirsi colpo di scopa.
Colpo di scopa che Vuole spazzate via
le ipocrisie, le finzioni politiche che
ormai, come succede talvolta delle immondezze, avevano invaso tutto l'ambiente della nostra vita fino a togliere
il respiro ». E il Nostro procede in
un’analisi spietata di questo immondezzaio politico, dove le cariche politiche « erano diventate i punti strategici di dominio per collocare gli amici, i servi, gli schiavi, oggi pronti all’ossequio basso, aduiatorio, domani
disposti ad allargare la rete di legami
entro la quale erano avviluppati la vita pubblica, gli interessi economici
della nazione, le protezioni indus'riali,
i mercimoni della giustizia... ».
Sentiamo in queste amare parole lo
sfogo di un’anima esulcerata che vuole
ancora sperare, anche se si rende conto che vi sono dei pericoli: l’ebbrezza
della vittoria, la tentazione dei riietodi dittatoriali, l’affiorare di sentimenti
meno nobili, Vaffievolimento del senso del dovere. Ma sperare bisogna in
una morale politica nuova. Il senso
tradizionale protestante di onestà politica saluta con gioia sui nostri settimanali questo colpo di scopa e spera nel seguito.
L'Echo des Vallées ha una posizione
più sfumata, non priva di una certa
incoerenza, che peraltro trova la sua
spiegazione nel fatto che il giornale è
la voce ufficiosa della Chiesa nelle Valli e del suo agnosticismo ufficiale; d’altra parte gli esponenti di questa Chiesa sono di inequivocabile ispirazione
liberale (giolittiani e fedeli di Facta);
e lo stesso lean Coisson li segue in
questo campo, ma è uomo di rigida
onestà morale e politica, che non si
sente legato al carro trionfale di nessuno; désabusé come tanti del suo tempo
vuole ancora sperare, Facta è « homme équilibré, de sens rassis, d’une
honnêteté et d’une droiture parfaite »,
ma Mussolini « veut s'imposer coûte
que coûte, se mettre toujours et partout au dessus de la loi, établir sa dictature absolue par tous les moyens,
ne cachant même plus (siamo nel luglio 1922) son sinistre dessein de supprimer les libertés publiques et privées ».
E pur apprezzando certi interventi
fascisti antisciopero, L’Echo ha un linguaggio sostanzialmente diverso da
quello dei suoi confratelli locali. Riconosce (agosto 1922) che il fallimento
dello sciopero nazionale è dovuto in
buona parte all’intervento dei fascisti;
ma è una «triste constatation», soprattutto se si pensa che ’’azione fasci
sta « devait nécessairernent aboutir
aux conflits sanglants, aux dévastations, aux expeditions punitives et tout
ce qui s’ensuit ». E questo giudizio negativo J.C. lo conferma ancora nel mese di ottobre; se il fascismo ha salvato l’Italia dal bolscevismo « ce n’est
pas une raison pourqu’on lui permette
de l’asservir aujourd’hui à sa domination tyrannique et réactionnaire ».
Poi il vento cambia; accanto a J. C.
appare un nuovo collaboratore « politico », un ex-combattente, più possibilista, più giovane, più illuso, e la valut^ione dei fatti si muove su due piani paralleli. Il direttore scrive (dicembre 1922): « Franchement nous ne sommes pas favorables à la constitution
de cette armée de prétoriens », al servizio di un partito e non della patria;
e in quello stesso mese non esita a definire assassinio la reazione fascista e
uccisione di 6 comunisti a Torino. Il
suo collaboratore, invece, pur esprimendo delle riserve sull’appoggio degli agrari e della grande industria al
fascismo, osserva che « nous ne pouvons qu’applaudir à cette grande oeuvre de réorganisation du travail qui
n’est pas que matérielle et qui donnera certainement de bons fruits ».
È più difficile definire la posizione
del settimanale La Luce, che segue di
preferenza i problemi sia culturali che
interessano l’Evangelismo italiano, sia
polemici (relazioni col cattolicesimo
italiano); occorre poi tener presente
che nel mese di novembre Mario Falchi è sostituito da Davide Bosio. Nessun riferimento esplicito al colpo di
stato del quale si prende atto. Il neoministro della P. Istruzione Giovanni
Gentile, invitato alla inaugurazione
della nuova sede della Facoltà di teologia valdese trasferita a Roma, manda un telegramma, riferito senza commenti, col quale ringrazia « vivamente
cortese invito; invio mio cordiale saluto augurale ».
Ci sembra però che si possa cogliere questa « linea » in alcuni articoli di
due pastori e di un evangelista che
tutti affrontano lo stesso tema: Gli
evangelici ed i partiti.
Chiesa e partiti
E. R. affronta il problema non avulso dalla realtà: « atrocità fratricide
commesse, qua e là, ora dai comunisti, ora dai fascisti ».
È il vecchio problema che ogni tanto riaffiora sulla nostra stampa: gli
evangelici ed i partiti: « possono gli
evangelici rimanere spettatori indifferenti e passivi... di tutte le manifestazioni del vasto e complicato movimento sociale? ». Il nostro articolista, che
fu evangelista ed evangelizzatore fedele alla sua vocazione, non ha dubbi; e conclude la sua analisi facendo
sua la posizione del Movimento di Fraternità Sociale, riprendendo alcuni temi di un suo promotore (in La Città
sulle ceneri) (G. Lazzeri): « ...Non ricostruiremo la città incenerita, non
eleveremo la nuova città sulle rovine
della vecchia, se la Fraternità sociale
non diverrà una realtà vissuta...; cinque anni della guerra più atroce, tre
anni delle convulsioni sociali più violente, non hanno risolto nulla; hanno
soltanto distrutto, senza riuscire a
nulla costruire... Tendiamoci le mani
sino a ieri nemiche, rinunciamo c'ascuno a qualcosa e miriamo al bene
comune ». E La Luce fa suo il Decalogo dei Pacifisti:
1) Noi crediamo in una immancabile riduzione degli armamenti.
2) Crediamo in leggi internazionali, nelle Corti di giustizia e nell’arbitrato.
3) Crediamo in un’associazione
mondiale di nazioni collegate per la
pace della terra.
4) Crediamo in un regime di uguaglianza delle varie razze.
10) Crediamo in un mondo senza
guerre e consacriamo noi stessi alla
sua manifestazione storica.
Sono temi che ritornano sul nostro
settimanale il quale è convinto che solo una « rivoluzione religiosa » può salvare l’Italia; e l’esempio della « rivoluzione pacifica » della Marcia su Roma sembra confermare P. B. nella sua
convinzione che « l'Italia è terreno
adatto per la rivoluzione religiosa ». È
questo il tema fondamentale e ricorrente, sia che scriva M. F. o P. Ch. o
E. M. o G. F.: un « risveglio pentecostale », la condanna del cesaropapismo,
un rinnovamento dei metodi evangelistici, la polemica sulla recita del Pater all’inizio delle lezioni ecc. Occorre
guardare oltre gli angusti limiti delranticlericalismo come risposta al clericalismo. Scrive Gino di Roberto per
STORICI VALDESI
Gerolamo Miolo, Wstoria breve e vera de
gVaffari de i valdesi delle valli, a cura di
Enea Balmas. Claudiana, Torino 1971. 8'’,
pp. 158, 10 tavole f.t., 1 cartina storica in
fac-simile; ed di lusso numerata: Lire
2.800 (in bross.); L. 3.500 (rileg.).
Una « storia valdese » del ’500. praticamente inedita, che ci fa rivivere speranze e
preoccupazioni dei valdesi negli anni difficili
seguenti la pace dì Cavour. Ampia introduzione- note e appendice di documenti a cura
di Enea Balmas.
presentare l’arma segreta, la sola, quella di sempre; « ...Eccovi il Vangelo di
Gesù, quello genuino, quello semplice
e bello ».
Quanto ci sia di antifascista in questo richiamo alla « rivoluzione religiosa » non è facile dire, perché proprio
uno di questi scrittori crede di poter
vedere nel motto mussoliniano del celebre discorso; Dio e Patria quasi una
eco del mazziniano Dio e Popolo.
Manganello e olio
nelle valli
In questa nostra scorribanda retrospettiva abbiamo sempre parlato del
fascismo visto dalle Valli; ma questo
fascismo si fermava ai piedi della rocca di Cavour? non c’era posto per lui
nelle Valli? Non è facile dare una risposta precisa in merito, indubbiamente il fascismo era fisicamente presente a Torre Pellice, a Luserna San Giovanni, a Pinerolo; ma poco sappiamo
della sua attività locale che non deve
esser stata molto rilevante. Il fascio
di Torre Pellice sembra esser stato
travagliato fin dalle sue origini da lotte intestine di aspiranti gerarchi; i nostri settimanali sono assai parchi di
notizie in merito; gli indigeni forniscono 1 tesserati, ma i gerarchi non sono, generalmente, del luogo. Comunque nel maggio 1922 si ricostituisce il
fascio di Torre Pellice con un messaggio di C. M. Devecchi (non ancora quadrumviro né Di Val Cismon, ma già
baffuto): « ...Non perdetevi d’animo.
La vostra volontà di divenire e di costruire dev essere più dura dei massi
che il Pellice e il Chisone trascinano
nelle piene paurose. La vostra fede
riei futuri destini dev’essere più ferma .
di quella dei Valdesi che sfidarono il
mondo e vinsero per essa. Fermatevi
ariche voi sugli spalti di Cromwell. Vi
giova esser fidenti, forti della certezza
nel domani, anche se dovunque tra i
falsi amici troverete insidie... Chiamatemi nelle ore gravi ed io sarò fiero, figlio della terra dì Piemonte, di essere
tra voi fratelli, puro e vittorioso. A alaJ ».
All inaugurazione del Monumento a
De Amicis l’Avvisatore segnala la presenza per il servizio d’ordine e d’onore di un << gruppo di aitanti nazionalisti e fascisti » (i primi venuti da Tonno); all’inaugurazione del Convitto
sono invece presenti solo i Giovani
Esploratori (localmente dì pura marca valdese).
La celebrazione della Marcia su Ro
ma non poteva mancare; nel corso di
una « rappresentazione benefica e patriottica » sotto gli auspici del fascio
di Torre Pellice viene proiettato il
film: «A noi! Dalla sagra di Napoli al
trionfo di Roma », nel salone del Caffè
Roma, perché Torre Pellice è ancora
priva di una vera e propria sala cinematografica o teatro ecc.i I Torresi,
dopo una violenta polemica, hanno
preferito il monumento airAlpino, a
« un istituto, un museo, un ospedale,
un ricovero'..., a qualche cosa di utile
come fu utile il concorso che l’Alpino
diede al paese ».
Attività oratoria, celebrativa, ma anche fattiva e tale che se rallegra qualcuno, comincia pure a destare qualche
preoccupazione nei gerarchi che s’
preoccupano di dar l’impressione di
essere uomini di « ordine ».
Il Pellice, per esempio, filosofeggia
su una sua pedagogia del « manganello »; non è alieno dal compromesso codice-manganello; si dovrebbe rivalutare lo scapaccione, il colpo di riga o
« come si diceva una volta: il verbo i nsegnato a suon di nerbo ». E così ci
tocca leggere un brano di prosa progressista: « ...Il sistema originale fascista di... purgare la gente dei ma'efatti commessi coll’olio di ricino [. .1
fu applicato l’altro giorno fra noi. Si
/cce prendere una buona dose di o'io
di ricino a un noto comunista, famigerato nei tempi passati per le sue prepotenze...; rassegnatamente si sorbì la
buona dose di purgante, quantunque
però non ve ne fosse soverchio bisogno; ...scontò i suoi peccati senza però che per parte dei fascisti gli fosse
fatto alcun male ».
Spiace di dover leggere questa prosa, e più ci spiace di non conoscere il
nome di questo « famigerato comunista » che avrebbe diritto ad una menzione onorevole nella storia delle vittime della pedagogia nazional-fascista
a Torre Pellice.
Ma Pinerolo docet! In occasione della solenne inaugurazione del gagliardetto di quel fascio, dopo la Marcia
su Roma, madrine due signore rappresentanti l’industria locale (A.V.P.) e la
« haute » (R. L.) — presenti « 2000 Camicie Nere, il sindaco con la Giunta
comunale, il Comandante del Presidio,
il Presidente del Tribunale, ufficiali e
molti noti industriali » — alcuni « energumeni fascisti » infrangono la lapide
apologetica dedicata a Luigi Facta. Intervento immediato dei gerarchi; i tre
sprovveduti devono inginocchiarsi davanti a donna Facta, chiedere perdono; bastonati, rimurano la lapide. E
tutto finisce in gloria, in un banchetto
solenne. L’ordine regna a Pinerolo ed
a Torre Pellice; si rassicurino le persone dabbene: lo conferma anche il
segretario del Fascio tórrese. L’ordine
è il presupposto per la nuova libertà
di obbedire.
E la Chiesa che dice?
L. A. Vatmal
5
30 giugno 1972 — N. 26
pag. 5
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
IN QUALE MISURA L’EVANGELO E’ LEGATO ALLE CATEGORIE
DEL PENSIERO OCCIDENTALE?
Un cristianesimo africano?
USA: la Chiesa presbitenaha unita
si ritira daiia CUC
Viene spesso affermato che i missionari hanno portato agli africani il
messaggio del Vangelo di Cristo sotto una veste occidentale, cioè espresso secondo categorie di pensiero, concetti filosofici e teologici, estranei alla mentalità degli africani. Nella rivista « Ministry », edita.. nel Lesotho
(Africa del Sud), N. 1 dèi 1971, il Dr.
E. A. Ruch, professore di filosofia, riconosce che l’africano di oggi ha bisogno di ricercare una espressione di
pensiero filosofico e religioso che non
sia una copia di quello che gli europei gli hanno dato per mezzo del loro
>'insegnamento, ma che sia veramente
, africano. Ciò non significa un « ritorno alla vita semplice » del « nobile
selvaggio », il più lontano possibile
dai mali della civiltà, come certi hip: pies proporrebbero, oppure uno sforzo per cercare di far tornare indietro
le lancette dell’orologio e ritornare
allo stato in cui ci si trovava prima
dell’avvento del colonialismo.
Il problema è di sapere se tutti, o
quali elementi ricevuti dall’occidente
sono pertinenti per l’africano; e ancora di stabilire in che misura i valori
' vigenti in occidente possono essere
;• utilizzati universalmente, adattandoli,
senza deformarli, e senza conseguenze deleterie per coloro che li ricevono.
D’altro canto si tratta di vedere in che
misura i valori presenti nella mentalità africana sono ancora validi e utili
per gli africani di oggi, che, confrontati dal pensiero occidentale, vogliono adattarsi alle nuove condizioni di
vita, senza perdere la loro identità, e
esprimersi secondo categorie che siano loro proprie.
La soluzione di questi problemi non
potrà essere trovata che da africani,
che conoscano bene tanto il pensiero
tradizionale africano, quanto quello
proposto all’Africa dall’occidente. Dal
punto di vista religioso, la soluzione
potrà essere trovata da teologi cristiani africani che conoscano a fondo
il messaggio cristiano, e allo stesso
tempo le categorie e i valori che ancora dominano il pensiero tradizionale dei loro popoli.
Il dott. Ruch non è africano, ma
conosce abbastanza bene la mentalità
degli africani per cercare di esporre
nel suo articolo quelle che gli sembrano essere le caratteristiche del loro pensiero. Eccone un breve riassunto.
1. Innanzi tutto è un pensiero « primitivo », e cioè più vicino ai problemi fondamentali deH’umanità. Non ha
nulla a che fare con delle fredde teorie astratte, ma rimane in contatto diretto con la Aita e i suoi problemi:
«Non cerca tanto di conoscere le spiegazioni, ma piuttosto le attitudini e
Te azioni ».
2. L’uomo interessa non come individuo isolato dall’ambiente sociale in
cui vive. « L’individuo non ha alcun
significato da solo, e ha un senso solteinto come parte di un insieme ». I
Basuto come i Xhosa hanno un proverbio che dice; « Un uomo è uomo
per mezzo dei suoi simili ». E non soltanto è parte dell’umanità, ma partecipa in modo molto stretto alla natura che lo circonda ». Egli non è nella
natura e nella società, esistendo in
quanto individuo ben distinto, ma egli
è parte integrante della natura e della società, e esiste soltanto in relazione con esse ». La sua esistenza stessa
dipende dalla sua armoniosa integrazione in esse.
3. Questa unità deriva da un concetto che domina tutto il pensiero africano, quello che l’autore chiama « una
forza vitale », una realtà che penetra
ovunque. Non è un concetto astratto,
ma una realtà, che si manifesta in
tutti gli esseri. La sua manifestazione
varia; è più evidente in Dio e negli
spiriti dei defunti, e si estende non
soltanto agli esseri umani viventi, ma
anche alle piante e agli animali, però
.sempre in funzione della vita umana.
L’importanza di quelli che noi chiamiamo « stregoni », ma che nelle lingue indigene hanno nomi vari secondo la loro attività concreta, deriva dal
fatto che possono mettere al servizio
dei loro clienti qualche elemento di
<TUesta forza vitale, sia con riti magici,
sia con l’aiuto degli antenati defunti.
L’uomo essendo partecipe di questa
forza vitale, la sua morte fisica modifica soltanto in parte questa sua partecipazione, e anzi può significare una
maggiore potenza, che potrà essere
'vantaggiosa o meno ai suoi parenti ant:ora in vita, secondo la natura delle
relazioni che esistevano quando era
^cora con loro, o che si stabiliranno mediante offerte, preghiere e sacrifici. I morti fanno ancora parte della comunità.
Questa forza vitale è concepita sul
piano fisico, è concreta e si manifesterà dotando l’essere umano di saluto, abilità manuale, coraggio nella
guerra e nella caccia, nella fecondità
ccc. Dio che partecipa in modo particolare di questa forza vitale, è però
male conosciuto, e mentre in certe
tribù esistono leggende abbastanza
precise nei suoi riguardi, nel presente
la sua azione è raramente sentita,
mentre quella degli antenati è una
realtà vissuta giornalmente. Non vi è
quindi una divisione chiara fra il sacro e il profano, fra quello che noi
chiamiamo il materiale e lo spirituale, ma tutta la vita materiale è sacra,
perché pervasa dalla forza vitale.
4. Il mito è per Tafricano la realtà,
la sola realtà. Non forma»mn sistema,
ma è un formarsi naturale di credenze, spesso senza coerenza, che creano
l’atmosfera in cui si svolge la vita
umana. Sanziona j valori principali
su cui si svolge la vita individuale e
tribale, e che scaturisce dagli istinti
fondamentali dell’uomo, la conservazione personale, la ricerca del cibo
(agricoltura, pesca, caccia) la procreazione di una discendenza, raffermarsi
nei conflitti con l’ambiente o gli altri
uomini, ecc.
L’autore riconosce che l’esposizione
da lui fatta è molto superficiale, ma
crede che uno studio approfondito di
quei concetti fondamentali sarebbe
necessario, e aiuterebbe Lafricano a
meglio conoscersi e a comprendere
quale potrebbe essere il suo contributo per l’arricchimento degli altri. Si
può aggiungere, mi pare, che un tale
studio prolungato in confronto col
Vangelo, aiuterebbe l’africano a sco
prire dei punti di contatto tra i suoi
concetti tradizionali e la Parola di
Dio, a realizzare quello che gli manca e che Cristo può dargli.
Non vi è dubbio per esempio che il
concetto biblico dello Spirito Santo,
quale forza presente e attiva in ogni
aspetto della vita del credente, non
offre nessuna difficoltà all’africano,
anzi il fatto che questa forza vitale
sia soggetta all’autorità sovrana di
Dio, e non a disposizione di chiunque
sia abbastanza abile per soggiogarla
(uno stregone, per esempio) significa
per il nuovo convertito una liberazione che trasforma tutta la sua vita.
Esiste però un pericolo che molti africani percepiscono chiaramente, ed è
quello delle sette, in cui un profeta, o
un gruppo di persone, si attribuisca
in modo particolare la facoltà di essere l’agente di questo Spirito Santo, o
di credere che certe cerimonie rituali
assicurino la potenza data da questo
Spirito.
Roberto Coìsson
Nota: a queste riflessioni più teoriche seguirà nel prossimo numero il recosonto di
esperienze dal vivo che le confermano e illustrano.
(Bip). La 184“ assemblea generale della
Chiesa presbiteriana unita negli Stati uniti
d’America ha votato lo scorso maggio il ritiro della Chiesa stessa dalla Consulta sull’Unione delle Chiese (CUC), organismo che
essa aveva contribuito a creare durante una
precedente Assemblea generale 10 anni fa. La
votazione — 411 voti favorevoli contro 310 —
faceva seguito a un lungo dibattito e ad un
appassionato scambio di argomenti pro o contro la proposta.
La raccomandazione di « cessare di far parte della C.U.C., pur proseguendo i dialoghi
ecumenici e pur ricercando degli efficaci ministeri comuni » è stata sottoposta all’Assemblea dal comitato permanente dei progetti di
legge e delle proposte.
Questa proposta del comitato permanente è
stata presentata da H. L. Schroeder di Indianapolis, il quale ha dichiarato che questa
iniziativa « mirava all’avanzamento della
Chiesa su tutti i fronti ecumenici. Siamo convinti — ha soggiunto — che la C.U.C. non
costituisce più tale fronte ».
Egli ha inoltre dichiarato che la Consulta
aveva suscitato la diffidenza « in seno sia alla
nostra denominazione come nelle altre » e
che questo ritiro avrebbe lasciato la Chiesa
libera di « diventare una sola famiglia, secondo la sua vocazione ».
Questa decisione - ha proseguito Schroeder
— « aprirà una via più larga » a incontri con
altri gruppi quali i cattolici romani, i luterani, i pentecostali e altri. Nulla verrà compromesso sul piano locale, mentre la Consulta
Notiziario Evangelico Italiano
Il Centro
Emigrazione Siciliana,
a Palermo
Dalla relazione 1971 del Centro Emigrazione Siciliana in Europa.
Le persone assistite nel 1971 dal
CESE sono state oltre 1.000, contro le
500 dell’anno precedente. Il lavoro del
Centro consiste anzitutto nell’assistenagli emigranti: disbrigo di pratiche riguardanti la difesa di alcuni diritti dei
lavoratori, come ricupero salari, marche assicurative, rimborsi, pensioni, infortuni ecc. Inoltre il Centro esplica
un’azione sociopolitica, sotto forma di
colloqui personali, volta ad approfondire la conoscenza dei problemi dell’emigrazione, a fornire ai partenti una
certa conoscenza del paese dove sono
diretti e delle leggi che vi regolano il
lavoro; a renderli coscienti delle cause
che li costringono ad emigrare.
Altra attività del Centro è la pubblicazione del Bollettino ciclostilato, che
viene letto e seguito con simpatia dagli emigranti e da chi se ne occupa.
'Viene inoltre fatta un’opera di collegamento con altre organizzazioni analoghe, in modo di avere una proficua
collaborazione.
Per l’avvenire il CESE si prefigge di
approfondire il suo lavoro e di ampliarlo.
Ricordiamo che il CESE è un’opera
della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e ha sede a Palermo,
Via Rosolino Pilo 20.
Inda Ade
Inizia ii lavoro estivo ad Agape
LUTERO E MUENZER
Campo cadetti estivo
25 giugno-11 luglio 1972
IL PROGETTO
Un campo attivo, sul tipo dei campi che
hanno prodotto i due canzonieri, ma con un
obbiettivo diverso, teatrale questa volta : questa era l’aiFascinante idea che era stata proposta per il campo dello scorso settembre. Ma
l’elaborazione e la messa in scena di un pezzo teatrale non è una cosa che sì possa realizzare nel breve periodo di un solo campo;
si è dunque giunti al progetto che i partecipanti all’ultimo campo cadetti già conoscono:
nel campo di settembre si trattava di studiare
ii tema storico (Lutero e Muenzer - riforma o
rivoluzione?) e di elaborare una traccia.
Nel corso dell’inverno la traccia avrebbe
dovuto essere perfezionata, per essere realizzata scenicamente nei campo estivo. Il primo progetto è stato realizzato, e la traccia è
stata pubblicata sul n. 17 di « Gioventù Evangelica ». Anche se nel corso dell’inverno non
si è potuto far molto (non si è trovato chi
avesse il tempo di scrivere un vero e proprio
pezzo teatrale sulla base della traccia), vi sono le premesse per un campo estivo riuscito,
che raggiunga l’obbiettivo proposto.
LA TOURNÉE
Non è dunque azzardato prevedere una
breve tournée nei giorni 12-15 luglio, che
toccherà alcune comunità delle Valli portandovi — speriamo — un tipo nuovo di teatro
c un tema storico importante quanto poco noto, tale da suscitare discussione.
UN CENTRO D’OSPITALITA’ VALDESE IN VAL D’AOSTA
Invito a Viering
Ogni anno, il giorno dell’Ascensione, ha luogo un incontro di evangelici a Viering (Valle
di Aosta), organizzato dalle chiese valdesi di
Aosta e Ivrea. Quest’anno, in occasione dell’incontro, abbiamo avuto anche il piacere di
inaugurare, alla presenza del Pastore Gino
Conte Delegato della Tavola Valdese, i locali
recentemente restaurati a cura delle due comunità.
Lo stabile, che nel passato ha ospitato una
fiorente scuola elementare valdese e possiede
una bella sala di culto ed un alloggetto (Viering era sede di un maestro-evangelista) presentava purtroppo già molti segni di vecchiaia
e di deterioramento. Tre-quattro anni fa, dalla collaborazione fattiva tra le chiese di Aosta
e Ivrea, sorse l’idea di restaurare questo stabile al fine di renderlo funzionale per incontri,
a livello regionale, di scuole domenicali, monitori, catecumeni, giovani, consigli di chiesa,
gruppi di famiglie.
E così le due comunità si sono impegnate
nei lavori di restauro e di adattamento, lavori condotti molto bene dall’Anziano Carlo Mo
naya di Aosta e terminati questi giorni. Non
è stata un’impresa facile per le nostre piccole
comunità, specialmente dal punto di vista finanziario, perché siamo partiti da zero; ma
via via abbiamo raccolto dei fondi tra i membri delle nostre due chiese. Certo, siamo ancora lontano dalla copertura delle spese (che
ammontano a oltre due milioni e mezzo, di
cui già raccolte un milione e seicento mila
lire); ma un po’ alla volta, con l’aiuto del Signore e la fraterna solidarietà dei nostri membri di chiesa, arriveremo alla mèta. Se qualche
amico, vecchio conoscente di Viering o chiunque altro, volesse darci un piccolo aiuto, saremmo veramente riconoscenti.
Viering, nei periodi liberi da convegni e
incontri regionali, potrebbe anche essere un
comodo « pied-à-terre » per piccoli gruppi di
evangelici che volessero fermarvisi per visitare
la Valle di Aosta. Per i primi di luglio i locali saranno dotati del necessario per dormire
(15-20 persone) e cucinare. Sarà richiesta una
offerta per l’uso. Scrivere, eventualmente, al
Pastore G. Peyrot, rue Croix de Ville 11 11100 Aosta (tclef. 44.345).
L’ISTITUTQ BIBLICQ EVANGELICQ annuncia
SCUOLA ESTIVA 1972
Fate un passo avanti nella conoscenza biblica.
Primo periodo: 17 a 28 luglio
1. Esposizione dell’Apocalisse.
2. Evangelizzazione personale.
Secondo periodo: 31 luglio a 11 agosto
3. Esposizione dell’Epistola agli Ebrei.
4. Esposizione dei Profeti Minori.
Per ulteriori informazioni scrivete a:
Il Preside, Istituto Biblico Evangelico, Via Cimone 100, 00141 RQMA
II, CAMPO
Il centro, ovviamente, sarà costituito dalla preparazione del pezzo teatrale. Ma non
sarà inutile tornare a riflettere sul fatto storico e sui problemi che pone, in vista della
discussione nelle comunità; cosi pure, dato
che lo schema che si vuol seguire è abbastanza nuovo, sarà interessante avere una panoramica sulle tendenze del teatro contemporaneo.
IL PROGRAMMA
1) Preparazione del pezzo teatrale. Regia : Anna Maria Micheletti e Nuccio Ambrosino;
2) La traccia esprime fedelmente la posizione dei protagonisti? Dibattito con Giorgio Tourn;
AI L’influenza del teatro brechtiano sul
teatro contemporaneo; l’uso politico del teatro. Conversazioni di Zizzi Platone;
4) Discussioni su testi biblici in riferimento al problema fede-politica e confronto
di prediche di epoche diverse.
PARTECIPAZIONE
Il campo è aperto a tutti i giovani tra i
14 e i 17 anni. Inutile dire che un campo di
questo genere non va preso come occasione
per una vacanza individualìstica, ma esige
impegno, sforzo creativo e interesse aH’impresa comune. Quota: L. 25.000 -f L. 1.600 di
iscrizione.
FEDE E PSICANALISI
Campo ecumenico
12-21 luglio 1972
IL TEMA
Il campo ecumenico ha seguito finora un
itinerario abbastanza lineare, evitando i pericoli di un ecumenismo di vertice e degli
incontri di specialisti e assumendo sempre più
il carattere di un confronto con i problemi
del mondo da parte di cristiani impegnati.
Il tema di quest’anno apre, invece, un orizzonte diverso, e il campo stesso dirà se si tratta di una parentesi, oppure dell’inizio di un
discorso che può essere continuato. Affrontare
il problema della psicanalisi è infatti un rischio, tanto più che Agape non dispone di
una propria équipe preparata e di un raggio
di esperienze come avviene per altri campi.
Ora, la psicanalisi è forse più una esperienza
che un sistema scientifico, per cui uno studio daU’esterno rischia di non cogliere U vero significato. Inoltre, essa non è un fatto
monolitico, ma è praticata da una varietà di
scuole spesso in forte polemica tra loro: come evitare che il campo si risolva in un dibattito ad alto livello tra specialisti, da cui
i campisti rimangono del tutto tagliati fuori?
D’altra parte la psicanalisi è oggi oggetto
dì un dibattito sia politico, sia teologico. Politico, per il ruolo che essa ha assunto nelle
società ricche; teologico, perché i suoi risultati sembrano porre alla fede degli interrogativi di grande portata. Questo ci sembra giustificare la scelta di quest’anno.
IL CAMPO
Le riflessioni che precedono ci hanno portata a dare maggiore estensione al lavoro di
gruppo che alle relazioni. I gruppi affronteranno alcuni temi — il tema del padre, il
problema della gratuità o disinteresse nell’amore — e alcune riflessioni bibliche: — la
parabola del figlio prodigo, il sacrificio di
Isacco. La psicanalisi si farà conoscere nel vivo del lavoro, attraverso il contributo e le
questioni poste dagli psicanalisti presenti.
INDICAZIONI PRATICHE
Costo: L. 16.200 più L. 1.600 di iscrizione;
Lingue: italiano, francese, spagnolo;
Età minima: 17 anni.
lascia intravedere una speranza diunìone di
Chiese che attualmente non è realistica.
Il ritiro dela Chiesa presbiteriana unita riduce a otto le denominazioni membro della
Consulta (N. d. t.: esse sono le seguenti: Chiesa metodista unita. Chiesa presbiteriana del
sud. Chiesa episcopale. Chiesa metodista episcopale africana di Sion, ì Discepoli di Cristo,
Chiesa cristiana metodista episcopale. Chiesa
metodista africana. Chiesa unita del Cristo).
llllllljlllHIIIIIIIHtHWHlHIHUtlllllllllllllllllllttlHIIIIIIIIIIIim
Taizé; terza tappa
varai y caacnia dei giavaM'
Undici incontri internazionali durante
l’estate — Immaginazione e coraggio
per diventare segni di contraddizione.
Taizé, 18 giugno. Fra otto giorni si riapriranno gli incontri estivi. Nel frattempo
parecchi giovani giunti da ogni parte del
mondo (alcuni di essi sono qui da molti mesi)
lavorano per preparare i luoghi delle riunioni.
Undici settimane di incontri, cui parteciperanno migliaia dì giovani, si succederanno
senza interruzione fino al 10 settembre.
Il tema di questi incontri è stato fissato
a Pasqua : « Cristo risorto ci offre immaginazione e coraggio sufficienti per diventare
segni dì contraddizione ». Questo tema, ampio e comune a tutti, sarà però sviluppato in
modi differenti, nei diversi incontri contemporanei che avranno luogo secondo l’età, gli interessi e l’impegno nella preparazione del concilio dei giovani.
Il tema principale di riflessione dei primi
due anni di preparazione del conciliò fu la
festa. Parte essenziale della vita dell’uomo (e
l’occidente è la parte della terra dove la festa ha raggiunto i liveUi più bassi) la festa
è il primo valore che abbiamo riscoperto. Ma
non sì è mai trattato della festa di per se,
quanto piuttosto della ricerca delle sorgenti
della festa : solo cosi la riflessione assumeva
un senso. In altre parole, per parlare di festa è sempre necessario definire che cosa si
festeggia, perché non possiamo festeggiare
astrazioni.
Allora, per i giovani cristiani (molti giovani che partecipano alla preparazione del
concilio appartengono ad altre religioni o
non sono credenti) non è stato difficile individuare la sorgente di una festa continua nel
Cristo risorto.
Infine anche quando riflettevamo suRa lotta per la giustizia, ci domandavamo se festa
e lotta erano compatibili e alcuni di noi potevano concludere molto realisticamente che
ìa questo caso la festa era il motore stesso
della lotta.
Ebbene, senza dimenticare la festa -—• quelli di noi che l’hanno scoperta continueranno
a viverla — quest’anno ed R prossimo, saranno dominati da un nuovo valore che stiamo per riscoprire: l’immaginazione. Allora,
come non riflettevamo sulla festa senza risalire alle sue sorgenti e senza celebrarla in
qualche modo, ora non faremo « una riflessione suR’immaginazione » (!), ma cercheremo di immaginare qualcosa per delineare il
volto concreto che dovrà assumere il concilio
dei giovani.
Attraverso il mondo questa preparazione
prosegue in diverse maniere. Alcuni giovani
si sono raggruppati provvisoriamente in aìccole comunità di base costituite espressamente in vista del concilio dei giovani. A partire
da ottobre si costituiranno anche alcune comunità di base di adulti.
Ferruccio Castellano
INCONTRI ESTATE 1972
Date: Gli incontri internazionali di preparazione del concilio dei giovani, si terranno
ogni settimana, dal 26 giugno al 10 settembre, dal lunedì sera fino alla domenica sera.
Le settimane dal 17 al 23 luglio c dal .31
luglio al 6 agosto si svolgeranno con l’inglese come lingua^ principale. Per tutti gli incontri sarà assicurata una traduzione simultanea
in tutte le lingue necessarie.
Partecipanti: i giovani dai 18 ai 29 anni,
giovani sposi compresi.
Partecipazione alle spese: secondo le possibilità di ciascuno (prezzo indicativo; 1.200
lire al giorno).
Camping: portare il proprio materiale per
dormire (materassini pneumatici, secchi a
pelo o coperte). Per chi non dispone di tenda
vi saranno alcune tende collettive.
Per informazioni e iscrizioni: scrivere direttamente a
Incontri, F -71 - Taizé-Comunità (Francia)
Viaggio in treno: utilizzare il direttissimo
Roma-Parigì e scendere a Macon. Da Macon
a Taizé esiste un servizio di autobus. Con la
tessera « Rail Europ Junior » — che può essere richiesta in qualsiasi stazione ferroviaria
o agenzia di viaggio — i giovani fino ai 21
anni possono acquistare bigRetti con la riduzione del 25%.
Richiesta di ulteriori informazioni, iscrizioni, tasse di iscrizione vanno inviate a :
Segreteria di Agape - 10060 Frali (Torino)
C.C.P. n. 2/20554, conto bancario n. Ili,
Banco di Roma, 10064 Pinerolo. intestati
ad Agape, Centro Ecumenico.
I protestanti italiani
e il conflitto vietnamita
/segue da pag. 1 )
ce di questo appello, nella lettera, dopo la severa critica all’estensione ed
intensificazione dei bombardamenti aerei (tanto più gravi se dovessero essere solo o soprattutto « un elemento di
pressione nella conduzione delle trattative »), si afferma che « la nostra
coscienza cristiana è profondamente
sgomenta nel constatare che, ad appena una generazione dal genocidio perpetrato in, Europa dai nazisti, un’altra
nazione appartenente all’Qccidente cristiano sta concentrando le risorse della più avanzata tecnologia in un'impresa che assume ora più che mai ’ i
connotati di un indiscriminato massacro di. uomini, donne, vecchi e bambini ».
6
pag. 6
N. 26 — 30 giugno 1972
La programmazione in Val Pellico Centro Diaconale
■ ■■ Nel suo ciclo Hi incontri mensili
La legge che ha istituito le Regioni
prevede che, in materia economica, le
Regioni stesse possano darsi delle leggi, cioè a dirsi possano « programmare » il loro futuro svilappio economico.
In altre parole il Piemonte è ora in
grado di decidere quali attività dovranno svilupparsi nei prossimi anni
e « dove » dovranno essere localizzate
le « zone di sviluppo ».
A sua volta però la Regione, nella
stesura del piano di programmazione,
dovrà basarsi sui « piani zonali » elaborati in zone o « comprensori » di
estensione abbastanza limitata e che
presentano caratteristiche « omogenee »: ad esempio le nostre vallate,
comprensori di bonifica montana, sono proprie le « zone » più facili da individuare e da studiare.
È una grossa novità ed una porta
aperta per quanti desiderano operare
affinché in futuro non si ripetano più
le « crisi » periodiche alle quali ci siamo purtroppo quasi abituati (Mazzonis, prima. Turati e le confezioni ora),
e anche affinché possa diminuire e diventare più tollerabile il « pendolarismo » che costringe ora a spostarsi
dalle Valli sino alla cintura di Torino.
In Val Germanasca (come in parecchi altri posti), sono già al lavoro da
tempo dei tecnici locali collegati con
ITres (Istituto specializzato in questo
campo) i quali stanno studiando la situazione economica attuale ed il processo di trasformazione attraverso il
quale si è giunti allo stato attuale delle cose. Tra non molto essi renderan
no conto al Presidente del Consiglio
di Valle della Val Germanasca del loro lavoro (che è preparatorio), e gli
amministratori su questa base di dati e di cifre potranno decidere quale
sviluppo della loro Valle proporre alla Regione.
E in Val Pellice?
Nessuna « equipe » locale al lavoro,
nessuno sa niente delle intenzioni del
Presidente del Consiglio di Valle; a
varie riprese e da più parti è stato richiesto un « convegno economico » nel
quale si possano dibattere i problemi
della Valle, come i lettori ricorderanno persino i presbiteri delle Chiese di
Torre, San Giovanni, Angrogna e Rorà
avevano tempo fa scritto una lettera
in questo senso, ma la risposta non è
ancora venuta e fra poco verranno le
« ferie » e fino all’autunno non si farà
più. niente!
Pare che nei prossimi giorni tecnici
deiri.R.E.S. verranno in valle a prendere contatto con i sindaci; questo
'< sistema » però non ci piace molto:
si era chiesto e vorremmo tuttora che
in questo genere di indagini che riguardano il futuro di tutti venisse
coinvolta la maggior parte possibile
della popolazione; si era chiesto e vorremmo che tecnici e politici locali seguissero il lavoro dei tecnici delri.R.E.S.; vogliamo ancora sperare che
almeno i sindaci più « aperti » non
vorranno rendersi complici di questa
indagine un po’ troppo « misteriosa ».
Riccardo Gay
Nel pomeriggio del 25 giugno ha avuto
luogo nella Foresteria Valdese di Torre Pellice la (c Tavola rotonda » già annunziata, sul
tema proposto dall’Alleanza mondiale YWCA
per la giornata della socia, accolto anche dall’Unione Femminile Valdese.
Nell’ultimo consiglio mondiale della YWCA
dell’agosto 1971 nel Ghana, sotto la pressione delle Unioni dei paesi meno privilegiati
dell’Africa, Asia e America latina, si è sentita la necessità da parte delle sorelle maggiori d’Europa e d’America, di meglio comprendere l’urgenza di attuare concretamente
quei principi evangelici che esse stesse avevano diffuso, insegnato e predicato e secondo cui dicono di vivere. Si è cosi proposto il
tema « Tradurre in azione le nostre parole »
utile e studiarsi in tutto il mondo.
Qui a Torre Pellice lo si è studiato, cercando di esemplificare alcuni tentativi fatti
per cercare di meglio vivere la nostra fede.
Presiedeva rincontro il pastore Sonelli : la
prof. Mirella Bein impostava l’argomento par
Pinerolo
a Torre Pellice Parole e azioni
L’urgenza che da ogni parte si fa sentire per una maggiore concretezza della testimonianza cristiana è al centro dei dibattiti anche delle.
Unioni femminili. La doppia pagina pubblicata sul nostro settimanale due settimane fa, affrontava questo stesso problema soprattutto là
ove si invitavano i gruppi femminili ad una lettura critica della Bibbia, alla luce dei problemi sociali e politici odierni.
tendo dalla densa pagina diffusa in tutte le
sezioni deU’UCDG in Italia, che invita a educare noi stessi e gli altri aU’informazione, alla conoscenza delle situazioni, a capire fino a
che punto siamo in esse coinvolti, sforzandoci
di contribuire a cambiamenti positivi, perché
sensibilizzare noi stessi e gli altri a quanto
accade intorno a noi è una scelta prioritaria
che ci spinge a metterci dalla parte degli oppressi, a unirci a loro per capirli e sostenerli, denunciando le situazioni disumane
in cui molti devono vivere e che non sono
conformi alle nostre professioni di fede, e
prendendo posizione sui problemi sociali piu
scottanti del momento, senza timore di assumere orientamenti politici (non partitici, s intende!) perché la dignità umana sia rispettata e l’uomo non sia ridotto a strumento per
la produzione di ricchezza per datori di lavoro spesso insensibili alle esigenza dei dipendenti.
Ha poi portato il contributo di esperienze
locali il pastore Giorgio Tourn di Pinerolo
che ha illustrato il tentativo ivi in corso dall’ultimo inverno, di discutere in frequenti assemblee di chiesa l’atteggiamento del credente di fronte a ciò che avviene fuori della
chiesa nella vita sociale quotidiana : se sia
consono all’Evangelo di appoggiare o provocare cambiamenti nelle strutture esterne opprimenti, se approvare gli scioperi o meno,
se sia possibile avere informazioni esatte su
quanto avviene. Egli ha concluso con un
brillante confronto tra atteggiamenti di credenti di oggi con quelli di credenti del secolo scorso: non molto diversi, in verità. Sarebbe forse ora di fare qualche passo avanti!
Dopo di cui il sac. Mario Polastro della
parrocehia di S. Lazzaro di Pinerolo ha raccontato alcune significative esperienze della
sua eomunità, eome si è venuta maturando
negli ultimi anni, sia all’interno della chiesa tradizionale con una coscienza di comunità
vivente, che ha prodotto vari gruppi di studio e di azione pratica, anche verso l’esterno,
collaborando a sostenere quei fratelli che si
trovano in difficoltà, cercando l’ispirazione
di volta in volta nel Vangelo per tentare di
attuare in qualche modo come comunità una
presenza di credenti che soffrono con chi softre, portando i pesi gli uni degli altri, correndo anche i rischi più gravi della disapprovazione e della denuncia, con Tumilta di servitori che conoscono i propri limiti, ma vogliono ugualmente lavorare col prossimo.
Il pastore Sonelli ha cercato a questo punto di suscitare un fraterno dibattito, s^pre
molto difficile quando si toccano problemi
scottanti come l’atteggiamento di noi tutti
nella vita civile e politica, in cui pure volenti o nolenti siamo immersi. Qualche intervento specialmente di giovani fa bene sperare che quanto è stato detto ed esemplificato
possa portare conseguenze, se non subito,
forse col nuovo anno sociale. Si è terminato
l’incontro con la preghiera in comune: certamente anche i silenzi di riflessione e m^itazione davanti a Dio doranno i loro frutti. Un
vivo grazie a tutti quelli che hanno collaborato a queste ore di ripensamento.
Ketty Comba
Domenica 30 aprile, dopo il culto, ha avuto
luogo l’assemblea di chiesa che ha discusso
l’argomento « Fede cristiana e impegno nel
mondo » già esaminato nella precedente assemblea. Per facilitare il dibattito erano state preparate alcune tesine rappresentanti diverse opinioni e riflettenti i seguenti punti.
La fede cristiana e il mondo - Il credente e
la sua vita nel mondo - La comunità e la
sua testimonianza. Il poco tempo a disposizione ha consentito a mala pena di esaminare il
primo punto. Seppure attenuati, sono riaffiorati contrasti di interpretazione sui temi
della libertà cristiana, delTinfluenza che esercita il mondo sul cristiano e di come la predicazione può ritenersi fedele all’Evangelo. Saranno necessarie altre assemblee per esaminare l’argomento e per conoscere l’opinione
della nostra- comunità su questo problema di
vitale importanza che investe la nostra testimonianza di fronte ai fatti del mondo.
Domenica 7 maggio ha avuto luogo un secondo incontro fra i catecnmeni confermandi,
i loro genitori ed il concistoro. E’ proseguito
lo scambio di opinioni sul significato della
confermazione e sul modo di rendere partecipe la comunità della loro decisione di entrare e far parte della stessa.
Durante il culto di Pentecoste sono stati
accolti nella comunità quali suoi membri i seguenti nostri giovani fratelli : Costabel Giuliana, Benech Yvette, Bor Antonella, Cardon
Marco, Grill Amato, Long Walter, Ribet Elisabetta, Roccione Paola. Essi hanno letto una
dichiarazione comune di impegno, alla quale
si è unita anche Giai Anna Maria dopo aver
richiesto personalmente il battesimo. La comunità si rallegra con loro e chiede al Signore di fortificare la loro fede e di rendere duraturo il loro impegno.
Il culto di domenica 28 maggio è stato
preparato e condotto dai bambini della Scuola Domenicale; essi hanno presentato con letture, preghiere e canti una loro riflessione
sull’uso della preghiera in genere, ed in particolare sul Padre Nostro. La comunità ha
seguito con viva attenzione, unendosi ai canti e alle preghiere degli alunni della Scuola
Domenicale e ringrazia i responsabili ed i
monitori.
La Scuola domenicale ha concluso la sua
attività con la tradizionale gita che quest’anno si è svolta a Pra del Torno domenica 11
giugno.
Battesimi: Rosso Enrico di Attilio e Avondet Aurora; Viglielmo Edgardo di Giorgio e
Bruera Elena; Besson Egle di Edoardo e Long
Lina.
Funerali; Erling Nordstrom.
(La responsabile di questa rubrica si
scusa per il ritardo della cronaca)
AVVISI ECONOMICI
FAMIGLIA, 2 adulti, nazionalità estera residente vicinanze Ginevra, Svizzera, cerca
cuoca-domestica pratica lavori casa, buon
trattamento e retribuzione adeguata. Alle
dipendenze già trovansi coniugi evangelici
pinerolesi. Chiedonsi referenze. Informazioni : tei. 70701 Pinerolo.
A GIOVANI disposte lavorare in comunità
offriamo possibilità di servizio in ufficio o
con gruppo di ragazzi o in altre mansioni.
Scrivere precisando eventuali referenze a
Ist. GOULD, via Serragli 49 - 50124 Fi
Nel suo ciclo di incontri mensili di
collegamento fra gli Istituti per Minori, il Centro Diaconale ha affrontato
il problema dell'affidamento familiare.
Come in occasione di altri incontri in
cui si era parlato delVantagonismo dei
ragazzi, della legge sull'adozione speciale, anche in questo incontro erano
presenti delle persone competenti che
svolgono un lavoro di avanguardia in
questo campo. Il Dott. Pallavicini, dell’Assistenza nazionale famiglie adottive e affidatane, il Dott. Andreis, del
Servizio di affidamento familiare della provincia di Torino, ci hanno illustrato, con l’aiuto di alcune assistenti
sociah, le prospettive delTaffidamento
familiare in campo nazionale, facendo
presenti le non poche difficoltà da affrontare, soprattutto perché attualmente in Italia non esiste una adeguata regolamentazione legislativa dell’affidamento familiare.
Abbiamo seguito con interesse la
esperienza che a Torino il pastore
E. Paschetto sta conducendo con alcuni ragazzi in un « foyer », e come,
nonostante difficoltà di ogni genere, sia
possibile arrivare ad un reale recupero di molti ragazzi che lasciati negli
Istituti non riescono a superare il loro passato, restando dei disadattati.
D’altra parte è stato sottolineato
con chiarezza che a monte di tutta
questa situazione di disadattamento e
di emarginazione sociale e familiare
c’è una scelta politica ben precisa e
soltanto con un orientamento politico
radicalmente diverso sarà possibile affrontare il problema (e non solo questo!) alla radice. Ma perché questo si
realizzi occorrerà stabilire in concreto quali siano le scelte prioritarie da
appoggiare; se l’incremento degli armamenti e della difesa militare, se i
chilometri di autostrade, oppure ospedali, asili, scuole, ecc. Il nostro governo ha fatto la prima scelta e l’ha ribadita in questi giorni.
E. G.
Cronaca delle Valli
Non è d'abitudine parlare d’arte sul nostro settimanale. L’invito ci
è rivolto dalla mostra tutt’ora aperta alla Galleria d’arte moderna « Il
Pozzo » in via Principi d’Acaia a Pinerolo. Espone un giovane pittore
valdese di Forano Sabina, Vincenzo Moiani, trasferitosi a Torre Pellice
in questi ultimi anni.
L’uomo a una dimensione
Fondo di solidarietà
famiglie Léger'Avondetto
(Terzo elenco)
Consiglio di Quartiere Appiotti, tramite negozio Ughetto, L. 5.000; tramite negozio Sapei 6.000; Consiglio di Quartiere S. Margherita, tramite negozio Janavel e Battaglia,
6.000; Consiglio di Quartiere del Centro, tramite Ufficio SIP 5.000; versamento popolazione tramite Ufficio Comunale 5.000; Sottocomitato CRI, tramite negozio Toja 39.000;
GASM (Santa Margherita) 66.500; Direzione e componenti la Banda cittadina 28.000;
«Il PeUice », 123.000.
Si ringraziano sentitamente tutte le persone che manifestano in vari modi la loro generosa solidarietà.
Le sottoscrizioni restano ancora aperte.
Particolarmente per l’arte occorre
una certa competenza per esprimere
una valutazione. Se rischio un giudizio su questa mostra non è certo per
esprimere un appunto critico competente dal punto di vista artistico. In
verità non è che questo mi interessi
molto. Per questo non farò uso di
troppi aggettivi che sforzandosi di dire e di esprimere molto dicono poco
o niente. Vorrei invece tentare una valutazione biblica e teologica del suo
lavoro; per fare questo è necessario
dire due parole sulla « crescita » di
Moiani.
La Sabina, regione in cui è nato e
in cui si è formato, è una regione tranquilla, lungo il Tevere che la solca come un serpente; una natura meravigliosa che lascia fortemente impressionati, dei tramonti interminabili che
. colorano la natura in modo inconfondibile. Una terra di contadini e di
braccianti in lenta ed inesorabile trasformazione. Forano Sabina, un paesello accartocciato sulle pendici di
una collina da cui si scorge il Tevere
che scorre lento nella pianura sottostante; qui c’è una piccola comunità
valdese sorta durante l’evangelizzazione della fine del secolo scorso e che si
sforza di dare la sua testimonianza
nell’ambiente cattolico molto chiuso
che la circonda. Qui è vissuto Moiani
e qui ha cominciato i suoi primi passi di pittore; è in questa caratteristica della sua terra che la sua esperienza di pittore produce i primi paesaggi, degli scorci, delle nature morte.
Dopo questo approccio segue un periodo « sperimentale » che è tutta ricerca, violenza, in cui la sua pittura
esprime veramente 1’« homo homini
lupus » (l’uomo lupo dell’altro uomo).
È un periodo orrido, tenebroso, in cui
esprime sulla tela e sulla carta la sua
violenza interiore, il suo travaglio e la
sua speranza frustrata quotidianamente dall’esperienza della vita.
Sono entrato un giorno nella cantina in cui Vincenzo lavorava ed in cui
erano appesi i suoi « tentativi » e ricordo come se fosse ieri l’impressione tetra e sconvolgente di questa cantina tappezzata da innumerevoli quadri che avrebbero provocato sicuramente degli orribili sogni a certe persone piuttosto emotive, senza bisogno
di leggere un giallo di Hitchcock.
Questo è anche il periodo in cui
Moiani ha degli interessi teologici pre
NOTIZIARIO RIOPLATENSE
L’ultimo Sinodo rioplatense
Nell’ultima puntata del nostro « Notiziario » (Eco-Luce n. 11, 17-3-1972)
promettevo ulteriori informazioni sulla sessione sud-americana del Sinodo
valdese, che aveva avuto luogo dal 5 al
9 marzo. Invano ho cercato notizie nei
numeri del Mensajero Vaidense usciti
dopo questa data. Soltanto l’edizione
del 20 aprile, arrivata pochi giorni or
sono, è dedicata al Sinodo. Non che
contenga una cronaca dei fatti di quei
giorni di marzo, ma pubblica gli Atti
sinodali e quelli della Conferenza distrettuale (per ragioni giuridiche di riconoscimento da parte del governo
uruguayano si mantengono separate,
almeno formalmente, le due organizzazioni). Inoltre riporta due delle meditazioni mattutine tenute prima delle sedute e un paragrafo della relazione della Commissione d’esame su « I
conflitti e la preparazione biblico-teologica ». Sarebbe fuori luogo, nei limiti della nostra cronaca, voler anche
soltanto riassumere le opinioni espresse sulle tensioni e sui conflitti creatisi
in seno alle comunità, e ai vari organismi della Chiesa, in particolare come
essi si riflettono nella stampa. Tuttavia è notevole il fatto che la redazione
del Mensajero Vaidense pubblichi integralmente questo paragrafo e lo consideri di fondamentale importanza per
10 svolgimento del Sinodo. Una intera
seduta, considerata la migliore della
sessione sinodale, è stata dedicata alla discussione dei problemi da esso
messi in luce. Si è parlato con franchezza e si è saputo ascoltare con pazienza le opinioni altrui. Questo spirito di fraternità si è poi trasmesso a
tutte le altre sedute deH’assemblea. Il
Sinodo si è occupato del regolamento
sinodale generale e dell’organizzazione interna della Chiesa Valdese rioplatense, riguardante il campo di lavoro e i presbiteri. Ha esaminato la situazione dei vari istituti, sia di quelli
gestiti dalla Chiesa Valdese che di
quelli amministrati insieme ad altre
chiese, come per esempio la Facoltà
di Teologia di Buenos Aires, il cui rettore, prof. Roberto Rios, pur essendo
metodista, era membro del Sinodo
con voce consultiva. Interessante mi
sembra la pubblica discussione degli
onorari dei pastori e degli altri operai della Chiesa, che vengono poi fissati secondo l’aumento del costo della
vita in Uruguay e in Argentina. La
nuova Mesa (Tavola) è composta dal
moderatore pastore Delmo Rostan,
dal vice-moderatore pastore David Baret e dai laici dott. M. Baridon, prof.
M. Dalmas e dott. F. Dalmas. Il moderatore, per la prima volta non ha più
un incarico pastorale. La redazione
del Mensajero Vaidense, con a capo
il pastore Ricardo Ribeiro, è stata riconfermata dal Sinodo. Non ostante
le polemiche, spesso aspre, tra i lettori, il numero di abbonamenti è leggermente aumentato.
Vita delle Comunità
Riassumiamo ora brevemente alcune altre notizie, stralciate principalmente da quelle pubblicate sugli ultimi numeri del Mensajero Vaidense.
Ampio spazio è dedicato al documento
« Chiesa e poteri » elaborato in seno
alla Federazione riformata di Francia.
Dopo un riassunto del medesimo leg^
giamo le critiche di cinque giornali
francesi tra i più autorevoli.
A Montevideo è stato acquistato un
vecchio edificio accanto alla chiesa
valdese ed annessi. Vari doni e prestiti di denaro, anche da parte della Tavola Valdese, ne hanno permesso 1 acquisto e la trasformazione in una casa
dello studente. In marzo era già pronta ad accogliere studenti Liceali e universitari per il principio dell’anno scolastico-accademico. Un antico sogno
si è così avverato: i giovani valdesi,
provenienti dalla campagna e residenti nella capjtale per i loro studi, trovano un focolare valdese che h ospita.
Ci sarebbe bisogno anche di una casa
per accogliere tanti altri valdesi, che
si trovano di passaggio a Montevideo,
specie quelli che accompagnano parenti ammalati agli ospedali. Non c e
posto per tutti nella casa dello studente, ma nelle vicinanze è in vendita
un altro edificio che servirebbe bene
allo scopo, se si trovassero i fondi necessari.
Un circolo di amici del Museo Valdese a Colonia Vaidense si è formato
sotto la presidenza del pastore emerito C. A. Griot. Il suo fine e di inte
Aja Soggin
(continua a pag. 1)
cisi: frequenta dei corsi di omiletica
tenuti dal pastore e collabora per la
predicazione nella sua comunità; ma
con delusione più che con soddisfazione. Le reazioni spesso infondate e
non sempre fraterne della comunità
10 spingono ad un’emarginazione crescente che p>erdura tutt’oggi, lasciandolo solo nella sua ricerca di fede e
privandolo del confronto e della eritica che si svolge nella comunità in cui
ciascuno ha il suo posto e la sua vocazione.
Ritengo questi elementi fondamentali per comprendere tutto ciò che sta
dietro alla pittura di Moiani e quindi
utili per azzardare una valutazione
biblica del suo sforzo artistico.
1. Conoscendo la meditazione biblica che fa da sottofondo e da orientamento della sua pittura direi subito
che ci si trova nella stessa empasse
della predicazione. Una ricerca laboriosa, seria, sofferta, che non riesce
ad esprimersi e a concretizzarsi in
forme ricettive comprensibili e quindi
credibili per l’uomo moderno. Pur
trattandosi di arte moderna, quest’arte per essere compresa dall’uomo moderno ha bisogno di un « interprete »;
come la glossolalia dei Corinzi, deve
essere interpretata e spiegata. Questo,,
è chiaro, non vale per Moiani soltanto, ma per tutta la pittura moderna.
E allora, aggiungo, a chi è utile?
2. Moiani dipinge « dalla parte dell’uomo », prendendo a prestito l’espressione da Raniero La Valle. L’uomo è
al centro della sua riflessione e delle
sue preoccupazioni. Ma quale uomo?
Un uomo snaturato, vittima di sé, preso nella morsa di un circolo vizioso
proprio nell’attimo in cui s’illude di
comprendersi e di spiegarsi. E qui iO’
trovo il Moiani uoqip, che conosce bene i capitoli 6-7 dell’epistola ai Romani; lo spiraglio della speranza è e resta uno spiragho.
Ma accanto a questa prospettiva biblica si affianca la realtà dell’esperienza quotidiana che riduce e comprime
11 motivo della speranza. Non che non
ci sia speranza. Non c’è speranza per
quest’uomo del XX secolo che Moiani
vede ogni giorno; quando lavora come
decoratore ora qua ora là e s’accorge
di essere sfruttato daH’altro, Non c’è
speranza per quest’uomo che cerca
se stesso in una falsa prospettiva; non
c’è speranza nel senso che i tentativi
di liberazione sono minati alla base,
sono delle false partenze, manca l’appoggio e l’uomo cade nel suo tentativo di libertà.
Ma quest’uomo, nella pittura di
Moiani cade « solo », non in compagnia; cade da solo senza la presenza
di altri. Quest’uomo è l’umanità intera? Qppure è un motivo di individualismo che emerge costantemente nella sua arte? Come e dove si esprime
la dimensione sociale e politica dell’uomo che Moiani dipinge?
3. Viene da chiedersi se il pessimismo antropologico che Moiani esprime
nella sua pittura sia corretto da un
punto di vista teologico. Il peccato
dell’uomo non va sottovalutato; sarebbe un sottovalutare la croce. Ma l’ambiguità di alcuni quadri in cui l’interpretazione è lasciata aperta (un circolo vizioso senza uscita) mi pare talvolta abbandonare il terreno biblico
ed incanalarsi in una prospettiva filosofica o comunque oltre la dimensione biblica. Nel « Dolce sogno triste »
non c’è alternativa, non c’è una reale
dimensione di speranza ma soltanto
cruda realtà o illusione. Nel « Ultima
Parabola » mi sembra invece che la
prospettiva biblica sia rispettata; l’uomo non riuscirà nel suo tentativo di
ritrovarsi (l’abbraccio), è un tentativo
vano. L’edera non è «la natura benigna che saluta il suo trionfo » ma la
verifica dell’inutilità del suo sforzo di
autocomprensione. Non c’è autocomprensione dell’uomo senza la rivelazione; l’edera è l’altra dimensione, quella che lo redime.
Nell’invito alla mostra, accanto ad
una citazione di Hebbel, è pure stampato; « Moiani alla ricerca dell’uomo ».
Ebbene credo che questa « ricerca »
continui nella pittura di Moiani e accanto alla sua indubbia originalità di
motivi pensati ed elaborati con estrema precisione, mi auguro, da profano
qual sono in questo campo, una maggiore possibilità di comprensione senza dover ricorrere all’« interprete »Ma è possibile questo? In arte?
Ermanno Genre
È mancato all’affetto dei suoi cari
Edoardo Bounous
all’età di anni 94.
I nipoti ringraziano quanti hanno
preso parte al loro dolore. In iriodo
particolare ringraziano i Pastori di
Pinerolo Deodato e Tourn, le famiglie Grill e Giacomino che sono state
loro vicine con affetto, il Ricovero di
San Giacomo e le suore dell’Ospedale
Cottolengo di Pinerolo.
Chiotti, 18 giugno 1972.
7
f
Í3 giugno ’^72
lb
pag. 7
Notiziario rioplatense Dal Centro Diaconale di Palermo
(segue da pag. 6)
ressare un maggiore numero di persone al Museo stesso e al lavoro dei
dirigenti, specialmente in vista del
Vili centenario della conversione di
Valdo.
Durante l’estate scorsa dell’emisferio australe (dicembre-febbraio) sono
stati organizzati e realizzati numerosi
campeggi in diverse località per bambini, giovani e famiglie. Un fatto curioso si è verificato a Fray Bentos
(Uruguay). Tutto era pronto per un
campeggio di cadetti: locali, personale, programma; mancava soltanto un
numero suSìciente di iscrizioni. Sé^
guendo l’esempio della parabola del
gran convito, il pastore e i suoi collaboratori sono andati a parlare con
cinque coppie abitanti nei dintorni
• della casa pastorale. In poche ore es
se sono state convinte a mandare i
loro figli: 15 bambini si sono così aggiunti al numero esiguo dei valdesi.
Il campeggio è stato un successo in
tutti i sensi, e anche senza riscuotere
quote, non è mancato mai il cibo. I
genitori dei giovani campisti portavano volontariamente pane, pasta e carne e una volta un agnello intero e
quanto occorreva per il sostentamento di tutti.
Prossimamente speriamo di dare
notizie di una delle chiese più giovani
della regione: Reconquista (provincia
di Santa Fe, Argentina) e dei complessi problemi di tutte le comunità e
gruppi della diaspora dell’Argentina
settentrionale, come pure della missione interdenominazionale fra gli indios Toba nel Chaco argentino.
Aja Soggin
La scomparsa di due amici
Due gravi lutti hanno colpito il nostro Centro Diaconale di Palermo. A
distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, essi hanno lasciato fra noi, e soprattutto nel nostro cuore, un vuoto
incolmabile.
In ordine di tempo, dobbiamo prima di tutto ricordare che fra le 115
vittime della sciagura del DC. 8 dell’Alitalia, caduto nei pressi dell’aeroporto, di Punta Raisi a Palermo il 5
maggio, c’era anche il Dott. Lelio
Sammarco, membro del Comitato Esecutivo del nostro Centro Diaconale.
La tragedia del disastro aereo che
tanta commozione ha destato in Italia
e nel mondo, è avvenuta la sera stessa in cui il Dr. Sammarco avrebbe dovuto partecipare alla seduta ordinaria
del Comitato.
La sua scomparsa improvvisa e pre
Rettifiche
= Il decano della Facoltà Valdese di Teolo= già ci scrive, da Roma:
= Caro direttore,
= come decano della Facoltà mi vedo co= Stretto a rettificare alcuni errori nei qua
= li sono incorsi gli autori deWAnnuario
= Evangelico, edizione 1972-73, per quello
= che riguarda appunto la nostra Facoltà.
= P. 196: il prof. Subilia non è in « con= gedo annuale », ha avuto dal Consiglio un
H congedo per l’anno accademico 1971-72 e
= nel 1972-73 è previsto che riprenda nor
= malmente servizio. Nello stesso anno
= 1972-73 vi sarà un nuovo Moderatore,
= mentre almeno tre dei quattro rappresen
= tanti degli studenti nel Consiglio avranno
lasciato la Facoltà.
= P. 197 : a) Non abbiamo cattedre di Sto= ria valdese, di Archeologìa cristiana, di
= Diritto ecclesiastico, di Psicologia; le pri
= me due sono specialità della cattedra di
= Storia del Cristianesimo, le altre due di
= quella di Teologia pratica; la Storia del
= la Filosofia è stata offerta una volta a
= quegli studenti che non l’avevano avuta
~ nelle scuole secondarie.
— b) I pastori S. Rostagno e P. Ricca
= non sono docenti; hanno semplicemente
= sostituito il prof. Subilia, insieme a due
= docenti esteri, durante il suo congedo. Il
= past. M. Sinigaglia collabora per invito
= del Consiglio con la cattedra di Antico
= Testamento dall’anno 1971-72.
= c) Il prof. E. Ponzo ha dato un corso
= di Psicologia nell’anno 1970-71, il prof.
= M. Girolami un corso di storia della filo
= sofia per l’anno 1971-72, su invito del
H Consiglio.
= d) Professori incaricati con nomina
= sinodale sono : A. Molnàr, W. Deichmann,
“ G. Gönnet e G. Peyrot; solo per essi si
= configura, se mai, il titolo di docente.
= P. 225 : La Biblioteca ha frattanto ot= tenuto un proprio conto corrente banca
= rio Credito Italiano Ag. 8, N. 4429/11;
= il conto corrente postale segnalato è quel
S lo personale del bibliotecario; appare sol
= tanto per comodità, ma le somme versate
= su di esso per la biblioteca vengono imme
= diatamente trasferite al conto bancario
= anzidetto o alla cassa della Facoltà pres
= so la Tavola.
= Mi auguro che il libretto, presentalo in
= bella e pratica veste tipografica ad un
= prezzo più che conveniente, sia più pre
= ciso in altre sue voci.
= Cordialmente
= J. A. SOGGIN
1 Scelte
= Un lettore, da Roma:
= Caro direttore,
= Chiedo venia, a Lei ed ai lettori, per
= questo mio ennesimo intervento sulle co
S lonne del giornale per deprecare quel fe
= nomeno di degenerazione partigiana che
= sembra debba inevitabilmente caratteriz
S zare ogni discussione di natura politica.
S Alludo all’articolone (in senso... quanti
S tativo!) di M. Mìegge pubblicato sul n. .23,
= imperniato sulla lotta al razzismo.
= Non tenterò di confutare la tesi Boste= nula dal prof. Miegge — sulla quale an
S zi, almeno in linea teorica, possiamo tut
S ti convenire — che si debba cioè, in
H qualche modo, contribuire alla lotta con
S tro i grandi mali che affliggono l’umanità
S ivi compreso, in prima linea, il fenome
S no del razzismo, di ogni colore! Bisogna,
S però, se vogliamo che il discorso acquisti
§ un minimo di credibilità, estenderlo a
§ tutte le forme di oppressione, discrimina
S zione e persecuzione, non solo razziale,
S nia anche politica e religiosa ovunque av
H vengano.
H Se, cioè, dobbiamo favorire le iniziative
S per la lotta antirazzista in Africa, abbia
S mo anche il dovere di assecondare analo
S ghe iniziative per la liberazione dei po
S poli oppressi dalle dittature comuniste, c
S non solo da quelle di tipo fascista di Spa
S gna, Grecia e Portogallo!
S « Chi rifiuta di scegliere ha già scelto »
S proclama il Miegge. Quindi — spiega —
g chi non dà aiuto alla lotta contro il raz
S zismo e il colonialismo è, a sua volta, raz
S zista e colonialista. D’accordo — soggiun
§ go io — ma chi non dà aiuto a chi lotta
S (senza armi!) contro la persecuzione co
g munista dei cristiani (e non solo dei cri
g stiani) ha già scelto di appoggiare i per
g seciitori. In questo campo ha la coscien
g za tranquilla il prof. Miegge?
S Trascuro di proposito le invettive del
H M. contro il « criminale di guerra » R.
Nixon, il « falso pastore » B. Graham,
I lettori ci scrivono
etc. e vengo ad un altro punto che ci interessa più da vicino. « ... l’apparato militare-amministrativo italiano è tale ■—
scrive Miegge — che le forze dell’ordine
hanno licenza di uccidere... ». Contro una
infamante calunnia di questo genere, si
rimane davvero senza parole! Le « forze
dell’ordine » hanno piuttosto licenza di
farsi uccidere, non solo dai delinquenti
comuni, ma anche e soprattutto da quelli politici, come le cronache di questi ultimi tempi ampiamente e dolorosamente
dimostrano. L’assassinio, a freddo, del
commissario Calabresi, il bestiale attentato dinamitardo nel Goriziano nel quale
sono stati barbaramente uccisi tre carabinieri sono solo gli ultimi esempi di una
furia omicida che imperversa nei a gruppuscoli » d’ispirazione feltrinelliana!
Bisogna dare atto, infine, al prof. Miegge che egli ha fatto, veramente, la sua
« scelta ». Che è chiaramente, inequivocabilmente scelta « marxista e rivoluzionaria ». Egli non versa lacrime, che sarebbero del tutto ipocrite, per le forze dell’ordine che cadono sotto il piombo — o
la dinamite — dei terroristi d’ispirazione anarco-comunista.
Questo vuol dire essere coerenti. Chi
istiga il popolo alla ribellione ed alla rivoluzione armata a contro il sistema » non
ha il dovere (e neppure il diritto) — come altri ha fatto su queste stesse colonne
— di manifestare sdegno, costernazione
ed orrore per i crimini compiuti da coloro che queste « istanze rivoluzionarie »
hanno tradotto o cercano di tradurre nei
fatti, in sanguinosa realtà.
Con cordiali saluti mi creda, suo
Aldo Long
Precisazioni
Un lettore, da Pinerolo:
Signor direttore,
Le note pubblicate nel n. 18 dell’EcoLuce, anziché aprire un dibattito politico di fondo come speravo, sulla situazione
dell’agricoltura nelle nostre Valli con le
inevitabili implicazioni sia a livello nazionale che internazionale, ha sollevato invece una polemica che va oltre le mie
intenzioni e le mie aspettative eludendo
una gi'ossa questione come quella dei concimi, di notevole interesse per noi contadini, per delle cose di secondaria importanza.
Può darsi che quando noi contadini
prendiamo la penna in mano non abbiamo l’abilità di certi « dottori » neU’esprimere completamente e sinceramente le
proprie idee e ci esponiamo quindi a minacce di taluni di agire a « termini di
legge » contro di noi.
In ogni caso siccome il dottor Loris
Bein vuole delle precisazioni gliele dò
molto volentieri :
1) Non ho nulla contro la persona di
Loris Bein (semmai ci divide la sua posizione politica), ma dovendo fare un’esempio che fosse chiaro ai lettori delle
Valli non potevo fare a meno di citarlo.
2) Dire che i banchieri ed industriali abbiano dato l’appoggio ai candidati del
PSDI mi sembrava logico e non pensavo
che dovesse scandalizzare nessuno, visto;
che tale partito non esprime certo gli interessi dei contadini e degli operai ma di
chi auspica la pace sociale per aumentare
i propri profitti. E questa è una valutazione polìtica che mi pare consentita a
qualsiasi cittadino.
3) L’appoggio di alcuni Valdesi, tra
i quali qualche pastore è consìstito in colloqui personali e nel sottolineare la presenza nelle liste del PSDI di candidati che
sarebbe stato opportuno votare in quanto
Valdesi che non potevano che fare gli
interessi dei Valdesi. Tali affermazioni, a
mio avviso, hanno un aspetto mistificante perché vanificano ogni distinzione politica.
Con queste precisazioni da parte mia ritengo chiusa la polemica, lasciando ad altri, se lo crede, la responsabilità di agire
a termini di legge.
Distinti saluti.
Mauro Gardiol
Contro-informazioni
Un lettore, da Pomaretto:
Signor direttore,
Mi riferisco alla corrispondenza « Co;itro-informazioni » apparsa sul n. 23 del
giornale e precisamente ad una delle af
fermazioni contenute nella Corrispondenza
stessa, secondo la quale « l’Italia detiene
il primato europeo degli incidenti mortali
sul lavoro, contemporaneamente a quello
delle paghe più basse ».
Per quanto concerne gli incidenti
tali sul lavoro, i dati disponibili a livello
CEE per il 1969, relativi alla siderurgia,
che è oggetto di rilevazione appunto per
il suo livello di pericolosita, smentiscono
fortemente l’esistenza di un « primato »
italiano in tale campo.
Il numero di infortuni per milione di
ore lavorate nell’industria siderurgica nel
1969 risulta infatti: Francia 0,20 - Belgio 0,17 - Germania 0,15 - Italia 0,14 Paesi Bassi 0,08. (Fonte: CEE - Annuario di Statistiche Sociali 19’/0).
Non stupirebbe tuttavia che una nazione relativamente giovane come industrializzazione sconti il suo « ritardo » anche
sotto forma di una maggior impreparazione professionale e quindi con una maggior frequenza di incidènti; tìpico è il caso dell’elevata frequenza degli incidenti
nell’edilizia, che spesso assorbe lavoratori
ex-agfieoli alla loro prima esperienza di
attività industriale.
Per quanto concerne le paghe, mi pare
che ci si trovi di fronte ad un falso problema : se l’Italia fosse il paMe più ricco
del mondo, avrebbe anche le paghe più
alte, ma purtroppo non lo è. Non solo:
l’altissima incidenza degli oneri sociali a
carico delle aziende (oneri che costituiscono, si può dire, una forma indiretta di
retribuzione) fa si che per l’Italia i confronti fra valori assoluti abbiano senso solo per il costo del lavoro e. iioh per i salari. Più onesto e significative è invece il
confronto fra incremento salariale nei diversi paesi. I dati che seguono si riferiscono aU’incremento delle retribuzioni
nell’industria manufatturiera dall’aprile
’69 all’aprile ’71: Italia 43% - Germania
28% - Paesi Bassi 27% - Francia 25% Belgio 24% - (Fonte: CEE - Statistiche
Generali, n. 12, 1971).
Desidero ancora osservare, per inciso,
che spesso a sostegno di affermazioni polemiche come quella che ho inteso « attaccare T) Stanno dati di fatto non raffrontabili; per questa ragione, ho esposto dati
già adeguati tra loro a cura della Comunità Europea. Sono pronto a ricredermi
se mi si dimostrerà numericamente l’esattezza deH’affermazione contenuta nella
corrispondenza in questione, interpretando correttamente ed onestamente i dati
di cui si dimostri di disporre.
Naturalmente i lettori non hanno la
possibilità di controllare la veridicità di
tutte le notizie pubblicate sul giornale.
Affermazioni generiche e non documentate non depongono certo a favore della
serietà di un giornale la cui testata si fregia pur sempre dello stemma valdese. Ad
un certo punto, i lettori daranno alle notizie apparse su « L’Eco/Luce » lo stesso
credito dato alle ciarlatanerie della stampa più faziosa e scalcinata.
Traggo lo spunto dal caso sopra citato
per osservare ancora che le proteste dei
lettori non sono dovute al fatto che essi
ammettano solo un tipo di informazione,
oppure pretendano che i collaboratori del
giornale rinuncino alle loro tendenze politiche, 0 seguano una linea strettamente
neutrale.
Ma piuttosto, visto che l’informazione
già esiste, e che non manca neppure un’abbondante contro-informazione (ed i lettori sanno benissimo a quale stampa rivolgersi per essere «contro-informati»), ci auguriamo vivamente che il giornale sappia
distinguersi pubblicando notizie serie, .attendibili, imparziali, documentate; in caso
contrario, è preferibile che la Redazione
si decida a tare piazza pulita di questo
campo di zizzania.
Cordiali saluti.
Guido Baret
mor- =
Pronto a pubblicare qualunque precisazione, rettifica o controinformazione al
nostro lavoro redazionale, ritengo tuttavia
ingiusto squalificarlo in blocco o quasi;
accanto a quello che. sottoponendolo alla
discussione, esponiamo alla replica, non vi
sono elementi e spunti di seria riflessione?
I nostri critici ritengono veramente che
nel suo insieme il nostro lavoro, anche nel
settore specifico delVinformazione sociopolitica (riconosciamo maggiori carenze in
campo strettamente economico), sia inutile, peggio, dannoso? E, intanto, quanti
dei nostri lettori leggono regolarmente almeno un quotidiano? Infine, io non penso che. discutendoci. Lei semini zizzania;
non lo pensi Lei di noi. Fraternamente.
Giìno Conte
matura (aveva 52 anni) ci priva di una
collaborazione tanto preziosa per i doni che egli possedeva di intelligenza,
di sensibilità per i problemi del nostro
lavoro, per la competenza e la passione che egli aveva per quanto riguarda
l’educazione e l'istruzione dei fanciulli, la preparazione e Taggiornamento
del personale, la collaborazione fra
Comunità e Centro Diaconale.
Egli era anche molto interessato
dell’attività che svolgiamo nel Villaggio « Speranza ». Spesso il sabato sera
teneva delle conversazioni di cultura
^polare alla gente del Villaggio che
lo ascoltava con vivo interesse. Egli
sapeva affrontare i più gravi problemi della famiglia, della politica, della
educazione dei figli con tanta saggezza
ed equilibrio e sempre su un fondamento evangelico.
Molti suoi amici, dopo i funerali,
hanno voluto aprire una sottoscrizione in memoria, allo scopo di incrementare la biblioteca del Villaggio con
l’acquisto di nuove pubblicazioni per
i fanciulli e le loro famiglie. La biblioteca sarà aperta a tutto il comune di
Vita, ove non esiste una biblioteca
pubblica.
Eravamo appena ritornati dal funerale del Dr. L. Sammarco ed eravamo
aggravati dalla tristezza di quanto era
accaduto, quando dalla Germania ci
è giunta la notizia di un altro grave
lutto. Il Pastore Walter Rathgeber, Segretario Generale del Diakonische
Werk di Hessen - Nassau, per un improvviso attacco cardiaco, la sera dell’8 maggio, all’età di 59 anni, aveva
cessato di vivere. Egli occupava un
posto di primissimo piano nella Chiesa Evangelica in Germania e la sua
scomparsa rappresenta una perdita
irreparabile.
Amico personale di M. Niemoller
aveva preso posizione fin dal principio
del suo ministero pastorale, in seno
alla Chiesa Confessante al tempo del
nazismo. Egli era stato successivamente animatore convinto ed appassionato del servizio diaconale della Chiesa
Evangelica e ad esso aveva dato un
incremento ed uno sviluppo che mai
aveva avuto prima di lui. Era membro del Comitato delle Chiese Evangeliche in Germania (E.K.D.) e del Comitato di azione « Brot fùr die Welt ».
Egli aveva promosso interventi in varie parti del mondo, in occasione di
cataclismi e non possiamo non ricordare la sua azione per il terremoto
del 15 gennaio 1968, nella Valle del
Belice, in Sicilia. La campagna di « pa
ne per il mondo » del 1970 era stata
da lui organizzata in vista di un aiuto
per le iniziative di sviluppo in Sicilia,
per l’assistenza dei fanciulli dei bassifondi di Palermo, per il cambiamento delle strutture in un paese come il
nostro che è un lembo del terzo mondo in Europa.
La scomparsa del Pastore Rathgeber è una grave perdita per la nostra
Chiesa Valdese e per le sue istituzioni cui egli ha dato tante prove di solidarietà e di amore.
Ma il suo cuore, non possiamo dimenticarlo, era per Palermo e per la
Sicilia. Egli è mancato alla vigilia
della sua partenza per Palermo. Il suo
viaggio, insieme alla Signora e al Pastore M. Niemöller, era stato preparato ed organizzato nei particolari.
Egli aveva persino preparato il discorso che si proponeva di pronunziare in italiano in occasione del primo
stato di avanzamento dei lavori di costruzione del nuovo Centro.
Spesso egli aveva intrapreso il lungo viaggio per la Sicilia, contrariamente al parere dei medici che temevano per il suo cuore. Ma egli non risparmiava le sue forze perché tutta la
sua vita era vissuta interamente per
gli altri, soprattutto per i fanciulli, e
i più deboli ed oppressi della società.
Il Past. Rathgeber era venuto per
la prima volta in Sicilia nel settembre 1965 e in maggio 1966 per la Conferenza del Comitato Europeo delle
migrazioni. Tutti i problemi della Sicilia trovavano in lui la più viva sensibilità e solidarietà.
Il progetto del nuovo centro, che è
in costruzione, ha avuto il suo più valido e concreto sostegno e ci rincresce che egli non ha potuto vedere il
compimento di un’opera che gli stava tanto a cuore e per la cui realizzazione si è tanto battuto anche in Germania e per cui ha dimostrato tanta
pazienza e tanta fiducia anche nei momenti di maggiore incertezza e difficoltà per un progetto così impegnativo.
Il modo migliore di onorare ora la
memoria di questi due nostri cari
scomparsi è di stringere le nostre file,
di rinnovare il nostro impegno, di
mettere, sul loro esempio, la nostra
vita ad un servizio sempre più completo per gli altri e di portare avanti
l’opera che essi, su piani diversi, con
responsabilità e doni diversi, hanno
voluto, amato e di cui, ce ne rammarichiamo ancora, non hanno avuto il
bene di vedere il compimento.
Pietro V. Panascia
Progetto di una scuola media a pieno tempo
integrata di orientamento professionale
I PREMESSA
= Nella seduta del 12-13 maggio 1972
= del Comitato Generale del Centro Dia= conale di Palermo, sono state discus= sa le linee di una scuola media a pie= no tempo integrata, di orientamento
E professionale, in sostituzione delle
= scuole professionali, previste nel pro= getto originario.
= È stato dato mandato al Comitato
= Esecutivo di redigere un nuovo pro= getto che è ora sottoposto alTattenzio= ne dei vari comitati che sostengono
_ l’opera di Palermo.
= Il progetto dell’istituzione di scuole
= professionali era stato suggerito dalla
= constatazione che, nella maggior par= te dei casi, i giovani non arrivano a
= conseguire una qualificazione profes= sionale e si avviano fatalmente verso
= la disoccupazione e la inoperosità. La
E triste esperienza di molti nostri emi= grati alTesiero che squalificano la no= stra manodopera per la loro imprepa= razione.
= Dopo uno studio più approfondito
= abbiamo ritenuto di modificare il no= stro progetto per le seguenti ragioni:
= a) l’istituzione di una scuola me
s dia unificata, obbligatoria, fino al 14"
= anno di età, ha determinato lo spopo= lamento delle scuole professionali isti= tuite in questi ultimi anni della Regio= ne Siciliana. Si è giunti a situazioni
= paradossali di questo genere: un nu= mero di 1081 insegnanti, tecnici, istrut= tori pratici ecc... che poteva contare
= su uno sparuto numero di 2.629 alun= ni... non tutti frequentanti. La Regione
S Siciliana è stata pertanto costretta a
= chiudere le scuole professionali, isti= tuite in varie località dell’isola e il cui
= mantenimento gravava sul bilancio in
= ragione di miliardi, senza alcuna uti= lità pratica;
S b) per accedere ad una scuola pro
= fessionale occorre avere conseguito la
= licenza media. Pertanto si rende ne= cessario, per il nostro Centro, istituiH re una Scuola Media alla quale po= iranno accedere gli alunni che hanno
= conseguito, nelle nostre stesse scuole,
= la licenza elementare;
= c) con la istituzione della Scuola
= Media noi avremo la possibilità d’av= viare i giovani o verso lo studio, nelle
= scuole medie superiori e universitarie
= o verso una scelta professionale (con
= eventuale specializzazione).
I IL NUOVO PROGETTO
= Il nostro nuovo progetto prevede
= ora la istituzione di una Scuola Me= dia, della durata di tre anni, integra= ta, a pieno tempo di orientamento
= professionale.
= La Scuola Media sarebbe il naturale
= prolungamento della scuola dell’obbli= go, fino al compimento del 14» anno
H di età. Non sarebbe per noi una av= ventura perché abbiamo già, nel cam
po dell’insegnamento puramente scolastico, una esperienza che ci può essere preziosa.
Il prolungamento dell’insegnamento
delTobbligo, ha carattere unitario e
continuativo e ci consentirebbe, dopo
i 5 anni delle elementari, di seguire
per ancora 3 anni i nostri alunni, negli anni che sono i più formativi, complessivamente, dai 3-4 anni, fino al 14"
anno, per 11-10 anni.
La Scuola Media che vorremmo istituire oltre i programmi previsti dalle
vigenti disposizioni, dovrebbe essere a
pieno tempo ed integrata da varie attività, artistiche, ricreative, ginnicosportive, ecc..., secondo l’interesse che
gli alunni manifestano. Oggi si fanno
vari tentativi per rinnovare la scuola
e per uscire dagli schemi tradizionali.
La scuola che vorremmo istituire è un
nuovo tipo di scuola di avanguardia,
di scuola pilota sperimentale.
Alcune ore del giorno saranno dedicate alle attività ricreative, artistiche
e al lavoro in vista di un orientamen(contìnua a pag. 8)
Doni prò Eco-Luce
Vincenzo Martorana, Torino 1.500; Carlo Neidhart, Svizzera 500; Melvyn Berwick,
Inghilterra 1.550; A. Moncada, Canadà
1.300; Enrichetta Bertin, Luserna S. Giovanni 1.000; Elisabetta Protto, Torino 500;
Gino Giovannini, Roma 1.000; Fam. Gobelin, L. S. Giovanni 1.000.
Grazie! (continua)
In Valle d’Aosta
COMUNE DI SARRE
(3 Km. dalla Città)
Famiglia evangelica dispone di
appartamenti attrezzati tre posti letto.
Bassa stagione L. 12.000 settimanali.
Scrivere:
Montaldo - 11010 Sarre (Aosta)
Vacanze al mare
Pensioni
alberghi
familiari e
confortevoli
Bassa stagione da L. 2.000-2.100
Alta stagione da L. 2.500-3.200
Informazioni: Revel Egidio
Hôtel Elite
47045 Miramare di Rimini
8
pag. 8
N. 26 — 30 giugno 1972
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Ritorni antiseniti in Itaiia
Il « vertice » O.U.A.
Nei giorni scorsi a Rabat, in Marocco, ha avuto luogo il 9® vertice della
Organizzazione dell'Unità Africana
(OUA), cui hanno presenziato una quarantina di capi di Stato o di loro rappresentanti. Quest’anno la riunione
doveva anche rieleggere il proprio segretario generale, che scade ogni quattro anni. È questa un’operazione sempre difficile e delicata perché nel continente africano vi sono numerosi Stati cosi diversi per regime sociale e per
orientamenti politici, per cui la cosa
è sempre frutto, di compromessi e di
patteggiamenti. Al posto del guineano
Diallo Telli è stato nominato il camerunese Nzo Ekangaki, che pare assai
gradito ai paesi europei che nel passato dominarono come colonialisti vaste zone del continente nero.
Fra i numerosi provvedimenti votati dall’assemblea ne ricorderemo alcuni, tra i più significativi. È stata condannata la Gran Bretagna per non
L’Antimafia
Sandro Viola su La Stampa del 24
giugno:
« La verità è... che dagli atti della
commissione antimafia emerge una
monocromia quasi totale delle responsabilità politiehe. Il titolo dell’editoriale con cui il Giornale di Sicilia ha
commentato la pochezza dei risultati
« concreti » della commissione (« i mafiosi ringraziano ») sarà anche giusto...
Ma il titolo più esatto di commento
sulle conclusioni dell’Antimafia sarebbe stato, non c’è dubbio « La DC ringrazia ».
Perché la situazione, oggi, è questa.
Danilo Dolci, che non ha avuto rapporti colla mafia e non è certo un diffamatore di professione, colleziona condanne per aver tentato di far luce sui
legami fra mondo mafioso e classe politica, mentre uomini i cui nomi sono
comparsi in vari fascicoli giudiziari e
negli atti dell’Antimafia mantengono
le loro posizioni nel partito di maggioranza relativa e sono ancora i pilastri dell’armatura clientelare DC in
Sicilia... Lo sé^icismo dei siciliani,
l’antica sfiducia nei confronti dello
Stato trovano un nuovo motivo di conferma ».
aver preso provvedimenti concreti atti a porre fine al regime illegale in
Rhodesia e sono stati condannati gli
acquisti di cromo da parte degli Stati
Uniti in quel paese.
Per quanto riguarda la situazione
delle colonie portoghesi in Africa (Angola, Guinea, Mozambico) tutti i paesi deirOUA sono stati invitati a rompere immediatamente le relazioni diplomatiche col governo di Lisbona,
mentre i paesi della NATO sono stati
esortati a sospendere qualsiasi aiuto
in favore del Portogallo. Com’è infatti noto, questa nazione si avvale anche degli aiuti mihtari NATO per reprimere i movimenti di liberazione
africani.
Circa la repubblica del Sudafrica e
il territorio della Namibia, da essa illegalmente amministrato malgrado il
veto dell’ONU, è stata elevata una vibrata condanna, specie nei riguardi
degli Stati della NATO e in particolare Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti
e Rep. fed. tedesca, che continuano a
fornire a'I governo di Pretoria armi o
strumenti per la loro fabbricazione.
A proposito del drammatico problema dei profughi in Africa (che il recente massacro del Burundi ha ulteriormente aggravato dato che migliaia
di perseguitati hanno trovato scampo
nei paesi confinanti), profughi che si
fanno ammontare a un milione e 200
mila, è stato chiesto al segretario di
convocare al più presto la relativa
commissione — istituita nel 1964
per adottare tutte quelle misure piu
opportune per ovviare ai loro problemi.
Infine, circa il Medio oriente, una
risoluzione invita tutti i paesi dell’OUA ad astenersi dal fornire armi,
mezzi o altri appoggi che aiutino lo
Stato di Israele a rafforzare o perpetuare l’occupazione dei territori arabi.
È assai difficile dare un giudizio
complessivo di questa importante assemblea: si può però sottolineare-il
fatto che i partecipanti hanno cercato
di tenere in sordina i loro contrasti
per porre maggiormente in evidenza
le comuni decisioni.
Prima o durante l’assemblea ci sono
state vere e proprie « riconciliazioni ».
Fra esse ricorderemo quelle fra la Guinea e il Senegai, fra il Congo Brazzaville e lo Zaire, fra Algeria e Marocco,
che hanno definito le frontiere e lo
sfruttamento in cornune di giacimenti minerari, come vi è stato l’abbraccio di riunione dei leaders dell’MPLA
e del FNLA, i movimenti di liberazione dell’Angola.
Attualità italiane
L’ininterrotta nonché impressionante catena di « omicidi bianchi » (infortuni mortali sul lavoro) dei giorni
scorsi deve anche registrare la morte
atroce di Remo Longhi, un ragazzo
dodicenne, utilizzato abusivamente in
un cantiere edile e travolto dal crollo
di un argano. I bambini o ragazzi che
lavorano, i cosiddetti « fuorilegge del
lavoro », sono in Italia ben 500 mila.
Essi infatti, evadendo l’obbligo scola
stico, vengono impiegati clandestinamente e senza alcuna tutela contrattuale o previdenziale.
Secondo gli ultimi dati dell’lNAlL
gli incidenti sul lavoro dei minorenni
sono aumentati dal 1968 al ’70 del 40
per cento (632, poi 789, e 891 nel 1970).
Se poi si tenga presente che per owii
motivi parecchi di essi non vengono
denunciati, queste cifre sono suscettibili di ulteriori, notevoli aumenti. Nel
1970, degli incidenti denunciati, il 7%
ha comportato una invalidità permanente (63); mentre due sono risultati
mortali. Quasi r82% degli incidenti
hanno interessato il settore industriale mentre il restante riguarda quasi
totalmente quello agricolo. È la Lombardia a detenere questo record di infortuni; seguono il Veneto, l’Emilia
Romagna e la Toscana.
Una nuova clamorosa sentenza (che
fa il paio con quella emessa qualche
giorno prima a Roma dalla corte d’appello a conclusione del processo contro i carabinieri torturatori di Bergamo, condannati in primo grado) è stata pronunciata a Roma nei confronti
di un capitano, di un brigadiere e di
due carabinieri imputati di calunnia
aggravata e di falso in atto pubblico.
Ecco l’antefatto: in un appostamento
nel 1964 detti carabinieri sorpresero 4
giovani a rubare gomme d’auto. Intimato l’alt, furono sparati colpi d’arma da fuoco, un ladro venne ferito e
arrestato con gli altri tre. Fra i « corpi del reato » venne presentata una
pistola, secondo i militi appartenente
a uno dei ladri, pistola che, oltre ad
aver provocato la risposta al fuoco da
parte dei C.C., fruttò ai 4 una denuncia di tentato omicidio, oltre che di
detenzione e porto abusivo d’arma. Di
fronte ai disperati dinieghi degli imputati il P.M., fatte le debite indagini,
potè appurare che non solo la pistola
non apparteneva a nessuno dei 4, ma
che era di proprietà (non d’ordinanza)
di uno dei militi accusatori, che lo
stesso Taveva data al brigadiere il
quale a sua volta (dopo aver sparato
due colpi) la « reperì » sul luogo del
misfatto. Ci si attendeva una esemplare punizione trattandosi di una vera e propria aberrazione da parte di
chi è incaricato di far rispettare la
legge. Invece, a otto anni di distanza,
è come se non fosse successo nulla. A
parte il fatto che c’è voluto un cosi
gran tempo per giungere al processo,
il tribunale ha applicato l’amnistia derubricando il reato di calunnia a « simulazione di reato ». C’è da rimaner
perplessi sul significato delle parole
« forze dell’ordine » e « giustizia ».
Dunque, siamo al centro-destra, con
una maggioranza che corre sul filo
del rasoio, costantemente e inammissibilmente aperta a determinanti voti
fascisti. Non si comprende come tutti
i nostri giornali, compresi quelli di sinistra, parlino di « governo centrista ».
Della coalizione fa parte la DC che,
come tutti sanno, mentre da una parte ha fatto tacere la sua sinistra interna, dall’altra ha dato mano libera alla destra; fa parte il partito liberale
che fino a prova contraria è un partito di destra; e quindi si tratta di una
coalizione di centro-destra. Caratteristica di questo nuovo governo (oltre
a quella conservatrice e restauratrice)
è che dei 4 partiti suoi componenti
(DC, PLI, PSDl) p sostenitori (PRI),
altri due, oltre alla DC di cui già si
è detto, si sono spezzati al momento
delle decisioni: il PSDI e il PRI che
hanno aggravato le loro divergenze interne in ordine alla loro partecipazione o appoggio al gpvemo.
Altra caratteristica di questa neocoalizione è che nasce in dispregio al
voto elettorale: ben due partiti, fra
quelli chiamati dalla DC alla « stanza
dei bottoni » hanno avuto, in proporzioni più o meno evidenti, un sensibile
« giramento di schiena » da parte dell’elettorato (PLI e PSDI). Malgrado ciò
il partito di maggioranza relativa ha
dato in questo modo luogo ad una
pericolosa opereizione che lascia fuori
dalla direzione politica del paese le
grandi forze popolari.
« Democrazia » significa, oltre che
agire in base alle indicazioni dell’elettorato, « potere al popolo»: ma di potere al popolo, in questo governo ce
n’è poco, molto poco.
Roberto Peyrot
Responsabilità neofasciste nella diffusione di libelli
I meriti elettorali
di un vescovo italiano
Cosenza (Relazioni Religiose) - Il settimanale « Parole di vita », portavoee della Curia arcivescovile di Cosenza, ha pubblicato,
dandole grande risalto, la notizia di una riunione del Comitato Civico deRa suddetta città, tenutasi dopo le ultime elezioni nel palazzo arcivescovile ed alla presenza dello stesso Arcivescovo, Mons. Enea Selis. Secondo
il giornale cattolico, durante la riunione « a
prendere la parola per primo è stato il Rev.
Prof. Don Luigi Ruffolo, che ha porto sia
ai presenti che all’illustre Presule, un vivo
ringraziamento per la comune lotta sostenuta in difesa dei valori cristiani, durante
la recente campagna elettorale ».
-A- Eccezionalmente i lettori troveranno a pag. 3 gli «Echi della settimana ».
Al Centro Diaconale di Palermo
{segue da pag. 1)
to professionale e ad una scoperta delle attitudini e delle tendenze individuali. Non ci soffermiamo sul valore
pedagogico ed educativo del* lavoro
che è fuori discussione.
Il nostro progetto è di creare dei laboratori ove i ragazzi possano trascorrere, a loro scelta, alcune ore del
giorno.
La nostra proposta è di creare alcuni laboratori che rappresentino in una
gamma, non certo completa, alcuni tipi di lavoro e di occupazione, in vista
di uno sviluppo armonico della personalità deiralunno e di una scoperta
delle sue capacità, delle sue attitudini
di applicazione e di lavoro.
LABORATORI
per applicazioni tecniche e attività
artistiche
1. Fotografia
In molte scuole moderne la fotografìa è
considerata conte strumento di ausilio didattico e pedagogico di primaria importanza in
quanto sviluppa nel fanciullo il senso di osservazione. La fotografìa inoltre ha acquistato nel nostro tempo grande importanza, sia
come strumento artistico che di documentazione. La macchina serve a fissare delle immagini, ad aiutare la memoria, ad esprimere
la realtà, a fissare un avvenimento. Occorre
naturalmente potere disporre di un certo numero di macchine fotografiche da mettere a
disposizione degli alunni e di alcune macchine di alto rendimento per il perfezionamento
della tecnica fotografica. Riteniamo perciò opportuno addestrare i fanciulli nel buon uso
delle macchine fotografiche e creare un laboratorio fotografico che dia anche la possibilità di sviluppo e di stampa.
2. Steno-dattilografia
E’ opportuno che i ragazzi siano avviati all’apprendimento razionale e sistematico della
scrittura a macchina attraverso un corso di
dattilografia. Naturalmente occorre potere disporre di un certo numero di macchine per
scrivere, in modo che Tistruttore possa avere
una diecina di alunni per ogni corso.
Prevediamo che lo studio sia integrato dallo studio della stenografìa.
3. Tipografia-rilegatoria
I ragazzi potrebbero imparare a comporre
eil a stampare, a cominciare dal loro giornalino di classe, secondo la didattica del Freinet.
Occorrerebbe potere avere una stampatrice di
modeste proporzioni e di medio costo e accanto alla tipografia istituire anche una rilegatoria, dato che le due attività sono complementari.
4. Idraulica
Un laboratorio di idraulica non richiede
una grande attrezzatura. Può dare oltre che
un orientamento professionale verso un mestiere di sicuro impiego, anche delle capacità
tecniche per uso familiare.
5. Elettrotecnica
Innumerevoli sono le applicazioni che Telettrìcità ha assunto e assume sempre di più nel
nostro tempo. Anche per un laboratorio di
questo genere la spesa può essere contenuta
in limiti modesti. I ragazzi hanno interesse
per questo genere di applicazioni e pertanto
dovrebbero avere la possibilità di essere istruiti in questa attività. Quanto è stato detto per
l’idraulica può essere ripetuto per l’elettrotecnica,
6. Auto-meccanica
Dato che 11 Centro Diaconale dispone di
un notevole numero di automezzi è prevista
anche la creazione di un’auto-officina.
7. Economia domestica
E’ necessario istituire dei corsi di educazione domestica. Ci sono mestieri cui le donne oggi possono essere avviate (fotografìa,
dattilografia, ecc.) ma riteniamo che sia opportuno avere anche un corso specifico per le
ragazze a livello domestico e casalingo.
8. Arte - musica
Le tendenze artistiche dei fanciulli potranno trovare le loro naturali espressioni nella
ceramica, la lavorazione del legno e l’incisione su metallo, il mosaico, la pittura, ecc.
Nel nostro centro è anche prevista l’educazione musicale, affinché il fanciullo possa
esprimersi attraverso la musica corale, strumentale e ritmica. Quindi occorre avere attrezzature e strumenti, sia per l’ascolto della
musica (Radio-TV, giradischi, registratore),
sia per l’apprendimento della musica e l’uso
di strumenti musicali (Orffstrumenti per la
ritmica, flauti dolci, pianoforte, piccolo organo, ecc.).
Prima di terminare presentiamo un preventivo approssimativo sia per la creazione
dei su elencati laboratori e sia per la gestione.
Si prevede che queste attività saranno realizzate a gradi, nel corso di alcuni anni.
Costo d’impianto laboratori L. 25.000.000
Costo di gestione :
5 professori Scuola Media » 10.000.000
9 istruttori (non a pieno
tempo) ® 4.000.000
Materiale tecnico e didattico vario 2.000.000
Leggiamo su La Stampa del 13 giugno un
articolo del giornalista Lamberto Fumo relativo ai recenti rigurgiti di antisemitismo in
Italia. Riportitamo qui Varticolo in oggetto^
che si riferisce a una riunione di studiosi^ fra
cui il prof. Valdo Vinay, riunione dalla quale è sorto un comitato per combattere il
preoccupante fenomeno.
Una violenta recrudescenza di antisemitismo in Italia è stata denunciata stasera, all’Università « Pro Deo » di Roma da un comitato di studiosi che intendono promuovere
un’azione unitaria contro il preoccupante fenomeno. L’iniziativa è dovuta ad esponent
della cultura cristiana e laica, tra i quali
docenti universitari Di Nola, Castelli, Lom
bardi (quello del referendum), D’Addio, Cot
ta, lo scrittore Mario Gozzini, il dott. Fabri
zio Fabbrini, l’abate di San Paolo don Gio
vanni Franzoni, padre Ernesto Balducci, mon
signor Pietro Rossano, sottosegretario vatica
no per i non cristiani, il pastore valdese Valdo
Vinay.
In questo primo incontro il professor Alfonso Di Nola, ordinario di Storia delle religioni nell’università di Siena, ha trattato
esclusivamente della pubblicistica antisemitica apparsa, negli ultimi dieci anni in Italia.
Non si è soffermato sugli episodi di aggressioni fìsiche a cittadini di religione israelitica, sulle profanazioni di sinagoghe e di cimiteri ebraici e sulle lettere e telefonate anonime e dì minaccia che israeliti italiani ricevono quasi ogni giorno.
Gli obiettivi che il comitato si propone di
raggiungere sono tre : portare all’attenzione
del Parlamento, del governo e dell’opinione
pubblica la ripresa virulenta della campagna
antisemitica perché vengano adottati provvedimenti legislativi; un’azione interreligiosa di
cattolici, protestanti e israeliti per denunciare l’antisemitismo; un finanziamento del
Consiglio nazionale delle ricerche per pubblicazioni che analizzino caratteri e scopi della
« letteratura » antisemitica.
La relazione del professor Di Nola si è
soffermata su una quarantina di pubblicazioni antiebraiche, che non esauriscono la
massa di libelli apparsi in Italia su questo
argomento. Lo studioso ha indicato tre diversi
« strati » antisemitici : uno di matrice cattolica, il secondo d’ispirazione neonazista-razzista, il terzo di origine antìsionista e antisraeliana che, però, spesso slitta nell’antisemitismo.
La propaganda antisemitica — ad opera di
frazioni cattoliche, non della Chiesa ufficiale,
che è su posizioni di grande apertura — si
è manifestata, dopo un periodo di « latenza »,
nella primavera del 1959, quando Papa Giovanni soppresse dalla liturgia del Venerdì
santo le preghiere <c Pro perfidis judaeis » e
abolì il culto nel Trentino del beato Simone,
ritenuto vittima di una « omicidio rituale »
degli ebrei nel 1475.
La decisione di Giovanni XXIII fu accolta
con generale plauso, ma provocò una reazione negativa in alcuni settori cattolici.
Il secondo a strato », quello « neonazistarazzista », pubblica libelli e libri la cui diffusione, ha detto il professor Di Nola, « è
generalmente curata dalle organizzazioni
neofasciste, parlamentari ed extraparlamentari ». Sono pubblicazioni che si trovano nelle
edicole e vengono diffuse tra gli studenti di
lettere e di legge dell’università di Roma. Tra
l’altro, vi sono due edizioni, con introduzione,
dei Protocolli dei savi anziani di Sion, curati da Ventura e Rauti (il primo detenuto perché indiziato degli attentati del 1969, tra cui
la strage di Milano; il secondo eletto deputato
del msì, dopo la breve detenzione); le opere
di Julios Evola, di Hitler, quasi tutte pubblicate dalla editrice a Ar » di Padova e diffuse dalla libreria Ezzelino, di Padova, alle
quali sono legati Freda e Ventura.
Ebrei nell’U.R.S.S.
Mosca (Relazioni Religiose) • Gli ebrei in
URSS continuano ad essere richiamati alle
armi; tale provvedimento preso dalle autorità sovietiche colpisce in particolare modo
elementi di punta del movimento ebraico.
Gl; ebrei vengono prelevati dalle loro case e
spediti a fare mesi o, spesso, anni di servizio
militare supplementare. A Kaunas sono stati
fatti alcuni richiami e nove ebrei di questa
città hanno esposto il loro caso al Ministero
degli Interni e a quello della Difesa, protestando contro questa forma discriminante di
richiamo alle armi che . stranamente colpisce
solo gli ebrei.
Nello strato antisionista-antisraeliano, secondo il professor Dì Nola, appaiono opere
propagandistiche dei servizi informativi arabi, ma stampate in Italia. Sono opere « spesso camuffate come provenienti da sinistra,
reperibili o diffuse nei movimenti delta destra neofascista o neonazista ». L. F.
TOTALE L. 41.000.000
Nota: I costi più dettagliati sono in elaborazione.
Il Comitato Esecutivo
H Questa settimana cinque specialisti americani nelle malattie del cancro sono a Mosca
per varare, d’intesa con colleghi sovietici, il
programma di collaborazione scientifica in
questo settore della medicina, nel quadro del
recente accordo sanitario sovietico-americano.
^ In base a un’inchiesta svolta da due
giovani agenti del Federai Bureau of Narcotics, che per tre anni hanno frequentato, come studenti, 12 scuole dello Stato di New
York, è risultalo che dal 50 al 90% degli
studenti (ce ne sono che cominciano a drogarsi a 12 anni) prendono droghe, per lo più
marijuana, ma almeno il 30% la più rovinosa eroina. Nell’ultimo quinquennio i tossicomani al dì sotto dei 13 anni sono aumentati
del 33% ; numerosi i bambini che nascono
col sangue avvelenalo dalle madri.
^ Secondo il fisico Sacharov, l’alcoolismo
neirURSS a ha raggiunto le dimensioni di
una calamità nazionale ». Recentemente il
governo e il partito hanno indetto una crociata contro l’alcoolismo, limitando la produzione di bevande alcooliche e instaurando pene severe contro gli alcoolizzati e i produttori
clandestini di vodka.
H NeirURSS le spese militari ammontano
a circa il 40% del reddito nazionale.
Concentrazione editoriale
(segue da pag. 1 )
degli qltri mass media. Insomma si
può dire che a un aumento costante
dei costi corrisponde un aumento troppo limitato delle entrate.
CAUSE ESSENZIALMENTE
ECONOMICHE
Sono cause essenzialmente economiche, come sottolinea in un saggio interessante il prof. Jacques Léauté, direttore del Centro nazionale d’insegnamento superiore del giornalismo a
Strasburgo. E aggiunge: « La concentrazione è tanto più preoccupante bt
quanto è -lungi dall’aver raggiunto il
culmine ».
Analizzando le conseguenze di una
forte diminuzione del numero dei quotidiani, il prof. Léauté scrìve: « Questa
situazione pone ai lavoratori della
stampa, dai giornalisti agli operai, gH
stessi problemi che agli altri lavoraìori, ma la concentrazione delle imprese editoriali crea pure una particolare difficoltà. Impresa economica, l’impresa editoriale è anche, essenzialmente, un'impresa culturale. L'ambiguità
dello statuto dei giornalisti sta nei
fatto che il giornalista è, da un lato
d salariato di un’impresa economico.,
affiliato a sindacato professionale, soggetto alle convenzioni collettive professionali, come i salariati delle altre
imprese economiche; e d’altro lato rimane il depositario della tradizione
dello scrittore, un uomo al servìzio
dell’informazione, della libertà, dello
spirito. Di qui, pure, l’ambiguità delle
funzioni della stampa, la quale, pur
retta dalle necessità economiche della concentrazione, adempie a una funzione civica che nessuna impresa economica si assume: la funzione informatrice in senso ampio ».
Concretamente, come si presenta attualmente questo movimento di corseen trazione? Lavorando su dati provenienti da quindici nazioni nelle qualesistono gruppi o catene di quo,tidiani riuniti sotto la medesima proprietà,
la citata Federazione ha tracciato delle curve che permettono di stabilire
un paragone grafico del grado di con
centrazione della stampa in questo
nazioni. Allo scopo si è calcolato, nazione per nazione, la percentuale di
diffusione quotidiana controllata dalle 4, 8 o 20 rnaggiori imprese. La percentuale media che indichiamo tra pa
rentesi per ogni nazione, rappresenta
la media aritmetica degli indici di con
centrazione totale ai tre livelli (4 S
e 20).
Questo confronto grafico permetto
dt dire che ¡’Irlanda è la nazione in
cui la stampa è maggiormente con
centrata, poiché la massa di diffusione quotidiana è controllata per il 91%,
Troviamo poi, in ordine decrescente
l’Australia (87%), la Gran Bretagna
(77%), la Nuova Zelanda (76%), l’Au
stria (73%), il Giappone (72%), il Canada e il Belgio (71%), la Danimarca
(67%), l’Olanda (59%), la Germania federale e l’Italia (51%), la Francia (50
per cento), la Spagna (42%) e gli USA
(30%). Sono gli USA ad avere il più
basso grado di concentrazione fra le
nazioni industrializzate, malgrado le
numerose catene di giornali. Ciò è dovuto evidentemente alla vasta superficie di questo paese e al fatto che numerosi quotidiani locali restano proprietà di editori diversi.
QUARANTUN PAESI
SENZA UN QUOTIDIANO
Sicché, a seguito dell’evoluzione della vita moderna e delle concorrenze
che vi si esercitano — soprattutto lo
sviluppo prodigioso dei mezzi audiovisivi (188% di aumento in dieci anni
per la sola televisione) — la stampa
deve affrontare problemi economici
che possono avere gravi conseguenze
per la libertà d’espressione e d’opinione.
La storia dei popoli c’insegna che
sono, questi, diritti acquistati a caro
prezzo. Tanto più che vi sono ancora,
nel mondo della stampa, larghe zone
oscure. Sempre secondo l’ultimo censimento deirUNESCO, in 41 paesi non
compare alcun quotidiano d’informazione generale: una cifra enorme.
Occorre quindi al tempo stesso colmare questa lacuna e ovviare alle conseguenze del movimento di concentrazione per salvaguardare la libertà dell’informazione. Nel secolo dei mezzi
audiovisivi lo scritto — sia libro sia
giornale — rimane indispensabile alla
formazione del cittadino.
Georges Ravelonasy
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. a] Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina ■ Torre Pellice (Torino)