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Roma, 31 Luglio 1000
SI pubblica ogni Sabato
ANNO II - N. 31
LA LUCE
Propugna grìnteressi sociali^ morali e religiosi in Italia
ABBOKAMEKTI
Italia : Anno L. 3,00 — Semestre L. 1,50
Estero : » » 5,00 — * * 3,00
Un numero separato Cent. 6
I manosericti non si restitnlscono
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I.
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Direttore e Amministratore : B. Celli, Via Magenta 18, Roma
I
a
Il niooccbi apologeta!
Salvatore Minocchi, pubblicando nella Cultura
Contemporanea di luglio una recensione sul libro
del Sainty ves Le discernement da mirade, esprime
la sua propria teoria intorno alle relazioni tra scienza
e miracolo.
In passato, i positivisti combattevano il miracolo
in nome della scienza ; ma adesso scienza e miracolo
possono andare a braccetto come due buoni amici :
perchè? Perchè il concetto delle leggi della natura
adesso è mutato. Le leggi della natura non sono —
come allora si credeva — « qualità obiettive e fissate una volta per sempre nella natura stessa » ;
no, « oggi questa concezione della fissità obiettiva
delle leggi della natura è superata, e con essa facilitata estremamente la soluzione del problema del
miracolo. Le cosidette leggi della natura non sono
che un fatto subiettivo della nostra coscienza, in
quanto costituisce la scienza che noi abbiamo della
natura medesima. Questa scienza rappresenta nel suo
calmine attuale — continuamente mutevole e progressiva com’è — il miglior modo con cui la nostra
coscienza può rinscire a conoscere la natura medesima, e ad entrare con essa in comunione energetica ; essa ha, beninteso, un fondamento reale nella
natura medesima, ma quel fondamento è di essenza
e valore immensamente superiore alla nostra scienza,
e che la nostra scienza potrà sempre meglio interpretare, ma esaurire non mai. Rispetto alla scienza,
il mondo è come l’uomo ; si può fare uno schema deterministico del suo passato, in funzione di previsione per l’avvenire ; ma l’avvenire, per virtù della
libera e creativa attività dello spirito, è superiore e
indipendente dalle nostre assolute previsioni ».
Come si vede, il Minocchi non è nn adulatore
della scienza. Progressiva, mutevole, subiettiva, ella
non riflette le leggi della natura « tali quali, come
in uno specchio fedele e passivo » ; ma piuttosto le
crea e impone alla natura, riservandosi — ben s’intende — piena libertà di rivederle e correggerle e
modificarle in avvenire. Domani la scienza potrà accorgersi di aver sbagliato strada e tornerà su’ suoi
passi e ne infilerà un’altra. Non si conosce il futuro.
Se cosi è, a noi pare che il Minocchi avrebbe dovuto conclndere senz’altro logicamente : « Respirate dunque con maggior agio, o voi che credete
nei miracoli, nei miracoli biblici, nella risurrezione
di Gesù Cristo specialmente, la quale possiede una
discreta importanza. La scienza non può sentenziare
oggi. Domani sarà forse rimutata essa stessa : figuratevi se oggi ella sia in grado di negare la possibilità di checchessia I Sbandite ogni apprensione ! »
Ma niente affatto! Il Minocchi è generoso... La
scienza si accorda benissimo col miracolo, perchè la
scienza non può vantare di conoscere leggi obiettive ; e si accorda anche... perchè... il miracolo...
non esiste, salvo eccezioni, salvo... eccezioni," che il
Minocchi si guarda bene dall’enumerare sia pure in
parte, per tema forse di conferire alle nostre menti
idee troppo concrete, il che non sarebbe conveniente
in tempi come questi in cui l’astrattezza e la nebulosità sono ricercate, nello stile e nel pensiero, con
cura amorevole. Non parlando esplicito, non dicendo
tutto, non si corre pericolo di compromettersi.
Ma raccogliamo le... fila.
La scienza non pnò nulla contro il miracolo.
Il miracolo non esiste, salvo eccezioni ; ossia esiste « fino ad un certo punto », per dirla con una
frase che d’ora in poi non sarà più possibile di adoperare senza suscitar reminiscenze amene.
Cosi dunque l’Apologetica minocchiana pecca per
sovrabbondanza. Non occorreva infatti che Salvatore
Minocchi s’incomodasse a darci un’ idea umile della
scienza : qnand’ anche la scienza fosse quel che un
tempo si pretendeva che fosse, se il miracolo è leggendario, « se Cristo non è risuscitato »... « vana
è la vostra fede »... pardon! no, se Gesù Cristo
non è risuscitato, basta ! per questo punto capitale
almeno scienza nuova subiettiva o scienza vecchia
obiettiva sarebbe tntt’ ano. Perciò il primo... capitolo dell’Apologetica minocchiana è... un’opera supererogatoria, un'opera inutile : egli poteva benissimo
risparmiarcelo.
Quel che stupisce di più nel cenno del Minocchi
è la cieca fiducia che questo... apologeta ha nella
« critica filologica e storica»; la quale, secondo lui,
« dimostra innanzi tutto la inconsistenza leggendaria
di un’innumerevole quantità di fatti, come resurrezioni e simili... che non sono mai in realtà avvenuti ».
Innanzi tutto... noi brameremmo sapere di quale
« critica filologica e storica » il Minocchi voglia parlare. Noi infatti ne conosciamo parecchie. Questo
fare della sua critica e di quella di qualche altro
la critica per eccellenza sa di pretensione lontano
un miglio : nn critico che si rispetti tien conto di
tntte le correnti ; le discute ; esprime il proprio parere, dopo aver discusso ; ma non sentenzia senz’altro come un pontefice massimo. Evidentemente Salvatore Minocchi non è nn cercatore spassionato ; è
invece un dommatico della critica, cioè appartiene
a quella categoria d’ uomini che si fan passare per
scienziati senz’essere probabilmente tali.
E che il nostro giudizio non sia falso, ce lo prova
il Minocchi stesso ; il quale — come s’è veduto —
insiste sul carattere snbiettivo delle scienze, ammette
il loro progredire, il loro divenire ; secondo lui, ed
anche secondo noi, domani le scienze diranno, potran dire diverso da quel che dicono oggi ; sicché la
prudenza nel formular sentenze inappellabili dovrebb’essere grandissima addirittura. Questo ci ha insegnato il Minocchi ; il quale ora, contraddicendoci, fa
nn’eccezione per la « critica filologica e storica ».
Questa Critica locata est ; quindi caasa solata est.
La Critica del Minocchi e di qualche altro, quantunque la scienza per il suo carattere progressivo e
■ mutevole sia naturalmente inerme contro il miracolo, la Critica del Minocchi e di qualche altro af
ferma la ‘ inconsistenza leggendaria di un’innumerevole quantità di fatti » : silenzio dunque, non se
ne parli più, si chini rassegnatamente il capo. Ma,
di grazia, signor Minocchi, a che regno appartiene
la sna Critica?... La sua Critica è o non è una
scienza ? Vorrebbe nsarci la gentilezza di rispondere categoricamente a questa domanda ?
In attesa della risposta, per la quale le saremo
sinceramente grati, facciamo notare ai nostri cortesi
Lettori, che o la Critica di Salvatore Minocchi non
è una scienza (e noi propenderemmo verso quest’opinione.. ), e allora non ha valore... scientifico; o
la Critica di Salvatore Minocchi è una scienza, e
allora, come tutte le scienze « continuamente mutevole e progressiva com’è » (usiamo le parole che
il Minocchi applica alla scienza « attuale » in genere) deve guardarsi bene dal sentenziare senza lasciar adito a ulteriore appello. I « fatti » miracolosi potrebbero dunque non essere « leggendari 1... ^
Curiosissima contraddizione 1 Dèlia scienza in genere, cioè della scienza del prossimo non bisogna
fidarsi a occhi chiusi ; della « Critica filologica e
storica, » cioè della mia scienza particolare, si, fidatevi pure, dovete fidarvi !
Se fossimo ingenui !
Il razionalismo semincredulo di Salvatore Minocchi,
ci è antipatico per le stesse ragioni per cui ci è antipatico ogni altro razionalismo ; e ci è maggiormente antipatico, perchè esso non si dà nemmeno la
briga di accordarsi con la logica e col più comune
buon senso.
eoNeoRs©
È bandito un concoso fra tutti i membri della
Chiesa Valdese sull’argomento « La Chiesa Valdese
e l'Italia ».
Il lavoro sarà inteso a far conoscere ai nostri concittadini che cosarla stata nelle vie della Provvidenza
la nostra chiesa pel paese che la vide sorgere e lottare a difesa del Cristianesimo evangelico.
Dirà qual parte spetti alla Chiesa Valdese nel conseguimento delle libertà politiche civili e di coscienza
ora godute. Mostrerà quale fattore di progresso sociale e morale essa sia al presente, e quanto lo possa essere maggiormente ancora in avvenire. Infine esporrà
11 suo credo religioso, le sue forme ecclesiastiche, accentuando il fatto che la Chiesa Valdese è prettamente
autoctona e nazionalé.
Essendo questo scritto inteso ad una grande diffusione, non dovrà oltrepassare le proporzioni d’un
opuscolo, quindi non eccedere le 16 pagine d’un foglio di stampa. È desiderabile che rivesta una forma
dignitosa e popolare ad un tempo, che lo stile ne sia
semplice e piano.
Al MSS. classificati 1. e 2. da apposita commissione
saranno assegnati rispettivamente un premio di 100
lire ed uno di 50 lire.
Nel caso che la commissione giudicasse che nessuno
dei lavori presentati fosse meritevole di premio, e
quindi d’essere stampato, verranno però assegnati due
doni di incoraggiamento di 25 lire l’uno ai duo migliori scritti.
I MSS. dovranno essere spediti alla presidenza
del Comitato d’Evangelizzazione (Torre Pellice,Torino;
con motto, e nome in busta chiuse, non più tardi del
12 settembre 1909.
Roma, 12 luglio 1909. Arturo Muston
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LA LUCE
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(inUnzia un’altra sottomissione : quella del
che scrisse intorno al Papato, anzi contro
;o. Veramente si parla di « riserve » che
el affaccerebbe : sottomissione condizionata
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ma sottomissione ! Se la notizia è esatta,
ta una nuova prova a favore d’nna nostra
Dcchia idea : il Cattollsmo papale, non che foriratteri come potrebbe se fosse Cristianesimo
li snerva e dissolve. E quest’idea non ha
krarbitrario. Ci sono state, ci sono e ci saierto anche in avvenire nobilissime e notabilis(jeezioni. Certi spiriti — al contatto col ferreo
papale oppressore di coscienze — si aderramente e si fan ribelli, non per un giorno,
sempre ; se non che, accanto a questi arpiriti straordinari, nel Cattolicismo papale è
oa turba di frementi, i quali non han la forza
;Ur le catene, di levarsi, di protestare ; o,
uno, di lì a poco ricadono in una specie di
0 di spossatezza ipnotica che li riconduce
ijivitù come prima o peggio di prima. Manca
del carattere ; e manca, perchè il sistema
anzi che alimentarlo e accrescerlo, ha
mirato a deprimerlo, anzi a sopprimerlo. Peac cadaver : obbidienza cieca, rinnnziamento
opria volontà e al proprio pensiero : è questo
tivo particolare della Compagnia di Gesù ;
anche — più o meno nitidamente — il didi tutta la Cattolicità soggetta al Vaticano ;
— se ben si consideri — è una vasta, per
mascherata, greggia asservita ai Gesuiti, imbeGesuitismo.
credono che il Modernismo sia nato ieri. E’
Ore. Molti credono che il Modernismo abbia
l)bo il Gioberti. E’ un altro errore. — Le
radici del Modernismo romano sono più ansi addentrano più profonde nel terreno della
Sarebbe utile studio — e, fino ad un certo
nuovo — il ricercare negli anni « nei secoli
le ribellioni avvenute ^qna e là, appartatae più 0 meno animosamente nel grembo
di Madre Chiesa cattolica romana. Se ne poscrivere tutto un volume. Dai materiali che
già raccolti in parte risulta chiaro come la
l sole che, in passato, quasi sempre i ribelli
docilmente, umilmente sottomessi : quest’è
quasi costante, monotona, desolante. Nel precose non sono di molto mutate ; e il Tnrmel
^ova più recente di quanto sosteniamo : esil Papismo lo spegnitoio dei liberi spiriti,
efice dei caratteri.
a ehi conosca un tantino il Cristianesimo
;o dovrebbe bastare questa enorme colpa del
a dimostrare che Papismo e Cristianesimo
mini diversi, se non del tutto antitetici,
v’è lo Spirito del Signore, ivi è libertà » griApostolo. E il divino Salvatore, prima deliolo, aveva esclamato: « Se il Figliolo vi lisarete veramente liberi ».
ambiente papistico i caratteri intristiscono, inono, periscono. NeU’atmosfera, ricca d’ossi^pirituale, ch’è il Cristianesimo, i caratteri nasi svolgono, giganteggiano. Il Cristianesimo
a d’eroi. Se nel convento Lutero non avesse
Bibbia e non si fosse seduto ai piedi di Gesù
senza intermediari frammezzo — a Worms
^gli non si sarebbe ritrovata l’energia suffia proferire il suo incrollabile : « Non posso
nti I ».
.avia bisogna esser giusti. Non crediamo che
ma papale sia la sola spiegazione di queste
dorsali agevolmente fiettentisi come se fossero
ma elastica. V’è un altro motivo. Quelle coni non sono conversioni. Sono semplicemente
intellettuali che non obbediscono a nessun improfondo. Se la ribellione non fosse determiàa errori riscontrati in questa o in quella teoria
sa, ma provenisse da un più intimo bisogno
iiiale, da un compungente convincimento di pec
le
VOI
cato e da un intensa aspirazione verso una vita nuova
e santa, il ritorno sotto il giogo papale non sarebbe
più possibile : non si abbandonerebbero con tanta
facilità le aure purificatrici che scendono direttamente dalla croce di Gesù Cristo ; rigenerati da Lui,
non si vorrebbe « saper altro » che Lui : e Papato e
Papismo e pie invenzioni e ipocrisie storiche e formule umane erronee e perfino formule umane giuste
parrebbero una ben meschina cosà al paragone del
posseder Luì, il suo Spirito, la sua Dottrina, il suo
perdono, la sua vita.
610R610 TYRREL
La morte dell’ex gesuita p. Giorgio Tyrrel ha messo
in luce varie cose molto interessanti, la prima delle
quali è che un protestante di talento, che per impulso
sincero di religione crede di dover aggregarsi alla
Chiesa cattolica, non vi può perseverare a meno di
rinunziare alla propria coscienza.
Il compianto p. Tyrrel fu un grande uomo — un’anima profondamente religiosa e mistica nel senso più
sano della parola - uno di quegli uomini che possono parlare con eccezionale competenza delle cose
religiose e descrivere la vera natura della Chiesa cristiana e che le loro teorie hanno annunziate, al modo
dei profeti, utili più ai posteri che non ai contemporanei.
Uscito dal protestantesimo a 18 anni attratto dalle
opinioni del card. Newman, di cui fu il più illustre
discepolo, credette di abbandonare una religione grettamente individualista per aggregarsi alla vera Chiesa
universale e democratica dove ogni individuo può godere i frutti dello spirito non di un solo, ma di tutti
i fratelli, ed era tanto il suo fervore di conversione
che un anno dopo si arruolava tra le file della compagnia di Gesù.
L’esperienza però gli doveva a suo tempo dimostrare
che egli non aveva fatto che abbandonare una forma
di religione individuale ma personale, per rendersi
schiavo del peggiore individualismo, quello cioè di un
papa onnipotente e infallibile facente in terra le veci
di Cristo e dello Spirito Santo.
Non tardò guari a rivelare pubblicamente il suo
disinganno e il disagio della sua posizione nella Chiesa.
Scrisse vari libri tutti improntati di sincerità e di
forza non mai disgiunti dalla mistica dolcezza della
sua grande anima.
Colla pubblicazione delle sue idee cominciarono le
peripezie della sua vita ecclesiastica ; Tespulsione dalla
Compagnia di Gesù e la scomunica del Vaticano.
Quelle che si potrebbero dire le idee spécialiste del
Tyrrel sono quella dell’immanenza di Dio nell’anima
umana e l’altra della Chiesa cristiana universale, nel
senso di un regime democratico e rappresentativo, per
cui l’autorità non sarebbe che l’indice e l’affermazione
della fede e della morale della moltitudine credente
in Cristo.
Il dogma secondo Tyrrel non è un atto autoritario
o una formula immutabile ma è ciò che in un dato
tempo crede tutta la cristianità e che dalla gerarchia
viene espresso e sanzionato come espressione divina
nella chiesa. Egli unisce insieme i due concetti di
Chiesa e di progresso, mentre fino ad oggi la chiesa
romana ha creduto che siano due termini inconciliabili.
Pochi, che pure hanno sposate le idee del Tyrrel,
si sono avveduti, che egli applicò alla Chiesa cattolica
ciò che è vero di tutta l’umanità in massa — anzi ricordo che in un suo libro scrive « la mia fede nella
chiesa à cieca, essa fa parte della mia fede nell’umanità ».
L’umanità cammina e l’oggi tesoreggia dell’esperienza e della scienza d’ieri — noi non potremmo essere ciò che siamo se ci fossimo isolati dagli antenati,
questo è certo — e ciò che si dice dell’ umanità lo si
può applicare fino a nn certo punto a qualunque società particolare, pui chè non si pretenda di monopolizzare le leggi universali dell’umanità in servizio di
una parte di essa cattolica o non cattolica.
Credo che il più sapiente in questo sarà colui il
quale per edificare il domani terrà conto di tutta la
tradizione umana universale, credo che questo sia il
vero pensiero di Cristo e certo il solo volere di Dio,
il quale ha creato 1’ umanità e non le gerarchia ecclesiastiche.
Il lavoro del Tyrrel per riformare il concetto di
Chiesa è stato grande e possiamo dire completo, per
quanto può un uomo : glielo rese facile la sua fede
nell’immanenza dello spirito di Dio non nella sola gerarchia ma nell’anima umana universale. Egli ora
è stato precocemente rapito, ma forse ci aveva già dato
la parte migliore del proprio genio, ora sta a noi
trarne le conseguenze pratiche.
Tyrrel moriva fuori della chiesa ufficiale della sua
patria ed espulso dalla chiesa adottiva, forse preco
nizzando la vera chiesa universale di domani, che risulterà dall’unione ragionevole e fraterna di tutte le
denominazioni cristiane, fondata sulla comune vitalità nello Spirito di Dio e nell’Evangelo di Cristo anz.cchè sui metodi e sulle tradizioni di questa o di
quella chiesa.
Anche il giornalismo italiano è stato posto in buona
luce dalla morte del Tyrrel. I giornali che vanno per
la maggiore fra noi, non parliamo dei clericali, il
giorno seguente alla morte dell’illustre uomo davano
la notizia « è morto Tyrrel ed è morto da buon cristiano ! » perchè secondo loro egli avrebbe ricevuti i
sacramenti di rito innanzi di spirare.
Miserabili venditori di chiaachiere ! Rinnegatori
stolti di quel poco di bene e di vero che col sangue
l’umanità civile ci ha redato. Un uomo come Tyrrel
adunque ha avuto bisogno di un po’ d’olio sugli organi del corpo e di una assoluzione d’ un prete per
morire da buon cristiano ?..
Voi che vi ridete di Dio e del papa, che ignorate
Cristo insultate in tal modo la memoria di un uomo
immacolato, di un martire, di un genio, e non ne avete
rossore ?
Prima di conoscere con certezza come stiano le cose
voi descrivete il Tyrrel quale un burattino che rinnega la sua vita per la paura della morte e velatela
calunnia disumana colle gesuitiche parole « è morto
da buon cristiano ! »
Si : Tyrrel è morto da buon cristiano, ma non perchè abbia ricevuto i sacramenti nell’agonia, ma perchè
tale fu la sua vita non smentita dalla morte. Siate
almeno più civili, più educati, signori giornalisti italiani, rispettate le ceneri dei grandi. Ma le sono parole buttate al vento... per la Chiesa romana aveva un
significato una ritrattazione del Tyrrel in articolo
mortis. Roma non cura che l’uomo muoia con la coscienza in pace al cospetto di Dio, perdonando e chiedendo perdono — essa vuole sfruttare la morte di
quanti superano l’aurea mediocrità; vuole poter dire
ai vivi : lo vedete ? nel gran passo anche i ribelli e
gli eretici ritornano alla madre di verità...
Ma Tyrrel non ritornò alla Chiesa papale medioevale: mori nel suo sogno di una chiesa cristiana, che
viva di verità e di santità, anziché milantarsi di esserne la depositarla infallibile. Il Vaticano deluso,
non potendo più nulla sul morto, finge di piangerne
la dannazione eterna e intanto scomunica coloro che
nell’agonia e nella sepoltura di lui vollero in qualche
modo rappresentare la religione di Cristo.
, |,v. fliPtano fllingardi
Colonia eritrea
Le famiglie evangeliche che hanno dei
congiunti nella colonia, dovrebbero mandare il loro nome e cognome ed indirizzo
al sig. Benedetto Qiudici
Missione Svedese (Asmara)
(Colonia Eritrea)
affinchè egli possa, occorrendo, esercitare il
suo ministerio evangelico a loro favore.
pÀm IMPOSSIBILE!
Àll’Hòtel Exelsior di Varese don Carlos di Borbone è morto. Nella camera ardente la salma, in uniforme di generale, con le decorazioni e il Toson
d’oro, con la spada e il bastone del comando, è adagiata sur un letto candido. « Nelle mani intrecciate
e trattenuta da una corona del rosario con granuli
d’oro,-don Carlos tiene un’immagine del bambino di
Praga, di cui era devotissimo ».
Mentre questo bell’uomo, degno figlio della cattolicissima Spagna, sparisce da la scena del mondo;
circondato da tutti i segni della superstizione papistica, un altro figlio della medesima cattolicissima
e intollerantissima Spagna fa strabiliare il mondo
ormai non più avvezzo a cosi nobili ardimenti. Don
Alfonso d'Orléans, erede presuntivo del trono di
Spagna, ha sposato una principessa evangelica, rispettando la coscienza piopria e la coscienza della
consorte, come dovrebbe fare ogni uomo fornito di
senso morale. Finalmente ! Eravamo tanto abituati
a veder principi o principesse liberarsi della propria religione, con la stessa disinvoltura con cui si
cambia toilette, che davvero — quantunque trattandosi di esseri morali, la cosa dovrebbe apparirci naturalissima — noi non possiamo non mostrarcene
profondamente e gratamente meravigliati.
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LA LUCE
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E pensate ! L’esempio viene da la Spagna, la più
arretrata nazione del mondo civile !
Don Alfonso ha avuto e avrà molti dispiaceri, ma
il suo nome resterà glorioso nel ricordo di tutti gli
onesti. Quale compenso !
Don Miguel di Branganza, per isposare la donna
del suo cuore, una miss americana, ha rinunziato
ai suoi diritti alla corona di Portogallo ! Benissimo !
Spagna e Portogallo insegnano dunque 1 E Dio
voglia che ne venga alfine un risveglio della coscienza ! Sarebbe tempo, dopo tante gelide riproduzioni dellatto di Enrico IV. Se i principi non sentono lo stimolo della coscienza morale, perchè pretendono che lo senta il popolo ? perchè pretendono
che gli anarchici siano più santi di loro ?
Qinemafografo evangelico
Ho letto con vivo piacere il lungo ottimo articolo
di Lino Ferriani su L’Evangelista del 2 c. m., perchè tratta di una importantissima questione di attualità, che nel nostro piccolo, secondo le nostre deboli forze finanziarie, dovrebbe essere da noi, non
soltanto trattata accademicamente, ma risoluta praticamente nei fatti.
Già su questo giornale (La Luce, Anno I, n. 7)
il sig. E. Piva, capo sezione al Ministero della farina, trattò egregiamente del medesimo soggetto, e
non facendo della vana rettorica, ma concretizzando
una seria ed attuabile proposta, che mi meraviglio
non sia già messa in pratica.
Tutti indistintamente coloro che amano educare
bene i fanciulli, moralizzare il popolo, prevenire, più
che reprimere, i delitti, sono d’accordo che si deve
impedire ad ogni costo che l’arte (cosi 1’ arte alta
ed aristocratica, come 1’ arte popolarizzata e che si
offre a pochi soldi) divenga veicolo e strumento di
immoralità e di depravazione. Per amore di brevità
non generalizziamo, ed atteniamoci semplicemente
al cinematografo. Tutti ci lagniamo che spessissimo
si rappresentino scene immorali, frivole, sanguinarie, ributtanti in tutti i cinematografi ; talché bene
spesso siamo costretti a dover privare le nostre famiglie, i nostri ragazzi d’un divertimento, che pur
potrebbe invece, essendo per il poco prezzo alla portata di tutte le tasche, riuscire di utilità generale,
se si unisse al diletto, nbn Timmoralità, ma il bene,
il bello, il giusto, il vero ! A Catania per es. i cinematografi sono parecchi, e bisogna vedere come i
popolani, gli analfabeti, i lazzaroni di strada, scalzi
e cenciosi, mettono da parte con sacrificio e cura i
venti centesimi per andare ad assistere alla rappresentazione, e come ogni sera invadono entusiasticamente i primi posti, applaudendo rumorosamente
alle scene più truci e sanguinarie, e specialmente
quando le guardie e i carabinieri sono beffati e messi
nel sacco da ladruncoli e malviventi scaltri : cosi
credo che sarà anche nelle altre città !
Il Ministero manda circolari ai prefetti per il controllo della moralità nei cinematografi ; il codice penale ha articoli per la repressione dell’arte pornografica e demoralizzante ; ma codice e circolari restano lettera morta... Facciamo noi quel che possiamo da parte nostra ! Il Comitato dell’ Alleanza
Evangelica, cerchi di attuare al più presto la proposta di R. Piva. Si impiantino dei cinematografi
evangelici in tutte le città d’Italia : si prendano a
nolo i migliori films rappresentanti soggetti morali
e religiosi, si facciano circolare questi films da una
città all’altra ; invece di far pagare 20 e trenta centesimi, come fanno pagare gli altri cinematografi,
si faccia pagare 10 e 20, e le spese saranno intieramente coperte dall’incasso. Se l’Alleanza Evangelica prendesse questa iniziativa non ci rimetterebbe
nulla dal lato finanziario, e ci guadagnerebbe enormemente dal lato morale.
Persuadiamoci, fratelli evangelici, che oggi il Cristianesimo non deve essere tanto predicato quanto
vissuto in opere di moralità, di carità, di rilevamento
sociale, di vera beneficenza !
Gioseppe pásalo
profili di riformati italiani
Cello Secon<lo Curione
Di nascita piemontese (oriundo di Torino, e, secondo altri, di Chieri) è uno dei più preclari ingegni
che abbia annoverato la Riforma in Italia. Si die'de
allo studio delle lettere, nel quale doveva cotanto
eccellere. Ma la lettura della Bibbia e. di poi, quella
degli scritti di Melantone fecero di lui uno zelante
seguace delle dottrine riformate. Conobbe presto la
via del carcere, e, di poi quélla dell’ esigilo, dopo
di avere peregrinato qua e là in molte parti d’Italia.
Invero fu incarcerato due volte, prima ad Ivrea, e
di poi a Torino, per avere pubblicamente convinto
di menzogna un predicatore cattolico (missionario
domenicano), il qualè nelle sue invettive contro i
riformatori, aveva citato alterandoli alcuni passi tolti
dai loro scritti. Arrestato, aspettò permeiti mesi il
suo processo, e, senza dubbio, sarebbe stato condotto
al patibolo se non fosse riuscito ad evadere dal carcere. Fu quindi a Pavia, dove gli studenti lo accolsero con grande entusiasmo, e quindi a Venezia e
a Ferrara. In quest’ultima città si legò con grande
amicizia a Pellegrino Morato, padre di Olimpia, della
quale parleremo in seguito.
Curione fu quindi a Lucca, dove succedette a Pietro Martire Vermigli neH’insegnamento e nell’ apostolato evangelico. Ma la persecuzione continuando
senza posa contro i riformati, egli dovette come tanti
altri, prendere la via aspra dell’esilio. Fu dapprima
a Losanna, e quindi chiamato, nel 1547, ad occupare
Ig. cattedra di letteratura latina nella Università di
Basilea. Uno storico, il Bonnet dice di lui : « Dotto
come Erasmo, di fede semplice come Ecolampadio
mansueto come Melantone, egli attrasse, durante
oltre venti anni, intorno alla sua modesta cattedra,
i
uditori venuti da ogni angolo d’Europa ». E la sua |
forma come letterato fu tale che principi, sovrani, j
e lo stesso pontefice, fecero vivo istanze per averlo ;
nei loro Stati. Ma egli non cedette alle lusinghe del •
mondo, preferì vivere il rimanente della sua vita j
in mezzo alle sue numerose occupazioni letterarie e j
domestiche (aveva numerosa figliuolanza), non tralasciando di evangelizzare gli italiani di passaggio o
stabiliti nella sua città di adozione. Mori nel 1569,
compianto dall’ universale. Di lui il Tiraboschi ha
lasciato scritto : * Di cui maggiore ancora sarebbe
la storia, se non l’avesse oscurata coll’apostasia della
cattolica religione ».
Ritroveremo ancora il Curione, quando c’intratteremo della celebre e sventurata Olimpia Morato.
Enpieo IWeyniei»
pjtqiHE PI STORIA
La bolla d’Innocenzo TIII
Sua Santità (1) l’immondo papa Cibo, d’accordo coi
prelati ed inquisitori che avevano incontrato serie
difficoltà nella loro opera di repressione dei Valdesi
del Piemonte e del Delfinato, deliberò di dare un
colpo decisivo all’idra dell’eresia. Il 27 aprile 1487,
egli emanò una bolla che provocava una vera crociata, simile a quella che Innocenzo III aveva scagliata contro gli Albigesi, 250 anni prima.
Come appare dal testo stesso della bolla, che qui
riassumiamo, il papa delegò la sua autorità ad Alberto Cattaneo (o de Capitaneis) piacentino, nunzio
presso la corte sabauda « per ritrarre dall’ abisso
degli errori quelli per i quali il Sommo Creatore
volle soffrire gli estremi dolori ». Egli ha udito i
progressi dei Poveri di Lione o Valdesi dell’Embrunese, del Piemonte e delle regioni circonvicine, i
quali praticano cerimonie superstizione e fanno cose
contrarie alla fede ortodossa, spiacenti alla Divina
Maestà e perniciose alla salute delle anime. (« Egli,
invece, l’apostolo della pornocrazia, degno antecessore del Borgia, santificava la Corte Romana per
l’edificazione della Chiesa. ») Quei Valdesi hanno
osato respingere l’Inquisitore mandato loro da Sisto
IV ed insorgere contro i loro signori temporali. Noi
adunque, desiderando, per dovere del nostro ufficio.
sradicare quella setta maledetta, vi ordiniamo di
chiamare tutte le autorità ad impugnare le armi per
schiacciare quegli aspidi venefici. Di più supplicherete il re Carlo di Francia, il duca Carlo di Savoia
ed ogni altro signore di quelle regioni di prendere
in mano lo scudo della fede ortodossa (quale esegesi delle parole di S. Paolo !) perchè vi prestino
aiuto fino a sterminare ed abolire affatto quell’eresia
di sulla faccia della terra. Potretek comandare che i .
fedeli combàtteùti portino il segno della croce sugli
abiti, lucrino indulgenza plenaria e remissione di
ogni peccato, assoluzione in punto di morte, dispensa
in caso di furti ed altre irregolarità purché valgano
quegli averi a l’estirpazione degli eretici, possano
impadronirsi liberamente dei beni mobili ed immobili degli eretici, i debitori non saranno tenuti di
soddisfare gli obblighi contratti verso un eretico.
Del resto, sceglierete nomini capaci in guerra per
porli alla testa degli armati ».
Che diremo di questo documento ? Quanta umiltà
e carità nel Santo Padre, quanto zelo per la salute
delle anime 1 0 meglio, quale impasto di ferocia e
di ipocrisia, quale pergamo da cui s'insegna ai popoli a sovvertire ogni legge divina ed umana, a dare
addosso a chi vuole scuotere il dominio dei preti,
eccitando i peggiori istinti deU’umana natura.Vedremo
fra breve quanto fedelmente il legato pontificio abbia
messo ad esecuzione i paterni precetti del Vicario
di Cristo !
GioV. Jalla
La Dottrina Cristiana spiegata ai popoio
Altri aspetti della Croce
D.— Lumeggiate qualche rapporto tra la Croce di
Cristo e la coscienza umana.
R. — Quando si pensa al perdono di Dio si corre,
talvolta, il pericolo di considerare Dio come un Padre
sommamente... indulgente, in cui le ragioni dell’amore
soverchino le ragioni della giustizia. Cotesto Dio di
manica larga è una menzogna, è un idolo foggiato
dall’uomo peccatore. In Dio non v’è amore che non sia
assoluta giustizia come non v’è giustizia che non sia
assoluto amore. Il vero perdono divino è un perdono
che suggella un verace pentimento. Ora, badate : il
pentimento verace germoglia dal risveglio della coscienza.
Senza il risveglio della coscienza non c’ è vero pentimento, e senza pentimento non può esservi perdono
divino. Qui, si manifesta in modo mirabile la virtù
della Croce di Cristo. La Croce di Cristo è la misura
dell’orrore del peccato, perchè essa è, in un senso, il
capolavoro del peccato del mondo. Essa risveglia la
coscienza, appunto perchè le fa conoscere e sentire tutto
l’orrore del peccato ; e risvegliando la coscienza pone
la scaturigine del pentimento e la condizione del perdono.
D. — Lumeggiat i qualche rapporto tra la Croce di
Cristo e il cuore dell’uomo.
R. — L’uomo per gettarsi nelle braccia di Dio ha
bisogno di conoscerlo come Padre, di sentire cioè che
Dio lo ama. Solo l’amore può suscitare 1’ amore nel
cuore dell’uomo. E l’amore per Dio è anima della fede.
Posto ciò, osserviamo che se, in un senso, la Croce di
Cristo è la misura deirnbbidieuza di Gesù alla legge
del Bene, cioè a Dio ; se, in un altro senso, la Croce
è la misura dell’orrore del peccato, in un terzo senso possiam dire che essa è la misura dell’amore di Dio. Dio
soffriva in Cristo. Come madre soffre intensamente nel
figlio se questo porta un carico di dolore, cosi possiam
dire che le sofferenze di Cristo sono sofferenze di Dio.
E Dio ha cosi sofferto per amore verso di noi. « Iddio
ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito
Figliuolo... » Quest’amore è la follia della Croce. La
Croce è dunque la misura e la rivelatrice dell’ amore
di Dio.
D. — Lumeggiate il valore unico e permanente
della morte in Croce.
R — Dicemmo in altro studio che l’essenza della
Croce non consiste nelle mere sofferenze corporali, nella
mera morte fisica, e mettemmo in luce altri e più im-.
portanti elementi che costituiscono il grado unico di
quelle sofferenze e di quella morte. Qui aggiungiamo
che le pene dell’inferno che Cristo subi sulla Croce
sono la misura, ad ùn tempo, dell’amore di Cristo per
i fratelli usqne ad finem, e dell’amore di Dio pe’ suoi
figli. La Croce è dunque la perfetta attuazione dell’amore. Come tale, essa ha un valore unico e permanente.
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LA LUCE
Ma non basta. Questo valore unico e permanente emerge
anche dall’essere la Croce — cosa che già notammo —
la misura della santità di Cristo. La perfetta santità
del Cristo che raggiunge la più alta sua vetta nel
supremo atto d’amore e di dolore che è la Croce, è la
per festone del sacrificio : donde la risurrezione, perchè
la tomba non poteva ritenere il « Santo ». La perfezione del sacrificio ha dunque, raggiunto l’atto della
suprema santificazione ed ha messo capo alla vita perfetta. Questa permane in eterno, ed è fonte perenne di
vita nuova per i fratelli di Gesù. In altri termini, il
perfetto sacrificio è la vita perfetta che permane. Ecco
perchè il perfetto sacrificio di Cristo non si ripete. Non
si ripete ciò che non cessa. ». i.
LUCE IH »nVERICj»
I nostri Lettori americani potranno facilmente farci pervenire il prezzo del loro abbonamento, versandolo al Rappresentante della Chiesa Valdese negli Stati Uniti e nostro
Amministratore per l’America
Signor
prof, pastore yUherto dot
86 Romeyn Str. Rochester N. T.
Il mare
Oh, quanto bello- è il mare ! Quale impressione di
grandezza, di infinito, di arcano produce nell’anima
quella vasta e liquida pianura ! L’altezza dei monti
colpisce meno la nostra immaginazione, che non l’estensione di un mare; poiché per quanto sorga sublime
la cima di un monte, essa riman sempre nel campo
della visione ; laddovechè la umana pupilla è impotente a scrutare la profondità delle acque.
Se bello è il mare quando riflette in sua calma
l’azzurro del cielo, quando una brezza liftve^ ne increspa la superficie, e spinge a lambir la spiaggia
quell’onda che « bacia il lido e muor » — oh, quanto
tremendo e pauroso diventa, allorché la tempesta ne
scorruccia i flutti, i quali si dibattono, si sospingono, si accavallano, si rincorrono, ruggenti e schiumanti, fin sulla marina !
II Salmo CVII ci presenta, in brevi tocchi e con
tinte robuste, un quadro stupendo del mare in burrasca, dell’angoscia mortale dei marinai, e della potenza di Dio, a cui « vento e il mare ubbidiscono ».
Ahi ! quante, nell’ore della tempesta, quante mogli
han rivolto il pensiero, han fiso Io sguardo sul mare,
dove lottavano, in balia della bufera, il marito, il
padre, i figli ! Ahi ! quante vedove, quanti orfani,
quante vittime ha fatto il mare !
«
* Hi
il « mar grande ed ampio », il Mediterraneo, ha
sempre fatto su gli Israeliti una impressione tanto
più profonda in quanto che ne ignoravano l’estensione
e la profondità. Era per essi la maggior raccolta di acque che si potesse contemplare: era l'abisso (thehdmf).
Or credevan gli Ebrei che dalle profondità di questo
mare traessero i fiumi le loro sorgenti, e ne salissero l’acque, per canali e vene non investigabili,
sino alla superficie della terra. Cosi avvenne che, all’epoca del Diluvio, « le fonti del grande Abisso
scoppiarono — ruppero cioè gli orifizi loro, le
loro uscite che Dio avea, sin dalla creazione, « fortificate » — per modo che le scaturigini terrestri
si tramutavono in « cateratte » ; altre cateratte si
spalancavano nelle a acque di sopra, » e la terra
fu allagata.
Pertanto, il vocabolo abisso serve generalmente
a indicare, non solo la immensità e la profondità del
mare (6en. Ii2 ; Pror. 8i27), le « grandi acque »
Ezech. Slflb), i « flutti tumultuanti » (Sai, 42i7) ;
ma ancora a significare la misteriosa e profonda sapienza di Dio. Le tempeste, come quella che sballottò la nave di Giona ; i fortunali, come quello che
investi la nave di Paolo, incutevano agli Israeliti
uno spavento grandissimo ; ma in pari tempo, rafforzavano la fede loro nell’ « Onnipotente » Iddio
dei padri loro, « a cui appartiene il mare, perciocché Egli lo ha fatto » (Sai. 95i5). Egli « fa che
le sue onde rumoreggino » (Is. 51ì15; Ger. 31i35), ed
altresì « le acquieta » (Sai. 65i7 ; 89[9 ; Matt. 14i32).
«
Hi Hi
Pianura immensa, instabile, il mare rappresenta,
nella simbolica biblica, le agitazioni dei popoli, i rivolgimenti delle cose terrestri, le incostanze degli
uomini. « Gli empi sono come il mare sospinto, il
quale non può quietare, e le sue acque cacciano fuori
pantano e fango » (Is. 57[20). Parimente, « chi
sta in dubbio, é simile al fiotto del mare, agitato
dal vento e dimenato » (Giac. Ii6). Ma colui che
cammina nella integrità del suo cuore e in Dio crede
e confida, non temerà « quantunque la terra si tramutasse di luogo, e i monti smossi fossero sospinti
in mezzo al mare, e Tacque di esso rumoreggiassero e si intorbidassero e i monti fossero scrollati
dall’alterezza dì esso » (Sai. 46[3-4). Deh ! vengano
senz’indugio i tempi messianici, allor che « la terra
sarà ripiena della conoscenza del Signore, come le
acque ricuoprono il mare ! ».
Oh, quanto più bello sarà allora il mare !
Y.
ECHI DELLE MISSIONI
In Kabilia regna la fame. I missionari evangelici
vanno raccogliendo in Europa doni a favore degli affamati.
*
* *
La Germania ha 17 medici missionari (evangelici) ;
Tlùghilterra 278 medici e 147 dottoresse laureate ; gli
Stati Uniti 280 medici e 153 dottoresse.
Le Missioni evangeliche in genere possiedono 800
ospedali, 100 farmacie, 30 ricoveri per ciechi e 30 per
lebbrosi.
connenorato in Italia
eia ejiK su tìemo
Non è ancora apparito ciò che saremo.
fi. S. Oiov. Ili, 2).
Ecco nna parola piena di incoraggiamento e di
conforto per il cristiano.
Le nostre diserzioni, i nostri peccati, ah ! certo
nessuno li vede e li deplora più di noi, non é vero,
caro amico cristiano ? Il giorno della nostra conversione noi pensavamo di inalzarci sempre più, di volare di vetta in vetta. Con Cristo, in Lui, noi pensavamo di camminare sempre sulle sue tracce ; ma
oggi, dopo dei mesi, degli anni di vita cristiana, trovandoci cosi lontani dall’ideale sognato, noi siamo
forse stanchi, scoraggiati, pronti a dubitare della
nostra conversione e del nostro titolo di cristiani.
Se cosi é, ascolta nuovamente le parole di San
Giovanni : « Ciò che noi saremo non è stato ancora
manifestato ».
Il germe spirituale che tu porti in te come cristiano, darà di più di quanto ha dato fino ad oggi,
esso è ricco di amore infinito, di santità assoluta.
Un giorno, sotto altri cieli, quando il vecchio
nomo sarà abbattuto, in un’atmosfera più calda, tu
sarai come Cristo : dolce, umile, santo.
Cosi un abete, nato in terra arida, e rimasto rachitico durante molti anni, trapiantato in terreno
ricco, dopo poco tempo, è divenuto un albero rigoglioso, che non teme le più forti tempeste.
Da questa considerazione, da questa legge della
vita spirituale, noi possiamo trarre due lezioni.
Non giudicare delTEvangelo da te solamente, riconosci che tu non sei il Cristianesimo incarnato :
il Cristianesimo è Cristo ; e poi... ciò che tu sarai
non è ancora apparito.
Sollecita con i tuoi sforzi, con la vigilanza, con
la preghiera la venuta di quei giorni benedetti in
cui, meglio di oggi, tu sarai vicino all’ideale cristiano. Soprattutto non scoraggiarti : ciò che tu sarai
non è ancora apparito.
{Vers la Paix di H. Sonlié).
Tito Celli.
Dal Pensiero di Sanremo togliamo il seguente cenno
intorno alla conferenza tenuta da Ugo Janni sul tema :
« La riforma religio.sa e la vita moderna specialmente
italiana »:
« La stagione poco propizia per le conferenze non
ha trattenuto il pubblico daU’affollare il tempio di Via
Roma. Vi notammo, come sempre, gran numero di persone che appartengono alla classe colta, intellettuale,
e, per posizione sociale e dignità personale, eletta. La
conferenza durò due ore precise, e la grande attenzione
dell’uditorio, la visibile corrente di simpatia stabilitasi
fra esso e l’oratore, e le vive congratulazioni tributategli alla fine dagli entusiasmati uditori, dimostrarono a
lui, come sempre, Tefficacia e T opportunità del te ua
da lui trattato magistralmente.
Le due ore volarono, e furono due ore di intellettuale diletto e di storica rassegna di una epoca, che
tanto rassomiglia alla nostra, ed alla quale gli stati
di Europa più progredidi debbono l’odierna supremazia.
La trattazione• fu poderosa, ma anche nuova; essa si
sollevò dai soliti luoghi comuni con idee geniali e
profonde, e fu condotta con quella larghezza e modernità di vedute che sono consentite a chi la libera fede
sa disposare al pensiero libero. La forma, estemporanea
come sempre, fu più del solito vivace, eloquente, logica
e dialettica ; l’oratore si sentiva at home con un uditorio cosi intelligente e raccolto, e l’ispirazione oratoria,
10 scintillio della sua eloquenza furono efficaci ed impressionanti quanto privi di ogni apparenza retorica e
di ogni lenocinio formalistico. Speriamo che, tramontato
11 sollione, Ugo Janni ci prepari altre feste delTiutel
letto e della coscienza. p. c. »
Una preghiera di Calvi no
Prima della conferenza nella Cattedrale di San
Pietro a Ginevra, inaugurando le feste giubilar! in
onore di Calvino, l’illustre professore E. Doumergue
ha proferito una parte di quella preghiera che il
grande Riformatore ripeteva sempre prima o dopo
i suoi sermoni.
Ne diamo qui una traduzione :
« Nostro buon Dio e Padre ! Ti supplichiamo di
voler distogliere il tuo sguardo dai molti falli e da
le molte offese, per cui di continuo noi provochiamo
la tua collera; e, poiché siamo troppo indegni di
comparire in cospetto della, tua Maestà, vegli tu
riguardarci nel tuo diletto Figliolo, il Signor nostro Gesù Cristo. Illuminaci col tuo Spirito nella
vera intelligenza della tua parola ; affinché noi raccogliamo con timore e con umiltà ; affinché, servendoti e onorandoti, glorifichiamo il tuo santo nome
per tutta la nostra vita. Abbatti i disegni e le arti
di tutti gli avversari tuoi ; affinché la tua gloria
rifulga dovunque, e il regno del Signor nostro Gesù
Cristo cresca e avanzi sempre di più. Amen ».
Kella Penisola e nelle Jsok
Carexna
Nel num. scorso abbiamo omesso il nome del pastore
G. D. Maurin, autore del necrologio del caro fratello
Vairus. Quantunque si tratti di una pura svista, le
nostre scuse.
Sanremo
Il Pensiero di Sanremo pubblica la seguente piacevole notizia intorno alle nostre Scuole Valdesi :
« Di questi giorni ebbero luogo nelle Scuole Evangeliche della nostra città gli esami di Licenza Elementare fatti da apposita Commissione nominata dal
Regio Ispettore. Tale licenza elementare ha, perciò, effetto legale. Le Scuole Evangeliche Valdesi possono
ottenere la Commissione esaminatrice governativa, perchè dipendono da un Ente morale. Gii esami hanno
avuto risultati splendidi. Nessun alunno venne rimandato, e tutti furono licenziati con classificazioni molto
alte. Ci piace riportare, a dimostrazione di ciò, la seguente lettera scritta dal Maestro signor Colognese,
presidente della Commissione esaminatrice, al direttore
delle Scuole Evangeliche :
Sanremo, 10 Luglio 1909.
Rev.mo sig. dott. Ugo Janni
Direttore della Scuola Valdese di Sanremo.
5
LA LUCE
Nel congedarmi”'dalla Scuola Valdése, dove di questi
giorni ho avuto l’onore di presiedere gli esami di Licenza Elementare, mi è grato significare a Sua Signoria
Eev.ma la mia sincera ammirazione per gli splendidi
risultati che dimostrano non solo quanto sia stata intelligente, affettuosa ed assidua 1’ opera dell’ egregia
Maestra signorina Maria Morali, ma anche quanto sapiente ed efficace sia Tordinamento della Scuola che
Sua Signoria Eev.ma si degnamente dirige.
Con profondo ossequio mi professo di Sua Signoria
Eev.ma Devotissimo
Augusto Colognese ».
Pachino (Siracusa)
(Vittorio P. Trobia). La festa dei poveri è riuscita
benone con la distribuzione di 50 capi di vestiario preparati dalla nostra Società di Beneficenza. L’egregio
signor Sindaco che presiedeva alla festa ebbe parole
di alta lode per l’indirizzo dell’opera nostra e per il
Comitato di Beneficenza fra le signore che fa grandemente apprezzare il suo indefesso lavoro.
— La premiazione degli alunni della nostra scuola fu
fatta in chiesa presenti le autorità amministrative e
scolastiche. Il Direttore didattico delle scuole comunali
che distribuì certificati e premi ai nostri alunni, parlò
ascoltatissimo della libertà di coscienza e del progresso
civile e morale a cui mirano i nostri Istituti Evangelici. Alcuni canti dei nostri alunni, preparati per l’occasione, furono ascoltati con entusiasmo.
— Domenica sera gran folla alla conferenza sulla
vita e le opere di Giovanni Calvino. Si fece una colletta pro monumento.
L’opuscolo « La fede è come l’aria » venne largamente
distribuito.
Possiamo dire veramente e senza ombra di esagerazione; Fervei opus ad gloriarti Dei.
eorriereJ^Hanese
Alle notìzie intorno all’inaugurazione della nuova
Chiesa in Via Fabbri, aggiungiamo queste altre, che
crediamo possano tornar gradite ai Lettori.
Quando decidemmo di piantare le nostre tende in
quei paraggi, alcuni temevano che dovessimo trovarci
fra una « selva selvaggia » di nemici, di maleducati
teppisti 0 di fanatici disturbatori ; invece no, anzi, tutto
il contrario. Fino dalla prima sera deU’inaugurazione
fummo accolti come da chi ci aspettava, quasi direi da
amici che ci desideravano : e mentre gli abitanti di
Via Fabbri e dintorni accorsero numerosi alla prima
serie di conferenze tenute nei giorni 7 al 10 di giugno
dai signori Silva, Buffa, Simeoni e Corsani, nessuno ha
mai recato il più piccolo disturbo. Il sottoscrìtto poi
è fatto segno a quasi generale simpatia ; non ebbe mai
finora a lamentare una parola insolente, ma dovunque
segni visibili di rispettoso saluto. Anzi, cosa strana 1
i fanciulli stessi, che di solito formano l’esercito di
monellucci sempre pronti a far chiasso o mandati apposta per recar disturbo alla porta delle nostre chiese,
all’entrare e all’uscire dalla chiesa fanciulli d’ambo
i sessi circondano il pastore, lo salutano facendogli augurii di salute e lunga vita ! Che vuol dire tutto questo ?
Forse a spiegare questo nuovo fenomeno e darci un’idea
chiara dì quell’ ambiente gioverà il seguente fatterello :
Pochi giorni avanti la inaugurazione, buttata giù
l’impalcatura della nuova fabbrica, la porta della chiesa
era quasi libera al pubblico e molti curiosi vi entrarono. Un giorno tre ragazzi, d’età di 10 a 12 anni, entrarono pure e lessero i testi scritti sulle pareti. Uscendo
dalla chiesa se ne andavano con una certa serietà facendo tra loro non so quali ragionamenti, quand’ecco
un prete che li vide uscire di là, li fermò per dir
loro : « Eagazzi ! ragazzi ! vi prego di non mettere piede
nella chiesa dei protestanti, che sono eretici scomunicati ».
Uno dei tre ragazzetti, forse il più intelligente e svegliato, rispose al reverendo in modo secco e risoluto ;
« Non è vero !... quella non è la chiesa dei protestanti
nè degli eretici, ma dei cristiani evangelici ». — « Ma
che cosa sai tu ? » replicò il sacerdote.—« Vada a leggere
le parole scritte sulla porta, e vedrà : « Chiesa Cristiana
Evangelica ». Ha capito, reverendo ? Sono « crisiani
evangelici », rispose il ragazzo.
Il prete avrebbe voluto replicare per chiuder la bocca
al piccolo sovversivo, ma si erano formati capannelli
di gente e il sacerdote trovò cosa più prudente di lasciare il piccolo triumvirato e andar.sene, non senza che
uno dei presenti dicesse : « Toh ! oggi anche i ragazzi sanno mettere ì preti in fuga I ».
Dal principio di giugno fino alla metà di questo mese
i culti della domenica mattina sono stati frequentati
da 60 a 80 persone, e le conferenze la domenica e il
giovedì sera da 100 a 150. L’uditorio è ora diminuito,
sia a cagione del caldo e l’afa opprimenti, sia perchè
molti membri della chiesa sono andati in campagna.
La festa dei fanciulli ha prodotto il maggiore benefico effetto. Quasi ogni anno è consuetudine di condurre
i fanciulli della Scuola Domenicale ad una gita in campagna ; quest’anno abbiamo mutato la gita in una festa
solenne, che ebbe luogo il 29 giugno. Un caro amico
di Cernobbio (sul lago di Como), certo Canova, ci ha
mandato due colossali fasci di verde di svariate specie,
e la Ditta Cattaneo di Milano ci ha mandato 15 piante
assortite ; e cosi, attorno ad apposito palchetto si fece
una specie di giardino, ricco di fiori artificiali provveduti dalla signora Confalonieri di Monza; e le signorine Crippa regalarono a tutti i fanciulli un bel mazzolino di fiori vivi..
Il nuovo locale era pieno rigurgitante compresa la
galleria e il salotto attiguo o sacristia. Il programma
occupò due ore e più : erano recitazioni di poesie, di
dialoghi e cori. Aprì la festa con una bella preghiera
la signorina Muggini, già alunna e poi monitrice della
nostra Scuola Domenicale. Non voglio rubare maggior
spazio alla « Luce » per descrivere le varie recitazioni dei fanciulli, tutti applauditi ; ma non posso trattenermi dall’accennare al dialogo intitolato ; « Le meraviglie della vegetazione », scritto appositamente per
la piccola Tebaldi ed altri nove fanciulli ; interessò tanto
che parecchi desidererebbero averne copia. Commovente
la preghiera intitolata ; « I fanciulli a Gesù », recitata in ginocchio dalla giovinetta Sara Aliprandi, fiancheggiata da bimbi, un vero quadro plastico vivente,
che commosse alcune mamme fino alle lagrime. Molte
ne vorrebbero il « bis », e sarà dato, a Dio piacendo,
al prossimo Albero di Natale.
Il risultato della festa fu quello che si voleva : babbi
e mamme si affrettarono di fare iscrìvere i loro figli
alla Scuola Domenicale, che si aprirà a settembre, e
intanto chiesero essi stessi di far parte della nostra
chiesa.
Evangelizziamo a mezzo dei fanciulli, e sì vedrà ancora una volta che « per la bocca dei piccoli fanciulli,
e di quelli che poppano, il Signore ha fondata la sua
gloria ». (Sai. Vili, 3).
Damiano Borgia.
Gaardaodo attoroo
(Noterelle e Spigolature)
L’Unione popolare per gli interessi della Provincia
di Siracusa, o — come si sarebbe potuto intitolar più
esattamente — per gli interessi papalini nella provincia
di Siracusa, ha attaccato il nostro pastore di là, sig.
G. C. Maugeri, e un maestro che ripete in iseuola ai
propri alunni le « sciocchezze » udite al culto evangelico. Naturalmente l’Unione — timorata di Dio —
non ha avuto il coraggio di mandar neppure il gerente a sentire le « sciocchezze » ; sicché ha dovuto
accontentarsi dei « si dice » e dei • si riferisce », che
sono la miglior coperta alle calunnie. Al giornaletto
clericale hanno risposto per le rime il pastore e il
maestro nelle colonne di un altro giornaletto liberale
La Gazzetta di Siracusa.
A dar saggio della sapienza AeìV Unione, riferiamo
il branetto seguente : « (Il sig. conferenziere) farebbe
meglio a stare zitto, specialmente in Siracusa, dove le
verità del Cristianesimo, annunziate dagli stessi Apostoli e consacrate nelle Catacombe, come tuttogiòrno
dimostrano le scoperte importantissime che vi si fanno,
si sono tramandate gloriosamente fino a noi nella loro
purezza ».
Già 1 Perchè S. Paolo ha toccato nel suo viaggio Siracusa, e perchè in quei primi tempi a Siracusa v’erano dei cristiani non papisti ne risulta che a Siracusa « specialmente » le « verità del Cristianesimo si
sono tramandate nella loro purezza!! »
Da allora, cara Unione, è passata molt’acqua sott’i
ponti anche a Siracusa 1
• •
Numida, nell’Unione, che si pubblica in italiano a
Tunisi, esprime la sua sodisfazione perchè — secondo
lui — nella Reggenza, non solo non potrebbero avvenire lotte religiose come a Liverpool, ma perchè il
Tunisino è corazzato d’indifferenza e non si converte
all’Evangelo. ~Egl\, Numida, che a quanto pare si sente
Tunisino fin nella midolla delle ossa, va altero di
questa superiorità.
Anche le ostriche sono indifferenti... E non occorre
andar a Tunisi, per ritrovarne. Considerar i Tunisini
autentici o no come superiori agli anglosassoni è —
a questi lumi di luna — una trovata degna di essere
riferita. Raccomandiamo il signor... Numida a Guglielmo Ferrerò.
*
* •
Dal testamento dell’abate Tyrrel — volume di circa
300 pagine che sarà quanto prima pubblicato — risulterebbe l’attaccamento dell’illustre modernista al cattolicismo romano, ch’egli avrebbe considerato come il
legittimo continuatore, per sostanza come per forma,
dell’insegnamento di Gesù Cristo. Se il Tyrrel ha
scritto questo, siamo dolenti di dover avvertire che
noi dissentiamo compiutamente da lui... Nel testamento
egli avrebbe anche espresso l’idea che il cattolicismo
liberale (o modernista) non deriverebbe dal razionalismo tedesco. Una certa parentela è innegabile, secondo noi. Saremo curiosi di sentire ohe cosa il Tyrrel
abbia lasciato scritto intorno al cristianesimo evangelico positivo, che ammette quanto lui la rivelazione,
e che certo è più ortodosso di lui!
• •
Intanto, la Chiesa papista che riprodurrebbe per la
sostanza e per la forma l’insegnamento di Gesù Cristo
ha, per mezzo del suo vescovo Southwark, sospeso ha
a divinis l’abate Bremond per aver pronunziato un
discorso e una preghiera su la tomba di Tyrrel ! !
*
• m
Il Corriere della Sera riassume un articolo del
Journal de Genève su Calvino e lo mette là in quella
amena rubrìca Riviste e Giornali, dove si parla di
un po’ di tutto e magari di una nuova pomata per far
crescere i capelli o del segreto per liberarsi dal vizio
del fumare... Guido Celli fa scuola, a quanto pare in
Italia! Eppure, non foss’altro per i suoi meriti letterari, Giovanni Calvino, il principale fondatore della
moderna lingua francese, avrebbe meritato un posticino più onorevole e più in vista anche nei nostri
sapienti giornali d’Italia !
*
• «
Una chiesa in legno a Milano, una specie di succursale del santuario miracoloso di Caravaggio, colpita
da un fulmino, è andata in fiamme. A stento e a fatica si è potuto trasportar in salvo la statua della
Madonna. ^
Se qnalcosa di simile fosse capitato a una chiesa
evangelica, imaginate che cosa avrebbero detto i superstiziosi papisti I
Preti e frati a Roma vanno a teatro e ai cinematografi edificantissimi. Il Cardinal vicario è intervenuto
con un decreto, a nome del papa, per vietare lo sconcio.
Noi non approviamo nè la frequentazione del cinematografo nè la proibizione. Questa è semplicemente
ridicola, trattandosi non di fanciulli, ma di uomini.
Quella è sintomaticamente significativa, trattandosi
di maestri di morale, di uomini forniti di coscienza,
i quali pretendono d’essere guide dei loro simili.
«
4: 4«
A Pietroburgo « le autorità hanno chiuso alcune
case nelle quali i johannisti sequestravano fanciulli
da due ad undici anni, sottomettendoli ad ogni sorta
di privazioni, allo scopo di mantenerli in istato di
grazia ».
Alla... grazia!!
OLTRE LE fiL?\ E i MARI ^
Francia
Montauban — Fra le tesi testé sostenute a quella
Facoltà evangelica da candidati in teologia, notiamo
queste ; « Un evangelista moderno » (Enrico Drummond);
« Schopenhauer : pessimismo, ateismo » ; « Le origini
della religione » ; « I Barotsi ; studio etnografico e
psicologico » ; « La presente crisi della coscienza cattolica » ; « Il modernismo ».
Vienne (Delfinato) — Il 14 agosto si inaugurerà un
un monumento a Michele Serveto che dimorò in questa
città francese durante 12 anni.
Belgio
Tra le altre risoluzioni prese dal Sinodo della Chiesa
Evangelica Missionaria belga, adunatosi or non è molto,
merita particolar menzione quella di voler da qui innanzi evangelizzare quella parte del Congo ch’è soggetta
al Belgio, dove han lavorato già e lavorano missionari
inglesi, svedesi e americani.
Portogallo
Da circa un anno si pubblica a Porto un graziosississimo « Boletim Mensal da Uniào Cristà Central da
Mocidade Portugueza » (Bollettino mensile dell’Unione
Cristiana centrale della Gioventù portoghese) illustrato
e pieno nei suoi ultimi nnmeri del ricordo di gradite
vìsite. Si parla specialmente di Mott, di Phìldius e di
Braga, fervente cristiano portoghese.
6
^ ■
6
LA LUCE
Inghilterra
Londra (E. TronJ. — Passando per Londra ultimamente, il prof. Luzzi rivisitò la Facoltà di Teologia
dell’Università, che già )’ aveva accolto festosamente
alcuni anni fa in compagnia dei sig. Muston. Predicò,
nella cappella, un eccellente sermone sul testo « Combatti il buon combattimento ». Poi l’indomani dette^
nell’Aula, una conferenza sul « Modernismo », del quale,
con la competenza ch’egli ha in materia e lo stile
brillante che non gli fa difetto nemmeno quando parla
inglese, delincò le diverse tendenze e le sottopose ad
un esame minuto, che ne rivelava non solo i lati deboli,
ma altresì gli elementi di vitalità religiosa destinati
a resistere all’ipercriticismo ed ai fulmini del S. Uffizio. 11 numeroso uditorio, composto in massima parte
di studenti e professori dell’Università, fra i quali notavansi non poche celebrità e il valente cultore di scienze
filosofiche e religiose Angelo Crespi, seguì l’oratore con
la massima attenzione e gli applausi che già l’avevano
interrotto di tempo in tempo divennero fragorosi, prolungati e reiterati al termine della conferenza.
Oxford (E. Tron). — In questa città accademica,
tutta collegi, biblioteche, musei, invidiabile per la sua
quiete, ebbe luogo, dal 15 al 18 luglio, il Congresso
della Federazione Mondiale degli Studenti Cristiani.
Più di -TO nazioni vi erano rappresentate, non esclusa
l’Italia che ci aveva quattro delegati (il Dr. Luzzi,
l’avv. Mastrogiovanni, Ting. Manetti e il laureando in
medicina sig. De Pertis) rappresentanti la giovane federazione nostra.
Particolarmente interessante fu la seduta di apertura,
nell’Exeter College Hall. Parlò dapprima il presidente
Dr. Karl Fries, che a base della federazione e del
congresso pose la comunione con Dio ; quindi Mr. John
E. Mott lesse un rapporto sui progressi del movimento
fra gli studenti del mondo intero ; mentre poi Miss
Konse disse dei tentativi fatti e dei risultati ottenuti
fra le studentesse.
Troppo lungo sarebbe l’enumerare soltanto i lavoi’i
presentati ed i discorsi fatti nei giorni successivi ; non
possiamo però passar sotto silenzio due applauditissimi
lavori del prof. Lazzi : « Bisogni ed incoraggiamenti
nei paesi latini » e « L’ Apologetica che 1’ esperienza
dichiara più efficace nei paesi latini ». i
Dal che si vede che i congressisti, dopo aver rivolto
il loro sguardo verso il passato ed avere ‘Véiùficati i
progressi compiuti, l’hanno poi portato verso il futuro,
per decidere le vie da seguire, i programmi da svolgere, l’attività da spiegare. E l’avvenire, in cui si specchia il passato, sorride alla Federazione e l’invita ad
avanzarsi fiduciosa, in nome e per amor di Cristo.
EROINE YHLDESI
• Nuova Serie
XX
La moglie del cap. Salvajof
' prigioniera volontaria per star collo sposo
L’ecatombe maggiore di martiri valdesi dopo quella
dell’aprile 1655 fatta dal Pianezza, fu quella dell’Aprile
1686 fatta dal duca stesso Vittorio Amedeo II, venuto
per la circostanza a Luserua.
La prima di queste carneficine già ci ha fornito più
d’una eroina; ora ne trarremo una dal mazzo presentatoci dalla seconda, per ricordarla alla generazione
presente. E scegliamo subito, senza esitare, la moglie
del capitano Bartolomeo Salvajot.
Convien ricordare che in quel nefasto Aprile 1686,
Vittorio Amedeo II aiutato dal maresciallo Catinat attaccò le Valli col proposito giurato di finirla coi Vaidesi estirpandoli del tutto. E dotto dall’esperienza degli
avi che vano era sperar vincerli con le armi in guerra
leale, e visto infatti il primo assalto a San Germano
respinto, egli ebbe ricorso alla frode ; ed ai combattenti
Valdesi fece sapere a voce e per iscritto che avrebbe
perdonati e lasciati liberi quanti gli si fossero arresi
fidenti nella sua parola. I Valdesi fra loro divisi in due
partiti, deciso l’uno alla resistenza a oltranza e l’altro
favorevole all’emigrazione in terra libera, e privi d’un
capo come Légero o Gianavello che valesse a guidarli
a vittoria sicura, si lasciaron persuadere dalla promessa
del sovrano. Deposero le armi in poche settimana tutti
quanti, tranne 200 diffidenti della promessa d’un cattolico romano, i quali preferiron fuggirsene sulle più
alte vette ai nemici inaccessibili.
E questi soli restaron lìberi ; gli altri tutti, tutti,
furono 0 trucidati o tratti in fetide carceri ove su 12
mila ne moriron 9 mila. Fra gli ultimi ad arrendersi
trovavasi Bartolomeo Salvajot capitano delle milizie
valdesi, abitante a Eorà, sposato ad una valdese della
borgata detta Baudeina nel comune di Villar.
Ei fu uno dei 3000 prigionierii quali sopravvissero
al carcere e dovettero ai portentosi successi dei' 200
restati liberi di potere emigrare nella Svizzera, ed ai
prodigi compiti dagli eroi di Enrico Arnaud, di poter
rimpatriare nelle Valli nel 1690. Egli ha scritto un
racconto delie vicende sue nel carcere e nell’ esiglio,
dal quale qui riportiamo quello ch’ei dice di sua moglie.
Lo lasciam parlare qui lui stesso testualmente com’ei
fa nelle sue Memorie, onde il lettore abbia la testimonianza stessa resa ad una moglie eroica, dal proprio
marito. Eicordiamoci ch’egli era uomo di spada e non
di penna, e troveremo nel suo racconto sgrammaticato
un prezioso sapore di perfetta veridicità.
Comincia il Salvajot col narrare che in fin d’Aprile
1686, avendo sentito che si permetteva la libertà a
quelli che si arrendevano, venne a Luserna ove tale
assicurazione gli fu formalmente ripetuta; cosicché mandò
due ragazze alla Baudeina a dire a sua moglie di venire a trovarlo a Luserna colla figlia loro di 5 anni.
Vennero là due donne, ma giunte a Luserna trovarono
che il Salvajot era detenuto nel convento del Pino, in
prigione.
« Quando mia moglie si presentò al convento, il frate
le disse : Non vi volete voi cattolizzare adesso ? Ella
gli rispose : Io voglio primamente parlare a mio marito; e subito andò con il padre superiore alla pi igiene
per parlarmi ; perchè le facevano credere che io era già
cattolizzato, ma non lo poteva credere. Cosi io le dissi
di no, e che si donasse ben guardia. Il frate non vo- |
leva che andasse alla prigione, perciò le aveva detto : j
Donna, se voi entrate nella prigione, voi non sortirete
più. Ma non ci curavamo delle sue minaccie, per la
grande allegrezza di trovarci di nuovo insieme. E cosi
ella restò nella prigione con tutti gli altri prigionieri
a dormire senza paglia sopra la terra, tanto i ministri
come gli altri, e beato colui che poteva avere una pietra
sotto il capo ! »
Furon messi poi in altro carcere schifoso, nell’ andare al quale passarono sotto le finestre del palazzo
del conte di Luserna alle quali era affacciato il duca
Vittorio Amedeo ; e Salvajot descrive scene strazianti
dei maltrattamenti usati ai poveri valdesi. Il 16 maggio
10 fecero partir per Torino colla moglie e la figlia e
molti altri prigioni fra i quali nove ministri, legati
come malfattori e vilipesi dai cattolici. A Torino, vennero messi nel « Dougione » della cittadella ove stavan relativamente meno male ; quivi in capo a 18 giorni
la moglie di Salvajot diede alla luce una bambina che
11 maggiore della cittadella fece tosto battezzare da un
prete nella cappella della cittadella, dandole un padrino
e una madrina della nobiltà.
« Subito dopo il sig. Basino, aiutante della cittadella,
venne a parlare a me e a mia moglie e ci disse che
se volevamo che ci farebbe tramndare in un’altra stanza
fòri del Dougione, che qui era troppo male. Io gli
dissi che io lassava la moglie in sua libertà se voleva
0 no, ma che io non la volevo lassar andar che io non
fossi con essa ; e così mi disse che io potevo andar
con essa. Ma la moglie rispose che per quella sera non
voleva andare ma che gli farebbe risposta la matina.
E cosi la notte parlassimo di questo, e che non avevano tanta bontà per noi, salvo che desideravano che
noi si facessimo della loro legge. E cosi risolse la moglie
di non andare.
E la mattina a bonissima ora il sergente della guardia
se gli accostò e disse che gli aveano dato ordine di
portarla fori ; ma lei gli rispose che non voleva sortire e che voleva star qui a vivere e a morire. E cosi
pa-sò lo spazio-di qualche ora; e poi giunse il detto
sig. Basino che portò due o tre lenzoli e una camicia
per limosina che ci avea fatta dare il sig. padre Valfredo confessore di S. A. E.
E il detto Basino mi domandò perchè io non volevo
che si portasse fori la mia moglie ; e io gli risposi
che era tanto ammalata che lei non poteva sopportare
che si portasse fuori. E lui mi cominciò a sciamare e
dirmi : « Tu es un vrai coquin, ma tu la pagherai ! »
E poi disse alli ministri: Siete voi altri che siete la
causa che non si cattolìzzano, ma pigliate guardia a
voi ! E poi se n’andò. Di qui a due giorni, mia moglie
mori ; io le misi uno di quei lenzoli e 1^ feci accomodare la testa onoratamente e poi la fece sepelire ». La
neonata, affidata a una balia, morì un mese dopo la
madre.
Non aggiungiamo verbo. Basta questo racconto a
farci ammirare questa martire dell’amor coniugale e
della fedeltà alla sua religione.
Teofilo Gag
Come leggiamo la Bibbia?
Il nostro pensiero principale quando leggiamo laBibbia è ch’essa è un libro santo, la cui lettura, fatta
con ogni devozione, raggiunge il suo scopo solo quando
ci fa più utili, più felici, più amanti della preghiera,,
sottomessi alla volontà di Dio, più buoni coi prossimo.
Alla scuola domenicale noi impariamo la storia biblica, ai culti ci edifichiamo, altrove faremo anche della
teologia, ma la cosa che più monta — e che solo può
venire dalla Bibbia — è la vita deU’auima. Non vi cerchiamo strettamente la lettera, ma lo spirito. Eicordiamo la parola di Paolo a Timoteo : « ogni scrittura
divinamente ispirata è utile ad insegnare, ad arguire,
a correggere, ad ammaestrare in giustizia acciocché
l’uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni
buona opera. » Con tali sentimenti e con l’aiuto della
fervida preghiera dobbiamo leggere e meditare il Libro
dei Libri.
Lo scopo della Bibbia è di farci comprendere amare
e ricevere. Cristo nostro Salvatore. La storia dell’ idolatria nella quale cadde il popolo d’Israele ci fa toccar
con mano quanto sia difficile 1’ adorazione spirituale
senza Cristo. Tutta la storia del popolo ebreo — coi
suoi profeti — ci mostra chiaramente la preparazione
della venuta di Cristo.
La storia del Salvatore ci è data nel Nuovo Testamento, perchè noi facciamo la sua intima conoscenza.
La guida migliore nello studio del Libro di Dio è di
cercare per quanto è possibile la persona di Cristo.
Noi diventiamo cristiani, quando ci appropriamo la
vita di Cristo. Il primo mezzo per disporci a ciò è la
lettura e lo studio della Bibbia,
« Se voi mi amate — dice Gesù — osservate i miei
comandamenti ». (Evang. Giov. XIV, 15). Come conosceremo quei comandamenti se il libro che li contiene
sta chiuso in una bella libreria, o si copre di polvere
sopra uno scaffale, o anche fa bella mostra di sè sopra
un tavolino, ma vi sta negletto, forse dimenticato ?
Alcuni lo leggono la Domenica, altri, ne leggono qualche
brano ogni giórno, e sta bene ; ma lo scopo della Bibbia
è di farci vivere secondo gl’insegnamenti di Cristo.
« Siate facitori della parola ».E’ relativamente facile
l’aver impressi nelle mente i comandamenti di Gesù
ma non è altrettanto facile averli nel cuore : noi possiamo conoscerli e non viverli.
Noi dobbiamo tenerli nel nostro cuore per informare
ad essi le opere nostre. La Bibbia è scudo per combattere il peccato, timone che guida l’anima nostra al
cielo !
(Dal British Weeklg)
a. r.
* Figliuol mio, i tuoi peccati ti sono rimessi ».
Per tutti, per voi, per me, io non conosco parola più
di questa necessaria e soave ad udirsi. Tutti noi, senza
distinzione, abbiamo fatto il male — sia pure in diverso
modo e grado — e ci occorre, cosi per vivere in pace
sulla terra come per passare all’altra riva, il perdono
di Dio. Di questo perdono converrà aver certezza. Orben , chi mi infonderà tale certezza ?
Forse voi mi direte ; la coscienza, la religione naturale.
Sentite in proposito l’esperienza narrata dal poeta
Sully Prudhomme: « Uuo dei miei grandi peccati mi
seguiva ad ogni passo ; per cacciarlo via pensai di confessarlo a Dio ».
« Bene — dirà taluno — ecco il peccato perdonato,
cancellato »
Ma non cosi il poeta ; infatti egli soggiunse : « Dove
confessai, la terra mise una spina, ed io non seppi mai
se fossi stato perdonato ». Siffatta triste esperienza è
pur quella di tante altre anime ! Si, diciamolo alto, la
sola coscienza, dopo la confessione delle sue colpe, non
riceve da Dio una risposta chiara e certa del perdono.
Questo perdono, che l’anima mia sospira, io lo trovo
con certezza a piè della cro»e. Ivi, ivi soltanto, nella
misteriosa evocazione del sacrificio redentore, nella comunione dell’ amore infinito del Padre, alla luce delle
promesse del Cristo, io mi so, io mi sento perdonato ;
lo Spìrito suo ne testimonia, con soave sicurezza, all’anima mia. Qui non più la .spina cresce, ma un ramoscello d’olivo.
(Vere la Paix di H. Soulié) e. r.
Domenico Giocoli, gerente responsabile
Tipografia dell’Istituto Gould Via Marghera Í, Roma ■
7
LA LUCE
IL TRAMONTO DI ROM
Sludio di sloria e di psicolo
á¡a del Prof. O. Bartoli.
Certa signora Broadley ivi presente, riprovò con
energiche parole l’apostasia dei due preti.
— Ma perchè, signora, tanto orrore ? — domandò.
Miss Florence.
— Perchè ognuno dovrebbe vivere e morire nella
religione in cui è nato... Un prete poi...
— Anche i mussulmani, anche gl’idolatri? — disse
il ministro anglicano — mi meraviglio di lei, protestante e pia...
— Ma che volete ? Mi pare una cosa così sconve- |
niente... professare di esser vissuti tanti anni nel’errore...
— Ha ragione la signora Broadley— sciamò la madre
di Bicj — non si dovrebbe mai lasciare la propria
religione. La Chiesa cattolica, poi, oh ! Dio !
— Ma perchè, mamma ? — fece la Bice con vivezza.
— Supponete che un sacerdote non ci creda più...
— Questa appunto è la difficoltà che io vedrei sciolta
con molto piacere — entrò a dire il dottor Lincoln.
— La signora Bice l’ha toccata di volo. Permettetemi
che io la esponga più per disteso.
— Dite, dite, dottore — fecero gli astanti.
— Ecco la difficoltà. Un uomo onesto deve seguir
sempre e in tutte le cose la propria coscienza. Si concede questa dottrina ?
D. Ottavio non disse motto.
— Un momento ! — disse il ministro anglicano. —
Non la concedo senza distinzione. Un uomo onesto
deve seguire la propria coscienza, se è retta, non già
ov’essa sia storta od erronea, altrimenti, guai à noi !
Per esempio : uno si persuade che il rubare sia lecito, e via a fare il ladro ! Sarebbe un uomo onesto
costui ?
— Caro Ridley, correte troppo — rispose il dottore.
— S’intende ! Io non dico già che basti formarsi in
qualche modo la propria coscienza, per poterla e doverla seguire. Vi sono certe cose che a tutti, o almeno alla maggioranza degli uomini appaiono buone
in sè e rette ; altre, per converso, cattive e peccaminose. In queste e in quelle, presso persone sane e
normali, non ci può essere che una coscienza sola.
— Vero! verissimo! — assentirono gli astanti.
__ Ma — continuò il dottore — si dànno molte altre
cose, dove il giusto o l’ingiusto non è così apparente,
e allora io credo che ogni uomo onesto deve seguire
la propria coscienza, anche se erronea. Che ne dice
lei, signor Washington?
— Sto con lei in tutto e per tutto — rispose l’americano.
— ED. Ottavio ? — domandò Miss Florence —• non
ha aperto bocca in tutta questa questione.
— Sì, sentiamo che cosa dice Roma ?— osservò il
ministro anglicano.
— Roma parteggia pel dottor Lincoln — disse sorridendo D. Ottavio.
— Sia ringraziato Iddio che il dottore diventa romano! — scappò a dire la Bice.
— Si, Roma suffraga la teoria del dottore — continuò D. Ottavio — cioè, insegna che quando l’uomo
non ha ragionevole sospetto che l’azione eh’ egli sta
per fare sia illecita, è tenuto a seguire la propria coscienza, anche se questa fosse erronea.
— E perchè ciò ? — domandò la Bice.
— Ecco la ragione. La legge di Dio è la regola suprema ed ultima della rettitudine delle azioni umane ;
ma la regola prossima della medesima è la ragion pratica individuale. Quindi, anche quando questa discorda da quella, noi siamo tenuti a seguire la seconda, non la prima. La cosa è così certa che il teologo moralista gesuita Busembaum arriva a dire che
< se altri è educato nell’eresia...
— Come lor signori — disse la Bice volgendosi con
un sorriso agli astanti.
— Ah ! biriochina ! — sciamò il dottore.
— Zitto! — fece la signora Lincoln — Non interrompete.
— Se, dunque, « un tale è allevato nella eresìa, ed
è persuaso che noi preti cattolici attacchiamo e strappazziamo la parola di Dio, e che siamo tanti idolatri, uomini pestiferi, bugiardi, e che ci si deve fuggire come la peste, non può, finché dura in tale persuasione, venire alle nostre prediche. La coscienza
glielo vieta, e se lo fa, pecca ..
-- Questo vostro teologo gesuita è un uon^o ragionevole! — sciamò l’anglicano.
— Ma vi ha di più — continuò D. Ottavio. — Natale Alessandro, un altro gran dotto francese, insegna
espressamente che se la nostra coscienza, benché erroneamente, ci detta che un comando dei nostri superiori è contrario alla legge di Dio, noi siamo ob
bligati, per debito di coscienza, a ribellarci, e a non
eseguire l’ordine.
— Chiaro anche questo — disse il dottore. — Allora io proseguo. Mi permettete?
— Avanti ! avanti ! — fecero gli astanti.
— Un prete cattolico, nato ed allevato nel cattolicismo. trova coll’andar del tempo e a forza di studiare, che la forma di cristianesimo romano è falsa,
superstiziosa, contraria alla parola di Dio e alla tradizione universale della Chiesa primitiva. Badate
bene, in questa sua convinzione non ci entrano affatto motivi carnali : desiderio di libertà, amore di
donne...
— Non ci fate torto ! — sciamò la signora Broadley.
Il dottore centinuò.
— Amore di donne o altri argomenti di simil genere. Ora io domando : è egli lecito a lui, che ha perduto la fede nella Chiesa romana, continuare a vivere in -quella Chiesa e ad esercitare in essa i ministeri spirituali ?
— lo dico di no — disse l’anglicano.
— Anch’io — sciamò il pastore americano.
— Anch’io consento, anch’io, anch’io — replicarono
quasi in coro le signore.
— Con tutto ciò — disse timidamente la signora
Maria — questo prete sarà sempre un apostata per
noi...
-- Ha fatto bene ad aggiungere quel « per noi » —
ribattè il ministro anglicano. — Sono tutte cose relative, queste. Quando Enrico Newman si fece cattolico romano, noi lo chiamammo apostata...
-- E noi convertito — agggiunse D. Ottavio.
— Però, anche il Newman la pensava come noi — osservò il dottore. Infatti, mi ricordo ancora, a proposito doll’obbligo di seguire la coscienza, anche erronea,
le sue belle parole, dirette al Duca di Norfolk. « Certainly — egli dice — if I am obliged to bring Religion into alter dinner toasts (which indeed, does not
seem quite thè thing), I shall drink — to thè Pope,
il you please ; stili, to Conscience first, and to thè
Pope afterwards ».
— Spiegami questo inglese — disse la signora Maria
alla figlia.
___j)a brava Bice! — fece il dottore — attenti ! Fa
vete linguis !
_____Non mi faccia vergognare — disse la ragazza arrossendo — e tradusse : « Di sicuro : se io fossi obbligato ad introdurre la religione nei miei brindisi dopo
desinare, (il che non parmi conveniente), brinderei
senza dubbio, e con vostra buona grazia, al Papa, ma
alla coscienza prima, al Papa di poi ».
— Quei miei due preti itf liani — osservò ridendo
l’americano — hanno brindato alla coscienza prima,
di poi al Papa : o meglio, alla coscienza solamente, e
han mandato il Papa a quei paesi.
— Ehm ! — disse la signorina Lincoln — probabilmente quei due sacerdoti vennero da lei per aver da
mangiare, non per motivi di convinzione personale.
___jl pane — osservò l’americano — lo mangiavano
anche nellaChiesa romana; anzi, lavoravan meno, creda
a me. Ad ogni modo, se anche vennero a noi per il pane,
ora è un’altra cosa. Studiando, hanno veduto che, alla
fin fine, non tutta la verità sta dalla parte della Chiesa
Romana.
— E che gente sono ? — domandò D. Ottavio. — Si
potrebbero sapere i loro nomi ? Io ne conosco parecchi
di tali che stavano per fare il salto.
— Sono due buoni diavoli — rispose l’altro - e diventeranno due buoni ministri del Vangelo. Mi permettano però di tacere i loro nomi. Non desiderano
di farsi noti, se non quando la loro convinzione sarà
diventate scienza : e ciò richiederà qualche tempo.
__Ne fate parecchie di cotali prede? domandò il
dottore.
_____ Parecchie, parecchie. A Roma ci siamo e ci resteremo. Non è vero D. Ottavio ?
_ È verissimo! Chi dice il contrario non sa quel
che sì dice, o si vuole illudere ad occhi aperti.
Quando la conversazione si sciolse, la Bice si accostò
a D. Ottavio e lo guardò con due occhi tra mesti, dolci
ed amorosi.
__E che farà lei — disse — che farà lei, solo, sempre
solo nella battaglia della vita ?
— Non sono solo, figlia mia. Dio è con me. Gli uomini passano ed io cerco di teneré fisso il guardo lassù !
— Io sarò con lei e per lei sempre — sciamò con
forza la giovane — in vita ed in morte.
— Grazie, Bice — rispose il sacerdote — il quale uscì
tutto commosso dal salotto dì casa Lincoln. Sulle chiare
pupille di lui brillava furtiva una lagrima.
XII.
Le battaglie di un’anima.
Osserva la Sacra Scrittura, che, presto o tardi, è riserbato ad ogni uomo che viene al mondo un tempo
da piangere. Era giunto anche per D. Ottavio il tempo
del pianto.
L’ostracismo, al quale, in conseguenza delle sue dottrine, era stato condannato, fecero aprir gli occhi al
giovane, e veder le cose proprie, nella loro triste
realtà. Egli era un solitario spirituale nella folla della
gran Roma.
La fede della Chiesa di cui era ministro, non era
più la sua, le idee dei suoi superiori gerarchici, dei
suoi confratelli, dei suoi parenti, dei suoi vecchi amici,
non erano più le sue idee. Egli era andato lontano
lontano da loro, non col corpo, ma colla mente, non
coi piedi della carne, ma con quelli dello spirito. Egli
si sentiva solo, isolato, come abbandonato sopra uno
scoglio, ritto in piedi in mezzo a un mare in tempesta. Veramente egli vedeva sulla spiaggia lontana
molte faccie giulive che si voltavano a lui, che stavano per volare al suo soccorso: ma^quelle erano
faccie eretiche. Anch’egli si sentiva veramente eretico. Il cardinale Turinì aveva ragione. Quel fanatico
aveva intravveduta la verità. Egli non era più cattolico romano. Non era modernista, no, ma nè anche
cattolico romano. Era un eretico marcio e nulla più.
Non l’aveva mai voluto confessare a se stesso, si era
sempre illuso, si era lusingato, ma ora la verità gli
appariva in tutta la sua chiarezza. Egli, Ottavio Sinibaldi non credeva più nella Chiesa romana : era
fuori di quella Chiesa, era scisso irrimediabilmente
da lei.
A quel tremendo pensiero D. Ottavio, provò una
stretta al cuore e fu quasi per morirne. Poi si riebbe,
e vista l’impossibilità di fare il cammino a ritroso, in
quell’ora fatale, riandò col pensiero la propria vita
intellettuale.
Egli, fino allora, aveva vissuto coll’ intelligenza,
aveva vissuto d’anima. Ai sensi aveva dato poco, quasi
nulla. E q»al wa il frutto di questa sua vita intensamente intellettuale ?
D. Ottavio aveva avuto una perfetta e soda educazione cattolica romana. Era dottore in filosofìa e teologia, e, da scolaro, aveva sempre primeggiato fra i
compagni. In filosofia, si era seduto ai piedi dei più
dotti Gamalieli del suo tempo, e se vi era uno che in
Roma conoscese Aristotile e S. Tommaso, egli era quel
desso. In teologia poi, pochi lo superavano. Ma ì suoi
studii, fatti all’Università Gregoriana pativano di tre
gravi lacune. Comprendevano poco o niente di teologia positiva, specie di quella che tratta della storia
e dello sviluppo dei dogmi: pochissimo anche di patristica, studiata alle fonti ; e nulla affatto di scienza
biblica. Al suo tempo, di quel po’ di Scrittura che si
faceva all’Dniversità Gregoriana, non c’era nè anche
l’obbligo di dare un qualsiasi esame.
D. Ottavio uscì dall’Università col suo grado di dottore, e conosciute le mancanze del proprio sapere, si
accinse immediatamente collo studio indefesso e privato a colmare le lacune. Egli studiò e studiò per parecchi anni, e il suo studio intenso, imparziale, vasto
e sereno lo condusse all’eresia. Perchè questa strana
ed inaspettata riuscita?
La teologia romana è un grande sistema artificiale
filosofico, teologico, morale ad usura Delphini, cioè,
escogitato e composto, almeno in gran parte, ad uso
e consumo di Roma. È uno stupendo edifizio, di cui
ogni parte, anche la più piccola, ha un fine, un uso,
un oggetto speciale. Tutto in esso è misurato, definito,
proporzionato, risoluto. Niente è lasciato alla cura del1’ abitatore, al suo libero arbitrio, alla sua inventiva personale; nulla, poi, al caso, nulla alle contingenze future. L’ospite di quel palazzo non ha che ad
adagiarsi dentro, ammirarne le bellezze, gustarne i
comodi, dormire, vivere, vegetare. Quel palazzo, quella
gran reggia intellettuale ha per fine principale di accogliervi dentro la Chiesa, cioè la Gerarchia, il Papa,
i vescovi, i preti, i religiosi e le monache, nei quali
soli consiste, praticamente, la Chiesa di Roma. I laici,
in essa, contano poco meno che nulla.
È, insomma, una specie di 'Vaticano intellettuale,
fatto per il Papa, pei cardinali e pei loro dipendenti. Fuori di esso vi è la turba, il^ mondo birbante, la perdizione. Tale è l’edifizio della teologia romana.
(19)
{Coniinua).
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quali soltanto sono un possente e tenace rigeneratore '
del sistema capillare. Essa è un liquido rinfrescante e
limpido ed interamente composto di sostanze vegetali,
non cambia il colore dei capelli e ue impedisce
la caduta prematura. Essa ha dato risultati iin-/)*
mediati e soddisfacentissimi anche quando la <|
caduta giornaliera dei capelli era fortissima.
Tutti coloro che hanno i capelli sani e
folti dovrebbero pure usare l’AocjtjLa. dopo la cura
CH NINA-MIGOìlE e cosi evitare il pencolo della eventuale caduta di essi e
di vederli imbianchirsi. Una sola applicazione rimuove la forfora e dà ai capelli
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