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Torino
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■ BIBBIA E ATTUALITÀ ■
RIFUGIO
SPIRITUALISTA
«È bène che stiamo qui; facciamo tre
tende, una per te, una per Mose e una
per Elia»
Marco 9, 5
SUL monte della trasfigurazione si
esaurisce una possibile alternativa di vita cristiana: quella spiritualista. Gesù la rifiuta dal punto di vista
pratico e teorico. Un discepolato
vincolato all’indicazione biblica sitrova di fronte a una strada sbarrata.
Riprendendo una tesi di Giovanni
Miegge, avanzata nel lontano 1941,
si può ripetere ancora oggi che
«Riforma e spiritualismo non sono
due anelli di una catena, sono poli
opposti di una grande antitesi spirituale». Parole pesanti ma chiare. La
1 proposta spiritualista non costituisce
un grado più alto di vita cristiana, né
l’anello successivo della catena che
indica la maturità spirituale di un
credente. È piuttosto una grande
tentazione che esalta se stessi e oscura l’Evangelo. Ci viene detto che PieI tro, nell’avanzare la proposta, «non
sapeva che cosa dire», meglio; non
sapeva quel che diceva.
Questo non vuoi dire che l’esperienza spirituale non faccia
parte della vita del credente: significa
soltanto che quell’esperienza non
può costituire la situazione «normaI le» della vita cristiana. Questa infatti
non si vive sull’alto di un monte, separati da tutti, lontani dalle contraddizioni, dai pericoli e dalle temperie
spirituali, ma anche dalle occasioni
che la storia presenta. Il discepolo
cristiano vive la sua vita immerso
nella vicenda storica del suo tempo e
in quella vicenda, così contraddittoI ria e problematica, mette in gioco
del continuo la sua fede. Momenti di
forte emotività spirituale, di intensità spirituale costituiscono un’esperienza che è dono dello Spirito, ma
che non può essere ricercata come
salvaguardia contro le minacce portate alla fede, né prolungata a richiesta. Gesù stesso chiama tre suoi discepoli a condividere con lui una
esperienza spirituale, ma rifiuta di
prolungarne la durata all’infinito.
A volte lo Spirito Santo ci fa vivere
esperienze in dimensioni e spazi
che non avremmo mai pensato di
fi-equentare, esperienze inesprimibili
a parole, ineffabili. Questo può avvenire in ogni momento della nostra
giornata, senza dividere luoghi e
l tempi sacri e profani. Lo Spirito non
rispetta questi nostri confini. Ma appunto, è lo Spirito che ci incontra e
ci muove, non siamo noi che perveniamo a quell’esperienza, che la riviviamo a nostro piacimento o ne facciamo una condizione normale senza fine. La via mistica, costruita
sull’ipotesi spiritualistica, è introversa e porta al nulla relazionale. L’eI sperienza spirituale non deve riproporre lo stesso itinerario della Legge:
data per la vita, diventa strumento di
morte. Su quella esperienza non abI biamo alcun controllo, ma solo un
criterio di verifica: se ci porta a desiderare di rimanere sul monte, separati dalla vicenda umana, allora è
una tentazione diabolica sotto menI tite spoglie; se invece ci sprona a valle, all’incontro con le multiformi vicende della vita, allora è una esperienza per la quale ringraziare Dio.
1 Occorre discernimento.
Domenico Tomasetto
1 recenti atroci delitti e l'appello del Cec per un decennio contro la violenza
La violenia che coltiviamo
È sempre più urgente che ci impegniamo a tutti i livelli a costruire uno cultura di
pace che nasca dall'ascolto, dal confronto, dall'accettazione del diverso da noi
GIUSEPPE PLATONE
Abbiamo ancora negli occhi e
nella mente le vicende violente
di questi giorni. Dal ragazzino che
taglia la gola alla fidanzatina, alla
caccia cdl’uomo dei naziskin, sino al
duplice omicidio nella villetta di Novi Ligure, dove non mancava materialmente nulla. Questo atroce delitto è diventato l’ultimo di una lunga
serie di parenticidi, aumentati più
del 1.600 per cento negli ultimi
vent’anni (sì, milleseicento per cento, non è un errore di stampa), e iii
genere la causa scatenante sono i
soldi. Un delitto che ha moltiplicato
le interpretazioni di psicologi, psichiatri, sociologi. Può darsi che,
sull’onda dell’emozione generale,
dopo l’incredibile successo di Han
Italia-Vaticano
Limiti di laicità
e sovranità
«L’Italia, un paese a sovranità limitata»; lo afferma il presidente della
Federazione delle chiese evangeliche
in Italia, Gianni Long, di fronte all’iniziativa del cardinale Angelo Sodano, Segretario di stato vaticano,
che ha tenuto delle «consultazioni»
con i leader politici italiani e i loro
programmi per verificarne la «compatibilità con i principi etici» della
Chiesa cattolica. «Gli esami non finiscono mai per i politici italiani - ha
detto Long -. Ora si presenteranno
tutti in fila dall’esaminatore cardinale Sodano che, con la matita rossa e
blu, segnerà gli errori nei loro programmi. La loro accondiscendenza
I stupisce». Per Fon. Valdo Spini, «non
basta che lo stato sia laico, è necessario che anche i partiti approfondiscano la cultura della laicità». (nev)
nibal, qualcuno proponga di farci su
un film. Il gioco morboso di guardare nel buco della serratura nell’intimità disastrata della famiglia italiana fa «audience».
Ma non è con le logiche del Grande Fratello che si possono affrontare
in profondità i problemi delle più
giovani generazioni. Sono proprio i
minori che, più degli altri, pagano il
disagio di una società frantumata,
sconnessa. Il loro stesso linguaggio
antagonista, segno di una sana volontà emancipatrice rispetto alle figure genitoriali (quando ci sono),
spesso scade a pratica autodistruttiva. È difficile uscire senza ferirsi dagli anni dell’adolescenza. A volte le
ferite subite o inferte sono profonde,
irreversibili, drammatiche. Non ci
sono regole certe per risolvere i pro
blemi di conflitti generazionali se
non la pratica del confronto, del dialogo. La forza evocativa della parola
può mettere a fuoco i motivi del
contendere. In particolare, per noi,
la parola evangelica invita più di
ogni altra a mettere a fuoco le domande. Anche quelle profonde, nascoste. Le domande essenziali della
vita. Il guaio ngstro è che sovente
non ci prendiamo il tempo necessario per ascoltare le domemde. Esse ci
sfuggono e così viviamo soprattutto
di risposte preconfezionate, di luoghi
comuni. Sentenze frettolose le nostre, che schiacciano il dissenso, devitalizzano l’antagonismo. Compiamo un immenso sforzo per ricondurre il linguaggio della separazione e
Segue a pag. 7
I Libertà religiosa
Maselli, appello
alla vigilanza
L’on. Domenico Maselli lancia un
appello ai credenti cattolici, agli evangèlici e ai laici affinché vigilino
sui rischi che la libertà religiosa e di
coscienza sia limitata. Gli interventi
vaticani sulla vita politica italiana si
fanno sempre più serrati e segnali
negativi si moltiplicano anche nel
Parlamento. Il presidente della Commissione di controllo sui Servizi segreti, Trattini, ha parlato del pericolo
che le conversioni di italiani all’islamismo preludano ad attività terroristiche. In Commissione Affari costituzionali della Camera un deputato
della Lega Nord ha messo in dubbio
la libertà religiosa, sostenendo che la
diffusione libera di culti acattolici è
lesiva dei diritti della maggioranza.
M Valli valdesi
Acqua minerale
di vai Luserna
L’Italia è il paese che consuma la
maggior quantità di acqua minerale
al mondo, un consumo articolato su
250 marchi di fabbrica. Di questi,
ben cinque fanno capo a una ditta di
Luserna San Giovanni, la Pontevecchio, nota all’origine come Sparea,
che resta il marchio più conosciuto.
Nata nel 1971, la ditta ha mantenuto
il suo carattere di gestione familiare,
pur essendo giunta a contare 60 dipendenti. Il mercato è soprattutto
collocato in Piemonte, e una particolarità è quella che anche le bottiglie
per la linea di confezione in plastica
vengono prodotte sullo stesso territorio lusernese: in questo modo se
ne riducono i costi. La qualità è certificata dal ministero della Sanità.
Domenico Maselli a pag. 11
Apag.ll
L'OPINIONE Mi
PROMOZIONI
VATICANE
Febbraio non ci porta soltanto la festa di libertà del 17, ma anche l’infausto giorno dell’ll che ricorda l’accordo di potere tra un regime desideroso
di legittimazione religiosa e una Chiesa cattolica alla ricerca di privilegi nella società. Il Concordato del 1929 pesa
ancora come un macigno, e la riverniciatura dell’84 lo ha reso per certi versi
più infido. Infatti è sulla base di quella
«reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del paese» fra la Repubblica italiana e la Santa Sede, sottolineata nel primo articolo del testo concordatario, che quest’
anno il Vaticano ha ritenuto di varare
la «dottrina Sodano», secondo la quale, dopo lo spappolamento della grande balena democristiana in tanti balenotteri naviganti nei vari schieramenti, non soltanto i vescovi ma addirittura il «presidente del Consiglio» di uno
stato estero (qual è il cardinale Sodano) deve intervenire direttamente nelI la politica italiana, chiamando a conI sulta i vari leader in lizza per le elezioni. A dispetto della sua pretesa universalità, il Vaticano ritiene che l’Italia
sia una nazione a statuto speciale.
Sodano dice che vuol conoscere bene i programmi degli altri, ma in realtà vuol vedere che cosa dicono sul
suo programma, naturalmente su famiglia, aborto, eutanasia, scuoia libera
(che sarebbe la privata). 1 politici non
hanno fatto una piega; ci sarebbe piaciuto che almeno uno mostrasse un
po’ di spina dorsale e declinasse l’invito, per il semplice motivo che i cari
prelati non hanno più diritto dei cittadini di conoscere i programmi; forse
che gli italiani sono così beceri da accettare i programmi a scatola chiusa?
Il povero Ciampi ha cercato di rimediare in extremis rivendicando la laicità della nostra Costituzione: tutti gli
hanno detto bravo, compreso Sodano
che ha fatto un po’ di retromarcia: non
erano consultazioni, ma colloqui voluti dai politici... Parole: la laicità vive
nei fatti concreti, nella scuola, nella
capacità della politica di avere un’etica
e non solo fame di posti. Brutto spettacolo questi omuncoli in fila per ricevere una legittimazione dai principi
della chiesa! Che abisso tra loro e i nostri contadini analfabeti del ’500 che
andavano a Cavour, dai principi sabaudi, forti solo della loro coscienza e
della fiducia in Dio e riuscivano a farsi
riconoscere il diritto di essere valdesi,
ancorché sudditi di un sovrano cattolico, unici nell’Europa del «cuius regio
eiusque religio»!
Questa è l’Italia di oggi, la «serva
Italia» di Dante: una repubblica che
ha come sovrano un papa perché tutti
lo vedono come titolare dei valori universali, dove il presenzialismo televisivo ha sostituito la discussione democratica. Povera Italia e povero Piemonte, che per festeggiare il suo nuovo cardinale Poletto ha mandato a Roma il sindaco di Torino, la Provincia,
la Regione, consiglieri di destra e sinistra, alla faccia della laicità! Chi avrà
p^ato? E infine una parola per Sodano: «Caro fratello che sbagli, come
mai non spieghi la Bibbia ai giornalisti nel modo giusto e trasformi Matteo
22 sul tributo a Cesare nell’affermazione che voi (Vaticano) il tributo al
Cesare di turno (governo) lo date, ma
volete che anche Cesare (il g¡overno)
dia il dovuto a Dio (cioè a voi Vaticano)?». Gesù, in realtà, voleva dire proprio un’altra cosa.
Marco Rostan
2
PAC. 2 RIFORMA
«'Se parlassi le
lingue degli uomini
e degli angeli, ma
"non gode
dell’ingiustizia, ma
gioisce con la verità;
^soffre ogni cosa,
crede ogni cosa,
spera ogni cosa,
sopporta ogni cosa.
"L’amore non verrà
mai meno. Le
profezie verranno
abolite; le lingue
cesseranno; e la
pienamente, come
anche sono stato
perfettamente
conosciuto. '"Ora
dunque queste tre
cose durano: fede,
speranza, amore;
ma la più grande
di esse è l’amore»
Della
venerdì 2
MARZO 2001
non avessi amore,
sarei un rame
risonante o uno
squillante cembalo.
"Se avessi il dono
di profezia e ‘
conoscessi tutti i
misteri e tutta la
scienza e avessi tutta
la fede in modo da
spostare i monti, ma
non avessi amore,
non sarei nulla.
"Se distribuissi tutti i
miei beni per nutrire
i poveri, se dessi il
mio corpo ad essere
arso, e non avessi
amore, non mi
gioverebbe a niente.
^L’amore è paziente,
è benevolo; l’amore
non invidia; l’amore
non si vanta, non si
gonfia, "non si
comporta in modo
sconveniente, non
cerca il proprio
interesse, non
s’inasprisce, non
addebita il male.
conoscenza verrà
abolita; "poiché noi
conosciamo in parte,
e in parte
profetizziamo;
'°ma quando la
perfezione sarà
venuta, quello che è
solo in parte, sarà
abolito. "Quando
ero bambino,
parlavo da
bambino, pensavo
da bambino,
ragionavo da
bambino; ma
quando sono
diventato uomo, ho
smesso le cose da
bambino. '"Poiché
ora vediamo come
in uno specchio, in
modo oscuro; ma
allora vedremo
faccia a faccia; ora
conosco in parte;
ma allora conoscerò
(I Cor. 13)
IL LIMITE DELLA CONOSCENZA
Accanto al dono della conoscenza l'apostolo Paolo ha posto quello della profezia che
ha a che fare con l'amore. Andare incontro all'amore, questa è la vera ricerca di Dio
GIOVANNA PONS
«p;
lOICHÉ noi conosciamo
in parte, e in parte profetizziamo; ma quando la perfezione sarà venuta, quello che è
solo in parte sarà abolito» (1
Cor. 13, 9-10). Questi due versetti dell’apostolo Paolo, che si
trovano nel contesto dell’inno
all’amore, ci dicono che la conoscenza teologica e la predicazione sono frammentarie e imperfette, destinate quindi ad essere abolite come tutto ciò che è
frammentario e imperfetto. Nel
nostro testo però la frammentarietà della conoscenza non viene contrapposta alla globalità
del sapere, ma alla pienezza dei
tempi, alla promessa del regno
di Dio che viene.
Conoscenza frammentaria
CHE la ricerca teologica sia
frammentaria ce lo dimostrano la molteplicità delle correnti teologiche nel tempo e nella storia e la diversità del metodi
di indagine in esse applicati. La
conoscenza della parola di Dio
procede per tentativi e con incertezze, come del resto la conoscenza in altri ambiti culturali,
per esempio nel campo della filosofia, della storia, della psicologia, della fisica. Oggi possiamo
constatare resistenza di un terreno comune tra la teologia e gli
altri ambiti del sapere perché essi condividono una specificità
emersa all’inizio del ’900; quella
del carattere frammentario della
conoscenza, dei risultati mai definitivi, sempre relativi e provvisori cui essa può approdare.
Infatti i principi dell’indeterminismo, della probabilità e il
criterio di incertezza, emersi
proprio nel campo della fisica,
che era rimasto per lungo tempo
un settore privilegiato di certezze e di oggettività, hanno inciso
profondamente nella cultura
contemporanea: tutto ormai è
diventato scientifico. Anche il
metodo biblico che noi, nella
nostra realtà umana, usiamo in
teologia per incontrare la parola
di Dio nel tessuto complesso e
diverso della storia delle tradizioni e nella diversità dei testi è
scientifico. Se possiamo quindi
dire che la teologia è scientifica
perché ad essa applichiamo metodi scientifici di indagine, dobbiamo però evidenziare la specificità che la distingue dalle altre
discipline. La conoscenza teologica non si fonda infatti sulla ragione umana ma sulla rivelazione di Dio, che vuol farsi conoscere dal mondo che egli ha
creato e che si mette egli stesso
in relazione con l’umanità «perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito
Figlio, affinché chiunque crede
in lui non perisca, ma abbia vita
eterna» (Giov. 3,16).
zia. Uno spazio per la preghiera,
uno spazio per ascoltare quello
che lo Spirito ha da dirci, per
trasmetterlo, anche se in modo
imperfetto e frammentario, mediante la parola e la vita, nella
società in cui viviamo.
Una ricerca
fondata sulla fede
Parola di un testimone
Qualunque sia il vostro lavoro, fatelo bene. Anche se
non figura nella categoria delle cosiddette professioni
importanti, fatelo bene. Come disse il direttore di una
università: «Un uomo dovrebbe fare così bene il suo lavoro che né i vivi né i morti, né i non ancora nati possano
farlo meglio». Se la sorte ha fatto di te uno spazzino,
spazza le strade come Michelangelo dipingeva le sue
opere, come Shakespeare scriveva poesia, come Beethoven componeva musica; spazza le strade così bene che
tutte le moltitudini del cielo e della terra si fermino e dicano: «Qui ha vissuto un grande spazzino, che ha spazzato le strade a meraviglia». Come dice Douglas Mallock:
«Se non riesci ad essere un pino sulla cima della collina,
sii un arbusto nella valle. Ma sii il migliore arbusto sul
fianco della collina. Sii un cespuglio se non riesci ad essere un albero. Se non riesci ad essere una strada sii semplicemente un sentiero. Se non riesci ad essere il sole sii
una stella: non è per la dimensione che vinci o perdi. Sii
il meglio di qualunque cosa tu sia».
Martin Luther King
La ricerca teologica si fonda
sulla fede in quest’evento e
pone la sua speranza nella promessa del regno di Dio, perché
«la fede è certezza di cose che si
sperano, dimostrazione di cose
che non si vedono» (Ebrei 11, 1).
Il suo orientamento è diverso da
quello della scienza perché la
scienza orienta la sua ricerca dal
basso verso l’alto, cercando di
raggiungere una conoscenza
sempre più completa del reale,
mentre la teologia cerca il proprio orientamento nella rivelazione di Dio, una rivelazione
che viene dall’alto, rivolta verso
l’essere umano. 11 nostro cammino di viandanti, di pellegrini
alla ricerca di Dio è scandito
quindi dal limite della nostra conoscenza frammentaria e inadeguata. Ma, mentre nel campo
delle applicazioni scientifiche,
cioè nel campo della tecnica, il
limite è considerato un ostacolo
da superare, in campo teologico
ha un senso del tutto diverso:
non è un ostacolo da superare,
ma uno spazio che si apre perché io possa invocare la presenza dello Spirito Santo, confessare il peccato, accogliere la gra
II tempo dell'attesa
A differenza dei limiti della
scienza, quelli che ci impone lo Spirito del Signore ci indicano la necessità di un nuovo
orientamento al fine di dare un
nuovo senso alla nostra vita. Infatti anche il nostro cammino è
frammentario, in quanto dobbiamo continuamente correggere la nostra rotta, riorientare
la nostra vita, convertire la nostra mente, procedere nel cammino della santificazione per
non perdere di vista il fine. Viviamo nel tempo dell’attesa, un
tempo per creare spazi di riflessione, di relazione, di solidarietà, di riconciliazione, di rispetto, di responsabilità in ogni
campo della vita umana.
Come trasmettere nella società multiculturale nella quale
viviamo, questa esperienza dell’incontro con la parola di Dio,
pur nella mediatezza della ricerca umana, coscienti dei nostri
limiti e dell’inadeguatezza dei
nostri metodi di conoscenza?
Come predicare, non solo con le
parole, ma anche con la vita,
questa esperienza dell’incontro
con lo Spirito del Signore che
viene, nel tempo tra la rivelazione della salvezza in Gesù Cristo
e il compimento della rivelazione nel regno di Dio? Come testimoniare nella società il significato dell’attesa in un tempo in
cui l’economia, la tecnica, la politica, non si pongono il problema del fine che perseguono, ma
crescono sui propri risultati
avendo in vista solo il proprio
potenziamento e la propria crescita? Dobbiamo interrompere
questo ininterrotto flusso verso
l’alto, depotenziando il potere,
creando spazi di riflessione dove possano verificarsi segni di
una nuova storia, individuare
nuovi valori.
Certo noi non possiamo raccontare ciò che avverrà nel regno di Dio, perché non lo sappiamo; è finito il tempo in cui si
era sicuri di poter costruire qui
sulla terra un mondo totalmente
giusto e libero. Però nella nostra
ricerca teologica al seguito di
Gesù Cristo, possiamo cogliere
nella vita di Gesù di Nazareth i
segni del mondo a venire e, fon
dandoci sui doni dello Spirito
del Signore, adoperarci per renderli contemporanei, attualizzandoli nell’ambito in cui esercitiamo la nostra professione.
Spazi di riflessione ve ne sono
già molti nel mondo: essi evidenziano due mondi diversi: un
mondo di cure, conforto e benessere accanto a un immenso
dolore. Chi se ne accorge riorganizza la propria vita: va dove
non si va, vive dove non si vive,
cura dove non si cura, si oppone
con tenacia alla morte. Perché il
mondo è uno, una è la razza
umana, dunque una dovrebbe
essere la sua gioia o la sua sofferenza. Se un essere umano soffre, se una nazione soffre, allora
tutto il mondo soffre. Se la natura muore, allora tutto l’equilibrio umano ed ecologico ne è
turbato, stravolto.
I segni del mondo a venire
PER questo consideriamo come segni del mondo a venire
il movimento per la salvaguardia
del creato, per il rispetto del suolo; il movimento per la pace, per
la riconciliazione, per la non violenza: il pensiero della differenza, quando interpreta la diversità
non più come rapporto tra dominatori e dominati ma come relazione in cui si costruisce e si evidenzia la dignità e la libertà dei
diversi. E anche se oggi vi sono
possibilità tecniche e scientifiche
inaudite di dominare la natura
extraumana e soprattutto di manipolare l’essere umano, possibilità che ci incutono timore e persino paura, non dobbiamo rinunciare ad esprimere il nostro
parere con senso di responsabilità. Accanto al dono della conoscenza l’apostolo Paolo ha posto
quello della profezia: ai profeti e
alle profetesse dell’Antico Testamento Dio chiedeva di aver cura
del suo popolo.
L’idea di cura è insita in ogni
relazione umana significativa, in
particolare nei confronti di persone che si trovano in stato di
vulnerabilità, le persone che Gesù frequentava, amava, guariva,
liberava, salvava. L’aver cura di
qualcuno ha a che fare con l’amore. 11 passo che abbiamo scelto oggi si trova nel contesto dei
doni dello Spirito, quali i doni
della conoscenza e della profezia, doni provvisori e destinati
ad essere aboliti. Ma il dono
dell’amore dura in eterno perché
«Dio è amore». E allora andiamo
incontro all’amore perché questa è la vera ricerca di Dio.
Note
ohiUetiche
. L'apostolo Paolo scrivj
ai'Corinzi l'inno all'amo,
re per liberarli dalla lom
mania di possedere i doni
migliori, cosa che li pone,
va in conflitto gli uni ver-’
so gli altri. Infatti tutti j ,
doni che abbiamo ricevo-f
to da Dio nella nostrai
umanità sono provvisori
e destinati ad essere abo. ;
liti, ad eccezione del do.
no dell'amore.. Questo
Èur
olle
dono che Dio elargisce!
, , - da un p
tutti e il piu umile e il pij a
democratico. L'apostolo! di non £
Paolo esorta quindi i Co- „liere ti
rinzi a non pretendere di ° —*•
considerarsi dei cristiani
eccezionali perché persi,
no i doni della conoscenza e della predicazione
sono provvisori e destinati a finire, in quanto non
sono perfetti, ma solo
parziali e frammentari. Vi
è un'unica perfezione:
l'amore che Dio ci dona
perché possiamo condividerlo con gli esseri umani. Solo ritornando quindi sul piano umano i Corinzi potranno scoprire
che qualsiasi sforzo umano di conoscenza, persi- ;
no quello della parola di ;
Dio è parziale, imperfet- !
to e quindi transitorio. i
Uno degli aspetti più! spirito
rilevanti della scienza del superfii
'900 è stato lo scontro I 2)
con un limite fino allora 1
ad essa ignoto; quello,
della relatività e dell'in-j
certezza della conoscen-i
za. Fino a quel momento I
non era stato così: il sapere scientifico aveva:
sempre offerto sicurezza,
ma con le nuove scoper- ’
te si è imposta una revisione radicale del meto- \
do della scienza. Il sapere i
scientifico odierno è consapevole di non potersi
proporre come un siste-■
ma perfetto di verità in-l
confutabili. In questoi
senso si può quindi dire!
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per questo è inquietante,
a differenza della realtà
complessa in cui operano
i fondamentalismi che
comprendono la «Scrittura» in modo letterale e,
soprattutto, la collegano
a una pretesa di conoscenza assoluta e completa della parola di Dio.
L'atteggiamento dei
Corinzi verso i quali l'apostolo Paolo argomentava è presente ancora
oggi e non solo in campo
teologico. Anche in campo scientifico si percepisce oggi come una sconfitta l'incompletezza del
sapere umano. Si ripresenta quindi anche allo
scienziato il desiderio di
contrapporsi alla propria
limitatezza con la convinzione di potersi spingere
tanto in là quanto vuole,
anche nella consapevolezza che non riuscirà mai
a comprendere tutto.
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Dio non si può vedere, ma la sua presenza è percepibile
Airombra delle ali di Dio
ìun'iinmagine ricorrente nella mente del salmista che si riferisce
alla protezione e alla sicurezza che solo Dio può dare all'uomo
mlvatorerapisarda
Nel guardare un quadro
spesso si-rimane colpiti
da un particolare. Così, di
tonte a un panorama, capita
di non essere in grado di cojliere tutto l’insieme ma di
incentrarsi su di un particolare. Spesso il particolare che
codiamo è quello che incontra il nostro gusto, che colpisce la nostra fantasia, che risponde alle nostre esigenze.
Nella Scrittura si parla delle
ali di Dio. È come se, guardando l’immensità del cielo,
si cogliesse un’ala che passa
veloce, un’ala che occupa tutta la scena e copre il resto
dell’immagine. Dio non può
essere visto in faccia, ma l’ala
che si vede, l’ala grandiosa,
che copre il resto della scena,
è l’ala di Dio. Chi legge la Riveduta 0 la Nuova Riveduta si
imbatte subito in una parola
che allude alle ali di Dio: «E lo
Spirito di Dio aleggiava sulla
superficie delle acque» {Genesi 1,2). Questa traduzione,
che non tutti condividono, ha
il pregio di recuperare l’imipagine del movimento delle
ali a cui farebbe riferimento il
termine ebraico merahephet.
Nella Scrittura si parla delle
alidi Dio come di ali forti,
possenti. Sono come ali d’ai quila, capaci di librarsi in alto
[ e di trasportare i propri piccoI li per metterli in salvo: «Voi
avete visto quello che ho fatto
agli egiziani e come vi ho portato sopra ali d’aquila e vi ho
condotti a me» (Esodo 19, 4);
«Come un’aquila che desta la
sua nidiata, svolazza sopra i
suoi piccini, spiega le sue ali,
li prende e li porta sulle penne» (Deuteronomio 32,11).
Nella mente del salmista ricorre spesso l’immagine delle ali di Dio. Per quanto grandiosa, quell’immagine suggerisce al salmista una realtà a
misura d’uomo: «O Dio, com’
è preziosa la tua benevolenza! Perciò i figli degli uomini
cercano rifugio all’ombra
delle tue ali» (Salmo 36, 7), e
viene percepita in profondità
a misura personale: «Abbi
pietà di me, o Dio, abbi pietà
di me, perché l’anima mia
cerca rifugio in te; e all’ombra delle tue all io mi rifugio
finché sia passato il pericolo»
(Salmo 57, 1). L’ala di Dio è
così rifugio in tempo di calamità, in tempo di pericolo:
«Egli ti coprirà con le sue
penne e sotto le sue ali troverai rifugio. La sua fedeltà ti
sarà scudo e corazza» (Salmo
91, 4), ed è anche motivo di
gioia: «Poiché tu sei stato il
mio aiuto, io esulto all’ombra
delle tue ali» (Salmo 63,7).
L’ala di Dio è l’ala «per me».
Lì, sotto la protezione dell’ala,
il nemico non mi incuterà più
terrore, la malattia non mi
colpirà più. Posso dedicarmi a
curare le mie ferite, a riprendermi dalle mie malattie, a lenire le sofferenze del mio
cuore. All’ombra delle ali di
Dio posso riprendere il gusto
di giocare, di sognare. Come i
bambini che amano crearsi
un mondo a loro misura, giocando sotto un tavolo o sotto
una coperta stesa a mo’ di
tenda, sotto le ali di Dio posso
riappropriarmi della dimensione che il peccato mi ha rubato. Non è una regressione
all’età dell’incoscienza quella
che sperimenterò, ma sarà
l’anticipo di quella redenzione piena e completa in cui
non ci sarà più la morte, in
cui ogni lacrima sarà asciugata, in cui la gioia, il sorriso e la
pace saranno realtà sperimentate e condivise.
Questo perché, come dice
Isaia (31, 5) «Come gli uccelli
spiegano le ali sulla loro nidiata, così il Signore degli
eserciti proteggerà Gerusalemme; la proteggerà, la libererà, la risparmierà, la farà
scampare». Gerusalemme è la
città santa, la città della pace,
la sposa celeste che scende
dal cielo (Apocalisse 21, 9ss).
All’interno delle sue mura,
sotto le ali di Dio, troveranno
redenzione quanti sapranno
ascoltare l’invito del Signore:
«Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi
darò riposo» (Matteo 11,28).
Una festa alla presenza del Signore
L'esempio che ci viene dai Salmi
auì
Le
na,
del
«Con una semplice lettura
occasionale, queste preghiere [i Salmi, ndr] sono per noi
troppo dense di pensiero e
troppo forti, così che ci è poi
felcile rivolgerci a nutrimenti
più semplici. Ma chi ha cominciato a pregare col Salterio in modo serio e regolare
abbandonerà presto le altre
piccole preghiere facili, particolari e pie e dirà: non certo
in queste vi è la forza, il vigore, la violenza e il fuoco che
trovo nel Salterio. Queste piccole preghiere mi sembrano
troppo fredde e troppo prive
di sentimento».
(dalla Prefazione al Salterio
di Martin Lutero, 1531 in Prefazioni alla Bibbia, Genova,
Marietti, 1987)
«Molti cristiani sono sorpresi di trovare con tanta frequenza quando pregano coi
salmi, la domanda, per una
vita felice. Presi dall’idea della croce di Cristo, molti pensano, infatti, che la vita e le
benedizioni visibili e terrene
di Dio siano già per se stesse
un bene ambiguo o per lo
meno da non desiderare. Per
questo essi ritengono che le
preghiere del Salterio che
chiedono questi doni rappresentino uno stadio elementare e imperfetto della pietà
dell’Antico Testamento superato dal Nuovo Testamento.
Ma con questo essi vogliono
essère più spirituali di Dio
stesso. La preghiera per il paté,quotidiano... fa parte ne®!toiamente della preghiersiibe si rivolge a Dio, creator^etonsolatore di questa vila-. Se egli ci dona delle preBhiere terrene è perché possiamo meglio conoscerlo, lo*!®lo, amarlo».
‘i^da Pregare i salmi con Cri■;^di D. Bonhoeffer, Brescia,
..'Queriniana 19'78, pp. 53-54)
§*®e potessimo percepire,
^ti l’aiuto di un potente ster^fono, tutti i suoni costanti
mndamentali delle voci umate e delle disposizioni d’anihjh, sia quelle che vengono
ulsinvoltamente tralasciate
New York
sia quelle che vergognosamente vengono nascoste nel
profondo del cuore, ne risulterebbe esattamente la scala
delle oscillazioni psichiche e
delle testimonianze linguistiche abbracciate dal salmo,
insuperabile espressione dell’uomo nella sua struttura
fondamentale. Dovunque
piazzassimo il nostro stereofono, a casa nostra 0 nel
Vietnam, a New York 0 a Mosca, a Berlino o nel Congo,
ovunque riceveremmo gli
stessi toni: sospiri e grida, lamenti e accuse, sorrisi e giubili, in un confuso reciproco
compenetrarsi».
(da Sui Salmi di G. Ebeling,
Brescia, Queriniana, 73, p. 47)
«Dio custodisce il suo fedele come “pupilla” degli occhi
(Salmo 17, 8), in un riflesso
spontaneo d’amore, con una
tenerezza e una delicatezza
che è implicita nella delicatezza e nella preziosità stessa
dell’organo. (...) In questa linea si muove anche il secondo simbolo del v. 8, quello
dell’ombra delle ali. L’immagine ha come suo archetipo
probabile l’aquila 0 la chioccia che stende le ali a protezione della sua nidiata. E con
questo valore generale di protezione premurosa e istintiva
l’immagine è entrata nel salterio, che è l’unico libro della
Bibbia a possedere ampia
mente il simbolo con questo
significato. (...) Come scriveva nel suo Journal Raìssa Maritain, “quest’umile creatura
diventa una viva immagine
della commovente misericordia del nostro Dio ”. (...) Tuttavia l’arca coperta dalle ali
dei cherubini ci riporta alla
concretezza del tempio. È là
che il fedele esperimenta concretamente la protezione affettuosa di Dio, è là che il diritto d’asilo assicura legalmente difesa e salvezza. Nel
salterio assistiamo, perciò, a
questa interazione tra spiritualità e liturgia, tra mistica e
vita sociale e quotidiana, tra
specificità dell’ebraismo e
apertura a contributi e a intuizioni offerti dall’intera
umanità che cerca Dio».
(dal commento al Salmo 27
di G. Ravasi, Il libro dei salmi,
1 voi. p. 310).
«Le ali di Dio» è un’espressione che, con un linguaggio
non metaforico, serve anche
ad indicare un luogo preciso.
Quando il salmista, nel Salmo 61, 4, dice: «Abiterò nella
tua tenda per sempre, mi riparerò all’ombra delle tue
ali», egli allude al santuario di
Gerusalemme e, più precisamente, al luogo santissimo
del tempio. Lì si ha la percezione visiva delle ali: i cherubini che sovrastano l’arca
hanno le ali spiegate in modo
da coprire il «propiziatorio»,
il coperchio dell’arca (Esodo
25, 20). Con le loro ali i cherubini riempiono tutta la
stanza (1 Re 6, 27), così che
chiunque entra nel luogo
santissimo è sovrastato dalle
loro ali. Stare, dunque, sotto
le ali, le ali così intimamente
connesse alla presenza di
Dio, significa stare nel luogo
più santo, il luogo «santissimo» appunto. È come stare
sull’arca del patto; stare là
dove la comunione con Dio è
la più intensa, dove comunione significa essere immersi in un’atmosfera che fa respirare la presenza di Dio.
Soltanto il sommo sacerdote, una volta l’anno, nel
giorno dell’espiazione, ha
accesso al luogo santissimo
(Levitico 16, 34; Ebrei 9, 7); lì
può vedere le ali dei cherubini, guardare l’arca del patto e con ciò può avvertire di
trovarsi alla presenza di Dio.
Il salmista che vuole, che
spera, di abitare per sempre
nella tenda di Dio, protetto
dalle ali di Dio, è un credente che vuole trasformare la
festa (lell’espiazione, lo yom
kippur, in una festa che dura
365 giorni. Egli fa di tutto
l’anno una festa da vivere alla presenza del Signore.
Questo è il suo sogno, la sua
preghiera, come è espressa
con le parole del Salmo 27,4:
«Una cosa ho chiesto al Signore, e quella ricerco: abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza
del Signore, e meditare nel
suo tempio». Qui ascoltiamo
una preghiera ardita, se confrontata con quella meno
pretenziosa del Salmo 84,10;
«Un giorno nei tuoi cortili
vai più che 1.000 altrove. Io
preferirei stare sulla soglia
della casa del mio Dio, che
abitare nelle tende degli empi». Ma i salmisti guardano
alla possibilità di dimorare
nella casa del Signore come
a una realtà concreta, anche
se futura o escatologica. La
conclusione del noto salmo
23; «Certo, beni e benignità
mi accompagneranno tutti i
giorni della mia vita; ed io
abiterò nella casa del Signore
per lunghi giorni», ci offre un
ulteriore esempio di quella
certezza nella fede per cui la
dimora nella casa del Signore è il coronamento del sogno della vita della persona
che crede. Nel raggiungere
quella meta si sperimenta la
salvezza di Dio, quella promessa che ha guidato il popolo, le persone credenti, in
Palestina e nella dispersione
della diaspora, attraverso le
prove della vita.
La preghiera dei salmisti
non è una preghiera «normale», una preghiera a cui
molti direbbero un amen, un
sì, convinto. Anelare a stare
sotto le ali di Dio non è
un’aspirazione naturale. Soltanto le persone che credono, che amano Dio, che conoscono Dio, possono avere
quella aspirazione.
Per le altre persone la china non conduce in alto, al
tempio di Gerusalemme,
bensì in basso, lontano dalla
presenza di Dio. È per questo che Gesù dovrà dire; «Gerusalemme, Gerusalemme,
che uccidi i profeti e lapidi
quelli che ti sono mandati,
quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la
chioccia raccoghe i suoi pulcini sotto le ali; e voi non
avete voluto!» (Matteo 23, 37;
Luca 13, 34). Al di là del rammarico, nelle parole di Gesù
ritroviamo la ferma volontà
di Dio, di Dio in Cristo, che
vuole raccogliere i suoi figli,
le sue creature, sotto le sue
ali, per dar loro protezione,
per stabilire una comunione
costruttiva e di lunga durata.
Nelle parole di Gesù si incontra, dunque, il progetto
salvifico di Dio e l’aspirazione fiduciosa del salmista. In
Gesù troviamo il luogo in cui
vivere sotto le ali di Dio, alla
presenza di Dio, in piena comunione con Dio. Gesù è il
luogo santissimo, è l’arca del
patto, del nuovo patto. Come persone credenti possiamo anelare a stare nel luogo
santissimo, ma più che questo prendiamo atto che il
santo di Dio (Giovanni 6, 69)
è venuto in mezzo a noi. Egli
ci chiama, ci invita e si fa
trovare, (s.r.)
La preghiera
nel racconto degli scrittori
«Ogni poche settimane aveva degli attacchi di convulsioni e l’unico modo per rianimarlo era di mettergli una
chiave nel pugno serrato, recitando le parole; Non temerai terrore notturno, né saetta
che vola di giorno... Cadono
al tuo fianco mille e diecimila
alla tua destra, a te non si accosterà».
(tratto da Vecchio amore di I.
B. Singer, Milano 1980, p. 123)
«Sì, noi, i forzati, saremo
uomini sotterranei, privati
della libertà, tenuti a catena,
ma nel nostro dolore risusciteremo alla gioia senza la
quale l’uomo non può vivere, né Dio può esistere, perché è lui che dona la gioia, è
quello il suo grande privilegio. Signore, che l’uomo si
consumi in preghiera. Un
forzato non può vivere senza
Dio, ancor meno di un uomo
libero. E allora, noi uomini
di sotterra, dalle viscere della
terra faremo salire un tragico
inno al Dio della gioia. Viva
Dio e la sua divina gioia. Io
l’amo».
(tratto da I fratelli Karamazov di F. Dostoevskij citato da
G. Ravasi, Il libro dei Salmi,
II voi. p. 723)
«Quando il demone dello
scoramento ci assale, dividiamo in due la nostra anima: a
una parte attribuiamo il
compito di consolatore, all’altra quello di chi viene
consolato. Gettiamo il seme
della speranza in noi, cantando il Salmo di Davide; “Perché sei triste anima mia? Perché mi dai turbamento? Spera in Dio, lo voglio ringraziare, è il salvatore del mio volto" (Salmo 42, 5)».
(Abba Evagrio il Monaco, IV
secolo, citato da G. Ravasi II
libro dei Salmi, I Voi. p. 755).
Una testimonianza
di fedeltà assoluta
Da Yossel Rackover riceviamo una testimonianza di assoluta, quasi ostinata, fedeltà
a Dio anche quando il suo
volto è nascosto, anche quando le sue ali non sembrano
dare alcuna accoglienza. Estrema resistenza! Quanto un
racconto così può interrogare
e anche incoraggiare la nostra
fragile fede! (a.m.)
«Ho seguito Dio anche
quando mi ha separato da lui.
Ho compiuto i suoi comandamenti anche quando, in risposta, mi ha colpito. L’ho
amato. Ero e resto innamorato di lui. Anche se mi ha rigettato a terra, torturato a morte.
Il mio rabbino mi ha spesso
raccontato la storia di un
ebreo sfuggito con la moglie e
il figlio all’Inquisizione spagnola. Era arrivato su una
piccola barca sballottata dal
mare in tempesta, in prossimità di un’isola pietrosa. Ma
un fulmine colpì la moglie e
un’onda trascinò il bambino
in mare. Solo, nudo, disperato, flagellato dalla tempesta,
spaventato dai tuoni e dai fulmini, i capelli al vento e le
mani levate verso Dio, l’ebreo
si mise a errare sulle rocce
dell’isola deserta dicendo:
Dio d’Israele, sono finito qui
per poterti servire liberamente, per compiere i tuoi comandamenti e santificare il
tuo nome. Ma tu hai fatto di
tutto perché io non creda più
in te. Potevi pensare di riuscire a tagliarmi la strada? Bene,
te lo dico io, mio Dio e Dio
dei miei padri; no! Non ci riuscirai. Puoi colpirmi. Puoi
prendere i miei beni e quel
che mi è più caro al mondo.
Puoi torturarmi a morte. Crederò sempre In te. Ti amerò
sempre, tuo malgrado».
(tratto dal voi. II de II libro dei
Salmi di Gianfranco Ravasi,
Edb, Bologna, 1985, p. 516)
4
PAG. 4 RIFORMA
Ecumene
venerdì 2 MAKOa, ^erdì
Il libro di David Bosch, «Transforming Mission», ora tradotto dalla Queriniana
Chi trasforma chi nella missione?
Oggi i parametri illuministi della missione sono sorpassati Abbiamo bisogno di rileggere e
attualizzare la parabola paolina del corpo in cui tutte le membra soffrono se soffre una di esse
ELISABEnARIBr
T A missione è innan^>J_jZÌtutto “Missione di
Dio”, comunicazione a tutti
gli esseri umani dell’amore
del Padre, tale come Gesù
Cristo lo ha manifestato nella
sua attenzione rivolta ai più
piccoli, nella forza e nella comunione con lo Spirito Santo. Questo compito di testimonianza è affidato a tutta la
chiesa. Questa non si può più
considerare come al di sopra
dell’umanità, ma come una
chiesa con gli altri. Una chiesa in dispersione e in riunione nel mondo, che suscita in
ogni luogo delle comunità
cristiane contestualizzate».
Con queste parole si conclude la prefazione della traduzione francese del libro di
David Bosch, Transforming
Mission, dalla metà del 2000 a
disposizione in traduzione
italiana edita dalla Queriniana con il titolo La trasformazione della missione. Mutamenti di paradigma in missiologia. L’autore, noto nell’ambiente degli studi missiologici e prematuramente
scomparso nel 1992 in Sud
Africa per un incidente stradale, era considerato un «uomo ponte» tra le differenti
realtà cristiane nel pianeta.
Formatosi in Europa, lavorò
per anni all’università del Sud
Africa, da cui partiva spesso
per tour di corsi e conferenze
in tutto il pianeta. La trasformazione della Missione è
strutturato in tre blocchi; una
prima parte teologica, una
storica e la terza propositiva.
Modelli di missione
neotestamentari
David Bosch inizia proponendo una lettura in chiave
missiologica degli Evangeli di
Matteo e Luca, il libro degli
Atti e alcuni testi paolini. Da
ognuno di questi gruppi di
testi Bosch estrae un «paradigma» di missione. Da Matteo si desume l’immagine di
una missione diretta a tutti,
non solo al mondo ebraico o
giudeo-cristiano, in cui il credente è accompagnato nella
sua testimonianza da un Cristo resuscitato e sempre presente al fianco dei discepoli.
La missione di Matteo è una
missione attenta anche agli
aspetti pratici, concreti e non
solo teologici, il luogo in cui il
cristiano trova la sua ragion
d’essere, attraverso il lavoro
per le altre persone (p. 123).
Da Luca e Atti si riceve il
suggerimento a leggere la
missione come messa in pratica del perdono e solidarietà
con i poveri. Nella teologia
lucana, la missione verso gli
ebrei e quella verso le genti
sono interdipendenti, e animate dallo Spirito. Essa ha
una dimensione sociale e
storica molto rilevante: la
lotta per la pace, per la giustizia sociale e politica sono
parte integrante e irrinunciabile della testimonianza stessa, con un’attenzione anche
all’aspetto ecclesiologico
dell’essere chiesa.
Importante la sezione del
testo dedicata a Paolo: nella
figura dell’apostolo si legge
una certa coincidenza tra il
teologo e il missiologo: da un
lato l’attenzione a «fare teologia» e dall’altra quella a sottolineare quale o quali siano i
motivi e i modi di vita della
chiesa nel mondo. Leggendo
Paolo è forse più evidente come le sue riflessioni siano più
contestualizzate, legate a chi
e a che cosa l’apostolo volesse comunicare. Eppure, «per
quanto importante, la chiesa
non è, per Paolo, lo scopo ultimo della missione. La vita e
l’opera della comunità cristiana sono intimamente legate al disegno cosmico-storico di Dio per la redenzione
del mondo» (p. 253).
Paradigmi storici
della missione
La parte storico-sociologica si apre con la presentazione della teoria dei paradigmi
di Thomas Kuhn, chiave di
lettura di tutto il testo: Kuhn
sostiene che la scienza non
cresca «accumulando», ma
con rivoluzioni. Da un paradigma all’altro quello che
cambia è il modo di vedere le
cose, quello che in lessico
teologico chiamiamo «weltanschaung». Kuhn osserva
in particolare il mondo scientifico ed è ad esso che applica la teoria dei paradigmi;
quando un paradigma inizia
a decadere se ne notano le
incongruenze, e si inizia a
cercare un altro insieme di
modi di vedere e interpretare
la realtà, per interagire con
essa in un altro modo.
Ci si trova così, per usare
un’immagine efficace, a giocare gli uni a scacchi e gli altri a dama sulla stessa scacchiera (p. 262). Certo, anche
Bosch sottolinea come applicando alla teologia questo
schema non tutte le osservazioni siano valide: «Nella teologia, i “vecchi” paradigmi
possono sopravvivere» (p.
263), a volte coesistere nella
stessa confessione cristiana
fianco a fianco con nuovi paradigmi. Tutto sta, suggerisce
Bosch, nello sforzarsi di mantenere una certa distanza critica dalla nostra concezione
di «rivelazione».
È chiaro che «per il cristiano... un mutamento di paradigma può essere compiuto
soltanto sulla base del vangelo e a causa del vangelo» (p.
265), ma mantenendo questa
come salda premessa riméme
il fatto che «la chiesa cristiana deve funzionare come
una “comunità ermeneutica
internazionale”, in cui i cristiani provenienti da contesti
differenti mettono in discussione i rispettivi pregiudizi
culturali, sociali e ideologici.
Ciò presuppone però che vediamo nei nostri fratelli cristiani non dei rivali o degli
avversari, ma dei partner,
anche se possiamo essere
appassionatamente convinti
che le loro concezioni hanno
bisogno di importanti correzioni» (p. 266).
A questa premessa segue
una serie di presentazioni
critiche dei diversi paradigmi
missionari storici: della Chiesa orientale, di quella romano-cattolica medievale, della
Riforma protestante, dell’llluminismo. Oggi viviamo il
tramonto del paradigma illuminista e di quello postmoderno. Ci si è resi conto di
quanto alcuni dei parametri
illuministi siano sorpassati, a
partire dal ruolo della razionalità nel mondo «postmoderno», come lo definisce
l’autore. Abbiàmo bisogno di
recuperare fiducia, di recuperare la consapevolezza
dell’interdipendenza di chi
vive sul pianeta, di rileggere e
attualizzare la parabola paolina del corpo, in cui tutte le
membra soffrono se soffre
una di esse. «La “psicologia
della separatezza” deve cedere il passo a una “epistemologia della partecipazione”. La
“generazione dell’io” deve
cedere il posto alla “generazione del noi”. La ragione
“strumentale” dell’Illuminismo deve essere integrata
dalla ragione "comunicativa”, poiché l’esistenza umana è per definizione esistenza
intersoggettiva» (p. 502).
Dove va la missione?
Da queste riflessioni, unite
a una rapida analisi della situazione del dialogo Intercristiano odierno, nascono degli
«elementi di un emergente
paradigma missionario ecumenico». Questa è la parte
propositiva e provocatrice
dell’opera: gli elementi in
questione sono 13 concetti di
missione su cui riflettere e
costruire: chiesa con gli altri,
«missio Dei», mediazione
della salvezza, ricerca della
giustizia, evangelizzazione,
contestualizzazione, liberazione, inculturazione, testimonianza comune, ministero di tutto il popolo di Dio,
testimonianza ai membri di
altre fedi vive, teologia, azione nella speranza.
Concludendo, Bosch richiama l’attenzione sui «grandi “eventi salvifici”» neotestamentari, da usare come
riferimenti per costruire la
missione oggi: l’incarnazione, la croce, la resurrezione,
l’ascensione, la Pentecoste e
la parusia. Questi sono i temi,
i semi da cui far nascere un
nuovo paradigma di missione. «Trasformazione della
missione vuol dire sia che la
missione deve essere concepita come un’attività che trasforma la realtà, sia che vi è
un’esigenza costante che la
missione stessa venga trasformata» (p. 705). Dove va la
missione? Questa la domanda che chiude il testo. A noi
di riflettere e lavorare per dare delle risposte.
Lo ha affermato il prete ortodosso Georges Tsetsis a Potsdam
Non tutti gli ortodossi sono conservatori
«1 problemi» esistenti all’
interno del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) non
sono una questione di divergenze tra chiese membro ortodosse e le altre bensì tra
conservatori e liberali, qualunque sia la chiesa. Questa
la constatazione fatta da
Georges Tsetsis, prete ortodosso rappresentante del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, durante la riunione del Comitato centrale
del Cec a Potsdam.
Tsetsis ha fatto questa dichiarazione nel corso di un
breve dibattito circa la Commissione speciale sulla partecipazione degli ortodossi al
Cec. Ha respinto quello che è
diventato uno stereotipo
quando si tratta dei problemi
del Cec, vale a dire che esiste
una profonda divisione tra,
da un lato, i membri protestanti maggioritari, la maggior parte dei quali hanno
una teologia e una pratica liberali e, dall’altro, le chiese
ortodosse minoritarie conservatrici. Durante la riunione del Comitato centrale, tale visuale si è ulteriormente
rafforzata, soprattutto dopo
la dichiarazione di un membro della Chiesa ortodossa
russa che ha lasciato intendere che la sua chiesa avrebbe lasciato il Cec qualora
non fossero state intraprese
riforme sostanziose per rafforzare l’influenza dei membri ortodossi alTinterno
dell’organizzazione.
Tutte le chiese membro ortodosse del Cec sono critiche
nei confronti del Cec ma
molte di loro sono più moderate della Chiesa ortodossa
russa la quale comprende
una fazione ultraconservatrice. «La volontà degli ortodossi è di rimanere qui, di lavorare insieme per rimodellare
il Consiglio», ha affermato
Georges Tsetsis, prendendo
apparentemente le distanze
dalle richieste più intransigenti della chiesa russa. A
dottando il «metodo del consenso», ha detto, anziché
quello del voto a maggioranza, per la maggior parte delle
decisioni, il Cec diventerebbe «la voce profetica» di tutte
le 342 chiese membro e non
solo della maggioranza che
ottiene più voti.
In uno sforzo per promuovere la comprensione tra le
chiese membro, il Comitato
centrale ha proposto di esaminare la possibilità di organizzare una prossima sessione in «un contesto ortodos
Premio Niwano a padre Elias Chacour;
Un prete galileo che predicai
attraverso l'educazione
Uri
Il XVIII Premio Niwano è
stato assegnato a Elias Chacour, un prete cattolico palestinese della Galilea. Riferendosi alle scuole che Elias
Chacour ha istituito e nelle
quali giovani ebrei, musulmani e cristiani studiano insieme, la Fondazione Niwano
ha espresso «la sua grande
stima per la sua capacità di
predicare attraverso l’educazione». Elias Chacour, che
nel 1994 ha ottenuto il Premio metodista della pace, è
un ardente difensore della
pace e della giustizia in Terra
Santa. Predicatore dal messaggio chiaro, egli è sempre
accolto calorosamente dai
cristiani di tutto il mondo. Ha
scritto numerose opere e il
suo libro Blood Brothers
(Fratelli di sangue) è stato
tradotto in 28 lingue.
Nel 1996, parlando davanti
ai 2.700 partecipanti alla
Conferenza metodista mondiale a Rio de Janeiro, Chacour disse che la Terra Santa
si stava svuotando dei suoi
abitanti cristiani e che quelli
che restavano erano impotenti e senza voce. Criticò i
turisti cristiani che vanno a
visitare la Terra Santa ma
non incontrano i cristiani del
Paese. «Le pietre viventi sono
più importanti dei luoghi
santi», disse. «1 viaggiatori
vengono per vedere la sabbia
e le pietre ma non vogliono
condivedere la loro fede con i
loro fratelli e sorelle». Ricordò inoltre che Dio non appartiene solo ai cristiani o ad
una comunità in particolare.
«Dio non è un Dio tribale.
Non essendo tribale, Dio non
può più essere il Dio d’Isreale
o della Chiesa oppure del cristianesimo. Non abbiamo il
monopolio di Dio o dello Spirito Santo».
In un comunicato pubblicato il 19 febbraio scorso per
spiegare la scelta di Elias Chacour, la Fondazione Niwano
ha posto l’accento sul «suo
impegno instancabile, da oltre 30 anni, a favore della riconciliazione degli Ebrei e dei
Palestinesi in Israele. In particolare, l’istituto Mar Elias,
che padre Chacour ha creato,
è servito allo sviluppo della
comprensione reciproca tra i
giovani di religioni e di origini
diverse... È una persona capace di proiettare una luce autorevole sul difficile problema
dei rapporti tra Israele e i palestinesi».
La dichiarazione sottolinea
che Elias Chacour subì la
persecuzione quando, all’eij
di otto anni, negli anni ’4}
vide i suoi genitori cacciaj
via dal loro villaggio, Birai»
in Alta Galilea, dopo l’arriv,
degli immigrati ebrei. Quejj
ultimi hanno poi assuntoi
suoi genitori per raccoglijt,
fichi e olive su quella che en
la loro terra. «Coloro chi,
hanno subito la persecuziou,,
possono essere amari e rasse.;
gnarsi a seguire il corso deli
vendetta violenta», fa notati!
la Fondazione Niwano. «Mj,;
non fu questa la via sceltahn
padre Chacour. Gli stessi e.
brei erano stati vittime di tei.'
ribili persecuzioni da parti]
della Germania nazista. Anzi.'
ché rispondere alla violeim
con la violenza, padre Cha
cour ha scelto di romperei
ciclo della violenza, della diifidenza e dell’odio brutale». ]
Il Premio della pace Niwa-j
no viene assegnato a personi]
e organizzazioni che hanni
svolto un ruolo importanti
nella promozione della pace
e della cooperazione intere
ligiosa. Circa 1.000 personee
organizzazioni delle grandi
religioni mondiali in 125 paesi sono state invitate a proporre candidati al Premici
quale è stato assegnato daui
comitato di sette membri
comprendente rappresentanti buddisti, cristiani e musulmani. Fra i premiati di
questi ultimi anni troviamo
Philippe Potter, già segretario
generale del Consiglio ecumenico delle chiese, il Congresso musulmano mondiali
e la Comunità Corrymeela ir
Irlanda del Nord.
La Fondazione è stata isti!
tuita da Nikkyo Niwano, morto nel 1999 aill’età di 92 ami
Niwano aveva iniziato la propria vita professionale comi;
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venditore ambulante e lattaio,, incQjg,
prima di diventare un brillan-;
te avvocato della pace, dellij yaldes'
comprensione e del dialogo] ngjiai
interreligiosi. Nel 1938, fondò; gijgdg
«Rissko Kosei-Kai», im’orga-| jujpig
nizzazione laica buddista cht; 200 g;
incoraggia la cooperaziont 2001.1
religiosa, la giustizia sociale, gjjgj-g
la pace mondiale e la perfe- ¿gj^j,
zinne individuale, secondo
l’insegnamento di Budda.
All’inizio l’organizzazione
aveva 30 membri ed occupava un ufficio di due stanze
situato sopra la latteria. Ora
Sant’A
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offerte
la Pro
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è una rete mondiale di scuo- tgjg^ j
le, ospedali ed altre attiviti Yìnce
e conta oltre 5 milioni di
membri. È la più grande or- ¡ggjjjj
ganizzazione laica buddista gf
nel mondo. feniì ggjQjjj
L’is
so», in un paese a maggioranza ortodossa. Tsetsis ha
detto di appoggiare questo
progetto ma «con una certa
esitazione», facendo notare
che in «due o tre» paesi a
maggioranza ortodossa che
hanno le infrastrutture e le
capacità necessarie per accogliere una riunione del Comitato centrale, esistono gruppi
di pressione fortemente «antiecumenici» che potrebbero
creare difficoltà. Ceni)
Padre Elias Chacour fra i suoi allievi del collegio Mar Elias a ibilb"'
in Aita Gaiiiea (Foto C. Boisseaux-Chical-La vi®
5
venerdì 2 MARZO 2001
PAG. 5 RIFORMA
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Il parere di alcuni giovani ebrei sulla «Giornata» celebrata lo scorso 27 gennaio
Non deflette Tobbligo della memoria
Il ricordo serve a cementare l'identità, anche quella collettiva. Negli esponenti dell'ultima
generazione questo imperativo resta forte e cresce anche la voglia di partecipare
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La questione è sempre
quella della memoria. Ed
è una questione fondamentale, nel senso che sta a fondamento dell’identità: ricordare per capire chi siamo.
Non ci si stupisce allora delle
paróle dello storico tedesco
Dan Diner, quando dice che
laShoà è l’atto costitutivo
della nuova Europa, sottolineando così la necessità di
ripartire da lì, dalla terribile
frattura della persecuzione,
deportazione e sterminio degli ebrei durante la 11 guerra
mondiale, per ricostruire una
storia comune.
È anche questo il senso del
«Giorno della memoria» che
il Parlamento italiano ha approvato all’unanimità con la
legge Colombo-De Luca del 5
luglio 2000: ricordare, come
ha detto l’on. Furio Colombo,
promotore della legge, che la
Shoà è anche un delitto italiano e che all’unanimità furono votate anche le leggi
razziali nel ’38. Un giorno, il
27 gennaio, e una legge che
sono un simbolo, che vogliono essere un tentativo di portare il testimone di un pezzo
di storia italiana recente e
scandaloso: nelle scuole soprattutto, perché una memoria controversa non si risolva
nella dimenticanza.
I giovani ebrei italiani sono
soddisfatti dell’iniziativa, ma
attenti agli sviluppi: «Abbiamo partecipato alla presentazione della legge, in una
scuola romana, alla presenza
delle istituzioni - racconta
Chiara Segre, torinese, consigliera della Ugei, l’Unione
giovani ebrei italiani - l’occasione era importante, ma
l’impressione è che non abbiano lasciato spazio ai ragazzi, che invece dovrebbero
essere i veri destinatari di
questo giorno della memoria». Sempre a Roma, al museo della Liberazione di via
Tasso (durante la guerra sede
di una famigerata prigione
nazista) è stata aperta una
nuova sala sulla storia degli
ebrei e per il 27 gennaio è
stata presentata la parte che
riguarda gli ebrei romani del
video della «Shoà Foundation» del regista Steven Spielberg. «Si è presentato, non
invitato, Maurizio Gasparri di
An, subito contestato dai presenti - racconta Serena Di
Nepr, romana, ex consigliera
dell’Ugei è stato un segnale
che è un po’ presto per parlare di un’awenuta riconciliazione delle memorie».
Quanto incide la Shoà nella vita dei giovani ebrei?
«Moltissimo, perché è la tua
storia, e per di più riguarda i
nonni, i genitori - spiega ancora Chiara Segre gli ebrei
sono ossessionati dalla memoria, la Shoà è sempre al
centro dell’attenzione, è il
legame che tiene stretto agli
altri anche l’ebreo non praticante. All’Ugei non ne discutiamo perché non abbiamo
bisogno di ricordarcelo, però
sentiamo quest’angoscia che
si perda col tempo il ricordo
di quel che è stato».
«Come sei venuto al mondo? Che cosa ha permesso
che tu nascessi? Dov’erano i
tuoi il 16 ottobre, al momento della deportazione del
ghetto? Sono cose che i ragazzi ebrei finiscono sempre
per chiedersi - racconta Serena Di Nepi - La Shoà ha determinato concretamente il
fatto che sono viva; e noi tutti
siamo vivi per un caso, perché quel giorno i nostri nonni
non erano a Roma, oppure
it • ; Montalto Uffugo: un concorso per nuove ricerche
studiare ia fine dei valdesi di Calabria
CESARE MILANESCHI
L' »ACCADEMIA degli «InI culti» di Montalto Uffugo
(Cosenza) ha istituito un premio a scadenza biennale per
incoraggiare la ricerca e la divulgazione sulle vicende dei
valdesi di Calabria. 11 termine
per la presentazione dei testi,
che devono essere inediti e di
ampiezza non superiore alle
200 cartelle, è il 31 marzo
2001.11 recapito a cui devono
essere inviati i testi è: Accademia degli «Inculti», via
Sant’Antonio 4, 87046 Montalto Uffugo: telefono 0984932080. All’iniziativa hanno
offerto la loro collaborazione
la Provincia di Cosenza e i
Comuni di Guardia Piemontese, Montalto Uffugo e San
Vincenzo La Costa, cioè le
amministrazioni civili delle
località in cui nei secoli XlllXV si insediarono gli antichi
coloni valdesi.
L’istituzione del premio
coincide con la scadenza del
IV centenario di vita dell’Accademia, che fu fondata nel
1601 dal carmelitano Pietro
Paolo Antonio Foscarini, un
umanista conosciuto soprattutto come matematico e
astronomo.
L’attuale presidente della
Accademia, Luciano Romeo,
quest’anno vuole ricordare
Paolo Foscarini sia attraverso
l’istituzione del premio biennale sui valdesi di Calabria
sia attraverso un convegno
sulla figura dell’umanista,
che si terrà nel prossimo dicembre. Nel frattempo è da
rilevare il valore dell’incoraggiamento per studiosi appassionati anche delle piccole
storie locali, che dietro le più
conosciute stragi di Guardia
Piemontese e di Montalto Uffugo vogliano indagare e riflettere anche su aspetti minori, ma ancora inediti delle
stesse, e soprattutto sulla sorte dei sopravvissuti.
a Ibillf;
il-La Vi«l
Formazione Teologica a Distanza
Facoltà valdese di teologia - via P. Cessa 42, 00193 Roma
Seminano locale a Roma
SEMINARIO SULL’ETICA
Centro evangelico di cultura
Facoltà valdese di teologia
5 incontri: martedì, dalle ore 18 alle ore 20, aula magna
Facoltà valdese di teologia
12 ttiarzo
■«t
e
L'ABC dell’etica, una introduzione
prof. Sergio Rostagno
Come cambia la famiglia. Una nuova etica
della convivenza!
doti. Carla Colicelli, ricercatrice Censis
con; past. Maria Bonafede, Simonpietro Marchese,
Giorgio Rainelli, Refe
Un’etica dei limiti: l’inizio della vita
doti. Caterina Botti
con: prof. Sergio Rostagno, dott. Pietro Comha
(Istituto superiore della sanità)
L’etica e la Bibbia
proff. Daniele Garrone e Yann Redalié
^FORMAZIONI: 06-3207049
il seminario è aperto a tutti gli interessati
20 ni
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Se infatti sulle stragi è già
stato indagato e scritto in una
certa quantità di testi (basti
ricordare fra gli altri i testi di
Enzo Stancati e l’ultimo della
serie, ii volume di Pierroberto
Scaramella L’inquisizione romana e i valdesi di Calabria,
Napoli, 1999), molto è ancora
da scoprire e da dire sui vaidesi sopravvissuti di Guardia
Piemontese e Montalto Uffugo e sui loro discendenti. Sarà
certamente un impegno fruttuoso, indagare sulla ricattolicizzazione, mai del tutto riuscita, dei valdesi rimasti nelle
località citate.
Perché, per esempio, i domenicani di Calabria del secolo XVII applicavano un regime di rigoroso controllo
personale e culturale sugli
studenti di teologia, secondo
quanto si rileva dalle Istitutiones pro Provincia Calabriae che nel corso del secolo
conobbero ben sei diverse
edizioni? Perché Bernardo
Clausi e altri parroci di San
Sisto si adoperavano tanto,
fino alla prima metà del secolo XIX, affinché «la passata
eresia (cioè la fede protestante) non attecchisse nuovamente» in questo paese (cfr.
P. A. Bellantonio, Bernardo
Clausi, testimone e segno, Roma, 1979, p. 66)?
Forse la storia delle tradizioni popolari e della mentalità sono ancora in grado di
portare alla luce tracce significative di mentalità protestante, nascoste sotto la cenere della ricattolicizzazione violenta ma spesso solo
«esterna», e come tale incapace di spegnere tutti i carboni rimasti accesi nell’ombra e nel silenzio. Come si
spiegherebbe altrimenti il
fatto che a Guardia Piemontese, come si può evincere
dall’analisi dei proverbi e
detti popolari pubblicati nel
1992 nella raccolta Taliant de
la Pèire da Garroc, il rapporto dell’uomo con Dio è concepito senza risentire per
nulla di quella mentalità tipica della religiosità popolare
calabrese, molto accentuata
nei paesi vicini, che non rinuncia mai alla mediazione
di madonne e santi?
erano fuori casa, o perché i
tedeschi hanno cominciato
da un altro quartiere e loro
sono stati avvertiti in tempo.
Quando sento le ricostruzioni della deportazione ho
sempre l’impressione che sono io il bambino portato via». ^
Che senso ha un giorno
della memoria? «Può aiutare a ricordare tutti i morti dei
campi di concentramento,
non solo gli ebrei, e può forse
rendere più attenti alle minoranze - dice Chiara Segre anche l’Ugei quest’anno ha
deciso di studiare le minoranze in generale, sia all’interno che all’esterno dell’ebraismo: a questo proposito
per la prima volta abbiamo
preso contatto con la Fgei
per organizzare a Torino delle attività comuni».
«Dell’istituzione del 27
gennaio non possiamo che
essere contenti, perché l’impressione è che gli italiani
abbiano la tendenza a rimuovere e ad autoassolversi
- aggiunge Serena Di Nepi dobbiamo però evitare che
diventi un giorno di pianto
istituzionale, una sorta di 8
marzo a cui ci si abitua e di
cui si perde il significato».
In libreria
Per una vita
spirituale
campo di concentramento di Fossoli
(foto P. Romeo)
Gli atti ó\ un convegno sullo scrittore
La visione del mondo
dell'uomo Primo Levi
L’esigenza di una vita spirituale cristiana teoiogicamente consapevole e al tempo stesso di una teologia in
stretto contatto con la ricerca
credente della comunità è
molto viva in questi anni e tale attualità, oltre all’interesse
obiettivo del tema, contribuisce a segnalare all’attenzione
l’ultima fatica di Giordano
Frosini*. Si tratta di un agile
volumetto che, dopo una
breve introduzione storica,
traccia la vicenda dei rapporti tra spiritualità e teologia
nella chiesa cattolica romana
del Novecento, individuando
nel Vaticano II il culmine di
un processo di reciproca riscoperta e il punto di partenza di nuovi sviluppi.
È un percorso molto interessante e istruttivo per i lettori evangelici, che entrano
in contatto con un mondo
per molti aspetti a loro sconosciuto: penso ad esempio
al rilievo che l’autore attribuisce a figure come Teresa
di Lisieux o Colomba Marion.
Il fatto però che il testo sia
del tutto interno alla prospettiva cattolica (velocemente
menzionati autori evangelici
come Bonhoeffer o Moltmann) e che manchi una
problematizzazione di quest’ultima dal punto di vista
ecumenico (a esempio nelle
parti sulla spiritualità mariana e sulla cosiddetta pietà
popolare) suscita il desiderio
di un’approfondimento della
tematica indicata dal titolo,
in un quadro più ampio, (f.f)
(*) G. Frosini: Spiritualità e
teologia. Bologna, Dehoniane,
2000, pp. 122, £ 19.000.
abbonamenti 1999
interno L. 10.000
estero t. 20.000
sostenitore L. 20.000
Versamenti sul conto corrente
postale n. 4661 1000 intestato
a: «CULTO RADIO», via Firenze 38, 00184 Roma.
DAVIDE DALMAS
UNA grande vastità di
orizzonti si è spaiancata
davanti a chi si occupa di Primo Levi. Il testimone, colui
che ha raccontato in Italia
l’esperienza del lager, l’ex deportato: a lungo Levi è stato
visto soprattutto, o soltanto,
così. A dire il vero inizialmente ha stentato perfino a diventare questo: due anni dopo la fine della guerra Einaudi rifiutò di pubblicare Se
questo un uomo, che uscì grazie alla casa editrice De Silva
di Franco Antonicelli, e l’edizione definitiva, questa volta
presso Einaudi, apparirà solo
nel 1958. Da allora, in ogni
caso, è stato per eccellenza il
testimone dell’orrore del lager nel nostro paese, molto
più noto, diffuso e tradotto di
tutti gli altri (per non parlare
delle altre, che incontrarono
diffidenze ancora maggiori),
che hanno trasformato in
scrittura le loro esperienze di
deportazione.
Nel corso degli ultimi decenni, tuttavia, a Levi è stato
riconosciuto, con un consenso progressivamente più ampio, lo status di scrittore a
pieno titolo. Anzi, c’è chi sostiene che vada considerato
non soltanto uno dei maggiori scrittori italiani del secolo
appena concluso ma addirittura quello che ci proietta
maggiormente nel prossimo,
grazie a una rigorosa analisi
del male estremo, di fronte al
quale non avviene nessuna
resa della volontà di capire e
giudicare, ma si riflette inve
ce una luce dell’intelligenza,
che lo rende descrivibile e affrontabile. Si capisce allora
che / sommersi e i salvati,
uscito non più di quindici
anni fa, ci appaia già come
un’opera che non si può evitare, come un classico irrinunciabile della nostra letteratura moderna.
Questo riconoscimento ha
condotto a una rilettura più
complessa dell’intera opera
(ora disponibile nei volumi
Einaudi curati da Marco Beipoliti, che raccolgono anche
tutti gli scritti sparsi), gli approcci si sono moltiplicati, la
figura di Levi ha ormai assunto la necessaria pluralità di
un protagonista del Novecento. L’esempio più recente
di questo lavoro è il convegno Al di qua del bene e del
male. La visione del mondo di
Primo Levi, tenutosi a Torino
il 15 e 16 dicembre 1999, di
cui ora escono gli atti, dallo
stesso titolo, a cura di Enrico
Mattioda (Angeli, Milano,
2000). Perfino la presentazione di questo volume, il 5 febbraio scorso, sempre a Torino, si è trasformata in un incontro partecipato, con la sala Viglione di Palazzo Lascaris piena di un pubblico eterogeneo, a riprova del fatto
che questa nuova lettura globale non è un affare di specialisti ma coinvolge un gran
numero di lettori, di appassionati di storia, di persone
insomma che credono sia necessario un confronto personale e diretto con i temi, e la
visione del mondo, proposti
dagli scritti di Primo Levi.
LIBRI
Narrativa Doppia blasfemia
Dai locali di una chiesa episcopale di New York sparisce la
croce: priva di valore artistico, essa viene ritrovata deposta sul
tetto di una sinagoga, con un atto due volte blasfemo. Così si
muove l’intreccio dell’ultimo romanzo di E. L. Doctorow [La
città di Dio, Mondadori, 2000, pp. 326, £
32.000), che mette in relazione il reverendo
titolare della chiesa con la coppia di rabbini di una sinagoga d’avanguardia, nel confronto, sullo sfondo, con altri personaggitestimoni (della scampata morte nella
Shoà, della contemporaneità) in una struttura polifonica e intessuta di stili narrativi
diversi che confronta i personaggi con la
loro idea di Dio e delle rispettive tradizioni.
RADIO
Culto radio
Ogni domenica mattina alle 7,30 sul primo canale
radio Rai, predicazione e notizie dal mondo evangelico italiano e estero, appuntamenti e commenti di attualità.
TELEVISIONE
Protestantesimo
Rubrica televisiva di Raidue, a cura della Federazione delle chiese evangeliche, trasmesse a domeniche alterne e, in replica, il lunedì seguente alle ore 24 circa e
alle ore 9,30 del lunedì successivo. Domenica 4 marzo, ore
23,50 circa, andrà in onda: «Sfide ed esperienze per una convivenza possibile»; «Semi di pace»; «Terza di copertina: Le
chiese della Riforma”, San Paolo editore». La replica sarà trasmessa lunedì 5 marzo alle ore 24 e lunedì 12 marzo alle 9,30.
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 2 MARZO 2001
È il tema del progetto di formazione della Csd che coinvolgerà 500 operatori
Per servire con qualità
Di fronte ai cambiamenti dello stato sociale, delle abitudini delle persone e delle aspettative.
degli enti pubblici, occorre preparare e gestire il cambiamento con una formazione adeguata
GIANLUCA BARB ANOTT1
CARUBEUX
La Commissione sinodale
per la diaconia (Csd) ha
presentato nei novembre
1999 la richiesta di finanziamento per un grande progetto di formazione per i dipendenti delle opere diaconali affidatele dal Sinodo, in collaborazione con il Centro diaconale «La Noce» di Palermo,
Casa materna di Napoli, l’Asilo valdese di Luserna San
Giovanni e con il Cep (Consorzio europeo per la formazione). All’inizio del dicembre
2000 il corso ha ricevuto la risposta positiva ufficiale da
parte del ministero del Lavoro e il lavoro ha preso avvio.
Il progetto è ambizioso, se
non altro nel suo titolo. Si
chiama infatti «Servire qualità». «Servire» richiama il significato greco della parola
«diaconia» e riporta al significato essenziale della relazione
che si deve instaurare fra persone airinterno delle opere
della chiesa. Perché quando si
tratta di servizi alla persona,
come nel caso della nostra
diaconia, il termine «servire»
è senz’altro appropriato. Nella parola servire noi possiamo
riconoscere non soltanto il bisogno dell’operatore di prendersi cura, di accogliere l’altro
nel migliore dei modi possibile, ma anche di essere riconosciuti nel nostro tentativo di
«servire» l’altro. Si tratta quindi di dare e ricevere «servizio»
in una dimensione di reciprocità riconosciuta.
«Qualità» è un termine che
interroga, noi e il nostro lavoro, le nostre opere e la chiesa
che le esprime. Servire qualità è esattamente quello che
vogliamo fare con la nostra
diaconia. La qualità deve essere costruita giorno per
giorno e necessita di confronto, messa in discussione,
crescita comune, controllo.
Terapia di neuropsicomotricità ai Centro La Noce di Paiermo
ir Convegno delle opere e istituti
Firenze, 10-11 marzo 2001
11 futuro della diaconia
Sabato 10 marzo
9-13
Past. Letizia Tomassone; studio biblico su:
Ecclesiaste 4, 1-12; Isaia 65, 17-25
Relazioni:
Prof. Nedo Baracani (Università di Firenze):
Antiche e nuove povertà: riferimenti per un
fenomeno in continua trasformazione.
On. Marida Bolognesi (Presidente Commissione Affari Sociali): gli strumenti legislativi nella
prevenzione e cura del disagio sociale.
Dr. Dario Canali (CGIL Funzione pubblica):
le politiche sociali in una visione federalista
dello stato.
Past. Giuseppe Platone: 11 ruolo della diaconia
e il suo contributo di elaborazione proposte.
15-17
17,30-19
20,30-22
Lavoro dei gruppi
Assemblea plenaria: relazione dei gruppi e dibattito.
Presentazione della Banca Etica a cura del
suo direttore Matteo Passini.
Domenica 11 marzo
9 - 11,15 Assemblea plenaria: conclusioni
Ore 11,30 Culto di chiusura presieduto dalla Pastora
Eliana Briante
(Ore 15 Incoritro dei centri ricettivi: giovanili, foresterie, case per ferie...
11 programma completo del convegno, la scheda di
iscrizione e la documentazione disponibile sono reperibili
sul sito Internet www.chiesavaldese.org/diaconia
Costi e prenotazioni
(Oosto forfetario dalla cena di venerdì al pranzo di domenica:
Lire 150.000 - Pernottamento Lire 36.000 - 1° colazione
Lire 5.000 - Pranzo o cena Lire 17.000.
Per le prenotazioni, utilizzando l’apposita scheda, rivolgersi;
CSD - Diaconia valdese — via Angrogna 18 - 10066 Torre
Pellice - tei. 0121-953122 - fax 0121-953125.
e-mail csd.diaconia@tpeiUce.it
Nota Bene; La reception del Gould è aperta dalle ore 9 alle
13 e dalle 15 alle 19, chiuso il sabato pomeriggio ed i festivi.
1 servizi prenotati vanno pagati anche se non consumati.
non potendo essere mai scollegato dall’obiettivo che si
vuole raggiungere.
Gli obiettivi
delia formazione
Di fronte ai cambiamenti
rapidi, profondi, inevitabili
anche se purtroppo non
sempre auspicabili, dello stato sociale, delle abitudini
delle persone, delle aspettative dell’ente pubblico, occorre preparare e gestire il
cambiamento. La formazione è uno degli strumenti essenziali per cogliere i cambiamenti, per riordinarli e
gestirli. La formazione ha anche la funzione di farci riscoprire l’importanza del lavoro
che facciamo, di farcene tornare il gusto, di aprirci nuovi
spazi di sperimentazione.
Quale formazione stiamo
facendo? Il corso si prefigge
due obiettivi: il primo è fornire formazione ai direttori, ai
coordinatori e agli operatori,
dopo aver verificato tramite
un questionario i bisogni di
formazione che essi stessi individuano. Questo permetterà di definire percorsi di
formazione mirati sulle effettive necessità e non proporre
programmi standard. La formazione è impostata a vari livelli a seconda delle esigenze
professionali degli operatori
a cui è rivolta. Un primo percorso formativo riguarda i direttori che si incontrano a livello nazionale a Venezia, Firenze e Palermo. Per i coordinatori sono previsti degli incontri a livello regionale; in
Sicilia, a Napoli, Firenze e
Torre Pellice.
Gli altri operatori; infermieri, assistenti alla persona,
educatori, personale di cucina, pulizie e manutenzione,
amministrativi, animatori,
terapisti della riabilitazione,
insegnanti ecc., seguiranno
dei corsi a livello locale ciascuno nell’ambito della propria professionalità. Il secondo obiettivo è la realizzazione di un marchio di qualità
della diaconia. È uno degli
obiettivi ambiziosi che si
propone di caratterizzare il
lavoro delle opere evangeliche sul piano etico e su quello delle prestazioni.
San Giovanni. Partecipano
inoltre gli operatori delle
opere e istituti affidati alla
Csd, e cioè: le Case di riposo
(Casa evangelica per persone anziane di Vittoria, Gignoro di Firenze, Asilo dei
vecchi di San Germano Chisone. Rifugio Re Carlo Alberto di Luserna San Giovanni,
Casa delle diaconesse), le case per minori e disabili (Centro diurno per ragazzi Ferretti e Istituto Gould di Firenze, Comunità alloggiouliveto di Luserna San Giovanni), le Foresterie (di Firenze, Rio Marina, Venezia,
Vallecrosia, Borgio Verezzi,
Torre Pellice). Partecipano
ad alcuni moduli formativi
anche le case di riposo «Caprotti e Zavaritt» di Gorle e
«Miramonti» di Villar Pellice,
non affidate alla Csd ma
convenzionate con essa. Infine, ad alcune particolari
giornate formative hanno
accesso come uditori anche
operatori di altre strutture
non coinvolte nel progetto.
Al progetto partecipano più
di 500 persone.
Le fasi del progetto
«servire qualità»
La realizzazione dell’iniziativa è articolata in quattro fasi: analisi dei bisogni formativi, progettazione dell’intervento, realizzazione della formazione, conclusione e valutazione. La presentazione è
curata nelle singole strutture
dai direttori e dai coordinatori che utilizzano un dépliant
preparato a questo scopo. La
prima fase di rilevazione dei
bisogni formativi ha occupato i mesi di gennaio e febbraio con incontri con i direttori e con i coordinatori. La
seconda fase di progettazione dei percorsi di formazione
e della messa a punto del
marchio di qualità avverrà a
marzo. La terza fase di formazione degli operatori coprirà il periodo da aprile a
settembre, con l’esclusione
di luglio e agosto. L’ultima fase è dedicata alla conclusione
del percorso e alla preparazione del seminario finale
per la presentazione dei risultati del percorso di formazione e in particolare sulla
«qualità», che avrà luogo a Firenze nel novembre 2001
Partecipano alla formazione: gli operatori del Centro
diaconale «La Noce» di Palermo, di Casa materna di
Napx)li, dell’Asilo valdese per
persone anziane di Luserna
m<
Un
nel
Torre Pellice: la Casa delle diaconesse
Il Consorzio europeo
per la formazione
Il Cep, nostro partner in
questa iniziativa, è un consorzio avente come fine la
promozione e la realizzazione
di corsi di formazione e di
orientamento professionale,
di stage e tirocini di lavoro, di
seminari e convegni con lo
scopo di qualificare e specializzare i giovani in cerca di
primo impiego, di aggiornare,
qualificare o riqualificare coloro che già hanno un impiego. Il Cep lavora anche con il
concorso degli enti pubblici,
di associazioni di categoria, e
delle imprese pubbliche o
private nel campo della formazione. Ha ottenuto la certificazione di qualità Iso 9000.
I docenti del corso sono
stati cercati tenendo presente
l’obiettivo del servire qualità,
ricercando le persone interne
ed esterne alla chiesa, professionalmente preparate e in
grado di rispondere alla domanda di formazione sulla
qualità. Parecchi docenti sono stati reperiti all’interno
stesso delle opere, così come i
tutors. La Commissione si avvale, fra gli altri, della collaborazione della «Bottega del
possibile» di Torre Pellice e
dell’agenzia «Pro-forma».
Un'agenzia
per la formazione
L’agenzia Pro-forma è uno
dei servizi offerti dal Centro
per, la formazione diaconale
di Firenze. Il nome richiama
la collocazione nel mondo
protestante, ma anche la professionalità e la centralità
deU’orientamento alla formazione. La struttura si propone
come agenzia di formazione
e servizi rivolta prevalentemente alla diaconia protestante ed evangelica in Italia.
Nell’ambito della formazione, l’agenzia intende sensibilizzare e sostenne le opere nei
percorsi formativi segnalando
possibilità di finanziamento
pubblici, presentando dei
progetti, organizzando percorsi formativi ad hoc. In questo momento l’agenzia sta sostenendo la Csd nella gestione
del progetto «Servire qualità»,
ha impostato e segue la formazione di un candidato alla
direzione di un’opera, è stata
incaricata di esplorare possibilità di percorsi di riqualificazione per gli operatori di una
struttura per anziani. Sempre
in ambito formativo è allo studio la possibilità di organizzare, in collaborazione con la
Facoltà valdese di teologia, seminari e incontri aperti, orientati allo sviluppo delle competenze personali e relazionali.
Oltre alla formazione l’agenzia propone un servizio di
consulenza alle strutture diaconali (sostegno nella pro
gettazione di nuovi servizi,
gestione degli operatori, riorganizzazioni, sistemi per la
qualità). Uno degli strumenti
operativi dell’agenzia è la valorizzazione delle competenze e delle esperienze espresse
dalle strutture evangeliche
per mettere in circolo saperi,
«know how» e progetti e sviluppare così una presenza
della diaconia visibile e coerente con l’appartenenza
evangelica.
Quali i benefici
per le opere?
I benefici derivanti da una
formazione effettuata seriamente sono immediatamente percepibili da tutti. I benefici saranno tanto più efficaci
quanto più le opere e istituti
riusciranno a motivare i propri operatori a una partecipazione attiva ed entusiasta a
una formazione tesa a convogliare verso l’interno i benefici ottenuti ma consapevoli di
doversi proiettare verso l’esterno, di essere degli operatori aperti al servizio del territorio in modo sempre più
qualificato.
II futuro vedrà sicuramente
nuovi progetti di formazione,
di conoscenza, di presa di coscienza del ruolo della diaconia in questi anni così importanti e pieni di cambiamenti
nella chiesa e nella società.
Le prospettive sono dunque
di continuare il lavoro intrapreso con tutto l’entusiasmo
necessario.
Da
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Festa di carnevale con gli ospiti della Casa di riposo di Vittoria
7
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'ÆNERDIZ MARZO 2001_____________________________________________ VïïTA
PAC. 7 RIFORMA
gi Celebrato il XVII Febbraio a Milano
Una scultura d'autore
nella chiesa valdese
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f-i'OMENICA 18 febbraio la
Il Chiesa valdese di Milano
hf(<celebrato doppiamente»
la ricorrenza del XVII Febbraio. Oltre ai festeggiamenti
consueti infatti la comunità
di Milano ha, da un lato, salutato ufficialmente la riapertura della chiesa, che era stata
chiusa per lavori di restauro
[essenzialmente riscaldaniento e pavimentazione) dal
lugUo 2000; dall’altro, ha celebrato con gioia e riconoscenza l’inaugurazione di una
scultura in bronzo sulla facciata della chiesa, donatale
dal fratello Harry Rosenthal,
scultore franco-austriaco di
fama internazionale, autore
tra l’altro del medaglione in
bronzo a tiratura limitata per
il cinquantesimo anniversario dell’Onu, commissionato
dall’ex Segretario Boutros
Ghali, del quale i locali della
chiesa avevano già ospitato,
qualche anno fa, una mostra.
La scultura di Rosenthal riprende in forma simbolica alcuni nodi centrali della fede
evangelica; la croce, la Bibbia,
il rapporto con Israele, ed è
stata donata dal maestro insieme a una bacheca per gli
avvisi, a essa analoga per stile
e materiale: i due elementi,
posizionati ai lati del portale
ravvivano, a mio parere, la sobrietà romanica del tempio
senza alterarla, anzi rendendolo più riconoscibile come
luogo di culto non cattolico
perla novità e maggior visibilità che aggiungono alla sua
facciata. Nel ringraziare l’arti
sta, il pastore Antonio Adamo
ha sottolineato che il dono
della croce da parte di Rosenthal ha costituito per la
nostra comunità un’occasione preziosa per riflettere sul
rapporto tra arte, simbolo e
fede evangelica: un rapporto
a volte trascurato nel protestantesimo, in particolare italiano, ma oggi particolarmente attuale e carico di promesse. Non si tratta, ovviamente,
di relativizzare il linguaggio
verbale, ma di nutrirlo facendo appello all’insieme delle
facoltà umane, delle quali
l’arte è interprete eminente.
La scultura e la bacheca sono stati scoperti e presentati
alla comunità alla fine del culto del 18 febbraio, che è stato
celebrato dai pastori Antonio
Adamo e Fulvio Ferrarlo e
dalla candidata al ministero
Claudia Lupi, e animato dalla
corale valdese; al culto ha fatto seguito, dopo il già ricordato ringraziamento ufficiale
all’artista Harry Rosenthal, un
aperitivo e un momento conviviale in comunione con le
chiese metodiste e battiste di
Milano. Anche la cittadinanza
milanese è stata invitata a
unirsi ai festeggiamenti, attraverso i media: di tutti quelli
contattati (giornali, tv e radio
locali. Internet), ci fa piacere
segnalare che le pagine locali
de la Repubblica, hanno risposto positivamente all’appello, dedicando un bel trafiletto con foto alla nostra chiesa e alla ricorrenza del 17 febbraio dal titolo «La comunità
valdese in festa, aperitivo e
concerto al tempio».
Nella collana «Cinquantapagine» sono appena usciti:
Giorsio Bouchard
Pio IX
Un papa contro il Risorsimento
Introduzione di Amos Luzzatto
62 pp., L.5.000 - Euro 2,58, cod. 371
«Cinquantapagine» n. 22
La beatificazione di Pio IX, l'ultimo papa-re e
Spande antasonista dell'unità d'Italia, ha suscitato discussione e perplessità. Chi era Pio- IX?
Perché questa beatificazione, ogsi? Che messassio si vuole trasmettere al mondo cattolico,
al mondo politico italiano e alle minoranze
ebraiche e protestanti che vivono in Italia? Rispondono chiaramente Amos Luzzatto, GiorSio Bouchard e David Gabrielli con un'intervista sul «caso Mortara».
Bruna Peyrot
Giosuè Gianavello
Il leone dì Rorà
64 pp,rl: 5.000 3 furo 2,58, cod. 372
«Cinquantapagine» n. 23
Gianavello (1617 -1690) è uno dei personaggi più
noti e popolari della storia valdese. Visse nel terribile secolo delle persecuzioni contro la sua comunità che difese strenuamente scegliendo la resistenza armata fino all'esilio a Ginevra, impostogli come prezzo della pace. Famose sono le sue
Istruzioni militari in vista del Glorioso Rimpatrio
(1689). Un uomo comune ed eccezionale, eroico
e non eroico, un paysan e un credente.
m mmeditrice
Claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98,04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
http://www.claudlarta.it
f Incontro alla Chiesa battista di Napoli
Il popolo di Dio
nel paese delle pergamene
MARTA D'AURIA
IL 15 febbraio scorso, nell’ambito del ciclo di conferenze «Scoprire la Bibbia»,
organizzate dalla Chiesa battista di Napoli via Foria, Ottavio Di Grazia, docente di storia del cristianesimo, esperto
e studioso appassionato della
storia e della cultura ebraica,
ha proposto ai numerosi presenti alcune interessanti riflessioni sulla maniera ebraica di leggere le Scritture.
Dalla distruzione del tempio di Gerusalemme, che significa perdita dell’identità
culturale e religiosa, gli ebrei
hanno vissuto in un «paese di
pergamene». Con questa espressione, il grande maestro
ebreo Abraham Heshel affermava che la chiave di sopravvivenza, non soltanto
delle tradizioni ma della vita
degli ebrei, è l’infinita lettura, studio e commento delle
Scritture. Si sviluppa, così,
l’immensa letteratura rabbinica che confluisce nelle
grandi raccolte tra cui il Talmud, la Mishnà e i Midrashim. In questo mondo di
pergamene, il modo di leggere e di rapportarsi alle Scritture passa attraverso lo studio e l’interpretazione. Solo
questo, però, non basta.
Un antico racconto ebraico
narra che un giorno un discepolo andò a trovare il suo
maestro il quale gli chiese:
«Che cosa hai imparato?», il
discepolo rispose: «Ho attraverso tre volte il Talmud», e il
maestro gli disse «Ma il Talmud ti ha attraversato?». Il relatore ha sottolineato che lo
studio delle Scritture deve
sfociare nella vita di chi legge.
«Nel libro del profeta Nehemia - ha detto Di Grazia - ad
un certo punto lo scriba
Esdra, alzatosi nell’assemblea, lesse le Scritture, le tradusse e interpretò affinché
tutti, uomini, donne, bambini, giovani e anziani, potessero capire. L’approccio esistenziale si basa sul coinvolgimento dell’interprete nell’
elemento della comprensione, che non è un’attitudine
unicamente riproduttiva ipa
anche, e sempre, innovativa.
Colui che commenta e comprende le Scritture porta
sempre qualcosa di nuovo e
di originale nello studio e
nell’interpretazione».
Questa modalità fondamentale della maniera ebraica di leggere le Scritture non
è soltanto regola ermeneutica, è qualcosa di più. Lo studio delle Scritture, che è esso
stesso un precetto, non è per
gli ebrei una mera attitudine
intellettuale, ma un modo di
contribuire alla riparazione
del mondo, una modalità che
può «forse» anticipare la venuta del Messia. Un «forse»
che giganteggia, che non dice
scetticismo o mancanza di
fede, ma esprime la consapevolezza che le vicende umane
si devono misurare con un
tempo, che non è eterno, in
cui ciascuno è chiamato a
dare il suo contributo. Attraverso lo studio non si realizza
la ricerca della Verità, ma la
ricerca del senso delle cose.
Un’altra storia chassidica
narra che una volta fu chiesto
a un grande maestro: «Maestro, perché siamo cacciati di
luogo in luogo?». «Siamo cacciati di luogo in luogo - rispose il chassld - perché la
verità si fa di luogo in luogo.
Noi dobbiamo cercarla, nessuno la possiede».
«L’infinito studio e l’interpretazione - ha concluso Di
Grazia - aprono a urCaltra attitudine fondamentale che
dovrebbe essere di chiunque
vuole veramente interrogarsi
su Dio. L’attitudine del porre
domande piuttosto che dare
risposte. Come dice un adagio ebraico: “un ebreo a una
domanda risponde con un’altra domanda”. Perché la domanda apre nuovi spazi, nuove possibilità. Questa era la
modalità con cui anche l’ebreo Gesù di Nazareth, il Cristo creduto dai cristiani, rispondeva. Fino alla domanda
“chi dite che io sia?” che rimane per ciascuno chiave
fondamentale per le tante domande che accompagnano i
nostri percorsi di fede».
La Tavola valdese
per l'ufficio Otto per mille
in Roma e in Torre Pellice
avvia la selezione di
un/a impiegoto/o con funzioni di segretorio/o dei progetti Otto per mille
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mondo evangelico italiano, fluent english e conoscenza
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La violenza che coltiviamo
16-18 MARZO - Ecumene (Velletri
Autorità e critica
Corrvegno organizzato dalla rivista «Sichem» e da un gruppo
di pastore del gmppo «Sophia». Interventi di Erika Tomassoné e Winfrid Pfannkuche e laboratori.
Per iscrizioni e informazioni; Stefano Mercurio, tei. 012193108; e-mail: mergabo@libero.it
dell’antagonismo a un ambito più ristretto, controllabile.
Se è vero che la violenza ha
accompagnato la storia dell’umanità fin dalle sue origini
è anche vero che non partiamo più da zero. Siamo usciti
dalla giungla. Oggi noi conosciamo le dinamiche umane.
Quell’odio antagonista che
spesso cresce nelle nostre famiglie, nelle relazioni umane,
ci coinvolge profondamente.
Anche noi, a volte e forse inconsapevolmente, con tutta
la fede cristiana di cui siamo
capaci, contribuiamo a far
crescere odi inascoltati che
un giorno esploderanno. E
sovente tutto avviene in un’
apparente normalità, in una
profonda indifferenza: i mostri sono sempre altrove, salvo poi ricredersi quando è ormai troppo tardi.
Tuttavia a questa atmosfera generale di chiusura verso
gli altri, dentro e fuori le famiglie, non ci dobbiamo rassegnare. La Parola che nutre
la nostra speranza ci invita
sempre all’ascolto attento e
sensibile di chi ci sta di fronte. Questa Parola ci aiuta a
non categorizzare né demonizzare le persone, gli omosessuali, i clandestini, le prostitute, i drogati... ma a considerare ogni persona nella sua
unicità. Nella sua differenza,
che posso certamente discutere, ma non distruggere a
colpi di pretesa superiorità.
Tutto questo, e altro ancora che attraversa la nostra società, rende urgente l’appello
recentemente lanciato dal
Consiglio ecumenico delle
chiese per un decennio contro la violenza. Un tempo dedicato sia a lottare contro
ogni forma di. violenza sia a
costruire una cultura di pace.
Ma non la pace che soffoca i
conflitti, che mortifica gli antagonismi, non la pace di chi
dà ragione a chi grida più forte, non la pace che ha terrore
della polemica schietta e argomentata. Noi cerchiamo
piuttosto la pace che nasce
dal confronto, dall’accettazione del diverso da te, cerchiamo la pace sudata, lavorata, pazientemente costruita
ogni giorno. E per questo precaria, rivedibile, ricostruibile.
Noi evangelici, diciamocelo francamente, dobbiamo
registrare un deficit di riflessione sulla famiglia. Sappiamo che anche tra credenti ci
sono lacerazioni, sofferenze.
Ma dovremo andare più a
fondo, al di là del mito della
famiglia cristiana o evangelica, e dire che spesso la famiglia è un’istituzione violenta,
gerarchizzata, in cui le scelte sono imposte, in cui si coltivano sensi di colpa, ricatti.
Una realtà che troppo spesso sterilizza la disubbidienza, che uccide spiritualmente, che teme come la peste i
cambiamenti. C’è molto da
riflettere sulle cause di tanta
violenza tra 1 minori che viene appunto coltivata nelle
istituzioni classiche come la
scuola e la famiglia.
Siamo immersi in una normalità malata, in una insicurezza crescente e in mille
drammi quotidiani dovuti
all’incomunicabilità, anche se
viviamo nell’era di Internet e
dei telefonini. Su questa materia, le chiese possono andare in controtendenza. Possiamo creare nuove forme di comunicazione legate al nostro
essere comunità di fede, valorizzare i momenti conflittuali
come momenti di crescita, di
reciproco arricchimento. Cristo non è forse stato un antagonista nel suo tempo? Non
ha forse annunciato la realtà
di una nuova appartenenza
alla famiglia composta da coloro che fanno la volontà di
Dio (Mt. 12,50)?
Seguaci di un antagonista
nonviolento, non ricerchiamo la religione del «queta
non movere» ma il cambiamento, la trasformazione
verso una società in cui gli
uomini e le donne, qualunque età abbiano, comunichino realmente tra loro e costruiscano insieme il loro destino. In nessun modo la Parola evangelica giustifica la
violenza. Ma questo non
vuole dire che essa non ci riguardi, aspettando così che
essa esploda. Bisogna muoversi prima, attraverso l’analisi delle situazioni, la forza
del ragionamento e la speranza della fede.
Giuseppe Platone
Campo estivo con giovani britannici
della United Reformed Church
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tei 039-2010343; fax 039-2012520
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8
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle
VENERDÌ 2
Il libro di Agape presentato in una serata pubblica a Imperia
Scoprire i molti nomi di Dio
Al centro dell'incontro fra Cesò Cristo e gli esseri umani
non sta tanto la sua persona quanto la promessa di Dio in lui
MARIE-FRANCE MAURIN
AGAPE CENTRO ECUMENICO
.T molti nomi di Dio» è staA>Xto il titolo della serata
pubblica, con numerosi partecipanti, organizzata il 3 febbraio dalla Chiesa valdese di
Imperia per presentare il libro
omonimo di Agape. La pastora Letizia Tommassone è partita dalle tragedie del secolo appena trascorso, con la
Shoà, quando il rifiuto dell’identità altrui fa disprezzare
la fede di altri popoli. Non ci
si sente più in possesso della
verità quando si riscopre
l’ebraicità di Gesù e quando si
prende coscienza che le nostre radici non sono in noi,
ma ci sono state donate dall’esterno, dal popolo ebraico.
Oggi l’incontro con l’islamismo nasce dal nuovo ambiente socio-culturale nel quale
siamo, quando ci troviamo di
fronte a persone che credono
in Dio in modo diverso. In
mezzo a modelli di società
concorrenziali noi, come comunità di fedi, non vogliamo
muoverci in modo concorrenziale, ma vogliamo andare insieme verso una maggiore
giustizia. Al di là di posizioni
superate, come quelle polemiche a partire da passi del
Nuovo Testamento che parlano di lotta all’idolatria, o di
coloro che dicono in modo
colonizzatore «senza saperlo
I moki nomi
di DIO
credete nel Dio di Gesù Cristo», ce n’è una che può aiutarci di più: quella vissuta da
Gesù stesso quando scopre la
fede nelle persone; non la suscita ma la trova, ascolta le
persone ricevendo quello che
le persone hanno, come la sirofenicia che gli fa intendere
che la guarigione è per tutta
l’umanità. C’è una trasformazione reciproca, Gesù non si
mette al centro, ma vi mette
la promessa di Dio. Non siamo chiamati ad individuare
qual è la strada per gli altri,
ma a percorrere la nostra via
fino in fondo. La casa di Gesù
di Nazaret ha posto per tutti.
Ester Rostagno, ebrea di
Milano, ba parlato dell’identità ebraica, che vive disseminata in mezzo a tutti i popoli.
e dei rapporti con i non ebrei.
Attraverso la storia, Israele è
stato fatto il portatore delle
contraddizioni umane, da Faraone all’esilio, al secondo
Tempio fino alla Shoà. Sapere
la differenza è accettarsi. C’è
un desiderio di assimilazione
e uno di far vedere le differenze. Nessun ebreo può dire che
ha la verità in tasca. Ci sono
tanti modi di vedere la verità,
la verità non è univoca. Se si
dialoga ci si arricchisce.
Hamza Roberto Riccardo,
di Imperia, italiano musulmano, è partito dal fatto che
nel Corano è scritto che a
ognuno di noi è assegnata
una via: se Allah avesse voluto avrebbe fatto una sola comunità. I molti nomi di Dio
sono di rapportarsi a lui. In
un mondo attuale, dove le
agenzie di comunicazioni ingannano e a volte fanno sì
che i credenti si oppongano
fra di loro, dove c’è violenza,
tortura, commercio di organi,
modificazione della creazione, c’è idolatria con ricerca di
denaro. Ci sono gli uomini
«alberi-fermi» e gli uomini
«foglie-instabili». Ogni gruppo ha reazioni integralista.
Bisogna mettere insieme fede
e intelligenza, per non essere
governati dai peggiori. In una
società, teoricamente cristiana 0 teoricamente laica, i
problerrri non mancano.
Pachino
Festa per il
XVII Febbraio
NINO Guuom
Domenica i8 febbraio,
insieme a delle sorelle e
dei fratelli venuti da Scicli e
Siracusa, la comunità di Pachino ha ricordato con una
giornata diversa il XVII Febbraio, giorno in cui le chiese
valdesi delle Valli nel 1848
poterono uscire dalla clandestinità dei loro ghetti per andare a predicare liberamente.
Nel sermone basato sul testo
di Isaia 55,6-11 la pastora Daniela Santoro si è soffermata
particolarmente sulla promessa di Dio, secondo cui la
sua parola non tornerà a vuoto. Nella liturgia e nei canti
siamo stati guidati dalle voci
fresche e giovani dei’nostri
catecumeni.
Dopo il Giuro di Sibaud,
ancora una volta due ragazze
della nostra comunità, prima
della preghiera d’intercessione, ci hanno proposto una riflessione sul Padre Nostro,
dove tra l’altro si diceva:
«Non posso dire “Rimettici i
nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”,
se serbo rancore, odio e ira
contro il mio prossimo...;
non posso dire: “Tuo è il regno”, se non mi sottopongo al
Re, nostro Signore»...
Un’agape fraterna ci ha
riuniti dopo il culto. L’estrazione dei premi della lotteria
e una recita, ispirata alla parabola del «Figlio prodigo»,
hanno concluso la giornata.
. f“ yxsn
Le ultime iniziative svolte nella Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani
Ritrovarsi insieme dopo un anno di freddezza
EMMANUELE PASCHEnO
Concludiamo con questo numero le notizie sulle manifestazioni svoltesi durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
dello scorso gennaio.
A Bari, dopo il gelo dell’anno scorso, è risbocciata la
Settimana di preghiera in un
clima di grande fraternità,
con una partecipazione non
rituale né di facciata. La predicazione fortemente evangelica tenuta giovedì 18 nel
tempio battista da mons. Cacucci, arcivescovo di Bari, ha
segnato felicemente la ripresa
delle relazioni ecumeniche,
dopo un anno di digiuno. Anche la successiva celebrazione domenicale nella cattedrale è apparsa meno tradizionalmente «ufficiale» del consueto, con una riflessione a
tre voci di mons. Cacucci, un
vescovo ortodosso e il pastore
battista Martin Ibarra. Il coro
ecumenico, che ha ripreso la
sua attività per l’occasione,
ha contribuito a creare un’atmosfera positiva.
Nella diocesi di Massa-Carrara-Pontremoli si sono avute
due celebrazioni ecumeniche
della Parola, una a Carrara, in
una chiesa cattolica del cen
tro, con predicazione del pastore valdese Marco Cisoia e
una a Massa, dove ha predicato il vescovo. È stata la prima volta che il vescovo ha
preso parte a un incontro
ecumenico. Il Consiglio della
chiesa metodista di Carrara
ha deciso anche di invitarlo a
partecipare al culto di domenica 25 febbraio perché possa
conoscere la comunità nel
momento fondamentale della
vita comunitaria. A livello diocesano vi sono incontri ecumenici mensili, in parte di
preghiera e in parte di dibattito. Di recente sono stati discussi temi quali la chiesa e la
cena del Signore nella teologia cattolica e protestante.
Il 22 gennaio la comunità
valdese di Vasto-San Salvo,
con il pastore Enos Mannelli,
ha ospitato in una preghiera
ecumenica l’arcivescovo di
Chieti mons. Edoardo Menichelli per un culto, risultato
più affollato delle aspettative.
Ha presieduto la preghiera il
pastore e l’arcivescovo ha curato la spiegazione della Parola. L’animazione è stata frutto
della collaborazione con le
parrocchie di San Salvo.
Il giorno successivo a Pescara, alla parrocchia di San
Giuseppe, il parroco don
Achille Villanucci e il pastore
Sergio Aquilante, della Chiesa metodista, hanno animato
un breve, ma intenso culto.
La parola sul pulpito è toccata al pastore. Purtroppo la
curia vescovile non ha partecipato all’incontro e ha solo
organizzato una messa per il
25 con la dicitura «per l’ecumenismo», senza preoccuparsi di creare un reale clima
ecumenico. La mattina del 25
il cappellano della Casa circondariale di Vasto, don Andrea Sciascia, Domenico D’
Alonzo, valdese, e il pastore
Enos Mannelli, hanno presentato all’interno del carcere a una ventina di reclusi (su
200) la «Mostra della Bibbia»,
in trenta pannelli. L’iniziativa
ha riscosso notevole succes
so, suscitando molti interventi dei presenti. A tutti è
stata lasciata una copia del
Nuovo Testamento con i Salmi, offerto da «The Gideons
International».
La settimana si è conclusa
presso la cattedrale San Giustino di Chieti, all’interno
della suggestiva cripta. Ha
presieduto mons. Menichelli
e la predicazione è stata del
pastore Mannelli. Purtroppo
l’incontro si è concluso con
un gesto «poco fraterno» per
gli evangelici presenti: la celebrazione eucaristica che ha
segnato un momento di esclusione. Occorrerà «aggiustare il tiro» per evitare gaffe
di questo genere e fare in
modo che ci sia una maggior
conoscenza reciproca.
W In vista del Congresso nazionale
I precongressi della
Federazione giovanile
In vista del prossimo Congresso nazionale (il XIV) della
Federazione giovanile evangelica italiana (Santa Severa
13-16 aprile) sono previsti nei
prossimi giorni alcuni precongressi di preparazione in
varie zone della penisola. Dopo quello del Nord-Ovest, dal
23 al 25 febbraio alla Foresteria valdese di Villar Perosa
(To) si tengono rispettiva
mente quello per il Nord-Est,
dal 2 al 4 marzo a Casa Cares
(Reggello, Fi); per il Centro
(Lazio e Campania) il 24 e 25
febbraio al Villaggio battista
della gioventù a Santa Severa
(Roma). Si tratta di momenti
importanti di riflessione «in
una situazione complessa
dove le realtà di aggregazione
fanno fatica a portare avanti i
propri progetti». (nev)
Iniziative per i prossimi 23-25 marzo
A spasso per Firenze...
e troviamo gli evangelici
Il Comitato promotore delle
iniziative evangeliche organizza per i giorni 23-25 marzo
una «passeggiata» sul tema
«Firenze, presenza evangelica
fra arte e storia». Dopo la sistemazione al «Gould» di via
de’ Serragli (venerdì 23), la
giornata del sabato è dedicata
ai primi due itinerari che affiancano i luoghi dell’evangelismo (le chiese evangeliche,
la libreria Claudiana, la coo
CRONACHE DELLE CHIESE!
MARZO 2001
perativa Barberi, il Centro di
via Manzoni) a quelli della
storia e dell’arte fiorentina. La
domenica è prevista anche la
partecipazione al culto nella
chiesa metodista.
Il costo è di circa £ 150.000,
con anticipo di £ 50.000.
Iscrizioni all’Istituto Gould
(via de’ Serragli 49, 50124 Firenze, tei. 055-212576; fax
055-280274; e-mail: gould.reception@dada.it).
MOTTOLA — Domenica 18 febbraio la comunità battista e
molta parte del paese hanno partecipato con indicibile dolore
al funerale della giovane sorella Anna Putignano. Trentaduenne, estetista e parrucchiera, Anna è stata colpita da un
improvviso malore e a nulla è valso l’intervento dei medici. La
liturgia di saluto, oltre a un intenso momento di meditazione
sulla parola del Signore contenuto nel Vangelo di Luca 2, 2535, ha visto la partecipazione del gruppo giovanile attraverso
una breve testimonianza sui momenti trascorsi con Anna in
comunità, alla quale è seguito un canto. Che il Signore possa
essere di aiuto e di conforto per l’intera famiglia.
AGENDA
2 marzo
TORINO — Alle ore 18, nella sala conferenze del Centro teo.
logico (corso Stati Uniti 11/h), Enzo Bianchi, priore della Co
munirà di Bose, parla sul tema «Vivere con Dio».
VENEZIA —Alle 17, nella chiesa di Santo Stefano, alla pre.
senza del sindaco Paolo Costa e di Paul Metzger, sindaco di
Bretten, il prof. Salvatore Caponetto tiene la relazione introduttiva all’inaugurazione della mostra su Melantone «Lettere
per l’Europa», che resta aperta fino al 18 marzo (orario 10-17),
ROMA — Alle 16,30, nella chiesa valdese di piazza Cavour,
Giornata mondiale di preghiera delle donne.
PIANURA (Na) — Dal 1° marzo è attivata la presenza della
tenda evangelistica del movimento «Cristo è la risposta».
PALERMO — Alle ore 17,30, al Centro evangelico di cultura
«P. Bonelli» (via Spezio 43), per il ciclo di incontri «Da Martin
Lutero a Martin Luther King. Incidenza del protestantesimo
nella storia dell’Occidente», il past. Ulrich Eckert parla sul
tema «Il mondo luterano».
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UDINE — Alle 18, nella sala della chiesa metodista (p.le
D’Annunzio 9), la dott. Augusta De Piero parla sul tema «"Alle mie condizioni, quelle poste da me”: Dag Hammarskjold,
segretario delle Nazioni Unite e premio Nobel per la pace».
3 marzo
PALERMO — Alla chiesa valdese (via Spezio 43) si tiene un
seminario del corso di aggiornamento per predicatori locali
sul tema «La preghiera nel Nuovo Testamento», a cura del
past. Davide Ollearo. Per informazioni tei. 091-580153.
TORINO — Alle ore 17,15, nella sala valdese di via Pio V 15 (1
piano) la pastora Giovanna Pons conduce un incontro a cui
partecipano Doriana Giudici, Malika el Rhatrif, Wilma Occhipinti e Bice Tubini sul tema «La visibilità delle donne nelle
“religioni del libro”». Saranno presentati i libri di Ausilia Riggi
«Da donna a donne» e di Piera Egidi «Sguardi di donne».
3-4 marzo
RIESI — Al Servizio cristiano si svolge un incontro per ragazzi e catecumeni bmv sul tema «vwvw.DIO.com». Informazioni U- Eckert, tei. 0338-8913160; e-mail: brieck@tin.it.
5 marzo
ROMA — Alle 17, all’Amicizia ebraico-cristiana (v. Calamatta
38), rav Isidoro Kahn parla su «Personaggi biblici: Elia, Esdra».
7 marzo
PADOVA — Alle 16, nella chiesa metodista, il prof. Paolo Angeleri presenta il libro di S. Allievi, D. Bidussa, P. Naso «Il libro
e la spada. Fondamentalismi a confronto» (ed. Claudiana).
ROMA — Alle 16,15, alla chiesa metodista (via Firenze 38)
Filippo Gentiioni parla su «La violenza nella religione».
IVREA — Alle 20,45, nella chiesa valdese, a cura del Gruppo
ecumenico donne, Angela Dogliotti Marasso parla sul tema
«Mediazioni di pace nei conflitti».
8 marzo
TORINO — Alle 16 e alle 20,45, nella sala valdese di via San
Pio V15 (primo piano), per il corso di formazione sulla musi
ca al servizio della fede, il professor Ferruccio Corsani parla
sul tema «Bach multiforme».
GENOVA — Alle 17,30, nella biblioteca della Società di lettu
re scientifiche (Palazzo Ducale), per il ciclo di incontri del
Sae sulla Legge e lo Spirito, il prete cattolico Gianfranco Ca
labrese e il lettore ortodosso Giorgio Karalis parlano sul tema
«La libertà nello Spirito e le strutture ecclesiali».
10 marzo
BERGAMO — Alle ore 17,30, al Centro culturale (v. Tasso
55), per il ciclo sui problemi etici posti dalla scienza, il prof.
Ermanno Genre parla su «Eutanasia e dignità del morire».
MILANO — Alle ore 17, alla chiesa metodista (via Porro
Lambertenghi 28), Massimo Bonato parla sul tema «Mercati
globali: al di là delle proteste, alcune considerazioni econo
miche e qualche proposta».
CEFALÙ — Alle ore 17, al Centro «La Palma» (via Giudecca)
il past. Daniele Bouchard parla sul tema «L’ecumenismo og
gi in Italia: un punto di vista protestante».
PACHINO (Sr) — In via Torino 16, per il corso di aggiorna
mento per predicatori locali, Pawel Gajewski conduce un se
minario sul tema «Atti degli apostoli: una lettura ecclesiolo
gica e liturgica». Informazioni logistiche tei. 0931-846323.
11 marzo
ROMA — Alle 16, in via Giusti 12, il Sae promuove un incon
tro sul tema «La celebrazione comune della Pasqua rimette
cristiani in cammino di comunione: per quale unità?». Inter
vengono Emanuele Fanne, Paolo Ricca, Vladimir Zelinskij
12 marzo
MANTOVA — Alle 21, nella sala Isabella d’Este (via G. Roma
no 13), per il ciclo di incontri organizzato dal Sae su «Bibbia
e società globalizzata», il prof. Daniele Garrone parla sul te
ma «Diritto e giustizia nella Bibbia».
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i Continua il nostro dibattito sulle scelte non espresse deH'Otto per mille
Assumersi le responsabilità di minoranza
Di fronte a una maggioranza che si astiene, una minoranza si deve impegnare per tutti
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Vorrei aggiungere qualche
considerazione a quanto ho
dà scritto {Riforma del 16 febbraio). Anzitutto alcune piccole osservazioni per correggere delle imprecisioni contenute nella relazione {Riforma
del 2 febbraio) a cura della
Commissione sinodale.
Al punto 9/6 si lamenta una
specie di «oblio» per l’ultimo
comma dell’art. 36/SI/ 91 che
auspicava di allargare l’Otto
per mille (Opm) a istituzioni
non ecclesiastiche. L’oblio
può essere riferito al nostro
parlamento, che notoriamente non è molto veloce ad accogliere i nostri inviti (le Intese sono state firmate a più di
30 anni dalle prime nostre richieste), ma non credo alla
Tavola: basta vedere i numeri: nel 1997 (Opm delle dichiarazioni Irpef 1994, il primo che abbiamo ricevuto) 3
progetti italiani su 24 erano di
associazioni laiche italiane, e
altri 4 di istituzioni non legate
a chiese della Federazione
delle chiese evangeliche in
Italia (Fcei) o aventi parte
nell’ordinamento valdese; nel
1998, 6 progetti italiani su 40
erano di istituzioni laiche, e
altri 6 di istituzioni non legate
a chiese della Fcei o aventi
parte nell’ordinamento valdese: Un totale di 12 su 40. Nel
2000 (Opm del 96), i numeri
sono stati rispettivamente di 9
su 71 e di 9 su 71. Aumenti
percentuali (6 su 3, 9 su 6) del
50%, anche se riferiti ad anni
diversi presi a campione e una
consistente stabilità riferita al
totale dei progetti (sempre attorno al 25-30 %). Se poi andiamo a vedere i progetti affidati ad agenzie estere, la consistenza di progetti «altri» è
ancora maggiore.
Va poi ricordato che, con
l’attuale sistema, non importa
tanto il numero totale delle
firme a favore della Chiesa
evangelica valdese. Unione
delle chiese metodiste e vaidesi, bensì la percentuale delle firme a nostro favore rispetto al totale delle firme espresse, e la percentuale di queste
rispetto al totale delle denunce dei redditi. L’ammontare
dell’Opm oggi dipende soltanto da queste due percentuali (dalloro prodotto).
I problemi più importanti
Veniamo ora ai problemi
che considero sostanziai. Si
afferma che «l’Opm è un frutto concordatario, e quindi va
rifiutato». Qui affrontiamo un
vecchio e annoso problema,
che è quello della lealtà verso
lo stato e le sue leggi. Credo
che non sia peccato osservare
la leggi, anche quelle che non
si ritengono giuste, o che si ritengono «nate nel peccato».
Possiamo cercare di migliorate le leggi «sbagliate» (e ce ne
sono molte) ma, fino a che ciò
non avviene, osservare, seguite, utilizzare le leggi valide a
Ruel determinato momento
storico è cosa o doverosa o
per lo meno accettabile. Ammesso che vi siano delle leggi
non nate nel peccato...
^ poi volessimo essere più
candidi delle colombe dotnemmo coerentemente rifiutate altre leggi, concordatarie
n tneno: la legge che istituisce
atondo pensioni per le pastot® e 1 pastori e per i preti è
*®nz’altro una legge scandaloprivilegiarla, concordataf®’ i contributi pensionistici
®nno stati per anni circa un
®tzo di quello che avrebbero
nvuto essere (oggi le cose so0 leggermente «migliorate»,
®a non di molto). E il finanatttento questa volta va dittamente a favore della cascuito, cioè delle chiese, e
eia? «interventi so
nùt! nnntstenziali, umanitari e
Sturali in Italia e all’estero».
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Dalla laicità al pluriconfessionalismo
Se è così, almeno si faccia
tutto in una volta sola
Ginnastica nella sala pluriuso alla Casa di riposo di Vittoria
Si dice ancora che «la diaconia uccide la predicazione,
toglie risorse alla predicazione e alla evangelizzazione». Si
sostiene quindi, implicitamente, che la diaconia non è
né predicazione né evangelizzazione. Che cosa sono allora
la predicazione e l’evangelizzazione? Solo sermoni dal
pulpito, campagne di evangelizzazione negli stadi o per le
strade o sotto le tende, studi
biblici, libri di teologia? Dovremmo allora riempire le facoltà di teologia, sfornare pastore e pastori in massa, predicatori e predicatrici da lanciare nelle piazze e per le
strade, dottori e dottoresse in
teologia? Non potremmo mai
impiegare, e dare di che vivere, a molte più persone di
quelle che oggi sono nei nostri ruoli. Senza parlare della
qualità dei risultati. Già oggi
non sono molte e molti i pastori «pimpanti». Forse chi ritiene che la diaconia sia una
forma di predicazione (magari più sobria, modesta e umile, ma a dimensione umana)
non ha tutti i torti. Certamente vale la pena discutere questo dilemma.
«Dovremmo fare diaconia
solo con i nostri soldi». Se si
desse il 3% dei propri redditi
netti, già saremmo a un buon
punto. Sto leggendo un libro
di un pastore americano nel
quale si afferma che oggi i
membri di chiesa in Usa sono
richiesti di dare fra il 5 e il
10% dei loro redditi (a seconda delle chiese). E molti lo
fanno ma nonostante questo
le chiese americane rischiano
il collasso finanziario per il
solo «funzionamento interno». Pensiamo realisticamente che le nostre chiese o meglio i nostri membri di chiesa
vogliano, possano fare molto
di più di quanto fanno oggi?
Teoricamente, per raccogliere
una cifra equivalente all’odierno Opm le nostre contribuzioni dovrebbero almeno
triplicare. Tanto vale dire che
occorre eliminare la diaconia,
chiudere gli istituti!, i interventi per combattere la fame
nel mondo, ecc. Oppure si
può dire «ci pensi lo stato»,
cioè gli altri, cioè, realisticamente, nessuno. Queste opinioni sono sicuramente lecite, personalmente le ritengo
sbagliate. Oltre ai soldi, si
può dare il proprio tempo, le
proprie idee, la propria iniziativa, la propria capacità di
organizzare le cose, ed è ciò
che alcune e alcuni fanno
cercando di raccogliere fondi
per scopi, appunto,, sociali,
assistenziali, umanitari e culturali. Inclusa l’organizzazione dei fondi Opm.
%
Il vero dilemma
«Vogliamo solo 1 soldi Opm
che vengono dalle scelte
espresse». Credo che questo
sia il più grosso dilemma da
sciogliere. È un dilemma che
già è presente nelle nostre
chiese: ogni volta che un’assemblea di chiesa (o anche un
Sinodo) discute di finanze, c’è
sempre una sorella o un fratello che dice «ma noi siamo
quattro gatti, come possiamo
decidere per tutti?»... e naturalmente vota contro o al più
si astiene dal votare (appunto,
alza la mano al momento della conta degli «astenuti», come se questo volesse dire
«non votare»). Insomma, accettiamo o no che una minoranza impegnata e sperahilmente ispirata (profetica?)
possa indicare la strada di
una decisione che vale o dovrebbe valere per tutti? Questo vale nella chiesa, ma nello
stato è lo stesso: oramai chi
vota è soltanto una parte del
corpo elettorale. Non tutti decidono per tutti. All’estero
poi, e anche in paesi protestanti (quindi i più civili) le
decisioni sono prese da circa
la metà degli aventi diritto, o
poco più o poco meno.
Ho già scritto la volta scorsa
quali siano i commenti, positivi e negativi, che la nostra
posizione cristallina provoca.
Possiamo insistere (anche se
qualche volta «persistere è
diabolico») o, più umilmente,
rivedere le nostre posizioni alla luce del cui prodest (a chi
conviene). Perché il vero problema è sapere perché, eventualmente, si cambia idea. Lo
si fa per noi stessi o per gli altri? Lo si fa per chi ha fame?
Vale la pena soffermarci su
questo dilemma, credo, più
che arzigogolare su falsi problemi. E, forse, si può trovare
una soluzione che possa essere accettata da tutti. Se tutto
questo non interessa o interessa poco noi e le nostre
chiese, interessa certamente
sorelle e fratelli della Romania, dell’Albania, del Salvador, del Brasile, della Nigeria,
della Bolivia, del Madagascar,
dell’Ungheria, dell’Uruguay,
dell'Argentina, del Sud Africa, del Camerún, dell’India,
dell’Etiopia, del Togo, i bambini della Bielorussia...
Gianni Rostan - Milano
La relazione della Commissione sul problema della richiesta dell’attribuzione
all’«Unione delle chiese vaidesi e metodiste» di una percentuale delle quote non
espresse è un modello di
equilibrio (o di equilibrismo),
ma anche della «politica del
carciofo» attraverso la quale
stiamo cercando di dare il
nostro contributo alla trasformazione dello stato italiano da stato cattolico a stato non laico, bensì pluriconfessionale.
Con le prime «Intese» abbiamo rinunciato alla somma
storica di £ 7.754,75 che lo
stato in precedenza versava
(o avrebbe dovuto versare)
alla Chiesa valdese per le
spese di culto, in base al
principio puro della laicità.
Tale principio era, nel nostro
caso, applicato al fatto che i
nostri enti ecclesiastici perseguono congiuntamente i fini
di culto, istruzione e assistenza e che, pertanto, anche
un’erogazione per l’istruzione e l’assistenza avrebbe finito per essere difficilmente
stralciabile dal fine di culto.
Poi siamo passati alla detassazione e alla richiesta
dell’8 per mille, solo per i fini
di istruzione e assistenza,
con una congrua porzione,
inizialmente supposta molto
cospicua poi via via ridimensionata nei dibattiti e nelle
deliberazioni, per la fame nel
mondo e per l’assistenza ai
paesi sottosviluppati. Abbiamo salvato la nostra buona
coscienza rinunciando all’attribuzione di una percentuale delle quote dell’8 per mille
non destinate dai contribuenti, pari alle scelte espresse in nostro favore e abbiamo destinato allo stato le
somme corrispondenti. Il
principio della laicità è, comunque, così slittato attraverso uno stralciamento mai
definito nei dettagli dei fini di
culto da quelli di istruzione e
beneficenza. Attraverso questo spiraglio siamo riusciti
anche a far passare qualche
«onere» coperto da tassazioni
riscosse dallo stato a favore
Si tratta di un contributo importante ma non decisivo. Gli altri finanziamenti
La diaconia della chiesa dipende veramente dall'Opm?
Caro direttore,
sia nel documento della
Commissione sinodale sulle
scelte non espresse dell’Otto
per mille (Opm), sia nel dibattito su questo tema, ricorre spesso la preoccupazione
che la diaconia delle chiese
valdesi e metodiste «dipenda» sempre di meno dall’impegno diretto, anche finanziario, delle nostre chiese e
sempre di più dal finanziamento esterno, e quindi anche da quello derivante
dall’Opm, considerati entrambi, in una certa misura, come finanziamenti «estranei». È bene distinguere
la questione Opm da quella
dei finanziamenti diversi da
quelli ecclesiastici.
I finanziamenti Opm
In questi anni (dal 1996 al
2000) la media della quota
Opm, con riferimento al valore dell’attività svolta annualmente dalle opere gestite
dalla Commissione sinodale
per la diaconia (Csd), che sono solo una parte, anche se
consistente, della diaconia
delle nostre chiese, è stata
pari a circa il 2,4%. Si tratta di
una media, infatti alcune
opere hanno ricevuto di più,
altre hanno ricevuto poco, altre assolutamente nulla.
Opere come la Casa delle diaconesse o l’Uliveto hanno
avuto un buon contributo
nella fase di ristrutturazione
e di adeguamento dei loro
edifici, ma oltre la metà delle
opere affidate alla Csd, fra
queste alcune di grande impegno come il Gignoro e il
Gould di Firenze, non ha mai
ricevuto contributi dall’Opm.
Per quanto riguarda invece
il Rifugio Re Carlo Alberto e
la Ciov (cioè gli ospedali), che
hanno personalità giuridica
propria, la media, sempre in
base al valore dell’attività
svolta, è stata pari a circa
l’l,5%. Si tratta di tanto o di
poco? Lasciamo fare ai lettori
le loro considerazioni ma a
me sembra che, dove ciò è
avvenuto, si sia trattato di un
finanziamento significativo,
che ha consentito di migliorare certamente il servizio
svolto dalle nostre opere, ma
non un finanziamento di
portata tale da determinare
la vita o la morte di tali opere.
Gli altri finanziamenti
Tutti i nostri istituti sono,
per nostra scelta, aperti a tutti, senza vincoli confessionali,
e operano in stretta collaborazione con gli enti pubblici,
per esempio attraverso il sistema delle convenzioni o attraverso la partecipazione alla programmazione delle attività con riferimento al fabbisogno della popolazione e al
le risorse pubbliche disponibili (esempio gli ospedali).
È evidente che le nostre
chiese non avrebbero mai
potuto permettersi di sostenere economicamente un tale sistema diaconale, che è
stato reso possibile prima di
tutto dalle nostre scelte che
hanno escluso una gestione
«privatistica» della diaconia
(scelte operate collegialmente nelle diverse sedi e livelli
decisionali e sempre rendendone conto pubblicamente),
poi dal servizio di centinaia
di fratelli e sorelle impegnati
nei comitati e nelle opere, sia
a livello volontario sia professionale, infine da un rapporto sempre aperto e corretto
con gli enti pubblici.
L’apprezzamento che generalmente riscuotono i nostri istituti, pur nei limiti e
manchevolezze che conosciamo e riconosciamo, ci
pare indicare che abbiamo
percorso una strada giusta.
Ma se le nostre chiese ritengono di invertire la rotta, limitare 0 interrompere i rapporti con gli enti pubblici, e
quindi i finanziamenti che da
essi provengono, e mantenere solo quegli istituti che possiamo reggere con le nostre
sole forze... beh, è una scelta
che le nostre chiese sono libere di fare, ma che tuttavia
non hanno ancora fatto!
Liberi dal moralismo
Mi si permetta un’ultima
considerazione. Per quanto
riguarda i finanziamenti, la
diaconia delle nostre chiese
ha operato in questi anni come operano normalmente le
associazioni non profit: formulando progetti, ricercando
finanziamenti pubblici e privati, rendendone conto. 11
tutto con un fortissimo «valore aggiunto» di volontariato,
che significa risparmio per la
collettività, maggiore corresponsabilità sociale e, generalmente, maggiore umanità
nel servizio reso. Allora, perché si tende a considerare
negativamente l’opera dei
nostri istituti mentre si considera positivamente l’opera
svolta dalle altre agenzie non
profit, sia religiose sia laiche?
Al di là delle critiche, sempre legittime, soprattutto
quando sono precise e circostanziate, mi sembrerebbe
necessario liberare da un certo moralismo il dibattito che
stiamo facendo sull’Opm e
sulla diaconia in generale.
Anche di questo discuteremo
nel prossimo Sinodo, come ci
ha chiesto il Sinodo scorso,
quando parleremo della «diaconia e il suo futuro».
Marco Jourdan
presidente della Commissione
sinodale per la diaconia (Csd)
di una nostra scuola in barba
all’art. 33 della Costituzione
della Repubblica italiana.
Adesso c’è la proposta di
sfilare un’altra spina del carciofo, che abbiamo contribuito a costmire, chiedendo che
le quote espresse siano attribuite a noi, ma che ci sia anche attribuita la parte percentuale corrispondente delle
quote non espresse. «Il principio è salvo, perché anche
quello che destineremo all’istruzione e all’assistenza, in
particolare per i bisogni della
fame nel mondo». In presenza
di questa proposta, che certo
prima o poi passerà, non fosse altro che perché ci porterà
più soldi, nascono alcune perplessità. Comincio da quelle
più terra terra.
1) Ci porterà più soldi? È da
vedere. Forse; ma può anche
darsi che chi ci ha dato fino a
oggi l’8 per mille proprio perché prendevamo solo le quote destinate dai contribuenti
smetta di attribuircelo.
2) È dignitoso chiederlo? Le
somme sarebbero comunque
destinate all’assistenza. Una
richiesta nostra fatta allo stato significa che gli diciamo:
«Tu gestisci disonestamente i
tuoi soldi per l’assistenza,
quindi dalli a noi che siamo
più onesti di te». Forse tra enti si può: se fosse tra persone,
non sarebbe il massimo della
buona creanza.
3) Ammettiamo che ci porti
più soldi. Ma avevamo anche
detto che la richiesta dell’8
per mille doveva suscitare dibattito, «coscientizzazione»,
capacità di discriminare tra
richieste apparentemente simili, Luna (in particolare cattolica) confessionale e l’altra
(nostra) laica. Più si sfumano
i limiti tra Luna e l’altra, e più
difficile sarà chiarire le cose.
4) «Motus in fine velocior».
La caduta è più veloce alla fine del suo corso. Non mi stupirò, quindi, quando si deciderà di utilizzare una parte
dell’8 per mille per il trattamento dei pastori e dei diaconi iscritti a ruolo. I diaconi
operano già quasi tutti nel
campo dell’assistenza e dell’istruzione. I pastori, anche
se non operano direttamente,
sono quasi tutti mehibri di
qualche comitato che opera
in questi settori. Il ragionamento sarà: «Non paghiamo
le spese di culto con l’8 per
mille, ma solo quelle per l’istruzione e la beneficenza; il
culto si tiene la domenica;
quindi il trattamento dei pastori per la domenica è a carico della chiesa, senza soldi
dello stato; gli altri giorni anche i pastori, per non parlare
dei diaconi, operano nell’assistenza e nell’istruzione. La
nostra laicità non sta nel fatto
che non vada un soldo dello
stato in tasca ai pastori; ma
solo nel fatto che lo stato stesso non paga il culto quindi...».
Ora, veramente, se la linea
sarà prima o poi questa, come è probabile, si faccia tutto
in una volta sola. Quelli di noi
che avevano accettato con
mal di stomaco le tappe precedenti dello spinamento del
carciofo, avranno tutto il mal
di stomaco in una volta sola.
E quando continueranno a
militare nelle associazioni a
favore della laicità, come
quella degli insegnanti del
«31 ottobre», lo faranno abbassando lo sguardo e confessando che la loro battaglia
non è solo contro il confessionalismo cattolico, ma anche contro quello valdese.
Claudio Tron - Villasecca
10
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 2 MARZO 2001
VENEIS
«SENTINELLA, A CHE
PUNTO E LA NOTTE?»
DOMENICO MASEUl
Il richiamo del profeta (Isaia
21, 11) ci giunge mentre abbiamo appena celebrato la Settimana della libertà legata al 17 febbraio; la nostra società appare
in uno stato di autentico disfacimento, come provano gli allucinanti delitti di Padova e di Novi
Ligure, la politica sembra ridotta a una furibonda rissa di partiti dentro e fuori le coalizioni.
In questa situazione, dal Giubileo cattolico, al Gay Pride e alle
discussioni parlamentari sulla
procreazione medicalmente assistita, abbiamo visto pesanti
interferenze della Chiesa cattolica sulle libere scelte dei parlamentari italiani. Io credo, però, che in questo
momento si stia
superando il li- Apodlo dlo Vigilanza
vello di guardia.
Da un lato, gu contio la ciescita dei
interventi vaticani sulla vita segnali negativi sulla »«»azione di inta
politica italiana :---;
libertà religiosa e di
zinnali della Camera un deputato della Lega Nord ha messo in
dubbio il concetto stesso di libertà religiosa, sostenendo che
la diffusione libera di culti acattolici è lesiva dei diritti della
maggioranza!
Non meno allarmanti sono le
vicende delle Intese con Testimoni di Geova e buddisti. Se è
vero che sono state ñnalmente
firmate dopo tre anni di trattative, ora l’approvazione parlamentare è ritardata da pretestuose richieste di commissioni
di inchiesta parlamentare o dalla valanga di lettere di protesta
fatte su cliché preconfezionati
da abili mani e inviate alla Commissione. Non è
mancato l’ostruzionismo di alcuni partiti, che
hanno avuto facile gioco nella si
si fanno sempre
più serrati; dall’altro, i politici
italiani dei vari
schieramenti
fanno a gara ad attirare su di sé
l’interesse dei massimi esponenti cattolici. I recenti incontri
del cardinale Sodano con i principali esponenti delle coalizioni
italiane preoccupano prima ancora che sul piano sostanziale,
su quello formale. Il cardinale
Sodano non è un dirigente deUa
Chiesa cattolica italiana, ma il
segretario di uno stato sovrano,
il Vaticano, e il secondo esponente di una potenza mondiale,
la Chiesa cattolica romana. Appare opportuno il richiamo del
presidente Ciampi alla laicità
dello stato riconosciuta dallo
Concordato del 1984.
Quando gli interessi della vita
politica, e in generale del costume nazionale, si riducono soltanto al piano economico e consumistico, si perdono di vista i
valori di riferimento fondamentali per la vita di uno stato democratico. I primi tra quésti sono quelli della libertà di tutti i
cittadini e della tutela delle minoran^. Come la televisione è
dominata dai dati dell’Auditel,
la politica si lascia condizionare
dai sondaggi. I segnali negativi
si moltiplicano. Il presidente
della Commissione di controllo
sui Servizi segreti, Trattini, ha
recentemente parlato del pericolo che le conversioni di personaggi italiani all’islamismo preludano ad attività terroristiche.
In tale modo si mette in discussione la liceità di una libera
scelta religiosa. Pochi giorni fa
coscienza in Italia
samento in cui si
trovano le Camere per la prossima fine della legislatura. Un segno
di degrado ancora più grave è stata la scarsissima partecipazione dei parlamentare al dibattito sulla le^e
di libertà religiosa e l’atteggiamento dei burocrati dei ministeri del Tesoro e delle Finanze,
che hanno ostacolato la legge
con la scusa della mancanza di
copertura finanziaria. Qua e là
si rinfocola una generica paura
delle «sette» che paiono minacciare la pace del paese e giustificherebbero limiti alla libertà di
scelta dei cittadini.
Per queste ragioni unisco la
mia voce a quella di credenti
cattolici per invitare gli evangelici e i laici alla vigilanza. «Sentinella, a che punto è la notte?»,
chiedeva il profeta. Comodamente adagiati in una fiducia
priva di riscontri oggettivi, potremmo trovarci ad avere regredito a una situazione simile a
quella del 1930 e risvegliarci
quando è troppo tardi. I valori
della laicità sono quelli della responsabilità individuale davanti
alle scelte della vita, e per noi
evangelici è l’essenza stessa delle nostre decisioni di fede. Il mio
non è im rigurgito anticlericale,
ma l’esigenza di proclamare e
difendere la libertà individuale e
religiosa di tutti, l’autonomia
della politica da spinte reazionarie volte ad un passato che non
può e non deve tornare. Del resto ingranare una retromarcia
significherebbe inficiare tutti i
successi acquisiti da un faticoso
cammino ecumenico che non
in Commissione Affari costitu- desideriamo interrompere.
LEC0DEU||P^
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La testata Riforma è registrata dal Tribunale di Pinerolo con il numero 176/51.
Riforma-L'Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L’Eco delle vallB valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 175/51 (modifiche registrate il 6 dioembre1999).
Il numero 8 del 23 febbraio 2001 è stato spedito (tell’Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 21 febbraio 2001.
2001
Associalo alla
Union« stampa
periodic« HsOsn«
La sperimentazione oggi è in mano alle multinazionali
Non ci possiamo fidare degli Ogm, tuttavia
gli enti pubblici di ricerca vanno sostenuti
GIULIANA GAY EYNARD*
E quasi comico constatare
come tutta la polemica
sugli Organismi geneticamente modificati (Ogm) scatenatasi nell’ultimo anno sia partita proprio dalla preoccupazione deirUnione europea di
inserire nella normativa sul
materiale di moltiplicazione
della vita (che è strettamente
regolamentato) il principio di
precauzione prescrivendo che
eventuale materiale geneticamente modificato sia ammesso soltanto dopo un’accurata
sperimentazione. Non credo
che nessun ricercatore si sogni di affermare aprioristicamente che gli Ogm non fanno male; si vorrebbe solo cercare di scoprire se lo fanno.
Renato Mirabile di Luserna
San Giovanni pone dei quesiti a cui cercherò di dare, almeno in parte, una risposta.
1) Perché i ragionamenti intellettual-scientifici sono reputati al soldo del potere economico soltanto per quanto
riguarda l’agricoltura? Siamo
disposti ad accettare nella nostra vita tutti gli strumenti che
il «progresso» ci concede: dalle auto alla televisione, dai
cellulari a ogni sorta di manufatto di metallo e di plastica
nel nostro corpo. Forse che la
Sony, la Nokia, la General
Motors sono associazioni di
beneficenza? Ma per quanto
riguarda l’alimentazione siamo intransigenti: perché?
2) Sono perfettamente d’
accordo che una lunga serie
di prodotti (sia naturali, sia
ottenuti dall’uomo) un tempo
ritenuti innocui si sono poi rivelati nocivi e non voglio qui
fare degli esempi perché c’è il
rischio che qualcuno elimini
dalla sua dieta un ulteriore
alimento consumato da millenni. Ed è proprio il progredire delle conoscenze che ci
ha permesso di accertarne la
nocività. A me sembra che visto che ci sono rischi in tutto
quello che possiamo mangiare (alcuni li conosciamo già,
altri saranno scoperti domani) è meglio mangiare un po’
di tutto perché è l’unico modo di ridurre davvero il rischio molto forte che corrono
le popolazioni che si basano
su uri solo alimento.
3) È vero: ho proprio paura
del dilagare dell'irrazionalità
fra la gente comune (e per
l’alimentazione anche il più
grande intellettuale è sprovveduto, anzi forse di più altri)
perché se no, non mi spiegherei come mai abbiano
tanto successo oroscopi, maghi, fattucchiere e illusionisti
(uomini politici compresi). E
ritorniamo al fatto che il principio di precauzione è invocato soltanto per Ogm e non
per tutti gli apparecchi elettronici che riempiono tutti gli
spazi della nostra vita: viviamo in appartamenti pieni di
randon, i nostri figli e nipoti
passano il tempo davanti alla
tv e alla play station, girano
dappertutto con il telefonino
all’orecchio (e la ricerca ci dice che tutti i rilievi sinora eseguiti non hanno messo in evidenza rischi, ma non si possono escludere quelli a lungo
termine) ma per il cibo... forse il tema meriterebbe uno
studio psicologico.
4) L’unica risposta che sono riuscita a darmi per questa
differenza fra accettazione di
quanto riguarda il settore
meccanico ed elettronico (o
che lì il potere economico e le
multinazionali non operano?)
e quello agricolo e alimentare
è che sta rinverdendo il mito
della natura buona e una visione idilliaca dell’agricoltura
e dell’alimentazione tradizionale. Si vorrebbe che gli agricoltori continuassero a vivere
e a produrre come se li immaginava Virgilio: sdraiati
sotto un albero a suonare la
zampogna. Come faccio allora a non arrabbiarmi, dopo
tanti anni passati a vedere le
difficoltà di chi non fa l’agricoltore solo la domenica, ma
di agricoltura deve vivere?
Il «biologico»
5) Possibile che ci si dimentichi così presto di come vivano i nostri nonni? Mia suocera mi raccontava sempre di
quando ai bambini si concedeva di mangiare una castagna sana dopo 7 avariate (ed
era il cibo base sulle nostre
montagne in inverno). Credete che facesse bene alla salute? È questa l’alimentazione
che volete dare ai vostri figli?
Mi dispiace di non poter condividere la passione per il
«biologico», che ritengo sia
un lusso da ricchi, che possono permettersi di scegliere,
mentre chi ha fame non si
preoccupa di eventuali rischi
di mali fra vent’anni quando
l’alternativa è morire in settimana. In questi giorni la tv ci
ha fatto vedere scheletri ambulanti in Africa e Asia, chi
vuol provare a vivere una settimana con loro e a proporre
di mangiare solo «biologico»?
6) Fra il «biologico» per i
popoli ricchi e la fame per i
poveri (benché ben venga il
«biologico» per chi veste Armani o Versace), l’impegno, a
mio parere, dovrebbe essere
per una produzione agricola
rispettosa dell’ambiente e
della salute: è quella che si
chiama produzione integrata,
fatta da agricoltori che fanno
il loro mestiere con coscienza
e professionalità usando il
minimo di presidi sanitari
perché ricorrono a tecniche
di gestione mirate a mante
7) Lo sa la gente comune
che le normative sempre più
severe sulla sperimentazione
in campo agricolo in Europa
inducono le multinazionali a
spostare la sperimentazione
nel Terzo Mondo dove certamente i controlli e le precauzioni rischiano di essere davvero insufficienti se non inesistenti? Siccome non posso
pensare che si voglia questo
(anche se dilaga la sindrome «le immondizie ovunque
purché non vicino a me»), mi
sembra che l’unica spiegazione sia che c’è in noi il desiderio inconscio di voler essere ingannati da chi ci promette soluzioni miracolistiche nella vita di ogni giorno
come in politica.
nere gli equilibri biologici e a
roE
salvaguardare l’ambiente. Essi hanno diritto a tutta la nostra riconoscenza e a non essere presi in giro da chi gioca
sui timori del pubblico.
Il progresso tecnico
8) Ora si ricordano soltanto
gli errori e gli orrori del cosiddetto progresso tecnico ma
quanti di noi non usano giornalmente l’energia elettrica,
almeno per vederci la sera,
dimenticando che si è diffusa
da poco più di un secolo. Lo
sa la gente comune che in
Spagna stanno cominciando
a sfruttare intensivamente il
vento per produrre energia
elettrica pulita ma pare che i
Verdi si stiano opponendo
perché alcuni uccelli rischiano di finire travolti dalle pale?
9) Quanto alla ricerca in
materia di Ogm, mi stupisce
che la proposta di consentire
la sperimentazione da parti
degli enti pubblici di ricerca
non sia condivisa da tutti. Si
vuole proprio che il settore
rimanga in mano alle multinazionali in modo che venga
poi a mancare ogni possibilità di controllo sulla loro innocuità o meno? A questo
proposito un altro argomento ricorrente è che gli Ogm
sono destinati a distruggere
la biodiversità e la tipicità: la
risposta è sì, sarà così, ma
soltanto se lo vorremo lasciando la sperimentazione
alle multinazionali. Altrimenti l’ingegneria genetica potrebbe essere utile proprio
per salvare e utilizzare la biodiversità. Cos’è realmente
che vogliamo?
10) Personalmente sono
pessimista, ma continuo a
sperare che questa fase di timori concentrati sull’alimentazione sia superata e che
tutti ricominciamo a preoccuparci e occuparci a risolvere i tanti rischi più immediati
per la salute a cominciare da
un minor uso indiscriminato
ed eccessivo delle auto anche
se tre mucche pazze fanno
più notizia delle malattie da
inquinamento atmosferico e
delle stragi sulle strade, rischio noto e quindi ormai
preso in conto quando usciamo di casa al mattino.
* Ricercatrice del Cnr alla fa
colta di Scienze agrarie
deirUniversità di Torino
QUEST’OGGì, senza ulteriore commento, salvo
forse quello di chiedere agli
ascoltatori che cosa ne pensano, vi leggo una lettera giunta
dalla provincia di Modena.
«Seguo da anni la vostra trasmissione radiofonica che apprezzo molto per lucidità e
chiarezza. Assai spesso mi
trovo concorde con le parole
dei pastori che si alternano.
Da anni faccio parte, per grazia di Dio, di un movimento
interconfessionale di indirizzo evangelico. È qui che mi
sono convertita autenticamente: da religiosa sono diventata credente e ho imparato a studiare pregare confrontarmi con la parola di Dio, a
credere veramente in un Gesù
vivo, mio personale Signore e
Salvatore. Non essendo la mia
EUGENIO RIVOIR
famiglia ipercattolica, non sono cresciuta indottrinata o
prevenuta. Ma la mia apertura costituisce una difficoltà in
mezzo alla gente, lo sono
sempre un po’ fuori, di vedute troppo originali, fuori dal
sentiero comune. Sono favorevole a un ecumenismo dove
tutti siano uniti pur nella diversità, confrontandosi solo
con la parola di Dio...
iWnire
Il tema indulgenze
Nella pagina dedicata (15
febbraio) al colloquio in Vaticano tra cattolici, luterani
e riformati (delegazione
dell’Alleanza mondiale delle chiese riformate), il teologo Angelo Maffeis, esperto di dialogo cattolico-luterano, ammette che il tema
delle indulgenze continua a
«essere un punto sensibile
nelle relazioni tra la Chiesa
cattolica e le chiese evangeliche», ma chiarisce la concezione attuale della pratica: essa «intende sottolineare da una parte che il
perdono ricevuto da Dio
implica un cammino di
conversione che si estende
nel tempo e che mira alla
purificazione dalle conseguenze che il peccato ha lasciato nell’esistenza. Dall'
altra, l’indulgenza ricorda
che questo cammino di
conversione è percorso dal
credente non da solo, ma
con il sostegno della pre
ghiera della chiesa». Le
opere penitenziali, quindi
«sono la manifestazione
dell’accoglienza del perdono e dell’impegno nel cammino di conversione».
Chiesa e elezioni
Commentando le «consultazioni» ipotizzate dal
card. Sodano alla vigilia
delle elezioni politiche
Paolo Pombeni (20 feb
braio) scrive: «Col concor
dato del 1929 la Chiesa in
tese avviare una politica
nuova verso gli stati moder
ni: la ricerca di rapporti bi
laterali da pari a pari»; dopo
il 1945 invece «Pio XII optò
per il doppio binario: difen
dere il sistema concordata
rio, ma farlo poggiare do
vunque possibile su potenti
partiti cattolici di massa
cui veniva garantito il ruolo
di “partito unico dei fede
li’’». Nell’Italia di oggi, dove
i partiti di matrice cattolica
sono tanti, vige una strate
già nuova; «Al cardinale
Ruini, presidente delta Gei
(...) si sostituisce il cardinale Sodano, ovvero il ministro degli Esteri vaticano» e
«la Chiesa dialoga coi candidati premier di entrambi
gli schieramenti», perché
«la Chiesa sa di avere un
grande spazio in una società dove la politica è diventata molto debole, perché non ha più un messaggio etico da proporre, non
ha un reale progetto sul futuro, è persino carente di figure di spessore capaci di
essere davvero “guida" per
il loro popolo».
De
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riferil
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reril
«Pon
naSi
inPii
10» j
punt
Vengo alla mia domanda.
Vorrei sapere perché, in tempi di pluralismo, dove tutti
hanno la parola, non si accenni mai alla realtà della
presenza e attività delle comunità evangeliche in Italia.
Sicuramente ci saranno giudici, medici, scrittori, parlamentari, sindaci, cantanti,
attori e poi opere di assistenza e di solidarietà, scuole,
forse ospedali, congressi
convegni, ecc. e poi nella stO'
ria d'Italia quale è statai*
presenza e l’influenza degl|
evangelici: personalità®
spicco nel Risorgimento, pr>'
ma e seconda guerra mo®
diale. Capisco la censura d*
parte cattolica che ha alza»®
alte muraglie intorno a sé
ma anche lo stato laico e>
mass media ignorano la vostra presenza. Poi ho pensato
che sia una vostra politica interna: non vale la pena di e*'
sere alla ribalta, tutto soff'
mato non giova». Allori'
amici ascoltatori, che cosa n
pensate?
(Rubrica «Parliamone iriOi*
me» della trasmissione «C«‘
evangelico» curata dalla
zione delle chiesa evangeliche
Italia di domenica 25 febbraio!
Sdì
da ir
la su
liare
Giov
èprr
due:
pegn
pene
santi
gone
med
auto
essei
dron
tane
men
chio.
tutto
cuni
and
buzi
solo
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grar
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peni
men
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due
una
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miti
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11
PAG. 11 RIFORMA
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Un altro progetto per Torre Pellice
Lo stadio alla stazione?
Mentre sono avviate le procedure per la valutazione ambientale sulle opere previste per le olimpiadi ecco una nuova proposta per il Palaghiaccio di Torre Pellice. A lanciarla è il gruppo
civico della vai Pellice che suggerisce l’area della stazione ferroviaria di Torre Pellice; i vantaggi rispetto all’area a monte del
Gilly sarebbero diversi: pieno utilizzo del treno come mezzo di
trasporto da e verso Torino, collocazione centrale rispetto al
paese e possibilità di utilizzare gli attuali parcheggi lungo il Pollice, già realizzati dal Comune, recupero di un’area degradata. I
locali della stazione potrebbero ospitare il bar-ristorante del
Palaghiaccio, l’ufficio turistico e spazi espositivi. L’idea piace.
Sarà possibile dialogare, in modo tempestivo con le Ferrovie?
— Rischi per le fioriture già iniziate
È ritornata la neve
Alle quote basse è stata la più copiosa nevicata di questa stagione invernale; e, come ormai accade da tdcuni anni, la nevicata è giunta quando la primavera sembrava ormai imminente
e le temperature avevano superato, col foehn di giovedì scorso,
i 20 gradi. Poi la brusca inversione termica e una precipitazione che da un lato ha portato a decine i bambini nelle piazze a
giocare e contemporaneamente ha fatto rinviare diverse mtmifestazioni di carnevale da tempo organizzate. Non eccessivo il
disturbo arrecato alla circolazione stradale; resta la preoccupazione per una stagione vegetativa ormai avviata e che potrebbe
risentire di queste repentine diminuzioni di temperatura e per
alcune strade per qualche giorno ghiacciate.
Fondato nel 1848
L'Italia è il primo paese al mondo per il consumo; a Luserna un'azienda ben classificata
Il regno delle acque minerali
Da trent'onni la «Pontevecchio» con i suoi 5 marchi di fabbrica mantiene fa dimensione familiare
e tuttavia conserva una posizione preminente nel mercato, subito dopo le grandi multinazionali
praVALDO ROSTAN
ine
ne «Cul^
la Fedent
igelichf^
febbraio)
Lt ITALIA è il primo paI ese al mondo per il
consumo di acqua minerale, seguita da Francia e
Germania. Ogni italiano
(naturalmente siamo alle
solite medie) consuma
oltre 150 litri di acqua
minerale: un vero e proprio business da 5.000
miliardi. E l’affare è talmente grosso che i marchi di acqua sono ormai
più di 250; naturalmente
la maggior parte di essi è
riferibile alle grandi multinazionali. E proprio per
questo assume particolare rilevanza il caso della
«Pontevecchio» di Luserna San Giovanni, leader
in Piemonte e piazzata al
10“ posto in Italia, appunto subito dopo i colossi del settore.
Sorta nel 1971 l’azienda mantiene comunque
la sua dimensione familiare (l’amministratore è
Giovanni Damilano che
è proprietario insieme ai
due figli a loro volta impegnati in azienda): i dipendenti sono una sessantina, a cui si aggiungono, come indotto immediato, una trentina di
autotrasportatori che pur
essendo i cosiddetti «padroncini» in realtà lavorano quasi esclusivamente per la Pontevecchio. Un mercato soprattutto piemontese, con alcuni marchi che vanno
suche alla grande distribuzione; la stagionalità è
solo parziale perché l’azienda non raggiunge
grandi località costiere
per cui d’estate la maggior richiesta viene compensata dall’allontanamento di chi va a fare turismo lontano dal Piemonte. «Lavoriamo su
due linee per la plastica e
una per il vetro - spiega
u responsabile del settore marketing, Enrico Del¡nirani -; per le bottiglie
W plastica giriamo su tre
turni». Con una curiosità: le bottiglie vengono
prodotte direttamente a
tsiserna, riducendo i co®ti: una manciata di 30
Srammi di polimeri diTenta in poco tempo una
^ RADIO
'ìBECKWITH
[.«/ANGEUCA
^9t.200 - 96.550
bottiglia e così si evita il
trasporto delle voluminose bottiglie vuote.
La Pontevecchio ha
una rotazione motto veloce: in pratica tutta l’acqua imbottigliata in una
giornata viene spedita al
mercato in poche ore. In
un anno vengono prodotti 130 milioni di bottiglie
in plastica e 20 milioni in
vetro; ogni giorno partono da Luserna Alta una
trentina di camion per un
totale di circa 600.000
bottiglie: un bell’impatto
sul vecchio borgo dalla
stradine strette a cui si
aggiungono, detto per inciso, altre decine di camion con i blocchi di pietra provenienti dalle cave.
È per questo che da alcuni anni si parla di realizzare una minitangenziale
che liberi dal traffico Luserna Alta ridando «vivibilità» alla zona.
Oggi si aggiungono importanti lavori di ampliamento alle strutture dell’azienda delle acque minerali, quella che un tempo veniva semplicemente chiamata «Sparea», per
marchio più antico, quello con cui la Pontevecchio di affacciò sul mercato 30 anni or sono. «I
lavori consentiranno di
gestire meglio il magazzino e di conseguenza di
aumentare la produzione
con una nuova linea che
entrerà in funzione a
maggio; contiamo di accrescere di una decina i
posti di lavoro», aggiunge
ancora Delmirani.
I marchi della Pontevecchio sono cinque:
Sparea, Val Mora, Alpi
Cozie, Monviso, Fonte
delle Alpi, per ognuno la
versione frizzante e naturale, in linea con le più
recenti richieste del mercato. In vetro si trovano
solo Sparea e Alpi Cozie,
con una versione più
«elegante» per i ristoranti. Per ogni marchio una
sorgente, fra gli 800 e i
1.300 metri nei territori
di Luserna San Giovanni,
Rorà e Bagnolo; e da ogni
fonte un megacontenitore in azienda. Sulla salubrità del prodotto vigila
l’azienda stessa con controlli quotidiani grazie ai
propri laboratori e l’Asl
con prelievi a sorpresa.
La Sparea è stata sponsor del Torino calcio e
delTHockey Club Valpelllce quando era in serie
A; acqua ufficiale dell’ultimo «Salone del gusto»
organizzato da Slow food
a Torino in autunno, la
Pontevecchio non teme
le recenti polemiche sulla
presenza di veleni: «Dipende dalle zone di provenienza - spiega Delmirani -: le nostre acque sono minimamente mineralizzate ma assolutamente prive di cadmio,
cromo 0 arsenico, povere
di sodio; anche per questo la qualità è riconosciuta ufficialmente dal
ministero della Sanità».
Il nuovo ponte sul Chisone
Cè un progetto
con due padri
Sarà che le elezioni si
avvicinano, o che spesso
la tentazione di assumersi i meriti di una decisione positiva presa vale un
po’ di consenso in più rispetto a dire di aver semplicemente contribuito a
prenderla, sarà... ma in
questo periodo, più del
solito, si leggono comunicati stampa, notizie
giornalistiche o si sentono dichiarazioni di politici e amministratori che
affermano di essere loro
ad aver avuto una determinata idea 0 di aver
lanciato in prima persona progetti fortunatamente poi sposati da tutti ma con un attimo di ritardo rispetto al legittimo promotore. Fin qui
tutto sommato siamo
nella norma, è sempre
successo e sempre succederà, ma la situazione
rasenta quasi il ridicolo
quando per esempio su
un progetto particolare
come quello del ponte
ferroviario sul Chisone a
Pinerolo con relativo sottopasso che eviterebbe i
fastidiosi passaggi a livello per il traffico veicolare
arrivano ai giornali quasi
in contemporanea due
dichiarazioni da parte di
due enti differenti, l’uno
con una giunta di destra
e l’altro di sinistra, che
dichiarano rispettivamente di essere stati loro
a lanciare l’idea poi sottoscritta dagli altri enti
coinvolti nella futura costruzione del ponte.
Situazione quasi dell’
assurdo con due soggetti
che si vogliono ascrivere
il merito di aver lanciato
una proposta di intervento che però non si è anco
ra realizzata anche se si
spera che presto possa
decollare. Nel caso particolare non pare importante chi abbia avuto
l’idea per primo quel che
importa è che il ponte sia
realizzato ed è fonda
mentale per fare questo
che l’accordo fra i vari
enti continui. Se poi più
enti o persone hanno
avuto la stessa idea tanto
meglio, vorrà dire che ci
sarà meno da discutere
per accordarsi e più tem
po per trovare le soluzio
ni economiche e tecniche
per realizzarlo. (d.r.)
^LDESI
ICONTRAPPUNTOI
FATTI DI CRONACA
SCONVOLGENTI
ALBaTOCOIISAM
E se toccasse un giorno a
uno dei nostri paesi, nelle
Valli 0 a Pinerolo e dintorni, di vedersi sconvolgere
da un fatto di cronaca come quelli che turbano comunità di provincia come
Novi Ligure, Sesto San Giovanni oppure, anni fa, Tortona? Non siamo nel regno
dell’impossibile: fatti di
cronaca nera
si sono già verificati (l’auto
nel burrone
A questi ansiosi visitatori, in cerca di un racconto,
di una faccia caratteristica,
di un «esemplare tipico»,
che cosa potremmo dire?
Che siamo uguali o che siamo diversi? Che poteva capitare anche in pianura,
nella periferia torinese?
Oppure salterà fuori qualcuno che vorrà trovare nel
«fattaccio»
una sorta di
/ «fattacci» conferma del
proprio scet
sulla strada di pOSSOFIO SUCCed&e ticismo abi
ovunque, non solo
nelle metropoli
Come prevenirli?
Villanova) e
hanno già portato le telecamere. Non siamo su un altro
pianeta. Non
si sta parlando
d’altra parte
di marginalità sociali, di
devianza, di derelitti che
prima o poi delinquono.
Parliamo di famiglie per
bene e di case per bene.
Non possiamo dire, come
invece spesso diciamo, che
da noi è diverso.
Se qualcosa del genere
avvenisse, non faremmo in
tempo a rendercene conto.
Dopo le prime voci, e i primi tentativi di razionalizzare (era un po’ che dava
segni di squilibrio; ci sarà
stato un estraneo di mezzo;
può essere un incidente,
voleva solo far paura...), a
cui si ricorre subito per
tranquillizzarci tutti, ci si
convincerebbe che no, è
andata proprio così. Sbigottimento. E subito l’invasione degli inviati speciali.
Piccole realtà di campanile
percorse in lungo e in largo
da inquirenti veri e presunti, da cronisti e da curiosi. Alla ricerca di qualcosa che spieghi, a fare la
posta di fronte alle finestre, nella speranza che
una tapparella si smagli.
Tanti italiani sentirebbero parlare per la prima volta delle Valli e dei valdesi,
di una tradizione secolare,
di servizi sociali efficienti e
di sviluppo compatibile; di
agricoltura biologica e di
nocciolo duro della cultura
operaia in miniera; della
ferrovia e del Concorso ippico, dell’alluvione e della
Maschera di ferro. In poco
tempo sarebbero gli altri a
spiegarci chi siamo. Succede già, d’altra parte, e succede per motivazioni molto
meno urgenti. Ci si sono
esercitati in tanti nel 1989 e
nel 1998, ci si è provata «Linea verde» e anche la cartografìa istituzionale, con gli
esiti discutibili efficaciemente descritti da Gino
Lusso nel numero scorso.
tuale: i servizi sociali? sì,
ma...; l’oratorio? sì, ma...;
la scuola domenicale?
(mugugno). E
assai grande
sarebbe la tentazione, di
fronte ai cronisti assetati,
di fornire opinioni e convincimenti personaU come
fossero verità assodate
(prima gli immigrati e i
drogati, poi l’alcol e ogni
sorta di «mele marce», ^o
a eventuale smentita). Anzi, proprio dover esprime
re la propria verità di fronte al cronista contribuirebbe a rafforzare il carattere
definitivo di questa verità.
Ognuno si vanterebbe dicendo: «l’avevo sempre
detto». E con il medesimo
accento ognuno direbbe
una cosa diversa.
Quando si cede a questa
tentazione, e ciò avviene
per fatti molto meno gravi,
si sfilaccia il tessuto sociale. Perché è bello avere idee
diverse, è essenziale: ma
sarebbe meglio cominciare
a esprimerle prima che avvengano i fattacci. Si potrebbe smettere di lasciare
la gestione dei problemi so
ciali ai soli tecnici, siano
essi psicologi o medici o
parroci o pastori (invece ne
parla solo chi è coinvolto,
direttamente o come ope
ratore, oppure ne parlano
denigratori). Si potrebbe
pensare che, se non siamo
in grado (e chi lo è in senso
assoluto?) di trovare una
soluzione miracolosa per
problemi degli adolescenti,
perlomeno, quando qual
cuno ne propone una par
ziale, parzialissima, una
piccola idea, potremmo
rallegrarcene. Ma purtrop
po nelle nostre società si
sanno dare spiegazioni ai
fatti più sconvolgenti e non
si sanno dare incoraggia
menti a chi, giovani e gio
vanissimi, ma anche perso
ne che lavorano con loro,
avrebbe bisogno. E ognuno
si chiude nel guscio, spe
rando che niente avvenga.
12
PAG. 12 RIFORMA
E Eco Delle Yaui \àldesi
venerdì 2 MARZO 2001
VENER
Gli interventi della Provincia dopo l'alluvione
La ricostruzione oggi
Serata pubblica ad Angrogna
Per ora no ai cervi
Le opere compiute nell'immediato per la riattivazione
dei servizi essenziali e i progetti per quelle definitive
FRANCESCA CAni
PINEROLO: AL VIA IL NUOVO IMPIANTO DI
COMPOSTAGGIO — Sarà inaugurato sabato 3
marzo il nuovo impianto di compostaggio realizzato dal consorzio Acea a Pinerolo. L’impianto permetterà di ridurre il quantitativo di rifiuti
che attualmente finiscono in discarica smaltendo per esempio i rifiuti derivanti da sfalci e potature e trasformandoli in compost, materiale organico da impiegarsi come fertilizzante. «L’impianto - dicono all’Acea - è un ulteriore passo
compiuto dall’azienda consortile verso una
sempre maggiore differénziazione dei rifiuti che
si affianca alle aree sovracomunali di conferimento e ad altre iniziative simili che stiamo portando avanti sul territorio pinerolese».
L’ATL 2 AL BIT DI MILANO — Il territorio delle
«montagne olimpiche» si è presentato alla «Borsa internazionale del turismo» di Milano con il
catalogo delle nuove proposte per l’estate 2001.
Stampato in 50.000 copie e in lingua italiana,
francese, tedesca e inglese, il catalogo propone
servizi e tariffe del Pinerolese e della vai di Susa,
anzi soprattutto di quest’ultima. Anche questo
elemento rientra nelle difficoltà di rapporto del
Pinerolese con l’Atl di Chiabrera la cui assemblea con l’approvazione del bilancio è stata rinviata a questa settimana dopo le pesanti critiche
alla gestione da parte delle Comunità montane
ma anche dei privati di questa parte di territorio.
ALTO INTERESSE PER L’AGRICOLTURA BIOLOGICA — Sala della Comunità montana vai Pellice
gremita la scorsa settimana in occasione della
presentazione delle opportunità offerte
dall’agricoltura biologica. Una scelta di qualità
che premia i prodotti certificati, specie in un
tempo di grande inquietudine dei consumatori
e che consente agli agricoltori di accedere ai
contributi europei per questo tipo di produzioni
ecocompatibili. Le domande di adesione til biologico vanno presentate entro la fine di marzo.
LE COMUNITÀ MONTANE PER L’AMBIENTE —
Tutte e tre le Comunità montane del Pinerolese
hanno presentato al ministero dell’Ambiente un
progetto su un bando del ministero per arrivare
a una certificazione ambientale del proprio territorio. I progetti sono singoli, cioè inerenti
ognuna delle Comunità montane, ma sono stati
realizzati in stretto contatto, evidenziando diversi elementi comuni e riaffermando la volontà
di collaborare per tutte le politiche territoriali.
La certificazione ambientale era stata già ipotizzata nei piani di sviluppo e nel programma Leader plus; i vantaggi si potrebbero concretizzare
soprattutto nei settori agricoli e turistici.
A TORRE NIENTE RACCOLTA CARTONI — La raccolta differenziata dei cartoni di imballaggio per i
commercianti che avveniva ogni giovedì da diversi anni a Torre Pellice (come in altri Comuni
del Pinerolese) termina col 28 febbraio. A deciderlo è stata la giunta comunale che ritiene «che
la sperimentazione ha avuto esito negativo». La
scelta ha lasciato molti perplessi, ovviamente e
soprattutto fra i commercianti invitati ora a por
tare i propri cartoni all’area di conferimento vicino al ponte Blando. Gli orari di apertura sono lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9 alle 12, martedì,
giovedì e sabato dalle 13,30 alle 16,30.
BOBBIO: UNA NUOVA CENTRALE? — 11 Consiglio
comunale sarà in settimana chiamato a discutere
del progetto di realizzazione di una nuova cen
trale idroelettrica con locali macchina nell’abitato e captazione poco a valle dell’ultimo rilascio
sul Pellice alla centrale Malbec. 1 consiglieri di
minoranza hanno presentato un’interrogazione
in merito visto che ormai di centrale in centrale il
corso del Pellice rischia di essere totalmente in
tubato da Villanova fino al centro abitato.
A quattro mesi dail’alluvione che ha colpito il Piemonte la Provincia di Torino ha presentato un primo rapporto che
fa il punto sulla gestione
dell’emergenza e sulla ricostruzione. Il documento, redatto dagli assessorati al Bilancio, alla Viabilità e alla Protezione civile, fornisce un quadro
esaustivo dei danni alla
viabilità e alle infrastrutture. La Provincia ha speso circa 25 miliardi per gli
interventi d’urgenza effettuati nei giorni immediatamente successivi
all’alluvione. Per ristabilire la normalità sono necessari ancora oltre 190
miliardi di cui circa 110
destinati ai lavori di ripristino definitivo delle infrastrutture e circa 80 per
la loro messa in sicurezza. Per quanto riguarda la
viabilità sono stati attivati
progetti in corso di finanziamento da parte della
Regione per una spesa di
oltre 57 miliardi.
L’alluvione del 13 ottobre ha causato anche
nelle valli Pellice, Germanasca e Chisone esondazioni, erosioni spondali,
parziali demolizioni di
scogliere e in alcuni casi,
soprattutto per quanto
riguarda il torrente Chisone, deviazioni e biforcazioni del corso del fiume con formazione di
isole invase da vegetazione spontanea. Nei giorni
immediatamente successivi agli eventi alluvionali, gli interventi della Provincia sono stati finalizzati alla riattivazione dei
servizi interrotti (energia
elettrica, acqua potabile)
e al ripristino della rete
viaria adottando soluzioni provvisorie in tutti
quei casi nei quali non
era possibile realizzare in
tempi brevi interventi
definitivi.
Inizia ora la fase di
attuazione degli interventi definitivi, in corso
di appalto e di finanziamento da parte della Regione, che riguardano in
particolare la ricostruzione del ponte Miradolo sul Chisone per una
spesa di 10 miliardi e la
sistemazione del guado
sul Pellice a Cavour dal
costo di 1 miliardo e 600
milioni. Inoltre è in progettazione il nuovo ponte sul Chisone a Villar
Perosa per una spesa di
6 miliardi e 800 milioni.
A Porte, invece, il passaggio attuale sarà consolidato e quasi sicuramente diventerà definitivo. Per quanto riguarda
la vai Germanasca, la
Conferenza dei servizi ha
approvato il progetto per
la sistemazione della frana alla Gianna per una
spesa di 600 milioni. La
frana è costantemente
monitorata e, non appena le condizioni climatiche lo permetteranno,
inizieranno i lavori di
messa in sicurezza.
Per finire una buona
notizia: si comincia a lavorare per le Olimpiadi.
Sono infatti in arrivo circa 6 miliardi di finanziamenti che saranno destinata ai lavori per la strada provinciale 161. Altri
stanziamenti sono previsti per la circonvallazione di Bibiana e per la
messa in sicurezza della
statale 589 a Osasco.
Un colpo di scena iniziale ha in qualche modo
condizionato la serata
che la Pro Loco di Angrogna e la Comunità montana avevano voluto dedicare alla questione cervi. Come è noto il Comprensorio alpino To 1
aveva deciso di immettere 20 cervi in vai Pellice
entro il mese di marzo,
ciò malgrado già un anno fa Comuni e Comunità montana si fossero
espressi in modo unanimemente contrario.
Il colpo di scena è costituito dall’annuncio del
presidente del comprensorio, Romano Bonansea,
che ha dichiarato: «Se
nessuno li vuole i cervi
non li metteremo, ma
sappiate che si perde
un’occasione». E così tutti gli altri interventi sono
stati condizionati; i rappresentanti del consorzio
forestale dell’alta vai Susa, Dotta, e del parco del
Gran bosco di Salbertrand, Pulzoni, hanno ripercorso la storia dell’immissione dei cervi nella
loro valle, della loro non
gestione (cioè dei mancati interventi di caccia),,
per 30 anni e quindi di
come questi grossi ungulati siano passati da 12
immessi a 1.600, con dei
danni inevitabili, special,
mente al patrimonio bo.
schivo, per centinaia di
milioni, anzi per miliardi,
Oggi si accertano circa
200 danneggiamenti ad
aziende agricole (com.
prese nei vitigni di montagna), malgrado gli oltre
400 capi abbattuti ogni
anno e l’arrivo del lupo,
capace di «mettere sotto!
denti» una quarantina di
cervi l’anno. I cervi non
verranno immessi; questa
è la decisione del comprensorio. Potrebbero comunque arrivare lo stesso, dalla vai Germanasca
o dalla vai Po; e anche in
quel caso la valle si troverà nella necessità di gestirli affinché rappresentino una ricchezza e non
solo danni alle foreste e
all’agricoltura.
Ridimensionamento in Comunità montana
Val Pellice: 2 assessori in meno
C’è un accordo; non
soddisfa tutti, anzi lascia
molti poco convinti, ma
comunque chiude la vicenda della riduzione del
numero degli assessori
della Comunità montana
vai Pellice. La vicenda;
sulla base del testo unico
sugli enti locali alla Comunità montana toccano solo 6 assessori e un
presidente, mentre lo
statuto, a cui è stata data
attuazione nel mese di
settembre, contempla 8
assessori oltre al presidente. Le trattative e gli
incontri hanno visto come protagonisti sindaci e
forze politiche. Alla fine
hanno prevalso i primi,
con l’incapacità dei primi cittadini di rinunciare
a un proprio rappresen
tante nell’esecutivo. Si
torna così alla situazione
iniziale, con Piervaldo
Rostan e Marco Tumminello consiglieri delegati.
L’accordo è comunque
a termine; per evitare «fibrillazioni» in epoca elettorale si chiude così, ma
entro giugno si ridiscute
tutto in una sorta di verifica di metà legislatura.
La situazione di Rostan e
Tumminello è per la verità assai diversa. Al primo, oltre alle deleghe alla
Montagna e all’Ambiente,
verrà ora aggiunta quella
all’Agricoltura; per il secondo potrebbero arrivare anche le dimissioni da
consigliere a causa delle
vicende giudiziarie in cui
è stato coinvolto.
Tumminello commise
delle gravi irregolarità
quando era direttore dell’agenzia San Paolo di Vigono e nei giorni scorsi è
stato condannato a 14
mesi con la condizionale
per cui la sua carriera di
amministratore pubblico
potrebbe chiudersi qui.
Resta da chiedersi perché
abbia riproposto la sua
candidatura nel 1999 a
fatti avvenuti. L’uscita di
scena del rappresentante
di Villar Pellice apre un
nuovo scenario nella
giunta Bertalot; al Turismo, delega fin qui gestita da Tumminello, andrà
Mauro Pons che abbandona il settore agricolo.
Intanto il Consiglio sul
bilancio, già previsto per
il 28 febbraio, è stato spostato a metà marzo.
Prarostino: Consiglio comunale
Futuro gemellaggio
DANIEU GRILL
UN nutrito ordine del
giorno ha accompagnato il Consiglio comunale di Prarostino lunedì
26 febbraio: erano ben 11
i punti all’ordine del
giorno che sono stati discussi durante la serata.
All’esame la gestione del
servizio raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi
urbani e il regolamento
per le pubbliche affissioni. Si è parlato dell’addizionale comunale sulla
imposta dei redditi delle
persone fisiche, delle aliquote e riduzioni d’imposta e del bilancio annuale per l’esercizio finanziario 2001, con la revisione previsionale e
programmatica.
POSTA
Il voto
di «noi vecchietti»
INCONTRO CARNEVALESCO ALL’AGNELLI DI PINEROLO — 11 Gruppo giovani della parrocchia
Madonna di Fatima di Pinerolo nel pomeriggio di
sabato 17 febbraio in collaborazione con l’Asl 10
hanno organizzato un incontro carnevalesco con
i pazienti dell’ospedale Agnelli di Pinerolo. «Si è
trattato - dicono all’Asl - di un momento di allegria anche per chi soffre, un modo per non escluderlo, durante questa permanenza forzata, dalla
vita e dagli eventi di tutti i giorni». 1 pazienti hanno dimostrato di gradire l’iniziativa interagendo
anche con gli animatori e stando al gioco.
NUOVA PENSILINA IN PIAZZA CAVOUR A PINEROLO — Sono finiti la settimana scorsa i lavori di installazione in piazza Cavour a Pinerolo di una
nuova pensilina in plexiglas per i passeggeri in
attesa del bus. «Si tratta di una soluzione - dicono in Comune a Pinerolo - che unisce funzionalità e validità estetica dal punto di vista dell’arredo urbano». Proprio in quest’ottica il sindaco
della città, Alberto Barbero, ha invitato le società
di autolinee Sapav e Cavourese che operano a Pinerolo a seguire la strada intrapresa dal Comune
realizzando strutture simili anche in altre zone.
Ho più di sessant’anni; appartengo quindi a quella categoria di
esseri umani a cui praticamente
tutti i giorni giornali, riviste, radio
e tv rimproverano di essere sopravvissuti in troppi e troppo a
lungo all’età pensionabile e di
mandare sempre più in rovina il
nostro paese. Non posso che chiedere scusa di essere ancora qui;
eppure quello che l’onorevole Fini
definisce il più grandé statista del
secolo ha fatto quel che poteva
per diminuire il nostro numero:
già nel 1946 circa metà dei miei
compagni di scuola erano morti
nelle varie guerre imperiali volute
dal fascismo. Ora i nostri esperti
di statistica dicono che siamo circa il 25% della popolazione e che
questa percentuale sta rapidamente aumentando. Togliendo
dal conto i cittadini da 0 a 18 anni
rappresentiamo una parte ancor
più considerevole dell’elettorato.
Allora io mi domando: in questa
perenne campagna elettorale che
ormai ci accompagna da una votazione all’altra, non sarebbe bene che, invece di farci riempire le
orecchie dalle litigate e dalle reciproche malignità dei vari contendenti, dicessimo almeno chi ci
piacerebbe votare?
Parlando con i miei coetanei ho
scoperto che, sia a destra sia a sinistra, siamo concordi su alcuni
punti fondamentali; 1) non sentiamo nessun bisogno di capi carismatici o di unti del Signore da
osannare in piazza. È un’esperienza che abbiamo già fatto e che
dopo un ventennio ha ridotto
l’Italia a un cumulo di rovine, con
brandelli del territorio occupati da
stati vicini, ad Est come a Ovest. 2)
Vogliamo persone che non passino il loro tempo a criticare gli altri
partiti, che non disertino l’aula al
momento di votare, che non si
iscrivano in massa a ripetere il
medesimo intervento con il solo
scopo di affossare qualsiasi proposta di legge. 3) Non vogliamo
persone che saltellano da un partito all’altro secondo la convenienza del momento o peggio, che
se ne fabbricano uno personale. 4)
Non vogliamo i competenti su tutto e su nulla che passano con disinvoltura da un ministero all’altro conoscendo ben poco gli argomenti su cui devono decidere. 5)
Insomma, vogliamo solo delle
persone come noi, che abbiano
una discreta conoscenza di qualche argomento specifico e che siano disposti a lavorare insieme,
senza farsi reciproci dispetti, che
sappiapo votare una buona legge
senza preoccuparsi che sia stata
proposta alla maggioranza o dal
l’opposizione, che tendano a semplificare leggi e strutture burocratiche e a diminuirne il numero anziché moltiplicarle, che si preoccupino in conclusione più del bene comune cbe dei meschini interessi particolari.
Chiediamo troppo? Siamo illusi?
Eppure in Italia conosciamo tante
persone (forse la maggioranza dei
cittadini) che lavorano ogni giorno
in silenzio rispettando questi principi. Personalmente poi, essendo
valdese, apprezzerei che a tutti i livelli della vita pubblica valesse il
principio pratico che applichiamo
nella nostra chiesa: ogni volta che
affidiamo un mandato a un gruppo
di persone, nominiamo contemporaneamente una commissione
d’esame sull’operato dei primi e
alla fine del mandato chiediamo
agli uni e agli altri una relazione su
quel che si è fatto e su quello che
non si potuto fare dei programmi
iniziali, e sui motivi che hanno impedito di realizzarli.
P. S. A ogni elezione si parla
molto delle crescenti astensioni.
Noi vecchietti finché avremo fiato
andremo sempre a votare, per
quanto nauseati e delusi, cercando nelle varie liste le persone che
riteniamo più oneste. Se non lo
facessimo ci sentiremmo responsabili, per assenteismo, del
trionfo dei peggiori.
Marcella Gay - Pinerolo
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venzione con la Comunità montana Pinerolese [
pedemontano per quanto
riguarda l’istituzione dell’ufficio di un difensore
civico con competenze
sovracomunali, che andrà a interessare i Comuni membri della Comunità pedemontana: Roletto, Cumiana, Cantalupa,
San Pietro vai Lemina,
Prarostino e San Secon-I
do. Una novità in vistai
per il Comune di Prarostino: un possibile futuro
gemellaggio con la cittadina di Colonia Belgrano in Argentina, che ha
contattato l’associazione
«Piemontesi nel mondo» ;
per avere la possibilità di;
gemellarsi con uno dei
Comuni della nostra valle, e l’associazione ha
scelto Prarostino sulla
base delle caratteristiche
richieste. Un primo contatto con loro potrebbe
già avvenire nell’inverno
prossimo. In ultimo, notizie positive giungono
anche dal museo della vi- ■
ticoltura, attualmente
chiuso al pubblico, che
dovrebbe riaprire in una
veste del tutto rinnovata
entro i prossimi mesi.
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li Tacabanda
«Tre martelli»
a Bobbio
Il Tacabanda sarà sabato 3 marzo a Bobbio
Pellice; alle 21,15, nù
tempio valdese, si esibisce il gruppo «Tre martelli» che presenta «Ca'
der Steili», canti e danz®
del Piemonte.
1 «Tre martelli» aprono
il loro repertorio ai canO
e alle danze di CanavejO
e Biellese, pur restando
legati agli umori e ai sO'
pori del territorio coll'"
nare che spazia dal Tonare al Po, tra Langhc
Monferrato.
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venerdì 2 marzo 2001
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PAG. 13 RIFORMA
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Visita della Tavola valdese allo stabilimento
Caffarel, una realtà solida
le preoccupazioni del moderatore per la realtà produttiva
delle valli valdesi che è la base di un tessuto sociale sano
EUGENIO BEHNARDim
IL rnoderatore della Tavola valdese, pastore
Gianni Genre, intende
incontrare le maggiori
realtà produttive delle
Valli per confrontarsi
sulle prospettive dell’economia locale. La Chiesa valdese, infatti, è impegnata nel miglioramento della qualità del
tessuto sociale alle Valli,
e questo può avvenire a
condizione che si mantenga un minimo di base
produttiva. Se questa si
indebolisse ulteriormente ne rimarrebbero colpiti anche il commercio, le
attività turistiche e culturali e quelle dei servizi.
Aumenterebbe così lo
spopolamento a favore
della pianura, la crescita
della marginalizzazione
politico-economica, lo
sfilacciamento del tessuto sociale e, non ultimo
per quelle che sono le responsabilità della Tavola,
anche la crisi delle comunità valdesi delle Valli.
La Caffarel di Luserna
San Giovanni è la prima
impresa con cui il moderatore si è messo in contatto, così, ü 22 febbraio,
nello stabilimento di Lusema San Giovanni è avvenuto un incontro tra
quasi tutti i membri della Tavola e il dr. Umberto Inversi, dirigente
dell’antica fabbrica di
cioccolato che, dal 1998,
è stata acquisita dalla
multinazionale Lindt,
con sede a Zurigo, il cui
gruppo italiano ha la sede nello stabilimento a
Varese. NeH’incontrb,
Inversi ha rassicurato la
Tavola sulle prospettive
dell’attività produttiva di
Luserna: la Caffarel è
un’azienda solida che,
con le sue 650 tipologie
di prodotti e un fatturato
annuo di 120 miliardi,
occupa stabilmente una
fascia di mercato di qualità, mentre la Lindt Italia (160 miliardi di fatturato), occupa la fascia
più popolare, dove c’è
anche più concorrenza.
L’acquisizione da parte
di Lindt Italia ha fatto
trasferire a Varese solo il
processo di lavorazione
della pasta di cacao (che
avviene sulla base della
ricetta tradizionale Caffarel), ma in cambio le
ha dato maggiore solidità finanziaria e una
maggiore rete di vendita.
La Caffarel impiega
stabilmente oltre 500 dipendenti (il 75% sono
donne), a cui si aggiungono un limitato numero di stagionali, e circa
120 agenti-rappresentanti (la Caffarel ha scelto di stare al di fuori della grande distribuzione).
Quasi tutti i dipendenti
sono della zona, per cui
ogni mese si riversano
nelle valli oltre un miliardo di lire in retribuzioni. Il clima nello stabilimento è buono, tanto
che il turn-over del personale è prossimo allo
zero; recentemente è
stata istituita la mensa.
Cioccolato-CviAo
....... . Towmo
Una réclame del 1925
le relazioni sindacali sono normali, l’organizzazione è «svizzera» (anche
i dirigenti «timbrano» il
cartellino). Insomma un
esempio di «capitalismo
compassionevole».
Con Umberto Inversi si
è parlato anche delle
nocciole. Infatti l’unico
ingrediente che si potrebbe produrre in valle è
proprio la famosa nocciola delle Langhe, la
«gentil tonda», una delle
più buone e care del
mondo, protette da un
marchio di qualità, ingrediente fondamentale
di molte tipologie di prodotti Caffarel, e non solo
della Caffarel. Ebbene, le
Valli rientrano nella zona
di origine delle nocciole
delle Langhe e, così come nelle Langhe, nulla
ne impedirebbe la coltivazione: bisogna solo
trovare gli imprenditori
disponibili all’impianto.
Lettera degli operai ex Beloit
Se manca l'identità
l'azienda si snatura
DAVIDE ROSSO
DOPO un periodo per
così dire interlocutorio, tornano a farsi sentire i dipendenti dell’ex
Beloit di Pinerolo divenuta ora Pmt Italia a seguito della vendita degli
impianti da parte della
vecchia proprietà americana a un gruppo di imprenditori italiani, e lo
fanno con una lettera indirizzata ai rappresentanti delle istituzioni politiche, ai giornali e ai sindacati del Pinerolese.
Nella lettera i dipendenti si dicono ancora
preoccupati per la situazione dell’azienda indirizzata a loro dire più a
lavoro terzista, cioè per
altre aziende, che alla
produzione propria di
macchinario da cartiera.
«La nuova proprietà - dicono i dipendenti Pmt sta trasformando profondamente l’azienda.
Essa originariamente lavorava al 100% per produrre macchinario e impianti per il settore cartario. La nuova proprietà
ha acquisito per l’azienda
di Pinerolo nuovo lavoro
da terzista e in questo
modo saturato i reparti di
officina mentre le funzioni aziendali legate alla
produzionedel macchinario per cartiere vivono
sensazioni di viva preoccupazione per la carenza
di lavoro acquisito».
Le preoccupazioni per
i lavoratori derivano anche dalla situazione dei
dipendenti ancora in
cassa integrazione e di
L'Associazione 31 ottobre e i suoi nuovi iscritti in Piemonte
Lavorare per una scuola laica e pluralista
Gli associati alla 31 ottobre che
sono anche abbonati a Riforma
hanno avuto notizia dell'assemblea che si è svolta a Napoli a fine
ottobre. In particolare per coloro
che risiedono alle Valli, segnaliamo qui alcune cose.
L’attività dell’associazione, anche se all’inizio, ha riscosso interesse e sostegno, come dimostra
anche il buon numero di associati
(circa 300 di cui una settantina in
Piemonte, gran parte alle Valli).
Una questione cruciale, per ora
non ancora realizzata sul nostro
territorio, è la costituzione di una
sezione territoriale, cioè di un
gruppetto di insegnanti che abbiano voglia di incontrarsi regolarmente, tenere i contatti a livello
nazionale e locale, costruire una
tate nelle scuole del Pinerolese,
promuovere iniziative. Siamo in
attesa che qualcuno o qualcuna si
faccia avanti: non è un impegno
troppo oneroso. Chi fosse disponibile è pregato di comunicarlo a
Giulia d’Ursi (tei. 0121-900271) o a
Marco Rostan (tei. 0121-901586).
Anche se molti si sono associati
nel corso del 2000, si ricorda che
la quota associativa deve essere
versata ogni anno: dunque bisogna pensare al 2001. In attesa che
ci sia un conto corrente postale,
per ora i versamenti vanno fatti
sul c. c. Banca commerciale italiana 5917424-01-95 (Abi 2002, Cab
3412) intestato a Ciappa Rosanna
e Grassi Francesco. La quota annua minima è di L. 20.000 (per gli
studenti 10.000). Si ricorda che
possono aderire (ed è auspicabile
che lo facciano) anche i Concistori
e le opere: finora le chiese delle
Valli sono un po’ assenti in paragone alle altre regioni. Per loro la
quota è di lire 100.000 annue. Per
facilitare le comunicazioni, si segnala a tutti gli associati vecchi e
nuovi che dispongono di posta
elettronica, l’opportunità di comunicare il loro indirizzo e-mail a
Franco Grassi: francograssi@libero.it. L’associazione dispone di un
sito Web: www.progettovesuvio.
it/associazione31ottobre. Il Comitato direttivo dell’associazione è
costituito da Rosanna Ciappa, presidente, Franco Calvetti, Luciana
Campennì, Francesco Grassi, Graziella Gandolfo, Giovanni Lombardo, Nicola Pantaleo.
(per l'Associazione 31 ottobre,
Marco Rostan)
come verranno gestiti i
dichiarati esuberi di personale. «Delle forze lavoro a libro paga dell’azienda - continuano i dipendenti - solo una parte ha
diritto a entrare a lavorare, un altro gruppo (circa
50 persone) sono fuori a
zero ore. Per intanto un
vero piano di formazione
per la gente in cassa (a
zero ore) ancora non ci è
stato fatto vedere».
Il clima nell’azienda,
continuano poi i lavoratori, è costantemente di
emergenza «con le comprensibili tensioni che
questo genera» e lamentano una scarsa disponibilità da parte della proprietà a fornire informazioni e soprattutto viene
richiesta chiarezza sugli
investimenti che sarebbero stati fatti in questo
periodo che «non capiamo - scrivono ancora i
lavoratori - se sono mirati a mantenere l’azienda come ente produttivo
che lavora per conto terzi
oppure che vuole tornare
a lavorare nel settore
specializzato della carta.
Se la strada è solo terzismo, gli eccedenti alla fine del risanamento saranno molti di più».
Infine dai lavoratori
viene ancora la richiesta
di «poter eleggere le rappresentanze sindacali, da
5 anni mancanti nell’azienda, per gestire direttamente i rapporti interni». Per ora dalla direzione Pmt Italia, a cui la lettera è stata inviata per conoscenza, non giungono
repliche o precisazioni.
NELLE CHIESE VALDESI
COLLETTIVO MIEGGE — Domenica 4 marzo, alle
17.30, a Torre Pellice, nei locali della chiesa valdese,
proseguono gli incontri teologici «Giovanni Miegge»
con la riflessione sul tema: «Tra fondamentalismo e
sincretismo, il tema della verità per l’uomo.e la donna
del nostro tempo».
INCONTRO INTERCONFESSIONALE — Domenica
4 marzo, alle 14,30, nella nuova sala di Villar Pellice,
incontro interconfessionale per la Giornata mondiale
di preghiera 2001, con liturgia preparata dalle donne
cristiane delle isole Samoa su «La preghiera consapevole conduce all’azione».
ANGROGNA — Giovedì 1“ marzo alle 20,45 nella
sala del teatro a San Lorenzo, incontro con la redazione de «La beidana» e presentazione del n. 40, di febbraio. Sabato 3 marzo, nel tempio del Serre, concerto
del coro Fihavanana, con colletta in favore della Cevaa. Studio biblico martedì 6 marzo, alla scuola grande del capoluogo, alle 20,45, sul capitolo 13 della lettera di Paolo ai Romani.
BOBBIO PELLICE — Domenica 4 marzo, culto nel
tempio, alle 10,30, con la partecipazione della Commissione esecutiva distrettuale. Martedì 6 marzo, alle
20.30, riunione quartierale al centro.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Sabato 3 marzo, alle
20,45, nel tempio, rappresentazione di «I fisici» di Durenmatt, a cura della filodrammatica. Riunioni quartierali, alle 20,30: mercoledì 7 marzo in borgata Peyrot, giovedì 8 a Fondo San Giovanni.
MASSELLO — Domenica 4 marzo, culto quindicinaie. Lunedì 5, alle 14, riunione al Roberso.
PERRERO-MANIGLIA — Martedì 6 marzo, alle
14.30, riunione di quartiere alla Baissa.
PINEROLO — Giovedì 8 marzo, alle 15, incontro
dell’Unione femminile con Lucia Cena, che parlerà
su «Il gioco e la sua importanza».
POMARETTO — Riunioni quartierali: venerdì 2
marzo, alle 15, all’Inverso Clot, lunedì 5, alle 20, ai
Masselli, mercoledì 7, alle 20, alla borgata Pons. Mercoledì 7 marzo, incontro dell’Unione femminile a Pomaretto. Venerdì 9 marzo, alle 16, incontro ecumenico al Centro anziani di Perosa.
FRALI — Giovedì 8 marzo, con l’usuale orario, si
svolgerà T incontro dell’Unione femminile.
PRAROSTINO — Giovedì 1° marzo, riunione quartierale a Pralarossa, alle 15. Lunedì 5 marzo, alle
20.30, al presbiterio, inizio di una serie di studi biblici, particolarmente indicata per i giovani, sul Cantico
dei Cantici.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: venerdì 2
marzo, alla Ravadera, martedì 6 ài Simound, venerdì
9, agli Appiotti. Lunedì 5 marzo, alle 20,45, studio biblico su «Il mandato di Gesù ai discepoli».
VILLASECCA — Riunioni quartierali: venerdì 2 marzo, alle 14,30, ai Trossieri e alle 20 a Vlllasecca; lunedì 5
a Pian Faetto, mercoledì 7 alla Roccia, ore 20.
Nuovo direttivo eletto recentemente a Prarostino
La Pro Loco si rinnova
DANIELA GRILL
CAMBIO quasi totale
di amministrazione
anche per la Pro Loco di
Prarostino, durante l’assemblea annuale dei soci
venerdì 23 febbraio. In
seguito a numerose lettere, convocazioni, incontri e discussioni che si
sono susseguiti da ottobre a febbraio, si è creata
una lista di candidati per
il nuovo direttivo, quasi
tutti con un’età inferiore
ai 30 anni, e con solo una
presenza del vecchio direttivo. Riconfermato il
presidente uscente, Tullio Long, sono stati nominati vicepresidente
Erik Avondetto e segretaria Sonia Fornerone.
«Questo cambiamento
non è stato assolutamente vissuto come una frattura tra giovani e non, o
tra nuovi e vecchi - ci
tengono a spiegare da entrambe le parti - la decisione è stata presa in un
clima di grande chiarezza, tant’è vero che numerosi membri del passato
direttivo si sono dati ancora disponibili a collaborare attivamente». L’
impegno del nuovo direttivo è di portare avanti le
manifestazioni tradizionali del paese e anche di
riuscire a proporre qualcosa qualche novità: sono
dunque aperti a chiunque voglia ancora aggregarsi a loro o voglia proporre idee o iniziative.
Il presidente riconfermato, nonostante paresse
deciso a non ripresentarsi
in direttivo, ha creduto
giusto aiutare la nascita
di un nuovo gruppo dando la sua disponibilità a
continuare a ricoprire il
ruolo di presidente.
SOS ALCOLISMO
Poliambulatorio
Villar Perosa:
tei. 51045-51379
Ospedale Pomaretto
Tel: 82352-249
Si ringrazia l'editore per lo spazio concesso
lesi.
Il palinsesto di Radio Beckwith — FM 91200-96550
i30 Rasseana stampa Rassegna stampa Rassegna stampa Rassegna stampa Rassegna stampa Rassegna stampa M 8.30
M M Di tutto un po' M Di tutto un po’ M M 9.30
j0d5_ J1.30 Comuni della valle C.I.O.V: passato, presente e futuro M Anteprima Riforma-Eco Actualité de l’Évangile Salviamo il salvabile Actualité de l’Évangile 10.15
Tra le riahe argomento argomento argomento argomento Voce delle chiese Culto evangelico 11.30
Î2J5 llÆO^ liga 1S.0O Per l'ora che passa Per l’ora che passa Per l’ora che passa Per l’ora che passa Per l’ora che passa Per l’ora che passa M 12.15
Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario M 12.30
Rasseana stampa Rassegna stampa Rassegna stampa Rassegna stampa Rassegna stampa M M 13.00
M SMS Microparty SMS M M M 14.00
M M Replica CIOV Replica «Un the con l’autore» Replica Comuni delle Valli Vai fratelio! M 15.00
'ie.00 Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario M M 16.00
lyo Alterazioni sonore Salviamo il salvabile Music on thè air Open your eyes Music on thè air SMS M 16.30
Ì?.1B Viaaaio nel cerchio Il circo di Tony Un thè con l’autore 1 don’t know Deliradio SMS M 17.15
18J5 Replica «Tra le righe» argomento argomento argomento argomento Vi la luz M 18.15
Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario Vi la luz M 18.45
l?.oo Proarammi mensili Gesù, la via che porta a Dio Culto evangelico Buonanotte birichini Buonanotte birichini VI la luz M 19.00
llì30^ sego M Vita nuova M Alcol e iazz M Vi la luz M 19.30
Nebbia totale Confessioni di un malandrino Rockever Subterranea Fulvio e Sergio nell'etere M Chicken 21.00
Nebbia totale Confessioni di un malandrino Folk Club Subterranea Stargate M Chicken 22.00
@5g_ M SMS Folk Club SMS Stargate M M 23.00
Programmi mensili il giovedì, ore 10,15:1 e II settimana. Amnesty International; III settimana. Handicap & Società (Anffas e Diapsi); IV settimana. Cristiani all'opera nel mondo (Cevaa)
elli»
sarà S3'
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14
PAG. 14 RIFORMA
E Eco Delle ^lli moESi
VENERDÌ 2 MARZO 200, i
SPORT
SCI ALPINO
Gianluca Olivero, del
Collegio valdese di Torre
Penice (II europeo) mercoledì 21 febbraio a Sestriere si è classificato al
primo posto assoluto ai
campionati studenteschi
di sci alpino ai quali hanno partecipato delegazioni delle scuole superiori
di tutta la provincia.
VOLLEY
Il Body Cisco Pinerolo,
in B2 maschile, dopo
aver raggiunto la settimana prima il Valentino
volpianese, sabato lo supera nel confronto diretto in via dei Rochis. La
vittoria viene al tie-break
ma è sufficiente ai pine
rolesi per portarsi al
quarto posto, a due lunghezze dal terzo.
CALCIO
Per il Pinerolo si allontana, in modo forse irrimediabile, la vetta della
classifica. Domenica sul
campo del Trino i biancoblù hanno tenuto lo 00 fino al 93’, quando una
punizione beffa il portiere e porta ad 8 i punti di
vantaggio dei vercellesi
sul Pinerolo. Ora il Giaveno, fermato dalla nevicata, potrebbe addirittura salire al secondo posto
se vincerà il recupero.
Domenica al Barbieri arriverà il fanalino di coda
Villafranca, ancora a digiuno di vittorie.
Nelle località interessate
Vessilli olimpici
» Teatro del Forte di Torre Pellice
Le risaie di fine '800
sul palcoscenico
«In risaia» è il titolo
dello spettacolo proposto dal Laboratorio teatro Settimo, sabato 3
marzo, alle 21,15, al teatro del Forte di Torre Pellice. Come altre coetanee
sul finire dell’SOO, una
giovane della Bassa novarese va a lavorare nelle
risaie. Lo fa per guadagnarsi dei soldi con cui
raggiungere le condizioni minime di autosufficienza per potersi sposare. Ma la vita in risaia è
dura, durissima; la giovane, la Nanna, questo è il
suo nome è bella e sa di
esserlo. Non intende, almeno ufficialmente, ribellarsi ai valori del suo
mondo: eppure piano
piano la sua bellezza se
ne va e la Nanna diventa
vittima di quelle stesse
istituzioni in cui pure si
riconosce. La storia portata in teatro è tratta da
un romanzo della Marchesa Colombi: è una vicenda che pare lontana
nel tempo e che in realtà
riguarda il mondo di una
generazione poco lontana dalle nostre. In fondo i
trentenni di oggi, prima
generazione che non ha
conosciuto direttamente
la civiltà contadina le sono ancora legati, almeno
per via cromosomica.
Marchesa Colombi è lo
pseudonimo di Maria
Antonietta Torriani, novarese che sposa Eugenio
Torelli Viollier, fondatore
del Corriere della Sera.
L’ingresso costa 15.000
lire (ridotti 12.000): per
prenotazioni a «Nonsoloteatro», 0121-323186.
Gonfaloni, bandiere e
stendardi con gli sport
che si disputeranno a
Torino 2006 vengono in
questi giorni posizionati
nelle città sede di gara e
di allenamenti. Il comitato organizzatore ha collocato cinque gonfaloni
nei principali ingressi di
Torino, altri stendardi
nelle stazioni di Porta
Nuova e Porta Susa. La
campagna coinvolge anche gli altri comuni sedi
di eventi olimpici; un
primo cartellone illuminato di sette metri per tre
con un’immagine di sci
alpino, è già stato collo
cato al Sestriere. Altri
analoghi verranno posti,
con indicate le discipline
corrispondenti, a Bardonecchia, Claviere, Oulx,
Sauze d’Oulx, San Sicario, Pragelato, Pinerolo e
Torre Pellice. Intanto da
questa settimana è visionabile, nelle sedi dei Comuni e deile Comunità
montane interessate, lo
studio preliminare in vista della valutazione ambientale strategica sul
complesso delle olimpiadi. Entro un mese si possono fare delle osservazioni sulle proposte di
intervento.
Concerto all'Unitrè di Torre
Un duo da camera
Il m.o Giorgio Spriano,
direttore artistico dell’Unitrè di Torre Pellice, ha
presentato l’8 febbraio alla biblioteca valdese di
Torre, un duo «particolare» per la musica da camera, composto da Maria
Nunzia Piscitelli al pianoforte e Vincenzo Cozza
alla tromba. Un saggio
della loro preparazione è
stata l’esecuzione, nella
prima parte, del celebre
«concerto in Mi bemolle
maggiore» di F. J. Haydn,
che viene eseguito raramente, essendo una trascrizione per solo pianoforte e fiato. Il programma del concerto è
poi proseguito con la
«Ballata in sol minore op.
23 numero 1» di Chopin.
Ancora nella prima parte
«Believe me if all those
endearing your charms»,
tradizioni irish breve ma
piacevole. Dopo l'inter
vallo, i due musicisti hanno eseguito, del maestro
Giorgio Spriano, «Improvviso 2», un brano
piuttosto cantabile, ritmato nella parte centrale,
strutturato in tre movimenti: lento, veloce, lento e quindi, della Piscitelli, «Almayer» per pianoforte, un pezzo molto lento e meditativo che si
ispira al romanzo «Oceano mare» dello scrittore
Alessandro Baricco, dove
si immagina una spiaggia
d’inverno dove avvengono cose un po’ magiche...
che coinvolgono l’ascoltatore. Il programma prevedeva infine: Opera! Potpourri sulle opere di Verdi, un omaggio per il centenario. In questa esecuzione la tromba fa la parte del canto, un vero «collage» fmtto dei due musicisti, che danno un ulteriore prova di bravura.
Istituito per legge, lo scorso 13 febbraio, il Registro dei donatori
Donare midolo osseo, un atto gratuito
Martedì 13 febbraio la
legge che istituisce il Registro nazionale dei donatori di midollo osseo è
stata approvata. La normativa, composta di 12
articoli, prevede tra l’altro
i permessi lavorativi retribuiti per i donatori che
devono sottoporsi ai prelievi e un copertura assicurativa precauzionale
adeguata. «È stata una
grossa conquista dell’Admo - dice la dott.ssa Anna Mirone, per anni responsabile del programma regionale dei trapianti
e oggi volontaria in associazioni che si occupano
delle donazioni -, per la
sua assidua attività di
sensibilizzazione svolta
negli ultimi 8 anni».
L’importanza della legge è quella di fornire un
quadro di regole di riferimento a livello internazionale in tema di donazione di midollo osseo,
che è definita «un atto volontario e gratuito», che
può essere compiuto da
«cittadini maggiorenni,
iscritti al Registri nazionale, che siano stati sottoposti a un prelievo di
sangue periferico per la
definizione del sistema
genetico Hla, cioè per la
tipizzazione». Il provvedimento riconosce come
«unica struttura di interesse nazionale» il Registro già esistente all’ospedde Galleria di Genova, con lo scopo di coordinare le attività delle altre banche dati istituite a
livello regionale (e dei
103 centri di tipizzazio
ne), promuovere la ricerca dei donatori non consanguinei e collaborare
con gli altri 48 Registri
nazionali presenti in 37
paesi del mondo.
La legge garantisce anche il finanziamento del
Registro, che prima era a
carico dell’ospedale Galleria, e si reggeva sulle
donazioni dei privati e
della federazione delle
Admo regionali. La prima
banca dati era nata nella.
soffitta di una palazzina
dell’ospedale genovese,
dove il dottor Barbanti,
collaborando con il dottor Reali, primario del
Centro trasfusionale e
con l’ausilio solo del suo
piccolo personal computer, aveva organizzato i
dati dei primi 1.400 donatori, in definitiva le
persone che si erano fatte
tipizzare per i propri congiunti. Nel 1990 la prima
spesa delTAdmo «Rossano Bella» Regione Piemonte, sono stati i 20 milioni di lire per la donazione di un computer che
potesse collegarsi via
modem alle altre banche
dati di tutto il mondo,
tuttora in funzione. Oggi
in Italia i potenziali donatori sono 270.000, il
Registro è il quarto nel
mondo per numero di
iscritti e, grazie alla collaborazione internazionale, il 50% dei pazienti trova in tempo reale un donatore compatibile.
Un altro aspetto che
rende questa legge importante è il riconoscimento istituzionale del
donatore volontario di
midollo osseo. La copertura assicurativa e i permessi retribuiti per chi si
sottopone ai prelievi stabiliscono finalmente la
parità di trattamento con
gli altri donatori, come,
per esempio, quelli del
sangue. Mario Bella, presidente dell’Admo Piemonte, non nasconde la
sua commozione: «È il
coronamento del lavoro
svolto da tutti i volontari
dell’Admo in questi 11
anni». Infatti, dopo la prima donazione allogenica
(tra non consanguinei)
italiana, fatta da Maria
Teresa Molinari il 14 febbraio 1991 all’Ospedale
Sant’Orsola di Bologna
per un bambino veneto
di nome Gianluca, ne sono seguite sinora altre
916. Questo risultato e la
ratifica della legge sul Registro sono il frutto dell’impegno dei volontari
dell’Admo «volto - come
ricorda la dottoressa Mirone - a far crescere la
cultura della solidarietà
in chi ha la fortuna (non
il merito) di essere sano».
APPUNTAMENTI
1“ marzo, giovedì
BRICHERASIO: Nella sala consiliare del Cornune,
alle 20,45, tavola rotonda su «Il ruolo delle Scritture
nella spiritualità del credente», con Claudio Pasquet,
rappresentante della Chiesa valdese, Aldo Melis, vescovo della Chiesa cattolica, Nedelia Tedeschi, della
comunità ebraica, Ahmed Tayert, della comunità
islamica e un rappresentante dei Testimoni di Geova.
TORRE PELLICE: Alle 15,30, nella biblioteca della
Casa valdese, conferenza della prof. Marita Maglione,
su «Guido Gozzano, ovvero Totò Merumeni».
2 marzo, venerdì
PINEROLO: Alle 21, nella chiesa di San Giuseppe,
concerto di vocalità cameristica e teatrale in quattro
lingue, con Francesca Lanza, soprano, e Leonardo Nicassio al pianoforte. Ingresso libero. Musiche di Mozart, Bellini, Hahn, Massenet, Bernstein.
TORINO: All’auditorium del Lingotto, concerto Rai,
musiche di Musorgskij, Stravinskij e Ravel, direttore
Georges Pretre. Partenza del pulmann da Perosa Argentina alle 18,45.
PINEROLO: Al centro sociale di via Bravo, alle 21,
incontro sulla globalizzazione.
TORRE PELLICE: Alle 20,45, nella sede dell’associazione «Libera officina», incontro su «Lasciar traccia di sé», con Claudia Trombotto e Emanuela Guarcello, pedagogiste cliniche, ingresso libero.
3 marzo, sabato
PINEROLO: Alle 17, nella libreria Volare, «Calligrammes», presentazione delle calligrafie di Massimo
Polello, fino al 16 marzo.
VILLAR PELLICE — Nella sede dell’Ecomuseo Cmmière, alle ore 9,30, l’Agess organizza una mattinata
di lavoro sul tema «Ieri, oggi e domani di un’idea sullo sviluppo locale della vai Pellice».
PRAROSTINO: Alle 20,30, nel tempio valdese di San
Bartolomeo, concerto della corale valdese di Rorà,
con la partecipazione della corale di Prarostino
4 marzo, domenica
VILLAR PELLICE: Alle 14, carnevale con carri.
5 marzo, lunedì
TORRE PELLICE: Alle 21, nella sede di via Repubblica 3, assemblea dei soci di Legambiente del circolo vai
Pellice, su approvazione bilancio consuntivo e preventivo, elezione del presidente e segreteria, programmi,
riorganizzazione con l’apertura della nuova sede.
CANTALUPA: Nella villa comunale, via chiesa 73,
alle 21, incontro su «La musica sacra», con il professor Massimo Palombella. Ingresso libero.
TORRE PELLICE: Nella sala consiliare, alle 21, incontro dibattito su «Mucca pazza e mensa scolastica», intervengono Giuseppe Paschetto, del laboratorio di educazione ambientale di Cessato, Giovanria
Paltrinieri, dell’Asl 10, Dario Geymonat, macellaio di
Bobbio Pellice, rappresentanti del servizio veterinario
dell’Asl 10, delle cooperative agricole e biologiche del
territorio e del settore agricoltura della Comunità
montana; modera Giovanni Borgarello.
6 marzo, martedì
TORRE PELLICE: Alle 20,45, all’associazione «Libera officina», inizio delle serate calligrafiche, con Massimo Polillo, tutti i martedì fino alla fine di aprile.
7 marzo, mercoledì
PINEROLO: Nella sede del circolo sociale di via
Duomo, concerto dell’Italian Saxes Ensemble,
nell’ambito dell’Eurojazz festival di Ivrea.
8 marzo, giovedì
TORRE PELLICE: Alle 15,30, nella biblioteca della
Casa valdese, concerto con Alexia Dino, pianoforte,
musiche di Bach, Prokof ev, Beethoven, Chopin.
PINEROLO: Allé 21, al Cai, via Sommelier, incontro
su «Iran; Damavand m. 5.671», salita scialpinistica alla
più alta vetta del Medio Oriente e turismo nel paese
degli hayatollah, presentato da Luciano Cerbi.
TORRE PELLICE; Alle 21,15, al teatro del Forte, va
in scena «Bambine», della compagnia Eduardo, testo e
regia di Maria Maglietta; lire 15.000, ridotto 12.000.
9 metzo, venerdì
PINEROLO: Alle 21, nella chiesa di San Giuseppe,
concerto del duo violino pianoforte, con Francesco
Manara e Claudio Voghera. Musiche di Mozart,
Brahms, Beliucci, Fauré. Ingresso libero.
SERVIZI
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CINEMA
TORRE PELLICE-Il
cinema Trento ha in prò.
gramma giovedì 1° mai.
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sino; sai
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zo, ore 21,15, serata de- ¡.¡je die
dicata al 18“ «Torino
filmfestival»; ingresso
gratuito: verranno presentati 10 corto metraggi, di cui uno, «La giaccai
con esterni girati in vai
Pellice. Venerdì 2, ore
21,15, Himalaya, l’infanzia di un capo; sabato)
ore 20,10 e 22,20. domenica ore 16, 18, 2O,10e
22,20, lunedì, ore 21,15,
What woman want.
BARGE — Il cinema
Comunale ha in programma, venerdì 2 febbraio, ore 21, In the
mood for love; sabato 3,
ore 21, Un km da Wall
Street; domenica 4 ore
15, 17, 19 e 21; lunedì,
martedì, e giovedì, ore
21, Ti presento i miei.
PINEROLO — l.a mul
tisala Italia ha in pro
gramma, alla sala «Scento», da venerdì 23, Vertical limit; feriali 19,50e
piopno
Si feci
persone
a profui
più acre
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«Nel no:
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va». Ant
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22,20, sabato 19,50 i dese, va
22,30, domenica 14,50,
17,20, 19,50 e 22,20. Alla
sala «2cento» è in visione,
da venerdì, Hannibal; feriali 19,45 e 22,20, sabate
19,45 e 22,30, domenica
14,45, 17,20, 19,45, 22,30;
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Una iniziativa nelle valli Chisone e Germanasca
Ricco menu dalla montagna
ULIANA VICUELMO
E stato davvero un ricco menu (trattandosi di gastronomia, il termine è
appropriato) quello presentato, sabato
24 febbraio a Perosa Argentina, in un
incontro dal titolo «Cucina, montagna e
tradizione». I ragazzi delle scuole medie
di Perrero e Perosa hanno esposto il risultato della loro ricerca sui cibi tipici
delle valli Chisone e Germanasca nella
sala della Comunità montana, per una
volta un po’ stretta per contenere il numeroso pubblico. Con l’aiuto di vistosi
cartelloni, della proiezione di immagini,
della lettura di ricette in quattro lin^e
e, ancora più concretamente, con l’assaggio di dolci e bevande, i presenti
hanno rivissuto il modo di vivere delle
generazioni passate, quando l’inventiva
era di aiuto alla scarsità di denaro e per
nutrirsi si dovevano utilizzare le magre
risorse di un terreno difficile.
La scuola media di Perrero ha proposto di rilanciare la coltivazione del gra
no saraceno (granét), dopo averne ottenuto una piccola quantità in un campo
sperimentale, come esempio di un prodotto considerato in passato di scarso
rilievo e ora venduto a caro prezzo nei
negozi di alimenti biologici. I risvolti
pratici di questo ampio lavoro scolastico, patrocinato dalla Comunità montana e sostenuto anche dall’Istituto alberghiero di Pinerolo, che ha curato la confezione dei piatti tipici, si vedono per
ora nel futuro, con la possibilità di pubblicare una guida gastronomica delle
valli e di affidare a ristoranti e agriturismi la diffusione delle ricette locali.
Nessuno si nasconde la difficoltà di riprendere un’agricoltura allo stato attuale quasi inesistente, per ottenere risultati traducibili in moneta sonante,
ma l’associazione degli amici della
Scuola latina, che ha curato questo simpatico incontro, ha voluto lanciare un
messaggio di continuità con la tradizione e insieme di iniziative nuove, che
non dovrebbe essere lasciato cadere.
Provvedimento del Tar Lazio
stop a «Ekoclub»
Il Tar del Lazio con
sentenza del 19 ottobre
2001, pubblicata il 23
gennaio, su ricorso di
Lac, Wwf, Lipu e Lav, ha
annullato il decreto ministeriale di riconoscimento di Ekoclub tra le Associazioni di protezione
ambientale. Ekoclub, una
emanazione diretta di Federcaccia tanto che gli
iscritti automaticamente
diventavano anche soci
dell'Ekoclub, aveva ottenuto la nomina di propri
rappresentanti nei vari
enti di gestione della caccia, con ciò suscitando le
forti proteste delle «vere»
associazioni ambientaliste. La sentenza è immediatamente esecutiva: da
ora in poi Ekoclub non
può più entrare nei comi
Qua
gelica
è uso
nium)
più in
sti ver
Mea, s
dallo
buito
due si
mo n
Piate i
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favore
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parole
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tati faunistici, Atc, en®j
parco ecc. e non può p'*
godere dei privilegi di ^
ha goduto finora.
I motivi che hannl
spinto il Tar ha decidevi
in questo senso sono sitj
stanzialmente procedi!'
rali: mancanza della
ma del ministro e relaW
pubblicazione sulla
zetta Ufficiale e diverge'’'
za tra i due ultimi state’
di Ekoclub. La presen®
di rappresentanti di El®
club negli enti di gestio'*
della caccia aveva indot»
le associazioni ambien**
liste propriamente dette
ritirare le proprie rapP^ ^
sentanze, di fatto cause»
do, come è accaduto P
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gli ambientalisti dai coih
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Sarà forse perché nella naia
na gli incontri ecumenici
Ino andati bene con i cattoici praticanti, con i preti e il
'^ovO, ma molto meno con
gli altri cattolici, che anzi a
“gite contestano l’ecumenisfflo; sarà perché ogni tanto
.¡gogna giocare, ma ecco il
racconto di un incubo. Fui
trasportato molto in là nel futuro, ero in una città sporca,
,, ‘iena di fumo e di persone,
Ri$|J quando mi trovai di fronte a
-■ * una chiesa enorme, molte
persone vi entravano e mi
^cinarono dentro. Feci appena in tempo a leggere sulla
(acciata: «Chiesa papale papale». La funzione, convenzione, come mi corresse un
vicino, non era ancora iniziata e domandai dell’origine
' Ideinome. «È un detto anti' ° roai' I jg„, mi fu risposto, «vuol dire
che diciamo la vera verità
proprio così com’è».
^ Si fece silenzio, migliaia di
persone osservavano l’altare,
il profumo di incenso si fece
più acre e un prete luccicante
nel suo paramento disse:
((Nel nome del Padre Pio, del
Figlioletto e della Madonna».
E tutti risposero forte: «Evviva». Andai fuori, ed ecco vidi
una costruzione di vetri e
metallo, su cui lampeggiava
una scritta «Chiesa ecumenica». All’entrata una hostess
mi fece accomodare in una
saletta delle tante che c’erano e mi lasciò solo. Di fronte
a me si trovava uno schermo
da Wall: gigante, con a fianco una
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CEI in prp.
Torino
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giacca!
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La mulin proa «5cen;3, Vertii 19,50e
19,50 e
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1 visione,
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D, sabato
omento
15, 22,3Ù
a visione
mi
tofono. Fra le innumerevoli
etichette ricordo di aver riconosciuto: battista del Sud,
battista del Centro, battista
del Nord, buddista, cattolico,
cattolico del dissenso, cattoIco moderato, Fratello, luterano, metodista, sorella, valdese, valdobattista, valdometodista, zoroastriano.
Pagai la consumazione obbligatòria e uscii. Vagai a lun
I, verso la periferia, alla fine
arrivai a una modesta costru
ilCI
Lettere brevi
[, Vi preghiamo scriverci leti di 15-20 righe. Grazie
zione. La luce di un lampione
mi permise di lèggervi sopra:
«Chiesa Cristiana». Entrài; Àlr
cuni foglietti fotocopiati spie'■gavaho l’antica órigine df
quella chiesa. Non era ora
della riunione e c’erano solo
due persone ma i partecipanti, a giudicare dall’aspetto dei
locali, dovevano essere sempre pochi. La prima persona,
un vecchietto curvo vestito di
bianco che sembrava il custode, mi si presentò come Fratello Papa Giovanni Ottantasettesimo, la seconda, un giovane nero con la erre moscia,
si presentò come Fratello
Gardiol. Mi avvertirono subito che la pastora era fuori per
un giro di visite e mi fecero
un lungo discorso sull’unità
visibile come l’unica strada di
credibilità e di evangelizzazione. Fuori una pioggia battente costrinse una donna
anziana a ripararsi lì dentro e
il forte odore di urina che
emanava denunciava che viveva di solito in strada.
Con fermezza, ma educatamente, i due l’accompagnarono fuori. Uscii anch’io sotto la pioggia... fu allora che
mi svegliai, tutto sudato,
mentre uno strano odore di
incenso e di zolfo impregnava la mia stanza.
Stefano D’Archino
Ripabottoni
Episodi
sconcertanti
L’edizione tedesca della
plurilingue rivista britannica
Prophetic Vision riferisce in
un suo recente numero fìnitó
per caso in Liguria che il pastore e pubblicista pentecostale David Flathaway, seguitissimo predicatore su reti internazionali tv, sta operando
guarigioni (a migliaia), a dir
poco sconcertanti: paralitici
che saltano in piedi e gettano
via grucce o sedie a rotelle;
ciechi e muti sin daila nascita
che acquistano di colpo vista
e parola: tumori, lesioni gravissime e mali a non finire, ritenuti incurabili dalla scienza
medica, scomparsi all’istante, e avanti di questo passo.
Qualunque sia il giudizio su
queste affermazioni, perché
non parlarne?
Ugo Piacentini - Savona
3
ITH Í
96.5S0Ì
^lO
ò cura di Ferruccio Corsani
Quando in una chiesa evangelica di celebra la Santa Cena,
e uso che l’organo (o FannoUium) suoni in sordina, per lo
più mni sacri, oppure che que8ti vengano cantati dall'assemMea, secondo l’ordine suggerito
^allo schema liturgico distriWito ai fedeli. Vedo in questi
ilue sistemi un lato positivo e
uno negativo. E positivo colmare il silenzio di una celebranone talvolta piuttosto lunga,
favorendo così la meditazione
l^tsonale, o la preghiera inte^pte, 0 semplicemente l’abituuine di seguire sull’innario le
Wfole degli inni via via eseguiff' In negativo, la musica in
Ordina può ingenerare monofonia o noia, e (peggio) indurre
ufouni fedeli a conversazioni
non i vicini su argomenti ben
lf®oo confacenti alla serietà del
momento liturgico.
Perché poi suonare sempre
*olo in sordina? Un suono semino uniformemente tenue può
h fine accrescere un diffuso
®enso di mestizia che troppo
*Pesso accompagna la celebra*'one della cena del Signore,
uome se si trattasse di un rito
^ttUoso e triste; all’opposto es, ' atto gioioso che rispec•a la festosità dell’incontro
omunitario e dell’incontro
con il nostro Salvato’ ^®glio allora cantare inni.
non in numero eccessivo, per
evitare la stanchezza materiale
e anche un altro spiacevole tipo di monotonia.
Analoghe riflessioni possono
farsi per la presenza della musica durante la colletta; talvolta
gli organisti, mentre suonano
per la colletta, odono un diffu,so
chiacchiericcio, che da un lato
è poco riguardoso nei confronti
della loro fatica, dall’altro è paragonabile alle chiacchiere durante l’intervallo di un film o di
un lavoro teatrale. Meglio, allora, cantare un inno (uno solo)
durante la colletta...
Ricordo due belle esperienze
vissute nel 1999; a Torre Pellice i ragazzi della scuola domenicale cantarono gioiosamente
i loro canti, riuniti nell’abside
da cui guardavano davanti a loro l’assemblea e i fratelli adulti
che si avvicinavano al tavola
della Santa Cena; si era creato
così, con la loro musica, un legame spirituale tra assemblea,
pastore e bambini. Nell’ottobre
a Palermo, durante il culto alla
Noce, notai con commozione il
clima di festosa fraternità suscitato dai fratelli africani che frequentano quella comunità; essi
rallegravano il momento della
colletta con i loro estrosi ed
entusiastici canti tradizionali.
Mi sembrano due suggerimenti
da prendere in considerazione.
Nel film ¿'ultimo baab^ la c di ùnâ gehèrâziôRe che fugge’dâllè
Trentenni che non
>4
MMAtYPIACAPOHtnO
Eli moménto d?l film di Gabriele
Muccino: se ne parla dappertutto.
Con L'ultimo bacio questo giovane regista di appena 34 anni, alla sua terza
esperienza, vuole, farci riflettere sulla
crisi dei trentenni, sulla difficoltà che
hanno ad affrontare la vita. Come li definisce Curzio Maltese in un bell’articolo apparso su «Il secolo XIX» di Genova,
sono «i Peter Pan moderni», gli eterni
indecisi; non fanno scelte, non crescono e non vogliono affrontare la vita. Ovviamente si tratta di ragazzi sazi, figli
delle buona borghesia; hanno tutto e
perché dovrebbero entrare nel mondo
degli adulti? Il film ha dei momenti alti
riuscendo a descrivere quei ritratti psicologici in modo realistico: è la realtà di
tutti i giorni. Sappiamo che alle ultime
elezioni molti di quei giovani non hanno votato. Perché prevale oggi questo
disimpegno? Che cosa c’è dietro quel
loro modo di vivere? Muccino non lo
dice, lascia che noi vi riflettiamo. È infatti uno spaccato della società odierna
su cui vale la pena di riflettere.
Ho ripensato ai giovani di 20-30 anni
che facevano l’Università con me nel
1969. Anche allora eravamo liberi, scanzonati, c’erano le prime avvisaglie della
libertà sessuale, della permissività a oltranza ma, dietro questa apparente
spensieratezza, non mancava l’impegno
verso il sociale, si sentiva fortemente il
senso della collettività, ed eravamo tutti
impegnati nella costruzione di una società nuova, più giusta. Eravamo liberi,
sì, ma impegnati Non posso dimenticare l’ammirazione dei miei compagni dì
allora per il lavoro che facevamo alla
Claudiana: ci appoggiavano e stimavano per le nostre scelte di sinistra.
Invece i povani del film di Muccino
cercano il senso della vita fuggendo.
Uno dei protagonisti, che ripete questa
frase, non vuole lavorare nel negozio
del padre, non ha una ragazza, fugge
eternamente e sogna un viaggio mitico;
anche il giovane cbe sta per diventare
padre sogna la fuga, l’evasione. Il fatto
di non possedere certezze, valori in cui
credere, li conduce a pensare alla fuga
prima che «la vita diventi una prigione,
una routine». Non siamo più di fronte
agli hippies degli Anni 60, o ai ribelli alla Kerouac o alla James Dean, ma davanti a una generazione che non crede
in nulla. Si esce dalla sala di proiezione
con un po’ di amarezza, anche se il finale è positivo, e ci si chiede: ma sono
veramente tutti così?
Non ho potuto non pensare a tre bellissimi momenti che ho vissuto di recente; rincontro con Jostein Gaarder
prima di Natale, con Maurizio Maggiani
a Palazzo Spinola e con Vanessa Redgrave al teatro Carlo Felice di Genova.
Gaarder, scrittore norvegese di formazione luterana, ben noto per il suo romanzo Il mondo di Sofia, ha affermato
che lo scrittore, l’artista in genere, deve
essere impegnato, ha il dovere di denunciare tutto ciò che non va nella società odierna. «In questi giorni - ha detto - si parla molto della Carta europea
dei diritti dei popoli, ma non ci si sofferma abbastanza a riflettere sui doveri che
abbiamo verso la società e sulle responsabilità verso l’ambiente, il creato, che
ci dobbiamo assumere». L’ultimo suo libro, Maya, affronta appunto il problema
dell’evoluzione della nostra specie.
Maggiani, scrittore spezzino noto per
Il coraggio idei pettirosso e La regina disadorna, ha presentato con grande affabilità un bellissimo racconto delle
sue emozioni di fronte al famoso quadro dì Antonello da Messina Ecce Homo. È un intellettuale che non ha peli
sulla lìngua e che prende posizione sui
fatti di attualità con una rubrica sul
principale quotidiano genovese. Così,
sulla recente polemica sui libri di testo,
ha scritto: «Possiamo cambiare i libri di
testo ma non possiamo certo eliminare
là metnoria storica, perché i fatti sono
fatti» (e si riferiva al fascismo). Scrittore
fine, coerente con le proprie idèe dì sinistra e molto attento a quanto noi
protestanti affefiniamo.
La serata in onore di Vanessa Redgrave, nel grande teatro gremito di giovani, dorine e persone di tutté lé età; ci ha
lasciato senza parole per il discorso
toccante che l’attrice ha pronunciato
sul suo itripegno nel sociale. Per me è
stata una sorpresa: la conoscevo solo
come grande attrice di teatro e di cinema. I media hanno parlato ben poco
del suo impegno (anche questo fa riflettere) per i bambini della Cecenia e
del Kosovo per conto di una organizzazione internazionale; la Redgrave procura fondi per aiutare i bambini distrutti fisicamente e moralmente dalla
guerra. «Una donna straordinaria», come ha detto giustamente Gianna Schelotto, che presiedeva la serata, mentre
Vanessa ci regalava un pezzo della sua
bravura recitando in inglese e in italiano un brano dalla Tempesta di Shakespeare. Dopo la consegna del «Grifone
d’oro» da parte di un assessore donna
in rappresentanza del sindaco e di un
assegno per i bambini da lei assistiti, le
viene chiesto: «Lei ha impostato la sua
vita così perché è inglese?». La sua risposta è stata emblematica: «Non perché sono inglese ma perché ho ricevuto
un’educazione puritana, perché sono
figlia della guerra e, mentre eravamo
sfollati da Londra per i bombardamenti, leggevo assiduamente II pellegrinaggio del cristiano di John Bunyan».
Era ora che una donna protestante
avesse il coraggio di esprimere chiaramente le radici della propria etica! La
grande folla di giovani presenti mi hà
fatto pensare: forse l’epoca del disimpegno Sta terminando? O, come in tutte le epoche, 1 giovani hanno bisogno
di modelli in cui credere, di esempi
concreti, per capire che la vita non è
fuggire dalle proprie responsabilità ma
dono di sé agli altri?
4?^ Inverno
0 Siberia?
Non posso che manifestare
il mio più vivo e personale disappunto in merito all’invito
del Consiglio della Fcei di avvertire l’esigenza di riprendere il discorso sull’impegno
ecumenico delle nostre chiese subito dopo la chiusura
dell’anno giubilare. È stato un
«inverno ecumenico», ci è
stato detto. Ma ora che la
Santa Porta è stata chiusa, sta
tornando di colpo la primavera? A me personalmente e per
molti altri fratelli più che un
inverno sembra essere stata
una «Siberia» e tale lo è tuttora a Giubileo concluso. Non si
può di colpo dimenticare, da
un punto di vista protestante,
ciò che la Chiesa cattolica ha
fatto di offensivo nei confronti del protestantesimo e del
Vangelo in questo anno, dal
commercio delle indulgenze
alla ciliegina sull’enorme torta della Dominas Jesus un anno di mortificazioni, di disagio, di sofferenza.
Fio letto che un certo disagio l’hanno provato anche alcuni cattolici con alcune lettere inviate a Riforma e di
questo prendo atto, ma questi
fratelli sarebbero stati più credibili se le loro lettere invece
di averle Inviate a noi, le avessero inviate a Roma o ai loro
giornali. Il dissenso cattolico,
a differenze di quanto avviene
in Europa, in Italia non esiste
e mai ci sarà, anche i cattolici
Passatempo
Soluzione del cruciverba del
numero scorso .
più impegnati nell’ecumenismo hanno taciuto di fronte a
questo evento puramente
spettacolare, dove ancora una
volta la Chiesa cattolica ha
detto e scritto nero su bianco
al mondo e a tutte le altre religioni che è lei sola l’unica
fonte di verità e di salvezza.
Con questa solenne affermazione, non vedo proprio come
si possa ancora avvertire l’esigenza di riprendere il discorso
sull’impegno ecumenico.
Né tantomeno sono d’accordo su ciò che ha detto il
pastore Piero Densi nella sua
rubrica di domenica 21 gennaio. Dice Densi che molti fratelli cattolici ci chiedono il
perché non ci sono più gli incontri come avvenivano alcuni anni fa. Siamo sinceri, spieghiamo a loro il perché questi
incontri non ci entusiasmano
più. Negli incontri ecumenici
a cui ho partecipato ho sempre sentito dire dai cattolici
«la nostra Chiesa dice; il papa
dice; noi seguiamo l’insegnamento della Chiesa cattolica».
Con queste dichiarazioni temo e sono convinto che non
possa esistere una via ecumenica, quando l’insegnamento
della chiesa si sostituisce in
modo così netto e autoritario
all’insegnamento biblico. Un
abisso ci separa, almeno e
sempre qui in Italia.
Sergio Margara - Vercelli
Nuovi indirizzi
Il pastore Eugenio Rivoir
comunica il proprio nuovo
indirizzo: c/o Ciocca, via
Beccarla 13, 06100 Perugia:
tei. 075-30721. L’indirizzo
della Chiesa valdese è: via
Benincasa 6/b, 06100 Perugia; tei. 075-5725391.
Il Centro ecumenico interconfessionale «La Palma» di
Cefalù, che ha pubblicato gli
atti della V Settimana per
l’ecumenismo dedicata alla
conoscenza dell’Islam (volume a cura di Amalia Misuraca), comunica il proprio nuovo indirizzo e-mail, a cui si
possono inoltrare richieste
del volume: asciutto@kefa.it.
Acquistare
fiducia
Con molto interesse e con
molta attenzione ho seguito
la trasmissione su Radiouno,
sabato 10 febbraio, ore 13-17,
dedicata al tema «Dio». Un filosofo, un vescovo, uno psichiatra, un giornalista e altri
invitati tra cui Massimo Cacciari e Paolo Ricca, hanno discusso in profondità sui problemi attuali riguardanti soprattutto coloro che sembrano allontanarsi dalla chiesa
ma non dalla ricerca spirituale personale.
Il continuo riferimento all’Evangelo lascia intravedere
quale possa essere effettivamente il valore dell’ecumenismo ben compreso. Non esiste, o non dovrebbe esistere,
lacerazione tra credenti di
varie chiese, agnostici o atei
bensì, se non si può evitare,
tra i liberali di ogni chiesa o
movimento da un lato, e chi
vuol rimanere impegolato in
dogmi, teologie circoscritte,
formalismi, giudice arbitrario
e spirito limitato dall’altro.
Quella trasmissione dimostra
lucidamente che «la ruota gira» e stiamo ritornando molto lentamente a valori passati
di spiritualità. Prova materiale di questo rivolgimento può
essere, per esempio, un recente studio sulla transumanza, effettuata sino a pochi anni fa.
Più lo scopo è alto, più il
prezzo da pagare per raggiungerlo è elevato. Ma la vita è appassionante appunto
per la fiducia che impariamo
ad acquistare malgrado i pericoli di ogni genere, tra cui
quello della mucca pazza è
ridicolo. Come non vergognarsi delle risate dei posteri
quando studieranno queste
pagine di storia? La trasmissione è terminata con una
constatazione fondamentale:
il credente è gioioso.
Lucietta Tenger
Villar Pellice
PARTECIPAZIONI
«...ora vediamo in parte
ma allora vedremo
faccia a faccia»
I Corinzi 13, 12
Cinque anni dopo la morte
del marito Piervaldo Comba è
mancata
Nora Farad
A funerali avvenuti lo annunciano i figli Anna Laura con Umberto, Andrea, i cognati Aldo e
Paolo, le cognate Laurentia e
Lilia con le loro famiglie.
Torino, 21 febbraio 2001
RINGRAZIAMENTO
I familiari del caro
Guido Buffa
di anni 91
ringraziano tutti coloro che con
scritti e parole di conforto hanno partecipato al loro dolore.
Un ringraziamento particolare al dott. Bevacqua, al pastore
Franco Taglierò, a Denise, a
Yvette, a Felice e a tutti i gentili
ospiti del Foyer del Serre di Angrogna.
Angrogna, 14 febbraio 2001
RINGRAZIAMENTO
«E fattosi sera Gesù disse:
passiamo all'altra riva»
Marco 4, 35
La moglie, le figlie e i familiari
tutti del caro
Giovanni Gönnet
commossi e riconoscenti per
la dimostrazione di stima e di
affetto tributata al loro caro, ringraziano tutti coloro che con
presenza, scritti, parole di conforto e fiori hanno preso parte al
loro dolore.
Un ringraziamento particolare a tutto il personale dell’Ospedale valdese di Torre Pellice, alla signore Fiorella, al gruppo
Ana di Luserna San Giovanni, al
parroco don Aldo e al pastore
Mario Berutti.
Luserna San Giovanni
U marzo 2001
I necrologi si accettano
entro ie ore 9 dei lunedi.
Telefonare al numero
011-655278
fax 011-657542
16
PAG. 16 RIFORMA
VENERDÌ 2 MARZO 200]
Di ritorno da un recente viaggio di una settimana in Israele e in Palestina
Le contraddizioni della società palestinese
Dal '95 ad oggi la popolazione ho vissuto la curvo della speranza e poi progressivamente
guella di una frustrazione crescente. La corruzione e l'impotenza del governo di Arafat
CIANNAUmZIO
G HASSAN Andoni mi parla davanti ad una cartina
della Cisgiordania dispiegata
sul tavolo. Il suo tono è calmo ma appassionato. È la
terza volta che lo incontro in
dieci anni. La prima volta, nel
1990, lo incontrai tra un
gruppo di scienziati, fisici e
chimici, professori della università di Bir Zeit chiusa
dall’autorità israeliana a causa dell’intifada. Facevano lezione nelle case, nei garage. Erano cristiani ed erano
quelli che avevano promosso
gli orti di guerra tra la popolazione impoverita dai blocchi e che avevano lanciato,
da Beit Shaur, la campagna
per sciopero delle tasse. Non
si pagano le tasse senza rappresentanza politica era lo
slogan. La loro era un opposizione dura e pacifica all’occupazione israeliana.
L’avevo rincontrato ancora
nel 1996, in un viaggio organizzato da Confronti, sempre
davanti ad una cartina, ci
spiegava le grandi ambiguità
della pace: dopo la firma della
pace di Washington, la Cisgiordania era stata, di fatto,
divisa in tre zone. Una parte
infinitesimale sotto il completo controllo palestinese, praticamente dei piccoli bantustan
urbani. Una zona ad amministrazione palestinese con la
sicurezza israeliana, la zona
B, e una zona C, visibilmente
più ampia, che circondava le
due zone precedenti, oggetto
di future trattative.
Oggi, mi spiega, nella zona
C, è continuata a tempo di
record la costruzione delle
grandi autostrade e dei numerosi insediamenti che
hanno portato la popolazione israeliana nella Cisgiordania da circa trentamila a duecentotrentamila unità, una
massa di manovra per la destra israeliana. Per fare tutto
ciò, sono stati espropriati
quantità enormi di terreni, in
alcuni casi sono stati sgomberati le periferie di molti villaggi e le strade spesso hanno
diviso le proprietà e reso difficoltoso l’accesso ai propri
campi ad un numero crescente di contadini. La cartina parla da sola. Per rincontro mi ero preparata delle domande suU’lntifada: perché
questa Intifada usa la violenza delle armi, il terrorismo
eccetera, mentre l’altra aveva
espresso forme non violente
di iniziativa popolare.
La società palestinese oggi
Invece piano piano emergono, come prioritarie, le
contraddizioni e la debolezza
della società palestinese. La
popolazione che aveva vissuto sotto l’occupante ha maturato nel conflitto una visione democratica della società
da costruire; la parte dirigente, che era vissuta all’estero,
è rimasta legata a forme oligarchiche, quand’anche progressiste, maggiormente legate alle tradizioni del mondo arabo. E queste due visioni sono entrate progressivamente in conflitto. Così come - e me ne parla Eileen
Kutab, cristiana, responsabile del Centro di «Women studies» della università di Bir
Zeit - il ruolo delle donne è
diminuito dalla prima Intifada ad oggi. Il governo è frutto
di una divisione di poteri tra
i vari partiti. Certo, molto è
stato fatto. L’autorità palestinese ha dovuto inventarsi un
sistema scolastico, un sistema postale, un servizio sanitario, acquedotti, fogne e
strade. Con i molti aiuti internazionali sono nati, so
Ragazzi di Gaza
prattutto a Gaza, numerosi
microprogetti economici, rivolti anche alle donne. Ma la
disoccupazione maschile
adulta è rimasta alta e ahimè
parte è stata assorbita dalla
polizia, a quanto pare per
spartizione politica. Gaza oggi è irriconoscibile paragonata già solo al 1996, ma nei
campi profughi i bambini sono ancora scalzi, le donne si
sposano a 14 anni e i figli sono ancora molti, troppi. Ho
incontrato una donna che a
quarantanove anni aveva undici figli e venti nipoti ed era
più o meno la norma.
Dalla speranza
alla frustrazione
La popolazione insomma
dal ’93 ad oggi ha vissuto la
curva della speranza e poi
progressivamente quella di
una frustrazione crescente:
all’entusiasmo di avere finalmente un governo palestinese, quand’anche in una parte
limitata del Paese, che aveva
prodotto voglia di fare, è subentrata la delusione. Molti
hanno cominciato a vedere
che i problemi rimanevano gli
stessi: l’occupazione israeliana continuava, anzi è ancora
più dura, uscire dai bantustan
palestinesi diventava ogni
giorno più difficile e complicato. Contemporaneamente
si vedevano crescere le autostrade, destinate però ai coloni israeliani, così come aumentavano gli insediamenti.
costruiti spesso a ridosso dei
villaggi arabi. Questi insediamenti spesso sottraggono la
poca acqua dei villaggi; inoltre, sono cominciati i vari attacchi e offese dei coloni. Ho
visto con i miei occhi dei bidoni di acqua sui tetti delle
case dei palestinesi, tutti forellati da proiettili e resi inutilizzabili. Per chi conosce la
penuria d’acqua sa quanta
rabbia un atto vandalico del
genere può procurare.
L'isolamento di Arafat
Inoltre l’Autorità palestinese sempre più sembra incapace di risolvere altri problemi, primo tra tutti l’occupazione. La disoccupazione dal
1993 ad oggi è aumentata, il
reddito diminuito, nonostante la creazione dei posti di lavoro nell’amministrazione,
sia civile che militare.
11 terrorismo si annida
proprio qui, in queste brucianti frustrazioni, nei problemi irrisolti, nelle offese
quotidiane e nelle promesse
- che suonano sempre più illusorie - che tutto ciò finirà
perché parte della fase transitoria delle trattative.
Per questo Arafat a giugno
scorso non ha potuto firmare
l’accordo di Camp David: sarebbe tornato a mani vuote
sul problema dei bantustan:
per il futuro stato palestinese
non era previsto nessun confine se non con Israele; la Cisgiordania sarebbe stata fra
(foto Silvia Macchi)
zionata da un reticolo di strade in zone tra loro non comunicanti su un territorio
rimpicciolito e privato delle
zone migliori (la compensazione con zone desertiche
suona proprio come una beffa). Avrebbe firmato la perdita definitiva di Gemsalemme
(un duro colpo all’immaginario, ma non solo) e non risolto in modo accettabile il nodo dei profughi in attesa da
50 anni in vari campi divenuti oramai quasi delle città sia
a Gaza come in Cisgiordania,
in Giordania e in Libano.
In Palestina c’è chi afferma
che Arafat avrebbe anche firmato. C’è chi mi ha detto, lui
è vecchio e prima di morire
vorrebbe veder sventolare la
bandiera palestinese su Al Aqsa, ma a Camp David l’anno
scorso e nei successivi incontri ha capito che firmare significava firmare la propria fine
come leader del suo popolo.
Ora Arafat sta stretto tra
un’opinione pubblica mondiale sorpresa e delusa (ma
chi non l’ha informata?) e
un’intifada, solo parzialmente spontanea, che ha cercato
di bloccare ma che, gestita
oggi anche dai suoi avversari
politici, deve cercare di cavalcare. E non è facile perché
finalmente tutti i nodi vengono al pettine e non sono facili
da sciogliere, anche per un
astuto politico come lui.
(2 - continua)
Un'iniziativa diaconale promossa da una chiesa protestante
Un aiuto ai 12.000 senzatetto di Berlino
Il paese centramericano è in ginocchio
I progetti 8%o nel Salvador
colpito dal terremoto
MANFREDO PAVONI
Lothar era docente universitario nella Germania orientale prima di perdere il posto in seguito ai rivolgimenti politici e sociali provocati
dalla riunificazione della Germania nel 1990. Si
è messo a bere, perdendo così anche la propria
famiglia e il proprio alloggio; per 8 anni ha cercato di sopravvivere nelle strade di Berlino.
Nel 1998, mentre entrava barcollante nella
chiesa protestante della Santa Croce, nel
quartiere multirazziale di Kreuzberg a Bei^lino,
la vita di Lothar subì una svolta. Oggi dirige il
programma di aiuto sociale messo in piedi
dalla chiesa per i circa 12.000 senzatetto di
Berlino. Vive in uno stabile della chiesa che
accoglie sei berlinesi che non bevono più ed
altri 34 che lottano per smettere. Nel novembre scorso, visto che il locale stava diventando
troppo stretto per accogliere i senzatetto, la
chiesa decise di trasferire l’attività in un edificio più grande, senza però chiedere l’autorizzazione del governo. «E una situazione orribile - lamenta Christiane Pförtner, coordinatrice del programma -; possiamo essere buttati
fuori in ogni momento».
Nello stabile, i senzatetto possono trovare
un rifugio temporaneo, consumare i pasti, ricevere un’assistenza sanitaria, fare il bucato.
praticare uno sport e rilassarsi. Il locale comprende anche degli atelier dove possono seguire una formazione, il che può aiutarli a trovare un lavoro. Altre attività, come l’aiuto giuridico per gli immigranti illegali e un caffè, si
trovano anche nel complesso immobiliare. La
chiesa della Santa Croce fa parte di una rete di
70 chiese e organizzazioni non governative di
Berlino; l’Associazione coordina le attività
delle sue agenzie membro e gestisce un servizio telefonico che indica ai senzatetto l’indirizzo di un centro vicino dove ci sia posto.
L’Associazione fa pressione sul governo affinché moltiplichi i centri di accoglienza per
le donne; «Oggi circa il 10% dei senzatetto sono donne, e a Berlino esiste un solo centro
per donne», dice Joachim Ritzkowsky, un ex
pastore della chiesa della Santa Croce che
partecipa attivamente al progetto. Dopo la
morte provocata dal freddo di un senzatetto
all’inizio dell’inverno, la chiesa della Santa
Croce ha istituito un servizio di pullman notturno che percorre le strade di Berlino alla ricerca di senzatetto «troppo mal ridotti per
cercare un centro. Troppi si lasciano morire.
Dobbiamo fermare questa tragedia», dice il
pastore Ritzkowsky. (eni)
IL grande poeta centroamericano Roque Dalton lo
chiamava «il pulgarcito del
Centramerica», il pollicino
del Centro America, si potrebbe tradurre. Parliamo di
E1 Salvador, una striscia di
terra incastrata tra il Nicaragua e il Guatemala, 21.000
chilometri quadrati su cui vivono circa 6 milioni di persone. L’altro milione e mezzo si
trova all’estero in seguito alla
guerra civile e alla dittatura
militare del maggiore d’Aubuisson, colui che ordinò
l’assassinio di mons. Oscar
Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador, mentre
predicava nella cattedrale.
Dopo gli accordi di pace
firmati nel 1992 dal governo e
dalla «Comandancia» del
Fronte Farabundo Marti per
la liberazione nazionale, il
paese ha vissuto una situazione dinamica dal punto di
vista economico e politico. È
un periodo di cambiamenti
profondi, di riforme e di cooperazione con i paesi più sviluppati. A partire dal 1997
però il Salvador è duramente
provato dagli sconvolgimenti
climatici che coinvolgono il
pianeta e in particolare il Sud
del mondo. Piogge torrenziali, alluvioni, inondazioni che
corrodono gran parte del patrimonio agricolo e forestale,
già messo duramente alla
prova dalla deforestazione
dovuta ai bombardamenti
della guerra civile, e al diboscamento prodotto dal bisogno di legna da ardere.
Nel 1998 poi, sulla regione
si abbattono una serie di uragani, il Nino, la Nina e l’uragano Mitch che peggiorano le
condizioni di vivibilità delle
popolazioni rurali e delle comunità campesinas.
In questo contesto la Tavola valdese, insieme alla Fondazione di Azione sociale
educazione e sviluppo (Alfalit), associazione legata alla
Chiesa riformata calvinista in
seguito a un finanziamento
già destinato dalla Fcei dopo
l’uragano Mitch, individuano
un piano di intervento nella
zona dei Cantoni del Limbo e
del Cantone di Chambala, vicino alla città di Usulutan. Si
tratta di un finanziamento
8%o per un progetto di cooperazione e sviluppo agricolo
che prevede la riforestazione
intorno al torrente Chambala, finalizzata al controllo e
alla riduzione dei danni provocati dal fiume e dall’altra
parte di incentivare l’economia locale attraverso attività
di multicoltivazione (ortaggi
e caffè, allevamento animale
e introduzione di acqua potabile ed elettricità).
Il progetto si articola attraverso il lavoro di 415 famiglie
di contadini, nella ricostruzione di centinaia di chilometri di canali per l’infiltrazione
dell’acqua, nella semina di
barriere vegetali, nel rifacimento dei sentieri comunali
distrutti dagli uragani. La
Fondazione S. Jorge per lo
sviluppo integrale delle comunità rurali, inoltre, promuove un importante prospettiva di genere in un paese
dove il ruolo delle donne è
confinato nell’ambito domestico. Si tratta di creare attività formative sostenute da
un programma di microcrediti attraverso cui finanziare seminari finalizzati a sviluppare
microimprenditorialità femminile. La premessa a tutte
queste attività viene individuata nella creazione di 5
moduli formativi, che prevedono tematiche legate all’organizzazione legale ed economica delle forme associative,
al trattamento dei rifiuti solidi, al miglioramento dell’ali
1
mentazione, all’uso di legna
di sansa di canna per evitare
il diboscamento selvaggio e
alla costruzione di vivai.
Mentre scriviamo il Salvador viene colpito dalla seconda grave scossa di terremoto dopo quella del 13 gennaio misurata intorno al 7-8'
della scala Richter che ha
causato più di 1.500 morti e
50.000 case distrutte. Germano Avalos Castro, ingegnere
e referente per la Chiesa valdese del progetto citato, scrive all’ufficio 8%o che la situazione è drammatica, tutto il
paese è in ginocchio e moltissime persone sono ancora
sepolte sotto una valanga di
fango che si è staccata dalla
montagna che sovrastala
piccola città di Santa Ana.
Naturalmente in Salvador
non esistono norme urbanistiche definite e si costruisce un po’ dove capita. Sulle pendici di vulcani, nei
pressi di terrapieni e torrenti,
violando ogni elementare
norma antisismica.
Germano chiede un aiuto
immediato proprio perché la Ï
maggior parte delle case è |
distrutta e i contadini non ì
possono recarsi al lavoro, devono provvedere a rimuovere macerie, ripristinare là dove possibile luce e acqua e
infine ricostruire le abitazioni. Servono medicine, acqua,
indumenti, materassi, coper- (
te; per questa evenienza la
Chiesa riformata calvinista
ha aperto un centro di aiuto
chiamato «Popol-nah» che
amministra le risorse per dare rifugio e ospitalità alle famiglie più colpite dal sisma.
Si tratta di offrire la possibilità a un gran numero di persone colpite di sopravvivere
per le prossime settimane:
insieme alle chiese cattoliche, luterane, battiate ed episcopali si lavora in rete per
mappare e censire i bisogni
più urgenti.
Oggi non si tratta più purtroppo di portare avanti un
progetto ambizioso di promozione e sviluppo delle comunità locali, ma piuttosto di
garantire il fondamentale e
semplice diritto alla vita di
migliaia di persone colpite
dal sisma. Per questo Germano Avalos Castro scrive nel
suo e-mail aH’ufficio 8%o di
aver acquistato, con i fondi
destinati, 2.000 lamiere che
serviranno da tetto per le case di centinaia di famiglie
contadine, legname per costruire nuove abitazioni, 8 cisterne di plastica come con
tenitori di acqua. Anche il beneficio del caffè è stato gravemente danneggiato metten-^
do in grave pericolo la produ- ’
zione dei contadini tra i quaii
proprio quelli di ChambalaAnche per questo è fondamentale reperire nuovi fondi.
Se gli indicatori più apprezzati di progetti nei Pv®
(paesi in via di sviluppo) sono la loro sostenibilità, intesa come adeguatezza del
progetto a produrre benefit'
che perdurino nel tempo, ®
la capacità effettiva di raggiungere i poveri, cioè lo svi-,
luppo di capacità per i sog;,
getti più emarginati, effetti?!
destinatari privilegiati de',
programmi di cooperazion®,
allo sviluppo, possiamo a fermare che nel caso del Salvador questi obbiettivi son®
più che mai attuali. In fono t ?
la validità di un progetto ®
proporzionale alla sua
bilità e capacità di adattai®,
alle drammatiche emerge^® '
alle quali si deve poter dai®,
una risposta. La posta in
co in Salvador è veramenm
alta: dopo il terremoto la sO'i
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