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Anno 115 - N. 7
16 febbraio 1979 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
In Svizzera e in Italia per un pronunciamento democratico sul nucleare
Una predicazione per un giorno di lutto
Verso quale futuro? ‘‘ Nel nome della
Torino, febbraio 1999
Caro Carlo,
capisco che vista dall'estero la situazione italiana,
come quella degli altri Paesi ad Alto Potenziale Energetico, possa destare le preoccupazioni che esprimi nella
tua lettera. Effettivamente le zone militarizzate — e
quindi deserte — che circondano le Centrali Nucleari
sono ormai tanto numerose che la loro superficie complessiva equivale a circa metà della pianura padana. Se
a questo si aggiunge il fatto che dopo l'increscioso
quanto inspiegabile incidente avvenuto nella vecchia
Centrale Nucleare di Caorso abbiamo dovuto ospitare
nelle zone abitabili la popolazione superstite delta Toscana, bisogna dire che stiamo davvero un po' allo
stretto. Ma cerchiamo di adattarci, mentre attendiamo
il varo del nuovo Piano Edilizio che per la nostra città
prevede la costruzione di 20 Grandi Immobili ciascuno
della capacità di 5.000 nuclei familiari. Non dà invece
alcun fastidio il coprifuoco che è stato definitivamente
istituito dalle 8 di sera alle 6 di mattina per poter controllare meglio le bande di terroristi che tentano soprattutto di notte di forzare i posti di blocco per avvicinarsi alle Centrali Nucleari. Non dà fastidio, come dicevo, perché tanto ormai quasi nessuno si azzardava a
uscire la sera. Piuttosto è di questi giorni la notizia
rallegrante che il CNR pare aver finalmente risolto 11
problema delle scorie radioattive con un sistema di trivellazione ad alta profondità e stockaggio ermetico. Speriamo che il trasporto delle scorie nel nuovo deposito
avvenga al più presto in modo che si possa circoscrivere la perdita che si è prodotta recentemente nell'attuale deposito e che sta inquinando fastidiosamente una
parte, per altro montuosa, della Calabria. Ad ogni
modo, per quanto vi siano naturalmente degli aspetti negativi, non ci possiamo lamentare della nostra situazione. Non ci manca nulla, anche quest'anno l'aumento
della produzione è stato superiore al 6% e la bilancia
dei pagamenti con l'estero è ancora in attivo malgrado
il turismo estero continui a decrescere costantemente.
Che vuoi che ti dica? C'è ancora chi dice che le Centrali Nucleari saranno la nostra rovina. Ma come è possibile che certa gente non si renda conto che sono la
nostra unica salvezza?
Con affetto.
Emilio
Torino, febbraio 1999
Caro Giulio,
capisco che vista dall'estero la situazione italiana,
come quella degli altri Paesi a Sasso Potenziale Energetico possa destare le preoccupazioni che esprimi
nella tua lettera. È certo difficile, per chi non è passato attraverso l'esperienza del Disastro, immaginare come si possa vivere con 3 ore di energia al giorno nelle abitazioni private. Ma tieni presente che fino all'anno
scorso le ore erano 2 e questo progresso per noi rappresenta una vittoria di importanza incalcolabile. Finora infatti eravamo alle prese col problema di frenare
la caduta vertiginosa iniziata col Disastro degli 11 giorni di black-out totale del maggio di 10 anni fa. Ora
invece, da qualche mese, stiamo registrando finalmente
qualche pur limitato progresso e ci sembra di rivivere.
Sono passati i primi tempi del panico, poi delle leggi
di emergenza, l'inquadramento nelle Cooperative agricole, di allevamento e di pesca e nelle Squadre di
manutenzione cittadina.
Certo non è passato il ricordo delle migliaia di morti per i disordini, la fame e poi il freddo. Oggi continua
il razionamento di tutti i beni di consumo e sono stati
aboliti, forse definitivamente (ma chi li rimpiange?!) beni come l'automezzo privato e il televisore. Il perdurare
di queste difficoltà spiega perché non si sia ancora
nei Paesi ad Alto Potenziale Energetico (dove trovino
arrestato il flusso dei profughi che cercano di emigrare
i molti milioni necessari proprio non so). Tra chi è
restato, continua il solito ritornello: « Il Disastro non
sarebbe avvenuto, se al momento della crisi petrolifera
avessimo avuto non 2 ma 40 centrali nucleari ». Ma
la maggioranza di noi — sentendo le notizie che provengono dai Paesi ad Alto Potenziale Energetico —
non è di questo avviso. Se oggi, pur attraverso il
Disastro, stiamo riemergendo in un mondo pulito e a
misura d'uomo, lo dobbiamo proprio alle vaste campagne di opinione che una ventina di anni fa bloccarono
la scelta nucleare nel nostro Paese, Certo se le Fonti
di Energia Alternativa fossero state messe a punto
qualche decennio prima, avremmo evitato o ridotto di
molto il Disastro. Ma del senno di poi...Meglio non
piangere sul latte versato e guardare avanti ad un
futuro che è tutto da costruire.
Coh affetto
Giorgio
Santissima Trinità
Apocalisse 3: 14-22
Quale sarà la lettera che
verrà spedita tra venti
anni? E se fossimo chiamati a decidere, sceglieremmo che tra vent'anni sia spedita la prima o la seconda?
D'accordo, si tratta solo di due
tra le tante ipotesi e il problema
non può essere ridotto a questi
termini fantascientifici. Ma queste due lettere possono servire a
mettere in risalto con due possibili esempi la posta in gioco
nella scelta energetica che i paesi industrializzati stanno compiendo. Abbiamo da dire qualcosa in proposito?
Se fossimo chiamati a decidere... Il fatto è che non lo siamo.
Le scelte energetiche vengono
fatte anche contro il parere di
una Regione (come è avvenuto
per la localizzazione di due centrali nucleari nel Molise lo scorso novembre). Per questo è necessario che prima ancora di
scegliere prò o contro l’energia
nucleare sia assicurato ai cittadini il diritto di sapere, di essere
informati e di pronunciarsi.
tragico della discussione sull’energia — afferma il rapporto
finale della Commissione nominata dal Consiglio Federale svizzero, diffuso alla fine del ’78 —
è che essa dipende da un fatale
equivoco che ci induce a misurare i nostri bisogni per i prossimi
decenni con i criteri propri della
nostra epoca di sovrabbondanza ». Proprio per questo, nota
una « lettera dalla Svizzera » pubblicata da « Reforme », non si
tratta di una scelta tecnica, che
riguarda gli esperti, ma della
scelta di un modello di vita che
deve riguardare ogni cittadino.
In questa linea la redazione de
« La Vie Protestante » ha pubblicato 10 tesi nettamente favorevoli all’iniziativa su cui si vota
domenica 18.
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 8)
Noi celebriamo questo nostro
culto in un giorno di lutto: l’undici febbraio. Esattamente 50
anni fa veniva stretto in Italia
uno dei patti più gravi che siano mai stati stabiliti nel nostro
Paese: il Trattato del Laterano,
e il conseguente Concordato, intitolati alla “Santissima Trinità",
e firmati dal cavalier Benito
Mussolini, consacravano una delle più strette alleanze fra trono
e altare che la storia conosca.
Chi ha fatto le spese di questa
alleanza?
Anzitutto la libertà della Parola di Dio: perché quando una
chiesa accetta ad es. di sottoporre a controllo statale la nomina
dei suoi vescovi, quando li fa
giurare fedeltà allo stato, allora
la Parola di Dio è incatenata; il
parroco italiano, quando sale sul
pulpito, non è solo vincolato alla disciplina della sua chiesa, è
anche condizionato dalVobbligo
di non andare contro gli interessi di uno stato a cui la sua
chiesa è legata, da un vincolo
quasi indissolubile. Questo vincolo è tanto più pesante, in quanto il cav. Mussolini è stato largo di concessioni a questa chiesa che si alleava con lui: 1 miliardo e 750 milioni di lire (di allora!), concesse con apposita
convenzione finanziaria; le “congrue” ai parroci debitamente garantite, le esenzioni fiscali, gli
onori sovrani al Pontefice e infinite altre cose. Come farebbe a
vivere la chiesa cattolica d’Italia se tutti questi privilegi cessassero di colpo? Così, non è libera di lasciare la Parola di Dio
scorrere liberamente, perché ha
qualcosa da perdere: anzi, ha
molto da perdere.
In secondo luogo, la stessa testimonianza cattolica nella società italiana è stata compromessa: perché quando una confessione religiosa viene riconosciuta come « la sola religione
dello stato », cessa di essere una
testimonianza: è come se Gesù
fosse stato riconosciuto da Pilato come il solo predicatore autorizzato in tutta Gerusalemme.
E quando l’insegnamento religio
Colloquio anglicano - riformato
Svizzera
È quanto chiedono i promotori dell’iniziativa «per la salvaguardia dei diritti popolari e della sicurezza in caso di costruzione e di sfruttamento di installazioni atomiche » su cui tutta la
Svizzera è chiamata a votare domenica 18 febbraio. Non è la proposta di un voto anti-nucleare,
ma la richiesta che appunto, su
una questione di importanza così vitale, non si proceda senza
una assunzione di responsabilità
da parte della popolazione. « Il
Il centro d’incontri di St. Columba’s House (Inghilterra), ha
ospitato il primo colloquio internazionale organizzato sotto
gli auspici del Consiglio Consultativo Anglicano (OCA) e dalla Alleanza Riformata Mondiale
(ARM). Vi hanno partecipato 16
persone in rappresentanza di 9
paesi. Hanno presieduto il colloquio il pastore E. G. Tinsley,
vescovo di Bristol, e il pastore
John Huxtable, della chiesa riformata unita d’Inghilterra e del
Galles.
Il mandato del colloquio, deciso unitariamente, — riferisce
il bollettino d’informazione BIP
— è stato il seguente : a) una valutazione delle trattative in corso relative a unioni di Chiese,
considerando i fattori di ordine
sociologico a cui hanno preso
parte anglicani e riformati; b) la
analisi di questioni teologiche
specifiche che richiedono un esame approfondito; c) una valutazione delle questioni concernenti la strategia e la metodologia,
per es. : è meglio iniziare delle
trattative multilaterali o bilaterali? d) l’attualità di gran parte
della riflessione ecclesiologica
odierna in rapporto al mutamento di orientamento teologico ;
e) infine, alla luce di quanto precede: è opportuno o no prevedere un seguito a questo colloquio anglicano-riformato entro
un tempo determinato?
Gli studi presentati hanno toccato la situazione di unione di
chiese nel Ghana, negli USA, in
Oceania, allargando poi l’orizzonte a situazioni più particolareggiate concernenti l’Asia, l’Africa e l’America Latina. Il pastore R. Stuart Louden della
Chiesa di Scozia e il pastore
Martin Reardon della Chiesa di
Inghilterra hanno invece presen
tato un’analisi teologica relativa
al dibattito tra anglicani e riformati. Le conclusioni del colloquio saranno sottomesse rispettivamente al comitato permanente del CCA, nel maggio 1979
e, nel settembre dello stesso anno, al comitato esecutivo dell’ARM.
Situando il dibattito anglicano-riformato nella prospettiva
dell’impegno della chiesa, vale a
dire rendere testimonianza della
pienezza dell’Evangelo nel contesto della vita degli uomini, i
partecipanti al colloquio hanno
manifestato la speranza che possano essere eliminati molti steccati che hanno sinora impedito
il cammino verso l’unione delle
Chiese.
Il colloquio ha infine proposto di lanciare questo dialogo
tra anglicani e riformati a livello mondiale.
so nelle scuole è obbligatorio,
ed è pagato dallo stato, esso diventa quello che è: una fonte di
condizionamenti religiosi prima,
una fabbrica di atei poi. E quando poi ci sono cappellani militari anche in tempo di pace, e il
matrimonio viene lasciato quasi
interamente nelle mani della
chiesa, vuol dire che la chiesa
accetta di presentarsi essenzialmente come una potenza: una
potenza temibile, certo (e infatti la maggior parte degli italiani
la temono): ma potenza è tutto
il contrario di testimonianza.
In terzo luogo, lo stato italiano ha ricevuto un carattere nettamente confessionale: e così anche lo stato si è snaturato. Perché lo scopo dello stato è di occuparsi dei corpi e non delle anime, delle scuole e non delle chiese: quando lo stato cura le anime e costruisce le chiese, vien
meno alla sua funzione propria.
Che ne diremmo se i vigili urbani invece di prestar servizio
per regolare il traffico, pretendessero di insegnare ad ogni passante per che strada deve andare? Ebbene, è proprio quello che
fa lo stato italiano: ad ogni italiano che nasce, dice: chiunque
tu sia, qualunque cosa pensino
i tuoi genitori, tu devi anzitutto
ricevere una profonda formazione cattolica, all’asilo, alle elementari, poi sarai libero di scégliere: ma un'ipoteca confessionale peserà su tutta la tua vita.
Infine, ci sia lecito dire che il
Concordato ha mortificato la libertà delle chiese evangeliche:
subito dopo aver trattato ossequiosamente con la Santa Sede,
l’ateo Mussolini ci ha imposto
delle leggi che stabiliscono una
pesante tutela dello stato sulla
vita delle nostre chiese. È vero
che la Corte Costituzionale ha
abrogato una piccola parte di
queste leggi, e che un’altra grande parte è in netto contrasto con
la Costituzione della Repubblica
Italiana. Ma è anche vero che
esse restano appese sulle nostre
teste come una spada di Damocle.
Oggi si discute, giustamente,
dell’abolizione di queste infauste leggi; quando se ne parla,
non si commetta però l'errore di
trattarle come se fossero un
“piccolo concordato": esse non
furono un concordato, come una
violenza non è un matrimonio.
Noi chiediamo che queste leggi
siano abolite, perché vogliamo
piena libertà per gli evangelici.
Ma nello stesso tempo lottiamo
affinché i Patti lateranensi siano
sostituiti da un più degno rapporto tra stato e chiesa: un rapporto in cui non vi sia scambio
di privilegi, in cui non vi siano
speciali protezioni legali e finanziarie a favore delle chiese, ma
pieno rispetto reciproco e chiaro riconoscimento della profonda diversità di competenze tra
chiese e stato. In questa ricerca
non siamo certo soli: nell’Italia
di oggi un ampio movimento democratico punta a una profonda riforma dei rapporti tra chiese e stato: di questo movimento
fanno parte protestanti e cattolici, credenti e non credenti.
Quello che forse è nostro dovere di sottolineare è che non è
Gi rgio Bouchard
(predicazione radio-trasmessa domenica 11 febbraio 1979).
(continua a pag. 7)
2
16 febbraio 1979
FOGLI Di VIAGGIO DAL IV DISTRETTO
Partecipare: e perchè mai?
Dove maturano le decisioni? - Il monopolio della parola - Non ce partecipazione senza disponibilità all’ascolto - L’informazione scritta non basta per far circolare le idee
Partecipazione
È tempo ohe il coinvolgimento
della periferia con il centro della chiesa diventi reale senza retorica. Negli organismi assembleari ed esecutivi formalmente
hanno rappresentanza tutte le
chiese, grandi e piccole, comprese quelle che abbiamo indicato
come periferia geografica. A livello di regolamenti, le deputazioni, le nomine, la partecipazione, tutto è studiato, calibrato,
aperto, sufficiente, seppure perfettibile.
Siamo avvertiti e diligenti, su
queste cose. Un allenamento secolare, nel protestantesimo, ci
rende maestri. Giusto. E una grazia che Dio ci ha dato da amministrare nel migliore modo. La
commissione dei regolamenti non
ha, con questo, terminato il suo
compito; avrà sempre da lavorare; è necessario che continui —
con gioia — a perfezionare le regole dell’ incontro comunitario
di chiese e opere.
Su questo, la nostra « periferia » non formula obiezioni.
Il guaio è, all’oppasto, che la
periferia non avverte la necessità della partecipazione, non afferra i metodi della vita assembleare, non si libera dal convincimento (sospetto?) che le decisioni che contano maturino altrove e non nelle assemblee.
Decidono gli altri!
« Partecipare? E perché mai?
quando sono pochi a parlare, pochissimi a decidere »? Questo viene detto.
Finché nelle nostre assemblee
gli interventi verbali continueranno a essere monopolio di pochi, finché la maggior parte dei
membri di chiesa continuerà a
tacere, ad ascoltare, a presenziare solo fisicamente, nel mi
gliore dei casi, non siamo in sintonia, è come se fossimo corpi
separati.
Difficoltà
Non è da escludere l’atteggiamento dimissionario del « fate
voi », « voi siete addentro alle
cose », « noi non sappiamo parlare ». Mettiamo nel conto parecchie altre difficoltà oggettive.
Difficoltà derivanti dal linguaggio tecnico, da iniziati, piaga e
cruccio permanente delle nostre
assemblee, ad ogni livello. Libri
e stampa non sempre ci aiutano.
Un grosso ostacolo, veramente.
Che dire, poi, dei regolamenti?
Necessari, ma che tormento! Minuziosi, rinnovati a getto continuo. Non è vero che basta poco
per conoscerli, per maneggiarli.
Aggiungiamo le difficoltà di
viaggio, le distanze notevoli, i
mezzi di comunicazione scarsi e
lenti, gli oneri di spesa, gli altri
disagi di varia natura — nonostante le buone attrezzature ricettive — per persone poco allenate a spostamenti frequenti. E
non è tutto.
Partecipare è fatica
Per una partecipazione assembleare effettiva non basta, non
può bastare il superamento di
queste difficoltà.
Partecipare è fatica; bisogna
informarsi e conoscere; occorre
la disponibilità all’ascolto; assolutismi e sicurezze personali si
devono' lasciare alla porta.
Tutto questo, fatto con coerenza e fino in fondo, è difficile,
noioso, pesante. La previsione di
non spuntarla induce ad abbandonare il campo, fino a sbattere
la porta, a tacciare gli altri di
sopraffazione, a scegliere il lavoro di corridoio, non palese, non
verificabile, comunque, a disertare le riunioni successive.
Soluzioni facili, ancora una
volta, non esistono. Si può tentare di buttar lì solo qualche indicazione.
Informazione
Lavorare molto, moltissimo,
all’informazione, questa la prima
cosa. Stampati e circolari ne riceviamo quanto basta. Non è a
questo livello che siamo carenti. Per lavoro di informazione
intendo, qui, la diuturna fatica
che occorre — e non sempre risulta fruttuosa — per sminuzzare e trasmettere le informazioni,
tutte le informazioni, comprese
quelle teologiche, ai membri di
chiesa, a tutti i membri di
chiesa.
Per informazione intendo anche quel paziente e minuzioso lavoro preliminare, necessario, da
attuare con scrupolo, per far conoscere a tempo, prima delle assemblee, i termini dei problemi
che si affronteranno, nonché le
modalità che saranno seguite
nella discussione.
C’è una disciplina assembleare
che esclude facilonerie e improvvisazioni, se vogliamo stare insieme, nel rispetto di temi e problemi che esprimono, con segni
indicativi, mediante le decisioni
che si verranno a prendere, i contenuti stessi della nostra fede.
MBtodo
Le assemblee discutano di poche cose, ma fino in fondo. Non
pongano mano a cielo e terra.
Per la partecipazione comunitaria è indubbiamente più efficace, è operativamente più fruttuoso, esaminare pochi temi, soltanto quelli che si ha tempo di
approfondire, piuttosto che, per
scrupolo di completezza, presentare troppe cose, con il rischio
che passino inosservate o, peggio, non capite.
Da queste premesse — cioè: se
ci sarà stata informazione preliminare, preparazione immediata
scrupolosa, tempo adeguato alla
discussione — si potrà e si dovrà insistere molto per stimolare
gli interventi di tutti i presenti.
La parola a tutti
Lo si dice sempre. Ciò nonostante è lamentela comune che
nelle asisemblee parlino pochi,
sempre gli stessi. Purtroppo è
vero. Non dipende da pigrizia
mentale, né da timore panico di
coloro che tacciono. Neppure da
ambizione in quanti chiedono la
parola.
Sono certo che tutti hanno
qualche cosa da dire, quando
ciascuno ha capito bene di che
cosa si tratta e che cosa si vuole.
Cose più che ovvie, indubbiamente! Se non le facciamo è
perché non mettiamo in atto un
adeguato sforzo operativo.
E sono cose che non riguardano solo il Sud. A nessuno di
noi è concesso star seduto; abbiamo da muoverci, tutti, per
continuare a stare insieme come
si conviene a fratelli.
Per concludere
Stare insieme vuol dire anche
non lasciar cadere nel vuoto certe prospettive per il Sud, ripetutamente espresse e più volte richiamate. Vuol dire non passare
accanto a talune richieste, con
scusanti di comodo, tipo: siamo
tutti nella stessa situazione, oppure: non abbiamo uomini e
mezzi sufficienti.
La parola di incoraggiamento
è bella. Il gesto ancora di più.
La grazia che ci è data in abbondanza è forza bastante, in
ogni ricerca, per ogni soluzione.
(3 - fine)
Giulio Vicentini
MOLTO UNILATERALE
Caro Direttore,
sul n. 3 ho letto con particolare attenzione quanto T. Vinay e tu scrivete sul Vietnam.
l’informazione che T. Vinay dà è
senz'altro interessante e utile: ma poiché è sensibile alla unilateralità delle
informazioni, non si stupirà se mi pare molto unilaterale la sua, e non
solo per le veline dell'Ambasciata vietnamita a Parigi. Accennerò solo a
quattro punti: 1) minimizzare come fa,
quantitativamente e qualitativamente,
i gulag vietnamiti — ripetendo tra
l'altro, con te, l’inno alla indigena capacità di perdono — e in fondo giustificarli, è per me inaccettabile: 2) altrettanto inaccettabile il modo in cui
liquida la questione dei profughi; insomma, si scappa solo per interessi
economici o per dolce vita frustrati;
vale anche per la cortina di ferro, quel
che egli afferma valere per la cortina
di bambù?: 3) su un punto Vinay scivola; il militarismo del regime di Hanoi; si tratta di una grandiosa — abbiam visto quanto efficiente — e
costosa macchina bellica, la seconda
dell'Asia, dopo quella della Cina; e
questa non è una scelta recente, posteriore all’abbraccio « per ragioni di
forza maggiore » scsMnbiato con i'URSS;
4) è vero che l’Occidente e gli USA
in particolare sono stati tiepidi e reticenti nell’aiuto postbellico, ma non
penso risponda a verità che, conquistato il Sud, il regime di Hanoi perseguisse il neutralismo, preoccupato
solo della ricostruzione del passe.
Nello sfondo dello scritto di T. Vinay. ed esplicita tesi del tuo articolo,
è la convinzione che il popolo vietnamita abbia proceduto alla propria autodeterminazione. Ma questa autodeterminazione non vi è stata, nel passato già più lontano, al nord, e meno
ancora vi è stata, nel passato recente,
al sud. Il • pensare, per capire », non
dovrebbe estendersi a questo?
Gino Conte, Genova
FUORI DAI ’BLOCCHI’
I corrispondenti delJ’Eco-Luce sono
pressoché unanimi nel deplorare il
« tradimento » del Vietnam e tutti ri
INTERVENGONO I LETTORI
Dibattito sui Vietnam
conoscono che, certamente, ci sono
delle cose da criticare nel comportamento dei vietnamiti.
il pastore Giampiccoli scrive e molto giustamente, che i Vietnamiti, dovrebbero abbandonare subito la Cambogia per riacquistare la nostra stima. Egli dimentica, però, che il Laos,
da molto tempo è passato attraverso
una esperienza analoga.
Dove non sono d’accordo con lui
è quando afferma che abbiamo collocato tutto sullo sfondo di una piccola
nostra bega interna. Non si tratta di
beghe, ma di assumere posizioni credibili e non criticabili come Evangelici.
i fatti hanno dimostrato che, buttandosi in politica, anche una persona al
di sopra di ogni sospetto, come Vinay,
si trova imbarcata su un battello al di
fuori della realtà cristiana, che vuole
amore per tutti gli uomini.
Siamo in tanti a dirlo e pochi ci
ascoltano: i politici cambiano opinione e posizioni ad ogni soffiar di vento, qualsiasi cambiamento di situazione non ii scuote mai e trovano sempre modo di stare sulla cresta dell’onda con qualsiasi « credo ». Se avessimo osservato la situazione del Vietnam, esclusivamente dal punto di vista di Gesù avremmo visto il dolore
e la disperazione dei vietnamiti e li
avremmo aiutati, nello stesso modo
vedremmo, oggi, la disperazione dei
profughi, senza preoccuparci dei « blocchi politici ».
Cerchiamo di non parteggiare per
questi « blocchi » e saremo più obiettivi ed equanimi nel • giudicare » i
loro soprusi.
In quanto all’Intervento di Rochat,
penso ohe egli faccia un torto alla
Resistenza italiana paragonandola a
quella vietnamita; questa sorse per
far riottenere la libertà a tutti gli italiani, quella cercava solo una dittatura nazionalistica della peggior specie.
Con questo, sia ben chiaro, che non
affermo di rimpiangere il pessimo regime di Van Thieu, né l’intervento
americano: io non parteggio per nessun « blocco ».
Rochat, definisce, poi, pesante e
scorretto il mio giudizio sulle rivoluzioni marxiste, che si sarebbero sempre risolte in danno del popolo.
Mi chièdo come si possano dimenticare i milioni di morti nei « gulag »,
certamente non tutti... « protettori »
degli zar! le sparatorie della polizia
polacca sugli operai inermi in sciopero contro II caro-vita; la crudele soppressione delle rivolte d’Ungheria e
Cecoslovacchia, che hanno causato la
morte di migliaia di giovani, operai e
studenti e non certo di « nostalgici »
di vecchi regimi, lo trovo pesante il
giudizio di Rochat quando definisce
« nostalgici » gli odierni fuoriusciti del
Vietnam. Essi fuggono alla fame e alla
disperazione in cui li hanno posti i
loro capi e la tragedia senza fine del
popolo, e meritano la stessa comprensione e io stesso nostro interessamento, lo stesso amore con cui abbiamo pianto e sofferto per i bimbi e
le donne uccisi dalla diossina delle
bombe americane!
Infine, al termine del suo atteso, ma
troppo lungo ed incerto articolo, il
sen. Vinay dice testualmente « Perché
non parlare della mancanza di cibo e
di medicine e di asilo di questa enorme massa di popolo »? (i Vietnamiti
rimasti in Vietnam) « che cosa c’è
sotto questo silenzio »?
Francamente, senatore, non so che
cosa ci possa essere di terribile sotto questo silenzio: c’è, secondo me,
una terribile indignazione mia e di
molti altri per II fatto che in Vietnam
si trovino I miliardi necessari ad armare un esercito di 100.000 uomini
per invadere la Cambogia e altre centinaia di miliardi per aerei da bombardamento e rifornire il tutto dei proiettili necessari a uccidere la popolazione Cambogiana, mentre non si riescano a trovare i mezzi per acquistare
cibo, medicine e per dare un tetto
al popolo vietnamita, tanto provato
da 20 e più anni di guerra.
Il tutto, mi pare, si commenta da sé.
Aldo Rostain, Torino
PANE E CANNONI
Lettera aperta al Sen. Vinay,
ho letto quanto da Lei scritto (abbondantemente) su l’Eco delle Valli
n. 3 del 19 gennaio u.s. e sono rimasto meravigliatissimo delle Sue affermazioni circa i meriti e le attività
filantropiche della classe dirigente
Vietnamita.
Premetto che ai tempi della costruzione di Agape a Prali ero un Suo
ammiratore. Ancora di più lo ero allorquando invece di godersi i frutti
della Sua opera in Piemonte, andò a
cercarsi altre preoccupazioni a Riesi
in Sicilia.
Le mie considerazioni nei suoi riguardi scemarono allorquando si volle
far credere ai Valdesi e non Valdesi
che criminali nel Vietnam erano solo
gli americani ed i loro alleati.
Ora, nello scritto di cui sopra, rimprovera tutti coloro che non hanno
aiutato i vietnamiti per la ricostruzione del loro paese dopo 30 anni di
guerra.
È proprio sicuro — Sig. Vinay —
che eventuali aiuti finanziari sarebbero serviti per sfamare la popolazione, riattivare l’agricoltura e ricostruire
le case distrutte, oppure sarebbero
stati impiegati per la costruzione di
cannoni, carri armati e simiii ordigni
per invadere i paesi confinanti? in relazione agli ultimi avvenimenti io mi
sento autorizzato a dubitarne.
Nonostante tutti i guai di casa nostra in Italia c’è ancora la libertà di
pensiero, di opinioni e di parola, quindi, ognuno di noi la può pensare come meglio crede.
La prego di perdonare questo sfogo e gradire distinti saluti
Alberto Long, Pinerolo
LE ESIGENZE
DI UN OTTANTENNE
Caro Direttore
Lei ha pubblicato sul n. 5 dell’Eoo
una lettera tanto stimolante ohe sono portato a riprenderne alcuni punti.
Essendo sopra gli 80 anni di età
penso di poter dire una parola sull’idea ohe il giornale debba - sempre
contenere nella prima pagina una meditazione che risponda in modo particolare alle esigenze (?) delle persone
anziane ohe hanno difficoltà a presenziare il culto ». Di quale esigenza si
tratta? un viatico? una camomilla? il
culto dell’autorità? Non lo capisco e
inoltre non- penso che si possa mai
esigere personalmente qualche cosa
dalla Chiesa, il primo dei suoi compiti è l’evangelizzazione e questa dev’essere (con meditazioni o altrimenti) anzitutto rivolta ai giovani che, lo
si voglia o no, sono la speranza, il
domani della Chiesa stessa, della società, dell’umanità.
Di Agape si dice che interessa poco
e che pertanto se ne potrebbe anche
parlare meno. Siamo sullo stesso terreno: Agape è frequentata da giovani che hanno ancora una vita davanti
a sé per portare nel mondo ciò che
hanno ricevuto. Dice l’autore della lettera: « non interessa ». Purtroppo. Bisognerebbe parlarne di più. O forse fra
gli « uomini nuovi » per i quali s’invitano i pastori a pregare ci sono anche quei perditempo che vanno ad
Agape?
Sono d’accordo sull’opportunità di
estendere e approfondire i temi della
storia valdese magari rivalutando un
po’ meno agiograficamente le gesta
dei padri. Qualcuno ha già proposto
qualche cosa in questo senso. Potrebbe interessare una riflessione sul fatto
che Enrico Arnaud fu molto aiutato
nell’organizzazione del Glorioso Rimpatrio da Guglielmo ili d’Orange, figlio
di Maria Stuarda, il quale fu fra i più
feroci colonizzatori protestanti dei
cattolici irlandesi, seminando quell’odio che ancor oggi insanguina l’Irianda
del Nord.
In questo contesto è interessante
rilevare che Arnaud e John Fox, fondatore dei Quaccheri, furono contemporanei e le persecuzioni subite da
Valdesi e Quaccheri nei due secoli
successivi hanno indubbie analogie.
Tuttavia i Valdesi furono sempre pronti a prendere le armi (e a gloriarsene)
per sé e per altri (i loro sovrani)
in difesa della loro terra, dei loro beni, della loro libertà, della loro fede,
mentre i Quaccheri rifiutarono sempre
di prendere le armi per la difesa di
quegli stessi beni...
Sul fenomeno della violenza, dei
lavaggi di cervello, dei profughi sarebbe certo utile saperne di più. Per
es. che i lavaggi di cervello per motivi religiosi rappresentano in Russia
forse l’I per mille delle condanne
distribuite per « dissenso » e motivate
come crimini comuni. Qppure che i
profughi dal Vietnam sono in maggioranza discendenti d’immigrati cinesi
che nella realtà corrotta del Sud Vietnam hanno fatto I loro affari e quando
sono stati vietati questi commerci hanno trovato opportuno raccogliere il
loro gruzzolo e squagliarsela rivolgendosi a quei predoni ohe 11 salassano
senza scrupoli. Che questo sia vero
lo conferma la riluttanza ad accogliere questi profughi da parte dei paesi
vicini, Singapore, Malaisia, Indonesia,
tutti paesi non socialisti.
Sarebbe anche interessante un paragone fra tale comportamento e la
comprensiva ospitalità che paesi vicini
e lontani hanno mostrato per i nostri
profughi: Arcaini, Crociani, Sindona,
Preda, Ventura, Vittorio Emanuele ecc.
Su questo tema ci si può ancora
domandare perché tanto Interesse per
quelle diecine di migliaia di profughi
vietnamiti (generalmente discendenti
d’immigrati) e il nessun interesse per
quel milione e più di nativi del Sud
Africa che vivono profughi in altri
paesi africani e sono stati scacciati
dalla loro terra dai discendenti d’immigrati QlandesI e Valdesi, come il
famigerato primo ministro Malan di
qualche decennio fa.
Pensando però a tutti i suggerimenti contenuti nella lettera menzionata
e alla possibilità accennata in conclusione. che cioè abbandonando l’indottrinamento si potrebbero risolvere
tante difficoltà, compresa quella della
diffusione del Suo giornale, mi domando perché Lei non si fa da parte per
tre o sei mesi proponendo alla Tavola
che durante quel tempo la responsabilità del giornale sia affidata al Suo
interlocutore.
Con fraterna stima
G. A. Comba, Torre Pellice
3
w
16 febbraio 1979
APPUNTI DI VIAGGIO ATTRAVERSO IL GRANDE PAESE
Gli Stati Uniti sono
una nazione guida?
Il pastore battista Paolo Spanu ha trascorso recentemente
un mese negli Stati Umti. Lo ringraziamo per aver accettato
di sintetizzare le sue impressioni generali in questo articolo
a cui farà seguito sul prossimo numero una seconda parte
dal titolo «Battisti made in USA».
Fare un viaggio negli Stati Uniti oggi, significa accostarsi al
cuore deH’occidente capitalistico,
non tanto perché gli U.S.A. rappresentino il punto più fermo su
cui poggia il sistema occidentale
— il che chiaramente non è più
vero dalla sconfitta nel Vietnam
in poi — quanto perché è in
questo paese che i modelli di vita e il potenziale umano più tipicamente « occidentali » sono
realizzati più chiaramente. Perciò la domanda che mi sono in
primo luogo posto era questa:
« Meritano gli Stati Uniti il ruolo di grande potenza e di nazione guida nell’occidente? ».
Come sempre in queste circostanze, non è venuta fuori una
risposta netta e chiara. Anzi, ora
mi domando se quella fosse una
domanda corretta e pertinente.
Spazio, spreco
e violenza
Da una parte ecco un paese
sconfinato, non solo geograficamente, ma anche culturalmente
e umanamente. L’impressione
che si riceve volta dopo volta è
che lo spazio sia la risorsa più
grande. Gli americani parlano di
libertà, io invece parlerei di spazio. C’è spazio per la proprietà,
c’è spazio per l’iniziativa sociale,
c’è spazio per la ricerca e c’è spazio per la conquista. Non c’è libertà in USA, perché ci sono
troppi preconcetti, troppi tabù,
troppe presunzioni. Invece c’è
spazio, una volta che si superino
tutte queste limitazioni.
Facciamo un esempio. Un pastore battista che opera in un
ministerio molto particolare, cioè
quello dei ciechi, se fosse in Italia cercherebbe, suppongo, di dividere la sua attività in due. Da
una parte cercherebbe di trattare tutti i problemi sociali dei
ciechi coinvolgendo l’autorità
pubblica. Dall’altra si prodigherebbe nella cura spirituale e pastorale delle persone. In America il nostro pastore, invece, si dà
da fare per organizzare la scuola
per i ciechi, per stampare libri,
per creare nuclei di assistenza
nei vari posti e poi, siccome i
ciechi sono sparsi un po’ dappertutto, si compra anche l’aereo
personale per andare in giro. Ecco che cosa intendo quando dico
che in USA non è che ci sia tanta
libertà, ma c’è molto spazio.
Di fronte a situazioni simili
come si dà una valutazione? E’
questa una forma di civiltà avanzata, da imitare o ricercare? A
me parrebbe di no, semplicemente, se non altro, perché non
dappertutto in questo mondo c’è
spazio (vedi non solo l’Italia,
l’Europa in genere, ma soprattutto i paesi e le regioni sottosviluppate).
Altro fattore negativo è l'enorme uso di energia che si fa in
USA. In casa, in chiesa, in ufficio, al supermercato, al ristorante, a scuola, si passa dall’aria
condizionata al riscaldamento
centrale e viceversa, con un semplice giro di manopola. Luci accese tutto il giorno anche nelle
splendide giornate d’agosto. Automobili enormi, anch’esse con
tanto di aria condizionata, che
sono considerate economiche se
hanno una cilindrata di 2000 o
2500 centimetri cubici (non ho
visto 126 Fiat, né R4. Le nostre
macchine europee sono tutte
maggiorate per il mercato americano!). Quanto durerà questa
fagocitazione delle risorse naturali? Eppure il sistema USA si
basa su questi tipi di economia,
in cui allo spreco corrisponde la
produttività, a questa lo sfruttamento delle risorse mondiali, ai
relativi bassi costi della vita, salari ragionevolmente alti; ad un
tasso di disoccupazione (protetta con notevoli e spesso appetibili indennità) del 7% corrisponde una relativa « pace sociale ».
Che dire poi della violenza? A
parte, e forse a causa, della violenza insita in un sistema fortemente concorrenziale, a tutti i
livelli (anche nella famiglia le
bambine vengono spesso allevate
coll’ideale che devono aver successo e ne hanno tanto più quanto più numerosi sono gli appuntamenti che hanno con i coetanei — possibilmente di elevato
stato sociale. Lascio immaginare,
poi, che cosa significa questa
ideologia del successo e del « funziona » a livello ecclesiastico), il
centro delle città americane
alle 6 e mezza/sette di sera diventa un deserto di cemento. Gironzolano gruppi di giovani e alcuni ubriachi. Comunque poca
gente a piedi, per paura di assalti, estorsioni, maltrattamenti e
uccisioni. Anche in macchina è
consigliabile girare con gli sportelli bloccati dal di dentro e pos
sibilmente con una radio trasmittente che funzioni.
E così potrei portare molti altri esempi e considerazioni per
dire NO. Gli USA non sono infatti la concentrazione più vistosa delle contraddizioni dell’occidente. In nessun senso possono
essere uno « stato guida ».
Eppure non è detto. Ripeto,
forse la domanda è mal posta:
non si deve parlare di « stato guida », né di « cuore deH’occidente
capitalistico ». Le guide vere e i
veri « cuori », forse, sono altri,
ed essi non s’identificano necessariamente con le nazioni.
americani hanno un altissimo rispetto dei beni pubblici. Malgrado la loro storia di nazione moderna sia breve, essi la coltivano
e ne custodiscono i documenti
con una'jScientifi^ità e un amore
sconfinati. E’ vero che la « bruciatura » del Vietnam scotta ancora, specie in chi aveva creduto
che quella guerra servisse a qualcosa, ma invece di stare a recriminare, piagnucolare o a fare gli
autolesionisti, moltissimi americani, mi è sembrato, stanno sviluppando una fase critica sul loro sistema economico e sulle conseguenze che esso può produrre
in sede internazionale. La politica di Carter (la battaglia per i
diritti umani, l’iniziativa di pace
in Medio Oriente, la posizione
mediana rispetto a Panama, qualche apertura a Cuba, la cautela
nella politica africana, ecc.) in
qualche modo esprime malamente, ma esprime questa volontà
dell’americano medio di evitare
gli errori del passato. C’è diffusa la sensazione di dover rinunziare al mito dello stato guida
senza rinunciare a fare la propria parte nel mondo, e ciò secondo la logica del « low prophile » (dimensione realistica).
E qui, secondo me, si apre la
possibilità per una vera sinistra
negli Stati Uniti, cioè di una sinistra che sappia collegarsi con
i ceti e le categorie « proletarie »
(uso questo aggettivo con estremo disagio!), vale a dire i minatori, gli impiegati delle burocrazie pubbliche, gli insegnanti delle scuole pubbliche, alcuni intellettuali, le minoranze etniche e
certi sindacati. Ma questo si dovrà fare nei termini tipici della
cultura e del linguaggio americano, rifuggendo, ad esempio, gli
slogans e i massimalismi teorici
o ideologici europei, e facendo
leva proprio sulla disponibilità
reale di molta gente a rivedere
seriamente tutta la politica e il
sistema economico-sociale ohe si
è sviluppato in USA.
Sono queste aperture che mi
hanno riportato alla mente la
teoria dello « spazio ». C’è spazio, cioè per un’America ridimensionata, ma proprio per questo
più interessante, perché più disponibile ad un mondo esterno
troppo spesso o ignorato o signoreggiato.
Paolo Spanu
(continua)
COSA DICONO DI NOI I GIORNALI
Protesta annebbiata
"Protestantesimo"
Di nuovo, la rubrica televisiva
« Protestantesimo » ha dovuto
far posto alla stagione lirica. Le
trasmissioni riprenderanno con
ritmo quindicinale lunedì 19 febbraio con una trasmissione su
La «Repubblica» del 17 gennaio dà spazio ad un articolo di
Cesare G. De Michelis che ricorda la costituzione, all’inizio
degli anni 20, di una « repubblica comunista evangelica » dal
nome simbolico di « Città Sole »,
ad opera di un Ivan Procharov
di origine battista, con traccio
culturali revivaliste e metodiste.
Costui, che fu anche nel 1925 vice presidente della Alleanza
Mondiale Battista, considerando
essere il mondo «il luogo di verifica della fede», si diede molto da fare per un inserimento
del pensiero e della prassi evangelica nella nuova società che
andava in quegli anni costituendosi. Non ebbe grande successo,
visto che, assentatosi nel ’28 dalla Russia, non vi tornò più abbandonando al loro non lieto destino (la comunità agricola Città Sole rimase coinvolta nella
lotta ai Kulaki) i suoi adepti;
ma rappresenta tuttavia un interessante tentativo di realizzazione evangelica.
Volontà di evitare
gli errori passati
« I cristiani di fronte
alle elezioni europee»
E difatti, se si esce da quella
logica, a me pare che il popolo
americano è ammirevole sotto
molti aspetti. Ad esempio, in
contraddizione con la « privatizzazione » estrema di quasi tutti
gli aspetti della realtà sociale, gli
La trasmissione metterà in luce
le diversità di approccio a questo problema che esistono tra
cattolici e protestanti. Saranno
intervistati il teologo riformato
George Casalis, il presidente
dell’Associazione delle Accademie per laici in Europa Werner
Simpfendorfer e lo storico Giorgio Spini.
«Paese Sera» del 29 gennaio
dedica ampio spazio nella cronaca di Firenze ad una riunione
di evangelici, titolando « I protestanti toscani dalla crisi al dialogo ». L’articolista, O. L., non
ha capito bene di cosa si trattava. In realtà era l’Assemblea
del X Circuito valdo-metodista,
aperta come di uso ai fratelli
battisti, nel corso della quale il
pastore Santini (indicato come
persona che « ormai da due anni ha abbandonato ogni attività
evangelica », il che come tutti
sappiamo non è fortunatamente
vero nonostante la emeritazione) introdusse il tema della
EVANGELO E RELIGIOSITÀ’ POPOLARE
Polemica e confronto
I quotidiani milanesi dei giorni scorsi riportano con grande
evidenza alcune interessanti affermazioni dell’arcivescovo di
Milano, cardinale Giovanni Colombo, il quale ha formulato im
pressante invito affinché siano
respinti troppo facili miracoli e
visioni.
Egli si è dichiarato francamente preoccupato del fatto che —
sono sue parole — « con frequenza crescente si ha notizia di
apparizioni, visioni, rivelazioni,
messaggi, comunicazioni interiori, segni straordinari che vengono presentati come provenienti
da Dio, dalla Madonna, dai Santi ».
Premesso che, in linea di massima, non è da escludere la possibilità di apparizioni e messaggi di origine divina, l’arcivescovo Colombo ha ricordato fermamente che « la rivelazione per la
salvezza dell'umanità si è conclusa definitivamente con la missione di Gesù e dei suoi apostoli ». Ciò significa — è sempre il
cardinale Colombo a parlare —
che « da allora il patrimonio delle verità rivelate non è più oggettivamente aumentabile » e che
« ogni rivelazione privata pertanto non potrà mai nella sua
forma e nei suoi contenuti aggiungere qualche verità nuova ».
Fin qui l’arcivescovo di Milano.
Per quanto ci riguarda, noi,
come evangelici, non possiamo
che sottoscrivere totalmente tali
dichiarazioni. Aggiungiamo che
prese di posizione di questo tipo avvicinano sicuramente le
possibilità di dialogo e di incontro tra le varie chiese cristiane;
sono cioè un importante contributo all’ecumenismo.
Tuttavia non possiamo fare a
meno di rilevare che dichiarazioni di questo genere finiscono
per essere rampogne generiche e
lasciare il tempo che trovano,
se non si procede con estrema
coerenza nell’identificare e rimuovere le cause profonde del
fenomeno denunciato.
Ora a noi sembra che responsabile principale di questo infantilismo credulone, di questa
fuga hell’alienaizione del fantastico (si tratti di madonne o di
dischi volanti) sia proprio la
Chiesa cattolica.
Tutti sanno come, nel corso
della sua storia, la Chiesa cattolica, per catturare e tenere avvinte a sè le masse, ha fatto
grande uso di apparizioni, esorcismi, reliquie, culti pagani di
ogni genere.
Si dirà: « Acqua passata ». Acqua passata, sì e no.
Ancora oggi, nel Mezzogiorno
d’Italia sono documentati migliaia di casi — vera delizia per
__1t ^ ±. Í .1 O Oli.
gli etnologi — di idolatria, di superstizione, di scongiuro, di magìa, tutti, fenomeni rilevabili nell’ambito della cultura popolare
cattolica.
Ancora pochi mesi fa, a Torino, si può organizzare un gran
« Evangelizzazione ». Dalla severa critica che il Santini fa degli
adempimenti (scarsi) e degli atteggiamenti (molteplici) dei protestanti italiani sul problema
centrale della evangelizzazione,
l’articolista trae motivo per un
catastrofico quadro del « tracollo delle Comunità protestanti»
di Firenze, tra le quali pare siano sopravvissute solo quelle vaidesi, e dei problemi che tale presunto tracollo pone. Il pastore
Santini avrà certo modo di rettificare quanto di errato vi è
nella illustrazione del suo pensiero. Noi troviamo tuttavia ragionevolmente accettabile la
conclusione che O. L. trae dalle
sue errate premesse : « La testimonianza della fede... ha bisogno
di una nuova scossa. L’evangeUzzaziòne... vuole rivolgersi in particolare a chi vive senza speranza, senza Dio, e si avvale di persone e di Comunità. Ma come
sono spariti i presupposti di una
persecuzione... cosi si sono annebbiate le cause della protesta ». Non invocheremo certo
una nuova persecuzione, ma invocheremo, sii, imo sforzo comune per « snebbiare » le cause della protesta, rievocando del passato non forme ormai prive di
valore reale, ma la sostanza di
quella testimonianza evangelica
che fu il contenuto della Riforma.
dioso « show » intorno alla Sindone, per la quale è stata richiesta invàno la prova del carbonio 14, che potrebbe quanto meno datarla con sufficiente approssimazione.
La verità è che la Chiesa cattolica è troppo ansiosa di piacere a tutti. Da un lato si ammicca all’intellettuale, per il quale è bell’e confezionato un messaggio spiritualistico e al quale
si fa capire che, in fondo, a certe baggianate riservate al popolo non crede nessuno di quelli
che contano; dall’altro lato, per
il popolino, si continua a riservare il solito « panem et circenses ». Così il cardinale di Milano, città evoluta, tuona giustamente contro la credulità visionaria e superstiziosa.
Ma il cardinale di Napoli, città sottosviluppata, presenzia
ogni anno di persona, in cattedrale, all’osceno spettacolo dello
scioglimento del sangue di San
Gennaro.
Di fronte a queste cose, noi
evangelici siamo fermamente del
parere che una vera chiesa cristiana debba essere sempre e
unicamente preoccupata di testimoniare Cristo e il Vangelo,
andando contro corrente, rinunciando allo spettacolo e al consumismo, al dare « ciò che la
gente vuole », nella fragile illusione che questo cedimento possa contribuire a moltiplicare i
consensi.
Aurelio -Penna
Come ovvio, tutti i giornali
hanno parlato del papa in occasione del suo viaggio in Messico
e del discorso di Puebla. Sono
state in particolare riferite le
preoccupazioni sul rischio antiecumenico di molte dichiarazioni papali espresse da Giorgio Girardet, e quelle di un ingiustificato trionfalismo espresse da
Dom Franzoni. La Nazione di
Firenze ha dato risalto ad una
lettera aperta di un gruppo di
persone, tra cui i tre pastori
evangelici della Spezia, che protesta per le dichiarazioni papali
(e benelliane) sull’aborto e chiede ai parlamentari spezzini di
battersi per l’abolizione del Concordato, contro una sua addomesticata revisione.
Il Giorno del 6 gennaio pubblica un articolo di Jürgen Moltmann, teologo evangelico, che riprende il tema della paternità/
maternità di Dio. Farà bene a
leggerlo chi è rimasto un poco
scandalizzato del modo con cui
lo stesso problema era stato affrontato da Giovanni Paolo I e
ripreso dal.auo epigono Giovanvanni Testori (vedi La Luce del
20 ottobre u. s.). La sostanza del
discorso sta nella sua conclusione. La libertà evangelica di uomini e donne è rappresentata
compiutamente solo « da donne
autocoscienti e da uomini autocoscienti in ima Chiesa dove non
vi sono privilegi ». E questa, dice Moltmann, è la Chiesa del futuro.
Il Corriere Biellese, oltre a dare notizia, con auguri di buon
lavoro, dell’insediamento di un
nuovo pastore nella città, riferisce di una riunione tenutasi a
Cessato per discutere della Sindone, con larghi riferimenti all’apporto dei valdesi allo studio
del problema.
• • •
Nel suo numero di gennaio II
Gallo riprende da Notizie di Riesi un articolo di Tullio Vinay
centrato sulla necessità di agape
nelle Chiese, inserite come testimoni nella realtà sociale.
Niso De Michelis
4
16 febbraio 1979
BREVE STORIA DEL METODISMO - 1
Un risveglio
non programmato
Nella prima metà del '700, in una situazione di distacco della cultura
e della chiesa dalla popolazione, accade l’imprevisto.
Nell’anno della conclusione dell’integrazione valdo-metodista abbiamo ritenuto importante presentare una sia pur
succinta storia del metodismd. Essa comparirà in questo e
nei _ prossimi 4 numeri deU’Eco-Luce. Autore ne è Sergio
Carile, pastore emerito e studioso metodista. Il suo interesse,
di lunga data, in questo campo è sempre andato al contenuto teologico del metodismo assai più-che alla sua storia.
Malgrado ciò egli ha accettato di curare questa serie di articoli storici e noi glie ne siamo grati.
Chi, intorno all’anno 1726, avesse incontrato per le nèbbiose
strade d’Inghilterra un giovane
esiliato parigino, appena uscito
dalla prigione della Bastiglia, ed
un giovane pastore anglicano,
appena uscito dall’università di
Oxford, non avrebbe certo immaginato di essersi imbattuto in
due persone la cui fama sarebbe
stata imperitura e la cui influenza avrebbe, sia pure in modi assai diversi, scosso dalle fondamenta le opinioni del loro secolo
per giungere fino a noi come
maestra di intolleranza verso
ogni dogmatismo irrazionale e
di sensibilità verso ogni inquietudine sociale.
Volendo schizzare a grandi linee un quadro dell’ambiente religioso e sociale nel quale avrebbe operato il secondo, Giovanni
Wesley, possiamo dunque rivolgerci con fiducia alle osservazioni del primo, il profugo Voltaire,
il quale non aveva alcun interesse a non essere imparziale ed
a mettere in cattiva luce quella
libertà di pensiero e di azione
che voleva trapiantare dall’Inghilterra in Francia.
Così, se egli asserisce, per
esempio nelle « Lettres anglaises », che tutto sommato il clero anglicano aveva costumi migliori di quello francese poiché,
se l’usanza consentiva ai pastori
di frequentare talvolta l’osteria
essi, comunque, « se si ubriacano lo fanno con serietà e senza
scandali » (XXIV, 25), possiamo
senz’altro credergli.
Una decadenza del costume
del clero, così facilmente ridicolizzabile, doveva sicuramente
esistere; ma non era certo ovunque. Non mancavano tra gli ecclesiastici uomini di valida scienza e di sicuro merito. La carenza, semmai, potremmo rilevarla
piuttosto nel distacco tutto illuministico della vita culturale
dalla vita pratica, e perciò nella poca comprensione delle reali
necessità religiose della popolazione, specie di quella minuta,
che restava così vittima indifesa di ogni superstizione e pregiudizio, come di ogni irrazionale aspirazione.
Sia nei centri urbani, dove era
facilmente indotta ad imitare il
comportamento dell’alta borghesia la quale — come ovunque —
non brillava certo per esemplare moderazione nei costumi e
per avanzamento sociale, sia nei
centri rurali, ove ci viene descritta dagli storici — come d’altronde in tutta Europa — in uno
stato vicino alla barbarie, e nei
centri carboniferi quasi selvaggio, questa « plebe » era lasciata
a se stessa, priva di una guida
che non le si' imponesse rha ne
coltivasse la dignità;
Non erano mancati tentativi
in questo senso, perfino da parte di quella stessa classe di letterati che non poco aveva contribuito a creare un’atmosfera
di dissoluzione dei costumi. E
tutti i tentativi che hanno preceduto il risveglio metodista, come la « Società per la riforma
dei costumi », armata di tutti i
crismi e le severità della legge,
o le minori Società religiose fondate da alcuni pastori, furono
onesti e considerevoli, almeno
per i pochi decenni nei quali operarono, ma la dimensione del
problema da risolvere e la loro
superficialità nefl’affrontarlo non
permisero che portassero i frutti sperati.
Una predicazione
incapace di incidere
Nessuna meraviglia se in queste condizioni la predicazione
dell’evangelo, quando non era
un soporifero contentamento dei
gusti degli uditori, o non veniva
trasformata in una arringa politica, risentiva molto di un dogmatismo pedantesco che le impediva di essere incisiva e popolare. C’erano, è vero, le chiese non conformiste che avevano
strenuamente combattuto per
ottenere finalmente quella libertà che per 150 anni era stata loro ostinatamente negata; ma
sembravano aver sterilito le loro energie nella lotta. Se non
erano cadute anch’esse nell’indifferentismo della chiesa di stato, non avevano però neppure
superato le interminabili diatri
John Wesley
in un ritratto
dell'epoca.
be interne; per cui anche la loro predicazione non presentava
quella riabilitante parola che il
momento richiedeva.
Può darsi, come alcuni sostengono, che tutto questo stato di
cose sia da attribuirsi ad una
incompleta accettazione, da parte del protestantesimo inglese,
dei principi ideologici fondamentali della Riforma. Il fatto stesso che la Riforma sia arrivata
in Inghilterra mediata, almeno
in parte e ufficialmente, dal sovrano Enrico Vili e che la sua
affermazione sia stata legata alle circostanze politiche, certo
non le fu di vantaggio. L’aggancio alle vicende del potere politico, privandola di quella libertà e di quella autonomia che
avrebbero potuto fortificarla soprattutto presso il popolo minuto, ridusse di fatto — come è suo
costume — quella che sarebbe
probabilmente stata una rivoluzione, come in altri paesi, in uno
squallido compromesso. Il puritanesimo stesso — sorto inizialmente con la sua tetra serietà a
sostegno di un principio di vera
santificazione personale, in opposizione alla rilassatezza della
religiosità ormai quasi unica
mente cultuàle della chiesa di
stato — non tarderà ad invischiarsi nelle lotte politiche.
Abbiamo così dinnanzi agli occhi il quadro di un paese, favorito in questo secolo XVIII da
brillanti successi militari, illustrato dalla presenza di eminenti uomini di lettere e di scienze,
ma la cui struttura portante tuttavia è tremendamente sull’orlo
del collasso.
Sembrerebbe dunque inevitabile la necessità di una scossa:
di quello che in termini religiosi
si definisce « un risveglio »; ma
queste non sono cose che gli uomini possano programmare. Occorreva perciò proprio quella incognita che Voltaire non poteva
presagire quando sunteggiava
con queste parole la situazione
religiosa nell’Inghilterra del suo
tempo: « La gente qui è ormai
talmente tiepida a questo riguardo che non c’è rischio che possa
aver mai successo una religione
nuova o rinnovata » (XXIV, 32).
Gli avvenimenti lo smentirono, poiché fu proprio un risveglio quello che avvenne.
Sergio Carile
{continua)
Pino alla fine del secondo secolo le comunità cristiane sono
ancora completamente autonome, non legate in alcun modo
al potere che anzi tenta di eliminarne la carica socialmente rivoluzionaria anche con persecuzioni; dal punto di vista dottrinale — specialmente nei primi
decenni di questo periodo — le
comunità stesse sono ancora
molto poco preparate: fondandosi ancora sulla certezza di
un imminente ritorno di Gesù
vivono piuttosto alla giornata
che non sulla base di rapporti
definiti e prestabiliti. È solo con
il lento sgretolarsi di questa
certezza, con la reimpostazione
di tutto il problema storico-teologico della venuta di Gesù che
le comunità sentono una maggiore necessità di organizzazione: questo processo si compie
in termini di tempo relativamente lunghi e la sua elaborazione va di pari passo con la
trasformazione delle « ipotesi religiose » presenti nell’impero romano in quel tempo. Da un paganesimo istituzionale, che comprende tra l’altro l’adorazione
deH’imperatore da parte dei sudditi, la religiosità romana passa
intorno al 200 (a causa della
estinzione degli Antonini e dell’ascesa di una nuova dinastia
africana) ad un generale quanto generico sincretismo all’interno del quale anche il cristianesimo viene accolto, perdendo
però tutta la sua carica di rinnovamento dei rapporti umani
nel nome dell’amore e non dell’istituzione.
Quel che ci interessa qui è
definire i cambiamenti « ideologici » avvenuti in questo periodo: sentire la necessità di dare
alle comunità una struttura destinata a durare nel tempo (istituzione di figure autoritarie e
responsabili dottrinalmente ed
economicamente come i vescovi;
determinazione della superiorità di alcune comunità e in particolare di Roma sulle altre) significa implicitamente dare maggiore rilevanza a questo mondo,
a questo momento storico che
non al Regno di Dio che ha da
venire. Non solo, ma significa
I grandi temi della fede evangelica
IL REGNO DI DIO [4
Il Regno di Dio nella storia
anche affermare ridentificazione della chiesa con il regno di
Cristo in quanto essa ne è l’espressione visibile. La chiesa
diventa dunque l’unico mezzo
per giungere al Regno, alla salvezza finale: essa sola ha l’autorità e la capacità di stabilire
i rapporti tra l’uomo e Dio.
Le implicazioni storiche, e non
soltanto storiche, della formazione di questo pensiero e di
questa autorità erano destinate
a diventare ancora più profonde di quanto non sembrino a
prima vista se si tiene conto
del fatto che, in concomitanza
con questa trasformazione, si
realizza una coincidenza di interessi sempre più stretta tra
la decadente autorità politica
romana e la nuova autorità ecclesiastica. A nulla vale l’opposizione violenta a questo fenomeno di secolarizzazione e di
abbandono dell’originaria fede
da parte di uomini come Tertulliano (160-240 ca): non potendo
schiacciare la crescente autorità
e potenza, soprattutto economica, della nuova religione, lo stato la rende inoffensiva integrandola nel suo ambito: con il regno di Costantino la chiesa si
lega al potere, i suoi dogmi diventano quelli dello stato; disobbedire alla chiesa significa anche, conseguentemente, attentare all’integrità e autorità del
potere politico.
Medio Evo: il Regno
di Dio capovoito
Quanto profondamente dovesse radicarsi nell’animo dei cristiani la certezza che la chiesa
costituisce l’unico mezzo per
raggiungere la salvezza eterna,
l’unica autorità indiscussa ed
indiscutibile, lo dimostra la storia della chiesa nei secoli seguenti; lo dimostra ancora la
gravità, per noi oggi quasi incomprensibile, della rottura avvenuta nel XVI secolo, l’incapacità di arrendersi all’evidenza
evangelica della necessità di una
fedeltà solo biblica.
La storia della chiesa dei primi lunghissimi 1300 anni circa è
tutta racchiusa in questa certezza che niente poteva sradicare,
nemmeno le più evidenti trasgressioni da parte dell’istituzione, nemmeno le più palesi
inadempienze. Tanto forte era
questa certezza che tutti i movimenti di riforma precedenti
Lutero non attaccarono mai la
chiesa come fonte di corruzione e di mali per la società ma
sempre invece la società e solo
indirettamente i costumi degli
ecclesiastici in quanto prodotto
di tale società. L’autorità della
chiesa e dei suoi dogmi restava
quindi indiscutibile; era invece
la società che doveva essere
trasformata attraverso la convérsione al verbo evangelico.
Per cercare di comprendere
la mentalità che stava dietro a
questa posizione è importante
ricordare come gli avvenimenti
storici abbiano contribuito a
formarla. Con la caduta dell’impero romano, per lunghi secoli
la chiesa resta l’unica depositaria del patrimonio culturale occidentale e la sua organizzazione è l’unica organizzazione
esistente in Europa; con la ricostruzione dell’impero ad opera di Carlo Magno rinasce il dualismo di potere e di autorità in
Europa, dualismo che continua
però per lungo tempo ad essere
di fatto legato alla dipendenza
del potere spirituale (la figura
del vescovo-conte è particolarmente significativa come esem
pio di unificazione in uniche mani di tutte le autorità e di tutti
i privilegi).
Quanto questa interdipendenza tra potere ecclesiastico e politico dovesse influire sulla mentalità del tempo interessa principalmente gli storici; quanto dovesse influire sulla modificazione dell’atteggiamento spirituale e
teologico interessa in primo luogo noi: la stessa idea (ormai infatti non è più che un’idea) di
Regno di Dio viene in questo
periodo totalmente capovolta ad
immagine e somiglianza della
struttura terrena. Non più « i
primi saranno gli ultimi » ma
semplicemente il R. di D. non
sarà altro che una piramide simile a quella sociale esistente
sulla terra.
Non a caso la « rivoluzione »
che sconvolge la chiesa e la società nei secoli XII-XIII, la grande rinascita spiritualistica di
quel periodo, proviene da quei
ceti sociali nuovi che non trovano la loro” collocazione né tra
il popolo ignorante e sottomesso — i cui bisogni spirituali erano appagati da un più o meno
imposto misticismo paganeggiante, in una totale sottomissione alle autorità — né tra i ceti
superiori più coscienti e coltivati, talmente legati però agli interessi economici e di prestigio
della situazione esistente da aver
perso ogni possibilità e volontà
di modificarla. Rivoluzione totale, quella dei valdesi o dei francescani per esempio, in ambito
sempre e comunque sociale però. La riscoperta del Sermone
sul Monte comporta un profondo desiderio di rinnovamento
dei rapporti tra gli uomini, una
scelta di vita coerente ma mai
la discussione dei dogmi ecclesiastici.
La rottura
della Riforma
E la Riforma, la riforma di Lutero e di Calvino, il tanto atteso (da noi, badiamo bene!) rifiuto di questa autorità della
chiesa, la negazione della sua
identificazione con il Regno di
Cristo, della sua capacità di essere l’unico « canale » attraverso il quale l’uomo comunica con
Dio, non sono avvenuti gioiosamente ma tragicamente, da una
parte come dall’altra. La ragione di questa rottura, che indubbiamente si è fondata anche
sulle controversie teologiche di
Lutero, sta in un atteggiamento
che biblicamente è simile a quello che già aveva causato il rinnovamento del XIII sec. (la «riscoperta » individuale, non filtrata dalle interpretazioni ecclesiastiche, della rivelazione cristiana) ma che si avvale questa
volta di una maggiore consapevolezza delle capacità umane,
di una più ferma volontà individualistica, della certezza di
poter rivendicare un rapporto
individuale con Dio. Ciò che sta
dietro a questa nuova lettura
biblica, alla riscoperta della fede
e della grazia in primo luogo, è
insomma il crollo della concezione medievale, piramidale della
società di questo mondo e del
Regno futuro, è la negazione
della identificazione tra autorità
ecclesiastica e potere terreno, tra
fede dell’uomo e giudizio della
chiesa.
Siamo di nuovo ad una grande svolta nella storia dell’umanità e, conseguentemente, delle
sue confessioni di fede: la necessità di rileggere con occhi
nuovi la Parola di Dio comporta
anche la necessità di rivedere il
proprio atteggiamento di fedeltà o meno alla volontà del Signore, la propria rappresentazione del mondo presente e futuro e del modo in cui viviamo
questo e attendiamo quello.
Daniela Bocassini
(Questo articolo ha come base
un incontro tra il Collettivo teologico lombardo e il prof. Domenico Maselli).
5
16 febbraio 1979
PAESI ARABI E « RISVEGLIO ISLAMICO »
Integrismo musulmano
Mentre in Iran, con la vittoria di Khomeini, ci si avvia
alla realizzazione della « Repubblica Islamica », cercbiamo di
comprendere più a fondo il fenomeno religioso, il « risveglio
islamico » che è una delle componenti di questo grande rivolgimento e che riguarda ugualmente altri paesi arabi.
Fonte principale di questa pagina è una serie di articoli
di imo studioso francese. Maxime Rodison, comparsi il 6, 7,
8 dicembre ’78 su « Le Monde ».
I recenti avvenimenti in Iran,
l’applicazione delle leggi coraniche, con rigore quasi spettacolare, in Libia e nell’Arabia Saudita ecc, hanno mosso alcuni
osservatori a parlare di un risveglio dell’integrismo musulmano. Il termine viene preso a
prestito dalla storia del Cristianesimo e può essere opportuno
ricordare la definizione che ne
dà un cattolico del nostro tempo: per cui in campo politico è
detta integrismo « la pretesa di
trarre dalla Bibbia, per via di
deduzione logica, un sistema di
concetti interpretativi del reale
e un dato comportamento politico e sociale per il cittadino
cristiano, comportamento presentato come obbligante in coscienza e unico vero » (G. Pranzoni in « Il mio Regno non è di
questo mondo »).
La questione
nel Medio Evo
Nel cristianesimo l’integrismo
risale al Medio Evo, basti ricordare la pretesa di -ponteflci come Innocenzo III di voler interferire nella politica dell’Impero. L’Islam invece è sempre
stato, in un certo senso, «integrista», in quanto la religione
musulmana è nata in un contesto sociale e politico tribale;
ogni tribù costituiva un microstato con funzioni politiche proprie. Fin dalle origini la comunità dei fedeli ha dovuto assumere anch’essa funzioni politiche
e per sopravvivere e per estendersi, ma la mancanza di codici
completi ha fatto sì che la comunità religiosa ricorresse alle
poche norme coraniche che si rifanno ad una organizzazione sociale. In seguito tali norme furono integrate dagli apporti culturali dei popoli sottomessi dall’espansione islamica.- Questo
fatto è sconosciuto al Cristianesimo che è si diventato una
potenza all’interno tìeH'Impero e
talvolta è stato adottato come
ideologia di Stato, ma ha sempre dovuto coesistere con strutture giuridiche, sociali, culturali
che avevano un’origine non religiosa.
Non è mai successo che le
leggi del diritto romano, le norme della vendetta corsa, il pensiero fìlosoiìco di Aristotele ricevessero come garanzia il nome di Gesù Cristo. Questo nell’Islam è successo e tutti gli apporti utilizzabili sono stati digniflcati dal richiamo alla Parola di Dio.
La Mecca
Scismi e
lotte religiose
di religiosità di massa favorita
dal principio, vigente anche nell’Eùropa del XVI sec., per cui
la popolazione era obbligata a
seguire la religione del proprio
sovrano (cuius regio, eius religio). Contrariamente a quanto è
avvenuto ih Europa, l’Islam non
ha conosciuto la contestazione
delle istituzioni ecclesiastiche.
L’arretratezza economica ha
evitato quello slittamento verso
l’irreligiosità che in Europa è
stato la conseguenza dell’industrializzazione e delle relative
trasformazioni in campo sociale, culturale, politico. Al contrario nell’Islam ha continuato a
sopravvivere la paura di un cedimento verso le religioni « concorrenti », anzi tale ossessione
si è rafforzata nel XIX e XX
sec. di fronte alla penetrazione
europea ed ha dato luogo a forme parossistiche che ricordano
da vicino le reazioni del mondo
cattolico di fronte alla irreligiosità dilagante e all’ossessione del
comunismo.
tica di Nasser). Nei paesi islamici poi, si trova facilmente il
richiamo a una entità soprana^
zinnale che riunisce tutte le masse popolari in quanto musulmane. Questo nel Cristianesimo
non accade più.
Intanto l’influenza del mondo
occidentale ha staccato dalla
mentalità musulmana solo piccole élites contro le quali si sono levate le masse il cui tenore
di vita era ai limiti della sopravvivenza. Ma il popolo ha unito
alla lotta propriamente politica
la lotta contro l’immoralità in
nome della fede tradizionale:
così si spiegano gli assalti a
hôtels, negozi di articoli di lusso ecc.
La legge del Corano
ti ‘
-Si»
Dal punto di vista più strettamente religioso l’Islam ha conosciuto meno del Cristianesimo il travaglio degli scismi e
delle lotte religiose; infatti nelrxi sec. prevalse la corrente sunnita e le altre sette si ridussero
al rango di comunità chiuse
senza pretese di proselitismo e
quindi facilmente tollerabili
dallo stato in quanto ritenute
inoffensive.
Si ebbe così una situazione
Guerra agli infedeli
Verso la metà del secolo
scorso le élites dirigenziali riuscirono a convogliare le masse
dietro ad ideologie « moderne »
scatenando la lotta contro la
dominazione europea, ma il modello religioso della guerra
santa compariva nella lotta contro lo straniero identificato con
l’infedele (o più di recente con
l’imperialismo secondo la poli
È bene ricordare che mentre
l’attuale integrismo cattòlico
più rigoroso può voler tornare
all’uso della sottana o della liturgia in latino e che si puoi parlare di integrismo quando ì cattolici citano le sacre scritture
per vietare il divorzio e gli
anticoncezionali, l’integrismo islamico corrispondente può volere che si applichi con rigore
la legge Coranica. Questo significa che si taglia una mano ai
ladri, che si riduce a metà la
capacità successoria delle donne, si flagella il bevitore, si lapida l’adultera (vedi l’Arabia
Saudita l’anno scorso).
Patrizia Mathieu
Religione e politica in Iran
Nel 1978 la cifra-record dei pellegrini alla Città Santa
dell’Islam ha superato i due milioni.
Ciò che colpisce maggiormente
l’opinione mondiale, quando si
parla deH’Iran, è che l’opposizione politica al regime dello Scià
sia fatta nel nome della religione. I legami ohe esistono tra capi politici dell’opposizione e capi
religiosi sono molto antichi, e
per certi versi non facilmente
comprensibili alla nostra mentalità occidentale, abituata a secoli di connivenza tra stato e
chiesa.
Come è nata
questa alleanza
Piccolo glossario islamico
Ayatollah
Imam
Sciiti
il gradino più alto della gerarchia sciita. Funzione specifica degli ayatollah è quella
di indirizzare la comunità religioso - politica musulmana
verso il rispetto e la tutela
dei valori e delle tradizioni
islamiche. Non si tratta comunque di una figura sacerdotale o profetica, che trasmetta agli uomini i comandamenti divini, quanto piuttosto di un capo, di una guida spirituale ed etica.
Corano
il vocabolo arabo qur’an significa « recitare ad alta voce », e con il termine « Corano » si designa il principale
testo sacro dei musulmani.
Esso contiene i messaggi rivolti al profeta Maometto in
tempi e luoghi differenti dal
Signore (Allah), talora con
l’arcangelo Gabriele quale intermediario.
Il testo, nella sua redazione definitiva, si trova diviso
in capitoli (aurate) e versetti
(ayah), dal contenuto spesso
eterogeneo. Ciascun esemplare di Corano viene considerato sacro e non può essere
letto od anche semplicemente toccato dagli « infedeli ».
Questo carattere « inviolabile » del testo ne impedisce
una traduzione dall’arabo in
altre lingue per fini liturgici.
termine già presente nel
Corano, significa originariamente « ministro della preghiera comune », con funzione di guida e modello per i
fedeli. Secondo la tradizione
sciita, l’imamato compete
esclusivamente alla discendenza di Ahi. In questo ruolo
i fedeli ravvisano innanzitutto la presenza della forza cosmica divina che presiede alla creazione del mondo e ne
garantisce resistenza. Gli
Imam si succedono, come
portatori di questa luce sovrannaturale, formando una
catena che sostiene la terra,
e la cui interruzione ne provocherebbe il crollo e l’annientamento.
aderenti alla Sia’Alì,, cioè al
« partito di Ali ». Quest’ultimo, cugino e genero di Maometto, condusse in nome dell’ortodossia islamica una lunga battaglia contro l’istituzione extra-coranica del Califfato. I seguaci ne fecero il simbolo dell’infallibilità profetica, anteponendolo, in alcuni
casi, a Maometto stesso.
IsIam
Gli sciiti, differenziati in
numerosi raggruppamenti, riconoscono una legittimità di
governo politico-religioso sulla comunità islamica ùnicamente ad Al l, tramite la sua
discendenza. L’Iran costituisce attualmente il principale
punto di riferimento di questo movimento, che l’islamismo sannita considera eterodosso.
nome arabo indicante l’insieme delle credenze e dei rituali fondati sul Corano e
proclamati da Maometto, nonché la comunità musulmana
nel suo complesso. Il termine
proviene dal verbo aslama,
che significa « sottomettere »,
e delinea quindi l’accettazione di una assoluta dipendenza nei confronti di Allah. In
tale significato si trova già
presente nel testo coranico
per indicare la vera religione :
« m’è piaciuto darvi per religione l’Islam» (V, 3).
’Ulema
questo sostantivo indica coloro che dedicano la propria
vita all’ ’ilm, cioè alla « conoscenza » del Corano e della
Sunna ( gli usi tradizionali
islamici che non risalgono direttamente al testo sacro).
Questa conoscenza matura
non esercitando facoltà personali di giudizio ma lasciandosi gradualmente compenetrare dallo spirito profetico.
Enrico Benedetto
L’origine dell’ingerenza religiosa negli affari di stato è da farsi
risalire, paradossalmente, ai tempi della elaborazione della dottrina sciita, che contesta rigorosamente la legittimità del potere
laico. Se la contestazione è rimasta, è stata tuttavia modificata
a contatto delle varie situazioni
con cui si è dovuta scontrare. I
rapporti di forza tra lo stato e il
gruppo, molto influente, degli
"ulama” (capi religiosi), ha determinato la grande importanza
di questi ultimi in Iran mentre
il loro potere declinava nell’Islam
sannita, dove il potere laico poté
instaurarsi senza il loro appoggio. La dinastia dei Sefevidi, invece (che regnò dal 1500 al 1722)
conquistò l’Iran, con la cooperazione degli “ulama” che provenivano da altri paesi arabi. Fu
allora che la loro reciproca interdipendenza fu teorizzata ed
istituzionalizzata. Lo stato cominciò a perdere potere, mentre aumentavano i privilegi e l’indipendenza finanziaria degli “ulama”.
Si aggiunga che non potevano
certo fermare l’ascesa degli “ulama” i governi instabili che si
succedettero in Iran. Per meglio
accrescere il loro ascendente,
questi capi sceglievano la loro
residenza al di là delle frontiere
del regno, in santuari sacri.
L’alleanza, apparentemente paradossale, tra religiosi e riformisti, o rivoluzionari laici, fu
stipulata nel XIX secolo, contro
le concessioni che la dinastia
Kajar faceva all’ Occidente, e
venne suggellata nella «Rivoluzione Costituzionale» del 1905-1911.
Entrambi i partiti temevano,
già allora, la modernizzazione,
che non poteva avere altri risultati, secondo loro, che il rafforzamento del potere autoritario
della dinastia regnante, sotto la
protezione delle potenze straniere. I religiosi temevano soprattutto le ripercussioni che le tendenze laicizzanti della modernizzazione avrebbero potuto avere
sulla loro autonomia di potere; i
riformisti temevano un rafforzamento del potere assoluto. Entrambi volevano lottare contro
le potenze straniere e infedeli.
L’alleanza ottenne un risultato
di rilievo nella Costituzione del
1906, che limitava moltissimo il
potere dello Scià. I religiosi, tuttavia, furono bruscamente sorpresi dall’istituzione di tribunali
civili accanto a quelli religiosi,
e dalla dichiarata uguaglianza
tre le varie confessioni; furono
perciò accontentati, momentaneamente, con rinserimento di
un articolo che prevedeva che
nessuna disposizione avrebbe potuto essere contraria alla Legge
Sacra: un comitato di “mujtahid” (i più potenti "ulama”),
avrebbe controllato l’osservanza
di questa norma.
L’alleanza tra clero e riformisti
venne rotta nel secondo periodo
della rivoluzione, perché alcuni
religiosi si resero conto della sua
pericolosità per Io sciismo stesso. Ma i rapporti non furono mai
completamente rotti, e l’alleanza
fu rafforzata sotto la dinastia dei
due Pahlavi, dopo il 1925. I nazionalisti democratici, parzialmente aperti alla modernizzazione, colpiti dal regime totalitario,
dalla politica estera dello Scià,
dalla violenta repressione e dallo strapotere dei profittatori del
regime, furono di nuovo spinti
ad un’alleanza con gli “ulama”.
Questi, a loro volta, univano, all’indignazione per quegli stessi
fatti, la paura di un’evoluzione
occidentalizzante, e potevano attirare un gran numero di scontenti intorno alle loro figure, venerate dalle masse e protette da
sedi inviolabili.
Gli avvenimenti recenti non
sono che il seguito di una scalata già iniziata daH’ayatollàh (“segno di dio”, uno dei titoli più
onorifici), Komeiny nel 1963,
quando paragonò lo Scià al califfo persecutore dei discendenti
del Profeta. Il suo imprigionamento provocò reazioni violentissime ( da cui però scissero le loro
responsabilità i nazionalisti laici) e la repressione provocò almeno un centinaio di morti.
Possibilità di un
governo islamico
Gli “ulama” hanno il potere di
lanciare parole d’ordine indirizzate alla formazione di un go
Danìelle Jouvenal
(continua a pag. 8)
6
16 febbraio 1979
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Un nuovo
giornale
Il 1979 ha dato l’avvio ad una
nuova esperienza giornalistica net
pinerolese: il settimanale «Cronache ».
Un concorrente? Io non credo
che dobbiamo avere questo timore: chi oggi legge il nostro
settimanale sa di trovare in queste otto pagine delle cose che non
trova in nessun altro settimanale del pinerolese e che non potrà
trovare neppure in « Cronache ».
Il perché è presto fatto a dirlo:
VEco-Luce non ha alcun interesse di partito da difendere o da
proporre, così come non ha la
pretesa di egemonizzare la vita
culturale e religiosa degli abitanti del pinerolese. Molto più modestamente il nostro Eco-Luce si
propone di dare l'informazione
essenziale per le comunità ed i
gruppi protestanti dispersi in tutta Italia, informazioni che concernono la loro esistenza di credenti e di protestanti net contesto dell’ecumene - cristiana. Oltre
a questo, due paginette sulla particolare realtà sociologica delle
comunità riformate del pinerolese. Che cosa significa auesto?
Che chi vuole oggi, in quanto
protestante, partecipare responsabilmente càia vita ed ai problemi della vasta diaspora protestante in Italia ed alla particolare situazione dei valdesi nel pinerolese, non può prescindere da
questo strumento di informazione che è l’Eco-Luce. E questo io
credo sia vero, nonostante le lacune e le possibilità di migliorare il nostro foglio.
Detto questo, vediamo in quale situazione si inserisce questo
nuovo settimanale. Dopo il fallimento de « La Lanterna » (destra democristiana) e de «Il
Giornale di Pinerolo e valli »
(quindicinale di un grurtno di intellettuali ed operai di sinistra),
l’Eco del Chisone è, di fatto, il
settimanale che informa il pinerolese (oltre 20 mila copie) senza avere un concorrente. « Il Pellice », trasferitosi fuori delle valli si è un po’ allontanato dai
problemi locali e la sua base
appare piU^che mai rarefatta.
« Cronache » tenta quindi di inserirsi in uno spazio sin qui rimasto aperto: l’area della sinistra pinerolese e quella comunista innanzitutto. Difficile negare
l’esistenza di questo spazio aperto. L’esigenza di un’informazione
alternativa rispetto alla voce Eco
del Chisone è indubbiamente sentita e non solo da oggi. Un foglio laico non può che essere salutare per il pinerolese, pur con
tutte le incognite che restano per
un giornale appena uscito e che
dovrà farsi le ossa.
Senza proporsi come alternativa all’Eco del Chisone, « Cronache » potrà contribuire non poco
al dibattito politico e culturale,
alla crescita democratica dell’area pinerolese.
Certo partire da zero non è facile: non basta avere un capitale di partenza per una simile iniziativa, ci vogliono i collaboratori e, soprattutto gli abbonati.
Il successo di questa iniziativa
che a mio avviso va considerata
positivamente, dipenderà molto
dall’impostazione che il giornale
assumerà: sarà aderente ai problemi di politica locale, ai fatti
della vita quotidiana che la gente cerca e, non per ultimo, diventerà uno strumento di dibattito
aperto a tutta la sinistra pinerolese? L’augurio è che la risposta
sia affermativa.
Ermanno Genre
_______PROSEGUE IL DIBATTITO INIZIATO DA A. COUCOURDE
L'altro volto della storia valdese
Il volto della nostra storia è
per lo più conosciuto attraverso
le vicende delle chiese e dei pastori che vi hanno servito. L’altro volto è invece quello della
storia delle singole famiglie aventi parte nella vita delle chiese locali. Storia questa fatta da laici
sui fatti di laici; storia da ricavare da accurate ricerche d’archivio, da indagini in loco, dal
ricupero di quei dati e quelle lettere che i privati, i mitiifhi, hanno conservato e si sono scritte
per esprimere se stessi e comunicare in ordine ai loro bisogni,
ai loro guai, alle loro gioie, alla
loro fede, fuori da ogni ufficialità, senza alcuna preoccupazione
di fare storia.
Ringrazio quindi Annalisa Coucourde per il suo articolo (EcoLucé 5.1.’79) scritto e pubblicato
neH’intento di capire meglio il
nostro passato e ricavarne spunti idonei per meglio vivere il nostro presente. La inviterei a persistere nelle sue ricerche e a farci a suo tempo partecipi dei risultati. Nel suo scritto ho anche
apprezzato l’animo sereno con
cui presenta, fuori da ogni spirito polemico od improvvisati
giudizi, la sua lettura del volumetto di C.A. Tron edito nel 1928
relativo alle valutazioni sui 45 anni di ministero a cui il detto pastore si abbandona.
Storia minima
Più che animato da un « netto
ottimismo », C.A. Tron in quel
suo libretto mi pare un pò’ distaccato dalla realtà. Egli sembra guardare la nostra popolazione del suo tempo dall’alto del
pulpito frastornato dalla gagliarda sonorità dell’organo del tempio nuovo di Torre, ultima sua
sede in servizio attivo. Le foglie
ohe stanno staccandosi dagli alberi non guardano più in basso
alle radici su cui la pianta si regge, ma pensano già al cielo e
ascoltano il vento che le distaccherà. Vorrei prospettare una
possibile giustificEizione dell’ottica da cui C.A. Tron riguarda al
suo passato quando oramai in
emeritazione da 8 anni, scrive il
suo libretto e rivà a ciò che ha
visto, udito e provato in 45 anni
di pàstorato attivo. A 78 anni egli
si concede un bilancio oramai
indolore, ma animato forse da
un senso di rivincita e di soddisfazione per aver visto la propria
popolazione affermarsi nel quadro della società in seno alla
quale aveva vissuto.
C. A. Tron era nato a Massello
appena dopo l’emancipazione, il
9.IX.1850, ed era stato consacrato
nel 1875. E quel che più conta faceva parte di quella generazione
valdese di contadini ed artigiani
che aveva costituito il secondo
scaglione andato incontro all’ascesa economica e culturale e
che si apriva l’accesso ai ceti
borghesi dopo la conquistata libertà. Ed anche quelli che si dedicano al pastorato non sfuggono all’influenza socio-ecotìomica
delle famiglie da cui provengono.
Faticosa conquista
Per capire lo spirito con cui
scrive basta forse pensare che
cosa egli deve aver sentito, visto
Le ‘^^Falò
Lorsque l’hombre du soir s’affaiblit et s’efface
au devant de l’approche de la sombre nuit,
une lueur en haut, s’agrandit dans l'espace,
s'élève flamboyante, et dans le ciel reluit.
C’est ta flamme, falò, que de loin je vois naître
au sommet des collines, au faibles contours, ^
et qui comme unu étoile qui vient d’apparaître,
s’éteint et s’évanouit à la lueur du jour.
Mais ce feu qui crépite, ce feu qui rappelle
la joie de nos aïeux pour une libre foi,
m’évoque hélas aussi les oppressions cruelles
que durent un temps subir nos ancêtres Vaudois.
Pourtant ces souvenirs sont-ils présent encore,
ou bien ce long passé mourira dans l’oubli,
et pourrat-il un jour, arriver qu’on ignore
le message que Dieu nous a à son temps transmis.
Puissent donc ces mémoires, raviver la flamme
du tourment de la foi qui conduit au Seigneur,
qui en nous porte l’amour et la force à nos âmes,
l’espérance, et l’action pour un monde meilleur.
Beniamino Grill
e provato in famiglia, a scuola,
in chiesa, prima delTinizio del
suo lungo ministero. Si può comprendere ancora oggi quale impronta possono aver impressa
neH’animo suo di ragazzo e da
quale ottica si sia poi lasciato
governare: i ricordi del primo
ottocento prerisorgimentale, le
traversie, le lotte, i soprusi, la
durezza di vita, le angherie, la
miseria, lo sconforto, ma anche
la fede e la tenacia della nostra
povera gente montanara prima
dell’ emancipazione. L’esperienza
allora era comune a tutti anche
per quelli che poi avrebbero costituito la haùte bourgeoisie delle nostre valli. Tutti quei titoli
accademici, professionali, quelle onorificenze'che egli usa nel
suo scritto, sonò indubbiamente
forme di rispetto che in Chiesa
non sono dovuti ai maggiorenti,
ma denunciano la soddisfazione
perché qualcrmo dei nostri li ha
finalmente conquistati o gli sono
stati elargiti. La durezza di un
tempo gli sembra definitivamente terminata, superata, finita.
Quell’acquistato decoro economico e professionale di alcuni vaidesi, forse neppure dei migliori,
gli gioca davanti in un riflesso
psicosociologico come una rivalutazione di tutti. È lo scritto di
un vecchio che guarda al passato
dei suoi e di se stesso tra loro,
con un occhio pieno di garbo e
di appagamento. E per questo
suo atteggiamento anche C.A.
Tron rientra nella storia dei minimi che non ha descritta; nella
storia di quegli altri e rileva anche lui quella parte dell’altro volto della nostra storia di cui dicevo più isopra. L’altro volto è quello più umano, più incisivo perché ci rappresenta le attese, le
insoddisfazioni, le pene di quanti
passano nel mondo vivendo la
storia, ma senza lasciar alle volte neppure una traccia. Personaggi discreti, a volte protagonisti occulti di vicende determinanti per conoscere nel concreto
e nel quotidiano come i nostri
predecessori hanno veramente
vissuto.
Giorgio Peyrot
PINEROLO
Lenta la riforma
della scuola secondaria
Per compiere un’utile verifica
sul lavoro svolto nell’ambito del
Pinerolese, le giunte dei tre distretti scolastici (Pinerolo, Porosa Argentina, Torre Pellice) si
sono incontrate nei locali del
mimicipio di Pinerolo.
La prima conclusione che è
emersa dal confronto delle varie
iniziative è stata unanime: la riforma della scuola secondaria è
al centro dell’interesse di tutti
gli organismi scolastici. Il problema è particolarmente rilevante per Pinerolo, che dovrà riclassificare i suoi numerosi istituti, un po’ meno per gli altri
due distretti. Ma anche in questi esiste vm pendolarismo degli
studenti verso Pinerolo e quindi
la necessità di una programmazione comune, soprattutto nel
campo dei trasporti.
La Val Pellice è anche in difficoltà per il trasporto degli studenti provenienti da Villar, che
non hanno una corsa di autobus
al termine dell’orario di lezione.
Il distretto ha programmato un
incontro con la Comunità montana, l’amministrazione della SAPAV e un rappresentante della
Regione, però prima della fine
dell’anno scolastico si renderà
necessario anche prendere con
tatto con il comprensorio che ha
la delega per i trasporti.
Malgrado tutte queste iniziative ed altre ancora di convegni
di studio e giornate di lavoro,
l’attività dei distretti scolastici
è molto deludente. Qualcuno si
è anche domandato se servono
veramente a qualcosa. Gli stessi
decreti delegati sembrano fatti
apposta per togliere ogni importanza ad organismi che non sono dotati né di potere né di denaro. E ci si rende estremamente impopolari dando pareri e
formulando proposte che tocca
agli altri realizzare! In teoria i
distretti potrebbero avere una
funzione di collegamento abbastanza importante, in pratica so
no bloccati da una quantità di
piccole e grandi dfflcoltà.
Quando si dimette un rappresentante dei Comuni, per esempio, si devono riconvocare tutti
gli elettori, tre per Comune, per
eleggere un sostituto e se non si
raggiunge il numero legale bisogna ricominciare da capo.
Tuttavia, visto che è pure necessario far qualcosa, anche
quando la situazione non è proprio entusiasmante, i partecipanti alla riunione si sonò impegnati a mantenere i contatti e a
scambiarsi le informazioni sui
problemi più attuali, tra i quali,
come si è detto, la riforma della
scuola superiore è senza dubbio
quello di maggior rilievo.
L. V.
PEROSA: CONFERENZA ECUMENICA
Aspetti evangelici
neiie comunità di
base
PINEROLO
Credenti di fronte aii'aborto
Giovedt 22 febbraio 1979, alle
ore 20.45, presso l’Auditorium
Comunale, via Piave - Pinerolo - avrà luogo un dibattito
pubblico sul tema
CREDENTI DI FRONTE
AL PROBLEMA
DELL’ABORTO
Introdurranno : don Vittorio
Morero, sacerdote cattolico, direttore de l’Eco del Chisone Pinerolo; past. Paolo Ricca, do
cente alla Facoltà Valdese di
Teologia - Roma; modererà la
prof. Marcella Gay.
Il centro protestante di
Pinerolo - via dei Mille 1.
Il gruppo giovanile evangelico di
Torre organizza un pullman per tutta
la Val Pellice: prenotarsi presso i pastori o presso la Claudiana entro il 19.
Partenza da Piazza Cavour di Torre
alle ore 20,15. Prezzo di andata-ritorno L. 1.200.
Sabato 10 febbraio nella sala
Lombardini di Perosa si è tenuta
la seconda conferenza prevista
nell’ambito della mostra « Un secolo di stampa evangelica in Italia ».
Partendo dal libro « Maestri
di nessuno », Barbero e Ribet
hanno presentato la problematica, le riflessioni, la vita di una
Comunità di Base aH’interno del
Cattolicesimo.
Barbero ha iniziato proponendo le argomentazioni già presentate dal libro « Una fede da
reinventare ». Sono emerse tre
domande:
1) è possibile essere credenti e nello stesso tempo impegnarsi per la realizzazione di una
società capitalista?
2) che senso ha essere credenti in un mondo di crescente
secolarizzazione?
3) che senso ha essere credenti all’interno della Chiesa cattolica?
Questi sono .brevemente gli interrogativi attorno a cui si è articolata la riflessione delle comunità di base in questi ultimi anni.
Nelle CdB si è riscoperta come fondamentale la lettura della Bibbia e la predicazione, a cui
tutti possono accedere senza che
nessuno sia d^ositario della conoscenza e quindi della predicazione.
Infatti la predicazione è anche
fatta da laici e da protestanti.
La Cena del Signore è un momento fondamentale della vita
della comunità; essa è presieduta a turno da un membro.
Sergio Ribet ha presentato in
maniera più dettagliata « Maestri di nesisuno » mettendo in evidenza le varie parti che compongono il libro: una serie di meditazioni, testi che riguardano la
vita della comunità, una riflessione suirecumenismo, interventi di Girardi e Giudici che rappresentano la speranza per il
domani, un capitolo sulla riappropriazione della predicazione.
Abbiamo dunque avuto l’occasione di constatare che l'esperienza dei fratelli delle CdB è
molto vicina alle cose che noi riteniamo fondamentali per una
vita autentica della fede.
Riappropriazione della lettura
e della predicazione, cioè detto
in altri termini, sacerdozio universale; ogni credente è uguale
di fronte alla parola. La Cena
del Signore vista come momento
della comunità, come legame tra
i membri, la comunità e Gesù
Cristo, e non come pratica magica.
Le CdB si sono poste in passato il problema deirabbandono
della chiesa cattolica. Vista la
vicinanza teologica con il protestantesimo, si sono anche poste
il problema del passaggio ad una
chiesa protestante. Barbero ha
cercato di spiegare perché le
CdB continuano invece a vivere
aU’interno della chiesa cattolica:
innanzitutto dalle comunità di
origine i credenti delle comunità
di base hanno ricevuto comunque per grazia del Signore la
predicazione di Gesù Cristo; c’è
la necessità di mantenere dei
rapporti di fratellanza con i credenti che sono nella chiesa cattolica; per ultimo è ormai terminato il tempo delle migrazioni
da una chiesa all’altra.
Il problema è piuttosto quello
che i credenti indipendentemente dalla loro denominazione, riescano a vivere la comunità cristiana dove si sia coinvolti tutti
direttamente dall’Evangelo.
Emerge quindi la necessità
dell’aiuto reciproco per riuscire
a formare delle autentiche comunità ecumeniche.
7
16 febbraio 1979
CRONACA DELLE VALLI
Il CIRCUITO
'i
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»
y¿j'
■
■
d’insieme
Il Consiglio del 2° Circuito si
è riunito in seduta ordinaria domenica pomeriggio 4 febbraio al
Presbiterio di Prarostino. Due
membri erano assenti, purtroppo per forza maggiore. Simpatizziamo con loro con l’augurio
di trovarci presto insieme. Sono
state programmate le seguenti
attività in comune:
1°) Convegno di monitori e monitrici, per domenica 11 marzo
alle ore 15 nei locali della Chiesa
di San Germano Chisone, gentilmente concessi. Si tratterà di
fare una panoramica dell’andamento delle Scuole Domenicali,
nella prospettiva indicata dal
Sinodo sul tema: Educazione alla fede, e di valutare' il materiale didattico, rivista e materiale
di lavoro pratico, fornito dal Comitato delle S. Domenicali.
2°) Ritiro dei Catecumeni di
IH e IV anno a VaUecrosia, aperto anche a giovani confermati che lo desiderano, per sabato
17 e domenica 18 marzo, ancora
in fase di organizzazione. È necessario che tutti coloro che in
tendono parteciparvi, si iscrivano
subito presso il loro Pastore.
3°) Incontro comunitario a
Villar Perosa i»er domenica 25
marzo. L’incontro, suggerito e
approvato dall’ultima assemblea
del Circuito, è aperto a tutti indistintamente: uomini, donne,
bambini, giovani, famiglie intere, come in una grande famiglia,
senza distinzione né di « settori », né di età, né altre distinzioni del genere.
L’incontro durerà tutta la giornata. Al mattino, partecipazione
al culto con la comunità di Villar Perosa; pranzo al sacco nei
locali della Chiesa, gentilmente
concessi, nel pomeriggio, conversazione sul tema: L’informazione. Verso le 17, ritorno a casa. Lo scopo è soprattutto di
trovarci insieme, per conoscerci
meglio, amarci di più e riscoprire la gioia della comunione
fraterna. Venite dunque numerosi.
Per il 2" Circuito
Cipriano Tourn
DUE INCONTRI
Giornata mondiale
di preghiera
Questo movimento laico e di
donne propone per l’anno 1979
il culto preparato da 19 studentesse africane del Corso Panafricano per Responsabili organizzato dalla Fondazione Ecumenica
di Mindolo, in Kitwe nello Zambia.
Queste sorelle africane hanno
affrontato il tema della crescita
spirituale svolgendolo sulla crescita nella conoscenza, nella fe
« Nel nome della
Santissima Trinità »
(segue da pag. 1)
possibile ottenere una vera riforma dei rapporti tra stato e chiese senza una profonda riforma
della chiesa cristiana stessa: per
i politici, sono sufficienti degli
aggiornamenti: per noi è necessario il ravvedimento. Saprà la
cristianità italiana accettare un
invilo al ravvedimento, in quest'ora cruciale della sua storia?
Saprà, come dice l'Apocalisse,
riconoscersi come «miserabile,
povera cieca e nuda », o preferirà ancora una volta vantarsi di
essere « ricca perché si è arricchita »? Nel primo caso, avrà
poco potere, e una grande libertà; nel secondo caso, avrà molta
potenza e nessuna autorità spirituale. Da questa scelta dipende l'avvenire della testimonianza cristiana nel nostro Paese per
i prossimi 50 anni. Che Dio ci
aiuti a compiere la scelta giusta.
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
PELLICE - LUSERNA S. GIOVANNI
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Dal 17 al 23 febbraio
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Croce verde df Porte tei. 74197
VIGILI DLL FUOCO
Torre Pellice : Tel. 91.365 - 91.300
Luserna S. G. Tel. 90.884 -90.205
de, nell’amore e nella speranza
alla quale siamo chiamate con
l’accettazione di Gesù come Salvatore.
Esse sperano che la loro voce
possa essere ricevuta nella solidarietà tra tutte le donne che
pregano insieme.
Qui alle Valli sono previsti
per ora due incontri:
— venerdì 2 marzo alle ore 15
nella sala dell’Esercito della Salvezza in viale Mazzini a Torre
Pellice e che permette anche la
partecipazione delle sorelle che
non possono trasferirsi o occupate di domenica;
— domenica 4 marzo nel tempio valdese di Villar Pellice. È
stato predisposto il servizio di
un pullman che partirà da Pinerolo-piazza Cavour alle ore 13.40
con fermate a San Secondo-piazza Tonello ore 13.50, Luserna S.
Giovanni-Bras ore 14 e Luserna
S. Giovanni-Airali ore 14.05.
Per le sorelle di Torre Pellice
si segnala il pullman di linea in
partenza dalla stazione FFSS alle ore 14 e il ritorno sempre con
pullman di linea.
Per informazioni telefonare a
Niny Boer (90367) ore pasti.
PERRERO-MANIGLIA
MASSELLO
_____________RODORETTO
Mercoledì 7 febbraio abbiamo
salutato per l’ultima .volta la nostra sorella Lidia Poét ved. Poét
di 87 anni di Grangette. Il nostro pensiero, pieno di affetto e
simpatia, va ai figli ed ai parenti tutti colpiti dal lutto.
• Venerdì 9 abbiamo avuto il
terzo incontro di studio biblico
in comune tra le comunità valdese e cattolica a Perrero. Abbiamo avuto sempre una buona
partecipazione come numero e
come interventi nella discussione. Al termine abbiamo deciso
di portare a cinque il numero
dei nostri incontri: prossimi appuntamenti il 9 marzo e il 6
aprile.
• Ancora sul 17 febbraio. Ricordo gli appuntamenti: i culti
a Perrero e Massello (qui il culto sarà tenuto dal Moderatore),
in seguito si avrà il pranzo. A
Perrero, alle ore 15 circa, il nostro ospite, il pastore Michael
Knoch di Berlino Est, parlerà
(in italiano) sulle chiese evangeliche in Germania Est.
Segnalo che i culti di domenica 18 a Massello e Maniglia
sono sospesi. Il culto si terrà
invece regolarmente a Perrero:
chi ha orecchie per intendere...
• Prossime riunioni quartierali: lunedì 19: Bessé; mercoledì
21: Pomeifré e Crosetto; giovedì 22: Fontane; venerdì 23: Perrero.
TORRE PELLICE
L’assemblea di chiesa di domenica 11 ha esaminato il consuntivo di spesa del 1978, ringraziamo il past. Nisbet che ha presieduto il culto di apertura.
• Il culto del XVII avrà luogo
in chiesa, alle 10.30 con la partecipazione dei bambini e catecumeni.
• Il gruppo giovanile organizza per la sera di giovedì 22 un
pullman per Pinerolo in occasione del dibattito sull’aborto organizzato dal Centro Protestante. Prenotarsi presso la Libreria
Claudiana entro il 19 febbraio.
• È deceduto domenica 11
Paolo Jourdan del quartiere del
Tagliaretto, ai familiari la nostra solidarietà fraterna.
SAN GERMANO
Un folto gruppo di sorelle ha
partecipato all’incontro dell’Unione Femminile nel corso del
quale il pastore Franco Davite
ha parlato dei problemi e dei
probabili sviluppi del servizio reso dalla CIOV nell’ambito delle
nostre Valli. Molte sono state
le domande poste, tanto che il
tempo a disposizione è parso
troppo breve.
Due appelli in proposito - per
la nostra Casa di Riposo: alcune
sorelle disponibili a turno per
dare una mano per lavori di
rammendo ed altre (o altri!)
per far visita a quegli ospiti che
non vedono quasi mai nessuno.
Grazie al pastore Davite per la
sua venuta.
• Le riunioni al centro continuano. L’ultima volta ci siamo
soffermati sul tema: « l’umanità
di Cristo ». La prossima volta,
mercoledì 21, ore 20.30, il tema
sarà: « In che modo si manifesta la nostra ug;uaglianza in Cristo? ».
• A Porte, dopo un incontro sul
problema dell’educazione cristiana in vista della fede, al quale
sono intervenute Annalisa Coucourde e Oriana Tron, abbiamo
riflettuto sul tema delle intese,
con l’aiuto del dott. Gustavo
Ribet.
• Il pastore Cadier ha incontrato i catecumeni dei vari anni
mostrando diapositive e presentando il suo lavoro di « informatore » di un distretto della
Chiesa Riformata di Francia.
Glie ne siamo assai riconoscenti.
• Raccomandiamo a tutti di
procurarsi e di diffondere l’opuscolo del XVII febbraio, scritto
dal pastore U. Bert: « Il protestantesimo a Trieste ». Prezzo
L. 500.
• Avremo la gioia di avere in
mezzo a noi il pastore Enrico
Tron, per il XVII, e speriamo
di avere anche il pastore Bertin
e la Bifora. Ci rallegriamo sin
d’ora di accoglierli con affetto.
• Rinnoviamo la nostra sincera simpatia fraterna alle famiglie Long e Sola per la perdita
del loro caro Oreste Long (Porte).
PRAROSTINO
Lutto. È deceduta la nostra
sorella Martina Maria vedova
Avondetto dei Bilia, giovedì, 8
febbraio, all’ospedale civile di
Pinerolo, ove era stata ricoverata, dopo breve malattia, all’età
di anni 72.
I funerali si sono svolti sabato
lo febbraio nel Tempio di San
Bartolomeo, gremito di parenti
ed amici che hanno così voluto
dimostrare il loro affetto alla famiglia in lutto.
Esprimiamo ancora una volta
ai parenti, in modo particolare
al figlio Elmo e alla sua compagna Ida col piccolo Moreno,
membri attivi della nostra corale, la nostra simpatia nell’ora
del dolore. Il Signore consoli i
cuori affranti con le sue promesse.
Personalia
Il pastore Ludwig Zeller ha compiuto
90 anni il 30 gennaio. A nome di tanti
valdesi italiani che lo ricordano come
restauratore della casa-museo di Enrico Arnaud a Oetischeim nel Wuerttemberg. e come iniziatore dell'associazione dei Valdesi di Germania, vogliamo
inviargli i nostri saluti e fargli i nostri
migliori auguri, E voglia anche gradire
i nostri vivi ringraziamenti per quanto egli ha fatto, da oltre quarant’anni, per far conoscere le Valli ai Vaidesi tedeschi, e le colonie Valdesi di
Germania ai Valdesi delle Valli.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Venerdì scorso ha avuto luogo presso l’Asilo l’assemblea di
Chiesa per l’esame della relazione annua e dei bilanci relativi
alla gestione dell’Asilo stesso,
È stata l’occasione per informare dettagliatamente i partecipanti sulla situazione attuale
dell’Asilo, dei suoi problemi, delle sue difficoltà, ma anche dei
numerosi aspetti positivi che ne
caratterizzano l’andamento; sono pure state chiarite molte domande e perplessità sorte per
lo più dalla disinformazione sulla reale situazione. Ci si rammarica soltanto della scarsa partecipazione della comunità; questo non favorisce certo la partecipazione e la corresponsabilizzazione di tutti in questo servizio.
• L’Unione femminile ha iniziato lo studio sul problema;
educazione e fede, sulla base di
un questionario, diffuso tra tutti i gruppi operanti nella Comunità in vista di un confronto
generale su questo importante
problema così strettamente collegato a tutti gli aspetti della
vita della Chiesa.
• La serata del 17 febbraio avrà
quest’anno un carattere molto
familiare con un certo numero
di interventi di natura varia (canti, film, diapositive di interesse
storico, ecc.). Avremo la gioia dì
udire pure un breve messaggio
del Moderatore che sarà con noi
per l’occasione.
• È mancato, dopo molti anni
di infermità sopportati con grande pazienza, Malan Daniele all’età di 74 anni presso la sua
abitazione ai Benech. Alla moglie, ai figli e ai parenti va l’espressione della nostra fraterna
simpatia.
RORA’
POMARETTO
• I giovani preparano questo
anno il falò a Bocca Bera; c’è
da sperare in una serata senza
nebbia che permetta di volgere
lo sguardo sulla Val Pellice e
sulla pianura. L’appimtamento è
per le ore 20.
• Giovedì, 15 inizia il corso biblico e di attualità. Un buon
gruppetto (di giovani!) si è
iscritto a questa iniziativa. Discuteremo insieme il programma ed i temi che desideriamo
affrontare. Mentre invitiamo ancora i fratelli a prendere in considerazione questa iniziativa, ricordiamo che gli incontri si terranno presso la sala del Concistoro alle ore 20,30, ogni quindici giorni.
ANGROGNA
Sabato 10, Manuela Griglio e
Corrado Poét dopo aver certificato in municipio il loro matrimonio hanno promesso di vivere la loro nuova vita in comune
ricercando la benedizione del
Signore. L’augurio della Comunità è che la loro unione possa
essere arricchita dalla luce della parola di Dio.
• Abbiamo avuto la gioia di
avere con noi il past. Gérard Cadier della Chiesa Riformata di
Francia, che ha presieduto il
culto di domenica 11 e parlato
all’Unione Femminile, che riceveva per l’occasione le sorelle di
Perrero e Villar Perosa.
SAN SECONDO
Con l’assenza della minoranza
e scarsa partecipazione dì cittadini, il Consiglio Comunale di S.
Secondo ha discusso ed approvato il bilancio preventivo 1979
che, per la prima volta supera
il miliardo; per la precisione esso quadra su 1.092.628.000 lire.
Da notare l’impegno della spesa
di L. 300.000.000 per la rete fognaria di Miradolo con relativo impianto di decantazione. Si tratta
di un lavoro la cui mancanza ha
creato negli anni passati notevoli problemi agli abitanti di
quella zona.
• La Provincia ha iniziato i
lavori di sistemazione ed allargamento della strada che collega
S. Secondo con Bricherasio. Si
tratta di una vecchia strada, a
schiena d’asino ed ormai ai limiti della transitabilità. Peccato che, per il momento, si tratti solo del primo lotto dei lavori e che, quindi, metà della strada dovrà attendere ancora per
essere messa a posto.
• Mercoledì 7 un incendio ha
distrutto le scorte di fieno e seriamente danneggiato il rustico
della famiglia Rougier alla Rivoira. Sembra che il sinistro sia
stato causato dall’incendio di un
camino. Pochi giorni prima un
altro incendio aveva causato seri danni ad un’altra casa nella
stessa zona. La nostra simpatia
alle famiglie colpite da queste
disgrazie.
• È nata Elisa Fossat, primogenita di Elio e di Viviana Besson (Luganera). Il nostro augurio alla bambina ed ai giovani
genitori.
■ Hanno collaborato: Franco
Davite, Dino Gardiol, Luigi
Marchetti, Giorgio Toum,
Paolo Ribet, Cipriano Toum,
Alberto Taccia.
Ci scusiamo con i lettori per
le sviste tipografiche della volta
scorsa. Le prossime riunioni
quartierali esamineranno il problema della Santa Cena.
• Il culto del XVII al Capoluogo inizierà alle ore 10 (Scuole
Domenicali, Catecumeni, Corale),
predicatore: Paolo Ricca. Infine
ricordiamo la visita del Moderatore al Verné, mercoledì 21 c. m.
Doni CIOV
(Mese di Dicembre 1978)
i. 50.000; La famiglia Avondet in mem.
di Avondet Cesare (Luserna S. G.);
Le famiglie Manavella e La Piana
ringraziando per l'assistenza prestata alla defunta Rocco Maria in Manavella (Luserna S. G.).
In memoria del Sig. Giovanni Cesare Ribet; li fratello e la cognata Dino
e Rina L. 20.000; la sorella e cognato
Alma e Eugenio 10.000; Dr. Peyrot Enrico e Sig.ra 10.000; N. N. 10.000; Famiglia Avondet Cesare 5.000; La moglie
e famiglia Zullo da Orsara di Puglia
55.000 — Totale L. 110.000 per l'acquisto di 2 termosifoni elettrici già acquistati.
PER ISTITUTI OSPITALIERI VALDESÌ
L. 5.000; Azzoni Guido (Aosta).
U. 10.000; Eliseo Veneziani (Trieste).
L. 45.300; Caterina De Beaux.
PER OSPEDALE DI POMARETTO
L. 3.000; Elsa Castanjer (Como) unitamente ad un pacco di indumenti
di lana e caramelle;
L. 5.000; Tron Enrico (Chiotti-Riclaretto).
AVVISI ECONOMICI
LA BIBLIOTECA Valdese di Torre
Pellice cerca le annate di Gioventù
Evangelica anteriori al 1966. Rivolgersi Biblioteca Valdese, Torre Pellice.
L’ISTITUTO Gould di Firenze ricerca, dal prossimo settendjre, per l’attività di convitto, educatori-educatrici con esperienza e conoscenza
psico-pedagogica per lavoro con ragazzi. Offrasi : retribuzione, vittoalloggio, assicurazioni di legge. Scrivere dettagliatamente indicando anche eventuali precedenti esperienze
di lavoro a : Gould, via Serragli 49,
50124 Firenze. Data la particolare
natura del lavoro e del contesto in
cui esso si svolge, si propone, alle
persone interessate ed in possesso
dei requisiti richiesti, un periodo di
osservazione presso l’istituto durante
il presente anno scolastico con date
da concordare. Durante tale periodo
si offre : vitto-alloggio e rimboriw
spese di viaggio.
(( Io ho pazientemente aspettato
VEterno ed Egli si è inclinato a
me ed ha ascoltato il mio grido x>,
(Salmo 40: 1)
I familiari della compianta
Amandina Benech v. Monnet
dì anni 68
commossi e riconoscenti per la grande
dimostrazione di stima e dì affetto tributata nella triste circostanza, nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che con la presenza, scritti e fiori presero parte al
loro grande dolore.
Torre Pellice, 26 gennaio 1979
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Daniele Malan (Notu)
commossi dalle dimostrazioni di affetto e di stima tributate al loro caro
ringraziano quanti si sono uniti al loro
dolore. Un ringraziamento particolare
al Dott. Scarognina ed ai signori Pastori.
Luserna S. Giovanni, 12 febbraio 1979
8
8
16 febbraio 1979
UNA SERIE DI DATI PUBBLICATI DALLA RIVISTA SCIENTIFICA « NATURE »
La scienza e la tecnologia
nella ricostruzione del Vietnam
In queste settimane si è parlato del Vietnam soprattutto in
rapporto alla guerra condotta in
Cambogia a flanco del Fronte
unito di Heng Samrin, contro il
regime di Poi Pot. Su questa
guerra è stato detto e scritto
molto, per cui non se ne parlerà
ulteriormente in queste righe. È
tuttavia importante nello studio
della realtà indocinese non limitarsi ai problemi militari, con
prese di posizione fllovietnamite
(rispetto alla guerra contro gli
USA) o antivietnamite (rispetto
alla guerra contro Poi Pot).
Í: necessaria una lettura storico-politica più profonda, che
comprenda gli aspetti economici, scientifici, tecnici ecc... Per
diffondere informazioni su questi temi, e contribuire alla comprensione della realtà vietnamita odierna, la rivista scientifica
Nature ha raccolto e pubblicato
una serie di dati sulla ricostruzione in Vietnam e il ruolo della scienza. Consideriamo alcuni
dei punti emersi da questa analisi.
Scienza e
distruzione
Prima di esaminare il ruolo
della scienza nella ricostruzione
del paese, va ricordato il ruolo
della scienza nella sua distruzione. Furono sperimentate in
Vietnam nuove sofisticate tecniche distruttive. In alcuni casi si
trattò di «perfezionamenti» di
mezzi bellici già esistenti, per
esempio bombe che lanciavano
schegge di plastica anziché di
metallo, in modo che non si potessero curare i feriti, dato che
in una radiografia una scheggia
di plastica è trasparente, o nuovi tipi di napalm (al «perfezionamento » del napalm lavorò fra
gli altri il premio Nobel Melvin
Calvin, noto per le sue ricerche
di biochimica, e soprattutto per
i suoi studi sull’origine della vita). In altri casi si impiegarono
tecniche interamente nuove da
un punto di vista militare, come
i tentativi di modifica del clima
o l’uso dei defolianti su vasta
scala.
Le ferite lasciate dalla guerra
sono in parte simili a quelle lasciate da altre guerre in altri
paesi, e cioè distruzioni, mutilati, invalidi, orfani, malati di tubercolosi e malattie veneree. La
guerra ha lasciato però anche
delle tracce diverse, dei problemi più simili a quelli di uno
stato industrializzato che a quelli di un paese appena uscito dall’era coloniale, come l’inquinamento da diossina e l’uso delle
droghe.
Fra i problemi della ricostruzione, il primo è probabilmente
l’alimentazione. I vietnamiti sono circa 50 milioni, ma dispon
Cemilate di Redazione : Sergio
Aquilante, Dino Ciesch, Marco Davite, Niso De Michelis, Giuliana
Gandolfo Pascal, Marcella Gay,
Ermanno Genre, Giuseppe Platone,
Ornella Sbaffi, Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
Oirett. Responsabile; GINO CONTE
Redazione e Amministrazione; Via
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- ecorsomici 150 per parola.
Fonde di solidarietl : c.c.p. 2/39878
intestato a ; Roberto Peyrot - Corso
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribù,lale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
gono attualmente di soli 5 milioni di ettari di terreno coltivato. Bisogna aumentare la superficie coltivabile, e migliorare
il rendimento dei raccolti. Gli
ostacoli principali in questi due
ultimi anni sono stati,, il maltempo e le difficoltà nella rimozione degli ordigni inesplosi,
bombe o proiettili d’artiglieria,
che sono sparsi per aree vastissime. Deve essere l’esercito a rimuoverli, prima di affidare la
terra ai contadini: quest’operazione è lunga, complessa e pericolosa. La produzione di riso,
base dell’alimentazione vietnamita, è inferiore ai bisogni. La dose media mensile per persona è
stata ridotta da 18 a 14 kg. nell’ultimo anno. La meccanizzazione dell’agricoltura procede piano: di 3000 trattori il cui acquisto era previsto nel ’76-’77, se ne
sono potuti comprare solo 500.
Per quanto riguarda le risorse naturali del Vietnam, oltre a
studi sul miglioramento delle
varietà di riso e di tabacco prodotto, stanno iniziando ricerche
sulle possibilità di produrre oli
ed estrarre principi attivi di far-,
maci da numerose varietà di
piante presenti.
La fisica si sta sviluppando,
sia come ricerca di base che come ricerca applicata, e nel ’78 si
è iniziata la produzione di transistor. Il Vietnam punta sullo
sviluppo della sua industria elettronica, anche se le due disci
pline cui viene accordata la priorità restano agricoltura e medicina (la chimica si sviluppa, ma
quasi esclusivamente come scienza applicata o all’agricoltura, o
alla decontaminazione dell’ambiente, o alla medicina; una ricerca chimica di base per ora
non viene intrapresa).
La medicina, in particolare,
deve progredire molto più velocemente di quanto si è verificato in altri stati: mentre c’è ancora una grave diffusione di malaria (che colpisce circa 18 milioni di persone), bisogna preoccuparsi dell’aumento dei tumori
e del numero di bambini nati
con malformazioni, in conseguenza della guerra chimica. Il
laboratorio di citogenetica dell’ospedale di Hanoi è stato distrutto dal bombardamento di
Natale del ’72, ma le ricerche sono riprese a livello sia clinico
che epidemiologico.
Chi collabora
alia ricostruzione?
Rendendoci conto di come il
Vietnam debba bruciare le tappe del suo sviluppo in campo
scientifico e culturale, ci si pone
la domanda della cooperazione
internazionale, e di chi collaborerà alla ricostruzione. Questo
paese è attualmente aiutato dalrURSS e da alcuni paesi socialisti, ma gli aiuti, in termini di
qualificazione di quadri scientifici, strumentazione, documentazione, sono insufficienti. Gli USA
potrebbero fare molto, fornendo ad esempio le informazioni
sulle risorse del paese deducibili dalle immagini raccolte dai
satelliti artificiali, ma non sembra che lo faranno. Del resto gli
USA non sembrano voler collaborare in alcun modo alla rinascita del paese, e così pure la
Cina. A parte l’URSS e alcuni
paesi del Patto di Varsavia, il
Vietnam risulta isolato. L’Europa potrebbe riempire in parte
questo vuoto, se lo volesse. I
paesi della CEE dovrebbero proporre al Vietnam una serie di
programmi di sviluppo, nei settori delle risorse del sottosuolo,
dell’agricoltura, della medicina e
della ricerca di base. Dovrebbero esportare non solo tecnologie, ma anche cultura. Ovviamente andrebbero evitati i tentativi di speculazione da parte
delle industrie belliche europee,
a cominciare dalle nostre Breda, Snia Viscosa ecc., che si lancerebbero sicuramente alla ricerca di nuovi mercati. Anzi, si
potrebbe forse pensare ad accordi commerciali vincolati alla
effettiva pacificazione della regione ; in questo modo si potrebbe indirizzare lo sviluppo del
Vietnam su più poli, contribuendo alla nascita di un’economia
di pace.
Pietro C'omba
Í
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
li ritorno di Khomeini
Quando Khomeini, l’ormai
celebre ayatollah tornato in patria dal lungo esilio, si affacciò
dall’aereo proveniente da Parigi
ed atterrato sulla pista dell’aeroporto di Teheran, un grido, solo
ed immenso, si levò dalla folla a
salutarlo: « Allah Akbar! » ( = Dio
è il più grande). « Senza passare
in rivista le personalità presentate (si legge su « Le Monde » del
2.2.’79), l’ayatollah va a sedersi in
fondo alla sala d'aspetto, e tutti
gli vanno dietro. Uno studente,
a nome di tutte le delegazioni,
pronuncia un discorso di benvenuto, al quale il capo religioso risponde brevemente:
“Le immense difficoltà che voi
avete affrontato tutti uniti, ci
hanno condotti alla vigilia della
vittoria. Resta da fare l'ultimo
passo. Ma voi avete scacciato lo
scià che, a quanto si dice, con
l'aiuto dei suoi compari, si prepara e complotta all'estero. Per
mezzo secolo, i tradimenti della
dinastia, i suoi massacri, la sua
cultura colonialista, tutto ha concorso a far retrocedere il nostro
popolo nella Storia. Lo scià ha
rovinato il paese, ha venduto
l’esercito allo straniero. La nostra vittoria finale sarà assicurata il giorno in cui noi avremo
spezzato tutte quelle dominazioni straniere che cercano di far ritornare lo scià e di salvare il regime monarchico. Quelle dominazioni devono sapere che la loro
azione, in favore di un passato
ormai superato, è del tutto vana" ».
Abbiamo seguito, con straordinario interesse, la scena alla TV,
ed abbiamo seguito giornalmente, dopo quella fatale mattina
del giovedì 1 corr., l’evolversi
della situazione, convincendoci
gradualmente che, in quel vecchio estremamente paziente e
prudente, è nascosta una forza
immensa. A una diecina di giorni di distanza, ci sembra che
l’azione di quel vecchio, azione
politica e religiosa ad un tempo,
abbia già guadagnato terreno.
Egli sembra non aver fretta, sembra voler aspettare (chissà quanto!) che la vittoria gli cada ai
piedi come una pera matura. E
intanto, dopo aver nominato primo ministro del nuovo governo,
cosiddetto « islamico », Mehdi
Bazargan, già ministro di quello
che fu lo sventurato governo di
Mossadeq, sta ora scegliendo uno
ad uno, con grande oculatezza,
gli altri componenti dello stesso
nuovo governo.
« Come capo del governo (si
legge sul « Manifesto » del 7.2)
Khomeini ha scelto l’uomo giusto, un “mullah politico e senza
turbante ”, la persona che, tra i
laici, più si avvicina allo spirito
dell'Islam. In un'ottica secondo
la quale “aderire all'Islam significa sfuggire alla dicotomia fatale tra fede e ragione”, Bazargan
(...) è infatti “l’ingegnere degli
angeli”, cioè delle forze naturali
che regolano l’universo, il matematico che ha tentato di tradurre gli HADITH e le SU RE del
Corano in formule algebriche e
in un’ architettura che rispetti
una logica formale, seppur arricchita da segni cabalistici che risentono della tradizione che lega
il segno algebrico all’interpretazione delle forze motrici della
storia ».
L’articolista continua spiegando queste sue ultime parole, per
giustificare la sua valutazione
della personalità di Bazargan:
« Quest’ uomo appartiene alla
corrente di riforma del pensiero
islamico di Khomeini, una scuola che rivendica, nell’immenso
corpo di conoscenza metafisica e
filosofica a carattere tradizionale offerto dall’Islam, una conoscenza che è logica e razionale,
pur non essendo "semplicemente
razionalistica ” (...).
Tutto questo schematicamente
serve ai religiosi, vicini all’ayatollah, per asserire che, anche
in quest’ultima decisione di Khomeini, di conferire “ex-cathedra”
V incarico di primo ministro a
Bazargan, v’è una continuità di
pensiero e di linea politica. Non
dunque un compromesso con
l’autorità statale "illegale” rappresentata dal governo Bakhtiar,
o con l’autorità di fatto costituita dalla forza dell’esercito. Non
si può capire la politica del leader religioso (affermano i collaboratori di Khomeini), se si prescinde dalla razionalità e dalla
logica (anche e soprattutto politica) delle sue scelte».
Quale sarà dunque l’evoluzione della situazione nelle prossi
me settimane e mesi? Noi non lo
sappiamo. Ma una cosa ci sembra di aver capito: che ora tutto dipenderà, nella concretezza
dei fatti, dall’esercito, e che il
tempo lavora a favore di Khomeini. Questo terribile vecchio
aspetta, se non andiamo errati,
che I’esercito, sotto la pressione
della nuova opinione pubblica,
gradualmente si sfasci e, settore
per settore od anche soltanto
per progressiva erosione marginale, passi dalla sua parte.
Religione e
politica in Iran
(segue dà pag. 5)
verno islamico. Per loro la costituzione del 1906, oltre alla limitazione dell’ autoritarismo dello
Scià, significa il potere di porre
sotto controllo l’iniziativa legislativa. Contro un governo dispotico, dunque, viene a schierarsi
un altro fronte dispotico. Molti
religiosi che vogliono un governo
islamico lo fanno in buona fede.
Il problema è che non esiste un
“governo islamico”. Il più che
possa esistere è un governo la
cui politica sia colorata di spiritualità musulmana, in cui ci si
richiami nei testi costituzionali
alle leggi dell’Islam, o che rimetta in vigore misure arcaiche spettacolari. Ognuno può farsi dell’Islam l’idea che più gli si confà,
in quanto Punica base comune
è quella di una religione che garantisce, custodisce e sanziona la
moralità tradizionale. È l’essere
attaccati ai vantaggi che offre
la tradizione che spiega come
gran parte della popolazione maschile di ogni classe e tendenza
sia favorevole all’integralismo
islamico. Ma tutto ciò comincia
ad esser posto in crisi. A Parigi
ci sono state manifestazioni di
donne particolarmente amareggiate per la loro condizione. Si
può pensare che le contestazioni
aumenteranno, non solo contro
un regime politico, ma contro le
restrizioni imposte e contro la religione che è invocata a giustificazione di queste imposizioni.
Il Corano non detta norme politiche, se non quelle originariamente date per un micro-stato.
Le varie leggi che si rendevano
nei'essarie vennero man mano
sacralizzate dalla casta dei sacerdoti, che con la loro autorità le
riallacciavano alla Legge Sacra.
Quindi che cosa sia un governo islamico dipende dall’interpretazione che danno dell’IsIam i
suoi sacerdoti. Per ora essi mantengono un ordine morale arcaico. D’altronde anche coloro che
sono stati definiti "marxisti islcmici” (i nuovi oppositori recentemente scoperti, con mossa tattica, dallo Scià) propongono un
modernismo politico, ma si riallacciano all'Islam per mantenere
l’arcaismo sociale a cui sono legati. Può darsi che in futuro gli
“ulama” diano dell’Islam una
versione un po’ più concreta,
moderna, seducente, e che siano
costretti a farlo dagli avvenimenti. Ci sarà allora un “Islam di sinistra”, come c’è un Cristianesimo di sinistra. Ma può darsi
anche che ciò si verifichi troppo
tardi.
Danielle Jouvenal
Verso quale futuro?
(segue da pag. 1 )
Piemonte, Lombardia
e Puglie
Anche da noi, seppure in modo
diverso, si fa avanti la proposta
di un pronunciamento democratico sulla questione nucleare. In
Piemonte, in Lombardia e nelle
Puglie è partita, promossa dai
radicali, la raccolta delle 50.000
firme necessarie per indire il referendum regionale consultivo.
Anche qui non si tratta ancora
di pronunciarsi pro o contro
l’installazione di centrali nucleari in queste regioni, ma di assicurare prima di tutto ai cittadini il diritto di pronunciarsi in
merito. Anche da noi il problema investe un quadro più ampio
del problema specificamente tecnico dell’approvvigionamento energetico. I radicali possono aver
inflazionato pericolosamente nel
passato lo strumento del referendum, ma in questo caso l’azione che tende a dar voce ai cittadini perché possano pronunciarsi sulla scelta di una civiltà, mi
sembra sia di importanza capitale e debba essere sostenuta attivamente.
Quale scelta?
Ma alla fine, quando si tratterà di scegliere, cosa sceglieremo? Personalmente penso si debba agire in modo che la scelta
nucleare nel nostro Paese sia re
sa quanto più difficile e limitata
possibile in modo che sia resa
« indispensabile » e « obbligata »
non la scelta nucleare ma la ricerca e la produzione di forme
alternative di energia. Non credo che nel nostro futuro il nucleare possa essere totalmente
escluso, ma ritengo indispensabile agire in modo che sia ridotto al minimo riducendo al minimo i suoi effetti negativi. C’è
chi dice che cuesto significa avviarsi verso il disastro. Io spero
di no, ohe non sia troppo tardi.
Ma se davvero la scelta dovesse
ridursi alle due lettere di cui sopra, credo proprio che sceglierei
la seconda.
F. Giamplccoli
Doni « Eco-Luce »
DONI DA L. 3.000
Cielo Geremia, Ruta; Gay Paimira,
Genova; Posabella Maria, Giulianova;
Giacinto Lidia, Catania; Corai Paolina,
Pordenone; Manzoni Cougn Elvina, Milano; Rostan Aldo, id.; Platania Angelo, Pisa; Palladino Giovanni, Campobasso; Gilles Giovanni, San Germano;
Cavo Roberto, Sampierdarena.
DONI DA L. 2.000
Clot Luigia, Riclaretto; Grill Ester
in Bonjour, Luserna San Giovanni: Boero Emilia, Coazze; Boero Alloa Nella,
id.; Rosa Brusio Lidia, id.; Viviana
Corrrado, Torino; Manigrasso Penelope, Milano; Kovacs Antonio, Torre
Pellice; Farad Vincenzo, Caltanissetta;
Scherffig Emanuela, Germania.