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Asno vii — N. G. II SERIE 31 Mauzo 1H58.
LA BUONA HOVELLA
GIORNALE DELLA EV^VNGELIZZAZIONE ITAIJANA
-^AAAri^^VXrVxr
Seguendo la verità nella carità. — Kffs. \1. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE j LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazìoue]____ £. 3 00 J la Torixo airUffi^o del Giornale, via del Princii>c
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 v Tommaso dietro il Tempio Yahlese.
Per l’Inghilterra, id................... „ 5 50 J Nelle Provincie presso tutti gli Ufii/g postali per
Per la Germania id................... ,, 5 50 ^ mezzo di Vaglia, che dovranno essere inviati
Non si ricevono associazioni per meno di un anno, \ franco al Direttore della Bcona Novella.
Aircstero, a’ Beguenti indirizzi ; Parigi, dalla lilneria C. Meyrueis, rue Rivoli ;
Ginevra, dal signor E. lieroiid libraio : Inghilterra por mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella. ^
SOMMARIO
Oonmione dei Culto cristiano. —Il missionario evangelico Livingston, e le sue scoperte neU’Africa. —
L'Armonia ed il Vif^;gio di S. Pietro a Roma. — Poesia : sonetti. — Corrispondenza della Buona
Xorrlla: Ginevra. — Nizza.
CORRUZIONE DEL CULTO CRISTIANO
II culto spirituale e vero, che il Signore instituí per lo Spirito Sauto,
che sparse nella di Lui chiesa, non rimase per luuglii secoli.nella
primitiva pm-ezza.
L’idolatria s’introdusse furtivamente, per la fantasia di singolari
persone anziché per deliberazione dei Concilj, o per voto unanime
della Chiesa. Vediamo anzi dei Coucilj condannare gli abusi privati
che altri Concilj posteriori, nel papismo, convertirono iu usi sacri e
divini.
Alla fine del quarto secolo, il Concilio di Laodicea condannava
coloro che, per falsa muiltà, addirizzavano preghiere a Dio per mediazione degli angeli, come se la maestà di Dio uon tollerasse supplicazioni dirette per parte dei fedeli. A quell’epoca si vedevano già persone ignoranti e superstiziose pregare ai Santi, alla Vergine. Però
gli uomini pii ed illmuinati, quei dottori che vengono chiamati Padri della chiesa, combattevano tali trasporti erronei d’una fervida
ma superstiziosa devozione. Si adopravano a spiegare come i santi
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sieno bensì degni della gloria, ma che non debbono essere onorati
più che nou conviene a creature salvate per grazia. La Vergine stessa
cui la Chiesa tributa culto superiore d'iperdulia, non deve secondo
S. Ambrogio ed altri essere adorata. Quel dottore dice, che onori
eccessivi le vengono resi da poche donuicciuole superstiziose, complici di quelle che, al tempo di Geremia, adoravano la regina dei
cieli (Eom. c. 1).
Incapaci di riconoscere nella perfezione dei santi l’opera dello Spirito di Dio, e di darne gloria a Lui solo, le dette persone ignoranti e
superstiziose, ammirandovi piuttosto un gran merito mnano, portavano sulla creatura gli omaggi dovuti al Sommo Donatore d’ogni
bene. L’alterazione dell’idea della grazia dovea così, poco a poco, generare e far crescere l’idolatria. Perciò nel medio evo, quando era
venuta‘meno l’influenza di S. Agostino, e specialmente quella dtjlla
Scrittura, il culto dei Santi e della Vergine, che era proscritto nei
primi secoli come abuso e superstizione, divenne non solo una pratica generale ma eziandio im domma.
Il culto delle reliquie non è che un’esagerazione eccessiva di quella
medesima tendenza che porta le anime, non fidenti nella pura verità
e grazia del Signore, a tanto materialismo da far loro adorare delle
ossa !
Si' cominciò pure nel quarto secolo a credere, nel volgo almeno,
alla virtù delle reUquie per sanare le malattie del corpo. Poi si formò
in molti la persuasione che i corpi dei Santi siano, custodi delle città
ove stanno raccolti. Quintli il desiderio di procacciarne per la propria,
città; ed il trasporto delle reliquie da un luogo airaltro. Ma la Chiesa
condannò ancora quegli abusi e dichiarò che le reliquie dei Santi
debbono stare sepolte.
Non così grossolana è l’idolatria relativa alle imagini ed alle sculture, ma nullameno è l’effetto- della fantasia anziché d’im cuore fidente in Dio.
Nel quarto secolo l’uso delle imagini non è più privato soltanto ;
già si adoperano pubblicamente nei templi; ma per quale fine? Non
già per il cWto, ma per servire d’istruzione. Ed eziandio per quest’oggetto quell’uso incontrava ancora forte opposizione presso varj dottori,
p nei Concilj. S. Eusebio vi è particolarmente contrario, vedendovi
una imitazione dei pagani i qxiali rappresentavano le loro divinitil
nello stesso modo. Siccome i pagani uon aveano alcuna conoscen£a
della forma dei loro dii, e ne facevano imagini arbitrarie, così uon
essendovi alcun vero ritratto della persona di Gesù Cristo non si jhiò
figm'arlo che arbitrariamente e rappresentare con colori senza vita
lo splendore vivo della sua gloria; oltreché volendo ritrarlo quale fu
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sulla terra, si trasgi’edisce il comandamento del Decalogo che proibisce ogni imagine o scultitta di cosa che sia in terra o in cielo. Egli
aggiunge che in tutto l’universo, da ogni chiesa sono rimosse cotali
cose. — S. Epifanio egtiahuente avverso ad ogni sembianza di culto
d’imagini avendo-ne incontrato una di Gesù o d’un santo alla porta
d’mi tempio in un borgo della Palestina, ne fu fortemente scandalezzato. “ Come io vidi che contro aH’autorità della Scrittura, aveano
posto l’imagine d’im uomo nella Chiesa di Gesù Cristo, io ruppi quel
velo e consigliai di metterlo a cuoprire il corix) d’im cadavere ”•
“ Detestamus in ecclesia Christi contro auctoritatem scripturarum
liominispendere iìnaginem”. Egli è vero che per far cessfU’e il malumore che lo zelo suo avea provocato egli condiscese ad inviar%-i im
altro velo ; ma pregò in pari tempo il vescovo di Gerusalemme Giovanni, di aver cura che iu avvenire non si adoprassero tali cose contrarie alla religione cristiana “ qtice contra religionem nostram veniunt
''Continua) P. G,
IL MISSIONARIO EVANGELICO LIVINGSTON
K LE SUE SCOPERTE NEIL'AFRICA.
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Il fatto j)iù rimarchevole ed interessante, nella storia de’ nostii
tempi che si riferisce alle missioni evangeliche, è quello senza dubbio
ch’è in corso verso il centro della parte merid. dell’Africa, e del quale
il D. Livingstone è l’intrepido iniziatore. Egli, con'quella cura, probità
e sincerità che tutti riconoscono in lui, raccolse in un libro qxiauto
nei suoi viaggi missionarj incontrò d’interessante, iu ordine all’etnografia, alle scienze naturali, all'astronomia, alla geografia, alla fisica,
alla medicina, al commercio, all’industria ecc. Il giornale Le Chrétien
Evaìigélique au xix stècle ne diede uu breve sunto ; e noi, per la
impostaci brevità, raccogliamo da questo i jwchi cenni seguenti.
Sino al giorno d’oggi i geografi rappresentavano il centro del continente Africano come un estesissimo deserto di sabbie e di pieti'c
eilcinate dal sole, abitato da serpenti, da bestie feroci o tutto al più,
qua e là, da qualche tribù antropofaga. Ora l’onorevole e zelante missionario che abbiamo indicato ci viene a dare ben altre notizie, come
testimonio oculare : dopo 16 anni di stenti, di privazioni, di pericoli
d’ogni specie, scopre terra novella, corsi d’acqua considerevoli, ameni
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laghi, fertili vallate, vegetazioni ricche ed ignote, e moltitudini d’uomini, alcuni formanti anche dei grandi Stati.
Il D. Li\4ngston nel 1840 s’imbarcò pel Capo di Buona Speranza
e, giimtovi, andò a Kurimian, il posto il piii avanzato della Società
delle missioni di Londra. Di là recossi ben presto a Litubaruba
{24P I di latitud. sud) nella tribù dei Bakwains : stette sei mesi
separato da qualsiasi società exu'opea, ed imparò la lingua del paese,
il Sechuana. Quindici miglia più al nord venne accolto con premm-a
da un Capo africano (imo dei più bei tipi) che non tardò a convertirsi
al Cristiauesimo: là prima volta che Livingston celebrò in pubblico
il ser\'izio religioso, cotesto Capo gli fece osservare ch’era nei costumi
del paese di far dei quesiti sopra ogni cosa nuova che si presentasse;
chiese quindi il permesso di agire così. Avutolo, domandò ; “ I vostri
antichi hanno eglino conosciuto il giudicio avvenire ? ” Il missionario
rispose pel sì e cominciò a descrivere le grandi scene di quel giorno
terribile. Allora il Capo Sechelé (ch’è il suo nome) soggiunse: “ Voi
mi fate fremere ; la forza m’abbandona ; ma perchè i vostri antenati
che vivevano §il tempo dei miei non hanno inviato loro dei missionarj ?
Gli avi miei sono andati nelle tenebre senza saper dove ” Livingston
gli parlò degli ostacoli che ne ritardarono la missione, e con tutta
certezza gli disse che il nome di Gesù perverrebbe a tutte le tribù
della terra. A tali parole, Sechelè, stendendo la mano verso il deserto
di Kalahari, situato all’ovest e nord-ovest di Schokuana, esclamò;
“Voi non potrete mai traversare cotesto deserto e raggiimgere le
tribù che \n. stanno al di là”. Qualche tempo dopo*lo stesso Capo
conduceva Livingston per quelle aride jùanure, credute dai più arditi
viaggiatori una insormontabile barriera.
Il deserto di Kalahari si estende dal fimue Orange, al sud, siuo al
lago Ngami, al nord (20^ | di latitud. sud) ; all’ovest giuuge sino
alla costa occidentale ; ha pochi pozzi, e nessun corso d’acqua ; è coperto da prodigiosa quantità di alte erbe che proteggono dai raggi
del sole una grande varietà di piante rampicanti ; si scopre anche
qua e là alcuni cespugli e piante ; vi sono indizj di antichi alvei di
liviere disseccate; innumerevoli forme di una sj)ecie d’antilopi errano
per quelli spazj senza limiti ; i Bushmans (Bosjesmans) ne sono gli
aborigeni. Una delle meraviglie che il Creatore accumulò in que’ siti,
die sembrano da Lui negletti, si è la pianta detta Leroseca, il di cui
fusto non è più grosso di ima penna d’oca, e la di cui radice porta®n
tubercolo grosso come la testa di un fanciullo e ripieno di liquore
prezioso ; inoltre, altra i)ianta della stessa specie, all’epoca dei più
ai’denti calori, nella periferia di un metro, depone sul suolo ima
moltitudine di tubercoli, grossi questi come la testa d’un uomo, e
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riempiuti ancli’esKÌ di un succo squisito e rinfrescante. Se non fos.sero
già tutti^tuiiendi e maravigliosi i doni della Provvidenza, direbbesi
poi che il più magnifico da lei fatto al deserto di 'Kalahari, si è il
melone d’acqua, Kengwe o Kecni ; negli anni in cui abbondano le
pioggie, spazj considerevoli sono letteralmente coperti da simili frutti.
Traversato cote.sto deserto, Livingstou ed i suoi compagni di viaggio si h'ovarono suUa riviera Zouga che si getta nel lago Xgami, e
che nessun occhio europeo aveva ancora osservata, ciò fu al primo
di agosto 1849. Vi ritornò ima seconda volta, poi una terza, ed
innoltrandosi più al nord arrivò al paese dei Makololo, il di cui Capo
Sebitiiauè è considerato da Livdngston come il più rimarchevole che
abbia mai veduto: è descritto così: 45 anni circa, alta statura, colorito caffè-latte, maniere calme, anzi fredde, franco nel rispondere, rinomato giierriero, coraggioso conquistatore, Sebbene amante
della pace, generoso, abile, savio. Lasciato il i)aese dei Makololo, il
1). Livingstou s’innoltrò ancor i>iù verso il nord, ed alla distanza di
130 miglia arrivò sulle sponde del Zambesi, di cui s’ignorava l’esistenza in quella regione centrale del continente africano: nella stagione secca egli ha una larghezza dai 300 ai GOO metri ; quando le
acque abbondano, cresce di 20 piedi ed allaga il paese a 15 ed anche
20 miglia di distanza.
In .seguito, l’onorev^ole e zelante missionario tornò al Capo di
Buona Speranza, nell’aprile del 1852, tli dove ripartì pel nord, seguendo il paese ondulato ch’estendesi fra la contrada montuosa e
bene irrigata dei Zuli o Cafri, all’oriente, e la regione che abbraccia
il de.serto di Kalahari e va all’occidente: egli compiè questi viaggi in
mezzo ad innumerevoli pericoli ed a difficoltà d’ogni specie ; in procinto di morire egli ed i suoi compagni dalla sete e dalla stanchezza,
o smarriti in mezzo a paludi mèfitiche, od imbrogliati fra siepi alte,
spinose ed impenetrabili, o fra erbe, di specie particolare, dentellate
in forma di sega e taglienti ecc. ecc.
Il 23 maggio, Livingstoue era a Linyanti, capitale del paese dei
Makololo, e lontano più di 1200 miglia dalla città del Capo. Linyanti
divenne poscia il punto di partenza per ulteriori spedizioni ; furono
visitati altri popoli indigeni che nessun europeo conosceva, e scoperte
nuove bellezze della creazione divina, nuov^e scene della natura grandiose e sublimi. Un viaggio fu intrapreso dall’istancabile missionario
nella direzione dell’Est specialmente, allo scopo di cercare ima via che
mettesse in comunicazione l’interno del continente conQuiUimane alla
imboccatura del Zambese. Le ignote contrade ch’egli traversò diventeranno in breve tempo la base di novelle opere missionaiie e una strada
per novelli traffichi. Già il governo inglese decise a quest’ora di porre
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a tlisposizione di Livingston un battello a vapore per rimontare il
Zambese, e la Società delle missioni di Londra è dietro a fer delle
collette onde fondare nell’interno del continente delle stazioni missionarie che verraimo dirette dal coraggioso viaggiatore.
Il pensiero di quest’uomo illustre che acquistò tanta esperienza si
è che il messaggio del Vangelo ai pagani non deve abbracciare soltanto ciò che sta rincliiuso nell’idea ordinaria che ci formiamo del
missionario, vale a dire un uomo che pai’te con una Bibbia sotto il
braccio. Il missionario deve anche occuparsi di estendere il commercio,
che più d’ogni altra cosa è atto a distruggere la-tendenza all’isolamento generato dal paganesimo, e conduce le tribù a sentire la
mutua loro dipendenza pel bene reciproco. In proposito, Li\dngstone
esprhue la giusta opinione che “ le leggi che impediscono ancora le
relazioni di un commercio libero fra le nazioni civilizzate sono resti
dell’antico loro paganesimo
Egh termina le sue narrazioni sopra una moltitudine di fatti interessantissimi con queste.belle parole: “ Io non menzionai che la
metà dei favori di cui sono stato l’oggetto, ed è giusto d’aggiungere
che- nessuno ha più motivo di me d’essere penetrato di gratitudine
verso gli uomini e verso il mio Creatore. Possa il Signore rendermi
atto a testimoniargli la mia riconoscenza per cotanta misericordia, e
dedicandomi al di lui servigio più umilmente che mai ! "
Mentre parliamo, Livingston sarà già partito da Londra, recatovisi per poco tempo, onde ritornare sul continente Africano, alla foce
del fiume Zambese, portando sul vascello il piccolo battello a vapore
smontato cop cui deve rimontare il detto fiume.
0.
L’ARMONIA
ED IL VIAGGIO DI S. PIETRO A ROMA
Riputiamo noi quasi superfluo rispondere ad un articolista che non si
curò 0 di studiare o di prender sul serio il libro che vuole parere confutare.
Per lui l’accatastare vituperj equivale a rintuzzare i nostri argomenti. La
tattica sua, sempre la stessa, è di gettare polvere negl’occhi perchè si
creda che non è imbelle nella polemica da noi suscitata. In prova che cerca
* Vedi Annonia num. del 5 marzo.
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imporne, riferirò un esempio tra tanti. Pretende “ che io abborracciai una
piolissa diatriba in cui lungamente vagolo e declamo sul S. lìariolomeo ! ”
Solo chi non ha letto il liliro ammetterà questa favola. Eppui-o unicamente
con due linee assai kconiche, feci menzione di quell oriibile notte, che con
medaglia Grregorio XIII volle consacrare, una delle quali io posseggo. Nè
mi estesi troppo sulle false Decretali, di cui alquanto mi trattenni por mostrare uno dei mille annelli di falsificazioni che fecero la fortuna di Roma,
e sopra le quali si appoggia principalmente il '\^iaggio di 8. Pietro e della
Supremazia Papale. Si vorrà far credere che basti uno scherzo, chc ben
rivela il cattivo umore, per mutare una mole d’imposture, da noi potentemente snudate, in un aggregato di verità inconcasse? Comoda sarebbe la
controversia so con uu alzare di spalle si potesse cantar vittoria sull'avTersario. Che significa che VArmrmia sfidata ad entrare nelle prove storiche,
tutte sì abbondanti, preferì di schivarle od eluderle con una svogliatezza
che fa giustamente supporre le dispiaccia porre il piede su brace troppo
vive per non scottarsi? Qualunque sia il motivo di questa ritrosia, noi nc
prendiamo atto, contentandoci colle osservazioni seguenti di scaltrire il lettore sopra l’evidente impotenza di troncare i principali nervi del nostro Opuscolo.
S. Clemente rimane pur sempre invitto testimonio contro la favola del
Viaggio; e niuno sforzo, s’armi quanto si vuole di cavilli, farà mai che il
suo testo non si componga di due membri, l'uno concernente S. Paolo che
solo terminò in Roma i suoi giorni, l’altro concernente S. Pietro, visibilmente ESCLUSO da ogni partecipazione al destino di Paolo. In questo stà la
questione, che fu risoluta in nostro favore agli occhi di ogni critica disinteressata e leale ; e che importa che non sia da noi stata riprodotta tutta la
lunga citazione di S. Clemente? L’abbiamo riassunta nel punti essenziali,
'ed anche riportando i frammenti più importanti, in ispecie quelli tolti da
Basnagio di cui si fece maggior rumore ; e svisceratili non ne risultò forse
invincibilmente che nulla hanno che faro con S. Pietro, non essendosene
servito i nostri awersarj che per giuocare, al solito, di scherma e così sedurre grossolanamente gl’ignoranti? Se questo non è, si provi; ma non si
tenti di sorvolare con ala leggiera sopra sì gravi materie, per non troppo
forse approfondire quello che non troppo giova.
Non mi feci carico di prendere il libro che intrapresi a confutare, linea
a linea, pagina a pagina. Manca troppo di ordine, sopratutto divaga in declamazioni troppo prolisse, od in ingiurie, per potere seguirlo, senza peccare
parimente di confusione, od involgermi in diatribe indecenti. Noi pensammo
che la serietà dell’argomento richicdea precisione in tutte le sue parti. Del
resto anche un superficiale esame chiarisce che l’autore di quell’Opuscolo
si rifiutò di scrutare a fondo gli Atti Apostolici e le Epistole, volto unicamente a gittare scredito e diiìidenza sopra l'eretico oppositore, piuttosto che
di ben occuparsi del tema suo, ch'è il Viaggio di S. Pietro in Boma. Ecco
perchè noi all’opposto sprigionammo i tcstimonj i più imponenti dal seno
stesso della Scrittura, coi commenti irresistibili del più dotto tra i cattolici
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rmnani di Germania, Ellendorf, provando a sazietà, e dai punti di vista i
più varj, cho Atti ed Epistole contraddicono nel modo il più solenne a quel
viaggio, risultando da tante autorità che perciò esso è storicamente hìipossihiìc. Che rispose VArmonia a prove di tanto valore, tratte perfino dall’arsenale romano? Nulla affatto.
I’'n'allucinazione cho fu molto ben promossa ed ebbe esito quella si è
che fece Babilonia uu mucchio di niine. Noi 2>i'ovammo, frugando la Storia
in antichi autori che tal credenza è affatto erronea. Il nostro contraddittore
rintuzzò egli tante prove? Dopo schiarimenti profusi a larga mano che non
lascian dubbio anche ai più ostinati che Babilonia, benché scaduta, era
ancora ampia città, al punto che nei tempi di Pietro le case si estendevano
a undici o dodici miglia quadrate, e che essa era sol di poco minore di Seleucia, come si ha ancora l’audacia, dopo di ciò, di dare ad intendere che
non valeva la pena che Pietro colà si recasse? Ma Baronio non abbiam noi
detto attestare egli stesso che Pietro fondovvi una Chiesa? Non basta questo? Eppure niuna risposta è fatta a dimostrazioni così perentorie che convincono esser assurdo il far di Roma la Babilonia dalla quale Pietro scrisse,
e donde annunzia l’imminente sua morte. Ben era giusto che l'edifizio storico eretto da noi con documenti sì rilevanti fosse almeno scosso da qualche
lato; invece piacque assai più di neppur far mostra di vederlo! Cecità premeditata e prudente! L'ipotesi tanto prediletta che fa Babilonia diserta per
motivo di una strage di 50,000 persone, è messo in campo dall’^rnioiiMe
con isbaglio madornale, o con inganno intenzionale. La citazione stessa che
ella ne fa mette, per così diro, spine nei suoi occhi; imperciocchè basta leggere per scorgere che Seleucia fu il teatro della strage e xon Babilonia ;
e però l'estratto di Giuseppe prova contro di lei. Abbondammo di prove per
dimostrare che l'emigrazione ebraica da Babilonia a Seleucia consisteva in
“ alcuni ebrei ” soltanto, e che la città di Babilonia non fu priva che di
una minmia frazione della sua popolazione per mezzo di tale emigrazione,
succeduta due volte, la prima per collisione tra Gentili ed Ebrei, la seconda
per cagione di pestilenza. Le “ case sparse ”, menzionate da Spauheniio,
fondato sopra Strabene, si veggono essere assai numerose, queU'autore facendo paragone tra la nuova città di Seleucia e l'antica capitale Babilonia,
e dicendo espressamente che .“ Seleucia è ora una più grande città che la
Babilonia stessa ”, avendo essa allora contenuto, secondo Plinio, 600,000
abitanti. Dopo ciò chi non andrà persuaso che la capitale, benché diminuita,
ora lungi dall’essere spopolata? Strabene descrive in che maniera gli abitanti fabbricavano le loro case, e che scarseggiando di legna, era fornita
dall'interiore della città. Plinio si limita a dii-e che la città “ non possiede
più la popolazione che soleva avere ”. E Quinto Curzio, contemporaneo
degli Apostoli, è molti altri scrittori, ci convingono che Babilonia era ancora molto abitata, le case coprendo undici miglia quadrate. E di più, la
critica dello stesso Ellendorf sul termine greco, (Trape-rrihìfioie), adoprato
per designare le provincie finitime a Babilonia, dà tanta luce alla questione
chc V impossibiUtà che Pietro scrivesse da Roma lo suo Epistole e vi mo-
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risse acquista un carattere matematico; confonde tal luce tutti i sofismi; c
resta conseguentemente di un’estrema evidenza la contraddizione alla Scrittura del VicKjyio lU S. Pietro. L’articolista non fa pur cenno di un argomento di tal gravità; prova chiara che il partito è preso di mettere in non
cale le difficoltà per non troppo svegliare l'attenzione sopra *di loro ; nulladinieno è ormai vano 1! darsi a credere che la mente italiana, che si scuote
sopra siffatte questioni, consenta a lasciarsi abbindolare più a lungo!
Oli altri cavilli sopra Filone sono futili come i precedenti. E' certo chc
scrisse sotto Claudio; ed anche qui la citazione fattane dall'a-vversario smaschera il suo sofisma. Eccola : “ la nazione giudaica e’ diffusa per tutte le
provincie del continente e dell’isole da parere non molto minore degli
indigeni ”. Parla dunque del tempo presente, e non del passato; e se al suo
si aggiungano gli altri testimonj che iu gran nmnero riportammo, lo stratagemma di far Jìahiìonia diserta va in fumo. Felicitiamo l'Armouia che
riconosca che così veramente scrisse Filone, mentre altra volta ci negò che
tali fossero le sue parole. Dal Talmud stesso in varj luoghi apprendiamo
che Babilonia, l.v citta’ vogliam dire, era sempre tenuta per la capitale di
quegli Ebrei che nou abitavano l'altra capitale, Gerusalemme. Sfa perchè
ci ostineremo a portare raggi al sole, questa tesi reggendosi ormai su tante
prove che bisogna o essere impazzito o ben pervertito per ostinarsi a non
vederle ?
Ancora una volta : Che fu dotto di solido per far crollare 1 fondamenti
su cui abbiam stabilito la nostra dimostrazione? Protestammo “ che non
credessero di averci confutati aUorchè avranno riuscito a farci, per così
esprimerci, alcune gi’affiature, rimanendo senza lesione 1 ossatura intiera del
corpo del nostro libro ”. Ma non ci vengono fatte neppure dello yraffialure;
solo il nostro avversario si dà l'onesto piacere di sfogarsi col chianuirci
“ crético ”; con altri epiteti di simil tempra. Li verità è d'uopo aver penuria di strali un po’ penetranti per esser ridotti a queste armi di paglia. La
Chiosa nascente era anche chiamata “ sètta ” o “ eresia ”; e S. Paolo e gli
altri cristiani erano decorati di queste belle qualificazioni. Ma chi le dava ?
quella stessa Sinagoga che avea crocefisso il Cristo predetto ed aspettato,
ESSA eretica, settaria ed apostata in sommo grado. Per noi è eretico, settario, scismatico, non colui che fedelmente accetta i tre Simboli a cui si attenne la Chiesa nei primi secoli, ma quella Gerarchia che fece addizioni
sopra addizioni a quei simboli, mettendosi così in flagrante c vergog-nosa
cotraddizione con un Concilio Ecumenico tra i quattro primi che divietò uel
modo più soieime di nulla a(jfjim<¡ere a quella professione di fede che era
stata precedentemente promulgata. Nè bastò questo; nou impose Pio IV
dodici articoli di suo couio al Concilio di Trento, Concilio che mancò perfino dei caratteri che si giudicano iudispensabili perchè un Concilio sia Ecumenico ? E di tali articoli neppur traccia ^ei trova nei sopra mentovati tre
Simboli, e quel ch’è poggio, nemmeno nella Sacra Scrittura. Però salvo che
lumia si arroghi di farsi giudico in causa propria, da esser creduta tale solo
perchè lo afferìiici, bisognerà bene che subisca l'esame ed i confronti, sia
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colla Scrittura, sia colle stesse decisioni le più antiche ; e convinta di opporsi airantichità, si vorrà forse che, noi preferiremo lei, schiantandoci gli
occhi, rigettando quella tradizione stessa ch’essa ha abbandonata, benché
professi, in parole, di tanto venerare ? Per un animo franco e conscienzioso
non può essere tìubbia la scelta.
Così conchiuderemo con l’inchiesta già da noi Ìfctta nel nostro libro :
“ PROVE, PROVE che S. Pietro fu in Roma, e non gratuite affermazioni, non
congetture, non favole, non leggende ”.
F.
POESIA
SONETTI
1
Chc vai, patria diletta, che natura
Tanta ricchezza nel tuo grembo piova?
L’altero ingegno a’ figli tuoi che giova,
Se menzogna ed error le menti oscura?
Che vaglion tue beH’arti, onde figura
La tela e il marmo prende, ed oro trova,
Se in te quel Ver, chc mente e cor rinnova.
Veggo giacer negletto e senza cura?
Che vai, patria, che vai che con stupore
Le tombe, i templi tuoi lo strano miri.
Se in te langue la fé, langue l’amore?
E chi, chi mai può rattemprare il duolo
Del ben perduto, onde piangi e sospiri?
Chi vera vita darti? H Vangcl solo!
Oh come è dolce ! .come scende al core
Soave l’evangelica parola!
Oh come le meste anime consola.
Speglio verace del divino amore!
11
Solvcr l’uom dalla colpa e daircrrore,
E ricondurlo al Ver puote ella sola.
0 beate le genti all’iijtii scola
Kaccolte dell’eterno Redentore!
Lascia, o patria, le fole degli stolti,
Che alle Scritture sono come spade
In render torti li diritti volti.
Solo il Vangelo un popolo d’acijuisto
Può crescer nelle tue belle contrade
Alla solenne libertà di Cristo,
G. N.
CORRISPONDENZA DELLA BUONA NOVELLA
La lettera qui ajipresso non era destinata alla stampa; ma appimto
per questo, noi crediamo utile, dopo averla seriamente considerata per
])roprio conto, di metterla sott’occhio ai nostri cooperatori. Il venerando amico che si compiacque d’indirizzarcela j)otrà da questo convincersi, del gran pregio in cui sono da noi tenute le sue esortazioni:
e forse gli sarà questa considerazione d’incoraggiamento a fiircele piiì
sjìesso sentire.
La Redazione.
Vandojuvi’es (presso Ginevra) 20 marzo 1858,
Non m’accusate giammai d’ingratitudine, amabilissimo ed amatissimo fratello, se io men rimango silenzioso intorno a ciò che vi concerne. In prima,
so che non potrei scrivere pel vostro buono e lodevole giornale; quindi me
no aetengo. Poi, qualunque sia il conto in cui tenga il foglio che avete la
generosa e perseverante compiacenza di spedirmi, io penso che il mio parere sopra i vostri utili articoli debba stare indietro, cedendo il posto a penne
(ma non già ad affezioni) più efficaci della mia.
Eppure fa d’uopo ch’io vi scriva, essendo già sicuro che qual si sia la cosa
che sarò per dire, voi sempre l’accoglierete con indulgenza e, se occorre,
con perdono.
Leggevo oggi il vostro n,° del 15 marzo corrente, e pregavo Iddio di forti-
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ficarvi e benedirvi. Ma sopvatutto di benedirvi nella intrapresa opera ; ed
allora, ecco salir*ii al cuore ciò che vi dicevo quand’ebbi la somma dolcezza
di passeggiare con voi per le vie di T^irino. Ottimo amico ! è necessario che
ognuno de’ vostri numeri possa, colla grazia di Dio, guadagnare un’anima
a Gesù.—Io spero che il vostro giornale libererà molti dalla Bestia di Roma;
in particolare, il tema La Chiesa papale ecc. non può che colpire chiunque
10 leggerà attentamente.
Ma perchè non aggiungere il solo e modesto riflesso, che cioè S. Girolamo
e Grisostomo, non per altro insistevano sulla lettura delle Sacre Carte, se
non perchè sapevano ch’eUeno sole rivelano, pel S. Spirito, il Signore Gesù
aU'anima dell'uomo?
Eglino non pensavano adunque che il peccatore potesse conoscere e pos.sedere la vita di Dio altrimenti che pel cammino stesso di Dio. Quanto meno
(io parlo a voi che leggete il breviario) col mozzo di dottrine arbitrarie e
colle cerimonie!
H Vangelo a Courmayeur e una bella testimonianza della sincerità della
fede di que’ neofiti di esso Vangelo. ÌNIa anche qui, perchè il Signore Gesù
non è egli presentato — Egli stesso — come tutt'altra cosa del prc^festantismo?
Ah! tenersi lunge dal pantano d’un maroso, equivale forse a collocarsi sulla
montagna?
Passo alla Fesfa in Nizza. Impossibile descriverla meglio; e certo chi la
narrò dà prova in uno di spirito osservatore e di cuore sensibile.
Ma perchè (sempre cotesto perchè!) non ci ha egli detto che que’ cari
fanciulli sono dolcemente condotti a Gesù; sì, a Gesù, l'iVraico dei fanciulletti, e che per conseguenza la vera gioja di coloro che assistevano alla festa
era il pensiero che in que’ cuoricini seminasi giornalmente il buon grano,
che Gesù dona ai suo servitori?
Infine, perchè non dh-e — Possa lo Spirito Santo — in luogo di —Possa
■il Signore?
No, non è la stessa cosa, visto che la resone del mondo dico — Possa
11 Signore — mentre è la fede in Gesù che esclama — Fossa il Santo Spirilo. —
Ed io credo, o mio dilettissimo, che queste ultime parole riassumano i
miei lagni: voglio dire, che il vostro buono e degno giornale è assai poco
all’altezza del Santo Spirito, tenendosi d’ordinario sul terreno (senza dubbio
solidissimo, sovente arido però in quanto a Gesù) della condannazione sistematica e senza appello del papismo.
Così avrei voluto (ma chi sono io per volere?) che dopo l’articolo abilmente riprodotto del Cattolico, vi fosse stata (sia pure una sola frase!) una
conclusione positiva, ponendo Gesù di fronte alla religione ed anche alla
Chiesa, e consigliando ogni lettore premuroso a leggere gli opuscoli indicati
ed osservare da se medesimo se non conducano tutti a Gesù.
Sopportate il nùo lagno, buon amico, e, se ve n’ha, la mia acrimonia. Io
son vecchio c me ue vo di quaggiù; ma non posso mirine un arciere come
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voi scoccare freccia su freccia senza dirgli di far la punta più affinata, ma
con ima lima celeste.
So dico male, il vostro cuore m'avrà compreso; ed è ciò solo che m'incoraggia a mandarvi questo foglio............
A’i strhigo la mano nell'amore di Gesù.
C. Malan.
Nizza 25 Marzo 1858.
Nulla di straordinario ho da comunicarvi. Qualche fatterello qua e là e
non di più. Sul far deU'ultimo febbraio veniva esposto in Nizza nella sala
dell'Hôtel della Gran Bretagna il bazar che ogni anno si fa in questa città
a profitto della Chiesa Evangelica, e specialmente per il tempio ultimamente
cretto. Non da tutti, lo sappiamo, vien approvato quel modo di cogliere del
denaro a prò delle opere religiose ; anzi da molti è rigettato come nocivo alla
carità. Si avverta però che in molti paesi, e in Inghilterra in ispecie, ebbero
talvolta un coloro ed un andamento tale quelle vendite, che con ragione
molti se ne lagnarono. In ogni cosa son deplorabili gli eccessi. Si scrive peresempio da liOndra che ultimamente fuvvi in quella capitale un bazar modruoso, ad oggetto di erigere una chiesa specialmente destinata ad un eloquente predicatore, per nome Spurgeon, che tanto sa commoverc e trascinare
lo popolazioni colla sua parola, che più non bastando le più grandi chiese a *
contenerle (il suo uditorio fu talvolta di 15,000 persone) fu mestieri fabbvicame una a bella posta per lui. A questo fine fu composto ed aperto quel
bazar, gigantesco davvero per la sua grandezza, la quantità e ricchezza degli
oggetti che vi si incontrano. Peccato che alcuni abusi abbiano guasta quell’opera. Dicesi per esempio che il ritratto di Spurgeon vi si vedeva ad ogni
tratto, in ogni posizione e d'ogni materia composto, in pittura, in marmo, in
bronìo, etc. talché pareva il Dio supremo di quel nuovo panteon. Dicesi
inoltre che ogni giorno vi si presentava lo stesso Spurgeon, ad eccitare le
tm-be, venditori e compratori, per mezzo di prediche cho rammentan i tempi
delle crociate ecc. ecc.
Il bazar di Nizza non ebbe nulla di paragonabile a quello, nè per la mostruosità,nè per gli eccessi. Modesta invece, tranquilla e degna per ogni verso
fu la nostra vendita, iu cui seppero nondimeno i forestieri protestanti risiedenti in Nizza sì gentilmente concorrere, sia nel regalare oggetti, come nel
comprarli, che ebbimo un risultato altrettanto bello quanto inaspettato.
Quattro tavole, una inglese, una fiamminga, una americana ed una francese, cariche tutte di varj oggetti di ogni forma e di ogni qualità, ricchi talvolta e tutti belli, adornavano la sala, e le signore direttrici poterono in due
giorni smerciarne per la somma di 4,500 franchi.
Un’altra tavola che non erala più bella,ma di certo lapiùsaporita ricoperta
di abbondanti chicchi, pasticcerie, torte, sciroppi e rinfreschi di ogni sorta,
offriva agli assistenti qualche sollievo per le fatiche del giorno. Questa di-
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spensa fornita dai pasticcieri svizzeri di Nizza, era per davvero magnifica, e
produsse circa 200 fr. Alla porta furono raccolti 300 fr. d’entrata, il che fa
montar il totale a 5000 fr. incirca.
Quel risultato è meraviglioso oltremodo, quando riflettesi che poco numerosa, a paragone degli altri’ anni, è la colonia di quest'inverno, e che 300
compratori soltanto poterono portarvisi, molti essendone impediti, chi per
cattivo tempo, chi per altri motivi. Quelle 800 persone diedero adunque in
quei giorni 5000 fr. Questa somma sarà di gran soccorso pel pagamento
doUa cappella di Nizza e sentiamo il bisogno di ringraziare tutti i cooperatori, sia donatori come compratori, per quella loro testimonianza di caloroso
interesse e di affezione alla nostra chiesa.
Sappiamo che da molti vengono sprezzati quei fatti, sprezzati li tempj»,
perchè di pietra, sprezzati i doni a loro prò raccolti, e sprezzata in genere la
evangelizzazione che si occupa delle forme. Ben sono noti quali siano i frutti
di quel fanatismo, il quale, senza accorgersene, si rende più formalista di
coloro che non temono le forme. In quanto a noi crediamo utili, convenienti,
necessarie certe forme, nel culto della chiesa come nel suo governo, persuasi che se la forma non è la vita, ogni vita però ha la sua forma, e che è
• dovere deUe chiese di mantener ordine, disciplina e decenza nel loro seno.
Questi principj venivano ultimamente proclamati dal pulpito della cappella di Nizza, in un discorso del signor Meille, il quale desiderando di far
conoscere ai varj forestieri la natura di quella Chiesa Valdese tanto lodata
dagli uni e dagli altri tanto disprezzata, mostrò con succinto racconto della
moderna di lei storia qual sia quell'istrumento dell’evangelizzazione d’Italia,
quale l’uso di lui nella mano del Signore, quali i suoi difetti e quali le sue
qualità, quali i progressi fatti e quali i progressi da farsi. Provò colla massima chiarezza l'oratore che, se quella chiesa partecipando alla sorte di tutte
le altre comunioni perdette l’antica sua vita per un tempo, e nelle braccia
al confessionalismo eJ al razionalismo dei secoli XVII e XVIII s’addormentò, ebbe però anch’essa la sua risurrezione, preparata dalle stesse nostre
sofferenze, favorizzata dall’opera paziente dei nostri benefattori e specialmente dei benedetti signori Gilly e Beckwith, e compiuta colla nostra civile
e politica emancipazione. Provò inoltre la Chiesa Valdese essere Gli tesa libera
in tutta l’estensione del termine: libera rimpetto allo Stato, questi non immischiandosi per nulla nel suo interno andamento; e libera al di dentro, non
essendo dessa una chiesa sola, ma una federazione di chiese unite nella libertà, la forma governativa di queste essendo popolare e presb^eriana per
ecccUenza ; Il Sinodo composto dei Ministri e dei rappresentanti della
Chiesa, spettando il diritto di dettar leggi essendo la sola autorità esistente
e vigente nel suo seno e la Tavola non essendo altro che una commissione
annuale, un potere esecutivo cioè, creato ad eseguire i decreti del Sinodo
stesso.
Provò infine, la Chiesa Valdese essere in pari tempo chiesa disciplivata,
la costituzione di essa chiesa dando ai rettori della medesima piena facoltà,
anzi imponendo loro l'obbligo di metter in opera la disciplina ecclesiastica.
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0 lo nuovo chiose essonclo dirette nella loro formaziono da uno spirito di
prudenza e d'ordine conforme alle istituzioni della Parola di Dio.
Ci piace poter citare queste ultime parole del signor INIeille, che riassumono il suo discorso e dipingono fedelmento la chiesa di cui egli è ministro:
Noi desideriamo e vogliamo istruir le anime c condurle alla libertà cd all'evangelica uguaglianza, ma desideriamo pure e vogliamo educarle, e condurle all'ordino, all'ubbidienza ed alla cristiana santità ”. Pienamente soddisfatto il pubblico rimase di tali spiegazioni, e siamo persuasi che simili professioni, che sono come la bandiera per un’armata, debbano coraggiosameute
esser fatte, non potendo a mono che la posizione di ciascuno non diventi più
schietta e più chiara in faccia a tali aperte dichiarazioni.
Non manca fra noi italiani l'istinto della libertà; quello dclFordine ci vion
piuttosto meno: e questo proviene dalla mancanza di un'educazione morale
che prendendo l’uomo fin dalla più tenera età lo conduca come per la mano
al Vangelo. Quella cristiana pedagogia è la sola guarentigia della forza di
una nazione e di una chiesa. — Mi inv'itano queste riflessioni a parlare delle
nostre scuole della domenica vero e prezioso istrumento di queU’educazionc.
Sin ora nissuno ha risposto al nostro appello. Ci si scrive però da S. Germano che la scuola della domenica ivi ultimamente creata s’awia in modo
prospero e promette i migliori successi. Invitiamo i direttori della detta
scuola a farla conoscere alle sue sorelle por mezzo della Buona Novelhi.
Coraggio coraggio iu qucU'opera! Dessa è la prima per l’importanza; sia la
prima nelle nostre cure. E' impossibile calcolarne le conseguenze. Si scrivo
d'America che nell’ultima seduta generale dcW Unione delie scuole della
Domenica della Chiesa Evangelica Metodista degli Stati Uniti, si constatò
che sopra 140,000, convertiti neUo spazio di 10 anni, 120,000 devono la
loro conversione alla scuola della domenica. Il numero dei fanciulli nelle
scuole di queU'Unione è di circa 000,000. Destatevi adunque voi che dormite, fondate scuole e coltivatele, senza di che non farete nuUa.^Non trascurare il presento, ma non dimenticare l'avvenire; e se volete assicurare il
progi-esso del Vangelo, istruite nella Parola del Signore la prossima generazione. Laddove se noi farete, quella medesima generazione fra vent'anni
vi dominerà colla sua incredulità, e v'immergerà nella sua corruzione. Fedo
e vita a guisa di eredità non si trasmettono. Nel campo doll'Evangelizzazione siamo sempre da capo. Cominciamo aduntjue dal primo principio; ò
questo il solo mezzo di compir l'opera utile i cui frutti possano giovare alla
rigenerazione del nostro paese.
Nizza 25 marzo 1858.
0. C.
Domenico Grosso gerente.
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TORINO — Tipografia CLADDI-iNA, diretto da R. TroniUetta.