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Anno VII
numerdO
del 5 marzo 1999
Lire 2.
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VIVERE
CON GRAZIA
«Paolo... alle chiese della Galazia;
grazia a voi e pace da Dio nostro Padre
e dal Signore Gesù Cristo»
Calati 1,1-3
Grazia è la parola che figura nel
saluto con cui si aprono quasi tutte le lettere del Nuovo Testamento. A
questa parola viene assegnato uno dei
contenuti teologici più pregnanti di
tutta la Bibbia. Con essa si esprime
l’atteggiamento di Dio verso l’umanità
e il creato. La salvezza è opera della
grazia, la creazione stessa è attuazione
della grazia. È opera della grazia ogni
intervento salvifico manifestato nella
storia d'Israele, e opera della grazia è
pure la salvezza acquistata in Cristo.
Intendendo la grazia come dono, benevolenza, misericordia, la Riforma
ha tratto le logiche conseguenze e ha
ribadito il carattere gratuito della salvezza, sottolineando così un aspetto
forte della grazia, cioè la gratuità. Un
concetto, questo, simile a quello di
amore non meritato.
Grazia, oltre a questa connotazione di sostanza o essenziale, ne
porta un’altra che potremmo definire
estetica. Infatti, alcuni sinonimi di grazia sono: bellezza, armonia, piacevolezza, leggiadria, amabilità, gentilezza,
“eleganza di modi, finezza, soavità.
Queste connotazioni, escluso l'abuso
consumistico-civettuolo, ci fanno comprendere Vagire di Dio come grazia sotto una nuova luce. Così nella creazione, che Dio dichiara «buona», scorgiamo anche gli aspetti, non secondari, di
bellezza-piacevolezza e sinonimi. Come potremmo negare l’aspetto della
bellezza alla creazione di Dio? Avendo
evidenziato la connotazione estetica
del concetto di grazia, ci è facile comprendere come il saluto d’apertura delle lettere neotestamentarie vuole essere
un augurio a trecentosessanta gradi.
Alle persone credenti viene nuotata la
grazia come dono di Dio in vista della
salvezza, e viene augurata la grazia
anche come abito nuovo da indossare
nei rapporti col prossimo. Così, le persone credenti, fatte oggetto della grazia
di Dio, a loro volta esprimo la grazia
non come grazia che salva (questa è
prerogativa esclusiva di Dio), ma come
grazia che testimonia della vita rinnovata, cambiata, abbellita, ingentilita,
resa attenta a nuove priorità.
Curare U concetto di grazia in tutte le sue implicazioni, come singole persone e come comunità di credenti, può essere visto come indispensabile
specialmente nelle società dove i
bisogni primari sono sufficientemente
soddisfatti. In questa luce l’etica della
grazia, a cui come protestanti facciamo continuo riferimento, non è soltanto l'esclusione delTagire in vista
dell’acquisto di meriti, ma diventa
l'etica che presta anche particolare attenzione al modo, al come viene espletato il servizio, la diaconia, il relazionarsi alle altre persone. Così il gesto di
amore, di grazia, non è soltanto il dare
del pane o un vestito ma, curando il
modo di dare, diventa rispetto per la
persona che ci sta di fronte, e non è soltanto tentativo di soluzione dei suoi
problemi, così come li comprendiamo
noi. Avendo più volte affermato che la
grazia è un concetto teologico ed etico
centrale, è della massima rilevanza far
si che alla sua luce venga espresso il
nostro agire come persone rigenerate e
impegnate nella creazione di rapporti
nuovi. Avremo cura di relazionarci alia luce della grazia non soltanto con
chi ci è prossimo, ma includeremo
Ruelle persone che per prime attendo^ reali manifestazioni di grazia, perché sono gli ultimi, gli ultimi arrivati.
Salvatore Rapisarda
Sl.l 1IMANALK l)i:i,U': ( HIKSK LAANiiKLICHK BAITISIK, MKIODTSTK, VALDESI
Nonostante un po' di stanchezza, l'8 marzo rimane un'importante giornata di riflessione
Donne sempre più protagoniste
Le culture secolari di disprezzo delia dignità femminile sono dure a morire. Nella società e nel
mondo del lavoro, nella famiglia e nelle chiese le donne sono spesso più preparate e impegnate
DORIANA GIUDICI
Negli ultimi anni è cominciata
a crescere, anche fra le donne,
una certa stanchezza verso l’8 marzo: ormai viene sempre più vissuto
come un rito collettivo, fatto di fiori
e cene fra amiche. Quest’anno, invece, si presenta con forza la necessità di dare senso e contenuti a
questa giornata: tanti fantasmi del
passato, che si pensava fossero
scomparsi, sono tornati fra noi. Sono la prova che culture secolari di
disprezzo della dignità della donna
sono dure a morire; pensiamo
aH’ultima sentenza sulla «disponibilità» a essere violentata se... persino dei pantaloni jeans, non reggono l’assalto! Eppure tante donne
continuano a morire, l’ultima è la
giovane di Gravina.
Ma tante altre, ancora, sono le cose su cui riflettere. Scoppiano in
continuazione focolai di guerra e le
donne ne sono le prime vittime. È
tornata la schiavitù nella sua peggiore forma, quella del mercato del
sesso; infatti l’8% delle prostitute, in
Italia, sono vittime di racket che
hanno tolto loro ogni libertà. La povertà e la miseria tornano a crescere, anche in Italia, e le donne sono
le più colpite sia le anziane sia le
giovani, con figli a carico. Ecco perché è sempre importante questa
giornata: perché dovrebbe permettere a tutti, società civile e istituzioni, di dedicare tempo alla riflessione. E le donne dovrebbero essere le
protagoniste «prime» di queste analisi; dovrebbero, unite, uscire allo
scoperto e dire che cosa non funziona, proporre correzioni di rotta alle
politiche sociali o economiche.
Nel mondo del lavoro, ad esempio, la situazione è ricca di contraddizioni: è vero che tra il ’93 e il ’97
l’occupazione femminile è cresciuta (dal 29,5% al 35%), ma è altrettanto vero che la maggioranza delle
donne, soprattutto delle più giovani, si colloca in quell’area ibrida, fra
lavoro dipendente e lavoro indipendente, rappresentata dai lavori
atipici e dalle prestazioni parasubordinate. Ancora, le donne diri
genti 0 a livelli alti della progressione di carriera sono solo il 2,5%.
Quindi, per le donne, occupazioni
meno sicure e riconoscimenti professionali meno generalizzati e diffusi, pure a fronte di un brillante
iter scolastico e universitario: le
giovani hanno più successo dei loro
coetanei, in tutti i corsi di istruzione e di formazione (nel ’93 sono
stati il 29,4% gii uomini laureati, il
32,4% le donne; nel ’97 il 34,3% gli
uomini, il 38,9% le donne). Finora i
dati, disaggregati per sesso, sono
stati ottenuti o per la pressione politica delle organizzazioni femminili 0 per la sensibilità di qualche ricercatrice o ricercatore. Finalmente, dopo circa 15 anni di proteste,
abbiamo (forse come «regalo» per
l’8 marzo ’99?) la decisione del governo che d’ora in poi tutte le rilevazioni ufficiali dovranno riportare,
sempre, 1 dati divisi per «genere».
Dove invece stenta ancora a pas
sare una visione «democratica» del
rapporto uomo-donna, è soprattutto nella famiglia: la condivisione
delle responsabilità è largamente
disattesa: anzi, resistono i ruoli tradizionali. Particolarmente significativa è una ricerca svolta dal Centro studi e ricerche sulla famiglia
(Cisf), dell’Università cattolica di
Milano, da cui risulta che le incombenze familiari sono fortemente
squilibrate: solo il 3,3% di uomini
cura la pulizia della casa; il 31,1%
fa la spesa quotidiana; il 9,8% prepara da mangiare; il 4,9% imbocca
i bambini; il 13,1% gioca con i figli;
il 4,9% li accompagna dal medico;
l’l,6% li assiste se malati, mentre
sono il 52,5% quelli che gestiscono
l’amministrazione.
Ma, nella coppia, quali sono i valori condivisi? La stessa ricerca ci
dice che uomini e donne vogliono
avere una vita attiva, un lavoro sicuro, meglio se indipendente, co
II dramma del popolo curdo
Appello del Cec per una
soluzione politica pacifica
Circa 50 rappresentanti
della comunità curda in
Svizzera hanno manifestato il 19 febbraio scorso
presso il Centro ecunenico di Ginevra, sede del
Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec) e della Conferenza delle chiese europee
(Kek), ottenendo un colloquio con il segretario generale del Cec, Konrad
Kaiser, e la convocazione
di una conferenza stampa, durante la quale il Cec
ha diffuso un comunicato.
«Il Cec ha seguito nel corso degli anni la situazione
del popolo curdo - si legge nel comunicato - e, dato il suo impegno dichiarato in favore dei diritti
umani e dell’autodeterminazione, chiede alle sue
chiese membro in Europa
di cogliere l’occasione per
sollecitare i loro rispettivi
governi a cercare una soluzione politica pacifica al
dramma del popolo curdo». Il 18 febbraio Kaiser
ha avuto un colloquio con
Keith Clements, segretario
generale del Conferenza delle chiese europee
(Kek): i due organismi ecumenici si sono impegnati a mantenere viva
l’attenzione sulla questione curda presso l’Unione
europea, l’Organizzazione
per la sicurezza e la cooperazione in Europa, il
Consiglio europeo, (nev)
Manifestazione a Bologna
No alla «via emiliana»
alla parità scolastica
Sabato 27 febbraio si è
svolta a Bologna la manifestazione nazionale per
riaffermare la centralità
del sistema scolastico delineato dalla Costituzione.
Tra i soggetti promotori è
stato determinante l’impegno dei comitati Scuola
e Costituzione (in quello
di Bologna sono presenti
la locale Chiesa metodista, quella awentista e la
Comunità ebraica). Tra le
adesione anche quella
della Tavola valdese. Nel
convegno della mattinata
su Qualità della scuola
pubblica, diritto allo studio, scuole private, sono
state motivate le critiche
al cosiddetto «sistema in
tegrato pubblico e privato» per la scuola. Nel pomeriggio un lungo corteo
di oltre 40.000 persone ha
percorso le vie di Bologna.
Dura la reazione della curia bolognese che ha affermato di essere rimasta
l’unica a difendere la libertà dei cittadini contro
uno «statalismo anacronistico». Alcuni incidenti
provocati da giovani autonomi non hanno vanificato la riuscita della manifestazione. La Chiesa metodista di Bologna era presente con una delegazione
guidata dal presidente del
Consiglio di chiesa, Vittorio Dal Cero, e dal pastore
Giovanni Anziani.
noscere nuove persone, viaggiare,
impegnarsi socialmente. Cambia
invece l’opinione rispetto ad altri
valori: per le donne l’amore è importante, così come raffermarsi
nella società per i propri meriti, o
avere dei figli. Gli uomini sono più
disinteressati rispetto alla parità
fra i sessi. Importante è per le donne, anche per le più giovani (fra i
14 e i 24 anni) la fede religiosa. Non
deve meravigliarci quindi l’impegno quotidiano delle donne, anche
nelle nostre comunità, di cui sono
le colonne fondamentali. Solo recentemente, con l’iniziativa del
Decennio, lanciato dal Consiglio
ecumenico delle chiese, questa verità è stata riconosciuta da tutti.
Questo 8 marzo segna quindi,
per le credenti, una tappa fondamentale: la nostra «visibilità» nelle
chiese è cresciuta e questo ci permette di guardare con più serenità
al percorso che ancora ci attende.
ECUMENE*»
La questione indulgenze
di E. 1. CASSIDY è S. RICGIARDI .
A PAGINA 4
CHIESE
Sinodo valdese rioplatense
diS.RIBETeS. BERTINAT
EDITORIALE!
Sanremo e San Paolo
di EUGENIO BERNARDINI
Indulgenza e Giubileo
di MARIO POLASTRO
DAL MONDO!
Nietodisti in Sud Africa
di JAOOB e OAVAZZUTTI ROSSI
2
PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 5 MARZO
)ìf
«Gesù gli disse:
“Hai risposto
esattamente; fa’
questo, e vivrai”.
Ma egli, volendo
giustificarsi,
disse a Gesù:
“E chi è il mio
prossimo?”.
Gesù rispose:
“Un uomo
scendeva da
Gerusalemme
a Gerico, e
s’imbatté nei
briganti che lo
spogliarono, lo
ferirono e poi se
ne andarono,
lasciandolo
mezzo morto.
Per caso un
sacerdote
scendeva per
quella stessa
strada; e lo vide,
ma passò dal lato
opposto. Così
pure un Levita,
giunto in quel
luogo, lo vide, ma
passò oltre dal
lato opposto. Ma
un samaritano
che era in
viaggio,
passandogli
accanto, lo vide
e ne ebbe pietà;
avvicinatosi,
fasciò le sue
piaghe,
versandovi sopra
olio e vino;
poi lo mise
sulla propria
cavalcatura,
10 condusse a una
locanda e si prese
cura di lui.
11 giorno dopo,
presi due denari,
li diede all’oste
e gli disse:
Prenditi cura di
lui; e tutto ciò che
spenderai di più,
te lo rimborserò
al mio ritorno.
Quale di questi
tre ti pare essere
stato il prossimo
di colui che
s’imbatté nei
ladroni?”.
Quegli rispose:
“Colui che gli usò
misericordia”.
Gesù gli disse:
«Va’, e fa anche tu
la stessa cosa”»
(Luca 10,28-37)
AMARE L'ALTRO COME SE STESSO
Nel quadro di Van Gogh il samaritano considera il ferito come persona che
come tale va rispettata. In lui possiamo riconoscere Gesù, il nostro salvatore
ELIZABETH LÔH
CHE composizione inaspettata offre questo dipinto di
Van Gogh! Esso non rappresenta, come ci si aspetterebbe, il
momento in cui il samaritano si
abbassa per aiutare il ferito. Van
Gogh ha scelto la scena in cui
l’uomo misericordioso cerca di
far sedere il ferito sulla sua cavalcatura. Si nota quanta fatica
sia necessaria al samaritano per
sollevare il corpo dell’uomo. Il
ferito sembra volerlo aiutare in
questo sforzo. Ha messo un
braccio intorno al collo del suo
salvatore, l’altro braccio glielo
ha appoggiato sulla spalla. Cerca di spingere per sedersi sul cavallo, però, senza successo. Tutto il suo peso ricade sul samaritano. Quest’ultimo può solo
contare sulle sue forze per far
sedere il ferito sul cavallo. Ha alzato un ginocchio affinché il ferito possa appoggiare il suo piede. Con la mano guida il braccio
del debole. Ha girato la testa e
chiuso gli occhi. Ha concentrato
tutte le sue energie nel difficile
compito di alzare l’uomo indebolito. Se non sta attento, cadrà,
e il ferito su di lui. Qui l’aiuto
non viene ridotto ad un semplice abbassarsi per vedere che
cos’è successo limitandosi a dare una mano, ma è rappresentato come una fatica enorme, che
richiede impegno, tutta la propria forza fisica e mentale, perseveranza, e tutto questo senza
alcuna garanzia di riuscita.
Si nota quanto il ferito sia sta
Preghiamo
Fa’ che ami tutti gli uomini,
gli animali, le piante.
Fa’ che io possa dividere il mio pane
con chi ha fame;
che to possa dividere la mia acqua
con chi ha sete;
che possa far sorridere
chi piange;
che possa ospitare
chi non ha una casa.
Fa’ che io possa fare queste cose,
o Signore, perché solo così
mi sentirò vicino a Te!
preghiera indiana
(tratto da In attesa del mattino deila Cevaa)
to ridotto male. Ha perso la sua
camicia; il corpo è debole, anche dopo che il samaritano ha
pulito e fasciato le ferite. La fasciatura intorno alla testa evidenzia ancora di più il dolore e
la sofferenza sul viso dello sfortunato. L’uomo ha perso tutto, i
suoi averi e la sua salute.
Più a lungo uno guarda il
gruppo al centro del quadro,
più esso attira l’attenzione. Lo
sforzo del samaritano di alzare
il ferito sul.cavallo sembra quasi sovrumano. 11 rischio che il
ferito scivoli giù è costante. E se
il samaritano riuscirà a farlo sedere sul cavallo sarà impossibile per il ferito mantenervicisi
sopra nel modo in cui il samaritano cerca di accomodarlo: con
tutte e due le gambe dallo stesso lato. Più tardi, quando il samaritano si metterà dietro al ferito, questi scivolerà giù dal cavallo. Allora, ci si chiede: perché il samaritano si sforza così
tanto, se è ovvio che la sua
azione non avrà successo? Perché non lo butta sul cavallo con
la pancia in giù come siamo
abituati a vedere nei western?
Perché Van Gogh ha dipinto
proprio questo momento?
Un rapporto dì vicinanza
IL ferito e il samaritano vengono a stare molto vicini, più
vicini di quanto ci si aspetterebbe in una semplice relazione di
aiuto. Si può quasi sentire il samaritano che incoraggia il ferito: «Dai, fra poco ce l’avremo
fatta. Coraggio, ci siamo quasi».
Talvolta il bisogno di aiuto annulla le frontiere; qui è un samaritano che ha pietà di un
ebreo ferito. Samaritani ed
ebrei non si frequentavano in
generale, per motivi soprattutto
religiosi; anzi, si può dire che
erano ostili. Questa ostilità viene qui superata dal rapporto
che i due stabiliscono tra di loro. In questo caso essi non hanno paura di avvicinarsi troppo
l’uno all’altro. La vicinanza
sembra quasi cercata perché
l’aiuto sia realmente efficace. 11
ferito sente che può fidarsi del
samaritano; avverte che egli
vuole solo il suo bene.
Mentre il samaritano e il ferito sono molto vicini in questo
rapporto nato nel momento
del bisogno, la distanza rispetto agli altri due personaggi raffigurati diventa sempre più
grande. Sulla sinistra del quadro vediamo due uomini che si
allontanano. Se uno non guarda attentamente, non li nota
neppure. Sembrano quasi irrilevanti per il quadro. Uno dei
due sta per uscire dalla scena;
l’altro invece è appena passato.
La sua testa è china, la schiena
rivolta verso il ferito, sembra
estraneo alla scena, come se vivesse in un altro mondo, come
se nulla di ciò che accade intorno a lui lo toccasse. 11 testo
biblico è molto esplicito sul fatto cbe questi due uomini sono
dei religiosi: un sacerdote e un
levita. Sono persone che conoscono bene i fatti religiosi: la
teologia, l’etica, la liturgia.
Forse abitavano a Gerico, una
città dove risiedevano tanti religiosi che prestavano servizio al
tempio di Gerusalemme; forse
si trovavano su quella strada
pericolosa proprio per raggiungere il tempio; forse erano in
meditazione per prepararsi
mentalmente al culto e per questo motivo non volevano essere
disturbati. Oppure, vedendo il
ferito così malridotto avevano
pensato che fosse morto e si
erano ricordati che il contatto
con un morto li avrebbe resi
impuri con il conseguente divieto di partecipare al culto e
svolgere il loro servizio. 11 testo
tace sui motivi per i quali i due
religiosi non si fermarono.
11 quadro (purtroppo questo
non si vede qui) è basato su
due colori; il giallo e il blu. 1 due
colori sono più forti proprio nel
gruppo del samaritano e del ferito. Portano entrambi dei pantaloni blu e il samaritano indossa una tunica giallo oro. Lo
sfondo è dipinto con pennellate più inquiete, ma sempre in
giallo e blu. Riflette il pericolo e
l’inquietudine di quel paesaggio tra Gerico e Gerusalemme.
Il giallo e il blu sono per Van
Gogh i colori del sacro. 11 blu ricorda il cielo, il giallo l’oro
dell’aureola, la luce e il calore.
Dipingendo quasi un intero
quadro con questi due colori
l’artista vuole forse dirci che
quello che viene rappresentato
è sacro, altamente spirituale. E
il sacro si concentra soprattutto in quel rapporto di intimità
tra il samaritano e il ferito. I
due religiosi rimangono estranei alla scena, quasi evanescenti, irrilevanti, non vengono
toccati dal colore del sacro. Il
religioso si manifesta proprio
nell’aiuto che offre il samaritano, nel suo venire vicino al ferito. Questo è religioso, non la
conoscenza o la professionalità
del sacerdote o del levita.
Il rispetto della persona
IL samaritano investe tutte le
sue energie per aiutare il ferito. Cerca di accomodarlo sul
cavallo, non solo di caricarlo
come un sacco di patate. Il samaritano tratta il ferito con rispetto. Lo risolleva dalla sua disgrazia. Non si limita ad abbassarsi verso il ferito, trattandolo
dall’alto in basso, senza farsi
coinvolgere più di tanto. Il samaritano innalza l’abbattuto
senza risparmiarsi. Lo innalza
come essere umano che ha bisogno del suo aiuto. Gli restituisce la dignità e l’umanità di
cui era stato spogliato. Colui
che ha bisogno di aiuto non
viene ridotto a oggetto delTintervento. Il samaritano considera il ferito come persona, come soggetto che va rispettato
come tale. Non basta essere lì
per gli altri. Prima di essere assistito, l’altro deve essere riconosciuto come essere umano
con i suoi diritti e la sua dignità.
Il samaritano ci insegna innanzitutto che cosa significa veramente aiutare. Ma in quel samaritano possiamo anche riconoscere il nostro salvatore. Lui
non si è risparmiato. Ha dato
tutto per salvarci quando eravamo feriti. Ci ha innalzati per restituirci la nostra umanità. Su di
lui possiamo appoggiarci, e
quando ci mancano le forze egli
ci sostiene: non ci fa cadere. Ci
tratta con rispetto, non dall’alto
in basso. Anzi, egli stesso si è
abbassato per restituirci ciò che
avevamo perso. E ci viene ancora oggi vicino, molto vicino, per
coinvolgerci, in un rapporto
stretto e personale.
(Ultima di due meditazioni)
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re il loro servizio a Gerir
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km) e pericolosa straba
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fermano. Si possom'm _________
maginare tanti motivisil,
perché passino oltre sei;
za fermarsi. Gesù tacejgyiia Al,
motivi. Si limita a conW .
Stare il loro comportai . .
mento mettendolo a coi!
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zo passante, un samarmi|l'‘^'^L ave
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prende cura del ferilil.Wuristi i
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contatto con loro, pertlg se, reagen
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PAG. 3 RIFORMA
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Riscoperta di una personalità ingiustamente dimenticata
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SÌo'®'Ìln una temperie culturale poco propensa a cogliere le novità
del '900 operava una donna di grande forza e sensibilità
PIERA EGIDI
■ La rispos
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Dio e il
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re cosa succedeva in
, 29) 'L Italia dal punto di vista
'¡’di Gesù Ma itostta letteratura tra fiorite chiaofe secolo e prirna guerra
ssere rXndiale? Erano gli aniii del
prossiSninio culturale del decaestamento&ntisnio di D’Annunzio, soon il «pro^attutto, ma anche delle
‘ ''icino, Xedità del secondo romantilembro dfemo, insieme ai lasciti e al
e tracce del realismo sopratutto carducciano, e del verino. I movimenti comunque
yi avanguardia» erano confinati in piccoli gruppi e
hiunque sviluppava una rilerca nuova trovava porte
)olo, al
'¡ve da strai
3se. L'es6(
veva poi
retto del
>reo. Esisti
anche tendi
imo^''pi3““®® ® indifferenza, come
al Dunto rifwitò a Svevo, i cui primi roitti. Il dott^aazi. Una vita del 1892 e
s vuole ¡mnilità del 1898 passarono
/e è, secoiEsolutamente inosservati,
lite dell'amato da spingere il loro auo. Ttore a un silenzio venticinrispondei^i^uennale, da cui uscì per
:o esemplai Biibblicare (rigorosamente
ade nelle ini mch’esso a sue spese) La coanti sulla sti| «nza di Zeno, per il quale il
da Gerusaist,vecchio signore» andato a
:o e viene t jpìlecitare di persona una rezo morto, ffl (^¡isjone al Corriere della seI brigantini jjs0ntì rispondere che «il
giornale non disponeva di
abbastanza spazio per occuparsi del suo libro»! E ci volle
loyce, che lo fece «scoprire»
ai critici francesi Larbaud e
Ctémieux e un grande poeta,
Eugenio Montale, perché
nei’inguaribile Italia provinciale d^incominciasse a accorgete d lui.
Figuriamoci la presenza
delle dmne: si erano affermaféle gradi lottatrici del
vetfemo, come Matilde Serao
e&aziaDeledda, doveva an
ite. Importai
zione delti
primi due»
igiosi. Gefia
:à, dove abita
■eligiosiconli
ie. Per presti’
rvizio a Genoveva no pren
inga (drcaiJ,
lolosa strada,
conto diventa
delitfft
igiosuws\
possoM»
inti motivi sei,
ino oltre set)
Gesù tácese
cora fiorire pienamente una
nita a contiH Alerarno, e una poe
0 comi come Annie Vivanti,
endoloacM riparleremo tra bre
tuello deltit '®'*‘^ci3ta» nel ’90 da Car
un samarÌLi^ci, aveva attraversato un
erma e ctiei¡ tago periodo di silenzio. I
a del feriti ftituristi italiani, del resto,
on aveva* pattuglia agguerritissima,
orti con is» avevano decretato guerra al
evitavano! femminismo comunque fos
1 loro, pertlij se, reagendo così subito con
erano coi* un fuoco di sbarramento al
ri per todo apparire delle prime
erano od* Mgnificative presenze di
' sulla scena pubblica,
• !i!i politica e della scrittu
,b!e volutoe perché quelli erano gli
certamenl ^udel nascente emancipaebbe scelto ^tosmo, delle lotte internatoali per il miglioramento
proprio qui condizione femminile
le fa^tutto! (l'8marzo, le battaglie per le
per il feti*' ®.ore lavorative giornaliere, il
osi, ma pf fttto di voto), e raffermarsi
cui religio* tfeUeistanze di giustizia delle
riconoscimi f'andi masse di donne per
*coli escluse da tutto dove^ turbare non poco i consorti assetti del nostro vetusto patriarcato.
Che cosa poteva succede
ossa si di**'
rdioso. il**
esù non*
one astro**
no». Si
di colui
impone
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A- nluicb '’.® fiLiesto quadro, di una
)fondi*
Il
a, Morcel
2= edizio"';
I
inetoli,
arili
's:‘*
tottrice come Maria Giusta
Citella, biellese, nata nel
1883 da una agiata famiglia e
®orta suicida in assoluta poy®hà a Torino nel 1932, dopo
Sfinite traversie e dolori, tra
***^1 il suicidio dell’unico fito? I suoi tre romanzi, così
le novelle, le poesie e
I* altri scritti pubblicati in
^ornali e riviste, tutto dimenticato, disperso e sepol® nell’oblio. Eppure erano
stessi anni in cui, nella
m®ito più avanzata Inghilha, dove già le suffragiste
J®vano fatto le loro battaI**?; potevano affermarsi e
?hre scrittrici come VirgiWoolf e Katherine Mante i’ citarne due
le più importanti, e arri,ate fino a noi. Ed è soprat
intto
Van
tana,
;. sain*’
890)
«Chi può misurare il fervore e la violenza del cuore di un
poeta quando si trova prigioniero e intrappolato nel corpo di
una donna.?». Questa famosissima citazione da Una stanza
tutta per sé di Virginia Woolf potrebbe essere posta a commento e epigrafe dell’opera e della vita di un'autrice italiana
del nostro secolo, la biellese Maria Giusta Catella, bravissima e a lungo ingiustamente dimenticata, di cui esce ora riedito il primo romanzo, La casa senza lampada. A lei dedichiamo questa pagina dell'8 marzo, augurandoci che l’amore di tutti coloro (e guarda caso sono degli evangelici) che
hanno combattuto per sottrarla all’oblio sia riconosciuto e
condiviso da molti e soprattutto molte altre credenti, e che la
sua opera venga restituita alla cultura italiana nel suo insieme e alla letteratura delle donne in particolare.
avvelenata con il Veronal nel
’32 Maria, nel ’41, nel fiume
Ouse con una pietra in tasca
Virginia; 1915: anno di pubblicazione del primo romanzo di Virginia, The Voyage
out, e stesso anno per l’uscita del primo romanzo di Maria, La casa senza lampada*,
di cui parleremo ora, ^rché
fortunosamente ma fortunatamente adesso riscoperto e
riedito nelle edizioni «Ieri e
oggi» di Biella.
Ambedue di famiglie altoborghesi queste due scrittrici,
ambedue partecipi e aperte ai
movimenti sociali e di emancipazione femminile (uno
sciopero delle mondine è al
centro del romanzo di Maria
Giusta Catella), ambedue coscienti della propria condizione di donne, ma ironiche e
battagliere: «Cara amica scrive Maria in una lettera del
1913 in cui dà notìzia del suo
romanzo: «Immagina cosa
sto facendo?... cucino! Stupisci allibisci che una futura
grande donna stia compiendo l’atto più vile e più grande
che donna possa compiere.
Avrò a cena Pastonchi, siccome è più ghiottone che bello
e che poeta (Dio! Non mi senta), ha fatto il menu, invitandosi, e mi ha indicato i modi
migliori per far cuocere un
pezzo di vitello e un mazzo di
asparagi. Che vuoi? La poesia
e la prosa sono sempre vicine
nella vita!».
Dunque anche Maria si
muoveva uH’interno di rapporti letterari significativi
(Erancesco Pastonchi, studioso di Dante e epigono di
D’Annunzio, ma anche Salvator Gotta, per esempio), e
dimostrava, qui in poche folgoranti battute, un sicuro talento critico. Ma anche il tipo
di prosa poetica e la sensibilità propria di uno sguardo di
donna, accomuna le due
scrittrici, che hanno visto poi
fortune tanto diverse della loro opera: ecco un «notturno»
nelle prime pagine del romanzo di Maria: «In cielo ferveva una vita di stelle che
sbattevano le ciglia d’oro,
all’orizzonte era il biancheggiare pieno d’attesa, che precede il levare della luna, che
ne è come l’alba. A poco a
poco la luce lunare apparve,
crebbe, illuminò la sottile
nebbia che saliva dalle risaie,
lucente come polvere di brillanti, invase la pianura, piovendo su di essa un ricamo
fantastico di luci e di ombre,
vi diffuse una trasparenza
verdognola. Pino all’orizzonte l’occhio spaziava ininterrotto in quel chiarore». E
inoltre l’elemento della casa,
un tempo luogo di affetti, ora
abbandonata a echi di memorie, la traccia della figura
materna ormai perduta...: «Il
lume tremolò ancora, si rad
La scoperta della scrittrice biellese
Un pezzo dì storia celato
fra le pagine antiche
TAVO BURAT
Foto di famiglia nel 1897 circa: Maria Catella è la prima seduta a sinistra; i genitori Ida Pietra e Eugenio
sono gli ultimi a destra in piedi
doppiò nella luce verdiccia di
uno specchio, rischiarò un
grosso cane del tappeto, sostò alfine sul comodino». Come non accostare alcuni passaggi delicatissimi alla casa
abbandonata di Gita al faro
della Woolf?
La scrittura poetica di Maria Giusta Catella sa farsi lievissima e trasparente, pur in
un solido impianto narrativo
di tipo ancora naturalistico,
oppure oscura e greve di oppressione e di morte nei passaggi drammatici del romanzo. C’è lo stagnare della risaia, con la fatica e il sangue
del lavoro, c’è il variare delle
luci e delle stagioni, ma ci
sono anche le tematiche decadenti del groviglio di vegetazione nel giardino abbandonato, simbolo di oscuro
male, di disfacimento, così
come il disagio e l’impossibilità di vivere sono raffigurati
nel personaggio dell’artista,
e malati sono i personaggi
della famiglia protagonista,
possidenti terrieri in decadenza, simbolo del trapasso
storico di una classe al potere e di una intera epoca che
finisce: la borghesia trionfante che si schianterà nel
macello, poi, della prima
guerra mondiale. Come non
vedere qui il disagio descritto da tanta letteratura europea del tempo: da uno Svevo, appunto, o dal Thomas
Mann de La montagna incantata, o soprattutto dallo
stesso Proust o da Musil?
(*) Maria Giusta Catella: La
casa senza lampada, con note
introduttive di Gustavo Buratti.
Biella, Edizioni Ieri e oggi, 1998,
pp. 199, £ 30.000.
con Virginia Woolf la
Somiglianza, per alcune imj^cssionanti coincidenze
oj ?^ofiche: nata nell’82 Virnell’83 Maria; morta
L'amicizia con la moglie del pastore Giovanni D. Maurin
Maria e Frida^ solidarietà al femminile
Nella storia di Maria Giusta
Catella ci sono due significative coincidenze. La prima è
la presenza di una commovente amicizia femminile:
l’amica a cui scriveva è Frida
Maurin, moglie del pastore
valdese di Biella, succeduto
al precedente grande pastore
Enrico Malan. Frida, di dieci
anni maggiore e anch’essa
scrittrice e miniaturista, segue tutta la vita con uno stupendo esempio di sorellanza
e di amore cristiano le sfortunate vicende della scrittrice
biellese, e persino dopo morta si dà da fare perché non sia
dimenticata, inviando la sua
opera a Annie Vivanti, allora
affermata scrittrice, perché se
ne occupi in qualche modo.
Annie non potrà o non vorrà
farlo e, colpita dall’atrocità
delle leggi razziali in quanto
ebrea, vedrà distrutta e dimenticata a sua volta tutta la
sua opera (e con essa anche i
manoscritti che aveva ricevuto da Maria Giusta Catella),
morendo nel 1942 a Torino,
in completo abbandono.
La seconda coincidenza è
l’opera di un poeta piemonte
Maria Catella all’età di quattordici anni
se e evangelico, di Biella anche lui, lavo Burat, che tanti
anni dopo, per gli oscuri sentieri tracciati dal Signore, ha
saputo riscoprirla, rievocarla
in un prezioso saggio storico
ora premesso al romanzo, ottenere le testimonianze delle
due figlie di Frida Maurin,
Elena e Silvia, ormai anziane,
ricostruire tutta la vicenda,
ottenere che la città di Biella
ne onori il ricordo intitolandole i giardini del «Piazzo»
Il past. Giovanni D. Maurin con
la moglie Frida Mader nel 1936
«che la videro fanciulla dallo
sguardo pensoso un poco assente, perduto oltre la realtà,
come ce la ritrae l’unica fotografia a stento rintracciata», e
ora ripubblicare il suo primo
romanzo. La cultura italiana,
il movimento delle donne e le
chiese non possono non essergli profondamente grati
per questo. Vorremmo che
questo libro fosse in ogni casa
evangelica, un regalo donato
a ogni nostra donna, (p.e.)
PER conoscere la storia
della presenza evangelica
nel Biellese (prima i «Fratelli»
delle chiese libere a Biella nel
1858, a Graglia nel 1859 e a Piverone nel 1860; poi i valdesi
dalla fine degli Anni 80 a Andomo. Pollone, Biella, Zumaglia e Piedicavallo), ho letto
Pensieri e ricordi (edito a Genova nel 1936) di Frida Mader, moglie del pastore Giovanni D. Maurin, che appunto fu con la famiglia a Biella
dal 1894 al 1902, e ho appreso
dell’esistenza di una giovane
scrittrice amica dell’autrice:
Maria Catella, dell’alta borghesia biellese, poi andata
sposa al suo insegnante Giuseppe Giusta, figlio di un garibaldino dei «Mille» originario
di Mondovì, e poi trasferitosi,
dopo il matrimonio, a Ivrea
come preside del Collegio nazionale.
La tragica vicenda di quella
donna, deceduta nella sventura nel 1932 quando io sono
nato, l’oblio in cui era caduta
malgrado i successi letterari,
mi incuriosirono: cominciai
allora a «cercarla», rintracciando nelle biblioteche tre
suoi romanzi (uno alla Braidense di Milano) che mi apparvero, nell’approfondimento della ricerca, di ispirazione
autobiografica. Dalle nebbie
del tempo, a poco a poco si è
materializzata la figura di Maria Giusta Catella, grazie anche all’aiuto di due sue amiche d’infanzia, Elena e Silvia
Maurin, figlie del pastore e di
Frida, recentemente decedute
centenarie all’Ospedale evangelico di Genova.
Non credo ai revenants, ma
non posso non emozionarmi
sentendo ormai Maria come
una presenza nella mia vita.
Ritenevo che «Scavarda», il
«Palazzo», il «Portone», la
«Gamorra» fossero toponimi
di fantasia, non avendoli rintracciati sulle carte topografiche. Per anni, per motivi familiari, ho percorso la strada
provinciale della Lomellina,
che da Vercelli conduce a Par
lestro e quindi a Mortara, e
ho osservato sulla sinistra,
isolato come un’isola nelle risaie, un grande fabbricato,
quasi una fortezza, con una
curiosa torretta. Un giorno
cedetti all’attrazione e mi vi
recai: quale fu la meraviglia
ritrovandomi proprio fra i
nomi dei luoghi del romanzo
La casa senza lampada, tuttora proprietà della famiglia
Pietra [Pieri nel romanzo) e
cioè di quella cui appartenevano i nonni materni della
scrittrice, risicoltori. Lì le
mondine fecero la loro agitata protesta, nel corso delle
lotte del 1904 per la conquista delle «otto ore», descritta
con tanto efficace verismo
nel romanzo.
Tassello dopo tassello, mi è
apparso il mosaico della vita
e della personalità di Maria,
divenuta ormai amica, sorella. Al punto che un Natale di
alcuni anni or sono ricevetti
una cartolina beneaugurante, datata 1921, indirizzata a
Frida Maurin, con i ringraziamenti perché «senza di te
[che mi leggi] sarebbe come se
io non fossi mai esistita»-, e ricevetti anche in dono una
busta di seta ricamata da lei,
per raccogliere i fazzoletti.
Era come se si fosse servita di
Elena Maurin, la bambina di
oltre novant’anni fa, per comunicare con me.
OMOSESSUALITÀ, SOCIETÀ
CIVILE E COSCIENZA RELIGIOSA
Convegno nazionale - Venezia, Ca’ Dolfìn 13 marzo 1999
Ore 9,3Ò: apertura dei lavori: Franca Bimbi, assessore alla
Cittadinanza delle donne e cultura delle differenze.
Relazioni (coordina il poeta Mario Stefani):
Luigi Malaroda: «Società civile e omosessualità»;
Cristian Demur. «Pastore e omosessuale: tensione difficile»;
Basilio Petra: «Riflessioni sulle linee storiche fondamentali
della posizione cattolica sull’omosessualità e prospettive alla luce delle attuali conoscenze»;
Roberto Del Favero: «Identità omosessuale e relazione con
l’altro»;
Ore 15,30 - Tavola rotonda
«Nuove esperienze culturali e educative nei paraggi della
diversità».
Partecipano: Franca Bimbi, Francesco Rivetta, Paola
Dall’Orto, Fulvio Ferrario, Ezio Menzione. Coordina Roberto Del Favero.
È previsto l’intervento degli onorevoli Albertina Soliani e
Giorgio Gardiol. Sede del Convegno; Ca’ Dolfln - Aula magna (Dorsoduro 3825/e): segreteria: Centro culturale Palazzo Cavagnis, tei. 041-5286797; fax 041-2416238.
4
PAG. 4 RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 5 MARZO
J La risposta del cardinale Cassidy alla lettera del pastore Salvatore Ricciardi
Indulgenze: ancora molte, le questioni aperte
Il 4 febbraio scorso il cardinale Cassidy ha risposto alla «lettera aperta» che
il pastore Ricciardi aveva inviato alla Commissione ecumenica del Giubileo
M’indomani della promulgazione della Bolla di indizione del
Giubileo del 2000, «Incarnationis mysterium», il pastore valdese
Salvatore Ricciardi, «delegato fraterno» dell’Alleanza riformata
mondiale (Arm) nella Commissione ecumenica del Comitato centrale del Giubileo, aveva scritto una «lettera aperta» a mons. Eleuterio Fortino, vicepresidente della Commissione, in cui affermava
di sentirsi «addolorato e ferito perché... l’impianto della Bolla rimane ancorato a una visione della problematica "remissione delle
colpe-condono della pena" che non pare neppure sfiorata dagli
eventi che hanno scosso la cristianità nel XVI secolo». Nella stessa
lettera, il pastore Ricciardi esprimeva la speranza che si potesse almeno «inserire in qualche modo, in un documento del Comitato
centrale, una nota in cui si spieghi come l’anno giubilare, pur essendo un momento di particolare rilievo nella vita della Chiesa
cattolica, non è un fatto che di per sé possa risolvere i problemi
ecumenici aperti, ivi compreso il nostro, sui quali occorrerà riprendere e proseguire il confronto». Se ciò non fosse stato possibile,
concludeva Ricciardi, sarebbe stato «poco utile e poco opportuno»
continuare a prevedere la sua presenza come «delegato fraterno»
nella Commissione ecumenica del Comitato centrale del Giubileo.
Pubblichiamo qui di seguito la risposta del cardinale Edward
Idris Cassidy, presidente della Commissione, alla lettera del pastore Ricciardi, e la replica dello stesso Ricciardi.
La lettera di mons. Cassidy
Reverendo Pastore Ricciardi,
Sono lieto di scriverLe per rispondere direttamente alla
questione che Ella ha sollevato nella sua lettera del 30 novembre scorso, indirizzata a Mons. Eleuterio F. Fortino, vicepresidente della Commissione Ecumenica del Comitato
Centrale del Giubileo dell’anno 2000, relativamente alla
prassi e alla dottrina cattolica dell’indulgenza secondo la
Bolla di Indizione del Giubileo.
Vomi in primo luogo dirLe che la sua lettera è stata comunicata al Cardinale Roger Etchegaray, Presidente del
Comitato Centrale del Giubileo; e che, inoltre, è stata considerata con grande attenzione ed apprezzata per la sua
lealtà e per il suo spirito fraterno.
La Commissione Ecumenica del Comitato Centrale le ha
dedicato un ampio spazio in una delle sue sessioni. In occasione dell’ultima riunione del Comitato Centrale - a cui
Ella non ha potuto purtroppo prendere parte a motivo della sua partecipazione all’Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese ad Harare - il Presidente deUa Commissione ecumenica ha tra l’altro illustrato la sostanza della
sua lettera. L’intervento del Rev. Richard A. J. Grocott, delegato fraterno del Consiglio Metodista Mondiale, verteva su
tematiche analoghe a quelle da Lei evidenziate. Posso assicurarLa, dunque, anche noi, con spirito fraterno e di dialogo, abbiamo considerato le sue riflessioni sulla questione
dell’indulgenza giubilare.
Certamente Ella conosce tutto questo direttamente ed ha
potuto constatare di persona come, nelle riunioni fino ad
ora tenute neH’ambito degli organismi preposti alla preparazione del Giubileo, si sia cercato, con sincerità e rispetto
reciproco, di mettere in rilievo gli aspetti ancora aperti di
un problema che storicamente complica le relazioni fra la
Chiesa cattolica e gli altri cristiani, in particolare coloro che
si riferiscono alla Riforma del secolo XVI. In queste stesse
riunioni sono stati messi in rilievo i chiarimenti intervenuti
nel dialogo ecumenico al riguardo dei presupposti teologici alla questione dell’indulgenza. Credo possibile affermare, con onestà intellettuale, che quanto viene detto nella
Bolla di indizione del Giubileo nella Chiesa cattolica, «Incarnationis mysterium», manifesti una situazione radicalrnente diversa rispetto a quella a cui il Concilio di Trento si
riferiva quando esso indicava gli abusi da estirpare. Inoltre
la Bolla è incentrata non certo sulle indulgenze, ma
sull’elemento essenziale del Giubileo, e cioè la conversione
del cuore, che il Concilio Vaticano II indica assieme alla
preghiera e alla santità di vita, come l’anima di tutto il movimento ecumenico (Unitatis redintegratio, n. 8).
Non si può affermare tuttavia che il dialogo teologico in
corso abbia affrontato e risolto tutti i presupposti teologici
soggiacenti alla questione delle indulgenze. Il dialogo continua. Il Giubileo comunque non può e non sarebbe in grado di risolvere le questioni ancora aperte. Abbiamo già percorso un lungo cammino insieme, scandito dalla gioia che
proviene dal riscoprirsi fratelli e anche da momenti di inevitabili tensioni e di difficoltà. Il Signore certamente benedice quanto ci siamo adoperati a fare e non mancherà di
continuare a sostenere il nostro cammino. Le celebrazioni
dei duemila anni della nascita di Cristo possono essere
l’occasione per rinnovare il nostro comune impegno a fare
insieme la sua volontà, per orientarci più profondamente
alla conversione del cuore e della mente.
Il Giubileo come commemorazione deU’Incarnazione del
Figlio di Dio è una opportunità di confessare insieme la nostra fede in Gesù Cristo, Signore e Salvatore, e fare una festa grande, in una comune dossologia a Dio che ha tanto
amato gli uomini da dare il suo unico Figlio.
Con questi sentimenti desidero di cuore ringraziarla per
la sua presenza nella Commissione Ecumenica. Essa ha efficacemente contribuito alla ricerca di tutto ciò che ci è comune, pur nella consapevolezza di ciò che ci divide ancora
e che richiede da noi un più profondo dialogo, una più intensa preghiera, uno spirito fraterno sempre più grande.
Mi auguro che ci sia possibile continuare questa collaborazione nello stesso spirito di fattivo dialogo che l’ha fino ad
ora caratterizzata.
Le porgo il mio cordiale e fraterno saluto in Cristo
Edward Idris Cardinale Cassidy
Presidente
Città del Vaticano, 4 febbraio 1999
Il cardinale Edward Cassidy, presidente del Pontificio Consiglio per
l’unità dei cristiani e della Commissione ecumenica del Giubileo
La risposta del past. Ricciardi
Caro Cardinale e Fratello,
Le sono a^ai riconoscente per la Sua lettera del 4 u.s.,
inoltratami via fax da Mons. Fortino, che pure ringrazio
molto per il suo cordiale interessamento.
Mi fa molto piacere che la materia da me (e successivamente da altri) posta in questione sia stata trattata anche
nella riunione del Comitato Centrale per il Grande Giubileo, avvenuta a Roma il 16 dicembre u.s.
Non metto in dubbio la passione, il calore, l’intenzione di
apertura ecumenica con cui tanto il Comitato Centrale
quanto la Commissione Ecumenica hanno discusso la cosa,
che per me (e per gli osservatori evangelici) non è di poco
momento. Né metto in dubbio l’onestà intellettuale che Lei
sottolinea, anche se, nella mia pervicacia protestante, proprio non riesco a vedere in che cosa, a proposito delle indulgenze, la «Incarnationis mysterium» possa «manifestare
una siti^ione radicalmente diversa rispetto a quella a cui
il Concilio di Trento si riferiva»... In ogni caso, tengo a dire il
mio particolare apprezzamento per il Suo riconoscimento
che «il dialogo teologico in corso non ha affrontato tutti i
presupposti t&jlogici soggiacenti alla questione», per cui «il
dialogo continua», non potendo il Giubileo essere in grado
«di risolvere le questioni ancora aperte».
Resta però un punto, di non piccola importanza. L’«Incarnationis Mysterium» è un documento pubblico, per non dire
universale. Le Sue precisazioni, per quanto confortanti e
preziose, sono rivolte, in ultima analisi, a un privato, sia
pure rappresentante di una famiglia confessionale. In altri
termini: l'opinione pubblica viene sensibilizzata (o rafforzata) sulla vecchia prassi indulgenziale, rispolverata per il
Giubileo; gli aspetti problematici della questione non vengono affatto messi in risalto, ma circoscritti alla diatriba degli addetti ai lavori. È questa disparità di livello di informazione che io metto in questione.
Sarà quindi l'AR.M. a valutare e a decidere la sua posizione. Io La saluto con fraterna amicizia.
pastore Salvatore Ricciardi
Bergamo, 17febbraio 1999
M Visita a Roma del primate anglicano
Il papa e l'arcivescovo Carey
sì all'annullamento del debito
in
Si è svolta dal 12 al 14 febbraio la visita a Roma dell’arcivescovq di Canterbury e
primate-aella Comunione
anglicana, George Carey, ii
occasione dell’inaugurazio
ne della nuova sede del Cen
tro anglicano nella prestigiosa cornice del Palazzo Doria
Pamphilj.
All’inaugurazione, svoltasi
nella serata del 12, sono intervenuti, oltre a Carey, ..
presidente del Comitato del
Centro anglicano, il vescovo
di Birmingham, Mark Santer,
il direttore, canonico Bruce
Ruddock, e il presidente del
Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, cardinale
Edward Cassidy, che ha por
il
tato un messaggio personale
di Giovanni Paolo IL
Nel corso di un’udienza
privata con il papa, avvenuta
il 13 febbraio, i due leader
ecclesiastici hanno espresso
la comune preoccupazione
per alcune situazioni di tensione internazionale. In vista
del Giubileo del 2000, il papa
e l’arcivescovo di Canterbury
hanno espresso l’auspicio
che le chiese nel mondo possano dimostrare la loro unità
in Cristo, e il loro comune
impegno per la giustizia, particolarmente incoraggiando i
cristiani a sostenere la campagna per la cancellazione
dei debiti dei paesi del Terzo
Mondo. (nev)
Dal Mondo Cristiani
Verso una data comune a tutte
le chiese per la celebrazione della Pasqua
PAOLI
GINEVRA — In una lettera alle chiese membro, il segtetiT
generale della Federazione luterana mondiale (Firn), fsC ' /DO^'3
Noko, chiede che le comunità esaminino con attenzione
pronuncino in merito al documento diffuso nel 1997 dalr
sigilo ecumenico delle chiese (Cec) e dal Consiglio delle
del Medio Oriente sulla possibilità di giungere alla defintó
di una data comune a tutte le chiese cristiane per la cele
zinne della Pasqua. «Se tutte le chiese accetteranno di assui
re come base per i calcoli astronomici necessari a stabiljj
data il meridiano di Gemsalemme - scrive Noko - una cele]
zinne contemporanea sarà finalmente possibile».
Una pastora sul pulpito di Zwingli
A signora
,un capo (
carisma
Jla convi:
tdere un
Di q»
Ito teso a
i meccai
Ése.
bIo
ha anche la
ZURIGO — Per la prima volta una donna è stata scelta t ^
me titolare per il duomo di Zurigo, dove circa 480 anni fa« di risolvei
parroco Ulrich Zwingli, che di qui iniziò la sua Riforma Ilo stato s
Consiglio di chiesa ha nominato come pastore della catted ilord Beve
le la teologa Kathi La Roche, di 50 anni, pastora a Erlenbai ato dall® T
nel cantone di Zurigo, cappellana degli studenti. La secon nostacolo p
concorrente a questo incarico, la trentaseienne Kathafipto da rifi
Hoby, ha presentato ricorso, ritenendo che vi siano state (®ah dell’
le irregolarità nella nomina. (Rff.PrmcU era es]
^'lavorativo
Perù: petizione delle chiese evangeliche mt
per giungere ad una effettiva parità
ìrofitto. Di
aerazione
LI^ — È dura la condizione dei cristiani non cattolicifei.^^/
Perù. Nella Costituzione adottata nel 1993 è sancita la libertiP . i u
- - “*»*énaale che
culto, ma un suo articolo ratifica uno «speciale rapporto die
sa al consur
perazione con la Chiesa cattolica» che viene riconosciuta cojr • >, h«parte integrante della storia e della cultura del paese». DifatE“-■
ciò comporta una profonda disparità nel rapporto tra lo statar®^’ 'ij
le chiese e quelle evangeliche hanno deciso di presentare
petizione popolare al Parlamento per giungere a una
parità sul piano educativo, sociale e fiscale. Mnoe e ai
Festeggiati i 30 anni del Consiglio delle
chiese metodiste dell'America Latina
‘ifflone e a]
dopo esperi
aarrativa pi
Disney, (Lo
suo primo la
Out-Off di b
già di Mon:
BUENOS AIRES — Il Consiglio delle chiese metodisti ancheinterp
dell’America Latina e dei Caraibi (Ciemal) festeggia inquesi Lavicend
giorni il 30° armiversario della sua fondazione. In una lettera ba, si svolge
aUe chiese che vi aderiscono, il segretario generale, David Or sceme dove
tigoza, ricorda che nell’atto costitutivo è scritto che il Ciemal sleyeHaley
«è un atto di obbedienza alla chiamata dello Spirito Santopei vita fantai'
una più stretta collaborazione e per ima testimonianzaomu- cioccùJata,
ne delle chiese metodiste del continente».
La Bibbia tradotta in 2.212 lingue
LONDRA — Secondo le più recenti statistiche deirUniontl
delle società bibliche (Ubs), parti della Bibbia risultano tiJj jUna r
dotte in 2.212 lingue, ossia circa un terzo delle 6.500 lint
parlate nel mondo. Nel 1998, il Nuovo Testamento è statoW
dotto, stampato e diffuso in quattro lingue finora poco conu
sciute: TAari in Etiopia, il Koozime in Camerún, il Tipperahll
Bangladesh e il Siriano in Colombia.
SERGI)
L'Alleanza mondiale battista a Cuba
DOPO av
i
bella di
jsicurament)
jtibbe aspe
L’AVANA — L’Alleanza mondiale battista terrà per la primi, di un
volta una sua seduta intemazionale a Cuba. L’esecutivo di qui' w capac
sta organizzazione ha infatti accolto l’invito a tenere la sua®'
semblea generale annuale nel luglio del 2000 a L’Avana, capWyPMe Radi
le di Cuba. I lavori dell’assemblea si terranno nella chiesa batti pta romene
sta del Calvario, la più antica chiesa battista della città. M *i®toralizz
®stniito un
che sol)
Carta riciclata con riviste pornografiche jia riporta lo
ittratsi con
MANILA — La Società biblica delle Filippine ha ricevuto
nel luglio scorso un carico di carta fabbricata con il riciclaf ta), acquista
gio di riviste pornografiche. Nel quadro di un accordo chete ¡ieme pezze
ga la Società biblica alla Tmst international Paper CorpoB la comuni
tion e alle dogane, circa 3.000 riviste pornografiche seque
strate, pesanti circa 830 kg, sono state trasformate in duetti
toli di 250 kg di carta che sono state offerte alla Società bi* ttJtsi alla de
ca per stampare edizioni bibliche. fLe Christianism Everso la
‘““da su d
Consiglio metodista mondiale Ìtmon
GERUSALEMME - Il Consiglio metodista mondiale (vf ¡S’
fotografia con il patriarca latino di Gemsalemme Michel Sate « su c
bah), si è incontrato al Centre Notte Dame di Gernsaletn®'
dal 4 al 9 dicembre 1998 per esaminare il lavoro da com# foUjj
da qui alla 18“ Conferenza metodista mondiale che si ter:te,Eri,rn
Brighton (Inghilterra) dal 24 al 31 luglio 2001. (World'»sbfert n '
^riarsi al
>,10 5
ciare il ^
"^Portati
Ì''!6ivga V
Î? nazis
l'eia so.
^•pretart
I membri del Consiglio metodista mondiale insieme al patriarca*
no di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah
5
PAG. 5 RIFORMA
Un dramma grottesco sulla società dei consumi e le sue angoscie
Delitti in serie con cioccolata
un'ambientazione claustrofobica due fratelli sono alle prese con le degenerazioni
morali del nostro tempo e devono confrontarsi con un uomo molto pericoloso
’ segret
’Im), isi
tenzione
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3 delle CI
a definì
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PAOLO FABBRI
A signora Thatcher è stata
■un capo carismatico e il
00 carisma si accompagna
una cele* ,gre un servizio al suo
,e. Di qui un atteggia. lento teso a modificare non
I ,loi meccanismi economici
«anche la cultura, converita scelta, »dola a un liberismo capa
0 anni fa, idi risolvere tutti i proble
1 Riforma j Lo stato sociale teorizzato
filacattedi alotd Beveridge e conquia Erlenbai ato dalle Tracie Unions era
■ La secon aostacolo più che uno stru,e Kathaiiento da riformare, e i costi
no statedciali dell’emarginazione
(Ref.PrMcU era espulso dal circui^(ólavorativo erano considerati aspetti marginali di uno
:hema ottimale basato sul
■ofltto. Di fronte a ciò una
jerazione di giovani dramlaturghi inglesi esprimono
in rifiuto più etico ed esiìnziale che sociale, che neal consumo di beni la cai sostituire i rapporti
¡ani, i sentimenti e le emo.. 'nonidella natura. Philip Rid
'Sent^eitlwfflpartiene a questa genee^^^ al tlatro
dopo esperienze di pittura e
narrativa per ragazzi. Killer
iDisney, (Londra, 1991) è il
suo primo lavoro ora al teatro
jOut-Off di Milano con la regia di Monica Conti, che è
I metodiste ancheinterprete di Haley.
già inquesi La vicenda, come una fiai una lettera ba, si svolge in una casa fatie, David Or scente dove due gemelli, Prehe ilCieinr sle^eHtdey, vivono una loro
toSantopei vita falita^ca, cibandosi di
anzammu- doccokta, raccontandosi i
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Un momento di «Killer Disney»
(foto Bardella)
sogni e rifiutandosi di superare il livello dell’infanzia nonostante i 28 anni. La cioccolata è metafora di tutti i cibi e
di tutti i beni che la società
consumistica impone pena
l’incepparsi del meccanismo
produttivo. I sogni sono in
realtà incubi, che si svolgono
in una città immaginata semidistrutta dalla guerra atomica dove Haley corre inseguita da un cane, si rifugia in
una chiesa, incontra un prete
che vuole confessarla ma non
vuole darle l’assoluzione
quando apprende che lei, baciando un crocifisso, ha trovato che le labbra della statuetta sapevano di cioccolata.
Presley invece incontra un
killer (Killer Disney appunto),
che uccide le persone e mangia loro il cuore; sempre poi
ritorna struggente il ricordo
dei genitori, morti da un tem
po imprecisato. A stravolgere
la vita, più virtuale che reale,
dei due fratelli, irrompe Cosmo, strano personaggio
molto bello, un po’ uomo e
un po’ donna, «creato» dalle
fantasie sessuali di Presley,
che come la sorella non ha
mai fatto l’esperienza dell’amore, temuto come una cosa
«da grandi».
Cosmo è a modo suo un
teatrante, che si esibisce nei
locali notturni ingoiando ragni, bruchi e altri animali,
forse metafora delle umiliazioni da ingoiare per mantenere un lavoro e connesso
tenore di vita. Approfittando
del sonno di Haley, Cosmo
cerca di sedurre Presley, attratto, nella sua totale innocenza, da questa figura ambigua in cui vorrebbe rifugiarsi, come in un essere che
include anche la valenza paterna; e tuttavia conserva
una sotterranea e inconscia
diffidenza, che non gli consente di abbandonarsi del
tutto. L’ambiguità di Cosmo
si precisa quando con un
pretesto induce Presley a
uscire e cerca di violentare
Haley; Presley in realtà non
era uscito e difende la sorella. Cosmo allora fa entrare
un amico e socio, incarnazione di Killer Disney, terrore
degli incubi di Presley: è un
personaggio con viso coperto
da una maschera di cuoio,
che si esibisce con Cosmo togliendosi la maschera stessa
e mostrando un volto che è
l'immagine dell’orrore.
Killer Disney non parla.
dell’Unioni|
sultano
¡.500 lini
I è stato w'
poco conte'
Tipperahill
Il film del regista ebreo romeno Radu Mihaileanu
Una messinscena per la salvezza
SERGIO FRANZESE
DI
la
OPO aver visto La vita è
bella di Roberto Benigni
t*icttramente nessuno si sajitebbe aspettato l’uscita a
ler la primi di un nuovo film sulla
itivo diqn^ fca/i capace di evocare cose
re la sua» ®l*Ulli facendo sorridere,
ana, capi® We Radu Mihaileanu, rerhiesa batti romeno di origine ebrea
:tà. M *teralizzato francese ha
*ttstmito un piccolo capolaf* ho nell’ultima sce
iTlCnC Ila riporta lo spettatore a miin realtà. Questo
la ricer^ irain de i/jg* (treno per la vii il ricrei^ la), Acquistato e rimesso inirdo che sieiii0 pezzo dopo pezzo da
r Corpori una comunità ebraica di un
che sequfjpcolo villaggio (shtetl) del
in
duetif
l’Eui
fopa orientale per sot
icietà bi _ ^i ¿la deportazione e fug■istiartisn« peverso la terra promessa si
ttttda su due elementi: la
wanzaelafollia.
® un mondo fatto di oscuri
idiale (vf ¿2- come quello che inyiii-hel Sali' ,P® questa piccola e
msalerntt* comunità, forse è necompi«' f «ia una buona dose di
si terrà* Pw continuare a spera
, %si all’idea geniale di Shlo scemo del paese: laD villaggio fingendosi
j^®ùatl prima che questo
veramente per mano
cl, ®®2isti. E anche a quelli
sorte ha scelto per inil ruolo dei nazisti
Intimane che adeguarsi,
!wando a comportarsi coPj^® ss e, soprattutto, imci^£o a parlare tedesco,
;«OTo non è che «yiddish
l^wnorismo». Tutto il vil^0 partecipa alle prove ge' per quella che sarà una
la libertà; uomini,
bambini, deportati,
' > fino a quando il tre
atrlarc* ^ ¡
l#!"« inizia la
sua corsa guidato
da un macchinista dilettante
che lo farà correre sui binari
seguendo le istruzioni scritte
su un manuale e che solo dopo aver percorso molti chilometri si renderà conto che oltre ai binari esistono le stazioni, i segnali, gli orari ferroviari, le coincidenze. E questi vagoni colmi di strani personaggi proseguiranno il loro viaggio tra mille intoppi, sostando
in piena campagna alla vigilia
del sabato per consentire ai
«deportati» e ai «nazisti» di
pregare insieme e di chiedere
a Dio la salvezza.
In questa variopinta compagnia, che il film ci rappresenta fin dall’inizio in maniera caricaturale, convivono
ebrei ortodossi che predicano gli insegnamenti della Torah e ebrei rivoluzionari che
predicano il verbo di Marx.
Tutti sprofondano nella depressione quando, all’improwiso, vengono scoperti
dai tedeschi ma per fortuna
lo spettro del fallimento della
loro impresa dura solo pochi
istanti: i tedeschi appostati
fuori dal treno altro non sono
che zingari, accomunati nella
tragedia della persecuzione, i
quali hanno avuto la medesima idea di fingersi in parte
emette solo suoni inarticolati, ma questo basta a dare alla
scena una tensione fortissima in cui i due personaggi si
configurano come il volto
bello della società consumistica e quello reale ebe, dietro
la maschera, contiene la
somma del dolore, della solitudine esistenziale, della disumanizzazione che il perseguimento senza limiti del
profitto comporta. I due fratelli si tendono le mani e il loro profondo affetto si materializza: scompaiono i due intrusi, come esorcizzati dalla
forza del sentimento.
Non c’è in Philip Ridley la
problematica, per esempio,
del teatro di un Harold Pinter, c’è invece un’ottica squisitamente esistenziale, cui
non è forse azzardato collegare valori tipici dell’etica
protestante, come la sobrietà. Lo spettacolo diretto
da Monica Conti riesce a
equilibrare molto bene il gesto scenico, la parola e la musica, raggiungendo momenti
di grande intensità, come
nella scena in cui Killer Disney sale sulla sedia a esibirsi
davanti a Presley e Cosmo, o
nel finale con i due gemelli
ebe girano in tondo tenendosi per mano. La recitazione è
buona (Andrea Festuccia è
Cosmo e Marino Campanaro
Disney), ma una menzione
particolare va al Presley di
Roberto Trifirò che riesce,
con una mimica straordinaria, a restare costantemente
in bilico tra innocenza e pazzia, con tanta dolcezza.
! Una vicenda di due secoli fa
Rivoluzione napoletana
vittime 0 carnefici?
GAETANO PLACIDO
Proprio in questi giorni,
due secoli or sono, si
svolgeva a Napoli e nel suo
hinterland un’avventura storica senza precedenti. Alcune
fra le componenti più vitali
della società di allora fondavano la Repubblica partenopea, costringendo alla fuga
Ferdinando IV di Borbone e
sua moglie Maria Carolina
d’Austria. Gli eventi rivoluzionari evidenziarono l’arretratezza delle campagne, il paternalismo e le incapacità
della monarchia, nonché la
funzione reazionaria dell’alto
clero. L’avventura, soffocata
nel sangue versato dai patrioti sul patibolo di piazza Mercato a Napoli, durò sei mesi,
pochi purtroppo per determinare una significativa svolta.
L’eccidio fu compiuto con la
complicità diretta di buona
parte della chiesa focale: nel
giugno del 1799 il cardinale
Fabrizio Ruffo, a capo dell’esercito sanfedista, entrava
in città dando il via a una
massiccia e spietata epurazione. Su questa infelice
quanto esaltante pagina di
storia, con il patrocinio dell’Istituto italiano per gli studi
filosofici, il 13 febbraio nei locali dell’Istituto professionale
«Miaño» di Scampia, la comunità cristiana di base di
Cassano di Napoli, unitamente alla rivista «Il tetto», al circolo di Legambiente «La gru»,
alle associazioni culturali Cridas, sempre di Scampia e «Filorosso» di Acerra, con l’adesione del Consiglio circoscrizionale del 45° distretto scolastico e della casa editrice
deportati e in parte nazisti,
per sequestrare un treno con
il quale fuggire, forse in India, forse altrove, lontano
dalla morte. E da questo incontro nascerà una festa ebe
vedrà gioire insieme a suon
di musica ebrei e zingari; sorgeranno simpatie, passioni e
qualche imbarazzo per la
presenza sul treno, divenuto
casa comune, dei maiali che
gli zingari porteranno con sé.
Così come non manca di suscitare imbarazzo l’atteggiamento dei finti nazisti che,
immedesimatisi a tal punto
nel loro ruolo, con il passare
del tempo sembrano mutarsi
in vere carogne (senza mai
però dimenticare che la loro
missione è sottrarre la propria gente alla morte). Essi
sapranno anzi cogliere i vantaggi di questa metamorfosi
che consentirà loro di affrontare i veri nazisti quando sarà
necessario farlo.
E finalmente, superati mille ostacoli il treno arriva su
una linea di confine. Le bombe cadono da tutte le parti,
ma neppure una colpisce il
treno, che riesce a passare in
mezzo a esse come Mosè e il
suo popolo tra le acque del
Mar Rosso. Ma è la scena
conclusiva a rappresentare
una chiave di volta e a dare a
questo film il suo vero senso.
Pochi istanti capaci di scuotere lo spettatore che per oltre un’ora e mezza, coinvolto
dagli avvenimenti e rallegrato
da una sapiente colonna sonora firmata Goran Bregovic
a base di arie klezmer e rom,
avrà creduto di assistere a
una favola...
(•) Train de vie: regia Radu
Mihaileanu; musiche Goran Bregovic. Belgio-Olanda-Francia,
1998. Sito Internet:
http: / / www.abid.net/TrainDeVie/
Rassegna culturale a Cimego (Tn)
Cultura tradizionale
e aperture all'eresia
TAVO BURAT
NELL’IMMEDIATO retroterra del Benaco, dove
già furono alcuni punti focali
del catarismo lombardo-veneto nel sec. XII, Dolcino
trovò a Cimego, nella trentina valle del Chiese, il suo nido d’aquila. Lì era attivo un
forte nucleo di Apostolici,
guidato dal fabbro fra Alberto, il dolciniano gardesano
più attivo e conosciuto, al
punto addirittura da fare
supporre allo storico Raniero
Orioli una sua preesistente
fede eterodossa ancor prima
dell’arrivo di Dolcino (1300),
il quale avrebbe, quindi, saldato il movimento simile, ma
autonomo, del Trentino con
quello di Gherardino Segalello nel Parmense.
Oggi il piccolo Comune di
Cimego (400 abitanti) rilancia con intelligenti iniziative
il proprio patrimonio storico
e tradizionale. In un sentiero
etnografico ba ricuperato
un’antica fucina, accanto a
un’altra tuttora funzionante
lungo quel rio Caino dove già
era l’officina di fra Alberto,
facendone motivo di attrazione turistica e di visite didattiche. Attraverso la passerella sul fiume Chiese, nel
breve tratto di qualche chilometro, si può infatti visitare
uno straordinario e irripetibile susseguirsi di insediamenti
artigianali come fucine e fornaci per la calcina, di trincee
militari risalenti alla prima
guerra mondiale, di edifici
rurali e malghe dove si esercitavano le attività rurali del
fabbro, del casaro, del boscaiolo. Il tutto in una delle
zone più intatte dove è possi
bile imbattersi in caprioli e
cervi, udire il canto del pettirosso e del cuculo. Si può
inoltre godere di una serie di
ampi panorami che spaziano
dal lago d’Idro all’alta vai
Rendena. Il percorso è segnato da numerosi pannelli, alcuni dei quali fanno puntuale
riferimento alla vicenda di
Alberto e di Dolcino.
Nei giovedì di febbraio
l’amministrazione comunale
ba organizzato, con la collaborazione del Centro studi
dolciniani, quattro incontri
sulla storia locale di Cimego,
appunto definito «paese del
ferro e dell’eresia»: il 4 la
proiezione del film II nome
della rosa; TU Gli eretici delle
montagne, con il poeta e
scrittore trentino Renzo
Francescotti, lo storico locale
Franco Bianchini, scopritore
di una pergamena del 1327
dove sono elencati i dolciniani di Bagolino (Bs) e chi scrive queste note; il 18 Le streghe delle Alpi e l’avvelenatrice
di Cimego, con Tantropologa
Michela Zucca e il 25 l’ultimo
incontro con lo storico locale
Gianni Poletti, su Noi servi
devotissimi e umilissimi: la
nostra gente di fronte alle diverse espressioni del potere
dal Medioevo fino alla prima
guerra mondiale. Con queste
attività Cimego dimostra a
coloro che vorrebbero in nome dell’efficienza accorpare,
e accoppare, i piccoli Comuni quanto sia preziosa l’autonomia comunale per ricomporre il mosaico della storia
locale, recuperando l’identità, necessaria e resistere
all’omologazione consumistica e alTappiattimento controriformistico.
«Loffredo», hanno promosso
il seminario dal titolo: «Chiesa e lazzari nella rivoluzione
del 1799: dalla storia di ieri ai
problemi di oggi».
Perché scegliere una periferia cosiddetta «degradata»,
come Scampia, per ricordare
i martiri della Repubblica partenopea? Secondo i promotori, un nuovo ’99 potrebbe
prendere a cuore proprio i
problemi delle periferie; la disoccupazione, le intelligenze
sprecate e ridotte a produrre
semplice sopravvivenza, lo
sfruttamento del lavoro minorile, che oggi una reiterata
e ipocrita proclamazione del
diritto all’infanzia rende forse
più scandaloso di ieri. Negli
sforzi della politica, della
scuola e di tutti quanti lottano per la promozione di
un’etica civile riaffiora lo spirito del ’99. Basti pensare al
lavoro solitario dei tanti insegnati di frontiera che a costo
di immani sacrifici si battono
per contendere anime e corpi
dei giovani al mondo del crimine organizzato. E la presenza di docenti e alunni delle scuole napoletane è stata
davvero massiccia. I ragazzi
hanno descritto i loro percorsi didattici presentando, con
l’ausilio di diapositive, gli esiti
di alcune ricerche effettuate,
per circa due anni, negli archivi storici dello stato, della
curia napoletana e di svariate
parrocchie cittadine. Una
mostra fotografica, inoltre, ha
illustrato i luoghi emblematici della rivoluzione.
Pasquale Colella, direttore
della rivista «Il tetto», ha evidenziato le gravissime responsabilità nel tracollo repubblicano della chiesa locale, saldamente arroccata sulla
difesa dei propri privilegi. Gli
ha fatto eco l’altro relatore
della serata, il prof. Aniello
Montano dell’Istituto italiano
per gli studi filosofici, sottolineando alcune pregevoli eccezioni, come il vescovo di
Vico Equense mons. Michele
Natale. In un catechismo da
lui stesso dettato ai diocesani
di Vico, Michele Natale si
chiede se anche la chiesa può
amare un governo democratico e risponde: «...i soli preti
che non possono amarlo sono quelli che vogliono dei
ricchi benefici, senza interessarsi del bene delle anime,
che vogliono essere assediati
dai servitori, e dominare sugli altri come altrettanti tiranni contro lo spirito delTEvangelo, il quale ci insegna
che Cristo disse ai suoi discepoli che colui il quale vorrebbe dominare gli altri, sarebbe
l’ultimo fra di loro». Queste
profetiche parole segnarono
la condanna a morte, mediante impiccagione, del vescovo che salì sul patibolo il
13 giugno, poco prima di
Eleonora Fonseca Pimentel:
ironia della sorte. Nel duomo
di Vico, da allora non più diocesi, accanto all’affresco ovale che contiene la sua immagine (collocato solo nel 1930),
ancora oggi vi è un angelo
che gli impone il silenzio.
Proprio per offrire un piccolo contributo capace di
svelare «la congiura del silenzio» ordita da chi ha paura
della verità, la comunità cristiana di base del Cassano ha
redatto un documento nel
quale si auspica l’avvio di
un’onesta rivisitazione storica e un’obiettiva informazione, decisiva, a suo avviso, per
comprendere chi oggi noi
realmente siamo, da quale
passato veniamo e per quale
futuro dobbiamo lavorare.
Tutto ciò nella consapevolezza che il tacere non ha mai
giovato alla causa della verità, tanto più quanto essa è
protervamente soffocata nel
nome del Vangelo.
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 5 MARZO
Il libro di Gino Strada ripropone il dramma delle mine antipersona
Morire per un «pappagallo verde»
La testimonianza di una persona che lavora da anni in zone martoriate dai conflitti
ripropone interrogativi sempre più urgenti ai paesi produttori dei micidiali ordigni
RENZO TURINETTO
Nel Perù i pappagalli verdi si chiamano loros (p.
36): becco adunco e occhio
rapace, si avventano sulle
spighe di grano distruggendo
il raccolto. E così si intitola il
libro di Gino Strada* che
però non tratta esotici volatili, bensì mine antiuomo che
gli afgani chiamano pappagalli verdi perché somigliano
ai loros. Sono rettangoli di 10
cm pesanti un etto e mezzo,
due ali laterali non li fanno
cadere a picco dall’elicottero,
ma volteggiare sparpagliandosi con grazia come volantini. Potete passarveli per un
bel po’, tanto i coriandoli di
morte scoppiano solo quando schiacciate le ali e allora
saltate per aria. Accade in zone del mondo dove ogni 20
minuti tra chi le raccatta ce
n’è uno ucciso o menomato,
soprattutto bambini.
Le stime variano da 100 a
180 milioni di mine sepolte
in 64 paesi, 100 in Africa, 40
in Afganistan, 15 in Kuwait, 7
nel Kurdistan, 6 in Bosnia (.La
Stampa, 11 febbraio). Almeno 22 milioni sono fabbricate
in Italia. Ognuna costa dai 3
ai 30 dollari ma disinnescarla
ne costa da 300 a 1.000 e con
la quantità attuale di quelle
non scoppiate ci vorranno
4.000 anni per dissotterrarle.
Il 22 ottobre 1997 il Parlamento italiano approva la
legge 347 che vieta produzione e commercio di tali ordigni (p. 157), il 10 febbraio
1999 la Camera vota la distruzione di quelli depositati
nei nostri arsenali militari e
ratifica la Convenzione di Ottawa per metterli al bando
(iniziativa servita a accrescere la popolarità di Diana
d’Inghilterra).
Gino Strada è un chirurgo
che da dieci anni opera nelle
zone di queste mine, per cinque con la Croce Rossa internazionale e da altri cinque
con Emergency, organizzazione umanitaria sorta a Milano nel 1994 su iniziativa di
medici, infermieri, tecnici
con esperienze di lavoro
umanitario dove una guerra è
in corso o è (ufficialmente) finita. Emergency è retta da lavoro volontario e da 30.000
sostenitori in Italia. Nel secondo conflitto mondiale le
vittime civili erano il 65%, in
quelli odierni essi superano il
90% (pp. 150-151). Con analoghe équipe internazionali,
esse vengono curate in ospedali di emergenza e centri di
riabilitazione: si presta assistenza sanitaria di base specie per problemi materni e
infantili: si addestra personale locale per le urgenze mediche, chirurgiche, rieducative:
si diffonde la cultura della pace (presumibilmente questo è
l’impegno di minor ritorno).
Strada è stato in Africa,
Asia, Sud America ma il suo libro non è un romanzo («non
ne sono capace», p. 11). Sono
43 memorie. Impastate di
crudezza, ardimento, lucida
follia, con le raggelanti formule delle impossibilità (Doa:
morto aU’arrivo: Categoria 3;
inoperabile). Anche memorie
di sdegno: vuoto farneticare
della ministra italiana (p.
129), arroganza e dilettantismo di alcuni «ragazzetti delegati svizzeri» (pp. 48 e 111),
agenzie governative che poco
o nulla fanno o possono, al di
là di sigle misteriose o notissime, come Onu e Unicef (p.
100). Tre di queste memorie
sono autobiografiche. L’infanzia a Milano, il ricordo del
padre morto da oltre vent’anni legato a quello di quando
tornava dal lavoro in bici e il
«
Operazioni di sminamento di una linea ferroviaria in Bosnia
grasso sporcava la tuta, il «toni» nel dialetto milanese (e torinese): poi i «formidabili
quegli anni» del ’68: quindi la
moglie paziente e comprensiva, la figlia di vent’anni ma
che già a dieci era partecipe
della decisione del padre, e la
relativa domanda-scrupolo:
ho fatto la scelta giusta? trascuro la famiglia?, ecc.
Perché un lavoro del genere, peraltro a stipendio, per
lui «specializzato in prestigiose università»? (dalla prefazione di Moni Ovadia). Chi
rurgo di guerra, che vuol dire,
e perché lo fai: idealismo, autoaffermazione? Gino Strada
si spiega, senza veli. Seppure
con un pizzico di critica e di
giudizio (p. 49): «Questo deve
restare o diventare un mestiere, come il pompiere, il vigile,
il fornaio». Ginevra della Croce Rossa 0 di Calvino?...
Nel mondo Strada conosce
persone che fanno il suo stesso lavoro e sovente li qualifica «cari amici». Vorrà dire
che l’amicizia è alta se alti sono gli intenti comuni? Queste
Un convegno del Comune di Roma
Come favorire il dialogo
fra le culture diverse?
Favorire il dialogo fra culture diverse, praticare l’accoglienza e la solidarietà: queste alcune delle sfide proposte dai partecipanti alla tavola rotonda che si è svolta il 17
febbraio nella sala della Protomoteca in Campidoglio a
Roma, promossa dal Comune e dalla Lega delle autonomie locali. L’idea della giornata, intitolata «Geografie del
dialogo» e presieduta dal sen.
Ugo Vetere, nasce dalla constatazione del «persistere di
pregiudizi» verso chi è altro,
diverso: «È necessario - ha
affermato il giornalista Alceste Santini - promuovere la
cultura della solidarietà, coniugandola con la legalità. Il
futuro sarà sempre più ecumenico, nel senso più ampio
del termine: bisogna far comprendere che siamo entrati in
una nuova epoca, in cui la
normalità è data dalla convivenza interculturale, multireligiosa e multietnica».
Il contributo delle religioni
in un contesto multiculturale
e per la creazione di una società nuova, in cui tutti siano
cittadini, è molto impegnativo: il prof. Sergio Rostagno,
docente della Facoltà valdese
di teologia di Roma, ha delineato una possibile linea di
ricerca che tenda a superare
l’opposizione fra integrazione e conservazione gelosa
della propria identità (ne riportiamo in questa pagina
l’intervento).
La storia e la cultura ebraica suggeriscono che «è possibile appartenere contemporaneamente a gruppi culturali diversi, e che questa
realtà è un beneficio per tutta la società», ha affermato
Amos Luzzatto, presidente
dell’Unione delle comunità
ebraiche in Italia, aggiungendo che la multiculturalità è
un fattore costitutivo dell’Europa: da sempre i confini.
geografici, culturali e linguistici, sono gli strumenti utilizzati per mettere a tacere le
«altre» culture, che possono
turbare gli equilibri. «Non
vogliamo sostenere la mera
tolleranza - ha affermato
Luzzatto - ma la creazione di
una cultura composita, arricchita dai contributi che tutti
possono offrire».
Ha preso parte all’incontro
il fondatore della Comunità
di Sant’Egidio, prof. Andrea
Riccardi, che ha proposto alcune «riflessioni su Roma»,
presentando le ricchezze e le
potenzialità di una città in
cui, non senza tensioni, sono
state presenti nei secoli una
grande comunità cattolica e
un insieme di comunità «di
minoranza», ricche di storia e
presenti in modo significativo
nella città. I concetti di dialogo e accoglienza, intesi come
reciproca comprensione e attenzione verso l’altro, ma anche capacità di lasciarsi contaminare dalla cultura dell’altro, hanno guidato le riflessioni proposte da mons. Rino
Fisichella, vescovo ausiliare
della diocesi di Roma e dal
prof. Giovanni Conso, presidente della Fondazione don
Luigi Di Liegro. L’incontro ha
visto inoltre la partecipazione
di Abdellah Redouan (segretario del Centro culturale islamico) e del sociologo Maurizio Fiasco, che ha proposto
una riflessione su «Il dialogo
per una città sicura».
L’assessore alle Politiche
sociali del Comune di Roma,
Amedeo Piva, ha sottolineato
l’importanza di proseguire il
dibattito per fare di Roma
una città del dialogo, in cui la
diversità non sia semplicemente tollerata, ma accolta,
in cui valorizzazione delle diversità possa orientare il lavoro degli amministratori
pubblici e la sensibilità dei
cittadini. (nev)
sono persone di qualità nel
senso che hanno qualità finalizzate a uno scopo (l’uomo
di Musil è senza qualità perché non le rende fruibili).
Non ci danno lezioni. Però
possiamo impararcele da soli
in più casi. Per dire, quando
ci trastulliamo con fumisterie
sull’amor fraterno, o andiamo alla ricerca del (nostro)
tempo perduto.
(*) G. Strada: Pappagalli verdi.
Milano, Feltrinelli, 1999, pp 160,
£ 22.000 (i diritti d’autore vanno
a Emergency).
Mine anti persona
Dal 1° marzo in vigore
Il Trattato di Ottawa
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La campagna contro le mine antipersona ha assunto
levanza ìn Italia nei 1993: allora balzò agli occhi diti
che il nostro paese era fra t maggiori produttori di qyj
orrendi arnesi di morte, che hanno la peculiarità di sei
nare cadaveri e provocare mutilazioni soprattutto fra'
popolazione civile e anche dopo molto tempo che
guerre si siano eventualmente concluse. La campaci
conta oggi oltre cinquanta associazioni, fra cui spica
per dimensioni e impegno profuso «Mani tese» e «EiJ
gency». Fra i meriti della campagna è anche la raccoltaL,
firme che hanno concorso a sostenere l'approvazio^'
della legge di messa al bando.
Il Trattato di Ottawa prevede che gli stati aderenti ij ■
pediscano la produzione, l'uso, l'esportazione delle min
antipersona; essi dovranno impegnarsi anche a distrui
gere quelle detenute nei propri arsenali entro 4 anni e bonificare le aree minate localizzate nei propri confii ’
entro 10 anni; nei confronti delle operazioni di smini '■
mento dovrà essere prestata assistenza tecnica e fina :
ziaria; assistenza deve essere fornita anche alle vìttitn Gli stati che hanno firmato il Trattato di Ottawa son
quasi 140, mentre quasi una sessantina lo hanno aneli
ratificato. Paesi di notevole peso nello scacchiere me»
diale peraltro sono tutt'ora latitanti rispetto alla Conva
zione stessa: fra questi Cina, Egitto, Russia, Stati UnS %
Turchia e, unico stato dell'Unione europea, Finlandia.
In Italia si fa riferimento alla legge 374/97 che vn,
l'uso, la produzione, il commercio e la ricerca tecnologi
ea in materia dì mine antipersona (ma anche di semplii
parti o componenti di mine); sono inclusi nel divieto anche i brevetti. Là legge definisce come mina antipersom
ogni ordigno congegnato o adattabile a esplodere»
prossimità o à contatto con una persona, e sancisce laji v
distruzione degli arsenali entro 5 anni, fatta salva ufulf'-?
certa quantità di mine destinata all'addestramento de-ULgli sminatori.
La campagna chiede ancora allo stato che si procedai
alla distruzione delle mine esistenti, il sostengo finanzia-f
rio e tecnico allo sminamento e quello finanziario allei
vittime, nonché un impegno a fare pressioni nei confronti degli stati che ancora non hanno firmato il Trattato.
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Le religioni e l'universalismo della società mo(Jerna
La cittadinanza è la premessa del dialogò
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SERGIO ROSTAGNO
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lionen!» (siate abbracciati, o milioni!). Il testo di
Schiller, divenuto simbolo
dell’Europa attraverso la musica di Beethoven, parla un
linguaggio ideale. Chi sbarca
sulle nostre coste deve chiedersi se questi milioni, che
abbracciamo, noi europei, si
riferiscono alle persone o ai
soldi. A questo simbolico abbraccio deve perciò corrispondere l’offerta pratica
della cittadinanza. La «cittadinanza» è la prima realtà europea oggettiva che possiamo offrire agli immigrati ed è
forse la prima realtà soggettiva che esse ed essi sono venuti a cercare. L’offerta di cittadinanza è la premessa del
dialogo e della comprensione
reciproca, ma è anche premessa di una società dove le
casse di pensione saranno
alimentate da immigrati.
La cittadinanza è il bene comune. L’idea nacque secoli fa
e la realizzazione fu graduale.
Tutte le comunità religiose
accettarono (con modalità e
tempi diversi e non senza malumori) le premesse laiche
della società moderna, che
permetteva un nuovo universalismo. AH’idea antica che
Gesù Cristo insegnasse ai re a
regnare e ai sudditi a obbedire si sostituì l’idea che Gesù
insegnasse ai popoli a governare e ai re a servire, e qualcuno vantò una maggiore fedeltà all’originale (Mazzini).
Nel 1999 Roma celebra i
150 anni della Repubblica romana (durata pochi mesi). Lo
spirito nuovo spingeva Roma
ad agire come città del dialogo (istruzione per tutti, suffragio universale, abolizione
della pena di morte, prontamente reintrodotta alla restaurazione). Questa era
dunque la cittadinanza, la
prima pratica realizzazione
del dialogo e, per quanto
strano possa sembrare, pro
prio del turbolento dialogo
tra le religioni. Era nata
un’idea di cittadinanza e di
patto sociale reale e stabile
che poteva esser realizzata
meglio al di fuori che al di
dentro delle religioni, anche
se le religioni contribuirono
alla sua formazione, insieme
con il diritto romano e la Repubblica di Platone. A sua
volta questa visione universale, questo universalismo laico, lasciava i credenti insoddisfatti, anche se ne accettavano lealmente i principi.
Questo portò a nuove domande e la situazione attuale
è caratterizzata proprio da
questa rinnovata richiesta, da
parte del religioso, di comprendere meglio la parte che
gli resta da svolgere. Che
questo vada fatto senza ledere 1 principi della laicità già
riconosciuti, credo che vada
da sé per tutti. Ma si comprenderà anche che le religioni non siano soddisfatte e
che abbiano cominciato ad
interrogarsi sulla propria essenza e il proprio compito.
Sarà quello di conservare le
particolarità o di spingere
all’universalismo?
Il pensiero laico dal canto
suo è nel frattempo anch’esso
entrato in sofferenza. Quale
progetto potrà orientare l’accoglienza di tante religioni e
culture nell’Europa verso una
direzione creativa, oltre la
semplice (in realtà non semplice) integrazione o la conservazione gelosa delle identità, dando un significato non
ipocrita alle parole dell’ode di
Schiller così mirabilmente
musicata da Beethoven? Non
so se le religioni sapranno
conservare le identità e contemporaneamente aprirle:
questa è comunque la sfida a
cui dovranno rispondere. Ci è
necessario un nuovo universalismo policentrico, fatto di
tante tavole diverse, ben caratterizzate eppure reciprocamente accoglienti. La nuova
epoca potrà così ereditare le
Il prof. Sergio Rostagno
cose migliori e non le. .
ri delle epoche precede»
nelle quali è prevalsa la di*
sione. Occorre ora riprend®
l’incontro tra ebrei e cristiaH
Islam e Occidente, protest®>
ti e cattolici, il che è dire g“'
si riprendere le basi della i>
stra civiltà. Ci sta davanti®
sfida di grandi proporzioni’
Intervento svolto
docente di Teologia sistetnn
alla Facoltà valdese di
Roma, al convegno «Geogro}f_^
dialogo», svoltosi al Camp^
(Roma) il 17febbraio 1999.
Librerie
CLAUDIANA
MILANO: ^
via Francesco Sforza, 12/ :
tei 02/76021518
TORINO:
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rt 2 comma 20/B iegge 662/96 - Filiale diTorino
fn caso di mancato recapito si prega restituire
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L’Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
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VENERDÌ 5 MARZO 1999
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Anche nel Pinerolese la Giornata mondiale di preghiera
delle donne viene celebrata quest’anno con due incontri,
uno a Torre Pellice, venerdì 5 marzo, nella sede dell’Esercito della Salvezza, alle ore 14,30, l’altro a Pinerolo, nei
locali del Seminario vescovile, domenica 7 marzo, alle
r'tt ' 14,30. La Giornata è organizzata da un comitato mondiale
di donne cristiane e animata ogni anno da donne di un paese diverso: quest’anno è la volta del Venezuela, sul tema
della tenerezza di Dio, dunque sul ricevere e offrire protei zione. Le offerte che si raccoglieranno nelle chiese andranno a sostenere progetti per le donne del Venezuela.
Non si tratta di un nuovo
tipo di auto 0 di una formula matematica, ma del lavoro in fabbrica, quello che si
effettua nella «Turati» di Lusernetta, e significa che con
quattro turni giornalieri si lavora sei giorni per sei ore. Il
problema, che è stato oggetto
di un dibattito la scorsa settimana a Luserna San Giovanni, è semplice anche se di difficile soluzione: l’azienda
vuole potenziare l’attività ma
le strutture sono troppo vetuste, le maestranze hanno fatto
quanto era possibile accettando anche dei turni disagevoli,
ma creare stabilimenti richiede forti investimenti e prospettive che allo stato attuale
non sembrano esserci, in valle
con la previsione che l’azien
ILCASO TURATI
SEI PER SEI
GIORGIO TUORN
da chiuda. In quella seduta ho
ascoltato e imparato molte cose. La prima: la globalizzazione di cui tanto si parla non riguarda solo il Brasile e la Corea, ma tutti noi e incombe
sulle nostre teste; e non si tratta di un problema contingente
ma destinato a durare. A questo riguardo le operaie della
Turati hanno espresso senza
retorica le loro preoccupazioni
e così pure i rappresentanti
delle aziende. La seconda: a
questa globalizzazione si può
rispondere solo in modo globale, perché non si tratta di un
problema che interessi soltanto la fabbrica. Se il «6 x 6» si
estende come è prevedibile,
anche tutta la vita sociale dovrà mutare i suoi orari. La
mobilità non interessa solo il
lavoro ma l’intero ritmo dell’esistenza. Quella contadina
era regolata dal sole e quella
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della fabbrica dalla sirena;
quale sarà il ritmo della vita di
domani? Certo diverso dall’
odierno e facciamo fatica a
pensarlo ma andrà pensato,
anche se molte nostre attività
ecclesiastiche sono ancora
modellate sul ritmo contadino.
La terza; bisogna darsi da
fare tutti quanti; il proverbio
«ognuno per sé, Dio per tutti»
non è mai stato una verità, ma
praticarlo oggi sarebbe un
suicidio. Tutti quella sera
hanno sottolineato l’urgenza
di questa concertazione di impegno. La nostra valle deve
scoprire una vocazione unitaria, elaborare un progetto comune se vuole sopravvivere,
perché il tempo dei piccoli
cabotaggi e dell’assistenzialismo è definitivamente finito.
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Problemi di tutti
Una lettera ai
parlamentari
pinerolesi
Il sindaco di Pinerolo, Alberto Barbero, ha indirizzato
una lettera aperta all’on. Giorgio Merlo e al senatore Elvio
Passone per sottoporre loro
alcuni problemi «che toccano
e condizionano la vita del Comune e dei cittadini». All’origine della lettera, scrive Bar.bero, non c’è il desiderio di
^teollare ad altri le responsa.bilità ma l’esigenza di condiidere le aspettative e le diffiénltà dei cittadini, nella speranza che l’amministrazione
omunale diventi davvero un
Spunto di riferimento e non
«Panello debole del sistema».
Sono innanzitutto tre i problemi che oggi assillano i pinerolesi. Il primo riguarda la
casa, e in particolare l’inden,nità di esproprio, che costringe centinaia di famiglie a pagare il conguaglio per il terreno su cui è stato costruito il
loro alloggio («In seguito alle
cause promosse dai proprietari delle aree - scrive il sindaco
- il Comune è obbligato a pagare indennizzi ben superiori
al prezzo iniziale e a rivalersi,
per la quota-parte, sui proprietari degli alloggi»). La seconda questione concerne
l’addizionale Irpef: se è giusto
che i Comuni debbano provvfedere alla loro attività attraverso una fiscalità controllabile in loco, sostiene Barbero,
ciò deve avvenire con un diverso uso della leva fiscale
perché se si tagliano i finanziamenti ai Comuni questi
non hanno altra scelta che introdurre l’addizionale Irpef o
tagliare servizi e interventi.
Infine l’alienazione di beni
trmnobili: se i Comuni devono
dismettere il loro patrimonio
immobiliare per occuparsi di
quello di competenza, che almeno sia possibile farlo senza
perdersi nel tunnel procedurate indicato nella legge finanziaria, con conseguenti lun^ggini e deterioramento dei
rieni di proprietà comunale.
L'Azienda turistica locale, coniugando il pubblico con il privato, offre ai turisti un'ampia possibilità di scelta
Proposte diversificate per sviluppare il turismo montano
_________DAVIDE ROSSO________
L? assemblea dei soci dell’Azienda turistica locale delle valli di Susa e del Pinerolese (Atl2) ha recentemente fatto il punto sull’attività del consorzio in questo
suo primo anno di vita e il direttivo, nell’incontro annuale
dell’assemblea tenutosi il 22
febbraio, ha presentato i progetti futuri e la previsione di
bilancio dell’azienda. Le attività del ’98 ovviamente sono
state caratterizzate inizialmente oltre che dal superare
le difficoltà logistiche legate
al raccordo delle sedi di Pinerolo e Oulx, dalla necessità di
procedere alla riorganizzazione del lavoro secondo il nuovo modello consortile incentrato su un sistema misto pubblico-privato, ricordiamo che
l’Atl2 è nata alla fine del ’97
ed è andata in qualche modo a
sostituire le aziende di promozione turistica regionali allora
presenti sul territorio.
Le difficoltà iniziali comunque non hanno impedito
che venissero avviati i primi
interventi di promozione turistica. «Dal punto di vista della realizzazione progettuale
ha sottolineato il direttivo - è
stato approntato il nuovo
marchio turistico “Montagnedoc”, la funzione degli uffici
informazione è stata trasformata in quella di “vetrina del
territorio” e di “centro per il
turismo”, si è provveduto alla
promozione dei prodotti turistici con la partecipazione a
20 manifestazioni fieristiche,
in Italia e all’estero, valorizzando quei prodotti locali che
avevano forti caratteristiche
di tipicità». Inoltre l’Atl2 ha
partecipato alle attività di
promozione della candidatura
olimpica di Torino 2006 e ha
realizzato il primo numero
del catalogo di promozione
turistica «Montagnedoc».
Fin qui, molto in sintesi,
l’attività svolta, riguardo alle
previsione di bilancio per il
’99, invece, è prevista una
spesa di 4 miliardi e 700 milioni, di cui più del 77,4% verranno spesi per l’accoglienza
e la promozione turistica e il
22,6 per le spese generali di
funzionamento, circa due miliardi dei quali proverranno
dalle tasche dei consortisti
mentre il resto dovrà essere
reperito attraverso differenti
1 canali come i proventi pubbli
Le caratteristiche torri-albergo di Sestriere
citari, la gestione degli lat (uffici di informazione e accoglienza turistica), il Bollettino
della neve. Per quest’anno il
direttivo ha in cantiere diversi
progetti: si va dal completamento della riorganizzazione
degli lat convenzionati, alla
realizzazione di nuovo materiale per l’informazione turistica, dall’attivazione della
messa in rete dei vari uffici al
potenziamento dei servizi,
dall’avvio di programmi di
formazione turistica al proseguimento del progetto di
informatizzazione.
«A livello generale - ricor
da il presidente dell’Atl2,
Luigi Chiabrera - c’e la necessità di creare compartecipazione e generare investimenti. Non è pensabile fare
turismo senza tutto questo.
Sono ormai riconosciuti da
tutti sia la necessità sia i vantaggi derivanti dalla capacità
di pianificare e gestire la promozione turistica prendendo
a riferimento non le singole
località ma aree assai più
grandi, e sistemi integrati e
omogenei di offerta. Il turismo montano deve essere
considerato trainante per tutta
l’area e si dovrà puntare su
Il 18 ottobre 1685 il re Luigi XIV revocò tutte le libertà sancite nell’Editto
di Nantes (1598) e aprì, al di là e al di
qua delle Alpi una lunga serie di feroci
persecuzioni: proibito l’esercizio del culto riformato, demolizione dei templi,
tempo 15 giorni ai pastori e ai maestri
per abiurare o uscire dal Regno, battesimo e istruzione cattolica obbligatoria per
i bambini. Anche in vai Perosa, francese
sulla sponda sinistra, l’Editto fu fatto applicare con rigore: i dragoni si accamparono a Perosa, Pinasca, Dubbione e Villar, nelle case e sui beni dei riformati.
Molti di questi ultimi simularono l’abiura o fuggirono; il culto cattolico veniva
ristabilito con la forza dopo che le predicazione dei frati e gli intrighi si erano rivelati inutili. Il 4 novembre del 1685 un
editto del duca vietava ai suoi sudditi
(sponda destra del Chisone) di dare asilo
ai fuorusciti e imponeva ai governatori di
Giaveno e di Susa di arrestare tutti i sud
ILFILO DEI GIORNI
CONFISCATI
__________a cura di MARCO ROSTAN_________
diti del re che cercavano di evadere. Il
Consiglio di Pinerolo procedette alTinventario dei beni confiscati, affidandoli a
parenti o vicini cattolizzati; ci sono gli
elenchi di tutte le famiglie a cui furono
tolte case e terreni. Durezza estrema anche nei confronti di chi, pur avendo abiurato, lasciava intendere di averlo fatto solo perché costretto: furono ordinate pene
severe contro gli abiurati che rifiutavano
i sacramenti e anche contro i parenti colpevoli di non aver avvertito prontamente
il curato 0 i sindaci della malattia.
Come è noto, il prepotente monarca di
Francia aveva premuto a lungo sul giovane duca Vittorio Amedeo II affinchè,
imitando il suo esempio, sradicasse anch’egli dai suoi stati ogni germe di eresia, offrendo anche l’aiuto delle sue milizie. Il duca tergiversò, emanando un primo editto il 31 gennaio 1686 che imponeva demolizione dei templi, sfratto dei
ministri e educazione cattolica dei figli.
Luigi XIV non si accontentò, minacciando di agire direttamente: e l’offerta delle
truppe francesi, poste sotto il comando
del generale Catinat, fu infine accettata.
Poiché i valdesi non avevano accettato
l’espatrio proposto dai deputati svizzeri e
imposto dal duca con l’editto del 9 aprile, si venne alla guerra aperta. Il 22 aprile i francesi iniziarono l’assalto dalla
parte di Perosa e San Martino, il giorno
dopo i ducali da Angrogna, Prarostino e
Roccapiatta.
(da A. Pascal, I valdesi in vai Perosa,
1200-1700, Società di studi valdesi, 1957)
proposte maggiormente diversificate. Le altre tipologie
turistiche devono essere ulteriormente valorizzate ma soprattutto “integrate”. Occorre
proporre un “offerta turistica
integrata” proponibile e vendibile facendo leva su differenti tipologie come il turismo d’arte e culturale, quello
religioso, agrituristico, enogastronomico, congressuale».
In vai Pellice e Chisone sono state sollevate alcune obbiezioni per la scarsa informazione sulle due valli, rispetto
alla vai Susa, nella pubblicazione «Montagnedoc». Ma il
presidente dell’Atl2 fa notare
che «il compito dell’Associazione non è quello di usare il
misurino ma quello di vendere. Il problema è la necessità
di costruire dei pacchetti turistici, di superare l’esigenza
strutturale di tutto il territorio
di creare nuovi posti letto».
D’altra parte Claudio Bertalot, assessore al Turismo del
Comune di Torre Pellice, sia
pur dicendosi in sintonia con
il modo di procedere e le linee tracciate nel ’98 dal direttivo dice: «Come valle noi
siamo sicuramente deboli di
fronte a località come Sestriere ma occorre puntare non solo sullo sport ma anche sul
turismo culturale e ambientale e solo ora si sta facendo
qualcosa in questo senso. La
stessa funzione degli uffici
lat deve acquisire un valore
istituzionale e non solo progettuale per non rischiare di
dover fermare tutto nel caso
dovessero mancare i fondi».
Su questo versante l’amministrazione di Torre Pellice sta
lavorando a un progetto di costituzione di un ufficio turistico di valle nella città e nascita
di uno sportello collegato a
Bricherasio per promuovere i
prodotti locali e dare le prime
informazioni ai turisti. «Si
tratta di un operazione a medio termine che stiamo discutendo con l’Atl2 e con la Comunità montana e l’orientamento generale sembra essere
favorevole a questo progetto».
8
PAG. Il
COMMERCIANTI DI TORRE: SI DIMETTE MAZZARELLA — L’associazione commercianti e artigiani di Torre Penice è in crisi; dopo un anno di attività (fra le iniziative un fine settimana sulla lavorazione della ceramica, vedi
foto), il presidente Liberato Mazzarella e i membri del Consiglio direttivo si sono dimessi. L’ultimo atto del direttivo è
stato la pubblicazione di un manifesto polemico con l’amrriinistrazione comunale che però molti associati, non condividendone il testo, non hanno affisso. L’assemblea di
mercoledì scorso ha mostrato ancora una volta la difficoltà
ad organizzarsi di questa associazione.
PROVINCIA: LE OPPOSIZIONI ACCUSANO LA GIUNTA — La minoranza di centro-destra ha denunciato la scorsa
settimana che la giunta avrebbe erogato un gran numero di
contributi a Comuni, Comunità montane e associazioni vicini
all’attuale maggioranza. Fra i maggiori beneficiari i Comuni
di Piossasco e Pinerolo e la Comunità montana vai Pellice.
ANGROGNA: ARRIVA IL SINDACATO PENSIONATI
— Col mese di marzo il sindacato pensionati della Cgil, in
accordo con l’amministrazione comunale, avvia un servizio
gratuito di patronato per pratiche di pensione, assegni famigliari, invalidità ecc. Lo Spi-Cgil, tramite personale preparato, sarà presente il primo e terzo giovedì del mese, dalle 9
alle 11, alla biblioteca comunale, a partire dal 4 marzo.
I PRIMI SEI MESI DELL’OSPEDALE DI BIBIANA —
L’Asl 10 ha tracciato un primo bilancio a sei mesi
dall’apertura dell’ospedale di Bibiana con i suoi 40 posti
letto: 3.300 giornate di degenza corrispondenti a un turn
over di 150 persone. Particolarmente attrezzato il settore
riabilitazione con due palestre, una sala per la valutazione
della disabilità, due ambulatori per visite specialistiche. La
struttura di Bibiana ha considerevolmente ridotto la mobilità verso le Asl esterne al territorio con un risparmio economico valutato dall’azienda sanitaria in 700 milioni.
TEATRO PER LA SCUOLA — Dal 1“ al 15 marzo a Torre
Pellice il teatro del Forte ospiterà una nuova rassegna, questa volta dedicata alle scuole. Si tratta di cinque spettacoli
destinati agli alunni delle scuole del territorio, con varie
proposte: si comincia da «Storie d’aria» della Compagnia
laboratorio di Settimo Torinese, per i bambini della scuola
materna, spettacolo che inaugura la rassegna lunedì 1° marzo alle 10,30; mercoledì 10 marzo Roberto Anglisani presenta «Giovanni Livigno, ballata per piccione solista», proposto agli allievi della scuola media inferiore; il 12 marzo
sarà il turno di «Il nido dell’orso», proposto da Nosoloteatro, per i bambini del secondo ciclo della scuola elementare;
il 15 marzo per i bambini del primo ciclo ci sarà invece «La
storia di Lavinia» del Teatro del Sole; infine per gli allievi
della scuola superiore andrà in scena Goldoni.
CONCERTO ALL’UNITRÈ — Un altro bravissimo pianista al concerto dei «Pomeriggi musicali» dell’Unitrè di
Torre Pellice dell’11 febbraio. Il diciottenne Riccardo
Mondino ha fornito una straordinaria esecuzione di musiche di Chopin e Schumann; «Andante spianato» e «Polacca brillante op. 22», «Polacca in La bemolle maggiore op.
53», «Improvviso-Fantasia in Do diesis minore opera 66»,
«Studio n. 12 opera 10» di Chopin e di Schumann «Arabesque opera 18» e infine gli «Studi sinfonici».
L’INQUISIZIONE — Nel mese di marzo si svolgerà a Pinerolo, nella sala conferenze del Museo diocesano, un breve ciclo di incontri sul tema «L’inquisizione nella storia della
Chiesa cattolica». Le conferenze intendono approfondire un
periodo storico, che ha avuto una certa rilevanza anche nel
Pinerolese a causa della presenza dei valdesi nel territorio.
Si comincia giovedì 4 marzo alle 20,45 con «L’inquisizione
e il controllo delle anime», con Adriano Prosperi dell’Università di Pisa. L’ 11 marzo sarà la volta di Massimo Firpo,
dell’Università di Torino, che parlerà su «La nascita dell’Inquisizione romana»; infine il 18 marzo, alla stessa ora, Giovanni Grado Merlo, dell’Università di Milano, presenterà
una relazione su «Gli inquisitori dell’eretica pravità».
PESCATORE ANNEGA NEL LUSERNA — Un giovane
muratore di Luserna, Fulvio D’Alessandro, 32 anni, è morto domenica per essere scivolato, forse su una pietra bagnata, nelle acque del torrente, vicino a Rorà. Appassionato
pescatore (proprio domenica si apriva la stagione) D’Alessandro non ha fatto ritorno a casa per la cena; è scattato così l’allarme che ha visto accorrere vigili del fuoco e volontari che hanno intanto trovato l’auto del giovane, cosa che
ha consentito di localizzare le ricerche. Il corpo, che era
scivolato a discreta profondità in un «tumpi» è stato recuperato dai sommozzatori dei vigili del fuoco: dai primi accertamenti pare che la morte, istantanea, sia dovuta a frattura cei^icale. Una numerosa folla ha partecipato ai funerali che si sono svolti nel tempio di Luserna San Giovanni.
Delle Yalli ìàldesi
VENERDÌ 5 MARZO 195
A colloquio con Francesco Carcioffo, direttore del Consorzio Acea
Le alternative alla discarica
PIERVALDO ROSTAN
La legge Ronchi di un
paio di anni fa ha stabilito che per non morire soffocati dai rifiuti si sarebbe dovuto potenziarne notevolmente la raccolta differenziata;
oggi vi sono realtà dove questo è avvenuto e altre in cui si
è appena agli inizi. Resta tuttavia sul tappeto il nodo di
che cosa fare con quella parte
di rifiuti che oggi finisce in
discarica. Quando si parla di
inceneritori si mobilitano
contro popolazioni e amministrazioni interessate nel timore di subire inquinamento
deH’aria e dell’acqua; la stessa cosa avviene di fronte alla
proposta di aprire una nuova
discarica. Si può dire che il
Pinerolese, tramite il consorzio dei Comuni Acea, si sia 0
si stia attrezzando per una gestione futura dei rifiuti? Ci
spiega la situazione il direttore Acea, Francesco Carcioffo.
«Negli ultimi anni la raccolta differenziata ha fatto un
importante salto in avanti, sia
grazie alle campane per carta,
vetro, plastica e vestiti usati,
sia con le aree sovracomunali: soprattutto l’apertura dell’area di Pinerolo est ha portato un grande incremento
nella raccolta differenziata arrivata ora al 17%».
-C’è tuttavia una svolta
nei progetti dell’Acea, legata
da alcuni anni da un accordo
coi consorzi Cidiu e Torino
Sud in vista della costruzione
di un inceneritore...
«Noi pensiamo che sia e
stremamente difficile raggiungere percentuali di raccolta differenziata del 35%
come chiede la legge soltanto
con le aree ecologiche e le
campane: per arrivare a tali
livelli, e anche oltre, crediamo si debba attivare una raccolta differenziata del materiale “organico” ed è quello
che vogliamo proporre ai cittadini pinerolesi fra un paio
di anni».
- Dunque si tratterebbe di
chiedere alle famiglie di raccogliere in modo differenziato, già in casa, ciò che è putrescibile (avanzi di cucina,
scarti di verdura ecc.) rispetto al materiale inorganico...
«Esattamente; stiamo per
iniziare una sperimentazione
a Frossasco e nel quartiere
Tabona di Pinerolo per definire meglio i dettagli e tuttavia
a grandi linee il meccanismo,
prevederà la distribuzione ai
cittadini di due tipi di sacchetti, uno scuro e uno chiaro: nel
primo si metterà la frazione
umida e nel secondo il resto.
La raccolta avverrà come
sempre mediante cassonetti
ma il passo successivo è la
realizzazione di un impianto,
su brevetto svedese, che selezionerà, sulla base del colore
dei sacchetti l’organico dall’inorganico. Ci saranno ulteriori passaggi di selezione per
fare in modo che anche se il
cittadino non è stato troppo ligio, si possa differenziare il
tutto. La parte organica verrà
passata in un impianto di digestione anaerobica, costituito
da un grande serbatoio a tenu
Colloquio con il sin(daco, Giorgio Odetto
Borsa di studio per
studenti rorenghi
L’anno scorso l’amministrazione di Rorà ha proceduto all’assegnazione di 5 borse
di studio; le consegne hanno
avuto luogo nel periodo natalizio alla presenza dell’assessore e del sindaco Giorgio
Odetto. Rorà è uno dei pochi
Comuni della Val Pellice che
assegnano delle borse di studio agli studenti delle medie
inferiori: come è nata questa
iniziativa e quali sono i criteri di scelta dei vincitori?
«L’amministrazione ha voluto destinare dei fondi alla formazione di borse di studio dice il sindaco -: l’iniziativa
prende il nome da una ex
maestra di Rorà, la sig. Albina Tourn, che ha insegnato
per 50 anni alla scuola elementare. I criteri di assegnamento sono simili a quelli
della Provincia di Torino e si
basano sul profitto scolastico
e il reddito della famiglia».
- Per un piccolo Comune
come Rorà che significato
può avere il sostenere la preparazione culturale dei giovani?
«Partirei dalla grande tradizione di attenzione alla cultura che alcuni Comuni delle
Valli hanno sempre dimostrato a partire dal secolo scorso
e anche prima. Il riferimento
è naturalmente alle scuole
Beckwith; mi ricordo per
esempio, sino ai tempi recenti, che quando la Regione
Piemonte aveva dei progetti
culturali che proponeva ai diversi suoi Comuni le risposte
arrivavano solo da Torre Pellice, Angrogna, Bobbio, Rorà
e da altri Comuni con forte
presenza valdese: questo per
ché erano gli unici che si lasciavano coinvolgere da progetti di tipo culturale».
- Ci sono stati dei casi concreti dove le borse di studio
sono «venute incontro» concretamente a delle precarie
situazioni finanziarie della
famiglia?
«Ci sono stati casi in cui i
disagiati sono stati favoriti ma
di situazioni “limite” non siamo finora al corrente. Il profitto scolastico rimane dunque
fattivamente il criterio più
usato dall’amministrazione».
- Quante borse assegnate
Tanno?
«Vengono assegnate cinque
borse l’anno da £. 600.000
ciascuna. In passato erano
previste delle borse anche per
le medie inferiori, poi le si è
fatte convergere verso le superiori».
- Ricorda dei casi particolari a Rorà dove chi ha beneficiato della borsa ha poi ha
avuto modo nel corso successivo degli studi di segnalarsi
come particolarmente dotato
per lo studio?
«Abbiamo cominciato da
soli 3 anni, dunque ancora è
presto per vedere certi segnali; penso tuttavia che qualcosa verrà fuori».
- Progetti per il futuro?
«Sarebbe molto interessante lavorare col Concistoro
della Chiesa valdese per aprire la biblioteca comunale e
coordinare un maggior numero di manifestazioni culturali.
Per il 1999 è stato riconfermato il capitolo di bilancio,
credo che il Consiglio comunale vorrà confermare l’iniziativa di queste borse».
ta stagna in cui viene immessa dell’acqua. Avverrà un
processo simile a quello dei
depuratori con l’azione di batteri che mangiano e digeriscono il prodotto immesso. Il risultato sarà del gas che verrà
utilizzato per produrre energia
elettrica per far funzionare
rimpianto e dei fanghi utilizzabiii col verde raccolto nelle
aree sovracomunali per produrre del compost di qualità.
Tra l’altro abbiamo già appaltato la realizzazione della stazione di compostaggio che
dovrebbe consentirci di ottenere un prodotto davvero utilizzabile in agricoltura e dunque con un suo mercato».
- Dalla separazione organico-inorganico deriverà, a
questo punto, un cumulo di
tutto ciò che non è frazione
umida...
«Ci sarà una ulteriore selezione di tutto ciò che bruciando può produrre inquinamento; a quel punto resterà
quello che viene definito
“cdr” (combustibile da rifiuto) che può essere bruciato in
qualsiasi caldaia; al momento abbiamo già dei preaccordi con alcune industrie che
utilizzando questo “cdr” possono ottenere delle belle economie rispetto all’uso di gasolio o gas. A quel punto in
discarica andrà soltanto il
10% in peso rispetto ai rifiuti
originali. Un sistema come
questo è già in funzione in
Finlandia e dunque sono
convinto che rappresenti una
soluzione valida per risolvere
il problema rifiuti».
Ricca a Pinerolo
I credenti
e le sfide del
nostro tempi
«Come si pongono 1 c
denti di fronte alle sfide
nostro tempo?». Era quest
tema dell’incontro con il p
Pq,olo Ricca, il 23 febbri
nella chiesa di Madonna
Eatima a Pinerolo. «Il nostj
tempo - ha detto Ricca doJ
l’introduzione del vescovo
mons. Piergiorgio Debemarì
- è costituito dall’intreccio j
due modi, esplicito e implid
to, di darsi delle sfide», (j
sfide implicite ci vengono dal
mondo: la povertà, la violi
za, il «cozzo delle civiltà»,
emerge la necessità che
chiesa si faccia carico dei pr^
blemi della giustizia socialeJ
cerchi di arginare la disaggrJ
gazione sociale attraverso
l’amore; occorre poi andari
oltre le identità contrapposi
pensando che l’identità cri'
stiana è plurale. Poi Ricca liricordato che ci sono tre sfide
esplicite per le chiese. La prima è il tema dell’umanità di
Dio che ci impone la domanda: «Samo già diventati uomini?». La seconda è la necessità di lottare contro l’idolatria, «quella che continuameate nasce dentro le nostre comunità». La terza è la ricondliazione tra le chiese. Occom
riscoprire il valore dell’accoglienza, «fare posto aU’altro
così com’è; accogliere la diversità. Se le chiese riuscissero a dire per il 2000 “amore"
sarebbe il meriggio della speranza cristiana».
lAPAR
Scusate:
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norme
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' pràaShann
tutidieduoc
Dal r marzo in vai Germanasca
La miniera Paola
riapre al pubblico
Si trova a Prali in Val Germanasca la miniera di talco
più grande d’Europa: è il sito
in località Paola che da lunedì 1° marzo ha riaperto i
battenti alle visite del pubblico grazie all’iniziativa «Scopriminiera». Inserita in un
più vasto progetto transfrontaliero che coinvolge anche
le miniere di argento, rame e
carbone di vicine località
francesi, «Scopriminiera» è
partita lo scorso anno con
l’apertura ai visitatori di una
gran parte delle antiche gallerie minerarie, da tempo non
più attive. Lungo un percorso
attrezzato di oltre due chilometri, che si snoda per circa
un’ora e mezzo attraverso
cunicoli, salite e discese, percorribili con un trenino che
segue le preziose vene di talco disseminate nelle rocce i
visitatori, che nei soli due
mesi di apertura dello scorso
anno hanno superato le 3.000
unità, equipaggiati di casco,
mantellina e lampada vengono condotti dalle guide nella
profondità della montagna,
entrano poi nei cantieri di
estrazione per comprendere
le tecniche e le condizioni di
lavoro dei minatori e possono anche ascoltare le esplosioni delle mine e i rumori
prodotti dai macchinari e vivono, anche se solo per poche ore, le condizioni ambientali in cui migliaia di minatori hanno lavorato: un
percorso suggestivo e al tempo stesso istruttivo.
Una parte del percorso è
poi costituita da un anello
minerario, percorribile a piedi, che consente ai gruppi di
visitatori di «toccare con mano» usando il piccone e il
martello pneumatico. Nel!
area e negli edifici industriai
adiacenti all’imbocco della
galleria inoltre vi è un’esposizione museale che presenta
l’attività mineraria e la vita
della comunità locale della
vai Germanasca attraverso
abiti, attrezzature, documentazione bibliografica e videografica. Le partenze del treinno, che trasporta 54 personoi
avvengono tutti i giorni, tranne il martedì, alle 10,30 e al
le 14,30, le tariffe vanno dal
le 8 alle 12.000 lire; è possi
bile anche per gruppi organizzati e per le scolareschi
fissare altri orari. Agli amanti
della montagna o a chi vuole
approfondire la conoscenza
del territorio della Val G^tmanasca «Scopriminiera»
(tei. e fax 0121-806987) offre inoltre numerose possibilità di escursioni nelle zone
minerarie circostanti, tra cui
quelle del rame nella valk
del Bet, in vai Troncea, j
quelle per l’estrazione de
talco e del marmo in al
quota. A tutti gli interessa^
gli organizzatori danno infia
una serie di consigli: innan^
tutto se è possibile è iriegbu
prenotare le visite; bisogf
poi ricordarsi che le minia
della Paola si trovano a
un’altitudine di 1.200 ma
circa ed è quindi bene vestà
si adeguatamente, tene
anche conto del clima
sottosuolo; non dimentica
infine che «Scopriminiat
funziona da aprile a setta
bre dalle 9,30 alle 12,3
dalle 13.30 alle 18.
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NOTIZIARIO DELLA FEDERAZIONE GIOVANILE EVANGELICA ITALIANA
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SCUOLA DI COMPROMESSI
irc
lA PARITÀ SCOLASTICA E LA COSTITUZIONE
cusatemi, ma credo profondamente nella Costituzione Italiana; credo nelle sue
norme fondamentali, nei suoi principi,
IHittodi un antifascismo non ideologico (almeno in questa occasione), ma democratico e
irattutto laico: questa è una premessa forse netorica, ma che lo stesso va fatta prima di
alfiontare ogni possibile discorso a proposito
di'parità scolastica”. Una premessa essenI, virtualmente parte del bagaglio comune
atutti e tutte.
disegno di legge sulla parità scolastica
approvato dal consiglio dei ministri nel luglio
del'97 è platealmente anticostituzionale,
tanfèvero che fu lo stesso Flick, allora ministro della giustizia, ad avere qualche serio
dubbio a proposito della sua legittimità. Dopo
più di dnquant’anni dal 1946, ecco allora la
"presa injgiro”. L’art. 33 afferma che “Enti e
pmalhanno il diritto di istituire scuole ed istituti di edilpazione, senza oneri per lo Stato”. Il
senso di queste parole è assolutamente chiaro, non ci sono dubbi a proposito di fantomaticiie interpretazioni alternative; perché, come
Ita sapientemente scritto Alessandro Galante
Garrone, “questa non è ignoranza o cecità,
ma una ben consapevole presa in giro”. Sì,
una presa in giro: non si può girare la frittata
come e quando si vuole, non possiamo nepfure restare troppo a pensarci sopra, fermarci
JÍ ascoltare coloro che avanzano il dubbio
te quel “senza oneri” significherebbe “senza
telighi”, ma con la possibilità di... ma andiamo! Scrive ancora Galante Garrone: “senza
Wl dire senza”. Le sovvenzioni non sono
Winesse dalla Costituzione, punto e basta.
Nel testo del ddl si legge anche che, per
Ware a far parte del sistema integrato, le
®uole private devono mantenere “fini e ordi"®henti didattici conformi a quelli delle corrispondenti istituzioni pubbliche statali”; anche
poesia è una presa in giro, tutto è molto più
nella dichiarazione del vescovo di Cote “la chiesa vuole questo finanziamento per
consentire alla scuola privata di competere
con la scuola pubblica senza rinunciare al
Progetto educativo della scuola cattolica”,
lontre sembra inaccettabile che tali scuole
sotrino a far parte del sistema scolastico, il
ministro Luigi Berlinguer, “come uomo di sinisi dichiarava addirittura “onorato di preun disegno di legge che è il segno di
come l’Ulivo abbia raggiunto il superamento
degli steccati ideologici".
Sono perplesso, diciamo
pure preoccupato. Nell’aria
c’è odore di
ipotesi concordatarie stile
1929; nella testa visioni di
strette di mano e
baci sospetti. Mi
viene quasi in
mente che “si stava meglio quando
si stava peggio”.
Rabbrividisco al
pensiero che in questi giorni, nel pingpong giocato nelle
aule del Parlamento,
si stia decidendo del
destino di un servizio
per definizione pubblico, almeno nei principi
un momento libero di
formazione per tutti i cittadini “senza distinzioni di
sesso, di razza, di lingua
di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”; c’è chi al ddl
sulla parità delle “scuole di
tendenza”, oppone ottiche di
stampo liberistico, quasi che
la scuola sia da considerarsi
alla stregua di un’azienda da
privatizzare, per puntare all’efficienza e alle esigenze del
mercato...
In questi giorni, in cui il dibattito si fa trasversale alle formazioni politiche, anche in merito
della fecondazione artificiale, è
necessaria una presa di posizione
quanto mai forte: una lotta “politica”, che sappia affrontare la questione nel suo nodo fondamentale
vale a dire la laicità; una lotta che
sappia raccogliere prospettive e
background diversi, ma uniti nel fronte comu
ne, allo scopo di opporsi a questa delirante vi
sione del futuro sistema formativo. La posizio
ne della federazione giovanile è stata netta, ri
calcante quella della
Fcei; assolutamente giusta l’adesione del Consiglio alla manifestazione del 19
dicembre scorso, per “difendere non la pluralità delle scuole, bensì la pluralità nella scuola”: una necessità, quella della pluralità, molto
viva, tenendo conto della presenza sempre
ccc Qoe
Dal 27 al 28 marzo a Catanzaro:
seminario formazione staff sulla testimonianza.
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Partenze: dopo pranzo del sabato.
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più forte di minoranze religiose e culturali nella scuola e
più in generale nella società
italiana. La diversità come
fonte di arricchimento e
non di esclusione.
Non bisogna fermarsi
qui; è in gioco un elemento essenziale del nostro
vivere civile. Le barricate
questa volta non sono
soltanto affascinanti: diventano un’esigenza,
un baluardo di democrazia e tutela dei diritti; soprattutto diventano un dovere per le
chiese evangeliche e
la propria tradizione
di laicità. Le barricate costruite e mantenute con dichiarazioni, parole e
I prese di posizione
chiare; se necessario alzando la
voce, anche.
Un ultimo
punto che vorrei sottolineare
è la forte interconnessione
fra questione
parità scolastica e rapporti Stato
italiano Chiesa romana. Con
la scomparsa di
un unico
partito cattolico,
ecco II profilarsi di una situazione ancora più pericolosa, un segno chiaro
della completa assenza di laicità in Italia; si
delineano due schieramenti che operano al
di là delle divisioni di partito; l’opposizione
“guelfi contro ghibellini” fa quasi rimpiangere
i tempi del gobbuto leader democristiano, in
cui almeno non regnavano queste contraddizioni intollerabili. Anche figure di spicco della
cosiddetta sinistra sembra non sappiano più
da che parte stare: manca una vera “religione laica” e liberale in senso gobettiano, così
evidentemente compromessa da un implicito, ma a tratti evidente, asservimento al Vaticano.
lo sono stato studente al Collegio Valdese
di Torre Pellice, un liceo privato dunque, ma,
“una scuola - citando Marco Rostan del Consiglio della Fcei - che vuole essere “valdese,
laica, pluralista, non confessionale, dove lo
studio dei fatti religiosi avviene in un’ottica
storica e culturale e non di indottrinamento”.
La posizione del comitato del Collegio è specchio di quella del Sinodo: “no alle sovvenzioni
fino a quando non ci saranno garanzie”. Fatalmente credo che bisogna aggiungere a
questa frase un “cioè mai”; almeno fino a
quando la logica del compromesso Stato Chiesa non sarà abbandonata e sarà rivolu- ^ ' ~p :
zionata la mentalità / ''if*
del/la cittadino/a italiano/a.
Massimo Gnone
febbraio
1999
10
Hotiziarìofgei
7T^
I GIOVANI AD HARARE
/
OVVERO ccCHE CI FACCIAMO QUI?
»
Johnsàn David dell’Indonesia si fa vivo:
“...volevate sapere se passavo la mia
esperienza di Harare ad altri. Sì, infatti,
ho scritto due articoli per riviste della mia
chiesa e poi non smetto di raccontare.” Cheryl
Parris ci scrive dairAmerica: “...ah, prima che
mi dimentichi, ho dato un compito suH’assemblea e ho preso un “A” (voto più alto). Se
qualcuno è interessato, ve lo mando volentieri.” Infine sentiamo anche Shehara Viswanathan in Australia, che ci fa sapere che dovrà tenere quattro conferenze in chiese diverse su quel che ha vissuto e ciò che ha visto
nello Zimbabwe, ad Harare, durante la ottava
assemblea del Consiglio Ecumenico delle
Chiese (WCC). Da una linea di posta elettronica riservata agli steward della stessa assemblea, tenutasi dal 3 al 14 dicembre scorso, veniamo a conoscenza di quel che pensano i nostri ex-colleghi della nostra esperienza
comune. Ma che cos’è rimasto di tutto ciò, dopo più di un mese? Come proseguiamo? E
che cosa abbiamo vissuto realmente in quelle
tre settimane scarse di festino ecumenico di
fine millennio, lo scorso dicembre ad Harare.
L’assemblea generale del WCC, che dalla
sua fondazione nel 1948 si organizza ogni
sette anni, si era riunita dal 3 al 14 dicembre
sul campus dell’università di Harare, capitale
dello Zimbabwe. Riunendo più di trecento
chiese protestanti, anglicane e ortodosse, è
stata uno degli eventi più importanti ecumenici dell’ultimo decennio, dopo la sua precedente nel 1991 a Canberra (Australia) e l’Assemblea Ecumenica Europea di Graz (Austria) nel
1997. La precedevano sia tensioni interni, come la raccomandazione dei capi delle chiese
ortodosse, riunitesi all’inizio del 98 a Thessaloniki, di non partecipare ne alle votazioni ne
ai culti comuni, che tensioni politiche nello
Zimbabwe. L’ultima provocazione da parte del
governo del presidente Robert Mugabe era
avvenuta soltanto una settimana prima
dell’assemblea: il vieto totale di scioperi. Inoltre l’oragnizzazione prattica dell’evento soffriva di una scarsa cooperazione da parte
dell’università e di un leggero sbilanciamento
tra abitudini oramai svizzere all’interno del
WCC (gli uffici centrali si trovano a Ginevra in
Svizzera) e le possibilità africane. Per molti
dei partecipanti quindi l’arrivo stava sotto il
segno di insicurezze varie. E i giovani,
dov’erano rimasti ?
Nei giorni prima dell’assemblea generale,
lontano dal pubblico mondiale, si era svolta la
pre-assemblea dei giovani, il PreAssemblyYouthEvent (PAYE) che raccoglieva giovani da tutte le parti del mondo, ma soprattutto
provenienti da tutte le chiese aderenti al
WCC. Vi erano all’incirca quattro cento partecipanti tra delegati/e giovani (che per il WCC
comprende tutti e tutte fino ai trent’anni), consiglieri, visitatori e infine gli/le stewards, di cui
facevano parte i due sottoscritti. Gli steward
sono volontari anche essi di tutto il mondo,
che aiutano lo staff nel lavoro pratico dietro le
quinte deH’assemblea. Così, il PAYE doveva
servire a dare spazio e possibilità alla prossima generazione del movimento ecumenico
per esprimere opinioni sui temi correnti
deH’ecumenismo mondiale, ma soprattutto
per conoscersi e creare
un’identità giovanile.
In tre giorni scarsi.
per la durata dell’assemblea. Per tale scopo,
gli organizzatori avevano preparato dei momenti di presentazione del WCC e la sua storia, spazi di discussione e infine culti comuni
e serate interculturali. Il tempo a disposizione
era troppo poco per raggiungere lo scopo
ideale, per potersi conoscere bastavano
malamente le
brevi pause
di caffè o i
pasti comuni, In più,
era la
prima
volta
cioè la trasformazione del WCC e della sua
assemblea generale in un luogo di potere.
Gli/le steward, pur svolgendo un lavoro importante per tutti/e delegati/e non si vedevano rispettati, spesso neanche considerati. In più, i
giovani non sono neanche riusciti ad ottenere
le percentuali previste per la partecipazione nei comitati del WCC. Ancora sette anni prima, a Canberra, l’assemblea generale aveva considerato
un fatto importante che I
giovani fossero rappresentati almeno col
15% delle voci
riempiti di
programma vario, si era cercato un’immagine dei giovani rappresentante
molti di partecipare ad un incontro di tale misura, che portava insieme non soltanto facce
diverse, ma anche pensieri diversi. L’identità
finora definita dalla provenienza nazionale o
addirittura regionale non conosceva più che i
limiti continentali.
Malgrado queste impostazioni sfavorevoli,
il risultato è stato positivo. Non soltanto si era
riusciti a mandare un messaggio all’assemblea generale approvato dalla maggioranza
dei/le partecipanti, ma uno spirito comune tra
tutti i giovani si poteva sentire in seguito. 11
compito di scrivere un messaggio da parte del
PAYE era stato affidato ad un gruppo di osservatori/partecipanti, uno/a da ogni delle sette regioni del mondo, che si vedeva confrontato con il dilemma di dover tirare una sintesi
dalle discussioni di volte appassionate, di volte incomprensibili (non soltanto per il fatto che
la maggior parte dei/le presenti dovesse parlare una lingua straniera per farsi capire). Nonostante le difficoltà il messaggio conteneva
forte raccomandazioni in favore di un maggior
impegno del WCC nel progetto del “Giubileo
2000”, che prevede la cancellazione dei debiti
esterni dei paesi del così detto terzo mondo
per l’anno 2000. In più, il documento criticava
la discussione continua sulle percentuali ed
istituzioni all’interno del WCC. Non a caso,
poiché superando quasi del tutto differenze
confessionali e culturali, il PAYE era riuscito a
formulare posizioni comuni. Quindi era stato
possibile, pur consapevoli delie diversità, a
capirsi. In riunioni regionali, spesso di sera e
confuse per causa dell’organizzazione improvvisata, si era creato uno spirito di iniziativa comune tra la maggior parte dei/le partecipanti, che portava al consenso, bensì minimale. Resta la domanda se tutto ciò era stato
possibile solo perché il PAYE godeva della
tranquillità prima dell’inizio della grande assemblea 0 se Invece i giovani avevano ignorato anziché superato le differenze confesionali.
Perché il PAYE appena finito, molti/e dei/le partecipanti
erano stati “catapultati” nella realtà dell’Ecumene
istituzionalizzata. Novecento delegati
della chiese
membri del WCC
erano riuniti a discutere e a disegnare le linee
guide per i prossimi anni di lavoro. Purtroppo le
discussioni spesso si vedevano
influenzate dagli
interessi “politici”
delle delegazioni,
che escludevano
interessi ed opinioni comuni. Lo
scontro diretto non c’è stato, ma i giovani dovevano assistere a ciò che avevano criticato,
nel comitato
centrale. Ad
Harare, per
via di giochi
di potere da
parte delle
diverse delegazioni, la
percentuale
non ha raggiunto più di
14%. La colpa non era di
nessuno,
poiché lo
staff del WCC, includendo membri degli organi più importanti, aveva spesso ripetuto l’importanza della partecipazione dei giovani alla
vita del WCC, ma rimaneva comprensibile la
tristezza o addirittura la rabbia di alcuni/e dei
giovani entusiasti del PAYE.
Valeva quindi la pena fare il viaggjQ.
nello Zimbabwe per vedersi ignorati sij
una parte dell’assemblea, sia dai giom '
interessati soltanto nelle sensazioni? v® ^
la pena organizzare una catena umanap
no alla sala plenaria per far vedere il jq, '
gno al progetto del “Giubileo 2000”, segij!“
ci che guardavano erano visitatori stupii, ■
legati spaventati e giornalisti annoiati? Va)
la pena costruire uno spirito giovanile per, ^
derselo sfuggire nel momento delle elezioj ^
comitati? La risposta è sì. Non soltam
WCC, come altre organizzazioni legate)
chiese (MCS, in Europa anche il CEGE, ig
sigli delle chiese regionali come la CEC en,
da l’unica possibilità ai giovani di vivereX
contro con altre culture, ma il futuro dell’J
menismo si costruisce veramente sulle nX
spalle. Spesso, nei corridoi oppure in unoi (
tre caffè stabiliti apposta per l’assemblea
sentiva il discorso su linguaggi diversi ti? ^
confessioni, ora come ora troppo diversip »
intendersi. “Nella mia chiesa ci sono om^
suali, ma finora non si è ancora trovatoli t
guaggio di affrontare il problema. In altre'tii f:
se sembra più facile, ma proprio quelle chi« fi
sono troppo esigenti nei nostri confrontili
biamo bisogno di tempo.”, era uno degli ^
venti. Anche se l’accordo su questioni di| jii|
come l’omosessualità all’interno delle chi«
0 la consacrazione di donne sicuramentem ^
si troverà presto, I giovani comunque hani '
la possibilità di superare gli ostacoli. Nell'e
di comunicazione globale è importante salvi
re le proprie radici culturali, ma è anche mol
più facile intendersi. E’ importante incontrai
per capire dove sono i limiti della comprens»
ne reciproca.
“Sì, tanto bello qui, ma ora la mia realtàeo
manica è in Francia, dove I confronti ecumerà
si fanno con i cattolici. Tutto ciò che viviara
adesso, sarà stata una bella esperienza pa^
me, ma troppo lontana da quel che vivo quof,
dianamente.”, dice Elisabeth dalla Francia.
Christophe Ralsei
• I
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EMYC
CI SIAMO ANCHE NOI!!!
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i è tenuto in Inghilterra l’ultimo incontro
del Consiglio Europeo Giovani Metodisti,
in un delizioso edificio perso nel verde, a
meno di un’ora da Londra. C’era anche l’Italia
tra le 18 nazioni partecipanti... un’unica fgeina
smarrita e inesperta si è mossa in questo ambiente diversissimo e attraente, dapprima arrancando ben poco aggraziatamente, cercando di appurare dove fosse e con quali altre
creature, quindi, lasciandosi permeare dall’atmosfera, dalle parole, dalla gente, ha cominciato a capire come funziona questo EMYC,
cosa si nasconde dietro l’ennesima sigla, un
po’ misteriosa, che leggiamo in qualche articolo del Notiziario sui Rapporti Ecumenici Internazionali o sentiamo accanto a molte altre nel
gruppo esteri di un Congresso o di un Campo
Studi. Insomma, cos’è questo movimento?
Come lavora? Cosa succede nel meeting annuale e cosa succede durante l’anno? Innanzi
tutto l’EMYC risponde all’esigenza dei/lle giovani metodisti/e di incontrarsi e confrontarsi su
questioni che li/e toccano da vicino. Si propone di riunire le persone che lavorano con i
bambini e i giovani nelle chiese metodiste di
tutta Europa, sollecita al confronto ragazzi e
ragazze di cultura e provenienza molto diverse e si interessa alla discussione di tematiche
significative e all’attuazione di progetti comuni.
Cosa si fa in un EMYC-meeting, come quello
a cui ho partecipato dal 26 settembre al 2 ottobre 1998? Si lavora in gruppi, si studiano
tecniche di animazione da attuare nei vari
paesi, si condividono momenti di preghiera, si
canta con la chitarra, si prende un caffè intorno a un tavolino, si propongono le mozioni
che vengono poi discusse e votate nella plenaria e si eleggono i candidati all’Esecutivo.
Ogni anno, inoltre, viene deciso un tema per il
Council-meeting dell’anno successivo. L’attività su questo argomento guida un giorno
dell’incontro, per poi dare spazio al lavoro delle cinque Commissioni: Bambini, Evangelizazione, Chiesa e Società, Scambi Internazionali, Preparazione di Consigli e/o Conferenze.
Quest’anno il tema era “Democrazia e diritti
dei bambini e dei giovani nella chiesa e nella
società”. Data la vastità del soggetto non ab
biamo potuto esaurire tutte le argomentazi*
che sono emerse dalle animazioni, ma è st
sicuramente stimolante. Per tutto il ‘98 si è
nuta una campagna di sensibilizzazione sul
situazione politica e sociale di Myanmar
Birmania ), dal 1962 sotto la dittatura milita»
che continua una sistematica violazione
diritti umani. Durante questo Council-meetiif
siamo stati ricevuti dal membro inglese
Parlamento Europeo, proprio poche ore prin»
che si riunisse l’assemblea e gli abbiamo co»
segnato cartelloni con migliaia di foto pm*
nienti dalle varie comunità religiose in Europa
donne e uomini, bambini e anziani, ripresici*
la bocca tappata, in gesto simbolico. VogllaW
sapere di queste iniziative solo a posterie»
leggendo un articolo con un sorriso di compì
cimento sulle labbra? Oppure desideriar«
portare la nostra esperienza di fgeine e
in questa come nelle altre proposte del Coni
glio? Durante l’anno vengono organizzate
vità molto interessanti, come i CINA-proj«*
cioè “Christians-ln-Action”, programmi che vf
dono l’impegno attivo dei/lle partecipanti
progetti locali, come la ricostruzione e deco
zione di edifici religiosi in Finlandia e in
eia 0 la visita a un campo di concentramene
in Germania, con studio biblico e linguistioe*
discussione di tematiche storico-politiche. Op
pure lo Swop Shop, “Mercato di Scambio'■P*'
condividere le nostre esperienze sul laveiJ
con i bambini delle nostre chiese. Insomma^
attività ce ne sono per tutti, e non spavenj»
modi Non siamo sottoposti a test imposi
sulla vita di John Wesieyl! Ed io ho fatto pl*|
sente l’interconfessionalismo su cui si fonda
EGEI. Battisti, Valdesi, Metodisti insieme, ud',
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WSCF,
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nel dialogo e nella condivisione di fede,
gliamo esserci? Siamo pronti a mettere la^
sta fuori dai nostri consueti canali di coittdff
cazione facilitata e a buttarci nella
questo curioso universo europeo? Spero F
prio di sì! E spero che la EGEI possa farvi”
re il suo entusiasmo anche nell’EMYCI
do nel 2000 si terrà l’ennesimo Council'id
ting, molto probabilmente proprio in If^li®'
Ecumene, non lontano dal Vaticano in fes*®'
Beatrice Passe
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UN VIAGGIO A DURAU
PER DISCUTERE SULLA «DIPPERENZA DI CENERE
»GII
Osservo ripetutamente le fotografie scattate in Romania, mi passano tra le mani, una dopo l’altra: le montagne, la neve, il monastero di Durau, il gruppo al completo, I momenti di discussione, le scenette, il
‘cultural evening” con I tavolini imbanditi con
le specialità di ogni Paese, i cartelloni che si
intravedono appena... Su qualcuno riesco a
leggere qualcosa: ci sono frasi sulle differenze e I punti in comune delle nostre esperienze
inquanto donne e uomini, sui ruoli che assumiamo 0 che subiamo, riesco a vedere anche
dei disegni, molti, molto colorati, dovrebbero
essere le immagini di ciò che l’emancipazione
àpernoi, se ricordo bene...
‘Come la cultura e la religione influenzano
/immagine dell’uomo e della donna “ è stato il
tema di questo incontro, organizzato dal gruppo di lavoro sulla differenza di genere del
WSCF, che si è tenuto a Durau, un villaggio
dei Carpazi orientali, in un centro pastorale
ortodosso, dal 18 al 24 gennaio.
Una conferenza come questa non si dimentica facilmente e ora che il ricordo delle
àngole impressioni, così presente non appena ritornata, si fa più labile , mi resta il senso
profondo degli incontri, delle esperienze condivise insieme a donne e uomini dalle provenienze più diverse.
Meno di venti, eravamo quasi tutte donne
dell’Europa dell’ovest e quasi tutti uomini
All’Europa dell’est: se questa “appartenenza”
Serafica può essere servita, all’inizio, come
alibi addotto da qualcuno per identificarci come sottomesse e frustrate in una società che
non ci valorizza come e quanto
dovrebbe, è poi diventato, con il
■ passare dei giorni, urgenza e dell siderio di capirsi, di scambiarci per
un po’ i nostri occhiali esistenziali,
di raccontarci e di raccontare.
S Discutere all’interno dei gruppi
W di genere ci ha permesso di sco■ prirci diverse e di condividere
esperienze di ordinaria “discriminazione”, di riderci sopra, o di affrontarle con preoccupazione; mi
hanno colpito le storie di Rosita,
lituana, insegnante di storia, che
ci ha parlato di una donna della
sua comunità, riformata, che lotta
per il suo ministeri^) pastorale in
una chiesa locale che non la riconosce, e di Simona, rumena, che
ci ha raccontato l’amore e l’ubbidienza di Maria come esempio
per ogni donna ortodossa.
Narrare le storie delle nostre
nonne, cercare di trovare delle
parole che descrivessero la nostra
identità, dare una definizione di “potere” e “cultura”, ci ha rese e resi consapevoli,
nell’accostarci ad una riflessione su “culture
dominanti e culture non dominanti” della esigenza di pluralità di punti di vista, del bisogno
di ognuno ed ognuna di noi di esprimere la
propria individualità, anche se in crisi, o proprio perchè “critica”, della necessità di scorgere dinamiche di potere ed elementi appartenenti ad una cultura dominante anche in una
cultura non dominante. Il metodo propostoci è
caratteristico della teologia di studiose afroamericane, detta “womanist theology”, che sottolinea l’importanza della contestualità, di un
approccio alla realtà che non può essere neutrale, ma che deve tener conto delle lenti che
indossiamo.
Le fotografie sulla scrivania, vorrebbero
prepotentemente farmi immergere
nella dimensione dei ricordi che
evocano: c’è ancora qualche immagine, il gioco di simulazione,la
conversazione con Dan Sandu, un ‘
prete ortodosso, sul ruolo della ¡^j(
donna nella Bibbia, istanti rubati
alle discussioni animate durante le
pause, I sorrisi di Caterina e di
Paolo, provetta staffista e Italian
latin-lover, compagna e compagno
straordinari.
Dell’albero vestito di bianco, solitario e maestoso, che ogni mattina salutava il vento, farò un ingrandimento...
Cristina Arcidiacono
ualcuno di voi sa dove si trovi Durau?
No, e ci credo, anche perché non c’è
nemmeno sull’atlante geografico; fino
a quando non vi ho messo piede, dopo un
viaggio alla J.Bond, sapevo solo che era stato
collocato da Dio, o da chi altri, fra le montagne
della Moldavia rumena. La prima impressione
che ho avuto di Durau è quella di trovarmi infrattato nei ripieghi reconditi e dimenticati
dell’Europa, e per certi aspetti, dagli eventi.
In effetti qui, come in tutto il paese, pare
che l’orologio si sia retrodatato a un’ora prima
che il regime totalitario si insediasse. Lo si
legge nei gesti e nei pensieri delle persone,
come se si volesse cancellare ciò che è stato
e rifare tutto dal principio, cominciando proprio da dove la memoria ha gli ultimi ricordi
lieti; purtroppo ciò che è stato ha lasciato il
segno nel territorio e profondamente nelle
persone, e l’imbarazzo nasce tra il guardare
al lontano occidente, talvolta confondendo
benessere e libertà con la Coca-cola , talvolta
idealizzando nel bene e nel male, e tra la volontà di preservare un’identità originale di popolo che sia al passo con I tempi attuali e che
regga tradizioni ferme in tempi remoti.
Anche durante i lavori di questa conferenza del WSCF sulla differenza di genere, si
apriva la perplessità fra due mondi simili ma
differenziati da diverse vicende. Non ci si deve aspettare il clima di elaborazione o ricerca
da cui sono caratterizzate le nostre riflessioni
sul rapporto fra i generi, sulla famiglia, sui
ruoli; di contro alla propagandata uniformità di
ruoli tra uomo e donna del regime, oggi è come se si volesse recuperare una tradizione
del tutto rurale in cui i ruoli e I comportamenti
dell’uomo e della donna sono scanditi e ben
precisi: ma in questo la singolarità è data dalla sacralità di tale “codice”, nel senso che si
tratta di un codice scritto tra le righe della Bibbia, in cui l’Amore e l’Obbedienza bibliche si
prestano facilmente a una lettura secolare del
>1
rapporto di genere, in cui l’ubbidienza spetta
alla donna. E così come anche l’emancipazione femminile, considerata da noi una conquista, è associata all’invasione culturale di un
certo occidente che spiana le tradizioni delle
culture non dominanti.
La cosa buffa era cfie mi sono trovato ad
essere l’unico individuo di genere maschile del
blocco occidentale, e a poco a poco mi accorgevo della differenza di vivere il genere maschile fra me e I miei colleghi dell’est, nel senso che loro hanno modelli maschili che per
me, e alcuni dei miei corrispettivi occidentali,
risultano ormai piuttosto antichi (e pertanto rifiutati) ; lo ammetto, mai come allora mi sono
sentito in crisi in quanto uomo: non sapevo se
accampare uno specifico sessuale individuale
o sottoscrivere da parte femminile (occidentale), vista la quasi totale identità di vedute.
Tuttavia, nonostante queste difformità, per
tutta la durata della conferenza siamo riusciti
ad avere un confronto pacato, una capacità di
ascolto reciproco: come se entrambi le opinioni in dialogo avessero la dimensione dell’importanza dell’argomento; io credo che ognuno
dei presenti sentisse in sé la necessità di dialogare in questo senso, chi per mettere in gioco una propria certezza, chi per capire più a
fondo o ulteriormente.
L’equivoco più grande è forse proprio il voler a tutti i costi risolvere la questione con il
raggiungimento di una banale parità, che tutto
accomoda ma nulla risolve: in un gioco di
schieramenti ci è stato chiesto se ci fosse differenza fra i due generi, io ho risposto si; si,
perché le differenze sono belle, varie, interessanti, provocanti; si, perché è chiaro che la
donna può fare le stesse cose di un uomo, e
viceversa (tranne partorire, ahimè), ma è pure
vera la differenza di uno specifico femminile
da uno maschile; una differenza che non limita l’uno rispetto all’altro, una differenza e basta. Bella e basta.
Ciò che ci accomunava tutti era ovviamente la propria disponibilità a Dio; e forse, (sforzandosi davvero di leggere il messaggio di Dio il più possibile lontani da altre Interpretazioni) proprio attraverso la capacità di amare il prossimo diverso da noi,
si può giungere a riconoscere la specificità
dell’altro genere, senza correre nell’inganno di una dominazione, nell’equivoco terribile di un mancato riconoscimento, di
una generalizzazione.
Prima di salire sul rocambolesco treno
che ci avrebbe portati a Bucarest, al ritorno, ci è stata donata una croce di corda
con una perla al centro. Per me è il ricordo più bello.
Paolo Montesanto
DIO È UNA CREAZIONE DELL’UOMO?
osi è stata espressa una delle idee che i
giovani del campo invernale a Bethel,
svoltosi dal 27 dicembre 98 al 3 gennaio
si sono fatte su ciò che per loro significa
^'0" Il campo aveva il tema “Winds of change
■venti di cambiamento” - Gli spiriti del 2000.
Per avvicinarsi a questo tema molto vasto i
più di 20 giovani partecipanti hanno fatto un
percorso interessante animato in maniera tale
da avere molto spazio per cercare di definire
le proprie idee sul tema. Visto che qualsiasi
forma di spiritualità ha a che vedere con tanti
fattori come la visione del mondo,
dell’uomo e di Dio stesso, che poi
hanno delle ripercussioni sulla spiritualità stessa, I lavori sono partiti
con domande sulla vita personale,
sul proprio modo di essere e gestire
la vita.
Per confrontare questi diversi
modelli di vita con la realtà della cosiddetta New Age, l’era nuova, cioè
quella nuova religiosità che ormai
da 30 anni sta diventando una realtà
sempre più vasta in tutta l’Europa, i
ragazzi hanno letto un testo che introduceva nel mondo delle idee della
New Age che poi è stato sempre
presente durante le altre unità di lavoro, perché una parte dei ragazzi si
è trovata molto vicina alle idee in esso espresse.
Già nel parlare dell’uomo, nello
sviluppare una antropologia, si è vi
sto che la New Age e la Bibbia hanno dei modelli opposti riguardo alla valutazione dell’uomo. Mentre la New Age ha una antropologia
completamente positiva, che parla della capacità dell’uomo non solo di formarsi e crearsi
una propria spiritualità, ma di arrivare da solo
alla sua salvezza, la Bibbia, almeno nei modelli tradizionali di antropologia, vede l’uomo
nel dilemma del peccato che gli impedisce di
arrivare ad una salvezza autocreata. Secondo
ciò che ci offre la Bibbia l’uomo è positivo solo
se è in Cristo.
Dopo questa unità sull’uomo si è arrivati
all’unità forse più interessante: i modelli di
Dio. Per dare la più ampia libertà di espressione e non correre il rischio di creare una repressione nel senso di limitare i modelli a
quelli cristiani tradizionali, I ragazzi hanno formato una scultura animata in cui ognuno di
loro poteva creativamente esprimere il suo
modello di Dio, dalla quale si sono sviluppati
ben 14 modelli diversi di Dio fra i quali modelli
atei come quello menzionato nel titolo, modelli della New Age e modelli biblici. Tutti questi
lavori poi hanno portato a delle definizioni
precise e molto vaste di ciò che è spiritualità e
tre gruppi hanno preparato delle scene per
esprimerle, un gruppo “New Age”, un gruppo
“ateo” e un gruppo “cristiano”. In fondo si è visto che tutti i modelli della spiritualità avevano
delle forti implicazioni etiche. E questo è un
punto di riferimento molto importante non solo
riguardo al campo stesso, ma anche al livello
di collaborazione etica di religioni e credenze
diverse per risolvere i problemi attuali del
mondo. Punti importanti della vita al di fuori
dei lavori di studio sono stati, come ogni anno, la festa di Capodanno con un cenone eccellente ed il culto finale che, essendo ricco di
elementi di partecipazione e spiritualmente
molto intenso, ha messo in luce in modo molto bello quante idee interessanti ha portato a
galla questo campo.
Per lo Staff-studi Jens Sielmann, Messina
c/o Redazione Riforma
via Pio V, 15 10125 Torino
tei. 011 -655278
fax 011-657542
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WVere a lungo ha almeno questo vantaggio: poter diventare amico del proprio nemico” E. De Luca.
perdono e la politica hanno intrecciato l’ordito della scorsa riunione di Consiglio.
P. Ricoeur, in un suo saggio, definisce il perdono come un oblio attivo. Il perdono
è anche una dimenticanza, ma attiva, mai una frettolosa rimozione. Nel perdonare
sono in tensione il conoscere le ragioni che hanno sotteso alla- ferita e il ritrarsi del
dolore; la rabbia che le fratture hanno provocato. Il perdono è quindi un processo lento, che richiede che si indugi sulle azioni e le relazioni che occupano il nostro passato
e sostanziano il presente della nostra identità. Così Lula ci ha raccontato il perdono.
Perdonare è un’azione che ha bisogno di tempo perché sia possibile uno sguardo
nuovo sulla persona che ci ha ferito.
Il perdono è tale se ci apre all’imprevisto. L’atto della persona che perdona è imprevedibile e per questo straordinario, non è necessariamente dettato da nulla di particolare ed è capace di ricucire una relazione irrimediabilmente rotta. E’ straordinario
che ciò che era scisso può nuovamente sperare di essere legato. Il perdono è una
moratoria della rabbia che riesce a guardare oltre al dolore provocato, di qui la sua
imprevedibilità e la sua straordinarietà.
Sara ha introdotto il dibattito sulla politica delineando una panoramica della crisi
della sinistra e più in generale della forma partito in relazione all’entrata in vigore
dell’Euro. La crisi della sinistra si iscrive nella crisi dei partiti che è stata evidenziata
dalla loro frantumazione negli ultimi dieci anni, ma che affonda le sue radici molto più
indietro. I canali esclusivi di reclutamento e la politica delle correnti interne ai partiti
hanno schiacciato la democrazia interna ai partiti stessi. Questo ha determinato un
invecchiamento della politica e una chiusura nei confronti delle associazioni e delle
organizzazioni della base sociale. Tangentopoli ha quindi squalificato la forma partito. Tutto è ciò è tanto più grave se pensiamo che la nostra democrazia parlamentare
è un sistema che individua nel partito il collegamento vitale tra le istituzioni e la base
sociale. Tale scollamento ha determinato un cambiamento ancora incerto negli esiti
del sistema istituzionale (vd, sistema maggioritario italiano) e una larga disaffezione
agli appuntamenti elettorali. A questo quadro bisogna aggiungere che l’internazionalizzazione dei mercati e la globalizzazione dei mercati ha vincolato maggiormente le
scelte politiche a quelle economiche. La sinistra europea ha preso atto del fatto che
nessuno ha alternative al capitalismo, e che il ruolo di un governo progressista è nella gestione leale dei profitti sotto la stretta sorveglianza dei mercati finanziari. Ma
questo ci basta?
Anche in merito a queste riflessioni il Consiglio ha deciso di rinnovare la sua adesione a ‘Libera’ nella speranza che la EGEI tutta si senta più radicata in essa.
L’idea di un giro in pulmino della EGEI continua a crescere: speriamo di farcela!
Mandateci idee e suggerimenti.
L’autunno EGEI è stato ricco di iniziative regionali e locali. Da notare che i singoli
e le singole fgeine hanno viaggiato molto: un prima bella risposta al bisogno di un
maggiore collegamento all’Interno della Eederazione!
Presto riceverete i culti Egei e le schede di adesione chi non le ha avute al consiglio allargato; mi raccomando le adesioni siate generosi!
Sandro Spanu
UNA FGEI, DUE ANIME
venerdì
Ivolont
RIFLESSIONI DOPO IL CONGRESSO
Durante il XIII congresso guardandoci intorno abbiamo visto che tanti fratelli e
sorelle della EGEI mancavano all’appuntamento, che il numero dei gruppi è diminuito e che l’appartenenza alla federazione
talvolta è poco sentita. Ci siamo quindi chiesti/e se questo fosse il sintomo di un disagio
rispetto alle classiche forme di aggregazione
di gruppo.”
Così inizia la mozione sulla formazione
passata con 6 astenuti e 30 favorevoli all’ultimo congresso EGEI, no, nessun contrario, il
contenuto della mozione era condivisa da tutti
(o quasi), ma quello che a diversi lasciava
perplessi era appunto questa introduzione. In
un’altra moz||)ne (“Vita della federazione”)
viene, infatti, sostenuto: “Il XIII Congresso riconoscendo la centralità dei gruppi per la vita
della federazione, considerando il forte e continuo ricambio cui essa è soggetta per propria
natura in questo momento raccomanda al
Consiglio di:
1) rendere la EGEI maggiormente visibile al mondo giovanile BMV non aderente ad
essa con tutti gli strumenti a sua disposizione.
2) Essere pronto insieme ai gruppi locali
più vicini a sostenere le nuove giunte e i nuovi gruppi federati là dove non c’è continuità.
Non so a voi, ma a me queste due mozioni
sembrano in contrasto. Nella prima mozione
si afferma che “l’appartenenza alla federazione talvolta è poco sentita” e che i “giovani”
provano “forse disagio” rispetto alle “classiche” forme di aggregazione di gruppo, mentre
nella seconda mozione si afferma tutt’altro.
Per comprendere a fondo cosa si nasconde dietro le quattro parole della seconda mozione devo fare una premessa. La EGEI è
“cosa” molto più complessa di quello che al
J
IL PASSAGGIO DEL TESTIMONE
LA CONSULTAZIONE DELL’EBF PER GIOVANI LEADERS
(boschi che circondano Praga nascondono
il complesso settecentesco che ospita il
Seminario teologico battista internazionale
(IBTS). Un luogo splendido, reso prezioso da
un restauro che ha valorizzato la bellezza delle palazzine e del loro cortile.
Dal 28 al 31 gennaio è stata organizzata
daH’EBP (Eederazione Battista Eurpea) la
consultazione per la formazione di giovani
leader battisti e battista di tutta Europa.
Un’occasione stimolante per conoscere le diversità che attraversano l’ampia realtà battista
europea e per confrontarsi con le visioni e i
progetti che il comitato dell’ EBE ha per il
prossimo secolo. In qualche modo il passaggio del testimone alla nostra generazione.
La conferenza si è snodata su due temi
principali: l’organizzazione della chiesa nel
prossimo secolo e le analisi del contesto in
cui essa opera.
La consultazione si è aperta con una conferenza suM’importanza di condividere e
diffondere la leadership e quindi il potere nelle
chiese. E’ ora di abbandonare la tentazione di
raccogliere un gruppo intorno ad un leader
carismatico per favorire la responsabilità dei
fratelli e delle sorelle nella costruzione e nella
vita delle chiese. Questo costa fatica e frustrazione, perché spesso i risultati sono meno
evidenti e più difficili da raggiungere. Le difficoltà della vita del gruppo e del leader che lo
anima vanno affrontate con chiarezza nel lavoro di gruppo, e possono essere superate
proprio favorendo la e la condivisione della
responsabilità. Il rischio più grave rimane
quello dell’abuso di potere da parte del leader
0 da una parte della chiesa che intralcia il
cammino di tutti.
Un gruppo cresce in maturità e numeri se
è in grado di guardare e progettare il futuro
senza esitazioni e con creatività. E’ la dimensione del regno di Dio fattosi vicino in Cristo
che sostanzia la nostra capacità di inventare
dei progetti e darci delle mete che in un primo
tempo crediamo impossibili. Proprio la vicinanza straordinaria del Regno di Dio scatena
la visione dell’impossibile. Le chiese devono
essere disponibili alia novità per non chiudersi
in delle cristallizzazioni fatali.
Porre al centro dell’attenzione della chiesa
un fede visionaria è tanto più rilevante in contesto economico e politico complesso e omologante. Il cristianesimo che si affaccia al ventunesimo secolo si confronta con una realtà
economica globale e totalizzante. Proprio la
rivendicazione della centralità della dimensione della fede rispetto ad quella economicista
è la vocazione della chiesa nei prossimi anni.
Il battiamo può farsi portavoce di giustizia e
solidarietà difronte alla crescita della sperequazione sempre più evidente tra ricchezza e
povertà sia aH’interno dei singoli paesi che nei
rapporti tra nazioni. A questo proposito è stato molto importante che nel documento finale
della consultazione sia stato rinnovato l’invito
alle singole Unioni di aderire al progetto ‘Jubilee 2000’ che prevede la remissione del debito ai paesi in via di sviluppo.
La federazione battista europea si prepara
a varcare la soglia del millennio guardando al
le contraddizione dei paesi in cui è presente.
Nata a ridosso della seconda guerra mondiale
per la riconciliazione tra i credenti e per la pace nel mondo, la Eederazione Battista Europea riafferma la volontà di predicare un evangelo che sia di novità di vita per i singoli credenti e di novità concreta per i popoli. Una
Eederazione certamente eterogenea, ma che
ritiene che nella differenza e nella grazia del
Signore possa mantenere la sua unità e la
sua ricchezza.
Il valore di questa conferenza è nella volontà di rivolgersi al futuro con un progetto
consapevole e fiducioso ne! sostegno del Signore. Il battismo europeo è un’iride di colori
estremamente variegato e complesso. Tale
eterogeneità è emersa solo in parte e dispiace che si è taciuto sulle esternazioni moraliste
di alcuni relatori. Divide il battismo la paura
per una lettura critica della Bibbia, ancorché
appassionata, e singoli temi etici sui quali le
posizioni sono radicalmente diverse. Se era
chiaro che chi ha organizzato questa consultazione ha voluto sottolineare l’unità del battismo europeo più che la sua diversità, tuttavia
è mancato un confronto reale che certamente
sarebbe stato aspro. Appartenere ad un federazione di unioni chiese così vasta e diversificata dà il senso dell’appartenenza alla cristianità, ai suoi conflitti e alle sue contraddizioni.
Il battismo che si affaccia al 21° secolo è coraggioso, ma deroga la risoluzione dei conflitti
che il novecento ha tanto violentemente evidenziato.
Sandro Spanu
cune volte si pensi. La EGEI è si una, ma in
realtà ha due anime, una è quella riconoscili,
ta, in altre parole è “l’unione” di più gruppi
l’altra anima è quella della EGEI “Astratta” (dà
ora citata come “fgeia”). Cosa sia la fgela noti
è poi così difficile da comprendere. La fgeia è
composta (in maggior parte) da fgeini sgaiv
ciati da gruppi locali che si dedicano intensa-1
mente alle diverse attività della federazione
occupando, spesso, ruoli rilevanti al livello nazionale. Grazie a loro la EGEI è una nel tempo, ha una memoria storica, non dimentica
come è organizzata né chi può esserle “utile"
e chi “dannoso”. Grazie a quest’anima, la
EGEI, può avere dei rapporti continui con altri
“organismi” (E.C.E.I. ed altri) e può intrapreiv
dere programmi di lavoro che durano nel tempo (senza dover, continuamente, rimetterli in
discussione). Senza di loro “parlare” con la
EGEI sarebbe come parlare ad un malato di
Alzheimer, il quale dopo poco dimentica i discorsi appena fatti, anche se in realtà sappiamo tutti che non è così, la EGEI non è un individuo ma un insieme di gruppi che si rinnovano in continuazione.
lo personalmente, mi sono sentito ora parte di una, ora dell’altra anima e mi sono reso
conto di come queste due entità, alcune volte,
siano scollegate. Attualmente non ho un
gruppo di appertenenza, ma sento, comunque, la necessità e l’importanza della FGEI,
Sono tanti i ragazzi che non avendo un gruppo di riferimento, dedicano le proprie energie
ed il loro tempo alla FGEI. Alcune volte però
questi laboriosi progettisti ed operai della
fgeia sembra quasi si dimentichino dell’altra
anima della FGEI (i gruppi), dando per scontato il ricambio.
I gruppi FGEI, però, non nascono sempre
sotto un cavolo, non sempre un vecchio gruppo prima di sciogliersi lascia la sua ereditàad
un altro, non sempre la comunità localespmge il “proprio” gruppo giovanile verso la ’rate
razione (questo accade per diversi motivi, primo fra tutti è che in passato alcuni gruppi
FGEI sono andati allo scontro diretto con le
proprie comunità). In un mondo dove discutere con coetanei di cose un po? più profonde
delle solite quattro “cassate” è sempre più difficile, i ragazzi hanno una fame incredibile di
incontrarsi per “fare, essere ed esporsi” (come recita di seguito la mozione sulla formazione). Il problema principale non è far venire
voglia hai ragazzi di incontrarsi, ma dargliene
la possibilità!!!
È triste vedere la necessità di mozioni come quella sulla “vita della federazione”. In
quella mozione si ricorda “la centralità dei
gruppi” e si “raccomanda al Consiglio di rendere la FGEI maggiormente visibile al mondo
giovanile BMV non aderente ad essa con tutti
gli strumenti a sua disposizione”. No, non si
tratta di una FGEI che vuol farsi pubblicità poi
diventare sempre più grande, ma di una federazione giovanile che ha “l’obbligo” di rendersi
visibile ai nuovi gruppi che non sempre sanno
dalla nascita cosa sia la FGEI Ragazzi, on
appello: visitate le comunità a voi più vicine
(non solo della vostra denominazione) e cercate altri gruppi con cui collaborare, la FGp
siamo noi.
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REDAZIONE: a Torino C/o Riforma, via S.Pio V 15,10125 Torino (Fax 011/657542); a Napoli C/o Riforma, via Fonia 93, 80137 Napoli (tei 081/291185, Fax 081/291175).
REDATTORI/TRICI: a Torino Anna Bottari, Cristina Ferrara, Bettina König, Paolo Montesanto,Elia Piovano, Simona Piovano, Loredana Pecchia, Pietro Romeo. A Napoli Deborah D'Auria, Marta
^D'Auria (coordinatrice - tei 081/273194]Jujla Nitti.
CORRISPONDENTI REGIONALI: CjflPa Arcidiacoj]^!^ura Cas^fi^fCiri Pallagr^|^arah Maj;)i^i, Maria M§^ello, Gianly^P>uggioni. D^tella Ro^gno.Oriana Sj^llier, Paolo Testa.
Fascicolo interno a RIFORMA n. 10 del 5 marzo 1999. Reg. Trib. Pinerolo n. 176/1951. Responsaolf
Fotocomposizione: AEC - Mondovì. Stampa: La Ghisleriana - Mondovì.
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13
venerdì
5 MARZO 1999
Eco Delle Yaui Iäldesi
PAG. Ili
I volontari, con il coordinamento della Forestale, si occupano anche della bonifica del terreno
Dopo gli incendi prosegue il lavoro delle squadre «Aib
«E
so ________FEDERICA TOURN________
. ontinua a splendere il so' L/le, e spesso tira vento:
ma, ma il, juDe sponde dei sentieri trovi
iconosciu. già le primule, e non ha quasi
iù gruDDi tJevicatq, né piovuto, quest’inverno. E una stagione secca,
che desta preoccupazione per
la montagna, facile preda desini »n, gli incendi (e dei piromani),
e ni sgan.|6 sono mancati
0 intensa-1 mostre valli: in vai Pelli
aerazione già quest’autunno con l’incendio dei Bonnet, e poi soprattutto a febbraio, con focolai di fuoco che si accendevaao ovunque, senza dimenticate il terribile incendio di Piossasco, che è costato la vita al
giovane volontario Aib di Roletto, David Bertrand.
Sono proprio gli Aib, le
squadre regionali di antincendio boschivo, i forzati protagonisti di queste ultime settimane, portati all’attenzione
dell’opinione pubblica (che in
genere non li distingue dai vigili del fuoco) per la triste disgrazia capitata a David. Ma
al di là del fatto di cronaca,
sono pur sempre loro a occuparsi della salvaguardia del
' bosco dagli incendi: profondi
conoscitori della montagna,
hanno l'occhio allenato a riconoscere il tipo di fuoco che
hanno di fronte e sono addestrati ad arrivare, con l’acqua
a spalle dentro le pompe «india», dove nessuna autobotte potrebbe salire. «Con il
vento forte si hanno tre tipi di
incendo - spiega Flavio Clot,
vkepieàdente regionale delle
squadiB;fib e responsabile di
méBi vai Chisone e GerMasca-quello radente, che
corre sul terreno, quello di
chioma e quello sottoterra,
elle brucia senza fiamma ed è
il più difficile da spegnere».
Ad ogni spegnimento segue
sempre un intervento di bonificane! quale si volta la terra
»
itratta" ,
fgeia noi.
La fgeia è
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)re più difredibile di
Dorsi” (cerila formafar venire
dargliene
con un attrezzo apposito, il
rastro, e si bagna accuratamente per evitare che l’incendio riprenda.
Gli Aib, nati ufficialmente
con la legge 47 del ’75, che li
equiparava a «operai forestali», dipendono dalla Regione
e operano sotto il coordinamento del Corpo forestale
dello stato: per convenzione
dalla Regione ricevono un
contributo annuale di circamn
miliardo, di cui solo un terzo
serve a coprire l’assicurazione
dei volontari e il resto riesce a
pagare in minima parte mezzi
di intervento e attrezzature,
che vengono acquistati soprattutto grazie all’aiuto dei
Comuni e dei simpatizzanti, e
spesso devono ancora essere
riattati e adeguati dai volontari stessi, che si impegnano in
prima persona a racimolare
fondi. Non è un caso che a Rinasca i volontari abbiano costruito l’attuale sede tutta da
soli; anche a Luserna sono
stati gli stessi Aib a rimettere
a posto un capannone messo a
disposizione dal Comune. Le
spese d’altronde sono ingenti,
se si pensa che l’indispensabile equipaggiamento individuale (tuta ignifuga, casco,
scarponi e accessori), fornito
dalla Regione, costa da solo
più di un milione.
La preparazione dei nuovi
volontari è accurata: a un breve corso teorico segue la pratica, per imparare l’utilizzo
delle attrezzature manuali e
meccaniche, sempre sotto il
controllo di un volontario
esperto. «Quando abbiamo
delle aree da bonificare, delle
zone a rischio che dobbiamo
bruciare preventivamente con
un “incendio controllato’’, le
utilizziamo anche come occasione di intervento didattico»,
racconta Clot. A Rinasca, una
delle squadre più attrezzate,
tanto che sovente è chiamata a
R. Molile«
• • •
jj
Riflessioni dalle chiese
Incontro tra storie
MATTEO RIVOIRA
Da alcuni anni partecipo
alle attività della Fgei,
■»talmente come fruitore e
Ppi attivamente nell’orga«izzazione degli iricontri a
wello distrettuale. È in questo ambito che cerco di por^ avanti la mia ricerca di
Me e diverse altre riflessio® legate allo stare al mondo.
Il mio percorso, iniziato con
« scuola domenicale, il caMhismo e, prima ancora,
la nascita in una fami8ba valdese, ha trovato
Ml’incontro con gli altri e
^ ^tre un luogo importante
Ppf il suo svolgimento. Le
^’flessioni, i tentativi di
'-oiuprensione di tutto ciò
Jbo mi circonda e mi attraersa posso portarle avanti
teontrando altre storie, in
Wsto senso penso possa es.''® molto arricchente parte•Pare all’attività di un grupP® nell’ambito della chiesa,
® quanto luogo di scambio
Idee dove si impara ad
voltare e dialogare.
l^mtroppo a volte (e di
6sto ci rendiamo ben conu Ì“®*)do, con la giunta delQ Sei-Valli, cerchiamo di
g."S^zare incontri nel nodistretto) si creano dei
so ^®^'smi di chiusura ver2ip ®*^®rno e di omologano pensiero all’inter' ®ne rischiano di trasfor
písente i
■nfatti
un’occasione arricin un limite. Ci sono
gnippi che si pongono
in antagonismo contro la comunità al posto di cercare di
farne parte organicamente e
costruttivamente; ci sono soprattutto gruppi che non sentono la necessità, né reputano importante incontrarsi
con realtà a volte molto vicine (ma questa sembra essere
una tendenza delle stesse comunità che solo con uno
sforzo riescono a pensarsi
in relazione fra di loro).
È necessario dunque saper
sfruttare la ricchezza potenziale di un incontro fra persone con in comune certe
caratteristiche (l’essere giovani, donne, ecc.) evitando
perciò il rischio di chiudersi
su se stessi o, peggio ancora, di dimenticare che il
gruppo dovrebbe essere
un’occasione in cui storie
diverse si incrociano, non
per diventare una storia sola, ma per permettere a
ognuno e ognuna di continuare a scrivere la propria
rendendola sempre più interessante. Se infatti riceviamo una testimonianza, dobbiamo far sì che, una volta
integrata nella nostra crescita, sia narrata altre volte, ma
solo uscendo dal guscio troveremo persone ancora interessate ad ascoltarla e capaci di renderla sempre più significativa.
(tratto da «Considerazioni»,
Cortocircuito n. 2,
Natale 1998)
Una squadra in azione in occasione degii incendi di febbraio in vai Peilice
fare da supporto in altre aree, i
volontari sono 28: i giovani
non sono molti, e quelli che
prestano servizio lo fanno in
genere spinti dall’esempio del
padre o dello zio. Non così a
Luserna San Giovanni dove,
assicura il responsabile di area
per la vai Rellice Alfonso Besson, sono diversi i ragazzi disponibili a trascorrere parte
del loro tempo a vigilare sui
boschi. Ci sono anche le ragazze, 3 a Rinasca e 3 a Luserna; a livello di associazione
regionale, esiste una Consulta
per la parità dei diritti e in vai
di Susa la squadra di Bussoleno ha già il direttivo composto
esclusivamente da donne.
Incendi a parte, alle squadre
Aib non manca certo il lavoro: oltre all’attività di estinzione, infatti i volontari si occupano della prevenzione sul
territorio (pulendo sentieri e
ripristinando sorgenti, per
esempio), cercano di sensibilizzare la popolazione (innanzitutto con incontri nelle scuole) e pattugliano la montagna
in periodi a rischio come questo. E naturalmente sono sempre a disposizione in caso di
calamità naturali (ricordiamo
ad esempio l’alluvione a Canelli) o di persone disperse, in
collaborazione con le altre
forze di intervento. Collaborazione che, nei rispettivi ambiti, funziona anche in caso di
incendio: «I rapporti con i vigili del fuoco, che rimangono
a presidiare le case, sono di
aiuto reciproco - afferma Besson - in particolare con i volontari della zona, ma anche
con i vigili di Rinerolo, a differenza di qualche tempo fa».
Niente viene lasciato al caso:
anche i falò del 16 febbraio
sono sempre sotto controllo
Incontro a Perosa Argentina
I valdesi scomparsi
dalla vai Pragelato
LILIANA VIGLIELMO
Se si chiede a una persona
fornita di una conoscenza
anche solo superficiale della
storia valdese quale episodio
le sembri più rappresentativo
delle vicende di questa minoranza perseguitata, senza dubbio la risposta sarà: l’esilio e
il rimpatrio. Si ricorda più facilmente una serie di avvenimenti, certo drammatici e a
volte crudeli, ma con una conclusione avventurosa e tutto
.sommato a lieto fine. Al contrario pochi conoscono un’altra fetta di storia valdese, meno appariscente ma altrettanto
tragica, oggetto di studio da
parte sia di storici protestanti
sia di cattolici, cioè l’opera di
sradicamento della Riforma in
vai Chisone. Rer rincontro
culturale che si è tenuto nella
sala della Comunità montana
a Rerosa Argentina il 27 febbraio, Daniele Tron ha rievocato questi tristi avvenimenti,
riprendendo l’ultima parte
della ricerca storica pubblicata sulla Beidana.
La vai Chisone, che ormai
tutti siamo abituati a considerare un’unità geografica, da
Rragelato a Rotte, fu per lungo tempo, da Rerosa Argentina in su, dominio francese e
unica zona in Italia con popolazione quasi totalmente rifor
mata. Con una azione repressiva subdola ma efficace, per
quasi un secolo ai valdesi della vai Rragelato si tolse ogni
possibilità di condurre un’esistenza pacifica, costringendoli a una scelta egualmente penosa tra l’abiura e l’emigrazione. Vi furono molte conversioni, che per lo più avevano lo scopo di non farsi sequestrare le proprietà in attesa di tempi migliori, ma famiglie intere lasciarono la valle
per rifugiarsi in Svizzera e in
seguito nell’Assla-Kassel e
nel Württemberg, in territorio
tedesco. Quando, all’inizio
del XVIII secolo, la vai Rragelato passa definitivamente
sotto il dominio sabaudo, le
persecuzioni continuano e il
paese diventa quello che è
adesso, privo di una presenza
valdese consolidata.
In Germania si trovano oggi i nuclei più consistenti dovuti all’emigrazione dalle
valli valdesi. I loro villaggi
portano gli stessi nomi delle
borgate d’origine: Rérouse,
Rinache, Serres, Dublon,
Gross-Villar, Klein-Villar ci
rimandao idealmente a quel
tempo: proprio quest’anno i
valdesi di Germania commemorano il loro insediamento
a tre secoli di distanza, con
un commosso sguardo verso
la loro antica patria.
delle squadre Aib: soprattutto
quest’anno non hanno abbassato la guardia e sono rimasti
fino alle tre di notte a controllare che non ci fosse nessun
rischio di incendio.
Rerché fare i volontari Aib?
«E un modo per difendere
l’ambiente senza fare tanti discorsi - dice Flavio Clot - Il
problema è che una volta si
prendeva tutto dal bosco: legna, strame, i boschi erano
puliti e coltivati, mentre oggi
la montagna è abbandonata e
sempre più a rischio di incendio». E così si ricomincia a
vigilare, raggranellare qualche
soldo per nuove attrezzature,
riadattare mezzi di trasporto;
si riprende a percorrere i sentieri di notte, studiare i focolai
di incendio, affrontare il fuoco anche rischiando la vita.
Senza clamore, perché si deve
fare; e non è poco davvero.
SCHEDA
Antincendio
nell'area
pinerolese
Gli Aib in Riemonte sono
circa 7.300, suddivisi in 52
aree di base: 45 aree coincidono con le Comunità
montane e le rimanenti
comprendono zone non
montane con presenza di
patrimonio boschivo (come
per esempio la collina di
Torino). Ecco nel dettaglio
la situazione nella nostra
zona. Nell’area base della
vai Rellice ci sono 9 squadre associate: Angrogna
con 29 volontari, Bibiana
con 24, Bricherasio con 18,
Bobbio Rellice con 34, Lusema San Giovanni con 23,
Lusernetta con 20, Rorà
con 16, Torre Rellice con
23 e Villar Rellice con 44.
Nell’area base delle Valli
Chisone e Germanasca 10
squadre: Fenestrelle con 24
volontari. Inverso Rinasca
con 23, Rerosa Argentina
con 45, Rinasca con 28, Romaretto con 33, Rragelato
con 30, Rramollo con 17,
Roure con 39, San Germano con 25 e Villar Rerosa
con 27. Infine nell’area base Rinerolese Redemontano
sono presenti 9 squadre:
Cantalupa con 29 volontari, Cumiana con 50, «Amici dei boschi» di Frossasco
con 30, Rinerolo con 49,
Riossasco con 25, Rrarostino con 52, Roletto con 44,
San Rietro Val Lemina con
29 e San Secondo con 25.
RADIO BECKWITH
EVANGELICA
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Nelle
Chiese Valdesi
III CIRCUITO — Il collettivo teologico si riunisce domenica 7 marzo dalle 15 alle 17,30 a Chiotti.
BOBBIO RELLICE — Domenica 7 marzo culto preparato dai catecumeni.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Riunioni quartierali:
giovedì 11 marzo a Fondo San Giovanni, venerdì 12
agli Airali.
RINEROLO — Domenica 7 marzo, alle 14,30, al seminario vescovile, incontro interconfessionale per la Giornata mondiale di preghiera delle donne.
ROMARETTO — Riunioni quartierali venerdì 5 alle 15
all’Inverso Clot, mercoledì 10 alle 20,30 alla Lausa,
giovedì 11 alle 15 all’Inverso Faiola. L’Unione femminile del gruppo di Romaretto si ritrova mercoledì 10
marzo alle 14,30.
RRAMOLLO — Riunioni quartierali: martedì 9 marzo a
Ruata alle 20, mercoledì 10 alle 19,30 ai Bocchiardi,
giovedì 11 alle 20 ai Rellenchi.
PRAROSTINO — Riunione quartierale giovedì 4 marzo
alle 20,30 a San Bartolomeo.
RORA — Giovedì 11 marzo si svolge una riunione quartierale alle Fucine.
SAN SECONDO — Sabato 6 marzo alle 19,30 serata dedicata alla programmazione della gita comunitaria in
Francia; prenotarsi per la cena presso il pastore entro il
4 marzo. Domenica 7 marzo, alle ore 15, incontro
dell’Unione femminile.
TORRE RELLICE — Riunioni quartierali: venerdì 5 alla
Ravadera, mercoledì 10 ai Chabriols, venerdì 12 agli
Appiotti. Venerdì 5 marzo presso l’Esercito della Salvezza, alle 14,30, incontro interconfessionale per la
Giornata mondiale di preghiera delle donne.
VILLAR RELLICE — Sabato 6 marzo alle 21 nella .sala
valdese in piazza Jervis il Gruppo teatro valdese di Lusema San Giovanni presenta «I fucili di madre Carrar»,
spettacolo a ingresso libero. Venerdì 12 marzo riunione quartierale ai Ciarmis.
VILE ASECCA — Riunioni quartierali: lunedì 8 marzo
alle 14,30 a Trossieri e alle 20 a Morasso, mercoledì
10 a Trussan alle 20, giovedì 11 alle 20 al Serre Giors.
Incontro dell’Unione femminile giovedì 11 alle 14,30.
14
PAG. IV
E Eco Delle ^lli "\äldesi
Sport
HOCKEY GHIACCIO
Chiusura sotto tono martedì
23 per la Valpe Sparea; l’ultima partita di campionato ha
visto il Val Venosta passeggiare sulla pista di Torre Pellice. È finita sul 10-4, con la
festa del pubblico in pista con
i giocatori malgrado l’ultimo
posto nel girone.
VOLLEY
È il momento del campionato di terza divisione che inizia
in settimana e intanto il 3S è
giunto ai play off che daranno
accesso alle semifinali della
fase provinciale. Intanto fra le
allieve il 3S ha battuto il Magic Cerutti per 2-1 e in prima
divisione le ragazze del 3S
hanno superato il Bmzolo per
3-0; in 3“ divisione maschile il
3S Pinerolo ha perso a San
Mauro per 0-3.
PALLAMANO
Ancora sconfitto il 3S nei
campionati under 16 e 19.
L’under 19 è stata superata
dal Città Giardino capolista
per 31-22; una buona partita
tuttavia per i ragazzi di Gaydou sconfitti con onore e con
evidenti progressi di alcuni
giocatori malgrado la assoluta mancanza di cambi in panchina. Netta invece la batosta
dell’under 16 opposta all’
Exes Rivalta: il 18-34 la dice
lunga sul divario anche tecnico. Finita la fase provinciale i ragazzi di Miriam Bellion proseguiranno la stagione affrontando due partite
con i pari quota del Vercelli.
Una buona notizia è invece
la convocazione di Paolo
Vellano del 3S Pinerolo per
uno stage della nazionale
giovanile a Brunico.
Posta
Passi indietro
Su L’eco delle valli valdesi
del 19 febbraio ho letto l’articolo «Da ferrovia a tramvia
veloce?», che mi lascia alquanto perplesso. Possibile
che ci sia chi pensa di migliorare i trasporti tra Pinerolo e
Torre Pellice sostituendo l’attuale treno con un tram? Non
si è mai visto che un tram sia
più veloce e confortevole del
treno. Gli utenti del treno sarebbero seriamente penalizzati: si tratterebbe di percorrere
15 chilometri, magari in piedi, su di un traballante tram
continuamente fermo anche a
fermate poco o nulla utilizzate? Chiaramente non c’è
l’obiettivo di abbreviare la
durata del viaggio.
Inoltre assisteremmo a un
altro clamoroso esempio di
spreco di denaro pubblico. Le
Fs hanno recentemente rimesso a nuovo la linea cambiando traversine, binari e la linea
aerea di alimentazione dei
convogli, e ora si vorrebbe
demolire quanto appena fatto
per installare dei nuovi binari
a scartamento ridotto e ovviamente una nuova linea elettrica atta ad alimentare un tram
su di un percorso con discreta
pendenza. Tutto per fare un
notevole passo indietro.
Credo che l’unica a trame
vantaggio sarebbe TAtm che
troverebbe il modo di sistemare mezzi rotabili obsoleti o
non utilizzabili sulle sue linee
urbane. Perché non si pensa
invece di fare la stazione passante a Pinerolo?
Mario Coìsson
Torre Pellice
A Pinerolo un musicista prestigioso
Il sax di Gianni Basso
Martedì 9 marzo alle ore 21, al Circolo sociale di Pinerolo in
via Duomo 1, concerto jazz del «Gianni Basso Quartet», con
Gianni Basso al sax tenore, Andrea Pozza al piano, Riccardo
Fioravanti al basso e Giampiero Prina alla batteria. Gianni
Basso ha legato il suo nome allo sviluppo del jazz negli Anni 50;
diplomato al Conservatorio di Asti, ha suonato nell’Orchestra
Rai e collaborato, tra gli altri, con Dizzy Gillespie e Sonny Stitt.
La serata fa parte dei programmi della 19“ edizione dell’Eurojazz di Ivrea, che si terrà dall’8 al 14 marzo e toccherà anche
Grugliasco, Settimo Torinese, Ivrea. Ingresso £ 10.000.
Colpito soprattutto il patrimonio ittico
Il rischio cormorani
L’incremento massiccio e
costante dei cormorani nella
nostra Regione ha assnnto ormai aspetti preoccupanti per
la salvaguardia della fauna ittica. Particolarmente colpite
sono le popolazioni di salmonidi e timallidi, trote e temoli.
L’assessorato all’Agricoltura
I Luoghi Della Memoria
a cura di Marco Rostan
Luogo: Angrogna: tempio a San Lorenzo
Data: novembre 1560
Una grande assemblea di circa 400 valdesi
provenienti da Angrogna, San Giovanni, Roccapiatta, S. Bartolomeo e vai Porosa elegge la
delegazione di 34 persone che si deve recare a
Vercelli e approva la lettera da presentare al
Duca. La delegazione era stata suggerita dal
Trinità per andare a trattare la pace, in realtà
la delegazione fu trattenuta a Vercelli, forzata
o convinta ad abiurare, cosa che fu confermata nella chiesa di Vercelli, con pomposa cerimonia organizzata dal Possevino.
Luogo : Tagliaretto e Bonnet
Data: novembre 1560
Mentre la delegazione valdese si trova a
Vercelli, il Conte della Trinità chiede la consegna delle armi, inganna e reprime. Cerca in
particolare di smantellare quelli del Tagliaretto, perché tale località costituiva la via di
comunicazione rapida tra Villar e Angrogna.
Convoca perciò tutti quelli del Tagliaretto ai
Bonnet, perché gli portino le risposte alle sue
richieste e mentre i valdesi sono ai Bonnet,
l’armata sale al Tagliaretto e compie una
strage. Un nuovo inganno con assalto al Tagliaretto, sempre da parte del Trinità, avviene il 17 aprile 1561. Nel 1655 il capitano
Jahier guidò la resistenza contro le truppe del
marchese di Pianezza, ma ciononostante anche al Tagliaretto vi furono orrendi massacri,
con decapitazione di 150 donne e bambini.
Nuovo assalto nel 1663 da parte di 1450 uomini saliti da Santa Margherita e Coppieri.
Infine la terribile desolazione del 1686: ma il
Tagliaretto, il cui villaggio principale ospitava il tempio (da qui il nome di Ruà de la
Gleisa), fu ricostmito dopo il Rimpatrio. Ai
Bonnet una casa, oggi scomparsa, ha servito
come tempio fino alla metà del 1800, e durante la guerra del 1560-61 in questa borgata
risiedeva il pastore di Torre Pellice.
vai Chisone e Pragelato (terre dominate dalla
Francia) e quelli della vai Germanasca e Pellice, con promessa di aiuto reciproco nella difesa e impegno a non trattare separatamente
con il Duca. I valdesi riuniti affermano solennemente di rinunciare alla falsa religione del
papa e di voler vivere e morire nella parola di
Dio. L’indomani vanno al tempio e mettono a
terra gli idoli e gli altari. È l’inizio di una
nuova fase di guerra con il Trinità: i valdesi
assediano e demoliscono anche il forte di Villar mentre il Trinità si prepara ad assaltare
Pradeltomo. In seguito si stabiliscono norme
di comportamento in caso di allarme e viene
costituita (2 febbraio 1561) la Compagnia volante, composta da 100 archibugieri e capace
di muoversi velocemente da un luogo all’altro in caso di necessità.
Luogo: Pradeltomo - Rocciaglia
Data: febbraio-aprile 1561
Luogo: Podio di Bobbio
Data: 21 gennaio 1561
Dopo il ritorno della delegazione da Vercelli e l’evidenza dell’inganno subito, si svolge al Podio un’assemblea nella quale viene
stabilito un «patto d’unione» fra quelli della
Triplice assalto del Conte della Trinità a
Pradeltomo. Il primo, del 14 febbraio, si
muove da tre direzioni: fondovalle, Pramollo-Vaccera, Val Germanasca-Colle delTInfemet. Partecipano anche i Trucchetti di Perrero e Luigi Concastello di Montiglio: uno
dei Trucchetti e il Montiglio sono uccisi. Il
secondo assalto si svolge il 3 marzo, con oltre 2.000 uomini, una colonna muove per la
direttrice Barriole-Vaccera, l’altra per la via
Nova: i valdesi sono attestati alla Rocciaglia,
la battaglia è disastrosa per il Trinità che a
sera confessa la perdita di due colonnelli, otto capitani e 400 uomini. Il terzo, inutile, tentativo avviene il 28 aprile, nonostante i tentativi di dissuasione del conte di Racconigi e
della duchessa Margherita di Francia, moglie
di Emanuele Filiberto. Oltre alle consuete linee di attacco, una colonna muove da Torre
Pellice, per il colletto della Sea, verso Barfè
e la Comba Segura, ma viene sgominata da
una pioggia di rocce nell’attraversamento di
quelle aspre pareti. Dalla parte opposta il bastione della Rocciaglia e la perfetta conoscenza dei luoghi da parte dei valdesi respinge gli altri attaccanti. Si tratta della prima
grande vittoria militare dei valdesi: determinante anche il ruolo della Compagnia volante; i pastori si adoperano per evitare eccessi
sui fuggiaschi, che non vengono inseguiti.
della Regione Piemonte ha
organizzato recentemente un
incontro dove studiosi ed
esperti del settore hanno confrontato le rispettive conoscenze sulla presenza del cormorano e le sue interazioni
con il patrimonio ittico con
l’obiettivo di affrontare con
incisività le problematiche legate alla gestione faunistica
del territorio.
Nei vari interventi che si
sono succeduti nel corso
deU’incontro è stata messa in
evidenza la necessità di attuare degli interventi diretti a
arginare il problema cormorano restituendo all’ittiofauna
il suo equilibrio naturale.
Molte le ipotesi, avanzate dai
vari esperti, per far fronte al
costante incremento di questo
tipo di uccelli nella nostra regione; si va dall’abbattimento
forzato, a tipi di intervento
che favoriscano l’emigrazione dei cormorani in altri territori, ad azioni sulle uova
che mirino a ridurne la crescita. L’assessore regionale
all’Agricoltura, Giovanni
Bodo, in conclusione dell’incontro ha voluto però precisare che «il problema non
può essere risolto attraverso
degli interventi diretti all’abbattimento, ma solo attraverso un confronto con le varie
esperienze e con l’aiuto degli
esperti del settore».
croci ugonotte in
oro e argento
tesi
&
delmastro
(Ai confermandi
ad ogni acquisto
in omaggio una
croce ugonotta
in argento)
via trieste 24
tei. 0121/397550
Pinerolo (To)
Personali
110 auguri alla neolaureata
Sheila Katouzian.
VENERDÌ 5 MARZO 1999
4 marzo, giovedì
PINEROLO; Alle 20,45,
nella sala conferenze del Museo diocesano, incontro sul
tema «L’Inquisizione e il
controllo delle anime», con
Adriano Prosperi dell’Università di Pisa.
5 marzo, venerdì
ANGROGNA: Alle 21,
nella sala unionista, serata dibattito su «Tecnica e regole
della monticazione, nuove
procedure sulla identificazione dei bovini» con Enzo Negrin e Vincenzo Fedele.
PINEROLO: Alle 21, nella chiesa di San Giuseppe,
concerto per pianoforte con
Renato Contino, musiche di
Skrjabin, Beethoven, Chopin,
Poulenc, Listz.
RADIO BECKWITH: Per
la rubrica «Pensiamo alla nostra salute», alle 16,30, il dr.
Paolo Ribet, responsabile del
servizio Emergenza, risponde
alle domande degli ascoltatori
su «Emergenza e soccorso sanitario: che cosa fare». Replica lunedì 8 alle 9.
6 marzo, sabato
BOBBIO PELLICE: Alle
17 nella, sala «centrovacanze» spettacolo «Paura di volare, la pòou d’voulà», favola
per bambini in occitano e in
italiano, di Rita Sperone e
Massimo Tosco; alle 21 danze eccitane con il gruppo
«Calhiolait».
TORRE PELLICE: Alle
21,15, al teatro del Forte, Le
Sorelle Suburbe presentano
«Per un pugno di bambole»,
di e con Tiziana Catalano e
Luisella Tamietto. Ingresso lire 15.000, ridotto lire 10.000.
PINEROLO: Alle 20,45 al
teatro Incontro, va in scena
«Rosanero» con Ottavia Piccolo e Micol Pambieri. Ingresso lire 34.000.
RINASCA: Nel salone parrocchiale di Dubbione va in
scena «Don Giusep» della
compagnia Renato Clot.
7 marzo, domenica
SAN SECONDO: Alle 21,
nel tempio, concerto del coro
polifonico «Turba concinens»
e della corale polifonica «Valchiusell». Ingresso libero.
8 marzo, lunedì
VILLAR PEROSA: Alle
16,30 nelle scuole elementari,
sarà inaugurata una mostra
realizzata dagli allievi dell’istituto «Marro», su «sentieri e borgate di Villar». Orario di apertura: da martedì 9 a
venerdì 12, ore 16,30-17,30;
sabato 13 ore 9-12.
TORRE PELLICE: Alle
21, alla Bottega del possibile,
l’Associazione pace vai Pellice, il Gruppo Italia 90 di Amnesty International e l’Ywca-Ucdg organizzano un dibattito con Doriana Giudici,
consigliera dello Cnel (Consiglio nazionale dell’ecomia
del lavoro)su: «Donne, lavoro
e violenza».
TORRE PELLICE: Alle
20,30, nella sede del Centro
culturale, conversazioni sui
libri proposti da Mariella Taglierò «Le manuel des Inquisiteurs» di Eymerich e «L’inquisitore Eymerich» di Valerio Evangelisti.
II marzo, giovedì
PINEROLO: Alle 20,45,
nella sala conferenze del Museo diocesano, incontro su
«La nascita dell’Inquisizione
romana», con Massimo Firpo,
dell’Università di Torino.
TORINO: Alle 21, nel salone della Chiesa valdese di
corso Vittorio Emanuele, tavola rotonda su «Il senso della vita, tra biologia e biografia»; intervengono i! rabbino
capo di Torino, Alberto Somek, il teologo cattolico Raffaele Rizzello e la teologa
valdese Giovanna Pons.
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Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
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San Secondo: Farmacia Mellano - via Rol 16, tei. 500112.
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
Cinema
TORRE PELLICE - Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 4 e venerai
5 marzo, ore 21,15, Celebrity di Woody Alien; sabato
6, ore 20,10 e 22,10, domenica 7, ore 16, 18, 20,10e
22,10, lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì ore
21,15, Train de vie di Radu
Mihaileanu (v. recensione,
Riforma, p. 5).
BARGE — Il cinema Comunale propone, venerdì, ore
21, L’eternità e un giorno;
sabato, ore 21,1 fobici; domenica, ore 15, 17, 19, 21, lunedì, martedì, e giovedì, ore
21 Attacco al potere.
PINEROLO — La multisala Italia ha in programma,
da giovedì, alla sala «2cento»
Shakespeare in love feriali:
20 e 22,20, sabato 20 e 22,30,
domenica 15,15, 17,40, 20
22,20; alla sala «Scento» sarà
in visione Bug’s life; feriali
20,20 e 22,20, sabato 20,20 e
22.30, domenica ore 14,30,
16.30, 18,20, 20,20, 22,20.
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Resp. ai sensi di legge Piera
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Vita Delle Chiesi
PAG. 7 RIFORMA
Un dottorato «honoris causa» a Paolo Ricca dall'Università di Heidelberg
Ricerca teologica e impegno nella chiesa
I
I La prestigiosa Università tedesca, che concede raramente questo titolo, ha
] ficonosciuto in Ricca una profonda spiritualità e una teologia chiara e impegnata
SUSANNE LABSCH
HEIDELBERG — L’antica e
famosa Università di Heidelberg ha deciso di conferire al
professore Paolo Ricca, della
Facoltà valdese di teologia di
Roma, il dottorato in onore.
I 5i tratta di un riconoscimento molto prezioso perché
l’università di Heidelberg
concede molto raramente
questo titolo. Il conferimento
è avvenuto i’il febbraio, nella cosiddetta «aula antica»
dell’Università decorata riccamente con i ritratti di famosi scienziati tedeschi.
Nello stesso incontro 13
giovani teologi hanno ricevuto il loro primo certificato di
dottorato. Nel suo saluto il
rettore dell’Università, prof.
Jürgen Siebke, ha spiegato
questa scelta: la Facoltà di
teologia di Heidelberg ha voluto far incontrare i giovani
con un personaggio che ha
sempre combinato la ricerca
teologica con l’impegno e la
prassi nella Chiesa valdese.
In Germania la vita delle
chiese e le ricerche delle facoltà teologiche si sono allontanate. Così una ricerca e
un’elaborazione scientifica
come quella di Paolo Ricca
che abbia come destinatari le
comunità protestanti e i loro
membri laici è un fatto raro.
Il professore Seebass, anche lui storico delle chiese,
ha tenuto la laudatio e spiegato le molteplici motivaziomàeltottorato in onore. Ha
messela sua laudatio sotto
laaoäo bibiico dell’apostolo Paolo in 2 Corinzi 12, 1:
<^KOgna vantarsi? Non è una
tosa buona; tuttavia verrò alle visioni e alle rivelazioni del
Signore». Seebass ha descritto come Paolo Ricca abbia
quasi riaccompagnato Lutero
a Roma e in Italia più di 450
anni dopo la sua prima e unica visita alla città del papa.
Ricca, infatti, promuove e dilige l’edizione in italiano delle opere di Lutero presso
l’editrice Claudiana, non in
grossi volumi per gli studiosi
ma in formato più adatto per
tatti gli interessati, mettendo
così le basi per uno studio
più diffuso del riformatore in
Italia. Questo fatto è importante per la storia delle idee
in Europa e nello stesso momento dimostra l’apertura
ecumenica di un professore
di tradizione riformata e non
luterana.
La seconda motivazione
per il dottorato d’onore è la
prospettiva ecumenica nella
quale Ricca lavora e scrive,
sia nel seno della famiglia
protestante in Italia sia in
contatto con la Chiesa cattoiica romana. Questa prospettiva era chiaramente visibile
nella presenza di alcuni responsabili delle chiese tedesche. La terza motivazione
consiste nei suoi studi sulla
storia valdese che si estendono a tutta l’Europa e in particolare alle antiche colonie di
profughi valdesi che si trovano in Germania, dei quali
tanti pastori e membri sono
venuti per congratularsi personalmente. La quarta motivazione è data dal fatto che
Ricca riesce a combinare nei
suoi scritti e nelle sue relazioni una profonda spiritualità
protestante con una teologia
chiara e impegnata.
Il documento del dottorato
in onore è stato poi letto in
latino e dato a Paolo Ricca
Da sinistra ii decano Hofmeister, Paoio Ricca e ii rettore Siebke
(foto M. Schreiber)
che ha espresso la sua gratitudine personale e di tutta ia
Facoltà valdese di Roma:
«Questo dottorato - ha detto
- dimostra che un’antica e famosa Facoltà vede e riconosce l’impegno di una piccola
Facoltà e di una chiesa sorella nella diaspora protestante». Nella sua lezione Ricca
ha quindi spiegato i compiti
della teologia protestante in
Italia tra il clericalismo della
Chiesa cattolica e il secolarismo di vasti settori della società. La lezione di Ricca è
stata poi discussa la sera in
una tavola rotonda con i professori di teologia sistematica
della Facoltà di Heidelberg.
Sono emersi tre problemi:
come impostare l’ecumenismo? come comportarsi nel
dialogo con la Chiesa cattolica? come pensare la pluralità
della fede cristiana e delle diverse religioni in Europa?
Questa giornata è stata
senz’altro un riconoscimento
per il lavoro teologico svolto
nella Facoltà valdese di Roma
e un arricchimento per i professori e gli studenti di teologia di Heidelberg.
Comunità evangeliche tra Campobasso e Pescolanciano
Ecumenismo e vocazione nel Molise
DARIO SACCOMANI
Le chiese battista e valdese
di Campobasso e la chiesa valdese di Pescolanciano
hanno vissuto due momenti
significativi di testimonianza.
Il 20 febbraio pomeriggio, a
Campobasso, è stata organizzata una conferenza sul tema
della Settimana della libertà
dove è intervenuto il prof.
Daniele Garrone. Vi è stata
una buona partecipazione e,
grazie all’intervento puntuale
di Garrone, si è avviato, finalmente, un serio contatto ecumenico con il delegato all’ecumenismo della diocesi
di Campobasso. La serata è
16 marzo, convegno a Roma
«La memoria prohibida»
D16 marzo si terrà a Roma un incontro-dibattito dal titolo
*1^ memoria prohibida. Il caso dei desaparecidos italiani»,
per approfondire la vicenda dei desaparecidos durante la
<littatura militare in Argentina (il giorno successivo comin<^età a Roma il processo contro due generali argentini, accusati di essere direttamente responsabili della scomparsa di
migliaia di persone). Parteciperanno all’incontro Gianni Rostan, moderatore della Tavola valdese: Ettore Masina, già
presidente del Comitato della Camera dei deputati per i ditatti umani; Micaela Procaccia, del Centro bibliografico
tinione delle comunità ebraiche italiane: Daniele Garrone,
^cente della Facoltà valdese di teologia; padre Dalmazio
^nngillo, docente nella Pontificia università San Tommaso;
Marcello Gentili, rappresentante di parte civile al processo sui desaparecidos', Aiigela Boitano, presidente dell’Associazione dei familiari dei desaparecidos, Garlitos Pisoni,
''oppresentante di Hijos, Associazione dei figli dei desaparetaflos; on. Pietro Ingrao.
1975 al 1983, durante la dittatura militare, in Argentilo ci sono state 30.000 vittime e più di 10.000 desaparecidos,
soprattutto giovani sotto i 30 anni. Ristabilita la democrazia
Oopo la guerra delle Falkland, i militari argentini hanno otoriuto dal Parlamento e dai presidenti della Repubblica due
Eccessive leggi di indulto totale per i crimini perpetrati
^tro la popolazione civile. Le associazioni dei familiari dei
^^parecidos, per ottenere la verità sulla fine dei corpi delle
mme (molte delle quali, dopo essere state drogate, sono
gettate da aerei militari nell’Oceano) e la condanna dei
csponsabili, sono ricorsi a un espediente: molte delle vittiQu la doppia cittadinanza (oltre a quella argentina,
jj"®lla francese, spagnola, tedesca e italiana); hanno quindi
tj Statato causa alle gerarchie militari presso stati esteri (ol5“®, in Italia, in Germania, Spagna e Francia, dove si è già
„ alla condanna di due alti ufficiali). II convegno è ordalla rivista Confronti (per informazioni tei. 06.^503) e da numerose associazioni.
proseguita con un’agape fraterna in cui si è ricordato il 17
febbraio 1848. La domenica
mattina il prof. Garrone ha
presieduto il culto e ha predicato su un versetto del libro
del Deuteronomio, sottolineando il concetto teologico
della memoria dell’opera di
Dio nella nostra storia, memoria che produce rendimento di grazia, ma anche
confessione di peccato.
Il 21 febbraio a Pescolanciano è stata organizzata una
conferenza pubblica in cui è
intervenuto il pastore Sergio
Aquilante che, partendo dal
rapporto fra stato e chiesa, ha
tracciato il percorso di libertà
espresso dal protestantesimo
italiano in questi otto secoli
di storia, sottolineando come
il 17 febbraio 1848 rappresenti per noi protestanti una
sfida e una vocazione verso la
libertà non solo nostra ma
della società italiana che ancora deve camminare verso
una reale democrazia capace
di ascoltare le minoranze.
Le tre comunità sono grate
a Dio per l’occasione di testimonianza che hanno potuto
esprimere, in particoiare la
comunità di Pescolanciano,
che è riuscita ad esprimere al
paese con chiarezza la sua vitalità e la sua presenza sul
territorio.
RONACHE
PRAMOLLO — La giornata del 17 febbraio è trascorsa nella
gioia per l’arrivo di Milena Martinat che ha iniziato il proprio lavoro pastorale nella nostra comunità e a cui diamo
un caloroso benvenuto. Con molta riconoscenza salutiamo
il fratello Franco Siciliano e lo ringraziamo di tutto cuore
per averci dedicato tutto il suo tempo e avere condotto ottimamente le varie attività. Un ringraziamento anche a quanti hanno lavorato per preparare e servire l’ottimo pranzo.
• Un buon successo ha avuto la recita presentata dalla Filodrammatica, che ci ha permesso di trascorrere un’ora serenamente, allontanando problemi e preoccupazioni. Grazie!
• Nelle ultime settimane ci siamo ancora riuniti per ascoltare l’annuncio dell’Evangelo della resurrezione in occasione dei funerali delle sorelle Adelina Balmas, di 86 anni, di
Pomeano, e Lina Peyronel ved. Beux, di 91 anni, dei Tournini. Alle famiglie in lutto esprimiamo la simpatia e la fraterna solidarietà cristiana della comunità.
SAN SECONDO — La nostra comunità è stata allietata dalla
nascita di Paolo Gardiol di Marco e Cristina Ciardossin. Un
caro augurio ai genitori e un benvenuto al piccolo Paolo.
• Dal 13 al 17 febbraio abbiamo avuto il piacere di ospitare un
gruppo di sorelle e fratelli della comunità calabra, accompagnati dal pastore Jens Gielmann, della comunità di Messina; nel corso della permanenza hanno avuto modo di visitare i luoghi storici delle Valli. Il 17 febbraio la predicazione è stata tenuta dal pastore Jens Gielmann. Dopo il culto
ha avuto luogo il tradizionale pranzo; al termine i nostri
ospiti hanno illustrato la realtà che rappresentano.
• La filodrammatica ha presentato il nuovo lavoro: un atto
unico di Molière dal titolo «Sganarello»; la prima ha avuto
luogo il 20 febbraio e la replica il 27.11 numeroso pubblico
ha mostrato di gradire e apprezzare il lavoro svolto dal
nuovo gruppo della filodrammatica, al quale va certamente
il nostro ringraziamento per l’impegno dimostrato.
• Il 23 febbraio, dopo una lunga malattia, è mancato il fratello Giorgio Costantino. Rinnoviamo alla famiglia
l’espressione della nostra solidarietà cristiana.
.>..2 Ricordo dalla chiesa di Imperia
Il pastore Ugo Tomassone
un uomo dedito alla Bibbia
LUCIANA CALASSI
Martedì 16 febbraio abbiamo partecipato ai
funerali del nostro pastore
Ugo Tomassone; dopo un
lungo periodo di sofferenze
fisiche il Signore lo ha chiamato a una vita migliore. Durante la cerimonia funebre vi
sono stati molti interventi di
pastori che hanno voluto sottolineare le qualità di Ugo come pastore un po’ fuori dalle
righe e la sua abnegazione
all’opera del Signore. Noi
sappiamo quanto si sia adoperato per costituire questa
piccola comunità che può essere considerata quasi una
sua creatura, e quanti anni
abbia dedicato, con molti sacrifici, al complesso di San
Marzano Uliveto.
Le parole che mi hanno
maggiormente colpita sono
state quelle del pastore Bonnes, che ha definito Ugo «uomo della Bibbia»; infatti egli è
stato un grande studioso della Bibbia, che ha tradotto da
altre lingue. Naturaimente
noi, sorelle e fratelli che facciamo parte di questa comunità, sentiremo molto la sua
mancanza, in quanto ha lasciato un grande vuoto in
mezzo a noi che lo ricorderemo sempre con animo grato
e affetto fraterno.
Le manifestazioni per Ocalan
Gli evangelici lottano anche
per i diritti degli altri
Martedì 23 febbraio, a partire
dalle ore 20, si è svolta in piazza
del Campidoglio, a Roma, una
veglia perAbdullah Ocalan, organizzata dal Consiglio italiano per
i rifugiati (Cir) e dalla Società civile. Riportiamo di seguito l'intervento di Anne Marie Dupré, coordinatrice del Servizio rifugiati e
migranti della Fcei.
«Intervengo a nome della
Federazione deile chiese evangeliche in Italia e come
membro fondatore del Consiglio italiano per i rifugiati, ma sono qui anche come
donna, donna che vuole essere accanto alle donne curde, qui presenti in piazza, e
accanto a tutte le donne i cui
diritti umani vengono calpestati in tante parti del mondo, o che soffrono per i loro
mariti, i loro figli, i loro padri.
Domenica si è conclusa per
gli evangelici italiani la Settimana della libertà, durante la
quale si ricorda la concessione dei diritti civili agli evangelici valdesi avvenuta 151
anni fa. Questa «liberazione»
oggi impegna tutti noi ad
adoperarci per i diritti degli
altri, dovunque essi siano.
Non i nostri diritti, la nostra
libertà, ma i diritti degli altri,
la libertà degli altri.
In questo momento non è
stato leso il diritto di una
persona soltanto, e cioè il diritto d’asilo politico di Abdullah Ocalan, ma è stato
messo in pericolo l’istituto
stesso dell’asilo politico, come diritto umano, un diritto
garantito da norme di diritto
internazionale, e che garantisce protezione a migliaia di
persone. Siamo qui per difendere questo diritto, che
spetta a Ocalan ma anche a
tutti coloro che chiedono
asilo politico nel nostro paese o in qualunque altro paese
del mondo. È un diritto che
spetta anche a molte persone
che ogni giorno, spinte dalla
disperazione, dalla paura e
dalle persecuzioni, sbarcano
sulle nostre coste.
Siamo qui ad affermare i
diritti umani fondamentali: il
diritto ad un processo equo,
il diritto à condizioni di detenzione corrette, il divieto
dell’uso della tortura. Affermiamo questi diritti umani
per una persona, cioè per
Ocalan, ma li affermiamo per
tutti gli uomini e per tutte le
donne. Mettere in dubbio
questi diritti per una persona
significa metterli in dubbio
per tanti altri.
La nostra presenza qui
vuole essere un segnale forte
del nostro impegno; vigileremo costantemente e ci opporremo sempre a qualsiasi
forma di violazione dei diritti
umani. Siamo consapevoli
che si tratta di un impegno
grosso, ma speriamo di essere in grado di mantenere
questo impegno.
Ci diranno che siamo sognatori. Sarà vero, ma è il sogno di Martin Luther King.
Siamo sognatori con i piedi a
terra. Cerchiamo di non adoperarci solo con belle parole,
ma di essere veramente accanto a quelle persone i cui
diritti non sono rispettati, qui
ed altrove.
È questo il vero senso del
giubileo, di cui tanto si parla:
l’impegno per i diritti e la
giustizia per quelle persone
che oggi sono oppresse».
ARCHIVIO STORICO
DELLA TAVOLA VALDESE
Nuovo orario di apertura
martedì, mercoledì, venerdì ore 9-13 - 14-18
Tel. 0121-91603 fax 0121-91604
Per la
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tei. 011-655278, fax 011-657542
16
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 5 MARZO 1%
\/ENERDÌ
Concluso in Argentina il Sinodo delle chiese valdesi del Rio de la Piata
Problemi interni e prospettive del servizio
/ problemi amministrativi, organizzativi e regolamentari hanno occupato molto
tempo nei lavori assembleari. La diaconia in vista della missione e l'ecumenismo
Una Mesa rinnovata^ ma non certo per sfiducia
La Mesa vaidense uscita dal
Sinodo di San Gustavo-La Paz
(5-11 febbraio) ha 5 nuovi
membri, solo il moderador
Delmo Rostan è stato confermato e la sua elezione non era
scontata: c’era anche la candidatura di Hugo Armand Pilón (33 voti il primo, 30 il secondo: da noi sarebbe stato
necessario il ballottaggio).
Una sfiducia alla Mesa uscente? Ritengo di no. Alla vigilia il
Sinodo aveva ribadito la sua
sostanziale lealtà e fiducia
nella Mesa, approvando all’unanimità un atto su una
questione che ha preso molto
tempo: una chiesa autonoma.
Tarariras, aveva fatto pervenire una lettera al Sinodo tramite il presbiterio corrispondente, che non la avallava ma la
trasmetteva.
La chiesa di Tarariras metteva in questione il sistema
contributivo solidario (se una
chiesa non raggiunge il contributo richiesto per la cassa
centrale accumula un debito,
e quello di Tarariras è importante, pur trattandosi di una
chiesa di buone capacità contributive). La lettera avanzava
proposte di tipo congregazionalista se non secessionista, e
chiedeva «trasparenza e onestà», con un’accusa appena
velata alla Mesa. Il Sinodo ha
reagito con due ordini del
giorno. Un atto abbastanza
duro votato all’unanimità ribadisce la validità del nostro
sistema ecclesiologico e respinge le proposte di Tarariras. Un altro, approvato a
grande maggioranza, di tono
più pastorale, chiede che sia
visitata la chiesa di Tarariras
da parte di una delegazione
nominata dalla Mesa e dalla
Commissione presbiteriale
(analoga alle nostre Ced) con
una rappresentanza votata
dal Sinodo: in quest’ultima
sono stati votati tra gli altri il
vicemoderador uscente Ariel
Rostan e come supplente il
pastore Dario Michelin Salomon, membro della Mesa
uscente. Non mi pare quindi
che si sia trattato di sfiducia
alle persone. Il forte cambiamento nella Mesa mi pare
piuttosto un tentativo di proporre qualcosa di nuovo, in
parte contrastante con la
molta prudenza del Sinodo,
che in varie occasioni ha scelto di rinviare alle chiese per
un ulteriore esame delle proposte già da anni avviate.
Una commissione nominata dal Sinodo si occupa
durante l’anno di raccogliere
le candidature secondo le
proposte dei Concistori, anche se niente impedisce che
ulteriori candidature emergano nel Sinodo stesso. In
questo modo per esempio è
stata recepita la candidatura
di Valdo Machuca Long alla
Mesa. «Ho 36 anni e sono
sposato con due figli - ci ha
detto dopo l’elezione sono
figlio di una coppia interconfessionale, come si vede
dai miei due cognomi [si indica sempre anche il cognome materno], come pure
mia moglie: provengo da
Ombues de Lavalle, colonia
fondata in Uruguay da famiglie valdesi tra cui quella del
mio bisnonno. Nel mio lavoro vendo prodotti artigianali
di fattoria, e per questo visito
varie città. Nella mia chiesa
sono predicatore locale e da
alcuni anni membro del
Concistoro.
Per me questo è stato un
Sinodo in cui si sono visti gli
sforzi dei laici per acquisire
una partecipazione maggiore, a bilanciare quella sempre preponderante dei pastori negli interventi, nell’influenzare il processo decisionale, nella funzione di “guida”. Per questo il ritmo delle
decisioni si è come rallentato: i laici non hanno voluto
fare concessioni su vari temi
senza adeguate discussioni e
senza chiedere chiarimenti
[e in effetti il Sinodo si è
chiuso con sei ore di ritardo
sul previsto]. Penso che la
mia votazione sia dovuta in
buona misura a questi motivi, ma ho avuto l’appoggio di
laici e di pastori, dato che
anch’essi in buon numero
condividono l’esigenza di un
cambiamento. Mi dedicherò
il più possibile a questo compito, spero, con l’aiuto della
mia famiglia, del pastore, del
Concistoro, di altri pastori, e
con i miei colleghi della Mesa, che il mio lavoro possa
servire per l’opera della chiesa. Con la preghiera costante
e sincera spero che il Signore
mi illumini e mi mantenga
capace di “vegliare e restare
fermo nella fede” [I Corinzi
16,13, motto del Sinodo]».
Il tempio di San Gustavo
Come funzionano i meccanismi della macchina-chiesa
L’atto 14/SR/98 afferma: «Il
Sinodo, considerando a) alcune dijficoltà sorte negli ultimi tempi in relazione al funzionamento strutturale della
chiesa in generale, e ad altre
esposte in varie occasioni da
alcune chiese: b) le critiche
che periodicamente si rilevano sul ruolo, il compito e il
potere dei pastori nelle strutture della chiesa; c) la mancanza di meccanismi chiari
per determinare con precisione le responsabilità nella soluzione di determinati conflitti che si producono in vari
ambiti della chiesa, e la inesistenza di meccanismi di valutazione del compito pastorale, decide 1) di realizzare
un’analisi di tipo istituzionale nell’ambito della Chiesa
evangelica valdese del Rio de
la Piata per: a) chiarire se gli
obiettivi che la chiesa si propone nell’adempimento del
suo compito trovano nelle sue
strutture i meccanismi appropriati per metterli in opera; b) esaminare se la dimensione raggiunta dalla struttura complessiva della chiesa è
compatibile con il principio
della solidarietà e con la
pagina a cura di
SERGIO RIBET
quantità dei pastori esistenti;
2) di chiedere alla Mesa vaidense (...) che dia l’incarico di
formulare un’analisi strutturale a una équipe o a singole
persone, non vincolate alla
struttura ecclesiastica; 3) di
autorizzare la Mesa a sostenere le spese necessarie; 4) di
sollecitare la Mesa a informare la prossima Assemblea sinodale dettagliatamente sullo stato di avanzamento degli
studi proposti».
L’atto è stato abbastanza
discusso nelle chiese nel corso dell’anno, un po’ perché
non era del tutto chiaro a
quali carenze nel sistema istituzionale si riferisse: probabilmente si trattava di difficoltà relative ai trasferimenti
pastorali, al sistema contributivo e alla situazione economica, a difficoltà gestionali, a
tensioni fra i pastori e fra pastori e laici, alla difficoltà di
applicare la disciplina ecclesiastica e via dicendo; un po’
per il prevedibile alto costo
dell’operazione: un po’ per il
metodo di analisi suggerito
ma non esposto dettagliatamente. Non tutti erano d’accordo sull’opportunità di
chiedere una tale analisi a
persone «non vincolate alla
struttura ecclesiastica»: non
sta scritto che «i santi giudicheranno il mondo» (I Corin
zi 6, 1)? Infine, non veniva
esplicitato a quale tipo di disciplina esterna chiedere lumi per capire meglio la nostra
struttura e i suoi eventuali difetti di funzionamento: chi
aveva partecipato al Sinodo
’98 sapeva che l’opzione della
Mesa era quella di fare ricorso a un’équipe di psicologi
sociali, ma questo probabilmente non è giunto con chiarezza sufficiente alle chiese.
Anche in Italia si erano richiesti aiuti esterni: quando
si realizzò il check-up delle
chiese (con parola del gergo
medico), quando si realizzarono, soprattutto nell’ambito
delle opere, confronti con
tecniche manageriali per
comprendere quanto si poteva utilizzare di esse nel nostro
contesto, e quando, soprattutto in sede di corpo pastorale, si utilizzarono inchieste
e riflessioni, a metà fra i sociologico e lo psicologico, per
avere una valutazione sulla
professionalità pastorale e sui
diversi modi di intendere la
figura pastorale.
Nel corso dell’anno la Mesa
ha proceduto secondo il
mandato sinodale, riferendo
ampiamente nella sua relazione; la Commissione d’esame ha dato il proprio parere
sul lavoro svolto. Di fatto si è
ancora in una fase preliminare: il primo scoglio per gli psicologi è stato quello di incontrarsi con una struttura «orizzontale» e non «verticlstica»,
come quella della nostra organizzazione. La domanda
degli psicologi è, in buona sostanza, «come può funzionare un sistema non verticistico
nel processo decisionale?». Ai
posteri l’ardua sentenza.
I membri del Sinodo hanno
cercato (o in piccoli gruppi o
individualmente) di rispondere a una inchiesta con domande di questo tipo, che cito a memoria: «come rispondi ai tuoi superiori rispetto ai
tuoi compiti, e come i tuoi
subordinati rispondono a
te?», domande a cui non è
evidentemente facile rispondere se si tiene conto della
nostra ecclesiologia.
La nuova Mesa vaidense
Il Sinodo ha eletto la Mesa vaidense nelle persone di: Deimo Rostan (moderador); Doris Arduin, Hugo Armand
Pilon, Valdo Machuca Long, Alberto Beiton, membri: supplenti: Silvio Charbonnier e Dario Michelin Salomon.
Il tempio di Tarariras
L'identità di fede si fortifica
anche nella diaspora
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Gli orgai
Tre bus partono da Colonia Vaidense per l’Argentina
con i pastori diretti al corpo
pastorale prima del Sinodo,
le signore che parteciperanno all’Assemblea delle Unioni femminili, i deputati delle chiese. Il nostro arriverà
a La Paz e poi a San Gustavo.
Quest’ultima, vecchia colonia valdese, causa lo spopolamento della campagna, ha
ceduto abitanti alla città di La
Paz, dove la maggioranza dei
deputati è ospitata presso le
famiglie. Ogni giorno faremo
in bus il tragitto dalla città alla colonia, 25 km e ritorno.
All’ingresso di San Gustavo
uno striscione dà il benvenuto ai membri del Sinodo: la
chiesa in aperta campagna è
trasformata in aula sinodale,
la vecchia cappella ristrutturata in sala da pranzo, ci sono
i computer nella sala delle attività, uno spazio per il bar, a
cento metri la scuola dove si
riuniranno i gruppi di lavoro.
A La Paz avremo il culto di
prova del candidato Dario
Barolin; la consacrazione ha
luogo invece in un vecchio
mercato trasformato dalla
città in salone polivalente.
Al culto di apertura del Sinodo (e di consacrazione del
nuovo pastore) predica René
Kruger della Iglesia evangelica del Rio de la Piata, professore di Nuovo Testamento
afl’Isedet di Buenos Aires,
mentre presiede la pastora
Ana Maria Barolin, membro
della Mesa uscente e sorella
di Dario, che quasi si scusa
per dover presiedere il culto
di consacrazione del fratello:
era il suo turno, ha accettato
non senza emozione. Nel
vecchio mercato, ricorda Ana
Maria, un settore era occupato dalla macelleria dei genitori: per una volta pare che il
mercato si sia trasformato in
luogo di adorazione e non viceversa.
Il resto del Sinodo si svolge
a San Gustavo; il culto di
chiusura, all’aperto, all’ombra degli alberi, in una cornice suggestiva dove risalterà il
messaggio dei fratelli Tobas,
che a dicembre hanno visto
accolta la loro richiesta di restituzione delle terre. Si tratta
per ora di 150.000 ettari, meno di quanto richiesto, ma è
un inizio. Anche i valdesi sono invitati alla festa che si
terrà il 19 aprile, «giorno
dell’aborigeno», quando si riceveranno i titoli di proprietà, intestati a una società
gestita dai Tobas stessi per
evitare frazionamenti. Siamo
nella terra dei Garnier, dei
Barolin e, per la vai Germanasca, dei Baret, Genre, Bert,
più in là dei Pastre, Costantino, Gaydou. Siamo in piena
estate, ma il tempo ci permette di lavorare. La chiesa
locale ha preparato con cura
l’organizzazione logistica, eccellente in ogni dettaglio.
Ci sono tre momenti pubblici, tutti ben frequentati. D
primo lo presenta Marcelo
Nicolau, che ha partecipato
alTVIII Assemblea del Ceca
Harare. Il secondo, a cura di
chi scrive, verte sul Giubileo
del 2000. Il terzo, a carico
della chiesa locale, si svolge
in una scuola un po’ più distante, e prevede scene di
teatro, ombre cinesi, diapositive, corale e un testo dedicato alla storia e alla vita attuale
e ai problemi della chiesa. Un
dettaglio: per raccogliere
quanto necessita ai fabbisogni della chiesa si è tornati
all’antico metodo del lavoro
in comune. Un appezzamento sufficientemente ampio è
coltivato in favore della borgata sperduta nelle montagne delle valli che era»4v
tutti, non di nessuno, e dirò
ciascuno per la sua partesi
faceva carico.
I valdesi in Argentina vivono nella diaspora più che in
Italia ma meno die in Uruguay (dove la percentuale di
valdesi nella popolazione è
più alta che da noi); un Sinodo nella diaspora ha un significato profondo, aiuta le persone del posto a non sentirsi
periferia, a rafforzare un senso di appartenenza a una cultura, a una fede, a una famiglia. E per chi viene da zone
con popolazione valdese piu
forte (Colonia Vaidense, o le
nostre Valli) è un invito a non
cadere nella tentazione del
l’autosufficienza, perche
spesso è proprio dalle zone
più distanti che vengono proposte innovative, creatività,
un senso di identità dovuto
assai più alla vocazione che
non alla tradizione. Per fate
solo un esempio, è da questa
zona che vengono cinque u
sei tra pastori e studenti m
teologia, un quarto delle forze
pastorali della chiesa in tutto
il Rio de la Piata. I tre bus che
ci hanno accompagnato verso La Paz non ci hanno porta;
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hanno portato a conoscete
meglio uno degli avampo®'
della nostra predicazioiiei
della nostra azione socialUi
della nostra presenza.
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Le chiese di Uruguay e Argentina collaborano con gli altri evangelici
I valdesi rioplatensi e le altre chiese
Ecumenismo in Sud America
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La relazione della Mesa
contiene un importante paragrafo sulle relazioni ecumeniche. In primo luogo le
altre chiese evangeliche rioplatensi: la Chiesa anglicana
(diocesi argentina e urufl^ana), la Chiesa luterana
0Ìta, la Chiesa evangelica
metodista in Uruguay e quella in Argentina, i Discepoli di
Cristo, la Iglesia evangelica
del Rio de la Piata (di origine
etnica tedesca e svizzero-tedesca, a prevalenza luterana
ma con chiese di origine
riformata), le Chiese riformate argentine (di tendenza
congregazionalista, come dice il nome).
Gli organismi ecumenici
In secondo luogo ci sono
relazioni con organismi ecumenici rioplatensi, fra cui le
due Federazioni di chiese
evangeliche, l’argentina e
l'uruguaiana; neH’ambito di
quest’ultima il Centro Emmanuel, che molti di noi conoscono, e l’opera sociale del
Baino Borro, in Montevideo,
dieui si occupa da poco tempo il pastore valdese Ricardo
(itllazo; il Sinodo era un po’
incerto nella valutazione
dell’operato della Mesa che
gli aveva dato «via libera»: si
tratta di un «invio in missione» o è un’opera a tutti gli effetti equiparabile alle nostre,
ancorché con sue specificità?
E owiamente, la Facoltà di
Buenos Aires, Vlnstituto su’^m\&angelico de estudos
teologtos (Isedet), la Junta
Us/ifeie misiones (Jum) e
di/effljBiismi che si occupaDodi diritti umani, il Movinénto ecumenico por los derechos umanos (Medh) argentino, di cui è segretario
generale il pastore José De
luca (che ha partecipato al
eostro ultimo Sinodo europeo) e il Servicio ecumenico
fura la dignidad humana
Whu), uruguaiano.
In terzo luogo gli organismi
Balenici continentali, l’Ade iglesias presbiteria
nas y reformadas de America
Latina (Aipral) e il Consejo
latinoamericano de iglesias
(Clai). Curiosamente tra gli
organismi «continentali» il
rapporto della Mesa include
l’American Waldensian Society e la commissione d’esame la contesta garbatamente («Perché si cita la Presbyterian Church of thè United States of America - Pensa
- fra gli organismi ecumenici continentali?). Infine ci sono gli organismi ecumenici
mondiali; l’Alleanza riformata mondiale, la Cevaa, il Cec;
anche qui compare, un po’
fuori posto forse, il Gustav
AdolfWerk...
La Mesa nel corso del 1998
aveva inviato alle chiese un
documento di orientamento
per ricevere impressioni,
proposte, suggerimenti, ma
al momento della redazione
del rapporto al Sinodo aveva
ricevuto solo tre risposte. Il
documento orientativo della
Mesa era più ricco di un semplice elenco di organizzazioni di cui facciamo parte: iniziava con una riaffermazione
di principio sui fondamenti e
gli obiettivi dell’ecumenismo, in un secondo paragrafo descriveva l’ecumenismo con le chiese evangeliche rioplatensi, in un terzo le
relazioni con la chiesa cattolica romana, in un quarto
l’ecumenismo degli «organismi ecumenici» (dal livello
locale a quello mondiale), e
infine un ultimo paragrafo
sull’ecumenismo nella sua
dimensione globale.
Forse non è male che non
vi siano state risposte affrettate delle chiese; nel Sinodo
si è parlato del documento
L’ecumenismo e il dialogo interreligioso votato dal Sinodo
di Torre Pellice 1998. Il testo
sarà tradotto in spagnolo,
diffuso, e penso sarà utile
che le due aree della nostra
chiesa si muovano in questi
temi con buona conoscenza
delle rispettive linee di azione e di pensiero.
Tra Rio de la Piata e Europa
Al di là dei messaggi che
periodicamente ci scambiamo, certamente sinceri ma a
volte un po’ generici, ai di là
delle doverose azioni di solidarietà che si realizzano anche a Uvello economico (prezioso sempre l’invio di libri
Claudiana, per fare un esempio), credo sempre più fermamente che questi rapporti
si vivano con gli scambi di
persone, con la conoscenza
diretta che possiamo avere
dall’altra area (devo pur pensare sto facendo qualcosa di
utile, oltre che di estrema
ricchezza per me personalmente...). Segnalo alcuni
momenti che a mio avviso
sono stati influenzati positivamente da conoscenze dirette e dal conoscere non solo quel che fratelli e sorelle
delle due aree dicono, scrivono, pensano, ma anche
dal conoscere alcuni volti, alcune persone, attraverso
rapporti diretti di lavoro, di
stima, di amicizia.
La presenza valdese a Harare. La bella rappresentanza
valdese all’«Assemblea del
Giubileo» del Cec, delegati,
steward, traduttori, non è
stata certo solo un dato folclorico. Eravamo presenti in
questo momento. Le nostre
posizioni ecumeniche. Mi
pare che ci siano ambiti comuni e ambiti assolutamente simili o complementari
nei quali i valdesi sono coinvolti in relazióni ecimieniche
in Europa e in Sud America.
Il Sinodo ha colto questo
aspetto del problema e la riflessione su quanto diciamo
in Europa e quanto diciamo
in Sud America dovrà proseguire, approfondirsi.
Due corollari al tema ecumenico. Sui tema dei matrimoni interconfessionali il Sinodo (e precedentemente il
corpo pastorale) ha riflettuto
proponendo che si awii un
contatto con la Conferenza
episcopale uruguaiana e con
quella argentina per riprendere il tema in modo analo
go a quel che abbiamo fatto
in Italia con la Gei. Non ci si
nasconde le difficoltà, soprattutto in Argentina, dove
la Conferenza episcopale pare essere abbastanza debole
rispetto al potere delle singole diocesi e dei vescovi, alcuni molto conservatori, altri
progressisti, tutti o quasi abbastanza gelosi delle loro
prerogative locali. Tentativi
fatti in passato dalla lerp e
dagli anglicani per dare se
non soluzioni almeno criteri
per affrontare il problema
dei matrimoni interconfessionali non erano giunti a
buon porto. Più facile forse
la situazione in Uruguay, dove alcuni vescovi già si erano
informati sul senso e sulla
portata dell’accordo raggiunto in Italia.
^11 Giubileo
Infine un’eco delle nostre
posizioni sul Giubileo cattolico e l’anno 2000 è stato anche raccolto dal Sinodo. Qui
la presenza massiccia del
Vaticano e l’onnipresenza
nei media del papa e del
mondo cattolico è meno ossessiva, rispetto all’Italia, ma
proprio per questo una riflessione sul senso biblico
del giubileo, sulla traiettoria
storica che l’idea del giubileo
ha rappresentato, anche nelle forme per noi inaccettabili
che legavano e legano l’idea
dell’anno santo alle indulgenze, e infine sull’eventuale
attualità del tema (la questione del debito internazionale si può porre in relazione reale ed efficace con l’utopia del giubileo?) è una riflessione che da questa parte
dell’Oceano può essere più
pacata che da noi, ma non
per questo meno ricca e meno fedéle al dato biblico. Attendiamo con interesse notizie sulla Settimana della libertà e U materiale della Fcei
in proposito, e ringraziamo
Riforma per l’informazione
che ha portato sul tema, da
diversi punti di vista.
» I cristiani sono chiamati ad assumere le realtà di esclusione e di ingiustizia
La chiesa non assiste dal di fuori ai problemi del mondo
SEBGIO BEBTINAT*_______
T ^ASSEMBLEA sinodale suGdamericana del 1999 lasaldo abbastanza poA causa del troppo temP? dedicato a problemi inter’’*6 regolamentari, sono e®®rse solo alcune prospettidi servizio ed educazione
^ana, in una linea di imWo missionario al di fuori
nostro ambito, che ci per®^ono di intravedere quale
la nostra chiesa che vuoaffermare le sue radici in
Wsta parte del mondo,
»■pholineo in particolare
d(>n "Servizio nella linea
, da missione» che parla
da necessità di chiarire il
^so del servizio diaconale
rapporto con la proclama'lell’Evangelo in riferi
- alla grande quantità e
di piccole e non tanto
e opere di servizio sor
, -Je
«che
ideile comunità locali. Cre
quésto atto, che dà
sta^Postazione alla richiedeli dialisi profonda
jn,j*!^'restione da tutti gli
®d av” chiesa, aiuterà
del comprensione
eli là del lavoro
derii Centri di servizio
anziani, ai
“R di strada o disabili.
*«tiz» ’ Pennetterà di va'«mwfn ® appoggiare il
servizio delle co*Ponri *oro intento di ri®re con coerenza alla
chiamata delI’Evangelo così
come di assumere la realtà di
esclusione e ingiustizia alle
quali tante persone sono
condannate a causa della disoccupazione e dei bassi salari. E tutto questo nella prospettiva di una chiesa che
non assiste da fuori ai problemi del mondo, ma vi partecipa lasciando le porte
aperte per ricevere nel suo
seno queste parsone più in
difficoltà e fare sentire loro la
fraternità di Cristo.
Il Sinodo visto dalla comunità locale che lo ha ospitato
Quando, nel 1997, abbiamo incominciato a pensare
di proporci come sede del Sinodo 1999 pensavamo soprattutto ai più giovani tra
noi che non avevano potuto
vivere l’esperienza precedente del Sinodo del 1985. Ma in
realtà l’esperienza ha arricchito molto tutti noi. La necessità di organizzare la partecipazione di oltre cento
persone di altri luoghi ci ha
consentito di avere un atteggiamento di maggiore apertura e ricettività e di unirci in
vista di un obiettivo comune.
Il sentimento di appartenere
a una comunità si afferma e
si consolida quando possiamo sentirci parte del corpo, e
questo si raggiunge quando
abbiamo una determinata
funzione. In questo il Sinodo
ci ha aiutati. Un altro aspetto
I moderatori delle due aree della Chiesa valdese, Gianni Rostan e
Delmo Rostan
che ci ha arricchiti molto è
stata la possibilità dell’incontro e l’interscambio con altri
che vengono con una fede
comune ma con modi di vivere e esperienze diverse.
Questo aiuta ad avere un atteggiamento di apertura e
dialogo che aiuta a crescere
come persone e come comunità. Infine, il Sinodo 1999 ci
ha permesso di potenziare la
presenza della Chiesa valdese
nella società della regione argentina di Entre Rios perché,
prima e durante i lavori sino
dali, i mezzi di informazione
se ne sono interessati molto
sottolineando che il Sinodo è
la massima istanza decisionale tra i valdesi, in opposizione alla struttura gerarchica del cattolicesimo. I mezzi
di informazione hanno dato
anche uno spazio importante
a interviste a diverse persone,
pastori e laici, che hanno
condiviso le loro esperienze e
la vita di fede.
* pastore della Chiesa valdese
di San Gustavo-La Paz dove si è
tenuto il Sinodo
PAG. 9 RIFORMA
Agenda
TORINO — Alle ore 21, nel tempio valdese di corso Vittorio
Emanuele, la corale polifonica «Dissonanze», diretta da
Paola De Faveri, esegue musiche di Attaignant, Certon,
Hassler, Banchieri, Mozart, Bach, Donati. Ingresso £ 5.000.
MANTOVA — Alle ore 21, presso l’Istituto di Scienze religiose San Francesco (viale Pitentino 20), U prof. Paolo Ricca parìa sul tema: «I percorsi della Chiesa evangelica».
ALESSANDRIA — AUe ore 21, nel salone teatro «Regala un
sorriso» (via Mazzini 85), fl past. Fulvio Ferrarlo presenta il
testo luterano «Il Piccolo Catechismo-Il Grande Catechismo» (Claudiana). Introduce Gianluca Nigro.
TORINO —Alle ore 15,15, nel salone valdese di corso Vittorio Emanuele 23, Marisa Avigdor (Amicizia ebraico-cristiana), Rina Lydia Caponetto (scrittrice). Ciglia Tedesco (parlamentare) e Giacomina Tagliaferri (Gruppo donne credenti)
discutono su: «Incontrarsi e riconoscersi: testimonianze e
dialoghi tra dorme». Introduce Gabriella Bianciardi (Coordinamento donne credenti). Verrà presentato il libro di Piera
Egidi «Incontri» (ed. Claudiana, 1998), presente l’autrice.
TRIESTE — Alle ore 18,30, presso il Gruppo ecumenico
(via Tigor 24), l’archimandrita Timotheos Eleftheriou parla
sul tema: «Dio Padre nella teologia ortodossa».
SIENA — Alle ore 18, nella sala lauree della facoltà di Giurisprudenza (piazza San Francesco 7), il prof. Enzo Balocchi,
il prof. Giorgio Spini e il past. Eugenio Stretti discutono il
tema: «La libertà di religione in Italia; il caso pentecostale».
MILANO — Alle ore 18, presso la libreria Claudiana (via
Sforza 12/a), Maria Giovanna Di Salvo, Adriana Goldstaub e
Michele Sarfatti discutono il libro di Cesare G. De Michelis
«Il manoscritto inesistente. I “Protocolli dei savi di Sion”:
un apocrifo delXX secolo» (Marsilio), presente l’autore.
TORINO — AUe 18,30, alla gaUeria Area (via Napione 15),
per la rassegna «Arte, donne ed altre donne», si apre la
mostra deUa pittrice Alma Zoppegni (che sarà visitabUe fino al 27 marzo). Carla Torrero legge alcune poesie daUa
raccolta di Piera Egidi «L’anno di Saturno» (ed. Masoero,
con presentazioni dU Tiziana Conti e Marina Jarre).
ììmìmu—
1—il
TORINO — Alle 20,45, neUa chiesa battista di Lucente (via
Viterbo 119), l’ing. Davide Valente presenta una serie di
diapositive sull’archeologia deU’Antico Testamento.
MANTOVA — Alle ore 15, presso il Centro di lettura deUa
Circoscrizione 2 (via Facciotto 5), il pastore Gianmaria Grimaldi tiene una conversazione sul movimento valdese.
UDINE — Alle ore 18, neUa chiesa metodista (piazza D’Annunzio 9), Aldo Colonnello parla sul tema: «“Il Menocchio”: un mugnaio eretico e Tlnquisizione».
FIRENZE — AUe ore 18, in via Manzoni, Brunero Gherardini, Jürgen Kleemann e Gino Conte parlano sul tema; «Salvati per grazia: il cuore dell’Evangelo nella controversia
confessionale». Modera il pastore Raffaele Volpe.
PALERMO — AUe 17,30, presso U Centro evangelico di cultura «G. BoneUi» (via Spezio 43), Laura Ronchi De Michelis
parla sul tema: «Il GiubUeo neUa Bibbia e nella storia».
CINISELLO BALSAMO — Alle 21, presso U Centro culturale
«Lombardini» (via Montegrappa 62/b), si tiene un dibattito
su: «La tecnologia: una minaccia alla cultura e aUe tradizioni di una minoranza», con Paul Roland, pacifista americano, EmUio Molinari, Vincenzo Acquaviva, Francesco CasaroUi, delegati italiani presso gli Apache del Monte Graham.
PERUGIA — AUe ore 17, nella Sala di partecipazione del
Consiglio provinciale (piazza Italia), U pastore Giorgio Bouchard presenta U suo Ubro «Cristianesimo: storia, dottrina,
diffusione» (ed. Idealibri, 1998).
NAPOLI —AUe ore 18,30 delle due giornate, nella chiesa
battista di Fuorigrotta (via Cumana 23/f) l’Associazione
battista del Napoletano organizza due incontri sul tema:
«Evangelizzazione attraverso il contatto personale».
MILANO — AUe ore 17, presso il Centro culturale protestante (via Sforza 12/a), il prof. Bruno Corsani parla sul tema: «Il Dio biblico e le religioni del mondo antico».
VENEZIA —AUe ore 9,30 a Ca’ Dolfin (Dorsoduro 3825/e)
si apre il convegno «Omosessualità, società civile e coscienza religiosa», con interventi di Franca Bimbi, Luigi
Malacrida, Cristian Demur (pastore riformato), BasiUo Petra (teologo cattolico), Roberto Del Favero (psicologo),
Francesco Rivetta, Paola DaU’Orto, Fulvio Ferrario (pastore valdese), Ezio Mensione (avvocato).
GROSSETO Alle ore 17,30, al palazzo della Provincia
(piazza Dante), il pastore Claudio lafrate parla sul tema:
«II giubUeo bibUco come modello di società».
•i.'fi V .
CASORATE PRIMO —AUe ore 16,30, nel tempio battista
(via Tosi 21), si tiene un concerto della corale «The Celebration Singers» organizzato in collaborazione con la parrocchia di San Vittore Martire e il Comune.
ROà^ — AUe 16 al Sae (via Giusti 12), Carmine Di Sante e
Maria Bonafede parlano sul tema: «La fraternità universale» nell’ambito del ciclo su «Ritorno al Padre, tappe di un
cammino ecumenico di conversione e riconciliazione».
18
PAG. 10 RIFORMA
Riforma
Sanremo e San Paolo
Eugenio Bernardini
«Non dimenticate di essere ospitali con gli stranieri poiché alcuni hanno ospitato degli angeli senza saperlo»
(Ebrei 13,2). Questo breve testo del Nuovo Testamento, attribuito tradizionalmente all’apostolo Paolo, ha scatenato
una polemica politica sul festival di Sanremo. 11 cantautore Ivano Fossati, infatti, ha chiesto e ottenuto che la frase
scorresse in sovrimpressione sul video alla fine della sua
bellissima canzone «Mio fratello che guarda il mondo» che
si riferisce a coloro che lasciano il proprio paese perché
vogliono vivere lontano dalla povertà o dalla guerra. Immediate le proteste, soprattutto da parte della Lega che in
questi giorni sta raccogliendo firme per un referendum
che abroghi la legge Tmco-Napolitano sull’immigrazione.
Fossati è stato anche criticato per avere sbagliato la «citazione dal Vangelo» (titolo de «La Stampa» del 26 febbraio,
pagina 25, così molti cattolici continuano a chiamare il
Nuovo Testamento) perché ha attribuito a «San Paolo» una
citazione «suggestiva ed efficace ma clamorosamente errata
visto che quella magnifica Lettera è ormai considerata apocrifa dalla stessa Chiesa (a differenza dalle sette lettere definite con certezza “autenticamente” scritte da San Paolo) e
che durante la messa viene citata come Lettera agli ebrei
senza ulteriore specificazione di paternità» (Pierluigi Battista, nell’articolo citato de «La Stampa»). Effettivamente
l’esegesi storico-critica, nata in ambito protestante e ormai
acquisita in ambito cattolico, ritiene che la tradizione della
chiesa antica abbia sbagliato ad attribuire questa lettera
all’«Apostolo delle genti»: la lettera è dunque anonima ma
canonica (non «apocrifa», cioè fuori dal canone, come scrive Battista), quindi fa legittimamente parte del Nuovo Testamento. Nessuno, invece, ha notato che il testo biblico
originale non contiene la parola «stranieri» anche se si riferisce a coloro che non sono «del posto». Ma non è «del posto» anche qualcuno di un paese vicino, magari della mia
medesima nazionalità, cultura e religione. L’invito, insomma, è a essere ospitali verso chiunque bussi alla tua porta.
Ma la voglia di polemica politica e ideologica, o semplicemente Timmaginario collettivo, su ima questione «calda» come queUa degli immigrati, non può certo rispettare
la lettera e lo spirito del testo. Anche la canzone di Ivano
Fossati, in fondo, non si riferisce solo all’immagine tipo
dell’immigrato ma anche a quella gran massa di profu^
di ogni nazionalità, cultura, religione e formazione professionale che si sposta alla ricerca di luoghi che consentano
una vita più vivibile e dignitosa. Come gii italiani fino a pochi anni fa. Molti, credo, ricorderanno un’altra canzone di
Sanremo, «Che sarà» mi sembra che si chiamasse, cantata
dal gruppo dei «Ricchi e poveri» in coppia con José Feliciano: «Paese mio che stai sulla collina», diceva con stru^mento l’emigrante italiano in procinto di lasciare il paesello natio per terre lontane, magari anche in Italia, dove
avrebbe cercato un lavoro generico, «so far tutto o forse
niente» ammetteva, ma poi l’ansia veniva superata daila
speranza «ma domani si vedrà e sarà, sarà quel che sarà».
Sono passati pochi anni, neppure il tempo di una generazione, e forse il capovolgimento di prospettive è troppo
rapido per molta gente comune, per alcuni politici, per le
strutture, soprattutto pubbliche, del nostro paese. Inoltre,
l’intera Europa sta attraversando questa emergenza: immigrati e profughi arrivano da Sud e da Est in numero
molto superiore rispetto al passato, richiamati anche dal
fatto che l’economia del vecchio continente è in affanno e
cerca lavoratori a basso costo o che svolgano mansioni
che gli europei non voglio più svolgere. La legge TurcoNapolitano, che neppure chi la critica conosce, è una buona legge, anche in riferimento alla situazione degli altri
paesi deirUnione europea, ma non è ancora operativa se
non in minima parte, anche per responsabilità del governo e della pubblica amministrazione. La Lega, invece che
chiederne l’applicazione con fermezza e rigore, vorrebbe
abrogarla facendoci precipitare nuovamente nell’abisso
della deregolamentazione selvaggia, mandando all’aria gli
accordi con i paesi del Mediterraneo sul rimpatrio dei
clandestini, sui flussi di ingresso e sul trasferimento di risorse per creare migliori opportunità negli stessi paesi di
emigrazione. Non è un’operazione politica intelligente,
ma demagogica sì, soprattutto in fase pre-elettorale.
.Riforma
E-Mail (Torino): riforma@alpcom.it
E-Mail (Napoli): riforma.na@mbox.netway.it
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DIRETTORE: Eugenio Bernardini VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD: Anna Maffei. IN REDAZIONE: Alberto Corsani, Marta D'Auria, Emmanuele Paschetto, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan (coordinatore de L’eco delle valli) Federica Tourn. COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino Di
Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrano, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio
Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro,
Luisa Nitti, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi.
REVISIONE EDITORIALE:Stelio Armand-Hugon; GRARCA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
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iMApuòanin vwdUiJivgnlniMrite
1996
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1® gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 9 del 26 febbraio 1999 è stato spedito dall'LIfficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 25 febbraio 1999.
VENERDÌ 5 MARZO Iqq,
venerdì
II centro è la professione trinitaria, cristologica e dossologica della fede
indulgenza non è il centro del Giubileo
La prassi penitenziale della Chiesa cattolica è cambiata e sta cambiando ancori
Le urgenze della testimonianza cristiana comune non ammettono moratorie
MARIO POLASTRO*
CARO direttore,
ti ringrazio fraternamente di avermi sollecitato a scrivere qualcosa sul tema scottante dell’«indulgenza giubilare». Il mio è «un punto di
vista» cattolico, non l’unico
eppure legittimo all’interno
del pluralismo oggi esistente.
Capisco la tua delusione e la
tua sofferenza di evangelico
di fronte al Giubileo e in particolare di fronte all’indulgenza; posso dirti che come
presbitero cattolico sono
partecipe di entrambi i sentimenti. Tuttavia dobbiamo
continuare a parlarci, a confrontarci, a esercitare la reciproca correzione fraterna
nello spirito della frànchezza
dell’Evangelo. Cercherò di
sviluppare schematicamente
alcuni pimti.
1) È vero che in fatto di «indulgenza» proprio nulla è
cambiato nella Chiesa cattolico-romana? No, non è vero.
Da informazioni che ho avuto
pare che la prima bozza della
Bolla Incarnationis mysterium (29 novembre 1998),
con la parte dispositiva sull’indulgenza, sia stata bocciata dagli organismi ecumenici
cattolici perché ritenuta non
conforme ai principi teologici
dell’ecumenismo. Di qui la
revisione e la nuova bozza.
L’indulgenza è collocata nel
discorso più generale della
«conversione» e del «perdono» (Bolla, im. 9-10). In particolare nella premessa alle
«Disposizioni» si afferma:
«Culmine del Giubileo è rincontro con Dio Padre, per
mezzo di Cristo Salvatore,
presente nella sua Chiesa, in
modo speciale nei suoi Sacramenti. Per questo motivo, tutto il cammino giubilare, preparato dal pellegrinaggio, ha
come punto di partenza e di
arrivo la celebrazione del sacramento della Penitenza e di
quello dell’Eucaristia, mistero
pasquale di Cristo nostra pace
e nostra riconciliazione: è
questo rincontro trasformante che apre al dono dell’indulgenza per sé e per gli altri».
Non è quindi una semplice
formalità o una «captatio benevolentiae» l’affermazione
forte e gravida di conseguenze, che si trova nella stessa
«premessa»: «Cristo è l’indulgenza e la propiziazione per i
nostri peccati (cfr. I Giov. 2,
2). Egli, efl’ondendo nel cuore
dei fedeli lo Spirito Santo che
è la remissione dei peccati,
spinge ciascuno ad un filiale
e fiducioso incontro con il
Padre delle misericordie. Da
questo incontro sgorgano gli
impegni di conversione e di
Un momento dell’Assemblea ecumenica europea di Graz ’97
rinnovamento, di comunione
ecclesiale e di carità verso i
fratelli». È un passaggio questo, che ha introdotto elementi di novità tali da far
esplodere in futuro la vecchia
concezione deU’indulgenza.
E qualcosa di veramente
nuovo c’è già in tutta la bolla
papale, in contrasto quasi
con le «Disposizioni» che
rappresentano il passato.
2) Caro direttore, quando
ci siamo incontrati a Torino,
hai giustamente fatto riferimento alla cosiddetta «gerarchia delle verità», principio
molto fecondo nel dialogo
ecumenico: e mi hai chiesto
di reagire come cattolico.
«Gerarchia delle verità» non
significa che alcune affermazioni sono più vere e altre
meno vere; ma significa che
noi dobbiamo imparare a distinguere ciò che appartiene
al nucleo essenziale della fede da ciò che è accessorio,
ciò che è centrale da ciò che è
periferico, ciò che permane
da ciò che è sviluppo più o
meno legittimo. L’indulgenza
con il Giubileo è periferia,
non è centro; è semmai legittimo sviluppo di una prassi
cattolico-romana, continuamente da riformare e da non
imporre agli altri.
Centro della fede cristiana
è la professione trinitaria e
cristologica e è la dimensione
dossologica (di lode, di benedizione) del nostro vivere e
del nostro pregare. La Bolla
del papa si apre con il canto
di lode di Efesini 1, 3-10 (n.
1): ricorda che il cammino di
preparazione al Giubileo «è
stato posto sotto il segno della Santissima Trinità: per Cristo - nello Spirito - a Dio Padre»; ribadisce che «l’Anno
Santo dovrà essere un unico,
ininterrotto canto di lode alla
Trinità, sommo Dio» e riporta un testo splendido di San
Gregorio Nazianzeno (n. 3).
Come vorrei vedere gioire te,
e gli evangelici in generale,
intorno a questa comune affermazione di fede, come intorno all’impegno di giustizia
e di liberazione degli schiavi,
che scaturisce dall’agape in
relazione a Levitico 25!
Centrale per la fede cristiana è la conversione, il perdono, il credere al Vangelo
(Marco 1, 15). La prassi penitenziale della chiesa, che cerca di concretizzare tutto questo, è cambiata e sta cambiando ancora. Ed è giusto
che sia così. La Bolla non
parla di «dogma» ma di «antica convinzione» (n. 9 - «Fin
dall’antichità la Chiesa è
sempre stata profondamente
convinta...»). L’indulgenza è
un’appendice di questa prassi penitenziale in movimento: il catechismo della Chiesa
cattolica ne parla dopo gli effetti del sacramento del perdono (nn. 1471-1479): la bolla la pone tra i segni del giubileo; molti vescovi e preti
ammettono la reale difficoltà
a parlare di «indulgenza», in
quanto il tutto si regge su una
visione e un linguaggio di altri tempi (colpa, pena eterna,
pena temporale, soddisfazione, ecc.). La rivista dei Gesuiti La civiltà cattolica (19 dicembre 1998, p. 631) riconosce che anche per molti cattolici «l’uso dell’indulgenza
suona desueto». Per cui nella
mia comunità parrocchiale
cerchiamo di curare molto le
liturgie penitenziali comunitarie senza perderci dietro
l’indulgenza; semmai alcuni
elementi positivi dell’indulgenza li recuperiamo (opere
di carità, opere di giustizia,
digiuno, penitenza, ecc.) col
D1 tanto in tanto i nostri
mezzi di comunicazione
denunciano la piaga inaudita
della prostituzione e del suo
sfruttamento. La vediamo
ogni giorno in modo concreto e multicolore nelle strade
periferiche delle nostre città.
E uscito in questi giorni un libro-inchiesta sulla prostituzione proveniente dall’Est
europeo. Sono oltre 500.000
in Europa occidentale le «lucciole» provenienti da Romania, Polonia, Ucraina, Bosnia
e soprattutto Albania. Si tratta di giovani donne (molte
ancora minorenni) avviate
alla prostituzione con l’inganno e la violenza. La lettura del libro è agghiacciante:
solleva il velo su uno scenario
ripugnante che spesso preferiamo ignorare. Le donne, vere e proprie schiave (è il titolo
del libro) sono tenute in servitù dagli sfruttatori median
lA____. V
.. ■/-"■'• '•
ÙL\IC.
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Sesso senza amor
PIERO bensì
te le minacce, le percosse, i
ricatti e, se sgarrano, la morte. Ogni prostituta deve versare al suo boss da uno a due
milioni al giorno e nulla rimane per lei, se non il terrore
di vedere minacciato il proprio figlio, rapito dalla famiglia d’origine. Un giro d’affari
di molti miliardi che banche
europee compiacenti aiutano
a manovrare.
Ma ciò di cui non si parla
mai è la responsabilità morale dei clienti delle prostitute.
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credenti rii
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locandoli in un quadro nuj
vo, più evangelico.
3) Voglio fare un’ultima
rie di considerazioni. Nell’jj
dulgenza (al di là della pareli
che secondo me è da '
donare) ci sono due elemej
ti, che forse possiamo reej.
perare insieme, e un altro clu
invece per ora ci separa.
Il primo elemento común
è la solidarietà nel peccato)
nella grazia. Non siamo
nel nostro cammino di conversione; Dio ci cerca e ci viene incontro da lontano, e in
torno a noi ci sono fratelli
sorelle che intercedono, eli)
incoraggiano, che sorreggono... Il secondo elemento comune è questo: il discorso
sull’indulgenza si basa sol
fatto che anche dopo il perdono rimane in me «un attaccamento malsano alle creature», una inclinazione al mal)
(Bolla n. 10). Questo può forse essere visto come il «simi
justas et peccator» della Riforma protestante; è facile infaif
dire «confesso il peccato esano perdonato», ma cornei
quando questo perdono pas-i
sa dal piano sacramentaleil
quello esistenziale permeai-j
do tutta la mia vita?
L’altro elemento, quello
che ci separa ancora, è ilpsto, la funzione della chiesa
nel cammino di conversone
in vista del perdono. Per noi
cattolici la chiesa è «ministra
del perdono», perdono che
viene da Dio solo, in Cristo,
nello Spirito Santo, mediante
la chiesa (mediazione sacramentale). Per voi ev2ii#L\
la chiesa è «ministra
Parola» e annuncia semplicemente il perdono di Dio
(mediazione profetica). Molti
dialoghi sono aperti su questi temi. Occorre pazienza*
perseveranza.
Avremo ancora da vigilare'
e da soffrire. Continuiamo!
correggerci fraternamente,
Penso ad esempio al Congres-,
so eucaristico internazionali |
che si terrà a Roma versoli
termine del Giubileo {Terà‘
millennio adveniente, n. 55t
io vado dicendo da tempo!*
continuerò a dirlo) chejHj
messe in piazza non
«cena del Signore», sono
tro. Bisogna che ci pensiamo
Detto questo però, sente
che siamo chiamati insietnei
lodare la Santissima Trinigli
proclamare il Vangelo di ^
sù (magari con una missio®
biblica comune nel 2001)’*
testimoniare l’agape di D"
nelle opere di giustizia e
berazione secondo Leviti«
25 e Luca 4,16-30. Que*'® ®
genze comuni non amme#
no moratorie.
* parroco a Pind^
voce interi
Uscii di ca
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problema,
mio stupoi
mensa del
ta per tutti
lotocWedi
pecca,ti cc
credevo an
Sono loro, in fondo, che fanno prosperare questo sordido
commercio. Se non ci fossero
i clienti, non vi sarebbe neppure prostituzione con tutti i
suoi corollari. Ci si lamenta
dei criminali albanesi trasferiti sul suolo italiano. È vero
che in Italia il racket della
prostituzione è gestito in
gran parte da albanesi che
sono in relazione con la criminalità organizzata del loro
paese: ma è altrettanto vero
che i clienti di queste disgra
ziate giovani donne so
quasi tutti italiani, in g
parte uomini sposati in ce
di «variazioni sul tema»
Aristm
della Cas!
fronti di f
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cario da (
feria, ha i
che essai
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nei costi,
deliberati
Utenza, o
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eonale, e
nel modo
Non è un problema
zia; è un problema mora*®’
trasformazione delle cose
ze. Ai giudei che volevan®
pidare una donna j
secondo la legge antica,
replica: «Chi è senza ^
scagli per primo la
Non facciamo del mof" >
di basso profilo: sono co
to che la sessualità è un
prezioso fatto da
creatura umana. Ma n .
senza amore o, peggj°’
gamento, non ha nmj®.
vedere con il dono di D* ’
(Rubrica «Un fatto, n®
mento» della trasmist^J'p
Radiouno «Culto
curata dalla Federazio %
le chiese evangeliche io a
andata in onda dome»
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ora, è fl polena chiesa
conversone
no. Per noi
è «ministra
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), in Cristo,
I II pastore
Alfredo Sonelli
f^on è sempre facile ricordare una persona, specie se
nella comunità dove ha svolto la sua opera da molte persone più di me era conosciuto. Io e il pastore Alfredo Sonelli avevamo però qualcosa
in comune, eravamo stati
educati dalla Chiesa cattolica
ai problemi della fede.
Conobbi il pastore Sonelli
quando con la mia famiglia
decisi di stabilirmi a Torre
Pellico- Eto da circa dieci anni sposato con una donna
iridese ma ero, anche se scomunicato dalla mia chiesa di
San Secondo (Torino), ancora nella Chiesa cattolica. Mia
moglie e gli amici che nel
frattempo mi ero fatto nel
mondo valdese mi aiutavano
a farmi capire TEvangelo ma,
forse per colpa mia o forse
perché non si erano mai posti il problema, non si parlò
mai di comunione o di Santa
Cena. Eppure molte volte, al
culto, sedevo in balconata,
proprio sopra al luogo dove i
credenti ricevevano il pane e
il vino, per vedere che cosa
avrei dovuto fare se un giorno fosse toccato anche a me.
Mi pareva un sogno, e invece no. Una sera, dopo cena, mi decisi, forse per una
voce interna che mi parlava.
Uscii di casa e andai dal pastore Sonelli. Gli esposi il mio
problema, e con il massimo
mio stupore la risposta fu: la
mensa del Signore è preparata per tutti quelli che in cuor
loro chiedono perdono per i
peccp,ti commessi. Non ci
cieàeTOancora, ma al primo
culto con Santa Cena c’ero
anch’io, ed ero felice perché
potevo di nuovo comunicare
con il Padre.
Solo più tardi sono diventato valdese: è così che io ricorderò sempre il pastore Sonelli: per quelle poche e semplici parole che avevano liberato il mio cuore dal dubbio.
Grazie di cuore, pastore Sonelli. Un tuo fratello.
Luigi Vighetto
Torre Pollice
M L'Occidente
e i curdi
Noi cittadini occidentali
siamo rimasti inorriditi nel
vedere l’umiliazione a cui
Ocalan viene esposto dai turchi. Alcuni avranno pensato
che dipende dal fatto che noi
siamo cristiani e i turchi musulmani, che noi siamo occidentali e che loro non lo sono. Ma che cosa vuol dire
«occidentali», dov’è il confine
orientale del nostro mondo
occidentale?
Nel rv secolo l’imperatore
romano Teodosio dividendo
i suoi domini pose la linea di
demarcazione dove ora c’è il
confine tra Croazia e Serbia.
La Grecia veniva data all’Oriente e la cultura greca veniva conservata in traduzione
latina. Nel XV secolo la nascente cultura rinascimentale porta a un «revival» del
greco, perché? Perché i turchi stavano conquistando ciò
che restava dell’impero bizantino, se i greci volevano
salvare la loro cultura dovevano scappare in Occidente.
Un po’ come i curdi ora.
La Grecia è così entrata nel
mondo occidentale non con
il suo territorio, ma con i suoi
ionesìoa
istratàìt
:ia sempliano di Dio
ìtica). Molti
irti su quopazienza*
Un appello dalla
Casa delle diaconesse
da vigila®'
tinuiamoi
mámente,
al Congreai
Aristmtturazione avvenuta, stante la situazione debitoria
dèlia Casa valdese delle diaconesse di Torre Pellice nei confronti di fornitori e di una banca, una generosa benefattrice
fra elargito un dono di £ 100 milioni per ridurre il fido bancario da 650 a 550 milioni. La donatrice, nel farci la sua offerta, ha anche espresso la speranza (che è pure la nostra)
al uongiGT 1 ®ssa possa servire da incentivo per altri donatori.
;rnazion*Ì i f favori di ristrutturazione hanno avuto un incremento
ma verso ir “ci costi, per spese impreviste (come la scala di sicurezza) o
ileo {Tetàì^ .dfdiberate in un secondo tempo (come gli infissi): di conse?nte, n. 55t paza, ora è necessario ultimare i pagamenti e azzerare i
‘debiti. Un aiuto in questo momento, piccolo o grande che
da, vale per noi il doppio di un aiuto futuro. Anche se i tassi
ditateresse sono scesi, più trasciniamo l’estinzione del fido
“più paghiamo interessi.
involgiamo perciò un appello particolare ai numerosi
®Mci che ci hanno sostenuto e ci vorranno sostenere, affinché ci possano aiutare a chiudere questa fase finale, mettendoci così in condizione di svolgere il nostro servizio diaconale, e cioè la cura e l’assistenza ai nostri ospiti anziani,
“elmodo più sereno possibile.
Il Comitato di gestione
la tempo !•
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(la Trinitìi*
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Qonfimiti
FEBBRAIO 1999
Giubileo
Troppo grande anche per Roma
Ecumenismo
Harare, asprezze e speranze
Giovani
Nella giungla dei lavori
Società
I bambini deH’Islam
Dialogo
^Hgione degli italiani, Italia delle religioni
una copia lire 8.000; abbonattiento annuo lire 65.000;
lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 61288007
dom Nuovi Tempi, via Firenze 38,00184 Roma,
una copia omaggio telefonando allo 06-4820503, fex 4827901,
-s ''U^iiiifizzo Internet, Httpiilhella.stm.ittearicet/sct/home.htm)
profughi. Un secondo allargamento dell’Occidente verso Oriente è avvenuto nel
nostro secolo, nel secondo
dopoguerra. Non con i profughi ma con il suo territorio
strategico: la Turchia è diventata rampa di lancio privilegiata contro rUrss. La
Turchia, amico tra i «nemici»
arabi, ottenne il suo attestato
di «occidentalità» con l’ingresso neU’Alleanza atlantica
durante la guerra fredda. Voleva entrare nell’Unione europea, ma i quindici non la
hanno ritenuta abbastanza
civile per entrare in Europa.
Evidentemente a ragione!
Per alcuni Ocalan è un terrorista, ma i suoi lo chiamano «Apo», zio. Perché? Non
un padre, ma uno zio. Uno di
famiglia, ma non necessariamente un parente stretto.
Quando si è bambini, molti
amici dei genitori si fanno
chiamare «zio» o «zia». Il genitore, rispettando il suo ruolo educativo, è anche severo;
lo zio no. Nella storia del cristianesimo ci sono degli zii:
se i valdesi sono sopravvissuti fino alla Riforma, lo devono
soprattutto ai «barba» (che
vuol dire zio), che hanno annunciato l’Evangelo per più
di 300 anni vagando per l’Europa. Ci sono degli «zii» anche nel-nostro parlare comune. Negli Anni 50 in Italia
molti sognavano di avere uno
«zio d’America» e proprio negli Stati Uniti, la patria si
identifica nello «zio Sam».
Tornando a «Apo» Ocalan,
che dire di lui? Non siamo in
diritto di giudicarlo dal momento che in suo nome migliaia di persone manifestano
in tutta Europa; e che queste
persone non inneggiano fanaticamente al suo nome, ma
urlano il dolore di un popolo
intero. Dolore rappresentato
in questo momento non da
un capo, ma da uno zio.
Che cosa possiamo fare allora per imporre la fine della
violenza turca e della sofferenza curda? Pare pressione ai
nostri governi, prendere coscienza del nostro essere consumatori, scoprire e boicottare le aziende italiane ed estere
che alimentano queste violenze. Anche perché è ora di
finirla con le barbarie perpetrate per compiacere il dio
Economia. Noi abbiamo già
un Dio e l’economia è stata
donata all’umanità per potere
meglio gestire se stessi e la
creazione. E Ocalan? Zio Ocalan non doveva venire in Occidente. Ha solo dato fastidio.
Peter Ciuccio - Roma
3e
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via P.Lambertenghi, 28
20159 Miiano
Nev
notizie evangeliche
agenzia stampa
della federazione
delie Chiese
evangeliche
in Italia
e-mail:
fed.e vangelica @ agora.stm.it
Bisognerebbe promuovere maggiormente l'adozione
È bene vietare l'inseminazione eterologa
Mentre mi rallegro che sul n. 8 di Riforma
si sia dato largo spazio alla questione della
«inseminazione eterologa» (cioè mediante
sperma di donatore al di fuori della coppia)
desidero esprimere il mio punto di vista personale. Nella lettura dei vari articoli ho avuto la netta impressione che il problema sia
stato buttato un po’ troppo «in politica», anche se qualcuno ha opportunamente parlato di turbamento delle coscienze. Devo dire
che proprio la mia coscienza, e con essa la
mia fede, con i suoi limiti e contraddizioni,
mi hanno fatto considerare positivo l’emendamento approvato dalla Camera, che vieta
tale tipo di procreazione.
Sono profondamente convinto della costante presenza del Sigiiore nella nostra vita
terrena e di conseguenza penso sia sua la insondabile volontà anche di negare figli naturali a una coppia. E come credente ritengo
anche che una eventuale inseminazione eterologa sia una vera e propria forma di adulterio (sia pure «scientifico») Che li Signore ci
dice di non commettere. Non mi sento in linea con chi si scaglia contro la soppressione
deU’emendamento in questione ipotizzando
una maggioranza trasversale e retriva, venata di razzismo. Ponendosi su questo piano si
potrebbe allora dire che è anche razzismo 0
ricorso a un seme fecondo in sostituzione di
quello del mancato genitore.
Fra la fecondazione eterologa e l’adozione
di figli mi pare che ci sia una differenza essenziale: ci sono nel mondo milioni di bimbi
per i quali l’adozione significherebbe un
cambiamento di vita in meglio (certamente
non svalutando i relativi problemi, a partire
da quello dello sradicamento). Qui davvero i
nostri parlamentari avrebbero molto da fare
per snellire e sburocratizzare le procedure.
Uno studio dell’Associazione nazionale famiglie adottive informa che nel nostro paese
su oltre 20.000 domande per adottare un figlio 3.000 vengono soddisfatte, nella proporzione di 1.000 bimbi italiani e 2.000 stranieri.
‘ RoùerfoPeyror-Torre Pellice
Prerogative
interne - esterne
Le osservazioni che ogni
tanto ieggo sul vostro settimanale a proposito dell’operazione «Giubileo 2000» della
Chiesa cattolica e delle sue ripercussioni in campo ecumenico, mi fanno persuaso che
in questo campo regna molta
confusione nella testa di molti, giornalisti compresi. L’ecumenismo infatti è uno stile di
rapporti esterni fra chiesa e
chiesa, e ciò significa non
concorrenza, buon vicinato,
rispetto reciproco, qualche
interscambio di favori, qualche po’ di collaborazione là
dove questo è possibile, soprattutto in campo sociale,
benefico, assistenziale e sanitario-ospedaliero. Significa
ancora rapporti paritari, senza pretesa di egemonia da
parte delle chiese più grandi
verso quelle più piccole.
Ma ciascuna chiesa, nei
suoi affari «interni» è libera di
seguire la propria via e la propria coscienza collettiva. Così
la Chiesa cattolica continuerà
con la sua struttura gerarchica e internazionale, con le sue
devozioni mariane, con i suoi
santi beati, con le sue mitologie extra bibliche, con il suo
purgatorio, le sue indulgenze
«lucrabili», i suoi sette sacramenti, la sua transustanziazione e la sua pretesa infallibilità nei confronti dei suoi fedeli che fanno finta di credervi. Così le chiese protestanti
continueranno con le stravaganti teologie agostiniane in
tema di predestinazione, di
servo arbitrio e di Grazia accordata senza merito d’opere,
ma anche con la «Sola Scrittura», la libertà di coscienza, il
pastorato femminile, il rapporto diretto (non intermediato) fra il credente e Dio. E
tutte queste cose, vere o immaginarie, serie o mitologiche, fanno parte del patrimonio genetico-spirituale di ciascuna chiesa, onde non è possibiie rispettare questa senza
rispettare quelle, così come
sono, e non così come vorremmo che fossero a nostra
somiglianza.
Vista in questa più esatta
cornice, anche l’operazione
«Giubileo 2000» della Chiesa
cattolica è sì una grande manifestazione propagandistica,
ma è anche un fatto interno di
detta chiesa e dei suoi fedeli.
Di ecumenico qui non c'è
nulla, e quindi le altre chiese
non devono criticarla ma solo
mantenersene rispettosamente estranee. Infatti, ail’infuori della Chiesa cattolica, gii
unici soggetti esterni a essa
che possono avervi parte (e
interesse) sono le agenzie di
viaggi, gli albergatori, ia città
di Roma e fors’anche (in qualche misura) l’Italia stessa come paese di transito per cotanto turismo. Gli affari sono
affari, e come tali si devono
anche rispettare, ma l’ecumenismo è un’altra cosa che qui
non c’entra per nulla.
Sergio Bilato - Verona
Radio & Televisione
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico itaiiano ed estero.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
deiia Federazione delie chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche aiterne alle 23,50 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente aiie ore 9,15 circa. Domenica 7 marzo andrà in onda: «Donne-chiese, una sfida possibile»; «Musicando: un incontro con il compositore Luigi
Bonafede»; «Incontri: rubrica biblica». Replica 15 marzo.
Novità
librarie
È recentemente uscito il secondo volume dell’opera dedicata da Arturo A. Geritola
alla presenza valdese a Orsara
di Puglia. Il volume. Storia della
comunità valdese di Orsara di
Puglia (1947-1997), è pubblicato dall’editore Piero Lacaita
(vico degli Albanesi 4, Manduria, tel.-fax: 099-9711 124) al
quale può essere richiesto al
prezzo di £ 20.000.
ArtumACertoelfl
Sforia della comunità valdese
di Orsara di Puglia
(Cult un sui dH»tH!o fedcr-polltica
iteliit v«14ne d*l 3" dopocena età o^}
PICTft Editofr
m mmeartnee
Claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1-10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
http://www.arpnet.it/~valdese/claudian.htm
I: La corale
precisa
In riferimento all’articolo
sulla Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani [Riforma n. 6), vorremmo precisare
che, per quanto riguarda la
nostra partecipazione alla
Giornata di amicizia ebraicocristiana del 17 gennaio, il
nostro dissenso non è stato
nei confronti della corale «G.
Monaco» per la scelta di brani che comprendevano preghiere alla madonna, ma
piuttosto nei confronti delle
autorità ecclesiastiche cattoliche per non aver rispettato
accordi ben precisi presi precedentemente con i rappresentanti delle altre comunità
religiose (ebraica e protestante). Tali accordi prevedevaiio una scelta di brani, da
parte delle corali, che avessero elementi di unione e non
di separazione e divisione fra
le realtà religiose presenti,
come poi si è verificato. La
nostra astensione è stata pertanto causata da un atteggiamento della gerarchia cattolica livornese, a nostro parere
poco rispettoso.
La corale evangelica
di Livorno
RINGRAZIAMENTO
«In pace mi coricherò
e in pace dormirò
perché tu solo,
o Eterno, mi fai
abitare in sicurtà»
Salmo 4, 9
I familiari delia cara
Lina Peyronel ved. Beux
riconoscenti, ringraziano tutte le
persone che con presenza, scritti
e parole di conforto hanno preso
parte ai loro dolore.
Rivolgono inoltre un grazie particolare al signor Franco Siciliano,
al dr. Broue e alla signora Vanda
Camusso Bounous.
San Germano Chisone
25 febbraio 1999
RINGRAZIAMENTO
Il 21 febbraio 1999, all’età di 94
anni, è mancata
Ada Gaydou
Il fratello Relio e la sorella Emma, con i figli e le loro famiglie,
ringraziano tutti coloro che, nella
triste circostanza, hanno manifestato la loro solidarietà. In particolare ringraziano le signore Franca
e Dina e la dott.ssa Pons, che
l’hanno assistita nella lunga malattia con affetto e profesionalità.
«Ne crains donc plus, 6 âme inquiète, le lendemain. Recherche
Dieu! Toute grâce parfaite vient
de sa main».
Luserna San Giovanni
26 febbraio 1999
I nécrologi si accettano
entrò le 9 dei lunedì. Tei.
011-655278-fax 657S42.
20
PAG. 1 2 RIFORMA
L'attività del Centro metodista in Sud Africa
Il «Merryland Play Centre
»
Nel 1998 il Centro di Pietermaritzburg ha accolto 114
bambini 50 dei quali hanno problemi fisici o psicologici
ISOBEL JACOB*
PIETERMARITZBURG è
una città universitaria e
industriale. La popolazione,
di un milione di abitanti, è
composta alT80% da neri.
Nel 1998 la città è stata duramente colpita dalla recessione: molte industrie e attività
commerciali hanno chiuso e
la disoccupazione è salita al
50% della forza lavoro.
Gravi problemi sociali
Molti genitori dei nostri
bambini si sono trovati alTimprovviso senza lavoro.
Molti hanno cercato un guadagno di sopravvivenza improvvisandosi venditori di
povera mercanzia esposta su
banchetti ai bordi delle strade. In parallelo è salito il consumo di alcolici e di droga
con la distruzione del tessuto
familiare e la violenza frequente su donne e bambini.
30 nostri bambini vivono
con un solo genitore, generalmente la madre, abbandonata a se stessa, che provvede
alla sopravvivenza. 50 dei nostri bambini hanno problemi
fisici e della sfera emotiva per
la violenza subita e, talvolta,
anche l’abuso sessuale. Attualmente abbiamo un piccolo malato mentale. Molti
bimbi soffrono di convulsioni, bronchiti croniche e talvolta di epatite, a causa delle
condizioni igieniche in cui vivono. Vengono da situazioni
in cui non esiste il senso della
disciplina e della cura familiare e arrivano da noi per ricevere attenzione aile loro
necessità, cura affettuosa e
istruzione. Di recente il governo ha introdotto una legge
che stabilisce l’età dell’obbligo scolastico al compimento
dei 7 anni, quando si presume che il bambino sappia
esprimersi in inglese. L’elevamento dell’età dai 6 ai 7 anni
offre più tempo ai milioni di
piccoli neri perché possano
acquisire un livello uniforme
di abilità linguistiche. Il guaio
è che le scuole materne deputate a questa istruzione
prescolare sono praticamente inesistenti.
L'attività del Centro
Nel 1998 il Merryland Play
Centre ha continuato il suo
programma di cura e sviluppo del bambino e di istruzione prescolastica seguendo un
curriculum ben bilanciato,
arricchito da attività capaci
di catturare e mantenere viva
l’attenzione del bambino per
tutto il percorso del suo apprendimento. L’anno scola
Un'iniziativa della Chiesa metodista
Assistenza ai ragazzi di strada
della città di Pietermaritzburg
FEBE CAVAZZUTI ROSSI
Da due anni la Chiesa metodista al centro della
città di Pietermaritzburg, in
collaborazione con un gruppo di giovani volontari, gli
«Youth for Christ», offre un
servizio di assistenza ai bambini di strada, per dare alternative di speranza agli adolescenti abbandonati nelle
strade della città. La rapida
urbanizzazione che si è verificata, l’alto tasso di disoccupazione, la violenza politica
tutt’ora esistente nella zona e
il crimine, la mancanza strutturale di scuole, sono gli elementi che producono un ambiente sociale caotico e disgregato, in cui regredisce la
stabilità della famiglia e cresce l’Aids. Nelle strade ci sono circa 600 ragazzi di strada,
che non hanno casa, non
hanno un rifugio per la notte,
e si aggirano per la città questuando per un po’ di cibo e
rovistando nei bidoni della
spazzatura.
Il centro di raccolta si chiama «Sakh'isizwe», cioè «costruire la nazione». Opera dal
lunedì al venerdì dalle otto
del mattino alle quattro del
pomeriggio. Solo in casi eccezionali viene offerto un rifugio per la notte, perché il fine
è quello di ritrovare i parenti
dei ragazzi e abituarli a rientrare e vivere in un ambito familiare. Quotidianamente si
raccolgono 15-25 ragazzi, fra i
nove e i sedici anni di età. Gli
operatori sono 7: due di loro,
un assistente sociale e un
consigliere, lavorano al Centro; 2 stanno sulla strada e
raccolgono i ragazzi; 3 sono
responsabili del programma
di istruzione, ricreazione e
sviluppo di capacità. La giornata viene così suddivisa: 3
ore di alfabetizzazione e uso
dei numeri: 2 ore di sport, calcio e basket: 1 ora per l’igiene
e la cura della persona; 1 ora
per l’educazione sessuale e la
prevenzione dell’Aids, 1 ora
per l’arte e la recitazione.
Mensilmente passa dal
Centro un centinaio di ragazzi, alcuni dei quali vengono con regolarità. Gli operatori riescono a recuperare alla famiglia una media di 5
ragazzi al mese, che vengono
poi seguiti con successo a distanza. Il costo di questo
progetto viene sostenuto in
parte dalla «Missione per la
città» della Chiesa metodista
locale, ma non sarebbe realizzabile senza l’aiuto decisivo che ci viene dall’Italia, per
il quale ringraziamo e benediciamo il Signore.
stico inizia il 15 gennaio e
termina nella prima settimana di dicembre. La scuoia
apre alle 7 del mattino e
chiude alle 6 di sera. La cuoca prepara un pasto caldo,
sempre molto variato; nel
corso della giornata i bambini ricevono bevande calde o
fredde e frutta.
Il programma didattico viene pensato seguendo gli sviluppi della moderna pedagogia, in modo che tutti possano trarre profitto e stare al
passo con l’insegnamento. Le
maestre seguono corsi universitari di aggiornamento. I
programmi includono abilità
con i numeri, la lettura, la
scrittura, la creatività, il gioco
e altre abilità utili per la vita.
Le classi dei 5 e 6 anni si concentrano su esercizi di prontezza, in vista di un proficuo
inserimento nella scuola elementare. Lo sforzo delle maestre è teso allo sviluppo dei
talenti latenti nel bambino e
della sua disposizione a stabilire contatti sociali al di là
delle barriere razziali e religiose, così che possa essere
un cittadino portatore di significato nell’ambiente sociopolitico del suo paese. Il numero di alunni è stato di 114,
suddivisi in quattro gruppi,
con 50 maschietti e 64 bambine. Il personale della scuola
è composto da 10 membri.
Il 20 giugno è stato dedicato
allo sport. Tutti hanno partecipato a gare di ginnastica e a
giochi sportivi, con entusiasmo e generale divertimento.
Il 25 maggio 12 infermiere
professionali hanno dedicato
la mattinata al controllo delle
condizioni fisiche dei bambini, e hanno dato dimostrazioni pratiche dei primi elementi
di pronto soccorso, dei pericoli in casa, come l’avvelenamento per l’ingestione di farmaci e detersivi. Tutti i bambini vengono vaccinati. Il 26
maggio alunni e personale sono usciti nel vicinato: hanno
affisso dei cartelloni e cantato
delle canzoni contro l’abbandono dei rifiuti nell’ambiente;
hanno anche fatto pulizia del
suolo. Alcuni operatori del
servizio sanitario cittadino
hanno parlato dell’importanza della pulizia dell’ambiente.
Il 2 giugno, l’ufficiale responsabile del traffico cittadino ha
parlato sulla sicurezza stradale e sul comportamento che
deve avere chi guida, come
chi è passeggero o pedone.
Ma il momento più felice è
Un gruppo di bambini dei Merryland Play Centre di Pietermaritzburg
stato quando i bambini hanno potuto sedere nella camionetta dell’ufficiale, allacciare
le cinture e suonare la sirena.
Sono stati esposti molti disegni per illustrare l’uso corretto della strada e come giocare
in aree sicure. L’argomento
speciale del 31 luglio è stato
l’alimentazione. Le insegnanti hanno illustrato quali cibi
sono utili e quali sono nocivi,
con l’aiuto di collage e disegni. Il 17 agosto è stato il giorno contro i pericoli del fuoco
e degli incendi. Abbiamo avuto una squadra di pompieri
che hanno mostrato il loro
carro antincendi, l’uso delle
pompe, degli attrezzi di salvataggio e delle sirene.
Educazione al riciclaggio
Un intero ciclo di lezioni
ed esercitazioni sul tema del
riciclaggio ha avuto inizio il
20 agosto. Le insegnanti hanno spiegato cosa significa riciclare, e i bambini hanno
imparato quali materiali di
scarto sono utili per il riciclaggio e come questo avviene in pratica. I bambini si sono molto impegnati nella
raccolta di lattine, bottiglie,
plastica e carta. La scuola
aderisce a un programma cittadino che incentiva chi tiene
pulita la propria area, e pianta alberi e fiori negli spazi antistanti la scuola. Il 24 agosto
le lezioni si sono imperniate
sull’igiene orale. I bambini
hanno partecipato con divertimento a tutte le dimostrazioni e hanno fatto una grande mostra di disegni intitolata «Un giorno dal dentista». Il
4 settembre i bambini hanno
partecipato a una esibizione
di piante primaverili e hanno
imparato come si conserva la
preziosa eredità del verde
pubblico. I bambini hanno
fatto cappelli di foglie e fiori,
hanno recitato poesie e cantato delle canzoncine. Da
tempo c’è, nel recinto della
scuola, un piccolo orto dove
si insegna a coltivare ecologicamente. Il 29 giugno tutta la
scuola è andata in visita alla
Jaygar Animai Farm dove
hanno visto animali domestici e selvatici e si sono preparati delle schede su tutti gli
animali e sulle piante necessarie alla loro sopravvivenza.
In marzo abbiamo preparato una festa per i nonni. I
bambini si sono esibiti in un
piccolo concerto e hanno
servito il tè ai loro nonni. In
settembre abbiamo organizzato un giorno per i genitori.
Per tutto il giorno la scuola è
rimasta aperta alla visita dei
genitori che hanno potuto fare domande sui loro figli, sui
programmi, e discutere sul
futuro della scuola. Una psicoioga dell’infanzia, la signora Pillay, ha parlato sull’edificazione infantile, dando consigli preziosi. Il 28 novembre
è stata la festa di diploma per
i 53 bambini ammessi alla
scuola elementare, con un
concerto, recito, canto e danza. L’8 dicembre abbiamo
chiuso con la festa di Natale.
La cuoca ha preparato un
pranzo speciale e Papà Natale ha distribuito piccoli doni
e una cestina di cibo.
Grazie alla Tavola valdese
Questa relazione non può
chiudersi senza l’espressione
della più profonda gratitudine alla Tavola valdese che,
con il contributo di 56 milioni di lire, ci ha dato la possibilità di fornire la scuola dei
materiali necessari, compreso l’automezzo di cui c’era
estremo bisogno. Ringraziamo tutti gli amici italiani che
generosamente hanno aggiunto il loro dono così da
rendere possibile tutte le attività qui descritte. La scuola
gode di un’alta considerazione ed è stata gratificata con
tre riconoscimenti pubblici:
dal Dipartimento della Sanità, per l’attiva promozione
di una coscienza sanitaria e
di sicurezza del fanciullo; dal
Msunduzi Centro per l’Ainbiente, per avere adottato
un’area della città, tenei\to\a
pulita e curandola; dalla associazione «Environmentil
for Youth» l’elefante d’oro,
massimo riconoscimento.
* direttrice amministrativa
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Durante una festa dì compleanno
Dopo l'ultimo assassinio di un sacerdote cattolico nella città di Pietersburg
I vescovi sudafricani: «Qui la vita non ha più alcun valore»
Un gruppo di ragazzi di strada insieme a un operatore
L’assassinio di un altro prete cattolico romano ha portato la Conferenza episcopale
del Sud Africa a dire che nel
loro paese la vita non ha più
alcun valore. È quanto hanno scritto i vescovi sudafricani in una dichiarazione fatta
il 20 febbraio scorso, all’indomani della comparizione
in tribunale di tre persone
sospettate di aver ucciso un
prete benedettino belga di 74
anni, Albert Peleman. Il prete
è stato ammazzato a colpi di
rivoltella a casa sua, presso la
missione vicino alla città di
Pietersburg. Residente in
Africa da 15 anni, Albert Peleman aveva dedicato tutta la
vita ai ciechi e alla gente della missione dove svolgeva il
suo ministero di sacerdote.
Lavorava la terra e dava un
aiuto pratico prezioso a coloro che lo circondavano. Le
ultime parole di colui che
aveva trascorso la vita presso
i ciechi hanno sconvolto
quelli che gli stavano vicino.
«Non posso più vedere» ha
detto prima di morire.
«La morte di Padre Peleman rivela una fredda realtà
della vita in Sud Africa: la vita
non ha più alcun valore. Ci
sono quelli, e sono tanti, che
chiedono il ripristino della
pena di morte come mezzo
di dissuasione. La Chiesa non
lo raccomanda. Chiede piuttosto il lancio di una campagna nazionale per ricordare il
carattere sacro della vita
umana, cosa che non si verificherà senza la volontà di
fermare ogni forma di crimine», sottolineano i vescovi
nella loro dichiarazione.
I vescovi denunciano inoltre il proliferare delle armi
nel paese. In Sud Africa, su
una popolazione di 40 milioni di abitanti, ci sono 2,2 mi
lioni di armi da fuoco autorizzate, e altrettanto elevato è
il numero di armi non autorizzate. Secondo un documento pubblicato a Johannesburg nel febbraio scorso,
che chiede il controllo delle
armi, in media in Sud Africa
oltre 30 persone muoiono
ogni giorno da ferite di armi
da fuoco. Ogni mese oltre
2.000 armi sarebbero rubate
o smarrite. E spesso vengono
ritrovate nelle mani di coloro
che hanno intenzioni criminali. I vescovi chiedono che
«tutte le armi illegali vengano
sequestrate: tutti coloro che
hanno combattuto per la libertà dovrebbero essere invitati dai loro comandanti a restituire le loro armi».
Ma non basta disarmare la
gente, riconoscono i vescovi.
Bisogna prima di tutto e con
urgenza risolvere il problema della disoccupazione.
L’assassinio di padre Peleman è l’ultimo di una lunga
serie di aggressioni commesse in questi ultimi anni contro missionari cattolici. Nel
luglio scorso, il corpo d'
Theodelind Schreck, una religiosa tedesca di 57 anni,
veniva scoperto da una guardia forestale in una foresta
nella provincia del KwazuluNatal, quattro giorni dopo la
sua scomparsa: era stata uccisa a fucilate. Il giorno dopO’
presunto assassino
di un
prete molto popolare coin,
pariva davanti al tribunale
Mtubatuba, nella stessa ptu
vincia, a 230 chilometri
Durban. Padre MalachySke
ton, di 63 anni, era stato ag
gredito e ucciso davanti a
porta della missione catto
ca di Mtubatuba nell’otto
Gd U1 miUUdlUUd uci*
’97. Aveva lasciato *
(enO
del Nord nel 1960 per recarf^
in Sud Africa.