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Anno 118 - n. 18
30 aprile 1982
L. 400
Sped. abbonamento postale
I gruppo bis/70
BìrM
1006G TOGIU' f-'ÌLi.'--;
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
In questi ultimi mesi l’informatica e i computers sono diventati l’argomento preferito di quanti cercano una soluzione a problemi apparentemente insolubili.
Computerizzando Tamministrazione pubblica la pesante burocrazia italiana si trasformerà in
una macchina efficientissima;
moltiplicando i robots nelle fabbriche avremo tutti una produttività pari a quella giapponese;
ottimi servizi videotel ci consentiranno una ragionatissima conoscenza di quanto il mondo intero può offrire; coi giochini elettronici i nostri figlioli svilupperanno cervelloni giganti; e via
elencando con tutta la possibile
fantasia, alimentata da una visione della realtà che sembra distorta. Si ragiona ormai come se
la macchina fosse più importante dell’uomo che la usa. Gli uomini non riescono a risolvere i
loro problemi? Ci penserà la
macchina.
Ma a questo punto un momento di riflessione si impone, specialmente per chi, come dovrebbe essere per noi, pensa che sia
ancora l’uomo l’oggetto della Redenzione, e che a lui spetta il
controllo della macchina. Il che
vuoi dire che ben venga la tecnica
(e i tecnici che la sviluppano e
la controllano), ma soprattutto
rimanga e sia rafforzato il controllo dell’uomo libero sull’uso
che della macchina vien fatto. E
il problema esiste, non solo per
quella parte della tecnica utilizzata per produrre armi più so
fisticate, ma anche per quella uti
lizzata a scopi cosiddetti civili
Basti pensare a come possono
essere utilizzati gli archivi elet
ironici, capaci di schedare milio
ni di persone e di un utilizzo ra
pido ed efficiente dei dati raccolti. O aU’imhottimento di crani
reso possibile da una informazione elettronica centralizzata, di
cui abbiamo per ora un modesto
anticipo nell’« incretinimento televisivo », di cui tutti, più o
meno, già soffriamo. Ma che tipo
di conclusioni possiamo trarre
da quanto sopra?
Mi pare si possa dire che, per
non rinunciare stoltamente a
quanto consentito dalle nuove
macchine, occorrono due cose
fondamentali: una più diffusa
conoscenza delle loro possibilità
e del loro modo di utilizzo; la
progressiva formazione di uomini responsabili di se stessi capaci di esercitare tale responsabilità.
E dovremmo cominciare noi a
fare quel poco che possiamo fare, con la nostra predicazione
di protestanti che dovrebbe più
incisivamente operare in un paese come il nostro abituato, per
la cultura in cui vive, a delegare
ad altri (chiesa, partiti, sindacati, ecc.) funzioni e controlli, finendo così in una mediazione
generalizzata, per la quale tutti
arraffano quanto x>ossono e ogni
responsabilità è scaricata su altri, perdendo i contatti con i pro
blêmi di fondo e accontentando
si della tutela del proprio « parti
culare ». I nuovi mezzi rischiano
di limitare ancor più il già ri
stretto spazio di « libertà cri
^ stiana », e quindi responsabile
I che spetta anche a noi di difen
dere. È bene cominciare a fare
concretamente i conti con questo fatto. Niso De Michelis
CONCLUSI A TORRE PELLICE I LAVORI DELLA CONFERENZA DELLE CHIESE DEI PAESI LATINI
Le piccole chiese sono in anticipo
li superamento (dell’icJentificazione tra popolo e chiesa dovrebbe essere facilitato nella coscienza di chiese che, per la loro condizione storica, sono abituate a vivere nella dispersione
Al termine dell’assemblea della Conferenza delle Chiese Protestanti dei Paesi Latini d’Europa (CEPPLE), abbiamo intervistato
Giorgio Girardet, uno dei componenti della delegazione italiana, sui
lavori di questa sessione italiana della Conferenza.
— Rispetto alle grandi e pesanti Conferenze ecumeniche, la
CEPPLE, con le sue strutture
leggere, il suo formato ridotto, è
forse una Conferenza di serie B?
— No; direi che è una Conferenza proporzionata agli scopi
che si propone e soprattutto al
carattere più modesto delle chiese che vi partecipano. Le grandi
Conferenze rappresentano credenti che si contano a milioni e
decine di milioni. Qui siamo nell’ordine delle decine di migliaia
e vi sono chiese molto piccole.
La Conferenza ha perciò un aspetto anche esteriore più modesto, ma questo non vuol dire che
sia meno importante di altre.
— Non è comunque uniforme
la composizione della CEPPLE...
— Certo, aH'interno bisogna distinguere tra le chiese di minoranza (e cioè Portogallo, Spagna,
Italia, Francia, salvo alcune regioni, e Belgio) e la chiesa di popolo della Svizzera romanda.
— Malgrado queste diversità,
emerge da questa assemblea un
profilo unitario del protestantesimo latino in Europa?
— Le linee comuni emergono
quando stiamo attenti ai fatti
centrali che caratterizzano la vita delle chiese nella società di oggi e sono comuni non soltanto a
queste chiese dei paesi latini. Se
poi andiamo a guardare nel dettaglio vediamo che già tra chiese nettamente di minoranza come le tre mediterranee, Portogallo, Spagna e Italia, esistono grosse differenze. Una Conferenza come questa non può certo superare queste differenze; essa permette però di rendersi maggiormente conto delle articolazioni e anche delle responsabilità che abbiamo gli uni verso gli altri.
— E cosa ha detto questa assemblea sul tema della diaspora,
un tema che è stato variamente
dibattuto ed esaminato in questi
paesi?
— È Stato molto utile che questo tema fosse stato preparato
bene in alcuni paesi e approfondito qui nel corso dell’assemblea,
perché la diaspora è in fondo il
tema dell’esistenza della chiesa
nella società attuale in primo
luogo nelle nostre chiese di minoranza, ma anche in altre chiese.
E questa è una delle note più precise emersa nei dibattiti: il fatto che oggi è finito il tempo in
cui i popoli erano naturalmente assimilati alle chiese. Proprio la nostra condizione storica
di chiese minoritarie ci facilita
questa presa di coscienza di una
epoca post-costantiniana, successiva cioè al tempo, iniziato con
l’imperatore Costantino, in cui
per 16 secoli è stata ovvia e naturale l’identificazione tra popolo e chiesa. Oggi, in un tempo in
cui le chiese si sono avviate nella
direzione di un superamento di
quella situazione, per ragioni storiche noi ci stiamo arrivando un
po’ prima degli altri.
La diaspora
— E quali problemi pone in
questo contesto la situazione di
diaspora?
— Problemi legati al fatto che
il modello di chiesa non può più
essere quello.centrato intorno ad
un luogo di culto con un ministero a pieno tempo, e una serie di
attività in un quadro che noi continuiamo a chiamare normale.
MATTEO 4: 23
Gesù^ il nostro guaritore
E Gesù andava attorno per tutta la Galilea insegnando nelle loro
sinagoghe e predicando l’evangelo del Regno, sanando ogni malattia
ed o,gni infermità fra il popolo.
La predicazione e l’insegnamento di Gesù « il Regno è vicino » si traducono immediatamente in azioni concrete: egli guarisce ed ogni guarigione è segno di
questo Regno che viene, vittoria
sulla malattia e sulla morte, sul
peccato che è all'origine di queste realtà.
Matteo usa due volte, in maniera pressoché identica, questa formula riassuntiva dell’attività di
Gesù: al cap. 4 versetto 23 e in
9: 35. E tra questi due sommari,
i capitoli 5-7 descrivono la sua
opera di insegnamento e predicazione, mentre i capitoti 8 e 9 descrivono la sua attività di guaritore, con il racconto di molte guarigioni (e la risurrezione della figlia di Jairo) cui si aggiunge l'episodio della tempesta sedata.
Si ha quindi l’impressione che,
correttamente, Gesù si presenti
prima come maestro e profeta ed
in seguito come guaritore. In
realtà Matteo dopo il sommario
del versetto 23 descrive con abbondanza di particolari le varie
malattie cui Gesù porta guarigione, per dire da un lato che egli è
veramente potente tanto che nessun genere di malattia gli può resistere, dall’altro che egli è venuto a cercare l’uomo, ad amarlo e
salvarlo nella sua totalità e non
per dargli ammaestramenti, consigli, leggi. Nelle guarigioni appare evidente il collegamento di
Gesù col Regno: egli non lo annuncia soltanto, non lo insegna
soltanto, lo porta, potremmo quasi dire che lo crea. Ne è veramente l'annunciatore e il signore.
Non credo sia un caso che il
sommario di 9: 35 sia seguito dall'affermazione che Gesù, « vedendo le folle, ne ebbe compassione,
perché erano stanche e sfinite, come pecore che non hanno pastore ». La nostra sensibilità ci mette in allarme, perché è facile, agendu così, essere fraintesi, essere strumentalizzati, essere complici di chi non pensa che al proprio benessere. Ed è certamente
vero, ma è vero anche che troppe
volte, per evitare tali rischi, si è
dimenticato che l’amore verso il
prossimo comprende e non esclude il suo benessere. E’ vero che
l'uomo non vive di solo pane, ma
è altrettanto vero che senza pane non vive. E questa particolare
sensibilità percorre tutto l’Evangelo di Matteo, è come una caratteristica del suo messaggio e viene riflessa come una pressante
richiesta di impegno ai suoi discepoli: ciò che distingue le pe
core dai capri è appunto l’aver
fatto o non fatto certe azioni
concrete di amore per l’altro.
E questa compassione per gli
uomini porta Gesù a « prendere
su di sé le nostre infermità, a
portare le nostre malattie ». Gesù
guarisce perché diventa lui il malato. E’ chiaro anche in questo
il collegamento tra malattia e
peccato, tra guarigione e perdono.
Tuttavia la guarigione rimane
un segno del Regno e non già la
inaugurazione di un’era di felicità e di benessere. La tensione rimane, e profonda, tra l’oggi e la
promessa di una vittoria definitiva. Anche se Gesù ha dato ai suoi
discepoli il mandato di andare e
« sanare gl’infermi, risuscitare i
morti, mondare i lebbrosi, cacciare i dèmoni» (Matteo IO: 8),
la malattia permane non solo come segno della debolezza della
fede e della insufficienza della
preghiera della chiesa, ma come
segno di quella condizione umana che Gesù ha voluto prendere
su di sé. Come tale, anche la malattia diventa il campo della testimonianza dell’amore di colui
che ha guarito, guarisce e guarirà, come ha ben scritto nell’ultimo numero di questo settimanale
una persona che conosce i « malati in ospedale ».
Bruno Bellion
Esso consiste invece in un’articolazione della vita dei cristiani nella dispersione che da un lato non
gode di queste strutture stabili,
dall’altro consente invece un contatto molto maggiore e più immediato con la realtà sociale in
cui vivono questi credenti. I laici si trovano così automaticamente ad occupare posti di maggiore responsabilità in questo lavoro della diaspora. Nascono inoltre necessità di ritrovarsi tra
cristiani che appartengono a denominazioni evangeliche diverse.
È anche più facile avere degli
scambi da uomo a uomo con i
cattolici. Questi aspetti dovrebbero forse essere valorizzati anche per la chiesa che non si trovi
in situazione di diaspora. Bisogna tuttavia ricordare che la diaspora arriva ormai perfino nelle
grandi città. In tutte le grandi
città dell’area dell’Europa che abbiamo considerato esistono questi problemi di dispersione sociale per cui la chiesa c’è, la gente c’è, però l’odierno sistema di
vita non permette un ritrovarsi
regolare e sono quindi necessarie strutture diverse perché la
chiesa continui a vivere anche in
situazioni nuove. Si è parlato per
esempio di un’esperienza riscontrata in Spagna, dove famiglie si
sono insediate volontariamente
in determinati quartieri cittadini,
per costituire un nucleo di comunità di diaspora cittadina. La
diaspora è stata quindi vista anchte come una possibilità missionaria di testimonianza.
— Ma non c’è in questo il rischio di idealizzare la situazione
di diaspora?
— Indubbiamente la situazione
di diaspora è una situazione difficile specialmente per chi è abituato ad una determinata struttura di chiesa, per chi ha delle
responsabilità educative per i
propri bambini e giovani. Queste
difficoltà oggettive sono anche
aggravate dai fatto che le chiese
e i loro responsabili partono sempre dal modello « normale » della
grande chiesa mentre la chiesa
di diaspora non viene affrontata
come un problema diverso o viene trattata come se fosse una
chiesa ridotta ai minimi termini
in cui si cerca di riprodurre in
miniatura tutto l’apparato — non
tutte le domeniche, per esempio
una volta ogni due mesi — sempre secondo lo stesso modello
« normale ». Ed è anche questa
mancanza di fantasia creativa da
parte delle chiese che crea poi
un complesso di inferiorità in chi
vive in diaspora.
Il cattolicesimo
— Molte delle chiese che fanno
parte della CEPPLE vivono in
paesi a maggioranza cattolica.
Cosa si è detto a questo proposito nell’assemblea?
C’è un problema aperto e una
differenza all’interno delle chiese
a cura di
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 4)
2
2 vita delle chiese
30 aprile 1982
NOTIZIE DALLA REGIONE RIOPLATENSE
Listituto ecumenico
INCONTRO CON LA CHIESA DI CRISTO
Opera di restauro
Un tempo isolato rispetto alle nostre chiese, svolge oggi un’importante opera a contatto con le chiese e con la società secolarizzata
A Montevideo, diretto attualmente da César Rodriguez Jourdan, laico della chiesa valdese di
Montevideo, l'istituto ecumenico
è uno strumento importante per
il dialogo ecumenico e una porta aperta per le relazioni con la
chiesa cattolica. Si tratta dell'unica istituzione ecumenica che,
insieme con la commissione per
le relazioni ecumeniche della Federazione delle chiese evangeliche dell’Uruguay, mantiene il dialogo con il cattolicesimo uruguayano. Un esempio concreto è
il corso che ha organizzato per
pastori e laici dall’ll al 13 novembre dell'anno scorso sul tema: « La teologia cattolica e protestante contemporanea in America latina e la sua importanza
per la pastorale ». Questa attività, oltre che dall’istituto ecumenico di Montevideo, è stata patrocinata anche dalla facoltà valdese di teologia di Buenos Aires
e dall'istituto teologico di Montevideo, della chiesa cattolica.
Le relazioni sono state presentate dai sacerdoti Pablo Bonavia
e .Aroldo Ponce de Leon e dal
dottor José Miguez Bonino. Si
tratta di un tentativo di approfondire la ricerca teologica di
una risposta pastorale fedele alla Parola e impegnata nell’incontro con l’uomo contemporaneo.
Da chi dipende
L’istituto ecumenico appartiene alla chiesa luterana degli
Stati Uniti, che lo mantiene con
una linea ecumenica ben precisa. Questa chiesa sorella degli
Stati Uniti non ha intenzione di
mantenere in Montevideo una
comunità, ma anni fa questa ci
fu effettivamente e fu anche molto importante; questo lavoro terminò però quando essa confluì
nella comunità locale della lERP
(Chiesa e^’a^gelica del Rio de la
Piata). La chiesa luterana decise
di mantenere questo istituto come un'opera di servizio e come
il suo contributo ecumenico alle chiese uruguayane. Esiste ora
solo una comunità luterana di
origine statunitense nella città
frontaliera di Rivera che confina con la città brasiliana di Santa Ana do Livramento. Questo
strumento di lavoro è gestito
da un consiglio direttivo che
orienta il programma del direttore dell’istituto con la collaborazione delle chiese metodista,
\ aldese, evangelica del Rio de la
Piata, mennonita e cattolica. Si
tratta dell’unica istituzione a
maggioranza evangelica che può
contare sul contributo di membri che provengono dal cattolicesimo in una fraterna relazione
di uguaglianza.
L’istituto ecumenico organizza
corsi come quello che abbiamo
menzionato più sopra e collabora strettamente con i programmi del Centro Emmanuel. Esiste
un accordo secondo il quale le
persone che lavorano presso l’istituto danno anche una collaborazione al Centro Emmanuel, e
vicevei sa. Il pastore Eugenio Ri\oir e i pastori valdesi che negli
ultimi anni son venuti in Uruguay c in Argentina, come anche
il professor Jacques Chopineau
della chiesa riformata di Francia, hanno tenuto molte lezioni
per pastori c laici a Montevideo
sotto gli auspici dell’istituto ecumenico. Questo centro permette
che l’attività che le chiese non
possono programmare denominazionalmente possa comunque
a\ venire con il contributo di professori visitanti.
La vita di questo istituto ha
già parecchi anni di realizzazioni e di lavori molto fecondi. FI
suo ostacolo principale, siccome
la chiesa luterana (proprietaria
dei locali) non ha che una sola
comunità in Uruguay, per un bel
po' di tempo fu il fatto di essere
un organismo senza legame con la
gente. Fu lavorando contro queste difficoltà che i suoi direttori,
prima il signor Gerardo Pet della chiesa riformata olandese e
ora il signor César Rodriguez
Jourdan, favorirono le relazioni
con le comunità delle nostre
chiese. Cosi un po’ alla volta si
è riusciti a raggiungere una partecipazione più concreta di membri delle chiese nelle attività programmate.
Programmi futuri
Nei programmi futuri dell’istituto, in collaborazione con la federazione delle chiese, si ha intenzione di approfondire insieme
a membri della chiesa cattolica
il tema tanto delicato dei matrimoni interconfessionali. Pensiamo che a partire da questi studi potrà nascere un orientamento che molte comunità aspettano; questo problema infatti
preoccupa vivamente e finora
non ha trovato una soluzione facile.
Trattando questo e altri temi,
abbiamo cercato sempre di portare una forma che sia teologicamente coerente con l’Evangelo
e che permetta un lavoro comune di questi due strumenti di
servizio che abbiamo ereditato
come chiese rioplatensi: l’istituto ecumenico di Montevideo e il
Centro Emmanuel all’interno del
paese, a Vaidense. Per questo
motivo, se è certo che l’apporto
della chiesa luterana che finanzia i compiti dell’istituto ecumenico è molto importante, altrettanto importante è il contributo
della chiesa valdese dell’area europea che invia pastori per sviluppare i programmi di formazione biblico-teologica.
Una città come Montevideo con
il suo pluralismo naturale offre
una importante occasione per lo
sviluppo di un lavoro ecumenico
di base, che produca fermenti.
La semina in questo senso non è
spettacolare, deve essere paziente e continua, senza cedere davanti alle difficoltà che a volte
sorgono come muri apparentemente invalicabili. Le caratteristiche qualche volta particolari
di una chiesa cattolica che non
è « chiesa di stato » dal 1913, e
che si sente anche come comunità cristiana impegnata in un ambiente fortemente secolarizzato
come è la società uruguayana,
presentano una flessibilità maggiore per il dialogo e, se così si
può dire, una apertura critica
nei confronti della missione della chiesa in questi paesi; tutto
questo arricchisce la nostra visione del compito che Gesù Cristo ci chiama a realizzare nel suo
nome.
Carlos Delmonte
Presso la Comunità di Roma
Viale Jonio n. 286 vi è stato un
incontro tra i giovani della Chiesa di Cristo locale e un gruppo
romano in rappresentanza del
« G.E.R. » (Giovani Evangelici Romani), il giorno 21 marzo scorso.
Tale visita, da tempo programmata, era inserita in una serie di
incontri che il G.E.R. sta avendo
con le Chiese evangeliche di Roma, allo.scopo di approfondire i
punti di contatto e convergenza
tra le chiese e dialogare sulle, loro differenze storiche, culturali,
di metodologia.
In apertura dell’incontro, dopo
aver cantato insieme, vi è stata
una presentazione da parte di
Eugenio Stretti laureando alla
Facoltà Valdese di Teologia, che
ha introdotto l’attività sinora
svolta dai «Giovani Romani». Tale Gruppo è sorto in modo spontaneo all’interno del protestantesinho e, puntando principalmente sull’entusiasmo, tenta di costruire un rapporto nuovo tra
gli evangelici, basandosi unicamente sul messaggio del Vangelo come centro dell’autorità all’interno delle chiese e nella condotta dei singoli. Eugenio Stretti
si è soffermato soprattutto su
questo punto; cioè sulla necessità di costruire l’unione solo sulla
« unicità della Bibbia », così come auspicato dai riformatori
americani del primo ottocento,
che sono stati alla base del Movimento di Restaurazione della
Chiesa di Cristo.
Timoteo Nori, evangelista della Chiesa di Viale Jonio, ha preso poi la parola e ringraziato gli
ospiti a nome di tutta la Chiesa,
presentando brevemente ma in
modo efficace, il significato del
Movimento di Restaurazione e in
Italia e negli Stati Uniti, dove
esso ha avuto origine.
L’esposizione di Nori è stata
una veloce cavalcata lungo quasi 200 anni di storia del rapporto
Uomo-Bibbia, che ha messo in
luce le caratteristiche della
« Chiesa di Cristo » la quale rifacendosi al cristianesimo apostolico intende ripresentare « la
Chiesa di Cristo restaurata ». Proprio sul concetto di ' « restaurazione », Nori ha costruito il suo
intervento, lavorando sull’ idea
base che animava i « credentirestauratori »: cioè la ricerca del
messaggio originale di Cristo, riscoperto attraverso una paziente e laboriosa « opera di restauro » e in riferimento a quanto descritto nei Vangeli.
Che senso ha riproporre tale
ricerca per l’uomo d’oggi? Quale speranza nuova ripropone ai
giovani l’immagine « restaurata »
della Parola del Signore? In che
modo la Chiesa vive oggi la propria missione e come si estrinseca il rapporto con la società?
A questi interrogativi che da
sempre animano i credenti, la
breve esposizione dell’evangelista
Nori ha cercato di dare risposta.
E’ seguito poi un breve dibattito, che è culminato con il reciproco impegno di stabilire per il
futuro altre possibilità di incontri per approfondire la reciproca
conoscenza.
G. B.
CORRISPONDENZE
Nuovi
per il gruppo di Tramonti
Il lunedì, dopo Pasqua è da vari anni una giornata importante
per Tramonti di Sopra (PN);
ma sempre più rincontro di vari
fratelli del Triveneto con il piccolo gruppo locale acquista un
aspetto diverso sia dalla semplice gita sia dalla pur valida solidarietà con chi vive in una situazione di « diaspora nella diaspora ».
L’anno passato vi è stata la
riapertura della piccola chiesa
valdese dopo i lavori di restauro
dai danni del terremoto ; il momento della manifestazione in
piazza s’è unito a quello della
preghiera nella cappella appena
riaperta. Quest’anno un^altro segno di speranza e, in un certo
senso, di ricostruzione. Sette giovani hanno pubblicamente confessato la loro fede; Luciano,
Cristian e Vania Pradolin sono
stati battezzati, mentre Fataienne, Estelle, Norbert e Annie Facchin si sono confermati « nell’alleanza del battesimo ».
Il senso della fedeltà a Dio,
dell’arma — unica ammessa nel
segno della Pace — costituita
dalla Scrittura, della missione
evangelizzatrice, sono aspetti che
riguardano tutti i credenti, non
solo i catecumeni che si apprestano ad entrare in chiesa; questo ha ricordato il Pastore Fanlo
y Cortés che, con il Pastore Tuccitto, ha presieduto il Culto. Ma
in una z;ona che è stata tra le
prime nella regione ad accogliere il messaggio di colportori e
predicatori itineranti oltre un
secolo fa, dove vi sono state innumerevoli persecuzioni e la fedeltà all’Evangelo è stata pagata
anche con la vita, fino a giungere ai martiri protestanti durante
la lotta per la Liberazione, una
nuova generazione che confessa
la propria fede assume il pro, fondo significato di un fuoco che
non vuole e non deve spegnersi,
ma è luce e punto di riferimento
per tutti, anche in quelle montagne, tormentate dalla crisi, dall’abbandono e dall’emigrazione.
Al Culto, svoltosi per ragioni
di spazio nella sala del centro
« Luciano Menegon » — presenti
oltre 120 persone — ha partecipato anche la corale della Comunità battista di Pordenone :
questi fratelli, come l’anno passato, hanno voluto dimostrare
con i fatti il significato di un lavoro in comune che « vive » da
anni' e anni, oltre le distinzioni
denominazionali. E lo spezzare il
pane insieme, e bere dallo stesso bicchiere, per tante persone
provenienti da esperienze e luoghi diversi, con posizioni spesso
lontane pur ’ nella medesima ricerca di fedeltà, non è un momento formale, ma un preciso
atto in cui il riconoscersi fratelli è confessione di fede — e di
preciso impegno — nell’essere
chiamati figli di Dio.
Senza particolari discorsi e
senza retorica è avvenuto, nella
s'tessa giornata, il commiato del
Pastore Giuseppe Tuccitto, che
ha lasciato la comunità di Pordenone e nel contempo la cura
del gruppo di Tramonti, che si
avvia a divenire « Chiesa in formazione », affidatagli dalla Tavola. Il pensiero grato per quanto egli ha saputo fare, per i fratelli giovani ed anziani, oltre che
per il Centro, per i « cadetti » e
per i giovani della zona e del
Triveneto tutto, per la collaborazione attiva al lavoro del Circuito, lo accompagni come una
delle note liete e durature nel
nuovo lavoro presso i terremotati di Senerchia e tutti i fratelli
di quella zona.
Elezioni
■VENEZIA — L’assemblea di
chiesa è stata chiamata a votare
per reiezione di alcuni membri
del consiglio di chiesa, il cui
mandato quinquennale scadeva.
Sono stati rieletti l’anziano Guido Colonna Romano e i diaconi
Elda Bogo Urban, Silvio Marini
e Lidia Casonato Busetto. E’ stato eletto inoltre Dario Falbo, in
sostituzione del diacono Angelo
Mario Busetto, non rieleggibile
avendo superato il terzo quinquennio. Gli auguri della comunità vanno ai membri riconfermati e al neo-eletto, e il ringraziamento al fratello A. M. Busetto, che in tutti questi anni ha
svolto il compito di cassiere, assunto ora dal diacono S. Marini.
Ancora una volta, la domenica
delle Palme, si è avuto,a 'Venezia
il culto in comune con i luterani, stavolta nella loro chiesa in
campo S. Apostoli. Il pastore
Jùrg Kleeman ha tenuto la liturgia, e il pastore Alfredo Berlendis ha predicato su Giacomo
4: 14-15. E’ stato un incontro piacevole che si è prolungato intorno a un piccolo rinfresco offerto
dalla comunità luterana.
Proseguono regolarmente gli
incontri di studio. A Venezia, in
due riunioni settimanali ad ore
diverse per venire incontro alle
varie esigenze, sono stati trattati i Vangeli dell’infanzia, il problema della pace, e si prosegue
ora dalla storia vaidese alla Riforma. A Mestre, durante gli incontri quindicinali, si stanno
studiando i primi capitoli dell’Evangelo di Luca, con particolare riferimento al problema della mariologia. A Treviso, con incontri pure quindicinali, dopo i
Vangeli dell’infanzia e l’episodio
di Gesù e i bambini in Marco,
è in programma lo studio del
documento sinodale sull’ecumenismo.
Raduno
S. MARIA CAPUA VETERE
(Caserta) — Nell’intento di dare
l’avvio ad un’opera di aggregazione, lunedì 12 aprile scorso è
stato organizzato un raduno
evangelico nel comune di Dragoni, Un piccolo centro della provincia di Caserta, al quale hanno partecipato il pastore Bruno
Tron della Chiesa Valdo-Metodista di Napoli-Vomero, il pastore Salvatore Carcò della Chiesa
Valdese di Napoli-via dei Cimbri,
il pastore Giovanni Anziani della Diaspora casertana e del Centro Sociale « Casa mia » di Ponticelli (Napoli). Oltre un centinaio erano i membri di chiesa
partecipanti al raduno ; gruppi
di Napoli-Vomero e Napoli-via
dei Cimbri, della Chiesa Valdese
di Caivano (Napoli), dell’Ospedale Evangelico « Villa Betania »
di Ponticelli, del Centro Sociale
di Ponticelli, oltre che alcuni
fratelli di Alvignano, Dragoni e
Santa Maria Capua Vetere (Caserta).
Il convegno ha avuto luogo nel
cortile circostante la casa del
fratello Vittorio Ricciardi di
Dragoni ; il culto è stato celebrato dal pastore Anziani, il quale ha proposto per la meditazione il cap. 25 di Matteo, vers.
14-30. Dopo di che i convenuti si
sono intrattenuti nei prati circostanti in gioiosa compagnia.
Qui, durante il pomeriggio, il
gruppo corale della Chiesa del
Vomere ha eseguito un repertorio di canti sacri con notevole
impegno e bravura, mentre qualche altro gruppo si è esibito nella esecuzione di cori alpini. ,,
3
30 aprile 1982
vita delle chiese 3
PINEROLO
Assemblea delle corali
Si è tenuta il 18 aprile a Pinerolo una Assemblea delle Corali,
purtroppo poco frequentata, nella quale si sono stabiliti gli ultimi particolari della Festa di Canto, che si terrà a Chivasso il 16
maggio, nel quadro delle giornate di evangelizzazione organizzate dal IV Circuito. L’appuntamento per i coralisti è fissato per
le ore 9 in piazza d’Arrni a Chivasso, dove avrà luogo una prova d’insieme degli inni che verranno eseguiti nel corso del culto e poi il pomeriggio. Infatti, le
Corali, dopo il pranzo al sacco
si ritroveranno sulla stessa piazza, tempo permettendo, per le
esecuzioni singole. Saranno presenti anche i Trombettieri Vaidesi.
Le Corali si recheranno a Chivasso con autopullman sui qua■ li potranno trovare posto, fino a
completamento, i membri delle
comunità interessati alla manifestazione.
Un secondo punto all’ordine
del giorno dell’Assemblea era la
scelta definitiva dei canti da inserire in una raccolta tascabile
di prossima pubblicazione. Ora
il lavoro più gravoso è quello
della composizione vera e propria del libretto, sul quale oltre
alle parole saranno stampate anche le melodie; alcuni volontari
si sono impegnati a curare questa parte della operazione, a cui
seguirà finalmente il lavoro tipografico.
In autunno si terranno alcuni
incontri di aggiornamento per i
direttori delie Corali, aperti anche ai coralisti interessati; i particolari sono in fase di studio,
con la collaborazione del M. Lamberto, direttore della « Stefano
Tempia » di Torino.
Il 22 agosto tutti i coralisti disponibili sono invitati a presentarsi alle ore 14,30 nel salone del
Convitto di Torre Pellice per la
prova dei cori da eseguire nel
corso del culto di apertura del
Sinodo.
Infine il 12 settembre l’appun
tamento è ad Angrogna per la
giornata conclusiva delle celebrazioni di Chanforan.
Da Vercelli il pastore Di Lorenzo invita una o più Corali a
dare l’adesione ad una giornata
di evangelizzazione che si terrà
domenica 13 giugno a Serravalle
Sesia.
Il lettore di queste scarne note potrà rendersi conto della serietà dell’impegno e della mole
di lavoro a cui sono chiamate le
Corali. La richiesta in campo
evangelistico si fa sempre maggiore, così come molto apprezzata è l’attività concertistica. 'Tutto questo lavoro va ad aggiungersi alla normale attività interna, che si svolge tra visite agli
istituti e partecipazione ai culti (una Corale, per esempio,
nella settimana di Pasqua ha dato il proprio contributo a quattro culti!).
La chiesa guarda ai 400 e più
coralisti con profonda riconoscenza.
ALLE VALLI VALDESI
Una festa per gli anziani
ANGROGNA — Sarà che gli anziani nella nostra società aumentano oppure il fatto che organizzando un servizio efficiente di trasporto domiciliare la gente anziana dimostra un forte desiderio
d’incontrarsi, fatto sta che domenica scorsa ad Angrogna per la
« festa dell’anziano » la Sala era
gremita. Dopo un’introduzione
canora dell’Unione Femminile intercalata da due brevi comunicazioni su la vecchiaia nell’Antico
Testamento e il rapporto giovani-vecchi nelTamtaito dei Barba
medioevali si è lasciato ampio
spazio all’incontro fraterno. Molti venivano da Torre Pellice e
Luserna San Giovanni, ma quasi
tutti erano originari di Angrogna.
Dunque un rapido ritorno alle
radici per incontrarsi e parlare
del passato ma con lo sguardo,
questo è stato l’augurio, rivolto
al futuro.
Una circolare
per le chiese delia
Val Germanasca
FERRERÒ - MASSELLO —
La domenica delle palme, a Ferrerò, hanno fatto la loro professione di fede quattro giovani :
Lidia Genre. Vanni Pons, Antonella Rlbet e Ezio Rostagno. Il
venerdì, santo, a Massello, ha ricevuto il battesimo Danilo Micol, A questi ragazzi che entrano
nella chiesa come membri, noi
vogliamo dare il nostro incoraggiamento perché si sforzino di
portare nelle loro comunità i loro doni e la loro attività.
• Domenica 25 aprile, ancora
a Ferrerò, si è tenuta l’Assemblea di Chiesa per discutere la
relazione morale del Concistoro. Nella sua relazione, il Concistoro poneva l’accento sul fatto che la Chiesa deve sempre
confrontarsi col Regno di Dio
che viene e dunque non può valutare le proprie attività col metro del maggiore o minor successo che queste possono ottenere. Nella discussione, particolare attenzione è stata posta al
problema della partecipazione ai
culti : in essi si nota infatti un
aumento delle presenze nelle
« grandi » occasioni ed un calo,
seppur non sensibilissimo, nelle
domeniche « normali ». Un certo
spazio nella discussione è stato
dedicato al « bollettone » ; la tendenza maggioritaria è parsa es
sere quella di creare un « bollettoncino » a livello di circuito,
laddove comunità abbastanza
omogenee possono mettersi insieme per diffondere le notizie
anche — o forse soprattutto —
presso quelle famiglie che vivono ai margini della vita della
Chiesa. Infine sono stati eletti i
delegati alla Conferenza distrettuale ed al Sinodo. Per la Conferenza sono stati eletti Massel
Nicoletta e Pascal Alba, per il
Sinodo Grill Milena. Supplente,
sia per la Conferenza che per il
Sinodo è Ghigo Alberto.
• Domenica 2 maggio a Massello, Assemblea di Chiesa. All’ordine del giorno vi è la relazione del Concistoro e l’elezione
dei deputati al Sinodo ed alla
Conferenza.
Decesso
PRAROSTINO — Esprimiamo la nostra simpatia cristiana
alle famiglie Gardiol del Cavoretto (San Secondo) per il lutto
che le ha colpite con la dipartenza della sorella Fornerone Ernestina, nata Griglio. Il Signore
consoli i loro cuori.
• Domenica 2 maggio, alle ore
10.30': Assemblea di Chiesa per
la elezione dei deputati alla Conferenza e al Sinodo.
• Sabato 8 maggio, la nostra
Filodrammatica replicherà la recita: La politica degli avanzi.
Assemblea di chiesa
POM.ARETTO — Sabato 8
maggio nella Sala Lombardini il
Concistoro è convocato alle ore
20,30.
• Domenica 9 si terrà l’assemblea di chiesa con il seguente
ordine del giorno; elezione deputati alla Conferenza e Sinodo.
Relazione annua.
Nuovi membri
di chiesa
SAN GERMANO — Diciassette catecumeni hanno confessato
la loro fede nel Signore, in occasione del culto della domenica delle Palme. I loro nomi sono : Mara Barai, Denise Besson,
Franco Bleynat, Luca Bosio,
Carla Bounous, Gemma Bounous, Giorgio Bounous. Giulia
Carello, Rita Comba, Lucilla
Grill, Marcello JaUa, Enrica
Long, Daniela Peyran, Tiziana
Polliotti, Marina Richard, Claudia Sappei e Cristina Tron. A
questi nuovi membri di chiesa
rinnoviamo il fraterno augurio
di poter ricevere e dare molto
nella e con la loro comunità, da
parte del Signore. Alcuni catecumeni di III anno hanno tenuto parte della liturgia, in segno
di viva partecipazione e di incoraggiamento per i loro compagni. La Corale ha dato il suo valido contributo e le siamo grati.
I due culti serali del giovedì e
venerdì santo hanno visto, il primo, tutte le attività riunite in
un’atmosfera di canto e di meditazione biblica, il secondo una
bella assemblea che ha partecipato alla Santa Cena. Il gruppo
giovanile ha contribuito anche a
questo culto con due canti e con
le letture bibliche.
• Il culto di Pasqua ha visto
la chiesa gremita come non mai,
in un’atmosfera di gioiosa riconoscenza. Possa questo atteggiamento essere il nostro tutti i
giorni.
Sabato 1“ maggio
□ TELEPINEROLO
CANALE 56
Alle ore 18.55 va In onda la trasmissione « Confrontiamoci con l'Evangelo »
(a cura di Marco Ayassot, Franco Davite e Attilio Fornerone).
□ INCONTRO MONITORI
1“ CIRCUITO
ANGROGNA — Alle ore 21 presso la
sala unionista si terrà un incontro dei
monitori del r Circuito con un gruppo
di monitori della Chiesa Riformata di
Francia guidati dal past. Gérard Cadier.
Si scambieranno informazioni ed esperienze sulle scuole domenicali.
Domenica 2 maggio
□ RADIO KOALA
FM 96.700 - 90300 - 93700
Alle ore 12.45: Culto Evangelico a
cura delle Chiese Valdesi del II Circuito.
PENTECOSTE ’82
FRALI, 30 MAGGIO
Insieme per
costruire la pace
Vincere la paura
Dopo la prima guerra mondiale, che aveva invano cercato di evitare, il Ministro degli esteri britannico Edward Grey cosi scriveva;
« L’aumento degli armamenti, fatto in ogni paese
neH'intenzione di dare attraverso la sensazione di
forza il senso della sicurezza, non produce questi effetti. Al contrario accresce l’impressione della forza
delle altre nazioni e provoca un senso di paura. La
paura genera sospetto, diffidenza ed ogni sorta di effetti ostili, perché ogni governo si convince che sarebbe
criminale e proditorio verso il proprio paese non prrendere tutte le precauzioni possibili, proprio nel momento in cui considera ogni precauzione presa da un governo straniero come prova di ostilità ».
Così parla l’Eterno: Il savio non si glori della sua
saviezza, il forte non si glori della sua forza, il ricco ■
non si glori della sua ricchezza; ma chi si gloria si glori di questo: che ha intelligenza e conosce me, che sono l’Eterno, che esercita la benignità, il diritto e la giustizia sulla terra, perché di queste cose Io mi compiaccio, dice l’Eterno. (Geremia 9; 22-23)
Dialogo semplice, ma logico
fra un bambino e un presidente
— Signore, potete voi immaginare che le nazioni
si distruggano a vicenda se posseggono grandi quantità di armi e di munizioni?
— Lo posso immaginare!
— Potete voi immaginare che le nazioni si distruggano a vicenda se esse non posseggono alcuna riserva di tali mezzi di distruzione?
— Certamente non lo possono!
— Allora come potete dirmi, dietro alla vostra
scrivania, che il miglior mezzo per assicurare la pace
è quello di costruire un numero di armi sempre maggiore?
— Ma allora cosa dovremmo fare?
— Dovete sbarazzarvi di tutte queste armi.
— Ma sarebbe una follia!
— Sarebbe una follia molto minore che quella di
far saltare in aria il pianeta.
(Bernard Benson - Le livre de la Paix)
In Svizzera
Ogni anno in Svizzera viene pubblicato in preparazione alla Pasqua da parte di « Pain Pour le Prochain » (protestante) e « Action de carême » (cattolico) un calendario per sensibilizzare la gente sui problemi del Terzo Mondo. Quest’anno il tema affrontato
è quello della pace « La paix; un appel, un chemin ».
Le citazioni riportate sono riprese da questo calendario, come la seguente preghiera per la pace del
vescovo brasiliano Llipolito:
« Noi vogliamo costruire la pace, per questo auspichiamo una chiesa che prenda le distanze da tutti
i detentori del potere, per identificarsi con i poveri.
Noi vogliamo costruire la pace, per questo vogliamo lavorare con tutti gli uomini di buona volontà, con
tutti coloro che si impegnano per la realizzazione della pace fra gli uomini...
Dal momento che abbiamo scelto la pace, come
cristiani, vogliamo comprendere più a fondo il mistero
della croce affinché si realizzi in noi quello che ci bai
promesso, Gesù: beati coloro che sono perseguitati per
la giustizia perché di loro è il Regno dei Cieli.
Gesù, accresci la nostra fede in Te e nella forza
pacificatrice della Tua Parola. Liberaci dalla paura,
dalla viltà quando si tratta di operare per la pace, di
impegnarci per il tuo popolo e per i poveri. Che la tua
chiesa sia un luogo di libertà e di pace! ».
4
4 vita delle chiese
30 aprile 1982
COMISO - PENTECOSTE ’82
Fede e impegno
per la pace
ANNIVERSARIO DELL’UNIONE FEMMINILE DI PINEROLO
Ottanta primavere
COMISO — « Questa località,
eccentrica rispetto all'Europa,
ma ben inserita al centro del Mediterraneo, prospiciente le coste
dell’Africa del Nord e quelle del
Medio Oriente, è diventata in un
certo modo la nuova frontiera,
sulla quale si gioca oggi una partita di estrema gravità per il nostro mondo. E’ dunque giusto
che la nostra attenzione si concentri su questo punto particolare e che, anche fisicamente, noi
esprìmiamo la nostra viva preoccupazione e la nostra solidarietà
a quella parte degli abitanti di
Comiso che non vuole essere né
complice, né vittima di un olocausto nucleare e cerchiamo, d'altro lato, di dare un nostro contributo alla crescita del movimento per la pace ».
Con queste parole il Comitato
organizzatore ha diffuso il programma dell’annunciato Convegno Ecumenico Internazionale
« Fede e Impegno per la Pace »
che si terrà a Comiso, in provincia di Ragusa nei giorni 30 maggio - 1° giugno 19^82. Accompagnato da una lettera del presidente della Federazione Chiese
Evangeliche in Italia, che insieme a diversi altri enti ecclesiastici ed ecumenici italiani e intemazionali patrocina il Convegno, il programma giunge a poco
più di un mese dal Convegno. Il
Comitato organizzatore è consapevole dei tempi molto stretti di
questa iniziativa ma afferma di
non aver voluto rinunciare alla
data di Pentecoste sia per l’ispirazione e l’impronta evangelica
che questa data vuol conferire
al Convegno stesso, sia per l’urgenza di contrastare concreta
Le piccole
chiese
(segue da pag. 1)
dei Paesi Latini. Da una parte c’è
chi per fattori ambientali, diversi per esempio da quelli italiani,
ha sviluppato ormai da anni una
attività tendente a costruire insieme una vita cristiana tra cattolici e protestanti. Dall’altra chi
considera con diffidenza o opposizione questo atteggiamento e
considera che questo tipo di lavoro non può ancora essere fatto
dal momento che, come è stato
sottolineato a proposito del Portogallo, esistono ancora durissime situazioni di discriminazione
sociale e anche di mancanza di
volontà da parte cattolica di
prendere in considerazione la
stessa esistenza di un problema
ecumenico. Quindi uno dei compiti di un luogo di incontro come
questo può essere quello di chiarirsi reciprocamente queste posizioni. Spesso avviene infatti che
nell’ambito più vasto del Consiglio Ecumenico le grandi chiese
non prendano sul serio questa
problematica e finiscano per considerarci un po’ come dei minorati ecumenici, chiese che per ragioni storiche hanno determinati
atteggiamenti critici nei confronti del cattolicesimo che sono
comprensibili sul piano psicologico, ma non pongono un serio
problema ecclesiologico. Il problema del cattolicesimo è invece
un problema reale, un nodo ecclesiologico e teologico e non un
complesso psicologico delle chiese protestanti di minoranza. Ed
è qui in primo luogo che esso deve essere posto per un chiarimento: sarà probabilmente questo
uno dei compiti principali della
Conferenza delle Chiese dei Paesi
Latini degli anni prossimi.
a cura di F. Giampiccoli
mente e senza rinvìi l’installazione dei missili a Comiso.
Il programma
Le tre giornate prevedono un
intenso lavoro sul tema della
pace.
Domenica 30 maggio: ore 1012: Culto con predicazione di
T. Vinay, saluti e messaggi.
Ore 16-18: Per una teologia della pace.
Ore 18-20: Il problema della
giustizia: la Sicilia al centro delle tensioni Est-Ovest e del conflitto Nord-Sud. Serata: rappresentazione teatrale, con la partecipazione di Franca Rame.
Lunedì 31 maggio: ore 9-12 e
15- 20: Seminari sui temi: « Per
una teologia della pace »; « Il
problema della giustizia »; « Il
problema deU’installazione dei
missili a medio raggio Cruise e
l’equilibrio politico nell’area mediterranea »; « La riconversione
deU’industria bellica »; « I movimenti per la pace oggi ».
Serata: canti con la partecipazione di Lenny Anderson e altri
gruppi teatrali.
Martedì L giugno: ore 9-12 e
16- 18: discussione in assemblea
generale.
Ore 19-20: chiusura pubblica
del Convegno.
Accanto a questo programma
centrale altre due possibilità. Un
giro della Sicilia, dal 25 al 29
maggio, permetterà soprattutto
ai partecipanti esteri di prendere
contatto con le realtà politiche,
culturali, ecclesiastiche (evangelica e cattolica), economiche della Sicilia (prezzo L. 250.000).
Una riunione di responsabili e
interessati permetterà uno scambio di vedute sulla strategia del
movimento il giorno dopo la conclusione del Convegno (prezzo
L. 10.000 o 25.000 se con pernottamento).
Il costo di partecipazione del
Convegno è di L. 160.000. Le iscrizioni vanno inoltrate alla segreteria del Convegno: past. Luciano Deodato, via Faraci 65, 93016
Riesi.
Un appello
Ottanta, e li dimostra! Non è
un apprezzamento poco galante
verso una vetusta dama che non
porta bene i suoi anni, ma rm
tributo all’Unione Femminile della chiesa valdese di Pinerolo, che
ha « dimostrato » gli 80 anni della sua costituzione con una giornata significante: culto al mattino, e un pomeriggio di gioia,
amicizia e memorie.
E’ stata — chiamiamola così
con affetto — una domenica
« Tuttodonne ». Hanno condotto
interamente il culto nella domenica delle Palme, dalla liturgia
alla predicazione alla raccolta
delle offerte versate al nostro
istituto medico-pedagogico 1’« Uliveto ». Hanno proposto un personaggio anch’esso femminile,
che potremmo definire una specie di « milite ignoto » della fede
in Gesù: infatti di lei non si sa
neppure il nome, Matteo la chiama cananea. Marco una pagana
di nazione siro-fenicia. Una donna, zero nella sotietà del suo
tempo. Non può nemmeno vivere in pace la sua nullità, perché
vuole conoscere il Dio degli ebrei
•e subito si trova presa tra due
fuochi: l’ostilità della sua gente
alla quale questo Dio non interessa; e, più bruciante, l’iniziale
ostilità anche di Gesù: « Abbi
pietà di me. Signore! Ma Gesù
non le rispose parola ».
Sappiamo come va a finire rincontro. L’ignota donna pagana
vince la cocente delusione del
primo « assaggio » di Gesù, il suo
bisogno di verità ricaccia indietro l’offesa e la mortificazione;
di lei si dirà che grande fu la sua
fede. Una fede che non le viene
affatto « da lontano »; la conquista sul campo, a tu per tu col
Signore. Una donna che non si
lascia sfuggire « la perla di gran
prezzo », lotta con Dio, gli resiste, non lo lascia andare finché
egli non Labbia benedetta; esattamente come un uomo, il Giacobbe di Genesi 32.
Nella chiesa di Pinerolo, come
in altre, non è eccezionale che le
sorelle abbiano parte attiva nell’andamento della comunità, tutt’altro. Sono presenti nel consiglio di chiesa, nell’educazione
giovanile, in svariate commissioni, formano l’ossatura della corale e così via. Non sono per
nulla uno zero come la donna
cananea, e non hanno bisogno
di essere lusingate paternalisti
camente richiamando l’importanza dei loro apporti. La riprova è
che nell’80° anniversario della loro unione non hanno fatto un cimitero di memorie. Parlando
della donna cananea hanno invecé insistito sulla tenacia di una
fede aggressiva, che non si siede. Quando una qualunque istituzione ripercorre il suo cammino, tende fatalmente a sfumare
nel tempo le ragioni della sua nascita. Invece l’Unione Femmini
le di Pinerolo le ha rinverdite
come un obiettivo che le sta davanti, non come un caro estinto
ormai sepolto. Ha riguardato
con simpatia e indulgenza a persone e momenti del suo passato,
però senza lucidare « le medaglie della vecchia signora ». Breve, piacevole sosta verso i 90, se
piacerà a quel Signore che essa,
come altre, cerca di amare e di
servire.
Renzo Turinetto
Il giorno del compleanno
Alle ore 15 del pomeriggio, accolte con simpatia dall’Unione
Femminile, un’ottantina di sorelle sono riunite nella sala delle attività, intorno ai tavolini da
thè allegramente infiorati. Presiede Vera Long che sottolinea la
gioia per l’incontro e la riconoscenza spiegando che è usanza
dell’U. F. di Pinerolo festeggiare le unioniste al loro 80“ anno
ed è giusto quindi ricordare anche gli 80 anni dell’Unione.
Elsa Rostan ne fa la cronistoria ricordando la figura della
fondatrice: la signora Pascal.
Abbiamo il piacere di sentire
dalla voce della nipotina alcuni
ricordi della nonna. Ne continuerà l’opera la signora Marauda per tutti gli anni del lungo
ministerio pastorale del marito,
occupandosi non solo di quella
Non è poco quello che comporta la preparazione di un Convegno come questo. Il Comitato
organizzatore, che ha previsto un
bilancio asciutto ma comunque
oneroso, si rivolge quindi alle
chiese che fanno parte della Federazione Chiese evangeliche in
Italia con un appello chiedendo
il sostegno della loro preghiera;
la loro partecipazione finanziando la partecipazione di uno o più
delegati; la solidarietà finanziaria per la copertura dei circa 2
milioni tuttora scoperti.
IDOC
Il n. 2/82 della rivista Idoc internazionale (Roma) presenta una serie di interventi su Spagna,
Centro America e Nicaragua.
Inoltre articoli sull’attuale realtà polacca ed ungherese: su quest’ultima particolarmente vivo
l’intervento di Leslie Laszlo su
Chiesa e stato di fronte ai problemi di una società”malata”.
Segnaliamo inoltre il saggio, documentato ed attuale, di Gianna
Sciclone: La sfida della teologia
femminista. Chiude il numero la
registrazione di un dibattito riguardo alla Pentecoste tra il politologo R. Bahro e il teologo J.
B. Metz.
L’abbonamento annuo è di L.
15.000 da versarsi sul conto corrente postale 55363006 intestato
a Idoc, via S. Maria dell’anima
30 . 00186 Roma.
A colloquio con i lettori
PER UNA SCUOLA
LAICA
Caro direttore,
con interesse ho letto l'articolo di
Paolo Gay « Insegniamo la religione anche noi? " (La Luce del 9.4.'82). Condivido pienamente quanto detto da G.
Peyrot. Nella mia carriera di insegnante
elementare non ho mai chiesto l'esonero dall'insegnamento religioso non solo
per il motivo addotto da Peyrot ma anche per non precludermi la possibilità
di far si che dall'interno le cose mutino, se pur lentamente. Da un insegnamento corretto della religione cristiana è quasi sempre scaturito un confronto, un dibattito e una ricerca. Ma
il problema che mi pongo è un altro.
Gli insegnanti evangelici chiedono l’esonero e li rispetto perché pensano che
sia giusto e « anche per continuare con
quanto fatto finora ». Come ci compor
Hanno collaborato a questo
numero: Gustavo Bouchard,
Giovanni Carrari, Giovanni
Conte, Roberta Colonna Romano, Luigi Marchetti, Paolo
Ribet, Mario Storino, Franco
Taglierò, Cipriano Tourn.
tiamo nelle nostre scuole, che ci teniamo a definire non confessionali? Qui
per testimoniare nessun insegnante
chiede l’esonero, anzi II pastore o chi
per esso fa le sue ore di religione,
noncurante se I bambini sono cattolici,
evangelici o non credenti. Non ritengo
corretta questa prassi e più volte ho
lamentato la nostra incoerenza. Quale
differenza parlare di Francesco o di
Valdo? A quello le candele, a questo no!
Ma vogliamo una buona volta affrontare
il problema alla radice? Vogliamo una
scuola laica e lasciare alla famiglia e
alla chiesa il compito dell'Istruzione religiosa? Per parte nostra come insegnanti preoccupiamoci di avere una
scuola che dia all’alunno una formazione critica. In questo modo si contribuisce a far sì che il cittadino faccia le
sue scelte, anche religiose, coscientemente.
Un problema connesso è quello suggerito dalla teologia sottesa alle Intese:
il rifiuto di sovvenzioni statali per il ministero proprio della chiesa. Questa
scrupolosa laicità, di cui lo stesso Peyrot è stato acerrimo difensore in tutte
le sedi, deve trovare coerenza nel nostro atteggiamento riguardo a fondi
messi a nostra disposizione dalle chiese estere, le quali, in genere, ricevono
laute prebende dallo stato.
Carmela Bozza, La Spezia
che sarà chiamata « la couture »
a Pinerolo, ma anche dell’« Union
des mères » a S. Secondo recandovisi sempre a piedi la domenica pomeriggio (allora le due parrocchie erano unite). Seguiranno Elsa Rostan dal 1946 al 1958
e Lillina Deodato dal ’58 al '76.
A Pinerolo si lavora per i bazar,
ma ogni riunione inizia con una
meditazione biblica fatta dai pastori o dalle loro mogli.
Elsa Rostan legge i vari messaggi pervenuti da sorelle assenti per età avanzata o per impegni. Fra questi il saluto e l’augurio della decana signora Elda
Gay che invia un vibrante messaggio. Vengono salutate le ex
unioniste che le organizzatrici
hanno provveduto a radunare
preoccupandosi del loro accompagnamento anche da Lusema
S. Giovanni e da S. Secondo. Sono presenti le delegate delle Unioni sorelle di S. Secondo, Prarostino, S. Germano, ed ognuna ha
portato cor. il saluto della propria Unione l’augurio di buon
proseguimento. Vengono ancora
ricordate le assenti ed il loro
contributo all’Unione.
Il concistoro è rappresentato
dal pastore che, rivolgendo un
saluto a tutte le partecipanti,
sottolinea quanto importante sia
sempre stala l’Unione femminile
non solo per il lavoro, sempre
molto apprezzato, ma anche per
i legami di simpatia che si stabiliscono fra le sorelle, per l’aiuto
reciproco e la solidarietà che nei
momenti di bisogno esse hanno
sempre dimostrato.
Una tazza di thè ben accompagnata da dolci in quantità dà
il via alle conversazioni, ai saluti a persone ritrovate forse dopo tanti anni non senza un po’
di commozione.
Interpretando il loro pensiero,
vorrei esprimere a tutte le sorelle dell’Unione femminile di Pinerolo la riconoscenza delle partecipanti per la buona giornata di
intensa comunione fraterna che
ci hanno dato l’opportunità di
trascorrere sotto lo sguardo del
Signore, in una festosa atmosfera di gratitudine per tutto quello che le unioniste hanno potuto
fare con l'aiuto di Dio, ed augurare un buon proseguimento nel
loro lavoro non sempre facile.
Mariuccia Grill
5
30 aprile 1982
prospettive bibliche 5
LA FEDE INTERROGA
La parola estatica
Chiunque può indirizzare a que
problema di fede che gli sta a
collaboratore del giornale. Domanda
risulti maggiormente il contenuto
Vorrei avere informazioni sulla glossolalia, non solo i fenomeni menzionati dalla Bibbia, ma
anche quelli attuali, che tanto
spazio sembrano avere all'interno del protestantesimo, italiano
compreso. In caso che il fenomeno sia “reale", come inquadrarlo teologicamente? Che valore ha per la fede? Può essere
considerato una "prova", e di che
cosa? Se è un messaggio o un
dono, perché è presente solo in
talune chiese?
Cercherò di rispondere senza
peraltro presumere di essere
esauriente per tutte le domande,
data la mancanza di spazio.
Innanzitutto il significato; glossolalia vuol dire parlare in lingua o lingue e si riferisce al fenomeno, presente nella prima comunità cristiana, come ne fanno
fede i testi seguenti; Marco 16;
17; Atti 2; 1-13; 10; 46; 19; 6; I Corinzi 14. Precisiamo che Atti 2 riguarda una manifestazione particolare della Pentecoste di non
facile interpretazione. Si può
pensare ad un dono di parlare in
lingue straniere per essere compresi dal pubblico internazionale, raccolto attorno agli apostoli; si può anche pensare ad una
forma di ebbrezza spirituale per
cui alcuni dicono « sono pieni di
vin dolce ». Quello che importa
è il fatto che persone d’ogni lingua, nazione hanno potuto ascol
sta rubrica una breve domanda su un
cuore, ricevendo una risposta da un
e risposta saranno anonime perché
del dialogo della fede,
tare e capire il messaggio annunziato con convinzione ed entusiasmo per opera dello Spirito
Santo.
Negli altri testi, tranne Marco 16 si tratta di glossolalia cioè
d’un parlare estatico, con suoni
inarticolati, in forma di preghiera (I Cor. 14; 17), di canto, con
parole e suoni incomprensibili
e paragonati ad una lingua straniera od a suoni di strumenti
(I Cor. 14; 7 e ss.). Nell’estasi
operata dallo Spirito il glossolalo
può anche parlare la lingua celeste, come lo stesso Paolo conferma quale sua testimonianza
quando dice; « fui rapito in paradiso e udii parole ineffabili che
non è lecito all’uomo di proferire... » (2 Cor. 12; 4); ricordiamo
pure il « canto nuovo » dei redenti in cielo (Ap. 14; 3).
Lo Spirito non crea soltanto
l’estasi; crea soprattutto una vita nuova, dà origine alla profezia
e particolarmente all’agàpe che
è il dono per eccellenza (I Cor.
13). I Corinzi purtroppo si preoccupano maggiormente dell’estasi,
del prodigioso, del parlare in lingue per cui l’apostolo ricorda i
limiti della glossolalia; precisa
che l’attività dello Spirito è anche unita a quella della ragione
e cioè alla vita intellettuale coscieme per il servizio del Signore (I Cor. 14; 15). Infatti Paolo
nei confronti delle « lingue » perché con essa si edifica la comunità mentre il parlare estatico
edifica soltanto chi lo prova se
non c’è un interprete.
Per il riconoscimento dell’autentica azione dello Spirito nella
glossolalia, anche nei confronti
della religiosità estatica pagana,
l'apostolo ricorda che « nessuno
può dire; Gesù è il Signore se
non per lo Spirito di Dio » (I Cor.
12; 3).
L’esperienza della prima comunità in tema di glossolalia si è
ripetuta in certi momenti della
storia della chiesa ma in modo
esplosivo si è verificata agli inizi di questo secolo nel Kansas
(U.S.A.) in ambiente prevalentemente di colore e nel Galles; è
nato così il movimento pentecostale che si è rapidamente diffuso in tutto il mondo raggiungendo anche gli ultimi degli uomini; gli Tzigani. Oltre al dono delle lingue si è determinato un
cambiamento radicale della vita
e del culto.
In data più recente, nel 1956
il movimento ha provocato un
risveglio nell’ambito di certe
chiese protestanti tradizionali.
Successivamente sono sorti in
ambito cattolico fenomeni carismatici con una sospetta fioritura di miracoli, visioni di santi,
madonne, con comportamenti
magico-religiosi quasi sempre accettati dalla chiesa ufficiale. Nel
1966 è poi nato il movimento definito « Pentecostalesimo cattolico » derivato da quello protestante, in ambiente medro-bor
sul comunitarismo, la preghiera
collettiva, e l’estasi finalizzata al
parlare in lingue.
Sul tema specifico della glossolalia sappiamo che Paolo non si
occupa delle manifestazioni psicologiche dell’opera dello Spirito e non si domanda quale possa
essere l’esperienza religiosa del
glossolalo. Le testimonianze di
tanti credenti intervistati al riguardo parlano d’una gioia intensa non descrivibile per la mente umana; recentemente una studiosa ginevrina dell’argomento,
in un’intervista, ha indicato alcuni elementi positivi e negativi
dell’esperienza; occorre, per ricevere il dono, una perseverante
richiesta con la cooperazione del
gruppo e specialmente del « leader »; il dono consente al semplice di potersi esprimere; le
persone in crisi, i drogati, ecc.
ricevono guarigione non solo per
opera dello Spirito ma anche per
il conforto, il sostegno della comunità. Certi intellettuali fanno
l’esperienza quale reazione ad
una cultura troppo intellettuale.
Il dono d’altra parte, dice l’intervistata, crea Tillusione di vivere
in una pienezza spirituale, senza
problemi mentre l’evangelo ci
chiede una fede incarnata nella
realtà; inoltre c’è il rischio di
creare delle classi di credenti;
quelli che hanno e quelli che non
hanno il dono.
L’intervistata riconosce che
c’è una vera ed una falsa glossolalia. Laddove lo Spirito fa proclamare al credente la fede in
Gesù Cristo ed in lui soltanto
non vi sono dubbi, come rileva
del resto Paolo (I Cor. 12: 3).
Non è quindi pensabile, ad esempio, che lo Spirito susciti preghiere rivolte a Maria come accade in clima carismatico cattolico; perciò è importante il discernimento degli Spiriti (I Cor.
12; 10).
N. B. - Per il lettore può essere
utile la lettura del volume; « Forme del sacro in epoca di crisi »,
Liguori, Roma 1979, ampiamente
recensito da Myriam Castiglione
in Com-Nuovi Tempi dell’8.7.’79;
inoltre una « memoria » di Francesca van der Mensbrugghe di
Ginevra su; « Movimenti di rinnovamento carismatico; ritorno
allo Spirito o a Dioniso? » con
un’intervista rilasciata a « Vie
Protestante » il 12.1.’79.
dà risa’.o maggiore alla profeziaghese, intellettuale e imperniato
NOVITÀ’
GIORGIO GIRABDET
La lettera di Paolo ai Galati
Dalla religione degli schiavi aUa fede degli uomini liberi
pp. 104, L. 5.400
— Conoscere Paolo attraverso le sue lettere è indispensabile
se non vogliamo che il nostro incontro con il Gesù dei
Vangeli si impantani di nuovo nel solco delle interpretazioni ecclesiastiche e in un generico moralismo.
— Questo libro non è un « commentario » classico ma un invito a rileggere e ad approfondire la lettera di Paolo, in
dialogo costante con gli uomini « in ricerca » della nostra
generazione.
— Contro tutte le tentazioni di riflusso, è necessario ricordare che la fede in Gesù è una forza che cambia il mondo.
CLAUDIANA - Via Pr. Tommaso 1 - 10125 Torino
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IL FRUTTO DELLO SPIRITO
E’ L’AGAPE
Calati 5: 22-23
Il nostro testo può essere capito a condizione di essere inserito nell’ambito della
libertà cristiana.
Paolo chiama i Galati — e con loro i
lettori di ogni tempo — a scegliere la libertà per la quale Gesù è morto.
Nell’immediato contesto si parla, è vero, in modo particolare della circoncisione, ma è chiaro che dietro sta tutta la
problematica della identità di Israele come popolo di Dio.
La scelta che Paolo pone è tra le opere
della legge e Gesù Cristo. Chi opta per la
legge (osservanza di regole, precetti, prescrizioni, riti ecc.) rinuncia a Cristo, e
chi rinuncia a Cristo scade dalla grazia,
rompe con Gesù Cristo e quindi con la
salvezza, e rimane nella schiavitù di se
stesso.
Essere in Cristo significa esistere in maniera nuova; per fede, senza le opere della legge.
La libertà
nell’agàpe di Cristo
Ci troviamo ora di fronte alla prima
grande contrapposizione:’ carne-Spirito
(V. 13 ss).
L’amore di cui si parla non è fine a se
stesso, ma ha senso solo se operante a
favore del prossimo, dell’altro, del diverso da sé.
È questo amore-per-l’altro l’aspetto fondamentale dello scandalo della croce; Cristo è morto ed è risuscitato proprio per il
prossimo, per l’altro, per il diverso da
sé. Ed è da questa scelta veramente ed
assolutamente libera di Dio in Cristo che
noi abbiamo in massimo grado la ragion
d’essere ed il contenuto della libertà cristiana.
Accettare questo atto liberatore di Cristo e tradurlo da parte nostra in azioni
concrete significa la libertà cristiana, fondata sull’amore.
Più che di libertà in senso astratto, si
deve parlare di creature umane liberate
e chiamate a vivere nella libertà e per la
libertà.
La creatura umana è stata riscattata:
dunque liberata con pagamento di riscat
a cura di Gino Conte
In vista del raduno evangelico « Pentecoste 82 » che si terrà a Frali il 30 maggio sul
tema della pace, i pastori della Val Germanasca preparano alcuni studi biblici che
hanno attinenza a questo tema.
to. Questa libertà è costata. Qualcuno ha
pagato per noi e noi siamo stati liberati.
Il prezzo del riscatto è la croce del Golgota: là si è consumato un atto, unico ed
irripetibile, per il prossimo, per il diverso da sé di ogni tempo: la maledizione
del peccato, la inimicizia contro Dio, la
morte sono state tolte.
Ma la croce è anche segno di vita e di
speranza. Al Venerdì santo è seguita la
Pasqua. Il liberato è pertanto chiamato
a vivere una nuova condizione proprio
perché sulla croce è stata creata una vita nuova per lui. Il liberato che accetta
l’annuncio di questa liberazione compie
l’atto di fede attraverso il quale entra
nell’ambito d’azione dello Spirito di Dio
che agisce nella creatura umana: la comunione è ristabilita, la vita nuova è
donata, e la creatura umana da ora in
avanti appartiene all’Iddio vivente.
Ma nella predicazione è annunciata la
croce anche come processo di morte-resurrezione. Questo sottolinea che anche
l’uomo naturale deve morire a se stesso
per poter risorgere a creatura umana liberata da se stessa. Le viene dunque annunciato che in Cristo essa è passata
dalla morte alla vita per una morte somigliante a quella di Cristo (cfr. Rom.
G: 5).
Perché la vita sìa
veramente nuova
Vi è tuttavia per il credente la minaccia
costante di lasciarsi sfuggire questa libertà. La libertà cristiana infatti non è
un dato acquistato una volta per tutte
(cfr. 5: 1). E allora può riaffiorare in lui
la' tentazione di ricorrere ancora una volta alle opere della legge, alla osservanza
di casistiche per avere una certa garanzia
di mantenimento di questa libertà che in
vece dev’essere accettata solo per fede.
Ed è proprio in questa sottile e celata
tendenza che esplode in tutta la sua forza
la contrapposizione carne-Spirito (cfr.
V. 16 ss).
Questa contrapposizione rivela una puntuale precisazione a proposito della situazione in cui viene a trovarsi il credente
e del modo in cui deve impostare la propria vita perché sia veramente nuova.
Innanzitutto egli viene esortato a sottomettersi ( = camminare, essere condotto, crocifiggere la carne) all’azione dello
Spirito, quindi viene chiamato a produrre il frutto dello Spirito, il primo dei
quali è l’agàpe.
Compaiono qui termini chiave.
Spirito: è Dio stesso nella sua azione,
movimento; è la sua forza che determina
l’intera esistenza del credente in quanto
fa sì che questi viva dell’evento salvifico,
la croce.
Camminare, per lo Spirito: è l’invito ad
impostare la propria vita fidandosi di
questa forza, ad accettarla come norma
cui adeguarsi.
Carne; indica la totalità dell’essere umano in tutti i suoi aspetti interiori ed
esteriori.
In questo senso dobbiamo capire « i desideri della carne » di cui abbiamo un
elenco in 19-21. Un tal uomo non è in comunione con Dio né col prossimo.
L’esortazione a camminare per lo Spirito esclude qualsiasi idea di magica trasformazione o divinizzazione del credente
per opera dello Spirito, ma esprime una
possibilità di vincolare se stessi in un rapporto di obbedienza e di sottomissione
allo Spirito essendo il credente non meno
carnale dell’incredulo.
Per natura l’uomo produce opere, compie gesti (cfr. vv. 19-21) che si riscontrano nelle sue relazioni col prossimo e che
manifestano la natura dell’uomo che vive
senza lo Spirito di Dio (l’elenco riportato non è completo - cfr. Rom. 1: 29-31 ecc.).
La pace senza l’agàpe
non è pace
Degno di attenzione è l’altro elenco, anche questo non completo, attribuito allo
Spirito (cfr. vv. 22-23). Innanzitutto è da
notare che alle opere della carne non sono contrapposte le opere ma il frutto
dello Spirito, termine che esprime principalmente la inattesa gratuità, il dono
assoluto da parte dello Spirito.
Come base di qualsiasi costruzione di
vita morale, spirituale e pratica; come
punto di partenza per qualsiasi discorso
e qualsiasi dialogo è l’agape, l’amore. È
questo il primo dei doni dello Spirito e
ricomprende in sé tutti gli altri: la gioia
che è espressione del sapersi direttamente
coinvolti nel piano di rinnovamento radicale iniziato da Dio in Cristo, e la pace.
La pace è dunque un dono dello Spirito.
Questo significa che la pace non è un
prodotto umano, ma una vocazione rivolta ad ogni creatura umana a vivere
nella pace e in vista della pace. Solo laddove vi è l’agàpe è possibile l’utilizzazione
di tutti i doni dello Spirito perché la creatura umana possa realizzarsi a statura
perfetta di Cristo (cfr. Ef. 4: 13).
« Contro tali cose non vi è legge » (cfr.
V. 23). Questo perché «tali cose» sono
il frutto dello Spirito di Dio, perché sono
alcune delle espressioni più genuine della
volontà di Dio, ma sono anche alcune caratteristiche del Regno.
Se queste caratteristiche sono possibili,
se avvengono e si realizzano già nell’ambito della comunità (cfr. v. 24) è segno che
coloro che le praticano sono passati, in
Cristo, a vita nuova, hanno rinunciato alla carne e cercano di vivere nello Spirito.
Essi appartengono a Cristo. Si accede
pertanto alla vita nello Spirito non per
via naturale, ma attraverso il cambiamento di tutto l’essere, attraverso il ravvedimento che sfocia solo nella nuova nascita.
La conclusione del v. 25: « Se viviamo... » è una affermazione, che può essere resa così: « Visto che possiamo vivere
solo perché lo Spirito »; oppure: « Se abbiamo accettato che solo lo Spirito ci dà
vita, il nostro comportamento sia conforme allo Spirito », cioè alla volontà di Colui che ha reso possibile sulla terra la realizzazione dei segni del suo Regno in
Cristo. .4ldo Rutiglianò
6
6 fede e cultura
30 aprile 1982
NEL TERZO CENTENARIO DELLA FONDAZIONE DELLA PENNSYLVANIA
I quaccheri, turbolenti pacifici
La parabola di un movimento che dalla forte particolarità iniziale si stempera in una progressiva ritirata e integrazione nella società moderna ma il cui messaggio mantiene la sua attualità
Mentre da noi quest’anno è Garibaldi che tiene banco, negli Stati Uniti si celebra il terzo centenario della Pennsylvania e di Filadelfia, la città dell’amore fraterno, capitale di questo stato
grande più di un terzo dell’Italia.
Ad ogni americano questi due
nomi ricordano subito William
Penn (1644-1718), il padre fondatore della città e dello stato, ma
anche per noi, tra tanti echi di
atrocità e di guerre, il messaggio di pace e di tolleranza di
questo quacchero mantiene ancora, pur senza miti, la propria
carica d’attualità.
Penn è stato un testimone di
quel tragico Seicento di confiitti
rovinosi, di persecuzioni ed efferatezze che segnano tanto anche
la storia dei valdesi, ma egli fu
un attivo operatore di pace e per
questa pubblicò nel 1693 una generosa Proposta che chiedeva la
istituzione — allora! — di un
parlamento europeo.
I quaccheri erano in gran parte contadini e artigiani, in origine, ma Penn era un uomo di
cultura, oltre che un credente:
se in una mano aveva la Bibbia,
nell’altra possiamo vederci di
volta in volta le opere di Erasmo, di Grozio, di Sully o di Locke; tutto questo si avverte nella costituzione di quel suo sogno
realizzato, la Pennsylvania, appunto, ove i quaccheri volevano
anche testimoniare della possibilità di relazioni umane più giuste e pacifiche.
Nel nuovo mondo
Figlio di un ammiraglio, Penn
s’era unito ai quaccheri da giovane, ne aveva sposato le posizioni di caparbia nonviolenza e
con loro aveva subito le j>ersecuzioni che s’erano attirati con la
denuncia profetica dei mali della
chiesa e della società inglesi, in
nome della luce interiore che
trasforma ogni coscienza; il suo
rango sociale, tuttavia, gli aveva
consentito di aiutare sovente i
suoi confratelli, tanto più quando, in pagamento di precedenti
crediti di suo padre, riuscì ad
ottenere dalla corona la proprietà di vasti territori americani
adiacenti al fiume Delaware. Così, nel 1682, con la tacita benedizione di Carlo II, non dispiaciuto di liberarsi di un po’ di
sudditi turbolenti, benché pacifici, i quaccheri s’imbarcarono
a centinaia con William Penn,
spinti certo dalle persecuzioni,
ma anche dalla crisi in patria e
con l’incentivo, quindi, di opportunità economiche allettanti; forte era poi la determinazione di
dar vita a una società diversa,
più libera e più giusta.
Appena sbarcati, nell’autunno.
LA SPEZIA
La natura,
nostra compagna
Siamo alla terza esperienza, di
quest’anno, di incontro culturale
da parte del Centro evangelico
con la realtà spezzina. Il primo
discorso ha affrontato il tema
della pace, il secondo « La laicità, terreno di libertà ». Giovedì
1" aprile il pastore Gino Conte,
con un crescendo logico, ci ha
presentato un discorso articolato e problematico su « La natura, nostra compagna ». L’oratore ha affrontato subito il diverso rapporto che intercorre con
la natura nei popoli nordici e in
quelli mediterranei. Il nordico
considera la natura con maggior
rispetto, perché è permeato da
una profonda cultura biblica,
mentre il cattolico stanziato generalmente al Sud Europeo ha
un atteggiamento meno rispettoso dell’ambiente. Non è anche
perché, si è domandato l’oratore, nell’uomo del Nord è rimasto l’antico substrato pagano?
Nelle foreste nordiche il viandante è sempre guidato da indicazioni che gli dicono dove porta quel sentiero ; nelle grandi città troviamo case inghirlandate
di fiori ; durante l’inverno gli animali possono trovare cibo nelle
apposite capannine ; ogni casa
ha una cassetta in cui posare il
mangime per gli uccelli. Tutte
queste usanze affondano nella
coscienza ecologica di quei popoli. Nella riflessione cattolica
l’uomo è al centro delle cose e
può usarle come vuole, perché
esse sono per lui e non lui per
loro. Soltanto una valutazione
etica può limitarne l’uso.
Come si deve porre un cristiano rispetto alla natura? Secondo Conte la natura deve essere
considerata una creatura come
noi, non di più né di meno. Non
di più perché lo spiritualismo
animistico non è cristiano. Esso
considera la natura sacra e padrona, e perciò l’uomo ne ha
paura. Né di meno per le ragioni sopra accennate. Il rapporto
giusto è questo: l’uomo è creatura di Dio come l’universo è
creatura di Dio. L’avvento del
dominio sulla natura è iniziato
dalla costruzione dell’aratro col
dente più lungo. Bacone lo esalta perché dice che finalmente
l’uomo può dominare la natura.
Con il Rinascimento si iniziano
a porre le basi per la tecnologia
e lo sfruttamento intensivo di
essa. Questo processo raggiunge
l’apice nella civiltà industriale.
La macchina, sebbene considerata da alcuni opera del diavolo,
trionfa e viene addirittura esaltata come strumento di redenzione dell’uomo.
Il cristianesimo, profanando
la natura nel senso di ridurla al
rango di creatura e di cosa, non
ha forse fornito i presupposti
ideologici per la devastazione e
l’inquinamento selvaggio dell’ambiente? Gino Conte, in chiusura,
ha lasciato intendere che la predicazione della Signoria di Dio
sul creato comporta fiducia verso la natura ed è anche la misura del nostro rapporto con essa.
La discussione seguita alla relazione ha riaffermato l’importanza del discernimento del messaggio biblico per la salvaguardia della creazione superando la
immagine del giardiniere della
Genesi. Il discorso al riguardo
sarà ripreso il 21 maggio p. v.
da una tavola rotonda, che ritornerà sul tema dell’ecologia
attraverso gli interventi di un
teologo, di un sindacalista e di
un politico.
Emilio Canese
s’insediarono alla confluenza di
due fiumi, il Delaware e lo Shuylkill, e si diedero a costruire la
loro Città del Sole, Filadelfia, secondo un piano regolatore già
preparato — un fitto reticolo di
strade che s’intersecano ad angolo retto, con ampi spazi verdi
— che è ancora rintracciabile nel
centro dell’attuale metropoli; in
breve venne eretta una prima
Meeting House per ascoltare in
semplicità e silenzio la voce dello Spirito e poi, al solito, la scuola. Penn, che restò in America
solo un paio d’anni, aveva anche
previsto uno schema costituzionale, perché la concessione lasciava larga autonomia legislativa ed amministrativa; la prima
assemblea generale si riunì già
nel dicembre 1682, elesse Penn
governatore e approvò con leggere modifiche la Grande Legge
preparata in patria con rapporto anche di Algernon Sidney, l’ex
rivoluzionario che non faceva
mistero delle sue idee repubblicane.
Questa costituzione è, per i
tempi, molto avanzata, con diversi elementi che noi oggi chiameremmo di garantismo e una
impronta laica, esente dalle tinte teocratiche della vicina Nuova Inghilterra puritana: separazione tra chiese e stato, libertà
per ogni pratica religiosa — anche per il cattolicesimo, quindi
— purché compatibile con la morale cristiana, accentuata rotazione nelle cariche delle varie assemblee elettive, suffragio esteso
a chiunque possedesse anche un
modesto pezzo di terra, che non
mancava, e che pagasse un minimo di tasse, garanzie nei procedimenti giudiziari e un mite
regime carcerario, con prigioni
dotate di laboratori, rigorosa limitazione della pena capitale ai
soli casi d’omicidio, secondo una
visione non repressiva della legislazione penale.
Fu così, quindi, che in questo
rifugio giunsero presto numerosi i profughi e i perseguitati europei, mennoniti olandesi e fratelli moravi, labadisti e pietisti
tedeschi, svizzeri e scandinavi,
che fondarono libere comunità
— Germantown, ad esempio —
e sin d’allora diedero alla Pennsylvania una notevole impronta
cosmopolita; l’elemento quacchero andò perciò riducendosi e anche l’applicazione concreta della
costituzione, d’altronde, ebbe
non poche difficoltà e ripensamenti riduttivi. Coi pellirosse
vicini, invece, Penn e i quaccheri stabilirono pacifici rapporti
di giustizia e rispetto reciproci,
mantenendo a lungo un atteggiamento di riguardo verso la
loro cultura; a questo proposito
la Pennsylvania resta un’isola felice nel quadro della colonizzazione delle Americhe.
Il trionfo
degli affari
Per certi versi, il Settecento
così ben preparato non fa che
confermare queste premesse ammirevoli con un grande sviluppo
culturale: è a Filadelfia che sorge il primo orto botanico americano, che opera Franklin tra un
fiorire di club e di giornali, con
la fondazione della società filosofica e del College che fan della città uno dei centri più prestigiosi delle colonie; ma è fatalmente una cultura prodotta da
condizioni economiche ben . lontane dalla sobrietà di un tempo.
Sino alla rivoluzione americana
— è a Filadelfia, fra l’altro, che
viene votata nel 1776 la dichiarazione d’indipendenza — sono
i quaccheri della Pennsylvania
che hanno in mano il commercio tra colonie e madrepatria,
raggiungendo come i confratelli
inglesi, che stanno creando imperi industriali e finanziari, posizioni di prosperità invidiabile;
ma gli interessi economici, al solito, annacquano sempre più l’originaria etica del loro agire. Sul
piano religioso, se manca la carica profetica, restano spesso solo
i richiami a una tradizione cristallizzata nell’immobilismo che
sfiora gli atteggiamenti d’ipocrisia; l’esito politico è la cauta
conservazione che maschera il
timore di pregiudicare l’andamento dei buoni affari. Perché,
ad esempio, c’è un colossale business in cui anche i quaccheri
americani sono, direttamente o
no, ben attivi e coinvolti, ed è
quello tragico degli schiavi; e ci
vorrà uno di loro, John Woolman (1720-1772) a convincerli lentamente dell’incompatibilità dello schiavismo con la morale cristiana, per awiare infine la lun
ne. E che fosse così, lo si vide
poi nelle vicende del 1776, quando le simpatie di troppi quaccheri, in una Pennsylvania rivoluzionaria, non andarono certo
alla causa dei coloni ma, sia pure da spettatori, all’Inghilterra:
un atteggiamento che i compatrioti mostrarono di non apprezzare affatto.
Una città
come tante altre
L’Ottocento, infine, quando è
Harrisburg a divenire capitale,
è l’anticamera dell’oggi; la Pennsylvania è d’allora il grande stato delle miniere di carbone, degli altiforni dell’acciaio e dei
pozzi di petrolio, di Pittsburg e
di Bethlehem. I quaccheri non
hanno smesso di operare per la
pace e la riconciliazione tra i popoli, ma a Filadelfia quel che resta del loro messaggio bisogna
andarselo a cercare in una città
di cinque milioni d’abitanti, forse nelle stradine del bel centro
tranquillo abitato da tranquilli
professionisti magari un po’ ra
Interesse pubblico
La religione, che rappresenta il fine più nobile della vita
umana, costituirebbe anche il più solido legame della società
se l’uomo non errasse nell’intenderne il significato eccellente.
La Sacra Scrittura afferma che essa è soprattutto amore verso Dio e verso il nostro prossimo che dobbiamo amare come
noi stessi, ma la pratica ci insegna che troppi risolvono la
questione in termini puramente formali e d’opinione. Questo
è il motivo dei mali e delle incertezze che accompagnano gli
atti di governo. Appena un’idea prevale su di un’altra (ancorché tutti ritengano che la Bibbia sia sacra), la società civile
e il governo hanno a soffrirne e ne sono sconvolti; quando
poi consideriamo la violenza e gli atti innaturali che alcuni
compiono in nome della religione (il che dimostra che essi
non sono nella verità, perché la religione rende gli uomini
umanissimi e al tempo stesso divini), abbiamo ragione di
deplorare l’incapacità a comprendere e a tradurre in pratica
il significato di questa tanto degna parola.
Poiché però è assai difficile distogliere l’uomo dal suo
errato concetto della vera natura e della vita della religione,
ed essendo di conseguenza ancora troppo presto per poterne
stabilire un significato che l’umanità possa rapidamente assumere a base comune della società civile, dobbiamo per il
momento ricorrere a un principio più modesto ma valido.
Penso non sarà difficile riuscire nel nostro intento.
Si tratta di questo, che l’interesse pubblico è il fondamento e lo scopo del governo e che, ove esso non è completamente difeso, il governo finisce necessariamente per vacillare. Il termine « interesse » ha un’accezione buona e una
cattiva. Quando viene considerato in senso negativo, esso significa conseguire dei vantaggi senza riguardo alcuno alla verità o alla giustizia; io non lo intendo in questo senso. Il significato positivo del termine, quello cioè a cui mi riferisco,
indica la lecita ricerca della difesa dei diritti o l’incremento
degli onesti profitti dei singoli e della società. Per « governo »
intendo un ordinamento giusto ed equo ove il potere non sia
un diritto e a governare siano le leggi, non la volontà o il potere degli uomini, perché in questo caso si tratterebbe di tirannia pura e semplice.
WiLUAM Penn, Un progetto per la prosperità dell'Inghilterra: La nostra
salvezza è nella concordia civile. Uinilme'nte dedicato al Grande Consiglio. il Parlamento d’Inghilterra (1679). da « I Quaccheri, eversione
e nonvinlenza » a cura di Giorgio Vola, Claudiana 1980.
ga battaglia abolizionista che li
vedrà dal 1780 in poi in prima
fila.
Intanto, ad ogni modo, il loro
peso politico in Pennsylvania era.
andato scemando e, nel 1756, i
quaccheri s’erano ritirati dal governo della colonia per non votare la leva di milizie per la guerra contro i francesi del Canada.
Anche qui, però, c’è qualcosa di
più che l’antico rifiuto della violenza, quasi un tirarsi indietro
da decisioni eticamente spiacevoli ma necessarie sulla base dei
loro stessi interessi, secondo una
politica delle mani nette che lasciava irrisolta la contraddizio
dicals. Nel centro, in Independence Square, c’è la statua di
William Penn a ricordarci bonario quel messaggio di pace e di
giustizia; ma negli slums della
vasta periferia industriale, ove
vive un numeroso proletariato
di neri, l’atmosfera è diversa e
i problemi sono quelli di tante
altre città, e non solo americane: in questa Filadelfia, come
dovunque di giustizia ce ne sia
poca — e la pace, quindi, resti
precaria — è forse arduo aspettarsi che si « sentano » i centenari e le commemorazioni.
Giorgio Vola
7
30 aprile 1982
obiettivo aperto 7
RIFLETTIAMO INSIEME SULLA FORMAZIONE CHE COLLETTIVAMENTE DIAMO ALLE NUOVE GENERAZIONI
La cultura e i ragazzi di oggi
A cura della
Federazione Femminile
Evangelica valdese
metodista
Il dizionario italiano deflnisce la cultura « complesso della
vita di un popolo in una determinata epoca »,
ancora come « complesso delle cognizioni che uno
possiede ». La chiesa cattolica da sempre vuole imporre
una « cultura » cattolica al popolo italiano, d’altra parte
i partiti laici chiedono una cultura laica.
Nelle nostre chiese in special modo nelle Valli si vuole
salvaguardare la cultura valdese. Quale è in realtà il tipo
di cognizioni che oggi i nostri ragazzi ricevono
per crearsi una cultura?
Abbiamo intervistato un direttore didattico, un genitore
e due insegnanti di una pluriclasse. Vorremmo cosi
iniziare un dialogo per vedere quale può essere la posizione,
quindi ia responsabilità verso i giovani,
di un « popolo-chiesa ».
Voglio premettere che una risposta a questa domanda non
solo è difficile, ma rischia oltre
tutto di essere troppo generica,
di avanzare una valutazione che
non rispecchia la realtà del singolo caso. In un paese come il nostro, così variegato proprio sotto
il profilo culturale, non ci si può
illudere di poter produrre una
fotografia sufficientemente fedele
della situazione; generalizzando
la risposta, si corre il pericolo di
rendere sfocata la condizione del
singolo gruppo o famiglia. Pertanto, il discorso che intendo fare ha, dentro di sé, questo limite,
ma credo anche che alcune osservazioni più generali, con i dovuti
adattamenti, possano trovare riscontro in molti di noi o, per lo
meno, far riflettere su fenomeni
a cui stiamo assistendo.
La famiglia
Per poter dire « che cosa ricevono oggi i ragazzi come cultura » bisogna distinguere fra ambiente scolastico ed ambiente familiare (ed extra-familiare). Per
quanto riguarda quest’ultimo, la
fonte principale di « cultura » è
senz’altro la televisione. Sotto il
profilo sociologico, ritengo che
una delle maggiori modificazioni
avvenute negli ultimi vent’anni
sia proprio il passaggio da una
forma di acculturazione legata
alla lettura, alla tradizione orale
o, al limite, all’assenza di tutto
ciò, ad un’acculturazione di massa tramite il mezzo televisivo.
Ormai, non esiste più angolo
d’Italia che non riceva la TV (la
radio, come tale, non è mai stata
un fenomeno di massa cosi come non lo è il cinema) e che,
quindi, non sia sottoposto a ricevere messaggi culturali uniformi.
Due osservazioni soltanto: stiamo assistendo a fenomeni di moda estesi anche se passeggeri, dovuti al successo incontrato da
certi telefilms o da certa pubblicità, fenomeni che hanno delle
grosse ripercussioni in campo
economico-commerciale e, soprattutto, in campo culturale, dove la gente finisce per ragionare
con la testa degli altri, usando
luoghi comuni, scegliendo per
slogans o cercando di identificarsi (e cosi copiare e ripetere) certi
idoli del piccolo schermo.
La seconda osservazione riguarda la lingua che oggi usiamo: i dialetti e le forme regionali o locali stanno scomparendo,
soppiantati dall’uso di un italiano medio, il cosiddetto « italiano televisivo » a metà fra il romano ed il settentrionale (milanese'?), tanto per intenderci l’italiano alla Bongiorno e alla Bando. Dunque, da un lato la TV ha
compiuto quell’opera di uniformazione che neppure cent’anni di
unità politica erano riusciti a
realizzare, dall’altro però rischia
di livellare all’eccesso, estirpando le radici culturali del cittadino.
Quali i contenuti? Basta passare un pomeriggio con i ragazzi
davanti allo schermo TV per rendersene conto: cartoni animati di
marca americana e giapponese,
telefilms d’avventura (non di rado violenti), qualche intratteni
mento tipo gioco, gare, quiz e,
qualche volta, documentari sulla
natura. I programmi della serata,
dopo il telegiornale, li conosciamo tutti e credo che si possa
essere concordi nel dire che non
sono quasi mai adatti — dal
punto di vista educativo e culturale — al ragazzo.
Non è difficile criticare questo
modo di « fare cultura », proponendo alla massa dei ragazzi atteggiamenti e comportamenti sovente ipocriti, egoisti, violenti,
quasi sempre passivizzanti e ben
raramente educativi se, per «educativi», s’intende l’invito a riflettere, a ragionare, a controllare.
Ma penso che le nostre critiche
vadano rivolte alla TV solo fino
ad un certo punto, anche perché
la TV fa il suo mestiere; l’appunto più rimarchevole è da farsi ai
genitori, i quali hanno un dialogo ridotto con i figli e preferiscono tutto sommato vederli
tranquilli davanti alla TV, senza
poi preoccuparsi di parlare con
loro, di riprendere insieme i discorsi, di « smontare » certi comportamenti. Sarebbe importantissimo che la famiglia ritrovasse
del tempo per stare con i figli,
dialogare con essi, uscire insieme e non solo per la partita o
per le spese. Ma questo implica
un modo diverso di vivere e, per
l’innanzi, delle scelte che non è
sempre facile far coincidere con
le esigenze economiche.
La scuola
Su quale cultura passi la scuola, il discorso è altrettanto arduo.
Si, perché la situazione non è affatto uniforme come, a chi guarda dall’esterno, potrebbe sembrare.
Consideriamo la fascia della
scuola dell’obbligo, che riguarda
i ragazzi dell’elementare e della
m.edia. Qui, esistono dei programmi nazionali, solo in parte seguiti. Nell’elementare, rispetto ai
programmi del 1955 (e dovremmo essere alle soglie di « nuovi »
programmi), in molti casi si è
già oltre, impostando per esempio l’insegnamento della lingua,
della matematica o della storia
con metodi innovativi e con una
conseguente revisione dei contenuti proposti; in altri, invece, si
continuano ad applicare metodi
non più accettabili da un punto
di vista psicopedagogico, ad esempio per ciò che concerne il
leggere, lo scrivere o la geometria. Nella media, dove i programmi sono assai più recenti ed
avanzati, non sempre si tiene con.
to del « nuovo corso » in tema di
interdisciplinarità o di diversa
impostazione delle singole materie.
Anche scorrendo i libri in uso
non è facile dire, in assoluto, quale « cultura » circoli oggi nelle
classi. Infatti, per ciò che riguarda i testi scolastici, negli ultimi
anni, soprattutto dopo le motivate critiche nate nel ’68, si deve
registrare un cambiamento, talvolta anche radicale, nell’impostazione metodologica e nella
scelta dei contenuti. Con molta
probabilità, i libri più all’avanguardia, quelli cioè dov’è richiesta più partecipazione di docenti
e studenti nella ricerca e nell’approccio critico, faticano a trovare un buon mercato, ma bisogna
dire che, fatta salva qualche
frangia, anche la produzione più
nozionistica ed ottusa ha sempre
minori acquirenti.
Ma ciò che più conta, a mio
avviso, in un discorso sulla cultura a scuola — sempre che per
cultura s’intenda un comportamento, un modo di essere e di
trattare le informazioni, e non
già un bagaglio di notizie — è
l’atteggiamento che l’insegnante
adotta con i ragazzi. In questo
senso, ritengo che si possa dire
con certezza che si è andati avanti sulla strada della responsabilizzazione, della criticità, della
ricerca da parte dello studente,
soprattutto grazie a certe esperienze di scuola alternativa (da
Lodi a Bernardini) che hanno dato vita e spazio alle attività di
temjio pieno, integrative, alle 150
ore, ecc.
Sta di fatto che la scuola sta
oggi più che mai vivendo le contraddizioni della società in cui si
trova ed ,è costretta a scegliere,
ad impegnarsi se non vuole definitivamente soccombere sotto il
rullo deformante dei mass media.
Probabilmente, la scuola deve
ancora fare uno sforzo per cercare di adeguarsi alla realtà in cui
vive e, nello stesso tempo, usare
in maniera razionale ciò che la
civiltà avanzata le offre. È il caso
del fumetto, a lungo esiliato dalla scuola, visto come veicolo di
immoralità infettiva. Di fatto, il
fumetto può anche essere questo, ma ritengo che molto dipenda dall’utilizzo che se ne fa, tenendo conto che il non volerne
accettare resistenza non significa
che esso non esiste. Un lavoro
fatto col fumetto e sul fumetto,
scomponendolo e ricomponendolo, studiando la tipologia dei personaggi e la monotonia delle storie, consente il recupero di uno
strumento che, per altri versi, è
didatticamente valido: lettura,
lingue straniere, sequenze storiche e storia, ecc.
Insomma, questi pochi esempi
C] dicono come, a seconda di come si organizzi l’attività scolastica, la cultura che si passa o che
si fabbrica è diversa e come, in
molti casi, non esistano neppure
punti di raccordo fra scuola e
famiglia che permettano di impiantare un discorso unitario,
coerente.
Il S.I.E.
Il S.I.E. — Servizio Istruzione
Educazione —, con le poche for- ,
ze a disposizione, ha da tempo
cercato di sviluppare un discorso
di alternativa o per lo meno di
presa di coscienza dei rischi di
una massificazione delle menti,
fornendo materiale biblico e didattico rinnovato e svolgendo
un’attività di formazione soprattutto presso i monitori e le famiglie. L’impresa non è certo facile, avendo a disposizione mezzi
limitati e, come controparte, l’indifferenza o lo strapotere dei
media.
Dal canto suo, la rivista La
Scuola domenicale svolge un’opera di sensibilizzazione in questo
àmbito, riportando articoli teologici e pedagogici ed allestendo
pagine didattiche (le « pagine
gialle »! ) a sostegno dei programmi biblici domenicali, secondo
un’impostazione attiva, che attualizzi il messaggio e richieda la
partecipazione del ragazzo. Gli in
contri periodici con i monitori
dovrebbero servire ad « irrobustire » questo modo nuovo di procedere, sia attraverso una preparazione teologica aggiornata sia
attraverso una formazione al rapporto pedagogico.
Ma anche in questo caso, il
contributo che il S.I.E. può dare
ha valore nella misura in cui è
affiancato da altre iniziative e trova l’appoggio nelle famiglie a cui
l’appello è lanciato attraverso i
ragazzi. Da sempre, si è voluto
che rincontro domenicale (o settimanale) non fosse una lezione a
sé stante, con un insieme di precetti da imparare in astratto e
fors’anche a memoria, ma un momento di riflessione sulla propria
vita, sui fatti successi attorno a
noi ed un confronto con l’Evangelo.
Roberto Eynard
INTERVISTA A CLAUDIO TRON
Manca il modello
— Che genere di cultura ricevono oggi i ragazzi?
— Mentre un tempo i ragazzi
ricevevano essenzialmente , solo
due tipi di cultura: quella scolastica e quella familiare, per di
più abbastanza omogenee sia per
il mezzo di trasmissione — la
parola e, raramente 1’« esempio »
— sia per l’ideologia che le ispirava — il conformismo nei confronti dei modelli proposti —, oggi ricevono una disseminazione enorme di tipi di cultura. Abbiamo,
intanto, ideologie estremamente
varie, dal conformismo alla contestazione, dall’attivismo alla rinuncia ad ogni tipo di intervento, dal « valore » del lavoro al
suo rifiuto volontario o imposto
con la disoccupazione e subito
passivamente. Inoltre abbiamo
una varietà di istituti e di veicoli
che rendono praticamente impossibile, nell’età della preadolescenza e dell’a'dolescenza, di ricondurre i dati raccolti sotto denominatori comuni e sotto un quadro
sistematico ed omogeneo.
— Quali sono le conseguenze?
— La conseguenza più evidente
è la difficoltà per i ragazzi di trovare dei modelli di comportamento da seguire o dei ruoli in
cui identificarsi. Tutto il gran
parlare che si fa sull’orientamento a livello di scuola media ha
da un lato una motivazione positiva che è quella di fornire al ragazzo la possibilità di operare
scelte personali e adeguate. Ma
d’altro lato riflette forse un disagio che si va sempre più accentuando, perché il ragazzo stesso
è talmente bombardato dai messaggi più vari che si fanno concorrenza tra di loro, che è diso
rientato, per cui l’orientamento
che un tempo era assai più precoce, ma che era quasi automatico — nessuno si sognava di impiantare un’attività di orientamento nella scuola elementare —
oggi diventa sempre più problematico, non tanto e non solo per
l’andamento incerto e in rifl.usso
del mercato del lavoro, ma soprattutto perché è inevitabile che
tutto l’insieme della cultura trasmessa dai mass media, dalla
scuola, dalla famiglia, dagli amici crei un guazzabuglio tale nella testa del giovane che gli è
sempre più difficile venirne a
capo,
— Quali sono le proposte alternative?
— Sembra chiaro che tutti i
canali culturali puntano ad avere l’egemonia sugli altri: la TV
vorrebbe addirittura in qualche
caso sostituirsi alla scuola o svolgere — meglio della scuola — i
compiti istituzionali della scuola
stessa. In questa giungla comunicativa, l’unica alternativa possibile sta nel fatto che una delle
istituzioni che si contendono il
campo riesca nell’intento che tutte si prefiggono, cioè nell’acquistare in modo duraturo un peso
maggiore delle altre nella vita del
ragazzo. Attualmente forse ci riesce in parte la TV, ma forse meno di quanto si creda, perché è
— anche fisicamente — confinata
in spazi ben definiti, è poco mobile — anche se di modello portatile. Non per niente tutte le istituzioni si presentano come alternative. E lo fanno giustamente,
anche se noi riteniamo che l’Evangelo sia più alternativo di altre proposte che hanno la stessa
pretesa.
8
8 ecumenismo
30 aprile 1982
SUD AFRICA: RISOLUZIONE FINALE DI UNO STORICO INCONTRO
Neri e liformatii
i
Echi dal mondo
cristiano
È possibile essere neri e riformati in Sud Africa, cioè essere nello stesso tempo vittime dell’oppressione dei bianchi ed avere la stessa confessione
di fede degli oppressori? E com’è possibile che la
Riforma calvinista abbia partorito un regime così
obbrobrioso come quello deH’apartheid? Non dovrebbero i neri, per coerenza, rigettar^ insieme
all’apartheid anche la dottrina religiosa a cui si sono ispirati i loro carnefici? E come si può, in quella determinata situazione, riconoscere i valori della Riforma e riaffermarli, ritorcendoli contro coloro che li hanno traditi e vilipesi?
È per cercare di rispondere a queste domande
brucianti che un’assemblea di neri riformati sudafricani, provenienti da diverse chiese, si è riunita
il 26 ottobre 1981 a Hammanskraal, vicino a Pretoria. Quest’incontro, definito « storico » dalla rivista svizzera «Terre Nouvelle» (N. 17 - marzomaggio ’82) che pubblica un ampio dossier sulla
questione, è il primo del genere da oltre trecento
armi, da quando cioè, a metà del 17“ secolo, dei
contadini olandesi riformati (i Boeri) si sono installati sulle terre dell’estremo sud dell’Africa, raggiunti poi da altri immigrati riformati; ugonotti
francesi perseguitati, riformati tedeschi, e perfino
valdesi. Interpretando a modo loro l’idea della
predestinazione, questi nuovi coloni calvinisti si
considerarono « popolo eletto » in mezzo ai pagani,
al quale Dio avrebbe affidato la missione « di man-’
tenere la fede e la civiltà cristiana ». Qui ha le sue
radici la famigerata politica dell’apartheid.
Oggi il nemico non è più il pagano ma chiunque si oppone alla politica governativa dell’apartheid : ogni oppositore è considerato un comunista
e la nuova « missione » dei riformati Boeri è di
lottare ad oltranza contro il comunismo.
Il teologo Alian Boesak, meticcio, cappellano
degli studenti dell’Università di Western Cape, ha
svolto la relazione centrale dell’assemblea, metten
do a confronto i principi basilari della Riforma
con l’uso che ne è stato fatto dai Boeri e facendo
risaltare la natura di peccato dell’apartheid. Insistendo sul primato della Parola di Dio, ha affermato che « manipolare la Parola di Dio per accomodarla ad una cultura o a dei pregiudizi o ad
un’ideologia, è estraneo alla tradizione riformata ».
Con la loro politica segregazionista e razzista, che
eleva l’ingiustizia sociale ed economica al rango di
istituzione, i Boeri negano nei fatti la Signoria di
Gesù Cristo alla quale si richiamano. Citando Calvino e Barth, Boesak dimostra il carattere radicalmente anti-evangelico del sistema boero e, chiedendosi com’è possibile osare riallacciarlo alla tradizione riformata, dice: « Dobbiamo rifiutare l’affermazione blasfema che Tapartheid è di origine cristiana ». Anzi, il regime sudafricano non essendo
né giusto né legittimo, è un dovere per i veri discepoli di Cristo « ubbidire a Dio anziché agli uomini », lottando per la giustizia e la dignità umana,
e ciò proprio nella scia della tradizione riformata,
centrata sulla responsabilità del cristiano nel
mondo che è chiamato a operare per la gloria di
Dio e per il bene del prossimo. I neri sudafricani
dunque, ben lungi dal vergognarsi di essere riformati, non devono temere di lottare contro i loro
oppressori « riformati », usurpatori dei loro diritti, della loro dignità e della loro confessione, per
affermare la giustizia e la solidarietà umana.
Al termine dell’assemblea è stato deciso all’unanimità di costituire una « Alleanza dei cristiani neri riformati del Sud Africa », con lo scopo di ottenere un’unità d’azione e, se possibile, in un prossimo futuro, un’unione delle Chiese nere (attualmente sono otto). Anche questa importantissima
decisione può definirsi storica, in quanto potrebbe
avere un peso determinante nella drammatica situazione sudafricana.
J. J. P.
a cura di Renato Coisson
Per la prima volta da trecento
anni, cristiani neri riformati in
Sud Africa si sono riuniti per discutere il significato del loro essere neri e riformati.
In quanto neri in Sud Africa,
siamo attualmente oppressi, senza potere, senza voce, nel paese
della nostra nascita. Spossessati
della nostra terra, siamo « persone spostate» («displaced people ») confinate sul 13% del territorio e privi dei nostri diritti
di cittadini. Essere neri significa
essere disumanizzati e soffrire
sotto una miriade di leggi ingiuste.
La tradizione riformata in Sud
Africa è considerata come responsabile dell’oppressione politica, dello sfruttamento economico, di un capitalismo che sfugge
ad ogni controllo, della discriminazione sociale e del disprezzo
totale della dignità umana. In
questa steàsa logica, si identifica
« l’essere riformati » con un atteggiamento di accettazione totale, cieca, dello status quo, di silenzio colpevole di fronte alla sofferenza umana e di manipolazione della Parola di Dio per giustificare l’oppressione. Essere riformati vuol dire dimostrare l’ostinazione e l’intransigenza dei nostri dirigenti attuali, con la controparte di una sottomissione incondizionata da parte degli oppressi.
Ecco il dilemma che stiamo
vivendo, essendo nello stesso
tempo neri e riformati. Per cui
ci poniamo la domanda: « Ciò
è un fardello di cui dobbiamo
sbarazzarci oppure una sfida in
vista del rinnovamento della
Chiesa e della nostra società? ».
Noi respingiamo l’interpretazione della tradizione riformata
identificata con l’oppressione, col
razzismo e con la giustificazione
della tirannia. In tale interpretazione infatti, noi scorgiamo i seguenti punti;
1) La Parola di Dio viene assoggettata alle esigenze di una
ideologia culturale e razzista e
messa al suo servizio.
2) La Signoria di Gesù Cristo
viene ridotta ad uno stretto campo « spirituale », mentre il resto
della vita viene abbandonato al
potere di falsi dei.
3) La vita del cristiano viene scompartimentata e viene negata la sua responsabilità di impegno nel mondo per il Regno di
Dio. '
4) L’esigenza di sottomissio
ne cieca allo Stato viene considerata come divinamente istituita.
5) Si scopre la seguente eresia: l’unità della Chiesa è di tipo
mistico; i dati etnici e culturali
diventano di fatto un « segno »,
una caratteristica essenziale della Chiesa.
Nello spirito della vera tradizione riformata, noi riaffermiamo perciò che:
1) La Parola di Dio è l’autorità suprema e il principio direttore che ci rivela tutto ciò che
dobbiamo conoscere circa la volontà di Dio per l’intera esistenza degli esseri umani; è questa
Parola che dà la vita e che offre una liberazione totale e piena.
2) Il Cristo è Signore di ogni
vita, anche nelle situazioni in cui
la sua signoria non viene facilmente riconosciuta; il nostro
compito nella vita non è soltanto
di riconoscere la signoria di Cristo ma anche di proclamarla.
3) In quanto cristiani siamo
responsabili del mondo in cui
viviamo, e il nostro sforzo per
riformarlo fa parte integrante
del nostro statuto di discepoli e
del culto che rendiamo a Dio.
4) Dio ha istituito lo Stato e
gli ha dato l’autorità di governare il mondo con giustizia e legittimità; perciò obbediamo al governo solo nella misura in cui le
sue leggi e le sue istruzioni non
sono in conflitto con la Parola
di Dio; l’ubbidienza alle autorità
terrene non va più in là dell’ubbidienza dovuta a Dio.
5) L’unità della Chiesa deve
manifestarsi in modo visibile in
un solo popolo di Dio; il Corpo di
Cristo è indivisibile; ciò significa
che le barriere di razza, di cultura, di etnicità, di lingua e di
sesso devono essere superate.
È in funzione del nostro rigetto della falsa interpretazione della tradizione riformata e della
nostra situazione in quanto neri
che ci impegniamo a comprendere meglio la vera tradizione riformata. È anche in questa prospettiva che accettiamo la sfida che
ci viene lanciata di formulare la
nostra fede in modo autentico e
significante per la nostra situazione.
Il nostro primo passo in questa direzione consiste nel dichiarare senza equivoco che l’apartheid è peccato e che la sua giustificazione morale e teologica è
una parodia dell’Evangelo, un
tradimento della tradizione riformata e un’eresia.
In questa lotta che condividiamo con tutto il nostro popolo,
traiamo coraggio e conforto, nella vita come nella morte, dall’assicurazione che ci è data nella Confessione dei Paesi Bassi
secondo la quale; « Il fedele e
l’eletto saranno coronati di gloria e di onore, e il Figlio di Dio
confesserà il loro nome dinanzi
a Dio, suo Padre. (...) Ogni lacrima verrà asciugata dai loro occhi; e la loro causa, che è attualmente condannata da molti giudici e magistrati come eretica e
empia, sarà allora riconosciuta
come la causa propria del Figlio
di Dio ».
Tale è la nostra tradizione. È
per questo che lotteremo.
Inghilterra: contro
la visita del Papa
( SOEPI ) — L’Alleanza Evangelica, la cui sede è a Londra, ha
chiesto con risolutezza agli evangelici inglesi « di non fare delle
contromanifestazioni negative »
nel corso della visita del Papa
prevista per il mese di maggio.
Il Comitato esécutivo del gruppo ha fatto questa dichiarazione
dopo che membri di diverse società protestanti avevano annunziato la loro intenzione di
manifestare il 29 maggio dopo
la visita del Papa ai Capi della
Chiesa Britannica a Canterbury.
Nella loro dichiarazione i responsabili dell’Alleanza esortano gli evangelici, « a trattare i
membri della Chiesa cattolica romana con amore, rispetto e cortesia, e ad ascoltare sinceramente coloro che parlano di rinnovamento e di riforma nel cattolicesimo romano e... a proclamare le verità fondamentali dell’Evangelo a tutti ».
La dichiarazione sottolinea tre
« differenze fondamentali fra la
verità biblica e l’insegnamento
della Chiesa cattolica romana che
non possono essere messe da
parte alla leggera nell’euforia
ecumenica ». Secondo l’Alleanza,
queste differenze si • riferiscono
all’autorità della Bibbia in rapporto ad altre autorità, alla natura della salvezza ed alla pratica del culto.
I cristiani olandesi
e le armi nucleari
(RCN Bulletin - The Reformed
Church in thè Nederlands, Bulletin) — Il Consiglio Interecclesiastico Olandese per la Pace ha
raggiunto una reputazione internazionale per la sua chiara presa
di posizione in modo particolare
in rapporto alla costruzione delle armi atomiche. Nel novembre
scorso ha organizzato la maggiore dimostrazione contro le armi
CONVEGNO DI PRIMAVERA DEL SAE
La pace,
sfida del
Regno
In occasione del 450” anniversario di Chanforan e in preparazione della Sessione della Mendola sul tema della pace, il Segretanato Attività Ecumeniche (SAE) organizza a Torre Pellice per
i giorni 21-25 maggio un Convegno Ecumenico Nazionale dei soci
e amici SAE. Ne pubblichiamo il programma rinviando ad uno dei
prossimi numeri una presentazione del SAE.
Venerdì 21.5, sera: arrivi e sistemazioni alla Foresteria.
Sabato 22:
Ore 9: preghiera comunitaria;
« Chiamati alla riconciliazione »,
meditazione introduttiva, don
Luigi Sartori.
Ore 10: «Il senso di Chanforan », past. Valdo Vinay.
Ore 14 : « Visita ai luoghi storici della Valle d'Angrogna »,
guida past. Giuseppe Platone.
Ore 19 : Liturgia eucaristica
nella parrocchia cattolica di Torre Pellice, Mons. Pietro Giachetti, vescovo di Pinerolo.
Domenica 23;
Ore 8.30: preghiera comunitaria ; « La pace : dono di Dio e
impegno dei cristiani », don Mario Galizzi, past. Giorgio Tourn.
Ore 10; Culto evangelico nel
tempio valdese, past. G. Tourn.
Ore 15: Visita a luoghi e mo
numenti storici di Torre Pellice,
guida past. Giorgio Tourn.
Ore 21 : Assemblea comunitaria.
Lunedì 24:
Ore 8.30: preghiera comunitaria; Escursione in Val Germanasca e visita ad Agape, guida
past. Ermanno Genre.
Ore 11: «Agape: riconciliazione e pace », past. V. Vinay e E.
Genre.
Ore 16: Visita a Frali: chiesa
cattolica, museo e tempio valdese. Liturgia ecumenica di chiusura del Convegno.
Martedì 25, mattina: colazione
e partenze.
Costo del- Convegno : L. 70.000
più L. 5.000 di iscrizione (giovani 50.000 senza quota iscrizione).
Iscrizioni e informazioni presso
SAE, via Cava Aurelia 8, 00165
Roma.
nucleari della storia olandese.
Questo Consiglio opera sotto
gli auspici delle diverse chiese
senza che queste siano direttamente responsabili delle sue decisioni. Nel 1978 erano stati definiti i seguenti punti:
1) Le armi ed i metodi di distruzione di massa e la corsa
agli armamenti sono in conflitto
con il progetto di salvezza di Dio
per questo mondo e perciò sono
espressione del diavolo.
2) È richiesto a tutti i cristiani che desiderano mantenere
quanto Gesù ha comandato e
che vogliono realizzare il loro
compito di testimonianza all’interno del sistema di sicurezza che
essi portino avanti in parole e in
impegni concreti la loro convinzione che l’orribile corsa agli armamenti non conduce alla pace.
3) È richiesto a tutti i cristiani che si incamminino sulla strada che porta lontano dalla pazzesca corsa agli armamenti nucleari e che conduce più vicino alla
verità di Gesù Cristo.
4) I cristiani dovrebbero anche sostenere ogni tentativo di
garantire la pace e la giustizia
nella situazione internazionale,
soprattutto lavorando per l’abolizione dei mezzi di distruzione di
massa.
Comunicazioni:
progetti ridotti
(Soepi) — Molti progetti delle
chiese nel campo della comunicazione in diverse parti del mondo sono stati drasticamente ridimensionati nel corso di queste
ultime settimane.
A Nairobi, il Comitato esecutivo del Consiglio Cristiano Nazionale ha deciso di sospendere la
pubblicazione del giornale in lingua inglese. Target, per mancanza di fondi.
Nel suo ultimo editoriale Target rivolge un appello ai lettori;
« Pregate per noi, nel momento
in cui affrontiamo una nuova
lotta per cercare di salvare il solo mezzo di comunicazione destinato a tutte le chiese del Kenia ».
Secondo il quotidiano di Nairobi, Nation, un membro del comitato di redazione di Target ha
gettato la responsabilità di questa decisione sul « fallimento
completo del Comitato esecutivo
del Consiglio Nazionale Cristiano e dei responsabili delle chiese ». Secondo una dichiarazione
del Consiglio delle Chiese dèi
Medio Oriente della Federazione
Luterana Mondiale, questa « incresciosa decisione » ha dovuto
essere presa perché soltanto le ■
chiese svedesi avevano previsto
di versare dei fondi a questo progetto.
A New York, i responsabili della comunicazione della Chiesa
Metodista unita hanno annunciato la partenza di 10 membri del
personale , la chiusura di due uffici e la rinuncia ad un programma radio su scala nazionale,
« Connection » per concentrare i
loro sforzi nella creazione di un
ministero alla televisione, per il
quale devono investire 25 milioni
di dollari.
Infine in Norvegia le chiese
hanno problemi finanziari. Per
risolverli alcuni vorrebbero chiudere alcune pubblicazioni e cercare di ottenere aiuti dal governo. Quest’ultima ipotesi è stata
criticata dal segretario generale
dell’Aiuto fraterno delle chiese
della Norvegia, Jan Erichsen:
« Non penso che sarebbe una
grande perdita per il cristianesimo in Norvegia se una o diverse
di queste pubblicazioni dovessero
scomparire o se diversi editori
progettassero di far uscire insieme un nuovo giornale,».
9
30 aprile 1982
cronaca delle Valli 9
Code in
ospedale
All'ospedale civile di Pinerolo
Un cartello avverte che i prelievi di sangue per le analisi si effettuano ogni mattina feriale dalle 8 alle 9.
Qualche giorno fa, da mutuata
inesperta, ma da buona piemontese amante della puntualità, arrivo verso le sette e mezza e mi
ritrovo pigiata in una vera folla,
che stipa tutto il corridoio e che
continua ad aumentare, con i soliti furbi che, lavorando di gomiti, riescono pian piano ad insinuarsi in prima fila, pur essendo giunti un’ora dopo gli altri.
Insamma, prima di arrivare
allo sportello, ci metto circa
un'ora e mezza, e me ne torno a
casa con una bella influenza che
mi fa perdere una settimana di
lavoro. ‘
La seconda volta, ammaestrata dall’esperienza, mi presento
alle sette, e trovo già una dozzina di persone in flla davanti a
me: la prima mi racconta di essere arrivata verso le sei e mezza,
e alcuni, costretti dalla loro malattia a frequenti controlli, mi
confermano che la situazione è
più o meno uguale tutti i giorni.
Sia ben chiaro che non ho nulla da rimproverare al personale:
sia impiegate, sia medici sono efficienti e gentili. Solo mi pare
assurdo che persone sane e malate più o meno gravemente, vecchi e bambini, se hanno bisogno
di un’analisi, debbano starsene
da una a due ore in piedi nella
calca, a digiuno, scambiandosi
microbi vari, e siano poi costrette. per uscire, a farsi largo a fatica in mezzo a quella ressa.
50 benissimo che nei nostri
ospedali ci sono problemi molto
più gravi di questo, dovuti spesso a mancanza di uomini e di
mezzi adeguati: rimuovere tutti
questi ostacoli sarà cosa lunga e
difficile. Cerchiamo perciò di fare almeno funzionare il meglio
possibile quel che si può migliorare senza grandi cambiamenti,
con un po’ di buona volontà e
di organizzazione.
Per esempio, sarebbe poi molto complicato incaricare la portineria dell'ospedale di distribuire un numero d’ordine a chi si
reca ai vari ambulatori? Si eviterebbero calca, litigi e raffreddori, e chi non riesce a reggersi
in piedi potrebbe perfino sedersi, senza perdere il suo turno. _
Inoltre, non sarebbe proprio
possibile anticipare l’orario, anziché dalle 8 alle 9, dalle 7 alle 8,
come già succede in altri ospedali? Si eviterebbe di far perdere ore di lavoro a chi non ha la
vocazione dell'assenteista, e la
collettività, sul numero, realizzerebbe un’economia non indifferente.
51 tratta forse di dettagli irrilevanti, ma spesso la nostra vita
è influenzata, più di quanto crediamo, proprio da queste piccole cose Senza importanza.
Marcella Gay
NE PARLIAMO CON MARCO GAY, PRESIDENTE DEL COMITATO
E’ ancora
il Collegio
Il dibattito che da mesi si sta
sviluppando sulle pagine del nostro giornale riguardo al futuro
del Collegio valdese di Torre Pellice e della Scuola Latina di Pomaretto dimostra certamente
l’interesse che nella nostra chiesa sussiste intorno a quest’opera. Ma in questo dibattito, mi
sembra, sono intervenute anche
voci disinformate insieme ad affermazioni di carattere sentimentale prive di attuazioni pratiche.
Mi Spiego. Visto che il disavanzo di quest’opera supera i cento
milioni è chiaro che chi si erge
a difensore della validità del Collegio deve ovviamente essere
pronto a pagarne il prezzo. Oppure, altro caso. L’insegnante che
interviene a difendere la professionalità del corpo docente del
Collegio dimentica di dire che
ha lasciato il Collegio a favore
della scuola statale. Perché? Di
questi e altri problemi abbiamo parlato, con grande franchezza, insieme al presidente del
Comitato Collegio e Scuola Latina : l’avvocato Marco Gay di
Pinerolo.
— L’ordine del giorno del Sinodo autorizza la chiusura progressiva della Media del Collegio valdese di Torre Pellice. Il
Comitato sembra intenzionato a
bloccare questo meccanismo.
Cosa c’è dietro?
— Nel consultare le chiese,
specialmente delle Valli, il Comitato si è trovato di fronte ad
un’importante minoranza che sostiene la validità ancora oggi della Media pareggiata valdese. Nel
rispetto di tale forte minoranza
il Comitato ha ritenuto di dare
attuazione graduale all’autorizzazione sinodale considerando di
dover rispettare almeno tre elementi: il parere di questa forte
minoranza, l’osservazione di molti, non esclusi gli stessi insegnanti, che sostengono che una
volta chiusa la Media verrebbero a mancare gli studenti per il
Ginnasio-Liceo ed infine la necessità di non creare disoccupazione licenziando il personale docente.
— Attualmente quante iscrizioni si prevedono per la I Media
a Torre Pellice?
— Il Comitato aveva previsto
di aprire la classe soltanto se
c'erano almeno 25 studenti tutti
paganti; in realtà per i motivi
detti la I Media verrà aperta anche con solo 15 iscritti.
— Oggi come oggi per iscrivere il proprio figlio alla I Media valdese di Torre Pellice o Pomaretto bisogna pagare una tassa mensile: è la stessa per entrambe le scuole?
— Il Comitato ha preventivato il costo annuo per ogni allievo in un milione e 300 mila lire
prevedendo di ricevere circa 150
milioni di doni da amici stranieri di cui molti destinati specificatamente alla Scuola Latina e
considerato che quella scuola
svolge un servizio sociale, di
scuola - mensa e doposcuola nel
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possibile
valdese ?
la zona, ha ritenuto equo destinare un^ quota importante dei contributi alla Scuola Latina in modo da limitare per quest’anno il
contributo da richiedere ai genitori. Intanto è stato avviato uno
studio sulle prospettive della
Scuola Latina.
— Istituendo una tassa per la
iscrizione non vi sembra di essere andati un po’ al di là di
quello che il Sinodo chiedeva?
Operiamo nell’ambito della
chiesa e quindi non abbiamo
neppure pensato di imporre una
tassa: in tutte le assemblee a
cui i membri del Comitato hanno partecipato è stato sempre
chiarito che le famiglie degli studenti devono concorrere a pagare il costo delle nostre scuole,
tenendo conto che una parte importante è pagata da amici soprattutto stranieri. E’ stato detto
e lo ribadisco che nei casi in cui
i genitori dello studente non siano in grado di pagare il contributo richiesto è la famiglia o la
chiesa locale che deve assumersi
quest’onere, ciò senza considerare le borse di studio che sono
strumento di soccorso e di riserva. Quest’iniziativa dovrebbe
consentire di ridurre il deficit
per l’esercizio 1983.
— Dunque grossa parte dell’impegno economico sostenuto
per mandare avanti il Collegio
e là Scuola Latina proviene dall’estero : sanno questi nostri amici d’oltralpe che metà degli allievi e metà del corpo docente
delle nostre scuole sono cattolici?
— Certo che lo sanno, i nostri
amici sono perfettamente informati della situazione in cui ci
troviamo. Il Sinodo ha invitato
le nostre scuole a divenire confessanti e questo potrà essere
realizzato solo se si impegneran
no nella nostra scuola insegnanti evangelici che decidano di essere iscritti nei ruoli della Tavola valdese con un impegno non
effimero. Abbiamo già ricevuto
domande di insegnanti evangelici, questo è un nuovo segno di
speranza.
— Si parla di rilanciare il Liceo valdese di Torre Pellice car
ratterizzandolo con un indirizzo
lingniistico, ma quest’ultimo non
entrerà in concorrenza con l’attuale indirizzo classico?
— Il Ginnasio-Liceo classico
pareggiato è ritenuto ancora o
di nuovo una scuola valida e sarà mantenuto. Tuttavia è in atto un progetto della scuola media superiore che dovrebbe consentire l’insegnamento sulla base di schemi più adatti alle esigenze della nostra società. In
questa prospettiva è stata chiesta l’autorizzazione ministeriale
per istituire corsi di lingue nel
Ginnasio Liceo classico. Come
iniziativa complementare viene
aperto un nuovo corso di Liceo
linguistico tentando cosi di anticipare a livello locale quello
che dovrebbe essere la riforma
della scuola media superiore.
— Un liceo rilanciato su nuove basi come servizio non solo
per le Valli ma per tutto il protestantesimo italiano : benissimo,
ma dove sono le strutture ricettive per accogliere eventuali allievi provenienti da locaUtà lontane?
— Le strutture non esistono
più da quando venne chiuso il
Convitto valdese di Torre Pellice. Il Comitato si è impegnato
ad assicurare l’ospitalità per gli
allievi che intendano studiare
qualche anno al Collegio. E’ stata interessata al proposito la
chiesa di Torre Pellice, la Foresteria valdese e la soluzione do
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(agli acquirenti abbonati all’Eco delle Valli un omaggio di
«CONFORT-CASA»)
vrà essere adeguata alle domande che perverranno...
— E se non ci saranno domande?
— Sarebbe il fallimento dell’iniziativa, ma il Comitato ha
buoni motivi di ritenere che se
si sapranno superare le difficoltà
iniziali, il Collegio tornerà ad
essere uno strumento di formazione di quadri e non solo per le
Valli valdesi.
a cura di G. Platone
Bilancio comunale
POMARETTO — Il comune
spenderà circa 500 milioni per
far fronte nel 1982 alle esigenze
della popolazione. Lo ha deciso
venerdì 16 aprile il consiglio comunale approvando il bilancio
di previsione. Tra i lavori preventivati la sistemazione della
scuola materna, il potenziamento
della fognatura, le attrezzature
sportive, Tasfaltatura delle strade, nuovi contenitori per i rifiuti.
Il consiglio ha inoltre accettato le dimissioni di William Micol, che non sarà sostituito essendo i consiglieri eletti col sistema maggioritario.
Servizi sociali
e lavori pubblici
PEROSA — 2 miliardi e 100 milioni circa è il bilancio comunale
del comune che prevede l’esecuzione di importanti opere quali il
completamento della piscina (45
milioni) la sistemazione della
scuola materna (85 milioni) sistemazione di altri locali scolastici
(20 milioni) Tesproprio di terreni per aree verdi a disposizione
dei cittadini (30 milioni) e la sistemazione di molte strade comunali e frazionali.
Altro aspetto qualificante del
bilancio è il mantenimento di
alcuni servizi (refezione scolastica, asilo nido) a costo assai contenuto e la proposta di convenzionamento per il funzionamento
del centro anziani.
Incontro Ecumenico
FAMOLASCO — Domenica 2 maggio
continua l'incontro del collettivo biblico
ecumenico con lo studio del Vangelo di
Marco condotto da Sergio Ribet. Inizio
ore 15.
USL 42 - VALLI
CHISONE-CERMANASCA
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica:
SABATO 1 MAGGIO 1982
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Guardia Medica:
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese) .
Prefestiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Mauriziano).
Guardia Farmaceutica:
SABATO 1 e DOMENICA 2/5
Luserna S. Giovanni: FARMACIA
SAVELLONI - Via F. Blando 4 - Luserna Aita ' Tel. 90223.
Ambulanza:
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.288,
USL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo: 22664.
10
10 cronaca delle Valli
30 aprile 1982
CONGRESSO UILM
NEL COMPRENSORIO DI PINEROLO
Il nuovo modello
per il sindacato
PINEROLO ■— Al ristorante
Piccadilly di Abbadia Alpina si è
svolto venerdì scorso il primo
congresso comprensoriale della
UILM. Tra i metalmeccanici la
UIL conta nel pinerolese circa
400 iscritti contro i 500 della
FIM-CISL e gli 800 della FIOMCGIL su un totale di 4.300 iscritti al sindacato (i rimanenti 2.600
sono iscritti alla PLM senza
« scelta confederale »). Si tratta
^ quindi della più piccola organizzazione metalmeccanica, ma non
per questo i temi sollevati dal
congresso sono meno importanti.
Nella sua relazione introduttiva Augusto Canal, segretario della UILM di Pinerolo, ha posto
il problema del rinnovamento
del modello sindacale ed in particolare del « ruolo dei quadri »
aziendali nel sindacato.
« È in una nuova, meno accentrata organizzazione del lavoro
che il quadro può trovare una
soddisfazione professionale, autorità basata sulla competenza,
la sua giusta funzione. In quella
stessa organizzazione del lavoro
può meglio realizzarsi anche l’operaio... è indispensabile quindi
che si affronti il problema della
democrazia industriale ».
Affrontare la tematica della
democrazia industriale è la condizione necessaria perché il sindacato diventi nuovamente un
luogo in cui si manifesta «l’unità di classe» nelle sue varie articolazioni produttive.
Si tratta dunque di una svolta
per il sindacato: una apertura ai
quadri e ai tecnici che non modifica « i referenti sociali » ma
che è indispensabile per evitare
una sconfitta del sindacato proprio sul terreno più qualificante
dell’azione sindacale di questi
anni che è la modifica e il controllo sulla organizzazione del
lavoro.
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I sindacati si mobiiitano
per i’occupazione e i contratti
In questo quadro è necessario
modificare quindi la stessa organizzazione in fabbrica del sindacato. « Dobbiamo — ha detto
Canal — allargare le aree di lavoratori rappresentati nei consigli di fabbrica». L’apparato sindacale dovrà inoltre curare maggiormente l’informazione al delegato che rimane la struttura
portante dell’azione sindacale in
fabbrica, ma reiezione di questi
potrà essere fatta (almeno a livello di sperimentazione) in modi diversi da quello attuale passando per esempio dal gruppo
omogeneo all’« area di produzione». Queste modifiche all’organizzazione sindacale sono rese
indispensabili dai mutamenti avvenuti proprio nell’organizzazione del lavoro.
La UILM sa che nel pinerolese queste proposte vedono l’opposizione del « nucleo forte » del
sindacato di fabbrica, per questo occorre convincere questi lavoratori che « se si arroccano
sulle rigidità conquistate, e non
si punta a governare e a contrattare la trasformazione della fabbrica, si rischia di essere messi
fuori strada ».
Si tratta di temi nuovi per il
movimento pinerolese, molto ancorato ad una tradizione sindacale degli anni 70.
« Una pietra gettata nello stagno del dibattito sindacale » è
stata definita questa relazione.
Per dare maggiore forza a questa proposta la UIL ha organizzato un dibattito pubblico con
la partecipazione del segretario
nazionale Giorgio Benvenuto.
Quanto queste proposte della
UILM saranno seguite, lo dirà
il dibattito che certamente non
potrà mancare nel sindacato pinerolese.
gg
« Stimiamo a circa 5.000 di numero dei disoccupati nel Pinerolese e a questa cifra bisogna aggiungere le migliaia di operai
della Indesit, della Fiat, e di altre
fabbriche minori in cassa integrazione. Si tratta, come vedete,
di una situazione assai grave per
il nostro comprensorio e per questo abbiamo deciso di aprire una
vertenza di comprensorio nei
confronti del padronato e degli
enti locali ». Queste parole pronunciate da Deanna Vigna, segretaria UIL, per illustrare alle forze politiche presenti (PCI, PSI,
PRI, DP) la piattaforma rivendicativa di comprensorio del sindacato, sottolineano ancora una
volta la drammaticità della crisi industriale del Pinerolese.
Questa situazione deve cambiare, occorre dare prospettive di
lavoro agli attuali disoccupati, ai
cassa-integrati, ai giovani che
escono dalla scuola e secondo i
sindacati la piattaforma rivendicativa da loro elaborata ( « in decine di riunioni coi consigli di
fabbrica della zona e in quattro
mesi di lavoro ») è adatta per iniziare una « politica industriale »
nella nostra zona (vedi riquadro).
« Occorre però — aggiunge Elvio Tron segretario della CGIL —
che le forze politiche e il comprensorio facciano la loro parte.
L’assenza di programmazione è
purtroppo il dato più grave col
quale dobbiamo confrontarci. In
assenza di indicazioni programmatorie da parte del comprensorio abbiamo assistito in questi
anni alla costruzione di decine di
capannoni nel Pinerolese, che
non sono serviti a creare nessun
posto di lavoro in più ».
I sindacati rivendicano perciò
la definizione in tempi brevi di
un’area industriale attrezzata
(« nella zona tra S. Secondo, Bricherasio e Osasco, ma può essere
anche altrove purché si valutino
_________PINEROLO
Sulla zona
industriale
In vista del Consiglio comunale aperto che si terrà alìAuditorium di corso
Piave, giovedì 29 aprile alle ore 21, i
sindacati e i comitati di quartiere hanno reso noto un documento nel quale
comunicano la loro posizione in merito
alla zona industriale di San lazzaro. In
sintesi: si afferma la necessità di non
procedere alla variante del piano regolatore ma alla stesura di un nuovo piano regolatore, si dà un assenso di massima al riordino delle strutture industriali e ad un limitato insediamento industriale, alla destinazione a residenza
pubblica dello stabilimento degli Elettrodi e si esprime parere contrario all'ampliamento dell'Ersi in corso Torino. In
ogni caso gli ampliamenti e i nuovi insediamenti industriali dovranno essere
accompagnati da una convenzione che
garantisca I livelli occupazionali e la
tutela dell'ambiente da ogni tipo di inquinamento.
a fondo le caratteristiche dei terreni, delle infrastrutture, dei trasporti ») e l'inizio di una politica
industriale nel Pinerolese.
Altra preoccupazione sindacale
è quella del rinnovo dei contratti
collettivi di lavoro. Tessili, chimici, metalmeccanici, edili sono
le categorie che stanno lottando
per il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro. Nella nostra zona il peso della cassa integrazione
e della disoccupazione indeboliscono molto la capacità di lotta,
occorre perciò una solidarietà di
altre categorie e delle forze sociali attorno alle richieste che
non sono solo salariali, ma che
investono il meccanismo stesso
di sviluppo.
Attorno ai problemi dell’occupazione e dello sviluppo e dei
contratti si centrerà la celebrazio
ne del 1° maggio che vedrà una
manifestazione sindacale a Pinerolo. Nel corso del mese di maggio i sindacati pensano inoltre di
organizzare una manifestazione
{«uno sciopero generale») per
porre con più forza le loro rivendicazioni.
I partiti presenti non hanno
dato una risposta immediata alla
piattaforma sindacale.' Hanno
promesso di analizzarla attentamente, magari attraverso incontri bilaterali col sindacato ed
hanno chiesto la convocazione di
una « conferenza sull’occupazione nel Pinerolese » dove sia possibile un confronto non solo tra
i partiti della sinistra ma anche
coi partiti che portano di più la
responsabilità della mancata programmazione comprensoriale.
Giorgio Gardiol
I principali punti della
piattaforma sindacaie
Agli imprenditori industriali e artigiani
1 - Politica industriale.
■Verifica dello stato produttivo delle aziende, in
particolare delle situazioni di crisi (Riv, Indesit,
Filseta); verifica della disponibilità agli insediamenti nell’area attrezzata
del pinerolese (da definire da parte dei comuni e
del comprensorio); costruzione di consorzi di
imprese per una politica
di risanamento delle industrie in crisi.
2 - Occupazione e formazione professionale.
Verifica del fabbisogno
di manodopera qualificata e non, nel comprensorio
per gli anni ’82 e ’83; verifica dei criteri adottati
per le assunzioni.
Al Comprensorio e Comunità Montane
1 - Programmazione terri
toriale.
Definizione di un piano
territoriale vincolante per
tutti i comuni del comprensorio; costituzione nel
comprensorio di un Ufficio di Piano, dell’Osservatorio del mercato del lavoro; di un organismo
permanente per la formazione professionale e la
politica dell’occupazione ;
assunzione attraverso la
chiamata numerica del
personale per gli enti locali e delle USL; identificazione di un’unica area
attrezzata per gli investimenti industriali e creazione di due subaree (Villar Perosa e Luserna).
2 - Energia.
Metanizzazione dei comuni del comprensorio,
verifica delle possibilità
dello sviluppo del settore
idroelettrico.
3 - Edilizia.
Insediamenti abitativi
che tengano conto delle
priorità per le case in affitto e del recupero del pa
trimonio esistente, approvazione dei piani pluriennali di attuazione del piano regolatore, in quei comuni dove questo non è
stato ancora fatto; divieto
del subappalto e garanzie
per l’utilizzo della manodopera locale.
4 - Viabilità.
Potenziamento della ferrovia Pinerolo - Torino,
mantenimento della ferrovia Torino - Pinerolo - Torre Penice, potenziamento
della strada statale 589. per
Piossasco - Orbassano; interventi per favorire la viabilità sulla statale 23; costituzione di un’azienda
pubblica per il trasporto
nel comprensorio.
5 - Consorzi di comuni.
Consorziamento dei comuni per costruzione di
aree industriali attrezzate,
formazione professionale,
risparmio energetico, casa,
trasporti.
6 - Distribuzione.
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30 aprile 1982
cronaca delle Valli 11
DUE IMPORTANTI RICERCHE
L'altra "storia valdese
II
Nel quadro dell’« altra storia »,
cioè non quella della resistenza
vaidese nei secoli, che è la nostra
Storia (con la S maiuscola), ma
della storia delle nostre Valli sotto i suoi aspetti di evoluzione
economica e demografica, è doveroso segnalare un recente studio apparso sul Bollettino Storico Bibliografico Subalpino (1981,
secondo semestre) da parte di
Emanuela Dossetti: La demografia delle Valli Valdesi dal 1686 al
1800.
La base documentaria, per dichiarazione dell’Autrice stessa, è
tratta da due tesi di laurea presentate negli anni 1969-70 e 19701971 alla Facoltà di Lettere dell’Università di Torino da E. Gardiol: L’andamento demografico
delia Val Pellice durante gli ultimi decenni del secolo XVII e nel
secolo XVIII, e da P. Manavella:
L’andamento demografico della
Val San Martino e dell’Inverso
Val Penosa (1686-1800). Rielaborando da questi studi i dati statistici, l’Autrice fa un tentativo
di analisi « alla luce dei fattori
socio-economici e politici e della
.mentalità collettiva della comunità valdese ».
La popolazione totale delle Val
li sale dai 8339 abitanti del 1698
ai 19384 del 1774, per diminuire
nei decenni successivi ed essere
di 18181 nel 1805.
Comparando i dati di incremento della popolazione valdese
rispetto a quella cattolica, l’A.
trova un maggior incremento di
natalità fra i valdesi, dovuto sia
alla minor mobilità della popolazione rispetto a quella cattolica
(che poteva spostarsi quando e
dove voleva e non era confinata
nel « ghetto »), sia al fatto, specie
nei comuni più alti, di esser meno colpiti dai periodi di carestia, perché questi (in cui i vaidesi erano la maggioranza) erano
in gran parte autarchici nella loro produzione di alimenti: segale, castagne, latticini e risentivano meno le crisi dovute al rincaro dei cereali di pianura, e
conclude che, se pur le Valli hanno subito le stesse crisi del resto
del Piemonte con una tendenza
di sviluppo analogo (crescita fino
agli anni ’70 poi flessione), le caratteristiche culturali e le conseguenze delle persecuzioni alterano l’intensità dei fenomeni demografici, anche rispetto alle parrocchie cattoliche delle stesse
Valli.
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A questa storia « sociale », cui
si riferisce Gustavo Comba in
Eco-Luce del 12 marzo scorso,
stanno lavorando, con entusiasmo, un gruppo di giovani ricercatori, guidati e consigliati da
Giorgio Tourn, di cui i primi risultati sono stati pubblicati a
cura della Società di Studi Vaidesi (Collettivo di Ricerca Storica, 1' giornata di studio, 10 maggio 1981). Lo stesso gruppo si riunirà ad Agape il 15 e 16 maggio
per presentare un’altra serie di
relazioni, che saranno seguite da
un dibattito.
Chiudo questa segnalazione ricordando anche la recente pubblicazione di uno studio analogo,
limitato a un solo comune, di
Gianni Bellion; Società ed economia in una comunità contadina
del Settecento: San Giovanni
(Val Pellice), apparso sul Bollettino della Società di Studi Vaidesi n. 143.
Osvaldo Coisson
Oggi
e domani
Segnalazioni
TORRE PELLICE — Lunedì 3 maggio
alle ore 21, presso il Salone Comunale
di Torre Pellice (Viale Rimembranza) si
terrà una riunione del Comitato per la
pace Val Pellice per organizzare le prossime attività del Comitato stesso.
Tutti gli enti locali, i partiti, i gruppi,
i movimenti e le associazioni che hanno
dato la propria adesione al Comitato,,
sono invitati a partecipare a tale riunione con dei rappresentanti.
Pro Asilo Valdese
di Luserna San Giovanni
Doni pervenuti nel mese di marzo
L. 5.000: Fenouil Enrico e Enrichetta,
in mem, della cugina Olga Fenouil (Torino); Marangoni Renzo e Rina; Vinay
Aldo e Lina; Malisan Gianotti Margherita: Malisan Rolla Alda; Gianotti Regali
Emilia (tutti di Ivrea).
L. 10.000: Visentin Maria (osp. Asilo);
Artus Costanza; Malan Emma, in mem.
dei miei cari; Pontet Jeannette ved, Durand; Unione Femm. di Luserna S. G.,
in mem.di ReveI Enrichetta ved. Roland;
Bertin Stefano (osp. Asilo); Maffeo
Angelo (osp. Asilo); Reymond Lea (osp.
Asilo); in mem. di Carmelo Mollica;
Reynaud Lea (osp. Asilo); Giordan Maddalena, in mem. di Matilde Salvarani
(osp. Asilo); Benigno Gio-rgio; Bonino
Celeste, Valentina e famiglia (Ivrea);
Marina Bertin (Ivrea); Ester Girodo
(Ivrea); Tamietti Maria (Ivrea).
L, 12.000: Alcuni membri della Chiesa di Ivrea.
L. IS.OOfl: Longo Giuseppe e Rita
(Ivrea); Bertarione Bice (Ivrea); Longo
Giuseppe e Rita, in mem. della Sig.ra
Giachino Eugenia (Ivrea).
L. 20.000: Signoretti Mina, in mem.
di Tinette Bertin; Pons Fina (osp. Asilo).
L. 25.000: Bertin Rina, in mem. della
mia tanto cara mamma.
L. 25.100: Philibert e Mary Bert, in
mem. del cognato Guido Plavan.
L. 30.000: Bounous Valdo, in mem. del
suoi cari.
L. 50.000: N. N. (Villar Pellice); Emanuele e Eglantine Martinat, in mem. del
loro cari (ospiti Asilo); Malan Clemence (osp. Asilo); Chiavia Stefano (osp.
Asilo); Bonino Angelo, Cesarina e figlio
(Ivrea).
L. 62.000: I condomini dello Stabile
» Delle Rose » di via S. Toja, 20, in
mem. del Pastore Mollica.
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« Fattosi sera Gesù disse: Passiamo all’altra riva »
(Marco 4: 35)
I figli Giuliano e Lionello annunciano la morte della loro mamma
Angiolina Archetti Maestri
Con loro la ricordano a quanti la conobbero € ne apprezzarono le qualità la
cognata Clotilde Maestri, la nuora Miry
Acanfora, i nipoti Massimo con Ada,
Paolo, la cognata, i nipoti, i pronipoti,
i cugini tutti.
I funerali hanno avuto luogo a Torino, giovedì 22 aprile; l’Evangelo della
Resurrezione è stato annunciato dal Pastore Eugenio Rivoir. Le ceneri sono
state tumulate nel cimitero di Acqui
Terme.
A tutti quanti hanno voluto ricordare la mamma essendoci vicini con la
loro simpatia il nostro riconoscente
grazie.
Acqui Terme, 23 aprile 1982.
La cognata Margherita Galvano ved.
Archetti ed i nipoti e pronipoti. Archetti, Borsetti, Trambusti, Ramella,
Azzolini e Angelino piangono la scomparsa della cara zia Angiolina.
« Beati i puri di cuore perché
essi vedranno Iddio »
(Matteo 5 : 8).
Cecilia e Donatella Ciesch insieme
ai loro cari partecipano con affettuosa
simpatia al dolore dì Lionello e della
famiglia Archetti Maestri per la perdita della mamma, indimenticabile per
la serena e sorrìdente forza d’animo
nell’accettazione della lunghissima infermità.
RINGRAZIAMENTO
« Ma io confido in Te Signore,
Io ho detto: Tu sei l’Iddio mio.
I miei giorni sono in Tua mano y> (Salmo 31: 14-15).
I familiari della compianta
Irma Clot ved. Griglio
commossi e riconoscenti sinceramente
ringraziano tutti coloro che sono stati
loro vicini nella triste circostanza.
Un ringraziamento particolare ai signori Pastori Aldo Rutigliano, Gustavo
Bouchard e signora. Renato Coisson.
Pomaretto, 19 aprile 1982
RINGRAZIAMENTO
(( Come la cerva agogna i rivi
dell’acque, così l’anima mia agogna te. o Dio )>
(Salmo 42/43 ; 1)
Le famiglie Carile, Carugati, Mariani, Rovatti, Vitali, ringraziano quanti
si sono uniti a loro in comunione fraterna in occasione della scomparsa della cara
Costanza Carmeli ved. Carile
ed esprimono viva riconoscenza alla Direttrice, al pastore A. Vetta, al personale della casa di riposo Villa Grazialma. che l’hanno aiutata ed arricchita
in questi ultimi anni.
Avigtiana, 17 aprile 1982
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30 aprile 1982
________IL NODO DELLA RELIGIONE NELLA SCUOLA DI STATO
Il doppio binario cattoiico
L’inaccettabile proposta del prof. Pazzaglia di un insegnamento religioso aconfessionale insieme a corsi confessionali a carattere opzionale
Uno dei punti sul quale vi è
difficoltà di consenso aH’interno
della Vili Commissione della
Camera per la riforma della
Scuola Secondaria Superiore, riguarda rinsegnamento religioso
in una scuola laica di Stato.
Anche se la commissione non
sa o non vuole risolvere la questione, certamente si ritornerà
sull’argomento in sede legislativa e, come alcuni evangelici hanno già detto, sarebbe bene che
al nostro interno si dibatta la
questione dell’insegnamento della religione.
Delle tante proposte avanzate
per tale tipo di insegnamento,
vale la pena di parlare di quella
presentata da Luciano Pazzaglia, direttore dell’Istituto di Pedagogia dell’Università Cattolica
di Milano, per la sua apparente
aconfessionalità. Pazzaglia propone due binari su cui far scorrere rinsegnamento religioso ; un
insegnamento di cultura religiosa aconfessionale, obbligatorio
per tutti gli studenti, e, affiancato ad esso, un insegnamento confessionale opzionale, rispettoso
delle confessioni religiose di appartenenza. Pazzaglia sostiene,
tra l’altro, che tale insegnamento religioso aconfessionale obbligatorio è necessario per allargare gli orizzonti culturali delle
nuove generazioni, per offrire
una migliore integrazione con la
cultura e la società circostanti,
per rispondere all’interrogativo
cui l’uomo non riesce a sfuggire
sul significato del vivere. Solo
il civile confronto, dice Pazzaglia, può essere garante dell’autentica laicità della scuola e di
libere scelte individuali.
Ma la mistificazione è evidente allorché, riferendosi ai contenuti di un tale corso, egli dice
testualmente ; « sarebbe semplicistico pensare ad un discorso
sulla religiosità che facesse astrazione dalla religione concreta in
cui, nel corso della nostra storia
di popolo, quella religione si è
di fatto incarnata». E’ evidente,
allora, che tale insegnamento alternativo di cultura religiosa, di
aconfessionale ha solo il nome,
poiché altro non è che un modo
ingegnoso per riproporre a que
Comitato di Redazione; Franco
Becehino, Mario F. Berutti, Dino
Ciesch, Niso De Michelis, Giorgio
GardioI, Marcella Gay, Aurelio Penna, Jean-Jacques Peyronel, Roberto
Peyrot,! Giuseppe Platone, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Giulio
Vicentini, Liliana Viglielmo.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Torino.
Direttore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
Redazione e Amministrazione; Via
Pio V. 15 - 10125 Torino - tei. 011/
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• L'Eco delle Valli - La Luce ».
Redazione Valli; Via Arnaud, 25 10066 Torre Pellice.
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Intestato a « La Luce; fondo di solidarietà », Via Pio V, 15 - Torino.
• La Luce »: Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
• L’Eco delie Valli Valdesi •: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
gli studenti che optassero per
altro insegnamento confessionale, i principi del cattolicesimo,
«religione concreta della storia
del nostro popolo ».
Quale sia la motivazione culturale addotta, la proposta Pazzaglia nella stessa definizione di
« cultura religiosa » tradisce l’orientamento cattolico del pensiero e si rivela, pertanto, un corso esclusivamente ideologico.
Nella proposta ritroviamo temi cari alla morale cattolica: la
concezione dèlia perfettibilità
umana, la « civiltà cristiana »
contrapposta alla « civiltà atea »,
l’identificazione della causa dell’Evangelo con il concetto e gli
obiettivi della « civiltà cristiana », la dimensione religiosa intesa come bisogno naturale del
l’uomo. L’apostolo Paolo nella
r lettera ai Corinzi scriveva:
« l’uomo naturale non riceve le
cose dello Spirito di Dio... e non
le può conoscere ».
Altrettanto insostenibile risulta la tesi dell’acquisizione del
comportamento etico attraverso
il corso di cultura religiosa. Nella scuola italiana pubblica di
Stato di ogni ordine e grado, da
oltre 50 anni, le nuove generazioni sono chiamate a confrontarsi con le tematiche religiose
in modo tutt’altro che occasionale, basti pensare all’insegnamento diffuso della Scuola Elementare. Poiché la società italiana è caratterizzata da una serie
di violenze e di rapine, da una
corsa sfrenata al consumismo e
al materialismo, non si riesce a
comprendere quale incidenza positiva abbia avuto ed abbia il
corso di religione sui comportamenti etici del popolo italiano
e perché lo si debba riproporre
addirittura in « doppio binario ».
Osservando l’impegno notevole che viene profuso in campo
cattolico affinché sia « assicurato » ( come recita il testo peggiorativo delle ultime bozze del
Concordato) l’insegnamento religioso nelle scuole di Stato, viene legittimo il sospetto che attraverso l’educazione al trascendente si voglia contrabbandare
una determinata ideologia. Se la
fede non può essere insegnata,
l’ideologia sì, ecco perché non
può essere accettata nessuna
proposta che parli di cultura religiosa o di antropologia culturale. Per dirla con le parole dello
stesso Pazzaglia, bisogna evitare
« che la scuola di Stato sia assunta in funzione delle egemonie culturali via via emergenti»
e non solo di quelle.
Il discorso, quindi, è solo politico fino a che in Italia vigerà
il regime concordatario. Uno dei
modi per denunciare l’incostituzionalità del Concordato per
quanto attiene all’insegnamento
della religione è senz’altro quello proposto dall’avvocato Pey
rot. L’art. 36 del Concordato e
il R.D. 284-1928 n, 1297 sono in
netto contrasto con gli articoli
della Costituzione Italiana. Se
gli insegnanti elementari e quelli delle scuole materne continueranno a chiedere l’esonero dall’insegnamento della religione,
tacitamente accetteranno la regolamentazione stabilita da uno
Stato antidemocratico nel lontano 1928-29. Cosi recita il Regio
Decreto: « Ogni anno prima dell’inizio delle lezioni, l’ispettore
conferisce personalmente con la
autorità diocesana per la dichiarazione di idoneità dei maestri
delle singole classi all’insegnamento della religione ed invia al
Provveditore l’elenco di essi, firmato anche dalla suddetta autorità ».
L’insostenibilità di un tale articolo, in Un paese democratico,
retto da una Costituzione repubblicana, è evidente.
Seguire le indicazioni date dal
professor Peyrot vuol dire una
dimostrazione di coerenza evangelica e democratica oltre ad essere un piccolo ma significativo
contributo alla lotta che associazioni come il CIDI, l’ALRI,
l’MCE conducono per la libertà
religiosa e la democrazia in Italia.
Vera Velluto
I DATI DEI CENSIMENTI
Gli Italiani allo specchio
RAFFRONTO TRA I CENSIMENTI
Popolazione residente 1951 47.516.000 1961 50.624.000 1971 54.137.000 1981 56.243.935
Popolazione residente incr. annuo x 1000 — 6,4 6,7 3,8
% femmine sul totale 51,05 51,04 51,09 51,29
% popolaz. residente nei comuni capoluogo 28,1 32,0 34,1 32,8
Popolazione presente 47.159.000 49.904.000 53.745.000 56.336.185
% popol. presente su popol. residente 99,25 98,58 99,28 100,16
% popol. resld. in comuni con meno 5000 abit. 26,1 24,3 21,4 19,5
% popol. resid. in comuni 5000-20000 abit. 32,7 28,7 , 26,2 27,1
% popol. resid. in comuni 20000-100000 abitanti 20,8 22,2 23,3 25,2
% popol. resid. in comuni con più 100000 abit. 20,4 24,8 29,1 28,2
Famiglie 11.814.000 13.747.000 15.981.000 18.536.000
Num. medio componenti per famiglia 4,0 3,6 3,3 3,0
La tabella che riportiamo qui
sopra dà una prima idea di quelle che sono state le dinamiche
della popolazione italiana in questi ultimi trent’anni.
Siamo dunque poco più di 56
milioni, due milioni in più rispetto al censimento del ’71 (8,7
milioni in più rispetto al ’51),
dato questo che rappresenta il
minor incremento annuo medio
(3,9%) di tutto il dopoguerra.
L’incremento di questo decennio
è superiore solo all’incremento
tra il 1911 e il 1921 quando la
guerra aveva decimato la popolazione italiana ed era stato del
2,4% annuo. Negli altri censimenti l’incremento medio annuo della popolazione era oscillato tra
il 6 e l’8%. *
Quali sono i fattori che hanno
ridotto la capacità di accrescimento?
Due principalmente: il bilancio
naturale, cioè la differenza tra
nascite e morti che è stato nel
decennio di 2,4 milioni (mentre
nel decennio precedente era stato
di 4 milioni), e il bilancio migra
torio (immigrati meno emigrati) che in questo decennio è stato di — 274.000, mentre nel decennio precedente era di oltre
un milione di emigrati in più rispetto agli immigrati.
Altro dato interessante è l’aumento del numero de.lle famiglie
che sono oggi 18,5 milioni con
un aumento di 2,3 milioni ( +
13,8%) nel decennio. Come risultato il numero medio dei componenti per famiglia scende da
3,3 a 3 anche se permangono differenze regionali.
I dati relativi alle famiglie vanno analizzati con cautela perché il nostro Istituto di Statistica considera come « famiglia »
una o più persone, caratterizzate — se sono più d’una — dall’avere rapporti affettivi o di consanguineità, dal mettere in comune almeno parte delle risorse
economiche, dall’abitare sotto lo
stesso tetto. Famiglie di una persona sono dunque gli individui
soli. Marito e moglie che si dividono formano due famiglie.
L’aumento del numero delle famiglie è forse l’indice della crisi
della famiglia tradizionale.
Numero medio
componenti per famiglia
1951 1961 1971 1981
Italia sett. 3,7 3,4 3,1 2,8
Italia centrale 4,1 3,7 3,4 3,0
Mezzogiorno 4,2 3,9 3,7 3,3
Italia 4,0 3,6 3,3 3,0
Popolazione residente per sesso e per età
(dati assoluti e variazioni percentuali)
Censimento 1971 Censimento 1981 Variazioni % 71/61 81/71
Totale Italia 54.136.547 56.243.935 6,9 3,9
maschi 26.476.223 27.396.502 6,8 3,5
femmine 27.660.324 28.847.4à3 7,0 4,3
Italia settent. 24.964.012 25.607.231 10,2 2,6
maschi 12.155.198 12.396.268 9,9 2,0
femmine 12.808.814 13.210.963 10,4 3,1
Italia centrale 10.298.269 10.754.921 9,7 4,4
maschi 5.032.535 5.231.243 9,3 3,9
femmine 5.265.734 5.523.678 10,1 4,9
Mezzogiorno 18.874.266 19.881.783 1,6 5,3
maschi 9.288.490 9.768.991 1,7 5,2
femmine 9.585.776 10.112.792 1,5 5,5
Da questi dati emerge una prima considerazione: l’immagine
dell’Italia prolifica ed esportatrice di manodopera (così diffusa
all’estero) è definitivamente tramontata negli anni ’70.
Altro dato interessante che si
può rilevare da questi primi risultati del censimento ’81 è quello della ripartizione della popolazione per zone geografiche.
Innanzitutto si conferma lo
spopolamento delle montagne:
abitano in montagna 7,6 milioni
cioè il 13,5% della popolazione
contro il 38,8% che abita in collina e il 47,7% in pianura.
In secondo luogo si ha una diminuzione percentuale della popolazione abitante nei paesi (comuni con meno di 5 mila abitanti) e un calo degli abitanti delle
metropoli (città con più di' 500
mila abitanti), mentre si ha un
aumento della popolazione residente nelle piccole e medie città
(da 5 a 100 mila abitanti) col risultato finale che il 71% della
popolazione abita in città inferiori a 100.000 abitanti.
Per quanto riguarda le ripartizioni geografiche si può notare
un aumento della quota relativa
al mezzogiorno che raggiunge il
35,4% del totale (contro il 24,9
nel ’71) mentre la popolazione
della zona centrale rimane invariata (19%) e diminuisce la popolazione del nord (45,5%).
Altro dato sorprendente di questo censimento è il fatto che la
popolazione presente supera
quella residente: presenza di lavoratori stranieri, rimpatri di
italiani non più residenti spiegano il fenomeno.
Agli inizi degli anni 80 la popolazione italiana si presenta
dunque con un nuovo volto e
mostra i segni delle contraddizioni dell’attuale tipo di sviluppo economico.
Riduce le nascite, è meno mobile sul territorio, preferisce la
dimensione provinciale al caos
metropolitano, invecchia e si nuclearizza (aumentano le famiglie
di una sola persona).
Ma non tutti questi dati sono
negativi. Invecchiare per esempio può essere una ricchezza per
il paese. A prima vista sembrerebbe il contrario: gli anziani costano, bisogna pagare loro la pensione, i servizi sociali e sanitari.
Ma perché, visto che questa tendenza all’invecchiamento è una
costante della dinamica demografica, non pensare ad una organizzazione sociale capace di
utilizzare la popolazione che c’è
nella società con le sue caratteristiche reali? È un compito che
riguarda da vicino tutti noi e
che forse servirebbe a migliorare la « qualità della vita ».
Popolazione residente
per sesso e territorio
Censim. 71 Censim. 81
Tot. Italia 100,0 100,0 100,0 100,0
maschi 48,9 48,7
femmine 51,1 51,3
Nord 100,0 46,1 100,0 45,5
maschi 48,7 48,4
femmine 51,3 51,6
Centro 100,0 19,0 100,0 19,1
maschi 48,9 48,6
femmine 51,1 51,4
Sud 100,0 34,9 100,0 35,4
maschi 49,2 49,1
femmine 50,8 50,9
a cura di Giorgio GardioI