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^ BUONA NOVELLA
I \c\ giornale della evangelizzazione italiana
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Seguendo la verità nella carità. ~ £fS9. VI. Id.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE ^ LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione]____ £. 3 00 J In Torino all’UflBzio del giornale, via del Princip«
Perla Svizssera e Francia, id........... „ 4 25 Tommaao dietro il Tempio Taldese,
Per l’Inghilterra, id................... „ 6 50 j Nelle PaoviNciB per mezzo di franco-bolH po
per la Germania id................... „ 5 50 ^ stali, che dovranno essere inviati franco a\ Iti
Noti-8l ricevono associazioni per meno di un anno. : rettore della Bcoma Novella.
Airestero, a’seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C. Meymeis, me Rivoli;
Uinevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-boUi
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMABIO
Un nuovo dogma io faacle — la sovranità temporale della Chiesa romana. — Brevi riflessioni sul
movimento italiano. — Festa annuale sui monti valdesi. ~ Ad alcuni padri e madri. Cronaca
della quindicina.
UN NUOVO DOGMA IN FASCIE — LA SOVRANITÀ’
TEMPORALE DELLA CHIESA ROMANA
Chiunque sia per poco famigliare al sistema dogmatico-romauo,
avrà potuto storicamente constatare che in questa Chiesa, dacché ti
allontanò dagli evangèlici ed apostolici insegnamenti, fu costante il
metodo di elevare ad articoli di fede delle semplici ipotesi, opinioni
0 teorie umane, facendole passare man mano per la gerarchia, se posso
così esprimermi, delle pie credenze, delle convenienze e delie necessità
anche quando non trovavano alcun riscontro nelle Scritture divine.
Per dimostrare il mio asserto colle prove irrescusabili del fatto, non
ho certamente d’uopo di passare in rassegna tutti quei dommi, che
costituiscono integralmente il Eomanismo, ma basterà ch’io produca
il non antico dogma àaWImmacolata Concezione, il quale per aver
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avuto esistenza a’ tempi nostri, meglio si confà allo scopo che mi sono
proposto.
E chi non sa pertanto che il Vangelo non solo non autorizza una
tale credenza, ma anzi la riprova ? Eppure dopo il corso di molti
secoli dagli apostolici tempi nacque nel seno della Chiesa romana
codesta opinione, ch’ebbe dapprima più avversar] che fautori, ma
che poscia riprese terreno, e trovò nella autorità di questa Chiesa un
più valido appoggio, mercè la politeistica teologia dei gesuiti.
D’allora in poi cominciò ad esser ricevuta primieramente come una
pia credenza, poscia siccome una conveniente verità, quindi siccome
una verità necessaria, e finalmente siccome un’articolo di fede, poiché
elevata a dogma dairinfallibile autorità di Pio IX nel modo che nessuno ignora.
Or bene im nuovo dogma oggi vagisce in culla, e domani sarà
forse adulto, e farà trasecolare il mondo collocandosi nel bel novero
degli augusti articoli di fede della romana Chiesa.
Sembrerà per avventura a taluno ch’io mi compiaccia d’iperboli,
0 voglia abbandonarmi ad ameno umore. Noi crediate; parlo sul serio
e colla tristezza nell’anima segnalando al buon senso ed alla coscienza
dei miei connazionali un fatto, che ha di già eccitato la pubblica
indignazione in Italia, e lo scandalo per sino fra i cattolici i pif^
sommessi all’autorità della loro Chiesa ; intendo di accennare all’allegata pretesa necessità di un governo temporale nell’interesse del
Cristianesimo.
Davvero che questo asserto è la più spudorata e blasfema negazione del Vangelo. E che ? l’insipienza e la fatuità umana oseranno
ancora disconoscere la divina sapienza dell’autore del Cristianesimo ?
Ha egli mai detto che alla conservazione della sua fede, e della
sua Chiesa era necessaria alcuna Signorìa di questo secolo ? Ha
dunque egli fondata la sua Chiesa coll’influenza e col prestigio di
temporale sovranità ? I suoi apostoli hanno essi diffusa e propagata
la cristiana fede sedendo coi monarchi della terra ? imperando da
despoti ? governando da barbari ? La stessa Chiesa di Roma, prima
che avesse prevai'icato dagli evangelici insegnamenti, si era forse co-
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stituita ed ampliata colla possanza e coll’autorità regale ? Nulla di
men vero, nulla di piii falso.
La è questa, che menzogna, un’orribile bestemmia che faraccappricciare chiunque creda di\ino il Cristo, divina la sua fede, divino
il suo Vangelo.
Ben si può dire che questa esecrabile teoria sia stata ignota a ben
diecisette secoli del Cristianesimo. No, non fu conosciuta prima di
tal epoca dalla stessa Chiesa di Koma, non la riconobbero i Padri
non la conobbero i concilj, non la conobbero i Sinodi, e quando l’avessero conosciuta e Sinodi e Concilj e Padri e la Chiesa romana,
non l’avrebbe mai riconosciuta la universalità del Cristianesimo, il
quale saldamente riposa sull’infallibile parola di Gesit Cristo, che
promise alla sua Chiesa indefettibile ajuto. Sì, la Chiesa universale
ripudia siffatte teorìe, e le denunzia al mondo cristiano siccome
empie e blasfeme.
Con tutto questo uon cessa però di essere una tristissima verità
che nel romanesimo una tale teorìa vada di giorno in giorno vie maggiormente consolidandosi, per guisa che non sfugga all’umana previggenza di presagirla elevata a dogma. Ciò che poc’anzi era solo
una pia credenza divenne oggi una convenienza, anzi una necessità
e tale che, non bastando i patiboli e le mitraglie del principe, sì vorrebbe difendere con le scomuniche del pontefice.
Qual maraviglia pertanto che domani l’infallibile Pio IX si segga
in cattedra, e definisca articolo di fede la sua sovranità temporale ?
Fate che i gesuiti o l’Antonelli glielo ficchino in capo, e siate certi
che il nuovo dogma sfornerà dal Vaticano. I cattolici di buon conto
avranno uu bel gridare alla novità, all’assurdità, e se volete allo
scandalo; grideranno un giorno o due, ma poi ricordandosi che il
loro papa è infallibile,, finiranno per ai’rendersi, credersi fors’ anco
colpevoli d’aver seguito il buon senso per un’istante, e d’aver osato
citare un tal fatto al tribunale del Vangelo. Se qualche zelante Geremia poi o.serà dire che nel cristianesimo le battaglie del Signore
furono combattute e vinte senza eserciti, e che i possenti della terra
tremarono spesso alla voce degli inermi pastori dell'ovile di Cristo,
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ma videro quasi sempre sfuggir nello sconforto i papi che d’usbergo
e di lorica si erano armati contro loro; se oserà ricordare le epoche
prodigiose della conquista del mondo intero alla cristiana fede, quando
i vescovi di Eoma non aveano altre armi che la parola, la ragione e
la virtù, ed altro dominio che quello morale esercitato dal prestigio
deU’nmiltà cristiana, se oserà tali cose ricordare per redarguire le
romane prevaricazioni, Eoma si riderà di tutti questi scalpori, e di
tutte queste lamentazioni, nè si terrà dal fabbricar novelli dogmi, e
fulmini novelli per mandare all’inferno anche i Geremia, se le saranno
importuni per eccesso di zelo.
Quando si pensa che in pien secolo decimonono gli Italiani subiscono l’autorità di una tal chiesa, non si sa propriamente concepire
come ciò avvenga, e quel che più sorprende si è il constatare come
una così flagrante infedeltà della Chiesa romana ai divini insegnamenti del Vangelo non basti a respìngere dal suo seno tutti coloro
che si governano secondo coscienza, e non hanno aflatto perduto ogni
nozione dì vero Cristianesimo.
So che il Eomanismo essendo essenzialmente assurdo, non può
accattivarsi l’intelletto d’uomini còlti e ben pensanti; ma so altresì
che esso, soffocando in loro il sentimento religioso per esuberanza di
assurdità e di scandalo, li ha resi generalmente scettici, e così solo
mi posso spiegare la religiosa apatia della presènte generazione, non
che l’anomalìa di vedere la maggioranza italiana insorgere compatta
contro la Signoria temporale dei papi, senza che essa punto si preoccupi dello spirituale, ch’è la vera sorgente, d’onde scaturiscono tutte
quelle anticristiane teorie che tanto sono funeste alla civile libertà
dei popoli ed al sociale progresso.
Questa è una tal questione che vuol essere ben meditata da coloro
che sanno pensare, e che amano la patria nostra. Essendo anticristiani
i principj, sui quali, si è basato il Romanismo, ne conseguita che la
loro pratica applicazione non sia che negazione di libertà e civiltà, e
sovversione d’ogni sociale e naturale economìa. Si potrebbe credere
allesagerazione od airillusione, se non avessimo ancor presenti alla
memoria ed il ratto di Edgardo Mortiira e le orribili stragi Perugine
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e cotali fatti dovrebbero pur bastare ad illuminarci sulle recondite
cagioni di tanta umana perversità.
Oh ! voglia pietoso il Signore scuotere da sì funesto letargo tante
coscienze, e richiamarle a^ll’evangelica verità, fonte di ogni vero bene
presente e futuro.
BREVI RIFLESSIONI SUL MOVIMENTO ITALIANO
Firenze addì 22 agosto 1859
II movimento nazionale italiano, è stato pur troppo travisato dai
meschini calcoli della politica egoistica, e da ingiuste prevenzioni a
scagliargli la pietra addosso, ci duole il confessarlo, non ultimi sono
organi autorevoli della opinione pubblica in paesi protestanti, onde
a dilucidar il vero carattere non saranno inopportuni alcuni schiarimenti.
Il risorgimento religioso e politico in un tempo, due elementi, che
non possono, in Italia andare disgiunti in questo doppio aspetto egli
è meritevole di speciale attenzione.
Nell’ordine politico, non occorre addimostrarlo, lì nulla ha che
fare col tumulto dei partiti, l’urto di gare ambiziose. Egli è il destarsi
dignitoso risoluto d’un’intero popolo, che con slancio ordinato ma irresistibile anela alla sua nazionalità, o vogliam dire alla propria esistenza, ed a costo di qualunque sacrifizio combatte la santa causa
che immortalò i nomi d’un Gugliemo Teli—d’un Washington.— Se
già dal lato politico dobbiamo fare plauso a così alta e legittima impresa, crescerà maggiormente la simpatia nostra quando considereremo
gl’importanti risultamenti che sono per derivarne a vantaggio della
religione.
Il Vangelo se al vento burrascoso delle persecuzioni si svolge come
all’aura benefica della libertà, brillò già in Italia di ^dvo splendore
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alla fiamma dei roghi. — La secolare oppressione gli riuscì fatale, e
pare ch’ei debba aH’alito benefico della libertà novella ridestarsi.
Qualunque forma rivesta poi in Italia il pensiero cristiano ; egli è
incontrastabile, che anche sotto le apparenze del dubbio e dell’incredulità, il bisogno di fede travaglia le anime.
Gli Italiani non saranno mai la preda del desolante scetticismo. Le
nobili aspirazioni del cuore, le maraviglie del creato non meno che
le salutari lezioni dei patiti dolori parlano loro di fede e di amore.
Così legittimi bisogni Roma non li saprebbe appagare. Ella di
propria mano scavò l’abisso che la divide dalla parte eletta della nazione. I suoi vieti dommi le vane pompe, che imlla dicono all’anima
nè alla coscienza, piii non parlano neppure alla fantasia. L’ignoranza,
la corruzione somma dei preti (salve sempre le debite eccezioni) destano 'universale ripugnanza o disprezzo. — Il tenace sistematico
osteggiar ogni progresso, ogni sociale miglioiìa, togliendo loro la
pubblica fiducia consuma il divorzio. Quale fu infatti in mezzo all’entusiasmo generale, la parte di Eoma all’opera del nostro riscatto ? — La perfida diserzione della causa nazionale nel 49 e la
recente gratuita strage dei proprj figli in Perugia.
Non è quindi maraviglia che nella loro ardente brama di verità,
gli animi sinceri ripugnino di ricorrere alle cisterne screpolate, alle
acque stagnanti di Eoma, abbisognino della pura sorgente del Vangelo. Ma per arrivare alla limpida fonte e pacatamente dissetarvisi
abbisognano pure di libertà.
Quindi l’alta importanza nell’aspetto religioso del movimento nazionale di cui siamo testimonj. — Quindi i suoi più legittimi titoli
alla simpatìa vostra — Che è giustizia il dichiararlo, e vorrei che la
debole voce fosse intesa dai cristiani di fuori “ Il movimento nazio“ naie e liberale italiano onora e rispetta i sacrosanti diritti della
“ coscienza. ”
Il Piemonte fece le sue prove in questi dieci anni. Il governo toscano dal canto suo ci offre mirabile spettacolo. Appena il Granduca
lasciava il paese che in questa eletta parte d’Italia Spariva ogni
vestigio, nou clic di violente persecuzione, anche della minima mo-
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lestia. Uno dei primi atti del nuovo governò fu di richiamare in vigore l’art. della Costituzione del 1848 sulla libertà di coscienza. Il
ministro dei culti sig. V. Salvagnoli, valente patriocinatore della libertà religiosa nella causa de’ Madiai, fa risaltare un punto importantissimo della legislazione toscana dimostrando ch’essa non contiene
’penalità contro i così detti reati di eresia, ed un decreto speciale dovTà
svolgere ed attuare cotali principj. Ne possiamo intanto ravvisare lo
spirito nel rapporto che il Ministero presentava alla consulta di Stato
addì 6 lugho decorso.
Ei così si esprime in un R. sugli affari ecclesiastici.
Il ministero degli affari ecclesiastici avea un’opera più vasta
“ sebbene meno appariscente (di quella del ministro di giustizia). Il
“ regno della coscienza è il più importante; non dirò le preparazioni
“ necessarie ad assicurarne la libertà, ed insieme la libertà de’ culti
“ in modo sempre conservativo dell’ordine, fare lo stato laico, senza
“ che cessi di esser religioso, anzi diventando veramente religioso
“ facendosi tollerante, non è opera da compiersi iu un mese; ma
“ sarà compita con tutta la fermezza che si richiede nella cosa più
“ importante all’uomo, perchè si estende oltre questa terra ” — Se“ guono giustissime considerazioni sui rapporti del governo col clero.
Tali principj di religiosa libertà, ci è grato dichiararlo, sono dal
governo toscano lealmente applicati. — G-li evangelici colpiti dalla
cessata polizia, di multe, dell’esilio, del carcere, privi lìn’anche della
consolazione di tumulare i loro cari — godono ora ampia, intieia
libertà. Un pastore della chiesa Valdese, espulso nel 1851 per avere,
così diceva il i^recetto, eretto una cattedra di eresia, annunzia ogni
domenica il Vangelo in lingua italiana a Firenze; e da circa tre
mesi egli ha la dolcezza di vederci una discreta udienza riunirsi nella
cappella svizzera intorno alla parola di Verità.
Questi pochi fatti cui molti altri se ne potrebbero aggiungere ci
dispensano da ogni commento.
Governi così sapienti e civili, mentre si conciliano la simpatia del
popolo, hanno diritto alla fiducia degli Stati maggiori. Speriamo che
non verrà loro meno così valevole appoggio che, al momento della
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prova decisiva, i Potentati rammenteranno che non la forza ma la
giustizio, inalza le Nazioni.
B. M.
FESTA ANNUALE SUI MONTI VALDESI
Caro amico !
La nostra piccola popolazione, voi non l’igDorate, è eminentemente agricola; la sua vita monotona siccome quella dei campi; ed i vostri corrispondenti delle valli sono oltre modo contenti ogni qual volta sopravien loro un
qualche lieve avvenimento, che alquanto agiti e commuova, siccome brezza
leggiera, la calma superficie dell’acqua; questi avvenimenti sono piccoli, c
aiffattamente piccoli, che appena si osa raccontarli al pubblico. Tuttavolta,
se la nostra vita modesta nulla presenta di ben rilevante, la natura delle
nostre contrade non cessa di offrirci un perenne diletto, e decorata di tal
cornice, ogni più piccola pittura acquista non lieve pregio.
Il dì 15 di questo mese mentre che le vittoriose schiere deU’armata d’Italia andavano a raccogliere sugli spalti di Parigi i loro dorati allori, due
mila all'un dipresso dei nostri montanari si dirigevano gli uni a traverso il
colle Giuliano, gli altri per la valle della Germanasca verso il villaggio di
Frali.
Io, arrivato da poco tempo dalle meno limpide e meno variate contrade
del settentrione, mi beava immensamente della maestà della natura che mi
circondava. Non imprenderò a descrivervi il torrente che mugge, il roccioso
e ripido cammino, talvolta sospeso sovra l’abisso, al cui fondo spumeggia a
grandi sprazzi una bella cascata, bianca siccome neve, talvolta seguendo il
placido corso dell’acqua che si spande dardeggiata dal sole sovra un letto
di lucicanti arene; voi conoscete queste gole tormentate daUa valanga,
questi faggi e questi abeti, che traggono da quasi nudo sasso queU’alimento
che basta alla loro vegetazione; e queste roccie a pico, che direbbesi nou
aver dovuto ricoverare se non che lupi e camosci, avea Iddio destinate ad
inaccessibile ricovero de’ padri nostri, allora quando volgevano i calamitosi
t-empi di loro persecuzione. Io poggiava a Prali meditando su queste tristi
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rimpmbranze, ed ammirando ad un tempo l'immenso amore d'iddio, e sen
tendo ridestarmisi in cuore quella speranza che non confonde, e senza la
quale il passato è una tomba, ed il presente una mera illusione.
Cavalcavano dinanzi a noi sui loro muli alcuni modesti notabili del Peroro
più avventurosi di me, che non avea potuto rinvenire se nou che un asino,
il quale portava alla festa del pan caldo, e la cui bisaccia formava una
specie di grossolano arcione.
L'assemblea erasi di già riunita in uu prato al centro di una piccola pi<'.nura dei Ghigo. Mi compiaceva a rivedere nelle file tanti visi conosciuti,
tante foggie di antico vestire, tante contadine dalla gran cuffia bianca e dalle
succinte vesti, poiché in mez?o a tante debolezze e miserie noi abbiamo potuto almeno conservare la nostra semplicità, che tanto contrasta col lusso
del secolo. Del rimanente Prali ha il suo particolare prestigio; la popolazioue
è la più energica e la più ricca delle VaUi; questi uomini tarchiati e dagli
occhi intelligenti parlano un linguaggio assai più puro che non la maggior
parte dei loro vicini, lavorano siccome negri, si coricano tardi, si alzano
tosto, percorrono in ogni tempo e ad ogni ora le otto leghe che li separano
da Pinerolo e frequentano le scuole assai più assiduamente di quelli dello
altre parocchie; quanto bella messe non sarebbe questa se il Vangelo penetrasse, convertisse ed ispirasse realmente questi lavoratori tanto alacri o
solerti nel procacciarsi quel pane che deperisce ! Prali ha la sua bella parto
nella nostra istoria, ed il racconto stampato che l’amico Chambeaud di Torre
ci ha letto, ne la tracciava. Il nome di questo luogo non si riscontra certamente ad ogni passo della storia nostra, e la ragione di ciò si è, che a Prali
non saliva chiunque ae avesse il talento.
Gli amici nostri aveano a pensarvi due fiate prima di avventurarsi in
queste gole spaventevoli, ove li attendeva una popolazione esercitata alle
corse alpestri ed alla difesa de’ suoi focolari; tuttavia la montagna che
forma, per così dire l’avamporta della catena di Prali, il Galmonte, per la sua
importanza e le commoventi scene dei nostri martiri, la renderà memorabile
per sempre. Volervela narrare, sarebbe farvi ad un tempo il compendio
deU’allocuzione del Moderatore sig. Revel, il quale aprì la seduta dopo il
canto ben eseguito delle seguenti parole :
Éternel, o notre Roi,
En ouvrant cette journée
Nous nons attendons à toi,
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, O'est toi qui nous la doiinéc.
Bénis-nous du haut des cieux
Vers toi s'élèvent nos voeux.
Tu nous a promis, Seigneur,
Unne jeunesse éternelle;
Que la grâce en notre cœur
Aujourd’huit la renouvelle !
Nous t'implorons a genoux.
Esprit Saint déscende sur nous !
Collegando la sua aUocuziono al salmo settantesimo quarto, cui lesse il
si^. Araarttd a Prali all’epoca della rientrata, il sig, Revel raccontò qualche
cosa dell'istoria di Leydet, Questo fedele pastore di Prali, avendo veduto
invadersi la valle dai sicarii e dai traditori dell'armata di Catenat, erasi rifuggito a Galmonte sotto una roccia, ovvero in una specie di caverna, che
anche oggidì si mostra, se pui‘ non prendo abbaglio; al t.ermine di due giorni
non udendo intorno a se che profondo silenzio, uscì dal suo nascondiglio
cantando a mezza voce uu cantico di liberazione; il suo canto lo tradì.
I soldati penetrarono uel suo antro, trovarono il pastore, lo condussero a
Luserna, ove fu posto in prigione, presentato a Vittorio Amedeo, e condannato a morte col pretesto ch’egli fosse stato colto colle armi alla mano.
Mentre che nella prigione egli avea le gambe strette fra ceppi, gli infaticabili collaboratori dei carnefici dell’inquisizione, frati e preti, venivano a
provocarlo a dispute ; egli uscì dalla prigione, e salì il patibolo come se fosse
andato in luogo di sicurtà; l'avessero almen lasciato morir solo nelle braccia
del suo Dio ! Oh ' voglia il Signore accordarci di poter essere simiglianti
pastori, e convertire i nostri deplorabili awersarj.
Uno dei nostri colleghi, il sig, Rivoir, indirizzò all’Assemblea un’allocuzione avente rapporto all’oggetto che avea principalmente occupato la riunione di Ciampet l'anno scorso, le Scuole Domenicali. Egli si compiacque di
constatare che quest'opera, la quale non ò se non una nuova forma dell’antica istruzione, che soleva darsi ogni domenica ai fanciulli dei Valdesi, si è
convenevolmente sviluppata. Là è un fanciullo che non vuole andare, come
gli viene ingiunto da un padre immorale, a falciar l’erba nel campo del suo
vicino, poiché si è alla scuola che il garzoncello appreso esser Kiffatta cosa
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biasimevole; altrove è una giovine fantesca che abbandona il suo impiego
perchè le viene divietato di continuare la sua istruzione e frequentare la
Scuola della Domenica. Nella Valle di S. Martino hawi un buon numero di
fanciulli i quali frequentano le scuole che soglionsi tenere in alcune località
la domenica di buon mattino, cd in altre uel pomeriggio; la proporzione non
è ancora aifatto soddisfaciente, quantunque se ne abbia di già a riconoscere
uu .sensibilissimo progresso. Noi possiamo dunque congratularci dei risultati
ottenuti dalla visita del sig. Paolo Cook, e questi risultati grandemente ci
incoraggisoono a ripromettercene dei nuovi, e ad esperimentare ancora
qualche progresso nell'anno vegnente.
Il sig. Appia, giunto quel giorno stesso da Ginevra colla sua consorte,
parlò nella guisa seguente: ^'alicando il Cinisio, disse’egli, per qui condurmi, mi trovai in compagnia di alcune persone che parlavano francese;
non sapendo quai concetto formarmi della loro condizione e del loro carattere, mi feci ad esplorarle. — Noi siamo di Pragela mi risposero desse; —
e ben to.sto le volli condurre sul terreno religioso: — Si è per la prima
volta ch’io odo un ministro protestante, dicevami l’uno di loro con una certa
sorpresa; — Ho altresì un Nuovo Testamento, e lo leggo, mi diceva l'altro ;
all’epoca della missione del 18.38 i preti ingiungevano per ogni dove ai privati di rimetter loro le Bibbie, ed il curato di N. le ha abbruciate, ma un
uomo dabbene che ne possedeva una si avvicinò al prete con un involto di
cenci, soggiungendo nel rimetterglielo : in quanto alla mia bibbia io non ve
la consegno per certo; dessa è mia madre. — Miei cari amici, questo fratello di Pragela non ha egli per avventura alcuna cosa ad insegnarci ?
Quanti fra noi non furono rigenerati da questa semenza incorruttibile ?
Quanti fra noi possono in realtà chiamarla loro madre? Quanti non sentono
la sua testimonianza nel loro cuore ? Miei cari amici, la festa del 15 agosto,
«
ogni altra festa cristiana, ogni altra riunione di fratelli non ha veramente
alcun valore se non per ciò che essa possa contribuire alla rigenerazione
dell’anime nostre. Che ciascuno la domandi per se medesimo, domandiamola
gli uni per gli altri ! Al terminare di questa prima parte del giorno, tutta
r Assemblea si disperse in gruppi pittoreschi che andavan in compagnia ad
immergere il loro pane alquanto disseccato, ed il loro vino troppo riscaldato
nel fresco torrente che discende dalle nevose creste alpine, e noi andammo
ad assiderci alla mensa ospitale del signor Charbonnier, pastore della
parocchia.
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11 sig. Lanteret nella sua qualità di presidente della riunione palesò i
nomi di quelli che aveano ottenuto dei premi alla piccola esposizione dei
prodotti dell’industria Valdese all’epooa del Sinodo, ed incoraggiò vivamente
gli astanti ad occupai-si nelle serate invernali di qualche industria sotto il
loro domestico tetto. Dopo la preghiera pronunciata dal sig. Antonio Gay,
r Assemblea si disciolse.Piccole strisele di pedestri viaggiatori si disegnavano
vagamente tutto all’intorno a seconda dei serpeggianti sentieri della montagna. Gli abitanti di Val Luserna ripoggiavano alle ripide creste del Giuliano e quelli di Rodonte rimontavano il Galmonte ; il gro.sso della Comitiva discese lungh’esso il torrente al fondo della Vallea, e bentosto la fresca
e piccola pianura di Praly rientrava nel suo abituale silenzio, interrotto
soltanto dal mormorio del torrente, dalla rauca squilla della capra e dal
corno del pastorello.
Vostro devotissimo
P. P.
AD ALCUNI PADRI E MADRI
Vi sono de’ genitori che trascurano affatto i loro figli, che lascianli crescere come la natura li spinge, senza darsi verun pensiero, senza mai correggerli, 0 assai fiaccamente. Altri ve ne sono che stanno del continuo collo
schioppo al viso, sempre in sospetto, sempre spiando ogni passo dei fanciulli, onde reprimere persmo la naturale vivacità, pretendendo ch’abbiano
ad essere tranquilli e serii a g-uisa d’uomini maturi.
Ora vogliamo fare qualche piccola osservazione sopra i secondi. Eglino,
d’ordinario, quando si tratta di punire i figliuoli, regolano i gastighi«sulle
conseguenze più o meno disgustose derivate dal male commesso; lasciano,
per esempio, cadere a terra un bicchiere, e rimane intatto? La punizione è
minore di quello che sarebbe se il bicchiere si rompesse.
Oppure, senza badare alla conseguenza del male, senza proporzionare
nemmeno in nessun modo la pena al fallo, que’ genitori di cui discorriamo
atterriscono i figli colio strepito della voce, li avviliscono colle più ingiuriose parole, coi modi i più duri, li trattano come se fo.“sero .»ulla terra i
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peggiori fanciulli, I più degni di quel trattamento esagerato, ridicolo, anticristiano.
E perchè mai una tale regola di condotta? Perchè quei padri e quelle
madri accennate operano dietro gl'istinti della natura corrotta, sono gl’interessi materiali e la collera insensata che li spingono a quegli eccessi. Cosi,
nel caso del bicchiere, se non si rompe, non v’è danno del borsellino; ma
se rimane infranto bisogna comperarne un’altro, dunque punizione maggiore. Invece, a che dovea questa mirare? Indipendentemente daU’esaersi
rotto 0 no, dovea mirare alla poca avvertenza usata dal fanciullo, e a renderlo più accorto in avvenire. In quanto alle parole aspre, alle ingiurie, alle
battiture, senza alcuna proporzione colla colpa, chi non vede che è l’ira,
non altro che l'iva cieca, brutale, il giudice che punisce !
Tali genitori dovrebbero pensare ch’eglino, al contrario, sono i colpevoli;
ch’eglino hanno bisogno d’essere governati e diretti; che ignorano e i principj ed il metodo di governare e dirigere i lor figli; che non essendo nati di
nuovo, rigenerati dal Santo Spirito, si mostrano carnali, agiscono per gl’impulsi del sangue.
Imparino dunque a regolare se stessi coll'ajuto del Signore, a conoscere
meglio il divino Maestro, dolce, compassionevole, ed allora egli li benedirà
nei loro figliuoli.
Collo Spirito e colla forza che scenderanno dall alto, impareranno che
per governar bene la propria famiglia è d'uopo anzi tutto vegliare attentamente sui prhnitivi sintomi del peccato, combatterli tosto e reprimere così
nel suo nascere, quando appena si mostrano, l’egoismo, la disobbedienza, lo
spirito di rivolta. Ed è facil cosa, perchè sono come fragili gemme che
appariscono sui rami delle piante; ma lasciandoli germogliare diventano
pur esse rami durissimi.
Finalmente non si devono punire i figliuoli per le sofferenze recate ai
genitori o ad altre persone; ma si devono correggere, con dolcezza e moderazione, per l’offesa recata al Signore, avendo sempre dinanzi al pensiero
che la paterna autorità non deriva da noi stessi, per un potere ed un diritto
assoluto che sia in noi, ma viene da Dio ed a Lui siamo responsabili del
fattone uso.
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CRONACA DELLA QUINDICINA
I fogli clericali di questa quindicina oltre i soliti lamenti, e le calunnie
avventate contro il partito liberale d’Italia, contengono notizie di qualche
importanza intorno ai romanisti d’Inghilterra e d'Irlanda. L’arcivescovo di
Westminster, il cardinale Wiseman, riunì in uu concilio provinciale, o quasi
generale i vescovi di tutto il Regno Unito della Gran Brettagna, e vi trattò
di affari, che ancor non si conoscono; solo supponesi, che si raggirino per
la maggior parte sall’educazione della gioventù in Irlanda. Ivi non piacciono le scuole miste di romanisti e di protestanti, come sono dal governo
mantenute in quel regno, nè che rimanghino sotto l’influenza dei secolari,
o dei protestanti. Il clero romano-cattolico vuole il dominio esclusivo ed
assoluto sopra la gioventù, per educarla a suo modo, e darle queU’indirizzo
che alle vedute politico-religiose romane appartiene. Secondo il celebre
giornale f/ie Tahht, l’Armonia deU’Irlanda, due solenni discorsi furono nel
concilio pronunziati. In uno si dimostrò l’utilità, e la necessità dei concilj,
specie di parlamenti ecclesiastici, molto più antichi dei parlamenti politici
attuali, ed in cui furono emanati tutti i canoni, e leggi ecclesiastiche, ed i
dogmi della romana chiesa, percui si possono i concilj chiamare i supremi
legislatori del Cristianesimo. Il secondo discorso pronunziato con vena poetica, e magni-loquenza dal troppo celebre Dott. Newman si raggirò sugli effetti dei concilj, e specialmente sull’effetto dell’ultimo concilio di Trento,
che produsse tante benefiche conseguenze in tutta la cristianità. In virtù
di esso concilio fiorirono i Lojola, i S. Franceschi di Paola, i Camilli De
Lellis, i S. Filippi neri, e tanti altri consimili atleti del Romanesimo, popolando l’Europa di frati e di monache, tutti diretti al solo scopo dell’ingrandimento del Papato, ed alla distruzione dei nemici della sua Chiesa. Ora,
egli disse : poiché volle Iddio, che tutto quel nobile consesso di vescovi e di
alti dignitarj ecclesiastici nascessero in un tempo, così fortunato, da riconoscere la Concezione Immacolata della Vergine Maria; dovevansi però confortare ed a vicenda esortare a vincere tutte le difficoltà, e schiacciare la
tefta all’eresìa, al protestantesimo, all’antico serpente, che nelle isole britanniche, aveva specialmente posto la sua sede: questa dovevano conquidere
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e debellare. Ottenuta una tal vittoria tutto ritornerebbe neirordiue, ogni
avversario ridotto al silenzio, il dominio pontificale verrebbe ristaurato.
Da questi enfatici discorsi chiaramente rilevasi, come i tempi, e le opinioni si cambino, ma la curia romana resti sempre inconcussa, inalterabile.
II dominio di questa terra fu, ed è tuttavia l’oggetto principale delle suo
vedute, e tutto cambiando nelle sue mani, fatti e dottrine, travolgesi la
storia a suo profitto, alterandola, o distruggendola. I benefici eifetti del
concilio di Trento furono le guerre dei 30 anni in Germania, quelle degli
Ugonotti in Francia, le rivoluzioni sanguinose delle Fiandre, i roghi delrinquisizione innalzati in Ispagna, in Italia, e nelle più oscure parti del ■
l’Europa. Anzi Roma stessa vide il nepotismo dei Papi sorgere gigante,
insanguinare le sue vie di assassinj. e di stragi, ed ambire la porpora e la
corona dei re. Dopo il concilio di Trento venne il Papa dichiarato vescovo
universale, vicario di Dio suUa terra, e da lui quasi fonte di verità infallibile e perenne, prendere i vescovi la loro autorità, Ed in prova di ciò, come
se le pompose frasi, che di sopra additarono i concilj come supremi legislatori della Chiesa non fossero state pronunziate, l’attuale concilio di
Westmbster stimando forse le sue decisioni non ispirate, non osò publicarle, se prima non abbiano ottenuta l'approvazione del Papa. Ma non ci
dobbiamo maravigliare che un serafico Padre del concilio di Westminstcr
attribuisca ai benefici effetti del concilio di Trento la moltiplicazione dei
frati e delle monache in Europa, e le guerre e le miserie, di cui fu al tempo
stesso ripiena, più che non ci maravigliammo, allorché i Gesuiti, prima che
a Roma si stabilisse il nuovo dogma dell’immacolata, andavano predicando,
che se questa decisione accadesse, le guerre sarebbero finite, la terra produrebbe in abbondanza i suoi frutti, un nuovo e più felice ordine di cose
sorgerebbe, e quasi una novella età dell’oro avrebbe principio. Ma i popoli
ingannati da queste false predizioni ora si vendicano di loro. Coll’ultimo
sfratto, che ebbero da Porli, compissi il numero di 14 sfratti ricevuti in
poco tempo dalla rugiadosa Congregazione, che ora atteggiasi a sacrificio e
martirio, quando poco fa atteggiavasi a prepotenza e th’annia.
Ma i maggiori sostenitori del dominio temporale dei Papi sono ora i Gesuiti francesi coi loro vescovi ultramontani, ed i loro periodici clericali.
Essi non possono soffrire che la Romagna spinta dal mal governo dei preti
si ordini da se stessa ad un miglior reggimento, e muovono cielo e terra per
indurre i potenti del secolo a muovere i loro eserciti all’esterminio del
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popolo. Ora il Papa stesso aduna armi ed armati, e minaccia le sue provincie ribelli. H capo della chiesa, il vicario di Gesù Cristo, che ehiamossi
a buon dritto Principe della pace, anela sangue e battaglie? Eppure questa
è una necessaria conseguenza dell’essere il Papa re, conseguenza che non
sarà mai tolta di mezzo, finché uua salutare riforma non separi i due reggimenti, e diasi « a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio.
Questo sai-ebbe al certo un primo passo degl’italiani verso la conoscenza
della verità, passo che sta in cuore a molti, e che più: non si osa ancora
publicamente proclamare. Gli antichi pregiudizj, l’abitudine di riguardare
il Papato cinto di potenza e d’umana grandezza, fa sì che ancora si ammiri
da alcuni come l’unica gloria, che rimanga all’Italia. Ma le idee meglio
ooncette, si spandono, ed i fatti comprovano, che Roma è l’ostacolo maggiore, che si frapponga al nostro risorgimento. Molti dei nostri soldati nou
rifuggono dall’avere nelle loro tasche il Nuovo Testamento, o qualche trattato religioso, e vedemmo con gioja qui in Torino dispensare alle truppe
francesi, che erano di passaggio per la Francia,migliaja di trattati religiosi,
rt molti nuovi Testamenti, ancora agli ufficiali, e leggerli, e conservarli
invece delle medaglie della vergine, o di qualche santo, che i Gesuiti una
volta appendevano loro al collo, quasi amuleti e preservativi da morte. Lo
spirito del Signore, quando il tempo debito sia venuto, farà l’opera sua
ancora fra noi.
Domenico Grosso gerente.
Al deposito di libri religioni, via Principe Tommaso,
sono vendibili :
I LIBRI DI MOISE
DI
L. BURNIER
TORINO *— Tipct'rafta CLAUDIANA, diretta da R. Trombetta